un po' di miglioramento, ma dapprima era in un
completo abbandono . Certamente che la prima
volta, che siamo capitati là, dopo aver sentiti gli
elogi senza misura che si facevano di quell'acqua,
noi ci credemmo burlati . Quando cominciammo
a sentire in lontananza il forte odor di zolfo ,
che si spandeva d'attorno, e maggiormente quando,
senza pensarci su più che tanto, accostammo al
labbro il bicchiere che avevamo lentamente riem-
pito, ci credemmo proprio avvelenati . L' orrore
provato fu pari al disinganno ; e gettando tazza
ed acqua per terra , cercavamo di purificarci la
bocca, nettandocela in tutti i modi .
» Oh che orrore!
» Oh che barbarie !
» Burlarsi così della gente!
» Non avete che di quest'acqua?
» E questa l'acqua miracolosa?
Queste esclamazioni erano su per giù ripetute
da quanti gustavano la fetida acqua ; e più vive,
mordaci ed anche spiritose da quelli che veni-
vano dopo . Qualcuno però che conosceva di già
qual era il gusto, e quale poi il buon effetto di
quell'acqua solforosa, si accostava intrepidamente
alla sorgente, e, chiudendo gli occhi, giù in un
fiato . « Ecché? diceva a noi, quasi istupiditi per
la meraviglia ; ecchè? Chi disse mai che le me-
dicine debbano essere appetitose? E quest'acqua
è una vera e potente medicina, per chi trova
difficoltà di stomaco e per pienezza di sangue .»
Dopo uno, viene un altro, e senza interruzione
tre, quattro, dieci, e tutti a bere di quell'acqua,
che doveva avere effetti cotanto prodigiosi . Ve-
ramente eravamo meravigliati noi medesimi, di
essere omai indifferenti, e quasi amanti di quel
sapore di uovo stantio , che , a pensiero calmo ,
metteva quasi ribrezzo, eppure si beveva ora a
sorsi larghi e copiosi, come del liquore più pre-
libato .
Ci affezionammo tutti in breve a quest'acqua
che chiamavamo putrefatta, e poco alla volta chi
ne bevette cinque, chi dieci e chi fino quindici
bicchieri . Ed il Redi, che aveva avuto il coraggio
di far dire al suo Bacco in Toscana .
Chi l'acqua beve
Mai non riceve
Grazie da me!!!
credo, che avrebbe cambiato parere, se, come
medico che era, avesse assaggiato l'acqua mira-
colosa di Castelnuovo d'Asti . Non vi diciamo qual
effetto ci produsse, perché lo potete immaginare .
Ma fu certamente mirabile . E questa prima vi-
sita all'acqua del zolfo fu memorabile, e formò
il tema gradito dei nostri discorsi nelle varie vi-
cende capitate lungo le nostre vacanze autunnali .
Ultima scorreria di quest'anno fu la passeg-
giata a Mondonio, dove riposavano le benedette
spoglie del nostro esemplare amico Savio Dome-
nico . Era morto in quell'anno, e noi non ce la
sentivamo di ritornare a Torino, senza essere
andati a dire almeno una preghiera sulla sua
tomba. Anzi il nostro buon padre, pensando di
scriverne i cenni biografici a nostra comune edi-
ficazione, come poi fece, incaricò il nostro amico
Carlo Tomatis, che a quei di studiava pittura
all'Accademia Albertina, perché vedesse di rica-
vare, o a memoria o con l'aiuto di qualcuno dei
fratelli di Savio, le amabili sue sembianze . Lo fece
di fatto con intelligenza ed amore, sebbene noi non
vi vedessimo intieramente in quel suo lavoretto
l'amico soavissimo Savio Domenico . Mentre il buon
padre di lui, che vive tuttavia e ricorda con af-
fetto e con lacrime il figlio, ci voleva preparare
un po' di merenda, noi ci siamo, bisogna dire la
verità, precipitati sul modesto cimitero del paese
ove riposavano in pace le ossa dell'amico . Alcuni
di noi non ebbero neppure pazienza di aspettare
la chiave, che ne aprisse la porta, ma siccome il
muriccio di cinta era contermine con un piccolo
rialzo di terra, per di là, senza pur immaginare
di contravvenire a qualche legge o regolamento,
saltarono nel luogo sacro, e corsero ad inginoc-
chiarsi sulla povera tomba . Più d'uno di noi fu
visto colle lacrime agli occhi pregare colà , e
quasi richiamarsi alla mente quell'anima pia, che
ci fu compagno, collega, consigliere, amico bene-
fico per poco tempo all'Oratorio, e che ora si
sperava potesse continuare l'opera santa dal pa-
radiso . Avevamo portato da Torino una corona
di semprevivi con le parole ; A Savio Domenico,
allievo dell'Oratorio di S . Francesco di Sales
d i Torino, i suoi amici ! e ve la lasciammo ap-
pesa alla croce modesta, che ne copriva le spo-
glie. Chi sa se esiste ancora!
L'anno dopo di quella visita, un pio signore di
Genova, che aveva letto ed ammirato le virtù
del nostro giovane amico, e, in un grave cimento,
avendone implorato l'aiuto presso Dio , ne era
stato esaudito , fece collocare su quella tomba
una bella lastra di marmo con analoga inscri-
zione . Forse ben altre cose farà Dio per il pio
giovinetto, che brevi vivens tempore, fece sì mi-
rabili opere! Poi si pregò, e non si sarebbe ces-
sato di stare là sopra, se il tempo non fosse stato
appena bastante per arrivare a tempo in casa.
Nel ritorno noi ci sentivamo molto malinco-
nici, pensando alla rapida dipartita da questo
mondo del nostro amico : e nell'istesso tempo più
fervorosi, perché, ripetendoci i suoi atti virtuosi,
ci pareva di sentircene animati a ricopiarli in
noi, lasciati da Dio in questo povero mondo .
Dopo di aver parlato fra di noi di questo e di
quell'altro atto virtuoso, ci piacque imitarlo, col
fare, come era solito, intonare una lode ; che là
tra quelle valli ed a quell'ora produceva un senso
bellissimo .
Alla dimane si partiva per l'Oratorio, e biso-
gnava essere freschi, per assaltare la via, che do-
vevamo farci tutta a piedi con molto nostro gusto .
Dopo messa, in cui facevamo per solito la santa
Comunione, si sparecchiava la cappella , che po-
verina, non faceva più bella figura ; e, rimessi tutti
gli addobbi, per essere riportati a Torino, si chiu-
deva, e per un anno non la vedevamo più . Solo
nel mese di maggio , alcune anime divote sole-
vano ivi raccogliersi alle feste, per onorare la
Madonna, con l'offerta di qualche mazzo di fiori,
ed invocarla, perché benedicesse le campagne, e
non lasciasse rovinarle o dalla siccità o dalla
grandine . Noi poi, verso le nove e mezzo o le