BS 1880s|1885|Bollettino Salesiano Settembre 1885

ANNO IX. N. 9.   Esce una volta al mese,   SETTEMBRE 1885

BOLLETTINO SALESIANO

Direzione nell' Oratorio Salesiano. - Via Cottolengo, N. 32. TORINO

SOMMARIO - Una dimostrazione dell'Italia Cattolica per la Chiesa e pel Papa Leone XIII - Il Cardinale Arcivescovo di Torino agli Arcivescovi di tutta l'Italia - Appello al popolo cattolico dell'Italia - Documenti e schiarimenti - Il Cardinale Nina - Festa di famiglia - Grazie di Maria Ausiliatrice - Collegi Salesiani - Educatorii per le fanciulle - Oratorio Salesiano e piccolo Seminario in Firenze - Suor Rita Marianna Marchetti - Il Senatore Augusto Vera o la libertà di morire cristianamente - Augusto Vera e il Cardinale Arcivescovo di Napoli - La ritrattazione del Senatore Augusto Vera - Victor Ugo morto cattolico - Varietà - Bibliografia.

UNA DIMOSTRAZIONE DELL'ITALIA CATTOLICA

per la Chiesa e pel Papa Leone XIII.

É giunto omai il tempo opportuno per rinnovare in Italia una di quelle, splendide proteste già fatte parecchie volte sotto il Pontificato di Pio IX e del regnante Leone XIII. Ma la nuova protesta non deve soltanto comparire nei giornali che passano, bensì rimanere in un monumento che resti, e si mostri tosto al viaggiatore, appena uscito in Roma dalla stazione della strada ferrata. Chi ne concepì la bella idea è un illustre patrizio piemontese, il conte Cesare Balbo, in cui vive la fede nobile e coraggiosa dell'avo e del padre. Chi ne fa la proposta è il nostro Arcivescovo , l'Em.mo Cardinale Alimonda , il quale ne ha avuto l'approvazione e benedizione del Sovrano Pontefice. La proposta fu già scritta a tutti gli Arcivescovi dell'Italia, che la comunicheranno ai loro suffraganei, e col loro efficace concorso si può essere certi fin d'ora d'uno splendido risultato.

I varii preziosi documenti che pubblichiamo più innanzi diranno al lettore in che consista questa nuova. dimostrazione dell'Italia cattolica. Noi dobbiamo premettervi alcuni ricordi che valgano a sempre più illustrarla, ed a chiarirne l'opportunità. E primo sia l'esempio della Francia. Alli 16 di giugno del 1875 in Parigi, sull'altura di Montmartre, avea luogo una grande solennità, la benedizione ed il collocamento della prima pietra per la chiesa da erigersi , in onore del Sacro Cuore di Gesù da quella che si riconosce e si dice Gallia poenitens et devota. Vi assistevano i più nobili ed illustri personaggi, e, dopo che il cardinale Guibert ebbe posto il cemento alla prima pietra, presentaronsi a sottoscrivere l'atto , col Nunzio pontificio, i Vescovi assistenti, il Duca di Nemurs , il Duca d'Alençon , suo figlio , il generale di Geslin, comandante delle truppe di Parigì, e gran numero di deputati.

Molti di costoro a Paray-le-Monial avevano assunto pubblicamente l'impegno di adoperarsi pel trionfo della patria col propagare la divozione al Sacro Cuore di Gesù. L'Assemblea stessa vi si associava , il 24 di luglio 1873, col sancire una legge speciale per l'erezione di una chiesa monumentale in Parigi, sulle alture di Montmartre. Inoltre cento e più deputati cattolici dell'Assemblea rivolgevano al Cardinale Arcivescovo un'istanza accompagnata da un'offerta collettiva di alquante migliaia di lire, chiedendo che una delle cappelle della chiesa fosse propria dell' Assemblea nazionale , perchè volevano , « come uomini politici, associarsi all'idea riparatrice, che ispirò la costruzione della chiesa. » Il Cardinale Arcivescovo non solo acconsentiva alla domanda, ma eziandio la commendava altamente, rispondendo che in quella chiesa ed a' piedi di quell'altare « potranno accorrere i rappresentanti della Francia a meditare sugli interessi e bisogni della patria, ed a cercare ispirazioni presso Colui, pel quale i legislatori fanno leggi savie e giuste. » (Vedi Unità Cattolica, num. 90, 16 aprile 1875).

Non molto dopo decretavasi in Roma, non da Montecitorio, ma dal Vaticano, l'erezione di una nuova chiesa dedicata al Sacro Cuore di Gesù, là dove mancano le chiese , cioè quasi nel centro dei Nuovi Quartieri del Macao, in via di Porta S. Lorenzo, presso la stazione della strada ferrata. E nel 1.879 se ne benediceva e collocava la prima pietra , scegliendo per questa funzione il pomeriggio della domenica dedicata al patriarca S. Gioachino. La cerimonia fu compiuta dall'Eminentissimo Cardinale, Vicarìo di S. Santità Monaco La Valletta, assistito da varii Vescovi e Prelati, in mezzo ad un gran concorso di popolo. Affidata la costruzione della chiesa allo zelo intelligente ed infaticabile del nostro D. Bosco, non tardò a progredire ed omai può dirsi compiuta. Il Santo Padre Leone XIII, nel giugno del 1884, sobbarcavasi alle spese ingenti che richiedeva la magnifica facciata.

Ma in quello stesso anno sopraggiungeva il cholèra che minacciava Roma , e l'amoroso e generoso Pontefice, non ostante la sua povertà, profondeva una gran somma di danaro per aprire nel Vaticano stesso un ospedale, a cui egli potesse facilmente accedere. Fu in quel tempo che al conte Cesare Balbo si affacciò la bella idea di proporre all'Italia cattolica un'offerta straordinaria di Danaro di San Pietro , da servire al compimento della facciata, e fosse come un volo nazionale degli Italiani che credono , pregano e sperano, ed in pari tempo un atto di gratitudine e di amore al regnante Pontefice, e come un monumento che attestasse non esservi nessun bisogno d'una conciliazione della vera Italia col Papa, giacchè non regna tra loro la discordia, ma vivono nella più bella, paterna e filiale armonia.

Comunicato il bel pensiero al Santo Padre, egli si degnò di approvarlo e commendarlo, ed ora il nostro Arcivescovo vi aggiunge l'autorità del suo nome e del suo grado, e ne propone l'esecuzione all'Episcopato cattolico della nostra Italia. Non v'ha dubbio che gli Italiani lo accoglieranno con alacrità e con gioia, mostrandosi anche in questo forti, concordi ed ordinati, come lo stesso Pontefice non ha guari raccomandava ai cattolici. Forti, non esitando menomamente a proclamare la loro fede ; concordi, gareggiando soltanto di zelo nel promuovere il disegno e cercare le offerte ; ordinati da ultimo, seguendo i consigli dei loro Pastori. Ciò premesso, pubblichiamo i documenti.

(Dall' Unità Cattolica, 15 Agosto 1885).

IL CARDINALE ARCIVESCOVO DI TORINO agli Arcivescovi di tutta l'Italia.

ECCELLENZA REVERENDISSIMA,

Nell'inviare all'Eccellenza Vostra Reverendissima l'unito appello per sollevare il Santo Padre dalla grave spesa della facciata alla nuova chiesa del Sacro Cuore di Gesù , che si sta erigendo in Roma dalla Congregazione Salesiana e che già é aperta in parte come parrocchia, ardisco cosa che oltrepassa i limiti del mio potere, non avendo verso l'Ecc. V. che le relazioni di alta ammirazione, di fraterna carità, di umile servitù. Contuttociò spero di essere perdonato se si riflette che trovomi così vicino e in tanta confidenza coll'esimio D. Giovanni Bosco in questa prima e principale sua Casa, e che divido con lui la penosa ansietà per la conservazione di tante caritatevoli opere colossali e per la fondazione di altre molte, tra cui la chiesa del Sacro Cuore in Roma e gli annessi edifizi a salvezza dei poveri fanciulletti e del popolo romano.

Dall'altro lato , perché non avrà da riuscire gradito all'amabilissimo Cuore di Gesù il concorso unanime di tutte le diocesi d'Italia, nel suo nome consacrate, all'abbellimento della sua chiesa come voto nazionale e quale conferma della consecraziene già fatta, ora che nuovi bisogni e nuovi pericoli ci stringono ? Ma il più che in ciò m'incuora è il presentarmi che io faccio a Vostra Eccellenza Rev.ma supplichevole e fiducioso in nome del Santo Padre medesimo , il quale in riguardo al bisogno speciale della regione di Castro Pretorio tanto cresciuta di abitazioni e di popolo, e già invasa dai ministri dell'errore, è impaziente di veder condotto a termine e il più che sia possibile adornato il tempio monumentale, cominciato con un primo appello del suo Cardinale Vicario alle diocesi d'Italia e del mondo. Per questo la proposta , per cui invoco il concorso di Vostra Eccellenza Reverendissima , ebbe il favore degli incoraggiamenti e della benedizione apostolica.

Non è poco il fastidio che Le viene a procurare la preghiera di inviare ai RR.mi suoi suffraganei copia della presente lettera, dell'appello e dei moduli qui uniti. Ma io confido che la santità dell'opera muoverà lo zelo de' più ragguardevoli suoi ecclesiastici, dei buoni signori secolari, che si sono , tra tante prove , conservati fedeli alla Chiesa ed al Pontefice ; confido che non andrà molto che io potrò deporre ai venerati suoi piedi una somma che lo metta in grado di costrurre, non inferiore a quelle delle più celebrate basiliche, la facciata del tempio del Sacro Cuore, la quale, secondo gli studi dell'esimio e compianto architetto comm. Vespignani, toccherà la somma di lire duecento mila. L'appello al popolo cattolico d'Italia, che, come di dovere , s'invia unito alla presente all'Ecc. V. Rev.ma, sarà pur fatto di pubblica ragione sui giornali cattolici , il concorso dei quali giova sperare che tornerà utile alla buona riuscita della nostra impresa. Ed ora non mi resta se non che ringraziare di gran cuore la Ecc. V. Rev.ma dello zelo caritatevole che vorrà impiegare nel promuovere un'opera santa e come tale raccomandata dal Sommo Pontefice. E baciandole rispettosamente le mani, ho l'onore di rassegnarmi

Di V. Ecc. Rev.ma,

Torino, 16 luglio 1885, festa della B. Vergine del Carmine,

Dev.mo obbl.mo servitore

+ GAETANO, Card. Arcivescovo.

APPELLO AL POPOLO CATTOLICO DELL'ITALIA.

È amorevolezza celeste , suprema disposizione della Provvidenza l'accrescimento di fede e di pietà che riscuote nei nostri tempi il culto del Sacratissimo Cuore di Gesù Cristo. Pare che Dio voglia al certo che , mentre il presente secolo , con le molte sensualità, con i suoi orgogli e con le sue nuove miscredenze, più e più distoglie dal pensiero della vita eterna il cuore dell'uomo al benedetto e divino Cuore di Gesù , così fervorosamente amato e venerato dalla Chiesa cattolica, sia riservato di salutarmente influire su le miserie di esso secolo e ricondurre l'uomo all'amore delle cose spirituali e celesti. L'Episcopato cattolico andò persuaso di questo, maggiormente negli ultimi anni passati, quando operavasi mano a mano la consacrazione delle Diocesi al Cuore di Gesù ; sentì in quell'atto devoto di procurare a se stesso e ai fedeli un sicuro asilo nei pericoli , la forza nei combattimenti e l'opportuno contorto nella desolazione.

Si aggiunse a riconfermarlo nel soave pensiero la proposta, destinata ad adempiersi prontamente, di due monumentali chiese, una da erigersi in Parigi e l'altra in Roma ad onore del Santissimo Cuore di Gesù Cristo. Si ebbe quell'idea come un'inspirazione di cielo , come un provvedimento ; ammirabile ; imperocchè Parigi, la patria del Voltaire , e per molti salutata a metropoli dell'empietà, sembrava che dovesse dare al divin Onore quella religiosa e nazionale riparazione; dall'altra parte Roma, che è la storica sede di San Pietro e la metropoli del cattolicismo, mostrava convenientissimo di dover levare essa, col novello tempio, la grande chiamata della fede e dell'amore , tramandandola a tutte le genti.

Godiamo che a scusare in qualche modo i danni ed a lavare, se è possibile, le macchie dell'incredulità, vada innalzandosi su la cima di Montmartre, veramente bello e sontuoso , il tempio parigino ; noi dell'Episcopato italiano sentiamo il dovere di rivolgerci più sollecitamente, e non col solo tributo dell'ammirazione, ma con l'efficace concorso dell'opera nostra , a considerare il sorgere del nuovo tempio nella Città Eterna. Vi è un uomo in Italia, un degno ecclesiastico , a cui paiono commessi molti preziosi disegni della divina Provvidenza. Su questo sacerdote pose gli occhi il santissimo Pontefice Leone XIII, e gli disse : - Vi affidiamo l'erezione del gran tempio da consacrarsi in Roma al culto del divin Cuore. Noi vi concorreremo col nostro censo, riserbandoci la costruzione della facciata. -

E Don Giovanni Bosco si accinse risoluto all'opera. E già la nuova chiesa poggia alto con larga fabbrica a lato per alloggio di sacerdoti, per asilo di fanciulli poveri che avranno scuole diurne e serali : poggia là nella regione di Castro Pretorio, di faccia alle cappelle ed alle scuole dei protestanti, quasi Arca Santa di rincontro a Dagon; là dove si apre la nuova Roma profana, la Roma borghese , operaia , trafficante e manifatturiera , dove ancora tempio cattolico non è e si patisce al sommo il difetto della religione ; poggia là, da quell'altura, donde pare ch'essa debba guardare al mondo e dove intanto, per la prossimità della stazione centrale della via ferrata, è l'incessante arrivo dei forestieri. Il sorgente tempio a vederlo promette bene , vuol esser degno confratello dei monumenti romani; ma esso attende il suo compimento, attende gli ornati e i fregi che lo decorino ; il mirabile Don Bosco, allenandosi ad una co' suoi figli della Congregazione Salesiana, vi ha già profuso tesori; altri tesori si richiedono a raffinirlo del necessario. Pure, dove anche l'operosità dei Salesiani arrivi a questo, non ogni cosa sarà compiuta. Il tempio aspetta la sua classica facciata dal Papa.

Le acque del Po e della Dora, che videro arrivare su le loro sponde il fanciullo Bosco ed ora lo posseggono da cinquant'anni educatore del popolo, vanno orgogliose di non poche magnanime famiglie patrizie. Or ad un illustre rampollo di cotali famiglie nacque un pensiero non indegno dell'apostolato di Don Bosco e rispondente alle tradizioni della sua religiosa patria (1). Egli pensò e disse : - La chiesa che Roma vede adergersi a gloria del divin Cuore deve contenere la special significazione della fede e della pietà della nostra Italia; adunque sta bene che gli Italiani validamente concorrano a darvi mano. Ed il nostro Santo Padre, che si levò a duce di tutti nel consigliare il glorioso tempio e promise del suo la facciata, Egli, che di gravissimi bisogni è stretto e vive dell'obolo della cattolicità , non attende forse che alcuna cosa si faccia da noi ? Oltreché gli Italiani, assaliti non è ancora gran tempo dal cholera e con sempre attorno di fiere minacce, non è conveniente che per domandare a Dio la preservazione dal flagello si adoprino ad onor suo, e, quanto è possibile, largheggino? Non è ciò conveniente , tenendo in su gli occhi gli esempi del Pontefice, il quale versò la somma di un milione per il nuovo spedale di Santa Marta contiguo al Vaticano, mentre, osteggiato come è dal mondo, spera tutto e tutto si ripromette dalla divina Provvidenza, inteso e fiso nel culto del divin Cuore? Ebbene, mettasi un voto nazionale ; e quanti sono figliuoli della credente Italia si risolvano , il povero col suo meschino obolo ed il ricco con l'oblazione generosa, a fornire del necessario denaro il Santo Padre, affinché con l'intervento di tutti costrugga Egli il frontispizio dell'italiano tempio di Roma. - Cotale idea del patrizio torinese piacque, andò di bocca in bocca, ed incontrò promotori. Sortì pure l'onore di penetrare nelle aule del Vaticano, ed il regnante Pontefice la trovò bella, la commendò : con lettera dell'Em.mo Cardinale Segretario di Stato, mandata in Torino il giorno 20 del passato ottobre, ebbe l'alta degnazione di annunziare la benedizione apostolica a chiunque si rendesse esecutore della nobile e santa proposta, chiamandola VOTO NAZIONALE DEGLI ITALIANI AL SACRATISSIMO CUORE DI GESÚ CRISTO.

Ed ora che preme di recare ad effetto la proposta divenuta sommamente autorevole, come anche ci torna più cara ed attraente , una cosa ci resta a desiderare , e questa è che l'Episcopato , per efficacemente promuovere il Voto nel popolo italiano, facciasi innanzi il primo. Laonde, nella speranza del bene grandissimo, saremo perdonati se osiamo di fare assegnamento sugli eccellentissimi e venerandi Arcivescovi e Vescovi della Penisola, chiedendo di averli a compagni ed a protettori. L'umile preghiera che muoviamo loro è questa : - Vediamo, infervorandoci tutti del medesimo spirito, di raccomandare ai fedeli l'offerta dell'obolo ed incaricare i molto reverendi narrochi di animarli a tal rispetto e guidarli : vediamo pure, con l'aiuto dei Comitati dei Congressi cattolici , ove questi hanno luogo , e delle altre pie società, tra le quali amiamo di ricordare quelle della Gioventù cattolica e degli Operai , di caldeggiare l'opera ed aprire, in quei modi che si reputeranno migliori, la nazionale sottoscrizione. Noi intendiamo che il prestarsi a questo atto solenne di fede e di amor divino valga il medesimo che rinnovare la consacrazione dalle nostre diocesi al divino Cuore di Gesù. -

Sul frontone del nuovo tempio di Roma , in bellissima lapide marmorea, verrà scritto il fatto delle italiane diocesi concorrenti ; terrà il campo di quella gloriosa lapide l'augusto nome e lo stemma sovrano di Leone XIII. Quella lapide , destinata a riuscire storica ed a tutti memorabile, parlerà di noi e della nostra fede infino agli ultimi nostri nepoti. L'Italia è eminentemente cattolica e tale vuol essere : tal vuol essere e farne nazionale dichiarazione in Roma. Bella idea, concetto evangelico ! Il Papa che sulla pietra del divin Cuore abbraccia come fratelli i Vescovi dell'Italia , e i Vescovi dell'Italia che abbracciano alla lor volta nelle proprie diocesi e portano ai piedi del Papa tutti i figliuoli italiani. Il Cuore di Gesù, ove noi, Padre e figli, Pastori e gregge, ci troveremo uniti, sarà il centro della comune vita. La benedizione, che il Vicario di Gesù Cristo anticipatamente ne comparte , è sicuro pegno all'Italia della benedizione di Dio.

Torino, 16 luglio 1831, festa della Beata Vergine del Carmine.

Devono obbl.mo servitore + GAETANO, Cardinale Arcivescovo.

(1) Il Conte Cesare Balbo, nipote al celebre storico di tal nome.

DOCUMENTI E SCHIARIMENTI,

Lettera dell'eminentissimo cardinale Carlo Lodorico Iacobini , segretario di Stato di Sua Santità , all'eminentissimo Arcivescovo di Torino, in riguardo alla proposta anzidetta.

EM.Mo E REv.Mo SIGNOR MIO OSS.MO,

Mi sono dato ben volentieri la cura di riferire al Santo Padre il progetto , di cui Vostra Eminenza mi tien parola nel suo foglio del 15 del corrente, e godo di significarle che esso ha incontrate la piena approvazione della Santità Sua, la quale ne benedice di cuore non solo gli autori e favoreggiatori, ma tutti altresì i pii fedeli italiani che contribuiranno con le loro offerte al designato Voto nazionale al Sacro Cuore di Gesù. Se, come non è a dubitarsi, il progetto avrà esito favorevole , resterà di questo perenne memoria nella facciata che con tali offerte si compirà nella chiesa del Sacro Cuore in questa capitale. E, prevenendola che tanto dell'approvazione del progetto , quanto della benedizione del Santo Padre agli ascritti al Voto nazionale , si può fare menzione nell'appello da pubblicarsi in proposito, mi onoro confermarle i sensi del profondo ossequio onde le bacio umilissimamente le mani.

Di Vostra Eminenza

Roma, 20 ottobre 1834

Dev.mo, obbl.mo servo vero L. Card. IACOBINI.

Signor Cardinale Alimonda Arcivescovo di Torino.

Commissione istituita in Torino sotto la presidenza dell'eminentissimo Cardinale Arcivescovo per ricevere le offerte dalle diocesi d'Italia e trasmetterle al Santo Padre.

Reverendissimo monsignor cavaliere don Luigi dei baroni Nasi, dottor collegiato, canonico della Metropolitana. - Reverendissimo monsignor Stanislao Schiapparelli, prelato domestico di Sua Santità, assistente ecclesiastico del Circolo della Gioventù Cattolica. - Reverendissimo commendatore don Augusto Berta, dottore collegiato , canonico della Congregazione della Santissima Trinità, assistente ecclesiastico delle Unioni operaie cattoliche. -- Molto reverendo signor teologo Maurizio Arpino, curato della parrocchia dei Santi Pietro e Paolo in Torino. - Illustrissimo signor conte Francesco Piancino di Piancino, presidente del Comitato regionale piemontese dei Congressi cattolici. - Illustrissimo signor barone Carlo Ricci Des Ferres. - Illustrissimo signor banchiere Giuseppe Antonio Musso, tesoriere. - Canonico Raffaele Forcheri, segretario (1).

Sul voto nazionale degli Italiani al Sacro Cuore di Gesù Cristo e sulle offerte per la costruzione della facciata alla chiesa del Sacro Cuore di Gesù in Roma in aiuto del regnante Pontefice Leone XIII che ne assunse generosamente la spesa.

I.

Culto al Sacro Cuore di Gesù. - Oggi più che mai è utile , è necessario il culto, l'onore, l'amore al Sacro Cuore di Gesù Cristo. Questo culto giova potentemente a risarcire il Figliuolo di Dio delle offese che riceve dagli uomini , e in mezzo al presente pervertimento di idee e alla corruzione dei costumi conserva il cuore umano nella fede e nella virtù, lo distacca dalla terra, e lo infiamma all'amore delle cose spirituali e celesti. A promuovere sì bella divozione in questi ultimi tempi si fondarono molle Opere pie in ossequio al Divin Cuore, si stabilirono Associazioni, si organizzarono feste, ed i Vescovi dell'orbe cattolico gli consacrarono se medesimi, i fedeli , lo diocesi con solennità memorande, persuasi essere colai divozione la più acconcia a ricondurre gli uomini a Gesù Cristo, che è via, verità e vita, e destinata a far fiorire nel mondo le virtù dei primi cristiani.

II.

Due chiese monumentali. - Tra le opere che la soavissima divozione inspirò in questi ultimi anni sono le due chiese monumentali che si stanno appunto erigendo in onore del Sacratissimo Cuore, una in Parigi e l'altra in Roma. Il tempio parigino va innalzandosi bello e sontuoso colle oblazioni dei cattolici francesi, che intendono in tal modo di dare al Nostro Signor Gesù Cristo una qualche riparazione delle empietà contro di lui commesse , e attirare sopra di sè e la loro nazione le benedizioni del cielo. Ai cattolici italiani rimane un cómpito non meno glorioso e degno della loro pietà : rimane di concorrere al compimento del nuovo tempio del Sacro-Cuore in Roma, sede di san Pietro e de' suoi successori , capitale del cristianesimo, dalla quale si spandono ognora nel mondo i vividi splendori della verità e della fede , gli ardori più cocenti della carità e dell'amore.

III.

La facciata del tempio romano. - La erezione di detta chiesa in Roma venne anni sono dal regnante Sommo Pontefice Leone XIII affidata alla sollecitudine di D. Giovanni Bosco di Torino e dei Salesiani. Il Santo Padre gli diceva : Vi affidiamo la erezione del gran tempio da consacrarsi in Roma al culto del Divin Cuore. Noi vi concorreremo col nostro censo , riserbandoci la costruzione della facciata. La nuova chiesa poggia già alto con larga fabbrica per asilo di poveri fanciulli, che vi avranno scuole diurne e serali poggia là nella regione di Castro Pretorio di fronte alle cappelle e alle scuole dei protestanti, quasi Arca Santa di rincontro a Dagon. Essa sarà monumento degno di Roma ; ma aspetta il suo compimento ; aspetta la sua facciata dal Papa, la cui spesa toccherà la somma di 200,000 lire.

IV.

Modo di venire in aiuto del Papa pel compimento dell'Opera. - Tutti sanno in quali strettezze trovisi il Capo della Chiesa ai giorni nostri, obbligato, com'è, a vivere dell'obolo della cattolicità, ed a ricorrere sovente alla carità de' suoi figliuoli onde provvedere ai grandi bisogni della Chiesa. In tale condizione di cose, come potrebbe egli mai erogare 200,000 lire per il frontespizio della chiesa del Sacro Cuore, senza togliere detta somma ad altre opere importanti , che ha tra mano, reclamate dalla necessità dei tempi, a gloria di Dio e a bene delle anime? Questo riflesso generò un'idea: l'idea d'un voto nazionale in onore del Sacro Cuore di Gesù , da eseguirsi in questo modo : Quanti sono figliuoli della credente Italia forniscano col loro obolo il necessario danaro al Santo Padre, affinchè coll'intervento di tutti costrugga egli il frontespizio dell'italiano tempio di Roma.

V.

Approvazione e benedizione del Papa. - Cotale idea sortì l'onore di penetrare nelle aule del Vaticano, e il Papa la trovò bella e commendò , anzi, per mezzo dell'em.mo suo Segretario di Stato, ebbe l'alta degnazione di annunziare la benedizione apostolica a chiunque si rendesse esecutore della santa proposta. Lo stesso Santo Padre volle poi affidare in modo particolare all'em.mo signor cardinale Gaetano Alimonda, arcivescovo di di Torino, il nobile incarico di farsi primo banditore di detta proposta, chiamandola : Voto nazionale degli Italiani al Sacro Cuore di Gesù Cristo.

VI.

I promotori. - A recare ad effetto la riferita proposta, divenuta sommamente autorevole , e a promuoverla nel popolo italiano, sono caldamente pregati : i reverendissimi Arcivescovi e Vescovi d'Italia, i sacerdoti e specialmente i parrochi , i presidenti , assistenti e membri dei Comitati dei Congressi cattolici e delle altre pie Società, i capi di collegi e di comunità religiose , i padri e le madri di famiglia, tutte insomma quelle persone dell'uno e dell'altro sesso che col consiglio e colla mano sono in grado di favorire l'importantissima impresa.

VII.

Vantaggi. - L'offerta di ognuno fatta al precitato fine è un atto di fede e di amore al divin Salvatore ; è un filiale ossequio al suo Vicario in terra ; è quale una consecrazione di se stesso al Cuore di Gesù; è mezzo efficace per ottenere tra le altre la grazia di andare preservati dai mali e flagelli che ci minacciano, specialmente dal cholèra, il quale, infierendo oggidì nella Spagna, potrebbe valicare i confini e ritornare a desolare le italiane contrade. Vantaggio pure sospiratissimo è quello della benedizione apostolica, la quale apporta sempre frutti salutari sopra quanti la ricevono. Del resto sono a tutti note le larghe promesse fatte da Gesù Cristo ai divoti del suo amatissimo Cuore. Fra le altre sono degne di ricordo le seguenti : - Io darò loro tutte le grazie di cui avranno bisogno nel proprio stato - Metterò la pace nelle loro famiglie - Li consolerò nei loro patimenti - Sarò loro rifugio in vita e specialmente nell'ora della morte - Spanderò copiose benedizioni su tutti i loro affari - I sacerdoti e gli uomini apostolici avranno l'arte di commuovere i cuori più indurati ed alle loro fatiche terrà dietro un esito mirabile - Di tutti coloro che si adopreranno a propagare questa divozione , scriverò i nomi nel mio Cuore , donde non saranno cancellati più mai.

VIII.

Avviso ai collettori ed alle collettrici. - I collettori e le collettrici per la trasmissione delle offerte e dei moduli coperti di firme si atterranno a quelle norme che saranno impartite dai rispettivi superiori ecclesiastici in ciascuna diocesi e parrocchia.

(1) La Commissione, che ha sede nel palazzo arcivescovile di Torino, andrà rendendo conto delle offerte raccolte man mano che si troverà in grado di far pervenire una somma notabile nelle auguste mani del Santo Padre. Abbisognando dei moduli di sottoscrizione, le reverendissime Curie sono pregate di farne domanda al segretario della Commissione risiedente nel palazzo arcivescovile, ed i signori parrochi alla Curia della rispettiva diocesi.

IL CARDINAL NINA.

Il giorno 3 Agosto alle ore 9 1/2 antimeridiane avea luogo nella chiesa di Maria Ausiliatrice in Torino il solenne funerale in suffragio dell'anima del Compianto Eminentissimo Cardinale Lorenzo Nina. Sua Eminenza il Cardinale Arcivescovo Gaetano Alimonda assisteva pontificalmente. Commovente riuscì il rito sia per l'apparato, come per i canti dei giovanetti dell'Oratorio, e le cinque assoluzioni intorno al feretro. Era un giusto tributo di riconoscenza che la pia società salesiana rendeva a Colui che era stato suo insigne Protettore e benefattore.

Sua Eminenza moriva in Roma domenica 26 Luglio alle ore 10 e un quarto di sera. Contava settantatré anni di età e otto di cardinalato. Fu uno dei più insigni tra i Porporati, sia per la scienza e la prudenza, sia per quell'attitudine non comune a governare ne' tristissimi tempi che corrono.

Nato in Recanati il 12 maggio 1812 da onesta e civile famiglia, fino dai primi anni mostrò ingegno precoce e diede molto a sperare. Intrapreso e seguito il corso degli studi nel seminario della sua città natale, lo compì nell'Università di Roma, ottenendovi il grado di dottore in Sacra Teologia ed in Diritto. A ventitré anni fu ordinato sacerdote.

Aveva egli in Roma uno zio, il Canonico D. Giovanni Nina, Parroco di S. Lorenzo in Damaso. Presso di lui egli visse, coadiuvandolo operosamente nella cura delle anime, e prestandosi particolarmente nell' assistere i cholerosi, quando nel 1837, il morbo infieriva in Roma; ed egli stesso contrasse il terribile male, dal quale però, la Dio mercè, fu salvo.

Fu quindi Segreto del S. Tribunale della Rota con Monsignor Di Pietro; quindi Uditore di Monsignor D'Andrea Segretario del Concilio; poscia uditore e consigliere dell'Em° Cardinal Amat; e finalmente sostituto della S. C. del Concilio, durante il quale ufficio ebbe grandissima parte nel Concordato fra la S. Sede e l'Impero d'Austria.

Nel 1867 la Santità di N. S. Papa Pio IX di s. m. dalla Basilica di S. Lorenzo in Damaso, dove Monsignor Nina era canonico, lo trasferì canonico alla Basilica di S. Pietro, elevandolo nel tempo medesimo all'alto ufficio di Assessore del S. Offizio, ove rimase fino al 1877, in cui nel Concistoro del 12 marzo venne creato Cardinale del titolo diaconale di S. Angelo in Pescheria, dal quale poi il 28 febbraio 1879 passò al titolo di Santa Maria in Trastevere e fu ascritto all'ordine dei Preti.

Avvenuta frattanto la morte del S. Padre Pio IX, il nuovo Pontefice, Leone XIII, ebbe larga fiducia nell'Em° Nina, e gliene diede chiara testimonianza, quando, alla morte del Cardinal Franchi, chiamò il Cardinal Nina all'alto ed importantissimo ufficio di Segretario di Stato nel quale ufficio, rimase per circa quattro anni.

Il compianto Porporato era al presente Prefetto della Congregazione del Concilio, della speciale per la Revisione dei Concili provinciali, e di quella della Immunità.

Faceva parte altresi delle Congregazioni ecclesiastiche della S. Romana ed Universale Inquisizione, della speciale sopra lo Stato dei Regolatori, di Propaganda, di Propaganda per gli affari di Rito Orientale, del Cerimoniale, della Lauretana, degli Affari ecclesiastici straordinari e degli Studi.

Era protettore dell'Abazia di Grottaferrata, della Congregazione Salesiana, del Monastero di S. Caterina dei Fumari, delle Oblate convittrici del Santissimo Bambino Gesù, della Confraternita del S. Sepolcro in Macerata, e di quella dell'Immacolata Concezione e S. Rocco in Norma.

Fu uomo di mente perspicacissima e d'indole oltre ogni dire mite e cortese. Generoso senza ostentazione di sorta, non rifiutò mai nè elemosine, nè consigli a chi ne lo richiese. Prova del suo ottimo cuore si è l'ultimo suo testamento, nel quale si è rammentato di tutti i suoi amici, lasciando a tutti un qualche legato, e nominando i suoi famigliari coeredi, insieme co' suoi nepoti, della sua modesta sostanza.

Ogni anno nella festa dell'Assunzione faceva un ricco ed utile dono alla Basilica di S. Maria in Trastevere; ed anche quest'anno aveva già commesso un magnifico leggio in argento e metallo dorato con emblemi e lavori di ottimo gusto, che si sta ultimando presso l'artista Pietro Paci.

Già da molto tempo la sua salute andava declinando; tuttavia la sua fine giunse quasi inaspettata. Morì dopo aver ricevuto tranquillamente tutti i conforti religiosi, assistito negli ultimi momenti della vita, dagli Illmi e Revmi Monsignori Battaglini e Petacci, e dai Reverendi Prelati Gessi, Gustavo Persiani, e Cesare Taggiasco, il quale fu suo amico fin dalla giovinezza.

La sua salma, secondo la sua ultima volontà, fu accompagnata in forma affatto privata alla Basilica di S. Maria in Trastevere da dove, dopo le cerimonie di rito, venne trasportata al Campo Verano.

FESTA DI FAMIGLIA.

Nel numero precedente del nostro Bollettino abbiamo dato una breve relazione sulla festa colla quale nell'Oratorio di S. Francesco di Sales si celebrò il nome del nostro amatissimo D. Bosco. Abbiamo pur detto, come una eletta rappresentanza degli antichi allievi dell'Oratorio nel giorno di S. Giovanni Battista , in attestato d' amore e di riconoscenza gli presentasse in dono due alti candelabri dorati a maggior decoro dell'altare di Maria Ausiliatrice. A nome di tutti leggeva un affettuosissimo discorso il Teologo Antonio Berrone.

D. Bosco secondo la consuetudine degli anni scorsi invitava a mensa con se quei cari figli, che gli ricordavano gli antichi tempi così pieni di gioie, di amore, di fatiche, e che tuttora si riproducono ogni giorno e si riproduranno sino all'ultimo istante della sua vita. Chi ama è sempre amato, e le opere di D. Bosco provano la potenza del suo amore per i giovanetti.

Stante il gran numero degli invitati, fu deciso che il giorno 26 di Luglio avrebbero preso parte al pranzo di famiglia i secolari , e il 30 dello stesso mese i sacerdoti. Furono due feste che lasceranno una memoria ìncancellabile in coloro che vi presero parte. Le agapi furono rallegrate dalla banda musicale dell'Oratorio e da un inno di effetto sorprendente musica del M. Petrella ridotta dal M. Devecchi e cantato dai giovanetti artigiani. I giovani studenti avevano eseguiti i loro magnifici canti nel giorno di S. Giovanni Battista. La musa piemontese del Prof. Direttore D. Giovanni Francesia , piena di affetto, di nuove idee, di concetti sublimi riscosse gli applausi dei convitati ; come pure la vena poetica del Sig. Gastini Carlo. Gli evviva e gli augurii di felicità a Sua Santità Leone XIII, al Cardinale Alimonda, a D. Bosco e a Mons. Cagliero risuonavano da ogni parte.

Don Bosco in sul finire prese la parola, ma fu breve per la grande spossatezza delle sue forze. Così parlò ai secolari:

« Cari miei amici. Vi ringrazio di questa dimostrazione che mi date di affetto, coll'essere venuti qui a passare breve ora in mia compagnia. Dio sia benedetto, in voi, da voi, in mezzo a voi. Dio vi conservi sempre in sanità e nella sua santa grazia. La mia vita volge al suo termine; non so se il Signore mi lascierà ancora su questa terra, sicchè, possiamo ancora altra volta trovarci in questa cara riunione. Ma se io vi precederò nell' eternità, mentre vi prego di ricordarvi di me nelle vostre orazioni , vi assicuro che non mi dimenticherò di voi nelle mie. Se il mio vivere sulla terra dovesse ancora prolungarsi per qualche anno, state sicuri che io continuerò ad amarvi e ad aiutarvi in tutto quel poco che potrò. Intanto voi ovunque andiate e siate, rammentatevi sempre che siete i figli di D. Bosco, i figli dell'Oratorio di S. Francesco di Sales. Siate veri cattolici coi sani principii e colle opere buone. Praticate fedelmente quella religione, che l'unica vera, servirà a raccoglierci tutti un giorno nella beata eternità. Felici voi se non dimenticherete mai quelle verità che io ho cercato di scolpire nei vostri cuori quando eravate giovanetti. Pregate per me che io prego per voi. Concludo coll'unirmi a voi nel mandare un Evviva al Sapientissimo Pontefice Leone XIII e un altro Evviva al Em.mo Cardinale Arcivescovo nostro Gaetano Alimonda, che ci usa tanta benevolenza. »

Ai sacerdoti poi il giorno 30 di Luglio così parlava

« Io non intendo di indirizzarvi molte parole, ma solamente desidero farvi notare una cosa importante, la quale mi raccomando riteniate sempre fissa nella memoria. Questa si è di provvedere alla deficienza del sacerdozio. Non vi dovrebbe essere sacerdote il quale non cercasse di procurare, di secondare, a costo eziandio di sacrifizii, lo spirito di vocazione in altri, per lasciarli suoi eredi e successori nel ministero di salvare le anime. In molti luoghi è troppo sensibile e con danno grande dei fedeli, la mancanza di preti. Noi colle nostre povere forze abbiamo fatto quello che abbiamo potuto per il passato, onde rimediare a questo inconveniente. Abbiamo istituito l'Opera dei giovani adulti per avviarli alla carriera ecclesiastica. Voi ricorderete che Pio IX nell'ultimo anno del suo Pontificato, benedisse la nuova Istituzione dei figli di Maria Ausiliatrice, destinata a procurare sacerdoti zelanti alla Chiesa. Questa opera è stata approvata dai Vescovi, fu applaudita da tutti coloro che intesero l' importanza del suo fine. Alcuni di coloro che sono qui presenti, debbono a questa istituzione l'essere stati insigniti della dignità sacerdotale. Voi tutti sapete quale sia l'opera dei figli di Maria Ausiliatrice. E l'opera a vantaggio dei giovani già adulti, i quali per mancanza di mezzi di fortuna, o di tempo, o impediti nei loro studi dalla leva militare, non poterono avviarsi allo stato Ecclesiastico come avrebbero desiderato ed al quale erano chiamati. Molti e molti di costoro aspettano una mano amica che li aiuti a camminare per la strada della loro vocazione. Questa mano che li deve guidare già sorse, già fu loro stesa, e fondò la sua opera secondo la mente del grande Pontefice Pio IX. Pertanto, se vi imbatterete in qualche giovane di buona volontà, non trascuratelo, ma cercate i mezzi opportuni, perchè esso possa compiere la sua carriera. E necessario provvedere la Chiesa di Missionari, di parroci , di vice-parroci : è necessario provvedere a mille bisogni grandi , urgenti che ogni giorno aumentano. Troverete più d'una volta nei vostri paesi, nelle vostre parrocchie giovani di 15, 16, 20 anni i quali non hanno ancora incominciato gli studi , eppure avrebbero vivo desiderio di studiare. Costoro o non sarebbero ricevuti nei Collegi soliti di educazione per la loro età, o essi stessi avrebbero ripugnanza ad assidersi in mezzo a tanti compagni più piccoli, o eziandio, per il poco esercizio delle loro facoltà mentali, troverebbero difficoltà enorme a intraprendere un corso regolare di studii. Costoro si rivolgeranno a voi chiedendo che gli aiutiate a farsi preti. E un fatto che si rinnova ogni giorno. Voi accoglieteli amorevolmente , incoraggiateli. Indirizzateli ove volete. Se avete luoghi adattati ove mandarli , se possono pagare la loro pensione , bene. Se non sapete ove collocarli, se non hanno mezzi sufficienti, indirizzateli a D. Bosco il quale cercherà il modo di favorirli. Procurate solamente di osservare che abbiano vocazione, e che la loro condotta manifesti come essi faranno buona riuscita. Per costoro le porte delle nostre case saranno sempre aperte.

« Ecco quanto io volevo dirvi. Sia benedetto il Signore che ancora una volta ha voluto riunirci tutti insieme. Procurate col consiglio che io vi do di accrescere i meriti del vostro sacerdotale ministero. La gloria della Chiesa è gloria nostra, la salute delle anime è il nostro interesse. tutto il bene che gli altri faranno per causa nostra, accrescerà lo splendore della nostra gloria in Paradiso. La Vergine benedetta vi protegga, Dio sia sempre con voi. »

GRAZIE DI MARIA AUSILIATRICE

I.

(Asti) Cunico, 21 luglio, 1885.

Reverendissimo Padre,

Da alcuni mesi il Signore mi volle Parroco a Cunico, paesello vicino a Cocconato e che V. S. R.m ben ricorderà come patria di Monsignor Galletti e del Teol. Monti. Da sette anni circa trovasi questo villaggio infestato dalla grandine e dalle cattive annate, e la gente è costretta a zappar la vigna e bere l'acqua, e molti ancora ad emigrare.

Li ho trovati accasciati sotto il peso della sventura ,tantoche quasi disperavano della Provvidenza. Io che ho succhiato col latte la divozione alle Nostra buona Madre Maria SS. e che da Vostra Paternità ho appreso a ricorrere a Maria Ausiliatrice in ogni occorrenza, li ho tutti esortati, anzi spinti e costretti a confidar in Maria.

Abbiamo celebrato splendidamente il mese di maggio, e alla fin del mese abbiano fatto il seguente Voto.

Promettiamo di astenerci dalla bestemmia, e di santificare le feste - Di fare una pubblica sottoscrizione di offerte a favore della Chiesa da pagarsi a rate uguali in cinque anni, mandando ogni anno la DECIMA A MARIA AUSILIATRICE in Torino, riservandoci di pubblicare la grazia dopo i cinque anni, e andando anche in corpo una rappresentanza a ringraziar Maria nel suo Santuario.

Quanto è buona Maria Ausiliatrice. Cominciò sul finir di Maggio il bel tempo e poi abbondanza di fieno, abbondanza di grano, sole e pioggia a tempo opportuno. La gente, cambiata quella prima condizione di accasciante dolore è così giuliva che dimentica delle annate scorse, canta giorno e notte le lodi di Maria, ed io ho la consolazione di non più sentire una canzone profana; ma uscendo per la campagna udir squadre intiere di mietitori cantare Solchiamo un mar infido ecc. Maria che dolce nome ecc.

Ne sia ringraziata questa buona Madre ! Ancora di questi giorni si bramava la pioggia per la meliga, fagiuoli, ecc. e una Novena a Nostra Signora, e una Messa cantata a Maria del Carmine ce la ottenne opportuna e abbondante. V. S. si degni di ratificare a nome di Maria il voto da noi fatto, e ricordarci nelle sue orazioni e in quelle dell'Oratorio.

Le prego ogni bene da Dio, e chiedendo la paterna sua benedizione, le bacio la mano e sono suo figlio

DoMENIco GRIVA Pievano

II,

Amatissimo Signor D. Rua,

Ad onore e gloria di Maria SS. Ausiliatrice la prego di far pubblicare nel Bollettino Salesiano una grazia segnalatissima, ottenuta di questi giorni ad intercessione di questa amorevolissima nostra dolce Madre; grazia tanto singolare che commosse tutta Randazzo, e convinse anche i più ritrosi che non si ricorre mai invano a Colei, che la Chiesa saluta e proclama Aiuto dei Cristiani.

Eccole il fatto. Circa due mesi addietro uno dei nostri convittori, di nome Angelo Salto da Licata, alunno della terza classe ginnasiale, giovanetto per pietà e studio esemplare, fu colto da grave malattia, che lo tenne a letto per oltre venti giorni; tuttavia, mercé le cure assidue ed affettuose del valente medico del Collegio Sig. Mariano Priolo, egli si rimise così bene che parve pienamente ristabilito in salute. Ma, o fosse il repentino cambiamento di temperatura, assai frequente in queste regioni specialmente nell'estate, ovvero il male, che sembrava al tutto scomparso, perdurasse tuttavia latente , il ragazzo ebbe una ricaduta, che in breve aggravandosi lo condusse a tale estremo, che il giorno 25 giugno , perduta la cognizione cadde in profondo letargo, interrotto tratto tratto da frequenti e terribili convulsioni, che prenunziavano il prossimo suo fine. Rimase in questo stato i giorni 26 e 27, ed i consulti tenuti da valenti medici non valsero se non a constatare la graviti del male e l' imminente pericolo. Intanto la sera del 27 sollecitati da lettere e telegrammi giungevano a Randazzo il padre e lo zio del morente giovinetto. lo mi era da poco scostato dal letto per recarmi in chiesa a confessare, non senza avere fatto prima avvertire il portinaio che, arrivando i parenti, me ne desse subito avviso. Non vi fu tempo, imperocchè il padre, conscio dello stato del figlio, entrò in collegio senza farsi annunziare, corse diffilato alla camera dell'infermo, e vedutolo in quello stato, ne uscì immediatamente gridando poi corridoi: - È morto ! È morto il mio Angelino. - In questo sovraggiunsi io, e temetti realmente che fosse allora spirato. Nondimeno mi feci coraggio, afferrai il padre pel braccio, mi sforzai di acchetarlo , rientrammo in camera, ci accostammo al letto del moribondo e gli feci constatare che il figlio era ancora in vita. Vennero subito chiamati i medici, i quali prescrissero rimedi esterni non per altro, che per prolungargli di alquante ore l'agonia; affermando essi stessi essere quistione di ore. Venuta la mezzanotte, non potendo più reggermi in piedi, imperocchè, inquieto della sorte dei ragazzo e del ritardo dei parenti non riposava da più giorni, mi ritirai in una camera attigua, lasciando ad assistere il moribondo, oltre i parenti, uno dei nostri preti insieme con l'infermiere raccomandando loro di chiamarmi se mai sopravenisse l'istante fatale. Non erano passate due ore, né aveva ancora potuto chiudere occhio, che sento bussare da due porte con tanta insistenza da farmi venire i brividi: - Presto, presto che muore adesso. - Balzo in piedi, accorro al letto dell'infermo e lo trovo con gli occhi invetrati, l'aspetto cadaverico, e col rantolo dell'agonia. Non eravi tempo a perdere; gli diedi l'ultima assoluzione, gli raccomandai l'anima a Dio poi.... poi feci quello che intendeva di fare da parecchi giorni, ma che mi era riserbato per l' ultimo istante , quando cioè esauriti tutti i mezzi umani, potesse essere a tutti manifesta la protezione e la grazia della Vergine SS. Ausiliatrice. Lo raccomandai adunque a questa buona e pietosa Madre, pregandola a volere scongiurare una tanta sventura e risparmiare ai desolati genitori un colpo terribile, che per ispeciali circostanze di famiglia avrebbe potuto avere più funeste conseguenze. Inoltre le feci voto di un triduo con comunione generale se a di Lei intercessione, l'infermo, liberato dall'imminente pericolo, avesse riacquistato la sanità. Poscia fatto inginocchiare gli astanti recitai le litanie della Beata Vergine coll' ora pro eo. Cosa incredibile e pur verissima, che tutti attestano. Appena ebbi terminata la preghiera Concede nos ecc. cessò sull'istante il rantolo dell'agonia, il polso battè meno irregolarmente, disparve dal volto il pallor della morte e l'infermo parve addormentarsi. La preghiera era stata esaudita, la grazia era fatta. Trascorsa altra mezz'ora potei con tutta sicurezza andare a riposo, e gli stessi parenti, che erano stati chiamati ad assistere al trapasso del morente, compresi essi pure di pari fiducia, entrarono a riposare nella stanza attigua. Il mattino, che fu la domenica 28 giugno, i medici constatarono tale miglioramento che non esitarono chiamarlo un miracolo. Il lunedì lo dichiararono fuori di pericolo e tre giorni dopo, questo morto risuscitato in cominciò scendere dal letto e nel giovedì seguente, mentre si faceva la chiusura del triduo, nell'istante appunto che i nostri giovanetti si accostavano alla S. Comunione, il nostro caro Angelino Salto, pienamente ristabilito in salute, partiva da Randazzo per Licata, dove giungeva la sera di quello stesso giorno dopo quattordici ore di viaggio, parte in carrozza, parte in ferrovia.

Questa inaspettata e direi improvvisa guarigione fu ritenuta da tutti un vero miracolo, ed il fatto è tanto più notorio in quanto che tutti i cittadini Randazzesi, che in questa come in altre circostanze analoghe ci diedero prove di singolarissima affezione, erano a cognizione della malattia del ragazzo e del suo stato disperato, ed unirono le loro alle preghiere dei nostri giovanetti per implorarne la guarigione.

Possa questo fatto accendere in tutti i cuori, ma più specialmente in quello dei nostri giovanetti, l'amore e la divozione alla Vergine Santissima, ed eccitarci a ricorrere con fiducia alla materna sua protezione nelle nostre necessità temporali e sopratutto nei bisogni spirituali.

Gradisca amatissimo Sig. D. Rua i nostri saluti; ci raccomandi al Signore e mi creda suo aff.mo in G. e M.

Randazzo, 10 luglio 1835

D. PIETRO GUIDAZIO

COLLEGI SALESIANI,

Le famiglie, le quali hanno figli da mettere in educazione, bramano di conoscere gli Istituti, che porgono loro comodità e sicurezza per collocarveli a suo tempo. Per la qual cosa noi diamo qui breve cenno di alcuni Collegi Salesiani in Italia, nei quali si fa quanto occorre per guarantire agli allievi moralità, scienza e sanità, e ai quali i nostri Cooperatori e Cooperatrici possono indirizzare con tranquillità di coscienza quei giovanetti, che intendessero di percorrere la carriera degli studi.

Oltre l' Oratorio di S. Francesco di Sales in Torino, l'Ospizio di S. Vincenzo de' Paoli in Sampierdarena, l'ospizio di S. Pietro in Nizza Marittima . l' ospizio della Croce in Lucca , quello di S. Paolo alla Spezia , la Colonia Agricola di Moliano Veneto, l'ospizio di Maria Immacolata a Firenze e quello di S. Benigno Canavese, vi sono i Collegi di Borgo San Martino, di Penango, di Lanzo Torinese, di Varazze, di Alassio, di Este, di Magliano-Sabino, e di Randazzo in Sicilia.

In questi Collegi l'insegnamento comprende il corso Elementare e Ginnasiale, ed è impartito da maestri e professori patentati, e secondo i programmi governativi. Nel Collegio di Alassio vi è pure il corso Liceale.

Borgo S. Martino è un paesello della Diocesi di Casale Monferrato, sulla linea di AlessandriaVercelli, con stazione a pochi passi dal Collegio.

Penango è pur esso della Diocesi Casalese, posto sopra amena collina presso Moncalvo, colla stazione propria sulla linea Asti-Mortara.

Lanzo dista dodici miglia da Torino a piè delle Alpi, e vi si va per ferrovia con più corse al giorno.

Varazze, Diocesi di Savona, trovasi sulla linea Genova-Ventimiglia, e si arriva da Genova in un'ora e mezza di ferrovia.

Alassio, Diocesi di Albenga, trovasi sulla stessa linea Genova-Ventimiglia.

Este, città del Veneto, si trova sulla linea ferroviaria di Padova-Bologna.

Magliano-Sabino, è sulla ferrovia Roma-Firenze, colla stazione a Borghetto, a due ore dalla Capitale del mondo cattolico.

Randazzo, posta sopra un ameno altipiano del monte Etna, è come un centro della rete e delle vie provinciali di Messina, Catania, Nicosia, Mistretta. La stazione ferroviaria più vicina a Randazzo è quella dì Piedimonte sulla linea MessinaCatania.

In quasi tutti questi Collegi vi sono due gradi di pensione. La prima varia da L. 35 a 40 mensili ; la seconda da L. 24 a 30.

Per avere i relativi programmi, e per le domande di accettazione bisogna dirigersi ai Direttori dei singoli Collegi, oppure al Sac. Gìovanni Bosco, via Cottolengo, n. 32, Torino.

EDUCATORII PER LE FANCIULLE.

Oltre ai mentovati collegi pei giovanetti, vi sono pure sei Educatorii per le fanciulle, il primo nella città di Chieri sotto il titolo di Santa Teresa, il. secondo in Nizza Monferrato sotto il nome della Madonna delle grazie, il terzo al Torrione di Bordighera, e il quarto, il quinto , il sesto nelle ridenti saluberrime colline circostanti l' Etna , a Bronte, a Mascali, e a Trecastagne in Sicilia, diretti dalle Suore di Maria Ausiliatrice.

Scopo di queste Case di educazione si è di dare l'insegnamento scientifico e morale in modo, che lasci nulla a desiderare per una giovanetta di onesta e cristiana famiglia, cioè arrichirne la mente di utili cognizioni, educarne il cuore a sode e cristiane virtù, addestrarla ai lavori femminili, e informarla a quei principii di civiltà, che sono richiesti dalla sua condizione.

L'insegnamento è dato da maestre legalmente approvate. Esso abbraccia le 4 classi elementari, vale a dire: corso di lingua italiana, calligrafia, aritmetica, sistema metrico, e tenuta dei libri per uso domestico. La declamazione, ed uno speciale esercizio nello stile epistolare fanno eziandio parte dell'insegnamento. Si danno pure lezioni di disegno, di lingua francese e di piano forte; ma a richiesta e a carico dei parenti delle allieve.

I lavori femminili consistono nel fare glì abiti proprii, secondo la condizione delle allieve, lavori a maglia, calze, camicie, rappezzare, soppressare, far merletto e tutti i lavori più ordinarii di una onesta famiglia.

La pensione mensile è di lire 24, e si paga a trimestri anticipati.

Le domande di accettazìone e dei programmi si possono fare alla rispettiva Direttrice, od anche al Sacerdote Don Giovanni Bosco, Superiore dell'Oratorio di S. Francesco di Sales, Torino.

La città di Nizza Monferrato è una delle principali stazioni della ferrovia tra Alessandria e Cavallermaggiore.

Quella di Chieri ha comunicazione diretta colla ferrovia Torino-Chieri, e con le linee Torino-Alessandria, Torino-Cuneo, Torino-Savona con fermata a Troffarello.

Quella di Bordighera è sullo stradale della marina che da Ventimiglia conduce a Bordighera, luogo ameno e di dolce soggiorno agli Inglesi nella rigida stagione d'inverno.

Se la cristiana educazione dei ragazzi è ai giorni nostri di massima importanza , non di minor momento si è la buona istituzione delle fanciulle. Una figlia saggiamente istruita, e cristianamente. educata riesce una benedizione, un angelo, un sostegno, una sorgente di prosperità e di pace per una famiglia. Guai invece se la giovanetta crescerà incolta ed ignorante, peggio poi se verrà guasta nelle idee e corrotta nel cuore ! Non vi è male peggiore che una donna cattiva.

Lo scopo precipuo dei Salesiani essendo quello della cristiana educazione della gioventù, noi verremmo meno ad una parte del nostro dovere, se non inculcassimo ai nostri Cooperatori e Cooperatrici di aver massima cura delle fanciulle delle proprie famiglie, e di quante altre sono in loro potere.

Perciò cogliamo di buon grado questa propizia occasione per raccomandar loro i sopraddetti Instituti di Chieri e di Nizza, di Bordighera-Torrione e ai Siciliani quello di Bronte, Mascali e Trecastagne. Se qualcuno avesse giovanette da collocare in Casa di educazione, oppure gli venisse il destro di porgere a qualche famiglia un opportuno consiglio, veda di approffittare di questi Educatorii, farà un'opera da vero Cooperatore Salesiano.

ORATORIO SALESIANO E PICCOLO SEMINARIO

dell'Immacolata in Firenze.

Fino dall'anno 1881 il Sac. Giovanni Bosco allo scopo di giovare alla gioventù maschile ha aperto un Istituto in una delle più salubri ed amene posizioni della illustre Firenze, cioè, fuori Porta alla Croce, Via Fra Giovanni Angelico n. 8.

In esso si accettano come interni due categorie di giovani

La 1a è quella degli artigiani composta di giovanetti orfani ed abbandonati, i quali, oltre la buona educazione cristiana e la necessaria istruzione nel leggere, nello scrivere nell'aritmetica e nel disegno, vengono avviati ad un'arte con cui possano, fatti adulti, campare onoratamente la vita.

La 2a categoria, ossia piccolo Seminario, è quella degli studenti, composta di giovanetti che desiderano percorrere la carriera degli studi, e che porgono speranza di vocazione allo stato ecclesiastico; a questi si da l'insegnamento Elementare e Ginnasiale in conformità dei programmi e regolamenti governativi.

Sì per gli uni che per gli altri, si usano tutte le sollecitudini perché nulla manchi di quanto può contribuire al loro profitto religioso, scientifico e sanitario.

Si accettano come esterni:

1° I giovanetti della città e dei contorni, che desiderano frequentare le Scuole Elementari.

2° Tutti inoltre i giovanetti, che per santificare e passare in onesta allegria i giorni festivi ed istruirsi nelle cose della nostra santa religione amano intervenire all'Oratorio festivo.

Condizioni per l'accettazione degli alunni interni nell' Oratorio Salesiano dell' Immacolata in Firenze.

ARTIGIANI.

Affinché un giovane sia accettato nella Casa detta : Oratorio Salesiano dell'Immacolata in Firenze come artigiano, sono necessarie le seguenti condizioni ricavate dal Regolamento dalla Casa medesima

1° Che il giovane abbia dodici anni compiuti.

2° Sia orfano di padre e madre, nè abbia fratelli o sorelle, od altri parenti che possano averne cura.

3° Totalmente povero ed abbandonato. Qualora avverandosi le altre condizioni, il giovane possedesse qualche cosa, egli dovrà portarla seco alla Casa, e sarà impiegata a suo favore, perchè non è giusto che goda la carità altrui chi può vivere del suo.

4° Che sia sano e robusto e ben disposto della persona.

5° Presenti i certificati comprovanti le condizioni suddette unitamente alla fede di nascita, battesimo, vaccinazione o sofferto vaiuolo e di buona condotta dal Parroco.

STUDENTI.

Affinché un giovanetto possa essere accettato in qualità di studente è necessario:

1° Abbia compiuto gli anni otto di età.

2° Sia in modo speciale commendevole per la sua morale condotta.

3° Sia sano, robusto e ben disposto della persona.

4° Si presentino i certificati di battesimo, vaccinazione o sofferto vaiuolo e di sana costituzione fisica.

5° Riguardo alle condizioni di interesse si tratterà appositamente secondo i casi.

NB. Chi raccomanda un giovane all'Oratorio, nel consegnarlo deve lasciar dichiarazione di ritirarlo, qualora per qualsiasi causa non potesse continuare a rimanervi.

Condizioni per l'accettazione degli alunni esterni nell'Oratorio Salesiano dell'Immacolata in Firenze, Via Fra Giovanni Angelico, n. 8.

Per la Scuola.

1° Abbiano compiuto gli anni 6 di età.

2° Presentino i certificati di nascita e battesimo, di vacinazione o sofferto vaiuolo e di buona condotta dal Parroco.

3° Non siano stati espulsi da altre scuole.

4° Si sottomettano all'intiera disciplina scolastica e religiosa dell'Istituto ed intervengano assiduamente all'Oratorio festivo.

5° Per i poveri la scuola è gratuita.

6° Pei più poveri si somministrano gratuitamente i libri scolastici, quaderni, ecc.

7° Per chi ne avesse necessità si dà anche la minestra a mezzo giorno.

8° L'ingresso all' Istituto è dalle 8 1/2 alle 9 ant. L'uscita è alle ore 11 1/2, e nel pomeriggio l'ingresso è alle 1 1/2 e l'uscita alle 4. Chi per la distanza, od altre ragioni, avesse bisogno di rimanere nell' Istituto eziandio nelle ore libere , avrebbe la necessaria assistenza.

Per l'Oratorio festivo.

1° Devono farsi inscrivere regolarmente.

2° Intervenire all'Oratorio non più tardi delle ore 9 la mattina e delle 2 1/2 dopo il mezzodì.

3° A chi si trattiene tutta la festa nell'Istituto si dà la minestra se ne abbisogna.

4° Ai più diligenti nell'intervenire all'Oratorio festivo, si fanno a quando a quando regali di oggetti di vestiario, scarpe, libri di devozìone o di buone letture ecc.

SUOR RITA MARIANNA MARCHETTI.

In quest'anno nel mese di febbraio l'Oratorio dì Lucca subiva una gran perdita nella persona di Suor Rita Marianna Marchetti Monaca Agostiniana, zelante Cooperatrice Salesiana. Ella fu, si può dire, la prima e principale benefattrice di questo nostro Ospizio, quella che più di tutti lo aiutò nel suo impianto coll'ammirabile sua carità. Essendo Superiora e Vicaria del suo nobile Convento, cercava per quanto poteva di animare non solo nel cuore degli altri l'amore ai figli di D. Bosco, ma conoscendo quanto versassero in quei giorni nell'indigenza, venivali soccorrendo in varie guise. Mancavamo allora di tutto, perfino di letti per dormire e di alimento necessario pel sostentamento della vita: tutto confidavamo nella divina Provvidenza, come ci esortò il nostro caro Padre D. Bosco mandandoci in questa città, e nella bontà dei Cooperatori. E questa buona Madre ci provvide di alcuni letti, di biancheria, di molti arredi sacri per la nostra misera chiesa, e per più di un anno ci continuò a mandare ogni giorno pane e minestra, e spesso anche companatico e vino. Crescendo poi la nostra famiglia fu d'uopo la minestra farla in casa, ed allora la caritatevole Monaca non tralasciava di mandarci di quando in quando ora paste, riso, legumi, ecc., ora vino, verdura, frutta, ecc. L'industriosa sua carità trovava modo di aggiustare e ripulire la nostra biancheria, di fare calze per noi e pei nostri poveri ragazzi. In una parola ci fece proprio da madre finché visse.

Ella morì nell'età di ottant'anni avendone vissuti sessanta nella religione. Fu sempre pia, intemerata, grata a tutti colle sue dolci maniere, caritatevole coi poverelli, privandosi perfino del necessario pel loro sostentamento. Amante del divin culto lavorava indefessamente per le chiese povere e donava arredi sacri, pianete, biancheria, ecc. Amata da Dio e dagli uomini, ricca di meriti, l'anima sua bella, purgata nella tribolazione di lunga malattia, spiccava il volo al Cielo, lasciando sulla terra imperitura memoria di sè.

Oh! quanta belle virtù si trovano in molte anime semplici e dimenticate! Ma Dio le vede, ed a suo tempo le svelerà all'universo e le premierà largamente!

Noi intanto ci dobbiamo mostrare riconoscenti a tanta bontà. Non abbiamo però parole atte ad esprimere questa nostra profonda riconoscenza, né penna abbastanza abile per celebrare le sue eroiche virtù. Nulla possediamo fuorché un cuore per pregarle da Dio ogni benedizione e abbiamo offerte Messe e Comunioni pel riposo dell'anima sua. Tuttavia ciò non basta. Una dolorosa necessità ora preme le religiose da lei così santamente governate e tanto amate.

Abbiamo appreso con nostro vivo dolore, come detto Convento Agostiniano versi in gravi bisogni. Colpito già da vari anni dalla legge di soppressione, ora, per non essere più rimaste la monache antiche in numero prescritto dalla legge dovranno presto sloggiare dal loro caro asilo, e ritirarsi non sanno ancora esse dove. Lo raccomandiamo perciò alle preghiere ed alla carità di tutti i buoni, specialmente Lucchesi, affinché esse possano tosto trovare un'altra casa e così continuare a fare del bene al prossimo.

Sac. M. BORGATELLO

IL SENATORE AUGUSTO VERA o la libertà di morire cristianamente.

Alcuni giornali della rivoluzione si mostrarono turbati per l'annunzio della morte cristiana del senatore Augusto Vera, professore di filosofia nell'Università di Napoli. Noi pubblichiamo più avanti la relazione che dà la Discussione, giornale di quella città, intorno alla visita fatta all'illustre defunto dall'eminentissimo cardinale arcivescovo Guglielmo Sanfelice. Qui notiamo che quei giornali offendono la giustizia e si palesano lontani da quel sentimento, non diremo di carità , ma di filantropia, di cui si millantano tanto seguaci.

« Omai i nostri lettori sanno chi sia stato Augusto Vera : una splendida intelligenza, fuorviata ne' suoi studi intorno alla ricerca della verità. Questa gli balenò prima di morire , ed egli l'accolse con trasporto , trovando nella scienza del Crocifisso quel che avea indarno cercato nei poderosi volumi della filosofia germanica. Nato in Amelia nell'Umbria nel 1513, esordi la sua carriera letteraria in Francia , e fin dai primi anni del suo soggiorno in quella, si fe' conoscere per famigliarissimo nelle dottrine di Hegel, associandosi, come nota il P. Previti, nel dotto suo libro

Sulla decadenza del pensiero italiano , con Bertrando Spaventa, un ex-prete delle provincie napoletane, « nell'integrare l'opera della trasformazione del pensiero italiano in tedesco. »

» Fu un periodo doloroso e assai lungo questo nella storia della filosofia italiana. Vincenzo Gioberti alzava la voce contro il germanismo filosofico dello Spaventa, lodava i Tedeschi pei « meriti in molte parti del sapere » ma proseguiva così « Aggiungo francamente che non credo i Tedeschi in grado di essere i maestri di religione e di filosofia. E ciò perché non hanno più né l'una, né l'altra. Essi hanno perdute le loro religiose credenze in virtù della logica , e per lo medesimo fatto hanno ridotto la filosofia allo stato in cui si vede al presente. La filosofia non é possibile se non é fondata e presidiata dalla religione ; questa è la base, quello il tetto dell'edifizio. Lutero colla sua ribellione spiantò le fondamenta. » Gioberti era l'uomo delle grandi contraddizioni, e, dopo d'aver scritto queste parole, si adoperò per bene ad inoculare egli stesso in Italia il veleno delle dottrine tedesche.

» In questa propagazione delle dottrine di Hegel, il Vera fu di un fanatismo incredibile. La rivoluzione trionfante nel 1800 nella penisola lo chiamò in Italia, e Terenzio Mamiani, ministro dell'istruzione pubblica , gli affidava una cattedra di filosofia nell'Accademia filosofico-letteraria di Milano, e nell'anno successivo era trasferito a Napoli, dove per cinque lustri non scrisse un libro, non dettò un articolo, non profferì una parola , che non avesse per argomento Hegel. La rivoluzione lo volle in Italia per distruggere, non per edificare ; per avvelenare, non per premunire dalle seduzioni dei modernì sofisti l' incauta gioventù. E il Vera la servì fedelmente, e da lui è da ripetere quell'inondazione di filosofia hegeliana che invase i nostri licei e le nostre scuole.

» Ma in morte a che servono gli arzigogoli su cui poggia la dottrina del filosofo di Stuttgard? Sono note le belle parole che Teodoro Jouffroy scrisse in lode del Catechismo cattolico , là dove dimostra che il piccolo libriccino, da noi studiato nei primi aiuti della nostra vita intellettuale, risponde a certe domande, innanzi alle quali ammutolisce la filosofia più ardita dei secolo. E questa insufficienza della scienza umana in prossimità dell'eternità fu sentita da Augusto Vera , il quale confessava al cardinale Sanfelice la sua ignoranza nell'ordine sovrannaturale. E perchè egli accolse amichevolmente l'annunzio della vera scienza che s'innesta sulla dottrina cattolica , che fa capo al Verbo fatto carne, ed umiliò l' intelletto al Crocifisso, si va gridando all'intolleranza, e si ripetono viete declamazioni e antiche calunnie ! Ma codesti giornali non badano che essi, patrocinatori quanto mai zelanti della più sconfinata libertà, si contraddicono: dopo d'aver lasciato all'uomo ogni più ampia facoltà nel corrompere l'ingegno e il cuore, gli negano la libertà di migliorare se stesso.

» Discuta altri se sia giusta la libertà accordata all'errore, la libertà di propagarlo, ma il concetto di libertà involge quella di determinare la propria scelta fra due cose pur contrarie. Ma la Rivoluzione è acciecata dall'odio contro la Chiesa e contro Dio: e, dopo d' aver esaltato l' uomo fino al disprezzo di Die, quest'uomo medesimo riduce in condizione inferiore a quella in cui lo pose Dio , suo Creatore e Redentore. Epperciò , dopo aver insegnato libertà in ogni guisa , la Rivoluzione nega all'uomo la libertà, che altamente l' onora, di ricredersi ne' suoi giudizi, di rinunziare gli antichì errori , di professare la dottrina della verità, confermata dalla Rivoluzione, proposta dalla Chiesa, di vivere e morire cristianamente. Davvero non si potrebbe immaginare tirannia peggiore.

» E in questa sua crociata contro la libertà del morire cristiano la Rivoluzione fa opera disumana e crudele. Quando vengono meno le illusioni della vita , e si comincia a conoscere le cose per quel che valgono, i giudizi del mondo ci sembrano lontani dal soddisfarci. E perché togliere all' anima le supreme consolazioni della vita cristiana, e anche quella di rinnegare gli errori passati , rendendo omaggio a Dio, che è infinita verità e giustizia? Oh ! la Rivoluzione è ingiusta e crudele ! Per noi, ora che la tomba si schiuse per Augusto Vera, non vogliamo più ricordarci del male arrecato alla nostra gioventù co' suoi insegnamenti , del torto arrecato alla Chiesa , nel cui seno era nato , e della quale durante quarant' anni parve ignorare le dottrine e le leggi : dell' offesa alla patria nostra, di cui trascurò le antiche tradizioni cattoliche e scientifiche. Ma ci è caro ricordare come ritrattasse i suoi errori, e morisse pieno di fiducia nella divina misericordia. Dio volesse che quanti lo seguirono nelle aberrazioni lo imitassero nel ritorno alla verità.» Così l' Unità Cattolica.

AUGUSTO VERA

E IL CARDINALE ARCIVESCOVO DI NAPOLI.

« Come ci addoloriamo profondamente , scrive la Discussione di Napoli, nel conoscere la fine infelice di tanti, che ostinatamente, dopo una vita di allontanamento da Dio e di odio alla Chiesa , chiudono i loro giorni confermati nell' errore e nell'apostasia, altrettanto ci consoliamo per quelli che, quantunque abusando dei doni loro concessi da Dio, han portato molto danno specialmente alla gioventù coi loro scritti e con la loro cattiva vita, pure hanno avuto la sorte di chiudere i loro giorni con un atto di sincero ritorno a Dio.

» Questo possiamo con gran contento del nostro animo registrare sul conto del commendatore Augusto Vera, professore nella nostra Università. E risaputo chi fosse quest'uomo, e come per le sue idee antireligiose ed avverse ai Papato , avesse riscosso il plauso e l'ammirazione di quanti fanno loro gloria tener mano a questa infelice e disperata guerra; e pure ogni motivo induce a credere ch'egli ora sia addormentato nel sonno dei giusti, rendendo vani gli sforzi che fino all' ultimo ha fatto il nemico d'ogni bene per averne pieno possesso. I nostri lettori ci sapranno grado se saremo un po' diffusi in particolari, la cui verità possiamo loro assicurare , avendoli conosciuti da testimoni oculari e degni di ogni fede.

» Da più tempo il cennato professore aveva contratto una grave malattia allo stomaco, e nel corso di essa, che è stata di circa 6 mesi, non ha voluto neppure sentire parola di religione e di sacerdoti , respingendoli da lui e non ammettendo altri presso il suo letto oltre il medico ed un fido discepolo; ed anche il parroco di S. Giorgio a Cremano , dov' egli era per curarsi , inutilmente tentò di essere introdotto a lui. Intanto il Signore voleva trionfare della durezza di quest'uomo, ed ecco quali mezzi dispone nella sua altissima sapienza. Per più notti egli, che ebbe sempre in abborrimento i preti, sognò Cardinali e Vescovi , e destandosi sotto queste impressioni, a chi lo avvicinava era tutto in ripetere: - dove sono questi miei fratelli Vescovi e Cardinali ? Fateli venire a me, che io stringa loro la mano. - Così stavano le cose, quando la mattina del giorno 8 corrente si presentò al palazzo arcivescovile un operaio sconosciuto narrando ogni cosa e come l'infermo non desistesse dal ripetere quelle parole , quantunque fino a pochi giorni prima avesse costantemente rifiutato ogni presenza di sacerdote.

» A tale annunzio l' Eminentissimo , lasciando le sue gravi occupazioni e nulla curando i riguardi di prudenza che lo consigliassero ad accertarsi della serietà della cosa che gli veniva semplicemente annunziata da uno del popolo, ed intento solo al bene di quell'anima, subito mosse per San Giorgio a Cremano al palazzo del Principe di Casapenne, dove trovavasi l' infermo. E, fatto dapprima interrogare il professore da persone di famiglia se veramente desiderassero vederlo, questi fe' conoscere che ne aveva gran piacere. Entrato nella stanza, l' Eminentissimo, affabilmente sorridendo, lo salutò e porsegli la mano, dicendo essere accorso al suo desiderio. E volendo l'infermo ringraziare il cennato Eminentissimo per l' onore che facevagli di tal visita, questi soggiunse : - Son venuto a bella posta ed a quest' ora (le 12 meridiane) lasciando tutto, perché da voi chiamato. - Dell' Eminenza Vostra , riprese il professore, molto si è parlato, ed io ho piacere di conversare con voi : amo Dio ed il prossimo, ma al Papato ho nutrito sempre forte avversione ; ho studiato molto ; ma in questo momento mi sento essere un niente: mi rassegno ai giudizi di Dio. -

» - Siete voi cattolico ? soggiunse l' Eminentissimo. - Ed alle affermazioni dategli da lui, - ebbene , disse , giacchè avete chiamato presso il vostro letto l'Arcivescovo, che è vostro Pastore, e vi professate cattolico , e mi avveggo che nel cuore avete sentimento religioso e siete dotato di forte ingegno, non potete negare innanzi tutto che la Chiesa è guidata da una mano invisibile, che è quel Dio cui voi dite di amare, il quale la governa per i suoi rappresentanti in terra , a capo dei quali è il Papa che voi abborrite. Per la qual cosa dovete d'ora innanzi mostrare sinceramente che siete cattolico sia nella venerazione ed obbedienza al Vicario di Gesù Cristo, sia nell'adempimento dei vostri doveri come cattolico, tra i quali, la preghiera, la confessione, la comunione, l'ascoltare la messa e dare esempio a tutti di queste opere di pietà. - Ma io vorrei, ripigliava il professore , che i cattolici fossero più spirituali. - E voi siete così? - domandò il Cardinale , cui egli rispose : - No! - Ebbene, non riprendete negli altri quella mancanza che sentite anche in voi, e piuttosto che perdervi in inutili quistioni, che più vi angustiano l' animo , riconoscete che tutti innanzi a Dio siamo vermi di terra, e cattivando la vostra intelligenza nell' ossequio alla fede, studiatevi con un sincero atto di confidenza e sottomissione a Dio mostrarvi figlio devoto della Santa Madre Chiesa , e così avrete quella pace che finora non avete provato e che io son venuto a portare nel vostro animo. E siate pur certo che tale sentimento mi anima in quest'ora per voi che volentieri vorrei sopra di me cotesta vostra infermità per liberarvene. -

» A queste parole l'infermo fu scosso, e, mentre l'Eminentissimo aveva nelle mani una piccola teca, che conservava il legno della Santa Croce , egli con sincera divozione la prese , la accostò alla fronte, e divotamente la baciò. Anzi, a testimoniare quanta confidenza avesse già riposta nell'Eminentissimo, siccome gli fu apprestato del latte con neve, egli desiderava farne gustare nei suo stesso bicchiere al Cardinale come per refrigerarlo. Finalmente l' Eminentissimo , già contento del trionfo pieno che la grazia di Dio aveva portato su quell'anima, volle congedarsi da lui, scusandosi se, per le gravi occupazioni della diocesi, non poteva più restare; gli promise per altro che sarebbe tornato a visitarlo, e che frattanto avrebbe mandato presso di lui un sacerdote, suo rappresentante ; e l' infermo , dicendosene soddisfatto , diede all'Eminentissimo le più larghe assicurazioni che col detto sacerdote avrebbe compiuti tutti i doveri di buon cattolico. Questa conversazione di circa un'ora, avuta con l'Eminentissimo, fu tanto gradita all'infermo, che egli stesso lo asserì ripetute volte alle persone che l'assistevano, le quali assicurano d'aver trovato il senatore Vera ilare, confortato e soddisfattissimo, ad onta del fiero morbo che lo tormentava.

Nelle ore pomeridiane dello stesso giorno l'Eminentissimo mandò presso l'infermo il sacerdote D. Salvatore Borelli, che ne ascoltò la sacramentale confessione, dopo la quale il professore , innanzi a due persone a ciò delegate , fece ampia ritrattazione di quanto avesse creduto o scritto contro la Chiesa ed il Sommo Pontefice, ricevendo poi il SS. Viatico e l'estrema unzione con edificante fervore, e mostrando tutto il suo piacere che restasse presso il suo letto il sacerdote.

La mattina del giorno 10 l'Eminentissimo gli mandò un altro sacerdote per portargli la benedizione, ch'egli, sempre con piena intelligenza e dominio di sè, ricevette con grande conforto, sentendosi anche per qualche poco rianimato. La sera poi del detto giorno volle l'Eminentissimo mantenere la datagli promessa di visitarlo di nuovo: lo trovò quasi agonizzante, dissegli parole di conforto, recitò le Litanie della Vergine e diedegli l'ultima benedizione; l'infermo però era sempre in sè, comprendeva tutto e dava segni di risposta. Finalmente, dopo lunga e penosa agonia, egli si è addormentato nel bacio del Signore alle ore 6 ant. di oggi. I nostri lettori, commossi por questo nuovo trionfo della grazia di Dio , abbiano una prece per l'eterno riposo di quell'anima benedetta».

LA RITRATTAZIONE DEL SENATORE AUGUSTO VERA.

Dalla stessa Discussione di Napoli togliamo la relazione che degli ultimi giorni e momenti del prof. senatore Augusto Vera pubblicò il prevosto

Salvatore Borelli , che gli amministrò i SS. Sacramenti, e lo assistè fino agli estremi.

« Stetti più che due ore accosto al suo letto , dice il degno sacerdote , ed il professore fece la sua confessione; ricevette la sera medesima i conforti della nostra religione , e molti ceri e fuochi di bengala accompagnavano il Viatico, aventi tutti, e nobili, e plebei, la gioia stampata sul viso. Fu sofferentissimo ma sempre calmo. Nella prima delle quattro notti che stetti accanto al suo letto disse con voce forte e chiara: Il Rettore m' ha fatto fare la comunione , ha fatto bene , ha fatto bene. La marchesa Ruffo ed il cav. Rodoero furono testimoni della sua ritrattazione, e, tra la commozione, tenere lagrime calarono dai loro occhi, quando intesero che abiurava quanto aveva potuto dire di erroneo , vuoi a viva voce, vuoi con l'organo della stampa.

» Un uomo dotto, come il Vera, voleva essere trattato col distillato della carità e della gentilezza insieme ; ebbene , quando sentiva dal mio labbro: Commendatore, non le arreco noia, se sì assiduamente mi prendo pensiero della sua salute non pure corporale, ma spirituale ancora? Rispondevami : Che vogliono dire queste parole? mai noia, mai noia : dica pure : dica... Gli donai un crocifisso avente indulgenze papali , e quando gli dicevo che Cristo crocifisso è il nostro conforto , il nostro' aiuto, la consolazione nostra, e lo invitava ad imprimere un bacio su quel legno vivifico, se ne lasciava cadere dal labbro a dozzine.

» Altra fiata lo esortava ad offrire a Gesù Cristo tutti i suoi patimenti, e ciò per compiacergli, è vero, ma molto più per potersi sdebitare dinanzi a Lui; ed egli mi rispondeva : « Come no, come no : con la grazia del Padre del Figliuolo e dello Spirito Santo tutto si fa ». Accetta la morte, gli domandava sovente, dalle mani di Dio?

» Vorrei vivere un altro anno, diceva, ma son contento che si faccia quel che Dio vuole.

» In mezzo a tanto patire, da me domandato: Come si sente, commendatore : Non c'è male, diceva, non c'è male - Fa sempre la volontà di Dio benedetto? E perchè no, era la risposta. In cinque giorni e quattro notti che stetti vicino al suo letto, non mai un risentimento : sempre calmo, sempre rassegnato. Tra le preghiere frequenti e ferventi che per lui si volgevano a Gesù benedetto , a Colei che è il rifugio dei peccatori , a S. Giuseppe e ad altri santi , soventi fiate si vedevano lagrimare i circostanti per la gioia di veder tornato al seno della Chiesa chi n'era troppo lontano. Tempestato di domande quando mi vedevano un momento in chiesa, o fuori la camera del morente, se l'infermo fosse calmo, se le cose procedevano per bene; e da me rassicurati del trionfo della grazia, non pochi emettevano sospiri di cristiana consolazione.

» A tarda sera domenica gli suggerii altri sentimenti; mi rispose conforme al solito, ed impresse ancora una buona volta altri parecchi baci al Crocefisso. Il Signore mi dette dolcezze e maniere gentili, ed io le profusi tutte a suo bene spirituale, gli parlai al giovedì della divozione alla Vergine del Carmine , e al dì seguente , 20 del corrente, volle essere aggregato allo scapolare di Maria, e questa veste di salute tenne al collo insino a morte. Nell'ultima notte, che fu quella di domenica, soffrì rassegnato, sempre in pace, sempre in calma.

» Per varie ore un gemito continuo annunziava il suo grande patire. Sul farsi del giorno di lunedì quel lamentarsi dette giù, cominciai le confortanti preghiere della Chiesa, e alle ore 6 del mattino rendette l'anima a Dio. »

VICTOR HUGO MORTO CATTOLICO. (Dalla Campana del Mezzodì del 18 giugno).

La Massoneria ha dato nelle sue cento trombe ed ha messo in iscompiglio mezza Europa, buccinando in trionfo che Victor Hugo è morto rifiutando i Sacramenti della Chiesa.

La meraviglia in noi fu pari al cordoglio , al pensiero che quel potente ingegno, seguito avesse una via diversa da tutti i veri grandi uomini nelle arti, nelle lettere, nello scienze ; dappoichè, se in vita, perchè vittima delle passioni, non curarono e forse osteggiarono la fede , che allegrò i lor sorrisi infantili, i giuochi della puerizia e le rose dell'adolescenza, essi poi o nell'età matura o sul gran passo dell'eternità disdissero i loro errori, piansero le loro colpe ed invocarono i conforti del sacerdozio.

La Chiesa cattolica va adorna a milioni di si bei trionfi.

Ed il povero Victor Hugo ?

Avrebb'egli realmente sloggiato da questa valle di lagrime nell'impenitenza finale

Niuno meglio del troppo celebre prof. Vulpian, che l'ha curato e assistite, fino agli estremi, può darcene genuino ragguaglio.

La parola di quest'uomo insigne val più di tutti i giornalettacci venduti alle sétte.

E che dic'egli?

Dice aver egli udito l'illustre poeta nella sua ultima malattia implorare a grande istanza i soccorsi sacerdotali.

E chi gli tolse questa consolazione!

La disumana ed empia congrega dei suoi parenti, che ne circondavano il letto ferale.

Qual lezione terribile a non fidarci neppur dei congiunti sugli estremi momenti! qual solenne smentita a tutti gli organi della menzogna !

Invocando il prete, egli morì da cattolico e e non da bestia come tanti pigmei dell'epoca.

Esaltiamo la divina misericordia. Il suo desiderio non sarà rimasto deluso.

VARIETÀ.

I

SOLDATI CATTOLICI E IL GOVERNO TEDESCO Estratto dall'Unità Cattolica (10 Luglio 1335).

Scrivono da Metz : « Sabbato cinquanta soldati tedeschi, condotti dai loro capi, ricevevano il Sacramento della Cresima , nella nostra Cattedrale dalle mani di monsignor Vescovo di Sion, coadiutore di Metz Oltre all' assistere che fanno alla messa nelle feste, i soldati tedeschi cattolici, tutti gli anni in numero di sei mila all' incirca , compiono nella Cattedrale il dovere pasquale. Dapprima credetti lo facessero per obbligo , ma mi disingannai. L'autorità militare dà soltanto ai soldati tutto il comodo e la facilità, e quel tanto di esenzione dal servizio che è richiesto, perchè possano accostarsi ai Santi Sacramenti. Ma nessuno li costringe. Anzi mi dicono che il Cappellano militare, nell'allocuzione che fa prima di procedere alle confessioni , finisce col dire : - Coloro che non sono tocchi dalla grazia, possono ritirarsi - Pochissimi se ne vanno. - Io traversai un giorno la Cattedrale nel tempo pasquale. Vi erano circa quaranta soldati che si preparavano alla Santa Comunione. Io rincasi edificato del loro contegno veramente divoto. Nelle caserme tedesche poi è severamente vietato di discutere di cose religiose, sicchè vi sono dei soldati cattolici soli affatto in mezzo ad un camerone di soldati protestanti , e possono compiere i loro doveri religiosi , anche apertamente , senza che vi sia pericolo ricevano molestia dai compagni , neppure con una parola sgradevole.

II. PROFANAZIONE E CASTIGO.

Scrivono da Livorno al Diritto Cattolico: 9 luglio 1885.

« L' altra sera rappresentandosi al teatro una tale empia e sacrilega produzione , in cui nientemeno era posta sulla scena la SS. Vergine dei dolori , la prima attrice fu colta da gravissimo male e la rappresentazione dovette sospendersi. I profani diranno che sono casi : noi e tutti i cattolici li appelliamo castighi di Dio! »

BIBLIOGRAFIA

Bellezze e gioie cristiane. - Pensieri ed Affetti pel Pr. Luigi Bottaro. Parte 3', GLORIE CRISTIANE. Sampierdarena, Tipografia San Vincenzo, Libreria Salesiana a Torino e presso i principali Librài. - Prezzo Cent. 50.

Questa terza parte è degno compimento del bellissimo libro - Bellezze e gioie cristiane;-- che già abbiamo annunziato ai nostri lettori. E difficile il trovar libri che in così piccol volume sappiano riunire tanti alti e nobili pensieri di fede, tanti amorosi affetti di cristiana pietà, ed ornarli di imagini così dolci e care, d'uno stile così attrattivo e seducente che è impossibile il sospenderne la lettura quando si è incominciata. Questa terza parte poi più ancora delle altre è atta a richiamare a pensieri e a vita di fede le anime dubbiose o sedotte dagli errori del tempo, onde sarà bell'opera cristiana il procurarne loro la lettura.

Dello stesso autore: Pensieri e Consigli. Varietà morali. - Prezzo Cent. 50.

È un altro bel libro uscito contemporaneamente al precedente dai nostri torchi di San Pier d'Arena, bello e utilissimo al pari di tutti quelli che escono dalla penna del chiaro e simpatico autore. Sotto forme svariatissime e sempre attraenti di lettere, di dialoghi, di esempi, di note e di racconti, conchiude sempre a dimostrare quella gran verità non abbastanaza inculcata, la necessità che ha il mondo di fede e di virtù. Fede e virtù sorgenti d'ogni bene nell' uomo, fede e virtù il cui indebolimento è la causa di tutti i mali del mondo.

PIETRO O LA FORZA DELLA BUONA EDUCAZIONE

pel Sacerdote D. GIOVANNI BOSCO. (Dagli Annali degli Avvocati di San Pietro).

Parlare del Sacerdote D. Bosco è ricordare un nonne ammirato dall' intiera Europa per la sua rara pietà e per l'amore ardentissimo che porta massime alla gioventù a pro della quale ha dato in luce utilissimi lavori. In quello che or ora ha veduto la luce in Torino alla tipografia e libreria Salesiana coi titolo di Pietro o la forza della Buona Educazione l'autore si è proposto di dimostrare la potenza che esercita nella vita operaia, sia nelle officine, sia in società, sia nell'esercito e fra i campi di battaglia, la buona ed accorta educazione data da una prudente madre cristiana la quale pone a capo dell'educare la prole l'istruzione religiosa.

Si vende alla Libreria Salesiana di Torino al prezzo di lire 0,20.