Bollettino_Salesiano_198613


Bollettino_Salesiano_198613

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3 NOTE SPIRITUALI
don Viganò ci parla
5 BREVISSIME
9 VITA ECCLESIALE
Ad Assisi per la pace
di Silvano Stracca
Gli occhi ed i cuori del credenti nel mese di Otto-
bre saranno ad Assisi con Giovanni Paolo li per
pregare per la pace. L'articolo spiega il significato
dell'avvenimento.
12 VITA SALESIANA
Un regolamento sulle orme di don Bosco fon-
datore
a cura di Giuseppe Costa
Abbiamo organizzato un dibattito sul nuovo rego-
lamento del cooperatori salesiani e ne presentia-
mo alcuni contenuti.
16 EVANGELIZZAZIONE E SVILUPPO
Ad Arela Branca l'Imprevisto è di casa
di Carlo Vitacchio
Esiste ancora l'avventura missionaria? Dal Brasile
ci dicono di si.
20 EDITORIA
Ora sappiamo chi è 11 preadolescente
di G. N.
Ecco I risultati di una indagine sociologica che può
diventare un utile strumento educativo per genito-
ri, insegnanti e quanti da educatori sono interes-
sati ai ragazzi dai 10 ai 14 anni.
In copertina:
Ora sappiamo chi é
il preadolescente
(Servizio a pag. 20)
1 SETTEMBRE 1986
ANNO 110
NUMERO 13
24 COMUNICAZIONI SOCIALI
Se la notizia fa forti le forze deboli
di Angelo Paoluzi
Una attenta lettura delle diverse edizioni del BS
dimostra una unità dì obiettivi e di sensibilità cer-
tamente sorprendente. È la dimostrazione che
l'intuizione di Don Bosco dopo un secolo ancora
regge.
28 PASTORALE GIOVANILE
A Lecco c'è una scuola In fermento
di Maurizio Nicita
Ecco cosa riescono a fare e pensare le suore sale-
siane trasformando una scuola tradizionale in un
laboratorio di idee e di iniziative.
31 STORIA SALESIANA
•Oh cosl ml piace, questa casa comincia bene!•
di Sergio Centofantl
È la storia di una casa salesiana dal passato vera-
mente positivo e ricco e che oggi si apre a nuove
prospettive a servizio dei giovani a rischio.
34 PROTAGONISTI
Possiamo ancora ascoltare il suo cuore
di Livio L/viabella
È il ricordo di un grande artista, ma anche di un
grande exallievo che rivive nel ricordo del figlio.
RUBRICHE
Scriveteci, 4 - Pigy di Del Vaglio, 6 - La lettera di
Nino Barraco, 7 - I nostri santi, 37 - I nostri morti,
38 - Solidarietà, 39.
IL BOLLETTINO SALESIANO
Rivista fondata da san Giovanni Bosco
nel 1877
Quindicinale di informazione e cultura
religiosa edito dalla Congregazione
Salesiana di San Giovanni Bosco.
INDIRIZZO
Via della Pisana 1111 - Casella post. 9092
- 00163 Roma-Aurelio - Tel. 06/69.31.341 .
Conto corr. post. n. 46.20.02 intestato a
Direzione Generale Opere Don Bosco,
Roma.
DIRETTORE RESPONSABILE
GIUSEPPE COSTA
Redazione: Giuliana Accornero - Marco
Bongloanni • Eugenio Fìzzotti - Gaetano Na-
netti - Angelo Paoluzi - Cosimo Semeraro.
Archivio: Guido Cantoni
Diffusione: Ama.Ido Montecchio
Fotocomposizione, impaginazione é stam-
pa: Stabilimento Grafico SEI - Torino
Registrazione: Tribunale di Torino n. 403
del 16.2.1949
IL BOLLETTINO SALESIANO SI PUBBLICA
Il primo di ogni mese (undici numeri,
eccetto agosto) per tutti.
Il 15 del mese per i Cooperatori Sale-
siani.
Collaborazione: La Direzione invita a man-
dare notizie e foto riguardanti la Famiglia
Salesiana, e s'impegna a pubblicarle secon-
do il loro interesse generale e la disponibili-
tà di spazio.
Edizione di metà mese. A cura dell'Ufficio
Nazionale Cooperatori (Alfano, Rinaldini) -
Via Marsala 42 . 00185 Roma - Tel. (06)
49.50.185.
IL BOLLETTINO SALESIANO NEL MONDO
Il BS esce nel mondo in 39 edizioni naziona•
11 e 18 lingue diverse (tiratura annua oltre 10
milioni di copie) In: Antille (a Santo Domin-
go) • Argentina - Australia - Austria - Bel-
gio (in fiammingo) - Bolivia - Brasile - Ca•
nada Centro America (in Guatemala) - Ci-
le - Cina (a Hong Kong) - Colombia - Ecua•
dor Flllpplne - Francia - Germania - Giap-
pone - India (in inglese, malayalam, tamil e
telugu) - Irlanda e Gran Bretagna - Italia -
Jugoslavia (in croato e In sloveno) - Korea
del Sud - Lituania (edito a Roma) - Malta
Messico - Olanda - Paraguay - Perù - Po-
lonia - Portogallo - Spagna - Stati Uniti -
Thailandia - Uruguay - Venezuela - Zaire
DIFFUSIONE
Il BS è dono-omaggio di Don Bosco a chi
lo richiede.
Copie arretrate o di propaganda: a richie-
sta, nei limiti del possibile.
Cambio di Indirizzo: comunicare anche l'in-
dirizzo vecchio.

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;_____ _ _ _ _ _ _ _ _ _sB-
I SETTEMBRI; 1986 3
cordare quanto l'Apocalisse attribuisce al diavolo:
egli «è pieno di furore, perché sa che non gli resta più
molto tempo)> (Ap 12,12).
li credente affronta il corso della vita senza i nervo-
sismi della caducità. Vede in Cristo Signore <<il Primo
e l'Ultimo, l' Inizio e la Fine, l'Origine e il Punto di ar-
rivo» (Ap 22, 13).
IL TEMPO
E l!AMORE:
DUE INCOGNITE?
La vita dell'uomo è sommersa nel «tempo», che
scandisce il quotidiano e misura la storia.
Nel susseguirsi delle ore, ciò che in definiciva dà
senso all'ininterrorto movimento del prima e del poi è
«l'amore».
Per il non credente «tempo» e «amore» sono due
incognite .insolubili. Per il Cristiano rappresentano le
linee portanti della sua fede.
Vale la pena soffermarsi a rifletterci sopra: qui si
scopre ancora una volta perché il «laico)) si differen-
zia da un «laicista».
Dio è « Eternità» ed «Amore Infinito». L'inserzio-
ne del suo Mistero nella storia dell'uomo, avvenuta
«nella pienezza del tempo» (Gal 4,4), ha chiarito e
potenziato il valore delle due suddette «incognite».
Tempo e amore furono oggettivamente arricchiti da
Oesù Cristo e dallo Spirito Santo venti secoli fa, a Pa-
squa e a Pentecoste.
A Pasqua la risurrezione di Gesù Cristo tocca la
struttura stessa del tempo, dotandolo di una novità di
movimento che trascende la storia poiché lo aggancia
all'e1erni1à. La risurrezione, infatti, perdura nel dive-
nire umano fino alla Parusia, che coincide con la Pa-
squa dell'umanità.
La meridiana che segnala i ritmi di tale tempo è la
Liturgia cristiana; essa riverbera la sua novità sul cor-
so dei giorni, dei mesi e dell'anno e li scandisce con le
ricchezze dinamiche della risurrezione: è una specie di
«cronometro» ancoralo al Mistero, e non solo una
misura del movimento rettilineo del prima e del poi.
Non più, dunque, un tempo chiuso in se stesso, ap-
piattito e scialbo o ansioso e tragico, razionalizzato e
imbrigliato prevalentemente a favore di mete econo-
miche o politiche o edonistiche da raggiungere in fret-
ta. L'agitata ricerca di un'efficienza impazieme fa ri-
A Pentecoste il dono dello Spirito, che è Persona-
Amore, si inserisce nel divenire per potenziare e subli-
mare l'amore dell'uomo fino a farlo divenire il vero
motore della storia.
La Pentecoste permane lungo i secoli (per ognuno e
per ogni generazione) e fa che l'amore consista nel
nutrire gli stessi coraggiosi sentimentì di Cristo, la sua
visione dell'uomo e del bene, la sua magnanimità nel
dono di sé, la sua forza e pazienza fino al sacrificio.
Dunque: ormai il tempo e l'amore non possono più
prescindere dalla Pasqua e dalla Pentecoste; sarebbe
riduzionismo.
Tuttavia nelle vicissitudini di ognuno e dei popoli
rimane ancora un dissidio continuo - come dice S.
Paolo - tra la «carne» e lo «spirito». Ciò perturba
l'uso del tempo e l'autenticità delJ'amore.
Le opere della <<carne» assumono oggi delle forme
di elegante camuffamento. Il Papa Giovanni Paolo fI
dice (nella recente enciclica « Dominum et Vivifican-
tem») che la loro dimensione esteriore si presenta an-
che «come sistema filosofico, come ideologia, come
programma di azione e di formazione dei comporta-
menti umani, che trova la sua massima espressione nel
materialismo» (DeV 56). Essa esclude dal tempo e
dall'amore gli orizzonti della speranza.
Cosi si sfocia facilmente in quel pesante coacervo di
deviazioni che l'Apostolo descrive come: «immorali-
tà, corr:uzione e vizio, idolatria, magia, odio, litigi,
ire, intrighi, divisioni, invidie, ubbriachezze, orge e
altre cose di questo genere» (Gal 5, 19-21 ).
1 frutti dello «spirito», invece, rivestono di signifi-
cato pasquale e pentecostale il tempo e l'amore; com-
portano: «gioia, pace, comprensione, cordialità, bon-
tà, fedeltà, mansuetudine, dominio di sé» (Gal 5,22).
Sono frutti che nascono dall'«uomo interiore» e si
espandono nelle famiglie, nel quartiere, nella società.
Pur constatando una permanente congiuntura di
lotta, la visione cristiana del «tempo» e dell'«amore»
dona al laico, come ad ogni credente, la statura e le re-
sponsabilità dell'uomo che fa maturare la storia.
don Egidfo Viganò

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4 1 SETTEMBRE 1986
Vorrei fare l'assistente sociale
Sono una ragazza di 16 anni, mi chia-
mo Lisa e vorrei fare in futuro l'assi-
stente sociale.
Il vostro giornale mi ha colpito perché
è vicino al mio modo di pensare e di
vedere le cose.
Anch'io vorrei perciò riceverlo anche
perché finora l'ho letto per puro caso
presso una signora. Credo che mi aiu-
terà a capire di più la realtà alla luce
della fede. lo, del resto amo Dio e tutto
ciò che parla di Lui. Il vostro Bollettino
è vicino poi a tutta quella realtà umana
bisognosa di aiuto.
Esposito Elisabetta, Paullo (Milano)
Vorrei fare
l'Infermiera volontaria
Scrivo per chiedere informazione e vi
sarei grata se pubblicaste una rispo-
sta. Dopo un'esperienza in Africa di
un mese vorrei poterci tornare come
volontaria. Andrei anche in Oceania.
Vorrei frequentare un corso per infer-
miera ma ho solo la terza media. Co-
me potrei tare? Forse potrei fare an-
che un corso in Francia e così impara-
re il francese? ...
Lucia Ferrar,, Via Campo Iseo (BS)
Giriamo le due richeste cosi come ab-
biamo fatto utilmente altre volte a
qualche organizzazione di volontaria-
to internazionale o di seNizio sociale
che sappiamo seguono la nostra rivi-
sta.
Fatto di Inaudita gra vità
Desidero segnalare un fatto di inaudi-
ta gravità di cui sono venuto a cono-
scenza il 14 marzo e.a. In tale giorno,
infatti, il quotidiano ..11 Tempo» di Ro-
ma pubblicò un articolo di Dino del Bo
..se il laicismo aggredisce la santità»
(sottotitolo: Processo a tre grandi della
cristianità). L'articolo stigmatizzava le
uperverse aggressioni» che recente-
mente si sono verificate in Italia contro
alcuni Santi per opera di «tenaci epi-
goni della lotta contro il Cattolice-
simo».
uSi ironizza - scrive il Del Bo - sui
Santi, li si accusa di errori e di difetti e
si rifiuta che essi vengano annoverati
tra I testimoni migliori dell'umanità. È
evidente che si tratta di operazioni in-
gannevoli e squallide; esse tuttavia ot-
tengono un sia pur minimo ascolto...
" Dopo Santa Teresa di Lisieux e San-
ta Maria Goretti, è stata la volta di
S. Giovanni Bosco" contro cui si è
scatenata l'arma della paidofilia per
deprezzarne la figura e ridicolizzarne
la virtù».
Mentre, nel caso delle due Sante, voci
autorevoli si sono levate per ristabilire
la verità, nel caso del nostro caro Don
Bosco non mi consta che qualcuno
abbia confutato queste Infami calun-
nie: nel Bollettino Salesiano non mi
sembra che all'argomento sia stata
dedicata alcuna replica o, almeno, mi
è sfuggita; se cosi fosse; ne sarei ben
lieta. In ogni modo ritengo che dai do-
centi dell'Ateneo salesiano dovrebbe
levarsi (se ancora non lo si è fatto) un
unanime grido di sdegno e di condan-
na di queste ignobili falsità che tenta-
no di offuscare la figura di un Santo
così grande e cosi caro a milioni di uo-
mini, anche non cattolici, di tutto il
mondo.
Prego comunque il Bollettino Salesia-
no di tenerci al corrente di quanto si
farà a questo proposito.
Flora Marmi, Roma
Che ne dite?
Non so se avete letto un libro di Sergio
Quinzio dedicato anche a Don Bosco
e pubblicato dal Gruppo Abele di Tori-
no. Il libro mi ha sconcertato e franca-
mente mi meraviglio come mai le edi-
trici salesiane che pur hanno un certo
peso in Italia non stigmatizzino tali
pubblicazioni che con battute ad effet-
to liquidano la vita di un Santo quasi
fosse quella di un volgare mistificato-
re. Che ne dice il Bollettino che fu fon-
dato proprio da Don Bosco?
Massimo Savio, Torino
Il parere del Bollettino e dello stesso
Rettor Maggiore dei Salesiani è stato
riportato in un articolo apparso a firma
di Melo Freni sul Corriere della Sera
del 30 gennaio 1986. Owiamente è un
parere di chiaro, deciso e, sia pure, ri-
spettoso dissenso. Tale dissenso è
motivato oltretutto non da difesa di
parte - che sarebbe stata piu giustifi-
cata dagli attacchi invero pesanti nel
confronti del nostro Fondatore e degli
stessi suoi seguaci - ma dalla super-
ficiale e preconcetta lettura che Cero-
netti per un verso e Quinzio per altri,
fanno del Santo «padre e maestro del-
la gioventù» e di una Congregazione
di educatori sparsa per il mondo a far
crescere dignitosamente migliaia e
migliaia di ragazzi.
Nel corso dei prossimi mesi che pre-
cedono immediatamente le celebra-
zioni centenarie della morte di Don
Bosco avremo modo di inteNenire sul
nostro Fondatore cosi come il BS con-
tinuerà a raccontare cronache di fede,
di speranza e di carità.
Chi è Nino Barraco?
Sono un cooperatore salesiano, vorrei
sapere qualcosa sul giornalìsta che
scrive sul Bollettino Salesiano nella
rubrica «La lettera di Nino Barraco",
se scrive anche libri e per quali editri-
ci... A chi potrei rivolgermi per averli?
Giacomini $(Jt/imio, Via Marzabotto, 57
05100 Terni
Dal momento che sono diversi i lettori
che chiedono notizie del nostro ap-
prezzato collaboratore diciamo subito
che Nino Barraco non è un prete.
Giornalista e pubblicista affermato è
sposato con figli. È un cooperatore sa-
lesiano ed abita a Palermo In viale del-
le Magnolie, 3. Quanti sono interessati
a mettersi in contatto con lui possono
farlo: siamo certi che pur nella molte-
plicità dei suoi impegni troverà lo spa-
zio per una risposta personale ad
ognuno.
Perché non tradurre
I libretti di don Cappelletti?
Sono una exallieva del Collegio Imma-
colata di Conegliano e ricevo puntual-
mente il BS.
In quello del 1° aprile 86 ho letto a pa-
gina 26 i'articolo che parla del salesia-
no don Edward Cappelletti. Ad un cer-
to punto di pagina 27 vengono accen-
nati «certi libretti periodici... che irra-
diano serenità, speranza, gioia di vi-
vere...».
lo mi chiedo: perché non vengono tra-
dotti e pubblicati anche in Italia?
Penso che farebbero del bene anche
qui. Non vi sembra? Con la speranza
di vederli, saluto cordialmente.
Luigia Piov(Jsana, Via Mazzini, 14
31015 Conegliano Veneto
Ringraziamo la signora Piovesana per
il suggerimento che giriamo a don
Cappel/eW. Facciamo tuttavia notare
alla gentile lettrice che il problema og-
gi non è stampare i libri ma commer-
cializzar/i. Certo a vedere questi libret-
ti un pensierino in tal senso l'abbiamo
fatto anche noi. Chissà....

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STATI U NITI
1 SETTEMBRE 1986 5
Cinquemila litterbags per
DB88
L e «Littterbags -
scrive Thomas
B. Costantino,
presidente della Tbe Note
worthy Company, una delle
più grandi società americane
che operano nel settore
dell'igiene - sono il simbolo
della responsabilità
individuale e fa vedere
l'impegno di ognuno a
servizio della comunità e
della Patria». Diremo molto
più semplicemente che queste
litterbags sono dei sacchetti
di plastica disseminati nei
giardini e agli angoli delle
strade oppure portati nella
borsetta per essere utilizzati
al momento opportuno.
Attorno a questi sacchetti c'è
tutta una campagna che
invita a «Mantenete
l'America Bella»!
li Comitato dei
festeggiamenti per il
centenario DB88 animato da
don Lorenzoni non si è
lasciata sfuggire l'occasione
di un regalo di 5000
litterbags da parte di Mr.
Costantino facendovi
stampare l'originalissimo
motto americano: <<Touch
the future - Reach out to
youth! » <<Tocca il futuro,
stendi la mano.ai giovani».
L'originale slogan è stato
suggerito da.lle ultime parole
dell'insegnante Christa
McAuliffe che poco prima
del suo fatale volo del
gennaio 1986 su Challenger
nello spazio a circa duemila
giovani studenti aveva detto:
<<l touch the future: I
teacb! » «Io tocco il futuro:
io insegno».
TOUCH THE FUTURE -
REACH OUT TO YOUTHI
m~
,!-.!"!-.!-."~
CENTENNIAL
SALESIANS SERVE YOUTH
THE WORLD OVER.
SP A GN A
giorno, grazie alla
Commissione Nazionale dei
Juan Manzana lavora a una Musei, Monumenti e Luoghi
nuova statua dedicata a
Storici della Repubblica
Maria Ausiliatrice
Argentina, è stata dichiarata
monumento storico
I I sacerdote salesiano
Juan Manzana,
settantasette anni,
nazionale. La celebrazione si
è svolta in concomitanza col
centenario della Città di Rìo
scultore infaticabile, dopo Gallegos, fondata nel 1885;
aver eretto un monumento a per l'occasione è stato
Maria Ausiliatrice
nell'entrata della scuola
professionale salesiana
« Giovanni XXIII» di
emesso un francobollo con
l'effigie della cattedrale della
stessa città . Nostra Signora
di Lujan, inaugurata il 25
Alicante, si è messo subito al febbraio del 1900 da mons.
lavoro: adesso sta
f'agnano, è stata la prima
progettando una copia esatta chiesa parrocchiale della
di questa statua per un altro Patagonia. P rogettata da
collegio della stessa città.
don Giovanni Bernabè si
inserisce da un punto di vista
architettonico in quello stile
eclettico che predilige tra gli
altri i volwni semplici ed
essenziali della tecnica
romanica. La pianta della
chiesa è a croce latina,
mentre la cupola, che si
staglia al centro in
sopraelevazione, è costruita
su base ouagonale. Nel 1984
sono iniziati i lavori di
restauro, finalmente conclusi
il 25 maggio del 1986. Perciò
quando si è celebrato il
centenario della città nella
cattedrale, in cui era
presente anche il Presidente
I Nella toto:
Il monumento
ali'Ausiliatrice di
Alleante
della Repubblica Alfonsin, i
lavori erano ancora in corso.
In tale contesto i salesiani
della Città di Rìo Gallegos
ARGENTINA
Nel suo 75° ann1versario la
cattedrale di Rio Gallegos
viene dichiarata mo numento
storico nazionale
L a Diocesi della Città
di Rio GaUegos,
capitale di Santa
Cruz, in Patagonia, ha
celebrato le sue nozze di
platino il J9 dicembre del
1985 nella cattedrale
dedicata a Nostra Signora di
Lujan, che, nello stesso
1 11 francobollo
commemorativo di Rio
Gallegos
hanno ricordato con
speranza la possibilità che
Viedma, città salesiana,
possa presto divenire la
nuova capitale
dell'Argentina.
REPUBBLICA
DOMINICANA
Benedetta una chiesa
intitolata a Maria
Ausiliatrice
I I vescovo Juan Antonio
Flores ha benedetto
solennemente il 24
maggio scorso la nuova
chiesa eretta nella città di La
Vega in onore di Maria
Ausiliatrice. Erano presenti
l'ispettore don Angelo Soto,
il parroco salesiano don Luis
I Nella foto:
La nuova chiesa di La
Vega dedicata
ali 'Ausiliatrice

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6 1 SETTEMBRE 1986
Sertore, un buon gruppo cli
sacerdoti e molti fedeli. È
stato proprio il parroco don
Sertore a volere questa
chiesa dopo che il ciclone
«Davide» aveva devastato
nel 1979 la cittadina, di per
già povera. Case e cose
erano state sepolte. Da
allora tutti gli abitanti si
sono generosamente
impegnati, per quello che
potevano, nella costruzione
della chiesa. Finalmente,
dopo molti anni, ora anche
La Vega ha il suo tempio
dedicato a Maria
Ausiliatrice.
MALTA
Ricordato da una moneta
Alfonso Maria Galea
U na moneta d'argento
recante l'effigie del
cooperatore
salesiano Alfonso Maria
Galea, coniata nel 1975 dal
Governo dell'isola cli Malta,
è stata donata al Rettor
Maggiore don Egidio
Viganò, in occasione del
I decimo anniversario della
emissione, da un
rappresentante della ditta
Emmanuel Said, operante
nel settore della numismatica
e della filatelica. Il peso
Nella foto:
Una foto d 'archivio del
1908 che ritrae il Galea
e il salesiano don
Urso. La medaglia
offerta a don Viganò
L'ITIH..IIJ PléN,CJ
/)/ PIZOBlEMI:
}J
MA QVf5'-- (JIE Pl?E()C E L'JN(EJ!To11////lfNl/èE
CJ.Jffl fV]MMIDRMéNTE HJ:121O/.JlllE J>/ ~ o
}j
della moneta è di dieci
gramrrù; l'effigie è stata
disegnata da Pietro
Giarnpaoli. Il dono vuol
essere appena un simbolo del
riconoscimento del lavoro
che i salesiani hanno svolto e
tuttora svolgono a favore
della gioventù maltese. È
inoltre l'occasione per
ricordare la figura di
Alfonso Maria Galea,
insigne benefanore salesiano,
che tanto s'adoperò perché
la società di Don Bosco
approdasse anche a Malta.
Nato nel I86I, scrisse per la
prima volta a don Rua il 21
gennaio 1893. Ma aveva già
incontrato don Bosco a 17
anni, nel 1878, anno in cui si
recò a Torino per visitare
l'Oratorio di Valdocco, e ne
era rimasto vivamente
impressionato. I primi
salesiani giunsero a Malta
nel 1903 dopo che Galea e
don Rua avevano
concordato l'operazione. li
cooperatore Galea mise a
disposizione terreni e finanze
personali per la costruzione
delle prime case salesiane, la
St. Patrick's School Sliema e
la Juventutis Domus. Gli
«Annali della Società
Salesiana» parlano cli questa
figura benemerita
definendola un Cooperatore
salesiano veramente tale,
«cogitatione, verbo et
opere».
collegio di Varazze che
frequentò negli anni
giovanili. Parlando deUa
«sua Liguria>}, terra «abitata
da gente che non ha paura
dell'azione», gente cli mare,
«dura, forte, franca, di
poche parole, abituata a
lottare, a conquistarsi tutto
con molto sacrificio>}, è
riandato con la memoria agli
anni della propria infanzia:
« La Liguria fra le altre cose
mi ricorda la mia infanzia.
passata nella casa di
famiglia, a Stella, sopra
Savona. Fu un periodo
veramente sereno della mia
vita. Fu molto dolce anche il
periodo che trascorsi a
Varazze. Ho un bellissimo
ricordo della mia vita al
collegio dei Salesiani, con
mio fratello E ugenio, dove
facemmo il ginnasio. Perché
i Salesiani erano per servire
il Signore in letizia. Non era
un ambiente tenebroso,
tutt'altro! Giocavano con
noi nel cortile, lì, a Varazze,
in questo paese non lontano
da Stella dove mio padre era
un proprietario terriero» .
L'ex presidente della
Repubblica non ha
dimenticato «i suoi
salesiani».
ITALIA
Sandro Pertini ricorda con
simpatia i salesiani di
Varazze
' ex presidente deUa
Repubblica Sandro
L Pertini, in una
intervista rilasciata al
periodico dell'AJitalia
«Ulisse 2000» e pubblicata
nel numero di giugno-luglio
dell'86, ha ricordato ancora
una volta con grande
simpatia i salesiani del
Gli exallievi hanno eletto il
presidente e i membri della
Giunta Confederale
G li exallievi hanno
rinnovato a Roma
nello scorso mese cli
giugno la Giunta
Confederale eleggendo fra
gli altri gli italiani avv. Nino
Magnano di S. Lio, il dott.
Tommaso Natale e il sig.
Giuseppe De Michelis.
Presidente Confederale è
stato riconfermato lo

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I SETTEMBRE 1986 · 7
a lettera di Nino Barraco
UN PROGETTO
OLTRE LE SBARRE
Nella foto:
Il presidente
riconfermato Castelli
(a sinistra di don
Viganò) viene
lnsiedato con la neo
Giunta dal Rettor
Maggiore
svizzero Giuseppe Castelli:
46 anni, dottore in scienze
economiche all'Università
Cattolica di Friburgo,
preside di una scuola
professionale per segretarie
d'azienda a Lugano, era
stato già eletto nel 1980.
Exallievo dei salesiani di
Maroggia, nel Canton
Ticino, è stato per circa 10
anni presidente della locale
sezione degli exallievi e per 6
anni ha presieduto la
federazione svizzera. Nel
corso del precedente
sessennio, Castelli ha indetto
significative manifestazioni
per l'animazione degli
exallievi in tutto il mondo.
Tra esse due convegni
europei per giovani exallievi,
due congressi per l'America
Latina, un congresso in
India. Notevole attenzione
ha riservato, secondo quanto
stabilisce lo statuto
dell'associazione, ai
problemi educativi
incrementando dovunque
iniziative di volontariato,
centri di rieducazione, scuole
diurne e serali, ricerche e
progetti per affrontare e
risolvere il grave problema
della disoccupazione
giovanile.
Festa regionale dello sport:
le PGS siciliane a Palermo
I 113 aprile sono confluiti
da tutta la Sicilia a
Palermo i ragazzi e le
ragazze delle PGS per la
festa regionale dello sport.
Da S. Teodoro, sui Nebrodi,
da Mazzarino, Riesi,
Leonforte fino a Camporeale
sono accorsi per sfilare
INella foto:
I ragazzi delle
Polisportive giovanili
salesiane In corteo a
Palermo.
Carissimo,
certamente, fu una storia nuova che entrò allora nelle
carceri italiane.
Speranza di una storia che un Papa, Giovanni XXIII,
apri al mondo varcando i cancelli di Regina Cccli: «Miei
cari figlioU, miei cari fratelli, siamo nella casa del Padre
anche qui... lo metto i miei occhi nei vostri occhi. Ma no,
perché piangete? Ho messo il mio cuore vicino al vostro».
Speranza che un altro Papa, Giovanni Paolo II, ha spa-
lancato al nostro tempo, abbracciando, oltre le sbarre di
Rebibbia, il suo attentatore, Ali Agca. Un fatto umano,
autentico, fuori di ogni unzione, di ogni protocollo. Un
evento di perdono per il suo «fratello», una proclamazio-
ne di «stima>) per ogni persona.
Quel giorno, su una targa donata al Papa, venne scritto:
« Nella nostra umiltà e solitudine, il ricordo di un giorno
felice».
La verità è che la Chiesa non può non amare chi si trova
nel dolore. Innocente o colpevole, ogni uomo indica
drammaticamente la presenza e il volto di Cristo: <<Ero
carcerato . . . )>.
Dio è amore. Dio non rifiuta mai l'amore. E a Lui ogni
uomo può rivolgersi nella certezza di essere amato. Qua-
lunque sia la vicenda personale vissuta, l'esperienza dolo-
rosa, sbagliata, deludente, che la vita gli può aver riser-
vato.
Amare, perdonare, non significa chiedere che non abbia
piu corso la giustizia, che si allenti la vigilanza verso il cri-
mine. Non vuol dire confondere il perdono con una remis-
si\\'a connivenza. E non è neppure affacciarsi ad una colpe-
vole indifferenza verso le vittime della violenza
Essere operatori di pacificazione, di riconciliazione è
invece riconoscere in ogni persona, quali che siano le ;ue
colpe e il suo passato, un uomo che Dio ama fratello di
turti.
'
F·acciamo tutti i nostri sbagli. Ebbene, nonostante i no-
stri sbagli, i nostri piccoli o grandi errori, dovuti a noi stes-
si, ma anche alla società, al territorio, al sangue, alla cul-
tura, al delitto degli altri, Dio spera sempre in noi, crede
sempre in noi.
-
11 peggio di ieri è già capitato. Ora si tratta di costituire
con coraggio una speranza.
La speranza di se stessi, del domani, del mondo. Oltre il
dolore, lo scoraggiamento, la disperazione. Oltre le
sbarre.
Ogni uomo sulla terra, quale sia il suo passato e il suo
presente, ha diritto ad un progetto di futuro.
Di questo futuro, al di delle carceri, come dimentica-
re, cento anni addietro, l'intuizione profetica di don Bo-
sco?

1.8 Page 8

▲back to top
8 · 1 SETTEMBRE 1986
insieme con le scuole
cattoliche di Palermo: in
tutto circa 10.000 persone.
Un corteo di speranza e di
fiducia in un futuro migliore
per Palermo e per la Sicilia.
Dalle scuole cattoliche della
città residenziale a quelle dei
qu~tieri più popolari, dai
van Gonzaga, Ancelle,
S. Lucia ali'AreneIla, Borgo
Vecchio e Gesù Adolescente
sono sfilati tutti insieme
senza distinzione di ceto
culturale e sociale con
allegria e serenità secondo lo
spirito e lo stile del Santo dei
giovani. Con lieve tocco
marziale dà il ritmo a tutta
la marcia la banda musicale
dell'oratorio salesiano di
Malta dietro l'impeccabile
organizzazione di don
Salvatore Naselli.
Suggestiva la conclusione
allo Stadio delle Palme,
nello scenario del Monte
Pellegrino. «Siate forti nel
corpo e nello spirito per
combattere il male»: questo
è il messaggio proclamato
dal card. Pappalardo che ha
presieduto la celebrazione
dell'Eucaristia.
L'arcivescovo di Palermo si
è congratulato con i salesiani
e le F.M.A. per l'efficace
opera svolta in mezzo ai
giovani di tutta la Sìcilia. Ha
esortato poi a pregare per la
pace nel Mediterraneo.
Le danze folcloristiche in
c?stume siciliano dei gruppi
d1 Camporeale e Riesi hanno
concluso la manifestazione
mentre targhe ricordo '
venivano consegnate alle
autorità presenti:
all'Ispettore dei salesiani don
Calogero Montanti, al
Sindaco di Palermo Leoluca
Orlando, che ha marciato
con i suoi bambini confuso
tra la folla, e al Presidente
regionale delle PGS siciliane
Enzo Caruso.
Celebrati i dieci anni
del Centro «Viktor Frankl»
<<G iovani: voglia
di pace» è
stato il tema
del decimo seminario di
studi organizzato dal centro
psico-pedagogico « Viktor
Frankl» di Messina in
10' s
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Nella foto:
L'intervento di
monsignor Bettazzl
mentre al tavolo (da
sin.) siedono il
professor don
rispettivamente dal punto di
vista scolastico, familiare ed
ecclesiale. Altri interventi
sono stati ratti dal direttore
della Casa salesiana don
Umberto Romeo, la
~ottoressa Cuzzocrea,
11 dottor Domenico
Russo.
Paolo Cicala, dal
Provveditore agli Studi di
Messina dottor Rosario
Liotta, dal preside
dell'Istituto S. Tommaso,
collaborazione con l' Istituto professor don Ferdinando
teologico S. Tommaso -
Aronica, dal dottor
recentemente l'Istituto è
Domenico Russo e dalla
stato aggregato all'Università dottoressa Maria Eugenia
Salesiana - e con numerosi Cuzzocrea.
esperti di altre università.
L'importante appuntamento
culturale ha riscosso un
notevole successo sia per la Rinnovata la tradizionale
qualità dei relatori sia anche infiorata di Geozaoo
perché nel corso di questi
dieci anni gli organizzatori
animati dal professor don
Umberto Romeo e sostenuti
L a tradizionale
infiora!a che ogni
anno v1ene
dalla Casa salesiana di via organizzata a Genzano nei
Lenzi a Messina, hanno
castelli romani in onore del
saputo creare un clima di
Corpus Domini anche
intensa e numerosa
p~tecipazione. La tre giorni
d1 quest'anno ha visto la
partecipazione del giornalista
scrittore prof. Fortunato
Pasqualino, responsabile
RAI del Dipartimento
Scuola Educazione, della
professoressa Alba Dini
Martino, vice presidente
nazionale del CIF e docente
di sociologia della famiglia
presso l'Università
Gregoriana di Roma, di
monsignor Luigi Bettazzi,
vescovo della Diocesi di
lvrea.
f relatori hanno trattato il
tema generale
quest'anno ha visto la
partecipazione della locale
opera salesiana.
Religiosi, giovani
dell'oratorio, exallievi e
scout, hanno collaborato
tutti insieme perché anche
quest'anno ci fosse un
«prodotto» particolarmente
ammirato dagli oltre mezzo
milione di visitatori che
hanno visitato !'«infiorata
86».
I salesiani di Genzano
guidati dall'artista Anna
Pucci e dagli exallievi Remo
Ricasoli, Dezzi Vincenzo, De
Luca Emilio, Maurizio
Polidori hanno presentato
un quadro raffigurante «San
Tommaso da Villanova,
patrono di Genzano».
Per avere un'idea
dell'infiorata di Genzano
basta pensare che per i
tredici quadri raffigurati i
castellani hanno utilizzato
ben cinquecento quintali di
petali di fiori.
Per i curiosi e gli
appassionati poi riferiamo
che il quadro presentato dai
salesiani misurava 98
metriquadrati, 14 metri di
lunghezza e 7 di larghezza.
Quali fiori sono stati
utilizzati? Eccoli: garofano
rosso, bianco e rosa; sansa
verde e marrone; vinaccia di
vino; finocchiella; rose· semi
v~i; seme di scopa; se:ne di
pmo.
I Nella foto:
S. Tommaso di
Villanova all'infiorata
86 di Genzano

1.9 Page 9

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-#_ _VITA ECCLESIALE _ __ _ _ _ __ _ __ _ _ _
1 SETTEMBRE 1986 · 9
An Ass1s1
PER LA PACE
L'incontro di preghiera
del 27 ottobre cade in un
momento di tensioni e
focolai di violenza. Un
magistero coerente che ci
impegna a far nostra la
cultura della pace e del
dialogo.
Sarà un incontro unica-
mente ed esclusivarneme di preghie-
ra. Non vi saranno dichiarazioni
politiche sulla pace. Sarà una gior-
nata di digiuno che vuole nel con-
tempo sottolineare il senso e la por-
tata del pellegrinaggio. AJ pari degli
altri e con gli altri, il Papa si unirà
ai rappresentanti di tutte le grandi
religioni del mondo. Si ritroveranno
«insieme per pregare» e non per
Foto archivio SEI

1.10 Page 10

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10 · I SE:.TT'EMBRE 1986
<e pregare insieme», ad evitare anc he
ogni apparenza di sincretismo reli-
gioso.
L'appuntamento è per il 27 otto-
bre ad Assisi con l'unico scopo di
«implorare dall'Onnipotente, nelle
cui mani stanno i destini del mon-
do, il grande dono della pace». So-
no le parole di Giovanni Paolo Il
che ha voluto questo storico incon-
tro e dopo aver molto pregato e ri-
flettuto. Il Papa ne ha dato perso-
nalmente l'annuncio il 25 gennaio
scorso, a conclusione della settima-
na di preghiera per l'unità dei cri-
stiani, nella stessa basilica di San
Paolo dove Giovanni XXIII rese
nota al mondo la sua intenzione di
convocare un Concilio ecumenico.
L'ini1iativa di Giovanni Paolo II
si colloca sullo sfondo dell'Anno in-
ternazionale della Pace proclamato
per il 1986 dalle Nazioni Unite.
<e Nessun cristiano, anzi nessun esse-
re umano, che creda in Dio creatore
del mondo e Signore della storia»,
sottolineava iJ Papa spiegando il
suo passo, <epuò restare indifferente
di fronte ad un problema che cocca
così intimamente il presente e il fu-
turo dell'umanità. .E necessario che
ciascuno si mobiliti per recare il
proprio contributo alla causa della
pace. La guerra può essere decisa da
pochi, la pace suppone iJ ~olidale
impegno di tutti».
« In questa prospettiva», sog-
giungeva Giovanni Paolo Il, «io
lancio un pressante appello a tutti i
fratelli e sorelle cristiani, e a tutte le
persone di buona volontà, perché si
Foto Demarie
uniscano in insistente e fervorosa
preghiera per implorare da Dio il
grande dono della pace. La Santa
Sede desidera contribuire a suscita-
re un movimento mondiale di pre-
ghiera per la pace che, oltrepassan-
do i confini delle singole nazioni e
coinvolgendo i credenti di tulle le
religioni, giunga ad abbracciare il
mondo intero».
Per quanto riguarda il «giorno
dell'incontro» sono stati consultati
tutti i leaders delle altre confessioni
cristiane e delle varie religioni mon-
diali. Non di venerdì, non di saba-
to, non di domenica, per rispellare
le varie fedi. La prima giornata è sa-
cra alJ'Islam, la seconda all'ebrai-
smo, la terza al cristianesimo. Cosi
si è puntato su un lunedì. Appunto
lunedì 27 ottobre, quando dal Nord
e dal Sud, dall'Est e dall'Ovest, al
di là di tutte le barriere, una molti-
tudine di uomini di buona volontà
rivolgerà lo sguardo alla.Santa Col-
lina di Francesco ed eleverà le sue
mani al Dio delJa pace.
L'iniziativa si comprende meglio
se la si inquadra nel dialogo con i
seguaci di altre religioni avviato dal-
la Chiesa cattolica all'indomani del
Concilio, con i pontificati di Pao-
lo VI e, soprattutto di Giovanni
Paolo Il. li 19 agosto 1985, incon-
trando a Casablanca cinquantamila
giovani musulmani, il Papa disse lo-
ro: «Cristiani e musulmani, abbia-
mo molte cose in comune, come
credenti e come uomini. Viviamo
nello stesso mondo, solcato da nu-
merosi segni di speranza, ma anche
da molteplici segni di angoscia.
Pochi, in quel momento, forse ri-
cordavano quanto il Papa aveva già
detto all'Onu nel 1979, proprio par-
lando dei valori spirituali: « L'ana)j-
si della storia dell'uomo, in partico-
lare nella sua epoca attuale, dimo-
stra quanto rilevante è il dovere di
svelare più pienamente la ponata di
questi beni, ai quali corrisponde la
dimensione spirituale dell'esistenza
umana. Dimostra quanto è impor-
tante questo compito per la costru-
zione della pace».
Facendo leva sui valori religiosi,
Giovanni Paolo II trova così un lin-
guaggio comune tra cristiani e mu-
sulmani, che nessuno aveva sinora
osato immaginare. Questo linguag-
gio è possibile perché pane da un
valore comune, la fede in Dio: «Dio
ha fatto noi, gli uomini, e noi siamo
a lui ordinati. La sua santa legge
guida la nostra vita. È la luce di Dio
che orienta il nostro destino e illu-
mina la nostra coscienza. Ci rende
capaci di amare e di trasmettere la
vita. Chiede a ciascun uomo di ri-
spettare ogni creatura umana e di
amarla come un amico, un compa-
gno, un fratello. Egli invita ad aiu-
tarla quando è ferita, quando è ab-
bandonata, quando ha fame e sete,
in breve, quando non sa più dove
trovare la sua strada sui sentieri del-
la vita».
Da!Ja testimonianza data all'uni-
co Dio, il Papa trac la testimonian-
za comune suJJa dignità dell'uomo e
deJJa sua vita sociale: «Ogni perso-

2 Pages 11-20

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2.1 Page 11

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-----------~-
na è unica agli occhi di Dio, è inso-
stituibile nell'opera di sviluppo.
Ciascuno deve essere riconosciuto
per quello che è e, poi, rispettato
come tale. Nessuno deve utilizzare il
suo simile; nessuno deve sfruttare il
suo eguale; nessuno deve disprezza-
re il suo fratello». E concludeva, a
Casablanca, con l'invocazione or-
mai divenuta universale: «O Dio,
non permettere che invocando il tuo
nome, arriviamo a giustificare i di-
sordini umani».
Ugualmente durante il viaggio in
India, a Madras, il 6 febbraio scor-
so, dinanzi ai rappresentanti delle
religioni non cristiane, Giovanni
Paolo TI così si esprimeva: «L'ap-
proccio della Chiesa alle altre reli-
gioni è fatto di autentico rispetto;
con esse cerca reciproca collabora-
zione. Questo rispetto è duplice: ri-
spetto per l'uomo nella sua ricerca
Foto archivio SEI
di risposta alle domande più pro-
fonde della sua vita, e rispetto per
l'azione dello Spirito neU'uomo».
Non si tratta di indulgere a forme
anche larvate di sincretismo, che la
Chiesa non potrebbe mai accettare,
ma di stimolare le autentiche forze
dello spirito. In una civiltà che spes-
so fa l'esperienza sterile ed amara
dell'unica dimensione economicisti-
ca-materialistica, si tratta di valo-
rizzare, come fa il Papa citando il
Mahatma Gandhi, la forza efficace,
quella religiosa, «che cambia la ve-
ra natura di ciascuno, quella che le-
ga indissolubilmente aUa verità inte-
riore che sempre purifica».
È necessario quindi capovolgere
il pregiudizio che considera le fede
religiosa una fuga o un'alienazione
per riconoscere che «un'autentica
spiritualità è sedamente impegnata
a dar sollievo a tutti coloro che sof-
r SETTEMBRE 1986 · 11
frono o sono nell'indigenza». Oc-
corre che il senso del sacro faccia
sentire ai popoli «l'urgenza di una
solidarietà globale di fronte alle
enormi sfide che l'umanità deve af-
frontare)). In questo modo, ad avvi-
so del Papa, «la saggezza e la forza
che provengono dall'impegno reli-
gioso umanizzeranno ulteriormente
il cammino dell'uomo attraverso la
storia».
Non può dunque sorprendere
che, il 13 aprile scorso, parlando al-
la comunità israelitica di Roma,
Giovanni Paolo II abbia potuto au-
spicare « una collaborazione in fa-
vore dell'uomo, della sua vita dal
concepimento fino alla sua morte
naturale, della sua dignità, della sua
libertà, dei S\\JOi diritti, del suo svi-
lupparsi in una società non ostile,
ma amica e favorevole, dove regni
la giustizia e dove, in questa nazio-
ne, nei continenti e nel mondo, sia
la pace ad imperare, lo shalom au-
spicato dai legislatori, dai profeti e
dai saggi di Israele».
Il Papa lavora senza posa nella
direzione di creare una vera cultura
di pace. Ai giudici della Corte Inter-
nazionale di Giustizia dell'Aja,
l'anno scorso, disse: «Certo che ci
dobbiamo preoccupare per gli ar-
mamenti nucleari. Ma la nostra pri-
ma preoccupazione dovrebbe essere
per la gente stessa, per il modo in
cui molti pensano e parlano della vi-
ta e della società. Pochi sono gli ar-
gomenti su cui si dicono tante falsi-
tà quante se ne dicono sulla pace;
pochi argomenti sono altrettanto
suscettibili di essere manipolati.
Questa è la prima minaccia».
L'appuntamento di Assisi è un
appello a costruire una vera cultura
di pace fondata più sui valori che
sulle forze, interpellando tutti gli
uomini, facendo leva sui princìpi
spirituali ed etici che sono alla base
delle loro esigenze, sollecitandone il
senso di responsabilità, modifican-
done ed orientandone le mentalità
prima ancora di cambiarne i sistemi
politici o le strutture. Assisi sarà in
definitiva, l'occasione per far emer-
gere e confrontarsi i «continenti
dello spirito», che sono le grandi re-
ligioni e le culture di più forte tradi-
zione che ad esse si ispirano.
Silvano Stracca

2.2 Page 12

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_ VITA SALESIANA _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ __
12 · l SETTEMBRE 1986
Il nuovo regolamento dei cooperatori
UN REGOLAMENTO
SULLE ORME
DI DON BOSCO
FONDATORE
Con l'approvazione da parte della
Congregazione per i Religiosi e gli Istituti
secolari avvenuta il 9 maggio 1986 del
«Regolamento di vita apostolica»,
l'Associazione dei Cooperatori Salesiani inizia
un nuovo periodo della sua ultracentenaria
storia.
«Se vogliamo rilanciare
nella sua integrità il carisma di Don
Bosco - ha detto il rettor maggiore
don Egidio Viganò presentando ai
salesiani l'avvenimento sugli Atti
del Consiglio Generale - in questa
vigilia delle celebrazioni centenarie
dell'88, dobbiamo sentirci portatori
di una "particolare responsabilità"
nel promuovere e animare un "va-
sto Movimento di persone", curan-
do in particolare l'Associazione dei
Cooperatori. Sin dalle prime nostre
origini essi sono stati impegnati nel-
la comune missione giovanile e po-
polare, la quale ci interpella conti-
nuamente più in là delle opere esi-
stenti».
Con l'occasione don Viganò ha
anche inviato ai membri dell'Asso-
ciazione una lettera nella quale ne
riconferma l'importanza e ne rilan-
cia il ruolo all'interno del carisma di
Don Bosco.
Il nuovo «regolamento» consta
cti cinquanta articoli ed è suddiviso
in sei capitoli. Alla sua elaborazione
definitiva si è giunti dopo un lungo
dibattito all'interno dell'Associa-
zione che ha visto coinvolti anche
numerosi esperti.

2.3 Page 13

▲back to top
- - - - -- - - -- -sB-
1 SETTEMBRE 1986 · 13
I La copertina del
vecchio
regolamento
Per un primo commento il BS ha
organizzato una tavola rotonda con
la partecipazione di don Sergio
Cuevas Leon, consigliere generale
per la Famiglia Salesiana e le Co-
municazioni Sociali, Paolo Santo-
ni, coordinatore dell'Associazione
per l'Italia, Marilena Gamberucci,
componente della Giunta nazionale
e Giuseppina Turconi coordinatrice
di un centro.
La continuità
di uno spirito
Bollettino Salesiano - Esistono
elementi in comune fra questo Re-
golamento di vìta apostolica dei
Cooperatori e le Costituzioni ed i
Regolamenti dei Salesiani e delle Fi-
glie di Maria Ausiliatrice?
Don Sergio Cuevas - Rifacendo-
ci alle origini di questi tre diversi
gruppi e alla continuità spirituale
che li lega a Don Bosco c'è subito
da dire che i cooperatori rientrano
nell'unica ispirazione avuta dal
Santo che seppe interpretare stori-
camente quanto lo Spirito gli sugge-
rì. Con la specificità propria di ogni
singolo gruppo, salesiani, figlie di
Maria Ausiliatrice e cooperatori
realizzano e prolungano nel tempo
la stessa missione giovanile e popo-
lare che fu del comune Fondatore.
Don Bosco seppe integrare in un
unico progetto missionario religiosi
e laici facendone un'unica forza a
servizio del bene.
Altri elementi comuni ai tre grup-
pi sono quelli derivati dal Vangelo
che il Fondatore seppe vivere in mo-
do specifico dando in tal modo ai
suoi seguaci una comune spirituali-
tà. Si può dire che fra questi tre
grandi gruppi voluti da Don Bosco
sia possibile un vero e proprio arric-
chimento spirituale in costante reci-
proca dialettica.
BS - Ma quale continuità esiste
fra questo « regolamento di vita
apostolica)) e il regolamento di Don
Bosco del 1876?
Don Cuevas - La prima grande
preoccupazione mia personale e del-
la commissione preparatoria è stata
proprio questa: non perdere il con-
tenuto che Don Bosco ha lasciato
nel suo regolamento del 1876 e ri-
versarlo nell'attuale momento ec-

2.4 Page 14

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14 r SETTEMBRE 1986
clesiale e sociale. Mi pare che ci sia-
mo riusciti: l'essere cooperatori per
Don Bosco fu inteso innanz.itutto
come un modo d'essere cristiani con
particolari impegni soprattutto nel-
la carità. ln questo nuovo regola-
mento abbiamo anche riversato
quanto ba detto il Concilio Vatica-
no 11 sui laici. L'associazione dei
cooperatori ci appare in tal modo
come un gruppo di laici che non
guardano soltanto a se stessi ma che
sappiano vivere nel mondo senza
paura, impastandolo in certo qual
modo di spirito cristiano.
li primo impegno associativo è la
testimonianza nel quotidiano, l'es-
sere fermento, il portare una menta-
lità di fede nella società. Il nuovo
regolamento ha cercato di tradurre
proprio questa verità che fu essen-
ziale per Don Bosco e lo è anche per
noi.
BS - Dal punto di vista associa-
tivo quale tipo di associazione trac-
cia questo regolamento?
Paolo Santoni - L'aspetto orga-
nizzativo dell'Associazione è lratta-
to nel capitolo sesto. Naturalmente
«nucleo fondamentale della realtà
associativa è iJ Centro». Esso rag-
gruppa i cooperatori di un determi-
nato territorio. Questa dimensione
territoriale viene ulteriormente sot-
tolineata anche dal fatto che rispet-
to alla precedente edizione del rego-
lamento viene dato maggior spazio
e perciò maggior responsabilità ai
Consigli ispettoriali.
Per quanto riguarda poi l'Italia,
la Spagna e l'Argentina - tutte na-
zioni che avevano precedentemente
un Consiglio nazionale - c'è da ri-
cordare la scomparsa di questo
Consiglio e la nascita di una even-
tuale Conferenza nazionale quale
organo «di coordinamento e di sti-
molo» e di servizio «per una più ef-
ficiente vitalità e coJJaboraz.ione>>.
BS - Ma questa «associazione»
è democratica?
Santoni - Certamente. Anche i
precedenti regolamenti banno sot-
tolineato il valore di un associazio-
- Don Sergio Cuevas
nismo veramente democratico dove
la collegialità, la sussidiarietà e la
partecipazione sono dimensioni
permanenti del vivere associativo.
Da noi non esiste un «presidente»
ma un «coordjnatore» che, a diver-
si livelli, ha i seguenti compiti:
«convocare le riunioni, presiederle,
coordinarne i lavori, curare l'esecu-
zione delJe deliberazioni; informare
gli .organismi superiori sulla vita e
sulle attività dell'Associazione; rap-
presentare l'Associazione; tenere i
rapporti a nome del Consiglio, con
gli organismi lakali ed ecclesiali e
con gli altri Gruppi della Famiglia
salesiana; prendere decisioni in caso
di urgenza, nell'ambito delle com-
petenze del Consiglio, rendendone
successivamente conto».
E sperienza evangelica
nel mondo
BS - Questo regolamento viene
presentato come « regola di vita
apostolica». Perché? Non potrebbe
cogliersi in questa denominazione
una specie di dicotomia nella vita
concreta e quotidiana del coopera-
tore?
Marilena Gamberucci - L'impe-
gno del cooperatore è chiaramente
proiettato verso i fratelli, verso iJ
mondo in un rapporto di «servizio»
- Paolo Santoni
- Marilena Gamberuccì
- Giuseppina Turconl

2.5 Page 15

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- - - - - - - - - - -Y1-
DALLA LETTERA
DI DON VIGANÒ
Al COOPERATORI
È indispensabile curare, attraverso una competente scuola di animazio-
ne, quegli aspetti che caratterizzano la •spiritualità laicale•. In quanto tale.
Possiamo ricordare, tra le note più significative di tale spiritualità, le se-
guenti:
- L'animazione cristiana degli impegni temporali che appartiene specifi•
camente alla missione del laico, sia nella famiglia che nell'ambito culturale
e sociale. Egli deve sentirsi simultaneamente •cittadino• e •Credente• tra-
ducendo la sua fede nel Cristo In costante sforzo di trasformazione del
mondo.
- Una sensibilità, acuita dalla fede, che muova il laico a discernere con-
tinuamente i segni del tempi in comunione con la Chiesa locale e a prende-
re pane attiva e autenticamente cristiana all'odierno processo di •liberazio-
ne sociale•, differenziato secondo le situazioni concrete in cui vive. li laico
è chiamato a collaborare per far crescere una cultura più vera, una civiltà
del lavoro più giusta, una solidanetà umana più universale: compito questo
assai Impegnativo per tutto il Popolo di Dio (da vivere con ditterent.i voca•
zioni).
- L'attenta considerazione del •quotidiano•. nell'ambito del suo caratte-
re secolare, che offre alla carità del laico una miniera inesauribile, anche se
nascosta e modesta, di vera e pratica testimonianza evangelica; cosi egli
può dar ragione, in un mondo che passa, delle risorse vitali della speranza
cristiana.
- La cura diligente della propria •professionalità•. di ciò che si ri1erisce
al suo retto esercizio e al suo assiduo perfezionamento, che dia all'esisten-
za del laico il tono concreto della sua partecipazione alla missione della
Chiesa nel •permeare e perfezionare l'ordine delle realtà temporali con lo
spirito evangelico•.
- ln11ne, la coscienza sempre più esphcita di quanto afferma il Concilio:
le condizioni odierne richiedono che l'apostolato dei laici s,a assolutamen•
te più Intenso e più esteso•, anche nell'ambito specifico della evangelizza-
zione e santificazione che presenta loro «moltissime occasioni• più in
della sola •testimonianza della vita•. In questo senso Il Vaticano Il ha sotto•
llneato l'Importanza per i laici di una forma associativa di apostolato: •infatti
le associazioni sono di sostegno al propri membri e Il formano all'apostola-
to, dispongono bene e guidano la loro azione apostolica, affinché possano
sperarsi fruttì abbondanti•.
Ed è qui che appare, come mediazione evangelica di sintesi, la preziosa
eredità dello stile originale di vita cnsllana sperimentato e lanciato, per vo,
Cooperatori e Cooperatrici, da Don Bosco con li suo •spìrito salesiano•. La
•Spiritualità laicale• indica, in forma ancora generica. un Insieme di aspetti
da curare: ma lo si può fare In molti modi. Lo •spirito salesiano•, invece,
suggerisce un modo tipico e già collaudato di farlo.
e sull'esempio del Cristo. In questo
ci rifacciamo alla costituzione pa-
storale «Gaudium et spes» sulla
Chiesa nel mondo contemporaneo.
n regolamento in particolare evi-
denzia alcune «aree» di intervento
come la famiglia, la vita coniugale,
l'ambiente di vita e di lavoro, la
realtà sociale.
BS - E per quanto concerne
l'impegno poliùco?
Garnberucci - Tutto l'articolo
41 è dedicato all'impegno del coo-
peratore nella realtà sociale. li coo-
peracore sa che senza politica non è
possibile trasformare la società ma
sa anche che la natura ecclesiale del-
la sua associazione non consente a
questa di fare scelte partiLiche ben
definite. Un chiaro impegno nel so-
ciale e nel politico dunque ma senza
collateralismi di sana. 1n particola-
re il cooperatore deve rendersi pre-
sente dove si progella e si decide per
la gioventù, la famiglia, la solidarie-
tà con i popoli in via di sviluppo e la
promozione della giustizia e della
pace.
1 SETTEMBRE 1986 · 15
Lavita di un centro
cooperatori
BS - Ma in concreto come fun-
ziona un «centro»? Come vengono
recepite alla base queste inclicazjoni
regolamentari?
Giuseppina Turconi - Sottoli-
neo innanzituuo che per un «cen-
tro» avere un regolamento, una gui-
da che aiuta a vivere meglio lo spiri-
to salesiano è importantissimo. Cer-
to va letto, studiato e vissuto nelle
singole situazioni nelle qualj ci ve-
niamo a trovare. li centro di Ladi-
spoli ad esempio che è quello in cui
io opero è molto impegnato a livello
parrocchiale. Siamo impegnati so-
prattutto con la caritas e per La cate-
chesi. È chiaro che si traduct: in au-
tentica spiritualità quel che descrive
il regolamento allora l'impegno per
gli altri verrà fatto con più entusia-
smo e con più coraggio.
Come coordinatrice sono già im-
pegnata a presentare il regolamento
più che come fauo giuridico-
djsciplinare come strumento di cre-
scita cristiana e salesiana per i sin-
goli e per l'associazione
BS - La signora Turconi è coor-
dinatrice presso un centro coopera-
tori. Cosa «fa» per esercitare que-
sto servizio?
Turconi - Premetto che il mio
centro è situato presso un'opera
delle Figlie di Maria Ausiliatrice. T
cooperatori di Ladispoli si riunisco-
no una volta al mese ed in quella
circostanza cerco di vivificare l'as-
semblea ricordando impegni ed ini-
ziative stimolando la partecipazione
di tutti. Abbiamo iniziative per tutti
i periodi dell'anno. Nel mese di set-
tembre ad esempio c'è la partecipa-
zione agli esercizi spirituali come
momento forte dell'esperienza del
cooperatore. E poi c'è tutto un av-
vicinamento personale fatto di tele-
fonate, incontri casuali e individuali
per le strade del paese. Potrei defi-
nirmi con un pizzico di umorismo
«animatrice» a tempo pieno. La
mia «cooperazione» poi si estende
non soltanto all'attività del centro
ma anche a quella delle Figlie di
Maria Ausiliatrice.
a cura di Giuseppe Costa

2.6 Page 16

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_EVANGELIZZAZIONE E SVILUPPO_ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ __
16 · I SETTEMBRE 1986
Nord Est Brasile
Ao AREIA BRANCA
l!IMPREVISTO
E' DI CASA
R iforma agraria
e quaresima in Brasile
Ogni anno in Brasile,
durante il periodo della quaresima,
viene lanciata una campagna che
focalizza tutte le attività della co-
munità cristiana non solo nella qua-
resima, ma durante tutto l'anno.
È questo uno dei grandi mezzi
che la chiesa del Brasile utilizza per
raggiungere i suoi obiettivi pastora-
li. «La campagna della fraternità»
così è chiamata questa azione, è
sempre siglata da un motto che ne
esprime il contenuto e ilsenso. Que-
st'anno il motto è stato: TERRA DI
DIO TERRA D1 FRATELLI, e ha
voluto portare alla coscienza dei
Sembrano episodi venuti fuori da
una aneddotica missionaria d'altri
tempi. Non è cosi.
Qui il 1nissionario impara non
soltanto a tirar fuori una jeep
dall'acqua ma anche che i ragazzi
machete in pugno lavorano sotto
un sole di quaranta gradi.
A mandarci questo articolo è il
salesiano don Carlo Vitacchio.
Don Valerio Breda
parla ai ragazzi

2.7 Page 17

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- - - - - - - - - - -# -
1 SETTF.MBRE 1986 17
brasiliani la profonda ingiustizia di
una terra che Dio ha dato in dono a
tutti e che qui è solo proprietà di al-
cuni. Il Brasile infatti, è uno dei
paesi di maggior concentrazione
fondiaria del mondo: 1,2% possie-
de il 45,8% delle aree produttive,
con più di mille ettari. Il resto si di-
vide tra proprietari medi, fino ai
mille ettari, e piccoli proprietari al
di sotto dei dieci ettari. A questi ul-
timi rimane solo il 2,4% del terreno
coltivabile. Se a questo si aggiunge
che la maggior parte di questa terra
non ècoltivata per produrre alimen-
ti necessari alla vita, ma solo per
monoculture d'esportazione, come
soia, cacao, caffè, canna da zucche-
ro, si ha una spiegazione del perché
questo immenso paese dalle mille ri-
sorse, non riesce a dar da mangiare
ai suoi 130 milioni di abitanti.
Il problema della terra in Brasile
è uno dei più gravi e il governo della
nuova repubblica ha tentato di por-
re mano ad una mini riforma agra-
ria, ma purtroppo sembra destinata
a fallire come altri precedenti tenta-
tivi. Il filo spinato che delinea il li-
mite di proprietà, taglia in tutte le
direzioni il paese ed è difeso, armi
in pugno, da un egoismo cieco e as-
surdo, che sembra lontano, molto
lontano dall'essere vinto.
Z ucchero amaro
Chi, in Brasile, vuol mettersi in
viaggio deve tenersi pronto ad ogni
tipo di imprevisto: una panne, lo
scoppio di un pneumatico, la man-
canza di carburante, sono cose ab-
bastanza comuni. Ma l'imprevisto
più frequente e p noioso, è la de-
viazione per «lavori in corso» . lo
buon italiano, vuol dire che in qual-
che punto della strada o è crollato il
ponte, o una frana ha ostruito la
strada, o si è aperta nell'asfalto
qualche voragine. Non essendoci
strade alternative, si va per stradette
di campo, piene di curve, di buche,
di guadi; vi lascio immaginare la
- T ra i ragazzi e le povere case
gioia di dover scendere dal bus, le-
varvi scarpe e calze, rimboccarvi i
pantaloni e passare a piedi il breve
corso d'acqua: il bus con il peso dei
passeggeri non ce la farebbe.
In una di queste deviazioni im-
previste, ho avuto modo di osserva-
re da vicino, per un'ora e mezzo di
cammino, il lavoro dei tagliatori di
canna. [I bus doveva infatti attra-
~ersare in tutta la sua estensione
una grande « fazenda»; distese
enormi di canna, a perdita d'oc-
chio, fin dove l'orizzonte·si chiude-
va; canna verde, canna bruciata,
pronta per la raccolta. Prima di la-
gliarla, infatti, i contadini sono soli-
ti dar fuoco ad un tratto di campo
per bruciare le foglie lunghe e ta-
glienti che renderebbero faticoso e
pericoloso il lavoro. U fuoco lascia
intatto il bambù, ma lo carica di ce-
nere e fuliggine ~he trasforma, in
breve tempo, i lavoratori, in spettri
neri che si agitano come figure allu-
cinanti di una danza macabra.
Ho visto schiere di questi uomini
condannati a questo duro lavoro,
sotto un sole di quaranta gradi, ma-
novrare il «machete», un lungo e
pesante coltello, senza posa: non
uno che si fermasse o alzasse la testa
al passaggio del bus. Sembravano
appartenere ad un altro pianeta.
C'era solo quella interminabile fila
di canne da tagliare; c'era da arriva-
re laggiù dove finiva l'orizzonte. In
mezzo a questo inferno ho visto an-
che dei ragazzi: anche loro con il
machete, e la interminabile fila di
canne da tagliare. Anche loro neri
come il carbone, anche loro curvi
sotto iJ sole implacabile. Ma per lo-
ro, la curiosità era più forte: alzava-
no la testa, guardavano il bus; so-
stavano un momentino, facevano
anche un segno di saluto, qualcuno
perfino sorrideva... e poi di nuovo a
tagliare, ad ammucchiare; ogni
mucchio voleva dire cruzeiros, po-
chi miserabili cruzeiros; un fascio,
cento fasci, una montagna di
canna.
Arriveranno poi le macchine del-
J'usina a trasformare quell'immane
fatica, in alcool combustibile per le
macchine, o in zucchero, quella fine
polvere bianca che andrà ad addol-
cire le nostre bevande e a confezio-
nare i nostri dolci.

2.8 Page 18

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18 · 1 SETTEMBRE 1986
ugiorno
sotto la pioggia
Mi trovo in una regione, il Nor-
dest del Brasile, dove piove di rado,
anzi in una regione che è periodica-
mente soggetta alla secca.
Ma quando piove, piove sul se-
rio, piove anche per il tempo in cui
non è piovuto. È la storia di questi
giorni: una pioggia violenta e insi-
stente. Devo raggiungere un villag-
gio per celebrare la prima delle tre
messe di oggi, domenica. Sono par-
tito con la jeep molto presto e,
neanche a dirlo, sotto la pioggia.
Conosco bene la strada che ho già
fatto altre volte, ma l'acqua può ri-
servare sorprese ad ogni istante. Sto
molto attento e avanzo piano. Sulla
mia sinistra quelJo che fino a ieri era
un fosso insignificante, ora si è al-
largato enormemente e invade buo-
na parte della strada. Arrivo pun-
tuale, ma la cappella è ancora chiu-
sa. Non c'è segno di vita. Aspetto
.pazientemente che qualcuno arrivi.
Poi decido di mettermi alla ricerca
della famiglia che tiene la chiave.
Mi rendo subito conto che hanno
altro da pensare che alla messa. La
casa costruita con fango e coperta
con foglie di cocco, è quasi scom-
parsa. Ad ogni scroscio, l'acqua
porta via quello che è rimasto. Mi
avvicinano due persone e mi dicono
che le case rimaste in piedi sono po-
che. Sotto l'acqua, vado a vedere.
Quelle lungo i1 fosso sono le più mal
messe: due sono crollate e le altre
allagate. Gli abitanti si sono rifugia-
ti presso i vicini. Mi do da fare per
trasportare con la jeep bambini e
vecchi nelle aule di una scuola vici-
na. Con l'aiuto di qualche uomo
andiamo a procurare le cose più ur-
genti, tra cui rami di cocco per ripa-
rare gli squarci dei tetti. Troviamo
dappertutto tanta generosità e tanta
solidarietà.
Riusciamo a mettere insieme il
necessario, almeno per i casi più ur-
genti. Rientro per il pranzo dove ci
ritroviamo tutti e quattro. Il tema
della conversazione è l'acqua.
Ognuno ha da raccontare le sue dif-
ficoltà e le sue avventure.
Nel pomeriggio ancora in viag-
gio. Lungo la strada incontro tre
uomini e una vecchia che avevano
abbandonato la loro baracca e cer-
cavano rifugio presso parenti. Li
faccio salire e carichiamo anche le
loro cose. Hanno soltanto un sacco
e dentro c'è tutto: biancheria, stovi-
glie, pentole, provviste; c'è anche
una gallina.
La messa è nella cucina spaziosa
di una casa. Ci sono molte persone,
alcune venute anche da sei, sette
chilometri. Hanno rischiato questa
lunga camminata a piedi, approfit-
tando della breve interruzione della
pioggia. Quando terminiamo sono
circa le cinque del pomeriggio.
Rimane ora la terza loc.alità dove
dovrei celebrare messa. Sono un po'
preoccupato perché ho seri dubbi di
poter raggiungere la scuoletta dove
c'è il nostro appuntamento domeni-
cale. Mi dicono che una delle due
strade di accesso, quella comune, è
impraticabile, ma c'è un uomo del
posto che si offre ad accompagnar-
mi e a farmi da guida per la secon-
da. «C'è un po' di acqua - mi dice
- ma si passa>>. Quando comincio
ad incontrare l'acqua, l'uomo intui-
sce i miei dubbi e mi fa un cenno di
proseguire sicuro. Ma io più avanzo
e più mi sembra di navigare. Ora
Don Valerlo Breda celebra
l'Eucarestia all'aperto
l'acqua ha raggiunto quasi il cofa-
no. Avanti ancora. un piccolo sus-
sulto «Ci siamo», penso, ma come
Dio volle, la jeep cominciò a riaf-
fiorare. Avevamo passato il punto
più basso.
Nella scuoletta non trovammo
nessuno ad aspettarci. Ma dopo al-
cuni minuti arrivò un ragazzino con
le chiavi. Aveva camminato con
l'acqua fino alla cintola. S'era fatto
ormai buio e già pensavo di tornar-
mene a casa senza celebrare, quan-
do cominciarono a spuntare qua e
là, in mezzo all'acqua, le luci di tor-
ce elettriche e dilampade a petrolio:
erano le persone che venivano a
messa.
Tutti avevano da .raccontare la lo-
ro piccola avventura, ma nessuno si
dava l'aria dell'eroe.
La messa fu semplice e breve e al-
la fine ci salutiamo. La gente mi au-
gura buon viaggio. E ne avevamo
proprio bisogno per il nostro ritor-
no. È superfluo dire che fu il pensie-
ro che mi assillò per tutta la messa;
e non senza ragione.
Sempre in compagnia del mio fe-
dele nocchiero, affrontiamo il trat-
to d'acqua. La jeep si immerge pia-
no piano. Ho lo strano presenti-
mento che questa volta non ce la
facciamo. Avanzo lentamente. I fa-
ri, ormai completamente sotto ac-

2.9 Page 19

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-----------,11-
qua, non mi aiutano. Devo avanza-
re a naso.
Sento che sprofondiamo ancora:
il rumore del motore si fa cupo. La
cabina si riempie di fumo. Ancora
un sussulto e la jeep si ferma. Non
c'è più niente da fare.
Scendiamo e con l'acqua fino alla
cintola, percorriamo il tratto che ri-
mane per raggiungere l'asciutto. E
poi alla ricerca di una soluzione.
Incontriamo una casa e un giova-
notto disposto ad andare in biciclet-
ta a cercare aiuto. Siamo fortunati
perché dopo un'ora arriva il traino.
Ancora una volta in acqua per le-
gare i cavi e per salire in cabina.
L'acqua arriva esattamente a co-
prire il sedile di guida. L'operazione
dura alcuni secondi e siamo di nuo-
vo all'asciutto.
I problemi naturalmente non so-
no finiti, perché l'acqua ba avuto
modo di entrare dappertutto e il
motore non riparte.
Il traino continua e finalmente
arriviamo a casa.
In casa non c'è nessuno. Sono an-
cora tutti in giro per il servizio do-
menicale. Non ho né la voglia, né la
forza di aspettarli.
Faccio una doccia per ripulirmi
Una via di Matrlz de Camaragibe
nel giorno di festa
dal fango che mi è entrato dapper-
tutto, prendo un succo di frutta e
mi metto a letto.
Un'ora di catechismo
movimentata
Casquera è un agglomerato di ca-
se a circa dieci chilometri da Areia
Branca. Non si può chiamare paese,
piuttosto una contrada. Case pove-
rissime, tutte di fango. La gente vi-
ve di pesca, di un po' di agricoltura,
e di... espedienti.
Qui abbiamo cominciato il cate-
chismo da alcuni mesi. L'inizio non
è stato facile: nessuno si ricordava
di aver visto un prete. Si comincia
con il segno della croce. Una setti-
mana dopo l'altra, il piccolo drap-
pello cresce. Accanto ai bambini
molte volte si siedono anche gli
adulti. Per intanto ci ospita una fa-
miglia.
La cucina è abbastanza spaziosa e
una quindicina di bambini possono
t SETTEMBRE 1986 · 19
stare comodamente seduti sul pavi-
mento che è, neanche a dirlo, in ter-
ra battuta. Ma quel giorno i bambi-
ni davano segni di nervosismo e in-
sofferenza. E ne avevano tutte le ra-
gioni. La cucina era piena di mo-
sche. Sull'unico tavolo formavano
quasi un tappeto e quando si alza-
vano, era per dare il cambio a quelle
che erano già in volo. I bambini
continuavano infastiditi, a difen-
dersi con qualsiasi cosa capitava lo-
ro tra le mani. Ma le mosche, im-
placabili, ritornavano alla carica.
Bisognava prendere una risoluzio-
ne: cambiare ambiente. Chiedo se
c'è un altro locale li vicino. C'è una
casa abbandonata, mezzo distrutta
dalla pioggia. Andiamo a vedere.
Per fortuna c'era una stanza ancora
in piedi. I bambini si accomodano
in fretta e la lezione riprende.
Avevo appena cominciato che
Lucia, una bimbetta di nove anni, si
alza di scatto e senza dire una paro-
la, mi passa davanti come una saet-
ta e sj precipita fuori. Gli altri, pri-
ma ancora che io mi rendessi conto
di cosa stava capitando, dopo un at-
timo di esitazione, la seguirono
quasi per istinto. Rimasto solo mi
resi subito conto del pericolo. Pro-
prio vicino a dove si era messa Lu-
cia, c'era un nido di «abelias italia-
nas», così sono chiamate delle api
la cui puntura è, oltreché dolorosis-
sima, anche pericolosa. Retroce-
dendo con prudenza, mi metto in
salvo anch'io.
Raccolgo la scolaresca ancora
pallida per lo spavento e andiamo
insieme a cercare un altro luogo,
questa volta all'aperto. C'è un albe-
ro di «caserana» che fa un'ombra
discreta e accogtiente: invito tutti a
sedere. Ma anche questa volta era
scritto che non avremmo trovato
pace.
I bambini ricominciano a dare se-
gni di inquietudine. Alcuni cambia-
no di posto, altri osservano attenta-
mente il terreno, altri sono già in
piedi e cercano di liberarsi le gambe
da nuguli di formiche. Eh sì. Erava-
mo andati a finire proprio su un
formicaio.
La lezione di catechismo era ter-
minata. Per quella mattina ne ave-
vamo già abbastanza.
Carlo Vitacchio

2.10 Page 20

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_ EDITORIA,_ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ __
20 · I SETTEMBRE 1986
ORA SAPPIAMO
CHIÈ
IL PREADOLESCENTE
I risultati di una indagine, la
prima in Italia svolta con criteri
scientifici, definiscono la
fisionomia dei ragazzi fra i 10 e i
14 anni.
Evocando il Carneade
di manzoniana memoria, si potreb-
be dire: il preadolescente, chi è co-
stui? La domanda è valida in Italia
più ancora che altrove, perché nel
nostro Paese la fascia d'età compre-
sa fra i 10-11 anni e i 14 - quella
che viene assegnata appunto alla
preadolescenza - è stata poco
esplorata, e comunque non in modo
sistematico. Eppure sui tre milioni e
mezzo di preadolescenti confluisce
l'attenzione attiva di molteplici sog-
getti: la famiglia, che tende a pro-
crastinare nel tempo lo sganciamen-
to del ragazzo attraverso forme più
o meno occulte di iperprotezione; la
scuola, che si cala sul preadolescen-
te come scuola «dell'obbligo»; i ge-
stori del tempo libero, che riversano
sull'area preadolescenziale un dilu-
vio di iniziative in gran parte sugge-
rite da esigenze di «mercato»; le co-
munità religiose, con le loro propo-
ste di itinerari di fede.
li modesto impegno all'appro-
fondimento della conoscenza del
preadolescente non è dipeso, quin-
di, da una mancanza di interesse,
bensi dall'indubbia difficoltà di af-
frontare con rigore e serietà di ana-
lisi un periodo della vita dai confini
incerti e con i caratteri di un tempo
di transizione. Il mondo dei preado-
lescenti - è stato detto - non è un
continente unitario, è invece un ar-
cipelago, che rende ardua la naviga-

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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- - - - - - - - - -s/J
zione a chi voglia avventurarsi ad
esplorare i1 fitto intrico di isole e
isolotti costituiti da altrettanti «vis-
suti». Col tempo, le domande si so-
no accumulate e hanno finito per
imporre l'esigenza di risposte scien-
tificamente definite. Esiste vera-
mente la preadolescenza? E se sì,
chi è il preadolescente? Tn quale
rapporto si pone con la famiglia, la
religione, l'ambiente? Che cosa pri-
vilegia nel suo tempo libero? Come
vede se stesso? E il suo futuro? Che
ruolo giocano in questa età la vita di
relazione, l'associazionismo? E i
mass-media?
R isposte puntuali
Insomma, domande, domande e
ancora domande. Le risposte sono
ora venute, puntuali, incisive, tal-
volla sconcertanti, dai risultati di
una indagine voluta dal Centro sale-
siano di pastorale giovanile e dal
Centro internazionale di pastorale
giovanile delle Figlie di Maria Ausi-
liatrice, realizzata sul campo dal-
1'Associazione COSPES (Centri di
orientamento scolastico, professio-
nale e sociale). «L'età negata» è il
titolo del volume, pubblicato dalla
editrice Elle Di Ci, che raccoglie in
forma discorsiva i risultati deU'in-
chiesta. È quasi superfluo aggiunge-
re che questo libro si impone come
uno strumento indispensabile per
educatori, insegnanti, genitori, ani-
matori, catechisti, per tutti coloro,
cioè, che si trovano ad operare fra i
preadolescenti.
Non abbiamo la pretesa di dare
una dimostrazione dell'attendibilità
di questa nostra indicazione affi-
dandoci ai pochi accenni che seguo-
no, colti qua e là fra le pagine del
volume al solo scopo di segnalare,
con qualche esempio, la ricchezza
dei dati emersi dall'indagine. Dati
- come sottolinea il direttore del
Centro salesiano di pastorale giova-
nile, Antonio Martinelli - che sono
tali da stimolare l'adulto che vuole
essere educatore «a ripensare le mè-
te educative e gli obbiettivi concreti,
adeguati all'età e aHa situazione cul-
turale odierna, per rendere un servi-
zio effettivo alla crescita e allo svi-
luppo dei preadolescenti».
Entriamo dunque nel merito del-
1'indagine. Fin dall'inizio della
preadolescenza, si riscontra una
grande mobilità di interessi, ne na-
scono di nuovi, altri vanno crescen-
do, altri ancora passano vistosa-
mente in secondo piano. Un esem-
pio: il gioco. Se a 10 anni il preado-
lescente è tutto preso dal <<giocare»,
a 14 anni lascia un più ampio spazio
ad altri interessi: uscire con gli ami-
ci e stare in loro compagnia, anche
per un crescente bisogno di comuni-
care, di scambiare confidenze. La
ricerca di rapporti interpersonali al
di fuori dell'ambito familiare - no-
ta la ricercatrice del COSPES Giu-
seppina Teruggi - controbilancia
l'ansia, l'incertezza e la possibile
conflittualità nel rapporto con i ge-
nitori. L'amico vive le sue stesse si-
tuazioni, con lui non si prova disa-
CSPG-c1PG
I SETTEMBRE 1986 • 21
gio ~d esprimersi e a confidarsi».
Sempre nell'arco d'età fra i 10 e i
14 anni èin calo l'interesse per la te-
levisione, mentre è in ascesa l'attra-
zione per la musica, la canzone.
L'interesse per lo sport rimane inve-
ce costante. In crescita l'attenzione
rivolta alla bicicletta e al motorino,
«oggetti-simbolo della ricerca di au-
tonomia e di emancipazione nel
soddisfacimento di bisogni emotivi
e relazionali ►>.
L ruolo degli amici
Il preadolescente comincia ad av-
vertire le trasformazioni che avven-
gono nel suo corpo (altezza, peso,
cambiamento della voce ecc.) e vi
presta più attenzione di quanto fa-
8 CUl'II.
dell'associazione
COSPES
coordinamento di
SEVERINO OE PIERI
GIORGIO TONOLO
MARIO 0ELPIANO
RICERCA
SUI
PREADOLESCENTI
IN ITAUA
EDITRICE ELLE 01 Cl
10098 LEUMANN·TO

3.2 Page 22

▲back to top
22 I SETTEMBRE 1986
cesse nel periodo delJa fanciullezza,
indugiando a parlarne sempre più
spesso con gli amici. Al tempo stes-
so tende ad allargare l'area delle
amicizie all'altro sesso, tanto che la
quasi totalità dei preadolescenti ri-
tiene positivo «lo stare insieme ra-
gazzi e ragazze», essenzialmente per
trascorrere il tempo in compagnia.
Solo successivamente - in genere
attorno ai 13 anni - si avverte che
c'è «qualcosa in più>>, e cioè un'at-
tenzione specifica verso una singola
figura che coinvolge emotivamente.
Comincia anche la ricerca di uno
«spazio di autonomia», soprattutto
dai genitori, nella gestione del pro-
prio tempo libero, nella scelta degli
amici, nell'esprimere opinioni
(«pur consapevole - osserva anco-
ra Teruggi - di non possedere mo-
tivazioni adeguate nel sostenerle»).
Ecco allora il progressivo distan-
ziarsi dalla famiglia, che emerge
con più frequenti litigi e momenti
conflittuali con i genjtori. Immesso
dalla scuola in un contesto di rela-
zioni sociali, il preadolesceme si
trova ad avere interlocutori che non
sono più i genitori, ma altri adulti e
i coetanei, con i quali deve imparare
a stabilire un rapporto adeguato.
Alla domanda: «ti piace stare con
gli altri?», i preadolescenti rispon-
dono «sì, molto» nella misura
dell'87 per cento a 10 anni, e del 74
per cento a 14 anni. C'è quindi un
calo, cui corrisponde un rafforza-
mento della percentuale di coloro
che rispondono «sì, ma sto bene an-
che da solo>>, che passa dal 15 per
cento a 10 anni al 23 per cento a 14
anni. È L'avvio di quella tendenza
alla solitudine che si accentuerà du-
rante l'adolescenza. Quanto ai mo-
tivi che spingono il preadolescente a
stare in compagnia, uno prevale su
tutti ed è espresso nella formula
«perché è bello». E quando sono
insieme, che cosa fanno? Il 46 per
cento degli interpellati risponde
«gioco, mi diverto», ma è una indi-
cazione, questa, che si coglie fra i IO
e i 13 anni, perché dai 13 in poi i
preadolescenti dicono di stare insie-
me «per chiacchierare, andare in gi-
ro, scambiarsi confidenze».
J luoghi d,incontro
Circa i luoghi d'incontro, i prea-
dolescenti - come rilevano i ricer-
catori Lanzoni, Ferraroli e Delpia-
no - «scelgono di preferenza gli
spaz:i neutri e nemmeno troppo lon-
tani, come la strada, il quartiere, il
cortile. Minor rilevanza acquistano
invece con l'età a luoghi strutturati
e controllati come casa, scuola, par-
rocchia, mentre cominciano ad
emergere quali luoghi di socializza-
zione, al termine dell'età, bar, di-
scoteche, spazi, insomma, di socia-
lizzazione autonoma. Solo gli spazi
oratoriani-parrocchiali (luogo d'in-
contro tra amici che interessa il 13,7
per cento in media degli interpellati)
sembrano in parte riscattare tale
tendenza, probabilmente perché più
ricchi di proposte commisurate alle
domande dei soggetti e facenti spa-
zio a maggiore protagonismo».
L'importanza del gruppo è dimo-
strata da un dato: il 69 per cento dei
ragazzi asserisce di avere un gruppo
dj appartenenza, più o meno strut-
turato, inserito o no in una associa-
zione. C'è, per contro, un non pic-
colissimo numero di adolescenti che
non fa alcuna esperienza di vita ag-
gregata, anche se desidera stare con
gli altri. I gruppi che raccolgono l'a-
desione dei preadolescenti risultano
essere fondamentalmente quattro:
quelli sportivi dominano il campo
(52 per cento), seguiti da quelLi
«formativi» del tipo scout, ACI,
gruppi oratoriano-parrocchiali (28
per cento). Ci sono poi gruppi di ti-
po «espressivo», cioè danza, canto,
pittura, ecc. (14 per cento) e infine i
gruppi «culturali» (7,3 per cento).
Diamo ora uno sguardo alle rela-
zioni fra il preadolescente e la fami-
glia, cogliendo alcuni - solo alcu-
ni, lo ripetiamo - degli elementi
emersi dall'indagine. «I preadole-
scenti da noi interpellati - afferma
il ricercatore Umberto Fontana -
richiesti se si ritenevano contenti del
modo con cui erano stati allevati ed
educati, e se i genitori erano dispo-
nibili e comprensivi nei loro con-
fronti, non esitavano ad affermare

3.3 Page 23

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- - - - - - - - - - -~ -
ferito alla madre. I monvi prauc1
delle divergenze riguardano richie-
ste non concesse, per esempio « fare
sport o divertirmi» (22 per cento),
«avere il motorino» (22 per cento),
«rimanere fuori la notte» (20 per
cento) «avere soldi da spendere»
(L3 per cento). In sostanza, il prea-
dolescente «chiede di non essere più
considerato piccolo, ma di uscire
dallo status familiare di bambino. I
genitori, invece, stentano a conce-
derglielo, perché non lo giudicano
ancora aJJ'altezza e perché il suo
cambio di status sbilancia l'equili-
brio familiare. Quel suo status di
''grande'', il preadolescente dovrà
conquistarselo un po' alla volta».
nelJa grande maggioranza che sono
i genitori a dare l'aiuto maggiore al-
la realizzazione di se stessi. A tutti
gli altri adulti (animatori, insegnan-
ti, sacerdoti) viene attribuito un pe-
so di gran lunga inferiore». In cifre,
il 71 per cento si dice «molto soddi-
sfano» dell'educazione ricevuta.
Tuttavia dall'indagine emerge
che i «germi» del disagio nei con-
fronti della famiglia sono già pre-
s~nti nel preadolescente, quasi in al-
tesa di uscire alJo scoperto nell'ado-
lescenza. Ed ecco allora che il 21 per
cento afferma di essere «a volte» in
disaccordo con i genitori, e a 14 an-
ni solo il 38 per cento dice di «non
Litigare mai o quasi mai» con il pa-
dre, mentre il 32 per cento lo dice ri-
L rapporto con la
religiosità
Denso di indicazioni il settore
della ricerca che analizza il preado-
lescente nel suo rapporto con la reli-
giosità. Secondo i dati raccolti, la
frequenza alla pratica della Messa
festiva è elevata: il 44 per cento vi
partecipa sempre, il 36 quasi sem-
pre. Solo il 4 per cento dichiara di
non parteciparvi mai . Ciò che tutta-
via emerge con evidenza è la caduta
graduale della pratica col crescere
dell'età. Mentre a IO anni, 1'87 per
cento dice di frequentare sempre o
quasi sempre la Messa, a 14 anni la
percentuale scende al 70 per cento.
Progettualità e contenuti «rellgloal» a 10-11 e 14-1 5 anni <Item 20>
70
60
50
40
JO
20
10
10-11 ANNI
c:::v /"""71 peniona onesta
responsablle
.r-:71 formate una veni
~ lamiglìe
e
14-15 ANNI
lavoro sicuro
~ esse111 un Wl<tl cnatiano
1SETTEMBRE 1988 23
Cresce contemporaneamente la fre-
quenza saltuaria, specie nei maschi.
Quanto alle motivazioni che i prea-
dolescenti adducono per la pratica
della Messa festiva, il 43 per cento
dichiara di andarci «perché è un do-
vere».
Anche la pratica della confessio-
ne è assai diffusa (80 per cento), ma
tende a ridursi almeno per quanto
attiene alla frequenza. Lo stesso an-
damento si rileva per la preghiera.
Al riguardo, il ricercatore Mario
Del Piano osserva che «la preghiera
frequente, quella più facilmente
abitudinaria, ripetitiva, ritualistica,
propria delle fasce di soggetti ai
confini con la fanciullez.za, tende a
ridursi nel corso dell'età. Le intervi-
ste documentano il fiorire di una
preghiera fuori programma, che
rompe le formule, alJorché i prea-
dolescenti vengono a trovarsi in si-
tuazioni problematiche».
DalJ'indagine emerge anche la
posizione che i preadolescenti asse-
gnano ai desideri concernenti il tipo
di aspirazione che riguarda la loro
vita futura. Al primo posto figura il
modello della « persona onesta e re-
sponsabile», seguito daJJ'ideale di
«formarsi una bella famiglia». Se-
guono «il lavoro sicuro» e l'ideale
religioso. Insomma - annota Del
Piano - «vivere da persone religio-
se rron sembra cosi importante per i
preadolescenti che guardano al loro
avvenire». Questa è la situazione a
14 anni. Negli anni precedenti, il
modello reHgioso occupa il secondo
posto, il che significa che, col tem-
po, questo modello subisce un con-
sistente ridimensionamento.
L'indagine ha inoltre affrontato,
con la consueta ampiezza di oriz-
zonti, i rapponi del preadolescente
con la scuola, l'associazionismo, i
mass-media (stampa e TV occupano
nell'insieme il terzo posto nella sca-
la di attrazione dei preadolescenti,
dopo l'attività ludica e di relazione,
con una forte presenza della televi-
sione, fruita per un numero di ore
giornaliere che va mediamente da 2
a più ore per il 56 per cento dei
preadolescenti). Un intero settore
dell'inchiesta è infine dedicato al fe-
nomeno sommerso del «disadatta-
mento».
Gaetano Nanetti

3.4 Page 24

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_ COMUNICAZIONE SOCIALE_ _ _ _ _ __ _ _ _ _ _ _ __
24 r SETTEMBRE 1986
Stampa cattolica
SE LA NOTIZIA
FA FORTI
LE FORZE DEBOLI
In margine ancora al
seminario dei
direttori del
Bollettino Salesiano
tenuto nello scorso
gennaio a Roma,
presentiamo una
« lettura» dei
messaggi che il ES
invia in tutto il
mondo.
Trentanove edizioni in
diciannove lingue diverse con una
diffusione totale calcolata in dieci
milioni cli copie annue: questa è la
situazione attuale del Bollettino Sa-
lesiano, una vera multinazionale al-
l'interno della stampa cattolica. Ma
non è una situazione stravagante se
guarcliamo a un quadro cli realtà più
generale che potrà poi sottolineare
le caratteristiche particolari della
pubblicazione fondata da Don Bo-
sco.
U asensibilità in
crescita
Va constatato innanzitutto che il
mondo cattolico, almeno ai livel1i cli
maggiore responsabilità, non ha
perso consapevolezza, da sempre,
dell'importanza dei mezzi della co-
municazione sociale. Oggi tale co-
scienza penetra lentamente nel po-
polo di Dio, cioè dove il messag-
gio si concreta attraverso parole e
letture. Dopo un lungo periodo di
diffidenza, da oltre un secolo in qua
la Chiesa si è fatta sentire con più di
ottocento messaggi di vario genere e
peso destinati al mondo della comu-
nicazione (a parte le aucorevoli te-
state alle quali i cattolici hanno dato
vita e che esistono ancora), in un
magistero che ha segnato una tappa
importante con il Decreto conciliare
« Inter Mirifica» (1963), con I'istitu-
zione della Giornata Mondiale delle
Comunicazioni Sociali ( 1967), con
la pubblicazione dell'Istruzione Pa-
storale « Communio et Progressio·>>
(1971 ). Sembrano acquisizioni qua-
si ovvie e ripetitive; ma non lo sono
poi tanto se, guardandosi attorno e
domandando qua e là, ci si accorge
che molti cristiani impegnati, e per-
sino parecchi sacerdoti, sono rima-
sti alla pura e semplice enunciazione
dell'avvenimento.
È possibile misurare il cammino
compiuto mediante una semplice
constatazione: gli strumenti della
comunicazione sociale entrano per
la prima volta nel Codice di Diritto
Canonico, così come esso è stato
formuJato nell'ultima edizione; con
Limiti indicati in più di una occasio-
ne (se ne occupò autorevolmente
anche il gesuita Enrico Baragli in un
articolo a suo tempo apparso su
« L'Osservatore Romano))), ma in
ogni caso con la forza di una pre-
senza innovativa, cli per se stessa
eloquente. Ma, quel cammino, può
essere anche misurato attraverso un
apprezzamento immediato sulla
qualità grafica e sui contenuti di
pubblicazioni a ispirazione cattolica
- e non nel solo ambito italiano-,

3.5 Page 25

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- - - - - - - - - - -~ -
1 SETTEMBRE 1986 · 25
oltre che sulle cifre della diffusione.
Oggi si guarda a questa produzione
con attenzione, come dimostrano le
inchieste e le indagini della stampa
laica, che da poco ha scoperto la ga-
lassia delle pubblicazioni cattoHche.
L 'esperienza
di Don Bosco
siano» - è rimasto «anche» orga-
no di collegamento fra i trentaquat-
tromila membri religiosi della Con-
gregazione (quasi equamente divisi
fra Salesiani di Don Bosco e Figlie
di Maria Ausiliatrice), oltre che per
le decine di migliaia di Cooperatori,
Aspiranti e Volontarie di Don Bo-
sco, egli Ex allievi e quanti altri so-
no legati allo spirito salesiano.
Fra esse un posto a parte occupa
appunto il Bollettino Salesiano, che
fu fondato, come si è detto, da Don
Bosco nel 1877, e la cui successiva
diffusione (anche le edizioni in
francese e, per l'Argentina, in spa-
gnolo hanno compiuto iJ secolo di
vita) si caratterizza per l'universali-
tà del linguaggio, comune peraltro a
diverse «catene» di periodici catto-
lici, di una delle quali parleremo.
Una « lettura orizzontale» del Bol-
lettino Salesiano nelle diverse Hngue
ci ha permesso di coglierne le Linee
di orientamento oltre i confini geo-
grafici e linguistici, e l'occasione è
stata offerta dal convegno - tenu-
tosi a Roma lo scorso gennaio - al
quale ha1mo partecipato i direttori
delle 39 edizioni nazionali (dell'in-
contro ha riferito Gaetano Nanetti
sul fascicolo di marzo).
Le quattro paginette del primo
numero del «Bibliofilo Cattolico o
Bollettino Salesiano Mensuale» ap-
parse iJ 19 agosto 1877 con la data
del successivo settembre si sono
quindi moltiplicate in una fitta rete
di interventi, dando ragione a quan-
to Don Bosco scriveva nell'ormai
famosa lettera del 1885 - una sorta
di testamento spirituale indirizzato
ai suoi salesiani -, sulla necessità
della diffusione dei buoni libri,
« uno dei mezzi atti a mantenere il
regno del Salvatore in tante ani-
me», ricordando ancora: «Fu que-
sta una delle precipue imprese che
mi affidò la Divina Provviden-
za... ». Vale a dire l'acuta intuizione
di ciò che in seguito sarebbe stata
definita come l'indispensabile stra-
tegia nell'uso degli strumenti della
comunicazione sociale.
/i megafono
della solidarietà
Don Bosco aveva affermato, in
quel primo numero, di voler opera-
re a vantaggio della reciproca cono-
scenza e del bene comune.del movi-
mento dei «Cooperatori» salesiani.
«Un Cooperatore - scrisse - di
per può fare del bene, ma il frut-
to resta assai limitato e per lo più di
poca durata. Al contrario unito con
altri trova appoggio, consiglio, co-
raggio e spesso con leggera fatica
ottiene assai, perché le forze anche
deboli diventano forti se vengono
riunite». In circa centodieci anni di
vita questo obiettivo non è stato
mai disatteso e il foglio - che già
dal numero del gennaio 1878, au-
mentato di pagine, assumerà la te-
stata definitiva di «Bollettino Sale-
In questo senso è esemplare la fe-
deltà a consolidati canoni che si
comprende esprimano del tutto
spontaneamente lo spirito comune
della «famiglia salesiana», con un
titolo di rubrica assai frequente nel-
la varie edizioni in lingua. Vi si rac-
colgono notizie di nuove iniziative,
di sviluppi di vecchie e consolidate
istituzioni, di aperture di missioni,
di rapporti che si intrecciano da un
luogo all'altro della terra, di scambi
di esperienze, di visite, di aiuti, di
vocazioni, di ordinazioni e di scom-
parse, di necessità cui soccorrere, di
condivisione della gioia e della sof-
ferenza, di testimonianze del dolore
e de!Ja persecuzione. Un intreccio di
relazioni all'interno di un fortissi-
mo senso di appartenenza alla real-
tà salesiana, che non esclude alcun-
ché e chicchessia dall'interesse mis-
sionario e dalla donazione, ma non
dimentica l' obiettivo proprio di una
precisa vocazione.
La missionarietà è uno dei temi
comuni reperibili nella lettura oriz-
zontale del Bollettino che abbiamo
tentato di condurre. Una missiona-
rietà che viene del tutto naturale di
cercare nei Bollettini nati nei Paesi
industrialmente evoluti in rapporto
con quelli economicamente deboli;
ma che emerge nella stessa misura
da altre realtà, considerate per opi-
nione generale come maggiormente
bisognose di aiuto. Si esprime,
quindi, uno slancio di solidarietà
concreta immediatamente visibile,

3.6 Page 26

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26 · 1 SETTEMBRE 1986
((
))
Si Q ~ ...
per esempio nel corso del 1985, ne-
gli appelli a favore deU'Etiopia do-
ve, a MakaUé, operano i salesiani;
forse un caso limite ma, ai nostri
occhi di osservatori, un superbo
esempio di comune sentire. Altret-
tanto significativa la rispondenza al
cosiddetto «Progetto Africa» im-
postato come impegno della Con-
gregazione a partire dagli scorsi an-
ni, e che ha coinvolto situazioni e
comunità (come testimoniano arti-
coli e pagine dedicatigli in tutti i
Bollettini), alcune delle quali non
certo ricche di mezzi materiali, ma
disponibili a cedere anche i due
spiccioli della vedova di evangelica
memoria.
Ancora un elemento comune è il
servizio ai giovani. In India e in
Uruguay, in Inghilterra e in Austra-
lia, negli Stati Uniti e in Giappone si
tratta di una realtà che trabocca nel-
le pubblicazioni salesiane, dalle co-
pertine con immagini di ragazzi di
ogni razza, nei servizi, nei notiziari,
nelle sollecitudini, nelle preoccupa-
zioni, nelle indicazioni, nei suggeri-
menti di terapie e modi di interven-
to. E dietro si indovina tutto un
mondo di dolore, di povertà di fa-
me, di indifferenza ai valori, di ac-
canimento per i beni materiali, di
mancanza di amore, di sprofonda-
mento nella prostituzione e nella
droga, un mondo al quale si offre
un rimedio, una parola, un sorriso,
un aiuto, un pasto, un consiglio, un
rifugio, una alternativa. Un proget-
to di vita in Cristo. Attuato lì, in
ogni situazione concreta, pagando
di persona, chiamando gli altri a
collaborare, attivando una specie di
megafono della solidarietà che si ri-
percuote di continente in continen-
te, attraverso gli scritti, le foto, le
testimonianze, la presenza del sale-
siano o della salesiana accorsi da
ogni parte del mondo ed entrati in
ogni paese della terra.
Tutto questo nel segno di quel
progetto educativo che part1 da Val-
docco un secolo e mezzo fa, dal
cuore e dall'intuito di un sacerdote
di provincia che ha innescato
un'immensa attività di evangelizza-
zione in tutto il mondo. E i suoi figli
e allievi si sono sparsi in ogni con-
trada dando vita a scuole, refettori,
convitti, istituti professionali, orfa-
notrofi, ospedali, asili infantili, uni-
versità, case di accoglienza per ra-
gazze madri; traduzione nel lin-
guaggio d'oggi e con significato
universale di quanto è scritto in uno
dei primi numeri del Bollettino di
Don Bosco, il compito cioè di «rac-
cogliere ragazzi pericolantie abban-
donati nelle vie e neUe piazze; av-
viarli al catechismo, trattenerli nei
giorni festivi e collocarli presso ad
onesto padrone, dirigerli, consi-
gliarli, aiutarli per quanto si può nel
farne buoni cristiani ed onesti citta-
dini».
In queste prospettive non c'è spa-
zio per concedersi le fittizie illusioni
di una civiltà, diciamo così, occi-
dentale che si alimenta di telenove-
las e di Dallas, ma si pensa al modo,
qui e oggi, di offrire un ruolo a
ognuno, e perciò di trovargli, dopo
aver impartito un'istruzione di ba-
se, quanto meno un lavoro, per il
domani e per il futuro. Il progetto
educativo è anche questo, responsa-
bilizzare i giovani al controllo delle
proprie capacità, indirizzarli verso
attività, arti e mestieri che permet-
tano loro di inserirsi nella comunità
associata e fornire uno specifico
contributo al suo sviluppo.
Questa preoccupazione è un dato
ricorrente; nel Bollettino, in qual-
siasi realtà sociale e nazionale esso
sia inserito, ci si imbatte continua-
mente nella descrizione di un'inizia-
tiva per apprendisti o di istruzione
per tecnici, nella richiesta di aiuto
per edificare una nuova scuola pro-
fessionale, nel resoconto di un suc-
cesso o nel bilancio di un tentativo
difficile. Sempre in una dimensione
di speranza, sia che si tratti di sca-
vare un pozzo o di insegnare l'alfa-
beto, o di far maturare la coscienza
civile degli sfruttati, o di opporsi al-
l'ingiustizia. Così le pubblicazioni
salesiane, fra l'altro, hanno colto
nella loro totalità il significato del-
l'invito alla gioia rivolto dal Rettore
Maggiore don Egidio Viganò in uno
dei suoi periodici messaggi, come
particolarmente indirizzato ai gio-
vani, ai valori che essi sono chiama-
ti a coltivare e a realizzare.
Presenti alla memoria
della gente
Con la rnissionarietà e l'attenzio-
neai giovani, un altro punto emerge
dalla lettura dei Bollettini: l'impe-
gno nelle comunicazioni sociali.
Perché la cifra di dieci milioni nella
tiratura annua mondiale, e di un ap-
prossimativo numero di quaranta
milioni di lettori, non va considera-
ta nel suo elemento di pura materia-
lità ma anche in rapporto a tante si-
tuazioni diverse. In una si tratta di
difendere posizioni etiche minaccia-
te dal dilagante secolarismo o dal-

3.7 Page 27

▲back to top
'---------------# -
1 SETTEMBRE 1966 27
l'avanzata di ideologie pragmati-
che, nell'altra di riproporre uno o
più valori misconosciuti o repressi;
poche migliaia di copie stampate e
diffuse in una società a bassa alfa-
betizzazione e con problemi di svi-
luppo socio-culturale pesano quan-
to le tirature delle edizioni più ric-
che; qui la testimonianza vale da
collegamento (pensiamo per esem-
pio all'India) all'interno di una va-
stissima comunità nazionale nella
quale si rischia altrimenLi di perder-
si, altrove la presenza (come in Po-
lonia, in Jugoslavia, in Cile, nene
Filippine) costituisce segno di una
incrollabile determinazione a riaf-
fermare il diritto alla propria idemi-
tà spirituale.
«Una delle precipue imprese»
che, sulle orme di Don Bosco, la
Provvidenza ba affidato ai salesiani
pare proprio queUa di farsi presenti
alla memoria della gente. E se il
Fondatore ha scritto più di mille fra
libri e opuscoli (dobbiamo confes-
sare che anche noi ci chiediamo, co-
me molti, dove ne abbia trovato il
tempo), ciò deve aver costituito un
segno tangibile del tipo di missione
affidato ai religiosi, alle religiose, ai
cooperatori, alle volontarie, e in
fondo un po' a tutti quelli che si ri-
conoscono nello spirito della fami-
glia salesiana.
Dell'interesse per le comunicazio-
ni sociali il Bollettino è una prova
tangibile, all'interno comunque, si
diceva, di un mondo cauolico che
fa presa sui «media». n seminario
per il quale abbiamo condotto la
«lettura», che qui sintetizziamo,
non spunta come un fiore selvaggio
in una brughiera. ma costituisce con
altri esempi (degli incontri e dei
convegni che si sono svolti in ltalia,
per iniziativa cattolica, su argomen-
ti analoghi si è già parlato in uno
degli ultimi numeri del Bollettino) il
segno del radicamento di una cultu-
ra spirituale e cristiana nel popolo
di Dio.
/n compagnia
di altre testate
Del resto il Bollettino Salesiano
non è, nel suo settore, un fatto iso-
lato; lo di.mostra il caso del «Mes-
saggero di Sant'Antonio», che l'an-
no scorso ha festeggiato il numero
mille dell'edizione italiana. U men-
sile fu fondato nel J898, sedici pagi-
nette devozionali, seimila copie di
tiratura. La prima svolta importan-
te avvenne nel 1953, quando si detre
inizio alla pubblicazione della rivi-
sta in francese, inglese, portoghese,
spagnolo e tedesco e, accanto a
quella nazionale, a un'edizione in
italiano per gli emigranti. La secon-
da svolta fu impressa dal Concilio,
quando si ripensò la gra0c_a e la «fi-
losofia» del mezzo attraverso il
quale trasmellere il messaggio. Oggi
il «Messaggero di Sam'Antonio»
(senza considerare il quindicinale
« Messaggero dei ragazzi», pubbli-
cato dal 1962), è diffuso in oltre un
milione e trecentomila copie mensili
in otto edizioni e sei lingue, rag-
giungendo 144 Paesi.
Pur nella comune ispirazione -
che procede sempre dall'interesse
popolare per la figura di Sant'Anto-
nio ma senza enfasi magiche -, i
mensili nelle varie lingue mantengo-
no una specificità che dà ragione,
come per il Bollettino Salesiano,
dell'«inculturazione» e dell'univer-
salità caraueristiche da sempre del-
1' irradiazione cattolica. Obbiettivi e
risultati sono di natura diversa, an-
che se le finalità restano quelle di
dare una veste moderna alle perenni
ragioni della fede; e in questo senso
la rosa dei collaboratori si allarga a
nomi provenienti da orizzonti non
strettamente, diciamo, confessiona-
li, anche se sempre rispettosi dei va-
lori di fondo dell'uomo (e quindi
naturalmente cristiani). Ogni realtà
nazionale, comunque, esprime in
primo luogo quanto di meglio offre
la pubblicistica cattolica (pensiamo
per l'Italia fra gli altri a Luigi San-
tucci, Alessandro Pronzato, Valerio
Ochetta, Carlo Napoli, Enzo Nana,
Sabino Acquaviva, p. Davide M.
Turoldo, Gino Lubich), avvalendo-
si di una grafica che, senza offende-
re la tradizione e sconvolgere le abi-
tudini del lettore comune, raggiun-
ge i migliori risultati permei:si dalla
tecnica moderna.
È un tema, questo della stampa
cattolica plurilingue, sul quale sarà
opportuno ancora utilmente inda-
gare, perché non mancano altri
esempi (Famiglia Cristiana, l'Osser-
vatore Romano) di una stessa testa-
ta diffusa in molti Paesi, e di pro-
spettive (come ci si dice voglia fare,
in inglese, l'Eco di San Gabriele) di
edizioni per l'estero. Un argomen-
to, appunto, sul quale si potrà tor-
nare, dopo esserci qui limitati a toc-
care le due manifestazioni più signi-
ficative, segni peraltro di una con-
sapevolezza di una funzione della
stampa cattolica e di una sua rinno-
.vata, o potenziale, vitalità.
Angelo Paoluzi

3.8 Page 28

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_PASTORALE GIOVANILE_ _ _ __ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ __
28 · I SETTEMBRE 1986
Istituto F.M.A.
A LECCO C'È
UNA SCUOLA
IN FERMENTO
J.:esperienza di una scuola
tradizionale capace di
rinnovarsi
Il colpo d' occhio è
quello da non perdersi. 11 lago di
Como dorato dalle ultime luci del
tramonto, il Resegone lassù a domi-
nare. Lecco ha un nonsoché, che
colpisce a prima vista. Passando sul
ponte, vediamo una piccola barca
sul lago, e subito tornano in mente
paesaggi manzoniani.
Accanto a secolari tradizioni a
Lecco ne maturano nel frattempo
altre, un po' meno antjche, ma sicu-
ramente valide ed altrettanto solide.
È il caso di quella dell'Istituto Ma-
ria Ausiliatrice di via Caldone I8.
Un quarto di secolo al servizio dei
giovani in questa struttura ed altri
venti ancora prima che ci fosse que-
sta scuola nuova.
Un'attività notevole ed incessante
che va ben oltre la scuola ed incide
sul tessuto sociale cittadino. Ce ne
parla suor Graziella Curti, da due
anni direttrice dell'istituto, cui ha
dato la sua impronta, stimolando
l' applicazione di nuove didattiche
che hanno provocato una positiva
reazione delle ragazze.
«Sono quattrocentocinquanta le
alunne fra scuola elementare, me-
dia, magistrale e liceo linguistico.
Di queste circa centocinquanta sono
impegnate anche nelle nostre attivi-
tà collaterali. Abbiamo gruppi mu-
sicali, altri che si interessano delle
missioni.

3.9 Page 29

▲back to top
- - - - - - - -----58-
1 SETTEMBRE 1986 29
Una sua tradizione ha il gruppo
del volontariato, che si impegna a
servizio degli handicappati, svolge
doposcuola per i più piccoli e visita
i vecchi nelle case dj riposo. Settan-
ta ragazze si dedicano più intensa-
mente all'attività teatrale. Que-
st'anno, ad esempio, hanno realiz-
zato uno spettacolo - "Provoca-
zione pace" - con testi originali
composti da loro stesse. Poi abbia-
mo un' attività sportiva molto svi-
luppata con la Pgs Resegone, ed an-
cora il Cineforum. L'ultima... crea-
tura è il gruppo stampa-ramo che
ha realizzato un simpaticissimo
giornale dal nome curioso: lo Spio-
lo. Si tratta di un animale da fiaba
che spia ciò che avviene nella scuo-
la. Queste stesse ragazze hanno con-
dotto in una radio locale una tra-
smissione settimanale sull'educazio-
ne alla pace. Un'altra esperienza
molto forte è quella che stanno fa-
cendo le ex allieve, impegnate nelle
carceri, dove danno lezioni di gin-
nastica e pianoforte, ed inoltre svol-
gono un cineforum».
Un 'attività quantomai variegata,
in cui spesso ricorre un tema: la
pace.
«Sì, la nostra è una scelta didatti-
ca nuova che abbiamo portato
avanti nell'ultimo anno scolastico».
Non esiste il rischio che il concet-
to di pace, visto l'abuso che sifa del
termine, possa essere strumentaliz-
zato o quantomeno frainteso?
«Certo, e proprio per questo ci
siamo documentate per dare alla
parola ed alla tematica un contenu-
to il più possibile concreto. Così ab-
biamo inteso la pace come supera-
mento della conflittualità, attraver-
so la non violenza. Perché non biso-
gna negare che la nostra realtà è
conflittuale. Ed abbiamo iniziato
dalle piccole cose, come il rapporto
- Suor Graziella Curti
insegnante-alunno. Abbiamo messo
in discussione la nostra stessa strut-
tura scolastica per verificare se il
nostro sistema educativo fosse de-
mocratico o di tipo impositivo. Poi
ci siamo sforzati di concretizzare il
tutto con dei gesti di pace. È stata
organizzata una settimana partico-
lare in cui sono state approfondite
parecchie sfaccettature. Ad esempio
si è svolta una tavola rotonda sugli
emodialici » .
Uno sforzo notevole concretizza-
10 nelle azioni quotidiane.
«Sì, infatti la nostra preoccupa-
zione è quella di non rischiare di ri-
manere nel teorico. Per questo sia-
mo già al lavoro per preparare
un'unità didattica, per mediare in
modo scientifico tutto il progetto.
Una novità per il prossimo anno
posso anticiparla: non la chlamere-
mo più educazione alla pace. Pro-
prio per il rischio di saturare questo
concetto. Parleremo di gesti di pa-
ce, per rendere tangibile nella quoti-
dianità tutto quello che noi cerchia-
mo di trasmettere alle nostre ragaz-
ze. Anche perché tutte noi inse-
gnanti siamo nell'ottica che cammi-
·niamo con loro sulla stessa strada,
senza accentuare la differenza di
ruoli)).
Un programma del genere avrà
susciraro delle reazioni nel tessuto
sociale della città.
«Infatti, tanto per fare un esem-
pio, il Comune, che sta realizzando
un suo "progetto giovani" abba-
stanza interessante, ci ha cruesto
collaborazione. Cosi abbiamo la re-
sponsabilità di una comm1ss1one
che rileva la presenza di gruppi di
volontariato nella nostra città, pub-
blicizzando la loro attività».
Insomma il movimento dell'isti-
tuto suscita sempre più interesse in
città. Il « Resegone» - settimanale
locale - più volte ha dedicato spazi
alle iniziative delle Figlie di Maria
Ausiliatrice. Un particolare riscon-
tro si ha con l'aumentata partecipa-
zione dei genitori. Possiamo dire
che in via Caldone, quando finisce
l'orario scolastico, il meglio deve
ancora venire. Segni positivi vengo-
no anche dalle stesse ragazze come
ci racconta la stessa Suor Graziella.
«Tempo fa è stata organizzata
dal Comune una tavola rotonda per
discutere sul rapporto insegnante-
studente. Per non portare solo la
nostra voce abbiamo fatto compila-
re alle ragazze un questionario, che
ci ha fatto riscontrare dalle risposte
dei segni confortanti di consapevo-
lezza e maturità. lo personalmente
spesso mi soffermo sulla lettura dei
terni delle liceali, ed ho l'occasione
di cogliere particolari che mi fanno
capire di essere sulla strada giusta.
Abbiamo realizzato, proprio per
questa esigenza di dialogo ed al
tempo stesso per abbattere certi pre-
giudizi, delle Assemblee di isti-
tuto».
Parliamo con Suor Graziella e ci
rendiamo conto che il suo sguardo
sorridente e sereno, la sua parlata
pacata, ma decisa, il suo entusia-
smo per la sua missione, sono coin-
volgenti.
Ex Caporedattrice di « Primave-
ra», dove ha svolto la sua attività
per quindici anni, Suor Graziella
Curti è approdata da due anni a
Lecco.
«Non è un mistero - afferma
senza problemi - ho chiesto io di

3.10 Page 30

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30 · I SETTEMBRE 1986
- L'Ingresso dell'istituto
lasciare «Primavera)), perché sono
convinta che uno strumento come
quello ha bisogno di un rinnova-
mento continuo di persone nuove
che possano arricchire il giornale
con esperienze diverse».
Adesso il suo luvoro in istituto è
completamente variato.
«Sono passata dalla mediazione
delle cose attraverso un giornale, al
contatto stretto con la realtà. Oltre-
tutto la struttura di "Primavera"
- Il laboratorio lingulstico
non permetteva grandi possibilità di
rapporti umani, così adesso scopro
con immenso piacere l'evoluzione
di questo cammino che facciamo
con le ragazze. Sento sempre di più
l'esigenza di avere una risposta da
loro, perché nell'educazione tutto
dev'essere dialogo e non mono-
logo » .
Cos'ha conservato in particolare
dell'esperienza di redattrice che ap-
plica nel suo nuovo ruolo qui a
Lecco?
«Soprattutto la passione per la
realtà, la gente, la quotidianità dei
fatti. Si tratta di una eredità molto
bella che mi la tensione per cer-
- La sala per le attività musicali
care di stare sempre vicina ai pro-
blemi della gente. Ho paura di que-
sto limite, cioè non riuscire sempre
a percepire le esigenze degli altri».
La vostra mole di lavoro in istitu-
to può far maturare delle scelte vo-
cazionali?
«Certo, ma non facciamo delle
forzature in tal senso. Quella reli-
giosa è una scelta sempre abbastan-
za complessa ed occorre trovare la
motivazione e la radicalità per far-
la. Anche in questo senso però ard-
vano dei segni positivi>>.
Cosa ci sarà avanti nella vita del-
l'istituto?
«Ci sono nuovi orizzomi per un
cammino sempre in evoluzione. È
una sensazione bellissima percepire
che la vita mi cresce in mano)).
Suor Graziella, la sera, quando il
cancello si chiude e le attività si con-
cludono, cosa succede?
«Continua l'educazione alla pace
anche nella nostra comunità. Non
basta trasmettere agli altri, occorre
dimostrare serenità, disponibilità e
comprensione per le consorelle più
anziane».
Cosa chiederebbe di più alle sue
consorelle?
«Fanno già parecchio, quindi
niente in concreto. Una cosa però
sì: credere un po' di più nell'uto-
pia».
Maurizfo Nicita

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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_ STORIA SALESIANA------ - - - - - - -# -
Il centenario di Foglizzo
I SéTTEMBRE 1986 31
OH, così Ml PIACE!
QUESTA CASA
COMINCIA BENE
La singolare storia di una casa
salesiana che fra le sue mura ha
visto passare servi di Dio, beati
e santi.
Il viale dell'istituto
San Michele
Con un diploma del
1019 Ottone Guglielmo conte di
Borgogna, ricco discendente dei
marchesi d'Ivrea, donava una <<syl-
vam quae dicitur Fulliciam et Flu-
vium Orcum» alla finitima Abbazia
di San Benigno di Fruttuaria: si
trattava di una verde e amena loca-
lità destinata a provvedere il «fo-
gliame» per la pastura delle greggi.
Il conte forse non ricordava che
qualche decennio prima, nell'882,
un documento imperiale aveva defi-
nito lo stesso luogo con un nome di-
verso, «Fulgitium», un termine de-
rivante dal latino fulgere, a indicare
la lucentezza dei bianchi pioppeti
disposti a corona intorno alla «syl-
vam fulliciam» .
È Foglizzo, una cittadina del bas-
so Canavese a 25 chilometri da To-
rino, che nella sua lunga storia van-
ta altri nomi, come «Fulvitium» dal
color fulvo della selva, e altri pa-
droni, come i conti di Biandrate, i
marchesi deJ Monferrato, i duchi di
Mantova e infine i Savoia, prima di
essere italiana.
À rrivano i salesiani...
Cento anni fa Don Bosco inaugu-
rava la prima casa salesiana di Fo-
glizzo. Valdocco infatti a quel tem-
po non era più in grado di contenere
gli iscritti ai vari corsi dell'aspiran-
tato, del noviziato e ·dello studenta-
to filosofico e teologico. Così nel
1879 i novizi erano a San Benigno
Canavese, dove era già piazzata
qualche scuola professionale; anni

4.2 Page 32

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32 · I SETTEMBRE 1986
più tardi, tuttavia, continuando a
crescere di numero, si videro co-
stretti a traslocare ancora una volta.
Il 14 ottobre 1886, 75 novizi guidati
da don Giulio Barberis e da don Eu-
genio Bianchi si trasferirono a piedi
fino a Foglizzo, arrivando, dopo
una marcia di sette chilometri, al
palazzo dei conti Ceresa di Bonvil-
laret, che poteva ospitare senza
troppe comodità un centinaio di
persone. Tra quei ragazzi c'era an-
che Andrea Beltrami.
.. E don Bosco
li 20 ottobre il Capitolo Superio-
re, su proposta di don Barberis, de-
cise di intitolare la casa a San Mi-
chele Arcangelo, in onore di don
Rua, che era sta1o da poco nomina-
to vicario di don Bosco. La data
dell'inaugurazione veniva fissata
per il 4 novembre, il giorno di San
Carlo Borromeo. Giunto in treno
fino a Montanaro, don Bosco arri-
vò a Foglizzo in carrozza inseguito
da turbe di ragazzi festanti che lo
salutavano correndo a perdifiato.
Leggiamo in una cronaca di quei
giorni la gioia dei salesiani e dei fo-
glizzesi in quel frangente: «Arriva
Don Bosco da Montanaro. La po-
polazione gli va incontro per la stra-
da! La musica, il Municipio col Sin-
daco lo ricevono all'entrata del pae-
se. li Sindaco circondato dalla giun-
ta municipale lesse, a capo scoper-
to, un discorsetto nel quale si com-
piaceva di accogliere "un sì gran-
d'uomo nel suo tanto piccolo pae-
se". Don Bosco è poi condotlo in
trionfo fino alla nostra casa. Molti
parroci dei paesi intorno convengo-
no anche a vederlo. Noi lo rkevia-
mo nel cortile! Nostra gioia! Sono
dei più bei giorni di nostra vita!
Don Bosco è visibilmente com-
mosso».
Così «
mi piace!»
Nello stesso giorno don Bosco be-
nedisse la cappella dell'Istituto, più
povera che sobria, e vesti dell'abito
chiericale 80 giovani aspiranti.
Uscendo dalla cappella i nuovi chie-
rici si diressero verso il cortile por-
tando ciascuno la propria sedia. Di
fronte alla meraviglia di don Bosco,
il Direttore don Bianchi spiegò co-
me in tutta la casa non ci fosse che
una sola sedia per ognuno e che
dunque i novizi dovevano portarse-
la dietro ora in cappella, ora nello
studio, ora nel refettorio, ora in ca-
mera. A questa motivazione, don
Bosco non poté trattenere un sorri-
so e disse: «Oh, così mi piace! Que-
sta Casa comincia bene».
Don Bosco sarebbe dovuto ritor-
nare l'anno successivo, il 20 ottobre
del 1887, per dare la veste ad altri 94
aspiranti. Nel ripartire per Torino
ripeteva a don Rua: «Un altr'anno
io non verrò più; verrai tu a fare
questa funzione». E accadde pro-
prio così.
L 'Oratorio
La «cronaca della casa di Fogliz-
zo» c'informa che don Bosco <<era
animato dalle più sincere intenzioni
di fare per i giovanetti del luogo il
maggior bene»: d'altronde la nasci-
ta dell'Oratorio possiamo situarla
nello stesso giorno del suo arrivo a
Una rara immagine del
«Convegno Ginnico• nel 1913
Foglizzo con quella corsa allegra e
festosa dei ragazzi del paese a inse-
guire l'impolverato calesse che
giungeva da Montanaro. Fu però
don Luigi Olivares, il futuro vesco-
vo di Sutri e Nepi, a fondare nei pri-
mi anni del nuovo secolo un Orato-
rio vero e proprio, che, grazie a don
Giovanni Aimerìto, poté trasfor-
marsi da festivo in quotidiano per le
attività serali di scuola, per il canto,
la ginnastica e le recite teatrali.
Dal 1919 l'Oratorio ebbe anche la
sua squadra di calcio: erano infatti
giunti a «San Michele» a frequenta-
re lo studentato teologico dei chieri-
ci latino-americani, invidiabili stili-
sti del pallone. Era Direttore don
Eusebio Vismara, assai sensibile al
mondo degli exaUievi, da poco sor-
to a Foglizzo: tra gli oratoriani spic-
cava un certo Michele Arduino, an-
cora ignaro di dovers sbarcare un
giorno a Shu,-Chow come vescovo.
Nasce invece nel 1937 quella che
sarà la celebre banda musicale del-
l'Oratorio foglizzese, mentre è del
'45 l' inaugurazione della prima sala
cinematografica, caparbiamente
voluta da don Gera per stare al pas-
so coi tempi, considerando il teatro
una forma di svago non più suffi-
ciente per i ragazzi. Nel 1962 sorge
il nuovo campo sportivo: prenderà
il posto del vecchio frutteto attra-
versato dal torrente Denoglia.
Dalle bellezze
guerriere alla « universale
carità»
«Di una ruralità assoluta, Fogliz-
zo è un borgo cristiano carico di
storia romana e sabauda, fiero di
casate gentilizie e non senza fascini
di artistiche bellezze e guerriere. Il
basso Canavese qui è ampio e verde
di prati e di boschi. La popolazione
è di circa tremila anime. Le nascite
superano i morti. E i oambini sono
floridi e cicciosi. Paion fatti di bur-
ro e di rosa. Ci sono contadinotte
prodigiose per la bellezza sincera, di
forme statuarie e di colori schietti».
Così si presenta Foglizzo in un ar-
ticolo scovato nella Gazzetta del
Popolo del 9 agosto 1931, in cui è
facile, fin troppo, estrapolare i miti

4.3 Page 33

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----------#-
I SffiEMBRE 1986 · 33
e i valori di un tempo ormai lon-
tano.
Eppure nello stesso periodo, sia-
mo nel 1934, leggendo i voti di un
congresso celebrato dai chierici di
Foglizzo in occasione delJ'Anno
Santo Salesiano, abbiamo modo di
scorgere uno stile diverso e non solo
per quel elle concerne ilfatto lingui-
stico: gl'iscritti allo studentato filo-
sofico s'impegnano ad «aver parti-
colare carità per i giovani più pov.eri
e più trascurati dalle famiglie», ad
«accogliere con premura cordiale
ogni ospite» e «a fare maggior be-
ne», «senza distinzione», all'inse-
gna di una «universale carità».
Le t,asfo,mavoni
dell'Istituto
«San Michele» era nato nel 1886
come noviziato: già nel 1904 subì un
parziale rinnovamento con don Rua
che volle aggiungervi uno studenta-
to teologico internazionale. In que-
sto modo i chierici più meritevoli di
tutto ìl mondo salesiano potevano
compiere i loro studi nella terra di
don Bosco. Tale convivenza tutta-
via fu possibile solo per qualche an-
no e nel 1912 i novizi dovettero tra-
sferirsi a Ivrea. Nel 1924 la Casa si
trasformò provvisoriamente in un
aspirantato per giovani studenti e
artigiani mentre i teologi si stabili-
vano a Torino-Crocetta. Ma nel
1930 a Foglizzo ritornarono i cllieri-
I Una veduta dell'istituto
(Foto Proprietà Verga Teresa-
Carlo Striglia)
ci, provenienti questa volta dallo
studentato di Valsalice e per un
quarantennio la Casa e il paese si
arricchirono di questa dinamica
presenza giovanile impegnata nello
studfo, nel lavoro e nell'Oratorio.
La grave crisi vocazionale degli anni
'70 condusse all'ennesima trasfor-
mazione dell'Istituto che nel 1973
sostituì i chierici con i vivacissimi
ragazzi della scuola elementare di
Montalenghe: ad essi si aggiunse,
infine, un pensionato per i giovani,
di preferenza poveri, delle scuole
medie.
Le figure di Foglizzo
Come abbiamo già ricordato don
Andrea Beltrami in quel 14 ottobre
del 1886 era tra i primi 75 Tiovizi che
giunsero a Foglizzo: a piedi, da San
Benigno. Nello stesso Istituto
mons. Luigi Versiglia fu prima no-
vizio e poi sacerdote, assistente e in-
segnante di filosofia, <<lavoratore
indefesso, martello ovattato», che
«esigeva precedendo con l'esem-
pio»: così viene ricordato il martire
della Cina. Anche don Caravario
passò, più tardi, il noviziato a Fo-
glizzo. Mons. Michele Arduino e il
vescovo di Vigevano Luigi Barbero,
invece, sono proprio nativi di que-
sta cittadina del basso Canavese e, a
loro tempo, furono exallievi di
quell'Oratorio. Di casa era anche
mons. Luigi Olivares, direttore del-
l'Oratorio dal 1905 al 1910. Infine
passarono per Foglizzo, oltre a tutti
i successori di don Bosco, don Ci-
matti, don Variara, il cardinal Ca-
gliero, mons. Fagnano, l'arcivesco-
vo di Madras Mathias, mons. Piani,
il vescovo di Shu-Cbow Canazei e
altri ancora. Tra le Figlie di Maria
Ausiliatrice ricordiamo la prima di-
rettrice Sr. Adele Sanelli, giunta a
Foglizzo nel 1920, tra gli exallievi il
Presidente Garzino (1905-1920), tra
i cooperatori, sorti nel 1955, la mae-
stra Teresa Novara, tra i coadiutori
Rocco Barone e tra le Suore del-
l'Immacolata di Ivrea, provenienti
da Foglizzo, Sr. Carla Lucia Ro-
mana.
oggi e domani
I salesiani di «San Michele» fe-
steggiano oggi il centenario con tut-
ti i foglizzesi senza chiassi trionfali-
stici. Si sono uniti alle parole di don
Egidio Viganò quando ha afferma-
to: « Don Bosco non ha suonato la
banda per ingannare il volgo, ma
per far vedere che i buoni esisto-
no... e per ricordare, soprattutto ai
giovani, che il bene è più forte del
male». Con questo spirito i salesia-
ni di Foglizzo celebrano la propria
storia rammentando che solo «chi è
conscio del proprio passato, è in
grado di progettare il futuro».
Sergio Centofanti

4.4 Page 34

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__PROTAGONISTI_ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ __
34 · I SETTEMBM 1986
Lino Liviabella
PosslAMO ANCORA
ASCOLTARE IL SUO CUORE
Rivive nella musica del
M 0 Lino Liviabel/a la
grande tensione ideale di
un uomo che non
dimenticò mai d'essere
stato a scuola dai
salesiani. È il figlio a
ricordarcelo.
24 luglio 1943 Bologna.
Al quinto piano di un edificio isola-
LO Lino Liviabella, mio padre, sta
componendo al pianoforte. Ricor-
do, di fronte, i grandi prati di Ca-
prara con alcuni mezzi corazzati
dell'Esercito in addestramento. Al
di là dei prati lo scalo ferroviario.
Improvvisan1ente il rumore di
una formazione di aerei da bombar-
damento subito seguito dai Lonfi
spaventosi delle esplosioni che fan-
no ondeggiare paurosamente la no-
stra casa. Colpiti i carri armati e un
lungo treno militare tedesco carico

4.5 Page 35

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- - - - - - - - - - --s/1-
1 SETTEMBRE 1986 35
di munizioni. La terra entra dalle fi-
nestre violentemente con lo sposta-
mento d'aria e un'immensa fiamma
si alza fino al cielo dal treno che
continua a saltare. Mio padre sem-
bra non accorgersi di nulla. È im-
merso nella creazione di <<Sorella
Chiara», la cantata dove c'è la pace
di Chiara e Francesco d'Assisi. Lo
chiamiamo e ci abbracciamo fino
ad una pausa dell'incursione che ci
fa volare per gli oltre cento gradini
che conducono in cantina. Poi, ter-
rorizzati, prendiamo il primo treno
per Macerata dove la villa paterna
di Lino Liviabella è un'oasi di
verde.
Ma un giorno vedo arrivare due
motociclisti della Wehrmacht con
l'ordine di lasciare la villa in 24 ore
senza portare via nulla. Di notte
trasportiamo il pianoforte e alcune
cose presso le case dei contadini vi-
cini e l'indomani, su un carro trai-
nato da due cavalli, lasciamo Mace-
rata.
Sono molti gli episodi che potrei
ricordare della guerra, per esempio,
quando le ferrovie non funzionava-
no più, i viaggi di mio madre, con
una vecchia bicicletta, dalle Marche
a Bologna dove insegnava al Con-
servatorio.
Eppure è proprio nel tragico 1943
che nasce anche u.na delle sue pagi-
ne più colme di poesia e di pace: la
suite per pianoforte <<li Presepio».
Di questa composizione il piani-
sta Alfred Cortot, scrivendo a Lino
Liviabella, diceva: «Non posso dir-
vi abbastanza quanto io sia stato
conquistato dalla poesia che si spri-
giona da queste note. P11r conser-
vando tutto il sapore più candido
che avete voluto far esalare da loro,
sono la testimonianza della più sot-
tile e raffinata musicalità e mi felici-
to molto sinceramente di questa
perfetta riuscita>>.
La mia infanzia e la mia adole-
scenza hanno il sottofondo del suo-
no del pianoforte di mio padre che
spesso lavorava sino a tarda notte.
Voglio trascrivere un'altra vicen-
da drammatica della sua vita che lui
stesso racconta in una lettera del
febbraio 1946. «Ad Ancona nel
viaggio Macerata Bologna sono sta-
to derubato di una valigia che con-
teneva tutte le mie musiche mano-
scritte più care: l'opera nuova, il
quartetto, i canti della mia terra e
Sorella Chiara. Questi ultimi due
posso ricostruirli, ma il quartetto e
l'opera sono irrimediabilmente per-
duti. Non ne ho il minimo abbozzo.
Per l'opera accetto il crudele desti-
no, perché sentivo che non era l'o-
pera che sognavo: ma pel quartetto
ne sono disperato, mi pareva esso
fosse un punto di arrivo non indif-
ferente. Ho perduto anche le tre fa-
vole per violino e piano a 4 mani,
anche a quelle volevo molto bene.
Ora sono molto smarrito...».
In questi momenti di sconforto
egli trovava nuova forza nell'ideale
della famiglia e quante volte la mia
mamma ha saputo risolvere i pro-
blemi più insolubili e quante volte la
musica da lui composta è a lei dedi-
cata!
Ci sono tre delicatissimi preludi
per pianoforte che portano questa
scritta: «Alla mia Lidia, anima del
mio sogno».
Ma è nella fede che egli trae la ra-
gione profonda della sua arte. Basta
scorrere i titoli delle sue più impor-
tanti composizioni. Fede che nasce
dai suoi genitori, nella scuola dei
Salesiani di Macerata, nella conti-
nua ricerca del palpito sincero del-
1'arte che, se autentica, sa essere
preghiera, contemplazione e amore.
Al fratello Don Leone missiona-
rio in Giappone scriveva nel 1963:
«Tu converti in cristiani; io vorrei
convertire in artisti. In paradiso si
va anche senza essere artisti e allora
hai ragione tu».
Ora possiamo ascoltare il suo
cuore in due dischi LDC (73706--
73708). Il primo comprende anche
la «Sonata ciclica per violoncello e
pianoforte» che nel 1931 ebbe il I
Premio nel Concorso Scaligero di
Verona. Il linguaggio personalissi-
mo si snoda in appassionato liri-
smo. E «Tema, variazioni e fuga
per organo» che ebbe il I Premio
nel Concorso «Premio Friuli» nel
1952. Quando ascolto questo brano
sento più vere le parole di mio padre
«Dio è prima fonte di ogni respiro
sia vitale che artistico. Alla musica
il compito di farci pregustare, nella
nostra affannata vita terrena, il pa-
radiso e l'eternità».
Il secondo disco ha la presenta-
zione di Franco Ferrara che fu in-
terprete e amico di Lino Liviabella.
Il poema sinfonico «Monte Ma-
rio» è eseguito dall'Orchestra Sin-
fonica della RA1 di Torino. E la ri-
costruzione di un ancico canto nata-

4.6 Page 36

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36 1 SETTEMBRE 1986
tizio marchigiano affiora in magica
freschezza interpretato dal Coro
della SAT.
La seconda facciata comprende
due sonate per viola. Esecutori
d'eccezione: la profonda sensibilità
del violista Lodovico Coccon e lo
stesso autore al pianoforte.
Riassumo in breve La vita di mio
padre:
Lino Liviabella nacque a Macera-
ta nel 1902 e morì a Bologna nel '64.
A Roma, mentre frequentava la
facoltà di Lettere all'Università, si
iscrisse al Conservatorio di S. Ceci-
lia, diplomandosi in Pianoforte,
Organo e, con Respighi, in Compo-
sizione.
Ottenne con le sue composizioni
numerosi premi in Italia e all'este-
ro. Voglio ricordare in particolare il
prenùo delle Olimpiadi di Berlino
nel 1936 con il poema sinfonico «Il
Vincitore», ed ivi l'esecuzione del-
l'Orchestra Filarmonica di Berlino,
diretta dallo stesso autore. Fra i
suoi lavori ricordiamo le opere:
«Antigone», «La Conchiglia»,
<<Canto di Natale»; le cantate: «So-
reHa Chiara», «Caterina da Siena»,
«O Crux Aveb>, « Le sette parole di
Gesù sulla Croce»; i poemi sinfoni-
ci: «Monte Mario», « La nùa ter-
I La copertina del disco LDC
73706 c he cont iene brani
premiati In Italia e all'estero
1 11 m0 Lino LMabella In un
quadro del pittore Eugenio
Amadorl
ra»; la «Sinfonia in quattro tempi
per soprano e orchestra» (da T. S.
Eliot); il «Poema per pianoforte e
orchestra»; il «Concerto per orche-
stra». Numerose le composizioni di
musica da camera e le liriche per vo-
ce e pianoforte.
Noto anche come pianista Lino
Liviabella ebbe anche un'intensa
carriera didattica: insegnante di pia-
noforte e direttore del Liceo M usi-
cale di Pescara, insegnante di Ar-
monia in quello di Venezia, di Com-
posizione al Conservatorio di P&.ler-
mo; cattedra di Composizione tenu-
ta poi per dieci anni a Bologna.
Fu poi direttore dei Conservatori
di Pesaro, Parma e infine di Bolo-
gna.
Ternùno con un'intimissima pre-
ghiera che ho trovato nel suo diario:
«Gesù, aiutami a credere che il teso-
ro della mia infanzia meravigliosa-
mente protetta dal mio angelo non è
stata e non è una superstizione. lo
Ti ho cantato e Ti canto sincera-
mente per empito d'animo in un'i-
gnota felicità che mi illumina al di
sopra di ogni amarezza. Vorrei co-
municare a tutti quelli a cui voglio
bene questa luce».
Lucio Liviabella

4.7 Page 37

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I NOSTRI
SANTI
1 SETTEMBRE 1986 37
GRAZIE A SUOR EUSEBIA
PALOMINO
E' stato un colpo terribile per
mamma e papà France-
sco a 19 anni viene a sapere di
essere minato da un male terri-
bile, mentre gli urge dentro tan-
ta voglia di vivere, di studiare, di
amare, di fare sport.
Poi il disperato appello a suor
Eusebia Palomino e oggi, da 4
mesi, le analisi rilevano sempre
risultati normali
Vogliamo dire .grazie• anche
sul Bollettino Salesiano per la
forza d'animo che ci siamo ritro-
vali, per la speranza che abbia-
mo In cuore, per chiedere la pre-
ghiera di molti perché la grazia
sia completa!
Famiglia Di Pielra - Torino
UN MALIGNO
MAL DI GOLA
V orrel che fosse resa pub-
blica la Grazia ricevuta da
Sr. Eusebia Palomino per la
guarigione improvvisa d1 una
mia cugina per un maligno mal
di gola.
Vacchina Giuseppe - Aosta
DOPPIO TRAPIANTO
DI CORNEA
N el 1956 dovetti applicarmi
le lenti sclerali a contatto
per un cheratocono che mi por-
tava ad una graduale, ma pro-
gressiva diminuzione della vi-
sta. Ad ogni controllo oculistico
si prospettava la necessità di un
intervento per Il trapianto della
cornea. L'operazione tuttavia
veniva sempre differita per le
condizioni generali e per la deli-
catezza e la gravità del caso.
Nel luglio del 1984 la cornea
dell'occhio sinistro si perforò co-
si che l'intervento si presentò
non solo necessario ma urgen-
te. Ricoverata all'ospedale di
Monza, il Primario, ad un primo
esame, dichiarò che Il trapianto
doveva essere effettuato sia al-
l'occhio sinistro, sia al destro, e
mi propose di farlo contempora-
neamente.
LA GIOIA
Il rischio era grave, ma confi- DI UN ALTRO FIGLIO
dando nell'aiuto di Maria Ausi-
D liatrice e di D. Rinaldi a cui ave-
vo affidato la grazia accettai il
consiglio del medico. Tutta la
Comunità si unì a me nella pre-
ghiera Incessante e fiduciosa a
D. Rinaldl.
L'operazione ebbe esito posi-
tivo ed ora, ad un anno di di-
stanza posso leggere e scrivere,
contemplare le bellezze del
creato, come da tanto tempo
non m1 era permesso
Rendo pubblica la grazia rico-
noscente al caro Padre, nella
speranza di vederlo presto glo-
rificato.
esidenamo rendere nota
q1.esta grazia: dopo una
gravidanza finita tragicamente
abbiamo chiesto l'abitino di
S. Domenico Savio affinché ci
aiutasse ad avere la gioia di un
altro figlio. Quando al sesto me-
se della seconda gravidanza ci
fu nuovamente minaccia di par-
to prematuro con le conseguen-
ze drammatiche della prima vol-
ta pregammo con fede il Santo.
Siamo riusciti ad arrivare all'ot-
tavo mese: Francesca è nata sa-
na e furbetta. Ringraziamo di
cuore Domenico Savio e lo pre-
Sr. Ottavia Gambalonga ghiamo di continuare a benedire
Padova la nostra giovane famiglia.
Agnese e Giorgio Bullo
Chioggia (VE)
ESAME DI MATURITÀ
S ono un'ex-allieva e vorrei
raccontare come mio fi-
glio ha superato una dlffìcile
prova. Due mesi prima di soste-
nere l'esame di maturità scienti-
fica decideva di troncare gli stu-
di. Allora mi sono rivolta a don
Bosco che mi aiutò a convincer-
lo a prepararsi e ad affrontare
gli esami. Egli non ml abbando-
nò. E tutto è andato bene.
Marta Siccardi - Orbassano
UNA GRAVIDANZA
PERICOLOSA
UNA GRAZIA
TANTO DESIDERATA
V olevo nngraziare pubbli-
camente, come da pro-
messa fatta, don Bosco e Maria
Ausiliatrice per avermi ottenuto
dal Signore una grazia tanto de·
slderata Si è finalmente risolta
una questione che andava
avanti da più di tre anni e meglio
di quanto avessimo osato spera-
re. Vorrei che quanto sopra
scritto venga pubblicato sul Bol-
lettino per maggior gloria di Ma-
ria Ausiliatrice e di don Bosco
ma per motivi personali vi prego
di non pubblicare il mio nome.
Lettera firmata
V orremmo ringraziare Do-
menico Savio che abbia-
mo tanto pregato per poter ave-
re un bambino. Ci slamo sposati
in età avanzata, oltre gli «anta•
e sapevamo di rischiare. La pri-
ma gravidanza s'interrompeva
al terzo mese. Ma la seconda
andava in porto grazie all'inter-
cessione di Domenico Savio. Ed
é nato Il bellissimo Damiano.
Luciana e Raimondo G.
Aleggio Cestello (NO)
DIFFICILE GRAVIDANZA
D opo dieci ann! di matrim~-
mo ho avvertito con g101a
di essere mamma. Ma la gravi-
danza s è mostrata difficile sin
dall'inizio per cui si è reso ne-
cessario il ricovero in clinica. Ho
cominciato allora a pregare Do-
menico Savio quotidianamente.
In seguito tutto si è svolto senza
preoccupazioni. Ora ho una
bimba che cresce sana e rego-
larmente e si chiama Rachele
Maria. A questi due nomi ho ag-
giunto quello di Domenica. As-
sieme a mio marito ringrazio Il
Santo e lo prego che continui a
proteggerci.
Annalisa Lama - Faenza (RA)
COME PROMESSO
e aro Bollettino, come pro-
messo a fine marzo,
quando Il babbo fu ricoverato
d'urgenza all'ospedale, chiedo
di pubblicare la mia riconoscen-
za per la grande protezione di
Maria Ausiliatrice, di don Bosco
e dei santi salesiani. Adesso li
babbo sta molto meglio e lo
chiedo ancora tanto aiuto men-
tre ringrazio con tutto il cuore la
dolcezza del continuo soccorso
di Maria.
Lettera firmata
UN MALE SCONOSCIUTO
S ono un'ex-allieva. Solfe:
rente da tanto tempo, 1
dottori non sapevano diagnosti-
care il male, per cui ero ridotta
quasi agli estremi. Allora mi so-
no rivolta con fede a Maria Ausi-
liatrice, e con me hanno pregato
anche alcune suore. Flnalmente
la causa del male fu scoperta:
subii una difficilissima operazio-
ne e dopo una lunga convale•
scenza, ora mi sento benino e
posso dirmi ristabilita.
Maria Giovanna Viale
Borghetto S. Nicolò - Imperia
VINTO IL CONCORSO
S ono un vecchio abbonato
al Bollettino. Nella mia
lunga vita ho ricevuto tante gra-
zie per mezzo dei santi salesia-
ni. Per l' ultima vorrei ringraziare
suor Eusebia Palomlno: dopo
tante preghiere infatti mio figllo
ha vinto un concorso.
Bernardo Menaglio - Sondrio

4.8 Page 38

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38 · I SETTEMBRE 1986
I NOSTRI
MORTI
CELESTINO slg. MAZZALI, coope-
ratore t Diano Marina, a 82 anni
Cooperatore fin dal 1959 del Cen-
tro •San Giovanni Bosco• Torino
•Agnelli• negli anni prima del pensio-
namento fu assiduo alle adunanze e
alla vita della Associazione •Padri di
famiglia• dell'oratorio. Il Signore gli
diede la grazia di vedere Il figlio Gio-
vanni ordinato sacerdote salesiano.
Uomo di carattere forte, soprattutto
nella grande fabbrica, la Fiat Mirafio-
ri, dove lavorava difese i suoi principi
cristiani senza rispetto umano. Que-
sta testimonianza la continuò anche
negli ultimi anni a Diano Marina nella
comunità parrocchiale di questa lo-
calità con la partecipazione quotidia-
na alla santa messa e oon attività di
bene.
ORLANO! sac. RENATO, salesiano
t Zurigo a 62 anni
Arrivò alla vita religiosa dopo un'e-
sperienza di operaio.
Fu schietto e cordiale, delicato e
preciso, deciso nel volere e signorile
nel tratto.
Coltivò l'amicizia.
Ebbe un cuore sacerdotale ricoo di
zelo, fu salesiano esemplare e supe-
riore saggio.
Fu per dieci anni vicario lspettoria-
le a Novara, per sei direttore a Luga-
no, per tre a Borgo San Martino (AL)
e per tre direttore parroco a Zurigo.
Una grave malattia lo consumò
precocemente: sperimentò l'amarez-
za e la fecondità della sofferenza.
Lottò contro Il male lavorando fino
alla flne.
SARTI slg. GIUSEPPE DANTE t A
Castelluccio di Moscheda (MO) a 85
anni di età
Ha trascorso la sua operosa esi-
stenza al paese natale, tranne la lun-
ga parentesi del servizio militare du-
rante la guerra 1915-18 (era uno dei
più giovani - classe 1900 - Cava-
lieri di Vittorio Veneto)
Dedito al lavoro e alla famiglia, ha
sempre cercato di vivere In armonia
con tutti, aiutando anche, quando
poteva, chi veniva a trovarsi in stret- deva al capezzale dei sacerdoti am-
tezze maggiori delle sue.
malati alla Casa.di Pancalieri per tutti
Pur sapendo di andare Incontro a I servizi, I più delicati, al ministri di
molti sacrifici e privazioni, permise al Dio. Grande sostenitore del •diaco-
due figli maggiori di proseguire negli nato permanente• ebbe la gioia di
studi e di entrare, In seguito, nella essere tra i primi a ricevere questo
Congregazione Salesiana.
ordine per mettersi cosi in completa
disponlbilità a servizio della diocesi e
di Padre Arcivescovo. Per tutti rima-
GASCA diacono GIUSEPPE, coo-
t peratore a Torino a 74 anni
ne un grande esempio e per la sua
pietàprofonda e per la carità fraterna
praticata con tanta abnegazione e
spirito di sacrificio e per la sua fede
Caratteristica figura del cooperato- adamantina.
re salesiano. Fu un appassionato di
Don Bosco così da sentirlo presente
con efficacia in ogni circostanza del-
la sua vita. Nel 1951 per una grave
bronco-polmonite emigrante sì trovò
in fine di vita. Entrato in coma, ogni
speranza che si riprendesse era sva-
nita. Amministratigli gli ultimi sacra-
menti, ebbe nel frattempo uno strano
sogno, Gli sembrava d ì essere in
cammino verso I Becchi ed ecco ve-
nirgli Incontro Don Bosco, Il quale in
dialetto piemontese e perentoria-
FIRMINO sig. BRICALLI, coopera-
tore t 30/7/1985
Era iscritto alla Pia Unione del
Cooperatori Salesiani dal 1967.
Buor cristiano, non sposato, ha fatto
Il catechismo ai fanciulli per oltre 40
anni mostrando a tutti uno spirito pa-
ziente e docile come voleva don
Bosco.
mente gli dice: •Se 'tveli gavetl, van-
ta cha 'tbeivi 'na buta 'd barbera•
{Se vuoi guarire, devi bere una botti-
gita di barbera).
ANTONIETTA slg.ra PETRELLI,
Si sveglia e insiste presso la mo- cooperatrice t Camiano di Lecce, a
glie perché gli si porti quanto ordina- 63 anni
to. Con sorpresa di tutti ne beve un
bicchiere e poi un altro fino al fondo
della bottiglia. Assopitosi, al risveglio
sente un marcato miglioramento, in-
spiegabile anche secondo Il parere
dei medici, che è preludio di una
guarigione completa. Oltre questo,
come annota luistesso, in altre circo-
stanze Don Bosco gll fu vicino con ri-
Fervida cooperatrice salesiana ha
saputo unire nella sua vita le due di·
mansioni della preghiera e dell'attivi-
tà: non ha mal smesso dì sostenere,
per quello che poteva, l' opera dì don
Bosco di cui amava soprattutto la
preferenza per i giovani e per i
poveri.
sultati sempre sorprendenti. In rico-
noscenza a tanto aiuto mise la sua
t vita a disposizione delle opere di be- ENRICO prof. TALIU, ex allievo
ne. Soprattutto raggiunta l'età pen- Vittorio Veneto, a 93 anni
sionabile la sua dedizione fu comple-
ta. Tutte le mattine era presente alla In tutta la sua vita ha avuto tanto
messa ed era lui che apriva la porta e amo·e e tanta devozione per S. Gio-
apparecchiava l'altare. Poi eccolo vanr,i Bosco, essendo stato allievo
con la sua macchina a VIiia Salus dei salesiani. Del santo piemontese
presso le suore di Maria Ausiliatrice, ave~a· assimilato due belle qualilà:
ammalate, a prestare i servizi di tra- un animo generoso e una grande
sporto, di manutenzione della casa. operosità posta al servizio del
Al sabato immancabilmente lo si ve- prossimo.
ROSALIA slg.ra MINONZIO VAS-
SENA, cooperatrice t Lecco
Per 38 anni ostetrica ospedaliera
aveva aiutato a venire al mondo tanti
bambini lecchesi. Ha vissuto il suo
lavoro come una missione di vita e
perciò non poteva non trovarsi in net-
to disaccordo con chi praticava o
consigliava l'aborto. Era af1\\iCa dei
piccoli e degli ammalati. L.,a,•.sua è
stata una testimonianza cristiaha-'Si•
lenziosa, schiva da ogni pubblicità e
da ogni protagonismo, ma ricca di In-
finiti eloquenti gesti. Tra le migliaia di
neonati lecchesi che sono passati tra
le sue mani, quanti devono a lei una
serie di attenzioni materiali che han-
no fatto superare momenti di ango-
scia, di preoccupazione ... il corredo,
un piccolo aiuto finanziario, la capa-
cità di mobilitare altre attenzioni. Tut-
to questo è stato possibile anche per
una vita e una lede rafforzate da
sventure familiari, su tutte la perdita
dei genitori quando era in tenera età,
poi la fucilazione del fratello, parti-
giano, nel lager dì Fossoll. Da ultimo
la sua malattia: anche qui un'altra
grande testimonianza: mai un lamen-
to, mal Il venir meno della fiducia che
anche nel più grande dei dolori c'è
un Padre che ci ama.
CAGNA Monsignor MARIO, arcive-
scovo t Lu Monf. (AL) a 74 anni
Si spense serenamente a Lu Mon-
ferrato, suo paese natio, noto per le
numerosissime e Insigni vocazioni
che diede alla Chiesa Ira le quali Il
Servo di Dio Don Filippo Rinaldi, ler-
zo successore di Don Bosco.
Monsignor Cagna fu un grande
ammiratore e sostenitore della Fami-
glia Salesiana ovunque I suoi lunghi
anni di servizio alla Santa Sede lo
portarono. Non faceva segreto del
suo amore per Don Bosco, per I suol
figli e le sue figlie, e si diceva Sale-
siano •ex imo corde•, nel profondo
del suo cuore. Fu particolarmente
caro alle Figlie di Maria Ausiliatrice
nel Giappone e in Yugoslavia apren-
do loro la strada a nuove fondazioni.
Don Bosco e Don Rinaldl gli avran-
no certamente dato un oordialissimo
benvenuto In paradiso.
A quanti hanno chiesto informazioni, annunciamo che LA DIRE-
ZIONE GENERALE OPERE DON BOSCO con sede In ROMA. rico-
nosciuta giuridicamente con D.P. del 2-9-1971 n. 959, e L'ISTITUTO
SALESIANO PER LE MISSIONI con sede in TORINO, avente perso-
nalità giuridica per Decreto 13-1-1924 n. 22, possono legalmente ri-
cevere Legati ed Eredità.
Formule valide sono:
- se si tratta d'un legato: • ... lascio alla Direzione Generale Ope-
re ~n. B(!sco con se_de In. Roma.(oppure all'Istituto Sales/ano per
le m1ss1on1 con sede m Torino) a htolo di legato la somma di lire...,
(oppure) l'Immobile sito In... per gll scopi perseguiti dall'Ente. e parti-
CO!arme_nte per l' esercizio del culto, per la formazione del Clero e
dei Religlos1, per scopi missionari e per l'educazione cristiana.
- se si tratta invece di nominare erede di ogni sostanza l' uno
o l'altro dei due Enti su Indicati:
..annullo ogni mia precedente disposizione testamentaria. Nomi-
no mio erede universale la Direzione Generale Opere Don Bosco con
sede In Roma (oppure /'Istituto Salesiano per te Missioni con sede
in Torino) lasciando ad esso quanto mi appartiene a qualsiasi tilolo,
per gli scopi perseguiti dall' Ente, e particolarmente per l'esercizio del
culto, per la formazione del Clero e dei Religiosi. per scopi missiona-
ri e per l'educazione cristiana.
(luogo e data)
(firma per disteso)

4.9 Page 39

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SOLIDARIETÀ
borse di studio
per giovani Missionari
pervenute
alla Direzione
Opere Don Bosco
1 SffiEMBRE 1986 · 39
Borsa: Maria Ausiliatrice e s . Gio-
vanni Bosco, implorando protezio-
ne, a cura di Franco di Biella,
L. 1.000.000
Boraa: In memoria dello zio Don Gio•
vannl Pian, a cura di Plzzamiglio Ri-
ta, Gradisca d'Isonzo, GO
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Gio-
vanni Bosco, ringraziando e invo-
cando protezione per me e per tutti i
miei, a cura di Dalponte Mario, Tori-
no, L. 1.000.000
Borse: In memoria e suffragio di Sal-
vatore Gentile e di Filippo Zllno, a cu-
ra di Zìino SIivana Gentile, Napoli,
L. 1.000.000
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Glo•
vannl Bosco, in ringraziamento, a
cura di N.N. , lavagna, HE,
L. 1.000.000
Borsa: In memoria e onore del Coad.
Salesiano Garlatti Jacopo, a cura di
N.N., L. 1.000.000
Borsa: S. Giovanni Bosco, in me-
moria del Salesiano Padre Jose Ma-
ria Berto/a, a cura della nipote Laura,
L. 500.000
Boraa: Maria Ausiliatrice, per gra-
zia ricevuta, a cura dì Corsi Amelia,
Montecompatri, RM, L. 500.000
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Gio-
vanni Bosco, In memoria di Comotto
Giovanni, a cura della moglie, Maria,
Torino, L. 300.000
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Gio-
vanni Bosco, in memoria di mio ma-
rito, a cura di R. A., L. 300.000
Borsa: A suffragio dei defunti delle
famiglie Baroni-Bernasconl-Guerci, a
cura di Bernasconi Giovanni, Lodi,
Ml. L. 300.000
Borsa: S. Cuore di Gesù, Maria Au-
siliatrice e Santi Salesiani, per otte-
nere una grande grazia, a cura di
N.N., MIiano, L. 300.000
Borsa: S. Giovanni Bosco , nel
anniversario della morte di Don Car-
lo, a cura delle sorelle Teresa e Gio-
vanna, L. 300.000
Borsa: Maria Ausiliatrice e Don Bo-
sco, chiedendo protezione per I figli,
a cura di Guidottl Zerbina e V., Mo-
dena, L. 300.000
Borsa: Don Natale Noguler de Ma-
llay, Apostolo della Sacra Sindone
(10' Borsa), a cura di Don Luigi Fos-
sati, SDB, L 250.000
Borse: Maria Ausiliatrice e S. Gio-
vanni Bosco, ringraziamo e implo-
riamo protezione per gli studi, salute,
lavoro, a cura di Davide Luigino, An-
na Maria, Irene, Mombello, AL,
L. 200.000
Borsa: Maria Auslllatrlce e S. Gio-
vanni Bosco, ringraziando e Invo-
cando grazia per mio papà, a cura di
Angela, L. 200.000
Borsa: S. Domenico Savio, ringra-
ziando e Invocando protezione sulla
famiglia, a cura di Novarese M.Pia,
Asti
Borsa: Maria Ausiliatrice e Santi
Salesiani, chiedendo protezione e
guida in tutto, a cura di Marinella
doti. Giuseppe Francesco, Sciacca,
AG, L. 200.000
Borsa: Dio, creatore e salvatore,
Maria Auslliatrlce e Santi Salesla-
nl, a cura di Nicola Giovanni, Torino,
L. 200.000
Borsa: Maria Ausiliatrice, ringra-
ziando e chiedendo ancora grazie, a
cura di Cocco Pina, Caglìari,
L. 200.000
Borsa: Maria Ausiliatrice, perprote-
zione e aiuto, a cura di Colombo Ma-
ria, Cinisello B., Milano, L. 200.000
Borsa: Maria Ausillatrlce, Don Bo-
sco e Domenico Savio, In suffragio
del marito e per protezione sulla fa-
miglia, a cura di Rubeo Adelina, Ro-
digo, MN, L. 200.000
Borsa: In memoria e suffragio del-
l'lng. Riva Pietro, exallievo sales/a-
no, a cura di Adriana Rubino,
L. 150.000
Borsa: Maria Ausiliatrice e Santi
Salesiani, proteggete me e i mieica-
ri, a cura di Andorno Angela
Borsa: Maria Ausiliatrice e Don Bo-
sco, invocando protezione, e In me-
moria dei genitori, a cura di Di Dinato
Angelo, Modena
Borsa: Maria Ausiliatrice e Don Bo-
sco, in memoria e suffragio di Batti-
sta, a cura dei figli Giuseppe e Cate-
rina
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Gio-
nvae,nanicuBroasdcoi P, .Imcp. lorando guarigio-
Borsa: Maria Ausiliatrice, Don Bo•
sco e Domenico Savio, in ringrazia-
mento per grazie particolari, a cura
di L. D. L.
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Gio-
vanni Bosco, In memoria di Costa
Teresa e Carolina, a cura di Facenda
Giovanni, Torino
Borsa: Maria Ausiliatrice, in ringra-
ziamento, a cura di D. B. R., Torino
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Glo•
vanni Bosco, implorando grazia e
protezione, a cura di N.N.. Codroipo,
UD, L. 150.000
Borsa: In suffragio di Ernesto, a cura
di Melis Antonio, Cuneo, L. 130.000
Borsa: Alfredo e Francesco, a cura
di N.N., Colle Val d'Elsa
Borsa: S. Giovanni Bosco, Sr. Eu-
sebia Palomlno, ringraziando per
grazia ricevuta, a cura di Turco Mad-
dalena
Borse Missionarie
da L. 100.000
Borsa: Maria Auslllatrlce e Don Bo-
sco, in ringraziamento, a cura di
N.N.
Borsa: Maria Ausiliatrice e Don Bo-
Borsa: Maria Auslllatrlce e Don Bo- sco, invocando protezione In vita e In
sco, invocando protezione sul fami- morte per me e familiari, a cura dì
liari, a cura di M, A.
Mario C.
Borsa: In memoria del Coad. Sale- Borsa: Maria Auslllatrlce e S. Glo-
siano Giuseppe Primo, a cura della vannl Bosco, invocando protezione,
sorella Teresa, Pinerolo
a cura dì una exallleva di Faenza
Borsa: Maria Ausiliatrice e Don Bo-
sco, Implorando guarigione, a cura
di Clara Maria, Monza, Ml
Borsa: S. Domenico Savio, a cura
ve di Balbo Elena, Trino,
Borsa: Don Bosco, per riconoscen-
za, a cura di Giancarlo e Luisa
Borsa: Maria Auslllatrlce, Don Bo-
sco e Domenico Savio, invocando
protezione sulla nostra famiglia, a
cura di N.N.
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Gio-
vanni Bosco, in ringraziamento e
chiedendo altre grazie, a cura di Pio-
vano Vincenza, Doglianì, CN
Borsa: Maria Ausiliatrice e Santi
Salesiani, invocando grazia per Ce-
sare e protezione per Enrico e Anna
Maria, a cura di Ricci Domenico,
Roma
Borsa: Maria Auslllatrlce, Don Bo-
sco e Domenico Savio, in suffragio
della mamma De Certi Agnese, a cu-
ra di Ogliari Agostino, Trevlglilo, BG
Borsa: Maria Ausillatrice e Santi
Salesiani, invocando suffragi e alu•
lo, a cura di N.N.
Borsa: Maria Ausiliatrice, Mons.
VerslgJla, Don Caravarlo, In rlng;a.
ziamento e protezione, a cura di N.N.
Borsa: Maria Ausiliatrice, in memo-
ria e suffragio di Don Giuseppe Ri-
sa/ti, Salesiano, a cura di Tornei En-
rico, Viareggio, LU
Borsa: In memoria di Cabriel Mario,
a cura dì Cabriel Raffaella, Belluno
Borsa: SS. Cuori di Gesù e di Ma-
ria, a cura di N.N.
Borsa: Sr. Eusebia, In suffragio dei
defunlì e In ringraziamento, a cura di
Bellino Giuseppina, Vicoforte, CN
Borsa: Don Boaco , par grazia rice-
vuta, a cura di Moranl Patrizia, Roma
Borsa: S. Domenico Savio, a cura
di N.N.
Borsa: S. Cuore di Gesù, Maria Au•
siliatrfce e Don Bosco, a cura di
Caltabiano Rosa, Presa, CT
Borsa: Maria Auslllatrlce e Don Bo-
sco, in memoria e suffragio di Tedio/I
Giovanna, a cura del marito Matteo
Montìuschi
Borsa: Don Bosco, a cura dì N.N.,
Cesano Maderno
Borsa: S. Domenico Savio, per gra-
zia ricevuta e Invocando protezione,
a cura di Moramarco Margherita, Ca-
stellaneta, TA
Borsa; Gesù Sacramentato, Maria
Ausiliatrice, Don FIiippo Rlnaldl,
Invocando protezione, a cura di Ga-
glione Rosa, Torre Del Greco, NA
Boraa: Maria Ausiliatrice, a cura di
Giaume Adelina, Carpaneto Piacen-
tino
Borsa: Mons. Vincenzo Clmattl, a
cura di Ferrara rag. Oreste

4.10 Page 40

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Spediz. in abbon. poatale • Gruppo 20 (70) 1• quindicina
ricchem di
storia.
lVGGE-».o
EONARDJ
Stoerrrealla
Il cristiano e 1
a llatura
Collana
Il Popolo Cristiano
pag. 208
L. 14.000
~11111