COME DON BOSCO ZELAV A LE VOCAZIONI
ALLO STATO E.CCLE.SIASTICO E RELIGIOSO
li 1855 - leggiamo nelle Memorie Biogra-
fiche, voi. V, capo xxxtil - lasciava dietro di
sè una colluvie di mali che sembravano senza
rimedio. Infelici erano le condizioni del Clero
in Piemonte. Centinaia di chierici avevano
gettato alle ortiche le vesti talari·. Le diocesi
o erano state private di seminari, o questi
erano quasi deserti. L'irreligione, il mal co-
stume, la falsata educazione, l'odio eccitato
dalla stampa contro le autorità ecclesiastiche,
i preti pubblicamente vilipesi, taluni di que-
sti gettati in prigione, altri mandati a domi-
cilio coatto, l'abbattimento universale dell'a-
nimo de' buoni, una certa diffidenza sparsa
nel cuore delle famiglie, la quale ripugnava
dal permettere che i loro figli si avviassero
per la strada del Santuario, avevano talmente
diminuite le vocazioni fra i giovani che nes-
suno o ben pochi aspiravano alla carriera ec-
clesiastica.
Quando Rua Michele, nel 1852, indossava
la veste clericale, i chierici in Torino erano
diciassette. Nel tempo del primo suo corso di
filosofia due soli frequentavano con lui la
scuola del Seminario; nel secondo anno ebbe
un solo condiscepolo.
Per colmo di mali, varie diocesi delle più
importanti erano prive del loro Pastore, e
altri Vescovi non possedevano i mezzi per
provvedere gratuitamente al mantenimento e
all'istruzione di un certo numero di giovani,
che o potevano essere restii alla chiamata, o
dovevano essere messi alla prova e quindi
scelti fra molti.
D. Bosco però nella sua mirabile prudenza
aveva, fin dal principio della rivoluzione, pre-
visto quale vuoto si sarebbe immancabilmente
prodotto nel clero secolare, tanto più che Ja
legge di soppressione dei conventi dava anche
un colpo terribile ai sacerdoti religiosi. Prov-
vedere alla penuria di vocazioni sembrava
adunque un'impresa umanamente impossibile .
Ma egli sentiva in sè avergli Dio affidata la
missione di provvedere ai bisogni urgentis-
simi della sua Chiesa, e non esitò. Dopo es-'
sersi adoprato da solo. per più anni, con im-
probe fatiche e senza darsi requie, a conser-
vare e promuovere le vocazioni allo stato ec-
clesiastico, sentì la necessità di associare al-
i'opera sua l'azione dei Vescovi e dei parroci.
Per questo fin dal r852, nel mese di ot-
t obre, D. Bosco aveva raccomandato al Ve-
scovo di Biella un giovinetto suo diocesano
perchè lo accogliesse nel suo piccolo Semi-
nario, dando egli speranza di buona riuscita
neUa carriera ecclesiastica. Il Vescovo gli aveva
risposto allegando i motivi pei quali in quel
momento non poteva favorirlo; soggiungeva
però: i< Sempre mi interessano assai li suoi e
li miei biricchini e mentre ella fa opera santa
nell'iniziarli al retto vivere, io vorrei pure
aiutarla e spingerli fino all'apice d'una car-
riera onorevole per loro, e massime ove fosse
utile alla Chiesa».
Nel 1853 scrisse al Vescovo di Cuneo
Mons. Clemente chiedendogli licenza di far
vestire l'abito clericale al giovane Luciano, e
il primo ottobre si ebbe questa risposta:
<1 Sebbene un poco a malincuore, stante il
bisogno in cui si trova questa povera diocesi
di buoni Ecclesiastici e la mancanza ognor
crescente di vocazioni, tuttavia, per far pia-
cere a V. S. Carissima e ad oggetto di procu-
rare la maggior gloria a D io e il bene delle
anime, io non farò difficoltà di lasciarle il fu-
turo chierico Luciano. Con che però sia ve-
stito dell'abito clericale e prosegua nella car-
riera ecclesiastica per conto di questa diocesi
e mi riserbo di inviarle la delegazione di bene-
dirgli e imporgli l'abito quando ella siasi in.
tesa cpll'arciprcte di Bernezzo al quale scrivo
con questo ordinario nel senso sopra espresso ~-
Sul finire del 1854 Mons. Lorenzo Renaldi,
Vescovo di Pinerolo, mandava a D . Bosco
due poveri giovani destinati pel suo Semi-
nario: il Chierico Cavalleris Gio. Battista e
lo studente Gora Giuseppe, colla licenza di
vestir l'abito clericale. «Le ristrettezze del Se-
minario, scriveva quel Vescovo il 24 ottobre,
e i pesi che per altri mi sono già addossato
non mi consentono di tenerli in Seminario
ad intero mio carico; il perchè ringrazio lei,
mio caro signore, de1la buona di&posizione
che ha manifestato 1>.
Nel r855 D. Bosco si rivolgeva ad alcuru
parroci acciocchè aiut.-issero con qualche sus-
sidio un loro parrocchiano candidato per la
carriera ecclesiastica e scriveva aJ T eologo
Appendino arciprete di Caramagna:
Torino, 8 giugno 1855.
Jlf. e molto Rev.do Sig,,ore,
Già da qualche giomo meditava di scrivere a
V. S. [II.ma intorno al giovane Fusero Bartolomeo
suo parrocchiano, quando il T eo!. Vulfrè soprag-
giunse a darmi eccitamento partecipandomi essere
V. 8 . propensa pel n1t!desimo og-g-ctto.
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