ANNO V. N. 9. Esce una volta al mese SETTEMBRE 1881
Direzione nell' Oratorio Salesiano. - Via. Cottolengo N. 32, TORINO
SOMMARIO - Il giudizio di Salomone - L'Istruzione religiosa alla gioventù non va data a salti - La Religione nelle scuole in Prussia - Collegi Salesiani - Educatorii per le fanciulle - Non impedite le vocazioni -Offerte per la chiesa del S. Cuore -Grazie del Sacro Cuore di Gesù - Sfoghi d'amore sul sepolcro di Pio IX - Il giorno dell' Assunta - Dalla Patagonia - D. Bosco e l'Unione Cattolica Operaia di Nizza Monferrato - Festa nella nuova chiesa di Spezia - Suor Maria Mazzarello - Un gregge incontro al suo Pastore - Ginnetta e Claudina - I sette dolori di M. Vergine - Dono di un Sacerdote Vicentino - Storia dell' Oratorio di S. Francesco di Sales - Indulgenze speciali pii Cooperatori Salesiani.
Era da poco tempo salito sul trono di Davide, suo padre, il giovane re Salomone, quando un giorno, a scoprire il vero, gli occorse di pronunziare una strana sentenza. Una desolata donna gli si presentò, accusando una sua vicina di averle tolto di notte il bambino vivo dal fianco, e postole invece il proprio soffocato. Gli domandava quindi e lo pregava che le rendesse giustizia e glielo facesse restituire. L' altra alla sua volta gridava alla menzogna e alla calunnia, e strepitava. A prima vista pareva che avessero ragione ambedue , quantunque in verità una sola averla potesse. Allora il giovane principe, per venire in chiaro del vero, che fece ? - Poiché le prove mi paiono eguali,', disse , qua una spada; si divida in due parti questo bimbo, e se ne dia una a ciascuna donna. - A queste parole la vera madre si sente straziare il cuore, e gettatasi ai piedi del re - No, principe, no per pietà, esclama lagrimando : piuttosto di dividerlo , datelo pure tutto intero a costei , perchè mi è mille volte più caro vederlo vivo in mano altrui, che ucciso in mano mia. - La rivale invece ripeteva Si divida, si divida pure, e non sia nè mio nè suo. - La voce della natura si era fatta udire; la verità era scoperta. Salomone guarda allora con occhio di sdegno la finta madre, - e rendi a costei, dice, quel bimbo, perchè egli è suo (III. Reg. 3).
Oggidì due altre madri si contendono i fanciulli, la vera e la finta madre, la Chiesa e la rivoluzione. Costei pur troppo or colle mene, ed or colle violenze è riuscita in più luoghi a strappare la gioventù dalle braccia della Chiesa; è riuscita ad impedire questa madre amorosa dallo istruire nelle scuole, educare e crescere per Dio i figli suoi. L'ipocrita madre facesse almeno con essi le parti della madre vera; loro impartisse almeno una educazione compiuta ed atta a renderli felici; ma no. Quale matrigna snaturata ella divide i fanciulli a mezzo ; ne coltiva in parte la mente , ma ne trascura il cuore ; briga per farli scienziati, ma non per farli virtuosi; li addestra a procurarsi i beni fugaci della vita presente, ma loro punto non addita i mezzi per giungere al possesso dei beni veraci della vita futura. Così essa divide queste creature innocenti , e le uccide, se non nel corpo, nell'anima immancabilmente.
Il nostro Santissimo Padre Leone XIII nella stupenda lettera, che fin dal 26 giugno 1878 scriveva all'Eminentissimo Cardinale Vicario intorno alla educazione dei fanciulli, disapprova altamente questa divisione; la disapprova siccome contraria alla natura ed alla destinazione dell' uomo; la disapprova ancora siccome nociva alla civile società. - « Non si può a nessun patto , Egli dice , non si può rinnovare sopra il fanciullo il giudizio di Salomone, e dimezzarlo con un taglio irragionevole e crudele tra la sua intelligenza e la volontà; ma mentre si prende a coltivare la prima fa d'uopo avviare la seconda al conseguimento degli abiti virtuosi, e dell' ultimo fine. Chi nella educazione , soggiunge il Papa , chi nella educazione tralascia la volontà, concentrando tutti gli sforzi alla cultura della mente , giunge a fare della istruzione un arma pericolosa in mano ai malvagi. »
Parole sapientissime che , ove facesse d'uopo, potremmo confortare col mostrare come i più grandi scellerati, che vissero e che vivono tuttora, furono e sono per lo più persone istruite senza religione ; ma per non andare troppo per le lunghe ricordiamo solo alcuni fatti recenti, che hanno fatto rabbrividire ogni persona onesta. Solamente nel mese di luglio, nella città di Macerata, un giovane studente del liceo , avendo fallito nell'esame, si avvelenò. A Salerno una giovinetta, pur essa disgraziata negli esami delle scuoli normali, si uccise. A Messina una fanciulla temendo di non riuscire nelle prove, prima ancora di presentarsi all'esame, si diede la morte. Si potrebbero riferire più altri fatti consimili , ma noi facciamo per non contristare di troppo i nostri lettori. Or quale sarà la causa di un tale pervertimento, di un tanto eccesso nella gioventù studiosa? Il Bersagliere di Roma, giornale tutt'altro che religioso , attribuisce questi effetti al rigore degli esaminatori, a certe formalità ed esigenze assurde , al poco amore , anzi alle avversioni tra maestri e scolari, e poi soggiunge: - « Gli scolari degli Istituti privati e gli alunni dei Seminarli , dei preti e delle monache , non si ammazzano. - »
Ma per vero dire la causa di effetti così funesti tra la gioventù nostra, non sono già nè gli esami nè gli esaminatori; ma è il sistema d'istruzione in voga oggidi, è l'impartire alla scolaresca un insegnamento ateo; la causa vera di tanto guasto si è, per nove e più mesi dell'anno , parlare agli alunni di tutto e di tutti, ma non mai nè di Dio, nè di Gesù Cristo, ne di una vita eterna felice od infelice, nè dei mezzi per raggiungere quella ed evitare questa , e via dicendo. Ecco la causa dei nostri inali, ecco il nemico della gioventù studiosa dei tempi nostri : L' istruzione senza celio ione. Se in certi Istituti educativi non si hanno a deplorare tra gli allievi e allieve nè gli accennati, nè altri non meno lagrimevoli disordini, si è perchè in essi l'insegnamento e le pratiche della religione vanno di pari passo coll'insegnamento scientifico e letterario. Studio e pietà, ecco la scritta della loro bandiera. Si aprano adunque le porte dei Collegi e delle Scuole a Dio e alla Chiesa, e allora non tarderemo ad avere una gioventù non solo studiosa, ma morigerata e savia. Imperocchè senza religione non è possibile una buona e soda educazione.
Ha fatto poc'anzi sdegno un empio moderno, il quale, parlando ad una turba di gente, accusava i Sacerdoti cattolici di andare a prendere i bimbi dalle braccia delle madri, per istruirli nel catechismo e menarli a Gesù Cristo; e con parole sataniche eccitava la sua udienza a strapparli alla loro volta dal seri delle madri, per consegnarli invece ad istitutori ed istitutrici professanti l'ateismo, e collocarli in iscuole senza religione e senza Dio. Ormai non è più un mistero; il cómpito delle società segrete dominanti nel mondo quello si è di rapire e dalla mente e dal cuore dei fanciulli e dei giovanetti persino l'idea di un Ente supremo, per così formare una generazione più bestiale che umana. E il regno dell'inferno piantato in sulla terra.
Cooperatori e Cooperatrici, stiamo all'erta. Facciamo quanto è in poter nostro, a fine di premunire i nostri figli e figlie, fratelli e sorelle, contro siffatte trame. Lo zelo funesto , di cui avvampano le sette nemiche nel perdere i fanciulli e le fanciulle, c'infiammi ognor più alla loro salute, e ce ne renda salvatori imperterriti. Se la pietosa madre, di cui sopra dicemmo, si senti sconvolgere le viscere al mirare il figlio suo in procinto di essere diviso in due , potremmo noi assistere impassibili alla spirituale rovina dei nostri cari , e non darci premura alcuna per allontanare dal loro capo una tanta sventura? Se così facessimo, oltre al mostrarci peggiori dell' accennata finta madre e crudelissima donna, meriteremmo che la giustizia di Dio permettesse che i figli nostri divenissero, non già il bastone della nostra età cadente, ma la verga vendicatrice del suo furore. Tal non sia di noi.
Dal Diritto Cattolico, ottimo giornale di Modena, riportiamo il racconto seguente, che è una bella conferma dell'articolo precedente.
« In una città d'Italia v'era un Istituto, prima delle vicende politiche, diretto da religiosi, e che fu poi affidato a secolari. Per un certo tempo vi era alla direzione un buon uomo, il quale non si curava gran fatto che l'istruzione dei suoi alunni fosse rafforzata dall'educazione del cuore e dalle pratiche religiose. In fondo egli non era cattivo, ma tra per timore, tra per l'idea fissa che s'era posta in capo che la disciplina bastasse a tutto , tirava avanti i suoi giovanetti colla pura Messa festiva e senza istruzione religiosa. Avveniva sovente che la disciplina non bastava e i suoi soggetti si ribellavano , né sapeva più come tenerli a dovere, a meno che non avesse chiamato in suo aiuto i carabinieri o le guardie di pubblica sicurezza. Che faceva egli allora? Chiamava un suo amico Sacerdote, e lo pregava a fare alcune istruzioni a' suoi alunni, i quali, richiamati alla considerazione de' loro doveri, si ammansavano , si calmavano e tornavano, per qualche tempo almeno, docili ed ubbidienti. Ma quella , come bene è a pensare, era una panacea (rimedio) salutare sì, ma non radicale e duratura , poiché l'istruzione religiosa vuol essere continuata. » E noi aggiungiamo che non va data a salti.
Negli anni passati anche nelle scuole della Prussia la religione non s'impartiva agli scolari nel modo conveniente, per educarne virtuosamente il cuore. Di qui ne successero disordini morali così deplorabili, che fecero aprire gli occhi a molti, eccitandoli a mettervi il dovuto riparo. Lo stesso Governo ne fu spaventato. Quindi il Ministro protestante della pubblica istruzione diresse agli ispettori delle scuole un'apposita circolare, la quale farebbe onore ad un Ministro cattolico. Qui ne diamo un brano, affinché vie meglio si rilevi come la conoscenza e la pratica della religione siano dagli stessi protestanti riguardate quale mezzo efficacissimo, per indirizzare la gioventù al bene.
« É essenziale, così il Ministro Prussiano, che la gioventù si abitui a frequentare con assiduità la Chiesa e a seguire le cerimonie del culto. Voi dunque dovrete raccomandare ai maestri come un dovere di coscienza, che non solo esortino i fanciulli delle scuole a frequentare le Chiese, ma a darne inoltre essi stessi l' esempio , assistendo regolarmente agli esercizi di culto, e sorvegliando il contegno dei giovani. »
Quando vedremo in Italia una circolare consimile? Preghiamo che Dio ci faccia presto una tal grazia, a salute di tanti poveri giovanetti, al benessere della famiglie e della civile società.
Le famiglie, le quali hanno figli da mettere in educazione, bramano di conoscere gli Istituti, che porgono loro comodità e sicurezza per collocarveli a suo tempo. Per la qual cosa noi diamo quì breve cenno di alcuni Collegi Salesiani in Italia, nei quali si fa quanto occorre per garantire 'agii allievi moralità, scienza e sanità, e ai quali i nostri Cooperatori e Cooperatrici possono indirizzare con tranquillità di coscienza quei giovanetti, che intendessero di percorrere la carriera degli studi.
Oltre l' Oratorio di S. Francesco di Sales in Torino, l'ospizio di S. Vincenzo de' Paoli in Sampierdarena, l'ospizio di S. Pietro in Nizza Marittima, l'ospizio della Croce in Lucca e quello di S. Benigno Canavese, vi sono i Collegi di Borgo S. Martino, di Penango , di Lanzo Torinese , di Varazze, di Alassio, di Este, di Magliano-Sabino, di Cremona, di Randazzo in Sicilia, e di Valsalice.
In questi Collegi l'insegnamento comprende il corso Elementare e Ginnasiale, ed é impartito da maestri e professori patentati, e secondo i programmi governativi. Nel collegio di Alassio e in quello di Valsalice vi é pure il corso Liceale. In quello di Cremona per quest'anno vi saranno solamente le 4 Elementari, e la prima classe Ginnasiale.
Borgo S. Martino è un paesello della Diocesi di Casale Monferrato, sulla linea di AlessandriaVercelli, con stazione a pochi passi dal Collegio.
Penango é pur esso della Diocesi Casalese , posto sopra amena collina presso Moncalvo, colla stazione propria sulla linea Asti-Mortara.
Lanzo dista dodici miglia da Torino a pié delle Alpi, e vi si va per ferrovia con più corse al giorno.
Varazze, Diocesi di Savona, trovasi sulla linea Genova-Ventimiglia , e si arriva da Genova in un'ora e mezza di ferrovia.
Alassio, Diocesi di Albenga, trovasi sulla stessa linea Genova-Ventimiglia.
Este, città del Veneto, si trova sulla linea ferroviaria di Padova-Bologna.
Magliano-Sabino é sulla ferrovia Roma-Firenze, colla stazione a Borghetto, a due ore dalla Capitale del mondo cattolico.
Cremona, é città notissima della Lombardia, e non occorrono maggiori indicazioni. Il nuovo Collegio Salesiano porta il nome di S. Lorenzo.
Randazzo, posta sopra un ameno altipiano del monte Etna, é come un centro della rete delle vie provinciali di Messina, Catania, Nicosia, Mistretta. La stazione ferroviaria più vicina a Randazzo è quella di Piedimonte sulla linea Messina-Catania.
Valsalice. Per le persone di signorile condizione v'è pure il Collegio di Valsalice in Torino, distante un quarto d'ora dal ponte di ferro.
In quasi tutti questi Collegi vi sono due gradi di pensione. La prima varia da L. 35 a 40 mensili ; la seconda da lire 24 a 30. Ma nel Collegio Valsalice la pensione é di Lire 80 pel corso liceale, 60 pel ginnasiale, 40 per l'elementare.
Per avere i relativi programmi, e per le domande di accettazione bisogna dirigersi ai Direttori dei singoli Collegi, oppure al Sac. Giovanni Bosco, via Cottolengo, n. 32, Torino.
Oltre ai mentovati Collegi pei giovanetti , vi ono pure tre Educatorii per le fanciulle, il primo ella città di Chieri sotto il titolo di Santa Teresa, il secondo in Nizza Monferrato sotto il nome ella Madonna delle grazie, e il terzo a Bronte n Sicilia, diretti dalle Suore di Maria Ausiliatrice.
Scopo di queste Case di educazione si é di dare 'insegnamento scientifico e morale in modo, che asci nulla a desiderare per una giovanetta di nesta e cristiana famiglia , cioè arricchirne la ente di utili cognizioni , educarne il cuore a sode e cristiane virtù, addestrarla ai lavori feminili , e informarla a quei principii di civiltà, he sono richiesti dalla sua condizione.
L'insegnamento é dato da maestre legalmente approvate. Esso abbraccia le 4 classi elementari, vale a dire : corso di lingua italiana, calligrafia, aritmetica, sistema metrico, e tenuta dei libri per so domestico. La declamazione, ed uno speciale sercizio nello stile epistolare fanno eziandio parte ell'insegnamento. Si danno pure lezioni di disegno, di lingua francese e di piano forte; ma a ichiesta e a carico dei parenti delle allieve.
I lavori femminili consistono nel fare gli abiti proprii, secondo la condizione delle allieve, lavori a maglia, calze, camicie, rappezzare, soppressare, far merletto e tutti i lavori più ordinarii di una I onesta famiglia.
La pensione mensile è di lire 24, e si paga a trimestri anticipati.
Le domande di accettazione e de i programmi si possono fare alla rispettiva Direttrice, od anche al Sacerdote D. Gio. Bosco, Superiore dell' Oratorio di S. Francesco di Sales, Torino.
La città di Nizza Monferrato é una delle principali stazioni della ferrovia tra Alessandria e Cavallermaggiore.
Quella di Chieri ha comunicazione diretta colla ferrovia Torino-Chieri, e con le linee Torino-Alessandria, Torino-Cuneo, Torino-Savona con fermata a Troffarello.
Se la cristiana educazione dei ragazzi é ai giorni nostri di massima importanza, non di minor momento si, è la buona istituzione delle fanciulle. Una figlia saggiamente istruita, e cristianamente 1 educata riesce una benedizione, un angelo, un sostegno, una sorgente di prosperità e di pace per ì una famiglia. Guai invece se la giovanetta crescerà incolta ed ignorante , peggio poi se verrà guasta nelle idee e corrotta nel cuore ! Non vi é male peggiore che una donna cattiva.
Lo scopo precipuo dei Salesiani essendo quello della cristiana educazione della gioventù, noi verremmo meno ad una parte del nostro dovere, se non inculcassimo ai nostri Cooperatori e Cooperatrici di aver massima cura delle fanciulle delle proprie famiglie , e di quanti altre sono in loro potere.
Perciò cogliamo di buon grani questa propizia occasione per raccomandar loro i soppraddetti Instituti di Chieri e di Nizza e ai Siciliani quello di Bronte. Se qualcuno avesse giovanette da collocare in Casa di educazione, oppure gli venisse il destro di porgere a qualche famiglia un opportuno consiglio, veda di approffittare di questi Educatorii, e fare un' opera da vero Cooperatore Salesiano.
Nell'Oremus che recita la Chiesa nella festa dell' Arcangelo S. Michele si dice : Deus , qui miro ordine Anyelorum ministeria hominumque dispensas : Dio che con ordine maraviglioso dispensate gli uffizi degli Angeli e degli uomini. Queste parole con moltissime altre della Sacra Scrittura c'insegnano che Iddio sceglie non solo gli Angeli a compiere questo o quell'altro ministero per la gloria sua, ma vi elegge eziandio e vi chiama gli uomini, affidando a ciascuno questo o quell'altro cómpito, secondo i suoi divini disegni. E di ciò fare Egli ha il diritto molto meglio, che non lo abbia un padre di famiglia, un padrone, un re di distribuire ai suoi figli, ai suoi servi, ai suoi sudditi questo piuttosto che quell' altro impiego.
Lasciando qui di parlare delle divine elezioni a ministeri profani, diciamo che Dio ha pieno diritto di scegliere e chiamare tra gli uomini questo o quell' altro a servirlo più da vicino nei ministeri sacri, nello stato o di sacerdote o di religioso. Così egli fece in antico con Abramo , con Aronne, con Samuele, con Eliseo ed altri profeti, con s. Paolo, con s. Mattia, cogli Apostoli ; così Egli continuò a fare nel corso dei secoli cristiani, e va tuttora facendo, finché duri la Chiesa, finché durino del Vangelo non solo i precetti , ma ancora i consigli. Vero è che Iddio non chiama sempre al suo servizio in modo straordinario, ossia con voci , con rivelazioni , con segni miracolosi, come negli esempi addotti ; ma non cessa di chiamare per via d'ispirazione e di discorso naturale, che sono i mezzi più usuali. Per es. una dolce, costante e forte propensione allo stato sacerdotale, o religioso; il principio almeno delle virtù proprie di detto stato, come la carità verso il prossimo, l'amore alla castità, la sollecitudine e diligenza nelle cose divine ed ecclesiastiche e simili, sono segni ordinarii della divina chiamata. Posto adunque che il Signore o in uno o in un altro modo chiami una persona al suo servizio, questa é tenuta in coscienza ad obbedirgli ; e né parenti, nè superiori, nè qualunque altro hanno il diritto d' impedirnela.
Pur troppo oggidì, come sempre , vi sono parenti che ignorano queste verità , oppure conoscendole se le mettono sotto dei piedi. Ma costoro disgraziatamente non fanno che avverare in sé stessi il detto di Gesù Cristo, che cioè nelle cose della salute i primi nostri nemici sono quei di casa nostra, vale a dire i nostri domestici: Et inimici hominis domestici ejus.
A questi tali, se pur ve ne hanno tra i nostri Cooperatori, potremmo dimostrare come sia irragionevole, anzi tirannico ed empio l'impedire ad una persona l'adempimento dei suoi giusti desiderii, ed il rapire a Dio e alla Chiesa un Ministro, oggi soprattutto che tanto ne abbisognano; ma ciò portandoci troppo in lungo , ci limitiamo a far riflettere il gran conto che ne dovranno rendere al tribunal di Cristo giudice ; imperocché un Sacerdote di più o di meno importa centinaia e migliaia di anime o in Cielo o nell' inferno. Nella odierna scarsità di sacri Ministri, quanti fanciulli, quanti giovanetti, quanti adulti, quanti sani, quanti malati e moribondi domandano il soccorso della Religione , e stentano ad averlo ? E se queste anime per difetto dei necessarii aiuti spirituali andranno alla perdizione, dopo la loro più o meno volontaria malizia , non potranno incolparne colui, che per un vile interesse avrà tolto loro un Angelo salvatore? E se Dio promette di salvare l'anima di quelli, che si saranno adoperati di salvare l'anima del loro prossimo, non dovrà egli temere fortemente di dannare l'anima propria chi avrà fatto il contrario? Ci pensi chi deve.
Un altro riflesso mettiamo ancora innanzi, e basta. Il riflesso si é che generalmente quelli, i quali, o per propria volontà o per suggestione altrui, non hanno ascoltata la voce di Dio e sbagliarono vocazione, restano per tutta la vita siccome ossa fuori di posto, siccome pesci fuori di acqua, siccome viaggiatori fuori di strada. Nella errata loro condizione invece di trovare la pace, che si sognavano, eglino trovano la guerra; e la loro vita il più delle volte diviene un cumulo di travagli e di pene, una serie di disinganni l' uno dell'altro più amaro. Quanti giunti all'età matura di 30 a 40 anni tornerebbero indietro , e docili abbraccierebbero la carriera loro indicata già dalla divina Provvidenza, ma non ne sono più a tempo, e piangono e piangeranno. Non é gran tempo che uno dei nostri allievi già di benestante famiglia, oggidì in sui 30 anni, ci si presentava afflitto e misero per averne aiuto, e dopo averci narrate le sue dolorose peripezie, cogli occhi bagnati di lagrime ci diceva : Oh ! se avessi abbracciata la vita religiosa, a cui mi sentiva chiamato, oggi non mi troverei in questa trista condizione ! Egli diceva il vero, e fu d'uopo di tutta l'amorevolezza dei suoi superiori per calmarlo e consolarlo alquanto. Il peggio si é che queste stelle erranti, trovandosi in mezzo di quel mondo, che avrebbero dovuto fuggire e combattere, sono i primi ad abbracciarne le massime e farsene perduti seguaci; e quindi, non avendo voluto essere nè Sacerdoti, né Religiosi, appena é che si conservino Cristiani. Rare ne sono le eccezioni.
Terminiamo con un fatto recente, che raccontatoci poc'anzi, ci ha ferito profondamente l'anima. Solamente l' anno scorso un buon giovanetto di nostra conoscenza ardeva di desiderio di vestire l'abito da Chierico e farsi anche Salesiano. Per sua disgrazia una persona sotto vano pretesto ne lo distolse. Or che ne avvenne ? Egli non sarà più né Sacerdote, nè Salesiano, ed i parenti suoi già si preparano a piangerlo amaramente. Oh ! il buon Dio gli usi misericordia, e la estenda ancora a chi lo ha tradito, perché possa rimediare a tanto male.
Riceviamo dal Direttore del nostro Collegio di Varazze la seguente lettera:
M. R. SIG. DIRETTORE,
Bisogna pure che anch' io impugni la penna e le esprima la viva commozione, onde sono compreso per azioni veramente cristiane e degne al tutto di essere ammirate ed imitate. Questa mattina presentossi al Collegio nostro una persona, e dopo brevi parole d' encomio a D. Bosco, che ergeva a Roma una bella Chiesa al dolcissimo Cuore di Gesù, posemi in mano la graziosa somma di L. 100 in cinque bei marenghi. Consegnandoli aggiunse che bramava non si sapesse da veruno aver essa fatto quell'offerta, la quale, per la sua condizione non troppo agiata, fu certamente un sacrifizio ed una prova non comune di grande amore alle glorie del SS. Cuore. Io la ringraziai vivamente dell'offerta, lodai l'affetto ardente con cui la facea, e sovratutto la sublime purità d'intenzione ond'era mossa, esigendo che restasse ignorato il suo nome ; non mancai per altro di farle sperare che il suo nome sarebbe stato scritto nel Cuor di Gesù, che è veramente il libro della vita. Le soggiunsi essere bella carità il provvedere ai bisogni della città e paese natio, ma non doversi per questo dimenticare le opere di utilità, anzi di necessità immensa e generale, tanto raccomandate dallo stesso Vicario di G. Cristo. Tra queste tiene ormai un posto singolare la Chiesa e l'Ospizio del S. Cuore di Gesù in Roma, Capitale del mondo cattolico.
Durante la stessa mattina venne in camera mia una signora, che arrecava un anello d'oro in dono per lo stesso scopo. È un anello, mi diss'ella, ultimo prezioso oggetto rimasto ad una pia donna, la quale vive di lavoro. Poteva ritrarne qualche materiale vantaggio, ma se ne volle privare, perchè anch'essa si strugge d'offrire una piccola cosa all'amorevolissimo Cuore di Gesù ! Il buon Dio, che non si lascia mai vincere in generosità , saprà pure apprezzare quest'eroica privazione sì allegramente compiuta ad onor suo, e ricompenserà a mille tanti la fede e la pietà di questa donna del semplice volgo. Parecchi altri fecero la loro offerta, che insieme colle precedenti saranno presto a destinazione.
L'ottimo nostro signor Prevosto m'incarica di riverire e salutare tanto da parte sua il signor Don Bosco. V. S. voglia eziandio offrirgli i rispetti e gli omaggi di tutti i suoi figli di Varazze, che si raccomandano caldamente alle sue preghiere.
Godo di potermi ridire con molto affetto
Di V. S. M. R.
Varazze, 20 luglio 1881.
Aff.mo Confratello Sac. GIUSEPPE MONATERI.
Nel numero precedente pubblicammo le promesse di celesti favori fatti dal nostro divin Redentore ai divoti del suo Sacratissimo Cuore. Ora riferiremo alcune delle innumerevoli grazie da Lui concesse ai divoti suoi , onde si vegga con quale fedeltà Egli attenda alle sue promesse. Due buoni effetti noi speriamo di ottenere con questa pubblicazione, cioé eccitare i nostri lettori alla pratica di questa così cara divozione, e nel tempo stesso assicurare quanti cooperano ad innalzare il suo tempio in Roma, che saranno da Lui largamente ricompensati pel corpo e per l'anima, nel tempo e nella eternità.
Le grazie che qui riportiamo furono tolte dall'ottimo Messaggere del Sacro Cuore di Gesù, nel quale già videro la luce coll'approvazione ecclesiastica di Roma. Eccone tre tra le moltissime (1).
« R. P. Nei primi mesi dell'inverno, un degno Sacerdote di questo paese cadde infermo contemporaneamente ad un suo fratello in forza di un catarro-gastro-enterico, cioè di una infiammazione catarrale della mucosa dello stomaco e degl'intestini , sicché ambidue erano diventati altrettanti cadaveri ; l' arte medica aveva esaurito tutti i mezzi per salvare questi infelici, che dovevano quindi inevitabilmente restare vittime del rio malore. Quando una religiosa di questa Comunità, fatta consapevole dello stato pericoloso di loro salute, come quella che era zelantissima del Sacro Cuore di Gesù, si rivolse ad esso con viva fede, per pregarlo che volesse concedere agli infermi la sospirata guarigione. Ed il divin Cuore, che non si lascia mai vincere in benignità, restituì ai detti fratelli la primiera sanità, e ne fu così consolata la tanto addolorata famiglia.
« Ora la religiosa nel fare le dette preghiere avendo promesso di render pubblica la grazia nel caro Messaggere, qualora avesse avuto luogo, é lieta di adempiere oggi tale promessa i e percio prega V. P. di dare un posticino nel suo periodico : mentre, ringraziandola di cuore del favore che le fa e raccomandandosi alle sue orazioni, le bacia la sacra mano e si segna
Gerace, Monastero di S. Anna, 7 maggio 1881.
SUOR MARIA SERAFINA CORREALE.
« R. P. Voglia compiacersi d'inserire, nell'ottimo Messaggere a gloria del divin Cuore , la breve relazione, che le trasmetto.
« Una famiglia di questa città trovavasi afflitta, e desolatissima per una dolorosa sventura avvenuta ad una persona , nella quale si concentrano tutti gli affetti e le speranze domestiche. Non si temeva solo la perdita della salute, ma quella altresì della vita. Ad allontanare così funeste conseguenze , non si trascurarono i mezzi più efficaci dell' arte ; ad essi però si vollero aggiungere pubbliche preghiere, massime al Sacro Cuore di Gesù,. nella speranza di conseguire con soccorsi divini quello, che si diffidava ottenere con umani rimedii. Non fu invocata invano la divina pietà; che in breve scomparve il temuto pericolo, e poco appresso l'infermo si vide ristabilito in salute, mentre prima giudicavasi cosa assai difficile, se non impossibile, salvargli la vita. La famiglia, tornata dallo stato di desolazione a quello di allegrezza, ringrazia il Cuore amabilissimo di Gesù, ne benedice la infinita bontà, e brama si pubblichi il segnalato favore per conforto dei fedeli e per segno della propria riconoscenza.
« Ed a compiere un dovere di amorosa gratitudine si unisce meco una giovinetta, che più volte nelle proprie indigenze avendo ricorso alla generosità del Cuore adorabile di Gesù si vide sempre benignamente accolta ed esaudita. Oh 1 quanto é buono Gesù ; ed il suo Cuore è veramente la sorgente inesausta di tutte le benedizioni!
« Accolga, R. P., coi distinti miei ossequii la piccola offerta che presento, e voglia raccomandare alcune mie intenzioni alle preghiere degli associati.
Di V. R.
Marche, 12 febbraio 1881.
Devotissimo Servo N. N.
« R. P. Sono a pregarla con questa mia perché voglia compiacersi di pubblicare sul Messaggere la grazia, che io stessa ho ottenuta dal Sa ero Cuore di Gesù. Erano già quattro mesi che io avea male agli occhi, e niuno efficace rimedio l'arte medica aveva saputo somministrarmi per guarirmene : la malattia sempre più andava innanzi ed assumeva un carattere allarmante : gli occhi mi si chiusero e si temeva che non dovessi riaprirli mai più. Immagini , R. P., quale fosse la mia costernazione ed il mio avvilimento. Mi brillò allora in mente il pensiero di ricorrere al S. Cuore con una novena ; presi tosto a farla con quanto fervore mi fu possibile e mi parve che di giorno in giorno migliorassi alquanto ; ed infatti l' ultimo diì della novena potei tenere aperti gli occhi per qualche minuto. L' indomani però essendo dovuta uscire di casa il male di nuovo mi s'aggravò per causa dell'aria fredda esterna. La notte prossima non potei dormire per il dolore che sentiva agli occhi, nondimeno la mattina mi levai, e la mamma nel vedermi gli occhi ammalati , mi riprese dicendomi che io stessa era andata a cercare il male coll'essermi avventurata all'aria aperta. Intanto la campana della parrocchia dava il segno della Messa ed io mi recai subito ad udirla. Terminava appena la S. Messa che i miei occhi erano già risanati. Non saprei in vero significarle qual fosse maggiore o il dolore d'aver perduto la vista o il contento per averla riacquistata. Volai a casa gongolando di gioia , e corsi dalla mamma per darle la consolante novella : ella mi fissò negli occhi e non potea cessare di rimirarmeli, perché credea di sognare nel vedermeli del tutto guariti. Dopo questo ammirabile fatto, cioé fin dal 22 dello scorso aprile, non ho più sofferto il minimo dolore, ed ho potuto adoperare l'ago da mane a sera senza alcun fastidio come faccio tuttora.
« Oh ! quanto é stato buono e misericordioso il divin Cuore ! Come potrò mai dimenticare un favore sì grande ? Dopo tali segni evidenti dell'amore suo per noi non dovremo essergli grati, riamandolo con tutta la forza del nostro affetto ?
« Le anticipo R. P. i miei sinceri ringraziamenti e mi professo con tutta la stima
« Di V. R.
Brescia, 7 maggio 1881.
Devotissima Serva
IRENE GENOVESI.
(1) Secondo la mente del Papa Urbano VIII, ci protestiamo che questi fatti non vogliamo abbiano altra fede che la umana
Fin dal 4 Novembre 1879 l'egregio Osservatore Romano così scriveva : « Ci recammo nella Basilica di S. Lorenzo, e andammo a visitare il luogo, dove dovrà sorgere la tomba del compianto Sommo Pontefice Pio IX. La nicchia , le pareti ed il muro di fronte sono ancora tutti coperti di ghirlande , di corone, di ricordi e d'iscrizioni fatte colla matita, così tenere, pie ed affettuose, che strappano le lagrime. Su quelle corone in quei motti c' é tutto un' epopea di amore, di religione, di mesti e cari ricordi ; c'é tutta una storia di gratitudine, di compianto e di venerazione impossibile a definirsi. Bisogna vedere per credere. » Cosi il giornale di Roma.
Nè d'allora cessarono queste significazioni di venerazione e di amore. Noi vogliamo qui riferire alcune di dette iscrizioni a comune edificazione dei nostri Cooperatori e Cooperatrici. Ed ecco tra le altre molte alcune di quelle , che si leggevano stille mura del luogo, destinato pel suo sepolcro, prima ancora che la sua venerata salma vi fosse trasportata.
- Pio IX, proteggi dal Cielo il tuo devoto servo e figlio G. A.
- Anche noi una fervida preghiera all'immortale Pio IX (Seguono 5 firme.)
- O gran Pio, prega per A. Chiesa. - Pio IX, prega per C. M.
- Pio IX, prega per me che sono orfana (Maria Petrucelli).
- O Pio IX, prega per noi sordo-mute (Seguono 6 firme). - Ed anche per me sordo-muta Assunta Dinidi.
- Al martire Pio IX , tributo di filiale pietà (Un sacerdote Dalmata).
- Pio 1X, angelo di pace, prega per me peccatore.
- O Pio IX , tu che vedi quali sono i miei desiderii, prega acciò siano coronati.
- A Pio IX il grande non suffragi, ma omaggi. (Uno zuavo pontificio italiano).
- Pio IX santo, prega per me G. C. che tanto confido in te.
- O immortale Pio IX, uno sguardo dal cielo sopra di me e de' miei poveri, che tanto amasti in terra. (P. Alessandro Migone vice-parroco dei poveri in Genova, 7 Maggio 1879).
- Pio IX, Pontefice grande, portento di pace e di amore, volgi gli occhi a noi sofferenti ; accetta il dono della vedova , ma dono di amore nella povertà. (7 Febbraio 1879).
- Pio IX mio , prega per me e per la mia famiglia (Adelaide).
- O Pio IX il Grande, prega per noi tuoi figli.
- O Pontefice santo, prega per tutta la mia famiglia.
- Immortale Pio IX, anima grande, prega per me e per la mia numerosa famiglia. (24 giugno 1879, D. V.)
- O Pio IX santo , a te raccomando l' anima mia in vita e dopo la morte. Deh ! tu che puoi, dal cielo benedici i figli tuoi.
- Trarapini Stella si raccomanda a Pio IX, perché possa imitarlo. Benedicimi e non abbandonarmi nel cammino della mia vita coniugale insieme al mio amatissimo sposo Giuseppe.
O Pio IX l'angelico e santo , prega per me , Luigi Allegri-(8 Settembre 1879).
- Pio IX, prega per la nostra comunità. (Pesci Teresa).
- Gloria all'immortale Pio IX, santo, grande, magnanimo. (I Chierici della patriarcale Arcibasilica Lateranense domandano la santa benedizione).
- Alle preghiere dell'immortale Pio IX Luigi Cremonesi ed Alessandro Chiesa umilmente si raccomandano.
- Caro Padre , prega per me, povera orfanella. (Maria Andenna).
- Oh ! Nono Pio, che facesti parlare di te nel mondo intero , prega per Luigi Alvino, che ebbe la grazia di baciarti la mano il 15 settembre 1877, ed ora qui viene per venerare la tua memoria. (19 Ottobre 1879).
- O Pio IX santo, Leone XIII tuo successore é degno di te.
- Al più grande dei Pontefici , all'invitto ed angelico Pio, le famiglie Lancelotti, Mariani, Desideri e Ferraguti si raccomandano.
- Clementissimo Pio IX, prega per colui che tanto ti ama.
- O Pio salute dei popoli, prega per chi lasciasti in questa valle , e che ti ricorda grande nelle tue opere. (Tizzoni Angelo di Milano).
- Gran Santo Pio IX, prega per quelli, che tanto ti amarono in vita e ti venerano morto.
Quantunque i nostri Cooperatori e Cooperatrici non possano aver agio di esternare in siffatta guisa i sensi del loro animo sopra la tomba del gran Pio, nondimeno devono andar lieti di poter concorrere oggidì assai più efficacemente a rendere glorioso il suo nome, col prendere parte alla costruzione della Chiesa del Sacro Cuore di Gesù in Roma, che deve servire a Lui di monumento imperituro. Le riportate iscrizioni quantunque belle ed affettuose costano poco ; per altra parte saranno forse col tempo cancellate ; ma le pietre, i mattoni, i marmi, che le nostre limosine procurano al sacro edifizio , sfideranno i secoli, e rimarranno colà quale argomento della sincerità di nostra divozione verso il Sacratissimo Cuor di Gesù, e di amore verace al grande Pio IX.
E pur sempre bella e consolantissima cosa per figli il trovarsi a' fianchi del proprio padre ! Pur caro e gradito l'umiliargli i sentimenti più vivi e sinceri dell'anima, e pregargli dal Cielo in larga copia le più elette grazie e benedizioni !
Come negli anni scorsi, così anche in questo, abbiamo avuto il piacere, la gioia di onorare, il meglio possibile, l'amatissimo nostro padre e benefattore D. GIOVANNI Bosco, in occasione del 66° anniversario del giorno suo natalizio, che accade appunto il dì dell'Assunzione di Maria Vergine al Cielo.
Chi si fosse trovato in sull' ora vespertina di quel giorno, in uno dei cortili del nostro Oratorio, parato bellamente a festa, avrebbe visto quell'amatissimo Padre sedere in mezzo ad un gran numero di giovani suoi figli, nonché di altre nobili ed egregie persone del clero e del laicato, che intorno intorno gli facevano lietamente corona ; avrebbe assistito ad un' umile bensì e famigliar festicciuola, ma pur nella sua semplicità e modestia carissima e solenne a segno, da riempir l'anima de' più soavi e patetici affetti , delle più dolci e deliziose memorie.
Nel giorno ed ora stessa ebbe luogo la solenne distribuzione dei premi a tutti coloro, in fra artigiani e studenti , che , lungo il corso dell' anno scolastico, maggiormente si segnalarono per virtù e pietà, diligenza e profitto nello studio e nelle arti che quivi si apprendono.
Si lessero parecchi forbiti ed affettuosi componimenti in poesia ed in prosa, per attestare al Padre nostro amantissimo quella gratitudine, quella stima, affetto e venerazione, da cui ci sentiamo animati pel bene che fece a noi, e a tant'altra gioventù ricoverata all'ombra de' suoi numerosi Santuarii e Collegi. Non mancò punto il solito poeta d'occasione, il lepido ed ameno Carlo Gastini, il quale, co' suoi versi alla piemontese, eccitò più volte nel pubblico le risa più spontanee.
L' orchestra e il coro, diretti dagli egregi maestri De-Vecchi e Dogliani eseguirono varii de' migliori pezzi musicali ; il che servì a rallegrare maggiormente la festa e ricreare gli intervenuti.
In sul finire, D. Bosco alzossi, e, volto intorno lo sguardo, come in atto di santa compiacenza nel vedersi dinanzi tanta gioventù, diresse al pubblico alcune parole , che penetrarono in tutti i cuori.
Non potendole riprodurre dettagliatamente ci sforzeremo a riferirne in succinto le parti più interessanti.
« Ogni qualvolta, così egli incominciò-, io mi ritrovo in mezzo a voi , giovani dilettissimi, mi sento profondamente commosso, meglio che padre amoroso circondato da numerosa famiglia ; ed oggi in modo particolare, in cui avete voluto, insieme colle egregie persone che ci onorano di loro presenza, darmi pubblica testimonianza di figliale affezione e gratitudine. Io vi ringrazio tutti, e prego Iddio che vi mantenga sempre vivi que' nobili e cristiani sentimenti, espressimi nelle vostre prose e poesie.
» Se io godo di tutte le feste che noi facciamo, figuratevi se io non debbo di questa grandemente esultare, la quale, oltre al dirmi che io pure sono tutt'ora vivo, mi ricorda eziandio che sono nato nel giorno dell'Assunzione di Maria Vergine, mercé il cui patrocinio ed aiuto si sono potute ottenere e far cose, che il solo sperarle, umanamente parlando, sarebbe stata follia.
» Voi mi dite che Don Bosco ha fatto tante belle opere, ma e non vedete che l'amor che mi portate vi fa veder le cose affatto diverse da quelle che realmente sono ? Non v'accorgete che tutto fu compito e si compie per aiuto di Dio e per intercessione di Maria Santissima? Se il Signore non ci avesse dato braccio forte e condotto quasi per mano, che cosa avremmo potuto fare noi? E le generose offerte, e i grandi ed insperati soccorsi di tanti benefattori, e benefattrici non li contate voi? Al Cielo, dunque, anzitutto, ai Cooperatori i rendimenti di grazie. Come vedete, Don Bosco non fu che un cieco istrumento in mano di Dio, il quale così dimostra che, quando Egli vuole, può fare anche con mezzi meschinissimi le più grandi cose che mai.
» Ed ora, passando ad altro, vi dirò che sempre, ma massime in quest' anno, abbiamo avuto di belle e grandi consolazioni, come pure, convien dirlo, di molte spine e dolori. Ma, già si sa, non v'ha rosa senza spine. Ebbene, che fare, figli carissimi ? Sì in quelle , sì in queste, tanto nelle gioie che nelle pene , sia sempre fatta la volontà di Dio, il quale non ci abbandonerà mai, nemmeno allora che terribilmente ci ruggirà intorno la più impetuosa tempesta. Coraggio , dunque, coraggio sempre ; non ci stanchiamo mai di percorrere con alacrità la via della virtù, di far del bene quando e come meglio possiamo , e Dio sarà con noi. »
Qui Don Bosco narrò con somma compiacenza di un giovane, il quale, allevato già nell'Oratorio di S. Francesco di Sales parecchi anni sono, ed uscitone poscia, s'ebbe tanta e tale perseveranza nel bene che , in Nizza Monferrato sua patria, giunse a fondare , in breve giro di tempo, una Società di giovani Operai cattolici , la quale oggidì è il modello di tutta quanta la città.
Tutti, disse D. Bosco, e gli stessi uomini, così detti spregiudicati, non possono a meno di ammirare tanta gioventù (dico tanta perché la società conta già 200 e più membri) così salda e franca da ogni rispetto umano , nel professare non solo a parole i principii religiosi , ma pur anco attuarne apertamente le pratiche.
» Oh ! io ne rimasi veramente consolato, quando mi fu riferito e poscia vidi coi miei occhi stessi tanto bene. Strinsi affettuosamente la mano a quel caro giovane ; ed imparai che molto si fa quando si vuole. Ora io dico, se quegli da solo giunse a far tanto (e speriamo faccia più ancora per l'avvenire) che cosa non farete voi tutti insieme, addivenuti uomini? Oh ! purché vogliate , voi potrete far molto, giovani miei cari ! Chi sa a quali opere vi destina, ne' suoi imperscrutabili disegni, la Divina Provvidenza ! Immense , innumerevoli sono le vie, per cui il Signore ci chiama a servirlo e a glorificare il nome suo.
» Dunque approfittate, ve ne prego e scongiuro caldamente, dell'educazione ed istruzione religiosa, morale e scientifica che vi si impartisce, e vi troverete un giorno contenti dell' opera vostra.
Chi ha tempo non aspetti tempo ; il proverbio è vecchio.
» Chi sa, per es., se l'anno venturo ci troveremo noi tutti ancora qua radunati ? Ci sarà Don Bosco? Ci sarete voi? Ma io non vel posso assicurare, né voi assicurar lo potete a Don Bosco. Quanti che un anno fa erano tra noi vispi, lieti, allegri, sani e robusti, ed ora più non sono!
« Viviamo dunque sempre come se fosse ogni giorno l'ultimo di nostra vita ; operiamo il bene mentre abbiamo tempo, così quando suonerà anche per noi l'ultim'ora non avremo a pentirci di aver passati i giorni nostri inoperosi, inutili per Iddio e per la società. Io spero e prego che quest' ora suoni tardi e per voi e per me ; ma se così non fosse, sia sempre fatto il volere di Dio.
» Molte altre cose avrei a dirvi, ma basta, perché non voglio istancarvi di soverchio ; quello che anzitutto interessa e vi raccomando si è di aver sempre il timor santo di Dio, e di progredire, più che sia possibile, nel cammino della perfezione, e d'ogni cristiana virtù.
» Frattanto vi ringrazio nuovamente dell'affezione che mi portate, come ringrazio di tutto cuoro quei signori, che mi diedero e mi danno continuamente aiuto nel fare un po' di bene ad onore e gloria di Dio, il cui nome sia sempre riverito e benedetto. »
NOSTRO AMATISSIMO PADRE,
Manca ancora più d'un mese e mezzo dalla sua festa, eppure debbo affrettarmi a mandarle fin d'ora i nostri augurii e l'omaggio del nostro sincerissimo affetto. Oh ! se sapesse, caro Padre, con che allegria lo faccio ; se sapesse con che tenerezza mi accingo a scriverle queste poche linee ! I nostri confratelli ed amici di costi hanno in tale faustissimo giorno l'ineffabile gioia di poterle baciare la mano , di esprimerle i loro affetti, e porgerle mille felicitazioni. Ebbene , noi ci stimiamo in certa guisa non meno felici, poiché, da queste remotissime spiaggie della Patagonia, possiamo in questa fausta occasione farle giungere gli augurii e gli affetti sinceri di figli sempre nuovi ed ognor più numerosi ; noi possiamo inviarle l'ossequio inestimabile di anime strappate di fresco dagli artigli di Satana e dall'ombra di morte. Questi poveri e rozzi Patagoni a mala pena imparano a ripetere dal nostro labbro un » Viva D. Bosco ; » ma son sicuro che questo grido nella sua semplicità le esprimerà ben più che tutte le poesie, i canti e le musiche dei mille e mille suoi figli ed ammiratori, che la circonderanno in quel giorno avventurato. Un « Viva Don Bosco » sul labbro del Patagone vuol dire viva quell'uomo provvidenziale , che per mezzo de' suoi Missionarii ci tolse dall'abisso d'ogni miseria ; viva quell' uomo, che stese sì lungi e a traverso dell'Oceano la sua mano, e fece scorrere sulla nostra fronte il Sangue di Nostro Signor Gesù Cristo; vuol dire viva quell' uomo, che fa spuntare sulle squallide steppe della sconfinata Patagonia l' aurora felice di una nuova epoca di civiltà e di salvezza. Oh! per capire quanto valga questo grido bisognerebbe aver visto prima questi uomini, perduti in mezzo ai loro deserti, spogli di ogni bene terreno e celeste, scorazzare seminudi dietro le fiere in caccie affannose , senza case, senz' arti , senza vesti , senza pane , senza cognizione di nulla , senza nessuna credenza nel nostro buon Dio, in uno stato di abbiezione e di barbarie lagrimevolissima, e poi contemplarli ora inginocchiati appiè degli altari, ripetere con noi le nostre sublimi e consolanti preghiere , osservarli raggianti di gioia dividere con noi la felicità de' santi Sacramenti ; dividere con noi il pane, il tetto , la vita laboriosa e contenta. Sì, lo ripeto un « Viva D. Bosco » sulle rozze labbra di un selvaggio battezzato figlio di Dio, condotto dai figli di D. Bosco al benessere della civiltà, ed alla speranza del Paradiso, vale tutta un'epopea di gloria e di armonia celeste. Lo gradisca adunque, ottimo Padre, con quell'affetto col quale di qui Le é mandato.
La Divina Provvidenza, ché dirige i nostri passi e benedice i nostri sudori, dispone le cose in modo, che ci fa aprire il cuore a speranze ognor più liete. Ella infatti avrà saputo che la Repubblica Argentina , temendo la preponderanza del Chilì sulla Patagonia, mandava testé una nuova spedizione nell' interno di queste sconosciute regioni, capitanata dal valoroso generai Villegas, il quale ai 15 di aprile riportava una vittoria brillante sopra le guerriere tribù de' Sayueques, che colle loro scorrerie e co' loro saccheggi seminavano lo spavento in queste contrade. In questa occasione il nostro D. Fa-nano, montato anche egli a cavallo, scorre di qua e di là per quelle smisurate pianure, rintracciando gli Indi pacifici ed impauriti, per rassicurarli, per farsi loro protettore , per istruirli e battezzarli. E tutta una storia di faticosissime e strane avventure, che solo le accenno per ora, aspettando che il nostro caro Superiore ritorni, e gliene dia egli stesso minuto ragguaglio. L' esercito ha fatto prigioniere di guerra più di 400 famiglie di selvaggi, che noi Missionarii abbiamo intenzione di raccogliere in una sola colonia per aprir loro scuole , ed insegnare i mestieri più necessarii al viver civile, specialmente l' agricoltura la più indispensabile pel vitto quotidiano, e intanto instruirle nella religione cristiana e guadagnarle al Cielo. Ma quante spese bisognerà fare, quanto personale ci abbisognerà in aiuto ! Per ora non voglio dilungarmi di più, ed unendo la mia voce a quella di tanti fratelli ed amici, grido anch' io di cuore « Viva D. Bosco ! » Con me gridano pure unanimamente tutti i nostri cari allievi di Patagones, che ci circondano in questo momento, e li faccio sottoscrivere, perché anche Lei li conosca e li benedica. Suo devot.mo e amant.mo figlio in G. C.
Sac. LUIGI CHIARA.
(Seguono le firme). Patagones, 4 maggio 1881.
Ci scrivono da Nizza della Paglia quanto segue
La sera del 4 agosto segna una cara e memorabile data nei fasti dell' Unione Operaia cattolica di questa città.
» Trovandosi fra noi, il Revm° Sig. D. Bosco espresse il vivo desiderio di conoscere da vicino la nostra Unione, di cui aveva udito raccontare i rapidi progressi.
» Appena consci di questo suo gentilissimo desiderio, alcuni della nostra Unione si diedero premura di improvvisare una serata in onore di Chi può a buon diritto chiamarsi il vero e primo fondatore di tal genere di Associazioni in Italia. Giunse pertanto la desiata sera.
» Verso le 8 1/2 pom. buon numero di socii, benché fosse giorno feriale, trovaronsi raccolti nel -locale della Società tutto parato a festa, mercé le cure di alcuni zelanti membri dell'Unione.
» All'arrivo di D. Bosco la distintissima banda musicale della città, diretta da quel bravo e simpatico Maestro Sig. Ovada, faceva a Don Bosco una graziosa improvvisata, rallegrando il suo ingresso con una grandiosa marcia d'introduzione.
» Erano colà a ricevere il Rev. Sacerdote i membri componenti l'uffizio di Presidenza, accompagnati dalla elegante bandiera sociale, testé benedetta con rito solenne da S. E. Revma Monsignore Vescovo d'Acqui.
» Non é mestieri il dire quanta gente accorresse e si accalcasse intorno all'uomo di Dio, al vero amico dell'operaio, il quale aveva per tutti e specialmente pei giovanetti una parola di amorevole incoraggiamento e saluto.
» Frattanto la sala gremita di socii accoglieva l'entrata di D. Bosco con fragorosi e ripetuti applausi ed evviva.
» D. Bosco andò ad occupare il seggio presidenziale, a cui faceano bella e venerata corona i RR. Parroci ed altri distinti Ecclesiastici e personaggi.
» Sorse pel primo il Presidente effettivo dell'Unione, Sig. Carlo Brovia, il quale a nome della Società , così bene da lui diretta , salutava con semplici , ma bene acconcie parole il Ven. Don Bosco, ricordando con delicato pensiero com'egli, allevato da Lui per ben nove anni, abbia sotto la sua direzione imparato ad associar sempre la religione col lavoro.
» Prendeva poscia la parola il Conte Cesare Balbo Presidente Onorario, salutando a nome dell'Unione il Sig. D. Bosco, ed additandolo a' soci come l'iniziatore di queste Società, che sono chiamate da Dio ad una grande e sublime missione di riparazione sociale, in questi tempi in cui le sétte lavorano a tutta possa , onde strappar la fede dall' operaio, per farne uno strumento di ribellione alla Chiesa ed alla Patria.
» Fra la generale attenzione si alzò D. Bosco, il quale commosso rallegrandosi di trovarsi così bene e festevolmente accolto dagli Operai cattolici, benediceva il Signore che volle dar vita anche nella nostra città all'Unione Operaia , e ne traeva per Nizza un felice presagio di completa rigenerazione morale.
» Ricordò com' egli sia sempre stato l'amico speciale dell' operaio, alla cui educazione dedica da oltre a quarant'anni tutta la sua vita e le sue fatiche. Esortò tutti i socii a perdurare costanti nella via del bene, e provava col linguaggio di una splendida esperienza quali copie di abbondanti frutti ed ineffabili consolazioni siano serbate da Dio a quelli, che si accingono a simili opere di sua gloria. Terminava ringraziando tutti della festosa accoglienza fattagli, e professandone viva riconoscenza, coll'umiltà e bontà a lui proprie, prometteva all' Unione il suo costante appoggio ed ogni possibile servizio.
» Il Rev. Teol. D. Giuseppe Bertello sacerdote Salesiano, dietro invito del suo affezionato amico conte Cesare Balbo, pronunziava un forbitissimo ed assennatissimo discorso, e ricavandone l'argomento dall'addobbo della sala , dal Crocifisso che sormontava il seggio presidenziale , dal ritratto del Sommo Pontefice, dalla presenza di tanti Ecclesiastici, egli dedusse la necessità suprema per l'operaio cattolico di stare sempre unito e sottomesso al Sacerdozio, e primieramente al Supremo Gerarca della Chiesa , al quale ed al Clero cattolico egli proponeva un evviva.
« A questo punto lunghi e fragorosi applausi echeggiarono nella sala, frammischiandosi gli evviva a Leone XIII ed a D. Bosco.
» Gli intervalli fra i suddetti discorsi furono più volte rallegrati da sceltissimi pezzi musicali, egregiamente eseguiti dalla sullodata banda musicale.
» Poneva fine alla seduta il Conte Balbo, indirizzando parole di ringraziamento a D. Bosco ed ai socii.
» Frattanto il Rev. Don Bosco , dopo di aver dette le preghiere di ringraziamento , prendeva commiato dai suoi cari Operai, i quali, mentre la banda musicale suonava un ultimo pezzo di chiusa, salutavano con entusiasmo e con ogni segno di riverente affetto il loro Padre e Maestro.
» Questa quanto modesta altrettanto lieta festicciuola di famiglia si compiè con ordine e pace perfetta. La più sincera gioia traspariva dal volto di ognuno, e si partì di colà portandone incancellabilmente scolpita la più cara memoria. Ma quel che più importa, essa non sarà certamente un seme infecondo, e ce ne ripromettiamo tutti un aumento di zelo nei socii e copiosi frutti di gloria di Dio. »
AMATO SIG. DIRETTORE,
Molte volte presi in mano la penna per iscriverle qualche cosa della casa di Spezia. Ma a più riprese dovetti deporla, tante furono le mie occupazioni nei giorni passati. Avendo poc' anzi terminate le scuole, e rimanendomi un ritaglio di tempo, me ne approfitto ben tosto per darle alcune notizie, che sebbene disadorne spero nondimeno che le riusciranno care.
Entrammo nel nuovo locale il primo del passato giugno, epoca degna di menzione, perché incominciava in quel dì il mese del S. Cuore di Gesù, sotto la cui protezione collocai interamente la nuova casa.
La Chiesa annessa fu benedetta solennemente il 17 luglio. L' egregio Monsignor Luigi Podestà Arcidiacono e Vic. Gen. di Sarzana, che ha pei Salesiani un amor di padre, volle far egli la funzione. Vi prendeva parte quasi tutto il clero di Spezia. Compiute le prescritte cerimonie della Benedizione e dopo breve discorso trasportavasi dall'interna cappella il SS. Sacramento. Cantato l'Inno Ave Maris Stella ed il Tantum ergo in musica, il prelato Mons. Vicario dava col Venerabile la Benedizione ad una gran folla di popolo devoto.
Ma più solenne e maestosa fu la funzione del 26 luglio. Deve sapere che da molti secoli veneravasi a Spezia in un Santuario, che sorgeva sulle sponde d' un torrentello detto Làgora , una miracolosa immagine di Nostra Signora della Neve. Tutti ricordano con quale affetto e venerazione gli Spezzini ricorressero a quella fonte di grazie e di benedizioni. Quel Santuario fu abbattuto perché rimaneva chiuso nell'area del grandioso arsenale della città , e la miracolosa immagine di Maria fu portata nel Duomo. Era però sempre vivo nel cuore dei buoni il desiderio che un tempio presto sorgesse , pegno di amore e di riconoscenza degli abitanti all'Augusta loro Protettrice (1). Stabilito il giorno e superate alcune difficoltà , si dispose ogni cosa per la solenne translazione. Sua Eccell. Rev'na Mons. Giuseppe Rosati Vescovo di Sarzana, a noi affezionatissimo, presiedeva la sacra funzione. Erano le 8 del mattino. Quantunque giorno feriale, tuttavia fu tale il concorso di gente, che pareva di domenica. Il vasto Duomo era gremito di popolo. Al suono dei sacri bronzi la solenne processione sfilò per le vie della città ordinata e divota. Fu un vero trionfo della Beata Vergine. Accompagnavano S. E. Mors.Vescovo,, Mons. Vicario Gen., alcuni Canonici, il Clero della città ed altri Rev. Parrochi e Sacerdoti di paesi vicini. Vestiti di cotta noi aspettavamo la processione sul limitar della porta di nostra Chiesa. Il signor D. Giuseppe D'Isengardi nativo della Spezia, prete della missione, faceva un breve, ma fervoroso discorso, con cui sempre più eccitava i fedeli ad una tenera divozione a Maria. Non temo esagerare dicendo che più di 6,000 persone parteciparono alla memoranda solennità.
Son certo che la Vergine Santissima ci guarderà ognora con occhio benigno. Dal canto nostro faremo di tutto, affinché la gloriosa Padrona di Spezia sia sempre amata e venerata, onde ottenga da Dio a noi e ai buoni Spezzini le più elette benedizioni.
Il nostro Oratorio festivo è sempre frequentato da più centinaia di ragazzi. Tra pochi giorni riapriremo le scuole, a fine di fare un poco di ripetizione ai giovani, che ne vogliono approfittare, per non disimparare nelle vacanze quel tanto, che hanno appreso lungo l'anno. Pel nuovo anno scolastico speriamo di aprire eziandio un Collegio-Convitto. Ma di questo ne saprà più la S. V. che non io, giacché di costì attendiamo gli ordini opportuni.
Intanto la riverisco, e mentre la prego de'miei saluti ai cari Confratelli di Torino, e mi raccomando alle sue preghiere, godo di professarmi
Spezia, 1° agosto 1881.
Suo aff.mo
Sac. ANGELO ROCCA.
(1) Un Signore di Spezia nostro Cooperatore comprò a tal effetto un bel tratto di terreno lungo il viale Militare, in un angolo del quale venne innalzatala nostra casa coll'annessa Chiesa. Quivi sorgerà un giorno il grandioso ideato Santuario di N. S. della Neve. Ma affinché la Vergine Santa prendesse, a dir così, possesso dell'area sua, si pensò di trasportarne la Venerata effigie nel nostro grazioso Oratorio.
Nel mese di giugno nel dare l'annunzio della morte di Suor Maria Mazzarello, Superiora Generale delle Figlie di Maria Ausiliatrice, abbiamo promesso di tesserne una breve biografia. Cominciamo da questo numero ad attendere alla data parola. Essendo il 12 dell'or passato agosto stata eletta a succederle Suor Catterina Daghero, possano eziandio questi brevi cenni servirle di regola e di eccitamento nell' ardua e sublime sua missione.
Fanciullezza.
A tramontana del poggio, sul quale siede il paesello di Mornese diviso da una valletta , si innalza una collina, sulla vetta della quale in mezzo ai vigneti spicca pel suo rosso colore una casa, che alberga una onesta famiglia. Quivi verso il 1851 Viveva coi suoi cari parenti Giuseppe Mazzarello e Maddalena una fanciulla in sui quindici anni. Nomavasi Maria. D' indole ardente e risoluta sapeva operare il bene con quella franchezza e libertà di spirito, che nulla toglie a quel modesto e riservato contegno, principale ornamento di una figlia cristiana. Ciò era frutto di quell' educazione che riceveva tra le mura domestiche, educazione affettuosa, soda, celeste, che insegnata da Gesù Cristo, è inculcata nel tempio dalle labbra sacerdotali ai padri ed alle madri.
Il padre suo specialmente si prese ogni cura per formarne la mente e il cuore. Le sue sentenze e i suoi avvisi erano in perfetto accordo coi suoi esempi, e dati in modo così opportuno da lasciare una traccia indelebile in quell' anima semplice. Vegliava intorno a questo caro deposito che la Provvidenza aveagli affidato con meravigliosa e prudente premura. Coi lavoratori alla campagna, colle conoscenti nelle veglie invernali, l'occhio del padre fu sempre sopra di lei, sicché poté attestare la nostra Maria come essa doveva alle paterne premure, se era venuta adulta senza che neppure le nascesse in mente ombra di sospetto di ciò, che può offuscare il candore della mente e del cuore. Era solita ad esclamare
- Se in me vi é qualche poco di virtù, lo debbo a mio padre , il quale per purezza di costumi e di parole potea paragonarsi ad un santo.
Essa narrava come il padre suo la menasse qualche volta ai mercati per necessità di negozi. Or bene, sapea egli frapporsi tra lei e gli oggetti meno convenienti, con tale disinvoltura, con tale prontezza di spirito e con discorsi così acconci, da divertire la sua attenzione dalle parole grossolane che si udivano sulle piazze. Solo già l'atta monaca si avvide delle industrie paterne verso di lei per ringraziarne il Signore. La custodia degli occhi era il suo tema prediletto tutte le volte, che era per entrare con lei in qualche borgata, ed i motivi che ad essa recava erano l'esempio della Madonna , e il pericolo di correre in voce di sciocca e di non avvezza a veder cose nuove. E la buona fanciulla obbediva per coscienza e per non farsi burlare.
Un sol fatto, del quale noi fummo testimonii, basta per tratteggiare questo uomo venerabile, e per far intendere sotto quale maestro si formasse lo spirito di Maria Mazzarello. Negli ultimi anni di sua vita esso sedeva una sera sulla porta della casa circondato dai figliuoli e dalle loro famiglie. Ai suoi fianchi stava la moglie, la quale un giorno innanzi era stata assalita da così atroci dolori intestini da far temere della sua vita. Esso pure era affranto per ispasimi alle articolazioni, cagionate dalla sua gioventù estremamente laboriosa e dalle intemperie, e andava curvo della persona. Costretto ad un forzato riposo, benediceva il Signore di quella croce, rincrescioso solamente di non poter frequentare la chiesa. Ora quella sera mentre io m' intratteneva in famigliare conversazione sopraggiunse un amico, il quale fatto cadere il discorso sopra un certo medico di quei dintorni, stato da lui chiamato in fretta per visitare la madre di Maria Mazzarello, così esclamava con indegnazione : - Il medico m' interrogò : quanti anni ha questa donna? E saputa da me la sua età avanzata, replicò : Dunque ha già vissuto abbastanza ! E non ostante le mie vive preghiere non volle venire ! - Qui fu uno scoppio di veemente disapprovazione contro del medico tra coloro, che ascoltavano. Ma il vecchio fatto segno che si tacesse osservò : - Ebbe torto il medico per quella villana risposta, ma, se non venne chiese, però i sintomi di quel malore e prescrisse i rimedi opportuni. Siamo giusti in tutto e con tutti e sempre !
Maria Mazzarello fu degna figlia di un padre così saggio. Era instancabile nel lavoro. Dall'alba alla sera non cessava un solo istante nell' ardua fatica di coltivare i campi paterni. La sua opera valeva quella di due lavoratori robusti. I parenti ed i vicini maravigliavano per quell'ardore, che non era domato né dal caldo , nè dal freddo, né dalle lunghe giornate, né dalla fame, nè dalla sete. Gli operai condotti a pagamento erano costretti ad un lavoro quasi insopportabile, vergognando di lasciarsi vincere da una fanciulla. Il padre stesso più di una volta tentò di frenare tanta foga dicendole : - Se tu continui così, non troverò più lavoranti, che vogliano venire nei nostri campi a giornata , perché é troppo improba fatica emularti. Prendi adunque le cose più blandamente. - Ma l'indole della Maria era tale da promettere che sì, e poi sul lavoro non ricordando la promessa continuare insofferente di moderazione. Dai campi passava ai lavori di ago, occupando in questi le prime ore della sera. Certo non ebbe da rendere conto a Dio del tempo perduto.
Ed al lavoro, e senza scapito di questo, univa la preghiera. Si alzava molto tempo prima dell'alba per andare alla s. Messa ed alla Comunione, e coloro che arrivavano per i primi alla chiesa la trovavano sempre inginocchiata sulla soglia in attesa, che si aprissero le porte. Alla sera non potendosi recare a far visita al SS. Sacramento avea trovato un ripiego per soddisfare alla sua divozione.
Una finestra di sua casa prospettava la collina, sulla quale si erge la Chiesa parrocchiale. Attraverso le alte invetriate scoprivasi l'altare. Tutte le sere la popolazione vi si radunava per la recita del santo Rosario. Maria mentre cuciva alla finestra, di tratto in tratto alzava il capo osservando, e quando comparivano sull' altare le due fiammelle delle accese candele chiamava le sorelle e le cugine, si inginocchiava innanzi al davanzale , e cogli occhi fissi all' altare recitava le sue preghiere e faceva la sua visita.
Venuta la Settimana Santa non pativa di occuparsi in altro fuorché nella meditazione della passione di Gesù Cristo Salvator nostro. Il lavoro però non dovea perdere i suoi diritti, e un mese prima prolungava le sue veglie notturne di tante ore, quante prese complessivamente potessero bastare per compensare le ore di riposo spirituale, che intendeva riservarsi in quei santi giorni.
E che la sua fosse vera pietà lo dimostrava col contegno della persona , sulla quale nulla volea portare che indicasse ricercatezza. Eppure questo é un difetto tanto comune e troppo scusato nelle fanciulle. Eziandio nei giorni di festa non cercava di mettersi le vesti più appariscenti, che la mamma sua tenea sotto chiave. Se questa si fosse dimenticata di estrarle dalla guardaroba, Maria non si curava di chiederle, cosicché le amiche nelle vigilie delle feste doveano insistere, perché essa pure dimostrasse col vestito la gaiezza richiesta da quelle solennità. Però anche accondiscendendo trovava mezzo per mortificare l'amor proprio. Un giorno le fu comprato un paio di stivaletti inverniciati. Le parve troppa quell' eleganza, e senz'altro ungendoli con grasso tolse loro quel lucido.
Nelle cose poi dell' anima sua procedeva con una delicatezza ed energia di volontà meravigliosa.
Un giorno essendo il sole già vicino al tramonto, essa avviavasi a casa tenendo per mano due suoi fratellini. La sua fronte vedeasi corrugata per gravi pensieri, e un dubbio angosciava la sua coscienza. A un tratto conduce i due bambini ai piedi di un albero, li fa sedere, coglie un po' di frutta e loro la mette in mano, e, aspettatemi, dice loro, vengo subito. E via come il vento. Sale alla parrocchia e cerca del parroco. Era uscito. Ed essa scende pel colle , corre per lunghe gole ai piedi di quelle alture, e giunge ad un villaggio distante un' ora di cammino. Suonava l'Angelus. Bussa alla canonica e cerca del prete. - Ha finito di cenare adesso, risponde la serva.
- Ebbene, pregatelo che venga subito.
- Subito? Ma ha persone in casa.
- Non si disagieranno per un istante ; debbo parlargli di una cosa d'importanza.
- Attendete adunque.
- Non posso attendere, ho premura.
- Dite a me; farò la commissione e porterò la risposta.
- E un segreto ! - La serva brontolando andò non senza aver prima squadrato da capo a piedi quella piccola importuna con aria stizzita.
Il sacerdote viene sulla piazza, ed ha appena tempo a mirare chi cercasse di lui, che la giovinetta senza preamboli gli espone il suo piccolo caso di coscienza e conchiude : - Ho fatto peccato ?
Il prete stupito di tanta delicatezza di coscienza le risponde : - E una cosa da niente ; potevi stare tranquilla. - E la Marietta insiste : - Dunque posso fare la mia comunione ? - Ma certo, replica il sacerdote, e voleva ancor proseguire il ragionamento. Ma la fanciulla lo riverisce, e più ratta che il vento corse ai fratellini , che mezzi impauriti per la solitudine faceano già bocca da piangere.
Questo tratto ci pinge al vivo le meraviglie, che la grazia di Dio andava sin d'allora operando in questa prediletta fanciulla.
Sopra di una delle più belle colline del Monferrato sorge un ragguardevole paese di circa quattromila anime, diviso in tre parrocchie, di cui la principale, di Santa Maria Nuova, é Vicaria e Collegiata. Governata per quasi cinquant'anni dal Prevosto D. Nicolao Roggero , che per pietà e dottrina fu la perla della Diocesi Casalese, la Parrocchia di Santa Maria di Lu era riguardata siccome il modello fra tutte: così splendidamente rifulgevano le' virtù cristiane in ogni sua famiglia. Quindi la morte di questo amorevole e zelantissimo Pastore avvenuta nel 1870 segnò una sventura non solo per la detta Parrocchia, ma per tutto il paese, sì per la perdita irreparabile dì un tant' uomo, che era per tutti l' angelo del buon consiglio, e sì perché l'irregolare procedere dei patroni sbarrarono le porte al suo successore. Undici anni perciò si dovettero passare in liti contro i patroni medesimi, lodevolmente sostenute dal Vescovo di Casale, dal Parroco eletto e dal Municipio di Lu; le quali, vinte, diedero finalmente il Pastore al gregge, il Padre ai figli. E questo Pastore e Padre é il Teol. D. Alessandro Ganora da Moncalvo , ultimamente faciente funzione di Parroco nella Cattedrale Casalese, dove si é procacciata la stima e l' amore di tutti gli ordini della cittadinanza.
Il 21 dell'or passato agosto, festa del patriarca s. Gioachino ed onomastico del Santo Padre, fu da lui scelto pel solenne ingresso nella sua Parrocchia. La nostra penna é inetta a descrivere adeguatamente lo splendore delle dimostrazioni e delle accoglìenze , che quel divoto ed amorevole gregge fece in quel giorno al suo sospirato Pastore. Clero e popolo, con a capo il Municipio intiero, garreggiarono nel prodigargli sincerissimi argomenti di stima, di venerazione e di amore.
Accompagnato da vani membri del Clero Casalese, tra cui il pio ed esimio Rettore del Seminario, il Prof. D. Giuseppe Vigliani, il nuovo Prevosto circa le ore dieci del mattino scese alle porte di Lu, sotto uno sfarzoso padiglione parato a mo' di cappella.
Il primo a dargli il benvenuto a nome della Comunità fu l'illustre e benemerito Sindaco , il Sig. Giovanni Ribaldone , circondato da tutto il Consiglio Municipale e dai fabbricieri; poscia per parte del Capitolo della Collegiata gli rivolgeva affettuose parole il Sig. Canonico Giovanni Garlando economo spirituale, che in quell'atto gli rimetteva la cura della Parrocchia da lui per sì lungo tempo amministrata ; in fine il Sig. D. Feliciano Fracchia Arciprete di S. Giacomo gli leggeva una compita allocuzione pel rimanente del Clero delle tre parrocchie. Dopo ciò, tra due ali compatte di affollato popolo, per un tratto di via di circa un mezzo chilometro, tutto parato a festa: co' più begli ornamenti che si avessero nelle case,, al canto del Benedictus tramezzato da dolci sinfonie della banda musicale, sfilavano in divota processione le Confraternite della Parrocchia, e poi il numeroso Clero accorso dai vicini paesi. Dietro a tutti, vestito di cotta e adorno di ricca stola, incedeva il novello Prevosto, che alla vista di un apparato così magnifico ed inatteso, alla vista di uno immenso popolo accalcato lietamente sopra i suoi passi , avido di bearsi per la prima volta nel suo caro aspetto, si sentiva l'animo siffattamente commosso , che dagli occhi gli scorrevano dolcissime lagrime. Entrati in Chiesa, il Rettore del Seminario saliva il pulpito, e presentava al gregge il suo Pastore facendogli un breve encomio, e conchiudendo che l'elogio più bello glielo facevano i parrocchiani con un'accoglienza così splendida ed amorosa, che maggiore non si sarebbe potuto aspettare. Ascendeva poscia al luogo stesso il nuovo Prevosto. Tutti gli sguardi a lui si rivolsero pendendo attenti dalle sue labbra, che per la prima volta si scioglievano da quella cattedra di verità. Con un accento sonoro, con una parola affettuosa e vibrata, egli ringraziò il suo popolo dell'amor che gli dimostrava, felice di essergli Pastore ; disse brevemente dei doveri del parroco e dei parrocchiani, e pose fine al suo dire con queste parole. Vi sarò amico, fratello e padre.
Erano le undici e mezzo, e dovevasi ancora cantare la Messa Solenne. Presi pertanto i sacri paramenti, il novello Pastore saliva all'altare e dava principio all'augusto sacrifizio, assistito dal Clero e dal popolo, dal Municipio e dalle Società Operaie coi loro presidenti. Perché le sacre funzioni riuscissero più decorose si chiamarono eziandio gli allievi Salesiani del nostro vicino Collegio di Borgo S. Martino, che, accompagnati dall'abile maestro Angelo Manfredi organista di Mirabello , eseguirono in musica , con generale soddisfazione, la messa e i vespri di D. Cagliero. La Messa finiva ad un'ora dopo mezzogiorno.
Al pranzo erano presenti oltre a sessanta invitati. Al levare delle mense il M. R. D. Angelo Grignolio parroco di Villanova-Casale , a nome della Parrocchia di Santa Maria di Lu, leggeva con maestosa voce una bellissima ode , di cui ci piace di qui riprodurre i versi seguenti:
Or vien, Pastor, tranquillamente siedi, Da questo dì, tra noi;
Vieni securo e lieto. Oh! credi credi
Che a noi sei caro, e che qual Padre amato In mezzo a figli tuoi
Vivrai felice, anzi direi, beato.
Seguirono poscia varii brindisi e calorose parlate. Parlò il Sig. Canonico Carlo Albano di Casale, e salutò il nuovo Prevosto a nome suo e del Capitolo della Cattedrale ; lesse quindi alcuni spontanei versi l'esimio Prevosto di Conzano, Don Francesco Barberis; il Teol. D. Costantino Lupano, ancor egli neo-Prevosto di Moncalvo, felicitava l'illustre collega per parte dei suoi compatriotti Moncalvesi; e il Sac. D. Giovanni Minina Rettore di Sant'Ilario in Casale con mesti accenti deplorava la perdita, che la capitale del Monferrato faceva del Teol. D. Ganora, ceduto a malincuore alla Parrocchia di Lu e colla speranza di riaverlo. Queste ultime parole diedero luogo ad una viva ed onorevole disputa tra varii invitati di Casale e di Lu, cui venne a por fine un brindisi fatto da uno dei nostri Confratelli, inviato a rappresentare in quella fausta occasione la casa delle nostre Suore di Maria Ausiliatrice, che da più anni attendono in quel paese ospitale alla cultura dei bimbi nell'Asilo, e delle fanciulle nell' Oratorio festivo. Così egli approssimativamente favellò:
« Siami lecito di unire agli altri anche un mio povero brindisi, e metter fine ad una disputa, che cotanto onora il nuovo Prevosto, poiché soltanto le cose preziose possono essere siffattamente contese. Io porto il mio brindisi a nome di D. Bosco, che trattenuto altrove non poté prendere parte a questa festa in persona, ma la prende vivissima in ispirito e col cuore. Il mio brindisi ha più significati; significa ammirazione , gioia , lode e speranza. Significa ammirazione per le egregie virtù dell'illustre ecclesiastico, oggetto di questa solennità da undici anni sospirata. Significa gioia per mirare oggi finalmente soddisfatti i voti di tanti cuori, e coronate le fatiche e le sollecitudini di tante persone, che col consiglio e colla mano cooperarono a dare un tal Capo ad una popolazione, che per virtù cristiane fu già ed é tuttora il fiore della diocesi Casalese. Significa lode; lode a Dio, che esaudì le preghiere di tante anime buone ; lode alla Vergine Immacolata, che interpose presso di Lui la potente ed amorosa sua intercessione; lode al Municipio, lode al Sindaco, che furono i principali strumenti, dei quali la Divina Provvidenza siasi servita per preparare la via, e aprire le porte di questo ovile al suo Eletto Pastore. Significa speranza , o meglio certezza di sommi beni per questa Parrocchia. Ottimo consiglio si fu il prenderne solenne possesso in questo giorno. Oggi si celebra la festa di san Gioachino fortunato Padre di Maria, e col portarsi in questo dì tra il suo popolo il Teol. Alessandro Ganora dice col fatto stesso : Popolo mio, io farò per te quello, che s. Gioachino fece per Maria. Io termino il mio povero brindisi; e ricordando che oggi é pure l'onomastico del Santo Padre Leone XIII, mando un evviva a tre nomi carissimi , o meglio alla dignità di cui sono investiti. A Leone e grido: Viva il Papa; ad Alessandro ed esclamo: - Viva il nuovo Prevosto ; a Giovanni, e dico: Viva il Sindaco. »
La cordialissima festa, dopo le sacre funzioni, veniva alla sera coronata col bruciare per aria di numerosi razzi , con fuochi artifiziali e con una splendida illuminazione, tra cui a caratteri cubitali sulla maggior piazza del paese leggevansi formate di vivida luce queste parole : Evviva Don Alessandro Ganora. Cosa pur consolante si fu che, in mezzo a tanto movimento di gente, non si ebbe a lamentare il più lieve disordine; e il popolo di Lu mostrossi in quel giorno non solamente divoto e pio, ma ordinato e civile. Non possiamo chiudere questa relazione, che la mancanza di spazio ci impone di troncare a mezzo, senza tributare un ben meritato encomio a chi nell' apparecchio di quella solenne dimostrazione seppe farsi così saggiamente guida allo slancio della popolazione. Un encomio all'intiero Municipio, che interpretò così bene la volontà dei suoi amministrati ; un encomio al Clero delle varie parrocchie, un encomio sopratutto al M. R. Sig. D. Grossetti, che, fattosi capo di un operoso Comitato, fu l'anima di tutti.
Una nostra Cooperatrice, avendo letto i due volumetti intitolati Ginetta e Claurina, usciti dalla nostra Tipografia di Torino , metteva in iscritto le soavi impressioni avutene. Stimiamo utile il pubblicarle per norma di chi volesse provvedersi i libretti sopra accennati.
« Niuna, o ben poche saranno le Cooperatrici che ignorano la vita di Ginetta Marchini. Tutte, nella nostra fanciullezza, abbiamo pianto al patetico racconto della conversione di Felicina avvenuta per opera di lei ; nel seguire il rapido corso della malattia, che di soli nove anni la rapiva per sempre ai desolati genitori, e nello scorrere quel capitolo ov' é descritta la cerimonia della sua prima Comunione, che doveva pure esser l'ultima Chi non ricorda le benefiche impressioni di quel dolcissimo libro ?... Gli anni passarono. Qualcuna di noi ha adesso delle sorelline, su per giù, dell'età nostra d'allora, delle bambine, che hanno quasi identico il bell'esteriore della Ginetta, e delle felici disposizioni per imitarla nelle virtù.
« Oh! che bel mezzo di cooperare al bene non ci si presenta nella nuova edizione, che per opera della benemerita Tipografia Salesiana venne fatta quest'anno di quel caro libretto ! E cosí graziosa ! E nelle Scuole Cattoliche si é scelta anche per premio alle alunne più diligenti. Ebbene , facciamo dono di questo bel tesoretto alle nostre bambine e sorelle. Esse troveranno sicura in quelle pagine la materia cristiana di che formarsi il tenero cuoricino, alimentandone la sensibilità coi più dolci affetti di Dio, della famiglia e degli infelici. Sono di avviso che la lettura attenta di quella vita basti a rendere una fanciulla un angiolo della famiglia.
« Claudina Rigollotti non si disgiunge da Ginetta nell'edizione accennata. Le vien dopo quasi a mostrare una virtù per circostanze diverse resa più difficile, fatta più perfetta da contrarietà dolorose.
« Anche in questa vita, tuttoché santa, nessun dono grandemente soprannaturale ; ma affetti virtuosamente sentiti, soavi virtù di umiltà, di carità, di purità e d'obbedienza, modestamente praticate con ischietta semplicità, con quella grazia affettuosa che é l'aroma della vera divozione, l'amore irresistibile della Religione nostra soavissima.
« In Claudina Rigollotti possono pur apprendere le giovinette come correggersi di certi difetti comuni a non poche fanciulle, e dallo sforzo che costarono a Lei, che lottando con sé stessa voleva vincere, premunirsi di coraggio e di fede contro le diffcoltà inevitabili per diventare virtuose, per attendere alla perfezione che Gesù Cristo richiede.
« Nulla dirò della maniera con cui vengono esposte queste due pie e commoventi istorie. A tutti é nota la semplicità graziosa dello stile, l'elegante facondia, la purezza della lingua negli scritti del chiarissimo Sig. Martinengo. Ora queste doti speciose, abbellendo d'entrambe il delicato tessuto, concorrono certamente a darvi maggior efficacia, lasciando esse nell' animo di chi legge , quasi a sua insaputa, una non infeconda commozione di sincero amore per la virtù. - Prezzo del primo racconto : L. 0 60 ; del secondo : L. 0 25.
« Il dolore, come con molta sublimità e saggezza ne scrive il celebre P. Faber, é la sostanza della vita naturale dell' uomo , e potrebbe quasi definirsi essere la sua naturale capacità del soprannaturale. La gioia, quando non è alternata col dolore, non é che una debole ombra. La potenza dell'arte sta nella infelicità. Nessuna poesia è accetta dalla mente di una nazione , e può mantenervisi , se non porta seco un peso di tristezza. Glorificare il dolore é una delle funzioni più sublimi della cetra, dello scalpello e del pennello. Nulla é per l' uomo interessante a lungo, se non é in qualche modo collegato col dolore. Tutto ciò che alla vita umana é commovente, patetico, drammatico è connesso col dolore. Questo é la poesia di una nazione decaduta, d'un popolo nell'esiglio, in una valle di lagrime chiusa alla sua estremità, quale oscura gola di morte... La simpatia é il vincolo dei cuori, ed ogni simpatia ha nelle sue vene un po' di sangue angoscioso. »
Le più grandi figure dell'antichità, i più sommi ingegni, i più celebrati e magnanimi eroi, i martiri più insigni e gloriosi , i santi stessi più eletti e venerandi, tutti furono vivamente segnati colle sacre stimate del dolore. Se dalla vita dell'uman genere togliamo il dolor., direi quasi, che cancelliamo l'impronta vieppiù luminosa della vita istessa ; perocché il dolore, sino dai primi istanti che noi apriamo le luci al inondo, s'asside e veglia al nostro fianco , assiduamente lunghesso il cammino del viver nostro ne accompagna, né mai si ristà , finchè dal letto di morte non veniamo pietosamente calati fra il silenzio e l'oscurità di una povera ed avara fossa. Mentre la gioia ed il piacere « momentanea pazzia » come ben la definisce Platone , non fanno che snervare la natura stessa dell'uomo, debilitarne i sentimenti più gagliardi e generosi, e le facoltà della mente bene spesso intorbidire e guastare ; il dolore, eroicamente sostenuto, rafforza, ritempra, come il fuoco l'acciaio, l'animo umano, lo nobilita più che mai, rendendolo atto ad ogni più bella ed onorevole impresa, a egregie e laudabili cose.
« La Religione, dice lo stesso P. Faber, fece al dolore aggiunte anzichè sottrazioni. La nostra doglia é ora più pura, perché da lei vennero sbanditi i tristi presagi e la disperazione... Ogni divozione contiene un elemento di morbidezza, che se non é doglia , le é molto affine ed analoga. »
E di fatto non fummo noi tutti dal dolore redenti? E l'Ostia santissima immolata sull'altare dell'Eterno per la nostra salvezza, la Vittima augusta che Dio richiedeva perché noi fossimo salvi, non é il prototipo stesso , il principe , il re dei dolori, cioé G. Cristo ? E a fianco di lui non veggiamo noi una seconda e non meno nobile e grandiosa figura, Maria Vergine, la madre dei dolori? Prima che Gesù e Maria venissero al mondo e vuotassero il calice abbeverato di amarissimo fiele , che cosa era mai il soffrire ed il patire quaggiù per l'umanità ? Non dirò sterile, ma infruttuoso. E chi lo rese fecondo se non Cristo e Maria? chi lo nobilitò, o, dirò meglio, divinizzò se non Iddio stesso?
Gesù , Maria ! Ecco i due protagonisti di una delle più grandi Epopee, che si siano mai svolte su questa terra !
Egli è pertanto dietro Gesù e Maria che noi dobbiamo modellare la nostra vita , sforzandoci , per meglio che possiamo, di imitare gli esempi di virtù da essi lasciati. Questa é la stella che noi dobbiamo vagheggiare, l'aria che dobbiamo respirare, la luce cui dobbiamo ispirarci.
Il ch.mo P. Antonio Pellicani (che i nostri lettori conosceranno già da lunga pezza) ispirandosi ai dolori di Maria Santissima ha voluto farci dono di un bellissimo libretto , scritto con tanta semplicità, naturalezza e buon gusto, non ché con tanta grazia, unzione e pietà che t'innamora dei dolori della Vergine. Chi ama pertanto Maria e ne compatisce gli atroci spasimi , chi vuol piangere amarissime lacrime con Lei, e tributarle gloria ed onore come corredentrice dell' uman genere ; chi finalmente vuole aver con sé uno di quei libretti che si chiamano veri gioielli, faccia acquisto appunto di questo che noi al pubblico annunziamo e caldamente raccomandiamo.
I Sette Dolori della Madonna esposti alla pietà dei fedeli dal P. A. Pellicani. Libreria Salesiana, Torino, cent. 30.
La Domenica 11 corrente ha luogo un pellegrinaggio regionale Veneto al Santuario di Maria Vergine di Monte Berico presso Vicenza, in preparazione al pellegrinaggio italiano a Roma per l'acquisto del Santo Giubileo.
Per questa fausta occasione un zelante sacerdote Vicentino, nostro Cooperatore, D. Antonio Giorgio Contrada, pubblicò una sua raccolta di affettuosi versi, coi quali inneggia a Gesù, Maria e Giuseppe, dedicandoli alla memoria del Grande Pio IX e al degno suo successore Leone XIII.
Nella squisita sua bontà il religioso poeta si degnò di cedere a benefizio delle opere Salesiane quanto ricaverà dallo smercio della sua operetta, detratte le spese di stampa.
Mentre lodiamo il pio pensiero di consacrare la lira a lodare quanto vi ha di più bello e di più dolce in cielo ed in terra, ringraziamo l'amorevole e degno nostro Cooperatore dell'esimia carità sua, e gliene preghiamo da Dio , dalla Vergine Immacolata e dal purissimo suo Sposo, ogni più eletta benedizione,
AVVISO.
Mancandoci ancora qualche documento, la Storia dell'Oratorio la daremo un altro mese.
Ogni Cooperatore può acquistare Indulgenza plenaria una volta al giorno, da applicarsi alle anime del Purgatorio, recitando la terza parte del Rosario di Maria Vergine avanti al SS. Sacramento, e non potendo avanti al divin Sacramento, recitandola innanzi al Crocefisso.
Indulgenza plenaria ogni volta che si accosta alla santa Comunione.
Può altresì lucrare moltissime Indulgenze plenarie nel corso del giorno, mediante la recita di sei Pater, Ave e Gloria , secondo la mente del Sommo Pontefice. E queste indulgenze applicabili alle anime purganti, le può acquistare toties quoties. ossia tutte le volte che recita i suddetti Pater, Ave e Gloria in qualunque luogo senza bisogno di Confessione e Comunione purchè sia in grazia di Dio.
Oltre a queste, un' altra Plenaria ne può guadagnare ogni domenica, e nei giorni qui sotto notati, purché confessato negli otto giorni, e comunicato visiti una qualche chiesa . pregandovi secondo la mente del Sommo Pontefice.
1. Beata Lodovica di Savoia.
2. Solennità del S. Rosario di Maria Vergine. 3. Santi Angeli Custodi. 4. S. Francesco di Assisi. 8. Santa Brigida.
9. Maternità di Maria Vergine. 16. Purità di Maria SS. 19. S. Pietro di Alcantara.
23. S. Giovanni da Capistrano.
28. Santi Apostoli Simone e Giuda.
Con permesso dell'Aut. eccl. - FERRARI GIUSEPPE gerente respons.
Tip. di San Vincenzo Do' Paoli, Sampierdarena 1881.