BS 1880s|1889|Bollettino Salesiano Settembre 1889

ANNO XIII - N. 9.   Esce una volta al mese.   SETTEMBRE 1889

BOLLETTINO SALESIANO

DIREZIONE nell'Oratorio Salesiano - Via Cottolengo, N. 32, TORINO

Sommario: L'opera dei Catechismi - Le Feste Salesiane a Faenza -NOTIZIE DELLE NOSTRE CASE D'AMERICA: Dalla Patagonia Meridionale ; dal Brasile -Il merito premiato all'Oratorio di San Francesco di Sales in Torino - Conferenze Salesiane a Pavia, a Viterbo, Novara, Casale - Bibliografia - Una rettifica - Cooperatori defunti nel Luglio ed Agosto.

L'OPERA DEI CATECHISMI

Il Catechismo ! L'insegnamento della dottrina Cristiana. Ecco il gran bisogno del giorno! Il secolo XIX va incontro a terribili catastrofi, specialmente perché nelle masse del popolo si è illanguidita la fiaccola delle eterne verità, e quindi solo ai beni presenti si anela e questi conseguire si vogliono a qualunque costo. I Pastori della Chiesa fanno sentire la loro voce, ma essi mancano di quei mezzi coi quali una volta, padri del popolo, potevano attrarre a sè i cari figliuoli. Molti di essi si trovano soli e non hanno chi li aiuti nel nobilissimo ministero. La madre di famiglia era una volta il primo catechista della propria figliuolanza, il maestro di scuola era il catechista dei proprii allievi. Ed ora mancano in grandissima parte della Cristianità questi potenti ausiliarii del parroco, e tocca a lui solo radunare i fanciulli, e parlare ad essi di Gesù Cristo, della. Chiesa, . della vita eterna, per breve mezz'ora alla domenica, e a quei pochi che può raccogliere e in mezzo a tutto le altre gravi incombenze del sacro ministero.

Molti parrochi sono incagliati nel loro pastorale ufficio, e loro tocca sostenere una lotta violenta, per conservare alla Chiesa le anime, che in mille guise si cerca di allontanare da lei. I maestri della scuola oggidì sono in gran parte maestri d'empietà; i ricreatori laici, le passeggiate ginnastiche, i giornali e i libri cattivi, l'incuria dei parenti, tutto congiura a scemare ed anche a far perdere la fede alle anime, allontanandole dall'insegnamento del Vangelo ; perchè come crederanno, se non ascoltano chi loro deve predicare? Fides ex auditu, auditus autem per verbum Christi. (Rom. X. 17)

Molti di questi pastori potrebbero superare tante difficoltà colla carità anche materiale, opporre ricreatori a ricreatori, soccorsi a soccorsi, vincere i cuori con unire al pane della parola di Dio largizioni alle famiglie più povere, premii agli allievi più diligenti. Ma essi stessi talora sono poveri, e devono stentare la.vita, perchè le loro chiese sono spogliate dei proprii beni, e le poche rendite sono ridotte ai minimi termini da svariati aggravii ed imposte..

Come fare adunque perchè in ogni luogo trionfino le verità della religione, per porre argini ai mali che irrompono, per salvare la presente e le future generazioni? Riunire le forze vive , le anime generose, delle quali è sempre ricca la Chiesa Cattolica, e queste organizzarle allo scopo di diffondere l'istruzione dei Catechismi. Ecco l'opera nobilissima ed oggidì una delle più importanti. Questo per buona ventura da più anni si va facendo in molte parti. I cattolici Francesi profondono milioni e milioni per fondare e sostenere le scuole libere, nelle quali si insegni il catechismo. Egualmente fanno i cattolici del Belgio. A . Bruxelles si stabilì fin dal 1851 l'opera dei Catechismi fondata e diretta a gloria del SS. Sacramento dalle Dame dell'Adorazione, e questa in moltissime parrocchie presta il suo aiuto efficace al Clero. In varie diocesi si fece legge che i parroci insegnassero il Catechismo ai fanciulli per un'ora al giorno per tutta la stagione invernale. In molte altre i Vescovi stessi, non ostante le altre gravissime cure, ad imitazione di S. Francesco di Sales , fanno personalmente il catechismo ai giovanetti ed al popolo. Noi in Italia abbiamo in varie provincie fiorentissimi i catechismi organizzati con tanta sapienza da S. Carlo Borromeo, il quale fin dai suoi tempi vide la necessità che i buoni Cristiani secolari prestassero il loro concorso ai parroci nell'insegnamento dei primi rudimenti della Dottrina Cristiana.

Non ostante questi sforzi così commendevoli, in quante regioni si può affermare che i piccoli chiedono il pane della parola di Dio e non vi ha chi loro lo spezzi! In quante altre vi è necessità di riformare gli antichi metodi, adattandoli alle esigenze dei tempi, di ricorrere alla fondazione di Oratorii festivi, di istituire sodalizi che estendano la loro influenza fin dove non può giungere quella del Parroco !

Sono questi in parte i fini che si è prefisso il dotto Vescovo di Piacenza nel radunare il primo Congresso Catechistico, il anale avrà un interesse rande in tutta la Chiesa, e le sue deliberazioni non potranno a meno che avere un'eco anche nelle più lontane regioni; queste saranno il risultato di studi profondi sui bisogni di questo secolo e sui mezzi che l'esperienza ha dimostrati più convenienti a raggiungere lo scopo.

Dal canto nostro, mentre raccomandiamo in primo luogo alle preghiere di tutti i nostri Cooperatori questo Congresso, acciocchè Iddio voglia farlo riuscire felicemente alla sua maggior gloria, e trarne un gran bene per le anime, noi ricordiamo come D. Bosco, nell'istituire il loro sodalizio, avesse pure di mira che ogni Cooperatore aiutasse il proprio parroco specialmente per la salvezza della gioventù pericolante e per i Catechismi. I Cooperatori sono legati alla Pia Società Salesiana, esso diceva ; ma lo scopo primario si è che lavorino nelle diocesi e nelle parrocchie sotto la guida e in aiuto dei loro pastori.

Noi vorremmo che ogni Cooperatore fosse un catechista, che o per suo mezzo, o per mezzo di altri cercasse di esercitare questo nobilissimo fra tutti gli ufficii, e così inerente al carattere di Cristiano. Fare il catechismo è proseguire la Missione di Nostro Signore Gesù Cristo. Questo divin Maestro nel tempio di Gerusalemme non solo proferiva i suoi magnifici e sublimi discorsi al cospetto dei sapienti d'Israele, ma per tre anni e mezzo spiegava con tutta semplicità alle turbe ed ai fanciulli i principii della religione. Quello che Egli faceva comandava che praticassero i suoi discepoli. Ecco l'istituzione dei Catechismi e dei Catechisti. A coloro poi che li avrebbero aiutati, soccorsi, albergati prometteva premio uguale a quello del discepolo, fosse pure il soccorso di un solo bicchiere d'acqua fresca.

E così bene l'intesero i primi Cristiani che ricevuto il battesimo adempivano subito l'ufficio del Catechista. La conversione del mondo si deve in gran parte ai semplici Cristiani. Infatti in tempo di persecuzione come potevano i Vescovi e i sacerdoti, nascosti nelle catacombe, o erranti da un luogo all'altro, pochi di numero a petto delle moltitudini, decimati dal ferro dei persecutori, in un lasso breve di tempo aiutare la faccia del mondo? È vero che concorrevano miracoli strepitosi a commuovere le città e le intiere provincie, ama l'opera dei Catechismi era incessante. La madre conver tita convertiva la sua famiglia. Un padrone che aveva conosciuta la vera religione si adoperava di farla conoscere alle turbe dei suoi schiavi. Un centurione, un tribuno battezzato si dedicava a trarre a Gesù Cristo i soldati della sua legione e della sua coorte. Un cortigiano alla, corte che aveva piegato il ginocchio alla croce riempiva l'aula stessa dei tiranni di adoratori del vero Dio, e vediamo gli stessi membri della famiglia imperiale convertiti dai catechismi di un povero schiavo. Il martire, nella carcere, innanzi ai tribunali, in mezzo ai tormenti, nell'ora della morte, si ricordava sempre del suo ufficio di catechista, e i suoi carcerieri, gli spettatori dei suoi patimenti, gli stessi carnefici si rendevano alle sue affocate parole, e riconoscevano Gesù Cristo per vero Dio. E notate ancora che quest'anime generose, come consta da mille fatti della storia Ecclesiastica, mandavano al Vescovo e al Sacerdote le loro conquiste, i quali le accoglievano nel gregge di Gesù Cristo e le confermavano nella fede.

Oh se anche noi ci animassimo a questi sentimenti ! Se pensassimo che Dio mandavit unicuique de proximo sito, con quanta facilità accresceremmo il numero dei veri Cristiani, il numero dei beati che in cielo per nostro merito canterebbero eternamente il cantico del trionfo ! Un po' più d' amore a Gesù Cristo, e saremo pronti ai piccoli sacrifizi, per farlo conoscere ed amare ancora dagli altri.

O cari Cooperatori ! O amici di D. Bosco, osservate il vostro numero e il bene che potete fare. Siete ormai cento mila! Moltissimi di voi sono padri e madri di famiglia, maestri e maestre di scuola. E il Catechismo che i bambini imparano dalle vostre labbra non si dimentica più. E qual difficoltà vi sarebbe far ripetere loro in famiglia tutti i giorni per qualche minuto una risposta di quel piccolo libro che contiene le parole di vita, con alcuna breve esortazione di amar Dio, esser divoti della Madonna, fuggire il peccato? Così facendo, chi non vede il bene immenso che si otterrebbe i

Aggiungete: se tutti quelli che possono mandassero i loro figli alla domenica ai catechismi parrocchiali, se presso i parenti, gli amici, si usasse della propria influenza, perchè essi pure sorvegliassero che i loro fanciulli fossero puntuali all'adempimento del dovere d'istruirsi, potreste numerare quanti sarebbero messi sulla via del Paradiso , coll'amore alla propria religione?

Se tutti i Cooperatori e Cooperatrici, o facendo il catechismo ad una classe in parrocchia, o provvedendo premii per i giovanetti più assidui e diligenti, o soccorsi alle loro famiglie, o anche largheggiando, specialmente nelle città, del superfluo che loro ha dato la divina Provvidenza, per concorrere e fondare Oratorii festivi, coadiuvassero il proprio parroco, credete voi che sarebbero pochi quelli che giungerebbero al porto della eterna salute per mezzo. vostro? A consolazione della Chiesa sarebbero migliaia di anime che condurremmo o conserveremmo a Dio, se ogni Cooperatore e Cooperatrice zelasse l'insegnamento del catechismo secondo le proprie forze, e s'inspirasse alle virtù dei buoni Cristiani degli antichi tempi, affin di propagare nel mondo la religione Cattolica.

Mettiamoci dunque all'opera, ed oltre il conforto di giovare al buon costume ed alla civile società, ci procaccieremo il premio promesso da Dio a coloro che guidano altrui nelle vie del bene, di risplendere cioè un giorno in Cielo siccome fulgidissime stelle per tutta la eternità Qui ad justitiam erudiunt multos, fulgebunt quasi stellae in perpetuas aeternitates. (Dan. XII, 3)

LE FESTE SALESIANE A FAENZA

Nelle pagine della storia di D. Bosco e della Pia Società di S. Francesco di Sales verrà sempre ricordata con gratitudine la generosa città di Faenza. Quanto essa fece per concorrere allo zelo del fondatore dei Salesiani è dimostrato dagli edifizi che ora sorgono per ricovero dei giovanetti e per l'Oratorio festivo, e da' sussidi coi quali essa ne assicura continuamente l'esistenza ed il progresso. Ed ora ultimavisi una grandiosa cappella, da vario tempo desiderata, necessaria per rendere a Dio quel culto che eleva le anime al cielo, ingentilisce le menti e va educando i cuori. Questa cappella si pensò dedicarla a Maria SS. Ausiliatrice, e doveva essere benedetta il giorno 13 di Luglio. I nostri Cooperatori desideravano che D. Michele Rua assistesse a così cara funzione, e il desiderio venne soddisfatto da chi cono sceva quanto amore D. Bosco portasse a quegli ottimi cittadini Romagnoli.

Una lettera scrittaci da Faenza ci dà notizia di queste feste

Faenza, 8 Agosto 1889.

Signor Direttore,

Ella desidera qualche notizia sulla benedizione della nostra Chiesa, sulla conferenza del sig. D. Rua, sulle nostre feste. Veramente parvero a tutti, e furono per certo sì belle, che crederei mancare al mio dovere se non gliene dessi una qualche idea. Sarebbe impossibile descrivere la splendidezza, la giovialità, la religiosità profonda ed il frutto grande con cui furono celebrate. La città stessa ne fu tanto impressionata, e non parla d'altro. «Oh che belle, che sante feste ! » è la voce d'ognuno. D. Rua stesso e D. Lazzero ripetevano spesso non trovarne un riscontro se non nelle feste della dedicazione del tempio di Maria SS. Ausiliatrice in Torino. Ed è giusto; poichè, se la nostra Casa è sotto la protezione di S. Francesco di Sales, la nuova chiesa pure è dedicata a Maria SS. Ausiliatrice; se la Casa tanto si avvicina nelle sue vicende alla Casa Madre, si ha tutto a sperare che anche questo santuarietto, di cui ogni pietra è monumento di una beneficenza di Maria, come quello, sia nel suo piccolo il fonte di tante grazie per coloro che in questo luogo ricorreranno ai piedi di Maria SS. Ausiliatrice.

Giovedì a sera 11 luglio giungeva a Faenza D. Rua, accompagnato da D. Lazzero, atteso alla stazione dal Rev.mo sig. Parroco Botti, da D. Taroni, direttore spirituale del Seminario, e dal Direttore della casa Salesiana, e festeggiato nel collegio da molti amici accorsi e dai giovani alunni. All'indomani egli affrettavasi ad ossequiare l'esimio nostro Pastore, e sabato, 13, fu a celebrare la S. Messa nel nostro Venerabile Seminario, ove i Chierici fecero la Comunione generale. Parlò dell'amore che Gesù Cristo ci porta, dell'amore che noi a lui dobbiamo specialmente i Chierici ed in che modo è loro dovere dimostrarglielo. Quei. buoni Seminaristi entusiasmati lo attesero all'uscire, lo assediarono e non finivano di applaudirlo : pareva non potessero distaccarsene. Ben s'accorgevano che il sig. D. Rua aveva ereditato quell' affetto che D. Bosco sentiva così vivo per Faenza e pel Seminario. Il che D. Taroni esprimeva a nome di tutti in uno stupendo sonetto.

Intanto ogni cosa era disposta per l'apertura e benedizione della, nuova Chiesa dell'Istituto e quindi per la Conferenza. Già un gran numero d'invitati si era versato nei cortili. Alle ore 9 i Seminaristi più grandi, uniti ai nostri giovanetti, erano già essi pure ad attendere Mons. Vescovo, il quale giunse salutato da un evviva generale e dalla nostra banda

musicale. Compiuto il sacro rito, si spalancano le porte, la Chiesa addobbata ed ornata nel miglior modo si riempie tosto, ognuno prende il suo posto, ed incomincia la funzione per la conferenza.

I nostri piccoli musici, coadiuvati da quelli venuti da Torino e da alcuni dei migliori della città, guidati dal sempre caro Dogliani, intonano il Sacerdos et Pontifex di Mons. Cagliero. Si legge un tratto della vita del nostro S. Patrono, s'intona il Veni Creator. Mons. Vescovo, che presiede dalla sua cattedra in Cornu Evangelii, ne dice l'Oremus, ed ecco D. Rua, presa la benedizione da Monsignore, presentarsi sul pulpito. La sua parola ebbe il plauso universale, ma di questa io non posso essere altro che un'eco molto fioca

Eccellenza Rev.ma, Benemeriti Signori Cooperatori e Cooperatrici, sia ringraziato Iddio, sia benedetta Maria SS. Ausiliatrice ! Queste espressioni sgorgano spontanee dal mio cuore alla vista di questa Chiesa, innalzata ad onore di Gesù e di Maria. I nostri cari giovani potranno esclamare : Quam dilecta tabernacula tua, Domine, quam dilecta tabernacula tua ! Quanto sono cari, o buon Dio, quanto sono dolci i tuoi tabernacoli ! Oh qual pace, qual dolce consolazione l'animo prova in mezzo di essi, ove abita in persona il nostro Divin Salvatore ! Oh sì: Laudate, laudate, pueri, Dominum, laudate nomen Domini! Lodate, o giovanetti, lodate il Signore che è sì buono lodatelo colla vostra lingua, lodatelo coi vostri cuori. Fate echeggiare per la prima volta questo luogo sacro coi vostri cantici : Sit nomea Domini benedictum ex hoc, nunc et usque in saeculum ! Oh sì, benedetto sia il Signore, benedetto sia il suo santo nome ora e per tutti i secoli ! - E siate benedetti e ringraziati anche voi, o benemeriti Cooperatori e benemerite Cooperatrici, che foste per tutti questi giovanetti i generosi strumenti della Divina bontà. E per mezzo mio vi ringraziano essi pure della vostra carità così pronta e continua in tutti i loro bisogni, e vi promettono che pregheranno il buon Dio, affinchè benedica voi, le vostre famiglie, e vi conceda lunga vita e felice. Le loro e le nostre preghiere saranno continue, perchè a noi e ad essi altri succederanno in questa casa, ove le loro preghiere vi accompagneranno nell' eternità e affretteranno il vostro ingresso nella gloria del Paradiso agli amplessi di Dio.

Ed ora quale sarà il tema che brevemente vengo a svolgervi ? Parlerò di voi e dell'opera vostra, che con tanta carità avete condotta così prosperamente, di quest'opera della quale D. Bosco deve certamente godere dal cielo.

Correva l'anno 1881, quando abbiamo visto pregare D. Bosco, perchè volesse aprire una sua Casa nella loro città. Contemporaneamente da varii altri luoghi e da persone di altissima considerazione venivano presentate con urgenza domande di altre Case per provvedere ai gravi bisogni della gioventù povera ed abbandonata. Che cosa farà D. Bosco? Mancava di mezzi materiali, tutto il suo personale era già occupato nei varii collegi, sapeva per pratica a quali e a quante difficoltà va incontro chi si accinge a simili imprese, la moltiplicità delle domande lo metteva sopra pensiero per la scelta. Quindi sulle prime rispose a tutti di non poter assecondare il loro desiderio, ma poscia per le replicate ed affettuose istanze, decise in favore di Faenza. Esso ancora non conosceva quante anime generose fossero in questa città, e ben si può dire essere stata tale preferenza inspirata da Dio.

Nel novembre pertanto di quell'anno si dovevano mandare alcuni pochi Salesiani in questa città, ma era necessario trovar loro un direttore, cosa difficile, poichè già tutti i sacerdoti erano al loro posto. D. Bosco si rivolse a Maria, perchè gl'indicasse su chi dovesse cadere la scelta. In quel mentre D. Rinaldi Giovanni Battista partiva da Torino per recarsi in Sicilia, ove era aspettato, e nello stesso tempo giungeva una lettera da Faenza che instava perchè D. Bosco mandasse i promessi suoi figli il più presto possibile. Allora D. Bosco scrive tosto a Roma al Direttore della casa salesiana, dicendogli che, se D. Rinaldi non era ancor passato per andare in Sicilia, aspettasse colà nuovi ordini. Ma si teneva per certo che già fosse giunto a sua destinazione. La risposta sorprese D. Bosco. D. Rinaldi non si era ancor visto in Roma. Che cosa era accaduto?

Il treno in cui egli viaggiava aveva deviato, e questa era stata la causa provvidenziale del suo ritardo. D. Rinaldi, giunto incolume a Roma, ricevette l'ordine di recarsi subito a Faenza per dirigere la nuova Casa. « Temo di non riuscire in quest'ardua impresa; si preghi per me! » egli rispose al Superiore. E partì. Arrivato a Faenza, trovò una piccola casa, assai ristretta e appartata. Lì cominciò l'opera, e la gente correva. Ma per varie cause continuava grande lo scoraggiamento. Il giorno 20 Novembre il Direttore celebrava la sua Messa, e, arrivato al Vangelo, legge queste parole: Nolite timere, pusillus grex. Non vogliate temere, o piccolo gregge, ci sono io, io a vostra difesa. Queste parole, che a lui potevano bene riferirsi, gl'infusero coraggio, e si cominciò l'Oratorio. I giovani crescevano di numero, e si andò avanti in tal modo per quattro anni circa. Ma D. Bosco non era solito mandare i suoi figli, perchè solamente nella domenica esercitassero la loro divina missione ; conosceva esservi bisogno di un ricovero per i giovani più abbandonati. E nel 1882 venuto egli a

Faenza, radunava nella Chiesa dei Servi i suoi cooperatori, e teneva loro una conferenza. Voi ricordate come dicesse aver esso piena confidenza nella vostra carità. E quando il Direttore per le continue difficoltà che sorgevano diffidava alquanto, D. Bosco gli ripeteva Sta tranquillo, giacchè non sarai abbandonato ! Intanto eravamo all'84, e non si erano ancor potuti ricoverare tanti poveri ragazzetti, sparsi qua e là per le strade. Gli ostacoli al compimento dell'impresa si facevano sempre più gravi, e talora parevano insormontabili. Alcuni molto si adoprarono per far costringere i Salesiani a ritirarsi da Faenza, dicendo che per essi si era perduta la pace nelle famiglie e nella città stessa, e che erano cagione di discordie. Ma costoro senza saperlo cooperavano alla Divina Provvidenza in favore dei Salesiani stessi. Iddio quindi benedica i nostri avversarii e li copra colle ali della sua misericordia.

Era morto molti anni addietro in Faenza un pio signore, il conte Naldi. Tenero del bene della gioventù, aveva lasciato il suo palazzo col giardino, perchè vi si stabilisse una casa d'educazione. I religiosi chiamati , trovatala disadatta allo scopo, chiesero ed ottennero di fare una permuta, e la casa fu venduta. Lo scopo del testatore pareva defraudato. Ma la Divina Provvidenza vi rimediava in modo prodigioso! Essa destinava il Direttore Salesiano ad eseguire le sante diposizioni del Naldi.

Un bel mattino, mentre quasi nulla si sapeva per la città, i Salesiani si trovano nella casa del Naldi, comprata dai nostri benefattori. In questa si era preparato un piccolo altare. D. Rinaldi celebrò quivi la prima Messa, e nel vangelo di quel giorno lesse di nuovo queste parole : Nolite timere, pusillus grex. Queste parole gl'infusero novello coraggio; si persuase che Dio l'avrebbe sempre aiutato e celebrò per tutti i defunti benefattori; quindi si mise a riordinar l'Oratorio. E il fatto dimostrò veramente che tale era la volontà di Dio. Il Cottolengo stesso, che pure ha dovuto tanto e tanto lottare, dimandato da alcuni come avvenisse che l'opera sua, tuttochè qua e là sbalzata, nondimeno prosperasse maggiormente, rispose: Vedete, noi facciamo come i cavoli, i quali trapiantati, diventano più belli e rigogliosi. E così pure era stato dei Salesiani a Faenza. La prima loro casa, assai ristretta, era stata piantata nel Borgo ma poscia venne trapiantata in terreno più spazioso, più atto ad operare il bene e più acconcio ai bisogni della gioventù. E si andava dicendo: Oh che miracolo fa la Divina Provvidenza ! Si vede proprio che Iddio ludit in orbe terrarum. Allora l'opera cominciò veramente a fiorire. Benchè di quando in quando le tribolazioni si facessero sentire, pure le parole : Nolite timere, etc. risuonavano sempre nel cuore dei Salesiani. Quindi si diè mano ad ingrandire il locale.

Ed io mi ricordo che nel 1885 passando per di qua, vidi la piccola chiesa composta di due stanze al pian terreno, e dissi allora: Manca la Chiesa; ne parlerò a D. Bosco, egli provvederà al bisogno. Ne parlai infatti con lui, che mi rispose tosto : L'opera è troppo necessaria, dunque avanti; la carità dei Faentini son certo che non mancherà. Ed ecco che la Chiesa è ormai condotta a termine, e domani vi celebreremo la prima solennità.

Sia dunque lodato il buon Dio, sia benedetta Maria SS. Ausiliatrice. Siamo loro riconoscenti! Essi hanno incominciato quest'opera, essi la condurranno a compimento, ma per mezzo vostro, o miei cari cooperatori.

Alcune costruzioni non sono finite e il cortile degli esterni è tutto ingombro di macerie. Il direttore mi diceva che ha grossi debiti ed essere costretto lunedì a licenziare molti lavoranti. Ma io gli ho risposto : Sta tranquillo, Maria non ti abbandonerà! Cari Faentini, vi raccomando adunque caldamente quest'opera che è vostra. Si tratta di poter raccogliere un numero maggiore di giovani, affine di provvedere al loro bene. Deh! non ci abbandonate; non abbandonate il povero Direttore ! Noi siamo esausti. Il mantenimento di tante Case, la fondazione di nuovi ospizi, le missioni esigono somme enormi , dunque soccorretelo voi. Il ricco faccia offerte proporzionate allo stato suo, il povero lo imiti. Non arrossite se date anche poco. Iddio tutto gradisce; e così anche l'operaio presti l'opera sua. Ricordatevi che D. Bosco diceva sempre a' suoi cooperatori : Siate generosi, non temete la limosina cagioni deficienza nelle vostre sostanze. Ho dalla mia parte una gran Tesoriera che ama largamente ricompensarvi.

D. Rua era stato ascoltato con somma attenzione e soddisfazione. Dopo di lui Monsignor Vescovo pronunciò nobilissime parole delle quali qui riassumo la traccia

Giocondo, amatissimi figli, giocondo è lo spettacolo che mi si presenta in questo giorno faustissimo. Sono un padre in mezzo ai figli, dei quali ora partecipo alla gioia. Tutto, tutto che mi sta innanzi assai mi gioconda. Io godo di trovarmi a fianco di quest' Uomo di Dio, di cui la carità è grande come quella dell'indimenticabile D. Bosco. Godo di vedere la vostra frequenza a questa cara radunanza, nel vedermi innanzi questi buoni fanciulletti, nell'osservare questo ospizio, nel contemplare questa nuova Chiesa. Ed esclamo meravigliato: Donde tutto questo in tempi di tante difficoltà? Dalla vostra caritatevole beneficenza, o diletti figliuoli. Benedetti voi, che avete fatto opera a Dio tanto cara. Voi avete fatto meravigliare i presenti e più farete meravigliare i posteri, e quando si vedranno questi edifizi al tutto compiti, inarcheranno le ciglia, crederanno appena a se stessi. Avete fatto molto, ripeto, ed io son rimasto meraviglìato : ma non avete fatto tutto... Rimontiamo al principio di questa istituzione... Pensiamo ai tempi infelici che correvano. Vedendo tanti fanciulli abbandonati, guardando anche a noi, il caro D. Bosco sentì una lagrima rigargli il volto, e disse : No, quei fanciulli non saranno più abbandonati, essi diventeranno uomini amanti del lavoro, e non dinamisti. E così D. Bosco vinse la prova. - Ma noi abbiamo molti altri bambini che han bisogno di aiuto e di chi loro spezzi il pane della Divina parola nell'Oratorio festivo. Essi , i poverini , hanno bisogno di voi. Questi anni, è vero, sono disastrosi, ma tutto si può colla vostra carità superare. Io vi raccomando questi giovanetti. Deh! mostratevi caritatevoli per essi. Oh quante benedizioni scenderanno per cagion di essi sul vostro capo! Voi sapete che Gesù ebbe per i fanciulli un amore sviscerato, e lo fece conoscere quando a sè li volle vicini. Oh quello è un tratto fra i più soavi della sua vita ! Voi, sì, voi potete in ciò imitare Cristo stesso.

Ed ora permettete che a voi mi rivolga, o Apostolo, che avete visitato i vostri figli. Grazie a voi, sì, a voi, che vi siete degnato di onorarci della vostra presenza. Grazie a voi tutti, o degni figli di D. Bosco, che tanto e tanto vi adoperate a vantaggio della nostra povera gioventù. Voi tutti porto sempre nel mio cuore, voi tutti amo di ardentissimo affetto. Oh! il buon Dio vi dia la sua benedizione! Benedica voi pure, amatissimi fanciulli; crescete, crescete buoni e virtuosi. Vedete quanto si fa per voi dai vostri superiori, corrispondete... E grazie sien rese a quei cari che eziandio in fin della lor vita pensarono e provvidero a questa santa Istituzione, e i miei ringraziamenti risuonino nella loro beata eternità. Essi fecero opera la più commendevole : la loro memoria rimarrà eternamente benedetta e la loro carità largamente rimunerata. E la preghiera di sì gran numero di giovanetti è e sarà sempre per i loro benefattori vivi e defunti arra certissima della benedizione di quel Dio che produce la grazia e la gloria. A Lui dunque in sul finire si rendano di tutto azioni di grazie e che il suo santo nome sia benedetto ora e per tutti i secoli.

Tra la commozione generale fu intonato il Te Deum, e Mons. Vescovo impartì la prima Benedizione col SS. nella nuova Chiesa. Le offerte raccolte dai nostri orfanelli mostrarono sempre più quanto giustamente si confidi nella carità dei nostri buoni Cooperatori e Cooperatrici.

La sera poi, ai primi Vespri, alle Litanie ed al Tantum ergo accompagnato dalla banda, si cominciarono a pregustare quelle soavi armonie che tutti riempirono di meraviglia e di entusiasmo nel giorno della festa.

Il momento più bello, l'ora di Paradiso, come tutti la dissero, fu l' indomani, Domenica, stabilita per la festa di Maria SS. Ausiliatrice. Ed io per dargliene un cenno mi servirò dell'ottimo giornale Bolognese, l' Unione, che nel suo numero del 6 Agosto ha un bellissimo articolo intorno a queste nostre feste.

Alle 7 del mattino il M. R. Don Rua celebrò la Messa della Comunità, essendo presenti circa 350 giovanetti e molti signori e signore, i quali tutti ricevettero la santa Comunione. Una ventina di giovani per la prima volta si accostava alla sacra Mensa ; ed intanto l' orchestra eseguiva mottetti religiosi con tanta soavità e maestria che ti scendevano all'anima. Alle 10 fuvvi la Messa cantata da Monsig. Baldassarri, provicario della Diocesi, assistito pontificalmente da Monsignor Vescovo. La Messa solenne di Santa Cecilia del maestro Gounod, benchè ridotta per due voci, fu di un effetto meraviglioso. Bello e soavemente mesto il Kyrie, grandioso ed artistico il Gloria, celeste il Qui tollis, incalzante ed elaborato il Cum sancto spirito. Il Credo non potrebbe esser meglio interpretato : anche non parlando della musica, sempre severamente religiosa, lo diresti una solenne professione di fede. È poi sereno e tranquillo l' Incarnatus , dolce e soave il Benedictus e l'Agnus Dei.

Si abbiano però le ben meritate lodi il signor Dogliani, egregio quanto modesto maestro torinese, che diresse l'orchestra con somma grazia e perizia, e così pure il potente basso ed il gradito tenore, i giovani dell' Istituto ed i cantori faentini, che v'ebbero pur parte.

La banda dell'istituto, negl' intervalli del canto, eseguì scelti pezzi che piacquero assai.

Al pomeriggio poi cantarono i Vespri in buona musica e piacque sopratutto il Laudate pueri a basso obbligato con coro di soprani e contralti.

Il sacerdote D. Rua salì poscia all' altare maggiore e disse le lodi di Maria Ausiliatrice. La figura nobile, piacevole ed austera, lo sguardo rivelante ad un tempo pietà ed intelligenza non comune, i suoi lineamenti apostolici, dettero anche maggiore risalto all' erudito e divoto discorso , religiosamente ascoltato da una moltitudine strabocchevole di persone.

Alla sera finalmente si ebbe un bellissimo trattenimento nel vasto ed elegantissimo cortile dell'Ospizio , rallegrato da canti , suoni e fuochi artificiali , nei quali i nostri pirotecnici si distinsero per la varietà e gaiezza dei lavori e per alcune combinazioni artistiche di nuovo genere. Il massimo ordine regnò sempre durante lo spettacolo e nessun inconveniente sorse a turbare la pace di quella lieta ricreazione.

Ma in mezzo a tanta contentezza non doveano esser dimenticati i benefattori defunti e l'ottimo D. Rinaldi, direttore dell'Istituto, con bel pensiero avea stabilito pel lunedì (15) un servizio funebre, con generale invito ai sacerdoti della città. I giovanetti tutti offrirono preci e comunioni a Dio a suffragio delle anime de' loro benefattori. Fu cantata una bellissima Messa a tre voci, assistendovi numeroso e scelto pubblico. Quale poi s'accrebbe a dismisura nel pomeriggio, in cui, dopo la Benedizione data col SS. Sacramento da S. E. Mons. Chiaruzzi , Vescovo di Rimini, si tenne un' accademia di canti e di poesie nel cortile all' aria aperta, perchè il nuovo teatrino costruito non avrebbe contenuto che la quinta parte delle persone accorse al piacevolissimo trattenimento.

Esso, rallegrato dalla banda dei giovanetti dell'Istituto, fu ad onore di D. Rua il quale n'era visibilmente commosso, ed il quale da ultimo diresse alcune parole di ringraziamento e di saluto agli astanti, manifestando la sua grande soddisfazione, l'amore e la riconoscenza per i faentini, che dal loro canto non perderanno mai di vista i grandi benefici effetti che questa istituzione produce, e che, aiutata e protetta, sempre più produrrà per l'avvenire.

U. C.

NOTIZIE DELLE NOSTRE CASE D'AMERICA

Dalla Patagonia Meridionale, Puntarenas, 15 marzo 1889. MOLTO REV. E CARISSIMo D. RuA,

Eccomi già di ritorno dalla missione alla Terra del Fuoco ed in grado di poter dare ragguaglio al Capitolo del punto scelto, ove attualmente sono il sac. Antonio Ferrero ed il coadiutore Silvestro Gio. Battista.

Appena arrivato qui, subito m'informai dei nostri poveri selvaggi ed ebbi questa relazione : - Nel luglio dello scorso anno quattordici uomini ben armati si dirigevano a cercare oro nella parte orientale dell'isola ed incontrarono una tribù di Indii. Quegli uomini, che si dicono cristiani, fecero fuoco sopra i selvaggi, dai quali si dissero assaliti, e ne uccisero circa quaranta : le donne ed i ragazzi si gettarono in ginocchio chiedendo per pietà la vita : credo la lasciassero loro, ma non so in quale condizione. Questo avvenne tra il territorio argentino ed il territorio del Chili ; onde uno non sa a chi rivolgersi per rimediare a questi atti di barbarie, che commettono gente civilizzata.

Feci tutto il possibile per apprestare la partenza della nostra missione, ma non potei riuscire fino al principio di febbraio. Le difficoltà che si devono vincere per ottenere un piccolo risultato sono sempre grandi: tanto lontani da centri abitati , ove tutto è carissimo, e la gente con poca volontà di aiutare, se non a proposizioni esorbitanti.

Potemmo il 3 di febbraio partire da Puntarenas sopra una goletta di quaranta tonnellate, e dirigerci ad una baja dell' isola Dawson, ove aveva lasciato i quaranta Indii l'anno scorso, dando loro l'appuntamento di sette lune. Il 4 alle due pomeridiane raggiungemmo la spiaggia e si cominciò lo sbarco dei viveri, abiti, assi, lastre di zinco pel tetto della nuova casa, ma non trovammo i selvaggi. Poveretti! Avranno aspettato il tempo indicato e vedendo che non veniva il Capitano buono saranno andati a cercarsi altrove il vitto.

Intanto si formarono capanne provvisorie per riparare dalla pioggia i viveri che avevamo sbarcato, e si diede principio alla costruzione della casa, che deve essere un centro della Missione.

Intanto io accompagnava D. Ferrero e gli indicava il posto, ove io aveva incontrato gli Indii, la loro capanna, o per dir meglio, i bastoni conficcati in terra, ove riparavano quando si trovavano in questa baia. Don Ferrero intanto mi diceva : - E che cosa faremo qui, se non ci sono? Non sarebbe meglio andarli a cercare ? - Ed io rispondeva : - Non darti pena di questo; gli Indii verranno e ti daranno lavoro. Adesso comincia subito a preparare una stanza per cappella, una per dormire tu ed il confratello ed una per deposito di viveri, abiti pei selvaggi, attrezzi d'agricoltura, e lodiamo il Signore che ti darà tempo a far questo e ti consolerà colla venuta dei selvaggi.

Io m' imbarcai di nuovo per ritornare a Puntarenas, lasciando ai nostrì confratelli tutte le istruzioni per portarsi cogli Indii e colla gente che avevamo con noi, ed arrivai il giorno sei.

Cinque giorni dopo la mia partenza ecco presentarsi alla Missione una piróga, che adagio avvicinavisi alla sponda, facendo segno di voler approdarvi. La piróga è una piccola gondola formata di corteccia di quercia, di tre metri di lunghezza per ottanta centimetri di larghezza e che contiene tutta la famiglia di questi Indii, compreso il cane che sta sempre ritto sulla prora : si divide in cinque o sei scompartimenti ed in mezzo sopra un po' di sabbia, che serve di zavorra, mantengono il fuoco per arrostire quanto possono pescare , ed è sempre maneggiata dalle donne che sono valenti rematrici e nuotatrici. Si azzardano ad attraversare lo stretto di Magellano, nella parte più stretta, e corrono attorno a tutte le isole.

Con un fazzoletto fatto segno che si avvicinasse, appena fu a proda saltò a terra un uomo con due figli, il quale con segni fece intendere che egli era buono, che non faceva nessun male; e quando D. Ferrero gl'indicò che venisse pure, e gli mostrava galletta, mostrossi alquanto contento e s'avvicinò tutto tremante. Presa la galletta, ne diede ai suoi figli e cominciarono a mangiare. La donna, che stava ancora sulla piroga con una creaturina legata dietro le spalle, ad un cenno del marito, aiutata dai figli, trasse in secco la piroga e s'avvicinò anch'essa a dimandare galletta, tabacco, vesti.

Al principio s'avvicinavano tutti con timidezza, perchè temevano di qualche inganno ; ma quando si videro trattati bene, deposero ogni timore, cominciarono a parlare nella loro lingua e dire che essi venivano di lontano e che dietro loro stavano per arrivare altri fra pochi giorni. Intanto si preparò loro con assi una capannuccia, che per loro era molto bella e che li riparava sicuramente: dall'acqua , ma non dal vento e dal freddo. Contenti della loro dimora, osservavano con molta attenzione tutti i movimenti di Don Ferrero , di Silvestro e delle altre persone, e si passavano il più del tempo a guardare lontan lontano sul mare. Dopo due giorni indicarono al confratello un piccolo punto nero che appena appena si scorgeva col cannocchiale. - Che cosa era? Due piroghe che venivano e che riempivano di allegrezza il povero selvaggio, il quale così vedeva compiersi la sua parola. Si fecero segni, s'avvicinarono ed alle parole di un Indio, certo Miquel, contenti sbarcarono, tirando in secco le loro canóe.

Cominciarono essi pure a dire che erano, buoni, che non avevano intenzioni cattive e chiamavano galletta, tabacco, pantaloni: quindi dissero che il capitano Antonio era morto, che non veniva più all' isola e che aveva lasciato la moglie co' figli. Questo capitano Antonio era un Indio, che un commerciante aveva fatto imbarcare sopra un vapore alemanno della linea di Amburgo e Valparaiso; aveva fatto il viaggio di andata e ritorno, ma giunto a Puntarenas, lasciò il paese e ritornò alla sua vita selvaggia : gli Indii lo stimavano molto, perchè sapeva dire qualche parola in inglese e sapeva qualche tratto civile. Ora tutte le piccole tribù parlano del capitano Antonio per far credere che essi erano a lui sottomessi e che quindi desiderano d'essere trattati bene.

Ma il povero capitano Antonio, malgrado d'essere stato tanti mesi con gente civilizzata, non arrivò a comprendere le verità fondamentali della Religione, perchè i protestanti poco hanno a cuore la conversione di questi infelici; e ridotto alla vita selvaggia, si fece ladro, onde scoperto era perseguitato dai soldati di questo punto, e dovette perciò allontanarsi per non cadere nelle mani dei cristiani.

Ritornando a noi, Don Ferrero pensò dare una dimora ai nuovi arrivati, e presto con assi e lastre di zinco si. preparò loro la casa; ed allora quanti segui d'allegrezza, quanto si mostravano contenti del Capitano buono! Si trattava poi di insegnare loro a pulirsi e specialmente a liberarsi la persona da certi insetti molesti che ne infestavano la testa e la pelliccia che serve di veste . Don Ferrero e Silvestro si misero quindi all'opera: con segni fecero loro intendere come avessero la testa brutta e bisognasse tagliare i capelli, gettare via quella sucida pelliccia; e mostravano loro intanto abiti e coperte rosse, il tutto da darsi a loro, ove si fossero lasciati pulire. E qui Silvestro a mettersi una coperta rossa addosso la persona in forma di mantello e saltare in segno di allegria e dire: - Que lindo! que lindo! Che bello ! che bello ! - Valse lo stratagemma un ragazzo di quindici anni si avvicina a farsi tagliare i capelli, dopo di che Silvestro lo accompagna a venti passi nel mare e comincia a strofinarlo con sapone dalla testa ai piedi; e lavatolo per bene, gli addossa una coperta, poi lo ritira in una stanzetta, lo veste di camicia, pantaloni, panciotto, giubba con una berretta rossa in capo. Quindi lo presenta agli Indii , i quali vedendolo tutto trasformato : A me, gridano, a me - e tutti a gara a volersi far radere i capelli, lavarsi e vestirsi come il primo. - Oh! caro Don Rua, quanto mi rincresce di non essere stato presente a questa scena, a procurarmi qualche merito anch'io facendo un'opera di misericordia.

In due giorni si finì l'operazione; gli Indii arrivati furono tutti fatti puliti e contenti, e così rimaneva aperta la via alla nostra missione spirituale.

Don Ferrero, ad imitazione del nostro progenitore Adamo, cominciò a porre il nome di Michele al capo, quindi fe' passare tutti gli altri imponendo a chi quello di Emanuele, a chi quello di Raffaele e via via ; ed ora ognuno sì gloria in sentirsi chiamare pel proprio nome. Poscia insegnò loro a recitare alcune preghiere innanzi all' immagine di san Raffaele , protettore della Missione, e di Maria SS. Ausiliatrice nostra buona e cara Mamma. Alla domenica susseguente fece dare avviso che insieme co' servienti e capi d'arte, assistesse alla s. Messa ed alla spiegazione del catechismo tutta la nuova famiglia di Indii.

Venuta l'ora e dato il segno colla campanella stessa dell' altare, tutti accorsero alla cappelletta di S. Raffaele ; e quando già si doveva dar principio alla s. Messa, ecco un'India, osservante dell'ordine dato, uscire improvvisamente e ritornare poco dopo traendo per mano un suo figliuoletto, rimasto fuori a divertirsi. Mirabile fu la loro attenzìone; stavano senza dir parola, fissando ogni piccolo movimento del sacerdote. Finita la Messa e fatto lor segno che se n' andassero pure, si ritirarono parlando con grande ammirazione degli ornamenti del Capitano buono, e con un'alta idea delle cerimonie e della funzione celebrata dal sacerdote e con fiducia di non avere più a soffrire malattie.

Adesso si stanno instruendo nelle verità, principali di nostra santa Fede, e speriamo che per la Pasqua prossima si potranno battezzare.

Valga quanto ho raccontato ad animare i nostri confratelli del Collegio delle Missioni e farli perseverare nella loro vocazione; valga ad incoraggiare i nostri benemeriti Cooperatori a voler continuare il loro aiuto a quest' opera santa , affinchè coi loro soccorsi e colla nostra opera possiamo salvare tante anime che giacciono nell' ombra della morte, ed anche a conservare questa, razza d' uomini che si andrebbe estinguendo, se la Religione e la società non concorresse moralmente e materialmente.

Presto io partirò per visitare questi catecumeni, ed al mio ritorno saprò dirle, amatissimo D. Rua, qualche cosa di più. Intanto raccomandi alle preghiere di tutti gli addetti alla Missione, affinchè salvando le anime altrui possiamo salvare anche le nostre.

Tutti i confratelli e le suore di Puntarenas baciano la sacra mano al loro caro Rettor Maggiore, chiedendo la sua benedizione sopra di loro tutti e sopra del suo

Aff.mo in G. e M.

Sac. FAGNANO GIUSEPPE Pref. Apost.

DAL BRASILE

Caxambú (Minas Geraes-Brazil), 6 Aprile 1889. REV.mO SIG. RETTOR MAGGIORE,

Mentre sono in luogo di convalescenza e di riposo, permetta, o amatissimo padre Don Rua, che le venga a rubare un poco del suo prezioso tempo con questa mia. Le voglio dapprima narrare una grazia concessa da Maria Ausiliatrice l'ultimo dì dell'anno p. p. e che mi duole di non averle ancor potuta comunicare ; quindi un fatto in mio favore che comprova il detto : - Nihil habentes et omnia possidentes - applicato ai Religiosi, ed infine due parole sopra Caxambú, dove presentemente mi trovo.

Ecco la grazia. Il dì 31 dicembre del p. p. anno fui chiamato per confessare al Morro Atalaya, luogon alquanto distante dal nostro collegio di Nictheroy, e per questo appunto m'aspettava una vettura. Vi entrai, e dopo mezz'ora circa di cammino, mi trovai in una casupola di un povero cieco, già d'età avanzata, di nome Joao Francisco de Sonza, il quale da due giorni delirava. Appena entrato pregai la famiglia ed i congiunti a lasciarmi solo col moribondo, il che fecero di molto buon grado. Ma vedendo che non era possibile far capire all'infermo ch'io era un sacerdote andato per confessarlo, e temendo che pei vomiti continui che lo assalivano venisse a mancare senza i conforti della N. S. Religione, chiamai quella buona gente, ed insieme invocammo l' aiuto potentissimo di Maria Ausiliatrice ; quindi posi nelle mani dell'infermo una medaglia e gli diedi la benedizione di M. Ausiliatrice.

Oh! bontà sempre grande del Cuor di Maria, aiuto dei Cristiani ! Cessarono i vomiti, ed avendo l'infermo lasciata cadere di mano la medaglia, afflitto, chiama la figlia che gliela cerchi e gliela metta al collo, e tutto commosso mi prega di volerlo confessare e dargli l'assoluzione de' suoi peccati. Si figuri, o R.mo Don Rua, qual sensazione non producesse nella famiglia e circostanti tutti una simile grazia ! Essendo rimasto io solo coll' infermo, questi colle gote grondanti di lagrime potè fare la sua santa confessione. Richiamai la famiglia per assistere all'Estrema Unzione, che l' infermo accompagnò con vera divozione ed allegria. Ciò finito, egli non cessava di esclamare : « Che fortuna per me l'essere venuta V. S. a confessarmi. Iddio e la Vergine la rimunerino... » e più volte mi chiese la mano per baciarmela in segno di gratitudine. Il giorno dopo rendeva placidamente l'anima al Creatore.

Senza preamboli passerò al secondo punto di questa mia. Essendo io caduto ammalato in dicembre p. p. e poi in gennaio e nuovamente in febbraio con febbre palustre e congestion di fegato, i medici mi consigliarono a cambiar aria per qualche tempo e venir a far uso delle acque minerali di Caxambú nella provincia di Minas... Tutto bene, benone ; ma dove i mezzi per tali spese ? Dove? Ascolti. Senza punto farne domanda ad alcuno, un amico e benefattore venne a pregarmi che mi decidessi a partire per Caxambú, e che le spese in tal luogo vi era chi di molto buona volontà le faceva. Ed il viaggio di ferrovia sino a Caxambú o Soledad di Caxambú chi il pagherebbe? Si tratta nientemeno che di 25 scudi, ed in casa, more solito, non avevamo neppure dieci lire. Che fare? Andai a Rio, e là una Cooperatrice mi fece presente di 25 scudi ed un' altra di 2 e mezzo per le piccole spese. Non è forse il caso di dire : Nihil habentes et omnia possidentes? Inoltre mi misero nella gratissima compagnia del nostro buon amico e benefattore Mons. Lino, Vescovo di S. Paulo, che gui pure venne per far uso di queste buone acque e per godere di questo buon clima per la sua mal ferma salute. Egli è accompagnato da un bravo canonico, parroco di Una, e dal suo buon segretario P. Porfirio.

Nei primi giorni il padrone, o incaricato dell'Impresa, mi visitò come medico per consigliarmi l'uso che doveva fare delle acque e di qual fonte, e poi soggiunsemi: - Reverendo Padre, lei non avrà a far alcuna spesa qui, non dovrà pagar nulla, solamente desidero il suo miglioramento. - In una parola, son trattato, in quest'Hótel, da principe. Siane ringraziato il Signore ! Mi sento quasi intieramente ristabilito e fra pochi giorni spero potrò esser di ritorno al caro collegio di S. Rosa.

La popolazione di Caxambú, ove ora mi trovo, appartiene ecclesiasticamente alla parrocchia della città di Baependy nella provincia di Minas. È situata in una piccola valle di 2 chilometri di lunghezza per 500 di larghezza, attraversata nel centro da un rio denominato Bengo, che si dirige dal sud al nord, ed alle cui sponde nascon le fonti. Questa valle è circondata da colline da ogni lato, primeggiando fra tutte per la sua elevazione, forma e bellezza quella chiamata Morro de Caxambú, la quale è situata al ponente e vi si sale per un cammino a zig-zag. Le fonti si trovano a 884 metri sopra il mare e da queste alla sommità del Caxambú vi sono 180 metri ancora. Ebbi già il coraggio di raggiungerla insieme coll'Eccellent.m° Monsignor Lino, col Canonico e Segretario sunnominati e con un buon frate cappuccino, Don Germano, grande astronomo e fisico. Che splendido panorama, specialmente verso levante, dove si innalzano colle loro forme svariatissime i primi contrafforti della Mantiqueira, cordigliera che divide le provincie di S. Paulo, Minas e Goyàz.

Il clima è eccellente in tutte le stagioni e presentemente è un non plus ultra, sempre fresco come di primavera. La media della temperatura annuale oscilla fra i 17 e 19 centigradi. Le notti sono splendidissime , chiare, con un cielo sempre stellato ed una atmosfera freschissima. Sul far del mattino si nota una nebbia densissima ma secca, che però si disfà rapidamente al nascer del sole, predominando sempre i venti freschi e secchi del quadrante nord. Attualmente il termometro marca al mattino, alle 6, 18 gradi sopra il zero, durante il giorno la massima è di 26. L'ascensione e discesa della colonna termometrica è graduale e uniforme, non avendo luogo salti bruschi.

Nell' inverno alle 7 del mattino il termometro marca 4 centigradi sopra lo zero, all'alba discende a 1 1/2 ed il maximum del giorno è 21°.

Le fonti analizzate di Caxambú si possono dividere in due classi : La 1a comprende le fonti : D. Pedro II, Leopoldina e Duque de Saxe. La 2a: Thereza, Conde d'Eu, D. Izabel. Le tre prime le dicono alcalino-gazose e le altre tre ferreo-gazose. Fra i molti buoni effetti delle alcalino-gazose e senza dubbio uno dei principali è un aumento considerevole d'appetito, facendosi pure più facili e regolari le digestioni. In quanto alle ferreo-gazose son d'accordo le opinioni in attribuir loro un'azione tonica e ricostituente. Queste poche spiegazioni sopra le acque son quasi tutte prese dal libro intitolato : Aguas mineraes de Caxambú, scritto dal Dottor P. Viotti.

Con questo buon clima e coll'uso di queste acque, durante venti e più giorni, sento un grande miglioramento, anzi mi sento quasi ristabilito.

Sua Ecc. Mons. Lino mi prega le porga i suoi rispetti. Mi benedica, o amatissimo Padre, e mi voglia sempre considerare suo

Obbl.mo ed Umil.mo figlio in G. C.

Sac. CARLO PERETTO.

IL MERITO PREMIATO all'Oratorio di S. Francesco di Sales in Torino.

Quanti fanciulli, quanti giovanetti poveri sono trascinati al vizio dall'ozio della domenica ! È questa una piaga sociale che affligge le classi più umili, nelle quali il giorno festivo è considerato non già come tempo di riposo, di pensiero a Dio, ma quale occasione di scialacquo e di piacere ; laonde i più nella domenica trovano la causa e gli effetti d'un morale pervertimento. L'Oratorio festivo è rimedio contro la nequizia e l'indifferenza del secolo, salvaguardia della tranquillità di moltissime famiglie artigiane, benefizio della pace del cuore, dell'onestà dei costumi, della salute delle coscienze. L'educazione morale è necessità imprescindibile pel giovanetto operaio, che nell'officina trovando uomini corrotti, maestri di cinismo, discepoli del vizio, apostoli d'ogni empietà e d'ogni sistema d' insubordinazione, può imparare lo scandalo ed obliare ogni principio di relìgione, di virtù, di amore a Dio, alla patria, alla famiglia. Questa educazione morale, assai facile pel giovanetto delle classi più agiate, è difficilissima pei fanciulli operai ; dove troveranno un luogo, nel quale dopo sei giorni di lavoro possano ritemprare il corpo e lo spirito a vigore novello imparando ad amare, a conoscere, a praticare la verità, a conoscere il dovere, come base della felicità individuale, della prosperità famigliare e sociale

Nessun sistema filantropico suscitò istituti di simil genere, aventi attinenze coll'anima, col cuore, colle fisiche facoltà del giovanetto, aventi rapporti colla famiglia di lui, colla esplicazione della sua carriera nella vita pratica del mondo. La Religione solamente ha questa gloria; un prete venerando fondò questi istituti, Don Bosco, l'apostolo della redenzione morale dei fanciulli poveri. Ecco quindi per essi gli Oratorii festivi, nei quali all'insegnamento religioso, morale, educativo si associano le scuole gratuite di musica e di canto, le oneste ricreazioni, i divertimenti ginnastici ; gli Oratorii festivi nei quali alitano la vigilanza del padre, la previdenza dell'amico , l' amore del fratello, giacchè il Direttore, i Catechisti, gl' incaricati di un Oratorio sono padri, fratelli, amici a centinaia di giovanetti. L' affetto di essi non ha causa d'interesse venale qualsiasi, è puro come limpido raggio di stella, è carità di cuore vivificata dall' immortale sospiro di Dio ; queste case festive di educazione, nelle quali il rispetto alle leggi divina ed umana l'affezione alla famiglia, alla patria, il dovere di cattolico, di cittadino, di uomo onesto vengono insinuati nei cuori giovanili, formeranno una generazione novella, che inspirata a due nobili ed alti ideali, Dio e patria, getterà le basi di un edifizio di pace, di tranquillità ; questa novella generazione dissiperà le nebbie di un sistema corruttore, che, fondato sull' ateismo, sull' indifferenza, sospirante l'anarchia, formò cuori solamente egoisti, senza nobile palpito, cuori di ghiaccio, pei quali la virtù è una chimera, qualunque religione superstizione, e che anelano solamente alla soddisfazione illecita delle loro febbrili passioni; le generazioni dell'oggi ammirano il bagliore d' un' aurora boreale, che prelude ai misteri delle tenebre ; le generazioni venture, inspirate all'amore di Dio, saluteranno l'alba della pace, della verità. -

Questi, brevemente, sono i pensieri svolti dal sig. avv. C. D. nel discorso pronunziato il giorno 11 agosto per la distribuzione dei premi ai gìovani dell' Oratorio festivo, che, onorata dalla presenza di Don Rua e degli altri Superiori, riuscì bella, splendida quanto mai , sia pel numeroso concorso dei giovanetti, superiore ai settecento, sia per l'intervento e l' assistenza dei genitori e parenti, che superò ogni previsione; cosicchè non crediamo andare errati dicendo che più di duemila persane presero parte alla festa dell'Oratorio festivo.

La solennità dell'11 agosto provò ancora una volta più come sia buona, cara, affettuosa, riconoscente la gioventù del popolo, che ammirabile e splendida dimostrazione di affetto, di gratitudine diede a Don Rua acclamandolo calorosamente, ed entusiasticaniente applaudendo alle parole di esortazione alla fuga delle osterie, alla frequenza dell'Oratorio festivo, alla perseveranza della virtù, alla costanza dell'amore alla religione, alla famiglia, ai doveri del proprio stato che il degnissimo Successore di Don Bosco si compiacque rivolgere ai giovanetti.

Chiudiamo questo breve cenno colle parole pronunziate dal giovane Allocco Onorato nella recitazione del suo componimento

« Oh Don Bosco ! ci parla nel cuore nei momenti dell'ansia, c'inspiri la tua voce nel pericolo, ci guidi la venerata e santa tua memoria fra i marosi, fra le procelle della vita !... Nel conforto della preghiera, nel sorriso dell' amore, della beneficenza , della carità, nel trionfo della Fede i figli di Don Bosco avranno la vittoria dei forti.

« Compagni, Don Bosco c'inspiri ! la sua bandiera sia sempre la nostra ! - Fede ed amore! - Viva, viva D. Bosco! »

* *

Il giorno 15 agosto un' altra festa rallegrava l'Oratorio di San Francesco di Sales: la distribuzione dei premi agli alunni interni, studenti ed artigiani. Questa festa gareggiò per bellezza e per magnificenza quella dei giovani dell' Oratorio festivo. Ciò diciamo non perchè a questa si debba la precedenza, ma perchè ciascuna classe fece del suo meglio acciocchè ogni cosa riuscisse con generale soddisfazione. E in queste circostanze quanto si deve ammirare il genio creatore di D. Bosco ! Egli ispirò la sua vita a tutte le sue opere, e nell'Oratorio è facile ciò che altrove richiederebbe lungo tempo di preparazione e spese grandi.

Gli alunni interni e i giovani esterni avevano il loro proprio cortile ornato vagamente con arazzi e bandiere ed il ritratto di Don Bosco in mezzo ad un maestoso padiglione dominava le due assemblee. Gli uni e gli altri avevano la propria banda musicale e i proprii cori di cantori , i quali con inni e sinfonie risvegliarono la memoria di quei tempi nei quali Don Bosco in persona presiedeva queste radunanze. Graziose composizioni in prosa ed in poesia furono lette da una parte e dall'altra e numerosi Cooperatori fecero corona a D. Rua in ambedue le feste. Ma il più bello ornamento dei due cortili furono le centinaia e centinaia di giovanetti schierati come in anfiteatro. L'unica differenza fu questa : la maggior parte dei premii dei giovani dell'Oratorio festivo consistevano in numerosi oggetti di vestiario, dono di un'insigne benefattrice, mentre gli alunni interni ebbero uno svariato assortimento di libri legati con molto gusto dai nostri piccoli legatori.

A' giovani alunni interni , dei quali una parte doveva ritornare alle proprie case, l'esimio prof. A. Fabre, autore di molte pregiate pubblicazioni letterarie (1), così diceva, concludendo il suo applauditissimo discorso

« Voi oggi partite, vi dice per bocca mia l'ottimo vostro Direttore, vi dicono i buoni istitutori e maestri vostri : voi oggi partite da questa Casa dove noi, fedeli alla consegna ricevuta dal nostro santo Fondatore Don Bosco e dal suo degno continuatore e seguace, stemmo a guardia gelosa delle anime vostre , le coltivammo come ci era dato il meglio, le nutricammo di sostanza buona, cercammo d'ispirarvi l'alito santo della salesiana disciplina, dello spirito vivificatore della religione e della virtù. Oh! il Signore vi benedica in seno alle vostre famiglie , in mezzo alle vostre città ed ai vostri villaggi! Ma badate, o benedetti, badate a tornare a noi buoni quali noi vi abbiamo voluto pur fare, quali molti di voi vi siete da noi lasciati con gran fatica ridurre! Conservate, o carissimi, lo spirito di questa Casa, che è lo spirito di Don Bosco, che è lo spirito vero della Chiesa , lo spirito vero della santità. Ribadatevi dall'alito pestilenziale del mondo, che, al dire delle Sacre Carte, in maligno totus est positus; resistete all'andazzo corruttore dei tempi, ai lenocinii della stampa sfrenata e libertina, ai sali dei motteggiatori, alle attrattive dei pericolosi esempi. Resistete da forti, e la palma che alcuni han mietuta qui, e quella che ad altri è qui dentro sfuggita di mano , orni di tutti la destra nel gran giorno delle ragioni, quando a voi sarà chiesto conto del frutto che lo spirito di Don Bosco avrà fatto germogliare nel vostro cuore.

« Quel giorno voi, incontrando l'antico Padre in sulla soglia del Regno beato, gli presenterete in atto di saluto e a guisa di glorioso trofeo questa palma appunto e gli direte

« Abbiamo ascoltata la tua santa voce, o bene amato Don Bosco , ci siamo informatì al tuo spirito vivificatore per tutto il corso del viver nostro, sì dentro, sì fuori delle tue Case benedette; eccoci qui ora a dividere teco la mansione dei tabernacoli eterni, a far corona sempiterna al nostro Padre nella Casa di quell' Iddio, la cui gloria fu sempre in cima dei nostri come de' tuoi pensieri... »

Fatta la distribuzione dei premii, parlò di Don Bosco l'egregio sig. F. De-Amicis, cooperatore salesiano , destando in tutti il più vivo entusiasmo ; e per ultimo la parola soave di Don Rua pose termine al trattenimento che lasciò traccio incancellabili in tutti i cuori.

(1) Fra le altre segnaliamo la bellissima ed opportunissima operetta : La rivoluzione francese, considerata in occasione del centenario del 1789, elegantemente voltata in italiano dal sullodato Professore.

CONFERENZE SALESIANE,

Diamo relazione di alcune conferenze tenute dai Cooperatori secondo il prescritto del loro regolamento. Di molte non ne abbiamo ancora avute notizie, oppure un semplice cenno. A tutti però i nostri benefattori presentiamo i nostri ringraziamenti per la zelante cooperazione che continuano a pre. stare alle opere di D. Bosco e all'incremento della gloria di Maria Ausiliatrice.

A Pavia fu celebrata con slancio la festa di Maria SS. Ausiliatrice nella Chiesa prepositurale di S. Teodoro, designata per la conferenza dall' Eccellentissimo Vescovo e gentilmente concessa dal Rev. Parroco Don Pietro Baretta, anche egli cooperatore Salesiano. Il giorno 18 maggio radunatisi i cooperatori e le cooperatrici decisero ad unanimità di far precedere alla festa un sacro triduo solenne di benedizioni. Il giorno 24, al mattino, per desiderio comune il Can. Francesco Mariani, Direttore dei Cooperatori, celebrò la S. Messa all'altare di Maria SS. sfarzosamente addobbato, e tenne quindi un piccolo ma carissimo discorso di circostanza sulla Madonna, considerata come Madre nostra Ausiliatrice e nelle sue relazioni colla divinissima Eucaristia. Indi amministrò la comunione generale ai cooperatori e alle cooperatrici, nonchè a buon numero di fedeli unitisi agli altri per onorare la, Vergine potente. Si chiuse la divota e commovente funzione col canto dell'Ave maris stella e l' Oremus proprio della festa.

Alla sera incoronò degnamente la solennità il Rev. sig. Prevosto della Chiesa, che con quel suo bel cuore tutto unzione e tenerezza per la Madonna, parlò per circa un'ora di Lei, dimostrando ai suoi uditori esser Maria veramente ausiliatrice e per l'amore di madre che ci porta e per la potenza illimitata che esercita a nostro favore sul divin Cuore di Gesù. A prova di che con una bellissima sintesi passò in rassegna i fatti più salienti della Storia Ecclesiastica, specialmente di questi ultimi tempi, nei quali brilla di così chiara, luce l'intervento celeste di Maria a tutela del popolo Cristiano. Accennò alle sue misericordie specialmente a Lourdes e al potere taumaturgico che dispiega con tanta larghezza nella Chiesa di Torino in Valdocco. Finalmente, sull' esempio dei Pontefici, che sempre riposero e ripongono in Lei tutta la loro fiducia fra le calamità e le nequizie dei tempi, animò i presenti ad abbandonarsi con ogni confidenza in Maria Ausiliatrice, certi e sicuri che non lascierà mancar loro il suo materno aiuto se le saranno divoti.

Finito il discorso il Can. Mariani impartì solennemente la benedizione coll'augustissimo Sacramento al popolo affollato; e con lieti cantici alla Vergine Santa, accompagnati coll'organo dall' egregio maestro Georgi, cooperatore salesiano, che volle gratuitamente prestare l'opera sua in tutti e quattro i giorni, si pose termine alla festa. Tutti ne riportarono le più vive e dolci emozioni di spirito che si manifestavano nella santa gioia che si leggeva in volto a tutti.

Il giorno 26 maggio ebbe luogo in Viterbo la prima conferenza dei Cooperatori Salesiani.

Fu presieduta dal Rev.mo Provicario Generale, assistito da due canonici della Cattedrale. al Rev.m° Penitenziere D. Giuseppe Pierotti prese la parola e fece vedere come fine della

Creazione e della Redenzione sia la gloria di Gesù Cristo che, promossa da noi, forma

la nostra felicità. Dimostrò poi come in ogni secolo il Signore ha suscitato un uomo secondo i bisogni dei tempi, accennando di preferenza S. Benedetto, S. Francesco, S. Ignazio. E nei tempi presenti D. Bosco. E qui venne a parlare delle istituzioni Salesiane e del fine che debbono avere i Cooperatori.

Fatta la colletta, si sciolse la radunanza, che riuscì molto gradita a coloro che vi intervennero.

Il 28 maggio ebbe pure luogo a Novara la conferenza peri Cooperatori Salesiani. II Bescapè, gazzetta Novarese, così ne parlava nei suoi numeri 22 e 23

« Grande fu il concorso dei cittadini : la Chiesa del Carmine era gremita di signori e signore, e un numeroso Clero faceva corona a S. E. Mons. Vescovo, che presiedeva alla sacra funzione. Il Sac. D. Bonetti, membro del Capitolo Superiore dei Salesiani, venuto a bella posta da Torino, con un discorso facile, piano, efficace, teneva per una buon'ora l'affollato uditorio sospeso dal suo labbro.

» Egli accennò così di volo alcuni tratti principali della vita di quel santo e cristiano socialista che fu D. Bosco; e ci mostrò come l'origine degli Oratorii Salesiani è dovuta ad una visita che il buon prete faceva nel primo anno del suo sacro ministero alle carceri di Torino; dove l' animo suo fu talmente amareggiato da tanta gioventù traviata e condannata a quelle case di pena, una volta ricetto di gente più avanzata negli anni, e consumata nella malizia, che si propose di liberare quanti più giovanetti e bambini potesse dall'ignoranza, dall'ozio, dal turpiloquio, dall'irreligione, donde scaturisce la malizia precoce ed il delitto che ne è conseguenza. Perciò andava raccogliendo specialmente nei giorni di festa dalle vie e dalle piazze di Torino i figli abbandonati, i discoli, i monelli; e non avendo altro luogo, conducevali in un prato dove con loro si sollazzava, scherzava, intrattenevasi in piacevoli ragionamenti, li edificava col racconto di buoni esempi, con brevi discorsi sul Vangelo e sul Catechismo, cantava lodi a Dio ed alla Madonna, istruivali dei loro doveri, e seppe affezionarseli così, che molti mai più lo abbandonarono.

» In questa idea di salvare la gioventù Don Bosco tanto s'infervorò, che già fin d'allora nella sua immaginazione vedeva Chiese, ampie case, porticati, scuole, opifizi, laboratorii, dove ricoverarla, iniziarla alle lettere ed alle scienze, educarla alla moralità ed al lavoro; e di queste parlava così da senno come se già esistessero ; di che alcuni credettero gli avesse dato volta il cervello, e pensarono di condurlo all'Ospedale dei pazzerelli. Ma l'evento mostrò come ci fosse pienamente sicuro del fatto suo ; ed il grano di senapa è cresciuto in albero rigoglioso, che stende i suoi rami su tutta l'Europa, nell'Uruguay, nel Paraguay, nel Brasile, nella Patagonia 300 mila giovani sono raccolti nelle sue case ; 80 e più milioni di lire da Lui furono spesi a sollievo della classe diseredata, a educare cristianamente il povero popolo.

» Ma per arrivare a questi colossali risultati D. Bosco povero aveva bisogno di denaro, di consiglio, della scienza, dell'aiuto di molti cooperatori, che non gli mancarono mai, e che egli organizzò in una speciale società, nella quale il Conferenziere esortava i Novaresi ad inscriversi in buon numero.

» Però pensando in modo speciale a' maschi, Don Bosco provvide anche alle fanciulle, per esse istituendo la Congregazione delle Figlie di Maria Ausiliatrice, le quali per munificenza e liberalità d'una egregia signora apersero testè una casa a Novara. E chi guarda ai lieti principii, all'assiduità con cui si frequenta l'Oratorio, chi avesse veduto la folla delle fanciulle di ogni condizione, che nella or passata domenica inondava la Chiesa, la casa, i cortili ; la compostezza, l'ordine ed il raccoglimento, con cui celebrarono la festa di Maria Ausiliatrice, dovrebbe dire che mal non s' apponeva D. Bonetti, quando si augurava gran bene da tale istituzione.

» Dopo aver parlato dell'oratorio femminile, Don Bonetti proseguiva esortando i Novaresi ad aprire ben presto il maschile, più necessario ancora, e per la maggior importanza che hanno gli uomini nella società, e per i più gravi pericoli di corruzione e di pervertimento, a cui ai tempi nostri sono esposti i bambini ed i giovinettì.

» In quest'opera sacrosanta, che ha per iscopo l'educazione della gioventù, egli voleva bandita ogni mira, ogni disegno politico e partigiano. Si tratta di informare l'animo dei fanciulli a sentimenti cristiani, morali, civili: si tratta di dare ai genitori figliuoli docili ed obbedienti, sudditi fedeli allo Stato, prodi difensori alla Patria : si tratta di apparecchiar uomini, che coi loro principii, colla loro condotta e colla probità dei costumi facciano onore alla società ed alla religione. Il fine è così santo e generoso, che ogni uomo ben nato dovrebbe efficacemente cooperare a conseguirlo.

» Terminata la conferenza, Monsignor Vescovo, sorgendo dalla sua cattedra, con brevi ed acconce parole univasi a D. Bonetti, per encomiare la mente, il cuore, le opere di Don Bosco, di questo insigne benefattore dell'umanità, che cercò di stornare i fieri malanni che la minacciano , illuminando la mente della classe più numerosa, e men favorita dalla fortuna, colla luce di sani principii, e movendone il cuore con santi ed onesti affetti. Per ispegnere il male nella radice egli cercò sovratutto di attirare a sè la gioventù; ed il Vescovo, come si rallegrava di veder già qui fondata una delle istituzioni Salesiane, così vivamente eccitava gli uditori a venirgli in aiuto affinchè fra non molto sorga l'Oratorio maschile, che tanto gli sta a cuore, e sarà per recare un gran beneficio alla città di Novara.

» Così ponevasi fine a questa prima conferenza dei Cooperatori Salesiani, la quale lasciò nell'animo di tutti soavissima impressione; e noi vorremmo che gli effettì corrispondessero alla concepita aspettazione.

» Certamente la città di Novara non è seconda a nessun' altra nel procurare a' suoi amministrati una sana e compita istruzione; il valore de' suoì insegnanti è conosciuto. Ma ognuno sa che per cagione dei programmi didattici l'insegnamento religioso nelle scuole o è nullo, o si tiene in ben poco conto. Ora la letteratura, se non è animata dallo spirito cristiano, degenera in un sucido verismo, come ne fan fede le tante oscene produzioni che inondano il nostro paese; la scienza riducendosi al materialismo, intristisce l'animo, lo affascina con sensuali godimenti, lo rende duro egoista, incapace di quelle nobili virtù private, sociali, morali, civili, che sono il fondamento e l' essenza della cristiana civiltà. L'istruzione non basta; non ci fu mai tempo in cui essa fosse più largamente diffusa : pure recenti sono le scene selvaggie che contristarono il nostro paese tranquillo, pacifico e laborioso; ed a noi ben sovente tocca vedere frotte di bambini abbandonati commettere azioni sì laide, o tener discorsi tanto osceni, da far rabbrividire. O cristiani, o barbari ; non vi ha via di mezzo; l'apoteosi di Giordano Bruno, ed il materialismo più o meno mascherato che si diffonde non salverà di certo la società, ma farà precipitare la catastrofe. Ricordate la Dea Ragione, il Terrore, il 93, e vi serva d'esempio. Si spendono milioni in un lusso sfolgorato, che fa macerare d'invidia le povere plebi ; si sciupano somme enormi in balli, rappresentazioni, sollazzi non sempre leciti ed onesti; e si ha vergogna di pigliar parte ad opere generose e sante, che mentre sollevano il popolo, contribuiscono efficacemente al suo benessere, e sono pegno di ordine, di prosperità, di sicurezza per tutti

» Giù quel rispetto umano, quella paura del bene, che disonora; un po' più di carattere e di coraggio. Il socialismo si avanza, e niuna potenza umana lo potrà arrestare. Esso si presenterà armato di falci, di scuri, di petrolio, di dinamite, rovesciando quanto gli si para innanzi, allagando la terra di sangue e spargendo dovunque il terrore e la distruzione ; ovvero si svolgerà calmo, ordinato, rispettoso, se la generazione nostra tornerà a sentimenti cristiani, se i doviziosi, i ricchi e i potenti vorranno aiutare l'opera gloriosa del Ketteler, del Moufang, di Schorlemer-Alst, di Schulte, che fu in Italia così bene iniziata e condotta innanzi da Don Bosco, sincero ed impareggiabile amico del popolo, perchè degno Sacerdote del vero Dio, dal quale solo procede la vera libertà, la fratellanza e la eguaglianza fra gli uomini. »

Anche a Casale Monferrato si tenne la conferenza dei Cooperatori. Così scrivevano da quella città al Corriere Nazionale di Torino.

« Dopo la bellissima festa di S. Luigi celebratasi nel Collegio S. Carlo in Borgo S. Martino, coll'intervento di S. E. Mons. nostro Vescovo, e chiusasi con una magnifica Accademia, si tenne qui il 27 giugno, alle ore 5 dopo mezzodì, la Conferenza ai Cooperatori Salesiani nella Chiesa di San Filippo. Fu presieduta da Sua Ecc. Mons. Edoardo Pulciano. Dopo il canto di qualche mottetto eseguito con grazia dagli alunni del Collegio S. Carlo, il Rev.mo Signor D. Rua saliva il pulpito ed esordiva parlando dell'immortale e compianto D. Bosco; come pochi anni sono D. Bosco stesso parlava da questo medesimo pulpito ed ora non è più, ma dal cielo ove fondatamente lo crediamo non solo prega pe' suoi figli e per la Congregazione, ma eziandio pei cari Cooperatori e per le benemerite Cooperatrici, ed abbiamo pur segni così certi di sua protezione per grazie anche straordinarie ricevute per sua intercessione, da non lasciare alcun dubbio che egli trovasi in Paradiso. Anzi, dopo la sua morte crebbero gli aiuti ed i mezzi per diffondere le opere sue.

« Parlò poi degli Oratorii che si stanno aprendo a Macerata, Catania, Parma ed in America; parlò a lungo delle Missioni e dei mezzi che usano i missionarii salesiani per avvicinare i poveri selvaggi e far loro il catechismo; disse come debbono dar loro carne, gallette e vestiti e con questi doni allettarli e far deporre il timore che essi sieno nemici. - A che servono adunque le vostre offerte? - soggiungeva - a formare degli oratorii, dove si raccoglie la povera gioventù per educarla alla religione ed all'amore della patria; servono a provvedere il cibo spirituale e materiale ai poveri selvaggi, a salvare quelle anime che giacciono nell' ombra di morte e condurle in Paradiso. Quelle anime poi pregheranno per voi e Dio benedirà i vostri sacrifizi. Ricordatevi, conchiudeva, che non è la limosina che fa diventar poveri, ma il vizio e l'irreligione. »

E parlando di questa stessa conferenza la Gazzetta di Casale diceva:

« Quel dire semplice ed affettuoso (di Don Rua) ricco di opportuni aneddoti, quella calma serena, più d'una volta ci, richiamò al pensiero il bel verso dell'Allighieri:

L'ombra sua torna ch'era dipartita.

» Ci pareva che lo spìrito elettissimo di D. Bosco aleggiasse in quella serena atmosfera, ci pareva d'udirne l'incantevole parola, quella parola amica che scendeva dritta al cuore e dolcemente lo muoveva a carità. E più d'una volta ci siamo detti: l'eredità di D. Bosco posa su braccia sicure ed esperte.

» Piacque in modo speciale l'accenno che fece alle Missioni. Viva e toccante fu la pittura di quei poveri selvaggi, giacenti veramente nell'ombra della morte. Non c'è che il Missionario, il quale possa redimere quelle tribù, ed iniziarle alla vita sociale. Il cannone dei governi seminerà spavento e morte, la Croce sola può chiamarli alla civiltà e diffondervi, colla fede, luce, progresso, pace.

» Finita la conferenza, si eseguiva un altro mottetto di classica fattura, in cui tra le voci argentine dei giovani spiccava limpida e squillante la voce del celebre tenore D. Lazzero. La funzione si chiudeva col canto del Tantum ergo di Mendhelson e colla benedizione solennemente impartita da Monsignor Vescovo.

» Speriamo che i Casalesi, memori dell'affetto che per essi ha sempre nutrito D. Bosco, vorranno con generosità rispondere al caldo appello che il suo successore loro rivolse nel nome di Dio e dell'umanità. Portare la luce del Vangelo a tribù abbrutite nel servaggio è opera non solamente religiosa ma patriottica.

» Il missionario sotto un cielo straniero prodiga per questo scopo sudori e sangue : spetta ai buoni sostenerli colla loro carità, e concorrere per cancellare per sempre dalla terra quest'onta all'umanità. Le tende dei Salesiani già stanno spiegate in Patagonia : voglia il Signore che fra non molto di quelle lande sterili si possa ripetere col poeta

Ove copriano i bronchi Ivi germoglia il fior. »

BIBLIOGRAFIA.

Di Veglia in Veglia, studi ed impressioni pel canonico FORTUNATO VINELLI. - Torino, Tipografia Salesiana, 1889.

Accennando a questo nuovo libro del sacerdote Vinelli, uscito di fresco dagli eleganti tipi della Salesiana, viene spontanea l'esclainazione: di bene in meglio ! E certo se nel volumetto Santa Caterina da Genova e nell'altro Verità contro menzogne, pubblicati due anni fa, il Vinelli rivelavasi scrittore di merito e sortiva larghi encomii, nell'opera ultima, assai più grossa di mole, la corona di erudito e valente scrittore sta bene sovrapporre alla sua fronte, che è ben meritata. Credo non esser lontano dal vero affermando che il libro Di Veglia in Veglia arieggia nello stile ai famosi Bozzetti della vita militare del De Amicis.

In tredici capitoli si hanno trattazioni religiose, politiche, economiche, didascaliche , morali, condotte con tanta spigliatezza e leggiadria e qui e là condite di arguzie così saporite, che è un gusto imprenderne e seguitarne la lettura. Ci si vede in ogni pagina , anzi in ogni linea, l'uomo sciolto , franco, il quale vuol favellare a' suoi coetanei (come scolpitamente nota l'Em.mo Cardinale

Alimonda nella preziosa lettera stampata in fronte al volume) e per andar loro ai versi piglia i modi, le fattezze, il gusto, l'abito e fin i gingilli... Buon però che sotto le parvenze leggiadre l'autore, uomo di pensamento sano e vecchio, spazia addentro alle cose, rintraccia il male nelle sue origini e ne' suoi presenti scoppi, e se sotto ai fiori trova il serpente, lo schiaccia col calcagno del bravo raziocinio e della religiosa fede. E di qui la differenza massima che rende il volume del Vinelli diverso dai profili , dalle autobiografie , dai viaggi e dai romanzi, onde i letteratelli di oggidì presumono a nomea di scrittori nuovi, impareggiabili , unici. Sì , unici , davvero , conchiude il Principe di Santa Chiesa, nel mettere sulla carta gran fogliame e lasciare gli animi o privi di vital nutrimento o attossicati dalle pestifere erbe. L'egregio autore afferma che sua madre fu quasi profetessa, allorchè volle chiamarlo col nome di Fortunato.

Ed io auguro a lui che come gli arrise la fortuna in varie circostanze della vita, e ultimamente ancora nel giudizio favorevole incontrato nel pubblico co' suoi scritti , così possa essere ugualmente fortunato nel convincere al bene e tirar sul retto sentiero della fede e della virtù tante anime guaste (i giovani in ispecie) che hanno perduto, con la religione, la pace dell'anima. Allora potrà. dire non solo con verità, ma con esultanza del cuore : - Non sono in contraddizione col mio nome. - II libro si vende al prezzo di L. 2,50, presso la Libreria Salesiana.

(dall' Unità Cattolica).

UNA RETTIFICA.

Il mese scorso, nel descrivere le feste centenarie al SS. Cuore di Gesù, celebratesi nella nostra chiesa di Roma, si disse che la musica eseguitasi ci proveniva dall'Archivio Vaticano. Per tranquillità di chi di ragione, siamo in dovere di osservare che detta musica non proveniva direttamente dall'Archivio Vaticano, ma dal particolare Archivio del Maestro Sig. Meluzzi, a cui nuovamente esprimiamo i sentimenti della nostra viva riconoscenza.

Elenco dei Cooperatori defunti nel Luglio ed Agosto.

1 Alessandrini Don Francesco arciprete - Sansavino (Forlì).

2 Alberti Orsola - Castelletto (Verona).

3 Anselmo Teresa - (Torino).

4 Anzelini Don Antonio - Arsio (Austria).

5 Buniatto D. Fortunato Curato - (Verona).

6 Borsieri Don Giovanni - Soresina (Cremona).

7 Bianchi Giuseppe - Castions di Strada (Udine).

8 Bruno Giuseppe - Bianz6 (Novara).

t) Beltrani Don Domenico - Faenza (Ravenna).

10 Bonardi Maria - Idro (Brescia).

11 Bologna Don Giacomo cav. Rettore Ospizio Esposti - (Venezia).

12 Bolla cav. Luigi - Camerano Casasco !Alessandria).

13 Brogianigo Don Francesco capp. - Sabbione (Verona).

14 Bozzoni Don Giulio - Cologna Foci del Varone (Austria).

15 Bernardin-Odorico Rosa - Sequals (Udine).

16 Chiaramello Giuseppe sarto - Fossano (Cuneo).

17 Colli-Lanzi Francesco - Saino (Novara).

18 Corazza Don Luigi - Arsio (Austria).

19 Cucavar Don Gio. Batt. - Ponteacco (Udine).

20 Cecconi Don Alessandro parroco - Bolognana (Massa Carrara).

21 Cimossa Lucia - (Tortino).

22 Cima Don Angelo Francesco - Casorzo (Alessandria).

23 Ciocca Catterina - Montabone (Alessandria).

24 Codarini Giustina - Castions di Strada (Udine).

25 Calsamiglia Don Stefano canonico - (Ventimig'ia).

26 Casale Giuseppe - Casa Bianca di Verolengo (Torino)

27 Cozzani Don Angelo can. arciprete - Selvapiana (Firenze).

28 De Michelis Don Domenico arcipr. Capranna (Cuneo).

29 Gaieri Don Benedetto arcipr. - Gorrino (Cuneo).

30 Giaco netti Don Pietro parroco - Lugo (Vieenza).

31 Gigola Don Luigi - Fasano (Brescia ).

32 Gritti Giacoma - Alzano Maggiore !Bergamo '.

33 Mainetti Enrico - (Brescia).

34 Marini D. Antonio parroco - Valli Mocenighe (Padova).

35 Mozzi Don Egidio - Piovene (Vicenza)

36 Muzzigli Don Michele - San Pietro degli Slavi (Udine).

37 Monti Don Tommaso parroco -Biszarone (Como).

38 Oliva Don Gerolamo Rettore - Saa Giuliano Vecchio (Alessandria). 39 Piana ing. Gio. Pellegrino - Imola (Bologna).

40 Pigatti Don Vincenzo parroco - Costa di Conegliano (Treviso).

41 Pussini Don Antonio - Arzida (Udine).

42 Radicati di Primeglio contessa Francesca - (Torino).

43 Righi Don Angelo parroco - Bevi. lacqua (Bologna).

44 Roncati Mons. Severino-(Modena). 45 Ronco Giuseppa - Isolabella (Torino).

46 Speroni-Brun Delfina - Pinerolo (Torino).

47 Tazzari Don Giacinto arcipreto Vie. Far. - Campilano (Ravenna). 47bis, Tirossi D. Vito - (Roma).

48 Tuinoliui Maria - Subiaco (Roma). 49 Varoli Don Raffaele priore - Madrignano (Massa Carrara).

50 Venturini Don Antonio - Sorzento (Udine).

51 Veronesi Don Giacomo cappellano - Torbe (Verona).

52 Zaican Don Giuseppe - San Pietro degli Slavi ,Udine).

53 Zenari Don Pietro arcip. - Caldiero (Verona).