ANNO V. N. 8. Esce una volta al mese. AGOSTO 1881
Direzione nell' Oratorio Salesiano. - Via Cottolengo N. 32, TORINO
SOMMARIO - I Salesiani ed i loro Cooperatori e Cooperatrici nel Giorno Onomastico di Leone XIII -Due fatti memorandi -- La Direzione al Sacro Cuore di Gesù sorgente di grazie e benedizioni - La Chiesa del Sacro Cuore in Roma - Dolci lamenti di un Vescovo - Le Case Salesiane dell'Uruguay nel Giorno Onomastico di D.. Bosco - La festa di S. Basilio e l'Arcivescovo di Messina in Randazzo - Il benvenuto all'Arcivescovo nel suo primo ingresso al Collegio di Randazzo - L'Arcivescovo a Don Bosco - Storia dell' Oratorio di San Francesco di Sales - D. Gaudenzio - I Figli primogeniti intorno al Padre - Indulgenze speciali pei Cooperatori Salesiani.
Santissimo Padre
Il 21 del corrente Agosto ricorre la Festa del glorioso Patriarca S. Gioachino, del quale al fonte battesimale Voi ereditaste il nome, per ricopiarne postiti le sublimi virtù , e farle sfolgoreggiare tra i mortali oggi sovratutto, che sedete sul più alto e venerando trono del mondo, sulla Cattedra del Beatissimo Pietro.
Quali figliuoli bennati noi cogliamo volonterosi questa fausta occasione per unirci coi Cattolici dell'Orbe universo, e presentarvi l'ossequio della nostra mente, l'omaggio del nostro cuore. Anzitutto protestiamo che Vi amiamo e Vi ameremo sino alla morte. Prendiamo viva parte alle Vostre gioie e alle Vostre pene; e vorremmo quelle accrescervi a mille doppi, e queste diminuirvi, anzi togliervi affatto a costo pur anche della nostra vita.
Siccome tanto non ci è dato, Vi promettiamo per altro di attendere con alacrità ad un'opera, la cui felice riuscita sappiamo tornare di grande consolazione alla Santità Vostra. Voi vi degnaste, o Beatissimo Padre, di affidare alla nostra carità e sollecitudine la costruzione della Chiesa al Sacro Cuore di Gesù nella Vostra Roma, e dell' unito Ospizio pei giovanetti poveri ed abbandonati: e lo zelo della gloria di Dio e della salute delle anime Vi fa desiderare di vedere presto innalzato questo sacro Monumento.
Or bene ad onore del divin Salvatore, a sollievo di tanti poveri giovani, a soddisfazione del Vostro paterno cuore , noi non verremo meno alla fiducia , che in noi riponeste. Per il che non risparmieremo fatiche ; non cederemo a sacrifizi e a stenti; faremo risparmii in famiglia ; rinunzieremo a divertimenti e a sollazzi ; in una parola tutto metteremo in opera per raccogliere e somministrare i mezzi acconci al compimento della grande impresa.
E Voi, Beatissimo Padre, continuateci la sovrana Vostra benevolenza, che tanto ci muove e sprona a lavorar per Dio; proseguite ad alzare le vostre mani al Cielo per attirarcene lume e conforto ; e noi nella nostra pochezza non cesseremo di cooperare e col consiglio e colla mano alla maggior gloria di Gesù Cristo, all'esaltazione di Santa Madre Chiesa , al benessere della fanciullezza e della gioventù, dalla cui buona o cattiva instituzione dipende oggimai la vita o la morte della Civile Società.
Nella prima metà dello scorso luglio si sono compiuti in Roma due fatti, dei quali dobbiamo almeno pigliar nota.
Il primo si é l'inaugurazione al divin culto della provvisoria Cappella parrocchiale, dedicata al Sacro Cuore di Gesù, ed ufficiata dal Sacerdote Don Francesco Dalmazzo, Procuratore dei Salesiani, che ne é eletto Parroco. Il giorno 10 di detto mese alle ore 7 del mattino l'Eminentissimo Cardinale Raffaele Monaco La Valletta, Vicario di Sua Santità, circondato da varii illustri membri del Clero Romano , benediceva , secondo il rito, la nuova Chiesetta e poscia vi celebrava la santa Messa. Terminata la bella funzione Sua Eminenza Rev.ma degnavasi di salire nella Casa dei Salesiani, visitare i lavori della Chiesa del Sacro Cuore, e con nobili parole esternarne l' alta sua soddisfazione. Egli, che tanto si é adoperato e tuttor si adopera, perché sia eretto in Roma un nuovo monumento di divozione e di amore al Cuor di Gesù e di carità cattolica , provò veramente in quei momenti una grande consolazione, preludio di quella assai maggiore, che il Signore gli riserba pei giorno, che si farà l'inaugurazione del grandioso Tempio e dell'annesso Ospizio, a salute di tanti poveri giovani, che con immenso cordoglio del Santo Padre e del suo degno Vicario stanno ora vagolando per l' Alma Città presso a cader vittime del vizio e dell'eresia.
Poco tempo dopo un altro fatto, aveva pur luogo nelle vie di Roma, e fu il trasporto delle venerande spoglie del compianto Pio IX dalla basilica Vaticana, in cui provvisoriamente riposavano, alla Chiesa di S. Lorenzo fuori delle mura, dove per testamento egli si era scelto il sepolcro. Il trasporto avvenne nella notte dal 12 al 13 luglio. Una immensa folla di fedeli Romani per tutto il tragitto, che durò dalla mezzanotte sino verso le tre del mattino, gli fecero divota corona pregando, salmeggiando e soffrendo. L' indole del nostro periodico ed altre ragioni non ci permettono dirne di più. Onde la penna, che tuttor ci freme tra mano, deponiamo riverenti sulla tomba del gran Pio, compiendo ad onor suo un atto eroico di abnegazione.
Fin dal secolo passato, e soprattutto in questo, la società cristiana pervertita da falsi sapienti e da empii legislatori tende ad allontanarsi da Gesù Cristo suo Salvatore. Difatto ormai più non lo conosce, né tampoco lo ama , e correndo intanto alla rovina va precipitando in uno stato peggiore del paganesimo. I delitti e le scelleratezze, che si vanno commettendo tuttodì in quei paesi stessi, che non ha guari portavano ancora il vanto di paesi modelli per religione e buon costume, ce ne presentano una prova invincibile. Ora tra i mezzi più acconci a conservare e ricondurre gli uomini al divin Salvatore, ella si é la divozione al suo Sacratissimo Cuore. Questa divozione é posta quale argine potente all'irrompere del mal costume ; ed essa col riaccendere la fede e l'amore verso Gesù Cristo fa ad un tempo rifiorire nel mondo le virtù dei primi cristiani.
Che così essere dovesse era stato prenunziato fin dal secolo XIII da santa Gertrude. In un'estasi d' amore ella trovossi un giorno a gustare le delizie sovrumane sul Cuore di Gesù in compagnia dell'apostolo prediletto s. Giovanni Evangelista. Inebriata di gioia sì pura la santa domandò all' amato discepolo perché mai egli, che aveva nell'ultima cena gustato pel primo le dolcezze di quel divin Cuore, non le avesse poi fatte conoscere ai primitivi cristiani. San Giovanni le rispose : « Iddio si è riservato di far conoscere questa divozione negli ultimi tempi, quando il mondo comincierà a cadere nella decrepitezza, a fine di rianimare la fiamma della carità, che allora si sarà raffreddata. »
Per la qual cosa la divozione al Sacro Cuore di Gesù, che da due secoli si va propagando tra il popolo cristiano , entra nell' ordine della divina Provvidenza, e il professarla e diffonderla é un segno non dubbio di eterna predestinazione.
La persona scelta in particolar modo a far conoscere e spargere nel mondo la divozione al Sacratissimo Cuore fu la Beata Margherita Maria Alacoque , Figlia dell' Istituto della Visitazione, fondato dallo stesso S. Francesco di Sales fin dal 1610. Affinché ella potesse più facilmente compiere l'onorevole incarico, il divin Salvatore le si mostrò largo di amorose finezze di comparse, di rivelazioni, di grazie straordinarie, delle quali non possiamo per ora intrattenerci. Quello che vogliamo invece segnalare sono le promesse di grandi favori , che per mezzo di lei Egli fece a tutti coloro, che avessero abbracciata e propagata la divozione al suo divin Cuore. Noi ne mettiamo qui le principali, affinché i nostri Cooperatori e Cooperatrici sieno vie più eccitati a mostrarsi divoti del Cuor di Gesù e colle parole e coi fatti. Esse sono le seguenti:
I. Io darò loro tutte le grazie necessarie pel proprio stato.
II. Metterò la pace nelle loro famiglie.
!II. Li consolerò in tutte le loro afflizioni.
IV. Sarò il loro asilo sicuro in vita e specialmente in morte.
V. Spargerò abbondanti benedizioni sopra le loro imprese.
VI. I peccatori troveranno nel mio Cuore la fonte
e l'oceano infinito della misericordia.
VII. Le anime tiepide s'infervoreranno.
VIII. Le anime fervorose giungeranno rapidamente ad una grande perfezione.
IX. Io benedirò le case dove l'immagine del mio Divin Cuore verrà esposta ed onorata.
X. Darò ai Sacerdoti il dono di commuovere i cuori più induriti.
XI. Le persone che propagheranno questa divozione avranno il loro nome scritto nel mio Cuore, e non sarà cancellato giammai.
Il 20 del corrente da Baveno si spediscono a Roma 4 colossali aggetti ossia lesene di granito bianco, destinati alla Chiesa del Sacro Cuore di Gesù. Ciascheduna lesena costa L. 1800 , e compresa la sua base e capitello L. 3200.
Diamo queste notizie colla speranza, che qualche persona benestante e caritatevole voglia proferirsi ad assumersene la spesa, a fine di lasciare in quella Chiesa monumentale una prova imperitura della sua pietà verso il Cuore di Gesù, e di venerazione alla memoria del grande Pio IX.
In pari tempo facciamo sapere che dalla metà di luglio in qua i lavori progrediscono con tanto fervore, che. il sig. architetto Vespignani ha creduto bene di avvertirci, che questo mese per pagare gli operai invece di 15 mila occorreranno 30 mila lire. Voglia il buon Dio mandarci i mezzi in proporzione che aumentano i bisogni.
L'anno 1877 passando da noi in Torino Mons. Pietro Lacerda, Vescovo della capitale del Brasile , faceva vive istanze per avere nella vastissima sua diocesi una Casa di Salesiani; e noi che vorremmo poter recare i deboli nostri aiuti ovunque si scorge un bisogno, gliene abbiamo fatto concepire lieta speranza. Ma la necessità di sostenere le numerose Case aperte nelle due vicine republiche ed altrove ; la morte che colla stia inesorabile falce ci venne a rapire varii utilissimi membri, ed anche le febbri gialle , che nei passati anni andavano serpeggiando sulle spiagge brasiliane c' impedirono di soddisfare le ardenti brame del pio Prelato. Or questo nostro indugio ci meritò ultimamente da lui una lettera di dolci lamenti, che noi crediamo bene di mettere sotto gli occhi dei nostri lettori, affinchè vie meglio conoscano in quale stato deplorabile si trovino tante anime nell'America, e quanto sia conforme alla ragione ed alla pietà cristiana l'andare loro in aiuto. Quello che intendiamo di fare il diremo in appresso.
Rio Janeiro in Brasile, 13 aprile 1881.
Carissimo SIG. D. Bosco,
Dall'anno 1877 sino a questo giorno, cioé per il lungo spazio di circa quattro anni, ho aspettato i Salesiani , domandati , promessi , ma non venuti mai. Sì, lo credo, anzi lo vedo, é impossibile la venuta di quattro coadiutori ed un prete della Congregazione di D. Bosco , perché le circostanze d'Italia così vogliono. Alcuni sono andati in Roma per ordine di Pio IX e di Leone XIII, altri molti sono partiti pii di tre volte, e ancora poco fa , per le missioni della Patagonia , altri sono stati mandati in Francia ed altrove ; dunque mancano molti soggetti , e perciò non se ne trovano più per venire in Brasiie nella povera casa di Jurujuba. Pazienza ! Ma la pazienza si stanca dopo quattro anni. E come la cosa è impossibile, e ad impossibilia nemo tenetur, ed anzi è sciocchezza aspettare cosa impossibile, che si rende ogni giorno più impossibile, finiamo l'affare.
Ringrazio di cuore la bontà di V. R. che con tutta amorevolezza mi diede presto il si tanto bramato ; la ringrazio della sua buona volontà e de' suoi Salesiani; la ringrazio del suo tanto desiderio di fare un gran bene a questa mia desolata diocesi. Ma Iddio non vuole.... ed io non lo merito.... Che fare ? Chinare il capo e dire Sia fatta la volontà del Signore, ed anche quella di D. Bosco, e più ancora delle circostanze.
Ohimé ! e quanto bene si farebbe qui ! e quanto ho perduto per la morte di quei, che stavano pronti ad aiutarmi nello stabilimento tanto gradito di arti e mestieri diretto dai Salesiani! Ed ogni volta che il giornale religioso di Rio Janeiro dava notizia di D. Bosco e de' suoi (e l'ha fatto spesso) tosto mi domandavano : e quando verranno i Salesiani aspettati e promessici? Povero me ! Speranze da sognatore... Consummatum est... Non avrò più i Salesiani , e neppure li aspetto più ! Ed è pure inutile domandarli al Papa, come sono stato consigliato, sopra il che già scrissi a V. R. una lunga lettera.
L'anno scorso aveva intenzione di ritornare in Italia e in Torino, per parlare con V. R. sopra questa venuta de' suoi Salesiani e menarli con me, ma invece andai in visita pastorale, nella quale ho speso dieci mesi per visitare soltanto 6 parrocchie delle più lontane ed abbandonate... Oh quanto si lavorò..: Per la prima volta ho veduto alcuni selvaggi... Ed anche quest'anno pare difficile, per non dire impossibile, la mia venuta a Torino.
Addio dunque ai carissimi Salesiani miei! Miei?.... Questo é stato un sogno, un lampo di speranza, sparito, svanito nell'ampio spazio di quattro anni. Ho sotto gli occhi quei versi, che mi hanno recitati nel 1877 nel refettorio di Torino
Perchè pensoso intorno il guardo volgi Su questa di Leviti eletta schiera? Forse del tuo Janeiro alla riviera Nell'affannoso cor pensi e sospiri.
Dopo si parla di Giovanni, che aiuta Pietro nella sua barca, e si conchiude:
Il tuo Giovanni la sua nave appresta...
(E quattro anni non bastarono per apprestarla). Gli ultimi versi suonano così:
Dice D. Bosco a Te : Pastor tu sei... T'arde per me nel cuor fiamma di padre, Ecco già sono tuoi i figli miei.
Oh speranze dileguate! E non saranno figli miei i figli di D. Bosco? Tanto meglio, non per me, ma per essi... Sarebbe una specie di miracolo, cum natura duos non det habere patres.
E misero me ! che padre sarei stato ! Povero, con due milioni di figli, senza molti mezzi, e gemendo sotto innumere difficoltà di ogni genere, con 130 preti morti in tempo mio, e soltanto 12 nuovi ordinati da me dopo 12 anni di episcopato! È vero che ho veduto meraviglie e miracoli di misericordia divina stupendissimi , ma quanto mance nelle cose più necessarie ! E non vi sono vocazioni. Nel Seminario Maggiore sono appena tre in teologia, nel Minore ve ne sono 70, ma ove sono le vocazioni?... Dunque... Non saranno figli miei i figli tuoi. - Non devo lusingarmi! Sono più che mai chiare le ragioni, per le quali i Salesiani non verranno mai a Rio Janeiro. Nondimeno quante e quante volte passavano innanzi a questo porto per andare al Rio della Plata? Ed or che dirò? Siccome dei Salesiani actum est, così devo pensare ad altre cose ed affari di coscienza.
Non posso più ritardare l'affitto tanto bramato da alcuni della casa destinata pel primo Ricovero dei Salesiani. Come la casa appartiene al Seminario, ho scrupoli di aspettare ancora i Salesiani, e perciò di lasciare il Seminario senza rendita.
Ma ecco che mi occorre un pensiero, ed è l'Ultimatum decisivo.
Se per miracolo inaspettato (oh utinam, utinam!) l'impossibile diventasse possibile ; e che tre o quattro Salesiani (veda quanto é modesto il mio desiderio e la mia domanda) con un Sacerdote potesse venire, V. R. mi spedisca subito un telegramma dicendo queste parole: Giugno andranno cinque.
E bisogna spedire subito il telegramma, perché io sappia come fare e preparare le cose, ed anche perché devo pensare alla visita di questo anno, dalla quale ritornai solo poc'anzi. Fra un mese il telegramma può esser qui, cioè alla metà di maggio. Dopo il telegramma mi farà scrivere una lettera lunga , lunga. Per il pagamento del telegramma, come dei volumi dello Scavini che io ricevetti , e per qualunque cosa io deva, V. R. si rimborsi colla somma che ho depositato nelle sue mani. Se poi i Salesiani non verranno, sarà inutile il telegramma.
Mi perdoni il mio povero italiano; é molto tempo che non lo scrivo, e mi manca tempo e pazienza per studiarlo adesso.
Ecco altre notizie. - Quel Canonico Vianna, che fu meco in Torino, é morto il primo gennaio di questo anno, dopo due mesi di patimenti. L'altro prete malaticcio, di nome Telle, sta benissimo e lavora moltissimo con me nella visita. Preghi e faccia pregare per Vianna, per carità, e per me e per la venuta dei Salesiani in Rio Janeiro.
Ah ! caro D. Bosco, quanto mi costa al cuore il dare l'ultimo addio alle mie speranze di quattro anni sempre dileguate! In Paradiso avrò il piacere di vivere con D. Bosco e con i suoi Salesiani. Colà avremo tutti un solo e stesso Padre, Iddio, e non vi saranno più figli miei e figli tuoi, ma tutti figli di uno stesso Padre veduto, amato, posseduto per sempre. Oh ! così sia, e così aspetto dalla misericordia di G. C. e della Madonna Ausiliatrice.
Addio, a rivederci in Cielo.
Obblmo Aff.mo
PEDRo Bispo de Rio De Janeiro in Brasile.
Or chi avrebbe il cuore di non soddisfare simili desiderii e cotali preghiere? Quindi sebbene prevedessimo grandi difficoltà , tuttavia dopo aver letto e riletto questo scritto non ci sentimmo più il coraggio di dare un rifiuto al Prelato brasiliano. Ci toccherà di Pare gravi sacrifizi ; ma confidando in Dio e nella carità dei fedeli noi faremo sì, che lo zelantissimo Mons. Lacerda nei primi mesi del prossimo anno scolastico possa dire finalmente ; I figli tuoi sono anche i figli miei.
Quantunque un po' in ritardo pubblichiamo la seguente lettera giunta in Torino sin dal mese di Giugno, la quale contiene pure gradite notizie.
Viva Gesù ! Viva S. Giovanni Viva D. Bosco!
NOSTRO VENERATISSIMO PADRE,
Fra tanti cuori che palpitano d'attorno a Lei, Venerato D. Bosco, perché non possiamo trovarci un istante anche noi, poveri Missionarii d'America? Perchè non possiamo anche noi far udire la nostra voce fra tanti nostri fortunati fratelli?... Dopo tanto tempo che la nostra pupilla cerca invano di riposarsi ancora una volta nel suo dolce e sereno aspetto , dopo tanti anni che il nostro cuore più non si sente rianimare dal suo paterno sorriso, e ritemprare a nuovo valore dalla sua prestigiosa voce... oh! se sapesse, Venerato Padre, con qual piacere noi cogliamo questa propizia occasione per attestarle i sentimenti che c'innondano l'anima.
Ma che dono le invieremo da queste lontane spiagge, che arrecando qualche gioia al suo cuore sia pure interprete e testimonio della nostra accesissima affezione?
Primieramente, Caro Padre, in nome di tutti i suoi figli dell' Uruguay, e specialmente di quelli del Collegio Pio la prego ad accettare con benevolenza un piccolo obolo, che le inviamo di gran cuore per l'arditissima e santissima impresa, che ha tra mano, quella voglio dire d' innalzare in Roma stessa un gran tempio al Sacro Cuore di Gesù, che pura dovrà essere un sontuoso monumento alla gran memoria ed al gran cuore di Pio IX, al cui nome è dedicata la prima Casa Salesiana aperta nell'Uruguay. Oh! veggo anch'io, che la divozione al Sacro Cuore di Gesù e l'affetto e la gratitudine verso l' angelico Pio IX meriterebbero offerta di gran lunga maggiore, ma che vuole? Nelle condizioni in cui ci troviamo non cì fu proprio possibile fare di più, poiché abbisogniamo noi stessi di soccorsi straordinari per edificare ospizii ai giovanetti abbandonati, per costruire chiese, per fornirle di arredi sacri, per aprire scuole, diffondere buoni libri e correre dovunque a spargere la parola evangelica tra queste popolazioni, che languiscono miserevolmente nella privazione d' ogni soccorso spirituale. Ma sebbene piccola la nostra offerta, varrà almeno a manifestarle che noi di qui seguiamo con interesse ed ansietà lo sviluppo maraviglioso della nostra Pia Società in Europa, e le stupende opere che Nostro Signore si degna compiere per mezzo del nostro venerato Padre.
E poi, amatissimo D. Bosco, sicuro di farle la più grata, la più commovente sorpresa, Le voglio anche mandare ad offerire di qui un bel serto, non di fiori caduchi che avvizzirebbero nell' immenso tragitto transatlantico, ma un serto di cuori ben fatti, che la Vergine Ausiliatrice quasi miracolosamente ha chiamato dai quattro venti, e raccolti qui ad aumentare i figli di D. Bosco, che si gloriano tutti d'essere figli di Maria ; cuori benfatti, chiamati da Maria SS. ad accrescere la valorosa falange de' Missionarii Salesiani in America.
Vedendo che gli aiuti d'Europa mi arrivavano ogni anno troppo scarsi per gli immensi bisogni che ci assediano , Ella deve ricordare che domandai la sua benedizione per gittare nell' Uruguay i principii dell'Opera Provvidenziale di Maria Ausiliatrice per le vocazioni ecclesiastiche, le quali non solamente sono qui scarse , ma quasi direi fenomenali. Or bene in pochissimo tempo Maria Ausiliatrice ha già raccolto sotto il suo manto venti e più giovanotti , che si preparano cogli studii e coll' esercizio della pietà ad essere un giorno nostri valorosi commilitoni. La Vergine nostra Madre li trasse qui in una maniera, che ha alcunché di prodigioso, da diversi punti, da lontanissime regioni, e, quel che é più, li conserva tutti fin'ora animati da eccellente spirito e di apostolico entusiasmo. Ecco, o caro Padre, il più bel serto che io potessi offrirle nel suo onomastico.
Le dirò anche il nome di ciascuno, perché ammirando con noi la bontà di Dio e la potenza della Vergine, cominci a scriverli nel suo cuore ed a contarli fra i suoi teneri figli.
1° Nicola Viceconte chierico, Salernitano, d'anni ventiquattro .
2° Giovanni Battista Isabella chierico, Lombardo, d'anni 22.
3° Eugenio Dal Porto chierico, d'anni 28.
4° Eugenio Barreto chier., Orientale, d'anni 19 .
5° Suavez Moyses maestro, Argentino di Salta, d'anni 23.
6° Mister Mark Flood Irlandese, professore, di 35 anni.
7° Aurelio Morfi studente, Orientale, d'anni 18 .
8° Monti Bernardino maestro, Ligure, d'anni 20 .
9° Giambroni Fortunato stud., Ligure, d'anni 17. 10° Giuseppe Castellis maestro, di Paysandù, di 19 anni.
11° Hernandez Giuliano, Orient. stud., d'anni 17. 12° Roberto Echevarria stud., Orient., d'anni 17. 13° Remersaro Pietro stud., Ligure, d'anni 27. 14° Ernesto Picco stud., Orient., d'anni 17.
15° Canesa Giovanni studente, Orient., d'anni 16.
16° Canesa Agostino, Orient., studente, d'anni 15.
17° Daneri Giuseppe coad., di Nuova Yorch, di anni 31.
18° Martos Isidoro coad., Orient., d'anni 17.
Più quattro giovanetti , che essendo inferiori ai 15 anni e non abbastanza provati, non permettono ancora che vi faccia su assegnamento. Aggiunga a questi i due fratelli Rodriguez e Migone chierici, ed il sacerdote Baccigalupo, già tutti professi, e poi dica Lei se la Vergine Ausiliatrice non sia davvero nostra potente alleata anche qui nel Nuovo Mondo. E sono appunto i più fervorosi ed i più specchiati fra costoro che, accompagnati e guidati dai veterani che Ella di tratto in tratto ci spedisce, noi mandiamo a coltivare nuove vigne del Signore. E se non fosse stato per questi straordinarii aiuti di Maria Ausiliatrice, come avremmo potuto noi quest'anno aprire il Collegio di Sant'Isidoro a Las Piedras, e fondare la nuova Casa di Paysandù, dove si raccolgono frutti ogni giorno più copiosi e più stupendi? Ma ciò nulla di meno, come faremo ad accorrere in aiuto alla Colonia Nuova Elvezia, assediata dai protestanti Valdesi, la quale ci tiene pronta già la chiesa e la casa e c' invoca colle lacrime? Come faremo ad aprire le scuole e l'Oratorio nella città di San José, che da tanto tempo aspetta e chiama?
Il 25 di maggio é giorno fissato dal sig. Don Juan Jackson e Don Felix Buxareo per recarci insieme a vedere la vasta campagna di 300 giornate quadrate, ch'essi vogliono regalare a' Salesiani, affinché, possano fondare una gran Colonia agricola industriale, per dare così ricovero, lavoro ed educazione ad una grande moltitudine di ragazzi poveri ed abbandonati. Questi buoni Benefattori provvederebbero essi stessi i mezzi per la costruzione, ci darebbero animali, strumenti, macchine ed ogni sorta di aiuti per l'impianto e sostegno dello stabilimento.
Anche dal vicino Brasile ho già ricevuto urgenti sollecitazioni. Il Vescovo di Porto Alegre fra gli altri supplica che lo andiamo almeno a visitare, per vedere coi nostri proprii occhi il campo immenso che ci offre, ed i grandi mezzi che ci dà per coltivarlo.
Oh, caro Padre ! se potessi dirigere io una parola a' giovani ed a' Cooperatori che La circondano in quest'istante, quante cose vorrei dir loro ! Deh ! per amor del Cielo, non lascino diminuire il loro entusiasmo , né scemare i loro soccorsi, poiché dappertutto aumenta smisuratamente il bisogna di Operai Evangelici, e la necessità di straordinarii aiuti spirituali e temporali. Non dimentichino mai che tutti di costì ci possono giovare potentemente, e mentre noi qui in America ci sacrifichiamo sul campo del lavoro, i nostri amici dall' Italia ci possono sostenere colle loro preghiere, e più ancora col facilitare l'invio di altri Missionarii. che noi imploriamo ogni giorno a mani giunte.
Oh, caro D. Bosco, s'immagini ! con che cuore pregheremo noi nella sua festa, perché San Giovanni ottenga da Dio che si moltiplichino i suoi figli, si raddoppino le nostre forze ed il nostro fervore, crescano come le stelle del Cielo i nostri generosi benefattori, e più di tutto, perché ci conservi per tanti anni ancora il nostro Veneratissimo Padre, di cui abbiamo sì gran necessità, per continuare con coraggio e con buon esito nelle mostre apostoliche fatiche.
Veneratissimo Padre, ecco a' suoi piedi tutti gli amatissimi suoi figli dell'Uruguay; li benedica tutti ma più specialmente chi più di tutti ne abbisogna.
Collegio Pio, 18 maggio 1881.
Tutto suo in Gesù e Maria Obb.mo e dev.mo figlio
Sac. LUIGI LASAGNA.
AMATISSIMo PADRE,
La festa di S. Basilio, celebrata il giorno 26 giugno coll'intervento di Sua Eccell. Rev.ma Monsignor Giuseppe Guarino Arciv. di Messina, riuscì così splendida da ecclissare quante feste si sono fatte in passato a Randazzo. L'Arcivescovo giunse qui venerdì sera, giorno di S. Giovanni, accompagnato dal suo Vicario Mons. Basile, dal Segretario, Cerimoniere e domestico. Egli fu ricevuto dal Clero, dai rappresentanti del Municipio e da una folla di popolo, che stavasi accalcata all'ingresso del Collegio. I nostri giovani, schierati in due file sotto il grandioso porticato, adorno di arazzi, bandiere ed iscrizioni , vestiti in divisa, ricevettero la sua benedizione, cantarono un inno, ed uno di essi, da un luogo elevato, gli lesse un breve componimento per dargli il benvenuto.
Il sabbato mattina Sua Eccellenza ricevette l'omaggio delle Autorità, del Clero della città e di varie Rappresentanze dei paesi circonvicini , appartenenti all'Arcidiocesi di Messina. Alla sera si cantarono i primi Vespri con musica dai giovani del Collegio, e più tardi ebbe luogo un'accademia, in cui si lessero componimenti in lingua italiana, latina, greca, francese ed anche in dialetto siciliano.
Domenica poi fu giorno di grande solennità. I nostri giovani eseguirono la messa di S. Michele del De-Vecchi con accompagnamento della banda musicale di Randazzo, e riuscì a meraviglia. La sera Vespri solenni , Panegirico e Benedizione. La Chiesa era gremita di gente in contegno divotissimo. Sua Eccellenza, terminati i Vespri, salì sul trono pontificale e, assistito da due mitrati, recitò il Panegirico. La voce sonora, l'accento vibrato, la maestà del contegno, la nobiltà dei concetti, il fuoco delle espressioni, l' esuberanza del cuore, la dottrina e santità dell' oratore, la folla degli uditori, la riverenza del luogo, tutto insomma concorreva a scuotere l'animo degli ascoltanti, e a destare le più profonde e ineffabili emozioni. L'oratore esordì da s. Vincenzo de' Paoli e s. Francesco di Sales, e, con concisa analogia di tempi e di luoghi, venne dimostrando che quei due grandi uomini rivivono oggidì. L'uomo della Provvidenza, il baluardo dell' eresia, il salvatore della società é ricomparso tra noi.... ; ché la cattolica Chiesa non cessa di germogliare e maturare i grandi. Parlò del Collegio di Randazzo, ma qui mi taccio confuso ed umiliato.
Dopo le sacre funzioni si rappresentò il dramma S. Alessio, assai diverso nella forma e nella sostanza da quello del Wisemann. Gli spettatori erano non meno di quattrocento , ed i giovanetti tanto per l'esecuzione del dramma, quanto pel santo riscossero altissimi applausi.
Il lunedì fu una giornata tutta di famiglia. Sua Eccellenza, dopo avere visitate le scuole femminili di Randazzo , volle passare il resto della giornata co' nostri giovani. Era uno spettacolo commovente vedere questo illustre Prelato , lustro e decoro della Chiesa Messinese, circondato da un centinaio di giovanetti, i quali, ansiosi di accostarsi alla sua persona, e godere del suo contatto, con innocente inurbanità lo spingevano, l'urtavano, e chi lo afferrava alle braccia, chi si teneva per la veste , mentre egli tutti ricambiava con amabile famigliarità. Talora avremmo voluto fare come s. Pietro e allontanarneli, ma temevamo da Monsignore la risposta data da Gesù all'Apostolo, e lasciavamo fare. L'Arcivescovo ebbe una parola per tutti, e distribuì a ciascuno una medaglia benedetta dal Santo Padre.
Alla sera , quando i giovani furono a riposo, Sua Eccellenza tenne una Conferenza a' Sacerdoti e Chierici nostri. Parlò per tre quarti d'ora degli obblighi dello stato sacerdotale e religioso, dei bisogni della Chiesa, della difficoltà dei tempi e della necessità di lavorare indefessamente alla gloria di Dio ed alla salute delle anime. Le sue parole, improntate dallo spirito e carità del Vangelo, rimarranno scolpite nei nostri cuori, a nostro conforto e ammaestramento.
Martedì mattina (28 giugno) Sua Eccellenza faceva ritorno a Messina, lasciando con noi il suo cuore e portando con sé il nostro. Io ebbi l'onore di accompagnarlo fino alla stazione di Piedimonte e ricevere l'ultimo suo abbraccio.
Non aggiungo altro, perché le parole vengono meno per esprimere quello che sento. La rimembranza di queste feste non sarà mai che si cancelli dai nostri cuori. Essa durerà quanto la nostra gratitudine verso l'illustre e santo Arcivescovo, verso l'amabile e dottissimo Vicario Monsignor Basile, e verso tutti gli altri Prelati che accompagnarono Sua Eccellenza.
Voglia Iddio ricambiarneli colla sua santa grazia, ed aiutare noi tutti a corrispondere alla loro benevolenza.
Ecco, caro padre le poche gesta de'suoi figli di Randazzo. Ella ci benedica tutti e preghi per noi.
Randazzo, 3 luglio 1881.
Suo affm° in G. C. SaC. PIETRO GUIDAZIO.
ECCELLENZA ReV.ma
Permetta l'Eccellenza Vostra che in questo fortunato istante, che di gioia riempie i nostri cuori, interprete della comune esultanza esprima, a nome di tutti, i sensi della sincera e figliale nostra gratitudine.
L'Eccellenza Vostra, onorando di sua presenza il nostro Collegio, mentre ci dà una prova luminosa della paterna sua bontà, ci ammaestra coll'esempio, che l'elevatezza del grado e la nobiltà del carattere non va mai disgiunta dalla bontà del cuore e semplicità del conversare , ma che l'una cosa trae dall'altra merito e splendore.
Degno ministro di Colui, che tanto predilige i fanciulli da farne merito al Regno de' Cieli l'assomigliarsi ad essi, l'Eccellenza Vostra non trovò indegno dell' eccelso suo grado l'abbassarsi fino alla nostra picciolezza, esporsi ai disagi di lungo e penoso viaggio, per venire qual padre in mezzo a' suoi figli a spargere su di essi gioia e benedizione.
Oh ! sia adunque il ben venuto : e noi mentre non cesseremo dal rendere grazie all' Altissimo Iddio di averci sortiti a tanta felicità, ci adopreremo con tutte le forze a corrispondere in ogni tempo alla paterna sua benevolenza, e a renderci sempre più degni suoi figliuoli mediante la pratica della virtù ed il santo timor di Dio.
Monsignor di Messina metteva il colmo alla sua bontà verso i Salesiani coll' inviare a D. Bosco la seguente lettera.
ILLmO E REVmo SIGNORE,
Non poteva arrivarmi invito più caro di quello datomi dai cari figli della S. V. Ill.ma di festeggiare s. Basilio nel Collegio di Randazzo. Lo accolsi a gran cuore, e son qui dalla sera di venerdì scorso.
Non saprei intanto dipartirmi da questi miei amatissimi Salesiani senza esprimere al loro Padre venerando gl'intimi sentimenti della mia commozione. Io lascio quì il mio cuore ; non so dirle altro. La mia penna non sa seguire affatto la vivezza de' miei sentimenti. Ella che conosce abbastanza l'affettuosa e squisita gentilezza del cuore di questi suoi figli, tutti quanti improntati della bontà del Padre, potrà, meglio ch'io non sappia dire, immaginare come mi abbiano in ogni modo confuso col loro affetto e colla loro inenarrabile cortesia.
Che dirle poi del bene che fanno ? Ah ! benedica Iddio il Padre e i figliuoli, e li faccia crescere come l'arena del mare per distruggere interamente colla loro virtù, colla instancabile loro operosità e colla loro scienza l' iniquità moderna.
Ma mi permetta ad un tempo ch'io Le dica come tutte queste cose riunite insieme abbiano aggiunto fuoco all'ansia del mio cuore di averli in Messina. Come sarei felice ! E su questo argomento replico che nulla dirò a Lei, venerando Padre, ma attenderò ch' Ella mi dica qual cosa desidera ch'io faccia pei figli suoi.
Non posso proseguire oltre : il mio cuore trabocca di affetti.
Mi benedica , benedica la mia Diocesi, e mi dia l'onore di essere
Della S. V. Ill.ma e Vener.ma
Umil. Servitore
GIUSEPPE GUARINO Arciv.
Società di mutuo soccorso - Suo Regolamento - Saggio degli allievi delle scuole serali - Benedizione e prima Messa nella Chiesa di S. Francesco di Sales - Le funzioni della sera - Ringraziamenti - Musica - Poesia - Il Sindaco di Torino - Il giornale La Patria - Lettera di Mons. Fransoni - Il primo decennio della Storia.
Un'opera ci venne dimenticata, compiutasi nel nostro Oratorio fin dall'anno 1850, della quale crediamo bene fare parola in questo luogo.
Dopo la elargizione delle Civili Riforme e dello Statuto, di cui discorremmo a suo tempo , varie Associazioni vennero sorgendo, le quali , sotto il manto della carità o filantropia , nascondevano il bieco divisamento di pervertire nelle loro riunioni le idee dei membri e in fatto di politica e in fatto di religione. Una di queste Associazioni fu la così detta Società degli Operai , la quale fin dal suo nascere manifestò principii tutt'altro che cattolici. Parecchi dei nostri compagni e conoscenti, che le avevano dato il nome , non tardarono ad accorgersi che avevano messo il piede in una trappola, e furono abbastanza pronti a ritirarnelo per tempo ; ma non pochi pur troppo vi rimasero , e fecero ben presto miseramente naufragio nei costumi e nella fede. Ora per impedire che i giovani esterni dell'Oratorio s'invogliassero d' inscriversi a Società pericolose, Don Bosco venne in pensiero di stabilirne una tra di loro, avente per iscopo il benessere corporale non disgiunto dal vantaggio spirituale dei suoi componenti. Egli cominciò a parlarne coi più adulti, ne spiegò il fine, i vantaggi e le condizioni, e il suo progetto fu accolto con unanime applauso. L'Associazione, sotto il titolo di Società di mutuo soccorso, fu inaugurata il primo luglio del 1850, e riuscì a maraviglia per ottenere lo scopo prefisso. Di qui si vede che il primo seme di quelle innumerevoli Società od Unioni di Operai Cattolici, che in questi ultimi anni pullularono in molte città d'Italia, fu gettato da Don Bosco medesimo tra i giovani del suo Oratorio (1). Ci piace di qui riportarne per intiero il Regolamento, sì a memoria del fatto, sì a norma di chi volesse instituirla altrove con quelle variazioni ed aggiunte, che i tempi e le persone richiedono.
Regolamento (1).
1° Lo scopo di questa Società é di prestare soccorso a quei compagni che cadessero infermi, o si trovassero nel bisogno, perché involontariamente privi di lavoro.
2° Niuno potrà essere ammesso nella Società se non é iscritto nella Compagnia di San Luigi, e chi per qualche motivo cessasse di essere confratello di detta Compagnia non sarà più considerato come membro della Società.
3° Ciascun socio pagherà un soldo ogni domenica , e non potrà godere dei vantaggi della Società che sei mesi dopo la sua accettazione.
Potrà però avere diritto immediatamente al soccorso della Società se entrando pagherà fr. 1,50, purché allora non sia né infermo né disoccupato.
4° Il soccorso per ciascun ammalato sarà di centesimi 50 al giorno fino al suo ristabilimento in perfetta sanità.
In caso poi che l' infermo fosse ricoverato in qualche Opera Pia cesserà il soccorso, e non gli sarà corrisposto se non alla sua uscita pel tempo di sua convalescenza.
5° Quelli poi che senza loro colpa rimarranno privi di lavoro comincieranno a percepire il suddetto soccorso otto giorni dopo la loro disoccupazione. Quando il sussidio dovesse oltrepassare i venti giorni, il Consiglio prenderà a tal riguardo le opportune determinazioni per l'aumento o per la diminuzione.
6° Si accetteranno con riconoscenza tutte le offerte fatte a benefizio della Società, e si farà ogni anno una colletta particolare.
7° Chi per notabile tempo negligentasse di pagare la sua quota non potrà godere dei vantaggi della Società sinché abbia soddisfatto la quota scaduta, e per un mese non potrà pretendere cosa alcuna.
8° La Società é amministrata da un Direttore, Vice-Direttore, Segretario, Vice-Segretario, quattro Consiglieri, un Visitatore e Sostituito, e un Tesoriere.
9° Tutti gli amministratori della Società, oltre l'esatto pagamento di un soldo ogni domenica, avranno somma cura di osservare le regole della Compagnia di S. Luigi, per attendere così alla propria santificazione e incoraggiare gli altri alla virtù.
10° Il Direttore nato della Società é il Superiore dell' Oratorio. Questi avrà cura che gli Amministratori facciano il loro dovere, e che il bisogno de' soci venga soddisfatto a norma del presente Regolamento.
11° Il Vice-Direttore aiuterà il Direttore, darà al Segretario gli ordini opportuni per le adunanze, ed esporrà in Consiglio quanto possa tornar vantaggioso alla Società.
12° Il Segretario avrà cura di raccogliere le quote nelle domeniche, notando puntualmente quelli che compiono la loro obbligazione, nel che userà grande carità e gentilezza. È cura altresì del Segretario di spedire biglietti al Tesoriere , in cui noti nome, cognome, dimora dell' infermo: tutte le decisioni di qualche rilievo prese nel Consiglio saranno registrate dal Segretario. In questa moltiplicità di cose sarà aiutato dal Vice-Segretario, il quale occorrendo il bisogno ne farà le veci. 13° I quattro Consiglieri diranno il loro sentimento intorno a tutto ciò che riguarda al vantaggio della Società , e daranno il voto tanto in quello che spetta all' amministrazione delle cose, come alla nomina di qualche membro.
14° Il Visitatore nato della Società é il Direttore spirituale della Compagnia di S. Luigi. Questi si porterà in persona alla casa dell'infermo, onde verificare il bisogno e farne la debita relazione al Segretario. Ottenuto che avrà l'opportuno biglietto lo porterà a casa del Tesoriere, dopo di che recherà l' assegnato soccorso all' infermo. Nel consegnare il soccorso il Visitatore avrà cura somma di ricordare all'infermo qualche massima di nostra Santa Religione, e di animarlo a ricevere i Santi Sacramenti qualora si faccia grave la malattia. In ciò sarà aiutato dal Sostituito, il quale mostrerà la massima premura per aiutare il Visitatore specialmente nel portare i soccorsi e consolare gli infermi.
15° Il Tesoriere terrà cura dei fondi della Società e ne darà conto ogni tre mesi. Ma non potrà dar danaro ad alcuno senza un biglietto portato dal Visitatore, sottoscritto dal Direttore, in cui si dichiari la realtà del bisogno.
16° Ogni impiegato durerà nella sua carica un anno ; potrà però essere rieletto.
17° Il Consiglio ogni tre mesi renderà conto della sua amministrazione.
18° Il presente Regolamento comincierà ad essere in vigore il primo di luglio del 1850 (1).
Le nostre scuole serali continuavano con grande vantaggio e dei giovani dell'Ospizio e degli esterni, che le frequentavano numerosi. Per istimolarci ad approfittarne ogni dì più, D. Bosco facevaci dare di tratto in tratto pubblici saggi, a cui invitava molte ragguardevoli persone della città. Uno di questi l'abbiamo dato la domenica 16 maggio di quell' anno 1852, alla presenza di una scelta corona di nobili cittadini, tra cui varii membri del Municipio. Il saggio si raggirò su queste materie : 1° Lettura e scrittura ; elementi di aritmetica, di sistema metrico e di grammatica italiana; 2° Geografia sacra, Storia sacra del Nuovo Testamento e canto in musica ; 3° Declamazione di scelte poesie e prose, tra le quali due dialoghi intitolati : Viaggio in Palestina e Giovane non premiato. Ci ricorda che l'abate Aporti, uno dei presenti, rapito dalle pronte ed esatte risposte che davano quei giovani artigianelli, ebbe a dire che non si sarebbe potuto aspettare di più non solo da giovanotti, che tutto il giorno avevano maneggiato o la cazzuola , o la lesina o l' ago, ma da quei medesimi che passavano la maggior parte dell'anno sui banchi di una scuola, pendenti per più ore del giorno dal labbro di un maestro. In fine si distribuirono i premii, che non consistettero solo in applausi, ma in varii utili oggetti provvistici dai benefattori.
Intanto colle limosine, che provenivano da varie mani caritatevoli, colle sovvenzioni della Casa Reale, con un altro sussidio contribuito dall' Economato, e col danaro prodotto dalla lotteria, i lavori della Chiesa di S. Francesco si promossero con tanta alacrità, che nel mese di giugno questa era terminata. Il dottore Francesco Vallauri, la signora sua consorte, e il degnissimo loro figlio, il sacerdote D. Pietro, provvidero l' altare maggiore. Il Commendatore Giuseppe Dupré fece abbellire la cappella a sinistra entrando , dedicata a S. Luigi Gonzaga e procurò un altare di marmo. I nobili coniugi Marchese Domenico e Marchesa Maria Fassati si assunsero la spesa del secondo altare laterale ad onore della Santissima Vergine, lo adornarono di una bella statua della Madonna e di una muta di candelieri di bronzo. Il sig. Michele Scanagatti regalò altri candelieri ; Don Giuseppe Cafasso pagò la spesa del pulpito ; altro benefattore ordinò l'orchestra, fornita poscia di un piccolo organo. Insomma se Don Bosco spiegò in quell' occasione una grande attività ed uno zelo straordinario, la pietà cittadina, o meglio la divina Provvidenza lo confortò sempre del suo validissimo appoggio. Per la qual cosa, ultimati i lavori necessarii, e preparati gli oggetti occorrenti, si fissò il giorno per benedire ed inaugurare al divin culto il sacro edifizio ; e fu scelto il 20 di giugno, terza domenica dopo Pentecoste, festa solenne in Torino ad onore di Maria Santissima sotto il dolce titolo della Consolata. Troppo lungo sarebbe il descrivere le singole cose di quella giornata memoranda, giacché tra noi fu una solennità più unica che rara. Un arco di colossale altezza erasi elevato all'entrata del nostro cortile, portando scritte in cima con lettere cubitali queste parole
In caratteri dorati Scriveremo in tutti i lati VIVA ETERNO QUESTO DI'.
Dalla Curia Arcivescovile di Torino fu delegato a benedire la Chiesa , secondo il rito, il Curato della parrocchia di Borgo Dora, il M. R. Teologo D. Agostino Cattino , il quale vi celebrò poscia la prima Messa e tenne un dotto discorso ad una grande moltitudine di giovanetti e di altri intervenuti della città.
Ma il più bello della festa si fu alla sera. Non ostante la sua capacità, la nuova Chiesa fu letteralmente ripiena. Vi predicò il nostro D. Bosco ; e tra le altre cose ci ricorda che egli fece rilevare il mirabile mutamento che fatto aveva quel sito ; da luogo di ricreazione convertito in luogo di orazione; da luogo di schiamazzi in luogo di lode e di ringraziamento al Signore ; da luogo di baldoria ed anche di peccato, a cagione della vicina bettola da poco tempo distrutta, in luogo di amor di Dio e di santa allegrezza. Passò quindi ad esortarci che onorassimo d'allora in poi quel luogo benedetto col divoto nostro contegno, coll'intervento alle religiose funzioni, e colla frequenza ai Santi Sacramenti. In fine fattoci riflettere che le Chiese materiali sono una figura delle anime nostre, chiamate templi dello Spirito Santo, ci spronò a conservarle sempre pulite, cioé senza peccato, onde il Signore si compiacesse di porvi sua gradita dimora nel tempo presente, e degni ci rendesse di entrare dopo morte nel gran tempio della sua eternità beata.
Una schiera della Guardia Nazionale venne pure tra noi, sì per conservare il buon ordine, sì per onorare la festa e fare la sparata, che nel momento della benedizione del SS. Sacramento riuscì di un effetto mirabile. Con essa tentava di gareggiare la Guardia dell' Oratorio co' suoi fucili di legno senza canne. Queste e più altre cose diediero alla festa una tinta così singolare, da restarne consolate le anime pie e tratti in ammirazione gli stessi uomini di mondo.
In quella sera medesima erano intervenuti all'Oratorio i promotori e le promotrici della lotteria , varii membri del Clero e del Patriziato torinese, e molte altre persone che avevano preso viva parte per la costruzione della nuova Chiesa. Tra gli altri si notavano i due fratelli Cavour, il Marchese Gustavo e il Conte Camillo. Quindi dopo le sacre funzioni D. Bosco tutti li raccolse in luogo appositamente preparato , che fu quello dell'antica cappella, e volse loro in comune una parola di ringraziamento. Toccò per sommi capi quello che si era fatto; segnalò la sollecitudine degli uni e la carità degli altri per la buona riuscita della pia impresa , e con somma compiacenza mostrò come gli sforzi di tutti erano stati in quel mattino felicemente coronati colla benedizione del sacro edilizio. Disse che avrebbe desiderato di poter ricompensare ognuno e dei sacrifizi fatti e delle pene sofferte ; ma che non potendo ciò fare di per sè avrebbe pregato e fatto pregare i giovani dell' Oratorio il pietoso Iddio, che ne li rimunerasse coll' abbondanza delle sue benedizioni nella vita presente , e con una più splendida corona nella vita futura.
Alla cordiale allocuzione di D. Bosco tenne dietro un bel mottetto musicato dal celebre maestro Giuseppe Bianchi di grata memoria, ed eseguito da un coro, di giovanetti dell'Oratorio. Ci rammenta che uno dei nostri compagni per nome Secondo Pettiva, giovanetto in sui 15 anni, fece in quel canto una parte da solo con una voce sì bella, che toccò le fibre di tutti i cuori, e riscosse altissimi applausi.
In quell'occasione il nostro D. Bosco , ricolmo il cuore di una gioia indicibile parve ritrarre la figura del profeta Davide, che nel trasporto dell'Arca del Signore misto al suo popolo fu udito a cantare e suonare divotamente. Difatto sebbene in quei dì preoccupatissimo, tuttavia egli seppe invocare la musa , e compose un'ode di circostanza, che nella sua semplicità fu trovata soavissima. A nome di lui, dei suoi coadiutori e dei figli dell' Oratorio essa fu da un giovanetto letta ai detti signori, che l'ascoltarono con visibile compiacimento. Fortunatamente ne abbiamo ritrovata una copia, che qui riproduciamo, perché non abbia a smarrirsi.
ODE.
Come augel di ramo in ramo Va cercando albergo fido Per poggiare ansioso il nido E tranquillo riposar ;
Non si posa in valli o in monti Non per campo o per foresta, Nol trattien turbo o tempesta Finché il nido non formò
Così noi oltre dieci anni Questo nido abbiam cercato, Nè dal ciel mai ci fu dato Di poterlo ritrovar.
Ora un prato, or un giardino Or cortile, stanza o strada, Talor piazza oppur contrada Oratorio era per noi.
Quando alfin pietoso Iddio
Volse a noi benigno un guardo, E due lustri di ritardo Largamente compensò.
Compensò... ci diè le scuole, Un giardino per trastulli; Quasi nido per fanciulli Una casa apparecchiò.
Compensò... Ma che dir più? Ogni speme fu appagata, Già la Chiesa è consacrata, Sono paghi i nostri cuor.
Egli è ver, Signori amati, Per più mesi faticaste, Caldo, freddo tolleraste Per la casa del Signor:
Negazion di spasso e sonno
Non disagi, affanno o stento, Non la pioggia o turbo o vento Vostro zelo rallentò
Ora lieti festeggiate,
Quai guerrier dopo vittoria, Cui la vera e santa gloria Solo il mento procacciò.
Il Signor v'ha compensati,. La fatica è coronata,
Nostra Chiesa é consacrata, Che bramar possiam di più?
Presto adunque, o cari figli, Corriam tutti al Tempio Santo, Innalziamo a Dio un canto
Pel favor che c'impartì. Oh ! Signore Onnipotente
Che al meschin mai nulla nieghi Deh ! benigno ai nostri preghi Tu ci ascolta in questo dì.
Fa che questo nuovo Tempio Al tuo nome consacrato
Mai non sia profanato
Da chi fede in cuor non ha. Fa che quanti qua verranno Supplicanti tuoi divoti,
Abbian paghi i loro voti,
Porgi afta, dà mercé. E tu, Vergine Beata,
Che appo Dio tutto puoi,
Benedici i figli tuoi,
Fede, speme inspira e amor Fa che mai per opra ria
Noi cessiam d'esser tuoi figli, Tu ci franca dai perigli Dell'incauta nostra età.
Ma qual cosa tu darai
Ai benefici Signori,
Che lor pene e ]or sudori Consacrarono al tuo onor?
Tesserai, Vergine bella,
Su nel Ciel di fiori un serto Che ricambi ogni ]or merto, Con quel ben che fin non ha.
Noi intanto grato il core
In caratteri dorati Scriveremo in tutti i lati
VIVA ETERNO QUESTO DI'. Nè per tempo o per vicenda
Non sia mai che si cancelli
Questo dì, che fra' più belli
Tra di noi sempre sarà (1).
Alla suddescritta funzione D. Bosco aveva pure invitato il signor Sindaco di Torino. Egli vi sarebbe intervenuto di buon grado , come fatto aveva al collocamento della Pietra fondamentale, ma ne venne trattenuto da impedimenti, che si degnò di manifestare con lettera, la quale é una testimonianza della religiosità del Capo del Municipio Torinese, e della stima che aveva dell'Opera dell'Oratorio. Ecco che cosa scriveva a Don Bosco in data del 18 giugno
e Egli si è con ben sentita soddisfazione che il Sindaco sottoscritto ha ricevuto il grazioso invito che la S. V. Ill.ma e M. R. gli porge coll'apprezzato di lei foglio contro indicato ; ed é
pari il suo rincrescimento che la funzione religiosa al mattino per la ricorrenza della Festività di M. V. della Consolata , cui deve intervenire insieme colla Rappresentanza Comunale, e la congrega al dopo pranzo della Congregazione di Carità di Reaglie, cui è chiamato altresì ad assistere, gli tolgano di profittarne come sarebbe suo ben vivo desiderio. Egli é lieto di veder instaurata la instituzione dell'Oratorio di S. Francesco di Sales, per le di lei zelanti sollecitudini sorta a vantaggio della nostra gioventù artiera, che troverà così modo di educarsi a religione ed a civile virtù.
» Ei prega quindi la S. V. a voler accogliere l'attestato di sua ossequiosa devozione.
Il Sindaco BeLLONO. »
La prefata solennità, e pel buon ordine con cui fu compiuta, e pel nobile scopo a cui mirava, fu riguardata di tale importanza, che persino un giornale politico di quei giorni, intitolato La Patria, credette di farne argomento di un suo articolo. Rilettolo in questi giorni , riputiamo ben fatto l'inserirlo in queste nostre pagine, sì per completare le notizie di quel dì memorando, sì per far meglio rilevare con quale criterio fin d'allora gli uomini politici giudicavano l' opera dell' Oratorio in riguardo al benessere della civile società.
« Riputiamo nostra somma ventura, così La Patria, il venire augurando la carriera letteraria del nostro Giornale, col far parola di una di quelle opere, che sciolgono presso di noi l'arduo problema di essere comuni e di essere sempre interessanti, vogliam dire di un' opera di beneficenza. Nostra somma ventura, diciamo, di potere in mezzo a questa Società, di cui cerchiamo giornalmente i difetti, di cui siamo tenuti a fare di quando in quando la critica, lasciare per un istante la penna mal temperata della politica , per un argomento che incontrò sempre presso il popolo nostro sì generale simpatìa.
« Ma dove trovasi un animo generoso , come non troverebbe simpatìa colui, che col zelo di un filantropo, colla perseveranza di un Apostolo, colla fede di un cristiano, sacrifica i più belli anni di sua vita, supera numerosi ostacoli colla sola forza di una volontà tanto ferma quanto rassegnata, e giunge a compiere dopo molti anni di fatiche una di quelle imprese, che possono onorevolmente mettersi sulla traccia delle istituzioni di un Epée, di un Assarotti , di un Cottolengo ? Imperocchè se noi vogliamo por mente ai piccoli principii, a cui s'informarono le opere di quei sommi, scorgeremo facilmente come quella di D. Bosco loro s'assomigli, e come pell'immensa portata del suo beneficio sia degna di stare a lato di quella dei sommi, che abbiamo testé citato. Ma dopo aver parlato delle difficoltà incontrate, é nostro debito di non tacere gli aiuti che in questi tempi calamitosi in mezzo alle tempeste politiche, che raggrinzano la borsa del ricco e il cuore di tutti, vennero da ogni lato all'operoso coltivatore del campo di Dio. Nulla diremo di quegli uomini, che si unirono a D. Bosco e l'assecondarono col più illuminato zelo , ma ci piace rammentare le mille svariate forme che assunse l'inesauribile carità cittadina , per venire in soccorso a questa
santa opera ; soccorso di ogni età, di ogni condizione, di ricchi e poveri, di grandi e piccoli ; immenso socialismo solo attuabile e giusto, perché eccitato da un santo ed ammirabile sentimento, per cui ognuno pagò secondo le proprie forze, il pittore col suo quadro, il mercante cogli oggetti di mercatura, ma in cui la donna sempre grande , sempre prima quando si tratta di carità, seppe spargere tutta la delicatezza della sua inesauribile bontà.
« Voi vedete infatti, nell'esposizione di oggetti donati alla Lotteria, per cui si soccorre efficacemente l'Oratorio, il sacrifizio dei divertimenti, quello delle passeggiate, quei dei giuocatoli consecrati a seconda dell'età a sollievo del povero ; vedete questa carità moltiforme ed indiretta qual si conviene a quegli esseri sensibili e delicati, che compongono la più bella parte delle opere di beneficenza, patronandole e mantenendole per lasciare all'uomo, specie più rozza e meno intelligente, l'aiuto, diremo, brutale del denaro.
Abbiamo detto brutale, perché crediamo che colui, il quale fornisce il mezzo materiale di compiere un'opera, sta a colui che la inizia, e la tira a conclusione, come il soldato che combatte sta al Generale che comanda ; ma, dicendo brutale, non vogliamo menomare per nulla la santità del suo uffizio. Infatti la missione, che Don Bosco ha posto sotto l'invocazione di San Francesco di Sales, é grande e degna di considerazione. Sottrarre la gioventù agli ozii domenicali, per mantenerli in una religiosa ed onesta occupazione, è cosa tanto bella, che noi crediamo dover ricorrere alla semplice e perciò sublime penna del suo autore per accennarla.
Egli si confessa di aver veduto « con profonda tristezza molti di coloro, che si sono dedicati per tempo all'esercizio delle arti e delle industrie cittadine, andare nei giorni di festa con sumando nei giuochi e nelle intemperanze la sottile mercede guadagnata nel corso della settimana ; e desioso di portare rimedio ad un male da cui sono a temere funestissime conseguenze, divisò di aprire una casa di domeni» cale adunanza, in cui potessero gli uni e gli altri aver tutto l'agio di soddisfare ai religiosi doveri, e ricevere ad un tempo un' istruzione, un indirizzo , un consiglio per governare cristianamente ed onestamente la vita. »
« Ecco quale sia l'opera che D. Bosco viene con tanta semplicità annunziandoci, e che intraprendevasi ieri consecrando l'Oratorio di S. Francesco di Sales in Valdocco. L'Oratorio é semplice e modesto come si conviene a chi aspetta e deve alla pubblica generosità il suo decoro ; ma le sue navate sono piene di fedeli, e la fede é il più bell' ornamento della Casa di Dio. Questi fedeli traevano ieri in folla illuminati da quel sole, i cui raggi sembrano una benedizione a coloro, che si vestono di una gioia religiosa e tranquilla. Tutto concorreva a far vivere in eterno quel giorno nel cuore di ognuno , eterno in quelli che sono sottratti al vizio e che devono la riconoscenza ; eterno in quelli che patronarono l'opera e che ricevono questo tributo di gratitudine.
» La funzione religiosa riuscì solenne come si conviene in simili circostanze. Una persona che colle eminenti sue virtù , colle vaste sue cognizioni forma l'onore del clero torinese, il pastore del gregge di Borgo Dora, leggeva un' ammirabile composizione, in cui veniva svolgendo i sani caratteri della Chiesa coi-ne Casa di Dio e come Casa di preghiera. Confessiamo che al sentire quelle parole, in cui spogliando la logica dai pretenziosi concetti di una eloquenza stirata , egli ci esponeva la santità della nostra fede, la superiorità della nostra religione , sulle credenze degli altri popoli, ci credevamo trasportati a quei tempi, in cui predicavasi ai popoli radunati sotto l'immenso tempio del Cielo, o nelle viscere della terra, la parola di quel Dio che morì per la nostra salute.
» Finita la funzione religiosa , tutti i promotori o membri della Commissione direttrice si ritirarono in una sala attigua, intrattenendosi sulle emozioni di sì bella giornata, e ben tosto venivano rallegrati da un'ode, cantata da un coro di ragazzi, che l' eseguivano con molta perfezione. La Guardia Nazionale concorreva a dare maggior lustro alla festa. Onore a questa giovane istituzione, che merita tanta riconoscenza dallo Stato, e sa cogliere l'opportunità di confondersi col popolo nelle occasioni di comune allegria. L'Oratorio é dunque compiuto, la missione di D. Bosco é realizzata.
» Noi non vorremmo dirlo, perché temiamo che la carità cittadina si rallenti a questo annunzio. Eppure non è da credere i grandi soccorsi di cui abbisogna questa nascente Istituzione, in cui la città nostra spera rinvenire un grande aiuto e un grande esempio da imitare nelle altre parti del Regno. Se pertanto non abbiamo potuto tacere la gioia che abbiam risentita all' annunzio della Consacrazione dell' Oratorio, non vogliam che le nostre stesse parole servano a raffreddare lo zelo dei cittadini, i quali potrebbero persuadersi che l'opera loro é compiuta.
« D. Bosco ha intrapresa una nobile opera e l'ha condotta con perseveranza ed intelligenza ; la popolazione di Torino che apprezza i vantaggi di un'Istituzione, il cui scopo è di sottrarre al vizio tanti giovani cuori, che non hanno né l'esperienza, né l'educazione necessaria per isfuggirlo, non vorrà lasciar l'opera sua incompleta, e vorrà mantenersi nell' altezza di quella voce di carità, di cui va giustamente superba (1). »
Alcuni giorni dopo la descritta solennità , Don Bosco ne dava contezza a Mons. Luigi Fransoni in Lione, il quale ne mostrava il suo gradimento con una lettera, da cui traspira l'alta stima e la paterna benevolenza, che quell'illustre Prelato nutriva verso il nostro Oratorio. Noi mancheremmo al nostro cómpito se la negassimo ai nostri lettori.
Lione, 29 luglio 1852.
« CARISSIMO D. Bosco,
« Voglio ben supporre che la Chiesa sia della più stretta semplicità, ma il pensare che in undici mesi fu fabbricata e resa uffiziabile, mi pare un prodigio. Ne sia benedetto e ringraziato il Signore, che Le diede l'inspirazione d'innalzarla, e la grazia li poterla compiere a vantaggio di tanti giovani, che premurosi vi accorrono.
» Mi spiace che Ella non abbia potuto smaltire tutti i cento mila biglietti , perché gli esitati 74 mila, oltreché debbono soffrire la deduzione delle spese della lotteria , sono ben lungi dal produrre per la sua Chiesa L. 32 mila, dappoiché la metà venne da Lei generosamente ceduta a favore della Piccola Casa (1). Sono due stabilimenti vicini, per i quali si può dire visibile la mano del Signore.
» Ignoro ancora se i miei cento biglietti abbiano guadagnato qualche oggetto postabile. Nell'elenco, ossia catalogo, ne ho visto un certo numero da riuscire graditi , ma in generale a me suol toccare qualche parafuoco o porta-salviette. Vorrei che fosse di un valore tal quale, per farne godere la sua Chiesa.
» Nel desiderio che tutti i suoi Oratorii continuino a prosperare, e confidando nella misericordia del Signore , me le protesto col più cordiale attaccamento
Devot.mo ed Aff.mo Servitore † LUIGI Arcivescovo di Torino. »
Qui vogliamo rimediare ad una dimenticanza, e ciò col notare che in data del 31 marzo di quest'anno medesimo 1852 l' ottimo Arcivescovo emetteva un apposito decreto, col quale dichiarava il nostro Don Bosco Direttore Capo di tutti gli Oratorii , e diceva così : « Congratulandoci con Voi, degno Sacerdote di Dio, che abbiate con industre carità saputo stabilire la non mai abbastanza commendevole Congregazione dei poveri giovani nel pubblico Oratorio di S. Francesco di Sales in Valdocco, giudichiamo cosa giusta il testificarvi , mercé le presenti , il nostro perfetto gradimento, con deputarvi effettivamente Direttore Capo Spirituale dell'Oratorio di S. Francesco di Sales, a cui vogliamo siano uniti e dipendenti quelli di S. Luigi Gonzaga e del S. Angelo Custode, affinché l' opera intrapresa con sì felici auspizi progredisca e si amplifichi nel vincolo della carità, a vera gloria di Dio e a grande edificazione del prossimo , conferendovi tutte le facoltà, che sono necessarie ed opportune al santo scopo. »
Dal 1841-42 le mire di D. Bosco erano sempre state rivolte ad aver un sito fisso, ove raccogliere i suoi giovanetti, e una Chiesa adattata per compiervi i religiosi doveri. Or dopo dieci anni di sospiri, di sollecitudini e di fatiche questo sito e questa Chiesa più non mancavano; e noi avendo condotta la nostra istoria sino a questo fatto, intendiamo di fare un punto fermo, e terminarne il primo decennio.
(1) Qui è pur bello il notare che la prima delle Unioni Operaie Cattoliche stabilite in Italia è quella di Torino, sorta nel 1871 per impulso di un pugno di giovani generosi.
(1) Al Regolamento andava innanzi il seguente proemietto:
« Eccovi, o cari giovani, un regolamento per la vostra Società. Esso vi servirà di norma affinché la Società proceda con ordine e con vantaggio. Non posso a meno di non lodare questo vostro impegno e questa diligenza nel promuoverla. Ella è vera prudenza. Voi mettete in riserbo un soldo per settimana, soldo che poco si considera nello spenderlo, e che vi frutta assai qualora vi troviate nel bisogno. Abbiate dunque tutta la mia approvazione.
» Solo vi raccomando, che mentre vi mostrerete zelanti pel bene della Società non dimentichiate le regole della Compagnia di S. Luigi, da cui dipende il vantaggio fondamentale, cioè quello dell'anima.
» Il Signore infonda la vera carità e la vera allegrezza nei vostri cuori, e il timor di Dio accompagni ogni vostra azione.
« SAc. GIOVANNI BOSCO. »
In fine vi andava unito il modulo d'iscrizione così concepito
Il Giovane
figlio del
dimorante di professione è stato inscritto nella Societa
del mese di l'anno 18
Pel Regolamento ha pagato cent. 15.
SEGRETARIO DIRETTORE
(1) V. Libretto intitolato Società di. Mutuo Soccorso di alcuni individui della compagnia di S. Luigi eretta nell'Oratorio di S. Francesco di Sales - Torino, tipografia Speirani e Ferrero 1850
(1) L' ode portava questa intestatura : Nel giorno in cui si benediceva la nuova Chiesa dell'Oratorio di San Francesco di Sales , i giovani al medesimo addetti, nei colmo della loro gioia, i sentimenti della più sincera gratitudine Verso i loro Benefattori così esprimevano. »
(1) Vedi La Patria, giornale politico e letterario, 21 Giugno 1852.
(1) È la Piccola Casa della Divina Provvidenza, ossia l'Opera del Cottolengo.
Un bell'orizzonte - Si prepara agli ordini Sacri - La vigilia delle sacre Ordinazioni - Una bella vittoria.
Non so se voi , miei cari lettori , non abbiate mai veduto in cielo, allo spuntare del giorno, l'alba tutta sorridente di luce. Le stelle non brillano più in tutta la loro bellezza, la luna vicina all'occaso, bianca, ma omai senza splendore, accenna che sta per finire il suo regno ; ed intanto per tutta la natura spira una pace, una tranquillità, che invita alla gioia.
Dall'oriente poi, come un mare di luce, si spande in tutto il creato, e fa argomentare la bella giornata, che è lì lì per venire a rallegrare la terra. Gli uccelli la salutano con i più lieti e diversi cantici, ed il contadino, lasciato l' umile casolare, col presagio di bellissimo giorno, s'avvia ai campi. Tutto è sereno d'attorno , e tutto lo riempie di santa gioia verso il buon Dio, che diffonde i suoi tesori sulla terra , mentre i cieli ne cantano le meraviglie. - Se questo magnifico quadro di natura attrae l'occhio ed il cuore di noi poveri mortali, non meno dovrebbe chiamarci a riflettere il bell' orizzonte della cara gioventù. Anch' essa è come l'alba di un giorno, che, se chiara e serena, ci fa sperare una vita bella, fortunata ed utile a quanti la posseggono. Pur troppo che sovente vediamo succedere alle più liete aurore giorni foschi, e tramonti più foschi ancora. Tanto può sugli animi della povera gioventù il tristo esempio degli altri. - Non però così capitava al nostro caro D. Gaudenzio. Omai é arrivato ad una età, in cui non é più a temersi cambiamento notabile. L'età pericolosa della gioventù é passata , e già più fermo ne' suoi consigli, più ricco di grazia e più maturo di giudizio, faceva credere, che avrebbe continuato per quella via di virtuosa condotta, che con tanta pietà aveva incominciata e percorsa fino all' età, in cui era giunto in mezzo a tante vicende. Ora poi si trovava alla vigilia del giorno più bello della sua vita, dopo quello della prima comunione, vogliam dire quello della sua Ordinazione a Ministro di Dio.
Sua mamma e suo padre, che tanto di mal animo gli avevano dato il consenso di consecrarsi al Signore, vedendo come bene corrispondeva alla grazia , aspettavano anch'essi con divota ansietà ed impazienza quel giorno, che rendendo il loro figlio tutto di Dio , la Chiesa avrebbe acquistato un ministro di più. La mamma poi non finiva di pregare e far pregare dalle anime buone e specialmente i poverelli, per il suo figlio, affinché nel giorno delle sue Ordinazioni ricevesse da Dio la pienezza dei doni celesti.
Ecco intanto come si preparava il buon Matteo. Avrebbe potuto ricevere le sacre Ordinazioni alla Trinità dell'anno 18..., ma per meglio disporsi e raccogliersi, domandò ed ottenne di poterle prolungare sino alle tempora di settembre, che in quell'anno capitavano appunto alla vigilia dell'Addolorata. Non volle chiedere ai superiori del Seminario il benefizio di alcuna poca vacanza dopo l'anno scolastico, che doveva essere l'ultimo per lui, ma desiderò fermarsi in mezzo alle sue care mura del Seminario. I superiori con meraviglia e sorpresa soddisfecero tale suo desiderio, e gli concessero con facilità di fermarvisi quel tempo, che a lui piaceva, per meglio coltivare lo spirito di religione, ed apparecchiarsi a quel giorno, che se da una parte lo riempieva di santa letizia, dall'altra non mancava di suscitargli in cuore confusione e paura santa. Come Mosè, quando Dio lo eleggeva alla missione di andare in Egitto a liberare il suo popolo, egli sentiva il peso del ministero sacerdotale; e l'umiltà in un modo e la divozione in un altro gli contendevano la pace del cuore.
Il tempo, che gli rimaneva libero dallo studio delle sacre cerimonie e della rubrica, lo impiegava tutto o in letture sacre od in preghiere. Ore intiere passava davanti al Santissimo Sacramento, che serviva per lui come l'ara di salute e di conforto nelle lotte della povera anima sua. Diceva sovente al Signore con le belle parole di Davide Tunc non confundar; cum perspexero in omnibus mandatis tuis: quando io fisserò bene il mio sguardo in tutti i vostri comandi, o Signore, non sarò più confuso.
Gli ultimi esami di Teologia li aveva sostenuti con lode, sicché i suoi medesimi professori lo dovettero pubblicamente applaudire. Superiori, congiunti ed amici affrettavano con voti ed augurii il giorno di vedere il buon Matteo ordinato sacerdote. Anch'egli lo desiderava, ma insieme paventava quel giorno e quell'ora; e sebbene non avesse nulla di più caro e di più accettevole al suo cuore, pur tremava al solo pensarvi, e talvolta ancora prorompeva in copiosissimo pianto. Interrogato poscia perché in quei giorni di fervorosa trepidazione sentisse tanto affanno in suo cuore , rispondeva che egli meditava quanto fosse non solo agli uomini, ma agli angeli stessi formidabile il peso del sacerdozio, e come l'augusta missione non dovesse conferirsi che ad anime pure, a cuori ferventi, ad intelletti capaci della scienza delle cose divine. Che parevagli di essere inetto a qualunque ministero; incontrava difficoltà ad ogni passo. A dir breve egli temeva di sé, temeva dell'immenso carico cui stava per sottomettersi , temeva di tutto. Fu lunga e tremenda la lotta ; ma vinse finalmente l' ubbidienza al suo confessore, ed egli si preparava finalmente alle sacre Ordinazioni.
Eran passati i mesi di luglio e di agosto, e nei primi di settembre, prima di ritornare in Seminario per gli esercizi , che dovevano servire di ultima preparazione alle Ordinazioni, egli volle rivedere per un momento la casa paterna, e disporre, secondo il suo cuore e zelo, ogni cosa per la celebrazione della stia prima Messa. Si suole in questa occasione, anche dai meno facoltosi, invitare parenti ed amici a partecipare alla festa santa del Signore ; ancorché, per la misera condizione umana, non manchino gli eccessi, per cui dovettero intervenire prescrizioni sinodali per frenarli, e ridurre le cose nei giusti confini di una festa non solo religiosa e cristiana, ma veramente degna della eccellenza della causa.
Sebbene sapesse quanto fossero prudenti i suoi genitori, volle tuttavia essere lui presente, ed ordinare in modo, che il tutto fosse proceduto a comune soddisfazione e di buon esempio. Tra gli invitati desiderava fosse un suo stretto parente ; ma per alcune briglie avute qualche tempo prima con suo padre, questi il voleva assolutamente scartato. Quanto soffrisse il buon Matteo non è a dirsi. Pensava che la festa della carità non si dovesse rifiutare ad alcuno, e che anzi quel giorno venisse a segnare pace e concordia. Nei primi dì cominciò a mettere qualche parola colla mamma , che fu facilmente del medesimo sentimento.
Sapeva però che il più difficile a guadagnarsi era il padre, il quale, oltre al danno che si credeva d'aver ricevuto da quel suo rivale e parente, si vedeva leso nell' onore; ed a nessun patto non voleva fare il primo passo verso di lui, tanto meno poi invitarlo a casa sua ed in giorno di tanta giocondità. Gli pareva darsi colpa di un torto che non aveva meritato, e quasi animarlo a ritornare all'assalto. Ma queste ragioni non finivano di contentare il cuore del buon Matteo, che alla fine si fece coraggio, e, presentandosi al suo padre, gli parlò così:
Caro papà, é omai tempo, che io ritorni al Seminario per le sacre Ordinazioni ; ma prima io voglio, che voi mi concediate un ultimo favore, che, se costasse anche molto al vostro cuore , io non dispero di ottenere, e voi non me lo potreste rifiutare. Ho qui in mano, e gliela mostrò, la lista di coloro, che nel giorno della prima Messa, verranno a partecipare alla nostra gioia ; ma non é ancora compita. ,Io desidero che almeno uno sia di mia scelta. E un favore che vi chiede il vostro figlio, e nel giorno più solenne della sua vita. Io conosco troppo il vostro cuore per dubitarne soltanto ; ma non ho voluto farlo senza il vostro consenso. So che vi costa assai ; so che forse quegli, con la sua poco giusta condotta, se ne rese indegno ; ma so, che voi siete cristiano, e che volete farvi veder tale in ogni occasione. Sarà questo anche un mezzo per ottenere da Dio al vostro figlio maggior copia di benedizioni. Che bell'esempio darete ! Che onore acquisterete al vostro nome ! Che gloria darete a Dio ! - Voi non mi direte no, ma lascierete libertà a vostro figlio di scriverlo su questo foglio. Anzi voi stesso ve lo scriverete, a totale vittoria sul vostro amor proprio aspramente ferito , ed a scorno del nostro avversario.
Così dicendo prese la mano di suo padre, e con pietosa violenza lo condusse al tavolo, perché mettesse il nome tanto abborrito. In sulle prime parve contrario ; balbettò qualche parola, disse che era impossibile ; e che, anche posto, che egli ve lo invitasse, forse quel tale gli darebbe maggior offesa col disdire l'invito.
Ma fu pronto Matteo a rispondere, che egli stesso si obbligava di compiere l'ambasciata, di andarlo a pregare di far pace, e togliere quello scandalo in paese, che due parenti, stati tanto tempo buoni amici, ora si odiassero così tenacemente. Insomma tanto disse e fece, che il padre non poté resistere alla carità del figlio, e scrisse tra gl'invitati colui, che il buon Matteo avea già scritto in suo cuore. Gli disse però il padre : Ora come si fa per avvisarlo ? Chi andrà alla sua casa? Non credo di mia convenienza che ci vada io stesso; ancorché questa prima vittoria m'infonda coraggio di presentarmivi io stesso. Ma vorrebbe colui ricevermi ? Crederebbe alla sincerità delle mie parole ?
Caro padre, disse allora Matteo , a questo ho già pensato io stesso. Mi presenterò io da lui, e son certo che non troverò alcuna difficoltà. Vedrete come Dio renderà soddisfatti appieno i nostri desiderii.
A te, soggiunse il padre, non posso ornai ricusare alcuna cosa. Va, parlagli a mio nome ; digli che io dimentico tutto il passato ; e che ritorniamo oggi amici, come non cessammo mai di essere parenti.
Come un capitano, che dopo aver preso una forte posizione s'incammina a compiere la vittoria, Matteo con la gioia che gli raggiava in fronte, s'avviava con rapido passo alla casa di colui, che fu per tanto tempo avversario di suo padre. Dio benediceva il suo servo, e disponeva le cose in modo per l'intiero trionfo. - Già da qualche giorno costui sentiva rimorso di quanto aveva fatto contro al padre di Matteo, ed avrebbe desiderato un'occasione, per rappattumarsi con lui, e togliere l'onta e lo scandalo nella loro piccola terra. Ora poi che vedeva il suo figlioccio, Matteo, vicino agli altari, penava in cuore oltre ogni credere, per non poterlo avvicinare, non potergli dire, che anche lui giubilava della felice sua sorte. Più volte anzi gli nacque nell'animo il desiderio di parlare al padre, o almeno di scrivergli che era pentito... ma non si sentiva di farlo per certi umani riguardi. Quella sera, quando vide entrare in sua casa Matteo, gli corse all' incontro , lo strinse amorevolmente al seno, e, senza poter dire una parola , lo bagnava di copiosissime lacrime. Tu qui ? gli disse poi, Tu qui ? Hai avuto il coraggio di venire da me, che ebbi la stoltezza di inimicarmi tuo padre? « Zio, disse alla sua volta Matteo, son venuto appunto a nome di mio padre a dirvi che, nel dì della mia prima Messa, voi dovete venire a prendere parte della sua e mia gioia. Lui medesimo volle scrivervi tra i suoi parenti ed amici ! » Così dicendo tirò fuori la lista e gliela porse sotto gli occhi. - Intieramente vinto e confuso per tanta generosità cristiana, il pover'uomo esclamò dolentissimo « ed io ebbi la sventura di offendere un cuore sì buono ! Me lo perdoni il Cielo ! » Senza quindi frapporre altri indugi, si tolse il cappello e pregò Matteo a seguirlo. Troppo gli premeva di correre dal sig. Francesco e dirgli che gli domandava scusa del torto fattogli , e ringraziarlo di quell' immenso tratto di generosità. Non vide nessuno per via , tanto aveva gli occhi pieni_ di lacrime, ed il cuore in commozione.. Non si accorse di quelli che lo salutavano, neppure di chi voleva fermarlo a parlargli per interessi vivi che avevano per mano... Era fisso in un solo pensiero, in un solo affetto.
Né in minore inquietudine stava il padre di Matteo. Tremava che il suo operare così cristiano fosse considerato coi-ne una vigliaccheria, come una debolezza, come un darsi torto in faccia a tutto il paese. Qualche momento fu quasi pentito, avrebbe voluto essere stato più forte... Ogni istante gli pareva un secolo. Mentre combatteva così col suo cuore, ed appoggiato al davanzale della finestra aspettava con ansietà febbrile il ritorno del figlio, vide lui accompagnato da un altro, che non riconobbe subito, passargli proprio sotto gli occhi. Supponendo chi era, sentì più forte nel cuore la sua affezione, ed allontanandosi da quel luogo, non scese no, precipitò le scale, e in meno che non si dice, si trovarono tutti e due abbracciati, coprendosi di baci. Fu una scena pietosissima, e degna veramente d'essere contemplata ed ammirata da ogni anima cristiana.
L'uno l' altro voleva dirsi in colpa del passato, per vani puntigli, aver errato per diabolica suggezione, ma che ora ne era pentito. « Io, diceva il sig. Francesco, io ho sbagliato. - Tu, interrompeva l'altro, hai sempre operato con onestà. Io ho il torto : io fui il disgraziato d'aver interrotta un'amicizia, che doveva essere eterna. » Così dicendo non finiva di piangere e quasi di singhiozzare. Fu quella una sera consolantissima per tutti, e di gioia specialmente per Matteo , che vedeva finalmente ritornata la pace, e tolta l'ultima nuvola, che poteva ancor intorbidare la serenità della vicina festa della sua prima Messa. Alla dimane fu un lungo parlare del fatto pel paese, e un benedirne l'autore, ed un togliere degli augurii per l'avvenire di più larghe benedizioni del Cielo.
Nell'occasione della festa di S. Giovanni Battista i primi giovani dell'Oratorio di S. Francesco di Sales divenuti oggimai uomini adulti e pieni di senno, che noi chiamiamo a buon diritto i primogeniti, gareggiarono pur quest'anno nel celebrare l'onomastico di D. Bosco loro comun padre ed amico. Una rappresentanza andò in quel giorno ad offrirgli a nome di tutti il tributo della figliale riconoscenza ed amore. Il Teol. D. Giorgio Novara lesse un discorso, infiorato di tali pensieri ed espressioni, che non hanno radice se non in un animo dei più gentili. Alle parole si congiunsero i fatti, ai fiori i frutti, e varii bei doni mostrarono a D. Bosco che l'affetto dei suoi primogeniti é sempre sincero e verace.
In quella fausta occasione egli dopo aver loro rivolte affettuose parole invitò i rappresentanti e i rappresentati a mensa con lui. Ciò non potendosi fare in quel giorno istesso, per dare comodità ad ognuno ne furono stabiliti due altri, la Domenica 31 Luglio per gli artigiani ed impiegati, e il lunedì 1° Agosto pei Sacerdoti. Furono quelli due giorni di santa allegrezza.
Al levar della mensa la banda musicale dell' Oratorio co' suoi melodiosi concerti aggiunse diletto alla brigata. Fra una suonata e l'altra si lessero varii componimenti; e siccome allo sfogo degli affetti non bastava la prosa , così si ricorse alla fervida poesia. A questa fecero tra gli altri ricorso il distinto ingegnere Pietro Morino, e il sempre lepido ed affettuoso Carlo Gastini, che interpretarono fedelmente il cuore di tutti.
Nel secondo giorno una singolare circostanza aggiunse lustro alla festa. Fra gli invitati vedevansi accanto a D. Bosco il signor Giuseppe Repetto, savio ed operoso industriale ed artista di Lavagna, e il sig. Dottore Giovanni Albertotti medico nel R. manicomio di Torino, che da più lustri consacra i lumi dell'arte salutare a sollievo delle umane miserie. Or bene questi due signori, quale in uno e quale in un altro ramo, assai benemeriti della civile società, venivano per motu-proprio di Sua Maestà il Re Umberto I insigniti della croce di cavaliere, e D. Bosco fu incaricato di consegnarne loro il regio diploma. Quindi tra gli evviva all'uno e all'altro ebbe fine l' agape gioconda, che speriamo sarà rinnovata ancora per molti anni a comune soddisfazione.
Ci duole che lo spazio non ci permetta di qui riferire in disteso le cordiali parlate di D. Bosco a suoi primogeniti nelle tre circostanze sopra accennate. Compendiando notiamo solo che egli esordì dall'esternare il suo contento nel vederli almeno una volta all'anno insieme raccolti intorno a lui; desiderare che la lontananza non impedisse a moltissimi altri d' intervenire a quella dimostrazione e a quell' agape, a cui per altro tutti prendevano parte col cuore. Ringraziò dei regali fattigli, delle lodi e degli encomii a lui tributati, che egli disse riguardare come pie esagerazioni, le quali dimostravano che quando l'amore é grande vede tutto bene, e più non gli basta il grado positivo, ma adopera il comparativo e il superlativo. Facendosi poscia sopra un passo del bel discorso lettogli dal Teol. Novara, in cui si accenna ad un mendace giornale, che poc'anzi accusava d'ignoranza i giovani dell' Oratorio, D. Bosco raccontò come pochi anni addietro una persona, di cui tacque il nome , aveva scritto a Roma movendo la stessa accusa contro i Salesiani. Allora che cosa si fece? Si prese in mano il registro, e con documenti autentici e bollati si fece constare che sopra 200 membri dell'Istituto 180 avevano subito rigorosi esami, quali in Seminario, quali nella Università di Torino, quali in Licei e Collegi governativi, ed ottenutone il diploma o di teologia, o di filosofia, o di belle lettere, o di professore o maestro. Ricevuta in Roma simile risposta confortata da cotali documenti ne venne fatta rimostranza all' accusatore, il quale sapete che cosa rispose? Rispose non essere da stupirsi che D. Bosco annoverasse tanti laureati, professori e maestri, perchè egli tra i suoi giovani sceglie a rimaner con lui i dotati di particolare ingegno, lasciando gli altri in disparte. Vedete contraddizione, e nel tempo stesso una prova di quel detto dello Spirito Santo: Mundus totus in maligno positus est; il mondo é tutto posto nella malignità ; e non tacerebbe gli mettessimo ben anco dei gnocchi in bocca. - Del resto poi, soggiunse D. Bosco, io non voglio già che i miei figli siano enciclopedici; non voglio che i miei falegnami, i fabbri ferrai , i calzolai sieno avvocati ; né che i tipografi e i legatori ed i librai la vogliano fare da filosofi e da teologi; tanto meno intendo che i miei professori e maestri studino de arte politica, come se avessero a diventar ministri ed ambasciatori. A me basta che ognuno sappia bene quello che lo riguarda; e quando un artigiano possiede le cognizionii utili ed opportune per ben esercitare l' arte sua ; quando un professore è tornito della scienza che gli appatiene per istruire adeguatamente i suoi allievi ; quando un Sacerdote, precedenti i dovuti esami, è giudicato idoneo ad esercitare il santo ministero, e lo esercita difatto con frutto delle anime, costoro, dico, sono dotti quanto è necessario per farsi benemeriti della Società e della Religione, ed hanno diritto ad essere rispettati quanto altri mai. Regoliamoci dunque bene, continuò D. Bosco, e non curiamoci delle male lingue né delle cattive penne. Egli finiva il suo parlare raccomandando ai laici di essere sempre il fiore dei galantuomini, e ai Sacerdoti di mostrarsi il sale e la luce dei popoli ; e tutti accolsero i suoi detti come già li accoglievano nei primi lor anni con docilità ed amore.
Ogni Cooperatore può acquistare Indulgenza plenaria una volta al giorno, da applicarsi alle anime del Purgatorio, recitando la terza parte del Rosario di Maria Vergine avanti al SS. Sacramento, e non potendo avanti al divin Sacramento, recitandola innanzi al Crocefisso.
Indulgenza plenaria ogni volta che si accosta alla santa Comunione.
Può altresì lucrare moltissime Indulgenze plenarie nel corso del giorno, mediante la recita di sei Pater, Ave e Gloria, secondo la mente del Sommo Pontefice. E queste indulgenze applicabili alle anime purganti, le può acquistare toties quoties, ossia tutte le volte che recita i suddetti Pater, Ave e Gloria in qualunque luogo senza bisogno di Confessione e Comunione purché sia in grazia di Dio.
Oltre a queste, un'altra Plenaria ne può guadagnare ogni domenica , e nei giorni qui sotto notati, purché confessato negli otto giorni , e comunicato, visiti una qualche chiesa , pregandovi secondo l'intenzione del Sommo Pontefice.
4. S. Rosa da Viterbo.
7. Patrocinio della S. Vergine. 8. Natività di Maria. 11. Nome di Maria.
17. Stimmate di s. Francesco d'Assisi. 18. Festa dei 7 dolori di Maria.
21. S. Matteo Apostolo ed Evangelista. 24. Beata Vergine della Mercede.
Con permesso dell'Aut. Eccl. - FERRARI GIUSEPPE gerente respons.
Tip. di San Vincenzo de Paoli, Sampierdarena 1881.