ANNO XIII - N. 3. Esce una volta al mese. MARZO 1889
DIREZIONE nell'Oratorio Salesiano - Via Cottolengo, N. 32, TORINO
SOMMARIO - Primo anniversario della morte di Don Bosco - Il patrono della stampa cattolica S. Francesco di Sales - I Salesiani in Inghilterra : Primizie dolorose del loro apostolato - Grazie ottenute per intercessione di Maria SS. Ausiliatrice - Viaggio dei Missionarii per la Terra del Fuoco - Bibliografia Elenco de' Cooperatori defunti nel 1888 e nel gennaio e febbraio 1889.
Ciò che la Sacra Scrittura (Eccles., e. 40, v. I) ha detto del re Giosia, che cioè la sua memoria spandeva soavissimo e gratissimo odore per le molte sue virtù, le quali il rendevano accetto a Dio ed agli uomini , ci pare di poter ripetere di questo nostro tenerissimo padre. Sì, il nome del venerato D. Bosco è per noi caro e solenne. Sappiamo pure di sciogliere un dovere coi nostri Cooperatori dicendo qualche cosa della pia funzione che si fece in questa occasione del suo anniversario , 31 gennaio. Molti Cooperatori e molte Cooperatrici aiutarono l'opera nostra, perchè il tutto corrispondesse, in parte almeno, al gran bisogno del nostro cuore di pagare un piccolo tributo di filiale amore verso Colui che in vita ci aveva tanto amati e beneficati, e che sapendo come sarebbe stata amara per noi la sua dipartita, ci lasciò come sua volontà ultima di non piangere alla sua morte.
Pontificò in quel giorno S. E. R.ma Mons. Bertagna, che con gentile e delicato pensiero, per cui tutti glie ne siamo riconoscenti , volle offrirsi spontaneamente al grato uffizio. Moltissimi altri sacerdoti e curati della città e parroci circonvicini facevano onorevole corona al catafalco. Supponendo numeroso il concorso dei divoti, ritenemmo nelle scuole e nei laboratorii i nostri orfanelli. Nè ci siamo sbagliati. Chè, malgrado la distanza dal centro della città, malgrado la rigidezza della stagione, tuttavia alle ore 10 la chiesa di Maria Ausiliatrice era proprio gremita di gente di ogni condizione ed età; dal patrizio al plebeo, dal vecchio al giovane. Un nobile ed antico nostro benefattore, carico ornai di acciacchi, che in tante occasioni consolò D. Bosco di soccorsi e di benevolenza, ci commosse con la sua pietà, con la sua affezione continua che non cede davanti a nessuna difficoltà.
Che bella figura faceva in quel dì la chiesa di Maria Ausiliatrice ! L'arte e l'amore avevano gareggiato in mille maniere per ornarla in modo a lutto, che esprimesse tutta la nostra pena e pietà. Un magnifico catafalco, come quello dei funerali dell'anno passato, si sollevava tutto coperto di lumi e di gramaglia sotto la cupola.
Cantarono i nostri giovani, ed un giornale della città (1) così scriveva: « Nulla di più caro, nulla di più religioso. Basta dire che era la Messa del Cherubini. Per riguardo all'esecuzione non ci pare di dir troppo, se diciamo che fu perfetta, e che il medesimo autore avrebbe detto un bravo a quei buoni figli di D. Bosco, che sembravano impressionati profondamente nel cantare il riposo eterno all'anima del loro padre. Noi non dimenticheremo mai più l'impressione provata nell'esordire del Dies irae, mai la terribile agitazione del Confutatis maledictis. Allora l'anima prega, piange, si agita e dice con umiltà e speranza il Voca me cum benedictis. »
Anche nel dopo mezzodì non mancarono molti di venire a pregare nella nostra chiesa. Ma il concorso maggiore fu nella Valle del Salice, dove, tra i figli del Collegio delle Missioni estere, il buon padre dorme il sonno dei giusti. Colà andarono pure i nostri giovani dell'Oratorio, e mai come in quel dì cantarono il dolore dell'orfanello. Quel canto, quelle meste parole, ripetute dall'eco lontana delle colline circostanti, in quel luogo di tanta soave malinconia, riempiva l'anima delle più sante emozioni.
E noi, prostrati con cento e cento giovanetti, ricordavamo con mesto desiderio i bei giorni passati con un sì tenero padre, con un maestro così sapiente e virtuoso, e ne ringraziavamo Dio, parendoci di sentire più forte in noi la voglia di ascoltare i santi pensieri di D. Bosco, e di praticarli a gloria di Dio, alla salute dei prossimi ed a sostegno della Chiesa.
Non possiamo tralasciare di dire un grazie di gran cuore alle Società operaie cattoliche che vennero col loro gonfalone ad assistere la gran Messa di Requiem. Ma il ringraziamento principale se l'abbia la Società di Nizza Monferrato.
La mattina seguente, alle ore sei, collo stesso apparato e musica, D. Michele Rua cantava la Messa da requie, presenti tutti quelli della casa. Funzione ancora più commovente di quella del giorno innanzi per l'affollarsi divoto di tutti i giovani alla Comunione.
Alla domenica 3 febbraio fecero pellegrinaggio alla tomba gli operai cattolici della parrocchia di S. Gioachino, di cui D. Bosco era presidente onorario, preceduti dalla musica dell'Oratorio festivo di S. Francesco di Sales; ed ivi ben duecento si accostarono alla sacra mensa.
Ah! Don Bosco non è morto per noi! Continua ad aiutarci con la memoria delle sue virtù, de' suoi benefizi, ad animarci alla pratica del bene; e non crediamo di sbagliare, se ripetiamo che egli prega per noi, come si disse del profeta : È costui che prega per il popolo !
L'affezione dei nostri Cooperatori verso la venerata memoria di Don Bosco è veramente superiore alla forza della morte. Egli da più di un anno ha lasciato la terra, ma la benevolenza per lui è vivissima tuttavia, e sembra che sempre più si diffonda. Deo gratias ! Sia ringraziato il Signore che vuole così glorificare il suo servo fedele, e temperare a noi il dolore dell'animo. Vorremmo,. come l'anno scorso , a proposito della sua morte, far cenno di tutti gli splendidi funerali celebrati nel suo anniversario da' nostri Cooperatori, ma lo spazio del nostro Bollettino , per le troppe altre materie , non ce lo permette. Ringraziamo perciò tutti di questa pietà verso l'anima di Don Bosco, e ne preghiamo da Dio una degna ricompensa. Quindi , tacendo di tanti altri , ricordiamo con piacere quello di Catania in Sicilia ; di Rimini, ove ci fu quasi una festa solenne in onore di D. Bosco : oltre alla Messa funebre cantata, ce ne fu pure un' altra con comunione generale, ed alla sera l' esercizio della Via Crucis colla Benedizione del Venerabile, tutto in musica e con un concorso immenso di clero e di popolo; di Gisola, nelle valli di Lanzo, ove D. Bosco era assai conosciuto fin dal 1850 , ed era chiamato da quei buoni terrazzani il prete santo per la grande carità che dimostrava verso i loro figliuoletti; di Chivasso, presso Torino, ove i nostri Cooperatori, oltre a bella musica, begli arredi, trovarono ancora modo di mandare una graziosa elemosina ; di Sanico su quel di Casal Monferrato e di Farigliano presso Mondovì.
E senza far menzione di tutte le nostre Case, ove nel dì anniversario, come a Torino, si fece solenne funerale, accenniamo solo a quei buoni giovani del nostro Oratorio di Faenza, i quali inviarono a Torino una stupenda corona, che figurò intorno al catafalco nel funerale celebratosi in Maria Ausiliatrice , e tennero dipoi nel loro Collegio una splendida accademia commemorativa in onore di Don Bosco, nella quale ciascuno andava a gara nell'esprimere i proprii sentimenti d'affetto e di venerazione verso d'un tanto Padre, con bei componimenti in italiano ed in latino, in prosa ed in poesia. Tutti quei bravi figliuoli concorsero chi con la penna, chi col canto e chi col suono a rendere più solenne quella filiale dimostrazione. Furono in tal circostanza onorati dalla presenza di varii nobili signori; de' quali alcuni lessero pure classiche composizioni, che ci dispiace di non poter qui riprodurre. Iddio benedica quel cari giovani e quel benevoli signori, e D. Bosco continui a proteggerli dal Cielo.
In quel giorno di tanta commozione per noi, non pochi giornali e periodici portarono articoli entusiastici ed affettuosi riguardanti Don Bosco e l'opera da lui instituita. Noi, sapendone grado agli autori ed agli editori, vorremmo qui riportarli uno per uno. Ma non essendoci permesso pel motivo sopraccennato, ci contentiamo di riprodurre il seguente, preso dalla Gazzetta di Mondovì, N. 14, come quello che ben dà ragione del metodo seguito da Don Bosco nell'educazione della gioventù, tenendo la religione per uno de' primi fattori di essa.
(1) Corriere Nazionale, 1° febbraio 1889.
Un giornale di Torino, uso sempre a ridersi delle cose più sante e a parlarne alla volterriana, da trentacinque anni a questa parte ebbe a scrivere a più riprese
« Noi abbiamo bisogno di ben altro che di biascicar rosarii, e cantar salmodie; vogliamo giovani baldi ed inspirati a sentimenti di amor patrio, liberi dalle pastoie del gesuitismo : invece D. Bosco alleva di simili collitorti, tradendo così le speranze delle famiglie, del Governo e della società. Genitori,. attenti ai vostri figli ; autorità, vigilate ; D. Bosco è un turbolento, che mina le istituzioni e col suo papismo rovina la gioventù. »
E D. Bosco ebbe terribili persecuzioni. Non per questo ei si lasciò intimorire, che anzi, memore del detto di Orazio : tu ne cede malis, sed contra audentior ito, continuò nella sua intrapresa, forte della sua inesauribile carità, congiunta a fiduciosa fede in Dio ; e nei suoi collegi, ospizi e laboratorii alternò sempre allo studio delle scienze e delle lettere, al lavoro manuale ed al divertimento lecito ed onesto , la recita del rosario, il canto dei salmi, la pratica del confessionale, perchè Don Bosco voleva istruire ed educare.
E che perciò? L'illustre protestante Guizot aveva scritto : « L'istruzione è nulla senza l'educazione, e l'educazione è nulla senza la religione ; » e Diderot lasciava detto che « la prima cognizione essenziale alla gioventù ha da essere la religione, che è l'unica base della morale. »
Dunque faceva male Don Bosco a istruire i suoi numerosi allievi sui doveri verso Dio e verso il prossimo, se Seneca medesimo aveva sentenziato che « l'uomo dabbene non può essere tale senza Dio? » faceva male a insegnar loro il Catechismo se lo stesso Diderot « affine di bene istruire la sua dolce figliuola, fatte le debite ricerche, non trovò libro migliore a tal uopo che il Catechismo della Diocesi » che egli teneva per il più sicuro trattato di pedagogia? »
Il giornale volterriano di Torino avrebbe voluto che D. Bosco educasse i suoi giovani alla religione dell'avvenire, cioè, a nessuna religione, ma Don Bosco, come tutti i santi educatori, così non la pensava; era piuttosto d'accordo con Voltaire , il quale voleva che s'insegnasse agli uomini « essere necessario un Dio vendicatore ai re, ai ministri, ai nostri procuratori ; essere necessario un inferno all'uom di Stato, all'uomo di gabinetto, al pubblicista, ai nostri operai non men che al popolo » perchè gli uomini sono estremamente portati a sperare ed a temere, ed una religione, la quale non avesse nè inferno, nè paradiso, non potrebbe piacer loro.
Se non che, ha egli davvero Don Bosco, coi suoi numerosi istituti, modellati su questa sacrosanta religione, portato danno alla patria, alla società? Le sétte sovversive l'han sempre detto, e dissero menzogna.
« Miei cari giovani, ci ripeteva invece egli sovente, dopo essere stato in giro per Torino a cercar pane pei suoi poveri figli, miei cari giovani, amate la religione, incominciate per tempo a praticarla senza rispetto umano, ed essa vi aiuterà nei vostri studi, nei vostri lavori ; essa vi renderà morigerati, laboriosi e formerà di voi l'onore e la consolazione delle vostre famiglie, del vostro paese, della patria. - Sì , giovani miei , siate religiosi e sarete buoni cittadini. »
Aveva ragione, e centinaia di migliaia di giovani uscirono dagli istituti di D. Bosco e si riversarono nella società a portare il loro contributo al benessere della patria, e nel sacerdozio e nel foro, sulle cattedre e nell'esercito , negli opifici e al lavoro dei campi.
E più di 300 mila ricevono attualmente negli Istituti Salesiani d'Europa e delle Americhe, in un coi principii religiosi, l'istradamento alle lettere ed alle scienze, all'arte ed al vero progresso, e 35 mila ogni anno si presentano essì pure alla società, minacciante rovina, per dirle : Vedi, siam venuti a prestarti l'opera nostra; Don Bosco ci ha mandati.
Ripieno di meriti e fra il mondiale rimpianto moriva il sant'uomo, che, sotto il vessillo della cattolica religione, aveva compite opere veramente grandi a bene della patria e della civiltà ; e il giornale « del popolo » non disse verbo, forse tripudiando in cuor suo che l'opera colossale, iniziata dal Grande Apostolo della gioventù, avesse con Lui a perire. - Vano tripudio di falso patriottismo e menzognero progresso ; piuttosto perirà il desiderio dei peccatori.
Corre oggi il 1° anniversario della morte di D. Bosco. Inchiniamoci riverenti davanti alla sua tomba.
Padre ATANASIO.
Inoltre in questa medesima occasione non pochi ebbero la pia inspirazione di venirci in soccorso, per la memoria santa di Don Bosco, nelle gravi spese incontrate per le nostre Missioni. Mentre vediamo di dover attribuire questo benefizio ai buoni suggerimenti di Dio, ci pare di scorgere in modo speciale l'amorosa assistenza di Don Bosco, che di là aiuta, dirige e soccorre le instituzioni Salesiane, che sono pur sempre le sue.
Merita di essere ricordata tra le altre una elemosina che ci venne da Varazze, con queste tenere espressioni
« Una povera vedova offre per le Missioni a Salesiane due cedole del Regno d'Italia da lire mille, raccomandandosi alle preghiere dei figli dell'amatissimo Padre Don Bosco di santa memoria.
» Una Cooperatrice. »
Dio benedica questa nostra buona Cooperatrice , benedica tutti coloro che nella loro carità continuano a beneficare gli orfanelli di D. Bosco, e conceda loro, come promise nel suo santo Vangelo, ìl centuplo anche in questa vita, con la felicità eterna.
La causa principale di tutti i mali dell'età presente è il pervertimento d' ogni idea di religione, d'ordine, di moralità, cagionato da una stampa miscredente e settaria, la quale scientemente lavora da molti lustri a corrompere in tutto il mondo le masse del popolo, ribellandole da ogni autorità divina ed umana. La tremenda rivoluzione francese scoppiò soprattutto dalla perversa e diabolica penna degli enciclopedisti, e le conseguenze di questa perdurano micidiali, come noi vediamo oggigiorno. Che anzi vanno facendosi ognor più minacciose per l'opera continua de' giornalisti settarii, che si chiamano da se stessi i figli dell'89.
Qual diga, qual riparo porre a tanto imperversar del male? La stampa spudorata, il giornalismo satanico s' affaccenda per ispargere idee d'incredulità , d'ateismo, d'irreligione, d'immoralità? Ebbene, sorga la buona stampa, sorga il giornalismo cattolico a difendere con energia la verità, a deprimere il vizio e far trionfare la virtù.
Sono pervertite le idee, donde il traviamento del cuore, la scostumatezza, l'immoralità; le idee adunque sono anzi tutto da correggersi. Tra le idee e le azioni corre quella relazione, che è fra la causa e l' effetto. Bisogna dunque far ritorno ai sani principii, bisogna ritornare pubblicamente e privatamente a Gesù Cristo, bisogna ripigliare praticamente una via cristiana di operare, come ci avvisa il sapiente Leone XIII nella Enciclica del 25 dicembre ultimo scorso : Et privatim et publice remigretur ad Jesum Christum, christianamque vivendi viam.
Il popolo brama leggere ; ebbene, poniamogli sotto gli occhi buone, sane letture ; brama leggere ogni giorno , mettiamogli tra mano ottimi giornali. Ecco quindi la necessità della buona stampa, ecco l'imperioso bisogno del giornalismo cattolico. Ecco ancora la ragione perchè il regnante Pontefice siasi mai sempre, e specie nell'anno testè decorso, mostrato tanto favorevole cogli scrittori della buona causa , largheggiando con essi di lodi, di consigli di appoggio, e cercando in ogni modo che si moltiplicassero i diffonditori della buona stampa. A questa spetta cangiare l'aspetto al mondo, raddrizzar le idee, persuadere la verità.
Ma in qual modo ? Fortiter et suaviter : con fortezza e con carità si deve predicare e difendere il vero ed il bene. Fermezza nel combattere l'errore: nulla valga a smuoverci dagli obblighi che c'impone la religione : il vizio superbo, l'immoralità tracotante si reprima con energia. Ma si osservi che la battaglia nostra sta pur nell'inclinare le volontà al vero bene, ed a ciò null'altro più giova che la carità, la dolcezza. La carità è quella che disarma l'ostinato nell'errore e lo dispone alla verità.
A tal uopo l'immortale Pio IX, pregato a dare un protettore al giornalismo cattolico , il 21 novembre 1877, stabiliva S. Francesco di Sales a patrono ed insieme a modello in cui debbono specchiarsi gli scrittori cattolici.
S. Francesco di Sales mentre è il flagello dell'eresia è pur l'ideale della dolcezza; mentre combatte l'errore, confonde il vizio, ci salva le persone, salva le anime, e ben più di settantadue mila eretici conquista alla verità colla sua parola e con gli scritti.
Quale e quanta fosse l'energia da lui usata nel combattere l'errore e la dolcezza nel convertire gli erranti, e quali i cómpiti e le qualità dello scrittore cattolico, ben l'ha udito dal Rev m° Canonico Cinquemani chi ebbe la buona ventura di trovarsi la sera del 3 febbraio nella nostra chiesa di S. Giovanni Evangelista in Torino. Era quella domenica destinata a festeggiare il glorioso e fortissimo difensore della fede religiosa, il Patrono del giornalismo cattolico, S. Francesco di Sales.
« I rappresentanti, come narra l'Unità Cattolica,, della stampa cattolica, primi all'esempio, accorsero in buon numero alle singole funzioni. Al mattino alla comunione generale, distribuita da S. E. R.ma Monsignor Basilio Leto, vescovo di Samaria, parteciparono oltre due mila persone, le Società operaie cattoliche, il Circolo Cattolico e le rappresentanze della buona stampa. Celebrò pontificalmente la Messa solenne S. E. Reverendissima Mons. Buglione di Monale, vescovo di Saluzzo, assistito dal Vescovo di Samaria. Lodatissima fu la precisione con cui gli allievi dell'Oratorio Salesiano eseguirono la musica classica d'accompagnamento.
» Alla sera dopo i Vespri, pontificati parimenti dal Vescovo di Saluzzo , recitò , in onore del Santo, uno stupendo panegirico il sopralodato Rev.mo canonico Cinquemani.
» Per saggio riassumiamo qui alla meglio alcune delle cose che egli disse intorno al giornalismo
» Se la stampa è una specie di apostolato, se mira a diffondere la verità , chi mai è meglio apostolo , chi più generoso propagatore di Francesco di Sales? Quando la indifferenza dei tempi, la prepotenza dell'errore, i trionfi dell'iniquità vorrebbero sconfortarci dal generoso apostolato della stampa, pensiamo a Francesco , pensiamo allo Sciablese, ingrato teatro e pur glorioso dello zelo apostolico di Francesco. Quando, sull'esordire della sua missione un'infernale cospirazione aveva fatto un deserto attorno alla cattedra del santo predicatore, e gli avea chiuso la via dell'orecchio per giungere al cuore dei poveri erranti, Egli pensa che restagli aperta quella dell'occhio; scrive una dopo l'altra le sue ammirabili Controversie. La parola della vita con questo mezzo si slarga, si spande, trionfa, conquista. Credete voi, o signori, che la virtù di questa santa parola sia venuta meno ai dì nostri? Confidate come Francesco. Quando la gente deserta le nostre chiese, cercatela cogli scritti, nelle officine, nelle piazze, al focolare domestico. La verità non teme che di una cosa , essere ignorata. Mostrarsi e vincere per lei è tutt'uno.
« E finalmente il Santo della dolcezza e della carità ben si conviene alla vostra pacifica crociata contro l'errore a gloria e dilatazione del regno della verità. Quando i grandi principii dell'autorità sono scossi, quando gli uomini si mostrano gelosi di una indìpendenza trasmodante, non vi ha che la dolcezza e la benignità che possano ridurre i traviati fratelli. Per quanto sia grande l'abisso dell'iniquità, per quanto mostruoso il caos degli errori, per quanto orribile la congiura delle tenebre, frenate gli sdegni, armatevi di dolcezza, sentite pietà e compassione pei traviati, mirate a Francesco , nell'atto di aprir le braccia amorose al traviato fratello , che tiene la mano armata contro il suo petto...
» E quanto a quelli che non appartengono alla vostra società, io non ho parole sufficienti per incitarli a caldeggiarla con tutte le forze , col fruirne i beneficii. Non so se sia più grande la colpa o la sciagura di quei moltissimi, che, invece cbe pella buona stampa, hanno le lor predilezioni e i lor favori per la stampa cattiva. Possibile che si conservi ancora la fede del Battesimo e non s'abbia orrore di associarsi a quella stampa, che è una vasta e tenebrosa cospirazione contro il nome cristiano l Come si può senza viltà e tradimento stender la mano e pagare penne insolenti e bestemmiatrici, comprando, a così dire, i loro oltraggi e le loro bestemmie ? Ah che innanzi a Dio e innanzi agli uomini più colpevole dell'assassino che uccide il viandante, è il sicario della penna che spegne la vita dei cuori.
» Più iniquo e rapace del ladro è il romanziere e il libellista, che ruba i tesori inestimabili dell'innocenza e della fede ; più perfido del falsificatore dell'oro e dell'argento è il falsario dei principii e delle idee ; più devastatore dell'incendiario è il vile istigatore delle turpi passioni e degli sfrenati istinti della plebe. Uniamoci sotto il vessillo della buona stampa : Francesco ci sorride dall'alto e ci conforta. I suoi trionfi ci lasciano sperare che non è tutto perduto ; e che Dio, che ha fatto sanabili le nazioni , può trarre dalla stampa , da questo largo fonte di dissoluzione , il principio benefico della restaurazione e della vita. »
Si facciano animo adunque gli scrittori della vera causa; continuino ad inspirarsi a questi sentimenti : fermezza nel combattere l'errore , e benignità verso dell'avversario. Abbiano pur fiducia in Dio, che la vittoria sarà dalla parte loro. Le preghiere innalzate al trono dell'Altissimo in quel giorno, le quali erano « un atto di riparazione e di protesta contro la pubblica stampa, distruggitrice di ogni buon costume e demolitrice d'ogni ordine sociale », ne otterranno il trionfo.
« Quella bella festa si chiuse colla benedizione del Venerabile, impartita da Mons. Buglione di Monale, facendo corona intorno all'altare, con ceri in mano, le rappresentanze della buona stampa.
» La chiesa si mantenne in tutto il giorno affollata di gente ; affollatissima, gremita e riboccante durante il panegirico e la benedizione. »
DON MAC-KIERNAN.
Il giorno 30 dicembre 1888 moriva nella piccola Casa Salesiana di Battersea a Londra il sacerdote Edoardo Patrizio Mac-Kiernan. Chiunque conobbe questo giovane prete non potè non amarlo e grandemente, tante erano le belle doti che in lui splendevano. Il suo cuore franco, paziente ed affettuoso era portato a far del bene a tutti e specialmente ai giovanetti. In Italia sono migliaia coloro che lo conobbero e che ora ne lamentano la perdita e ne conservano cara la memoria.
Egli era nato in Scrabby, piccolo villaggio della contea di Cavan in Irlanda, il 1° di novembre 1860. Entrava nell'Oratorio di San Francesco di Sales in Torino il 4 giugno 1876, attiratovi dalla fama di D. Bosco , al quale si legò con tanto affetto, che decise di farsi Salesiano. Compiuti con grande lode i suoi studi, fu ordinato sacerdote il 29 marzo 1884, e ricevette l'incarico da D. Bosco di Prefetto generale dell'Oratorio il 13 ottobre dello stesso anno. Da più anni aveva tenuto l'ufficio di vice-prefetto. Egli era capacissimo, benchè ancor così giovane, di regolare con mano ferma e con ingegno previdente una casa di circa 1000 persone. Ma, apertasi in Inghilterra la prima Casa Salesiana, il nostro Mac-Kiernan partiva per Londra con alcuni confratelli in qualità di Rettore della chiesa del Sacro Cuore di Gesù in Battersea, il 14 novembre 1887. Grande fu il dolore che provò nel distaccarsi dall'Oratorio, e specialmene da D. Bosco, che egli amava, tanto, e che non doveva più rivedere sulla terra. Giunto al luogo di sua destinazione, si mostrò infaticabile nel lavorare per la salute eterna dei suoi poveri compatrioti Irlandesi che in grandissimo numero abitano quei quartiere.
Ma troppo breve doveva essere il suo apostolato. Di costituzione assai delicata, egli era già da parecchi anni che accusava debolezza di petto, difficoltà di digestione, e soffriva non di rado le febbri. Tuttavìa ei sentivasi forte e coraggioso tanto da intraprendere quella missione. Ma essendo una volta andato in fretta ad assistere un povero morente, ed avendo dovuto passare più ore in siti freddi ed umidi, mentre era tutto sudato, fu preso da grave raffreddore, principio di quella malattia che lentamente lo trasse alla tomba.
Le lunghe ore poi, fruttuose assai per altro, che specie al sabbato sera passava al confessionale, in una chiesa mal riparata dall'umidità, dal vento e dal freddo, gli aggravarono talmente il male da renderlo senza rimedio.
Nel settembre del 1888 volle ritornare a Torino per pregare alla tomba di D. Bosco, per presentare i suoi ossequi filiali al nuovo Rettore D. Michele Rua, per fare i suoi esercizi spirituali e per intrattenersi con i suoi confratelli. Quando comparve nell'Oratorio tutti furono compresi di viva compassione nello scorgerlo tanto abbattuto e continuamente acceso dalla febbre. Eppure ei volle ritornare a Londra, benchè dubitasse se le forze gli avrebbero bastato per giungere al fine del suo viaggio. La sua volontà era di una incrollabile energia. - Voglio lavorare fin che potrò, perchè i giorni della mia vita sono al tramonto ! - disse più di una volta ai suoi amici.
Giunto a Londra, benchè il male facesse ognora desolanti progressi, si provò nondimeno ancora a predicare, confessare ed assistere gli infermi; ma bentosto dovette desistere da questi uffizi del sacro ministero. Continuava tuttavia a tenere lunghe corrispondenze coll'Oratorio. Solo negli ultimi giorni egli si pose in letto. Don Rua aveva incaricato Mons. Cagliero , che stava visitando i prìncipali Cooperatori della Francia e del Belgio, di recarsi dal caro infermo ; e Monsignore arrivava a Londra il 16 novembre. A D. Mac-Kiernan erano stati da pochi giorni amministrati gli ultimi Sacramenti. Egli ricevette con viva gioia quella visita carissima, e ringraziò i Superiori di così delicata attenzione, poichè egli era intimo col Vescovo Salesiano. Parlava a stento e articolava la parola tra continui singhiozzi. Ma la sua rassegnazione, la sua fede palesavano in lui il figlio della forte schiatta irlandese così fervorosamente cristiana. Monsignore commosso si allontanava da lui per ritornare in Francia il 19 novembre.
D. Mac-Kiernan visse ancora sino al fine di dicembre, e non si può descrivere quanto abbia sofferto. Egli era l'amico dei poveri, che componevamo quasi esclusivamente la sua missione, ed i poveri lo contraccambiarono affettuosamente. Ogni giorno alcuni cattolici gli inviavano qualche cibo prelibato per sollevarlo in certo modo dalle sue sofferenze.
Il giorno 30 dicembre fu l'ultimo della sua vita. Avendo conservata piena conoscenza fino all'estremo momento, mandò a chiamare i suoi confratelli, e chiese loro perdono di tutti i disturbi recati durante la sua malattia. Tutti, sciogliendosi in lagrime, chiesero pure a lui venia, se in qualche modo gli fossero stati cagione di disturbo o di dispiaceri. Alle 2 pom. ricevette ancora una volta il SS. Viatico e senza più muoversi, nè proferir parola, dopo un'ora esalava quietamente l'ultimo respiro.
La salma fu esposta nella sua camera. Tratto tratto, specialmente verso sera, veniva visitata dalle persone della parrocchia che amavano e veneravano quel giovane prete. Si videro gli uomini attempati cadere in ginocchio, pregando innanzi a quella salma, baciarla e allontanarsi singhiozzando, come se fosse morto un loro figliuolo.
I nostri Salesiani si trovavano in serie difficoltà, perchè la chiesa e la casetta loro per la distanza e ristrettezza non permettevano un qualunque benchè modesto funerale. Ma la gentilezza del Padre Connolly li levò d'imbarazzo, assumendosi egli il grave disturbo e la spesa di provvedere a tutto, invitando con parecchi telegrammi i sacerdoti da varie parti, e somministrando il necessario per la chiesa e per il pranzo.
Il giorno 31 di dicembre, avuta intelligenza con D. Macey, egli recavasi dal Vescovo , di Southwark, Mons. Butt, che, non potendo per la sua malferma salute cantare la Messa, volle nondimeno, contro l'avviso dei medici, assistere pontificalmente, il 3 di gennaio, in cui eransi stabiliti i funerali. Quel benevolo Prelato v'andò con altri quattro sacerdoti, recando seco i paramenti necessarii dei quali la nostra chiesa era sprovvista.
Alle 10 e 1/2 antimeridiane di detto giorno muovevasi il carro funebre dalla nostra Casa, seguito da un bel numero di parrocchiani , vestiti a lutto, quanti poterono, e molti piangendo, e s'avviava alla parrocchia di MountCarmel, ove doveasi incominciare la Messa alle 11 e 1/4.
Questa fu celebrata dal Rev. P. Linnet , coadiutore del P. Connolly, esso pure affettuoso e sincero amico nostro. Fu cantata in canto fermo da' numerosi sacerdoti. Parecchie comunità religiose, quali sono i Gesuiti i Redentoristi, i Serviti, i Passionisti, ed i Francescani, avevano colà mandato i loro rappresentanti. Monsignore diede l' assoluzione al cadavere.
Finita la funzione, il feretro fu riportato sul carro, che si avviò al cimitero seguito da due vetture coi confratelli ed il Padre Linnet. Si era scelto il cimitero Mortlake, perchè ivi hanno prescelte le loro tombe i religiosi. Quivi giunti, il feretro fu preso sovra le spalle e, preceduto dal piccolo clero e dal prete con piviale, fu portato alla fossa in fondo alla quale venne subito deposto. Recitate le ultime preci, i confratelli per turno l'aspersero d'acqua benedetta, e si allontanarono non senza dare sfogo all'immenso cordoglio che provavano nel dover abbandonare là le spoglie di colui, col quale si sentivano uniti da tanti vincoli d'affetto e di riconoscenza. Dopo di loro vi arrivarono per treno parecchie altre persone per dare un ultimo addio a colui che tanto amavano e veneravano sopra la terra.
Noi traduciamo qui alcuni brani di lettera scritta a D. Rua da un parroco di Londra, il R. P. Galeran, il giorno stesso in cui celebraronsi i funerali per l'amato nostro Don Mac-Kiernan
« In questo momento finiscono i funerali di D. Mac-Kiernan. Il carro funebre s'avvia al cimitero di Mortlake.
» È là che sarà collocata la prima pietra dei Salesiani. Infatti la salma di questo giovane sacerdote è la pietra fondamentale della vostra famiglia a Londra... Nella chiesa tutto è fondato sopra una pietra. Il divin sacrifizio si offre sopra una pietra. Ed io ripeteva continuamente al caro defunto che la sua missione era di essere la prima pietra dell'Opera col suo sacrifizio. Egli accettò di tutto cuore questa missione
» Voi avete perduto un figlio, che è andato a raggiungere D. Bosco ; ma voi comprenderete l'effetto di questa morte, quando vedrete la vostra Opera avanzarsi e stendersi come un albero uscito dal granello di senapa. L'umile religioso vivendo ha sofferto, e tutti edificò colla sua pazienza e colla sua rassegnazione : morto è un esemplare eterno e un protettore assicurato. »
Caro amico, anima benedetta, noi ci ricorderemo sempre di te nelle nostre preghiere, e tu intercedi presso Dio, acciocchè prosperi la Missione da te incominciata, e molti altri figli della tua generosa nazione accrescano le file di coloro, che, sotto il vessillo della Gran Vergine Ausiliatrice, vanno compiendo nelle varie parti del mondo i disegni di D. Bosco.
Dives in omnes qui invocant eam.
Aveva ragione San Bernardo di dire, che beati son coloro, che vivono sotto la protezione d'una Madre così amorosa e così potente, la quale s'è fatta ogni cosa a tutti, ed a tutti apre il seno della sua misericordia, acciocchè tutti ne ricevano, lo schiavo il riscatto, l'infermo la salute , l'afflitto il conforto , il peccatore il perdono, Dio la gloria.
Come pure meritamente fu Maria chiamata Auxilium Christianorum, perchè dispensa a larga mano le sue misericordie ovunque scorge le nostre necessità. E da tal officio di pietà non cesserà mai la nostra buona Madre, com'Ella stessa protesta : Et usque ad futurum saeculum non desinam, et in habitatione sancta coram ipso ministravi.
***
Per più d'un anno, da che Iddio mi diede un'innocente creaturina, a cui fu imposto il nome di Filomena, mi stava in preda al dolore nel mirar la povera mia bambina ognor più divenire storpia.
La consegnai tra le mani di esperti medici, la portai all'ospedale della nostra città, ove assistono gl'infermi monache dell'arte medica perite, e tutti mi risposero, che mia figlia era storta del piede sinistro e zoppa del destro, essendo questo più corto dell'altro, e che alcun rimedio umano più non v'era.
Non trovava più conforto che nel pianto , perchè mescolavo le lacrime mie con quelle della vedova mia mamma e del marito; più non sapevo a qual partito appigliarmi, quando un dì , essendo pervenuta alle mani di mia madre un'immagine di Maria SS. Ausiliatrice, . mi suggerì di rivolgermi ad essa. Maria! A quel dolce nome il mio cuore si sollevò e riprese coraggio, perchè di Maria fui sempre devota. Maria è la nostra comune Madre. È risplendente come il sole, bella come la luna, candida come la colomba, onnipotente come Dio. Ma... come invocarla senza darle un segno esterno d'amore e di riconoscenza? Mandai al Santuario, a Lei dedicato in Torino, una tenue somma, promettendo di mandarle in ringraziamento altrettanto danaro. Mi raccomandai con tutta fede alle preci del signor D. Rua (Successore del compianto amante di Maria D. Bosco) e dei suoi figli in Gesù Cristo, pregandolo d'incominciar una Novena di preghiere e di SS. Comunioni in onor di Maria SS. Ausiliatrice, per ottenere da Lei un conforto al nostro dolore ; noi pure ci unimmo loro, raccomandandoci pure a Colui che Le fece innalzare il Santuario, a Don Bosco.
E Maria, Madre nostra, speranza nostra, amore, vita, rifugio, aiuto e consolazione nostra, quando men l' aspettavamo, esaudì le nostre preghiere figliali ; già disperavamo di ottener la grazia , quando Maria ci dimostrò miracolosamente la sua potenza : guarì perfettamente l'unica mia figliuola.
Riconoscente alla Vergine SS., che m'ha dato prova evidentissima del suo amore e della sua potenza, spedisco la somma promessa, con desiderio che il miracolo sia inserito nel Bollettino Salesiano , affinchè sia fatto palese a tutti i Cristiani figli di Maria ; e prometto di non lasciar trascorrere giorno senza volgere lo sguardo, ove beata siede la nostra comune Madre, procurando di rendermi degna sua figlia.
Carrà (Circondario di Mondovì), festa del SS. Rosario, 7 ottobre 1888.
GAMBERA CATTERINA. *
Capo di Ponte, dicembre 1888.
Nel gennaio p. p. mia moglie trovavasi gravemente inferma. Desolatissimo e temendo una disgrazia, mi rivolsi al SS. Cuore di Gesù per intercessione di Maria SS. Ausiliatrice, supplicandolo ridonasse la sanità alla cara ammalata e promettendo di far pubblico cenno della grazia sul Bollettino Salesiano.
Subitamente il male andò cessando e dopo pochi giorni mia moglie abbandonava il letto ed era ridonata alla famiglia ed allo sposo perfettamente guarita.
Per questa e molte altre grazie ottenute, ne rendo ben volontieri pubblico ringraziamento a Dio ed a Maria SS. Ausiliatrice , nostra amorosissima Madre ed Avvocata celeste.
BRISCIOLI CRISTOFORO.
Piscina (Pinerolo) - 1888.
Era già da molti mesi che sentiva dolori ora in una gamba, ed ora in un'altra, e talvolta in ambedue. Questi mi erano di molto incomodo nel camminare e fare genuflessioni; ed aveva timore che, crescendo il male alcun poco, mi rendesse incapace di lavorare e disimpegnare i doveri del mio proprio stato. Era nel mese di maggio consacrato a Maria SS. , si avvicinava la festa di Maria Ausiliatrice, festa di D. Bosco, come diciamo noi campagnuoli. Giunto il giorno sospirato, 24 maggio di questo anno 1888, dico tra me - Voglio andare a Torino a far un voto a Maria SS., perchè mi ottenga la grazia di poter camminare. - Detto fatto : arrivai al Santuario verso le 11 1/2 antimeridiane, perchè il treno non giungeva che alle undici. La Messa solenne era verso il fine : m'inginocchiai alla meglio che potei. Terminata la S. Messa, recito la terza parte del Rosario, con il fine di ottenere la grazia che desiderava, e poi dico - Maria SS. , mi sono portato qui in questa Chiesa ai vostri piedi espressamente per fare un voto e dimandare una grazia. Prometto, se Voi, o Maria mia Madre, mi farete guarire almeno un poco, tanto che possa adempiere i doveri del mio stato, di dare in vostro onore una piccola somma. Spero , o Maria , che Voi mi farete questa grazia, e io farò quanto potrò per esservi riconoscente : canterò le vostre lodi. - Pregai ancora un momento e quindi esco dalla chiesa, ed ecco sul momento mi accorgo che cammino più liberamente; la grazia era fatta. In pochi giorni mi sono ristabilito; ed ora attempato come sono mi sento di fare un viaggio a piedi di due e più ore. Ho adempiuto il mio voto nelle mani del R.m° Signor D. Rua Michele, degno Successore del compianto D. Bosco. Oh! sia lodata Maria, ne sia grandemente ringraziata.
O voi che vi sentite degli incomodi, ricorrete con fede a Maria, e sarete consolati.
Auxilium Christianorum, ora pro nobis.
MARTINO D. FRANCESCO Prevosto.
Vivo è il desiderio che hanno manifestato molti nostri Cooperatori e specialmente i parenti e gli amici dei nostri Missionarii di aver notizie del viaggio di. tante persone loro care e di conoscere il luogo della loro destinazione. Non potendo noi soddisfare a tutti per lettera, ci serviamo del Bollettino per l'adempimento di questo nostro dovere e nello stesso tempo invitiamo i nostri lettori a ringraziare la Divina Provvidenza, alla quale i venti e i mari obbediscono, che si è degnata di ordinare ogni cosa in modo da rendere felicissimi questi viaggi.
Incominciamo dal viaggio di D. Fagnano e dei suoi quindici compagni.
Puntarenas, 11 dicembre 1888. MOLTO REVERENDO
E CARISSIMO SIGNOR DIRETTORE,
Deo gratias, semper Deo gratias ! Finalmente siamo arrivati al luogo di nostra destinazione. Oh quanto buono fu il Signore con noi ! Allorchè io col pensiero vado riandando lo spazio percorso per trentacinque giorni sul liquido elemento, per tanta varietà di clima, senza incontrare pericoli, con ogni comodità materiale e spirituale, sempre sani, sempre allegri, accompagnati dalle preghiere di tante migliaia di amici , avendo sempre sott'occhio mille oggetti che ci ricordavano la generosa carità dei nostri Cooperatori e delle nostre Cooperatrici , io mi sento profondamente commosso e benedico Iddio e la Vergine SS. Ausiliatrice che vollero essere larghi verso di noi di tanti favori.
E, piena la mente di questi pensieri e il cuore di gratitudine, prendo la penna per iscriverle la narrazione del nostro viaggio, sperando di far cosa gradita ai confratelli e a' benefattori, che tanto interesse si prendono delle cose nostre.
Da Torino alle isole Canarie. La prima Domenica in alto mare.
Commossi per l'ultima parola che disse a ciascuno di noi confidenzialmente il caro Don Rua, innanzi all'altare di Maria Ausiliatrice, giungevamo alla stazione, dove, regalati tutti da D. Barberis di un ritratto di D. Bosco, salimmo ne' carrozzoni. A Modane i doganieri francesi, saputo che eravamo missionaria, ci dispensarono dall'aprire i quaranta bauli che avevamo con noi; e alle 9 di sera della vigilia di Tutti i Santi eravamo nella nostra Casa di Marsiglia, accolti dai confratelli con musiche, luminarie e tripudio degli allievi.
Il giorno seguente D. Fagnano cantò Messa solenne nella parrocchia, di S. Giuseppe; noi andammo a celebrarla alla Madonna della Guardia; e al dopo pranzo fummo in viaggio alla volta di Bordeaux, ove giungemmo all'indomani mattina alle 7. Celebrammo la Messa nella chiesa del Sacro Cuore di Gesù, ed il giorno dopo, 3 di novembre, fatte le nostre divozioni nella chiesa di S. Domenico, salimmo sopra un piccolo battello a vapore che, navigando sulla Gironda, ci condusse al maestoso piroscafo inglese Iohn Elder che ci attendeva a tre ore di distanza, e prendemmo il nostro posto in seconda classe.
Verso le 8 si alzarono le àncore e il vapore si mosse. Noi salutammo le sponde francesi con un sentimento di affetto e di gratitudine. In quei pochi giorni nei quali attraversammo la Francia , ricevemmo accoglienze così cortesi, gentilezze così squisite da ogni ceto di persone, signori, popolani impiegati, locandieri, che, se fossimo stati loro parenti ed amici, non avrebbero potuto trattarci meglio. Eppure non ci avevano mai visti e non sapevano chi fossimo.
Toccato il porto di Coruña, quello di Carri e di Lisbona, il giorno 8 novembre lasciammo la terra, e ci spingemmo in alto mare. Le onde erano state quasi sempre in agitazione fino dal primo momento che mettemmo piede a bordo. Il giorno 10 l'oceano si tranquillò , e i sacerdoti celebrarono tutti la santa Messa in una cabina e gli altri nostri compagni vennero a fare la santa Comunione. Ciò si era fatto eziandio tutte le volte che la nave ancorava in qualche porto ; e negli altri giorni celebrava solamente D. Fagnano ed i preti comunicavansi pure cogli altri. In questa basilica di circa due metri in lunghezza, larghezza ed altezza ci confessavamo e ci radunavamo a conferenza ; tre altre nostre cabine accanto a questa formavano gli atrii del tempio. Non si era chiesto luogo più spazioso, perchè si temeva una ripulsa. Gli uomini dell'equipaggio erano tutti protestanti, di poche parole, senza complimenti, freddi nei modi, pronti a dire un no quando si domandava un favore, e non rispondevano se non a chi parlava inglese. Forse anche poco loro garbava vedere preti cattolici nella propria divisa sacerdotale.
Alla sera del giorno 10 passavamo vicino alle Isole Canarie, e al chiarore della luna con un mare placidissimo cantavamo alcune lodi a Maria SS. Tutti gli impiegati del vapore, capitano, ufficiali, marinai, prestavano attenzione al nostro canto, e parecchi passeggieri di prima classe chiamarono di venire con noi a godere della nostra accademia.
Fu allora che alcuni buoni signori ci domandarono di potere all'indomani , che era domenica, ascoltare la santa Messa. Noi desideravamo contentare questi e soddisfare eziandio alla divozione di tanti altri viaggiatori, che non osavano fare quella domanda. Ma dove trovare un luogo adattato? Si affacciava subito alla mente l'idea di celebrare sopra coperta ; ma ci sembrava difficile ottenerne il permesso dal capitano. Si presentarono però quelle pie persone al capitano, il quale di buon grado concedette subito la desiderata licenza, fissando l'ora della Messa dalle 9 alle 10 e nello scompartimento dei viaggiatori di prima classe. Contenti di aver ottenuto questo favore, si convenne che questa Messa sarebbe stata celebrata da Don Fagnano e gli altri preti l'avrebbero detta nella solita cabina. Ma al mattino verso le 8 vennero pure alcuni viaggiatori di seconda classe ed alcuni di terza a chiedere una
Messa anche per loro. -Per contentarli tutti bisognava adunque celebrarne tre. Ma il solo D. Fagnano era ancor digiuno : a quell'ora tutti gli altri avevano già celebrato. D. Fagnano allora per appagare il desiderio di tutti , avendo la facoltà , decise di celebrare due Messe, la prima in terza classe a prora e la seconda in prima a poppa.
In un momento si improvvisò un altare, se non ricco, per altro molto decente. Sopra di esso fu collocato un magnifico reliquiario, fatto a guisa di tempietto, il quale aprendosi in due porticine, lasciava vedere trecento sessantasei reliquie, tante quanti sono i giorni dell'anno.
Questo spettacolo fece una grata impressione sopra l'animo di tutti i passeggieri, anche i più indifferenti, sicchè tutti lo contemplavano con molto rispetto. Durante le due Messe si cantarono le Litanie, il Magnificat, l'Ave Maris Stella e il Laudate Dominum omnes gentes a pieno coro da tutti i passeggieri. La celebrazione della Messa ed il canto delle laudi sacre sovra di una nave, dalla quale non si scorge che cielo ed acqua, dove l'uomo non dista che pochi palmi da abissi senza fondo, è qualche cosa di sublime e di commovente: in quell'isolamento da tutto il mondo, si sente più vivo il bisogno di unirsi a Dio. Ed in tutti i passeggieri nel tempo dei sacri riti regnava una grande divozione e raccoglimento.
Finite le due Messe, il capitano passò a rassegna l'equipaggio, e quindi celebrò il servizio divino protestante, colla lettura della Bibbia, stando i marinai in ginocchio, a capo scoperto e col libro in mano.
D. Fagnano avrebbe voluto tenere catechismo per i ragazzi e per le ragazze , ma non potè ottenere questa licenza dal capitano. Il regolamento non permetteva ai passeggieri di una classe frammischiarsi con quelli di un'altra. Alle sole Suore si diede facoltà di andare a passeggiare in prima classe.
Le isole del Capo Verde - Pernambuco Bahìa - Funerale a bordo.
Sul meriggio del giorno 13 rasentammo le isole del Capo Verde; ed il 16 alle 8 di sera passavamo la linea equatoriale rallegrati da un fresco venticello. A mezzogiorno del 17 costeggiavamo l'isola Fernando da Noronka, lunga 13 chilometri, molto arida e sassosa, nella quale il Governo del Brasile manda i delinquenti a scontare la loro pena.
Il 18 era la seconda domenica che facevamo in alto mare. Si dovevano celebrare due o tre Messe per i passeggieri ; ma a cagione di un vento molto forte si celebrarono in cabina, fuorchè quella di D. Fagnano che la disse, verso le 9, in terza classe, sia perchè quello era il luogo più riparato, sia perchè ivi fosse il maggior numero de' passeggieri, come anche perchè s'era accorto che la maggior parte dei signori che stavano nelle prime classi erano anglicani.
Furono però invitati anche i cattolici di quelle classi, i quali intervennero numerosi. Dopo la Messa, D. Fagnano predicò, e fu ascoltato con religiosa attenzione.
La maggior parte dei passeggieri erano molto contenti di viaggiare con un sì bel numero di missionarii, perchè potevano ascoltare la Messa alla domenica, ed anche perchè sapevano che ogni giorno si celebrava in bastimento, ancorchè essi non potessero intervenirvi.
Un signore belga, buon cristiano, che viaggiava alla volta del Chilì colla sua famiglia, mi diceva
- Siamo proprio fortunati di fare un viaggio così lungo in compagnia di tanti buoni sacerdoti, che ogni giorno dicono la Messa, perchè a chi sta col Signore ogni cosa va bene. Il nostro dispiacere più grande nell'abbandonare la patria era il timore di mancare della comodità per compiere i nostri doveri di cristiano. Invece il Signore ci volle fare questo bel dono di avere i Salesiani per compagni di viaggio, come Tobia ebbe per guida alla sua destinazione l'Angelo di Dio. Noi siamo ancora grandemente consolati nell'udire come nel Chilì vi siano molti sacerdoti e religiosi che hanno cura del popolo. -
E così dicendo quel buon padre piangeva di consolazione e con lui piangeva la sua famiglia.
E questo è il motivo per cui tutti ci rispettarono e ci dimostrarono grande benevolenza durante il nostro viaggio.
Ad un'ora pomeridiana il nostro bastimento giungeva al sospirato porto di Pernambuco.. Tutti abbiamo detto un Deo gratias di cuore. Benchè non eravamo per anco a mezzo cammino, tuttavia fu una vera consolazione per tutti veder terraferma e costeggiarla per molti giorni. Sia pur bello il mare, ma un metro quadrato di suolo sotto i piedi è sempre più sicuro. A Pernambuco alcuni passeggieri sbarcarono ed altri ascesero. Vi fu gara tra i viaggiatori nel disputarsi le melarancie ed i frutti di palme che alcune barchette ci avevano recate. I fumatori si appigliarono al tabacco. Noi preferimmo alcune arancie che trovammo dolcissime. Il caldo fu eccessivo in tutto il tempo che ci fermammo in quel porto ; il sole era cocente, l'aria calma, soffocante; ma, rimessici in cammino, alle 6 di sera, tosto incominciò a spirare un venticello freschissimo. Noi tutti godevamo perfetta sanità, fuorchè D. Fagnano che pativa di reuma ad un braccio ed un forte dolore ad un dito della mano sinistra, conseguenze delle fatiche e degli strapazzi sostenuti nelle sue missioni della Terra del Fuoco.
Al mattino del. 20 , alle ore 6, già entravamo nel bellissimo golfo di Bahia, antica capitale del Brasile.
Questa città, offre dal porto un aspetto veramente pittoresco. Siede sovra una lunga collina, con vetta egualmente distesa , non troppo alta, le cui falde sono bagnate dal mare. Si vedono molti bei palazzi e belle chiese, ciascuna con due campanili ; ve n'ha poi una più grande che domina tutta la città, sopra la quale s'ergono tre alte torri, una di fronte e due ai lati.
Le piantagioni di canne da zucchero , di palme e di altri alberi colle foglie sempre verdeggianti la rendono più che amena. Il porto è grandissimo ed una catena di colline lo difende tutto all'intorno dall'impeto de' venti.
Quivi D. Fagnano discese a terra per fare provvista di ostie e di candele. Non credevamo di dover adoperare tutte quelle procurateci in Europa, ed invece non ce ne rimanevano più abbastanza per il restante viaggio. Eccettuati i primi tre giorni , tutti i sacerdoti avevano potuto celebrare quotidianamente.
Qui si aggiunsero a noi alcuni pochi viaggiatori, fra i quali un sacerdote lazzarista francese , direttore del Seminario di Bahia , che s'avviava alla volta di Rio Janeiro. Il nostro vapore, fatta provvista di acqua dolce, ad un'ora pomeridiana alzava l'ancora e partiva.
Alla sera verso le otto assistemmo ad una scena molto commovente. In terza classe era morto un bambino di due anni. Il piccolo cadavere fu involto in bianchi panni, disteso sopra una tavola e legato a questa. Fu portato sul ponte, ed essendo figlio di protestanti , il capitano della nave facendo funzione di ministro, circondato dagli uffiziali e da molti marinai, tutti a capo scoperto, lesse alcune preghiere. Ciò fatto, due uomini, alla presenza di tutti i passeggieri che assistevano alla funebre scena, sollevarono la tavola sulla quale stava il morticino e la gettarono in mare. La povera madre era inconsolabile !
La festa di S. Cecilia - Rio Janeiro, Montevideo e i due collegi Salesiani.
Il 22, festa di santa Cecilia, io mi rallegrava ricordando le belle feste colle quali a Roma si onora questa Santa, feste delle quali per due anni fui testimonio. Ricordava quella chiesa , dove ora riposano le ossa di questa vergine, trasformata in un piccolo paradiso dalle monache che l'hanno in custodia. Ricordava quella cripta circondata da 940 corpi di martiri, e il bagno e la pietra ove fu martirizzata la santa, conservati religiosamente sino ai tempi nostri. Ricordava le catacombe di S. Callisto , dove la vergine Cecilia fu sepolta dopo il suo martirio, in quel giorno illuminate ed abbellite di corone di mirto e di rose. Col pensiero io mi portava là in quelle cripte, ove in tal giorno si erigono altari e le Messe sono celebrate fino al mezzogiorno; ed in quella più vasta, ove sta il sepolcro di lei, tutto adorno di ghirlande di mortella intrecciata a fiori, ed ove nel dì della festa si canta Messa solenne con sermone latino intra missam, per ricordare i primitivi tempi della Chiesa. Quanti pensieri, quante riflessioni mi si presentavano ! Sono passati secoli e secoli, ma il nome degli amici di Gesù Cristo vive immortale su questa terra. E i loro persecutori dove sono essi? Furono dispersi come polvere spinta dal vento sulla faccia della terra. Tutti sono periti e periranno i nemici di Cristo e della sua Chiesa, perchè Dio regna nei secoli eterni.
Noi, tramontato il sole, cantammo sacre canzoni in italiano, in francese, in ispagnuolo a modo di accademia, quasi ripetendo la preghiera di santa Cecilia : Fiat cor meum, Domine, immaculatum, ut non confundar.
Il 23, alle ore 8 del mattino, la nave ancorò nell'incantevole porto di Rio Janeiro. A mezzogiorno venne a bordo il carissimo nostro confratello D. Pietro Rota , direttore dell'Ospizio Salesiano di S. Rosa a Nictheroy, e ci invitò a discendere. E poichè il bastimento stava ancorato fino al mezzogiorno seguente, noi accettammo con molto piacere l'invito, e fummo condotti a Nictheroy, amena cittadina posta parte sopra una piccola collina ed in mezzo a giardini deliziosi ed a boschetti di mille piante peregrine. Fummo ricevuti con grande dimostrazione di tenero affetto e benevolenza da tutti i nostri confratelli e dagli alunni che vennero ad incontrarci sulla strada. I musici , al nostro comparire, diedero fiato alle loro trombe e ci precedettero al Collegio, ove fummo subito condotti a mensa.
Alla sera, verso le 8, giungeva inaspettato Mores. Lacerda, Vescovo di Rio Janeiro. Era stato avvisato del nostro arrivo e che saremmo andati a fargli visita la mattina seguente ; ma egli non aveva voluto attendere per avere il piacere di intrattenersi più a lungo con noi, e, malgrado l'ora avanzata, si portò al Collegio distante un'ora dalla città. Si trattenne a discorrere con noi fino alle 11, con quella benevolenza e confidenza che usa un padre verso i suoi carissimi figli. Quanto grande è la sua bontà ! Quanto egli ci ama ! Al mattino seguente, celebrata la santa Messa, stette sempre con noi, e con noi si assise al pranzo anticipato. Alle 10 antimeridiane partimmo alla volta del nostro bastimento, congedandoci con pena da quel venerando Prelato, il quale si fermò ancora coi nostri confratelli di Santa Rosa. Egli desidera che molte altre Case Salesiane siano impiantate nella sua diocesi e in tutto il Brasile. Alle 10 e 3/4 noi eravamo a bordo, ma non si partì che alle 5 di sera.
Il 25, domenica, essendo il mare un po' agitato, D. Fagnano solo celebrò pe' passeggieri, sul ponte dalla parte di quei di terza classe. Alla sera ci fu vento e pioggia.
Al mattino del 28 , svegliandoci , ci tro vammo fermi nel porto di Montevideo. Alle 9 scendemmo a terra; ed ecco sulla spiaggia venirci incontro D. Lasagna, direttore della Casa di Villa Colon. Chi in tramvia, chi in vettura, dopo un'ora di strada, giungemmo al Collegio Pio, dove l'aria imbalsamata pei molti viali di altissimi eucaliptus confortò mirabilmente i nostri polmoni, omai stanchi di respirare aria marina. Graziosissima fu l'accoglienza avuta da quei nostri amati confratelli. Pranzammo con loro, poi visitammo il Collegio e la bellissima casa delle Figlie di Maria Ausiliatrice coi rispettivi giardini coltivati a vigneti, a boschetti di alberi fruttiferi e ad erbaggi ; e alle 4 pom. rientravamo nel nostro bastimento , che , carico di buoi, capretti e montoni per il vitto durante il viaggio, alle 5 e 1/2 levava le ancore.
Burrasca - Lo stretto di Magellano Puntarenas.
Noi intanto andavamo incontro ad un cielo fosco fosco , che facevasi sempre più nero ; frequenti lampi abbagliavano la vista, ed il vento violentissimo sbatteva le corde e faceva fischiare con orribile fracasso i tromboni che davano aria all'interno della nave. Pioveva dirottamente ed i passeggieri erano obbligati a ritirarsi sotto coperta.
Il giorno dopo, 29, cessò di piovere, ma faceva un freddo sì intenso che tutti i passeggieri dovettero rivestirsi degli abiti d'inverno. Qual mutamento di temperatura ! Solamente ieri eravamo in piena estate ! Il mare poi era agitatissimo. Cavalloni d'acqua a guisa di montagne innalzavansi gli uni sovra gli altri, sì che pareva volessero affondarci. La nave fortemente altalenava da poppa a prora; e benchè grossissima (era lunga 118 metri , larga 15 e pescava 7 metri nelle acque), veniva tuttavia innalzata a grande altezza e poi lasciata cadere negli immensi profondi spazi che si aprivano tra un'onda e l'altra. Tratto tratto queste precipitando da prora formavano un torrente che spazzava la tolda, coprendola in modo che sulla nave stessa si sarebbe potuto vogar colla barca. Noi contemplavamo tutto questo sconvolgimento della natura con orrore sì, ma insieme con allegria. Si rideva e si scherzava continuamente. Non ci fu un solo istante di malinconia. Avessimo anche dovuto fare un bagno freddo, non ci saremmo sgomentati, sapendo di fare la volontà di Dio. Ho saputo che anche le Suore facevano altrettanto.
Il nostro buon coadiutore Bergese esclamava in una specie di lirico entusiasmo - Mi avevano detto che il mare è come un'estesa pianura ! Ma chi sostiene una simile proposizione bisognerebbe che venisse a vedere qui! Che cosa sono tutti questi promontorii? Non vi sembra di vedere le colline del nostro Monferrato? Ecco là Crea, Moncalvo, Tonco colle loro valli nel mezzo!
- Una cosa però vi manca per rendere perfetta la somiglianza, gli soggiunse subito uno : i vigneti di quei ridenti paesi !
Anche una delle Figlie di Maria Ausiliatrice di umore molto allegro narrava alle consorelle le impressioni che aveva provate: - Stamane, nel tempo della preghiera, mi sentii sollevare in aria, sicchè mi mancava quasi il respiro, e dissi al Signore : Basta! basta : non più in su ! Basta così ; e a un tratto finiva l'estasi ; perchè abbassandosi rapidamente la poppa, se non mi teneva. ferma, correva pericolo di baciare il pavimento. - E le altre ridevano.
Col 30 novembre il mare cominciò ad abbonacciarsi, ed il 1° dicembre insieme colla tranquillità del mare ci portò il bel tempo. Nei due giorni precedenti si percorsero solo 420 miglia, mentre prima se ne percorrevano 315 ogni ventiquattr'ore. Colla nuova bonaccia però la nave filava colla primiera velocità.
Il 2 dicembre era l'ultima domenica che passavamo in mare. Ci alzammo alle 4 per rallegrarci della vista del sole, tanto mattiniero in questi paesi. Ohi quanto contento provavamo in vederlo dopo tanti giorni che era stato nascosto a noi!
Alle 9 1/2 io celebrava la Messa pe' passeggieri di seconda classe, che si raccolsero tutti intorno al nostro altarino e vi assistettero con molta pietà e devozione.
Alle 8 di sera vedemmo terra a grande lontananza; alle 9 entravamo nello stretto di Magellano. Il bastimento si inoltrava con grande precauzione, per non urtare in qualche banco di sabbia o in qualche scoglio ; andava con tanta lentezza che pareva fosse fermo ; percorreva solo due miglia all'ora.
Il giorno 3 dicembre vedevamo terra a destra e a sinistra a poca distanza, ma deserta, arida, senza alberi, senza erbe. Un forte vento di tramontana ci faceva tremare dal freddo. Le onde nuovamente si accavallavano le une sulle altre. Tutto ci infondeva mestizia ; ma questa cessò alle 11 antimeridiane, quando scorgemmo in lontananza monti verdeggianti, dietro ai quali sorgevano altre vette più alte coperte di neve. Erano i monti di Puntarenas, a' quali ci avvicinammo verso le 12.
Cominciavamo a vedere qua e là tra folti boschetti casupole costrutte con paglia. Infine ecco Puntarenas. Giace questa cittadina. a' piedi di una incolta collina ed in riva al mare. La circonda a pochi chilometri di distanza una catena di alti monti coperta da foltissime foreste vergini. Le case sono parte bianche , parte dipinte a varii colori e disposte in ordine su ampie vie diritte. Benchè avesse un aspetto poco incantevole, la salutammo tuttavia con vivo entusiasmo , come meta e termine della nostra lunga peregrinazione.
Sbarco - La Colonia di Puntarenas - Accoglienze fatte ai Missionari alla casa della Missione - Un incendio.
Ad un'ora pom. il piroscafo si fermava nel porto. Ma quale porto? ! È una semplice rada. Non vi erano che due scialuppe, una barca, quattro navi, due delle quali, rotte dalle burrasche, non servono che per deposito di carbone, e le altre due pel trasporto del carbone stesso e delle mercanzie.
Ad un'ora e mezzo giungeva la Commissione sanitaria e con essa il caro confratello D. Ferrero, già qui stanziato. Essendo la barca che v'era nel porto capace di solo otto persone, ci volle molto tempo per condurre alla spiaggia i viaggiatori. Una lancia veniva caricata dei bagagli. Il piroscafo John Elder sembrava impaziente di partire : fischiava, sbuffava, muggiva, finchè noi eravamo a bordo. Alle 4, ringraziato il capitano, gli uffiziali e salutati i compagni di viaggio che proseguivano fino al Chili, discendemmo, e 10 minuti dopo ponevamo i piedi a terra. Un Deo gratias proprio di cuore uscì dalle labbra di noi tutti, e lo ripetemmo più volte. Ci avviammo verso la nostra casa. Le vie ampie e diritte, invece di essere selciate con pietre, sono coperte di un tappeto di erba fitta e poco alta. Vedemmo una bella piazza quadrata e verdeggiante come un prato, in cui pascolavano gli animali. Le case sono tutte di legno, di un piano solo, ben pulite, colorate al di fuori e tappezzate di dentro con bellissima carta. Al primo aspetto si direbbe che il paese sia un accampamento di soldati; pare che queste abitazioni siano erette provvisoriamente da persone che qui si trovano di passaggio, e che presto debbano abbandonarle. Come ci si presentava spontanea alla mente quella sentenza di sant'Agostino : Non habemus hic manentem civitatem, sed futuram inquirimus. Sì ! la nostra patria non è quaggiù ! La nostra patria è il cielo.
Giunti alla nostra casetta, entrammo subito nella piccola chiesa, che è assai bella e divota, con tre statuine sull'altare : il Sacro Cuore, la Beata Vergine del Carmine e San Giuseppe. Prostratici innanzi al SS. Sacramento, lo ringraziammo di averci concesso un viaggio così straordinariamente felice. Tutte le Indie che D. Fagnano aveva condotte dalla Terra del Fuoco erano venute a salutare i missionarii e a far mille feste alle suore, colle quali avranno comune l'abitazione.
Alle 7 e mezzo di sera, dopo la recita del S. Rosario, cantammo un solenne Te Deum. La chiesa si era riempita di gente venuta per la funzione del Mese di Maria, che qui si termina colla festa dell'Immacolata, e per vederci e congratularsi specialmente per l'arrivo delle Suore. La funzione terminò alle 9, alla qual ora era appena tramontato il sole, tanto sono lunghi qua i giorni. Noi abbiamo sfuggito l'inverno d'Europa per venire a goderci l'estate d'America, che comincerà ai 21 del corrente dicembre. Presentemente si hanno 14 gradi di calore, piove molto e soffiano spesso i venti. Però il 3 dicembre fu una giornata delle più belle : cielo limpidissimo e senza venti. Pareva che anche il tempo volesse festeggiare il nostro arrivo.
Al mattino del 4 dicembre, verso le 3 e 1/2, ci svegliò la campana della nostra chiesina coi suoi accelerati rintocchi. Io credeva fosse il segno dell'Ave Maria ; ma poco dopo si ode gridare : - Il fuoco ! il fuoco ! - E tosto da tutte parti colpi di fucile e un gridare confuso. Temetti per un momento che si fosse appiccato il fuoco alla nostra casa. Balzai dal letto, mi affacciai alla finestra e vidi alla distanza di circa trecento metri una fiamma altissima. Era una capanna ove dormiva un buon servo e nella quale stava un deposito di legname. In un momento tutto andò in cenere. Se ci fosse stato vento, e le case più vicine, e l'intero paese sarebbe stato distrutto. Quel buon servo, appena aveva. visto il fuoco, essendo impotente a spegnerlo, era corso a suonare la nostra campana. Aveva dovuto abbandonare in quella capanna un vecchio istrumento, che egli ostinavasi a chiamare harmonium, benchè non suonasse che poche note scordate ed a stento. Nulla sapeva di musica ; ma tuttavia vi aveva tanto attaccato il cuore, che, mentre tirava, disperatamente la corda della campana, andava ripetendo mestamente : - Addio addio, mio harmonium... addio, o mio caro, addio ! - E grosse lagrime gli scorrevanoper le guancie.
Alle 12 D. Fagnano con tre nostri sacerdoti andò a far visita al Governatore, il quale non era in casa. Ma della stessa sera egli colla sua signora venne a complimentarci , dicendoci che tutto il paese era contento della nostra venuta e specialmente delle Suore, e che egli avrebbe prestato alle missioni tutto quell'aiuto che poteva. Una delle figlie di questo signore viene nella chiesa ad accompagnare sull'harmonium, che suonaa assai bene, le lodi sacre che si cantano tutte le sere in ispagnuolo ed in italiano in questo Mese di Maria.
La festa dell'Immacolata - Usanze delle donne nel recarsi in Chiesa.
L'8 dicembre abbiam pur noi celebrata, con solennità la festa dell'Immacolata Concezione, di cui avevamo cominciato la novena, in mare. Al mattino si cantò la Messa della S. Infanzia di Mons. Cagliero. Non vi fu molta gente, perchè pioveva dirottamente. Alla sera però la chiesa era zeppa. D. Fagnano fece il sermone; si cantarono laudi, sacre , con analoghe preghiere si fece la, chiusura del Mese di Maria, e si impartì la benedizione col SS. Sacramento.
È singolare il vestito delle donne in questi paesi quando vengono alla chiesa. Tutte indistintamente , ricche e povere, usano un grande velo con un manto nero che avvolge tutta la persona, non lasciando vedere che un po' la faccia, e scende sino a' piedi. Portano poi tutte con sè un piccolo tappeto di un metro quadrato, alcune di pelle di guanaco, ma la maggior parte di lana, ben ricamato e piegato in forma di triangolo, e ne sostengono un canto con una mano, lasciando pendere innanzi gli altri due. Giunte in chiesa, non usandosi qui i banchi, lo distendono per terra e vi si inginocchiano sopra.
Appena sia ordinata la nostra casa e quella delle Suore, incominceremo la vita di lavoro, per cui siamo venuti. Presto apriremo le scuole, ed incominceremo la nostra missione.
Ecco la relazione del nostro viaggio
Gradisca i miei rispetti ; saluti da parte nostra tutti i Superiori e specialmente Don Rua, ringraziandolo del favore che ci fece col concederci di venire nelle missioni. Ringrazii pure tutti i nostri amatissimi confratelli e Cooperatori delle preghiere che hanno fatto e fanno per noi ; e dica a quei di Valsalice che continuino a ricordarsi di noi allora che pregano sopra la tomba di D. Bosco, acciocchè il Signore si degni di benedire le nostre povere fatiche a sua maggior gloria.
Suo aff.mo in G. C.
Sac. MAGGIORINO BORGATELLO.
È uscito coi tipi della Tipografia Salesiana di Torino, via Cottolengo, N° 32, un'opera filosofica « L'ideologia umana studiata sull'antropologia » del Sac. Dott. Zorzoli Emanuele, prof. di filosofia nel seminario di Vigevano. - È un elegante volume, di formato grande, di 550 pagine incirca.
Come appare dal titolo dell'opera, il chiarissimo autore, ad investigare l'origine della conoscenza intellettuale, parte dal principio che l'ideologia umana si fonda sull'antropologia. Così infatti dà principio alla sua prefazione.
« Ebbi sempre fitto nella mente che per ben determinare l'origine della conoscenza dell'intelletto umano , bisogna innanzi tutto ben afferrare quale sia l'indole sua essenziale, fondandomi sul principio che l'operazione segue l'essere ed il modo di operare segue il modo di essere. Siccome poi l'anima intellettiva è per intrinseca esigenza forma sostanziale del corpo umano, ne conseguita che il suo modo d'intendere deve essere corrispondente ad un siffatto modo di essere ; vuol dire che l'antropologia deve aversi qual fondamento dell'ideologia, questa dobbiamo misurare da quella. »
Non nega il chiarissimo autore esservi altri punti dottrinali alla cui stregua possa determinarsi l'origine della conoscenza umana. Cita ad esempio il Rosmini, il quale dà principio al Nuovo Saggio sull'origine delle idee, ponendo come fondamento delle sue investigazioni ideologiche questo principio : « nella spiegazione dei fatti dello spirito umano si deve assumere quanto è necessario a render ragione dei fatti, non più, non meno. » Nè dissimile è il criterio da cuì è guidato il Padre Liberatore nel suo trattato sulla conoscenza intellettuale.
Questi per altro sono argomenti , direi, estrinseci all'ideologia umana; afferma quindi il chiarissimo autore che le verità antropologiche sono fuor di dubbio la maggior luce oggettiva atta a rischiarare le questioni di . ideologia.
L'illustre scrittore include la sua trattazione nel seguente sillogismo : « l'anima ragionevole è forma sostanziale, et quidem per intrinseca esigenza, del corpo umano. Ma con tal modo di essere ben si conviene il sistema psicologico-razionale, secondo il quale la conoscenza intellettiva incomincia dal senso e si perfeziona nell'intelletto, e mal si combina qualunque altro sistema. Dunque il sistema psicologico-razionale e non altro dovrà ammettersi. » Divide quindi l' opera in tre parti. Nella prima parte stabilisce le verità d'antropologia, su cui ergesi l'ideologia umana : è questa la maggiore del sillogismo. Nella seconda dimostra che dalle verità antropologiche, poste nella maggiore, deriva, come ruscello da limpida fonte, la verità del sistema psicologico-razionale sull'origine dell'idee : e questa è la prima parte della minore del sillogismo. Nella terza parte si riduce ad esame l'altra metà della minore, dimostrando come qualunque altro sistema, che non è lo scolastico , faccia a pugni coi veri fondamentali d' antropologia e li distrugga. I sistemi che prende ad esame sono tutti quelli che sorsero dopo Cartesio, il gran rivoluzionario nel campo filosofico, cioè l'innatismo, il sensismo, il razionalismo , l' ontologismo ed il rosminianismo. Quest'ultimo sistema è svolto in modo chiaro e profondo, e ti dà il chiarissimo autore in circa 100 pagine quanto riguarda l' ideologia e l'ontologia rosminiana.
Con siffatto modo di trattare l' ideologia umana, il lettore con un sol colpo d'occhio possiede tanto che basti per pronunciarsi sui varii sistemi di questa pur sempre scabrosissima questione sull'origine dell'idee; giacchè ti si propone un ragionamento unico, serrato , non mai interrotto, che non indietreggia per difficoltà di sorta.
Porta poi in ultimo quest'opera una lusinghiera lettera di approvazione di Mons. De Gaudenzi vescovo di Vigevano, a cui l'opera è pure dedicata; e questo deve servire a maggiormente raccomandarla al pubblico colto.
Prof. MAROJ GIUSEPPE.
Mettiamo qui la lista dei Cooperatori defunti nel 1888 e nel gennaio e febbraio testa decorsi.
1 Adobati D. Antonio (alla Ca Bianca)- Bergamo.
2 Anfosso Maria (Gliarene) - Cuneo. 3 Arnaudi Tool. D. Luigi (Cavour)- Torino.
4 Ascensi D. Leonardo (Corvaro) -Aquila.
5 Bacealini Marina (Monticelli) -Pavia.
8 Barbato D. Angelo (Veternigo) -Treviso.
7 Baudino Domenico (Val Pesio) -Cuneo.
8 Baudino Domenica (Argentiera) -Torino.
9 Benacchio D. Nazario (S. Nazario)- Vicenza.
10 Belloni Achille, maestro - Rovigo. 11 Balbiano Francesca nata Porporati(Volvera) - Torino.
12 Bazzini D. Francesco, can. onorario Cattedrale - Pavia.
13 Bolzanl. D. Domenico Bellagio (San Giovanni) - Como.
14 Beni D. Pietro, can. prev. Catt. - Pa via.
15 Bianchi Natale - Rimini.
16 Bazzani Beniamino (Bagolino) -Brescia.
17 Bertetto Gio. (Sangano) - Torino. 18 Bussandri Teresa (Salsomaggiore) Parma.
19 Boschetti 11. Antonio (Mela) - Udine.
20 Bonicelli D. Diego (Monzone) -Reggio-Erni'ia.
21 Bo'lini D. Giuseppe (Morano) -Modena.
22 Burotti di Scagnello cav. Carlo (Cheraseo) - Cuneo.
23 Berardi Catterina (Soperga) - Torino.
24 Benetti Antonio (Solbiate Olona) -Milano.
25 Bregonte Fortunato (Borgone) -Genova.
26 Berolatti D. Gio. Antonio (Crotte)- Torino.
27 Biglieri Giacomo (Vigevano) -Pavia.
28 Bermani Carlo, chierico (Scaldasole)- Pavia.
29 Berardi can. Edoardo (Aosta) -Torino.
80 Brutti D. Domenico (Isola della Scala) - Verona.
31 Bianchi Francesco (Este) -Padova. 32 Bettini Agostino (S. Stofano di Coinelio) - Belluno.
33 Benetti mons. Giuseppe-- Bologna. 34 Brancoli nob. Teresa - Lucca.
35 Bollono D. Achille, arcipr. (Codogno)- Milano.
36 Bruzzi D. Tommaso (Ciano d'Enza - Reggio-Emilia.
87 Candiani Elisabetta (Arona) - Novara.
88 Castagna Giuseppe (Caravaggio) -Bergamo.
89 Calcagno D. Michele (Giavene) -Torino.
40 Cavallini Gio. - Pavia.
41 Cure Andrea (Bagolino) - Brescia. 42 Colnzzi D. Luigi (Camerino) - Macerata..
43 Coppola D. Feliciano (Campo Manfolio - Salerno.
44 Cappeechi P. E. (Vivaio) - Firenze. 45 Chiappore D. Antonio (Multedo) -Genova.
46 Canale Antonio (Spezia) - Genova. 47 Chivarello Maria vedova Sardi -Torino.
48 Camozzi Elisabetta (Malamocco) -Venezia.
49 Casassa D. Angelo - Torino.
50 Carpano Giuseppe Bernardino -Torino.
51 Carera D. Giuseppe (Sacconago) -Milano.
52 Carli D. Adriano (Firenzuola) -Firenze.
53 Cauda D. Giovanni, priore (Montà)- Cuneo.
54 Chiarotti D. Angolo, canon. prev.(Redti) - Modena.
55 Colombo D. Carlo (Capriano) - Milano.
56 Camera D. Angelo (Trezzo sull'Adda) - Milano.
57 Caponi D. Nazareno, arcipr. (Panicale) - Perugia.
58 Delpodio chierico Serafino - Torino. 59 Del Vino Isalino (Empoli) - Firenze.
60 Della Valle D. Vincenzo (Calesse)- Alessandria.
81 Dell'Uomo D. Carlo, parr. (Bruzzano) - Milano.
62 Ercole Giovanni (Piepasso) - Alessandria.
63 Ernesto dott. Angelico (Rovereto)- Austria.
64 Ferrario Catterina (Caravaggio) -Torino.
65 Fruttero D. Giuseppe (Savigliano)- Cuneo.
66 Faia Felice - Torino.
67 Fassini Mosca - Torino.
68 Ferrari D. Giuseppe - Novara. 69 Fraccari D. Mariano.- Verona.
70 Franchino Maria (Rubiana) - Torino.
71 Feliziani D. Cherubino (Sarnano) -Macerata.
72 Farina D. Paolo (Lomello) - Pavia. 73 Franchi D. Terenziano , curato -Reggio-Emilia.
74 Guidi marchese Raffaele (S. Benedetto del Tronto) - Ascoli-Piceno. 75 Guerrini D. Gerolamo (Monachino)- Pistoia.
76 Guerrini. D. Pietro (Berlingo) -Brescia.
77 Grassi M. Luigia, sup. Istit. Figlie della Carità - Pavia.
78 Giovanuini Giustina (Casabianca) -Torino.
79 Garrione Grato (Casabianca) - Torino.
80 Garrione Clara (Casabianca) - Torino.
81 Gino Catterina (Sangano) - Torino. 82 Garlando Maria (Lu) - Alessandria. 83 Gutterberg contessa Loredana nata Morosini - Venezia.
84 Giardetti D. Luigi (Potenza-Pìcenao- Macerata.
851Giacomelli D. Angelo, parr. (Salizzolo) - Verona.
86 Giovannini Giustina - Torino.
87 Locci cav. Francesco, ispett. tecn.(Serranti) - Cagliari.
88 Lossa D. Vincenzo (Moncalieri) -Torino.
89 Mauro Anna (Valpesio) - Cuneo. 90 Martinolo cav. Enrico - Torino. 91 Merletto D. Vincenzo - Catania. - 92 Mariani D. Lorenzo (Lusignanoo -Arezzo.
93 Martini D. Valentino (Conegliano)- Treviso.
94 Mauzoli Maria - Pavia.
95 Mariani M. M. Serafina (Sesto Calende) - Milano.
95 Musatti Maria - Bergamo.
97 Mandrile Giulietta (Volverao -Torino.
98 Muriena Teresa (Garzigliana) -Torino.
99 Marchetti D. Leonardo (Castions) - Udine.
100 Marcueci D. Ferdinando - Lucca)
101 Maretti D. Vincenzo (Camporotondo) - Macerata.
102 Martini D. Ademello (Barberino Val d'Elsa) - Firenze.
103 Mina Luigi - Torino.
104 Nistri Massimo (Prato) - Firenze.
105 Nardinocchi D. Francesco - Ascoli Piceno.
106 Nasi D. Carlo Filippo, teol. (Germarrano) - Torino.
107 Ottini Carlo (Valperga) - Torino.
108 Orlandi D. Giovanni (Savizzo) -Vicenza.
109 Obevtiger D. Michele (Rovereto) -Austria.
110 Paglieri Canavese Maria (S. Vittoria d'Alba) - Cuneo.
111 Pistamiglio Giuseppe - Torino.
112 Prudente D. Gaetano - Salerno.
113 Pressanda Litigi (Guarene) - Cuneo.
114 Prosdocimi D. Luigi (Castelfranco) Treviso.
115 Piccini D. Angelo, parr. (Pooenia) Udine.
116 Porretti mons. Gius. arcid. metrop- Ravenna.
117 Paris Catterina (Bagolino) - Brescia.
118 Piovera Secondo, chierico (Villa Riscossi) - Pavia.
119 Pisoni Maddalena (Torpiana) - Genova.
120 Perando D. Deogratias, rett. (Stella)- Genova.
121 Roberto D. Lorenzo (Bergeggi) -Genova.
122 Rodda Giovanni - Torino.
123 Ronzato D. Angelo (San Pietro VIminarlo) - Padova.
124 Roscelli D. Giuseppe (Borgone) Genova.
125 Ruvioli Teodoro - Genova.
126 Roncati can. cav. Pietro -A lessandria.
127 Rubini D. Raffaele (Zecca) - Modena.
128 Scalero Vincenzo (Chieri) - Torino.
129 Suor Sup. M. Pacifica (Miasino) -Novara.
130 Salvadori D. Martino (Calcinato) -Brescia.
131 Scaravilli D. Ignazio (Cesarò) -Messina.
132 Scarpa D. Francesco, arcipr. (Saneivran) - Treviso.
133 Stefani Catterina (Asiago) - Vicenza.
134 Sartori Amadea (Castelletto) - Verona.
135 Schioppo conte Luigi - Verona.
136 Savoldelli D. Angelo, parr. (Amore)- Bergamo.
137 Serrarcangeli mons. Vincenzo, va.scovo (Foligno) - Perugia.
138 Tagliafico D. Michele (Bistagno) -Alessandria.
139 Testa D. Dionisio, Mens. - Ascoli.Piceno.
140 Tapocchi D. Giovanni, parr. (Candeglia) - Firenze.
141 Tiberti Andrea (Saviare) - Brescia.
142 Torsani D. Giovanni (Albareto) -Forlì.
143 Toffola D. Pietro (Fontfredda) -Udine.
144 Traversini D. Giuseppe (Postua) -Novara.
145 Ubicini Maria - Pavia.
146 Vitali. D. Giovanni (Capitolare) -Vigevano.
147 Zanna Giovanni (Saluggia) -vara.
148 Castaldi Comm. Andrea ProL -Torino.