il tutto ai giovani dicendo che sono
diversi da quelli di 15 o 20 anni fa,
meno generosi e meno disposti a sa-
crificarsi per gli altri, ma anche qui
c'è chi sostiene, forse giustamente,
che i giovani sono tutti uguali quali
che siano le epoche in cui vivono.
In ogni caso credo che la capacità
di un educatore di avvicinare un
giovane ad una scelta di impegno,
addirittma, nel nostro caso, di far
maturare una vocazione possa di-
pendere essenzialmente da questi
el e m e n ti:
a) far diventare i giovani, fino ad
ieri solo destinatari di cma pastora-
le, protagonisti attivi della missione
della Chiesa e, nel nostro caso, an-
che di quella salesiana;
b) aggregare questi giovani intor-
no a esperienze concrete, che non
siano solo riunioni, senza avere
pama di affidare ad essi, come dice-
va Don Milani, impegnj difficili;
c) m ettere davanti ad essi dei te-
stimoni della comune vocazione,
deg]j esempi da imitare che siano
dei punti di riferimento costanti nel-
la crescita personale e di gruppo
che andranno a realizzare;
d) fare di tutte queste esperienze
e attività dei momenti formativi che
colpiscano l'attenzione ed il cuore
di questi giovani, senza sembrare
una spiritualità quasi imposta ma al
contrario desiderata e della quale si
arriva a comprendere la necessità e
l'importanza.
Rimane, quindi, forte l'impegno a
creare tutte le occasioni per favorire
aggregazioni a livello giovanile e,
quindi, la formazione di un grande
movimento di GG. CC. che sappiano
mettersi al servizio di tutta l'Asso-
ciazione, soprattutto se opportuna-
mente motivati.
Ma, fermo restando questo impe-
gno, non credo, tuttavvia, che l'ACS
debba sentirsi condizionata più di
tanto da questa carenza di vocazio-
ni giovanili che si sta vivendo in
questo momento cattolico storico.
È anche questo un segno dei tempi
che bi.sogna saper leggere bene: si
può notare, allora, come la chiama-
ta all'impegno apostolico, così
come - d'altra parte - quella alla
vocazione religiosa, si è spostata
più avanti nell'età.
6. Prospettive future: memoria e .. . profezia
Da alcuru mesi, e più precisamente
a partire dalla riuruone del Comitato
dei Coordinatori dell'ACS tenutasi
nell'ottobre scorso, è in atto nell'As-
sociazione una profonda riflessione
alla quale i Cooperato1i giovani non
solo non possono sottrarsi ma sono
chlamati a dare (a cominciare da
questo convegno) un contributo, a
mio parere, determinante.
I Cooperaori salesiani devono sa-
per essere oggi allo stesso tempo
memoria e profezia.
MEMORIA STORICA che signi-
fica essenzialmente fedeltà ad una
serie di elementi: fedeltà al Fonda-
tore, alla Chiesa locale, a coloro che
hanno lavorato in passato, a valori
che restano immutabili nonostante i
mutamenti storici.
E poi PROFEZIA, che sigrufica sì
adeguare la propria vocaziaone sa-
lesiana ad una v1s1one post-
conciliare, ma vuol dire anche aper-
tura ai grandi orizzonti della vita
culturale e sociale.
FEDELTÀ AL FONDATORE:
vuol dire capire, per attuarla, quale
idea si era fatta Don Bosco del Coo-
peratore e come l'aveva espressa
nel suo Regolamento del 1876 .
Fedeltà alla Famiglia salesiana,
così come Don Bosco l'ha voluta e
come l'hanno pensata e realizzata i
Capitoli Generali SdB XX, XXI e
XXII, dove l'Associazione dei Coo-
peratori ha un suo posto ben preci-
so che deve essere capito, apprezza-
to, rispettato.
FEDELTÀ ALLA CHIESA con-
temporanea e, più in particolare, alla
Chlesa locale come «comuruone or-
ganica in cui ciascuno ha il proprio
posto e il prop1io compito. Ciò può
avvenire con l'assunzione non solo
della dottrina conciliare ma anche di
tutta la teologia del !meato.
FEDELTÀ A COLORO CHE
HANNO LAVORATO IN PASSA-
TO, cioè fedeltà all'esperienza dei
Cooperatori stessi e al loro impegno
per la crescita dell'Associazione.
Ci sono, cioè, alcuru Cooperatmi
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che per motivi diversi , volontaria-
mente o involontariamente, si assen-
tano sempre più dalla vita ordinaiia
dell'Associazione fino a spaiire del
tutto e, spesso, essere dimenticati.
Penso che debba prevedersi nel-
!'Associazione una vera e propria
«strategia di recupero» di queste
persone, di queste forze spesso an-
cora_ attive eh~ ip moltissimi_ c~si
contmuano a vivere con convmz10-
ne e dedizione la propria vocazione
salesiana.
Allora si intravede un altro impe-
gno, che è di tutti gli associati ma in
particolare dei giovani: il recupero
di un' esperienza tipicamente sale-
siana che è la riscoperta del rappor-
to personale , della parolina all'orec-
chio come amava fare Don Bosco,
della disponibilità all 'ascolto, alla
condivisione, allo scambio. È la cul-
tura della solidarietà e dell'acco-
glienza che deve essere vissuta al-
l'interno del gruppo.
FEDELTÀ A VALORI IMMUTA-
BILI, valori fondamentali che sono
quelli per cui l'uomo è veramente
uomo, rispondenti cioè al piano di
Dio che lo ha creato per un destino
trascendente, ma che lo chiama nel-
la storia a vivere nel seno della fami-
glia, unico agli altri uomini, con
rapporti di fraterna convivenza. In
questa concezione sono essenziali
ed occupano il primo posto i valori
religiosi , che si riferiscono cioè al
rapporto con Dio; ci sono poi tutta
la serie di valori che si riferiscono
all'uomo come tale e che si potreb-
bero sintetizzare nel coerente rico-
noscimento del valore assoluto della
dignità della persona umana.
Ma accanto alla memoria di tutte
queste realtà dobbiamo, come Coo-
peratori e, più in generale, come sa-
lesiani, realizzare una nuova vera
evangelizzazione - come da più
parti viene definita - che si espri-
me soprattutto in termini di profe-
zia attraverso il servizio, la testimo-
njanza, il sacrificio.
7. Campi di apostolato
da privilegiare
Questa n4.ova evangelizzazione si
deve, però,'realizzare avendo cura
di valutare sempre qualche inciden-
za effettiva, può avere una qualsiasi
scelta di impegno apostolico sulla
realtà in cui ci troviamo ad operare.