Bollettino_Salesiano_194710


Bollettino_Salesiano_194710

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BOLLETTINO ~::::.e:::
SALESIANO
PERIODICO QUINDICINALE DELLE OPERE E MISSIONI DI S. GIO. BOSCO
PER I REVERENDTSS[Ml DIRETTORI DIOCESANI E DECURIONI
Dlre1lone Generale - Torino (109) - Via Co11olon110, 32 - Telefono 22 - 117
15 MAGGIO 1947
Educa-:tonc cristiana • "-'otc c. cor•
rispondcn:e: Montodln~ Un vero
amico del lovoratorì.
Per la Festa di Maria Ausiliatrice,
La prossima data della Festa di Maria Ausiliatrice offre propizia occasione ai
rev.mi Direttori Diocesani e Decurioni non solo per raccog1iere i Cooperatori
e le Cooperatrici per la Conferenza prescritta dal Regolamento; ma anche per
diffondere la divozione alla Madonna sotto questo titolo.
Oggi la cristianità ha più che mai bisogno della materna assistenza dell'Ausi-
liatrice, mentre tutte le potenze delle tenebre congiurano contro la Chiesa e
contro il Papa, tentando di rovesciare la civiltà cristiana per sostituirvi la
barbarie di un nuovo paganesimo peggiore dell'antico. La missione specifica
dell'Ausiliatrice - come ce lo documenta la storia - è proprio la difesa
della società dei credenti, della Chiesa, del Papa, della civiltà cristiana. Infer-
voriamo adunque il popolo a buttarsi nelle braccia di Maria Santissima, in-
vocandola con il bel titolo di Ausiliatrice del popolo cristiano.

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EDUCAZIONE CRISTIANA
(Continua:ù,nc 15 aprile, pag. 86).
Nella sua Vita del giovane Francesco Besucco,
pubblicata nel 1864, Don Bosco parla ben
chiaro, non curando quello che potessero pen-
sare i pedagogisti: << Dicasi pure quanto si vuole
intorno ai vari sistemi d'educazione: ma io
non trovo alcuna base sicura, se non nella
frequenza della Confessione e Comunione: e
credo di non dir troppo, asserendo che, omessi
questi due elementi, la moralità resta bandita 1>.
Tale convincimento lo accompagnò per tutta
la vita. Nel 1878 lo dichiarò francamente ad
un alto funzionario governativo: - Si dice che
Don Bosco vuol troppa religione. E infatti
io ritengo cht: senza religione nulla si possa
ottenere di buono fra i giovani. - E nel 1885,
con un senso di sconforto, usciva a tal propo-
sito in questo lamento: - Vecchio e cadente
me ne muoio col dolore <li non essere stato
abbastanza compreso (1). - Non specificò
da chi; ma non è difficile indovinarlo.
Lo comprese assai bene il Papa Pio XI.
Dopo averlo proclamato << grande propugna-
tore dell'educazione cristiana>>, indicò nel-
l'omelia della canonizzazione quale fosse il
segreto per cui il sistema educativo di S. Gio-
vaiu,i Roseo ottenne frutti così copiosi e mira-
bili. <• Egli attuava, disse il Pontefice, quei
princìpi che si ispirano al Vangelo e che la
Chiesa Cattolica ha sempre raccomandato•> (2).
In sintesi felice il citato Cavigioli ritrasse con
poche frasi l'unico e vero ideale pedagogico cli
Don Bosco: «Dio, rivelato nel Cristo Reden-
tore, vivente nella sua Chiesa ed operante con
i suoi carismi su tutta l'opera educatrice~ (3).
Plasmare cristianamente le coscienze giova-
nili fu in ogni tempo il proposito degli educa-
tori cristiani; Don Bosco vi si accinse in un
momento storico, nel quale impellente più
che mai ne era la necessità. A dire del come
procedesse ci sarebbe materia non per qualche
pagina, ma da riempire un grosso volume. Rias-
sumerò il molto intorno a due punti soli: nel
campo dell'educazione egli operò prodigi me-
diante la bontà sacerdotale e la pietà cristiana,
l'una e l'altra sotto forme senza precedenti.
A dire della prima prendo le mosse da una
sentenza che egli proferì a Parigi nel 1883 in
un convegno di illustri signori. Disse allora (4):
(1) D. F. CERRUTI, LIJ idu di Don Bosco mll.'educazione
tu/l'insegnamento e la minio1le att11a.le dt.lla urmla. S. Benigno
Canavese, 1886.
(2) Cfr. 1',l,m. Biogr., v. XL'(, png. 71 e ZH,
(3) L. t., png, 207,
(4) L. c., ,.. XVI, pag. 169.
<< Le anime giovanili nel periodo della loro
formazione han bisogno cli sperimentare i be-
nifici effetti della dolcezza sacerdotale>>. Dol-
cezza o amorevolezza sacerdotale è emanazione
di sacerdotale bontà: di una bontà che, nata e
alimentata dall'amor di Dio, si appalesa pa-
terna e confidente per il bene delle anime e
in chi visse sotto il suo influsso fin dalla tenera
età lascia un ricordo duraturo e salutare. Que-
sta bontà, sapientemente e soavemente adat-
tata all'età giovanile, Don Bosco scelse per
suo metodo educativo e a buon diritto Don
Rua lo definì un uomo, nel quale Dio elevò
la paternità spirituale al pii'.1 alto grado.
Nell'Oratorio la bontà di Don Bosco s'irra-
diava in ogni parte. Era come il sole, che dif-
fonde luce e calore anche dove non si vede.
Essa manteneva nell'ambiente il sereno e nei
giovani il desiderio di renderlo contento; onde
al comparire di lui nel cortile gli correvano
incontro per baciargli la mano e stargli vicino,
ed egli a parlare, a sorridere, a facezia.re, vol-
gendo in qua e in là lo sguardo e accostando
l'orecchio alle labbra di chi accennava di aver
qualche cosa da dirgli e le labbra all'orecchio
di chi egli desiderava di ammonire, esortare,
incoraggiare. Non perdeva mai cli vi.sta tre
massime ispirategli dal suo cuore sacerdotale e
ricordate costantemente ai suoi per cattivarsi
l'affetto e la confidenza dei giovani: amare
quello che essi amano e cosl ottenere che amino
loro pure quello che amiamo noi per loro ben.e;
amarli in modo che conoscano di essere amati;
porre ogni studio, affinehè mai nessuno di essi
parta da noi malcontento. Si fa presto a enun-
ciare simili aforismi, pii'.1 presto ancora ad
applaudirvi; l'attuarli invece costa continui e
non lievi sacrifici. Ma Don Bosco insegnava
pure che l'cùucatore è un individuo consa-
crato al bene de' suoi allievi e che perciò deve
essere pronto ad affrontare ogni disturbo, ogni
fatica per conseguire il suo fine. In ciò la forza
e la costanza sono possibili solo a chi nella
grande opera dell'educazione cerca unicamente
la gloria di Dio e il vantaggio delle anime, cosa
da lui predicata con la parola e con l'esempio.
Venne bensi il tempo, in cui altre occupazioni
ne diminuivano l'assiduità fra i giovani; ma
allora si era creato inton10 uno stato maggiore,
che, quale sua longa ma1111s, arrivava dove non
poteva più lui e agiva in suo nome e con l'iden-
tico suo spirito.
Detto ciò quasi in genere, scendiamo ad al-
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cuni particolari, omettendone tnnti altri che colloquio, li accompagnava fino alla soglia,
esigerebbero troppo lungo discorso.
apri..-a loro la porta e li congedava con il suo
La sacerdotale bontà <li Don Bosco si rive- solito: - Siamo sempre amici, eh! - È inu-
lava agli alunni fin dal loro por pie<lc nell'Ora- tile dire che i giovani discendevano dalla scala
torio. I suoi modi patemi, la serenità del suo sereni e contenti come pasque.
viso, l'amabilità del suo sorridere svegliavano E com'erano felici d'imbattersi in lui, an-
subito in essi rispetto e confidenza. Bisogne- dando per casa! li suo animo paterno gli met•
rebbe poter qui riferire le svariate e abili in- teva ogni volta sulle labhra qualche affettuosa
terrogazioni che rivolgeva ai nuovi arrivati, parola, che tornava gradita quanto un bel
sccondochè ne intuiva l'indole e l'umore. Al regalo; tanto più che egli solcva allora ricor-
momento buono veniva foori l'immancabile d.-ire amabilmente qualche cosa che interes-
ùomancla: - Vuoi essere amico di Don Bo- sasse l'incontrato. Gli ammalati poi riceve-
sco? - E questa gli apriva la via a parlare di vano le sue visite nell'infcrmeri1l non da lon-
anima e ad insinuare il pensiero della confes- tano e cli sfuggita, ma al proprio letto e a
sione. A chi non conosce Don Bosco, parrà tutt'agio. S'informava del loro stato, ne solle-
strano questo che <lico; eppure egli usava qui vava l'animo e, occorrendo, dava ordini o
tanta naturalezza, che i novellini, uscenùo, gli prowe<leva direttamente.
(Co11ti11ua).
lasciavano nelle mani la chiave del proprio
cuore.
Don Bosco parlava ogni sera ai giovani riu-
Note
e Co rri spondenze
niti dopo le orazioni nella cosi detta buona
notte 1>. Erano pochi minuti di intima fami- j\\J01\\TODl:'\\E - Il Vescovo di Crema
liarità e di patema effusione, nei quali stam- alle feste di Don Bosco.
pava in tutti l'ultima impr'-'SSione della gior- Quest'anno '\\lontodmc (Cremona) ha csal-
nata. I suoi uditori ci tramandarono buon t.1to Don Bosco in modo grandioso.
numero di tali parlate. A titolo di saggio ne Si preparò lontanamente la festa, insegnando
riporterò una, che fa proprio al caso nostro. i canti di Don llosco ai fanciulli nelle scuole.
Ogni 3 t dicembre soleYa dare a quell'ora la D:.1lla scuola i bimbi portarono alle famiglie
strenna, ossia qualche x·icordo spirituale per i primi 1intacchi della sulennit11.
il nuovo anno. Nel 1859 esordì in questo modo: Per il triduo serale, la chiesa fu sempre
'Miei cari figliuoli, voi sapete quanto io ,·i rigurgitante; al mattino, alla messa dd fan-
amo nel Signore e come io mi sia tutto con- chiullo, notevole il gruppo degli scolaretti.
sacrato a farvi quel bene maggiore che potrò. Per quattro giorni si susseguirono piccoli e
Quel poco di scienza, quel poco di esperienza grandi al confrssinnalc, senza l.1scarsi attirare
che ho acquistato, quanto sono e quanto pos- da divertimenti esterni.
seggo, preghiere, fatiche, sanità, la mia vita Oomu1ica 27 aprile, celcbrb e distribuì la
stt.'SSa, tutto desidero impicgare a vostro ser- prima Comunione ai fanciulli. Sua Ecc. :Mons.
vizio. ln qualunque giorno e per qualunque Francesco :\\!aria Franco, Ycscovo di Crema.
cosa fate pure capitale su cli mc, ma special- A.lla messa sull•nne cnn assislt'nza pontifi-
mente nelle cose dell'anima. Per parte mia, l' aie, 8. E. esaltò con ftrvido o:ntusiasmo
per strenna vi do tutto me stesso; sarà cosa Don Bost-o, dipin~cndo con sobrie sapienti
meschina, ma quando vi do tutto, V\\tol <lire p,cnnellatl' la mamma tt:rrena e la Mamma
che nulla riserbo per m~· "· Dati poi i ricordi, C:dl·ste di Dnn Bosco, quindi l'amore di Don
continuava: « Voglio che si finisca l'anno con Bosco alla Patria e al Papa.
perfetto amore e santa allegrezza. Perciò io I Novizi Salt·siani disimpegnarono con onore
perdono a voi qualunque mancanza possiate la parte musicale.
a\\'cr fatta, e anche voi perdonateYi a ,icenda La proecssion'- colla reliquia del Santo por-
le offese, che per caso abbiate ricevute. Voglio tata dai irnoi figli, fu solenne e :dfollatissima.
cominciare l'anno 1860 senza malumore e All'entrare <ld clero nella d1il•sa., l'entu-
senza malinconie •· E su questo tono di amo- siasmo proruppe m un potente Giù dai colli»
revolezza condusse a termine iJ sermoncino. cli mille l' mille voci. Prima della santa Bene-
I giovani sapevano di poter andare da lui dizione, Sua Eccellenza sorridendo imitò i
ogni volta che volessero, e come li riceveva "\\lomodinesi a ~iocart! al lotto i due numeri
bene! Fatti.li sedere sul sofà, egli, seduto al che suggerh·a Don Bosco: 10 e 5 (Comanda-
tavolino, li ascoltava attentamente, come si menti di Dio e della Chiesa), e assicurò che
ascolta chi ha cose imponanti da dire, e cl.ava Don Bosco avrebbe pa~ato la sua festa colla
loro tutta la soddisfazione possibile. Dopo il vittoria.
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Dalla ch.i!!sa la fo lla si riversò nel c01iilc
del Noviziato Salesiano, attratta dall'albero
cuccagna. P iccoli e grandi si entusiasmarono
nei giochi. Anche qualche uomo non si ver-
gognò di far~i fanciullo e di affrettarsi col suo
biglietto a ritirare il premio comeguito.
A sera i piccoli dell'incipiente oratorio
festivo sostennero con impegno la recita
<< Cine vivo>►, di D. Uguccioni. Don Bosco
avrebbe dovuto allargare le mura del piccolo
teatrino salesiano per contenere tanta gente.
Perchc fosse duraturo il frutto della festa si
provvide a che fo~se aperta per tutta la gior-
nata un'edicola con vite di Don Bosco, libretti
Lux, immagini, quadri... 2\\Iolti signori si
iscrissero tra i Cooperatori salesiani.
A cent'anni dalla fondazione del secondo
oratorio festivo, Don Bosco bem:dica il novello
promettente oratorio <li Montodine in cambio
di tanto amore per lui e i suoi figli.
UN VERO AMICO DEI LAVORATORI
(Co1111nua~w11, I 5 aprii,. pag. Sg).
Il culto del lavoro.
Evidentemente egli intese il lavoro nd senso
più ampio della parola: come impiego di tutte
le energie personali e delle risorse peculiari
di cui ogni uomo dispone. Ma, per convin-
cerci del posto fatto al lavoro manuale, ba-
sterà una confidenza. Parlando ai Superiori,
nel 1876, egli disse: << Noi abhiamo bisogno
che ciascheduno sia disposto a· fare grandi
sacrifici di volontà... Perciò dev'esser pronto
ora a salire in pulpito ed ora ad andare in
cucina; ora a far scuola cd ora a scopa.re...
ora a comandare cd ora ad obbedire ».
Ecco il segreto della versatilità dei Sale-
siani, della loro elasticità di rispondenza a
tutte le esigenze del progresso, della loro in-
traprendenza, e della molteplicità e grandio-
sità di opere compiute in cosi breve tempo.
11 dinamismo impresso dal Fondatore, finora
non è venuto meno. Frutto del <<culto» del
lavoro cui Don Bosco li ha voluti informare.
Culto del lavoro: sottolineo la parola. Perchè
Don Bosco ha saputo instillare il giusto
concetto del lavoro, il concetto cristiano. La
ragione l'ha intuito colla sola sua potenza
naturale; ma la Rivelazione ci ha autore-
volmente confermato che la legge provvi-
denziale del lavoro - anche se, dopo la
caduta, importa la fatica dello sforzo come
elemento <li espiazione e di redenzione - è
la legge che valo1;zza l'uomo. Per esso egli
ha la gioia di azionare le meravigliose potenze
di cui Dio l'ha dotato e di applicarle, nel piano
universale della dinamica vitale, a vantaggio
individuale e collt:ttivo. Per esso egli riconquista
la sua sovranità sulla natura, dominandola e
costringendola a rispondere alle esigenze umane.
Per esso l'uomo si rivela, si afferma, si sublima
alle funzioni competenti nell'organismo so-
ciale, sfuggendo all'onta del parassita ed alla
corruzione dell'ozio, e concorrendo effetti-
va.mente allo sviluppo della civiltà. Fonte di
benessere materiale e morale, il lavoro gli è
pur fonte di capitalizzazione soprannaturale,
di meriti inestimabili presso il suo Creatore,
quan<lo lo si faccia assurgere a servizio di-
vino; e, lungi dal sostituirlo al dovere indero-
gabile della preghiera, lo si trasformi e lo si
elevi colla rettitudine cli intenzione e coll'amor
di Dio, ad omaggio filiale della creatura al
Creatore. Si ha, in tal caso, la preghiera vitale,
di cui fu apostolo, caro sovra tutti a Don Ilo-
sco, San Francesco di Sales.
Don Bosco ha manovrato la leva del lavoro,
da educatore cristiano: facendolo apprezzare
in tutta la sua nobiltà ed. in tutto il suo valore:
in funzione individuale e collettiva; in fun-
zione preservativa, formativa e produttiva, al
fine naturale e soprannaturale.
È superfluo indugiarci su quest'ultimo con-
cetto. Bastino tre delle sue più calde esorta-
zioni: Ritieni che in terra lm.'oriamo per il Cielo.
- Lm•ora, ma lavora per amore di Gesù. -
Lavora, ma sempre colla dolcezza di San Fran-
cesco di Sales e colla pa:::ienzrl di Giobbe. Cosl
insegnava a santificare il lavoro ed a farlo
rendere non solo per la vita del tempo, ma
anche per l'eternità; mentre agli educatori
inculcava quella pazienza dell'amore che sola
può portare all'eroismo della dedizione e far
raggiungere la perfezione nell'arte dell'edu-
care. Questo spirito soprannaturale indusse
Papa Pio XI a concedere ai Salesiani alle
Figlie di Maria Ausiliatrice, ai loro allievi,
ex allievi e Cooperatori l'eccezionale indul-
gem~a che farà epoca nella storia: ~ l'indulgenza
del lavoro santificato ~: per cui, attendendo a
qualsiasi lavoro, anche il più materiale e gros-
solano, essi possono acquistare 400 giorni di
indulgenza ogni volta che lo accompagnano
con una pia invocazione où anche con una
semplice aspirazione della mente a Dio; in-
dulgenza plenaria, una volta al giorno.
I Il

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L'organizzazione della scuola del Nel periodo ambulante e randagio del suo
lavoro.
Ma, facciamoci a precisare come Don Bo-
sco abbia educato i giovani al lavoro e come
abbia provveduto alla loro formazione ed abi-
litazione professionale. Chi ha letto qualcuna
delle numerose biografie del Santo, avrà no-
tato che egli si è trovato subito di fronte alla
questione operaia fin dall'inizio dell'opera sua.
I primi giovani che la Provvidenza fece ac-
correre al suo cuore paterno, infiammato di
zelo sacerdotale, furono poveri garzoni, or-
fani o ùcrelitti cd abbandonati: sfruttati, per
lo più, da padroni poco onesti cbe specula-
vano sulla loro miseria e sulla loro sventura.
La piccola industria non giungeva ancora alla
meccanizzazione dell'operaio che è la piaga
morale congenita della grande industria; ma,
colla svalutazione della mano d'opera e la
tracotanza del capitalismo, avviliva la classe
operaia fino all'esasperazione ed all'odio. Le
vittime sentivano, più che il peso della fatica,
l'abiezione di una condizione ingiusta ed umi-
liante di cui erano assolutamente innocenti.
Urgeva quindi una duplice redenzione: del
lavoro e degli operai.
Don Bosco, colle sole risorse - lo ripeto -
della sua esprienza, del suo spirito cristiano,
del suo genio italiano e del suo buon senso
piemontese, affrontò il problema risolutamente
e fornì uno degli apporti più preziosi per la
sua soluzione (1) .
Finchè non ebbe a disposizione una sede
stabile - 1 8+1- 1846 - dovette limitarsi alla
redenzione morale; ma, appena si potè si-
stemare, egli organizzò con successo anche
quella che possiamo chiamare << redenzione
tecnica>►.
Oratorio - quinquennio suaccennato - co-
minciò ad esercitare un'amorevole tutela dei
suoi birichini con gradite sorprese sul lavoro
ed efficaci raccomandazioni ai giovani ed ai
padroni. Se si accorgeva di vero sfruttamento
e di pericoli morali, non si dava pace finchè
non avesse trovato loro altri padroni od altro
lavoro. Nelle adunanze festive e serali indiriz-
zava la catechèsi a far comprendere ai giovani:
la dignità e nobiltà del lavoro, il dovere di
trafficare i talenti avuti dal Signore, di fuggir
l'ozio, di concorrere alla vita sociale, di gua-
dagnarsi onestamente il pane qui in terra ed
il premio eterno, un giorno, in Paradiso. Av-
valorava le sue esortazioni con sussidi di ra-
gione, con ammonimenti scritturali e con esempi
tolti dalla storia e dalla esperienza stessa dei
suoi uditori. Colle scuole serali li portava ad
una cultura elementare adeguata e li dotava di
nuove risorse di credito presso i datori di lavoro.
Per essi preparò e pubblicò nel 1845 l'opusco-
letto sul Sistema metrico decimale e, l'anno
~eguente, quello intitolato L'enologo italiano
che furono una provvidenza nel campo della
volgarizzazione e della propaganda popolare...
Appena potè fissar le sue tende alla << tettoia
Pinardi », pensò senz'altro a raccogliere in un
ospizio i senza-tetto. E, nel 1847 - cento
anni fa - prese in affitto altre stanze dello
stabile, aperse le porte ai primi ricoverati.
Studiandone e seguendone le inclinazioni
- con qucUa preoccupazione di giusto e tem-
pestivo orientamento che fece del Santo un
precursore anche in questo campo - Don
Bosco, mentre forniva loro alloggio, vitto ed
assistenza religiosa e morale, li collocava come
apprendisti presso i migliori padroni che co-
nosceva in città. Ma, colla cura e coll'autorità
(1) • Don Bosco, che attese n rendere più fornrntivn la scuola
umanistica, i!bh~ una chiara coscit:-n;;a deU'importan:rn CUila scuola
dr/ /ac·oro.
Il problema sociaJo si 1.mponcvn. Mane 3\\lc\\.'.1 gi:ì. l11nciato
il suo rnnnifcsto ai proletari. L a scuoJ& Liberale si ounrda,·a
in vane polemiche. lJrge.v,i andare incontro ai lavoratori in
Wl'ora in cui l'industria si sviluppava con ritmo crescente.
Don lJosco opri per i figli del popolo le sue scuole professio-
nali, dove essi furono educati insieme. ;u.l apprendere .il me..
stierc c. ad :1marlo a,,.cndo di 11ùra lo perfezione dell'opera
1
e l'attu3z.ione della volontn di Dio, che non può essere non
la perfezione nnche dell'abilità r.-cnica che impegna le energie
morali. plasmando il carattere.
!l problema dell'orientamento e dell1educn1.ione nl lavoro
d fu dall'Educatore sentito in funzione della questione socia.le
che l'industrialismo aveva a.gwavntn e dinanzi alla quale
libcrnlismo ccouom.ico ed il socinlisrno rnarxista si lcva.\\·ano
in battaglia, incapi,ci dl <L:tre una soluzione ,;tale.
. Ncl!'opcrn di D_on Bosco è evidente fin dall'tnizio una prua
dt eoscun:::a del soetal.e con le sue realtà e le sue esig~nze. L'istt-
tuto educativo ch•egh nltua, in cui la macchina entra accanto al
libro, la tecnica insieme alla cultura umanIBtica, I, esempio
di una comunità fratcrnn, dove, fin dalla radice, 11 distacco fra
le classi sociali è superato dal vincolo della carità ,. M. AGOSTJ
V. CHtZZOLlNT, i\\,[agistero, Drescia, La Scuola•, ,ol. 111,
p, 5:,,2,
di un padre. Volta per volta egli stipulava per
essi un vero e proprio contratto di lavoro col
quale impegnava i padroni, non a far tirare
il carretto da mattina a sera, ma ad abilitarli
progressivamente a tutti i gradi del mestiere.
Conserviamo ancora qualcuno di quei mo-
duli di contratto nei nostri archivi. Ed è
commovente vedere come Don Bosco fissasse
tutti i particolari, dalla retribuzione, al ri-
spetto morale, al progresso tecnico, supplendo
in pieno al difetto dei genitori. Sullo stesso
foglio, egli si rendeva pure mallevadore, colla
propria firma, della buona condotta e del-
l'applicazione dei giovani garzoni; cose che
inculcava poi in casa coll'efficacia persuasiva
universalmente riconosciuta.
(Continua).
Pubblicozioneautorizzsta N• P. So A. P. B.
Con approvazione Eccleaiostica.
Off. Graf. della Società Editr. Intemaz;onale. Direttore responsabile: D. GUIDO F.\\VINI, via Cottolengo, 32 • Torino (10Q).
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