Bollettino_Salesiano_198604


Bollettino_Salesiano_198604

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ANNO 110 N. 4 2• QUINDICINA 15 FEBBRAIO 1986
SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE GRUPPO 2° (70)
RIVISTA FONDATA
DA S. GIOVANNI BOSCO
NEL 1877
VENTI ANNI DOPO...
Ci prepariamo al Sinodo dei laici
« Il Sacro Concilio scon-
giura perciò nel Signore
tutti i laici, a rispondere
volentieri, con generosità
e con slancio di cuore, alla
voce di Cristo, che in que-
st'ora li invita con maggio-
re insistenza, e all'impulso
dello Spirito Santo. In
modo speciale i più gio-
vani sentano questo appel-
lo come rivolto a se stessi,
e l'accolgano con alacrità e
magnanimità.
È il Signore stesso infatti
che ancora una volta per
mezzo di questo santo Si-
nodo invita tutti i laici ad
unirsi sempre più intima-
mente a Lui e, sentendo
come proprio tutto ciò che
è di Lui (dr. Fil 2,5), si as-
socino alla sua missione
salvifica».
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VENTI ANNI DOPO
Lunedl 18 novembre u.s. nell'Aula del Sinodo in Vaticano si è tenuta
a cura del Pontificio Consiglio per i Laici la celebrazione del XX anniver-
sario del Decreto conciliare «Apostolicam Actuositatem».
Il Santo Padre Giovanni Paolo Il ha voluto essere presente ed ha ri-
volto la Sua parola ai presenti.
Riportiamo qui di seguito la testimonianza di Rosemary Colgie che
fu uditrice al Concilio, poi Sottosegretaria del Consilium de Laiciis e che
attualmente è docente di teologia pastorale presso la Pontificia Univer-
sità Lateranense.
Riteniamo che questo contributo possa aiutarci tutti nel cammino
di studio e di riflessione verso il Sinodo ordinario del 1987 su «La voca-
zione e la missione dei laici nella società e nella Chiesa».
Il Decreto APOSTOLICAM ACTUOSITATEM
Durante i lavori del Concilio molti di noi
avrebbero voluto cambiare il titolo generale del
Decreto, sostituendo «La partecipazione di laici
alla missione della Chiesa» - non come è stato
detto, perché non si voleva parlare di «apostola-
to» per i laici, ma per non dare l' impressione che
«l'apostolato dei laici» fosse qualche cosa a par-
te, qualche cosa di categoriale, invece di essere
espressione della missione di tutta la Chiesa ver-
so tutta la famiglia umana: « La vocazione cristia-
na è per sua natura anche vocazione all'aposto-
lato», dice il Decreto.
In un suo commento al Decreto P. Congar
sottolinea questo uso del termine «apostolato»
in un senso molto ampio, quasi sinonimo (con
qualche sfumatura) di «missione» o di «evange-
lizzazione» (nel senso dato a questo termine
nella Evangelii nuntiandi). Il Concilio ha cosi su-
perato le distinzioni preconciliari: apostolato
«diretto» e «indiretto», «in senso stretto» - «in
senso largo»...
Il Decreto distingue soltanto fra i due fini
dell'apostolato, che rimangono inseparabili:
evangelizzazione e santificazione da una parte
- animazione del temporale, dall'altra. È stato
detto che si tratta di «dualismo», ma non è vero.
Già durante il Concilio i membri di movi-
menti di Azione Cattolica specializzata per i vari
ambienti insistevano che il loro apostolato ri-
guarda tutte e due queste dimensioni. I due fini
insieme costituiscono il fine stesso della Chiesa,
che si ricerca in «unità di missione ma diversità
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di ministeri» - e sono legati da un'altra dimen-
sione comune e essenziale di tutta la vita della
Chiesa: la carità, alla quale il Decreto consacra
un numero importante. L'apostolato, capito in
questo senso, si esercita in base al battesimo,
che fonda l'unione con Cristo e infonde i doni
dello Spirito.
In questa prima parte teologica il Decreto ac-
cenna anche alla partecipazione dei laici ai tre
uffici di Cristo: sacerdotale, profetico, regale. Ma
lo fa soprattutto per legare l'esposizione agli in-
segnamenti della Lumen Gentium.
Il Decreto non è strutturato secondo lo sche-
ma degli scritti preconciliare del P. Congar. l 'e-
laborazione anche della parte teologica del De-
creto ha seguito un'altra strada, quella dell'espe-
rienza e della riflessione sull'esperienza dei laici
e delle associazioni e movimenti di apostolato.
Er~ naturale. Molti esperti del periodo prepara-
torio erano assistenti di questi movimenti, e -
lo abbiamo visto - gli stessi laici furono consul-
tati. E ciò soprattutto per merito del Card. Cento
e di S.E. Mons. Glorieux.
Tutto il Decreto è punto di arrivo di questa
maturazione. Dopo i due capitoli di introduzio-
ne teologica - sulla vocazione dei laici all'apo-
stolato e i fini dell'apostolato - si parla, al capi-
tolo 111, dei «vari campi» di apostolato: comunità
ecclesiali, famiglia, giovani, ambienti, ordine na-
zionale e internazionale.
Sarebbe stato forse meglio introdurre una di-
stinzione qui fra «campi» che sono solo «ogget-

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to» di apostolato (ambienti, vita internaziona-
le...) e altri che sono anche «soggetti»: comunità
ecclesiali, famiglia, giovani. La distinzione emer-
ge dal contenuto di ciascun numero, ma è un po'
oscurata dal fatto di trovarsi raggruppati sotto lo
stesso titolo, «campi». È all'inizio di questo ca-
pitolo, nel «famoso» numero 9, che si è sottoli-
neato, all'ultimo momento!, la necessità di in-
tensificare il contributo delle donne all'aposto-
lato, visto il cambiamento della loro situazione
sociale.
Anche in questo capitolo è difficile capire
bene il Decreto senza sapere qualche cosa della
storia dell'apostolato dei laici. Il nr. 13 sull'apo-
stolato negli ambienti sociali, riflette esattamen-
te l'approccio dell'Azione Cattolica specializza-
ta, iniziando con la )OC di Joseph Cardijn e rap-
presentato egregiamente qui da Marie-Louise
Monnet e Pat Keegan. li nr. 14 riflette l'esperien-
za già lunga delle Organizzazioni Internazionali
Cattoliche (0.1.C.), poco conosciute, anche dai
Vescovi, fuori degli ambienti della loro attività.
Il Capitolo IV, sui «modi» dell'apostolato -
personale e associato - porta una sottolineatura
importante, dell'apostolato personale, base di
tutto l'apostolato e dei «piccoli gruppi»; dà poi
una piccola sintesi, tutt'ora valida, delle basi teo-
logiche, della diversità di fini e delle motivazioni
pastorali dei movimenti e associazioni. Non
mancano accenni a problemi oggi molto attuali:
rispetto del pluralismo, ma necessità di evitare la
dispersione delle forze, pericolo di chiusura dei
gruppi e movimenti, rapporti gerarchia-clero-lai-
ci nelle varie forme di apostolato associato, at-
tenzione alle situazioni locali nel voler «traspor-
tare» o «esportare» le forme di apostolato.
Un numero speciale, nr. 20, formula le quat-
tro note che, prese insieme, permettono di dare
la qualifica di «Azione Cattolica». È il frutto di
una lunga maturazione. Il Cardinale Suenens po-
trebbe dirci qualche cosa in materia! Infatti, già
nel 1957 portava a Pio Xli un «suggerimento» per
evitare ogni monopolio dell'«Azione Cattolica»
di allora. Nel Concilio stesso c'era chi voleva
rendere obbligatoria l'appartenenza ali'A.C., ed
altri che non volevano neppure sentire parlare di
A.C.! Il Concilio ha trovato una formula che de-
finisce l'essenziale di questa »forza ministeriale»
dell'apostolato dei laici come diceva Paolo VI.
Il Capitolo V propone e sottolinea i rapporti
da stabilire fra Vescovi-clero-laici, strumenti per
la mutua collaborazione, compreso un organi-
smo, un «segretariato», che diventerà il «Consi-
lium de Laicis», poi l' attuale Pontificium Consi-
lium pro Laicis. Infine, apre ampie prospettive
per la collaborazione ecumenica e con tutti gli
segue a pag. 14
Il Decreto Conciliare
«APOSTOLICAM ACTUOSITATEM»
Proemio
Il Sacro Concilio, volendo rendere più
intensa l'attività apostolica del Popolo di
Dio, con viva premura si rivolge ai fedeli
laici, dei quali già altrove ha ricordato la
parte propria e assolutamente necessaria
che essi hanno nella missione della Chiesa.
L'apostolato dei laici, infatti, derivando dal-
la loro stessa vocazione cristiana, non può
mai venir meno nella Chiesa. La stessa Sa-
cra Scrittura mostra abbondantemente
quanto spontanea e fruttuosa fosse tale at-
tività ai primordi della Chiesa.
I nostri tempi poi non richiedono minore
zelo da parte dei laici, anzi le circostanze
odierne richiedono assolutamente che il
loro apostolato sia più intenso e più esteso.
Infatti l'aumento costante della popolazio-
ne, il progresso scientifico e tecnico, le re-
lazioni umane che si fanno sempre più
strette, non solo hanno allargato straordi-
nariamente lo spazio dell'apostolato dei
laici, in gran parte accessibile solo ad essi,
ma hanno anche suscitato nuovi problemi
che richiedono il loro sollecito impegno e
zelo.
Tale apostolato si è reso tanto più urgen-
te in quanto l'autonomia di molti settori
della vita umana, si è, come è giusto, assai
accresciuta, ma talora ciò è avvenuto con
un certo distacco dall'ordine etico e reli-
gioso e con grave pericolo della vita cristia-
na. 1noltre in molte regioni, in cui i sacer-
doti sono assai pochi, oppure, come talvol-
ta avviene, vengono privati della dovuta li-
bertà di ministero, senza l'opera dei laici la
Chiesa a stento potrebbe essere presente e
operante. Di questa molteplice e urgente
necessità è segno l'evidente intervento del-
lo Spirito Santo, il quale rende oggi sempre
più consapevoli i laici della loro responsa-
bilità e dovunque li stimola a mettersi a
servizio di Cristo e della Chiesa.
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TESTIMONIANZE
Il llllO sassolino... lll Madagascar
Durante l'est,a,t,e 1985, sette gio-
vani abbiamo fatto un'esperienza di
volontariato missionario nel sud del
Madagascar.
Quando il numeroso gruppo di
giovani si radunava ai vari incontri
di preparazione, tenuti durante il
soggiorno di un nostro caro missio-
nario del Madagascar, forse non sa-
pevamo neppure a che cosa anda-
vamo incontro. Oggi io ricordo che le
tematiche, che erano oggetto di no-
stra rifles&one, venivano incarnate e
attualizzate da don Saro Velia, che
appassionò tutti quanti in modo tale
che, alla fine degli incontri di pre-
parazione, ognuno aveva un solo de-
siderio nel proprio cuore: vorrei es-
sere uno dei sette a parfu-e! Ma non
tutti potevamo partire e allora si è
dovuto scegliere tra i tanti e generosi
giovani partecipanti.
Quando io seppi che ero stato scel-
to per partire, nel mio cuore si sca-
tenarono molteplici pensieri: io forse
sono indegno, forse c'è gente più ido-
nea, io mi sento impreparato e non
saprei che cosa fare, ecc. Ma tutto
questo venne sopraffatto da una cer-
tezza, quella cioè di incontrare il Si-
gnore servendolo nella persona di
questi fratelli malgasci di cui avevo
tanto sentito parlare e di cui era sta-
to sottolineato l'affetto, l'amicizia,
la semplicità, la povertà. Ed era
vero.
Fino al momento in cui sono arri-
vato nella misswne di Tuléar non
avevo ben chiaro quale poteva essere
il mio piccolo e soprattutto troppo
breve contributo ad una causa cosl
grande.
Io sono un giovane Cooperatore
salesiano, ho 23 anni e studio medi-
cina. Sapevo solo che da cooperatore
dovevo essere disponibile, perché per
il resto il lavoro non mancava. Dopo
la breve avventura del viaggio, arri-
vammo in Madagascar. Fu qui che
tutti e sette ci rendemmo conto di
che tipo di lavoro ci aspettava: ve ne
era per tutti.
Dalla capitale, dove arrivammo in
aereo, fino a Tuléar. Qui a Tuléar ci
dividemmo: quattro di noi andarono
un po' più a nord in un villaggio del-
l'interno, dove operavano D. Saro
Velia, D. Corselli e D. Zappalà. Ll. i
4120
Il dispensarlo: Il regno di Emanuele di tanti {troppi!) ammalaU
nostri missionari hanno una parroc-
chia che ha visto impegnati soprat-
tutto Tanino e Rosa nell'attività di
oratorio; inoltre Tanino e Gianni
hanno costruito, insieme ai cristiani
(pochi per la verità) di un villaggio
vicino, una cappella dove potere in-
contrarsi per pregare e celebrare la
Messa. Per me il lavoro, era più che
ovvio visto che in questo stesso vil-
laggio i nostri missionari aiutano le
suore nell'attività igienico-sanitaria,
consisteva nel distribuire le medicine
che arrivano dalla Sicilia.
Come se non fossero bastate le de-
lucidanti parole di don Saro, l'in-
domani mattina mi apparve chiara
la grande mole di lavoro e di servizio
che occorreva fare. Infatti già alle 5
del mattino la gente del villaggio ed
anche quella arrivata dai villaggi li-
mitrofi aspettavano numerosi, se-
duti a terra, davanti al dispensario,
l'arrivo delle suore che, dopo avere
partecipato alla quotidiana Eucari-
stia, aprivano per accudire ai nume-
rosi malati che, affetti delle più
inimmaginabili malattie, venivano
per la terapia giornaliera e per farsi
visitare dalla suora; questa, benché
non fosse un medico, data la sua
esperienza era in grado di potere
diagnosticare e, quando possibile, in-
tervenire.
Con la suora io ho avuto un'intesa
quasi perfetta, malgrado la lingua
non ci aiutasse molto. Nonostante
tutto abbiamo lavorato insieme ed
in comunione di intenti, soprattutto
nei grandi momenti in cui si doveva
prestare un socoorso immediato,
quale: dare punti di sutura, o dre-
nare ascessi, o curare ustioni ecc.
cose alquanto ardue per me visto che
sono un quasi-medico e per giunta
non abituato a vedere lo stadio della
malattia cosi avanzato. Ma su tutti
noi c'era un grande Supervisore che
ci ha guidati nelle opere ed ha fatto
sl che non avessimo grossi fastidi se
non quelli dell'adattamento ad un
posto dove non è ancora arrivata l'e-
nergia elettrica, dove non esistono i
nostri mezzi di trasporto, le nostre
comodità casalinghe e dove anche
l'occorrente per il lavo,:o, compreso
quello che serviva al dispensario,
scarseggiava.
Ma se già tutto questo ha avuto il
suo valore, molto di più per tutti
quanti noi è stato il valore del rap-
porto umano che si è instaurato con
i giovani e con la gente del villaggio
di Ankililoaka dove eravamo noi. La
gente rimaneva colpita del nostro in-
teresse per loro, che si esprimeva con

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il portare loro le medicine o altro,
ma soprattutto colpiti dall'affetto e
dalla giovialità che ci teneva uniti
tra noi volontari e con i missionari.
Per questo non mancavano di rin-
graziarci non solo a parole, ma anche
con i doni naturali, che nella loro po-
vertà era il massimo che potevano
offrirci.
Un altro momento forte ha visto
Tanino e Rosa, Franco e Maria im-
pegnati nel campo vocaziona/,e te-
nuto in un villaggio di mare per una
settimana. Qui abbiamo avuto il
massimo contatto con i giovani ai
quali abbiamo proposto, con la no-
stra vita, assieme ad una vocazione
speciale, quella sacerdotale, la no-
stra vocazione laicale, per cooperare,
assieme alla Chiesa, per la salvezza
delle anime secondo lo spirito cli Don
Bosco.
Tutto questo è andato avanti per
un mese, confortati dalla presenza
dello Spirito Santo, ed il tempo è vo-
lato via perché l'Eucaristia, giornal-
mente vissuta da noi, la recita e me-
nella costruzione di questa mirabile
opera di Dio.
Emanuele Catania
giovane cooperawre salesiane (Gela - CL)
MESSICO
Cooperatori in miniatura
Comonfort - La cittadina di Co-
m.on{ort si trova nello stqto diGua-
najuato. Non ha Salesiani Fi-
glie di Maria Ausiliatrice, eppure un
dinamico gruppo di cooperatori sta.
compiendo meraviglie. I più entusia-
sti sono i ragazzi: Corrwnfort infatti
è forse l'unico posto nel monde sa-
ksiano in cui del gruppo dei coope-
ratori fa parte anche un bel numero
di ragazzi e ragazze.
Una recente corrispondenza della
si,g.na Maria del Socorro Martinez
(Socorrito), cooperatrice di lunga
data, fornisce alcuni dati interes-
santi sull'esistenza e sull'attività di
quesw gruppo così ori,ginak.
Emanuele Catania tra I dUOI• malgascl
ditazione delle lodi e i momenti di
fraternità, hanno fatto crescere la
fede, l'amore vicendevole, l'amicizia
ed ilvalore della vita vissuta, dovun-
que ci si trovi, al servizio degli altri,
lodando e benedicendo Dio per i pro-
digi che compie nella nostra vita.
Grazie all'aiuto di Dio e della Ma-
donna, la nostra Ausiliatrice, anche
noi abbiamo contribuito alla costru-
zione del regno di Dio mettendo un
piccolo, ma significativo sassolino,
• Nel nostro centro di cooperatori,
chiamato «Il rifugio», seguivamo un
gruppetto di bambini e bambine fin
dal 1977 per il catechismo. Proveni-
vano dal quartiere Guadalupe e, dal
giorno in cui fu collocata la prima
pietra del Tempio Don Bosco, vol-
lero aiutarci come potevano, pur se
tra risate e giochi. Non li si poté
chiamare cooperatori, tuttavia il la-
voro e l'impegno nel collaborare li
qualificava come tali. Ed ecco che mi
venne l'idea di chiamarli con il sim-
patico nome di «Pandilla di Don Bo-
sco».
Chiesi loro cosa evocasse questa
parola ed essi mi risposero che la
«pandilla» è una banda di ragazzi,
impegnati prevalentemente in furti,
pestaggi, distruzione di tutto quanto
incontravano. A questo punto do-
mandai loro se forse non era meglio
vivere in pace con tutti, rispettando
le cose altrui e diventando costrut-
tori di bene. E soggiunsi: che ve ne
pare se decidiamo di formare una
«pandilla» del bene? La proposta fu
accolta con entusiasmo e nacque cosi
la «Pandilla di Don Bosco», un sim-
patico, allegro e operoso gruppo, for-
mato da ragazzi e ragazze dai 3 ai 15
anni.
MOZAMBICO
Cooperatori salesiani
al traguardo
Maputo - Per la prima volta nella
storia del Mozambico saksiano 13
Cooperatori hanno fatto la I.oro pro-
messa. La cerimonia, che ha avuw
luogo nella capita.k della repubblica
africana in un clima di cordialità e
di festa., ha, compktaw il quadro del-
la Famiglia salesiana in quesw pae-
se nel quak i Salesiani entrarono
per la prima volta nel 1907, ma che
dovettero abbandonare sei anni più
ta.rdi. Vi tornarono nel 1952 con I.oro
l,e Figlie di Maria Ausiliatrice. Dopo
la confisca e la nazionalizzazione
delk scuok, in seguito alla guerra
civik del 1975, essi ha,nno scelt,o una
forma di presenza missionaria..
Attualmente 14 Salesiani, con la
responsabiutà di un Dekgato lspet•
toriak, sono presenti in 5 opere (2 a
Maputo, /,e altre a Namaacha,, Ca-
tembe e Moatize), mentre /,e 22 Figlie
di Maria Ausiliatrice sono costituite
in Visitawria e operano in 4 centri
(2 a Mapuw, gli altri a Namaacha e
Pemba). E proprio l'impegno co-
mune, con il qual.e progettano e rea-
lizzano il lavoro aposwlico, è sfocia-
to nella formazione dei nuovi 13
Cooperatori, i quali per due anni
ha,nno partecipaw a conferenze
mensili, a giornate di rifl,essione, di
studio e di preghiera, a ritiri. Ulte-
riore frutto di tak presenza missio-
naria sono i due giovani mozambi-
cani che sta.nno frequenta.ndc il no-
viziato e si preparano a emettere la
I.oro prima professione religiosa nel-
la Congregazione Salesiana.
5/ 21

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TESTIMONIANZE
LE SUORE DEL SORRISO
in India operano
tra i rifiuti
umani della società civile
Chi intendesse inviare offerte
alle «Suore del Sorriso» potrà far-
lo utilizzando il conto corrente
postale n. 515007 intestato a don
Aurelio Maschio - missionario
salesiano - via della Pisana, 1111
- 00163 ROMA ed indicando, nel-
la causale, «Suore del Sorriso».
Per chi intendesse scrivere l'in-
dirizzo di don Aurelio Maschio è il
seguente: Padre Aurelio Maschio
- DON BOSCO - MATUNGA
BOMBAY 19 DD (India), mentre
quello delle «Suore del Sorriso• è:
HELPERS OF MARY - SH-
RADDHA VIHAR - VEERA
DESAI ROAD - ANDHERI
BOMBAY 40058 (INDIA). Na-
turalmente, per queste ultime,
sarà necessario utilizzare la lingua
inglese.
Una Helper Mary Insegna ad una giovane l'uso della macchina da cucire
Giovani sposi... volontari
missionari in Brasile
... desUnatar1 della nostra «solldar1età»
6/ 22
Generosità, altruismo, donazio-
ne, non sono valori dimenticati
dalle nuove generazioni. Rifiori-
scono nel nostro tempo che offre a
buon mercato indifferenza e su-
perficialità, con lo stesso vigore
che nel passato. Ne è testimonian-
za lo sviluppo in questi anni di
molti Movimenti e Ass:ocia.zioni di
impegno culturale e sociale e il
grande successo che incontra tra i
giovani l'idea del Volontariato a
favore degli emarginati, degli ul-
timi, dei dimenticati.
La Chiesa, dal canto suo, non
perde l'occasione per riproporre in
termini nuovi i grandi temi del
Servi.zio e della Gratuità che sono
alla base del suo impegno m:i.saio-
nario. Cresce cosi nelle Parrocchie
e nelle Associazioni Cattoliche la
sensibilità verso le «nuove pover-
tà» della nostra società, come
pure verso i bisogni dei Popoli in
via di sviluppo.
Un esempio ci viene da Anna-
rosa e Claudio Bonvicini che,
dopo un anno di matrimonio,
hanno lasciato casa e lavoro per
recarsi presso il Centro Salesiano
di Pastorale giovanile di Areia
Branca, un paese molto povero
nella Regione del Rio Grande do
Norte, in Brasile. Entrambi ope-
rai, portano alla gente di laggiù la
loro esperienza tecnica e organiz-
zativa per la promozione di inizia-
tive di carattere socio-economico
atte a risollevare dalla miseria e
dall'ignoranza ampie fasce della
popolazione del luogo.
Non mancherà l'appoggio e il
sostegno economico della Comu-
nità Parrocchiale di Forette a cui
i due giovani appartengono.

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_____ // tema de/I/anno_ _ _ __
COMUNIONE
A cura di
Antonio Martlnelll
ECOMUNITÀ MISSIONARIA
._________Appunti per il
incontro di formazione__________,
MISSIONE IN PRIMA LINEA: LA COOPERAZIONE
L'OBIETTIVO dell'INCONTRO:
1) evidenziare alcune conseguenze operative dell'impegno missionario attento alle circostanze concrete della
vita;
2) utilizzare U tempo della quaresima tradizionalmente considerato un «tempo forte» di formazione CJistiana,
impegnandosi anche In aspetti diffìcili della missione;
3) riprendere un tema lasciato in sospeso nel secondo incontro. Nella prima parte alpunto in cui si parla della
definizione di •missionarietà• e delle conseguenze connesse, si riporta U testo del documento LA CHIESA
IN fTALIA DOPO LORETO con l'espressione: « Dobbiamo oggi assicurare nuove competenze e nuove col-
laborazioni sia sul terreno dell'ecumenismo sia per la cooperazione missionaria» (n. 51);
4) cogliere i due aspetti della cooperazione missionaria: il primo con riferimento ad un 'impostazione mentale e
U secondo con riferimento a realizzazioni concrete.
PRIMA PARTE
La missione richiede incarnazione
t 1. LA MISSIONE CONCRETAMENTE IL RISOLTATO
DI TUITA LA RETE DI RAPPORTI
a) Cercare innanzitutto e costruire una rete di rapporti.
Elencando i punti terminali del riferimento delle relazioni che si cercano, si potrebbe dire: Dio, le cose, la
società, la storia.
·
In una parola: tutto, tutta la vita.
Per non essere analitici con il rischio di appesantire la riflessione e l'impegno, è sufficiente esprimere la
modalità della relazione: nello stile dell'incarnazione.
Cerco di spiegarmi.
Oconcilio ha avuto un'intuizione molto interessante: non è tanto il mondo che deve andare verso la chiesa,
quanto la chiesa che deve andare verso il mondo.
È un primo modo di esprimere il senso dell'incarnazione.
Quando si vuol fare del bene ad un amico non ci si lascia guidare solamente dall'idea di bene che uno si è
fatta: cerca di capire anche qual è quella dell'amico, proprio per non rischiare di fargli del male, con tutta la
buona intenzione di fargli del bene.
È un secondo modo di esprimere il senso e lo stile dell'incarnazione.
Incarnato vuol dire corrispondere alle profonde aspirazioni degli uomini del proprio tempo e del luogo in
cui si è posti a vivere. La conseguenza che deriva è il servizio reale e disinteressato.
È un terzo modo di esprimere il senso, lo stile e l'orientamento dell'incarnazione.
7/ 23

1.8 Page 8

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La chiesa è chiamata attraverso i cristiani ad essere segno nella storia e neUa vita. Quante volte i credenti
rischiano di essere geroglifici incomprensibili o sghiribizzi inconcludenti, perché non hanno riferimento concreto
ali'esistenza.
È un quarto modo di esprimere il senso, lo stile, l'orientamento e l'impegno deU'incamazione.
Le relazioni che la Missione è chiamata a intessere sono legate così profondamente al mistero dell'incar-
nazione: da questa nasce il senso della cooperazione, di cui stiamo parlando.
C'è da chiedersi onestamente: «com'è presente ed operante nella mia vita di credente l'incarnazione con
le sue esigenze?».
Una riprova dell'efficacia dell'incarnazione nell'esistenza d'un battezzato può essere misurata dal modo
con cui è vissuta la spiritualità. Se per me vivere la spiritualità «qui e oggi» non comporta prevedere cambia-
menti qualora mi trovassi a viverla «altrove e in un altro tempo», devo concludere che è fuori del mio orizzonte
spirituale l'esigenza di incarnazione.
La missione mentre costruisce rapporti non può assolutamente dimenticare di pensarli e di volerli nella
scia dell'incarnazione.
b} Privilegiare, per essere autentici missionari, i rapporti con la società e con la storia.
Anche in questo contesto la mia preoccupazione non è quella della completezza nella trattazione, bensì
quella di richiamare alcuni aspetti più interessanti e alcuni atteggiamenti più fondamentali.
Il Signore Gesù si trovò in un contesto culturale particolare: dominavano il giudaismo e l'ellenismo.
Si pose di fronte a queste realtà come una persona pienamente libera e liberamente critica.
Guidati dalla sapienza del vangelo, ìl credente definisce il suo rapporto con la società, con la cultura del
suo tempo, attraverso alcuni atteggiamenti impegnativi, perché frutto di ricerca comune e di attenzione ai segni
che il tempo presenta.
Innanzitutto nessun asservimento nei confronti della cultura dominante. Accettazione ma non servilismo.
La missione ha il compito di inserirsi nella cultura ma non di farsi sua schiava, anche quando sembrano molti e
proficui i vantaggi immediati che potrebbe ricavarne.
La vigile attenzione non può mal essere abbandonata.
In secondo luogo non assumere una posizione concorrenziale.
Non si tratta né di patteggiare accettando compromessi con coloro che dominano, né di prenderne il
posto. Oservizio della missione è esprimibile solamente dalla parola e dalla realtà chiamata «cooperazione».
Infine va sottolineato un aspetto che dice la novità cristiana nella relazione con la storia. È indispensabile
che emerga continuamente dal comportamento dei credenti la «logica nuova» che dirige i rapporti con tutti. O
contenuto più significativo sarà quello manifesto soprattutto nell'amore dei nemici, per cui l'incontro con chiun-
que è sempre improntato alla comunione, al servizio, all'aiuto, alla cooperazione.
2. ON MISSIONARIO ESEMPLARE PER I NOSTRI GIORNI
a) La lettura del libro di Giona.
U periodo particolare della quaresima offre lo spunto per dedicare un po' più di tempo alla lettura della
Parola di Dio.
È consigliabile, a titolo personale di conversione sincera e a titolo di impegno missionario adeguato, leg-
gere il libro di Giona.
Si tratta di tre scenette, semplici e vivaci. Si legge d'un soffio. Il racconto affascina. No mancano le battute
inaspettate. Il tutto dentro un ricchissimo insegnamento: sulla conversione e sulla missione.
Il libro di Giona va letto e riletto, perché manifesti i suoi tesori nascosti. Va letto, cercando il messaggio
fondamentale. Va riletto nei particolari che rivelano una serie di orientamenti anche sul piano dell'azione missio-
naria.
b) Un missionario chiamato Giona.
Lo avviciniamo attraverso le tentazioni che ha subite: nasce un'immagine di missionario capace di inse-
gnare a noi del ventesimo secolo come dobbiamo comportarci per essere in linea con la storia di Dio.
Prima tentazione: irritazione di fronte alla misericordia di Dio.
Ha la mentalità di uno che entra in concorrenza. Il nemico va trattato da nemico. Perché interessarsi di lui,
della sua vita, della sua Salvezza? È meglio lasciarlo perire!
Povero Giona! non ha proprio i pensieri di Dio con sé.
Seconda tentazione: contrarietà di fronte al mandato ricevuto.
Le proprie convinzioni e i desideri più personali non s·ono in armonia con le indicazioni ricevute da Dio.
Perché allora compierle? Non potendo esprimersi secondo i propri gusti, è meglio tacere, anche se si è mandati
8124

1.9 Page 9

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a parlare. Rotte le relazioni con Dio, perché cercare relazioni con gli altri. La chiusura e l'astio prenderanno il
posto del dialogo e della comprensione.
Terza tentazione: fuga, non solo interiore ma anche esteriore, dal compito affidato.
Non crede nella redimibilità degli uomini. Perciò non la vuole e non la provoca. Restino gli uomini nella
loro cattiveria, dentro la loro miseria, senza scampo.
Quali possibilità restano per una cooperazione salvifica?
SECONDA PARTE
La missione richiede condiscendenza
LA COMPRENSIONE DEU.A CONDISCENDENZA
a) Una categoria tipicamente divina.
«Nella sacra Scrittura, dunque restando sempre intatta la verità e la santità di Dio, si manifesta l'ammira-
bile Mcondiscendenza" della eterna Sapienza, "affinché possiamo apprendere l'ineffabile benignità di Dio e a
qual punto egli, sollecito e prowido nei riguardi della nostra natura, abbia adattato il suo parlare". Le parole di
Dio, infatti, espresse con lingue umane, si sono fatte simili al parlare dell'uomo, come già il Verbo dell'eterno
Padre, avendo assunto le debolezze della umana natura, si fece simile all'uomo». (Dei Verbum n. 13).
b) Le realizzazioni storiche da parte della Chiesa.
A scorrere la storia della chiesa per scoprire le modalità con le quali ha portato a compimento il suo im-
pegno missionario, non sempre troviamo realizzazioni soddisfacenti. Alcune volte anche lontane dalla categoria
biblica della condiscendenza.
Per semplificare al massimo il discorso, si potrà schematicamente riferirsi a tre modalità diverse.
La prima: una missione «contra» gentiles, cioè contro i non-credenti.
In varie situazioni concrete si è espressa la speranza in Dio, come speranza «contro» gli altri, più che uno
sperare «con» gli altri. Quasi un bisogno di qualificare ogni nemico come nemico del proprio Dio.
Certamente non va esagerata questa prospettiva, ma contiene la sua parte di verità. Purtroppo.
La seconda: una missione «ad• gentes, cioè verso i non-credenti.
Si riconoscerà certamente il titolo del decreto conciliare AD GENTES. È il segno della nuova indicazione
di cammino. È un cammino di universalità: ci si rivolge a tutti, senza distinzioni e senza guerre.
È un cammino di impegno per raggiungere i popoli ovunque si trovino, non solo da un punto di vista
geografico, ma soprattutto da un punto di vista culturale. È l'espressione della fiducia verso l'uomo e la sua
capacità di aprirsi alla trascendenza. È un cammino che stimola le singole chiese locali ad assumere la respon-
sabilità salvifica dei fratelli con i quali si percorre lo stesso cammino storico.
La terza: una missione «storico-salvifica» diffusa in tutto il corpo ecclesiale.
È un ulteriore cammino nella linea della condiscendenza divina. La missione legata al battesimo e alla
cresima, e non più semplicemente all'ordine sacro o alla così detta missio canonica, impegna ciascun credente
a dare un suo personale contributo di cooperazione alla salvezza dell'uomo. Farsi compagni del cammino di
tutti gli uomini, accettare il limite della stessa cultura perché non è possibile vivere come credenti al di fuori di
essa, organizzare insieme a tutti gli uomini lo sviluppo e la crescita in umanità per il maggior numero possibile
di persone: ecco il compito che attende la chiesa oggi. -
TERZA PARTE
La missione richiede cooperazione
a) Le linee fondamentali della chiesa italiana.
«La Chiesa italiana ha visto, negli ultimi anni, il rinnovarsi delle forze tradizionali di aiuto alle missioni, e
insieme il fiorire di altre numerose iniziative ed organizzazioni, spesso di vasta portata, che hanno dato alla coo-
perazione missionaria un forte impulso e una più chiara fisionomia.
9/25

1.10 Page 10

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Si nota tuttora un'insufficiente chiarezza circa il significato e gli obettivi della cooperazione in generale, e in
particolare per quanto riguarda l'invio del personale.
Si osserva pure un certo distacco tra la comunità che invia e gli inviati. Ciò porta a una mancanza di con-
divisione, da parte della comunità, dell'esperienza di questi missionari, sia quando operano sul campo, sia
quando rientrano.
Permane una concezione della cooperazione come di un aiuto dato da una Chiesa ricca a Chiese povere,
anziché di un mutuo scambio di valori ed esperienze che arricchiscono ambedue le parti.
Questa mentalità si traduce fra l'altro in una prestazione fondata sul criterio - del resto assai relativo -
del superfluo, anziché su una disponibilità commisurata ai bisogni reali, dell'altro, dimenticando che il mandato
di Cristo non potrà mai essere adempiuto, se una Chiesa particolare volesse offrire alle Chiese più povere sol-
tanto il superfluo delle sue forze• {documento CEJ, L'IMPEGNO MISSIONARIO DEll.A CHJESA ITALIANA,
n. 13: La situazione della cooperazione. Non sono riportati tutti i paragrafi, ma brani scelti adeguati al tema).
b) L'impegno di cooperazione missionaria nella Famiglia Salesiana.
Sono molte le iniziative sorte nella Famiglia Salesiana espressione vera di una cooperazione in campo mis-
sionario, particolarmente a seguito dell'«operazione Africa».
Le possibilità che restano da attuare sono in questo campo moltissime.Tutto ~penderà sia dalla generosi-
tà dei singoli e dei gruppi che compongono la famiglia, sia dal corretto orientamento che sapranno assumere
gli organismi ispettoriali, per dare una risposta adeguata alle esigenze che emergono. Non basta in questo set-
tore la buona volontà; non basta affermare che è sufficiente fare del bene. Sarà necessario curare con attenzio-
ne il modo di aiutare e di farsi cooperatori nella missione.
È l'occasione propizia per riflettere sul significato della cooperazione, sugli strumenti più utili per dimostra-
re la propria partecipazione, sugli aiuti concreti che sono da prestare: la quaresima di carità diventi una quare-
sima di apostolicità.
INDICAZIONI PRATICHE
per lo svolgimento dell'incontro
1. UTILIZZAZIONE DEL SUSSIDIO
- Dtema della cooperazione missionaria sia l'occasione buona per aiutare a riflettere sul «come farsi
missionari":
- rinnovando le categorie mentali che sottostanno alla cooperazione. Sarà sufficiente commentare il te-
sto della CE! riportato nella terza parte a) Le linee fondamentali della chiesa italiana;
- verificando le iniziative pratiche che i gruppi sostengono o mettono in opera per cooperare alla missio-
ne. Gli interrogativi potranno essere molti, per chiarire se si è più preoccupati del proprio gruppo chiamato alla
cooperazione oppure delle reali esigenze della missione. Molte volte si impiegano energie, tempo e denaro per
fare delle cose inutili per la missione. Con coraggio bisogna verificare l'efficacia e l'opportunità della propria
cooperazione;
- risvegliando nelle persone il bisogno di offrire sotto forma di «volontariato» qualcosa di proprio a van-
taggio della missione. Non accontentarsi di dare delle cose, ma saper anche arrivare a dare se stessi.
2. STRaMEJYTI UTILIZZABILI DAL DELEGATO
E DAL SEGRETARIO COORDINATORE
Si raccomandano vivamente due testi. Il primo della Cei: L'IMPEGNO MISSIONARIO DEll.A CHIESA
ITAUANA, che porta la data del 25 mano 1982. Dsecondo della nostra Famiglia: LA COOPERAZIONE MIS-
SIONARIA NELL'OGGI POSTCONCILIARE, in La famiglia salesiana famiglia missionaria, Settimana di spiritua-
lità nel Centenario delle Missioni Salesiane, LDC, pp. 213-22.?,
10/26

2 Pages 11-20

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2.1 Page 11

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VITA ASSOCIAZIONE
NOVARA
Relazione giornate
scuola delegati/e
Alle ore 15,30 del 30 novembre
con un lieve ritardo sul previsto, la
preghiera ci immette in un clima di
ascolto che fa ben presagire.
Sono presenti il rev.mo Signor
Ispettore don Piero Scalabrino e la
rev.da Ispettrice deUa VerceUese, M.
Claudia Rol, 37 F.M.A. delle tre lspet•
torie facenti parte della Novarese-El•
vetica e due SDB.
U Delegato ispettoriale, don Tom-
maso Durante, fa gli onori di Casa e
presenta la relatrice Sr. Michelina
Secco del Consiglio nazionale
CC.SS. Crediamo alla sua parola per-
ché sappiamo della sua costante pre-
senza al lavoro di revisione del • Nuo-
vo regolamento» in tutto l'arco della
fase preparatoria del Congresso
mondiale.
Sr. Michelina, che già ringraziamo
per la sua presenza, tratterà i due
temi:
- U Regolamento 1985, regola
di vita del C.S.;
- Identità del Cooperatore Sa-
lesiano.
Presenta la vocazione del «laico-.
nella Chiesa post-conciliare... voca-
zione già idealizzata e realizzata da
Don Bosco più di 100 anni fa nella
persona del Cooperatore. Fa sentire
il gusto di operare per il Regno di Dio
in una Associazione così viva e attua-
le... e fa luce sulla presenza deUa De-
legata FMA in questo campo, quale
animatrice di prospettive di futuro e
di speranza.
Il dialogo che segue la relazione è
discreto ma responsabile.
Dopo un breve intervallo, il Dele-
Novara - Scuola delegati/e... lnaleme ad Animatori CC
gato ispettoriale dà un"esaustiva pa•
noramica delle iniziative realizzate e
di proposte fattibili e simpatiche che
aiuteranno a cementare lo spirito di
famiglia da cui potranno sfociare, se
ben alimentato, specifiche vocazioni
nella Chiesa.
Calda di intenzioni è la preghiera
dei Vespri per alcune, per le altre la
S. Messa.
Dopo cena la buona-notte è riser•
vata al Signor Ispettore che ci tra•
smette molte delle sue esperienze di
apostolo dei giovani; è così arguto,
così vivace nella descrizione che ri-
sveglia il desiderio di buttarci a ca-
pofitto in questa entusiasmante av•
ventura. E conclude «ringraziamo il
Signore che ci ha chiamati in una
Congregazione così bella e così sim•
patica».
La proiezione del diapo-montaggio
«Acceglio 84,. chiude la giornata.
Domenica 1 dicembre. La prima
ora è riservata agli interventi sulle re-
!azioni fatte e alle varie comunica•
zioni.
Alle 9,45 accogliamo circa 30
Cooperatori/ci dei vari Centri,
Il dialogo si anima... la parola di
Sr. Michelina delinea con chiarezza la
figura di questo «laico» membro di
un'Associazione ricca di speranza e
nata dal cuore di Don Bosco. Ne sot•
tolinea le note peculiari di «secolari-
tà» e «salesianità» che lo rendono
simpatico e ben accetto, portatore
nel mondo della vitalità del progetto
di Don Bosco.
La Celebrazione eucaristica, pre-
sieduta dal rev.do Ispettore sancisce
la comune volontà di rispondere alla
chiamata a operare nella Chiesa lo•
cale con serenità e responsabilità.
Il pranzo è un momento di frater-
nità, di amicizia, di scambio di idee e
progetti. Poi... le ultime battute di dia•
logo e il commiato cordiale e ricco di
promesse.
La Madonna, sempre filialmente
invocata, benedice e accompagna.
11/27

2.2 Page 12

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Santeramo In Colle - La partecipazione all'Eucarlstla
Sono molteplici e varie le at-
tività e i momenti di aggre-
gazione dei Cooperatori. Ona
panoramica fotografica ci ri-
vela un volto dinamico, gioio-
so, creativo della nostra As-
sociazione.
Subalplna - Esercizi Splrltuall
Santeramo In Colle - Le collette per•••
Trelew
12/28
Slcllla - La forza della testimonianza

2.3 Page 13

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Laboratorto M.M.: I•
voro, ...-clzlo di con-
vfffnza e.•• e mezzo di
finanziamento
Brescia - Seminari di
studio
Roma - Fraternità •
simpatia glovanlle

2.4 Page 14

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IL REGOLAMENTO...
IL GRANDE ATTESO!
«Quando avremo il testo ufficiale del Nuovo
Regolamento? Cosa è awenuto in questo periodo
della Proposta di Regolamento approvata dal Il
Congresso Mondiale dei Cooperatori?... •.
Sono domande e interrogativi che ancora ven-
gono posti con frequenza un po' ovunque. E que-
sto in parte fa anche piacere: è segno di interes-
samento e di grande attesa.
Perché c'è tanto ritardo: sono i tempi normali
richiesti per l'approvazione, la stampa e la pubbli-
cazione di un Regolamento di una Associazione di
diritto pubblico.
Concluso il Congresso e ultimate le operazioni
di riordinamento del materiale studiato, proposto
e votato, è stato ufficialmente tutto presentato al
Rettor Maggiore, Superiore dell'Associazione, che
lo ha esaminato insieme al suo Consiglio Genera-
lizio.
Dopo opportuna revisione formale-stilistica da
parte di una Commissione, il testo è stato presen-
tato alla Santa Sede per l'approvazione ufficiale.
Per il tipo della nostra Associazione, struttura
laica, aggregata a una Congregazione di Religiosi e
aperta anche al clero secolare, il testo viene esa-
minato dalla Congregazione dei Religiosi, del Cle-
ro e ovviamente da quella dei Laici : questo iter
prevede tempi lunghi. Si tenga presente anche il
tempo necessario per la stampa.
Comunque siamo ormai a buon punto esperia-
mo che ormai i tempi dell'attesa siano brevi. E
questo più che meravigliare deve aiutarci a far cre-
scere in noi la stima per il nostro Regolamento,
frutto dell'azione dello Spirito e di un cammino
paziente, serio, partecipato, e a creare in tutti i
Centri un profondo clima di spiritualità e di crea-
tività per un'opportuna presentazione del nuovo
testo.
D. Alfonso Alfano
XXIII CONSIGLIO NAZIONALE
CAMPUS FORMATIVO
Ariccia, 24-27 aprile 1986
Sede: Casa Divin Maestro - Statale 218 km 11°
tel. 06-9330600 / 9331653
Invitati: Consiglieri lspettoriali
Quota partecipazione: L. 110.000
PROGRAMMA
Relazione attività Giunta Nazionale
Revisione programma '85/86 a livello ispet-
toriale
Presentazione e approvazione del program-
ma '86/87
Presentazione e studio del Nuovo ,Regola-
mento nella visione globale e negli aspetti
apostolico-salesiano-giuridico.
Inizio: giovedl 24 aprile - ore 16
Conclusione: domenica 27 aprile - ore 14,30.
14/ 30
(segue dalla pag. 3)
uomini di buona volontà - prospettive di cui
non abbiamo forse profittato ancora abbastanza.
L'ultimo Capitolo è tutto dedicato alla for-
mazione dei laici all'apostolato, nelle comunità
ecclesiali, nella famiglia, nella scuola, nei mo-
vimenti e associazioni... È lo schema ripreso dal
Concilio dai lavori del Il Congresso Mondiale del
1957. Èda vedere insieme al nr. 4 della parte teo-
logica, sulla «spiritualità in ordine all'apostola-
to», numero che è una piccola sintesi teologico-
pastorale che rispecchia tutte le varie vocazioni
e circostanze di vita dei «cristiani nel mondo». È
stato redatto in questa forma alla fine dei lavori
con_ una larga partecipazione dei laici, ed ogni
parola è stata pesata.
Si scoprirà, per esempio, che anche l' amicizia
cristiana fa parte della spiritualità, del sostegno
spirituale necessario alla vita cristiana, e dunque
all'apostolato. Fonte e origine di tutto l'aposto-
lato è Cristo mandato dal Padre, i doni da met-
tere in opera sono quelli ricevuti dallo Spirito
Santo. Modello è Maria, che ha vissuto «sulla
terra una vita comune a tutti, piena di sollecitu-
dini familiari e di lavoro», «sempre intimamente
unita al Figlio suo», cooperando in modo del
tutto singolare alla sua opera.
Il Decreto rimane un punto di arrivo - dove

2.5 Page 15

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Offerte pervenute dal 1° ottobre 1985 al 25 gennaio 1986
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CC. Ivrea
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500.000
50.000
20.000
100.000
40.000
60.000
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100.000
75.000
100.000
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CC. Martina Franca
CC. Ruvo
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25.000
40.000
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100.000
100.000
40.000
50.000
100.000
CC. Lugo
CC. Gualdo Tadino
CC. Agliè - F.M.A.
cc. Aosta - F.M.A.
CC. S. Cuore Vomero - Napoli
CC. Cisternino
CC. Altofonte
cc. Ercolano
CC. F.M.A. Toscana
CC. Monteortone
CC. Vasto
CC. Brescia
50.000
75.000
12.500
25.000
70.000
50.000
30.000
20.000
100.000
75.000
50.000
50.000
si può scoprire qualche cosa della storia della
Chiesa moderna - ma allo stesso tempo, punto
di partenza, miniera di stimoli e di insegnamenti,
anche su temi che non potevano ancora apparire
esplicitamente, nei termini attuali, come quelli
delle comunità ecclesiali di base o dei «min isteri
laicali»; non si parla ancora di «corresponsabili-
tà», ma la realtà è già presente. È un testo da ri-
leggere, da rimeditare, da mettere ancora in pra-
tica, senza legarsi ad ogni espressione, ma ri-
prendendo le linee che vengono dalla vita vis-
suta nello Spirito da laici e sacerdoti prima del
Concilio.
Rosemary Goldie.
15/31

2.6 Page 16

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SpediL in abbon. postale - Gruppo 2° (70) - 2• quindicina
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L'edizione di metà mese del BS è particolarmente de-
stinata al Cooperatori Saleslanl. Direzione e ammini-
strazione: Via della Pisana, 1111 C.P. 9092 • 00100
Roma Aurelio - Tel. 89.31.341.
Direttore responsabile: GIUSEPPE COSTA
Redattore: ALFANO ALFONSO Via Marsala, 42
00185 ROMA Tel.: 495.01.85; 49.33.51.
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Poetale n. 2-1355 ln•tato a: Direzione Generale 0pefe Don Bo-
eco - Torino. - e.e.P. 482002 ln!Ntalo a Dir. Gen. 0pefe Don
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precedente.
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