Bollettino_Salesiano_199309cooperatori


Bollettino_Salesiano_199309cooperatori

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RIVISTA FONDATA
DA S. GIOVANNI BOSCO
NEL 1877
ANNO 117 - N. 13 • 2• QUINDICINA • 15 SETTEMBRE 1993 SPEDI ZIONE IN ABBONAMENTO POSTA LE GRUPPO 2° (70)
SUSSIDIO
FORMATIVO
I
~ffe\\ ~@l~ffe\\~~ o~~
~~t~ffe\\~~~IJ~
~~~~ffe\\ ~ffe\\~~@~~ffe\\
I. la ricchezza della famiglia
2. Vivere i comunicare
3. Fecondità dell'amore e
apertura alla vita
4 Il valore delle cose edel tempo
5 Tempi fam1!1ari eimpegni esterni
6. La presenza del Signore
7 La fam1gl1a, luogo di vocazioni
1/65

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Sussidio Formativo
Quindicinale di informazione
e cultura religiosa edito
dalla Congregazione Salesiana
di San Giovanni Bosco
Anno 117 - N. 13 - 2• Qu indicina
15 SETTEMBRE 1993
SOMMARIO
2 SUSSIDIO FORMATIVO
Pasquale Massaro
3 DA PARTE DELLA FAMIGLIA
ACS Sicilia
4 LA RICCHEZZA
DELLA FAMIGLIA
1• Lezione
8 VIVERE È COMUNICARE
2• Lezione
12 FECONDITÀ DELL'AMORE E
APERTURA ALLA VITA
3• Lezione
16 LA BIBBIA PER LA FAMIGLIA
Direzione e Amministrazione:
Via della Pisana, 1111 - C.P. 9092
00163 ROMA Aure lio
lei. 06/65.92.915 - Fax 06/65.92.929
Conto Corrente Postale 46 20 02
Direttore Responsabile:
UMBERTO DE VANNA
L'Edizione di metà mese, destinata ai
Cooperatori Salesiani , è curata dall 'Uffi-
cio Nazionale ACS (Pasquale Massaro)
Via Marsala, 42 - 00185 ROMA
lei. 06/44.60.945 - Fax 06/44.63.614
Conto Corrente Postale 452 56 005
Per riceverla rivolgersi al proprio Centro
ACS, che , tramite l'Ufficio lspeltoriale,
invierà la richiesta all'Ufficio Nazionale.
Registrazione:
Tribunale di Torino n. 403 del 16.2.1949
Officine Grafiche Su balpine • Tori no
2/66
La decisione presa dalla
Conferenza Nazionale a Rocca
di Papa (5-8 dicembre 1992) di
scegliere «la famiglia» come
tema triennale di formazione,
pone felicemente la nostra As-
sociazione in sintonia con av-
venimenti civili ed ecclesiali di
primo piano.
Le Nazioni Unite (ONU) han-
no proclamato il 1994 Anno In-
ternazionale della Famiglia
con questo tema di riflessione:
FAMIGLIA: RISORSE E RE-
SPONSABILITÀ IN UN MONDO
CHE CAMBIA.
La Chiesa ha accolto e ap-
poggiato questa iniziativa, de-
dicando anch'essa alla fami-
glia un intero anno: dalla Fe-
sta della Sacra Famiglia 26 di-
cembre 1993 alla stessa Festa
della Sacra Famiglia 30 dicem-
bre 1994. Tema dell'Anno In-
ternazionale della Famiglia
proclamato dalla Chiesa è: FA-
MIGLIA COMUNITÀ DI AMORE
E SORGENTE DI VITA.
Il S. Padre Giovanni Paolo Il
ha voluto indicare la famiglia
come tema di riflessione e di
preghiera della Giornata Mon-
diale della Pace 1994 (1° gen-
naio): DALLA FAMIGLIA NA-
SCE LA PACE DELLA FAMI-
GLIA UMANA.
Prossimamente, a cura del-
la Conferenza Episcopale Ita-
lia, uscirà il DIRETTORIO PA-
STORALE DELLA FAMIGLIA,
guida teorico-pratica per la
pastorale familiare.
Siamo perciò aiutati da di-
versi stimoli autorevoli a pren-
dere sul serio l'impegno for-
mativo dei prossimi tre anni ,
utilizzando già da questo pri-
mo anno il Sussidio Formativo
preparato con competenza e
«spirito di servizio» dal Consi-
glio lspettoriale della Sicilia. A
Rocca di Papa, nella linea del
decentramento indicata dalla
Coordinatrice Nazionale Iolan-
da Masotti e approvata dal la
Conferenza Nazionale (2a Mo-
zione) è stata affidata all'lspet-
toria Sicula la cura della Pa-
storale della Famiglia. Il Re-
sponsabile Nazionale della
Pastorale della Famglia, Fran-
co Parrino e famiglia, in un in-
contro «storico» con i Respon-
sabi Ii lspettoriali della Pasto-
rale della Famiglia (Roma S.
Cuore 24/25 aprile 1993) ha
proposto uno schema di Sussi-
dio Formativo che è stato di-
scusso e messo a punto con il
contributo di tutti.
Il risultato è ora nelle vostre
mani. Soprattutto è affidato ai
Responsabili locali dalla Pa-
storale della Famiglia, perché
in coordinamento con il Re-
sponsabile della Formazione,
con il Delegato e la Delegata,
ne sappiano fare uno strumen-
to vivo di riflessione , studio,
preghiera, formazione.
A tutti quelli che vi hanno
messo mani e cuore il più
sincero ringraziamento, che
diventa impegno di preghiera
e di comunione fraterna in
Don Bosco.
Pasquale Massaro

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DA PARTE DELLA FAMIGLIA
Sembra crescere, nel nostro paese, la consapevolezza che la grave crisi in-ci.J'i .. - -
la società oggi si dibatte trova un riscontro nella crisi che attraversa la famiglia;
che varie forme di malessere sociale hanno una loro profonda radice nel malesse-
re attuale della vita familiare.
È una consapevolezza che, positivamente, individua nella famiglia, nella risco-
perta della famiglia, la possibilità più vera di un rinnovamento e di un risanamento
del vivere sociale.
Questa consapevolezza, nella Chiesa, non è mai mancata. In tempi più re-
centi, soprattutto, il Magistero non ha mancato di ricordare che la famiglia è «il
luogo primario della 'umanizzazione' della persona e della società» (Chl, 40) e
che «l'avvenire della società passa attraverso la famiglia» (FC, 85), per cui ha au-
spicato che alla comunità familiare venga «riservata una privilegiata sollecitudi-
ne» (Chl, 40).
Ma a quale comunità familiare? I sociologi affermano che oggi non esiste più
la famiglia, ossia un solo modello di famiglia, ma tante famiglie, tanti modelli di fa-
miglia, sia riguardo al numero delle persone che compongono il nucleo familiare,
sia riguardo allo stile di vita e alla qualità delle relazioni che caratterizzano l'espe-
rienza familiare. Si va dalla famiglia nucleare con uno o più figli alla famiglia mo-
nogenitoriale (dove è presente un solo genitore), al «single» (persone che delibera-
tamente vivono da sole); dalla famiglia istituzionale alla «famiglia di fatto».
Qualcuno, poi, parla di «famiglia auto-poietica», ossia di un modello di famiglia
che sfugge ai modelli, di una famiglia che si fa da sé, che si regola da sé nelle scel-
te e nei rapporti sia intrafamiliari che con la società, che non fa riferimento a mo-
delli esterni o al contesto sociale di appartenenza (cfr. P. Donati, «L'emergere della
famiglia auto-poietica», in «Primo rapporto sulla famiglia in Italia», Ed. Paoline,
pagg. 13-69).
Ma non qualsiasi modello di famiglia può contribuire al rinnovamento sociale;
non qualsiasi famiglia può costituire il «luogo primario dell'umanizzazione della
persona e della società». Questo ruolo, questo compito lo può assolvere solo la fa-
miglia che sia profondamente unita, che sia fondata su solidi vincoli d'amore, che
coltivi e sperimenti al suo interno la bellezza e la ricchezza delle relazioni affettivo-
comunicative .
È questo tipo, sempre alto, sempre perfettibile, di famiglia che siamo chiamati
anzitutto a realizzare all'interno della nostra famiglia e contemporaneamente a
promuovere nella società, nelle occasioni, con le forme e con i mezzi più vari.
Consiglio lspettoriale ACS Sicilia
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Partiamo dai fatti
Sono una donna di 30 anni,
non sono sposata e vivo da
sola. All'inizio quando feci
questa scelta ero felice per-
ché credevo di aver raggiun-
to finalmente la mia realizza-
zione liberandomi da/l'op-
pressione dei miei genitori
con i quali non andavo d'ac-
cordo. Piano piano però que-
sta ebrezza iniziale si è an-
data smorzando lasciando il
posto alla tristezza e alla so-
litudine. Oggi mi ritrovo rea-
lizzata per quanto riguarda il
lavoro ma vuota e con un pro-
fondo non senso della vita e
sto iniziando a rendermi con-
to che forse il problema non
erano i miei genitori ma il
problema sono io che non so
vivere insieme agli altri. Mi
aiuti a trovare una via d'usci-
ta perché sono disperata!
4/68
Luogo di diversità
La famiglia , mentre è luogo
di unità, è contemporanea-
mente, anzi ancor prima, luo-
go d i diversità. La famig li a,
pr ima cellu la sociale ed ec-
clesiale , è un crogiuolo di di-
versità .
Varie e di varia natura sono
le diversità present i nel la fami-
gl ia. Anz itutto la diversità
sessuale, la diversità uomo-
donna. Non è solo, ovviamen -
te, una diversità fisica, anato-
mica. La sessualità, lo sappia-
mo, abbraccia tutta la perso-
na, è inscritta in tutto l'essere
umano . Il nostro fisico , il no-
stro pensiero, la nostra sensi-
bil ità, la nostra re lazionalità,
sono segnati al maschile o al
femmin ile. La diversità sessua-
le, quindi , comporta diversità
di ritmi, di esigenze fisiche e
psichiche, di atteggiamenti, di
maniera di porsi di fronte alle
cose , alle persone, alle situa-
zioni.
Quindi la diversità genera-
zionale. In una famig lia si ri-
trovano a convivere bambini ,
giovani , adulti , a volte anche
anziani : Ognuno ha la sua
età, una propria esperienza
della vita , attraversa una pro-
pria fase di sviluppo e ha una
maniera di comportarsi e una
visione delle cose ad essa cor-
rispondenti . La diversità gene-
razionale, dunque, comporta
un diverso modo di fare espe-
rienza, di valutare le cose, di
guardare alla vita.
Ci sono poi le diversità per-
sonali. Ognuno ha il proprio
carattere, le proprie capacità i
propri limiti, le proprie incl in a-
zioni e i propri gusti, i propri
talenti, i propri pregi e difetti,
la propria persona lità. È un
patrimonio di doti, più o meno
sviluppate, diverso da perso-
na a persona. Le diversità
personali comportano, ovvia-
mente, diversità di scelte, di
opzioni, di preferenze, di im-
pegn i.
Quindi, ancora, diversità di
ruoli. Il papà ha il suo lavoro
e, quando può, dà una mano
anche a casa; la mamma ac-
cudisce al le faccende dome-
stiche e a volte ha anche un
lavoro esterno; il figlio adole-
scente studia per costruirsi
l'avvenire; il bambino si gode
la sua ingenua spensieratez-
za; papà e mamma provvedo-
no ai bisogni, non solo mate-
ria li , di tutta la famiglia e si
preoccupano di educare i figli;
i nonni (quando ci sono e
stanno bene) badano ai nipo-
tini e mettono a frutto per tutti
la loro saggezza. Ognuno ha
un compito diverso dall'altro,

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aml
che comporta diversità di re-
sponsabilità, di preoccupazio-
ni, di dedizione, di impegni.
Infine diversità di situazio-
ni: alcuni, in famiglia, hanno
una condizione di salute otti-
male, qualcuno invece ha una
malattia momentanea o croni-
ca; uno ha problemi psicologi-
ci , l'altro ha un equilibrio invi-
diabile; lui si sta preparando
al concorso ed è teso ed an-
sioso, lei invece è stata pro-
mossa e si gode le vacanze .
La diYersità
come ricchezza
La presenza di tante diver-
sità in famiglia non costituisce
un problema? È possibile ar-
monizzarle in modo da non
compromettere l'unità e la
concordia familiare?
Noi siamo forse abituati a
considerare la diversità solo
come tonte di conflittualità, di
difficoltà, di incomprensioni, e
d'altra parte essa può deter-
minare queste cose laddove le
relazioni tra le persone non
sono improntate a spirito di
apertura e di tolleranza.
Ma le diversità presenti nel-
la famiglia le troviamo in un
contesto di relazioni tortemen-
te segnato dall'amore, dalla
donazione reciproca, dalla
condivisione, in uno speciale
gruppo di persone in cui i vin-
coli affettivi si traducono in
una torte, particolare (anche
se sempre da irrobustire, da
far crescere) capacità di pre-
mura e di attenzione ai biso-
gni e alle esigenze degli altri.
Nella famiglia esigenze,
problemi, difficoltà, impegni di
ciascuno vengono considera-
ti, fatti propri, condivisi da tut-
ti , e ognuno trova nella dispo-
nibilità dei propri cari l'esem-
pio e lo stimolo a fare altret-
tanto.
Ma la diversità è, soprattut-
to , ricchezza, è garanzia di vi-
talità delle relazioni familiari.
Senza le diversità sessuali, ge-
nerazionali , personali , di ruo-
lo, la vita familiare si appiatti-
rebbe in una stanca monoto-
nia. Sono le diversità, infatti,
che consentono il dialogo tra i
vari membri della famiglia,
quello scambio profondo tra
le persone e quell'apertura al-
l'esperienza di vita dell'altro
che non potrebbero aversi tra
uguali.
Sono le diversità che rendo-
no possibile il dono di sè, il
donare ai propri cari qualcosa
che essi non hanno. Sono le
diversità che si traducono in
complementarità e reciprocità
quando rendiamo e mettiamo
PAROLA DI DIO
Gen. 2,18. 21-25
Poi Dio, il Signore, dis-
se: «Non è bene che l'uo-
mo sia solo. Gli farò un
aiuto, adatto a lui». Allora
Dio, il Signore, fece scen-
dere un sonno profondo
sull'uomo, che si addor-
mentò; poi gli tolse una
costola e richiuse la carne
al suo posto. Con quella
costola Dio, il Signore,
formò la donna e la con-
dusse all'uomo. Allora
egli esclamò:
«Questa sì!
È osso delle mie ossa,
carne della mia carne.
Si chiamerà: 'Donna'
perché è stata tratta dal-
1'uomo».
Perciò l'uomo lascerà
suo padre e sua madre, si
unirà alla sua donna e i
due saranno una cosa sola.
L'uomo e la sua donna,
tutti e due, erano nudi, ma
non avevano vergogna.
lCor 11, 11-12
Tuttavia, di fronte al Si-
gnore, la donna non esiste
senza l'uomo né l'uomo
senza la donna. Infatti, se
è vero che la donna è stata
tratta dall'uomo, è altret-
tanto vero che ogni uomo
nasce da una donna e che
entrambi vengono da Dio
che ha creato tutto.
Ef. 5, 25-33: Voi, mariti, amate le
vostre mogli ...
Ef 3, 14-20: Mi ing inocchio davan-
ti a Dio... Padre ...
1 Cor 7, 1-9: Matrimonio e verg i-
nità.
5/69

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PAROLA
DELLA CHIESA
Familiaris Consortio, 18
La famiglia, fondata e
vivificata dall'amore, è
una comunità di persone:
dell'uomo e della donna
sposi, dei genitori e dei
figli, dei parenti. Suo pri-
mo compito è di vivere
fedelmente la realtà della
comunione ne/l'impegno
costante di sviluppare
un 'autentica comunità di
persone.
Il principio interiore, la
forza permanente e la
meta ultima di tale com-
pito è l'amore: come,
senza l'amore, la fami-
glia non è una comunità
di persone, così senza
l'amore, la famiglia non
può vivere, crescere e
perfezionarsi come co-
munità di persone.
in comune con i nostri familia-
ri le nostre doti e le nostre ri-
sorse e a loro volta essi fanno
la stessa cosa con noi.
Sono le diversità che fanno
l'un ità della famiglia , quando
si è disponibili a condividerle.
Perché l'unità non è la piatta
uniformità, il ritrovarsi tutti ac-
codati dietro un unico model-
lo. L'unità della famiglia è l'u-
nità che nasce dalla com unio-
ne, l'unità che si realizza
quando si vive l'uno dell'altro
e l'uno per l'a ltro.
Costruire una
comunità di persone ..
Certo, tutto questo non è un
dato naturale, automatico: è
come un bene potenziale di
cui la famiglia è dotata ma
che, perché diventi effettivo, ri-
chiede l'impegno determinato
di tutti i componenti della fa-
miglia. È per questo che il Pa-
pa, quando nella «Familiaris
Consortio» definisce e descri-
ve i compiti della famiglia cri-
stiana, come primo individua
quello della «fo rmazione di
una comuni di persone»
(FC, 17) .
Formare una comunità di
persona, edificare la famiglia
come comunità di persone.
Cosa significa? Partiamo dal-
l'ultimo termine , «persone».
Vuol dire che nella famiglia i
singoli membri si amano, si ri-
spettano e si aiutano a cre-
scere nell'originalità, nell'iden-
tità irripetibile di ciascuno di
essi, senza coercizioni, senza
condizionamenti, favorendo la
crescita integrale di ognuno
nello sviluppo di tutte le sue
potenzialità e capacità, fisi-
che, psichiche, affettive, intel-
lettive, morali e spirituali. La
persona o è se stessa o non è.
E la famiglia è il luogo privile-
giato perché l'individuo sia
aiutato a crescere quello che
egli può diventare.
Il penultimo termine, «co-
munità », qualifica le relazioni
che circolano all'interno della
famiglia, improntate a spirito
di accoglienza incondiziona-
ta, di gratuità, di dono di sé, di
condivisione, di disponibilità
al perdono quando qualcuno
dei nostri cari manca nei no-
stri confronti.
6/70

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Il primo termine, «formazio-
ne» , indica l'impegno sogget-
tivo dei componenti della fa-
miglia. Per formare una comu-
nità di persone, non bastano i
legami naturali, non basta
l'affetto da solo: occorre co-
struire, dare consistenza, e
perciò impegnare tutte le
energie personali. Formazione
indica poi anche, certamente,
la gradualità progressiva di
questo compito. Anche se già
abbiamo raggiunto con i no-
stri cari un buon livello di rela-
zione, ognuno di noi è sempre
in crescita e perciò può realiz-
zare sempre più profondi livelli
di comunione con i propri fa-
miliari .
La comunità di persone è
perciò sempre, contempora-
neamente, una realtà e un
obiettivo, un punto di parten-
za e un traguardo.
Formare una comunità di
persone, allora, è un impegno
esigente per tutti i membri del-
la famiglia.
Esso richiede, innanzi tutto,
un profondo atteggiamento di
rispetto dei propri cari, di
quello che sono e di quell o
che vogliono essere: non pos-
siamo pretendere che essi sia-
no, o diventino, a nostra im-
magine e somiglianza. Richie-
de ancora la disponibilità e lo
sforzo di sostenere la cresci-
ta, nel senso ampio del termi-
ne, dei propri fami liari per la
loro realizzazione personale,
nella consapevolezza che il
bene di ciascuno, in famiglia,
è il bene di tutti. Esige, infine,
che si guardi positivamente
alle diversità e si eviti la ten-
tazione di uniformare sce lte,
comportamenti e idee, ben sa-
pendo che non è l'unanimi-
smo a creare l'unità.
PAROLA
DI DON BOSCO
MB 17,111
Amino ciò che piace ai
giovani e i giovani ameran-
no ciò che piace ai Superio-
ri. E a questo modo sarà fa-
cile la loro fatica. La causa
del presente cambiamento
nell'Oratorio è che un nu-
mero di giovani non ha con-
fidenza nei Superiori. Anti-
camente i cuori erano tutti
aperti ai Superiori, che i
giovani amavano ed obbedi-
vano prontamente. Ma ora i
Superiori sono considerati
come Superiori e non più
come padri, fratelli ed ami-
ci; quindi sono temuti e
poco amati . Perciò se si
vuol fare un cuor solo ed
un'anima sola, per amore di
Gesù bisogna che si rompa
quella fatale barriera della
diffidenza e sottentri a que-
sta la confidenza cordiale.
Quindi l'obbedienza guidi
l'allievo come la madre gui-
da il suo fanciullino; allora
regnerà nell'Oratorio la
pace e l'allegrezza antica.
MB 4,736
Perché un giovane possa
essere accettato, si devono
in lui avverare le seguenti
condizioni: 1. Età di dodici
anni compiuti, e che non o l-
trepassi i diciotto. L'espe-
rienza ha fatto conoscere
che ordinariamente la gio-
ventù prima dei dodici anni
non è capace di fare né gran
bene, neppure gran male, e
passati i diciotto anni riesce
assai difficile il far deporre
abitudini altrove formate per
uniformarsi ad un nuovo re-
golamento di vita.
PREGHIAMO
Q Dio, nostro Padre,
ti rendiamo grazie
per questa famiglia
che ci hai donato.
Nell'amore, con cui ogni giorno
ci accogliamo,
ci aiutiamo,
ci perdoniamo,
ci offri un'immagine dell'amore
con cui tu hai creato ogni vita
e ti prendi cura di ogni uomo.
Ti ringraziamo anche
per la nostra comunità cristiana,
in cui tu rendi presente i segni
dell'amore di Gesù:
nella Parola, nell'eucaristia,
negli esempi di amore fraterno,
che la comunità ci offre,
la nostra famiglia trova
un modello e un sostegno
per continuare
a camminare nell'amore.
Ti chiediamo, o Padre,
che diventino sempre più intensi
i rapporti tra la famiglia
e la comunità cristiana.
Fa' che la nostra famiglia
assomigli sempre più alla Chiesa:
abbia fede in te,
accolga la parola di Gesù
così come l'ha accolta Maria
sua madre,
--- · applichi il vangelo
alla vita di ogni giorno,
aiuti i figli ·a rispondere
con gioia alla tua chiamala,
si apra al dialogo
e alla collaborazione
con le altre famiglie.
Fa' che la Chiesa e la famiglia
siano un'immagine della tua casa,
dove tu ci attendi
dopo il nostro viaggio terreno
+ Carlo Maria Martini
E ORA...
LA PAROLA
AL CENTRO
Riferendoti all'ambiente in cui
opera il tuo Centro:
Vedere: rendersi conto della
situazione
Giudicare: come giudicarla.. .
Agire: cosa pensi di fare?
7/71

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z.vere e' e
Partiamo dai fatti
La difficoltà di
dialogare ooh!o->i
Da una lettera scritta a una
monaca di clausura da una
donna dopo 1 anno di matri-
monio:
« Ti prego, aiuta me e An-
drea! Sai, stiamo passando
un momento critico, sem-
briamo due estranei dentro
casa, non ci comprendiamo
più. .. e ognuno vive la sua
vita, andando avanti da soli
ogni giorno... io gli ho chie-
sto di pregare insieme, per
chiedere insieme aiuto a
Dio, ma lui non vuole, sai co-
m chiuso» .
8/72
Formare una comunità di persone
costitu isce il primo compito della fa-
miglia cristiana: primo, perché la fa-
miglia non può assolvere gli altri
compiti a cui è chiamata se non vive
al suo interno la realtà della comu-
nione fami liare.
E per formare la comun ità di per-
sone, la via è quella della comunica-
zione e del dialogo. Senza comuni-
cazione e dialogo non può es istere
una «comunità».
Comunicazione e dialogo, pera l-
tro, non sono tanto dei mezzi per il
raggiungimento di un fine, ma sono
essi stessi dei valori, contempora-
neamente espressione ed esigenza
della dimensione sociale della per-
sona. La persona umana, infatti,
come dice Giovanni Paolo Il, «ha
una nativa e strutturale dimensione
socia le in quanto è chiamata dall'in-
timo di sè alla comunione con gli al-
tr (Ch l , 40).
Comunicare e dialogare, dunque,
sono un bisogno vitale dell'uomo; un
bisogno, poi, particolarmente avverti-
to oggi, in un tempo in cui un po' tut-
ti sperimentiamo ne ll a società una
carenza di re lazioni autentiche e in-
differenza di fronte alle situazioni de-
gli altri. Spesso l'uomo avverte oggi il
senso della so litudine, pur trovandosi
in mezzo a tanti individui e cono-
scendo tante persone; spesso speri-
menta l'incomunicabilità e l'incom-
prensione, pur lavorando accanto a
colleghi dall e maniere gentili e dal
sorriso facile.
Questo bisogno di comunicazione
e di dialogo trova nella fam iglia il
suo primo e naturale sbocco e lo
spazio in cui esprimersi. Eppure an-
che in famiglia non è oggi fac ile dia-
logare; anche in famiglia , molte volte,
non si comunica quanto si dovrebbe.
Ci sono certamente, oggi, delle dif-
ficoltà obiettive, delle situazioni reali
che non favoriscono , che rendono
problematico il dialogo in famiglia;
ma, oltre a queste, ci sono soprattut-
to delle difficoltà soggettive, delle
difficoltà le cui radici sono da ricer-
care nei soggetti, nelle persone, in
noi stessi. A cominciare dalle difficol-
tà che riguardano il rapporto marito-
moglie.
È questa la re lazione-cardine della
vita fami liare, che condiziona e su
cui si innesta ogni altra relazione. E
proprio questa re lazione, purtroppo,
è oggi così spesso in crisi o non è
pienamente gratificante, anche in si-
tuazioni in cui non si verificano sepa-
razioni o divorzi .
Non si possono certo individuare
tutte le cause delle difficoltà di dialo-
go in cui una coppia si può oggi tro-
vare, ma alcuni fattori costituiscono
motivi abbastanza diffusi e sono
specchio di una mentalità e di una
prassi che, in misura diversa, un po'
tutti condiz iona.
Anzitutto l'abitudinarismo della re-
lazione di coppia. Oggi siamo portati
a prevedere e a programmare tutto,
dagli impegni di lavoro agli appunta-
menti alle ferie, e lasciamo poco spa-

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omunzcare
zio alla novità, alla fantasia, alla
spontaneità. Siamo sistematici, meto-
dici, regolari nel fare le nostre cose e
nell'assolvere i nostri impegni, ma fa -
cilmente scivoliamo nella routine,
nella ripetitività, nella monotonia.
Questo atteggiamento diventa facil-
mente un modo di essere e si riflette
anche nelle relazioni interpersona li,
soprattutto in quelle che consideria-
mo più «sicure», più «scontate»,
come la relazione di coppia . Il dialo-
go, invece, ha bisogno di novità, di
freschezza, di vital ità.
Un altro fattore di difficoltà va ri-
cercato in una idea non corretta, ma
abbastanza diffusa, della realizzazio-
ne personale. Si tende spesso oggi a
considerare la realizzazione perso-
nale come il valore supremo della
propria esistenza, come un traguar-
do da raggiungere ad ogni costo e
attraverso qualunque scelta e qua-
lunque sacrificio, non considerando
o sottovalutando i riflessi di certe
scelte sulla relazione coniugale e sul-
la vita familiare. Si tende, cioè, a con-
siderare legittimo il perseguimento di
un traguard o personale, qualunque
ridimensionamento di relazione esso
comporti.
È chiaro che la realizzazione per-
sonale è un obiettivo umano da con-
siderare positivamente, ma essa va
integrata nel quadro delle sce lte, dei
valori e delle relazioni che danno
senso e orientano la nostra esisten -
za; La realizzazione personale ad
ogni costo, invece, rischia di compro-
mettere, anche gravemente, il dialo-
go e la relazione di coppia.
Un terzo fattore va ricercato nella
mancanza di un progetto di coppia.
Nonostante la più amp ia libertà di re-
!azione, nonostante le magg iori op-
portunità di confronto, molti oggi si
sposano, anche in Chiesa, anche da
cristiani, senza un chiaro, un consa-
pevole progetto di coppia, senza
proporsi cioè un quadro di va lori, di
orientamenti e di impegni, riguardan-
ti sia la famiglia che il più ampio oriz-
zonte sociale ed ecclesiale, da condi-
videre e da portare avanti insieme.
Un progetto di coppia, chiaramente,
presuppone e alimenta al tempo
stesso il dialogo, invita la co ppia a ri-
trovarsi, a ripensare, a rivedere, a in-
coraggiarsi, a collaborare (è eviden-
te che un progetto di coppia, anche
se non c'è ancora al momento del
matrimonio, può maturare negli anni
successivi).
Un fattore, infine, in parte legato al
precedente, è una certa superficiali-
tà di interessi e di valori che spesso
caratterizza gli orizzonti della coppia.
I soldi, la casa, il lavoro, i vestiti, le
uscite, i regali, l'arredamento, le bol-
lette che scadono, se non si hanno
interessi più profondi, diventano gli
unici argomenti di cui parlare, e il
dialogo così non va in profondità, ri-
stagna, si fossilizza .
Anche nel rapporto genitori-figli,
sebbene non siano più gli anni dell a
contestazione della figura e del ruolo
dei padri, manca tante volte un dia-
logo vero, costruttivo, aperto, profon-·
do. Manca, magari, perché non si
tenta abbastanza o perché non si ri-
tiene possibile raggiungere livelli di
profondità nel dialogo fra generazio-
ni diverse.
Nei genitori si fa strada, in genere,
la conyinzione che i figli non siano
oggi disposti ad «ascoltare», che per
loro valgano di più i modelli esterni
PAROLA DI DIO
Ef. 6,14
Figli, davanti al Signore
avete il dovere di ubbidire
ai vostri genitori, perché
così è giusto. Il comanda-
mento: Onora il padre e la
madre nella Bibbia è il
solo comandamento ac-
compagnato da questa
promessa: perché tu sia
felice e possa godere lun-
ga vita sulla terra.
E voi, genitori, non esa-
sperate i vostri figli, ma
date loro un'educazione e
una disciplina degna del
Signore.
1Cor 13, 12-13: Inno alla carità
1 Pt 9, 1-5: Rapporto tra guide-ge-
nitori
Gal 6, 1-10: Portare i pesi l'un
l'altro
all a famiglia, i modelli dei media e del
gruppo dei pari, e perciò assumono
un atteggiamento rinunciatario o
non si impegnano in maniera con-
vinta a costru ire un rapporto di dia-
logo alla ricerca elementi e fattori
nuovi da scoprire nella sua esperien-
za, nella sua personal ità;
- per capire: conoscere è già
molto, ma capire è molto di più, per-
ché è cogliere ed entrare nei mecca-
nismi interiori della persona , nelle ra-
gioni e nelle motivazioni del suo es-
sere e del suo agire; è riuscire a im-
medesimarsi nell'altro, avendone
chiare e rivivendone quasi le situa-
zioni nella loro totalità e complessità;
- per aiutare a crescere: cono-
scere e capire si completano nel so-
stenere, cioè nel dare ai nostri cari
quelle spinte e quegli stimoli che li
aiutino a camminare lungo la loro
strada; è un farci accanto per vedere
insieme, per vedere meglio, ma senza
sostituirci;
9/73

1.10 Page 10

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PAROLA
DELLA CHIESA
Familiaris Consortio 21,5
· Un momento fondamen-
tale per costruire una simi-
le comunione è costituito
dallo scambio educativo
tra genitori e figli, nel qua-
le ciascuno dà e riceve.
Mediante l'amore, il ri-
spetto, l'obbedienza verso
i genitori, i figli portano il
loro specifico e insostitui-
bile contributo all'edifica-
zione di una famiglia au-
tenticamente umana e cri-
stiana. In questo saranno
facilitati, se i genitori eser-
citeranno la loro irrinun-
ciabile autorità come un
vero e proprio «ministe-
ro», ossia come un servi-
zio ordinato al bene uma-
no e cristiano dei figli, e in
particolare ordinato a far
loro acquistare una libertà
veramente responsabile, e
se i genitori manterranno
viva la coscienza del «do-
no», che continuamente ri-
cevono dai figli.
- per donarci: abbiamo bisogno,
nel rapporto coi nostri cari, di donarci
tante cose, ma soprattutto di essere
noi dono con la nostra stessa presen-
za, di essere cioè accanto a loro, coi
nostri gesti, con le nostre parole, con
la nostra comprensione comunicata,
nel modo che meglio corrisponde, di
situazione in situazione, ai loro biso-
gni più intimi, alle loro esigenze più
vere;
- per accogliere e perdonare:
abbiamo bisogno, in famiglia, di ac-
coglierci così come siamo, coi nostri
pregi ma anche con i nostri limiti,
non per accettarci rassegnatamente
10/74
(dobbiamo, anzi, aiutare i nostri cari
a correggersi e lasciarci da loro aiu-
tare a correggerci) , ma per non su-
bordinare l'amore a determinate
condizioni, per amare e donare con
vera gratuità, disposti a perdonare
quando qualcuno dei nostri cari
manca nei nostri confronti. Sono
questi atteggiamenti interiori che
fanno del dialogo una comunicazio-
ne profonda, che apre sempre nuovi
spazi alle relazioni interpersonali e
ne alimenta la vitalità.
Alcune esigenze
Il dialogo come esperienza di co-
municazione profonda non si inven-
ta, non si improvvisa. Richiede una
disponibilità interiore molteplice, una
educazione personale e familiare,
una ascesi (nel senso letterale di
«esercizio ») quotidiana e alcune
convinzioni e atteggiamenti di fondo.
1) Credere che l'altro ha risorse
sempre nuove. Il dialogo a volte
muore perché crediamo che l'altro
non abbia più nulla da dirci, che nel-
l'altro non abbiamo più nulla da sco-
prire. E invece magari siamo noi che
non sappiamo o non vogliamo vede-
re il nuovo che a volte c'è nell'espe-
rienza e nella persona dell 'altro.
2) Desiderare un livello sempre
più profondo di relazione e di co-
munione. Nelle relazioni familiari è
facile la tentazione di credere di aver
raggiunto la giusta misura, di aver
impostato i rapporti nel modo miglio-
re, e di non desiderare più perciò di
migliorarli ulteriormente. Le relazioni
umane, invece, se non crescono, ri-
schiano di entrare in crisi, di inaridirsi.
3) Essere disponibili all'ascolto.
Spesso siamo pronti a parlare di noi,
a dire le nostre cose (cosa di per sè
positiva) , ma poco disposti ad ascol-
tare, a renderci conto che anche l'a l-
tro ha delle cose da dirci. E non si
tratta tanto, o soltanto, della disponi-
bilità all'ascolto fisico , quanto della
disponibilità interiore a fare spazio
all'altro, a fare attenzione a lui e al
suo bisogno.
I figli , da parte loro, anche se non
contestano , credono però in genere
che i genitori non sappiano «capire»
veramente il loro mondo, i loro pro-
blemi, e che perciò tendano ad «im-
porre » e ad imporsi, riducendo i loro
spazi di libertà.
Così, anche se diminuisce la con-
flittualità fra la generazione dei padri
e quella dei fig li, non significa di per
sè che migliori il dialogo genitori-figli.
Più facile è, invece, il dialogo dei fi-
gli fra di loro, dei fratelli, favorito dal-
la solidarietà generazionale e da una
naturale comunanza di interessi, an-
che se lo spazio sempre maggiore
che i giovani dedicano oggi alle rela-
zioni con amici e compagni di scuola
o di lavoro, di gruppo o di club, ridu-
ce le possibilità di incontro dei fratelli
in famiglia .
' Cosa n1ol dire
dialogare
Se dialogare in famiglia è diventa-
to oggi più problematico, è però al
tempo stesso, come dicevamo, un bi-
sogno fondamentale della persona e
un'esigenza insopprimibile delle re la-
zioni familiari. Oggi viviamo - ci sem-
bra - una particolare fase culturale
in cui , mentre da un lato la crisi rela-
zionale nella famiglia raggiunge livel-
li preoccupanti e provoca lacerazioni
a volte insanabili nelle persone, dal-
l'altro si fa strada un consapevole bi-
sogno di più profonde e so lide rel a-
zioni familiari, un consapevo le biso-
gno di una vita familiare fondata su
libere ma ben radicate relazioni e so-
stanziata di una ricca e arricchente
esperienza di amore.
È un particolare «segno dei tempi »
questa crisi e bisogno al tempo stes-
so di dialogo vero.
Ma cosa vuol dire dialogare? Dia-
logare non è solo parlare. Non basta
che si parli in famiglia del più e del
meno perché ci sia dialogo. Il dialo-
go è uno scamb io tra le persone che
ha per oggetto, oltre che per sogget-
to, le persone stesse. È vero dialogo
quando lo scambio riguarda o tocca
la persona , direttamente, perché si
ha per oggetto del confronto qualco-
sa che è della persona, o indiretta-

2 Pages 11-20

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2.1 Page 11

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mente, perché ciò su cui avviene il
confronto ha risonanza, a livello di
pensiero , di interesse o di coscienza,
nella persona.
Non è solo parlare, inoltre, il dialo-
go, perché lo scambio fra le persone,
oltre che le parole, conosce anche
altre vie, altri canali : conosce, per
esempio, i gesti, gli atteggiamenti, i
si lenzi, gli sguardi , le attenzioni. Coi
nostri occhi , a volte, diciamo più
cose che con le parole.
Dialogare, in verità, è entrare nel
mondo del l'altro e far entrare l'altro
nel proprio mondo. E quando dicia-
mo «mondo», intendiamo tutta l'e-
sperienza di vita della persona: senti-
menti, idee, valori , scelte, problemi,
affermazioni, amarezze, gioie, nel la-
voro , nelle relazioni sociali , negli im-
pegni, nel tempo libero, nelle amici -
zie. Ed è un entrare nel mondo del-
l'altro non per curiosare o criticare,
non per dominare o controllare, ma:
- per conoscere: crediamo di co-
noscere bene i nostri cari , ma a volte
ci sono aspetti della loro vita che
ignoriamo, ci sono preoccupazioni
nel loro studio o nel loro lavoro che
non sappiamo intuire; e poi , la perso-
na è un soggetto in crescita.
4) Essere attenti ai bisogni, an-
che inespressi dell'altro. La sfera
relazionale è la sfera della libertà e
dell'intraprendenza. Non tutte le esi-
genze, in questa sfera, vengono
espressamente manifestate o .comu-
nicate. Non dobbiamo aspettare,
perciò, che siano i nostri cari a chie-
derci di comunicare o a rivelarci un
certo bisogno, ma dobbiamo essere
noi attenti a cogliere in loro i bisogni
e pronti a fare subito la nostra parte.
5) Incoraggiare l'altro ad aprirsi
con la nostra capacità di infondere
fiducia. Anche in famiglia, si è più di-
sponibili al dialogo, a comunicare
con l'altro, se si sa che l'altro è pronto
ad ascoltarci, a sforzarsi di capirci, e
non a giudicarci. Molto, perciò, nel
dialogo, dipende dalla nostra capaci-
tà di infondere fiducia ai nostri cari, di
dir loro con gli atteggiamenti: «ti sono
vicino, voglio il tuo bene; qualunque
cosa tu abbia da comunicarmi , sono
pronto ad asco ltarti e a capirti ».
PAROLA
DI DON BOSCO
MB 3,119
«Era sempre in mezzo ai
giovani. Aggiravasi qua e
là, si accostava ora all'u-
no, ora all'altro, e, senza
che se ne avvedessero, li
interrogava per conoscer-
ne l'indole ed i bisogni.
Parlava in confidenza al-
l'orecchio a questo e a
quello; fermavasi a conso-
lare o a far stare allegri
con qualche lepidezza i
malinconici. Egli poi era
sempre lieto e sorridente,
ma nulla di quanto accade-
va sfuggiva alla sua atten-
ta osservazione».
MB 11,234
- Stasera, o m1e1 cari
figliuoli, dobbiamo fare
un dialogo tra me e voi: -
Volete essere amici di D.
Bosco?
Tutti : - Sì, Sì!
- Bene: e come buoni
amici di D. Bosco siete di-
sposti a fare ciò che egli vi
vuol dire?
Tutti : - Sì, Sì!
- Bene: e se egli adun-
que vi dicesse di far bene
questi esercizi, li fareste
bene?
Tutti: - Sì, Sì!
Oh, tutto va bene! Con
questa vostra buona vo-
lontà io spero che faremo
grandi cose.
PREGHIAMO
Ti ringraziamo, Signore,
perché hai voluto nascere in
una famiglia, e hai voluto
trascorrere in famiglia la
parte più lunga, anche se
nascosta, della tua vita. Se
sono tanto eloquenti le tue
parole e i tuoi gesti,
altrettanto eloquente è stato
il tuo silenzio, il tuo umile
lavoro nascosto nella casa
di Nazaret.
Aiuta la nostra famiglia a
modellarsi sulla tua.
Aiutaci a creare in famiglia
un clima di serenità e pace;
rendici attenti ciascuno ai
bisogni degli altri; afutaci a
sopportare in silenzio le
offese e a rispondere
sempre con un sorriso
sincero.
Se qualcuno di noi provoca
incrinature nei rapporti
familiari, aiutaci tutti a
ricercare più comprensione
e compattezza.
Uniscici tutti in te e con te,
perché la nostra famiglia sia
tempio e immagine di Dio,
Padre e Figlio
e Spirito Santo.
E ORA...
LA PAROLA
AL CENTRO
Riferendoti all'ambiente in cui
opera il tuo Centro:
Vedere: rendersi conto della
situazione
Giudicare: come giudicar/a...
Agire: cosa pensi di fare?
11 /75

2.2 Page 12

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econ ità
Partiamo dai fatti
Dalle ultime ricerche fatte
sui livelli di natalità nelle va-
rie nazioni risulta chiara-
mente che il mondo occiden-
tale sta invecchiando, sia
perché è aumentata l'età me-
dia, sia perché sono diminui-
te le nascite (l'Italia ha ormai
raggiunto la crescita zero).
Di conseguenza diminuisco-
no le classi elementari e pro-
liferano le case di accoglien-
za per gli anziani che nessu-
no vuole più tenere in casa
perché scomodi. In una so-
cietà cosi egoista e pervasa
da una mentalità di morte
non fa più meraviglia la vi-
cenda avvenuta anni fa in
Austria dove alcune solerti
infermiere di una casa di
cura avevano trovato la solu-
zione al problema degli an-
ziani abbandonati: li uccide-
vano con una iniezione.
12/76
Quando diciamo fecondità, pen -
siamo forse sub ito all a procreazione,
alla generazione dell a vita , e ci viene
magari in mente quel triste primato
che l'Italia detiene in questo campo:
siamo il paese eu ropeo dove nasco-
no meno bambin i! Ma qu i vog li amo
parla re della fecondità nell 'accez io-
ne, nel significato più ampio del ter-
mine, che abbraccia senz'a ltro la
procreazione ma anche tutto ciò che
l'uomo fa per promuovere, per far
crescere, per fare amare la vita.
l\\1cno fecondi.
Pcrchè'?
Dire fecondità è come dire fami-
gli a. È la famig li a, sia naturalmente
che istituzionalmente, il lu ogo privi le-
giato de lla fecond ità: è nella fam iglia
che si genera la vita, che si sviluppa
la vita, che si educa e si impara ·ad
amare la vita.
Eppure la famig lia registra oggi un
ca lo di feco ndità davvero preoccu-
pante (da cu i non sono immuni le fa-
miglie cristiane) e sotto tutti gli aspet-
ti. È anzi, questo calo di fecondità,
uno degli indicatori più sign ificativi
della fase storico-cu lturale che stia-
mo attraversando.
Il prim o aspetto che salta agl i oc-
chi è certamente il ca lo delle nascite.
Se in altre regioni del mondo sono
alle prese con i prob lemi determinati
dalla crescita demografica, in Euro-
pa e in Italia ci ritroviamo già co n i
problemi determinati dalla riduzione
delle nasc ite. Il nostro paese detiene
il primato in questo campo: siamo
all a «crescita zero», con prevision i
peraltro ancora pessimistiche. La fe-
condità media delle coppie ita liane è
di 1,3 fig li: questo significa che ci vo-
gliono tre coppie per mettere al mon-
do quattro figli.
Un altro aspetto del ca lo di fecon-
dità è la crisi dell 'educazione che at-
traversa la famiglia . Genitori che non
hanno tempo da dedicare ai loro fig li
o che credono di asso lvere la loro re-
sponsabilità educativa rifugiand osi in
un permissivismo fac ile, vengono me-
no, in rea ltà, ai loro comp iti educativi
e lasciano i loro figli in preda ad altre
agenzie educative, che più spesso di-
seducano. Ed educare - lo sappiamo
- è come dare di nuovo la vita, è
come generare una seconda volta.
Molto di quello che siamo, anc he il
nostro sape r apprezzare ed amare la
vita, dipende dall 'educazio ne.
È calo di fecond ità, ancora, la diffi-
coltà che ha ogg i la famiglia ad ac-
cogliere e ad accudire gli anzian i.
L'anziano costitu isce oggi un proble-
ma. Le aumentate esigenze e gli im-
pegni , specia lm ente nel le famiglie
dove lavora no entrambi, marito e
moglie, rendono problematico occu-
parsi di lui. Così l'anziano, ormai in
pens ione, non più utile all a soc ietà
col suo lavoro, magari afflitto da
qualche acc iacco, molto spesso tra-
scorre in una casa di riposo gli ultimi
anni della sua vi ta, lontano dai suo i
cari , generalmente in preda a un

2.3 Page 13

▲back to top
' amore
senso di inutilità, in una rassegnata
attesa della morte.
È calo di fecondità, pure, la diffi-
coltà ad accettare la sofferenza. Di
fronte alla sofferenza, alla malattia,
oggi facilmente l'uomo si smarrisce:
non riesce a cap irne il senso e si ab-
batte, e si dispera. Anche la famiglia,
che dovrebbe offrire conforto e so-
stegno, è spesso impreparata e così
la soffere nza sconvolge la vita di tutti
e diventa una maledizione.
Un altro aspetto, infine, del ca lo di
fecondità può essere la tentazione di
chiudersi nel proprio benessere fami-
liare. Forse stiamo uscendo da quel
«riflusso nel privato» che ha tanto
caratterizzato gli anni '80 e va rina-
scendo il senso della responsabilità
dei singoli e delle famiglie riguardo al
bene sociale. Comunque è ancora
forte, a livello di prassi e di mentalità,
l'atteggiamento di non spingersi, nelle
proprie occupazion i e preoccupazioni,
oltre l'orizzonte degli interessi familiari.
Quali le ragioni di questo calo di
fe co ndità? Crediamo che siano so-
stanzialmente tre i fattori di fondo:
1) il primato del benessere: star
bene economicamente è per molti il
valore prioritario, l'obiettivo princ ipa-
le da perseguire nella vita, personal-
mente e come famiglia, e a questo
obiettivo sono disposti a sacrificare
ogni altra cosa, valori , relazioni , ri-
chiami spirituali e, perché no, anche
le persone;
2) le esigenze del lavoro e della
carriera: il lavoro e la carriera sono
diventati oggi più impegnativi (anche
se il lavoro è men o faticoso sul piano
fisico), assorbono più tempo e più
energie, esigono, oltre alle ore lavo-
rative , 1-' impegno di un aggiornamen-
to permanente, comportano a volte
missioni fuori sede, rapporti di co lla-
borazione co n altri operatori, richie-
dono insomma una dedi:?:ione, so-
prattutto mentale, più consistente e
logorante;
3) le esigenze del divertimento e
del consumo: in una mentalità e in
una cultura largamente segnate dall 'e-
donismo, consumare e divertirsi diven-
tano una scelta di vita, un imperativo
etico corrente, per cui si tende a rifug-
gire da tutto ciò che può compromet-
tere o negare il consumo e il diverti-
mento e ad anteporre invece questi ul-
timi ad altre scelte o ad altri impegni.
Fecondità
è ,·ita
Un po' tutti rischiamo oggi di essere
contagiati, in vario modo, da questa
cultura che svalorizza la fecondità. A
volte, forse, neanche ci rendiamo con-
to di quanto essa ci condizioni.
Eppure sono in gioco, quando si
tratta della fecondità, i supremi valori
dell 'uomo: la vita, il rispetto della per-
sona, la solidarietà. Tutti abbiamo la
responsabilità di far crescere questi
valori nella coscienza comune, ma a
maggior ragione e con un impegno
più determinato le famiglie cristiane,
che sanno di aver ricevuto dal Signo-
re il comando di «essere fecondi»
(Gn. 1,28).
E il primo ambito, senza dubbio, ri-
guarda la generazione della vita. La
PAROLA DI DIO
Geo 1,27-28
Dio creò l'uomo
simile a sé,
lo creò a immagine di Dio,
maschio e femmina li creò .
Li benedisse
con queste parole: «Siate
fecondi, diventate numerosi,
popolate la terra.
Governatela e dominate
sui pesci del mare
sugli uccelli del cielo
e sugli animali
che si muovono sulla terra».
Col 1,24
Ora, io sono felice di
soffrire per voi. Con le mie
sofferenze completo in me
ciò che Cristo soffre a van-
taggio del suo corpo, cioè
della Chiesa.
2Cor 4,16
Noi dunque non ci sco-
raggiamo . Anche se mate-
rialmente camminiamo ver-
so la morte, interiormente,
invece, Dio ci dà una vita
che si rinnova di giorno in
giorno.
procreazione, nella visione cristiana,
non è l'espressione di un naturale
istinto di riproduzione, ma una colla-
borazione con Dio nella con tinuazio-
ne del progetto dell a creazione. Pro-
creare significa accog liere l'invito di
Dio che, pur potendo far nascere Lui,
nella Sua onnipotenza, tutti gli uomi-
ni che sono venuti e che verranno al
mondo, ha voluto affidare questo
comp ito all'uomo e alla donna, alla
coppia unita nel vincolo dell'amore.
Pur potendo creare Lu i tutti i suoi fi -
gli, Dio ha voluto rendere l'uomo e la
donna partecipi del suo progetto e
capaci di coope rarvi .
13/ 77

2.4 Page 14

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PAROLA
DELLA CHIESA
Gaudium et Spes, 50, 1-2
Il matrimonio e l 'amore
coniugale sono ordinati
per loro natura alla pro-
creazione ed educazione
della prole. I figli, infatti,
sono il preziosissimo dono
del matr imonio e contri-
buiscono in massimo gra-
do al bene degli stessi.
Dio, che disse: «non è
bene che l 'uomo sia solo»
(Gen . 2, 18) e «che creò al-
l'inizio l'uomo maschio e
femmina » (Mt. 19, 4), vo-
lendo comunicare all'uo-
mo una speciale parteci-
pazione nella sua opera
creatrice, benedisse l'uo-
mo e la donna, dicendo lo-
ro: «crescete e moltiplica-
tevi» (Gen . 1, 28). Di con-
seguenza, il vero culto del-
l 'amore coniugale e tutta
la struttura familiare che
ne nasce, senza trascura-
re gli altri fini del matrimo-
nio, tendono a rendere i
coniugi disponibili per
cooperare coraggiosa-
mente con l'amore del
Crea tore e del Salvatore,
che per loro mezzo conti-
nuamente ingrandisce e
arricchisce la sua famiglia.
I coniugi sappiano di es-
sere cooperator i dell 'am o-
re di Dio Creatore e quasi
suoi interpreti nel dovere
di trasmettere la vita uma-
na e di educarla, che de ve
essere considerato come
la missione loro propria.
14/78
Procreare, perciò, è una grande
dignità, perc è coope rare con Di o,
crea re per conto di Dio (pro = per
conto di) quei figli che, prima ancora
che nostri, so no fi gli Suoi. Ma è an-
che una respo nsabilità, un appello
che esige una risposta. E la risposta
so lo la sin gola cop pia la può dare,
perché i fi gl i che essa metterà al
mondo solo essa li può generare.
La ri sposta sa rà, perc iò, una ge-
nerosa disponibilità all a procreazio-
ne, nell a co nsapevolezza del va lore
immenso affi dato alle scel te dell a
copp ia: il dono del la vita ad altre
creature um ane, ad altri figl i di Dio.
Qu anto c'è bisog no ogg i di dar peso
a questo aspetto positivo della pro-
creaz ione respo nsa bile, spesso rid ot-
ta a un discorso di metodi da seguire
(quel li natura li) pe r evitare co nce pi-
menti non progra mmati!
Dalla responsab il ità di generare
all a responsab ilità di educare: è la
co ntinu azione del medesim o compi-
to. Educare è, in un certo se nso, con-
tin uare a dare la vita, pe rché è aiu ta-
re e guidare i figl i a sviluppa re le po-
tenz ialità e le ricchezze pe rsona li ai
cui sono dotati nascendo, a fare ve-
nir fuori e a formare quel «se stesso »
che è gi à potenzia lmente in loro. Se
proc reare è dare la vita, ed uca re è
porta re alla pienezza dell a vi ta e all a
gioia di vive re.
È im po rtante, all ora, che i genitori
maturino profondamente la consa-
pevo lezza di esse re loro «i primi e
principa li educatori dei figli » (C.V. Il ,
GE, 3) , che maturin o profondame nte
la convinzione che educare è la loro
specifica e priori tari a missione, pe r-
ché è un servizio alle persone dei
loro figli che non può esse re delega-
to , in cui non possono essere sosti-
tuiti. È vero che ci so no altre age nzie
educative, ma queste possono asso l-
vere un ruolo com pl ementa re se non
viene meno l'azione educativa dei
gen itori, che unifica, integra, armo-
nizza e orienta i moltep lici stimoli che
prove ngono dalle altre agenzie.
Se i genito ri han no un o spec ifico
ruolo educativo, non va ig norato
quel sosteg no all a cresc ita rec iproca
che tu tti, in famig lia, possono e sono
chi amati a dare. Og nuno di noi, con i
suoi atteggiamenti, con le sue manie-
re, con le sue reaz ioni, nel le più varie
e più comuni ci rcostanze quotidiane,
esercita nei co nfronti dei propri ca ri
o un influsso positivo , che sostiene,
incoraggia, infonde fiducia, dispone
all 'ottimismo, stimo la all'azione, libe-
ra energie, o un influsso negativo ,
che frena , che blocca, che ind uce al-
l'ansia, che dispone alla paura, che
co mprime la vitalità.
Volere il bene dei propri cari , sotto
questo aspetto, non può non portare
a ricerca re e a porre in essere delle
mani ere di relazio ne che si trad uca-
no in un influsso positivo su di loro, e
a considerare e vivere le più varie cir-
costanze del rapporto familiare come
occasioni pe r pro muovere, giorn o
dopo giorn o, il be ne (fisico, psico-
affettivo e spirituale) dei propri cari.
Un a particolare attenzione, in fa-
mi gl ia, va ded icata ai picco li, a co-
minciare dai picco lissimi, dai conce-
piti: han no bisog no di avve rtire un
clima familiare accogl iente sin da
quando sono nel grembo della ma-
dre. Se tutti abbia mo bisog no di sen -
tire l'amore attorno a noi, i picco li
hanno bisogno di respirarlo. È, dun-
que, un'esigenza dell'amore affro nta-
re (ed aiutarsi ad affrontare) il servi-
zio ai piccol i con generosa ded izio-
ne, circonda ndol i di premure e di at-
te nzioni , che vengono da loro im-
man cabi lmente percepite e che so no
le rad ici del loro fiducioso rapporto
futuro co n la .realtà e del loro amore
alla vita.
Una particolare dimensione dell a
feco ndità dell 'am ore, ancora, la si
può spe rim entare nel dolore, quando
ci si educa ad affrontare la sofferen-
za, prop ri a e dei prop ri ca ri , co n se-
re na accettazio ne e con spirito di of-
fert a al Sig nore. Essere vicini e un iti
nel la sofferenza, condividerla, portar-
ne il peso insieme, è esperienza che
risolleva e fortifica e mantiene sem-
pre interiormente attaccati all a vita;
offrirla poi al Signore, sape ndo che
Egl i ne sa trarre un 'efficacia rede nti-
va, infonde una pace segreta che
vince il dolore.
Un'u ltim a cons id eraz io ne, infine.
Se la fecond ità del l'amore ha il suo
primo spazio nel la famig lia, essa non

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può non riflettersi, non riversarsi an-
che al di fuori della famiglia. La pa-
ternità, la maternità, la fraternità
sono esperienze che segna no pro-
fondamente le persone e le arricchi-
scono di doni, di sensibilità e di atti-
tudini spirituali, che possono essere
messi a frutto anche al di fuori della
famiglia.
È importante, perciò, sviluppare e
arricchire la fraternità, ia maternità e
la paternità spirituali, per portare an-
che nei vari ambienti della società la
ricchezza e l'impronta delle relazioni
familiari .
E poi, questa ricchezza spirituale
può anche indurre a scelte familiari
particolarmente generose e di note-
vole rilevanza sociale, quali l'adozio-
ne, l'affidamento, l'accoglienza di un
rifugiato o di un extracomunitario,
l'assistenza ai senza-famiglia, etc.
Sono scelte impegnative, dettate dal-
l'amore del prossimo, che nulla tolgo-
no alla famiglia, anzi arricchiscono,
invisibilmente ma realmente, la capa-
cità di donazione dei suoi membri.
Alcune esigenze
I
I
Fecondità dell'amore e apertura
alla vita significano e comportano
non tanto singole scelte, quanto un
orientamento di fondo, frutto di alcu-
ne convinzioni profonde e di un con-
tinuo , permanente impegno di cresci-
ta nella capacità di donazione.
Alcune esigenze, in particolare, ci
sembra non si possano trascurare
per mantenere questo orientamento
di fondo.
1) Credere nel primato della vita:
si tratta di radicarsi profondamente
nella convinzione (oggi così spesso
debole e vo lutamente ignorata) che la
vita umana, sia nell'aspetto biologico
del vivere, sia nell'aspetto esistenziale
della pienezza e della qualità del vive-
re, è il supremo valore storico, che
non può essere sacrificato o pospo-
sto ad altri valori o, peggio, a scelte e
ragioni di calcolo o di conven ienza.
PAROLA
DI DON BOSCO
MB 10,648
Naturalmente in questa
vita, tutti, qualunque sia lo
stato in cui ci troviamo, ab-
biam da soffrire; ma se sia-
mo cristiani e vogliamo es-
ser degni di raggiungere un
giorno la felicità eterna,
dobbiamo imitar Gesù Cri-
sto anche nel soffrire; e Don
Bosco ripeteva:
- Tutti dobbiamo porta-
re la croce come Gesù, e la
nostra croce sono le soffe-
renze che tutti incontriamo
nella vita!
- So che alcune di voi
soffrono molto, ma si ricor-
dino che in questa vita ab-
biamo le spine e nell'altra
le rose!
Ammaestrava ed ammo-
niva sempre con grazia sin-
golare.
- Fate conto delle cose
piccole!
2) Educare la propria capacità di
sacrificio e di donazione, anche al
di fuori di situazioni di necessità: la
vita familiare e l'amore per i nostri
cari ci potranno richiedere sacrifici o
sforzi anche intensi , che noi non sa-
premo affrontare se non saremo
adeguata mente ad essi esercitati e
formati.
3) Maturare la convinzione che le
rinunce e i sacrifici, consapevol-
mente affrontati, ci arricchiscono: le
rinunce e i sacrifici, affrontati per
amore, per il bene dei nostri cari o di
altre persone, non ci diminuiscono,
anzi ci fortificano e, oltre al beneficio
che recano alle persone per le quali
li affrontiamo, irrobustiscono e affi-
nano la nostra capacità di relazione
e ci ricolmano l'animo di gioia.
4) Credere nel valore redentivo
della sofferenza: è uno dei più gran-
di misteri e una delle più belle verità
PREGHIAMO
Q Dio,
ti ringraziamo,
perché ci rendi
liberi e corresponsabili
collaboratori alla generazione
e all'educazione di nuove vite.
Il nostro amore
sia pienamente umano,
non semplice trasporto
di istinto e di sentimento.
Il nostro amore sia totale,
senza indebite riserve
o calcoli egoistici.
Il nostro amore
sia fedele ed esclusivo
fino alla morte.
Il nostro amore sia fecondo,
perché non si esaurisca
nella nostra comunione,
ma sia destinato a suscitare,
in modo responsabile,
nuove vite,
conformandoci
alla tua intenzione creatrice.
del Cristianesimo, questa, che la sof-
ferenza offerta al Signore - come ci
insegna l'apostolo Paolo - accresce i
meriti della Redenzione operata da
Cristo per sè e per gli altri; è la con-
sapevolezza di questa verità, è que-
sta convinzione profonda che ha
dato e co ntinua a dare a tanti cre-
denti la forza di affrontare ogni sof-
ferenza o addirittura il martirio.
5) Guardare con cuore aperto ai
bisogni degli altri, disponibili a un di
più di donazione. L'amore vero non è
mai esclusivo, ma inclusivo, non ten-
de ad escludere, ma a far partecipi
gli altri. Una famiglia che si realizza e
cresce come «comunità di persone»,
come comunità di amore, sentirà bi-
sogno di riversare su altri l'amore
che sperimenta al suo interno e
guarderà con cuore aperto alle ne-
cessità di tanti fratelli che attendono
gesti concreti di solidarietà.
15/79

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«LA BIBBIA PER LA FAMIGLIA»
L a famiglia è da se1:1pre l'ambito primario della pastorale e della catechesi del-
la Chiesa locale. E l'ambito della «nuova evangelizzazione». Una parrocchia
viva, che si sforzi di incarnare il vangelo nella realtà di un'area sociale ed econo-
mica sottoposta a rapidi e stressanti cambiamenti, non può non prendere nella
massima considerazione la famiglia. È da questa cellula fondante la società che
bisogna ripartire per costruire il tessuto comunitario e ridare un volto cristiano ad
ogni territorio rimasto senz'ossigeno, anzi, senz'anima, spesso dominato com'è
dall'indifferenza se non da aperta ostilità verso la vita.
Dopo la visita ad limina dei vescovi della Basilicata, il Papa aveva raccoman-
dato: «Non tralasciate di porre al centro di ogni piano pastorale la famiglia».
A sosteg·no della famiglia e delle sue accresciute esigenze interviene Fami-
glia Cristiana, che con la sua diffusione capillare è in grado di raggiungere i più
diversi contesti. In autunno, infatti, partirà una grande iniziativa dedicata all'uomo
d'oggi: «La Bibbia per la famiglia». È una proposta concreta, un'iniziativa pastora-
le qualificata a raggio nazionale.
La Bibbia per la famiglia, è curata da monsignor Gianfranco Ravasi con la
collaborazione editoriale di tutto lo staff dei Periodici San Paolo e delle Edizioni
San Paolo. Il piano complessivo dell'opera, dal carattere pastorale-biblico-cate-
chetico, prevede uno sviluppo di circa quattromila pagine ripartite in dieci volumi.
L'accurata disposizione grafica, a paginoni, al centro riporta il testo integrale del-
la «Nuovissima Versione dai testi originali» (EP). Sul lato sinistro del paginone ri-
porta un commento moderno e chiaro e sul lato destro un ricco approfondimento
scientifico su temi, simboli, personaggi che quella stessa pagina biblica contiene
«così da ottenere», come ha precisato mons. Ravasi, «un eccezionale vocabolario
o enciclopedia biblica, quale mai sia stata tentata nella storia delle edizioni diret-
te alla gente». Fascicolo per fascicolo, al termine di ogni unità, che raccoglie una
storia o un tema in sé stesso compiuto, si incontra un'«oasi», nella quale la fami-
glia è invitata a stazionare per un approfondimento di domande e temi teologici,
morali, spirituali, scientifici particolarmente importanti, evocati dalle pagine bibli-
che che sono state appena lette e a cui rispondono i maggiori biblisti.
Con squisita sensibilità nei riguardi dell'intera famiglia, le stesse pagine bi-
bliche lette dagli adulti di casa saranno trascritte per i più piccoli. In tal -modo i ge-
nitori vengono a trovarsi tra le mani uno strumento eccezionale di catechesi bibli-
ca per i figli più giovani. Ognuno dei fascicoli (il primo numero è di 36 pagine) è
chiuso dal commento di uno scrittore o di una personalità nota nel mondo della
letteratura, dell'arte o comunque del pensiero contemporaneo. Si tratta, come si
può immaginare, di un'opera editoriale impegnativa e coraggiosa. E soprattutto
«pastorale». La Bibbia per la famiglia diventa così uno strumento prezioso di rie-
vangelizzazione delle famiglie.
16/80