Bollettino_Salesiano_199210


Bollettino_Salesiano_199210

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~ il
Rivista fondata da san Giovanni Bosco nel Hl77
Quindicinale di informazione e cultura religiosa edito
dalla Congregazione Salesiana di San Giovanni Bosco.
INDIRIZZO
Via della Pisana 1111 - Casella post. 9092 - 00163 Roma-
Aurelio - Tel. 06/65.92.915 - Fax 06/65.92.929.
Conto corr. post. n. 46.20.02 intestato a Direzione
Generale Opere Don Bosco, Roma.
DIRETTORE RESPONSABILE
UMBERTO DE VANNA
Redazione: Margherita Dal Lago - Giancarlo De Nicolò -
Eugenio Fizzotti - Francesco Motto.
Collaboratori : Teresio Bosco - Michelino Davico -
Monica Ferrari - Sergio Giordani - Pierdante Giordano -
Margherita Maderni - Antonio Mélida - Jean-François
Meurs - Gaetano Nanetti - Nicola Palmisano - Angelo
Paoluzi - Cosimo Semeraro - Silvano Stracca - Stelvio
Tonnini.
Impaginazione: Ufficio Grafico SEI
Archivio: Guido Cantoni (Roma)
Diffusione: Arnaldo Montecchio (Torino)
Spedizione: Stabilimento Grafico SEI - Torino
Fotocomposizione, Stampa: ILTE - Torino
Registrazione: Tribunale di Torino n. 403 del 16.2.1949
IL BOLLETTINO SALESIANO SI PUBBLICA
Il primo di ogni mese (undici numeri , eccetto agosto)
per tutti.
Il 15 del mese per i Cooperatori Salesian i.
Collaborazione: La Direzione invita a mandare notizie e
foto riguardanti la Famiglia Salesiana e s'impegna a
pubblicarle relativamente alle esigenze redazionali. Testi
e materiali inviati non vengono restituiti.
Edizione di metà mese. A cura dell'Ufficio Nazionale
Cooperatori (Pasquale Massaro)- Via Marsala 42- 00185
Roma - Tel. (06) 44.60.945.
IL BOLLETTINO SALESIANO NEL MONDO
Il BS esce nel mondo in oltre 40 edizioni nazionali e 19
lingue diverse (tiratura annua oltre 10 milioni di copie) in:
Antille (a Santo Domingo) - Argentina - Australia -
Austria - Belgio (in fiammingo) - .Boemia - Bolivia -
Brasile - Canada - Centro America (in Guatemala) - Cile
- Cina (a Hong Kong) - Colombia - Croazia - Ecuador -
Filippine - Francia - Germania - Giappone - India (in
inglese, malayalam , tamil e telugu) - Irlanda - Gran
Bretagna - Italia - Korea del Sud - Lituania {edito a
Roma) - Malta - Messico - Olanda - Paraguay - Perù ·•
Polonia - Portogallo - Slovacchia - s·1ovenia - Spagna
- Stati Uniti - Thailandia - Ungheria - Uruguay -
Venezuela - Zaire.
DIFFUSIONE
Il BS è dono-omaggio di Don Bosco a chi lo richiede.
Copie arretrate o di propaganda: a richiesta, nei limiti ·
del possibile.
Cambio indirizzo: comunicare anche l'indirizzo vecchio.
2 - 1 OTTOBRE 1992
SOMMARIO
3 IL RETTOR MAGGIORE
Missionari
di Don Egidio Viganò
1O ISPETTORI SALESIANI A CONVEGNO
Rilanciare per l'Europa
di Silvano Stracca
14 PROTAGONISTI
Giovanni Cagliero, il battistrada
di Teresio Bosco
19 DOSSIER MISSIONARIO
Don Bosco si è fatto africano
di Antonio Mélida
I 400 ragazzi del mercato di Kara
di Justo Gonzàles
Dignità e lavoro per i giovani
dello Zaire
di Mario Marchio/i
Lesotho. La nostra Africa
di Angel lzquierdo
27 ANNIVERSARI
I cinquant 'anni della Elledici
di Menico Corrente
30 EXTRACOMUNITARI
Cambiare le regole del gioco
di Alessandro Risso
34 FOTOSERVIZIO
Via della Pisana
di Angelo Botta
36 BEST-SELLER
Dio ci ha creato gratis
di Giuseppina Cudemo
38 INTERVISTE
L'uomo-chiave dell 'economia vaticana
Servizio redazionale
RUBRICHE
Lettere, 4 - BS Attualità, 6 - BS Domanda, 8 -
Prima Pagin a, 9 , Come Don Bosco, 13 -
Libri, 18 - Il Diario di Andrea , 33 - Solidari e-
tà, 40 - I Nostri Morti , 41 - I Nostri Santi, 42 -
In Primo Pi ano, 43
1 Ottobre 1992
Anno 116
Numero 14
In copertina:
Il nostro servizio
sui problemi nord-sud
del mondo a pag. 30
(Foto Scalabrino)

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idio Viga '
Il cuore è un simbolo meraviglioso. I suoi palpiti
sconfiggono la mediocrità. Proclamano ciò che c'è
di più bello e nobile nell'uomo: l'amore. Mi ha col-
pito recentemente l'~tteggiamento delle mamme di
due missionari, l'uno salesiano e l'altro del PIME.
Il salesiano è deceduto in missione, pochi mesi fa.
Trarsuoi ricordi personali una pagina di diario indi-
cava quanto gli aveva detto la madre al partire:
«Preferirei, figlio mio, ricevere la notizia della tua
morte, piuttosto di quella dell'abbandono della.tua
vocazione». La mamma è ancora viva oggi, compie
103 anni. Al ricevere la notizia del decesso del fi-
glio ha ringraziato il Signore per la fedeltà testimo-
niata!
L'altro missionario, del PIME, è stato ucciso in
odio alla fede nell'isola filippina di Mindanao. Il ca-
davere fu trasportato in Sardegna, sua patria.
Grande concorso di fedeli. La buona mamma, alta,
serena e vestita con il miglior costume tradizionale
del paese, si rivolge alla figlia che piange sconsola-
ta: «Cara, non piangere; è dono straordinario e mo-
tivo di gloria avere in famiglia un martire di Cristo!».
CUORE MISSIONARIO. Che ha di speciale un
cuore missionario? Mette in risalto ciò che c'è di
più pregevole nell'amore! È riboccante di entusia-
smo per Cristo; lo segue; impara da Lui il dono di
sé; sa abbandonare tante cose pur care; s'impegna
per i più bisognosi e gode nel sacrificio; sa incar-
narsi in altre culture; lo fa con sincera umiltà.
All'opposto c'è il borghese. L'assuefazione al
benessere affoga in lui gli ideali della solidarietà,
bruciando la sua esistenza in steccati piccoli e
chiusi.
Il cuore missionario, aperto e generoso, costitui-
sce l'ideale di tutti i discepoli del Signore. Per sen-
tirne i palpiti, dice il Papa, «non basta rinnovare i
metodi pastorali, né -organizzare e coordinare me-
glio le forze ecclesiali, né esplorare con maggior
acutezza le basi bibliche e teologiche della fede:
Qccorre suscitare un nuovo ardore di santità».
Guardiamo alle due mamme sopra citate e ripen-
siamo a Santa Teresa di Lisieux: senza aver mai ab-
bandonato il suo monastero carmelitai;io è stata
proclamata da Pio Xl "Patrona" di tutte le missioni.
Come mai? Sì: per il suo cuore! Ella stessa ha scrit-
to di sé: «Considerando il 'Corpo mistico della Chie-
sa, non mi ritrovavo in nessuna delle membra che
san Paolo aveva descritto. Compresi che la Chiesa
ha un cuore, un cuore bruciato dall'amore. Capii
che l'amore abbraccia in sé tutte le vocazioni, che
l'amore è tutto. E così ho trovato finalmente il mio
posto nel Corpo mistico: nel cuore della Chiesa,
mia madre, io sarò l'amore».
Che in tutti noi della Famiglia Salesiana il cuore
vibri con questi palpiti!
a

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LA DROGA E GLI USA.
QUELLA TELEFONATA. Sabato 4 luglio
verso le ore 11 il presidente Scalfaro ha te-
lefonato in redazione. Ha voluto farci capi-
re che era in sintonia con quanto diceva-
mo sul Bollettino Salesiano (cf BS/luglio).
Di avere gradito la foto di copertina, cosl
poco gessata, come sono in genere quelle
«Nell'articolo "Il prezzo della ,
coca in Colombia" (BS/apri-
le) si accusano gli Stati Uniti
di essere grandi produttori di
droga. Sono notizie che si ri-
trovano su tanti giornali, ma
che sono false e che a forza di
di circostanza. E ha ribadito il suo affetto
ripeterle tutti finiscono per
e la sua vicinanza al mondo salesiano. An-
crederle. Gli USA non colti-
cora grazie, Presidente! Le confermiamo
vano coca o papavero, abbia-
la nostra amicizia, e la fiducia per le attese
mo invece un terribile narco-
del nostro paese.
traffico alimentato dall'este-
ro . Ciò che mi spiace è il fatto
che il BS è vastamente letto e
giunge in ogni parte del mon-
MAMME DEI CONSACRA- PARAPSICOLOGIA. «Sono so e non voglio liquidarlo, co- do e amplifica delle menzo-
TI. «Nel numero di febbraio, uno studente. Non ho l'abitu- me dici tu, in poche righe. A gne. Ci odiano già così tanto,
a pag. 43 avete presentato dine di leggere giornali e rivi- rischio di deluderti però cito senza bisogno di farci odiare
!' "Associazione mamme dei ste religiose. Ma il vostro due personaggi popolari che ti per cose che non facciamo» .
salesiani", anzi associazione giornale viene inviato a mia danno torto. Ha detto Piero
Maria Martino,
delle mamme di tutti i consa- madre e devo ammettei-e che è Angela: «Chi vuole accostarsi
Framingham, USA
crati. La cosa mi interessava e interessante. Vi scrivo a ·pro- alfa parapsicologia, si prepari
ho scritto in Uruguay, ma la posito della lettera di don Ca- a una serie di delusioni. I ri- Scrivono Lamour-Lamberti
lettera mi è tornata indietro». pra (BS/giugno) . Ha suscita- sultati non esistono. Manca- ne "Il sistema mondiale della
Caterina Racca, Milano to in me una reazione "stupi- no prove, mancano risultati droga" (Einaudi): «Gli Stati
ta". So che la Chiesa è avver- concreti e verificabili». Il ma- Uniti detengono il primato
Purtroppo fa responsabile ha sa a tutto ciò che è arcano. E go Silvan è della stessa opi- mondiale di eroinomani. A
cambiato recapito proprio più di un vescovo ha disap- nione: «Magari cifossero per- New York ogni anno fa droga
mentre andavamo in s(ampa. provato mons. Milingo per i sone dotate di poteri paranor- fa più vittime degli incidenti
Ecco il nuovo indirizzo: Car- suoi esorcismi; mentre don mali! Sarei felice di conoscer- stradali». È vero, più che
men Lasarte, Roque Grace- Amorth, esorcista romano, le. A Uri Geffer anni fa offrii grandi produttori, gli USA
ras, 806, Ap. 101 - 11.300 scongiura la Curia di nomina- 10 milioni perché dimostrasse sono grandi consumatori di
Montevideo - URUGUAY. A re nuovi esorcisti. Io credo le sue qualità paranormali. droghe, alimentando però in
lei ci si può rivolgere per co- che si debba fare differenza Ma non venne. Non viene». questo modo il mercato inter-
noscere questa associazione tra maghi e i cosiddetti sensi- Che ne dici?
nazionale.
che si ispira a Mamma Mar- tivi che si ritro.vano sponta-
gherita, fa madre di Don neamente certe facoltà. Il più
Bosco.
delle volte chi riesce a preve- LO SPAZIO È LIMITATO. CRISTO NON ROMPE LE
dere il futuro se ne accorge in «Ho I8 anni e sono un futuro CATENE. «A proposito della
modo drammatico . Se Dio gli diplomato in elettronica indu- figura di Cristo pubblicata sul
IL BS IN CATTEDRA. «So- ha dato questo "carisma" o striale. Sono un appassionato BS di gennaio, in cui viene
no un insegnante di religione dono, perché non potrebbe lettore del BS, che ogni mese raffigurato in catene con la
al liceo linguistico e durante le essere usato per aiutare l'u- puntualmente mi viene invia- scritta: "La storia di Cristo si
lezioni ho spesso utilizzato il manità? Il veggente Gerard to a casa. È passato quasi un ripete nella storia del popolo
BS. Vorrei ringraziare di cuo- Croiset per esempio ha aiuta- anno da quando inviai una che lotta per la libertà". Mi
re dell'opportunità che mi è to la polizia nelle indagini. È lettera per congratularmi con permetta di dirle che quell'im-
stata offerta di commentare vero che chi pratica queste co- voi , ma non ho ottenuto ri- magine non riflette il Cristo
con i miei liceisti tanti articoli se senza serietà corre dei ri- sposta nella rubrica "Lette- del Vangelo. Intanto credo
che hanno incontrato interes- schi, ma non si può liquidare re'' . Desidero esprimere nuo- che la figura del Cristo con
se e simpatia. L'arrivo del il discorso come se fossero vamente la mia piena gratitu- quella corona di spine somigli
Bollettino era atteso e deside- tutte "cavolate" . In compen- dine per il servizio da voi pre- molto più a un'immagine di
rato dai giovani. Mi permetto so c'è tanta magfa nera a ri- stato che si rivela molto utile Che Guevara che a un croci-
di chiedere un sollecito invio schio dei più deboli» . .
ai fini della mia attività e della fisso tradizioiiale. E poi mi rf-
del BS, in modo da poterlo
Andrea Morello, Torino formazione della mia perso- sulta che Gesù fu incatenato,
utilizzare anche in quest'anno
nalità».
ma che non tentò affatto di
scolastico».
Ho dovuto sintetizzare fa tua
Antonio Picciriffo, spezzare le catene».
Don Giorgio Pieri, Perugia lettera. Il discorso è compfes-
Marcianise (CE)
Nicola Verga, Messina
4 · 1 OTTOBRE 1992

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La lettera continua per cinque
fitte pagine. Che dire? Imma-
gini di questo tipo sono molto
diffuse nell'America Latina e
sono state pubblicate su molte
riviste in Italia e all'estero du-
rante l'anno di Colombo. A
loro modo documentano una
mentalità e un ambiente.
È BELLO RITROVARSI.
«Vi chiedo una grande colla-
borazione. Nel 1994 intendo
solennizzare il 50° anniversa-
rio della mia entrata nella Fa-
miglia Salesiana. Desidererei
coinvolgere anche il mio vec-
chio insegnante don Brignoli
che compirà gli 80 anni e vor-
rei invitare tutti i miei ex com-
pagni che nel 1944 frequenta-
vano con me la prima media
presso l'istituto salesiano di
via Copernico a Milano. Sa-
rebbe bello rivedere gli amici
e le loro famiglie. Gli interes-
sati potranno mettersi in con-
tatto con me o con don Bri-
gnoli » .
Eva/do Pernice,
via don Abbondio, 22
20032 Cormano (Ml)
Te!. (02) 66.300.392
Don Beniamino Brignoli
Istituto Salesiano
Via Zanovello, 1
20047 Treviglio
Te!. (0363) 49.255
.rà, ma devo affrontare prima
io la spesa e poi mi rimborse-
rà in parte. Sono stanco di
lottare e di bussare inutilmen-
te. Ringrazio se qualcuno piò
aiutarmi».
Mario Mirenghi,
piazza Marconiglio 4
al corso Garibaldi, 4
80141 Napoli
IL PATRONATO ACLI.
«Dal 1945 il patronato ACLI
è al .servizio dei lavoratori e
dei cittadini per fornire gra-
tuitamente e con competenza
una concreta assistenza in
campo previdenziale, fiscale e
socio-sanitario. Le strutture
del Patronato ACLI ·sono
presenti in ogni provincia con
uffici zonali. L'assistenza of-
ferta dal Patronato ACLI è
realmente gratuita e viene
svolta con personale specializ-
zato. Abbiamo verificato che
molte persone, specialmente
le più deboli, non sono suffi-
cientemente informate».
Giovanni Tiraboschi,
direttore generale, Roma
Per qualsiasi ulteriore infor-
mazione ci si può rivolgere al
sig. Marco Grossi, Patronato
ACL/, via G. Marcora, 20 -
00153 Roma.
ACCOGLIENZA. «Fui invi-
tato nel mese di giugno in un
pomeriggio piovoso ad ac-
compagnare due ragazzi di
Milazzo a un incontro di pre-
ghiera a Zafferana Etnea.
L'incontro era per giovani vo-
lontari dell'UNITALSI, di
cui faccio parte. Feci un cen-
no di saluto a un anziano sa-
cerdote, che mi venne incon-
tro. Era don Zappalà, che
avevo conosciuto quando
avevo 20 anni. Scambiammo
due parole: l'accoglienza, il
suo gesto semplice e cordiale
furono così significativi che
mi dettero l'impressione di
trovarmi con Don Bosco».
Antonino Filippo Giunta,
Barcellona (Messina)
SOLIDARIETÀ MISSIO-
NARIA. «Sono un frate ter-
ziario francescano, vivo in
preghiera e apostolato di
evangelizzazione nei villaggi
rurali. Sono in Honduras da
circa sette anni e opero in zo-
ne tanto belle e tanto provate.
Vi chiedo di pubblicare que-
sta mia inserzione: "Cerco
amici collaboratori che vo-
gliano impegnarsi con la pre-
ghiera, il sacrificio e la carità
per dare gloria a Dio e amare
e servire i fratelli più poveri.
Scrivetemi e condivideremo
gioie, prove, dolori e speran-
ze. Vi saluto e benedico"».
Frate! Francesco di Pasqua,
Lista de Correo Centrai,
Tegucigalpa - D.C.
Honduras - Centro America
AMEDEO. «Sono un padre
di famiglia disoccupato e in-
valido, aiutato da mia madre
pensionata e da qualche of-
ferta della parrocchia. Ora
però devo assolutamente cu-
rare il mio unico bambino,
Amedeo, di otto anni, che è
stato colpito da epilessia in se-
guito a una caduta. Nono-
stante le cure non riesce a mi-
gliorare e devo ricorrere al
"Centre St. Paul Boulevard
Saint Marguerite'' di Marsi-
glia, dove potrebbe guarire.
La regione dice che mi aiute-
I fiori del secondo piano
SENTIRE LA COMUNITÀ.
«Penso che uno dei motivi
che spinge alcuni cattolici a
cambiare religione e a preferi-
re magari gli stessi Testimoni
di Geova, con tutte le stram-
berie che dicono, sia la man-
canza di calore umano tra cri-
stiani. Loro ci danno un gran-
de esempio di solidarietà. È
così difficile invece sentire la
comunità nelle nostre parroc-
chie! La nostra fede rischia di
diventare una cosa astratta se
non siamo capaci di vivere in-
sieme e di fare comunità».
Virgilio Nave, Milano
1 OTTOBRE 1992 - 5

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Genova. Nell'ambito dei
lii Giochi Europei della
Gioventù Salesiana, or-
ganizzati dalle PGS, so-
no stati presenti anche
alc;uni giovani di Naza-
reth . Nella foto un giova-
ne palestinese presenta
un omaggio al card. Ca-
nestri. Il cardinale rivol-
gendosi ai giovani ha det-
to: «Provenienti da paesi
e culture diverse vi siete
ritrovati insieme nel no-
me dello sport: in un'Eu-
ropa nella quale le di-
stanze si accorciano e si
lavora nella ricerca di un
cammino e di una casa
comune, questa iniziativa
può essere uno stimolo e
insieme un motivo di spe-
ranza».
chi divertenti. Non sono man-
cate speciali attrazioni, come
l'incontro con noti personag-
gi dello spettacolo, attori del
teatro popolare, concerti di
musica e di canto, cqncorso di
pittura, cavalcata, modelli
volanti, dimostrazione del-
l'efficienza della polizia, lot-
teria, fuochi artificiali. Per
tutti i due giorni "Radio Sa-
vionalia" trasmise informa-
zioni, interviste, pubblicità e
musica. Naturalmente non
sono mancati alcuni momenti
formativi: la messa domeni-
cale preceduta da una magni-
fica sfilata, e momenti di ri-
flessione, specie alla sera. Per
le notti i ragazzi hanno dovu-
to sistemarsi presso la scuola
elementare e professionale,
ma anche questo è risultato di
loro pieno gradimento.
MADAGASCAR
14 NUOVI
COOPERATORI
A Ivato in Madagascar, so-
no nati i primi cooperatori.
Hanno fatto la promessa e ri-
cevuto l'attestato dalle mani
di un pioniere della missione
salesiana in Madagascar, don
Claudio De Portu, il quale
racconta: «Un proverbio mal-
gascio augura agli sposi no-
velli di avere sette figli e sette
figlie. È il massimo dell'augu-
rio per una famiglia che na-
sce. E il gruppo di questi nuo-
vi cooperatori era composto
proprio di sette giovani e sette
signorine! Circostanza simpa-
ticissima!». Tutti curiosi i lo-
ro nomi, ma uno addirittura
impronunciabile, quello di un
giovane di 22 anni, che si
chiama Miche! Georges Ra-
kotomavonandrasana!
POLONIA
DUE GIORNI
INDIMENTICABILI
A Cracovia si sono svolti i
secondi giochi giovanili "Sa-
vionalia" ,· che quest'anno so-
no durati due giorni e hanno
coinvolto 1500 ragazzi. Ac-
compagnati dalle FMA e dai
salesiani, i giovani si sono ci-
mentati in gare sportive e gio-
La locandina delle
"Savionalia '92".
I
lvato (Madagascar). I primi 14 giovani cooperatori.
6 · 1 OTTOBRE 1992
Cracovia (Polonia): la sfilata.

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CONFRONTO
EUROPEO
Si è concluso a Valdocco il
15 agosto con un appello alla
pace il Confronto Giovanile
Europeo '92. I 1500 giovani
provenienti da tutta Europa
hanno indirizzato una lettera
a Scalfaro e a Milosevic, chie-
dendo una svolta decisiva per
fermare la guerra nella ex-
Jugoslavia: «Come giovani
cristiani non possiamo tolle-
rare che continui questo geno-
cidio». A Milosevic in parti-
colare hanno scritto: «I giorni
trascorsi ci hanno fatto capire
che è possibile costruire una
Europa unita. Per questo ab-
Il Confronto '92 si è svolto al Colle Don Bosco,
con puntate a Mornese e Torino-Valdocco.
biamo sentito forte l'assenza
dei giovani serbi . Quanto
tempo dovremo aspettare an-
cora per poter- serenamente
abbracciare i nostri fratelli
serbi?».
EL SALVADOR
COSTRUIAMO
LA PACE
È stata inaugurata l'Uni-
versità Don Bosco. Erano
presenti Alfredo Cristiani,
presidente della repubblica, il
ministro della pubblica istru-
zione, gli ambasciatori USA, El Salvador. Inaugurazione dell'Università Don Bosco.
di Germania, Italia e Spagna.
Nella piccola repubblica del
Salvador le università private
sono più di 30. Ma la nuova
Università Don Bosco si col-
loca in una zona popolare, a
Soyapango, una cittadina di
300 mila abitanti, che si trova
nel perimetro metropolitano
di San Salvador, dove vivono
in grande prevalenza famiglie
di operai. Il 95 per cento delle
università del Salvador invece
si trovano nella zona occiden-
tale, abitata dalla classe me-
dia e alta. L'Università Don
Bosco oltre a pedagogia, co-
municazione sociale e teolo-
gia pastorale per laici, offrirà
discipline tecniche, come in-
gegneria meccanica, elettrica,
elettronica, civile, biomedica,
ingegneria in sistema. Dopo
ICastel de ' Britti (Bologna). Le autorità nel giorno
dell'inaugurazione. Da sinistra, Don Viganò,
il card . Biffi, don Scaglioni , il prefetto Domenico Sica,
e mons. Stagni , ausiliare di Bologna . Col microfono,
il direttore dell 'opera don Fontana.
più di dieci anni di guerra ci-
vile, nel paese il lavoro di ri-
costruzione è enorme. L'Uni-
versità Don Bosco vuole col-
locarsi accanto alle forze vive
che si propongono l'elevazio-
ne culturale e tecnico-
professionale della gente.
INAUGURATO
IL CENTRO
GAVINELLI
A Castel de' Britti (Bolo-
gna) è stato inaugurato il
"Centro Gavinelli". L'opera
si propone come punto di ri-
ferimento professionale per
giovani che non hanno con-
cluso la scuola dell'obbligo o
sono di fatto ai margini della
scuola o a rischio. Offre ospi-
talità residenziale per alcuni
giovani che non possono ri-
manere in famiglia. Gli indi-
rizzi professionali si rivolgo-
no ai settori della meccanica,
falegnameria, idraulica e agri-
coltura. Il Centro dispone di
60 camere con bagno e telefo-
no, self-service, aula confe-
renze, sala polivalente, cap-
pella, sala giochi, bar, biblio-
teca.
ZAMBIA
SOLIDARIETÀ
AFRICANA
I ragazzi e i bambini del
centro giovanile Laura Vicu-
fia di Kasama e di Luwingu
giorno dopo giorno hanno
raccolto i loro spiccioli, rag-
giungendo una discreta som-
ma, frutto di piccole rinunce.
Poi l' hanno consegnata alla
Madre Generale in partenza
per Quito (Ecuador) a favore
dei bambini poveri dell' Ame-
rica Latina. Un gesto di soli-
darietà a cui forse non erano
abituati, ma che li aiuterà a
dare radici profonde alle più
impegnative scelte evange-
liche.
1 OTTOBRE 1992 - 7

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* Parroco di S. Maria della Speranza in Roma
a cura di don Stelvio*
A PROPOSITO
DI ANIMALI
Una risposta ai numerosi lettori
che mi hanrio scritto sulla questione
degli animali è di obbligo (et. «La
mia vicina mantiene sei cani» ,
BS/maggio). Mi sono reso conto che
la nostra rivista è letta con molta cu-
ra. Ne sono contento. La domanda è
di attualità. Ho visto che questioni
simili erano state poste anche nei
corrispondenti numeri di Città Nuo-
va e Famiglia Cristiana. Ho già scrit-
to che non sono "tuttologo": nelle
mie risposte mi lascio guidare dal
buon senso comune e dal mio stare
a contatto con la gente. Chi mi cono-
sce sa che amo gli animali e ospito
nel mio ufficio alcuni canarini che mi
rallegrano nel lavoro.
Sono gli eccessi che non mi trova-
no d'accordo. Nella scala dei valori
ho sempre messo prima gli uomini e
poi gli animali. Lo riaffermo : dinanzi
a milioni di bambini che muoiono di
fame , trovo eccessive certe atten-
zioni verso le bestie.
La domanda era già un po' singo-
lare: sei cani sono tanti! Personal-
mente non mi riferivo a certi gesti lo-
devoli di persone che accolgono be-
stie abbandonate, ma a quelle esa-
gerazioni e comportamenti anormali
descritti nella mia risposta.
Ringrazio la signora Elisa di Cu-
sano Milanino per la sua bella e lun-
ga lettera: sono parole sagge e pen-
sate di una insegnante che è stata a
contatto con molti scolari. Sono
d'accordo con lei e con Isacco il Siro
che inneggia a tutto l'universo, ani-
mali compresi , creati da Dio. La let-
tera meriterebbe di essere pubbli-
cata.
Al gruppo di amici di Enna, ri-
spondo che sono d'accordo, ma ri-
badisco il mio pensiero: cura degli
animali , sl ; esagerazioni , no. Cia-
scuno al proprio posto, gli uomini e
gli animali.
All 'amico di Lugano, che si è fatto
promotore di decine di abbonamenti
al BS, ma al quale la mia risposta
non è piaciuta, assicuro tutta la mia
simpatia e suggerisco di trasforma-
a · 1 OTTOBRE 1992
L'on . Marini con il figlio
David e i suoi due cuccioli.
re la sua " rabbia" in serena com-
prensione verso chi ha idee diverse
dalle sue . Comunque sono grato an-
che a tutti gli altri che mi hanno scrit-
to: il confronto è sempre utile.
Come ulteriore atto di simpatia,
voglio ricordare il rapporto amiche-
vole di san Benedetto con il corvo
che gli portava il pane, di san Fran-
cesco con il lupo , di Don Bosco e del
suo " Grigio" , un grosso cane che
gli salvò più di una volta la vita.
QUANTI SONO
I CRISTtANI
CHE VANNO
A MESSA?
A Londra è comparso un gigante-
sco cartellone pubblicitario che an-
nuncia a caratteri cubitali su fondo
nero: " Domenica scorsa in Inghilterra
il 37% delle persone hanno guardato
la TV, il 27% è andata al pub, il 14%
ha lavato l'auto, 1'8% ha oziato a letto
e solo il 12% è andato in Chiesa".
Leggo sempre con molto interes-
se la .rivista dei giovani " Dimensioni
Nuove". Sotto il titolo " Il settimo
giorno si annoiò..." Bruno Ferrere ri-
porta alcune statistiche che fanno
proprio al caso nostro. La frequenza
degli italiani alla messa domenicale
è del 30% . Per un 15-17% assume
una cadenza mensile, per un altro
30% riguarda solo le maggiori festi-
vità. E i giovani? Sono il 24% che
hanno confermato di andare alla
messa domenicale.
Avendo poi sottoposto il precetto
festivo a una valutazione etica, per il
41% dei giovani non è assolutamen-
te peccato; è peccato lieve per il
32% , è peccato grave solo per il
18%. Sintomatica l'ultima statistica:
nella scala dei comportamenti più
importanti del cristiano "andare a
messa la domenica" è tale solo per
il 2,5% dei giovani interpellati e 1'8%
per i cattolici.
Quelle che abbiamo offerto non
sono soltanto cifre aride, ma costitui-
scono un presupposto reale per al-
cune rapide osservazioni. Come in
Francia così in Italia va di moda defi-
nirsi credente, non praticante; e un
certo numero di cristian i va in Chie-
sa tre volte nella vita: per il battesi-
mo, per il matrimonio e per il fune-
rale.
Forse alcuni non vanno a messa
perché mai hanno compreso il signi-
ficato di quello che è chiamato il
giorno del Signore (Dies Dominica)
e quindi non ne sentono la neces-
sità.
E noi sacerdoti dovremmo fare l'e-
same di coscienza: curiamo l'acco-
glienza, i canti , le letture? C'è possi-
bilità di confessarsi? t.:omelia è bre-
ve e ben preparata, intelleggibile per
tutti?
C'è un lavoro pastorale da fare.
Perché la messa non sia sentita co-
me un obbligo, ma come un incontro
desiderato. Solo così il 30% che va
a messa diventerà luce che illumina
le tenebre, sale che qà sapore, lievi-
to che fa fermentare la massa. E mi
auguro che chi ha posto la domanda
si impegn i per primo a realizzare
questo contagio missionario.

1.9 Page 9

▲back to top
di Silvano Stracca
È passato attraverso dieci diverse
stesure, in sei anni di lavoro, il nuo-
vo "Catechismo della Chiesa Catto-
lica", che è stato approvato ufficial-
mente da Giovanni Paolo Il il 25 giu-
gno. Si tratta di un volume di oltre
450 pagine, che rimane segreto fino
à quando non verranno approntate
le traduzioni nelle principali lingue
del mondo. Il testo base è in france-
se. Ol.lello ufficiale sarà in latino. Il
via alla sua diffusione sarà dato con
una Costituzione apostolica, un so-
lenne documento a firma del Papa.
Ma questo non dovrebbe avvenire
prima di Natale.
Il " catechismo " era stato chiesto
dal Sir,odo straordinario dei Vescovi
del 1985, convocato da Giovanni
Paolo Il per commemorare il XX an-
niversario della fine del Concilio e ri-
lanciarne l' insegnamento. E il Vati-
cano Il è il riferimento ideale ·del
nuovo testo, che è stato preparato
redazionalmente da un gruppo di
sette vescovi , realizzato con il con-
tributo di r:iumerosissimi esperti
(esegeti, teologi, liturgisti, moralisti ,
catecheti, pastoralisti , ecc.) e pas-
sato al vaglio , infine, dai vescovi di
tutto il mondo che , due anni fa , as-
sieme alle prime bozze inviarono a
Roma anche 25 mila emendamenti.
La bozza finale era stata sottopo-
sta in febbraio a Giovanni Paolo 11 ,
che aveva seguito personalmente
tutte le diverse fasi della redazione .
Il Papa ha formulato una serie di ul-
teriori osservazioni migl iorative del
testo, che è stato poi ultimato il 30
aprile. Il nuovo catech ismo è diviso
in quattro parti: " la professione di
fede " con illustrazione degli articoli
del Credo; " la celebrazione del mi-
stero cristiano", con l'esposizione
dei Sacramenti; " la vita in Cristo "
c'on la spiegazione dei Dieci Coman-
damenti; "la preghiera cristiana"
con una sintesi della spiritualità del
credente in Cristo sulla base del Pa-
dre Nostro.
Il " Catechismo della Ch iesa cat-
tolica" - che, molto probabilmente,
IL NUOVO
CATECHISMO
UNIVERSALE
Il cardinal Ratzinger, presidente
della commissione redazionale.
tutti chiameranno il "Catechismo di
Giovanni Paolo Il ", per analogia con
i suoi illustri predecessori - con-
densa le verità essenzial i e fonda-
mentali della fede e della morale
cattolica, formulate in modo il più
possibile completo, chiaro e sinteti-
co. Il testo , ha sottolineato autore-
volmente il Papa, «si colloca mirabil-
mente nel solco della tradizione del-
la Chiesa. Il contenuto rispecchia fe-
delmente l'insegnamento del Vati-
cano Il e si rivolge all'uomo d'oggi
presentandogli il messaggio cristia-
no nella sua integrità e comple-
tezza».
Il catech ismo non sarà, tuttavia,
un testo destinato ad andare diretta-
mente in mano ai ragazzi e ai giova-
ni. I suoi destinatari sono prima di
tutto i vescovi e coloro che sono re-
sponsabili della catechesi nella
Ch iesa cattolica: parroci , catechisti,
redattori di catechism i. Sarà un mo-
dello al quale dovranno ispirarsi e
col quale dovranno confrontarsi tutti
i testi , diocesani e nazionali, per l'in-
segnamento della dottrina cristiana
ai diversi destinatari : bambini , fan-
ciulli , adolescenti , giovani, adulti,
anziani.
«Grazie alle sue caratteristiche e
qualità», ha detto Giovanni Paolo 11 ,
«potrà costituire un sicuro punto di
riferimento nell'elaborazione dei ca-
techismi nazionali e diocesani, la
cui mediazione è da ritenersi indi-
spensabile». Questo è un punto mol-
to importante. L'esposizione della
dottrina cristiana, infatti , incontra
problemi ed esigenze differenti a se-
conda delle varie aree geografiche e
delle varie culture. «Il catechismo
non intende assolutamente sostitui-
re o mortificare i catechismi locali,
sia quelli già in uso, sia quelli che
nasceranno», ha assicurato il cardi-
nale Joseph Ratzinger, prefetto del-
la Congregazione per la dottrina del-
la fede , sotto la cui guida s'è svolto
tutto il lavoro.
Nella storia del cristianesimo ci
sono stati tanti catechismi , sino a
quello famoso di Pio X dei primi del
Novecento, con le domande e rispo-
ste mandate a memoria dai ragazzi
fino agli anni sessanta, quando ap-
parvero i primi catechismi nazionali.
C'era proprio bisogno di un nuovo
testo? «Sì», ha risposto Ratzinger,
«in un mondo caratterizzato dal
"soggettivismo ", dalla frantumazio-
ne dei diversi messaggi; in un mon-
do in cui realtà come Dio, Cristo,
Chiesa, uomo... sembrano perdere
senso e rilevanza, si fa sempre più
strada l 'esigenza di un annuncio del
messaggio cristiano, che sia nello
stesso tempo: semplice e sintetico,
sereno e gioioso, propositivo ed im-
pegnativo a un tempo».
1 OTTOBRE 1992 9

1.10 Page 10

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ISPETTORI
SALESIANI
A CONVEGNO
di Silvano Stracca
«Nell'Europa di domani
si deve sapere in che
direzione stiamo
camminando», dice il
vicario generale
don Vecchi. Per la prima
volta si sono riuniti tutti
gli ispettori d'Europa.
S ~lesia~i e? Europa: ~n ~iscorso
mcommc1ato a meta gmgno a
Roma. Nella. casa generalizia della
Pisana si sono ritrovati insieme, per
la prima volta, i 42 ispettori del con-
tinente. Dell'Ovest e dell'Est, del
Nord e del Sud. È la risposta "sale-
siana'' alla caduta dei muri, al crol-
lo delle ideologie, alle nuove sfide
della situazione culturale e della
condizione giovanile, alla provoca-
zione della ''nuova evangelizzazio-
ne" di cui parla così spesso il Papa
e rilanciata in chiave europea dal Si-
nodo dei Vescovi di un anno fa.
Primi passi
L'idea dell'incontro viene da lon-
tano, dal primo Capitolo generale
tenutosi all'indomani dei fatti del
1989 che hanno cambiato il volto
del nostro continente. Se il ritrovar-
si "insieme" dei responsabili delle
comunità religiose salesiane in Eu-
ropa è per sé stesso un fatto impor-
tante, gli obiettivi sono tuttavia rea-
listicamente limitati. Verificare la
possibilità di lavorare insieme a par-
tire dalla diversità dei contesti in cui
ciascuno opera. Prospettare possi-
bili collegamenti e collaborazioni su
scala europea. Mettere a punto un
progetto comune per il futuro.
10 · 1 OTTOBRE 1992
Ispettori d'Europa per la foto di gruppo (Foto F. Marzi).
Così, dopo un panorama della si-
tuazione religiosa in Europa presen-
tato dal Rettor Maggiore, si passa
allo scambio e al confronto delle
esperienze. Emerge s~bito come le
diverse ispettorie abbiano continua-
to con entusiasmo, in condizioni
spesso difficili, il cammino salesiano
che in tutto l'Est europeo era stato a
lungo ostacolato. Hanno attivato
forme di solidarietà tra loro, con le
loro Chiese locali e coi loro popoli.
Alcune sono state costrette a pagare
un nuovo tributo di sofferenza, co-
me nella drammatica situazione che
ha accompagnato il rinascere della
Croazia e della Slovenia.
Partire dall'esistente
Il confronto tra gli ispettori porta
a riconoscere i numerosi elementi
positivi dell'esperienza europea in
corso . Alcuni di esi;i appaiono or-
mai collaudati dal tempo: i colloqui
internazionali di spiritualità e di vi-
ta salesiana, l'accoglienza di giova-
ni salesiani in formazione prove-
nienti da altre nazioni, la valorizza-
zione dei "luoghi di Don Bosco" in
Piemonte, gli "Eurobosco" pro- ·
mossi dagli Exallievi, ecc. I grandi
raduni giovanili di Santiago di
Compostella nel 1989 e di Czesto-
chowa l'anno passato appaiono,
inoltre, come i "segni" di una di-
mensione europea che a livello gio-
vanile va costruendosi velocemente,
anzi per molti versi è già una realtà.
«Per noi salesiani», si legge nel
documento conclusivo dell'incon-
tro , una sorta di "carta d'intenzio-
ni", «rimane fondamentale e prio-
ritario un cambio di mentalità, che
ci renda "magnanimi" nei confron-
ti dell'Europa, accoglienti delle di-

2 Pages 11-20

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2.1 Page 11

▲back to top
proposte di fede capaci di farsi ac-
cogliere, vincendo la stretta del rela-
tivismo, del. sincretismo, del secola-
_rismo.
«La sfida che tocca il cuore del
nostro carisma», si legge ancora nel
documento degli ispettori d'Euro-
pa, «è quella d'immaginare e co-
struire cammini "educativi", capa-
ci di condurre - attraverso le mille
strade degli interessi giovanili - al-
l'incontro con il Signore, Redentore
dell'uomo. La sfida, inoltre, a rico-
noscere le nuove e antiche povertà
giovanili, le sacche di miseria, e a
promuovere risposte efficaci. La
sfida, infine, di assumere un'ottica
europea: negli impegni educativi,
nelle strategie d'intervento, nellct
mobilità delle persone, nella capaci-
tà di inserirci in circuiti ed esperien-
ze europee, senza lasciarci intrappo-
lare dai problemi coi quali dobbia-
mo fare i conti ogni giorno».
Passaporto per l'Europa anche
per i salesiani.
versità nazionali, capaci di rispon-
dere alle sfide che essa ci pone. In
primo luogo, la sfida di una cultura
complessa e fra·mmentata, che indu-
ce ad atteggiamenti individualistici
e che hanno bisogno di recuperare il
loro equilibrio, ricongiungendosi
alle radici cristiane dell'Europa:
questa sfida ci provoca ad elaborare
Le priorità
Quanto si è fatto sino ad oggi ap-
pare ai responsabili salesiani d'Eu-
ropa riuniti a Roma solo "l'inizio di
un cammino", che richiede adesso
maggiore impulso, coordinamento,
capacità di fissare alcune priorità.
Si individuano, quindi, tre aree di
speciale rilevanza. La prima è quel-
la della pastorale giovanile: il di-
scorso viene però circoscritto ai
"giovani impegnati", cioè a quella
fascia di giovani dai 18 anni in su
che s'impegnano come animatori,
volontari, obiettori, catechisti. No-
nostante alcune difficoltà di tipo
formativo e vocazionale, il servizio
che svolgono rappresenta una forza
insostituibile per la missione salesia-
na oggi in Europa.
«Ci siamo interrogati», dice il vi-
cario generale della Congregazione
salesiana, don Juan Vecchi, «su che
tipo di valori proporre per la costru-
zione dell'Europa e per la solidarie-
tà dell'Europa con il resto dell'uma-
nità e, insieme, su che tipo di ap-
poggio dare è quali collegamenti
stabilire tra i diversi gruppi di "gio-
vani impegnati" . Abbiamo pure al-
largato lo sguardo ad altri campi
della pastorale giovanile per vedere
quali iniziative agli ispettori sembra-
vano più urgenti da intraprendere su
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1 OTTOBRE 1992 - 11

2.2 Page 12

▲back to top
Come valorizzare maggiormente,
dovunque, l'apporto di exallievi,
cooperatori e degli altri laici colla-
boratori, nelle scuole salesiane, ne-
gli oratori, nelle parrocchie, nei
centri professionali, come animato-
ri del tempo libero, dirigenti, inse-
gnanti, ecc.?
Nel discorso sui laici, importanza
particolare assume anche l'attenzio-
ne operativa privilegiata che, da
parte salesiana, va riservata alle
"associazioni dei genitori" delle
scuole cattoliche, che vivono in Eu-
ropa comuni problemi di libertà
nell'educazione.
Don Picchioni (Medio Oriente), don Mazzali e don Basset (Italia).
un piano europeo. Sono venute fuo-
ri così le questioni della disoccupa-
zione, del lavoro precario, dell'im-
migrazione giovanile, della società
multirazziale e multireligiosa».
Una seconda area di grande inte-
resse per i salesiani oggi in Europa
è quella della presenza, della colla-
borazione e della responsabilità dei
laici. «Non siamo ancora ovunque
di fronte ad un contributo dei laici
pienamente accolto dalle comuni-
tà», riconosce sinceramente il docu-
mento finale dell'incontro romano.
Don Havasi (Ungheria) e don Ka_iser (Slovacchia).
12 · 1 OTTOBRE 1992
Tra mestiere
e ''testimonianza ''
La terza area di convergenza indi-
viduata nel dialogo tra gli ispettori
salesiani investe la persona stessa
del salesiano, la sua presenza come
religioso in un contesto così secola-
rizzato e complesso quale l'Europa
di oggi, la sua formazione perma-
nente per rivitalizzare ed approfon-
dire lo "specifico" salesiano nell'e-
sperienza spirituale, nella sensibilità
e nella capacità di risposte alle atte-
se giovanili e nella collocazione ec-
clesiale europea.
«Ci siamo chiesti in sostanza»,
sottolinea don Vecchi, «quanto può
valere il "mestiere" e quanto la te-
stimonianza profetica, quanto le
opere materiali e quanto i "segni"
di una nuova presenza nelle zone di
povertà e di emarginazione, anche
se non sono ancora molto estesi».
«Abbiamo insistito soprattutto
sulla nostra capacità educativa»,
conclude don Vecchi. «Nell'Europa
di domani ci sarà sempre più biso-
gno di salesiani adulti, capaci di
fondere l'acutezza umana della per-
cezione e dell ' analisi della situazio-
ne con un senso profondo di Dio,
con quella che si chiama comune-
mente la "sapienza cristiana" . Ci
sarà bisogno di persone che realizzi-
no una fusione ottimale tra il vivere
in questo mondo e il senso della tra-
scendenza, di persone che, pur non
sottovalutando le circostanze tem-
porali, allo stesso tempo sappiano
in che direzione stanno cammi-
nando».
Silvano Stracca

2.3 Page 13

▲back to top
di Nicola Palmisano
SE MIO FIGLIO SI DROGA
BREVI
TORINO. Don Emilio Galliano è il
nuovo parrocco di Maria Ausiliatrice.
Nato a Pinasca di Pinerolo (TO),
ultimamente era direttore della scuola
professionale di Valdocco.
«Come faccio ad accorgermi se
mio figlio o mia figlia si droga?». Ec-
co una domanda che alcuni genitori
si pongono con angoscia, per ri-
spondere alla quale a volte vanno a
caccia di sintomi e rimedi, cercando
di cogliere nei cambiamenti di com-
portamento e nel volto dei figli "ri-
scontri oggettivi", per celebrare il
processo ed emettere la sentenza.
Sarebbe facile rispondere: «Se
non te ne accorgi, vuol dire che co-
nosci poco i tuoi figli!». A parte que-
sto, sarebbe davvero bello che i ge-
nitori cercassero di cogliere sulle
labbra dei propri figli il sorriso, leg-
gessero nei loro occhi non la vergo-
gna o la dilatazione delle pupille, ma
la voglia di essere puliti, sereni, il
desiderio di fare progetti per il fu-
turo.
IL SEGNO DI UN DISAGIO. «Ma
che cosa poss·o fare se mio figlio o
mia figlia si droga?». Se realmente
questa eventualità si verifica, non bi-
sogna lasciarsi prender dal panico o
dal senso di colpa, e nemmeno im-
mediatamente pensare che tocchi
all'esperto, al medico, allo psicologo
o all'assistente sociale risolvere il
caso. È il momento invece di tirare
fuori da sé tutta la capacità di intui-
zione e la sensibilità che un genitore
sa ritrovare nei momenti più impor-
tanti. Perché l',uso della droga non è
che il sintomo eclatante di un disa-
gio preesistente.
Al posto dunque di trasformarsi in
improvvisati e imbarazzati detective
per cogliere sul fatto i propri figli,
processarli e consegnarli ad altri, è
doveroso usare tutto il buon senso e
tutta la forza della propria lucidità e
ritrovare 1a·capacità di dialogare e di
ascoltare, di comprendere la nuova
situazione che il figlio o la figlia sta
vivendo.
GLI AIUTI ESTERNI. L'esperto,
un centro -con i suoi operatori, ed
eventualmente anche una comunità
di accoglienza, potranno certamente
offrire il proprio aiuto e sostenere il
r• •""•~......., """'~ ••• 1,
~--.i"" •~·"" _,.., ... i,,, 1...,,....J. ..,_
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1~• .,.,..
...... . . 1 ,, ,;_'17', .~ ..,i.~
_ _ ,.,.,. __ 1,,.:..,.,+.,i,•
I 410 ~, ,;..,.,a, ,...,.._ \\., I,
·1...,... , .. .,-,4•.lo··
......., . 6.. ,-t--,,....... &"•
I~,'~" ' •••• • ~ i,., 1,,_,,
-. 11.....
,.-,_'J'/4~,:-t.t,~
1tt!fi{I
I Contro-pubblicità voluta
dalla presidenza del Consiglio
italiano.
ruolo e la competenza dei genitori,
soprattutto se questi genitori non
chiedono aiuto per liberarsi da un
problema, ma in termini di collabora-
zione.
Tocca però anzitutto ai due genito-
ri, insieme, analizzare la situazione
e scegliere la via da seguire e i passi
da fare. Ed è preferibile discutere tre
giorni per mettersi d'accordo che
manifestarsi divisi e titubanti davanti
al proprio figlio. Che va affrontato
con equilibrio tra fermezza e dispo-
nibilità, e invitato ad assumersi le
proprie responsabilità, perché sicu-
ramente non si lascerà facilmente
convincere e cercherà di sfruttare a
proprio vantaggio la situazione.
Quasi tutte le metodologie delle
varie comunità e centri, pur così di-
verse tra loro, sòno d'accordo nel
considerare indispensabile il coin-
volgimento dei gènitori nel ricupero
dei figli. Fino a concepire l'itinerario
di ricostruzione come un cammino
di "rieducazione".
ARGENTINA. Il salesiano Alejandro
Antonio Buccolini è stato .nominato
vescovo di Rio Gallegos. Nato a Ferré
(Buenos Aires) 62 anni fa, era ispettore
di Rosario. L'ordinazione è avvenuta il
26 settembre.
ROMA. Don Henry Alen, un belga di
60 anni, proveniente dal convitto per
universitari di Heverlee (Belgio nord), è
stato nominato nuovo delegato
confederale degli exallievi.
SOVERATO (Catanzaro). La scuola
elementare statale di via Castagna è
stata intitolata a san Domenico Savio.
MEDIO ORIENTE. Il 4 ottobre, festa
di san Francesco, nella cattedrale
cattolica di Aleppo don Armando
Bortolaso viene ordinato vescovo.
Direttore della missione salesiana di
Aleppo, ora è vicario apostolico dei
cattolici latini della Siria.
DUE GRAVI PERDITE. Sono morti
per incidente stradale nel mese di agosto
don Michele Umana, 72 anni, direttore
dell'Istituto di Soverato e don Luciano
Panfilo, 54 anni, parrocco a Roma-
Cinecittà. Più volte direttori in varie
opere, erano stimati e amati dalla
popolazione. La famiglia di don
Luciano conta altri tre sacerdoti, uno
dei quali, don Francesco, è ispettore
salesiano nelle Filippine.
ARESE (Milano). «Sono un povero
prete stanco di-fare funerali di giovani
che muoiono in motorino». Inizia così
la lettera aperta che il parroco don Aldo
Rivoltella ha mandato alle fam iglie della
città. L'appello è venuto dopo l'ultimò
incidente che ha portato la morte a un
ragazzo di 17 anni. Dall'anno del suo
arrivo in città, il 1978, i funerali come
questo sono già stati 21. Don Aldo non
riesce a fare abitudine a quelle morti e
ha scritto questa lettera "inutile e senza
destinatario". In realtà spera che otterrà
qualche effetto. «Il problema è di tutti» ,
ha scritto. «Non serve vedere centinaia
di giovani smarriti di fronte alla morte
di un loro amico, e poi il giorno dopo
ripetere gli stessi errori, le stesse bravate,
la stessa incoscienza».
1 OTTOBRE 1992 13

2.4 Page 14

▲back to top
PROTAGONISTI
GIOVANNI
CAGLI ERO,
IL BATTISTRADA
di Teresio Bo-sco
,~
,)..:
Giovanni Cagliero, primo vescovo
e cardinale salesiano.
Il 12 di ottobre
a Santo Domingo
Giovanni Paolo II
con tutto l'episcopato
latino-americano farà
il punto sulla "nuova
evangelizzazione" nel
nuovo mondo.
Il contributo missionario
di don Cagliero
e degli altri alla crescita
di quell'immenso paese.
numerosa congregazione presente
nel continente americano.
L'idea delle missioni fu sempre
presente nella vita di Don Bosco.
Ma diventò uno stimolo che non da-
va tregua nel 1872, quando il Pie-
monte cattolico visse giornate di
grande entusiasmo per il cinquante-
simo dell'Opera della Propagazione
della Fede. A Torino giunsero prati-
camente tutti i vescovi piemontesi.
Tra essi dodici erano missionari: sei
in Cina, due in Etiopia, uno nel ter-
ritorio delle Montagne Rocciose...
Dintorni di Viedma (Patagonia). Indi araucani della Pampa.
I salesiani si affacciarono all 'Ame-
rica 117 anni fa, esattamente il 14
dicembre 1875, nella baia di Buenos
Aires. Ben lontani da quel 1492 in
cui le caravelle di Colombo gettaro-
no le ancore davanti al "nuovo
mondo". Ma non era colpa dei sale-
siani se la loro congregazione era
nata solo nella seconda metà del
1800; e nel "nuovo mondo" fecero
la loro parte, e la fanno ancora, se
sono attualmente ben 4.000: la più
14 - I OTTOBRE 1992

2.5 Page 15

▲back to top
----------BS-
Patagonia e Cagliero
In poco tempo, la parola generica
missioni in Don Bosco si tradusse in
due parole concrete: Patagonia e
Cagliero.
La Patagonia (nome con cui a
quel tempo si indicava tutto il sud
dell'Argentina) la vide in un sogno,
quello strano modo con cui Dio gli
comunicava messaggi, sollecitava
progetti. Il sogno si svolse in una
notte di quel 1872, e Don Bosco lo
raccontò prima a Pio IX e poi ad al-
cuni salesiani. Tra essi c'erano don
Barberis e don Lemoyne che ne pre-
sero subito nota. Gli parve di essere
in una regione sconosciuta, un'im-
mensa pianura alla quale facevano
da confine lontanissime montagne
scabrose. Turbe di uomini la per-
correvano a cavallo: statura straor-
dinaria, colore tra il bronzo e il ne-
ro. All'estremità della pianura vide
missionari che venivano a portare il
Vangelo. I barbari gli si avventaro-
no contro e li uccisero. Don Bosco
vide allora un altro gruppo di mis-
sionari, che si avvicinarono allegra-
mente, preceduti da una schiera di
ragazzi. «Li riconobbi: erano i no-
stri salesiani». Rabbrividì pensando
al pericolo che correvano. Invece
furono accolti con cortesia, e insie-
me ai barbari intonarono Lodate
Maria, la prima canzoncina che nel
lontano 1846 Don Bosco aveva inse-
gnato ai ragazzotti del suo primissi-
mo Oratorio.
Cagliero era un giovane e maturo
prete di 37 anni, che aveva incontra-
to un giorno nel suo stesso paese na-
tio, Castelnuovo. Chierichetto di 12
anni, lo aveva accompagnato sul
due giovani colonne della congrega-
zione salesiana: Michele Rua, l'om-
bra silenziosa e fedele di Don Bo-
sco, e Giovanni Cagliero, la mente
entusiasta e il braccio forte di Don
Bosco. Tutto l'avvenire dei salesia-
ni, umanamente parlando, gravava
sulle loro spalle. Cagliero, laureato
in teologia e professore dei chierici,
insuperabile maestro e compositore
di musica, sembrava indispensabile
all'Oratorio di Valdocco.
Eppure una sera Don Bosco l'av-
vicinò: «Vorrei mandare uno dei
nostri preti più antichi ad accompa-
gnare i missionari in America. Uno
che si fermi là tre mesi, finché siano
ben a posto, che li consigli con sicu-
rezza nei momenti difficili». «Se
Don Bosco pensa a me», rispose
calmo Cagliero, «io sono pronto» .
«Va bene. Allora preparati». (MB
11, 372).
Quei "tre mesi" si sarebbero tra-
sformati prima in tre, poi in tren-
t'anni. Cagliero sarebbe diventato,
per i suoi meriti missionari, il primo
vescovo e il primo cardinale sale-
siano .
Uno scorcio del popolare quartiere
"La Boca" a Buenos Aires.
pulpito, e da quel momento aveva
fatto di Don Bosco il suo idolo. Era
sceso a Valdocco con lui, e al suo
Don Bosco non aveva mai negato
niente: aveva studiato lettere, musi-
ca, teologia, aveva dato esami e fat-
to scuola, aveva lavorato in oratori
vicini e lontani, era diventato sale-
siano e prete, tutto come gli aveva
indicato Don Bosco. E sempre con
energia ed entusiasmo. Nella pre-
ghiera che recitava al mattino appe-
na sveglio, diceva: « Vi adoro, . mio
Dio. Vi ringrazio di avermi fatto cri-
stiano e salesiano».
A 37 anni era diventato una delle
L'emigrazione:
fuga dall'Italia
Don Bosco aveva sognato i sel-
vaggi, una parola che in quel tempo
accendeva la fantasia di ogni perso-
na: evocava paesaggi esotici, foreste
misteriose, lande libere e sconfina-
te. I popoli selvaggi da evangelizza-
re rimasero sempre il traguardo di
Don Bosco.
Ma Don Bosco, che aveva accet-
tato la domanda dell'Arcivescovo
di Buenos Aires nel dicembre 1874,
dopo averla studiata con Cagliero e
il Capitolo della congregazione, sa-
peva che in Argentina aspettava
evangelizzazione e promozione
umana un'altra turba di persone
che cresceva di anno in anno : gli
emigrati. Era, questa, una parola
che accendeva molto meno la fanta-
sia e gli entusiasmi. Emigrati voleva
dire miseria, stracci, famiglie pove-
rissime e disperate.
Il fenomeno della migrazione, in
Italia, era gravissimo . Al re e alla
regina che visitavano l'Italia, il sin-
daco di Cosenza disse con coraggio
in quegli anni: «Abbassate gli oc-
1 OTTOBRE 1992 15

2.6 Page 16

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chi, e v'accorgerete di passare in
mezzo a mortifere paludi, ove il
contadino si ammala e muore senza
soccorsi, ove l'agricoltura langue e
le bonifiche sono di là da venire. La
nostra Calabria sarebbe terra im-
mensamente ricca, ma sì per la ma-
laria, sì per le cattive amministra-
zioni dei municipi e delle province,
la miseria ha invaso queste contrade
un dì prospere, e il popolo emigra in
massa nelle Americhe». Secondo le
statistiche di Sh. B. Clough, dal
1871 al 1880 ogni anno emigravano
98 mila italiani. Nel decennio se-
guente, 165 mila ogni anno. Per
l'Argentina partivano ogni anno 40
mila italiani. La popolazione di
Buenos Aires, in quegli anni, aveva
il 27 per cento di italiani.
Un programma in tre tempi
Quando si dovettero stringere i
tempi, negli ultimi mesi del 1875,
Don Bosco tracciò insieme con Ca-
gliero il programma dei suoi primi
missionari. L'Arcivescovo di Bue-
nos Aìres aveva proposto di assu-
mere nella capitale una parrocchia
popolata di immigrati italiani, e di
gestire un collegio per ragazzi in
San Nicolàs, un centro molto im-
portante. Don Bosco rispose che i
Salesiani capeggiati dal Cagliero ac-
cettavano la parrocchia e ne avreb-
bero fatto il punto-base dei salesiani
in America. Si sarebbero impegnati
specialmente per la gioventù povera
e abbandonata, catechismi, scuole,
predicazione, oratori festivi. In un
secondo tempo avrebbero assunto
l'opera di San Nicolàs. Da queste
prime due basi, i salesiani avrebbe-
ro potuto in seguito essere inviati al-
trove (e in quell'altrove, Don Bosco
velava il suo disegno di raggiungere
al più presto i popoli selvaggi).
Don Cagliero, vero plenipoten-
ziario di Don Bosco in -America,
sbarcò con altri nove Salesiani a
Buenos Aires il 14 dicembre 1875.
Furono accolti festosamente da un
gruppo di duecento immigrati, tra
cui exallievi dell'Oratorio di Val-
docco che da anni si erano stabiliti
in Argentina. Ma rimasero esterre-
fatti al vedere migliaia di italiani
immigrati senza un sacerdote, aq-
bandonati a se stessi, che non solo
16 · 1 OTTOBRE 1992
non andavano a Messa, ma non sa-
pevano quand'era domenica. Ra-
gazzi che non sapevano cosa fosse il
segno di croce, che non avevano
mai sentito l'Ave Maria.
Cagliero dimenticò in un attimo i
selvaggi e pensò che la missione, la
missione urgente, era lì. Mentre il
suo vice, don Fagnano, guidava sei
salesiani ad aprire il collegio di San
Nicolàs, egli con gli altri prese sulle
braccia la parrocchia dedicata alla
Madre della Misericordia, popolata
di immigrati italiani.
La Roca,
il quartiere più povero
Qualcuno disse a don Cagliero
che San Nicolàs era un quartiere
centrale, commerciale, quasi ricco.
Se loro erano i preti dei ragazzi po-
veri dovevano andare a La Boca, il
quartiere popolare povero, che con-
teneva la maggior percentuale di
italiani immigrati. Cagliero ci andò .
Vide «un miscuglio di casupole, ca-
panne e baracche di legno; strade
fangose e sporche, e un molo di le-
gno di circa due chilometri, lungo il
quale si ancoravano, confusamente,
barche, tartane, golette, piccoli na-
vigli, che trasportavano legni, pie-
tre, sabbia da costruzione, arance e
banane dal Paraguay, grano e fari-
na dall'Uruguay» (A. Franzoni). Il
giornale L'Italia al Plata avrebbe
scritto ancora vent'anni dopo: <<Si
raccomanda vivamente all'ispettore
municipale, nel caso in cui La Boca
abbia la rara fortuna di possederne
uno, di occuparsi seriamente delle
visite domiciliari. Ci sono case che
sembrano porcili, e il decreto che
ordina la verniciatura delle casette è
rimasto lettera morta». si con-
centravano gli immigrati liguri, si
parlava genovese, «uomini rudi e
d'ingegno che cercavano instanca-
bili un'occasione per prosperare e
che erano in grado di svolgere i la-
vori più diversi. I liguri avevano fat-
to del commercio uno dei pilastri
della loro prosperità, ma non per
questo rifuggivano dai lavori ma-
nuali» (Mario C. Nascimbene).
A La Baca, don Cagliero trovò
ciò che Don Bosco aveva trovato a
Valdocco trent'anni prima: ragazzi
intelligel).ti, fiaccati dal lavoro fin
dai primissimi anni, analfabeti.
Non sapevano neppure chi fossero
Gesù e Maria, poiché gli unici ri-
tratti appesi erano quelli di Garibal-
di e di Mazzini , e l'unica festa fra-
gorosa era il 20 settembre, anniver-
sario del giorno irl cui «gli Italiani
avevano sottratto Roma ai preti».
Nonostante le riserve dell' arcivesco-
vo, don Cagliero vi andò con gli al-
tri salesiani, a fare l'oratorio volan-
te, come Don Bosco aveva fatto a
Valdocco, coh medaglie, caramelle,
corse, giochi e la canzoncina Lodate
Maria .
Scrisse a Don Bosco che le opere
urgenti erano tre: una scuola di arti
e mestieri per dare a quei ragazzi un
futuro che non fosse di manovalan-
za sfruttata, un collegio cristiano a
Montevideo capitale dell'Uruguay
(che non aveva nessuna scuola cat-
tolica), e un'opera composta di
scuola e oratorio per il rione La
Baca.
L 'utopia di Don Bosco
Don Cagliero tornò provvisoria-
mente in Italia nel settembre 1877. I
salesiani rimasti «furono testimoni
impotenti della "soluzione finale"
del problema indigèno intrapresa
dal generale Roca con la "guerra
del deserto" che iniziò nell'aprile
1879» (J. Botasso). I popoli selvag-
gi, da decenni bersaglio delle cara-

2.7 Page 17

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1-------BS-
I Viedma (Patagonia). Laboratorio
di cucito delle Figlie di Maria
Ausiliatrice (la foto è del 1924).
bine dei soldati bianchi, rimasero
popoli a brandelli, marginati, sfrut-
tati e minacciati.
Eppure, da lontano, per quei po-
poli a brandelli, Don Bosco tracciò
una· strategia che per sembrò
un'utopia, e che invece col passare
degli anni si sarebbe manifestata
un'intuizione profetica: aprire
scuole nelle città confinanti con le
terre degli indios, accogliere sotto lo
stesso tetto i figli degli emigranti e
quelli degli indios, e iniziare con
questi virgulti la costruzione di una
civiltà nuova, cristiana. C'era un
piccolo particolare, che Don Bosco,
come tutti i profeti, ignorava: quel-
le città ancora non esistevano, era-
no agglomerati di baracche alla foce
del Rio Negro. Sarebbero stati i
suoi salesiani' a costruirvi le prime
scuole, le prime chiese, i primi labo-
ratori, a spianare la strada perché
quegli agglomerati di baracche di-
ventassero le città argentine del
Sud.
Nel dicembre 1884 don Cagliero è
consacrato vescovo, e torna in Ar-
gentina. Si presenta al presidente
Roca, anticlericale. Racconta Luis
Mercadante: «Monsignore disse al
Presidente: "lo, signore, sono ve-
scovo senza residenza. Vengo priva-
tamente e con la migliore buona vo-
lontà. Porto tecnici, strumenti agri-
coli e da lavoro, e penso di occupar-
mi dell'infanzia abbandonata e de-
gli indigeni ancor più abbando-
nati ... "».
«Cagliero percorse i vasti oriz-
zonti della Patagonia a cavallo, ac-
cogliendo anime e seminando la ci-
viltà e il bene. Il risultato di questa
peregrinazione modestamente eroi-
ca fu la costruzione di ospedali,
scuole, asili e cappelle, come pure la
fondazione di biblioteche e centri
metereologici. Da questa opera, dif-
ficile da definire nei particolari, in-
trapresa da Giovanni Cagliero, San-
ti'ago Costamagna, José Fagnano,
Evasio Garrone, Domingo Milane-
sio, Antonio Patriarca, Pedro Bo-
nacina, Santiago Dalmasso e altri
sacerdoti italiani, nacquero non po-
che di quelle che attualmente sono
le più grandi città della Patagonia» .
In quelle città, in quelle scuole, si
realizzava l'utopia di Don Bosco: i
figli degli immigrati (sradicati dalla
loro terra e dalla loro cultura) e i fi-
gli degli indios (sradicati dalla loro
terra e dalla loro cultura) iniziavano
insieme a costruire la loro cultura,
la cultura della popolazione fiera
dell'Argentina del Sud.
« Vedrete cosa sono
i miracoli»
1904. Il vescovo Cagliero compie
66 anni e lascia l'Argentina. C'è la
promozione ad arcivescovo, la por-
pora cardinalizia e un po' d'ama-
rezza. L'Argentina giovane fa largo
agli argentini giovani. Anche i ve-
scovi, con lo stabilirsi della normale
gerarchia ecclesiastica, devono esse-
re nativi dell'Argentina. È una tra-
dizione secolare della Chiesa e Ca-
gliero lo sa. Si fa da parte con digni-
tosa umiltà. Ma l'amarezza umana
nessuno gliela può togliere.
È ricevuto, in visita di congedo,
dal Presidente generale Roca, che lo
abbraccia salutandolo: «Ecco il ci-
vilizzatore della Patagonia!». È un
tappeto rosso posto sotto i suoi pie-
di. Ma è anche una verità, se civiltà
è per una volta sinonimo di evange-
lizzazione e promozione umana.
Nelle sue "memorie", il cardina-
le Cagliero scrisse: «Dopo essere
stato consacrato vescovo, dandomi
la sua benedizione, Don Bosco mi
numerò tutto ciò che dovevo fare:
"Propagate la devozione a Maria
Ausiliatrice, al Santissimo Sacra-
mento, alla Comunione frequente;
cercate le anime, non il denaro, e
vedrete cosa sono i miracoli"».
Quando nel 1965 il Presidente della
Repubblica Italiana andò a visitare
i discendenti degli immigrati italiani
in Argentina, a Buenos Aires gli
presentarono il seguente resoconto :
«L' opera di Don Bosco nella Re-
pubblica Argentina si svolge attra-
verso le prestazioni di 1450 salesiani
sparsi in 117 chiese e parrocchie, ed
esplica, tra l'altro, un'attività scola-
stica intensissima: 71 scuole elemen-
tari (17.500 alunni), 32 scuole medie
(3.749 alunf.li), 24 collegi pre-uni-
versitari (4.000 alunni), 41 scuole
tecniche e commerciali (5.000 alun-
ni), una scuola superiore per profes-
sori e l'Università Don Bosco.
«Vi sono inoltre 96 oratori con 24
mila iscritti, mentre gli Esploratori
Don Bosco sono oltre 9000.
«A loro volta, le Suore Salesiane
(Figlie di Maria Ausiliatrice), in riu-
mero di 927, vivono in 60 conventi,
amministrando 53 scuole con più di
10 mila alunne».
Erano (e sono) i miracoli profe-
tizzati da Don Bosco al Cagliero.
Teresio Bosco
1 OTTOBRE 1992 - 17

2.8 Page 18

▲back to top
-...-
j~ihri
a cura di Eugenio Fizzotti
lt
ohe senso ha .
er Yuorno clioggJ
SABINO PALUMBIERI
Perché credere?
che senso ha
per l'uomo d'oggi.
Vivere la gioia.
Il dono del risorto
Ciascun volume,
pp. 64, lire 4.000
Città Nuova Editrice.
L'autore, professore dian-
tropologia filosofica pres-
so l'Università Salesiana,
ha scritto questi due agili
libretti per la collana "Fe-
de: perché?", che fa spa-
zio a temi teologici trattati
in modo divulgativo.
I due libretti aiutano soprattutto i giovani a com-
prendere in profondità i contenuti più importanti
della fede.
- JEANNINE MARRONCLE
Coppie in crisi . Perché i
contrasti non si trasformino
in fallimenti,
Leumann, Elle Di Ci, 1991,
pp. 147, lire 11 .500
E offre anche concrete indica-
zioni non tanto per la soluzione
quanto per la prevenzione di si-
tuazioni che, se non prese in
tempo, possono facilmente tra-
sformarsi in fallimento e quindi
in irreparabile separazione.
Molte coppie, dopo un perio-
do più o meno lungo di accordo ,
entrano in crisi e sono tentate di
separarsi. Alcune , prima di risol-
versi alla separazione o al divor-
zio, ricorrono a un consultorio
matrimoniale e chiedono di es-
sere aiutate a vedere meglio le
ragioni per le quali le loro comu-
nicazioni sono entrate in crisi ,
perché sono sorti contrasti a
volte insanabili , che cosa fare
per impedire che la crisi sfoci
nel fallimento.
Il volume che presentiamo, e
la cui autrice opera da oltre ven-
t 'anni in un consultorio matrimo-
niale, analizza le difficoltà pro-
venienti dall 'attuale cambio dei
ruoli nella coppia, dai rapporti
con i propri genitori o con i suo-
ceri, dall 'attività professionale ,
da un concetto errato di donna.
-
SILVANA BOTTIGNOLE
Capo Verde. Indagine nel
mondo della lebbra,
Bologna, Editrice Missionaria
Italiana, 1991, pp. 164,
lire 17. 000
Intervistando 73 lebbrosi (40
uomini e 33 donne, di cui solo 3
in età inferiore ai 16 anni), tutti
dell'arcipelago di Capo Verde,
l'autrice di questo simpatico vo-
lume offre uno spaccato attuale
e tragico di quel mondo che
continua a scuotere le coscien-
ze e non lascia indifferenti , so-
prattutto perché fa vedere con
amarezza la resistenza di gover-
ni e di organizzazioni politiche e
sociali a intervenire fattivamen-
te e massicciamente per la sua
definitiva dissoluzione.
Nello stesso tempo emerge il
coinvolgimento di tanti giovani
che , grazie all'Associazione
Amici di Raoul Follereau, hanno
accettato la sfida della lebbra e
la combattono con dedizione e
abnegazione non comune.
- FRANCESCO ZAMBOTTI
Aids. Solidarietà e speranza,
Torino, Piero Gribaudi Editore,
1991, pp. 102, lire 10.000
In pagine asciutte e vibranti ,
l'autore racconta la propria
esperienza di accompagnatore
di malati di Aids, una testimo-
nianza di come la morte di molti
giovani giunga al termine non di
un buio tunnel disperato ma di
un cammino di crescita, di recu-
pero di valori prima considerati
irrimediabilmente perduti. Cam-
mino e recupero resi possibili da
una condivisione totale di soffe-
renza e di speranza, di interro-
gativi angoscianti e di fede final-
mente ritrovata.
L'autore, Fratel Francesco
Zambotti, religioso camilliano, è
da anni animatore di otto comu-
nità, dal signific·ativo nome La
Tenda di Cristo, impegnate nel-
l'opera di prevenzione e di recu-
pero dei giovani tossicodipen-
denti.
-
VIGENTE CÀRCEL ORTi
La Chiesa in Europa,
1945-1991,
Milano, Edizioni Paoline,
1992, pp. 424, lire 28.000
Ricca di informazioni e otti-
mamente documentata, questa
opera delinea la fisionomia delle
situazioni socio-culturali delle
nazioni dell ' Europa, indicando
quali eventi si sono rivelati più
influenti o incisivi dal 1945 ad
oggi , e ponendo in risalto il ruo-
lo che in essi ha avuto la
Chiesa.
Di particolare interesse sono i
capitoli che riguardano la situa-
zione religiosa dei paesi del-
l' Est , con l' approfondimento
delle vicende che hanno favori-
to il loro passaggio a un regime
di democrazia e di libertà. Ma
sono utili anche i dati che ven-
gono forniti in merito alla situa-
zione del resto dell'Europa,
quella tradizionalmente libera, e
che lasciano emergere il ruolo
decisivo delle sfide etiche , so-
ciali, politiche e culturali per la
ricostituzione del tessuto cristia-
no nella società contempo-
ranea .
Il volume è arricchito da una
lunga presentazione del Card .
Achille Silvestrini , Prefetto della
Congregazione per le Chiese
Orientali.
SEGNALAZIONI
GIUSEPPE RUTA,
L'ANNUNCIO DI CRISTO.
Approccio storico al
movimento catechistico italiano
nel XX secolo,
Palermo, ED/ OFTES, 1992,
pp. 341 , lire 32.000.
EUGENIO FIZZOTTI ,
VERSO UNA PSICOLOGIA
DELLA RELIGIONE, voi. 1.
Problemi e protagonisti,
collana studi e ricerche di
catecheti ca,
Torino, LDC, 1922, pp. 268,
lire 22.000
ALEXANDER MCKEE,
UN MONDO TROPPO
GRANDE .
I quattro viaggi
di Cristoforo Colombo,
Torino, SEI, 1992, pp. 184,
lire 23.000.
MARIO GALIZZI,
INCONTRARE GESÙ .
Meditazioni sui Vangeli ,
Torino, LDC, 1992, pp. 80,
lire 7. 000.
GÉRARD CHALIAND,
VINCITORI E VINTI.
La conquista spagnola
dell'America,
Torino, SEI, 1992, pp. 222,
lire 27.000.
18 - I OTTOBRE 1992

2.9 Page 19

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DOSSIER
MISSIONARIO
Ondo (Nigeria). Oratoriani davanti al monumento a Don Bosco. (Foto Scalabrino)
DON BOSCO
SI E FATTO AFRICANO
di Antonio Mélida
Nell'elenco delle 131 presenze missionarie
della congregazione salesiana in Africa, sono ormai poche
quelle che don Luciano Odorico tiene appuntate com.e
meta dei suoi prossimi viaggi: ha già visitato infatti
la maggior parte di esse. Nella sua posizione di consigliere
generale per le missioni, egli si trova nella condizione
ideale per sentire con sicurezza il polso e il ritmo vitale
della crescita del "Progetto missionario Africa";
e i passi, dolci e decisi, decisi ma rispettosi,
di Don Bosco in terra africana.
Gli abbiamo proposto alcune domande su questo
argomento. Le sue risposte hanno il sapore
di una testimonianza personale diretta.
«Don Bosco si è fatto africano»:
È una frase ad effetto o corrisponde
a un fatto storico, palpabile?
Prima di tutto voglio dire che
Don Bosco ha visto l'Africa nei suoi
sogni. Don Bosco ha sognato anche
di andare in Africa, e voleva essere
egli stesso missionario in Africa.
Tra l'altro, la congregazione sale-
siana ha iniziato le sue opere in
Africa sin dalla fine del secolo
scorso.
Oggi dopo l'entrata dei Salesiani
in molte nazioni africane (siamo già
in 35 paesi), si può vedere che tra i
giovani e il nome di Don Bosco c'è
come una sintonia immediata. Don
Bosco vuol dire gioventù e la gio-
1 OTTOBRE 1992 19

2.10 Page 20

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-DOSSIER M/SS/ONARJO,------------------l
l==:;.====:::::;;;;;;=====================::::;i con i numeri, perché questi dimo-
strano in un quadro sintetico la
realtà esistente tredici anni fa e la
realtà d'oggi. I numeri evidenziano
la crescita, specialmente se si tiene
conto della crisi di vocazioni in tut-
to il mondo.
Voglio sottolineare soprattutto il
numero dei giovani in formazione e
Ernest Justice Doevi, salesiano
laico di Kara (Togo).
Catechisti di Mafinga-Makalala (Tanzania).
ventù è la grande massa della popo-
lazione africana. Don Bosco vuol
dire risposta ai bisogni di sviluppo,
di futuro, di qualificazione della
gioventù, specialmente nel campo
tecnico, professionale, umano. E
Don Bosco, con le sue scuole tecni-
che e professionali dà risposta a tut-
to questo. Gioventù vuol dire gioco,
capacità di gioire, di sperare: e l'o-
ratorio è una risposta a queste aspi-
razioni. Gioventù vuol dire apertu-
ra spontanea a Dio, e Don Bosco è
l'uomo di Dio!
Vorrei dire, in modo speciale, che
la lettura della vita di Don Bosco è
per tanti giovani una speranza di
poterlo seguire, di divenire un gior-
no salesiani. In un incontro tenutosi
ad Abidjan, l'anno scorso, i salesia-
ni che lavorano in quella zona han-
no detto che c'è una spontanea sin-
tonia, une grande attirance, una ma-
gica simpatia tra Don Bosco e i gio-
vani. È veramente nuovo nella cul-
tura africana che vi sia un Santo,
che vi sia una congregazione e che vi
siano dei salesiani, e così numerosi,
che si occupino specialmente dei
giovani che diano la propria vita per
i giovani e che promuovano il pro-
tagonismo giovanile. Naturalmente
ci sono altri elementi attraverso i
quali solo in un futuro lontano sco-
20 - 1 OTTOBRE 1992
priremo cosa vuol dire che Don Bo-
sco è diventato o sta diventando
africano.
Don Bosco nella sua vita ha fatto
una scelta: l'America...
Sappiamo che Don Bosco ha esi-
tato prima di fare la scelta definiti-
va sulle missioni, da dove iniziare;
ha avuto dei tentennamenti sulla
scelta dell'Asia o dell'Africa. Ma fi-
nalmente si decise per l'America,
guidato, secondo lui, dall'Alto, gui-
dato dai sogni sulle missioni.
Ma questo non vuol dire che Don
Bosco non abbia previsto l'andata
dei salesiani negli altri continenti:
Lui l'ha specificamente profetizzato
e previsto nei suoi sogni e i suoi figli
hanno realizzato quello che prima
era una speranza, quello che prima
sembrava un'utopia lontana. I mis-
sionari salesiani sono stati e tutt'ora
sono "i figli della profezia". L' A-
merica è stata il prototipo del lavo-
ro missionario salesiano come pun-
to di riferimento.
Le cifre, quando rispecchiano la
realtà dei fatti, hanno la forza del te-
stimone: quali sono le cifre più signi-
ficative della presenza di Don Bosco
nel continente africano?
Prima, di tutto bisogna rispondere

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

▲back to top
il numero delle istituzioni di forma-
zione iniziale. Abbiamo in Africa
adesso, sette noviziati, cinque post-
noviziati, due centri di studi teologi-
ci, oltre a molti aspiranti e prenovi-
ziati. Mi sembra che qui c'è vera-
mente il segreto dell'avvenire dell'a-
fricanizzazione del sistema preven-
tivo di Don Bosco e soprattutto del-
la congregazione come tale. In que-
sti centri di formazione si sono già
pubblicati dei saggi sull'incultura-
zione del carisma salesiano (cfr.
Collana Spiritualità missionaria sa-
lesiana).
In questa fioritura di sviluppo
umano e di evangelizzazione, non
tutto sarà stato "arrivare, vedere e
vincere": quali sono le sfide più se-
rie della cultura africana ai nostri
missionari?
Sono molte! La prima è capire
l'anima africana in profondità, ca-
pire la loro tradizione, entrare nel
segreto delle loro lingue, dominarle,
saper farsi capire e capire, non su-
perficialmente, ma con competen-
za; reinterpretare le dimensioni
principali del sistema preventivo
nell'insieme della tradizione africa-
na e dell'attuale cultura.
C'è anche la grande sfida della
salute, che per alcuni missionari di-
venta un ostacolo cruciale. Poi la
grande sfida di diventare piccoli, di
accettare di dover imparare, di esse-
re sempre in una strada di incultura-
zione verso una graduale, lenta e
crescente comprensione.
C'è inoltre una costante instabili-
tà politica in quasi tutte le nazioni
perché si stanno formando come
nazioni indipendenti e democrati-
che. Tutto questo esige di accettare
questa realtà con realismo ed anche
con gioia missionaria.
Poi c'è la sfida, apparentemente
facile, di 1:1ccettare una Chiesa gio-
vane, fresca, recente, ma ancora
priva di una teologia secolare e di
una pastorale adeguatamente pro-
gettata. Si è appena alle porte del
I Nairobi (Kenya). Don Luciano
Odorico all'inaugurazione
del monumento a Don Bosco.
primo Sinodo della Chiesa che è in
Africa, c'è quindi un avvenire di
molte speranze, ma anche di per-
plessità.
Nelle opere e attività dei missiona-
ri che ha visitato, dove ha trovato
più vivo e presente Don Bosco?
È difficile rispondere a questa do-
manda, perché l'indicazione di al-
cune opere potrebbe significare l'e-
sclusione di altre. Non vorrei che
fosse così. Prima di tutto vorrei fare
un atto di giustizia verso i salesiani
che hanno sofferto, e tutt'ora sof-
frono, nel nome di Don Bosco, nel
nome della Chiesa, in situazioni di
rischio. Mi riferisco ai salesiani del
Sud Sudan e dell'Etiopia, ai salesia-
ni della Liberia, del Mozambico,
dell'Angola, e dello Zaire. In queste
e in altre nazioni, i salesiani hanno
dimostrato una fedeltà a tutta pro-
va alla Chiesa e a Don Bosco.
Ci sono delle opere come Kara
nel Togo, Makalala, in Tanzania,
Zway Zway in Etiopia, l'insieme
delle opere del Madagascar, la Cité
des Jeunes di Lubumbashi, Dué-
koué nella Costa d'Avorio, Ondo in
Nigeria, il progetto "Foyer Abra-
ham" a Brazzaville, Cotonou in Be-
nin che possiamo considerare come
una risposta intelligente ad una
realtà che interpellava. Una risposta
di promozione umana e una rispo-
sta di evangelizzazione. Queste so-
no interpretazioni veramente origi-
nali del Valdocco dei primi tempi,
in cui il giovane è preso sul serio,
coinvolto nella costruzione stessa
del progetto e si cerca di preparare
l'uomo del domani, attraverso una
qualifica di tipo tecnico e una pene-
trazione più profonda del messag-
gio cristiano.
Don Bosco si fa africano in ma-
niera tutta particolare nei suoi sale-
siani africani. Quando avremo diri-
genti africani nella Congregazione?
Noi abbiamo come metodologia
missionaria di andare nelle missioni
per rimanervi, per impiantare e in-
digenizzare la nostra congregazio-
ne. Questo avviene non solamente
attraverso le nostre opere, ma spe-
cialmente attraverso i salesiani del
luogo che prenderanno progressiva-
mente il posto dei missionari. Credo
che la gioia più grande di un missio-
nario sia quella di vedere che i gio-
vani salesiani africani crescono e
maturano, che diventano poco alla
volta responsabili delle istituzioni,
delle case di formazione, che diven-
tano anche animatori o direttori
delle comunità e anche ispettori, co-
me è attualmente nell'ispettoria del-
!' Africa Centrale.
L'indigenizzazione della congre-
gazione è un fatto naturale e logica
obbligata dell'esperienza missiona-
ria. La vera nostra gioia sarà vedere
Duékoué (Costa d'Avorio).
Ragazzine del centro parrocchiale.
che Don Bosco si sarà fatto africa-
no specialmente perché i salesiani
africani lo avranno capito dal pro-
fondo del loro cuore.
I missionari non potranno mai
arrivare fino alla radice, fino al
punto più profondo dell'anima afri-
cana; solamente chi è nato là potrà
cogliere tutto questo fin nell'inti-
mo. Allora potremmo dire che Don
Bosco si sarà veramente fatto afri-
cano, che i salesiani africani l'han-
no capito dal di dentro e l'hanno
tradotto in termini di cultura, di
spiritualità e di salesianità nel conti-
nente.
Si vedono già delle opere d'arte
(statue, immagini, pubblicazioni)
che indicano questa aspirazione.
Noi sappiamo che l'arte è la profe-
zia del futuro. Sono sicuro che que-
sta intuizione espressa nell'arte in
un futuro non lontano diventerà
realtà.
Antonio Mélida
1 OTTOBRE 1992 21

3.2 Page 22

▲back to top
-DOSSIER MISSIONAR/0----------------i
I 400 RAGAZZI
DEL MERCATO
l
DIKARA
-- . ·-,I
di Justo Gonza/es
Il "Centro Don Bosco"
di Kara nel Togo.
I giovani ladruncoli del
mercato hanno trovato
accoglienza, amicizia,
una casa e il lavoro.
I salesiani di Andalusia e Estre-
madura hanno risposto al "Proget-
to Africa" e sono andati in Togo,
dove il 55 per cento della popolazio-
ne ha un'età media di 20 anni.
Hanno portato con sé nel loro ba-
gaglio evangelico la predilezione per
i giovani poveri e abbandonati.
Spinti dal desiderio di incarnarsi
in quella terra, hanno scoperto con
sorpresa, la freschezza e l'urgenza
della missione africana. Si sono im-
battuti in giovani e ragazzini abban-
donati dai genitori, giunti dai loro
villaggi per insediarsi nella zona del
mercato, dove per vivere devono ru-
bacchiare, e molti per questo fini-
scono in carcere. Ora i più vivaci,
impegnandosi con ogni sforzo, cer-
cano di imparare un mestiere con
l'aiuto di un istruttore e iniziano co-
una nuova vita.
La scelta preferenziale dei salesia-
ni sin dagli inizi è stata chiara:
- i giovani più abbandonati: quelli
del mercato, i poveri dei villaggi,
quelli che escono dal carcere;
- i giovani che possono fare gli
animatori, i catechisti, gli istruttori;
- i giovani in ricerca vocazionale;
- i giovani dei movimenti cri-
stiani.
Più di 400 ragazzi che cercavano
pane e lavoro al mercato, si sono già
incontrati con un personaggio incre-
dibile e sconosciuto che si rende pre-
22 · 1 OTTOBRE 1992
Giovani di Kara in carcere.
Centro Don Bosco di Kara (Togo).
Kara (Togo). I giovani impegnati in attività agricole.
sente, moltiplicandosi, nei luoghi
più strani: al mercato, nel carcere,
nella strada, e che chiamano "Don
Bosco". Anche un furgoncino porta
il suo ritratto e il suo nome.
La storia di ognuno di questi ra-
gazzini è molto simile. Non sanno la
loro età, né il giorno di nascita, né
che cosa fare, né a chi rivolgersi. Li
aspetta la miseria, la fame, lo sfrut-
tamento. Molti finiranno al com-
missariato e verranno sbattuti in
carcere. Sempre nella miseria. Ma
tutti o prima o poi finiranno con
l'incontrarsi con un salesiano.
Don Bosco non dorme, sta vicino

3.3 Page 23

▲back to top
.---------------BS-
oT
carpentieri, scultori in legno e eba-
no e la "fabbrica dei mattoni". Il
Centro si è reso famoso nella regio-
ne per il tipo di mattoni che fabbri-
ca. Non vi è costruzione importante
della zona che non sia fatta con i
mattoni del Centro Don Bosco.
- Allevamento di galline, maiali,
pecore, anitre.
- Frutteto per specifiche coltiva-
zioni.
- Inizio di una piccola industria di
trasformazione di carne e frutta.
- Cassa di sostegno per piccoli
aiuti.
R villaggio di accoglienza
Don Bosco
a loro, gli parla, propone una vita
nuova. Essi sono sospettosi. Nessu-
no finora si è mai occupato di loro.
Chi sarà mai questo Don Bosco?
Lui non li forza: aspetta, li va a
trovare una seconda volta, sapendo
che in fondo· al loro cuore segnato
dall'esperienza del mercato si rac-
chiude la forza che un giorno li
spingerà a rivolgersi a una casa che
li aspetta. Quel giorno sarà la loro
speranza. Troveranno accoglienza,
pane, salute, famiglia e il cammino
verso la promozione e l'evangelizza-
zione.
La fattoria
e il "Centro Don Bosco "
A sei chilometri da Kara c'è la
fattoria. Per alcuni mesi sarà la loro
casa, dove impareranno e sperimen-
teranno la vita di gruppo.
Carmen e Alonso, due coopera-
tori salesiani, gli faranno da genito-
ri. Maria Dolores, cooperatrice e
medico, sarà la loro sorella maggio-
re e la buona samaritana.
Damien, Messan e Françoisse,
già salvati da Don Bosco, saranno
la loro guida e i loro amici nel diffi-
cile inizio della convivenza di ogni
giorno e del lavoro volontario nel
campo e nei laboratori.
Per far parte dei gruppi, piccole
cooperative artigianali, i ragazzi
scelgono un lavoro di loro gradi-
mento con il consiglio di un coordi-
natore e degli istruttori. Tutti nel
gruppo hanno una funzione e una
responsabilità. Partecipazione e so-
lidarietà fanno sentire il Centro co-
me cosa propria.
Quanto al "Centro Don Bosco",
non si tratta né di un collegio, né di
una scuola professionale. È invece
un progetto di promozione umana e
cristiana gestito dagli stessi giovani
con la collaborazione degli istrutto-
ri e dei salesiani.
Apprendistato di gruppo sotto la
guida di un istruttore e stile di ge-
stione ispirato al sistema preventi-
vo, applicato al mondo del lavoro,
sono due elementi fondamentali al
Centro Don Bosco.
Una Giunta formata dai giovani,
eletti democraticamente, accoglie
desideri, presenta idee, orienta le
decisioni, raccoglie criteri. L'unica
cosa che conta è servire meglio i ra-
gazzi. E i sogni stanno diventando
realtà. Funzionano già:
- I laboratori per elettricisti, mec-
canici, fonditori, lattonieri, fabbri,
Ispirato al villaggio Kabyé e alle
sue tipiche abitazioni, accoglierà
150 giovani, in gruppi di 15, che
formeranno una autentica "città
dei ragazzi''. Essi la stanno co-
struendo facendo una ricca espe-
rienza di scuola-impresa. Qui sorge-
ranno la loro casa, la scuola, gli am-
bienti per la formazione, l'inferme-
ria, le sale di incontro, di diverti-
mento e di gioco, il campo sportivo,
la chiesa: e al centro un bel pozzo,
la piazza e il municipio.
Qui stanno già vivendo l'espe-
rienza della famiglia e dell'amicizia,
partecipano alla formazione dei lo-
ro compagni più giovani, crescono
nella solidarietà, vivono con i sale-
siani. Ogni sera ascoltano un buon
pensiero in un clima di grande gioia
e un po' di preghiera che, come se-
me, sta crescendo e dando frutto.
Un buon gruppo, quasi quaranta,
già salvati da Don Bosco, vivono
impegnati nel servizio ai loro com-
pagni e stanno facendo il cammino
per diventare cooperatori salesiani.
Altri hanno formato una famiglia e
cominciano, aiutati dal Centro, l'e-
sperienza di una piccola impresa in-
dustriale, agricola o di allevamento.
Lentamente c'è chi scopre il segreto
e attraverso Don Bosco arriva a Ge-
sù Cristo.
Alcuni come i giovani, di 100 an-
ni fa a Valdocco, vogliono rimanere
per sempre con Don Bosco. Uno di
loro, Christofe, è già salesiano. In
lui e in noi Don Bosco si è fatto afri-
cano.
1 OTTOBRE 1992 - 23

3.4 Page 24

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-DOSSIER MISSIONARI
DON BOSCO
E L'AFRICA
Don Bosco ha visto la penetra-
zione dei suoi figli in Africa. Come?
Al solito in uno dei suoi sogni , nel-
l'anno 1886, al tramonto della sua
vita. Nel sogno si trovò accanto
una pastorella che appariva ben in-
formata su tante cose. Essa lo invi-
tò a tracciare su una carta geogra-
fica una linea da Pechino al Cile,
passando per il cuore dell'Africa...
«E avrai un 'idea esatta», gli disse,
«di quello che devono fare i sale-
sian i». Lungo quella linea, che at-
traversava il centro dell'Africa, Don
Bosco vedeva tante stazioni mis-
sionarie, con i suoi salesiani al la-
voro .
Il Rettor Maggiore in visita a Lubumbashi (Zaire).
Strano! Nonostante i sogni rive-
latori e ammonitori , nonostante ri-
petuti e pressanti inviti di vescovi
africani, nonostante le sollecitazio-
DIGNITA' E LAVORO
ni di grandi missionari europei ,
Don Bosco non mandò i suoi figli in
Africa. Mons. Daniele Comboni
venne all 'Oratorio, gli scrisse ripe-
PER I GIOVANI
tutamente che mandasse i suoi sa-
lesiani in Africa: teneva pronti per
loro validi Istituti.
DELW ZAIRE
Quando Don Bosco fu a Parigi e
tutta la città fu scossa da questa
sua presenza, il fondatore dei Pa-
dri Bianchi , Mons. Charles Lavigé-
rie , allora cardinale , entrò nella
di Mario Marchio/i
chiesa dove Don Bosco teneva la
conferenza, lo interruppe e disse
semplicemente: «O novel san Vin-
cenzo, l'Africa vi attende!». Don
Quando si arriva nello Zaire, a di contribuire a fondare la Chiesa. Bosco assicurò il Cardinale: «Man-
Lubumbashi o a Kinshasa, la capi-
tale, bastano poche battute per ac-
corgersi che Don Bosco è di casa. Al
solo dire il suo nome, subito si trova
chi è capace di indicare la strada per
raggiungere l'opera salesiana.
Come dappertutto, anche nello
Zaire Don Bosco ha saputo conqui-
stare i cuori non tanto con le grandi
opere, ma con il suo stile pedagogi-
co, fatto di clima di gioia e di festa,
di rapporto cordiale e spontaneo.
E hanno ritenuto loro primo dovere
quello di creare una cultura cristia-
na, perché fosse vissuta in famiglia
e nella comunità cristiana locale.
Lentamente l'opera salesiana as-
sunse poi una fisionomia sempre
più "africana". Diventò più consi-
stente e qualificata la presenza dei
salesiani autoctoni. Essi oggi danno
colore e ricchezza al carisma salesia-
no e fanno sentire anche in Zaire
l'internazionalità e l'universalità
della presenza di Don Bosco.
derò certo i miei figli», ma non dis-
se quando. Si mosse persino il mi-
I nistro degli esteri del governo ita-
liano, promettendo la somma,
enorme per allora, di un milione di
lire, se i salesiani avessero aperto
al Cairo una scuola per gli italiani.
Ma non se ne fece nulla.
Don Bosco però l'Africa l'aveva
nel cuore. Tre anni prima di morire
aveva detto: «Se fossi giovane,
prenderei con me Don Rua e gli di-
rei : " Vieni, andiamo al Capo di
Buona Speranza, nella Nigrizia, a
Khartoum , nel Congo... "».
Primo, edificare la Chiesa
I missionari salesiani nello Zaire
hanno prima di tutto voluto mettere
il loro sassolino per costruire il
grande edificio della Chiesa zairese.
Oggi l'ispettoria dell' Africa Cen-
Un mese prima di morire, sul let-
trale è diretta da uno zairese, don to di morte, bisbigliò con un filo di
Jean-Pierre Tafunga, che è il primo voce all'orecchio di mons. Caglie-
I ispettore salesiano africano. Ma al-
tre opere sono dirette e animate da
salesiani africani. Ancor più signifi-
(
ro: «Con la protezione del Papa an-
drete voi in Africa. Voi la traverse-
rete, abbiate fiducia».
Essi si sono proposti sin dall'inizio cativa è la vocazione missionaria di
24 · 1 OTTOBRE 1992

3.5 Page 25

▲back to top
----------BS-
un giovane sacerdote zairese, che
appena ordinato è partito per la
Guinea Conakry. E questo è il se-
gno evidente dalla capacità di afri-
canizzarsi del carisma salesiano, ma
soprattutto della maturità ormai
raggiunta della Chiesa zairese.
Salesiani laici
Un elemento che fa parte della
capacità di incarnarsi dei salesiani è
l'aver valorizzato sempre la voca-
zione salesiana "laicale". Già al lo-
ro arrivo nello Zaire, nel novembre
del 1911, il gruppo dei primi missio-
nari era formato da tre sacerdoti e
da tre salesiani laici. Sin dall'inizio
fu quindi esplicata la volontà di in-
tervenire, oltre che sul piano della
evangelizzazione, anche nel campo
della promozione umana della po-
polazione, dando vita in particolare
a scuole professionali e tecniche.
Anche oggi il salesiano laico è
una figura gradita, simpatica, vici-
na ai giovani. E ci sono giovani afri-
cani che dopo gli studi, pur potendo
scegliere di diventare sacerdoti, pre-
feriscono la consacrazione laicale.
Dire laico vuol dire "lavoro". Gli
lmara-Lubumbashi (Zaire). I giovani impegnati in uno spettacolo.
exallievi lo affermano senza esita-
zione: «Stare con Don Bosco ha si-
gnificato imparare a lavorare, a
guadagnarsi da vivere». E questa è
la premessa per poter dar vita a una
famiglia cristiana.
Una terra giovane
L'Africa ovunque è una terra gio-
vane. Ma nello Zaire, come altrove,
la stragrande maggioranza dei gio-
vani, specie nelle grandi città, coa-
bita con la fame, l'emarginazione,
l'abbandono, il malcostume.
Sta diventando sempre più pri-
mario, a Lubumbashi come a Kin-
shasa, dare corpo all'opzione per i
giovani del ceto popolare e tra que-
sti i più bisognosi. Nascono centri
sociali, come la "Maison des Jeu-
nes" e la "Casa Magone", dove
vengono accolti i giovani che non
hanno una casa, che sono stati in
prigione, coloro che non conoscono
l'affetto di una famiglia e non san-
no cosa voglia dire "sedersi a tavo-
la". E questi giovani trovano digni-
tà, calore, gioia, voglia di vivere.
Tutto questo in strutture modeste,
senza trionfalismi. Cercando di
creare ambienti dove i giovani afri-
cani possano crescere in armonia
con se stessi e la loro cultura. a
LESOTHO. LA NOSTRA AFRICA
di Angel Jzquierdo
Dodici anni di presenza salesiana
nel Lesotho non è un tempo suffi-
ciente per potersi "africanizzare".
Però, quando si sente la gente della
missione salesiana di Maputsoe can-
tare «Ahe, morati oa bacha, moha-
laleli Don Bosco!» (Salve, amato
dai giovani, Don Bosco Santo) e
farlo con gioia, con emozione e con
un grande fervore, bisogna ricono-
scere che questo Don Bosco è già
molto familiare e molto amato in
queste terre.
Creare il volto africano di Don
Bosco oggi vuol dire formare uomi,-
ni e donne che solidarizzano con le
gioie e le tristezze degli altri: e biso-
gna dire che abbiamo fatto già buo-
na strada. La gioia salesiana sinto-
nizza bene con un popolo sorridente
come quello dei Basotho. La nostra
presenza orienta il suo sforzo per-
ché la gente passi da una semplice
rassegnazione a una speranza piena
di futuro.
Creare il volto africano di Don
Bosco oggi è tentare di scoprire i veri
valori della gente, studiandoli e po-
tenziandoli. In questo campo abbia-
mo ancora molta strada da fare, an-
che se non partiamo da zero. Nelle
comunità formate da personale della
stessa nazione europea, è facile con-
tinuare a considerarsi superiori, e al-
le volte mettere come modello davan-
ti al personale nativo i valori della
nostra lingua, della nostra liturgia,
della nostra logica, del nostro inse-
gnamento e i nostri sistemi politici.
1 OTTOBRE 1992 25

3.6 Page 26

▲back to top
-DOSSIER MISSIONAR/0------------------J
SALESIANI IN
AFRICA 1992
E i nativi sono molto sensibili a
questo atteggiamento sbagliato.
Internazionalizzare le comunità è
certamente un modo per arricchirle
salesianamente e culturalmente. Si
evita così che i valori di una nazione
europea o americana prevalgano so-
pra gli altri e, in particolare, sopra
i valori della nazione dove uno lavo-
ra. Cosi anche si evita di creare un
Don Bosco irlandese, francese, spa-
gnolo, italiano... in Africa. Il carat-
tere internazionale della nostra co-
munità di Maputsoe, ad esempio,
cerca di creare quel clima favorevo-
Se africanizzare Don Bosco oggi
è cercargli vocazioni native dal vol-
to "Mosotho", il nostro lavoro di-
venta allora importante. I nostri
due primi salesiani Basotho sono
ormai vicini al sacerdozio: saranno
loro il Don Bosco africano, di cul-
tura e di lingua "Mosotho".
Il gruppo dei cooperatori total-
mente presi per Don Bosco, lo ren-
dono sempre più presente nelle loro
famiglie e nei villaggi. La presenza
di una comunità di Figlie di Maria
Ausiliatrice rafforza il carisma di
Don Bosco nella nostra missione.
NAZIONE
Case Sales. Novizi
Angola
6 25
Benin
4 14
Burundi
3
Capo Verde
6
Camerun
2
9
3
Congo
3 13
Costa d'Avorio 5
16
Egitto
3 40
Etiopia
7 32
6
Gabon
3 15
2
Guinea-Ecuat.
4
22
2
Guinea-Conak. 2
8
Kenya
7 74
Lesotho
4
2
Liberia
2
9
Libia
3
Madagascar
8 35
4
Mali
3 12
2
Marocco
2
6
M o za m b ico
6 18
Nigeri a
3 15
Rwanda
6 32
Senegal
3 12
Sierra Leone
4
South Africa
6 48
Sudan
2
8
Swaziland
2 14
Tan zania
7 28
Togo
4 29
3
Tunisia
2
Uganda
6
Zai re
19 156
16
Zambia
5 29
Totale
131 747
41
Le Figlie di Maria Ausiliatrice
in Africa sono 281. Presenti
in 18 nazioni con 52 opere .
26 - I OTTOBRE 1992
Maputsoe (Lesotho). Allievi della scuola della missione.
le per delineare un Don Bosco afri-
cano già nei nostri novizi in forma-
zione.
Se creare il volto africano di Don
Bosco significa fare in modo che
Don Bosco parli "africano", allora
ci conforta il nostro sforzo sostenu-
to per parlare alla nostra gente nella
sua propria lingua. Siamo convinti
che l'inglese (e in altri posti in Afri-
ca sarà il francese, lo spagnolo, l' ita-
liano) può essere utile per l'insegna-
mento superiore, però, non per l'e-
vangelizzazione: nel Lesotho, Don
Bosco deve parlare "Sesotho" .
Con il nostro piccolo "Centro
Artigianale Don Bosco" e con il no-
stro lavoro oratoriano, settimana
dopo settimana, con l'importanza
che diamo alla festa di Don Bosco ,
che celebriamo il 16 agosto, a causa
delle vacanze scolastiche, cerchia-
mo di essere presenti tra la gente più
semplice e bisognosa, cattolica o
no, proprio come avrebbe fatto
Don Bosco. Facendo del Lesotho la
"nostra" nazione e non soltanto un
paese dove stiamo lavorando solo di
passaggio.
Angel lzquierdo

3.7 Page 27

▲back to top
----------BS-
I Lavoro di ricerca alla LDC. Ultimo
a sinistra il direttore editoriale
Mario Filippi.
(Servizio fotografico di Guerrino Pera)
La stimolante presenza
nella Chiesa italiana del
Centro Catechistico
Salesiano e della Editrice
LDC, che un vescovo
definì "la più geniale
creazione dei salesiani".
L ' 8 dicembre 1941, nelle came-
rette di Don Bosco a Valdoc-
co il rettor maggiore don Pietro Ri-
caldone, con gesto solenne si impe-
. gnava a dare inizio alla "Libreria
della Dottrina Cristiana" a ricordo
del giorno in cui Don Bosco impar-
tiva la prima lezione di catechismo
al giovane Bartolomeo Garelli. Nel-
La LDC ha svolto un lavoro pionieristico per l'uso delle immagini nella catechesi.
lo stesso tempo fondava l'Ufficio
Catechistico Centrale, impegnando
un gruppo di giovani salesiani a ela-
borare le linee di azione per formare
catechisti e preparare sussidi pasto-
rali popolari .
A servizio delle diocesi
Ben presto e per un decennio, il
primo impegno fu proprio quello
dell'animazione nelle diocesi italia-
ne per organizzare corsi, giornate,
congressi, conferenze, mostre. Que-
1 OTTOBRE 1992 27

3.8 Page 28

▲back to top
sta "crociata catechistica", appog-
giata dai vescovi, culminò nel primo
congresso catechistico internaziona-
le tenuto a Roma nel 1950.
Fu un periodo vivace anche quel-
lo che accompagnò il Concilio Vati-
. cano II. Con il rilancio della rivista
Catechesi ebbero inizio i convegni
nazionali '' Amici di Catechesi'',
che caratterizzarono una stagione
felice del movimento catechistico
italiano. Si tennero al Passo della
Mendola, ad Assisi, a Firenze e a
Torino. L'intervento di relatori ita-
liani e stranieri di valore internazio-
nale, il numero elevato di parteci-
panti, l'attualità e l'urgenza dei te-
mi affrontati diedero un contributo
rilevante al cammino catechistico e
a una vasta serie di iniziative locali .
Le ''Filmine Don Bosco ''
Una nota originale nella storia
della LDC è data dalla presenza sin
dagli inizi di un tentativo di linguag-
gio globale nella catechesi con l'aiu-
to di sussidi audiovisivi, tra i quali
un notevole posto hanno avuto le
filmine e le diapositive.
L'attenzione di ragazzi nel buio
della sala era polarizzata dalle im-
magini e dai suoni che si succedeva-
no nello schermo. Nei primi anni si
era un po' alla preistoria della tele-
Il cervello pensante
n periodo d'oro
Negli anni fervidi del risveglio
conciliare il Centro Catechistico e la
LDC collaborarono al rinnovamen-
to catechistico italiano insieme al-
1'Ufficio Catechistico Nazionale,
impegnato a creare una rete di uffici
diocesani. Nacquero riviste per i di-
versi settori collegati alla catechesi,
iniziarono i "Bienni" per esperti in
pastorale catechistica. «Questi bien-
ni furono definiti uno degli eventi
ecclesiali più significativi del post-
Concilio», dice don Angelo Viganò,
attuale direttore della LDC. «Furo-
no una scuola della durata di due
anni, con lezioni settimanali, gruppi
di studio, analisi delle esperienze ca-
techistiche, sperimentazioni, e pro-
gettazione di piani pastorali». Con-
dotti in collaborazione con l'Uni-
versità Salesiana di Roma, ebbero
tre edizioni a Torino, due a Milano,
due a Bari. Altre si tennero a Vero-
na è a Pordenone. L'iniziativa pas-
sò poi agli uffici catechistici dioce-
sani e agli istituti pastorali delle va-
rie diocesi. «Da questi bienni usci-
rono non meno di tremila esperti»,
continua don Viganò. «Essi hanno
contribuito largamente a costituire
il tessuto connettivo della catechesi
in Italia negli anni seguenti . Se in
questi anni sono sorti tanti centri
catechistici funzionanti, e sono di-
ventati bravi e attivi, tanto da farci
per cosi dire concorrenza, non pos-
siamo lamentarci ... ».
28 · I OTTOBRE 1992
Convegno romano per i 50 anni della LDC e del Centro Catechistico.
L'LDC ha un gran numero di collaboratori esterni, un centinaio di di-
pendenti e 14 librerie sparse in tutta Italia. Ma è essenziale soprattutto
la comunità che guida questo movimento, l'équipe del Centro Cate-
chistico formata dai 30 salesiani, che fanno da cervello pensante
all'Editrice.
Spiega don Pietro Damu, direttore del Centro Catechistico: «L'impe-
gno catechistico è stato sin dall'inizio prioritario alla LDC. Nello stesso
tempo una delle nostre preoccupazioni costanti è stata quella di non
isolare il momento catechistico, ma di collegarlo alla più ampia dimen-
sione educativa. Perché questo è tipico del carisma salesiano. Lo spe-
cifico catechistico non pensato quindi chiuso in se stesso, ma impian-
tato in un quadro di maggior respiro. Bisogna infatti garantire l'origina-
lità del momento catechistico e la sua forza, senza staccarlo dal resto,
perché non avrebbe incidenza effettiva sul soggetto che deve essere
formato in tutte le dimensioni della sua personalità.
«Noi abbiamo avuto sempre una forte attenzione al soggetto», conti-
nua don Damu, «alla mediazione interpersonale, all'ambiente, alla cul-
tura: attenzione quindi alle dinamiche della comunicazione, alla socio-
logia, in una parola alla metodologia.
«In pratica non ci appoggiamo soltanto alle scienze teologiche per fare
un discorso catechistico, ma facciamo ricorso alle scienze teologiche
e a quelle umane, in particolare alle scienze dell'educazione.
«Siamo stati tra i primi a parlare della catechesi in questo modo, ma
ci troviamo perfettamente in sintonia con gli orientamenti più attuali
della Chiesa italiana. Del resto sono istanze recepite chiaramente nel
Documento di base e in modo anche più esplicito nella Lettera di ricon-
segna del Documento di base, dove i vescovi hanno fatto il punto su
quello che è irrinunciabile del cammino fatto dal movimento catechisti-
co italiano e quelle che sono le istanze nuove o le preoccupazioni e
i campi di azione ancora aperti».

3.9 Page 29

▲back to top
----------BS-
IN LIBRERIA - - - -
VIDEOCASSETTA
Punti vendita LDC.
visione, e il proiettore era ancora
considerato uno strumento magico
che aiutava la fantasia dei ragazzi .
Le "Filmine Don Bosco", a dieci
anni dalla fondazione, avevano
prodotto otto milioni di foto-
grammi.
Venne poi l'esplosione dell'im-
magine e le infinite scoperte del
mezzo audiovisivo e la LDC, pur
superata dalle innovazioni tecnolo-
giche, raffinò le tecniche, selezionò
le immagini, curò le colonne sono-
re, accompagnando ogni audiovisi-
vo con il libretto guida e con indica-
zioni metodologiche. «È su questa
linea che la LDC cerca oggi strade
nuove», dice .don Viganò. «Gli au-
diovisivi entrano ancora oggi piena-
mente nei nostri programmi: voglia-
mo produrre pane buono alternati-
vo, offrirlo alle famiglie, alle emit-
tenti. Bibbia, liturgia e catechesi de-
vono esprimersi sempre più n·el lin-
guaggio audiovisivo. Per alcuni
programmi stiamo già collaborando
con le Paoline, il Messaggero e altre
case produttrici. In questo campo ci
interessa più che altro badare a una
produzione di qualità» .
Le ultime novità
«Per i 50 anni della LDC portia-
mo in libreria alcune novità bibli-
che», assicura il direttore editoriale
Mario Filippi. .«Si tratta di due nuo-
vissimi Atlanti della Terra Santa, di
cui uno con le immagini del satelli-
te, e una rinnovata edizione della
Bibbia TOB in volume unico. Que-
sta avrà il testo della CEI e le intro-
duzioni e le note della traduzione
ecumenica. E poi una riedizione to-
talmente rimaneggiata del Corso su-
periore di studi biblici in otto volu-
mi, che nella prima edizione ha già
incontrato un ottimo gradimento.
Quanto alla produzione che possia-
mo definire ordinaria, ci proponia-
mo di arricchire ulteriormente quel
prezioso strumento liturgico che è il
libretto di canti Nella casa del Pa-
dre, che dal Concilio in poi è stato
adottato dalla maggior parte delle
diocesi. Continuando una nostra
tradizione costante, appoggeremo
poi i nuovi catechismi con una bat-
teria di sussidi anche audiovisivi. E
stiamo preparando coedizioni sia
per realizzare audiovisivi di qualità,
sia per un nuovo testo di religione.
Anche se il nostro testo Progetto
uomo, interamente rinnovato, è sta-
to adottato quest'anno dal 28 per
cento degli studenti italiani. Ci pro-
poniamo infine come obiettivo
quello di allargare ulteriormente la
produzione a servizio dei giovani,
che è il campo specifico salesiano».
Menico Corrente
500 ANNI
DI RESISTENZA
INDIGENA
Durata: 32' - Lire 29.000
L'arrivo di Cristoforo Colombo
nelle Americhe il 12 ottobre
1492 è ricordato in modi diversi ,
a volte tra loro contrastanti. Da
una parte le grandiose celebra-
zioni ufficiali, dall'altra l'impe-
gno di raggiungere la verità di
quell'evento, di rileggerlo dan-
do voce agli indios «conqui-
stati».
«500 anni di resistenza indige-
na» si colloca, serenamente e
senza estremismi , in questo se-
condo ambito. Scopo di questa
videocassetta è aiutare i r~gaz-
zi e i giovani a riflettere. E uno
sforzo per trasmettere l'espe-
rienza di mettersi in ascolto dei
popoli indigeni : «scoprire» è
mettersi in dialogo e in ascolto
vicendevole. Vuole, con ottimi-
smo e speranza, individuare al-
cune piste concrete e praticabili
di impegno per restituire il do-
vuto ai popoli «conquistati».
Presso le librerie cattoliche
o direttamente alla:
ELLE DI CI
10096 LEUMANN -TO
Tel. 011/95.91.091
e/e Postale 8128
1 OTTOBRE 1992 - 29

3.10 Page 30

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EXTRACOMUNITARI
«Chi non vuole stranieri
in casa deve rassegnarsi
a cambiare gli attuali,
comodi rapporti
di forza», 'dice Predo
Olivero, sottolineando
gli squilibri mondiali,
ma anche il persistere
di un diffuso disagio
nei confronti
dei terzomondiali.
L a processione quotidiana di vu
cumprà tra gli ombrelloni, a
Fregene, ad Alassio come a San Be-
nedetto, ha contribuito anche que-
st'estate all'aumento del senso di
diffidenza nei confronti degli stra-
nieri. Le nubi sull'economia del no-
stro Paese, la crisi occupazionale
che interessa ora anche le aree cosid-
dette forti, non può che avere riper-
cussioni negative sull'atteggiamento
verso chi arriva nella progredita Ita-
lia dalle nazioni povere. Quelle afri-
cane principalmente, ma anche dal
Sudamerica roso dall'inflazione o
dall'Est Europa ai primi incerti pas-
si della fase post comunista.
Per spiegare l'atteggiamento nei
confronti degli immigrati extraco-
munitari abbiamo usato il termine
diffidenza, o forse meglio sarebbe
dire disagio. Agitare il timore di un
diffuso razzismo, pur in presenza di
episodi inquietanti, pare al momen-
to improprio. L'Italia è nazione abi-
tuata alla tolleranza, e non possono
essere frange di teppisti con il capo
rasato o manifestazioni circoscritte
dettate da egoismi corporativi (i casi
di Firenze e Rimini) ad inquinare la
dominante cultura di apertura è di-
sponibilità; merito del solidarismo
cristiano e della nostra storia, na-
zione di emigranti: dall'Unità ad
oggi 27 milioni di nostri concittadi-
ni sono partiti verso l'estero, in
maggioranza dalle regioni del Cen-
tro e del Nord, contrariamente a
quanto si pensa. E ancora nel 1975
erano più gli italiani in partenza che
30 - 1 OTTOBRE 1992

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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----------BS-
gli straruen m arrivo. Il rifiuto di
chi è estraneo fa notizia, ma è anco-
ra marginale. «Su circa 1300 bambi-
ni stranieri inseriti nelle scuole di
Torino e Provincia per l'anno
91/92, ad esempio, non si è registra-
to un solo episodio di intolleranza»,
afferma Fredo Olivero, responsabi-
le dell ' Ufficio stranieri e nomadi del
Comune di Torino , uno degli osser-
vatori più qualificati sul fenomeno
immigrazione.
IN LIBRERIA - - - -
Disinformazione
Se il razzismo è ancora limitato,
estesa è invece la disinformazione,
che genera diffusi pregiudizi. Ad
esempio sul numero di coloro che
alimentano la manovalanza del cri-
mine, in particolare lo spaccio di
droga. La legge per gli stranieri è
semplice e dura: chi sbaglia paga, in ,
galera, o torna a casa. Lo spettro
dell'espulsione si rivela un ottimo
deterrente per chi ha tentazioni di
guadagno facile. Le pecore nere
non superano i livelli di guardia.
Esiste invece una criminalità indot-
ta, che vede gli immigrati nel ruolo
di vittime: sfruttamento della pro-
stituzione, ingressi clandestini, si-
stemazioni indegne a pigioni da
strozzinaggio, lavoro nero a salari
da fame, le cui fila sono tirate da
italiani, talora anche con un 'aurea
di rispettabilità.
Altro "fantasma" è la paura del-
la concorrenza per il lavoro . Gli
stranieri occupano posti per i quali
non vi è più domanda sul mercato,
lavori rifiutati dai disoccupati no-
strani. Operai alle presse o in fonde-
ria, collaboratori e collaboratrici
familiari, manovali in cantieri, por-
ti o mercati generali, sono i mestieri
più praticati, oltre ai lavori stagio-
nali nell'agricoltura.
Anche sul numero degli immigra-
ti nei nostri confini pochi hanno le
idee chiare: un italiano su tre pensa
che ogni anno ne arrivano da mezzo
a un milione, contro i reali 50-80
mila. A fine '91 in Italia si trovava-
no circa 900 mila stranieri in regola
con i permessi di soggiorno, e di
Un milione di extracomunitari
in Italia.
DON LUIGI COCCO
di CESARE CERRATO
Pagg. 224, Lire 30.000
Il salesiano don Luigi Cocco
(1910-1980) divenne sacerdote
a trent'anni , e dedicò le sue
energie soprattutto nell 'Orato-
rio festivo di Valdocco , quello
fondato da Don Bosco. Svolse
una rischiosa attività clandesti-
na negli anni 1943-1945 a so-
stegno della "Resistenza", e
nel 1951 partì per le Missioni
del Venezuela . Fu destinato alle
tribù primitive dell 'Alto Orinoco,
gli Yanomami , fra i quali visse
quasi 20 anni compiendo un la-
voro di civilizzazione intelligen-
te . Lo documentò in uno studio
di alto valore scientifico: Pari-
ma. Dove la terra non accoglie
i morti, che meritò gli elogi dei
più quotati etnologi , a comincia-
re da Lévi-Strauss.
In questo libro il suo amico don
Cesare ne traccia la vita nelle li-
nee essenziali fino alla sua par-
tenza per le missioni , poi si di-
lunga sugli anni passati in mis-
sione, riportando anche larghi
estratti delle sue lettere.
Presso le librerie cattoliche
o direttamente alla:
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1 OTTOBRE 1992 31

4.2 Page 32

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no ancora perso di attualità i moniti
della Populorum Progressio di Pao-
lo VI. Le briciole però sono sempre
più insufficienti.
I Salesiani e figlie di Maria Ausiliatrice impegnati nel centro
di accoglienza e di animazione dei filippini di Roma.
questi non tutti in condizioni preca-
rie, come ad esempio i circa 50 mila
nordamericani. Il numero di clan-
destini, che esistono, non va poi so-
vrastimato: le autorità valutano il
fenomeno intorno al 10 per cento
del totale, quindi complessivamente
gli stranieri si collocano intorno al
milione di unità, sempre sotto il due
per cento della popolazione.
Travolti dalla storia
Ricondotto il problema alle giu-
.ste dimensioni, ribadita la margina-
lità delle posizioni più apertamente
razziste·, mai superiori al 15 per cen-
to degli intervistati in tutti i sondag-
gi, non va però minimizzato il disa-
gio che la maggioranza avverte ver-
so lo straniero. La diffidenza natu-
rale nei confronti di chi è sconosciu-
to, estraneo alla propria cultura -
non a caso maggiori remore si av-
vertono verso i nordafricani islami-
ci, mentre più simpatie riscuotono i
neri della fascia guineense o centra-
fricana che hanno conosciuto il Cri-
stianesimo - si unisce all'incertez-
za sul futuro economico, alla perce-
zione, pur confusa, di mutamenti
sostanziali nei rapporti tra i popoli .
Il timore è generato dall'incertez-
za. I contorni del domani non sono
però confusi. Le linee di sviluppo
della popolazione mondiale sono
limpide nella progressione matema-
tica.
Prendiamo l'area mediterranea di
cui facciamo parte, il "mare no-
strum" degli antichi romani. I Paesi
del Sud Europa contano ora circa
280 milioni di abitanti, altrettanti
quelli della fascia nordafricana; tra
vent'anni dalla Spagna alla Grecia
32 - 1 OTTOBRE 1992
saranno al massimo una decina di
milioni in più, mentre il Nord Afri-
ca salirà a 500 milioni di abitanti.
Progressioni analoghe valgono
per tutte le aree povere rispetto a
quelle ricche. La consapevolezza di
tale processo, e della sua ineluttabi-
lità, ci porta a considerare con sere-
nità il futuro. Ogni arroccamento è
destinato a venir travolto dalla sto-
ria. La strada dell'integrazione è
l'unica percorribile, non senza un
riequilibrio delle risorse. Il Nord del
mondo, l'insieme dei Paesi ricchi,
conta il 20 per cento di abitanti del-
la terra, ma consuma·1'80 per cento
delle risorse. L'80 per cento di terre-
stri, cittadini del Sud del pianeta, si
dividono il restante 20 per cento: la
_loro porzione è 16 volte più piccola.
Thomas Deza, presidente del-
1'Associazione Africani in Piemon-
te, parla della sua terra, la Costa
d'Avorio, del lavoro di suo padre:
«Coltiva caffè, c)1e gli viene pagato
poco meno di mille lire al kilo. Qui
una tazzina costa 1200 lire». Attra-
versato un oceano non cambia la si-
tuazione: in Nicaragua il contadino
che produce banane non intasca che
un miserabile 11 per cento del prez-
zo cui viene pagato il frutto dal ne.-
goziante europeo; il restante 89 per
cento se ne parte in tasse, trasporto ,
guadagno delle multinazionali
esportatrici e dei grossisti. «Un in-
fermiere italiano va a lavorare per
un anno in Somalia e guadagna 6
milioni al mese», denuncia Deza.
«Un medico somalo, laureato in
Europa, ha un salario di 40 mila
lire » .
Gli esempi potrebbero continua-
re, con le nazioni del Terzo e Quar-
to mondo sempre nei panni di Laz-
zaro alla niensa del ricco. Non han-
Cambiare i rapporti di forza
«Chi non vuole stranieri in casa
deve rassegnarsi a cambiare gli at-
tuali, comodi rapporti di forza»,
spiega con pacata saggezza Fredo
Olivero. «Dobbiamo in parole po-
vere rinunciare a un po' del nostro
benessere, interrompendo lo sfrut-
tamento a senso unico delle risorse.
Oppure possiamo accettare il rie-
quilibrio attraverso gli scambi di
popolazione». A "riequilibrio"
preferisce il termine "restituzione"
un altro Olivero, Ernesto, fondato-
re ed anima del Sermig, l'associa-
zione che nel suo Arsenale della Pa-
ce sulle rive della Dora a Torino ha
attivato da anni un efficiente servi-
zio di accoglienza per gli emargina-
ti. «Una nazione è saggia nella mi-
sura in cui è in grado di accogliere.
Non è sufficiente ricevere, regola-
rizzare e mantenere ai margini della
società gli extracomunitari», ha di-
chiarato Ernesto Olivero, eletto To-
rinese dell'anno 1992. «Dobbiamo
essere più accoglienti come persone,
perché se queste altre .persone ci
chiedono aiuto, lo fanno avendone
bisogno, e dobbiamo sostenerle nel
loro inserimento». Se si creano i
ghetti, si perde in partenza. La bat-
taglia da vincere è l' integraziohe. E
nessuno, nel suo piccolo, può chia-
marsi fuori. Cominciando anche
con l'evitare un pericolo sottile evi-
denziato da Deza e Fredo Olivero: il
paternalismo. Entrambi considera-
no questo diffuso atteggiamento in
modo del tutto negativo. L'assisten-
zialismo fine a se stesso, l'elemosi-
na, l'acquisto dei fazzoletti di carta,
non solo non risolvono il problema
dell'inserimento, ma si rivelano
controproducenti per gli stessi bene-
ficiati, spesso portati ad "adagiar-
si" sulla disponibilità del prossimo
anche rif~utando la strada più dura
ma vincente del lavoro regolare.
Si ripropone la saggezza del cele-
bre adagio cinese: "Se vuoi sfamare
un uomo non regalargli un pesce,
ma insegnagli a pescare".
Alessandro Risso

4.3 Page 33

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di Jean-François Meurs
Martedl 22 settembre. Mio cugino
Enrico è morto ieri. È stato colpito da
un albero! C'era salito sopra per ta-
gliare un grosso ramo, e prima che
avesse finito di segarlo, ha ceduto e
lo ha colpito alla testa. Dicono che
sia morto sul colpo. Aveva 20 anni.
Avevo paura di andarlo a vedere,
perché non avevo mai visto un mor-
to. Gran parte della famiglia era an-
data dallo zio Piero e dalla zia Lidia.
È lei che mi ha detto: «So che voi vi
volevate bene. Va' a vederlo, non
devi avere paura, è bello». Ne ha del
co~aggio! Mi domando come faccia.
E quando l'ho visto nella bara che
mi sono veramente reso conto che
era vero. Un po' come se tutto ciò
che mi avevano raccontato, e le
stesse lacrime, fossero false.
Nella mia mente mi è sembrato
per un momento che tutto potesse
tornare come prima: grida, risate
forti, e gli altri che ci dicono di cal-
marci un po'. Mi sforzavo di pensare
che tutto fosse falso ... un brutto so-
gno. Ma ora là, me ne rendevo con-
to. Avrei voluto toccarlo, ma non era
più necessario: ormai capivo. E non
ci potevo fare nulla. Non si sapeva
cosa dire. Quando qualcuno chiede-
va: «Vuoi un caffè» o «Prendi un bi-
scotto?», questo risuonava strano. E
LA MORTE
DI ENRICO
La morte è nello stesso tempo
vicina e lontana agli adolescenti.
Vicina, perché è straordinaria-
mente presente nella vita di ogni
giorno: incidenti stradali, immagi-
ni di guerra, morti ammazzati alla
TV. Lontana, perché essi sono
appena entrati nella vita, e vedo-
no in modo fumoso e lontano il
momento in cui ne usciranno. Ma
quando essa li tocca da vicino,
viene fuori tutta la loro fragilità.
Bisogna parlare di più e In mo-
do diverso e positivo della morte.
Senza aspettare che questa
mostri la sua brutta faccia. Parlar-
ne quando le cose vanno bene.
tuttavia, era preferibile al silenzio.
Faceva piacere vedere arrivare gli
altri zii e le zie e i cugini, e dirsi
buongiorno, anche se questo faceva
piangere. Erava·mo tutti sconvolti.
Oggi la nonna, quella che vive in
campagna, ha voluto andare a ve-
dere l'albero e ha chiesto alla mam-
ma di accompagnarla. L'auto ha
preso una piccola strada fino al bo-
sco. Poi, abbiamo fatto 300 metri a
piedi e allora abbiamo visto. Un al-
bero enorme. Anche il ramo. Mi è
venuta una gran rabbia e avrei volu-
to dargli dei calci. La nonna ha det-
to: «È straordinaria la forza di vita di
un albero, la natura. È più forte di
noi!». Allora ho cominciato a sentire
altre cose: quella forza tranquilla del
bosco, della natura, e non ero stupi-
to che Enrico fosse morto. Quella vi-
ta è enorme. E mi pareva di vedere
tutto con altri occhi. Abbiamo anco-
ra camminato per una mezz'oretta e
questo è servito a calmarci. Mai ave-
vo sentito cosl forte che è straordi-
nario esistere. Abbiamo rinnovato i
ricordi. La volta che Enrico si era
piantata la scure nel ginocchio. Ave-
va 12 anni, e non aveva avuto il co-
raggio di dirlo, perché suo padre gli
aveva detto di fare attenzione ed era
rientrato a casa da solo!
Quando siamo rientrati, ho potuto
andare a parlare con Beppe e Giu-
lia. Lei si è seduta proprio davanti a
me senza parlare. Anche così si
possono dire tante cose. Sapevo co-
sa voleva che io sentissi: che erava-
mo tutti e due vivi.
Giovedì 24 settembre. All'inizio
della messa per Enrico è stato un
momento difficile. lo avevo paura
che raccontassero un sacco di cose
che facevano piangere. Chi ci ha
sorpresi però è stato il parroco. Ave-
va scelto il Vangelo delle nozze di
Cana, e questo è strano, perché di
solito lo si usa per i matrimoni. Allo-
ra, ho fatto attenzione a ciò che di-
ceva: ci invitava a fare la festa della
vita nel modo migliore, andando il
più lontano possibile nel nostro
amore, nei gesti di solidarietà e di
perdono. Ma con le sole nostre forze
umane non saremmo arrivati fino in
fondo. Allora Dio si mette volentieri
con noi, e porta a compimento ciò
che noi abbiamo cominciato. Que-
sto Dio l' ha fatto con Enrico: dove-
vamo affidarlo a lui, fidarci di lui.
Mi sembra che alla fine, eravamo
tutti più sereni.
1 OTTOBRE 1992 - 33

4.4 Page 34

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La casa generalizia, sede
del Consiglio generale
e dei vari dicasteri.
Un 'équipe efficiente
a servizio della
congregazione salesiana.
T , 808, un pullman non sempre
L fedele agli orari del Comune
di Roma, lascia largo dei Fiorentini,
attraversa il Tevere, costeggia San
Pietro e si avvia verso l'ovest. Poi,
abbandonando quartieri popolati,
si immette nel verde che circonda la
città. Con mezz'ora di viaggio rag-
giunge il grande raccordo anulare e
continua ancora: sembra che voglia
arrivare in capo al mondo. Invece,
proprio in quel momento, uno dei
pochi passeggeri rimasti suona il
campanello e scende. "Salesiani
Don Bosco - via della Pisana 1111",
dice la placca del cancello.
34 - 1 OTTOBRE 1992
Fu il Capitolo Generale 16° avo-
lere la dimora del rettor maggiore e
dei suoi collaboratori nella città del
Papa. Torino è immensamente ama- ' •'lf"il'I
ta dai salesiani, Valdocco fu la cuna .
e continua ad essere una realtà indi-
spensabile per noi, con i suoi monu-
menti e le sue attività. Ma nella pri-
mavera del 1965 si considerò ormai
improrogabile trovarsi anche fisica-
mente vicini al Vaticano.
La proposta di adattare una delle
varie case già funzionanti a Roma
non riuscì praticabile e ci si rivolse
al nuovo, allontandosi dal centro a
causa dei costi del terreno. Don Pil-
la, grande economo generale, piantò
le insegne in un appezzamento colli-
noso verso Fiumicino e vi creò, ra-
L'Ausiliatrice della chiesa
Ie in alto a destra il giardino
di San Giuseppe .
In fondo a destra la statua
di Don Bosco, portata qui
dal noviziato di Villa Moglia
a Chieri.
zionalizzandoli maggiormente, gli
spazi di vita comunitaria e di lavoro costruzione, tenuta bassa per la vici-
collaudati dalla lunga tradizione to- nanza dell'aeroporto, si ergeva in un
rinese.
autentico deserto. Vi ha rimediato il
I primi inquilini del 1971 non lavoro paziente e costante di quegli
sembrarono soddisfatti. Erano i anni: parco, orto e bosco regalano
membri del Capitolo generale spe- oggi aria buona e uno spettacolo ol-
ciale e non avevano tutti i torti: la tremodo gradevole.

4.5 Page 35

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----------BS-
,,
numerosa soprattutto alla messa fe-
stiva», gli risposi. «Negli altri giorni
nei lunghi corridoi regna un silenzio
quasi assoluto». In quel momento,
provvidenzialmente, una porta si
aprì e ne sbucò un segretario dalla
pelle oscura. Perché qui il personale
- un centinaio di persone - è uni-
versale come la presenza salesiana.
Il settore "Salesianum" è a di-
sposizione dei confratelli di passag-
gio, di gruppi che vengono per con-
vegni di studio ed esercizi spirituali,
ed ha una capacità per 150 persone.
Raggiunge il grande pieno nei Capi-
toli generali della Congregazione.
La distribuzione saggia degli am-
bienti nell'intero complesso - chie-
sa e cappelle, archivio e biblioteca,
sale di riunione, refettori , camere
- permette ad ognuno di curare il
proprio lavoro senza intralciare né
essere intralciato. Anche se non· è
raro che un nuovo arrivato debba
Dov'è l'oratorio?
Solo al sabato e alla domenica si
ascolta, è vero, un po' del tipico
baccano dei ragazzi. È il piccolo
oratorio di don Enzo che muove i
primi passi. In generale qui Don
Bosco si è rifugiato in ufficio, dove
ascolta il battito del cuore salesiano
nel mondo e si mette in sintonia con
i suoi figli.
La penna ha lasciato il posto ai
computer nell'ampio edificio che
accoglie il rettor maggiore, i mem-
bri del Consiglio, i collaboratori a
vari livelli e l'Istituto Storico. For-
tunatamente non mancano le Figlie
di Maria Ausiliatrice: curano cucina
e guardaroba e sono una benedizio-
ne immensa.
«Dov'è la gente? », mi ha chiesto
un amico con il quale facevo il giro
della casa. «La gente è presente e
chiedere aiuto : si è smarrito nel de-
dalo di corridoi, la cui indovinata
architettura non ha approfondito
ancora.
1 OTTOBRE 1992 35

4.6 Page 36

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BEST-SELLER
DIO
.Cl HA
CREATO
GRATIS
di Giuseppina Cudemo
Due llbrl che presentano Dio e la religione
come sono visti dal giovanissimi.
Due volumi di grande
successo hanno per
protagonisti Dio e
la religiosità dei bambini.
L'esigenza di acquisire
maggior capacità
educativa in un settore
dove la confusione
appare grande.
S ano usciti, quasi in contempo-
ranea, due libri di argomento
religioso. Uno, Gesù di cognome si
chiamava Dio, dell'editrice Laterza,
è stato scritto dai bambini del III
Circolo didattico di Spoleto: dubbi,
opinioni, interpretazioni sono state
raccolte con cura e rigore, per argo-
mento, da Maria Antonietta Alba-
nese, da più di vent'anni direttrice
didattica nella città. L'altro proviene
da una pesante eredità. I bambini di
Arzano e Marcello D'Orta, che fra
consensi e polemiche, tanto succes-
so hanno avuto con «Io speriamo
che me la cavo», hanno pubblicato
ora Dio ci ha creato gratis (ed. Mon-
dadori). Di fronte a libri di questo
genere certo si può arricciare il naso,
perché è chiaro che dal punto di vi-
sta catechistico e teologico non sono
ineccepibili, anzi. Gli allievi di Ar-
36 - 1 OTTOBRE _1992
zana poi, figli di una zona social-
mente depressa, usano spesso un
linguaggio senza mediazioni, fino
ad arrivare alle parolacce, ma dette
senza malizia e con semplicità, co-
me le sentono tutti i giorni a casa lo-
ro. Ci si può comunque accostare a
queste pubblicazioni con l' interesse
ed il rispetto che hanno avuto per
l'infanzia maestri come Mario Lodi
o Leonardo Sciascia e, andando più
lontano, Dickens e Kipling, Tolstoj e
Cechov.
Dio si è creato da solo?
Leggendo il primo libro, una cosa
colpisce subito il lettore: l'impegno
dedicato dai bambini alla fatica di
comprendere, la loro serietà nell'af-
frontare temi ardui e profondi. Dice
un alunno di nove anni : «Io credo
in Dio, e anche molto seriamente,
però non mi so spiegare se è nato o
no». E un altro ribatte: «Dio si è
creato da solo» . La materia religio-
sa diventa oggetto dell'ansia infan-
tile di interrogarsi, capire e raziona-
lizzare il mistero, accostando l'i-
gnoto al familiare. Così, per ridurre
alla loro portata concetti che forse
gli sono stati spiegati affrettatamen-
te, questi bambini mettono in moto
la loro logica implacabile. Se il cam-
mello, pur con difficoltà, essendo
però buono, come sono in genere gli
animali, può passare per la cruna di
un ago, e il ricco invece no, il ricco
avendo i mezzi e gli opportuni ap-
poggi "può far allargare il buco".
Così ci sono le grandi considerazio-
ni sulla vita: «Se cade un aereo, Dio
non lo salva. Ha cose più importan-
ti da fare. Però se ci sono duecento
persone sull'aereo...». E ancora:
«Se Adamo ed Eva non facevano il
peccato originale, noi eravamo im-
mortali. Con noi c'erano pure gli
uomini della preistoria. ·Non servi-
vano i libri di storia, avevamo i te-
stimoni. Servivano solo i libri di fa-
vole, per bambini piccoli». E a pro-
posito dei miracoli di Gesù, un
bambino di nove anni scrive: «Gesù
era un santo che sapeva fare tutto :
faceva il falegname , creava l'erba e
ìl mare, trasformava l'acqua in vino
e viceversa. Siccome lui nella sua
casina non aveva vino, quando ve-
nivano gli ospiti, faceva l' acqua e il
vino. Un giorno stava al ristorante.
Il cameriere gli ha detto: "Scusi non
ho più vino né acqua". ·Lui gli ha
detto: "Non si preoccupi, l'invento
io"».
L'interesse .di queste testimonian-
ze infantili non sta tanto negli erro-
ri , ma nelle domande che ci spingo-
no a porci , vedendo bambini, anche

4.7 Page 37

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----------BS-
piccoli, così eroicamente impegnati
a comprendere quello che viene loro
detto e quasi dato per scontato.
Continuando a leggere, si rileva co-
me al bambino il discorso religioso
è familiare, anche se nella sua fan-
tasia tutto è ridotto a livelli umani .
Per i bambini di Spoleto tutti posso-
no sbagliare, anche Dio, infatti ha
creato i virus e i batteri ed ha lascia-
to dei vuoti sotto le montagne, per
colpa dei quali si verificano dei ter-
remoti. In compenso, Dio è buono
e gentile, dà buoni consigli e vorreb-
be perfino fare la pace con il diavo-
lo, che del resto è "un po' buono"
e non è detto che debba rimanere al-
l'inferno per l'eternità.
Questi ragazzini usano la quoti-
dianità come cifra interpretativa del
sacro, tant'è vero che i dottori, per
esempio, che fanno miracoli, ri-
scuotono il massimo rispetto. Tutti
sono citati con nome e cognome:
«Giovanni è il nome, Battista è il
cognome»; «Maria è il nome, Ver-
gine il cognome»; «Gesù di cogno-
me si chiamava Dio». L'esperienza
quotidiana aiuta quindi i bambini a
non essere schiacciati da insegna-
menti talvolta ardui, e spesso la ma-
teria religiosa si mescola ai contenu-
ti delle varie discipline scolastiche,
della storia soprattutto: Romolo e
Remo si sono salvati grazie all'in-
tervento di una lupa e questo certa-
mente è stato un ''miracolo di
Gesù".
I bambini di Arzano
Se con i bambini di Spoleto ci tro-
viamo di fronte ad un universo in-
fantile, abbastanza generalizzabile
nelle sue caratteristiche psicologiche
e sociologiche di mondo piccolo
borghese, con i bambini di Arzano
dell'ex maestro Marcello D'Orta,
ora scrittore a tempo pieno, abbia-
mo sotto gli occhi una realtà com-
posita. Infatti, dopo Io speriamo
che me la cavo, il best-seller più ven-
duto in Italia dopo "II Gattopar-
do", il nome di Arzano compare
solo pér un'efficace spinta pubblici-
taria all'ultimo libro, e D'Orta,
candidamente, lo confessa nel testo;
infatti, sono confluiti anche temi di
bambini delle scuole di Milano, do-
ve la sorella dell'autore insegna reli-
gione; scritti arrivati a D'Orta da
ogni parte d'Italia, frasi colte al ca-
techismo frequentato dal figlio, te-
mi dati ai bambini delle scuole di
Chiaiano e Fuorigrotta, e perfino
diari di appunti, dimenticati e ri-
comparsi, durante un trasloco in ca-
sa D'Orta. Eppure, a ben guardare,
il mondo che traspare da questo sa-
piente collage non è diverso da quel-
lo di Arzano: le anguste periferie
delle grandi città, dove unica fonte
di informazione è la TV, dove si ba-
da solo a sopravvivere, e i rapporti
sono improntati alla violenza, se
non esplosiva, sotterranea, nel con-
testo di una società che cerca di fa-
gocitare i più deboli, nella corsa al
consumismo e al benessere, spesso
riuscendoci. Cosa emerge da questo
libro? Realtà abbastanza ovvie, se
vogliamo: i bambini vedono il Papa
come una figura lontana e astratta;
sognano un prete sul modello di
Don Bosco; sono informati su dro-
ga, mafia e camorra; amano Mara-
dona e Don Ribaldi; hanno una vi-
sione molto umana di Dio e dei
santi.
Attenzione a non fermarsi all'u-
morismo che le loro affermazioni
suscitano come prima reazione, per-
ché sotto sotto, c'è altro, come dice
lo stesso D'Orta: la vita e la creazio-
ne per questi ragazzini sono un do-
no; Dio è guardato con schiettezza
ed innocenza; Adamo, Caino,
Giobbe, Gesù, la Madonna, Ponzio
Pilato e san Gennaro sono visti co-
me persone di casa. Le parabole poi
sono considerate con attenzione e
applicate al loro mondo e a quello
che vedono attraverso la TV, per
stigmatizzarne le contraddizioni.
Ma entriamo nel vivo di queste
argute ed innocenti considerazioni .
"Racconta la creazione del man-
Marcello D'Orta.
do", chiede un tema. «Adamo,
mentre la sua costola dormiva, creò
a Eva»; «Adamo e Deva (sic!) vive-
vano nel paradiso terrestre anche
nei giorni feriali. Erano sempre feli-
ci e ridevano sempre, come Al Bano
e Romina Pauer». E a proposito del
tema "Vi racconto un episodio del
Vangelo", ecco cosa ha scritto un
ragazzino: «All'inizio i dodici apo-
stoli non erano proprio nessuno.
Chi li conosceva? .. . I dodici aposto-
li all'inizio nessuno sapeva parlare
bene. .. Quando accompagnavano
Gesù a fare qualche miracolo gli fa-
cevano fare sempre brutte figure di
prestigio». Addentrandosi poi nel-
l'argomento dei miracoli, un bam-
bino osserva: «Per me il miracolo
più grande Gesù l'ha fatto quando
si è risorto da solo senza l'aiuto di
nessuno». E a proposito 'di Ponzio
Pilato: «Il mio pensiero su questo
personaggio non è un pensiero sem-
plice ma forse neppure lui ci capiva
qualcosa ... Giuda tradì Gesù per
trenta denari, Pilato invece gratis.
Ma forse quei trenta denari li avreb-
be cacciati di tasca sua per salvar-
lo». Un bambino più intraprenden-
te degli altri, vorrebbe chiedere al
Papa «perché non si fa interv?stare
mai se Gesù parlava con tutti; per-
ché se san Francesco era poverissi-
mo lui è ricchissimo; perché si af-
faccia sempre dallo stesso balcone;
se è tifoso dell'Italia o della Polo-
nia. Vorrei sapere pure a lui chi lo
confessa» .
È superfluo, dopo tutto questo,
sottolineare l'importanza dell'inse-
gnamento religioso in famiglia, da-
to non solo a parole, ma con l'esem-
pio, e fin dai primissimi anni. Allo-
ra sarà facile, se non facilissimo,
chiarire gli equivoci, dissipare i
dubbi, correggere gli errori. Perché
è molto difficile "insegnare religio-
ne" ai bambini, ma in famiglia i ge-
nitori hanno una marcia in più,
quella della quotidianità, dell'esem-
pio e dell'amore. I bambini, lo di-
mostrano anche i libri in questione,
sono interessatissimi al sacro. A
noi, genitori e catechisti, il compito
arduo di introdurli nel mondo affa-
scinante e coinvolgente delle Scrit-
ture, spezzando per loro il pane pre-
zioso della Parola, così che diventi
fondamento e cibo per la loro vita.
1 OTTOBRE 1992 37

4.8 Page 38

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INTERVISTE
Il cardinale
Castillo Lara.
Il cardinal Casti/lo Lara,
"ministro economico"
della Santa Sede, è stato
intervistato da
Marco Garzonio
per il Corriere della Sera.
Ne riportiamo i passaggi
di maggior interesse.
I l suo sogno sarebbe stato quello
di Don Bosco: lavorare con i gio-
vani, insegnando anche letteratura
ispano-americana, che ama e cono-
sce benissimo. Ma sul cardinale Ro-
salio José Castillo Lara ha pesato il
karma familiare: padre e nonno tito-
lari di un'azienda produttrice di caf-
fè; zio primo salesiano venezuelano,
arcivescovo di Caracas. Ha comin-
ciato Paolo VI a chiamarlo a compi-
ti di alta responsabilità, affi dando-
gli la segreteria della Commissione
per la revisione del Codice di diritto
canonico. Poi papa Wojtyla ne ha
fatto l'uomo-chiave dell'economia
d'Oltretevere. Il .cardinale Castillo
Lara (che compirà il 4 settembre 70
anni) è oggi insieme ministro del Te-
soro e delle Finanze e presidente del-
la commissione cardinalizia che reg-
ge la Città del Vaticano.
Ritiene opportuno che ecclesiasti-
ci e religiosi si occupino dell'ammini-
strazione finanziaria e di patrimoni?
L'amministrazione è in mano ai
laici. Gli ecclesiastici sono ai vertici
direttivi, danno le linee. Ad esem-
pio, bisogna stare attenti a non aver
partecipazioni in società che fabbri-
cano armi o in aziende farmaceuti-
che che mettano sul mercato pro-
dotti contro la morale. Ma il lavoro
di gestione fa capo a personale lai-
co. Come pure un corpo internazio-
nale di consultori tutti laici affianca
la sezione straordinaria dell 'Apsa.
Come riuscite a conciliare i tempi
e le strutture della Chiesa con le esi-
genze di efficienza poste dal mondo
d'oggi?
38 - 1 OTTOBRE 1992
L'UOMO-CHIAVE
DEL~ECONOMIA
VATICANA
Nella parte amministrativa cer-
chiamo di stare in linea con la pro-
fessionalità. Stiamo computerizzan-
do tutto. Ci serviamo di consultori e
di personale tecnicamente quafific~-
to. Ovviamente tenendo conto delle
nostre possibilità. Noi non possia-
mo concorrere con gli stipendi del
mercato. Ma i nostri laici hanno
professionalità e sanno che la loro
opera è anche un servizio alla
Chiesa.
Crede che sia possibile un'opera-
zione glasnost nelle finanze vati-
cane?
Il problema della trasparenza è
molto relativo e collegato all'organi-
smo di cui si tratta. In molti aspetti
la Chiesa è legata a esigenze di se-
greto e di riservatezza. Ma per ciò
che si riferisce alle finanze della
Santa Sede si può rendere pubblico
un sunto del bilancio consolidato.
Comunque, chi è interessato e ha un
certo diritto può esaminare i bilanci
di gestione. Poi, c'è la Prefettura de-
gli Affari Economici della Santa Se-
de, equivalente alla Corte dei Conti,
che esercita un'accurata opera di re-
visione e di verifica, avvalendosi an-

4.9 Page 39

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che di ditte esterne, di riconosciuta
professionalità. Inoltre, due volte
l'anno si riuniscono 15 cardinali di
diverse diocesi del mondo per esa-
minare bilanci.
Nell'opinione pubblica v'è un'im-
pressione, secondo cui la Chiesa sa-
rebbe ricca. Ha qualche corrispon-
denza nella realtà questo vissuto po-
polare?
La diffusa impressione sulla ric-
chezza della Chiesa viene dagli im-
mensi tesori d'arte presenti in Vati-
cano. Un valore incalcolabile, ma
economicamente essi non rappre-
sentano vera ricchezza: non sono
alienabili. La Santa Sede li conside-
ra patrimonio dell'umanità, del
quale ha solo la custodia. In realtà,
più che fonte di ricchezza lo sono di
spese. Come spiegava un vescovo
latino americano ai fedeli: «Posso
fare di più io con un dollaro che
non il papa con la Pietà di Miche-
langelo».
Hanno f andamento le accuse,
presenti anche in ambienti cattolici,
di un Vaticano con palazzi, azioni,
titoli e una chiesa povera del Terzo
Mondo?
È una posizione totalmente in-
fondata, che proviene da ignoranza
o da considerazioni emotive e sem-
plicistiche. Per esempio, qualcuno
attribuisce erroneamente alla Santa
Sede proprietà delle numerose con-
gregazioni religiose a Roma. Invece
la Santa Sede ha palazzi o edifici de-
stinati a necessità istituzionali, per i
suoi organismi. Possiede poi 850
appartamenti affittati ad equo ca-
none, nella quasi totalità a impiega-
ti della Santa Sede o della Città del
Vaticano. Una funzione sociale,
non espressione di ricchezza. Delle
partecipazioni azionarie posso dire
che tale patrimonio riesce a coprire
poco più del 35 per cento dei fabbi-
sogni. Non è quindi una Chiesa ric-
ca. Certo, dinanzi ad alcuni Paesi
del Terzo Mondo, qualsiasi posses-
so diventa ricchezza, ma sarebbe
poco realistico e insensato eliminare
questo patrimonio, pensando di ri-
mediare ai bisogni dei Paesi poveri.
Mi è stato raccontato di un sacerdo-
te: diceva ai suoi allievi, che il Papa
dovrebbe vendere il Vaticano e vive-
re in un appartamento. Quanto po-
co realistico se si considera non solo
cosa è il Vaticano, ma la funzione di
governo della Chiesa che esercita il
papa. Tuttavia ricordo che la Santa
Sede si adopera in vari modi per al-
leviare popolazioni del Terzo
Mondo.
Quanto ha inciso sulla Santa Sede
la vicenda lor-Ambrosiano?
Una valutazione è difficile. In al-
cuni ambienti ha causato molto
danno, offrendo della Chiesa e del-
lo lor un'immagine molto negativa,
non corrispondente alla realtà. Non
ho ancora esaminato tutta la docu-
mentazione, ma, per quanto ho vi-
sto, sono convinto che alcuni am-
bienti e mezzi di comunicazione
hanno offerto ai lettori un'interpre-
tazione totalmente distorta. Cono-
scendo bene monsignor Marcinkus,
posso assicurare che la fama che gli
si è creata attorno è totalmente falsa
e risponde più a una strategia della
diffamazione o di linciaggio morale
che non alla realtà dei fatti.
I fedeli danno secondo i bisogni?
Purtroppo no. Mancano una for-
mazione nel dovere dei fedeli a con-
tribuire alle necessità della Chiesa e
un'informazione dei bisogni.
È vero che tra i più generosi figu-
rano statunitensi e tedeschi, i quali
però influenzerebbero le scelte della
Chiesa?
I fedeli di Usa e Germania sono
tra i più ge:µerosi contribuenti all'O-
bolo di San Pietro. Ma è assurdo
pensare che potrebbero influenzare
le scelte della Chiesa. L'orienta-
mento della Chiesa nelle scelte di
fondo è fissato dalla dottrina e le
scelte operative non vengono fatte
attraverso manovre in cui ha più in-
flusso chi più conta economica-
mente.
La Chiesa sa chiedere ai fedeli? È
chiara in obiettivi e rendiconti?
Su questo punto abbiamo molto
da imparare e migliorare. È un cam-
mino lungo, ma speriamo di fare
progressi.
Come si sente un vescovo a dover
amministrare miliardi?
Il mio compito si svolge a un li-
vello tale e sostenuto dalla collabo-
razione di persone tanto competen-
ti, che non mi produce impressione.
Non mi sento né un· finanziere, né
un amministratore. Sono un cardi-
nale che deve coordinare l'opera di
validi collaboratori.
Lei è ritenuto persona non solo
capace, ma anche aperta alle novità.
Ha incontrato più ostacoli o aiuti?
Opposizione, nessuna. Grande
apertura, invece. E sostegno dal pa-
pa e dagli uomini delle strutture esi-
stenti .
Incidono le scelte universalistiche
del Papa sulla gestione del(a Chiesa?
Se si pensa ai viaggi, questi non
costano nulla all'amministrazione.
Vengono finanziati dalle Chiese
particolari e dai fedeli. La presenza
del Papa ha favorito cospicue dona-
zioni, che il Santo Padre destina al-
la copertura del disavanzo della
Santa Sede. L'obiettivo è spostare
risorse per fame nel mondo, calami-
tà naturali, Chiese dell'Est.
1 OTTOBRE 1992- 39

4.10 Page 40

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olidarietà
Borse Missionarie da
L. 100.000
Borsa: Don Bosco, Domenico Sa-
vio, in suffragio dei genitori Lide
e Armando, a cJra di Sanzio e
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ler A. Maria Maffei, a cura di
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ziando e invocando protezione
per la famiglia, a cura di Toninel-
li Antonia - Borsa: Don Bosco,
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Angela e Piero, a cura di N .N. -
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defunti Famiglia Fabiani, a cura
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cando grazie e protezione, a cura
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dei nipoti, a cura della zia Nives
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Valdocco 1934-35 - Borsa: S.
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Bosco, a cura di Sgroi Francesca
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per ringraziamento e aiuto, a cu-
ra di N.N.

5 Pages 41-50

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5.1 Page 41

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r-;::;;;:=::= =.·,.__,-===~lll--1-a-==~=====.-- - - B S -
l
MARTIN! sac. Aldo, salesiano, t Gerusalemme
il 16/2/1992 a 83 anni.
Giunto in Terra Santa nel 1937, lavorò come
salesiano laico a Cremisan e a Betlemme. Trasfe-
rito a Teheran, grazie al possesso di varie lingue
poté assicurare un valido insegnamento nelle
scuole elementari. Il suo zelo e la sua dedizione
spiccarono soprattutto e per lunghi anni ad Aba-
dam, nell'"Apostolatus Maris" e presso gli ospe-
dali cittadini, dove confortava e aiutava spiritual-
mente gli ammalati, sia cristiani che musulmani.
A utilità della vastissima parrocchia fu ammesso
al presbiterato e venne ordinato sacerdote a 72
anni. Scoppiata la rivoluzione islamica, dovette
con grande pena lasciare l'Iran. Trascorse gli ulti-
mi anni a Cremisan, circondato dalle affettuose
attenzioni dei confratelli.
MIMOSA LIiiana, t Canaletto (La Spezia) il
15/2/1992.
Da sempre vicina ai salesiani della parrocchia
Maria Ausiliatrice della Spezia-Canaletto, entrò a
pieno titolo nella Famiglia Salesiana come coope-
ratrice nel 1969, distinguendosi per il lavoro, lo
zelo, la dedizione, a cui univa la gioia e il sacrifi-
cio . A lungo provata nella salute, pregava Maria
Ausiliatrice e Don Bosco perché le dessero la fe-
de e il coraggio di superare la sua difficile prova.
FIORE Pietro, cooperatore, t Nizza Monferrato
(AT) il 12/4/1992 a 78 anni.
Fu stimato educatore nella scuola elementare
di Canelli e Nizza Monferrato. Padre e marito
esemplare, fu un cooperatore salesiano convinto .
Lascia in eredità una grande rettitudine di vita, la
profonda bontà verso tutti e. una fede solida, che
si espresse nel formare cristianamente i suoi figli
e gli alunni, e nella testimonianza della sua ricca
personalità di credente.
TORMEN suor Francesca, Figlia di Maria Ausi-
llatrice, t Pastré (Francia) il 9/2/1992 a 81 anni.
Chiamata a vivere la vocazione missionaria, lei
nata in una famiglia povera del bellunese, aderl
con passione alla chiamata per seminare nel Re-
gno di Dio. Per 50 anni ha lavorato in terra d 'Afri-
ca, in paesi di religione musulmana dove la testi-
monianza è la parola decisiva.
Suor Francesca è sempre stata la donna forte
della Bibbia, che si alzava di buon mattino e lavo-
rava per la " famiglia". La sua è stata sempre una
famiglia di poveri: tutti trovarono in lei una madre
e una sorella. Prima di morire dovette dolorosa-
mente lasciare la Tunisia, che era ormai diventa-
ta la sua terra.
PELLITTERI slg. Giuseppe, salesiano, t Torino
il 28/5/1992 a 71 anni.
A 8 anni entrò nell'istituto salesiano di
Palermo-Santa Chiara, proseguendo in quell 'isti-
tuto come allievo compositore . A 17 anni chiese
di entrare nel noviziato di San Gregorio di Cata-
nia e divenne salesiano. Sempre addetto ai setto-
re grafico, fu a.San Benigno (TO), a Catania, ai
Colle Don Bosco, alla Poliglotta Vaticana, a Mila-
no e a Valdocco, dove fondò il CITS, che si propo-
neva la promozione del giovani avviandoli verso
attività di lavoro e aiutandoli a perfezionarsi in va-
ri settori del campo grafico. Per le sue beneme-
renze ottenne l'abilitazione alla libera docenza e
il diploma ad honorem in scienze e arti della
stampa. Visse con convinzione e continuità i valo-
ri della consacrazione laicale nella vita salesiana,
trasmettendo a tanti giovani il senso del dovere e
della professionalità. Fu salesiano cordiale, buo-
no e sempre disponibile; docente aggiornato e
competente; uomo lieto di intessere relazioni
educative.
TARDIVO Luigi, cooperatore, t Torino il
1/5/1992.
Era stato per tanti anni al Colle Don Bosco a
servizio della comunità e dei giovani. Laborioso,
semplice, generoso, dalla famiglia aveva ricevuto
un grande spirito di fede e di preghiera. Manife-
stò grande amore alla Madonna. Lo ricordano co-
me esempio di vita cristiana in particolare i fratel-
li, sei dei quali sono salesiani missionari.
VALENTE sac. Bruno, salesiano, t Negrar (Ve-
rona) il 7/4/1992 a 80 anni.
Di famiglia cristianissima, fu allievo del Colle-
gio Astori di Mogliano. Qui nell'anno della beatifi-
cazione di Don Bosco maturò la vocazione sale-
siana. Fu ordinato sacerdote nella Basilica di Ma-
ria Ausiliatrice a Torino nel clima della 2• guerra
mondiale. Trascorse la sua vita nella casa ispet-
toriale di Verona, a Battaglia Terme (PD) e al
Manfredini di Este. Fu assistente, amico, confi-
dente dei giovani, dei confratelli, delle FMA, del
popolo, soprattutto all 'altare e nel ministero delle
Confessioni. Ebbe doni di ricca umanità, accom-
pagnata da particolare delicatezza di sentimenti,
che lo resero partecipe delle sofferenze e delle
gioie di quanti avvicinava. Quanti lo conobbero lo
ricordano trasparente, buono, delicato, fedelis-
simo.
AUGUGLIARO Cesarina, cooperatrice, t Roma
il 26/5/1992 a 83 anni.
Sorse con lei il Centro cooperatori del Sacro
Cuore di Roma in via Marsala. Fu coordinatrice
dell 'associazione che portò a impegni apostolici a
favore di insegnanti delle scuole statali, di coppie
di sposi e dei giovani, mentre svolgeva il suo im-
pegno professionale di insegnante e di preside,
profondamente animata dallo spirito di Don Bo-
sco. È stata una cooperatrice entusiasta, capace
di incarnare in sé quella parola di Gesù: «La glo-
ria del Padre mio risplende quando voi portate
molto frutto».
GIOVINE sac. Giuseppe, Salesiano, t Pietra-
santa (LU) il 25/4/1992 a 78 anni.
Nato a Vinchio, in provincia di Asti, si preparò
alla vita salesiana a Ivrea, dove venne destinato
giovanissimo alla Terra Santa. Qui nel corso della
2• guerra mondiale per circa quattro anni fu in
campo di concentramento. Dal 1977 era rientrato
in Italia. Affabile, amabilmente arguto, entrava
subito in sintonia con chiunque l'avvicinasse. Era
generosamente solidale con quanti avvertiva nel
bisogno. Ha amato la scuola dedicandole le sue
migliori risorse di salesiano e di sacerdote. Aveva
una tenera devozione alla Madonna, che invoca-
va continuamente tenendo in mano la corona del
rosario. Amava stare coi giovani, sapeva portare
un Vangelo facile e. attraente.
PER SOSTENERE
LE OPERE SALESIANE
A quanti hanno chiesto
informazioni, annunciamo che
LA DIREZIONE GENERALE
OPERE DON BOSCO con sede
in ROMA, riconosciuta
giuridicamente con D.P. del
2-9-1971 n. 959, e L'ISTITUTO
SALESIANO PER LE
MISSIONI con sede in TORINO,
avente personalità giuridica per
Decreto 13-1-t924 n.22, possono
legalmente ricevere Legati ed
Eredità.
Formule valide sono:
- se si tratta d'un legato:
«". lascio alla Direzione Generale
Opere Don Bosco con sede in
Roma (oppure ali'Istituto
Salesiano per Le Missioni con
sede in Torino) a titolo di legato
la somma di lire...,(oppure)
l'immobile sito in... per gli scopi
perseguiti dall'Ente, e
particolarmente per l'esercizio
del culto, per la formazione del
Clero e dei Religiosi, per scopi
missionari e per l'educazione
cristiana.
- se si tratta invece di
nominare erede di ogni sostanza
l'uno o l'altro dei due Enti su
indicati:
«... annullo ogni mi~
precedente disposizione
testamentaria. Nomino mio
erede universale la Direzione
Generale Opere Don Bosco con
sede in Roma (oppure L1stituto
Salesiano per Le Missioni con
sede in Torino) lasciando ad esso
quanto mi appartiene a qualsiasi
titolo, per gli scopi perseguiti
dall'Ente, e particolarmente per
l'esercizio del culto, per la
formazione del Clero e dei
Religiosi, per scopi missionari e
per l'educazione cristiana.
(Luogo e data)
(firma per disteso)
1 OTTOBRE 1992 - 41

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l
r RISPOSTE
PRONTE
E PRECISE
In un periodo non tanto pro-
mettente della mia non più
giovane età, con la prospetti-
va di interventi non più rassi-
curanti, mi son rivolto a Mam-
ma Margherita a più riprese e
ogni volta - con prontezza
davvero materna - e quasi
con sorpresa, ne ebbi risposte
pronte e precise. Mi ha ritenu-
to davvero come suo nipotino,
perché figlio spirituale di suo
figlio.
Un salesiano, Torino
r IN BREVE
TEMPO
Avevo un problema di salute,
fastidioso e delicato da cura-
re. Leggendo il Bollettino Sa-
lesiano ho conosciuto suor
Eusebia e l'ho subito invocata
con fede perché mi aiutasse.
In breve tempo sono scompar-
si i disturbi ed è stata trovata
una cura adegoata. Ne sono
molto grata.
D. Rolando, Biella (VC)
r SONO ANDATO
ALLA FONTANA
DI MAMMA
MARGHERITA
Ho dovuto subire un interven-
to per un tumore allo stomaco.
Sembra superato· il pericolo
della metastasi e da tre anni
continuo a stare bene. Ciò lo
devo alla intercessione di
Mamma Margherita. Ho volu-
to andare a pregare al Tempio
del Colle e alla fontana di
mamma Margherita, perché
essa continui ad ottenermi se-
renità e salute.
V. Angelo,
Moriondo (TO)
r DUE VOLTE
IN TRE MESI
La notte tra il 4 e 5 luglio 1990,
mia moglie, trovandosi ricove-
rata all'ospedale, è entrata in
coma e solo verso le cinque,
assistita continuamente dal
medico di guardia e dalla suo-
ra ha dato segni di vita. lo ero
ricorso all'intercessione di
Mamma Margherita . È questa
la seconda volta in tre mesi
che Mamma Margherita da
noi pregata ci ha ottenuto la
grazia richiesta. Ora mia mo-
glie è come rinata.
R.G., Roma
darmi al caro don Filippo Ri-
naldi. Rimasi per circa un'ora
in uno stato di incoscienza.
Poi improvvisamente mi ripre-
si e mi sentii pieno di energie.
Ed ho continuato a stare bene
sino ad oggi, nonostante i miei
92 anni. Esprimo tanta ricono-
scenza al mio grande protet-
tore .
D. Battezzati Pietro SDB,
Roma
r È ARRIVATO
GIUSEPPE
r ECIFU
UNA SVOLTA
BUONA
Dopo cinque anni di matrimo-
nio senza culle, mi son rivolta
al caro san Domenico Savio .
Ho indossato l'abitino e ho fat-
to una novena. Ho così ·ricevu-
to la tanto sospirata grazia
Vogliamo dire un Grazie rico- della maternità: è arrivato Giu-
noscente a suor Eusebia Pa- seppe, un bellissimo bambi-
lomino per la guarigione del no, sano e robusto. Al piccolo
nostro caro fratello. Tutta la fa- grande san Domenico Savio
miglia ha vissuto mesi di viva tutta la mia riconoscenza.
preoccupazione a causa di
Giovanna G.,
una fistola definita dai medici
Castelnuovo (RE)
"diabolica". Lunga e sfibrante
la degenza in ospedale finché
il decorso prese una svolta
buona. E ciò grazie a suor Eu-
r
È UN POTENTE
sebia alla quale ci siamo rivolti
INTERCESSORE
con fiducia.
Al.l'inizio del 1991 il medico mi
Salvatore Bumbato comunicò la triste notizia di
Vitrano, Palermo esser affetta da un tumore e
r È STATO
PER ME SEMPRE
che urgeva un intervento chi-
rurgico. lo ebbi un moto di ri-
bellione interiore. Preferivo
morire invece che sottopormi
all'intervento. Le mie Superio-
PADRE AMOROSO re si adoperarono perché io mi
Verso la metà di dicembre del
1990 sono stato colpito da uno
scompenso cardiaco ed ede-
ma polmonare. I medici defini-
rono il mio caso, gravissimo.
Con fiducia mi rivolsi al beato
Filippo Rinaldi che è stato
per me Padre amoroso e gran-
de benefattore. A Lui devo tut-
to nella mia vita. Dopo alcuni
giorni i medici constatarono
un grande miglioramento e io
potei tornare in comunità,
rimettessi alla decisione del
medico. Ma la mia ribellione
continuava e si estendeva a
tutte le persone che mi avvici-
navano a tale scopo. Fu allora
che le consorelle della mia co-
munità mi suggerirono di affi-
darmi all'intercessione del
beato Filippo Rinaldi per
avere il dono della disponibili-
tà e della pace interiore. Ed io
ebbi la grazia. Una grande se-
renità a poco a poco cominciò
sempre bisognoso di cure e
molto debole. Così fino al 24
maggio del 1992, Festa di Ma-
ria Ausiliatrice. Nel pomerig-
gio di quel giorno io fui colto
nuovamente da un collasso.
Ebbi l'impressione di essére
alla fine. Appena in tempo per
gettarmi sul letto e réjlccoman- · _ _ _ _ _ --~~~
HANNO OTTENUTO
"GRAZIE":
N.V. Mirano (VE) (per in-
tercessione di Don Bosco)
I Fam . Giovinazzo - Leinì
(TO) (per intercessione di
Maria Ausiliatrice) / P.N. -
Acri (CS), per intercessio-
ne di Maria Ausiliatrice /
Presta Berenice - Olivadi
(CZ), per intercessione di
san Domenico Savio / Lo-
renzo Losappio - Andria
(BA), per intercessione di
Maria Ausiliatrice / L.F. -
Milano, per intercessione
di san Domenico Savio /
Ribaldone Garlando Mari-
na Bodelacchi - Lu Monf.
(AL), per intercessione di
Maria Ausiliatrice / N.M. -
Rivarolo (TO), per inter-
cessione di Maria Ausilia-
trice/ M.G. - Torino, per in-
tercessione di san Dome-
nico Savio / Alessandra
Baiamonte - Palermo, per
intercessione di Don Bo-
sco / Elena Zucchelli - Ar-
desio (BG), per interces-
sione di san Domenico Sa-
vio / Battaglino Vittoria -
Vezza d'Alba (CN), per in-
tercessione di Don Bosco I
G.S. - Prata Sannita (CE),
per intercessione di Don
Bosco / Rosita Mescetti -
Como, per intercessione di
san Domenico Savio /
Adriana Fugazzi - Vimer-
cate {Ml), per intercessio-
ne di san Domenico Savio
I Coha Angelo - Valperga
(TO), per intercessione di
san Domenico Savio.
a subentrare in me. Mi sotto-
posi all'intervento il quale riu-
scì molto bene. Ora son torna-
ta in comunità ben ristabilita in
salute . Ho tanto desiderio di
dire a tutti che il beato Filippo
Rinaldi è un .potente interces-
sore.
Suor Maria Olimpia
Sanchez FMA,
S. Rosa de Copan (Honduras)
Per lapubblicazione non
si tiene conto delle lette-
re non firmate e senza
recapito. Su tichiesta si
potrò omettere l 'indica-
zione del nome.
42 - 1 OTTOBRE 1992

5.3 Page 43

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Nome: suor Geraldine Reakes
Età: 53 anni
Nata a: Chertsey (Inghilterra)
Attuale residenza: è direttrice della
comunità di Kasama {iambia)
Altre notizie utili: fino al 1984 è vis-
suta in Inghilterra, impegnata nel-
l'animazione ispettoriale
C'è una caratteristica tutta tua?
L'ottimismo . Gli altri, a volte, ci
scherzano sopra.
Quando, nel 1984, ti han detto di
partire cosa hai pensato?
Che era arrivato, finalmente, il
tempo. Mi ero fatta salesiana per-
ché le FMA avevano le caratteri-
stiche che io ... sognavo, eccetto la
certezza di farmi partire come mis-
sionaria.
Sei nello Zambia da 8 ànni. Tre
cose che ti piacciono molto...
La gente.
Il mio lavoro nell'Oratorio Centro
Giovanile.
Il clima del Paese: con stagioni
ben definite . Il caldo caldo , il ver-
de verde...
Per una giovane donna dello Zam-
bia qual è la parola più significa-
tiva?
Sviluppo, che significa anche edu-
cazione, cultura, novità.
Quando sei un po' avvilita a cosa
pensi?
Al futuro. Al futuro della nostra
casa. Al futuro di questa gente. Al
futuro della nostra presenza in
questo Paese.
Facendo progetti uno trova subito
slancio.
Trovi il tempo per leggere qual-
cosa?
Leggo molte riviste, adesso. Per-
ché in Africa si fa fatica a trovare
libri.
Naturalmente a Chertsey hai chie-
sto ... la carità per i tuoi giovani
africani. Come investirai
"fondi"?
Ci serve un videoproiettore. Non
vogliamo la TV . Ma il video-
proiettore ci serve sia per la scuola
che per i villaggi . L'immagine re-
sta impressa. E noi dobbiamo im-
parare a far arrivare a molti il
messaggio.
Cosa diresti ai giovani che vorreb-
bero dare un po' di tempo agli
altri?
"Ti aspettiamo!" Puoi fare molto
con il tuo entusiasmo e il tuo desi-
derio di solidarietà.
Tua madre, la signora Florence
Mary Reakes, 80 anni, sta parten-
do con te per lo Zambia per condi-
videre un po' del tuo lavoro. È la
terza volta che ti raggiunge da
quando sei andata in Africa. Con
la tua vocazione missionaria ha
scoperto anche lei il volontariato!
Mia madre è una donna da ammi-
rare ed è ancora attiva. Nella sua
vita ha sempre lavorato. Per molti
anni è stata ispettrice in una fab-
brica di attrezzature elettroniche.
Che cosa ha detto a te e a chi le
consigliava prudenza?
«Adesso ho ancora un po' di ener-
gia e voglio spenderla bene».
È decisamente una donna attiva e
coraggiosa.
È sempre stata così e adesso di co-
raggio ne ha da vendere.
HANNO DETTO
«Se in Brasile uccidessero in
un anno 400 cani, il mondo fa-
rebbe la rivoluzione»
(A proposito dei bambini uccisi
ogni anno in Brasile.
Intervento a
Prima Pagina su RAl3)
«Non riesco a capire perché a
una certa età le persone perdo-
no dinamismo e allegria, tra-
smettendo a noi giovani un ce-
lato odio per la vita».
(Veronica, al concorso
la "Nuova scuola" di Pesaro)
«40 bambini su cento si trova-
no in situazione di socializza-
zione conflittuale, 25 bambini
su cento abbandonano la scuo-
la, 5 bambini su cento lavorano
in età precoce, 3 bambini su
cento si trovano in uno stato di
abbandono familiare e sociale».
(Gabriel Levi, Università
La Sapienza di Roma)
LA BUONA NOTIZIA
Grande festa a Mahajanga nel
Madagascar per la professione reli-
giosa di Emilienne, la prima Figlia
di Maria Ausiliatrice malgascia. Il
15 agosto tra la sua gente, in occa-
sione della grande festa della Ma-
donna, tutto il villaggio è stato
presente per questo ritorno che se-
gna l'inizio della sua vita consacra-
ta. Emilienne ha fatto il noviziato
a Roma e ora è tornata. Si è avvici-
nata alle FMA quando nel 1986
hanno aperto a Mahajanga la pri-
ma casa con un dispensario. La-
sciata l'università, ha lavorato con
loro a servizio dei poveri. ha
maturato la sua scelta.
«Avessi dodici giovani...
Jossi padrone di disporne
come di questo fazzoletto,
vorrei spargere il nome di
Nostro Signore Gesù Cristo
nelle terre lontane».
Don Bosco
1 OTTOBRE 1992 - 43

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TAXE PERçUE
TASSA RISCOSSA
TORINO C . M . P.
Un SOCIETÀ EDITRICE
Z/ INTERNAZIONALE
corso Regina Margherita, 176
10152 Torino
Collana I COMPAGNI DI VITA
Quella del «compagno di vita»
è una funzione antica del libro,
che oggi torna di attualità
per il crescente bisogno dell' uomo
moderno di riflessione , conforto
e dialogo interiore.
La SEI ha pensato di selezionare
una serie di «compagni»,
ricercandoli tra le voci antiche
e recenti che meglio hanno saputo
interpretare il bisogno di verità
dell 'uomo.
F. d 'Assisi
I Fioretti
pag. 256, L. 20.000
Giovanni XX III
Un fratello che parla a voi
da Il Giornale dell'anima e dai discorsi
pag. 640, L. 32.000
K. Gibran
Frammenti ritmati
Il Profeta e Sabbia e schiuma
pag.. 224, L. 18.000
FRANCESCO
D ASSISI
I FIORETTI
Introduzione dj
a z a re no
Fabbretti