ANNO IX. N. 4. Esce una volta al mese. APRILE 1885
Direzione nell' Oratorio Salesiano. - Via Cottolengo, N. 32. TORINO
SOMMARIO - Avviso - Lettera di Mons. Giovanni Cagliero ai Cooperatori e Cooperatrici Salesiane - Viaggio dei nostri Missionarii - Barcellona - San Vincenzo - In mezzo all' Oceano - Montevideo - Storia dell'Oratorio di san Francesco di Sales - Bibliografia - Elenco dei Cooperatori defunti nel 1884.
Diamo notizia ai Signori Cooperatori e alle Signore Cooperatrici che in quest'anno la festa oli Maria SS. Ausiliatrice, cadendo nel giorno di Pentecoste, sarà trasportata per concessione pontificia al giorno 2 di giugno. Intanto per secondare le intenzioni del sommo Pontefice invitiamo i nostri benefattori e conoscenti a consacrare a Maria SS. il mese di maggio con ispeciali pratiche di pietà in Chiesa ed in casa e colla frequenza de' Sacramenti.
Nello stesso tempo ci raccomandiamo caldamente a coloro che hanno biglietti di lotteria che ci usino la carità di procurarne lo spaccio. L'estrazione dovrebbe aver luogo al fine di aprile ; tuttavia, stante la ristrettezza del tempo e il gran numero di biglietti rimasti da collocare, abbiamo speranza di potere ottenere una proroga dalla competente autorità. Il Sacro Cuor di Gesù ricompenserà i sacrifizi che si fanno in suo onore.
ai Cooperatori e Cooperatrici Salesiane.. CARISSIMI E BENEMERITI SIGNORI COOPERATORI E COOPERATRICI,
Sul punto di lasciare l'Europa e di avventurarmi sulle onde dell'immenso Oceano, che mi debbono portare insieme con i miei compagni di Missione alle lontane terre della Patagonia, sento il bisogno di aprirvi il mio cuore, o Signori Cooperatori e Signore Cooperatrici. Anzitutto compio un dovere di gratitudine , e a nome mio e a nome de' miei Confratelli Salesiani vi ringrazio cordialmente di quanto fino ad ora con sì squisita carità avete fatto per me, per le nostre Case e specialmente per le nostre Missioni.
In pari tempo vi manifesto con mio sommo conforto che la passata vostra benevolenza mi e arra sicura che voi non ci verrete meno in avvenire, che anzi continuerete ad essere e colla preghiera e colla carità il nostro valido sostegno nell'ardua impresa di evangelizzare e civilizzare le selvagge tribù, sparse negli immensi deserti della Patagonia.
È per mezzo vostro che io ho la viva fiducia di veder avverarsi in quella regione il vaticinio del profeta Isaia : Laetabitur deserta et invia et exultabit solitudo et florebit quasi lilium. Germinans germinabit et exultabit laetabunda et laudans. Ipsi videbunt gloriam Domini et decorem Dei nostri. Et habitabit in solitudine iudicium. Allegrerassi la regione deserta e non battuta e tripudierà la solitudine, e fiorirà come giglio. Ella germoglierà grandemente ed esulterà piena di contentezza e canterà laude. Quei popoli vedranno la gloria del Signore e la grandezza del Dio nostro. Ogni virtù avrà sua stanza nella solitudine (ISAIA, XXXV, XXXII).
A conforto pertanto della vostra carità mi è caro di darvi un rapido cenno delle nostre Missioni, affinchè sappiate quello che si è fatto fin qui, e quel di più che ci rimane a compiere coll'aiuto di Dio e della vostra cooperazione.
Sul cadere dell'anno 1875 io partiva dal Santuario di Maria SS. Ausiliatrice e col primo stuolo di Salesiani mi avviava verso la capitale della Repubblica Argentina, onde aprire la nostra prima casa in San Nicolas de Los Arroyos; ma col proposito deliberato e col fine prestabilito di volgere di colà tutte le nostre attenzioni verso i poveri selvaggi della Patagonia, privi della luce evangelica e dei benefizi della civiltà cristiana.
Noi eravamo inviati e benedetti dal Romano Pontefice, al quale nella Persona di San Pietro Gesù Cristo diede il mandato di chiamare alla luce di verità, e condurre ai pascoli di eterna vita tutte le genti della terra. Nell'esercizio di questo ministero di supremo Maestro e Pastore della Chiesa , essendo il Papa illuminato ed assistito in modo speciale dallo Spirito Santo, noi avevamo ragione di ritenere di essere colà spediti da Dio medesimo, e di sperare con fondamento che le nostre povere fatiche sarebbero state coronate di frutti salutari. Nè fu delusa la nostra aspettazione. Ai primi Missionari se ne aggiunsero altri negli anni consecutivi; ai Salesiani si unirono poscia le Suore di Maria Ausiliatrice ; onde nel giro di pochi anni le nostre Case si moltiplicarono e prosperarono in modo meraviglioso sulle sponde del Plata. Si aprirono scuole, collegi, orfanotrofii e laboratorii ; molti oratorii festivi si popolarono di giovanetti diretti dai Salesiani, mentre altri consimili istituti si riempirono di giovanette guidate ed istruite dalle prelodate Religiose.
Le popolazioni di S. Nicolas, di Ramallo, di Colon, di Las Piedras, della Boca, di San Carlos, della Misericordia, di Paysandù, di Moron, di S. Isidoro e di altre colonie corrisposero alle nostre sollecitudini, sia coll'intervenire alle sacre funzioni, sia coll'ascoltare la divina parola e sia specialmente colla frequenza dei santi Sacramenti.
Ma rimaneva a compiersi il voto del Santo Padre Pio IX di gloriosa memoria, del nostro superiore D. Bosco e dei Salesiani suoi figli ; e il voto era l'evangelizzazione della Patagonia. E quindi a questa meta volgemmo le nostre mire e i nostri passi.
Fallita la prima prova nel 1878 , si tentò la seconda e la terza, ed i Salesiani poterono finalmente penetrare in quegli sconfinati deserti e farsi vedere tra quelle tribù abbandonate. Ed or son quattro anni dacchè le onde del Rio Negro videro i nostri Missionari, e strumenti della misericordia di Dio già li portarono dall'Atlantico alle Cordigliere, da Carmen a Nahuel Huapi per il tratto di 250 leghe. A destra ed a sinistra di quel fiume e de' suoi confluenti il Limay ed il Nauquen ricevettero già con la religione la civiltà, e con la fede il santo Battesimo molti cacichi colle loro dipendenti numerose tribù; e si richiamarono al buon costume ed alle pratiche di cristiana pietà molte colonie di Cristiani, che erano abbandonati a se stessi senza guida e senza pastore.
Ma se al grande Pio IX era concesso di dare incominciamento e il primo impulso alla evangelizzazione della Patagonia, al sapiente e zelantissìmo suo Successore era dovuto il darle sviluppo e rassodamento. Il gloriosamente regnante Leone XIII ripeté ancor egli agli umili figli di S. Francesco di Sales « Euntes, docete. Penetrate più addentro alla Patagonia, fatevi risuonare da un capo all'altro il nome di Gesù Cristo, e conducete appiedi del suo trono e al seno della Chiesa sua sposa quelle innumerevoli anime, sepolte tuttora nell'ombra di morte. » Affinché poi riuscisse più facile la esecuzione di questa impresa, il Vicario di Dio colla sua apostolica autorità instituiva un Vicariato ed una Prefettura Apostolica in quelle vaste regioni, affidandole , come già sapete, alla Pia nostra Società. Questo è in breve il già fatto. Ed ora veniamo al da farsi.
Sull'incominciare dell'anno corrente, partita dal tempio della Vergine Ausiliatrice di Torino, benedetta dall'Em.mo nostro Arcivescovo il Cardinale Gaetano Alimonda e dal nostro caro Padre D. Bosco, affidata già alle acque del mare, sta per far vela da questo grandioso porto di Marsiglia un'altra schiera di Salesiani e di Suore. Ed io nella mia pochezza, con essi e a capo di essi, ritorno a quelle remote spiagge non solo più come semplice missionario, ma per consiglio ed opera del Vicario di Gesù Cristo, ritorno rivestito del carattere episcopale , e costituito Provicario Apostolico della Patagonia Settentrionale e Centrale. Colà io ritorno col mandato del Santo Padre Leone XIII, per tutelare quella nascente cristianità composta già di trenta e più mila fedeli ; ritorno per fortificare i neofiti nella fede e preservarli dalle insidie dell'eresia protestante, che dolorosamente ci ha preceduti ; ritorno per predicare Gesù Cristo alle tribù erranti in que' vasti e sterminati deserti della Patagonia Australe ; ritorno con nuovo rinforzo di sacerdoti, di catechisti e di Suore di Maria Ausiliatrice, onde sollevare i troppo pochi ed affranti compagni di missione; ritorno perchè dalle rive del Rio Negro parta presto il drappello dei valorosi che devono fondare la Prefettura Apostolica nelle Terre del Fuoco. Si, o cari Cooperatori e Cooperatrici, noi partiamo, lasciando Torino, l'Italia, la Francia, la Spagna, l' Europa e quanto eravi di più caro e dolce al nostro cuore, perchè più di tutto ci è cara e preziosa la religione , che andiamo a predicare agli infedeli ! Noi partiamo pel Nuovo Mondo, coll'intento di farvi conoscere e regnare Gesù Cristo fino agli estremi confini della terra. Partiamo lieti di poter continuare la gloriosa catena degli Apostoli, a cui Gesù Cristo disse : Andate per tutto il mondo, predicate il Vangelo a tutti gli uomini : Euntes in mundum universum praedicate Evangelium omni creaturae. Partiamo in fine spinti dal desiderio di mutare i deserti della Patagonia e le isole adiacenti in floridi giardini della Chiesa cattolica e della cristiana civiltà , a gloria di Dio, a salute delle anime e a sollievo ancora temporale di tanti figli e figlie di Adamo, immersi tuttora nella più squallida miseria , perchè stati fin qui privi della religione e delle benefiche arti.
Ma per raggiungere sì nobile meta più cose saranno necessarie a farsi. In Patagonia dovremo erigere chiese, fondare e mantenere orfanotrofii , aprire scuole di agricoltura, provvedere strumenti acconci a lavorare la terra, e noi non possediamo che la buona volontà. Per amore di Gesù Cristo e per la salute delle anime da lui redente, noi siamo disposti a prodigare anche la vita se occorre; ma voi , o miei buoni Cooperatori e Cooperatrici, non lasciateci soli in così vasta impresa. Le vostre condizioni non vi permettono di venire a mescolare coi nostri i vostri sudori , ma voi potete nondimeno renderli fecondi e partecipare alla nostra missione.
Gesù Cristo ha detto : Qui recipit vos me recipit : et qui me recipit, recipit eum qui me misit. Qui recipit prophetam in nomine prophetae, mercedem prophetae accipiet et qui recipit iustum in nomine iusti , mercedem iusti accipiet. Et quicumque potum dederit uni ex minimis istis calicem aquae frigidae tantum in nomine discipuli, amen dico vobis non perdet mercedem suam. - Chi riceve voi riceve me ; e chi mi riceve, riceve Colui che mi ha mandato. Chi riceve un profeta come profeta, riceverà la mercede del profeta; e chi riceverà un giusto a titolo di giusto, avrà la mercede del giusto. E chiunque avrà dato da bere un sol bicchiere d'acqua fresca a uno di questi più piccoli, purchè a titolo di discepolo, in verità io vi dico non perderà la sua ricompensa (MATTH. x, 40). Chi dunque aiuta, soccorre, assiste un ministro , un predicatore , un apostolo del Vangelo, come tale, coopera al bene, che fa il predicatore, e avrà da Dio la stessa mercede. E noi dal canto nostro andiamo lieti, anzi gloriosi, di potere, dopo la grazia di Dio , attribuire alle vostre preghiere e alle vostre limosine il frutto delle nostre fatiche apostoliche , lieti e gloriosi di partecipare a voi tutti la corona che, nella sua bontà, ci vorrà dare il Signore. Di voi ci ricorderemo nei nostri viaggi, nelle nostre privazioni, nei travagli della fame e della sete, nei pericoli e nei timori della morte. Voi ricorderemo , di voi parleremo volentieri ai selvaggi convertiti e diremo : « Cari figliuoli, se ora siete illuminati nella fede, se eredi del Cielo , se coperti di una veste, se istruiti in un'arte, se avete cessato di essere selvaggi e siete divenuti uomini onorati e donne dabbene, lo dovete anzitutto a Dio che vi usò misericordia, di poi al Papa e a D. Bosco, che ci hanno mandati qui a voi come a nostri fratelli; ma ne dovete pure essere riconoscenti a tanti cristiani e a tante cristiane di Europa, nostri amici, che ci hanno fornito e ci forniscono i mezzi necessarii all'uopo. » Noi li inviteremo a pregare per voi, per le vostra famiglie, pei vostri interessi, e le preghiere di quei novelli battezzati, siccome innocenti, saranno ascoltate.
Sì, o miei cari, io ripeterò a voi coll'Apostolo Paolo : Chi coll'elemosina semina con parsimonia, mieterà parcamente nella vita presente e nell'eterna ; e chi copiosamente semina, copiosamente mieterà. E Dio è potente per fare che abbondiate voi di ogni bene : talmente che, contenti d'avere in ogni cosa tutto il sufficiente , abbondiate in ogni buona opera. Dio che ha dato a voi quello che generosamente versate in mano ai suoi ministri per l'opera dell'Apostolato, moltiplicherà quei beni che voi seminate , affinché non vi manchi il mezzo di essere elemosinieri ; ed Egli pure farà che la vostra misericordia produca per voi frutti immensi di vita eterna. Le vostre oblazioni saran grate a Dio non solo perché consoleranno i missionari nei loro urgenti bisogni, ma perché produrranno un'abbondante messe di rendimenti di grazie al Signore da parte di coloro che per merito vostro verranno alla fede. Gesù Cristo, che ama immensamente le anime redente dal suo sangue, verserà tesori di benedizioni sulle vostra carità, le preghiere che per voi innalzeranno i popoli convertiti per mezzo vostro accresceranno la vostra felicità, e sarete da essi grandemente amati a motivo dell'eminente grazia di Dio che è in voi.
Vorrei dirvi ancora altro, ma il bastimento spiega le vele, leva l'àncora e sta per prender le mosse. Ed io depongo la penna e coll'animo commosso, vi ringrazio, vi saluto e vi benedico.
Marsiglia, a bordo della Bourgogne, 14 febbraio 1885.
+ GIOVANNI, Vescovo tit. di Magida e Provic. Apostolico della Patagonia.
Ci facciamo un dovere di pubblicare alcune lettere e alcuni dispacci che segnano i varii periodi e circostanze del viaggio di Monsignor Cagliero e dei suoi compagni.
BARCELLONA.
Talleres Salesianos, Barcellona, Sarrià. M. R. Sig. e Amatiss. Padre D. Bosco,
Le scrivo questo foglio sicuro di cagionarle viva consolazione. La nostra casa del Niño Jesus seguita a svilupparsi in modo normale e progressivo. I giovani sono vispi , intelligenti , attivissimi e danno saggio di insperato avanzamento nelle lettere e nelle arti. La pietà fiorisce ed aumenta tutti i giorni nelle loro anime ardenti e il desiderio di vedere la S. V. R. giungere finalmente a Barcellona, li stimola potentemente a progredire nella virtù. Essi infatti sperano che una volta o l'altra D. Bosco verrà a visitare questa sua casa.
Dicono : da Marsiglia a Barcellona non c' è poi una gran distanza e noi pregheremo il Signore perché D. Bosco possa fare questo viaggio senza risentirne nella sanità. Se D. Bosco venisse, vedrebbe quante liete feste e come, senza conoscerlo personalmente, lo amino questi buoni giovanetti.
Frattanto il nostro lavoro è tale che solo D. Bosco può immaginarselo, perché pratico delle difficoltà che presenta una nuova Fondazione in mezzo ad un popolo pretendente per istinto e al quale eravamo stranieri. Ma colla grazia del Signore e colle orazioni nostre, degli amici, e specialmente del nostro amato padre D. Bosco, tutto si vince e si esce da ogni difficoltà superandola.
In mezzo però ai travagli ed alle spine si provano altresì consolazioni e soddisfazioni indicibili. L'unione di cuore con tutti coloro che mi circondano, fratelli e non confratelli, vale ogni maggior ricchezza e felicità. Il materiale di questo istituto crebbe tanto, in soli dieci mesi di vita, che tutti i nostri conoscenti sono presi da meraviglia. Gli stessi Vescovi e i governatori di queste contrade si fanno un pregio di venirci a visitare, per vedere coi loro stessi occhi quanto la Divina Provvidenza abbia favorita l'opera nostra.
In questi giorni poi la visita di Monsig. Cagliero fu per noi una di quelle fauste circostanze della vita, che infondono nuovo coraggio e nuova fiducia per l'esito delle nostre intraprese.
Avendo avuto notizia che Monsignore sarebbe giunto ieri mattina a questo porto sul Bourgogne, alcuni di noi col Sig. D. Narciso Pasqual, fummo ad aspettarlo al molo d'entrata. Infatti alle ore 7 compariva il piroscafo in fondo all' orizzonte ed alle 8 entrava in porto. Noi ci spingemmo sotto il bastimento aspettando il passo libero e dopo le solite formalità, potei ascendere la scala, baciare l' anello a Monsignore e abbracciare i cari missionarii. Prese quindi le debite disposizioni col Comandante scendemmo nelle barche già preparate e fummo a terra ove ci attendevano le vetture. Monsignore, il suo segretario ed io fummo alla casa di quella nostra insigne benefattrice che è la signora Dorotea , mentre le suore di Maria Ausiliatrice accompagnate dal Sig. Narciso ivi ci avevano preceduti. Tutti gli altri si erano recati direttamente al nostro Ospizio di Sarrià. Celebrata la S. Messa in casa di quella illustre signora tutti e tutte raggiungemmo i compagni a Sarrià. Monsignore visitò minutamente la Chiesa, i laboratorii, i dormitorii, le scuole interne ed esterne, l'orto, e la sala della ricreazione e del teatro. La signora accompagnava le nostre suore che non avrebbe più voluto lasciar partire per l'America, ma ritenerle presso di sé. Monsignore si mostrò soddisfattissimo e molto meravigliato di quello che si è fatto in questa nuova casa e dopo il pranzo, indirizzate alcune parole ai nostri giovanetti, li benedisse e con essi benedisse quei cooperatori che si erano potuti radunare in quelle strette di tempo.
Prima di sera i missionarii furono di ritorno a bordo e, il Bourgogne non tardò a spingersi in alto mare, È un legno buono , sottile , veloce. Tutti stanno bene. Monsignore soffrì nella prima notte dopo la partenza da Marsiglia, ma giunto a Barcellona gli erano passati i dolori di stomaco.
Preghiamo Maria Ausiliatrice acciocchè aiuti i nostri confratelli nel sostenere i disagi di così lungo viaggio.
Ecco, o mio caro padre, ciò che io posso dirle intorno alla nostra casa ed ai missionarii. Lo vedrò presto ? Posso sperare che saranno esauditi i voti dei nostri giovani e dei Cooperatori di vederlo a Barcellona ? Il Signore nella sua bontà ci conceda un favore così segnalato.
Intanto ci raccomandi al Signore e con tutti i confratelli ed i giovanetti benedica il suo
Devot.mo e aff.mo figlio Sarrià, 16 Febbraio 1885
Sac. G. BRANDA.
La Madonna SS. assisteva i nostri cari viaggiatori i quali, proseguendo il loro viaggio, giungevano all'isola S. Vincenzo. La Società generale dei trasporti marittimi a vapore, con quella cortesia che tanto contraddistingue tutti quei Signori e della quale noi ci professeremo sempre riconoscenti, il 23 Febbraio trasmetteva al Sig. D. Albera Direttore della Casa S. Leone di Marsiglia la notizia di quell'arrivo in questi termini. -
Abbiam l'onore di annunziarvi che il piroscafo Bourgogne é arrivato ieri mattina a S. Vincenzo (isola del Capo Verde). Ha lasciato questo porto nello stesso giorno a mezzanotte, dirigendosi direttamente verso Montevideo.
A bordo della nostra nave ogni cosa va bene.
Vogliate aggradire, Rev. Padre, l' assicurazione della nostra distinta stima.
Per il Comitato della Direzione L'Amministratore Direttore. In mezzo all' Oceano.
Lieti di questa comunicazione desideravamo tuttavia avere notizie più specificate dei nostri amici, ed ecco il 10 Marzo giungere la seguente lettera:
Oceano Atlantico, Zona Torrida 27 Febbr. 1885. Reverendissimo e Carissimo mio Direttore,
Se ho da scriverle secondo il convenuto bisogna che mi permetta di scrivere breve, sconnesso, e con calligrafia barocca, altrimenti dovrò rinunziarvi. Chi non è accostumato al mare, se si mette a riflettere un poco e vuole cavare dal suo cervello idee chiare, belle, connesse, trova che la testa gli scappa o almeno non gli serve. Nulla dico del sudore che gronda dalla fronte in quest'atmosfera di fuoco, nè della mano che trema a seconda del muoversi del bastimento, come quella di un vecchio ottuagenario. Ma devo compiere una promessa fattale e scrivo. Dirò dunque che le nostre cose vanno assai bene, ma dopo d'esser andate assai male per cinque o sei giorni consecutivi. Belli furono i due primi giorni del nostro viaggio; eravamo sempre tra confratelli, amici e conoscenti ; avevamo appena lasciati quelli di Marsiglia e all' indomani ci trovavamo già tra le braccia di quelli di Barcellona, rallegrati dalle gentilezze e cortesie dei nostri Cooperatori e Cooperatrici di Barcellona. Noi poi sulla nave, eravamo uniti 1a e 2a classe insieme, a mensa, a passeggio, in sala di ricreazione e di riposo, senza la compagnia di altri passeggieri, essendo noi in numero per occupare tutti i posti riservatici dalla Società dei trasporti marittimi. Fu una vera provvidenza. Le pratiche di pietà si può dire che si osservavano come in una delle nostre case. Ogni cosa procedeva felicemente, quando nello stesso Mediterraneo ed a poche leghe dallo stretto di Gibilterra cominciò il brutto tempo. Le onde s'incresparono d'improvviso, i venti vennero a battere furiosi nella prora della nostra nave ; il cielo si fece buio e per più ore del giorno e per tutta la notte piovette a dirotto, obbligandoci a ritirarci tutti nelle nostre cabine. Incominciavamo male, si andava molto adagio, perchè il vento ci era contrario, si soffriva dai più e da qualcuno orribilmente ; e poi era vicino il passo dello stretto dove è facile dar di cozzo in un bastimento dei molti che arrivano dall'Oceano, specialmente se il tempo fosse oscuro, come lo era allora. Il maggior pericolo era qui , e si superò felicemente mediante l' abilità e prudenza del Comandante, ed alla mattina del giorno 17 eravamo in pieno oceano; non temevamo più gli scogli nè le secche, né gl'incontri dello stretto di Gibilterra , ma avevamo in prospettiva un bruttissimo tempo , forse una burrasca. Molti infatti vogliono proprio che sia stata una burrasca e la chiamano realmente così ; ma io che ho visto ben di peggio e che mi son trovato in un piccolo vapore, il famoso S. Rosa di sette anni fa, in balia delle onde e dei venti, rotto il timone, strappate le vele, bucata in più parti la chiglia, e questo per tre giorni e tre notti, io non oso di chiamare burrasca quest'ultima. Comunque sia, si ballò bene e per dritto e per traverso ; v' ebbe in grande quantità fuochi d' artifizio eseguiti da chi non fu mai pirotecnico. Tutto questo tramestio incominciava proprio il primo giorno di Quaresima e come ho già detto, durava per più giorni. Alcuni compagni mettevano proprio pietà, e li avrebbe detti altrettanti cadaveri da sotterrarsi; vi fu chi si recitò il Miserere, il De profundis e poi finì coll'atto di contrizione detto di gran cuore, credendosi realmente agli estremi. Chi non ebbe affatto a patire fra i nostri fu D. Savio Angelo e fu una vera provvidenza. Moltissimi dei 700 passeggieri di 3a classe soffrivano molto; gettati là sui loro poveri giacigli , rifiutavano di prender cibo, perchè diceano, che non l'avrebbero tenuto sullo stomaco. D. Savio ne trovò di quelli che in quattro giorni continui non avevano preso neppure una goccia di acqua. Ma egli con dolci e confortanti parole li consolava, animandoli a soffrire con pazienza e a cibarsi alcun poco, per non indebolirsi di troppo; finiva sempre con dire che presto cessato il mal tempo , ritornerebbe la bonaccia. In questo modo ne consolò e confortò molti. Anche due dei nostri chierici non patirono affatto, e si fecero nostri infermieri. Le Suore resistettero più o meno e alcune con vero coraggio. Nessuno però di noi perdè nulla di quell' ilarità e contentezza che avevamo portato da Torino in gran quantità. Molte sono le gentilezze che ci vengono prodigate non solo dal comandante Allemand, ma da tutta l' uffizialità in generale; specialmente per Monsignore si hanno tutti i riguardi possibili. Il comandante è il vero tipo dell'uomo di mare: tutto attenzione, ordine, disciplina, ma eziandio tutta affabilità, condiscendenza, affezione. Noi non potremmo mai dimostrargli abbastanza la nostra gratitudine. Monsignore sapeva già per esperienza che avrebbe sofferto, ma i suoi passati viaggi lo fecero più atto a resistere al mal di mare, e patì assai meno di quello che mi era immaginato e che egli stesso temeva. Adesso però tutto è cambiato ; non v' è più nessuno in letto ; quasi tutti sono obbedienti al suono della campana che c' invita al déjeuner e al diner; la gioia è ricomparsa sulla fronte di tutti i passeggieri; insomma adesso si vive e speriamo che questa calma vorrà continuare così fino a Buenos Aires.
Nei giorni della burrasca, non si potè celebrare la S. Messa, come si era fatto nei giorni antecedenti, e come da tutti si desiderava. Fu questo l'unico dolore nostro e di Monsignore; non poter nutrirci del cibo de' forti, della SS. Eucaristia.
L'altro ieri però, Domenica, si celebrò sul ponte e vi assisteva l'uffizialità di bordo in grande uniforme con tutti i passeggieri. Il mare era relativamente calmo e il tempo bellissimo. Eravamo entrati nella zona torrida ma senza accorgercene, spirando un'auretta fresca che ravvivava le forze. Celebrò lo stesso Monsignor Cagliero, assistito da' suoi cinque preti, e servito dai chierici. Le Suore occupavano i primi posti. Il sottoscritto si sforzava in un angolo di cavare armonie più o meno armoniose da un piccolo armonium, tanto come lo permetteva il muovere continuo della nostra piccola isola fluttuante. Basti il dire che anch'io aveva 4 assistenti nella mia funzione musicale ; uno per ogni lato che mi teneva perchè non cadessi; un terzo che teneva l'armonium perchè non scivolasse , sebbene fosse legato ; un quarto che mi teneva il libro, perchè il vento non lo portasse via. Tutto finì con ordine perfetto e con piena soddisfazione nostra e dei moltissimi passeggeri. Era bello e commovente vedere tutta quella moltitudine di credenti in ginocchio adorare Gesù, disceso tra le mani del suo ministro; e le preghiere uscite da quei cuori sinceri e cristiani ancora, debbono essere state ben ferventi, specialmente dopo il passato pericolo, di cui ho parlato pii! sopra. E poi in questi giorni come si medita bene, anche senza mettersi di proposito! Per ciò naturalmente si prova il bisogno di pregare. Non occorrono libri. Cielo ; mare ; grandezza, onnipotenza di Dio ; nullità dell' uomo. Ecco i pensieri che preoccupano tutta l'anima. Si erano incominciati i catechismi, ma furono subito interrotti dal cattivo tempo ; oggi però furono ripresi, e mentre scrivo odo voci infantili che balbettano il Pater Noster, l'Ave Maria, il Credo, ecc. e così si continuerà fino al termine del viaggio , perché Monsignore , prima di prender terra , desidererebbe fare a bordo una piccola funzione che sarà di grande importanza , e consiste in una prima Comunione generale dei fanciulli e fanciulle che non l' avessero fatta ancora ; e poi dare anche il Sacramento della Confermazione a tutti quelli che non ebbero ancora comodità di riceverlo. Speriamo di poterla fare, ed a suo tempo lo scriverò ogni cosa quando saremo giunti a Buenos Aires, ove a Dio piacendo, arriveremo fra 12o 13 giorni. Ma ho detto di voler esser breve e finisco, tanto più che siamo in vista doll'isola S. Vincenzo e dì quelle orride bellezze descritte da Mons. Cagliero nel 1875.
Ringrazii a nome di Monsignore, dei Missionarii tutti e delle Suore, il carissimo Papà D. Bosco; i Superiori, i giovani dell'Oratorio, i Cooperatori e le Cooperatrici per le preghiere che fecero per noi e raccomandi a tutti di continuare ancora, affinché dopo d'aver incominciato il nostro viaggio più o meno bene, possiamo terminarlo ottimamente. Noi preghiamo sempre per i nostri amici d' Europa. Ogni giorno se non parliamo dell'Oratorio è certo che pensiamo all'Oratorio e di ciò che abbiamo volentieri lasciato per conquistare anime a Gesù Cristo. Divisi di corpo ma uniti nello spirito, lontani e vicini, di giorno e di notte e sempre insieme, sentiamo crescere ogni dì più la nostra allegrezza e l'ardore che ci spinge a trovarci presto in mezzo al campo dello nostre missioni.
Addio, addio. Mi ricordi sempre nelle sue preghiere e mi creda tutto suo e sempre aff.mo nel Signore
D. EVASIO RABAGLIATI. MONTEVIDEO.
Fìnalmente dopo alcuni altri giorni di aspettazione , il 14 Marzo , un dispaccio telegrafico recava la novella desiderata.
Torino, Montevideo 13 Marzo ore 10,35 sera.
Giunsi felice.
CAGLIERO.
Che il Signore sia benedetto e ringraziato!
Parte seconda.
CAPO XIV.
Il bene dal male - Il piccolo Semìnario di Giaveno - Buona condotta dei giovani - Sante ìndustrie - Cacciatori e pescatori di anime - Il mese di Maria - L'età dell'oro - Caduta del fulmine - Protezione del Cielo - Una celia - Ringraziamento - Insulti e menzogne della Gazzetta del Popolo
Il parafulmine.
Non ogni male viene per nuocere , dice il proverbio ; e l' apostolo s. Paolo ci assicura che le cose tutte tornano a vantaggio per coloro, che amano Dio: Diligentibus Deum omnia cooperantur in bonum. Anche il nostro Oratorio ebbe ad esperimentare la verità di queste parole ; imperocchè le riferite perquisizioni del Governo e i codardi assalti della malvagia stampa finirono per farci del bene. Infatti questi atti odiosi e clamorosi ad un tempo fecero meglio conoscere D. Bosco e l'opera sua, gli guadagnarono le simpatie della gente dabbene, porsero alle stesse pubbliche autorità occasione o modo di convincersi che nulla avevano a temere della sua politica , anzi gli fecero indirizzare da molte parti un sì gran numero di fanciulli, che in breve da 500 giunsero a 600 e poscia a 700, e il nostro Oratorio divenne come un popolo di giovinetti di bellissime speranze per la Chiesa e per la civile società. Non solo i Parrochi, i Sindaci, i Prefetti o Intendenti, ma gli stessi Ministri del Re presero ad inviare tra noi in gran copia i figliuoli dei loro impiegati defunti, e di altri che facevano ricorso al Governo, per essere ricoverati in qualche pio Istituto. In vero abbiamo di quel tempo molte lettere dello stesso Ministro Farini e dei suoi Segretarii, colle quali si raccomandano a D. Bosco giovanetti orfani ed abbandonati con espressioni di alto encomio e con promessa di sussidio all'opera sua. Così quello stesso Ministro che pochi mesi innanzi avea spiccato ordine di severe perquisizioni contro Don Bosco e il nostro Oratorio, dopo queste ne concepì tanta stima, che pareva non trovasse in tutto lo Stato nè persona nè luogo più sicuro, cui affidare i suoi raccomandati. E questo fu per noi di valido appoggio in quei tempi, in cui bastava che una qualsiasi anche buona instituzione non fosse benevisa o venisse in sospetto al Governo, per trovarsi subito esposta a guerre atroci, e al pericolo di soccombere alle violenze di chi brandiva la spada od impugnava la penna. Per tal modo la divina Bontà traeva per noi il bene dal male, e ci ricompensava delle tribolazioni dinanzi sofferte.
Altra ragione di conforto noi avevamo pure in quel torno, e fu il risorgere del piccolo Seminario di Giaveno, per cura di D. Bosco e del personale inviatovi dal nostro Oratorio. Detto Seminario, fondato poco dopo il Concilio di Trento e a norma dei suoi savii decreti, era stato per quasi tre secoli il vivaio del clero, primieramente dell'Abbazia di S. Michele della Chiusa , cui apparteneva, indi dell'Archidiocesi di Torino, alla quale sul principio del corrente secolo veniva incorporato ; ma in questi ultimi anni aveva scemato cotanto di allievi, che ridotto ad un solo, stava per essere chiuso ed ingoiato dal Governo. Doleva grandemente all'Arcivescovo Fransoni un tal fatto; ond'è che venne in pensiero di affidarne la cura a D. Bosco, nella fiducia che questi colla fàma del suo nome e coll'opera de' suoi figli lo avrebbe richiamato a florida vita, e perciò conservatolo alla Chiesa. Dal luogo del suo esiglio ne scrisse pertanto al signor Canonico Celestino Fissore, allora suo Vicario generale ed ora Arcivescovo di Vercelli, e glielo feco offrire a nome suo con preghiera di accettarlo. Don Bosco, al quale son legge non solo i comandi, ma fin anco i desiderii del suo Superiore ecclesiastico, accettò di gran cuore l'offerta, lietissimo di poter in quel modo cooperare viemeglio al bene dell'Archidiocesi. Né le concepite speranze andarono deluse; poiché appena si seppe che egli assumeva la cura del Seminario di Giaveno le dimande per collocarvi giovani allo studio piovvero da tutte parti ; e molti vi andarono pure indirizzati dal nostro Oratorio.
Avvicinandosi poi il tempo di dare incominciamento all'anno scolastico 1860-61, Don Bosco vi spediva il personale prescelto. Non avendo ancora in quel tempo alcun sacerdote a sua disposizione, fuorchè D. Vittorio Alasonatti, la cui presenza era indispensabile tra noi, egli col consenso della Curia vi stabilì Direttore il Sac. D. Giovanni Grassino, oggidì parroco di Scalenghe, dandogli in aiuto alcuni chierici di specchiata virtù. Sotto questa direzione ed amministrazione, e colla disciplina e metodo di educazione usato nell' Oratorio, il piccolo Seminario di Giaveno prese tosto si buon avviamento, che nel corso e alla fine del primo anno, e pel numero degli alunni, e per la morale condotta da loro tenuta, e per la felice riuscita negli esami , D. Bosco ne riceveva notizie consolantissime.
Fra quelli , che di cotale risultato ebbe a godere, fu il teologo Arduino Canonico prevosto di Giaveno, il quale negli anni decorsi deplorava altamente il deperimento di quell'Istituto, stato già la gloria e la delizia della sua popolazione. Quando conobbe che Don Bosco ne prendeva la cura disse che se questi riusciva a portare sino a 50 il numero degli alunni gli avrebbe fatto collocare il ritratto tra quello dei più insigni benefattori del Seminario e del paese. Ma l'evento superò la sua e l'altrui aspettazione, poiché il numero dei giovanetti giunse da prima sino a 100, sorpassando in appresso i 200. Testimonio oculare di questo fatto il prelodato Canonico esclamò : Non solo un ritrattò, ma una statua si deve a D. Bosco. Ma Don Bosco non ambiva nè l' uno nè l'altra ; che anzi, pago di aver potuto conservare all'Archidiocesi un Istituto di tante speranze, due anni dopo si ritirava dalla sua cura ed amministrazione , e richiamava nell'Oratorio il personale, che preferiva di esservi occupato in altre opere di religione e di carità, sotto il vessillo di san Francesco di Sales.
Intanto l' anno 1860 finiva e spuntava il 1861 sotto buoni auspizi. Frequentatissimi erano gli Oratorii festivi nei tre punti principali della città, gremito di giovani il nostro Ospizio in Valdocco, e la pietà e moralità fiorente. Eranvi poi dei giovanetti, artigiani e studenti, cotanto virtuosi, che ritraevano la vita di Domenico Savio, e rinnovavano presso di noi le opere meravigliose ed anche soprannaturali di quell' angelico nostro compagno ed amico. I giovani si amavano come altrettanti fratelli ; non risse erano tra loro, non discordie, non dissapori ; ma tutti formavano come un cuor solo ed un' anima sola , per amare Iddio e consolare Don Bosco. Era si grande in tutti l'impegno di tenere una buona condotta morale e religiosa chi alla fine della settimana, quando leggevansi pubblicamente i voti da ognuno riportati dai proprii maestri ed assistenti, accadeva raramente di udire un nove , poichè tutti meritavano dieci, vale a dire niuno dava motivo al più lieve lamento nè per la pietà, nè per lo studio, nè per la scuola, nè per l'officina, nè pel dormitorio, nè per la ricreazione e via dicendo. Il nòve, ossia il suffragio indicante una condotta solamente quasi ottima, era in tanta disistima, che quando un giovane allievo, più per leggerezza che per cattiveria, lo aveva ottenuto, ne piangeva dirottamente, e per ordinario nol riceveva più in tutto l'anno. A questa emulazione e a questo invidiabile stato di cose influirono, è vero, vari fatti straordinarii, dei quali non ci è permesso di parlare in questo luogo, ma vi ebbero pure gran parte lo zelo e le sante industrie del nostro Direttore e de' suoi aiutanti. Generalmente dopo pranzo e dopo cena Don Bosco trovavasi in ricreazione tra noi. Ora in piedi ed ora seduto sopra una tavola od anche sul nudo terreno, circondato sempre da larga corona di giovani, egli ci deliziava raccontandoci fatti ameni ed esempi edificanti. Talvolta volgeva una parola di incoraggiamento a questo , che ne sapeva abbisognare , tal altra ne diceva in confidenza una nell'orecchio a quello ; onde mutandosi ogni ora intorno a lui i giovani, e succedendosi gli uni agli altri nel piacere di stargli vicini , avveniva che tutti o quasi tutti in pochi giorni ricevevano, come pulcini dall'amorevole chioccia, una imbeccata, che loro dava o conservava la vita. Altre fiate faceva chiamare a sè o andava egli stesso in cerca di taluno , che conosceva più o meno bisognoso di essere scosso al bene o allontanato dal male , e a quattr' occhi e con una bontà inarrivabile dicevagli alcune parole, che nell' animo suo facevano più effetto che non una muta di spirituali esercizi. E siccome dopo le orazioni della sera e finito il breve sermoncino, del quale abbiamo a suo luogo parlato, i giovani si pressavano a lui d'intorno per augurargli la buona notte od esporgli un dubbio e chiedergli un consiglio , così egli coglieva premurosamente il destro e diceva a questo e a quell'altro una parola confidenziale, che veniva custodita come un tesoro e praticata con molta fedeltà. Queste ed altre consimili industrie Don Bosco avevale introdotte fin dai primi anni dell' Oratorio, ma esperimentando i salutari effetti che producevano prese ad usarle in quell' anno con più frequenza, e perciò con immenso nostro vantaggio.
Don Alasonatti prefetto della casa e nostro secondo padre, non avendo come Don Bosco il dono della parola , attendeva in altra guisa al nostro benessere. Egli invigilava che non s'introducessero abusi tra noi, toglieva sopra di sè l'uffizio di fare rimproveri o minacce ed anche d'imporre lievi castighi, e con ciò suppliva alla efficacia dei mezzi più blandi e di persuasione, quando questi con alcuni indocili e caparbii non riuscivano ad ottenere l' intento. Egli per altro esercitava questa parte di disciplina con tanta carità, calma e discrezione, da farsi temere, ma non odiare, perchè all'amaro mesceva il dolce , alla fortezza univa la mansuetudine, al giudizio ed al castigo sposava la misericordia e la benevolenza. Anzitutto esaminava attentamente e prudentemente la cosa , faceva discorrere il colpevole , e dove occorreva l' avviso non usava il rimprovero, e quando questo bastava non veniva nè alla minaccia nè al castigo, seguendo fedelmente la regola data da Dio medesimo con queste parole : Pro mensura peccati erit et plagarum modus: « La quantità del castigo sarà secondo la misura della colpa. » In tutti i casi poi egli dava sempre a divedere che non operava per astio, ma per amore, non per capriccio e risentimento, ma per dovere e pel desiderio di giovare al colpevole.
Ma alla nostra condotta e savia educazione lavoravano pure in ricreazione altri ausiliari di Don Bosco ; e questi erano i chierici, i maestri, i capi d'arte, gli assistenti, e non pochi giovani che battevano le orme di Domenico Savio, facendosi come lui cacciatori e pescatori di anime. Divisi qua e colà essi prendevano parte e facevansi l'anima di tutti i divertimenti , e ciò con tanta premura e attività da disgradarne i più avidi di trastulli. Chi non conosceva la pia intenzione e la nobile mira di quei giovani e chierici li avrebbe detti dissipati ed ignari del proprio decoro ; ma era ben altrimenti. Essi promuovevano la ricreazione e l' accaloravano per darle importanza e allettarvi anche gli inerti, a fine di scuoterli dalla pigrizia e dalla malinconia, e per tal modo svilupparne la vita fisica e morale ; si facevano capi dei giuochi per dominarli ed esserne come gli arbitri , onde nei casi di contestazione accordarsi vicendevolmente per impedire tra i giovani contese, diverbii e risse, e perciò l'offesa di Dio ; passavano poi ore ed ore in questo esercizio e spesso con loro grande sacrifizio ed abnegazione, ma lieti di potere in quel mezzo conoscere meglio i giovani, la loro indole, i loro difetti, e cogliere l'opportunità di volgere loro uno parola di salute.
Mentre gli uni attendevano in questo modo ai divertimenti comuni, altri sparpagliavansi nel cortile, adocchiavano questo o quell'altro giovane che stava da solo, lo invitavano a trastullarsi o a passeggiare con essi , e questo sempre col lodevole intento di promuovere la onesta allegria, e per avere la propizia occasione di porgere un buon consiglio ed invogliare allo studio, al lavoro, alla pietà. Dopo di essersi ricreato alquanto con quel dato fanciullo o studente od artigiano , dopo di aver discorso con lui, come si dice , del vento e della pioggia, il buon chierico usciva in bel modo a fargli una interrogazione, che lo riguardasse più da vicino, e gli dimandava per esempio : - Hai tu ancora i tuoi genitori , e procuri tu di consolarli colla tua buona condotta e di pregare per loro?-Che voto hai riportato la settimana scorsa? - Da quanto tempo è che non sei più andato a confessarti ? - Avrei bisogno di ottenere una grazia dal Signore ; vorresti tu venire domani con me a confessarti e a fare la santa Comunione, secondo la mia intenzione ? - Vuoi tu che andiamo a trovare D. Bosco? Vieni e ci faremo dire una parola nell'orecchio ; e così via dicendo.
Alla stessa meta avevano l'occhio i maestri nelle scuole e gli assistenti e capi di dormitorio e laboratorio. Ognuno procurava di guidare i proprii allievi al compimento dei doveri, al buon ordine, al lavoro, allo studio , alla virtù più coll' amore che col timore, più per provvedere all'anima che non al corpo, più in vista del Cielo che non della terra. Inspirati all' esempio e alle parole di Don Bosco, desiderio e sollecitudine di tutti si era di cercare , promuovere e cogliere tutte le possibili occasioni per conservare o condurre a Dio i giovani dell' Oratorio e salvare le loro anime. Una delle massime più fedelmente praticate era di far passare Iddio nel cuore dei giovani non solo per la porta della chiesa, ma della scuola o dell'officina. E questo essi s'industriavano di conseguire, ma con tanta prudenza e moderazione che i giovani quasi non se ne avvedevano, ma ben sentivano e provavano che era cosa molto più soave essere pii e virtuosi, che non indevoti e malvagi. Riguardavano poi l'Oratorio come la loro casa diletta, ed amavano i superiori come gli amici dell'anima.
Questo lavorìo apostolico, o, se vogliamo così chiamarla , questa caccia e pescagione di anime, venne nell'anno 1861 esercitata in modo specialissimo durante il mese di maggio in ossequio a Maria SS., verso della quale D. Bosco studiavasi d'infonderci una divozione tenera e soda, ed insegnavaci ad amarla qual Madre amorevole, ed onorarla ed invocarla quale Regina potente. Ci piace di accennare qui le pratiche principali , pubbliche e private , che avevano luogo tra noi in detto mese , tanto caro ai divoti di Maria. Ogni sera, radunati nella chiesa di san Francesco di Sales, cantavasi una lode alla Vergine ; indi facevasi la lettura del giorno in libretto appositamente composto e stampato da Don Bosco ; poscia impartivasi la benedizione col SS. Sacramento (1). Al mattino poi il tribunale di penitenza era assiepato da giovani ansiosi di riconciliarsi con Dio, e la Mensa degli Angeli così frequentata , che la Comunione pareva quotidianamente generale. Nel corso delle varie ricreazioni del giorno tu vedevi un continuo affollarsi di giovanetti in chiesa dinanzi all'altare della Madonna; e non pochi di essi sacrificavano buona parte dei loro trastulli, stando a pregare o a leggere qualche libro, che trattava delle glorie di Lei. I chierici poi ed i giovani più abili, fattasi una raccolta di belli esempi, ne andavano raccontando almeno uno per giorno ora a questo, ora a quell'altro crocchio di compagni, ingegnandosi di far conoscere le prerogative, le virtù e le misericordie della gran Madre di Dio, accrescere il numero dei suoi figli, e accenderli del suo celeste amore.
Dopo cena e prima delle orazioni, raccolti nel cortile o sotto il porticato , molti si ricreavano cantando lodi a Maria, gareggiando così nell' inneggiare a Colei , che dopo Dio occupava in quel mese la nostra mente e il nostro cuore. In tutti poi e studenti e artigiani era una mirabile gara di tenere una condotta ottima in ogni punto, per vere la consolazione ed il vanto di presentare all'Augusta Regina del Cielo, nella fine del mese, una corona intrecciata di dieci.
Come se queste pratiche ancor non bastassero a dare pieno sfogo alla pietà dei giovani verso la dolcissima lor Madre , ogni dormitorio aveva ancora un altarino , sopra cui campeggiava una sua graziosa immagine, circondata di fiori, di lampade e candele. I giovinetti si assumevano l'incarico di sopperire alle spese occorrenti , se artigiani , donando una parte della mancia , che loro toccava alla fine di ogni settimana , se studenti , offrendo danaro od altri oggetti, di cui potevano disporre. Alla sera poi, e dopo le orazioni comuni, in ogni dormitorio , prima che i giovani si mettessero a letto, il chierico assistente li raccoglieva dinanzi all'altarino , e alternativamente con essi recitava 7 Ave Maria in memoria delle sette allegrezze o dei sette dolori della Vergine ; dopo ciò ognuno, come se avesse dato un figliale saluto e chiesta la benedizione alla propria Madre , se ne andava lietamente a riposo. Nei giorni festivi e nella chiusura del mese un chierico precedentemente incaricato vi teneva eziandio un discorsetto ad onore di Maria , facendo così in una camera le prime prove di predicatore , sotto gli auspici di Colei , che è chiamata meritamente Regina degli Apostoli, Regina Apostolorum.
Il Signore benedisse queste industrie e questi mezzi di carità e di religione, e li coronò di frutti salutari. Per vero dire non ci ricorda che la pietà e la moralità fiorisse tra di noi meglio che in allora ; che i giovani artigiani fossero più attivi e più amanti del lavoro, gli studenti più affezionati ai loro doveri scolastici , e che i maestri ed assistenti fossero più amorevolmente assecondati nelle loro fatiche. Ond' è che avemmo una prova lucidissima che la Religione è fondamento e mezzo efficacissimo di savia educazione : che la carità, lo zelo e le belle maniere di chi dirige ed ammaestra riescono sempre a guadagnare la mente ed il cuore dei giovanetti, ad allontanarli dal vizio, ad innamorarli della virtù, a renderli buoni cristiani e savii cittadini ; e che nel formare gli animi al bene il metodo preventivo è da preferirsi al repressivo. Quell'anno fu per così dire l'età dell'oro pel nostro Oratorio, e meritamente D. Bosco può fare ardenti voti che essa ritorni e si estenda a tutti i suoi istituti presenti e futuri.
Ma se questa buona condotta dei giovani e questo zelo dei superiori dovevano riuscire graditi al Cielo, per la ragione dei contrarii parvero intollerabili all'inferno, il quale perciò, permettendolo Iddio, tentò di prenderne aspra vendetta nel modo che siamo per dire.
Era la sera del 15 maggio, e nel dormitorio intitolato da S. Luigi, all' ultimo piano del fabbricato volto a nord-est e a mezzogiorno , e corrispondente in parte alla camera di D. Bosco, praticavasi in modo particolare il mese di Maria nella guisa dinanzi descritta. Era abitato da una sessantina di giovani artigiani , e vi assisteva il chierico Giovanni Bonetti. Si rammenta da tutti che dopo aver recitato secondo il solito 7 Ave Maria in onore della Santissima Vergine, il prelodato assistente , mosso non si sa come , invitò i giovani ad aggiungerne tre altre, e disse : Recitiamo ancora tre Ave Maria , affinché la Beata Vergine ci liberi da ogni disgrazia. I giovani come sorpresi da tale novità le recitarono di gran cuore con lui ; indi andarono a letto. Poco dopo la mezzanotte, e quando tutta la Comunità era immersa nel primo sonno, si solleva un gran temporale e prende a guizzare il lampo e a rumoreggiare il tuono spaventosamente. Circa l'ora una, tutto ad un tratto il dormitorio appare come in mezzo alle fiamme e poi ritorna nelle tenebre ; uno scroscio formidabile si fa udire nel tempo medesimo e scuote dalle fondamenta la casa ; indi un rovinare di macerie, e lai e gemiti e grida da agghiacciare il cuore. Sul dormitorio, per mezzo di un fumaiuolo, era caduto il fulmine, rovesciandone il tetto e il soffitto con tegole mattoni e calcinaccio sopra i letti, seppellendovi alcuni giovani. Descrivere la comune costernazione è impossibile. Chi piange, chi geme, chi invoca la Madonna, chi chiama D. Bosco , chi fugge , chi cade ; pareva il finimondo. Al fragore ed allo schiamazzo balza di letto l'assistente come atterrito, ed acceso il lume porta i primi soccorsi. Vedendo poi alcuni giovani coperti di macerie ed uno tra gli altri, per nome Giulio Perroncini, che pareva morto, inviò tosto ad avvisare Don Bosco del caso sinistro ed invocarne l' assistenza e l' aiuto. Il messo nel primo fervore della colpita immaginazione riferì che la maggior parte dei giovani erano morti!
Ma mentre queste cose succedevano al di sopra, il povero D. Bosco alla sua volta passava al di sotto un ben brutto momento. È da sapersi che il camino , per cui penetrò la fulminea saetta , faceva capo nella sua camera da letto ; ond'è che colà precipitata l' elettricità, e non trovando più sfogo , si appigliò al suo letto di ferro e lo sollevò in alto insieme con lui circondandolo di abbagliantissima luce , così che per un istante ei parve il profeta Elia sopra il suo carro di fuoco. Dopo alcuni minuti secondi ogni luce si spense, e il letto, battendo sopra un inginocchiatoio, piombò con tale impeto , che di rimbalzo D. Bosco ne fu gettato sul pavimento , seminato di macerie A bella prima sembrò al povero uomo di essere sprofondato col suo letto nel dormitorio sottostante sopra altri suoi figli. Intanto alzatosi in piedi andò tentoni tastando qua e là , per conoscere ove si trovava , con animo trepidante di precipitare o di rovesciarsi addosso qualche muro cadente. Come Dio volle, dopo alcuni passi ei toccò un quadretto e la piletta dell'acqua santa, che pendevano dal muro in capo del letto. Si accertò allora di essere ancora in sua camera, e posta la mano alla cordicella, che scendeva da un lato , diede una forte scampanellata, chiamando a sè i giovani Giuseppe Reano e Giuseppe Rossi, che dormivano in una stanza attigua , e copertosi alla meglio stette aspettando. E qui ci piace di riprodurre una parte del racconto , che il Reano stesso ce ne fece in un suo manoscritto.
- » Un formidabile scroscio, così egli, si fece sentire tra noi; la camera nostra divenne come accesa. Poi un silenzio sepolcrale che durò un minuto ; poi il campanello di D. Bosco suonò. Ahimè ! esclamammo noi due, qualche sventura ! Vestiti in fretta ed acceso il lume corremmo con ansia e tremanti nella camera di D. Bosco. Quando fummo vicini al suo letto egli ci guardò sorridendo e ci disse con tutta tranquillità e placidezza : - Guardate che cosa vi è in mezzo alla camera ; e vedemmo dei mattoni affumicati, caduti giù dal camino.
» Don Bosco non aveva ancora finito di parlare, prosegue il Reano , quando si ode a battere alla porta di nostra stanza. Lascio Don Bosco, apro la porta, e mi si presenta il giovane artigiano Giacomo Ballario , che per l' affanno poteva appena parlare - Reano, mi disse, per carità avvisi tosto D. Bosco e venga presto nella nostra camerata ; è caduto il fulmine... il soffitto è precipitate sopra i giovani... e una buona parte son morti. - Don Bosco, avendo udito in confuso le riferite parole, mi chiamò nuovamente e m'interrogò che cosa fosse successo. Saputa la cosa - Oh mio Dio! esclamò egli con una espressione che schiantava il cuore ; ma Voi voleste così , o Signore , e io adoro i vostri decreti. - Poi : - Va subito a vedere , mi soggiunse , e rendimi informato. - Io corro di sopra, e appena metto il piede nella camerata sento un odore di zolfo intollerabile; avanzandomi odo strida di voci , gemiti e pianti. In quel momento mi sono sentito stringere il cuore, e gli occhi mi si riempirono di lagrime. La camerata era lunghissima con due file di letti. Or bene, più di due terzi del soffitto era crollato. Inoltratomi verso il fondo del domitorio trovai di peggio : varii letti erano sfondati dal peso delle macerie ; alcuni giovani mandavano sangue dal volto ; uno aveva la faccia come abbronzata; altri storditi dalla scossa sembravano imbecilli (1). Un povero calzolaio, per nome Giovanni Vairolati, fuori dei sensi era sostenuto sul letto e spruzzato di acqua da due compagni, che tentavano inutilmente di farlo rinvenire ; egli pareva moribondo. Altri, non ostante il gran tafferuglio, non muovevano e sembravano morti. Allora ritornai a Don Bosco per renderlo consapevole , ed egli, che in quel Frattempo aveva già potuto vestirsi , accorse immediatamente al luogo del disastro. » Fin qui il Reano, con parecchi di noi testimoni oculari.
Entrato che fu D. Bosco nel dormitorio, i giovani respirarono come se entrato vi fosse un Angelo consolatore. Quelli che erano già alzati si fecero tosto a lui d' intorno. Essi tremavano come foglie agitate dal vento, ed avevano la fisionomia così travisata, che D. Bosco più non li riconosceva. Intanto passando per mezzo le macerie e il calcitaccio egli si fece al letto di quelli, che parevano più malconci , e tosto si accorse che il male non era quale da prima si era annunziato, e ne ringraziò in cuor suo il buon Dio. Mandò poi a pigliare acqua ed aceto, e di propria mano lavò le ferite e lividure dei colpiti. Accostatosi poscia al giovane Vairolati lo chiamò due o tre volte ad alta voce , e il poveretto, che fino allora non aveva ancora aperto gli occhi nè formolata una sillaba, li schiuse, diede un lungo respiro e con voce stentata sì, ma abbastanza intelligibile, disse: Oh! D. Bosco! Poco dopo egli rinveniva affatto e si univa ai compagni.
Don Bosco si fece in fine al giovane Perroncini, che rimaneva tuttavia immobile nel suo letto. Era sospetto di tutti che egli fosse fulminato, e niuno perciò aveva sino allora osato di scuoterlo, forte temendo di dover constatare che ei fosse cadavere. Fatto accostare più da presso il lume , D. Bosco esaminò e vide che il povero giovane era ferito alla faccia, e che una piccola scheggia di canna , mescolata colle macerie del caduto soffitto, eragli penetrata nella guancia, e spuntavagli fuori presso la palpebra inferiore dell'occhio destro. Provò di estrarnela colla punta delle dita, ma non riuscì a pigliarla ; domandò allora un paio di forbici, e con queste usate a guisa di pinzette ne la cavò. A quest'atto il creduto morto si scosse, e immaginando di essere molestato da un compagno diede un pugno a D. Bosco, gridando in dialetto piemontese Baloss gram, lasmn e deurmi (1). La gioia, di cui gli astanti andarono ricolmi all' udire questa voce e questa espressione , è più facile a pensare che a descrivere : tutti e D. Bosco con loro diedero in uno scroscio di risa pel piacere che provavano nell'essere assicurati appieno che in tanto disastro non vi era vittima alcuna. La protezione di Dio mostrossi visibilissima.
Accertati che la vita di tutti erano salva, i giovani del dormitorio non vollero più rimettersi in letto, quantunque non fossero che le ore due antimeridiane ; ma scesi con D. Bosco in chiesa si confessarono tutti, ascoltarono la Messa celebrata dal Sac. Michele Rua , e fecero la santa Comunione in ringraziamento a Dio e alla Vergine Immacolata, per averli in quella notte preservati da certa morte. Verso le 5 del mattino , al segno della levata comune, i protetti di Maria avevano già dato libero sfogo alla piena di loro gratitudine al Signore, e andavano raccontando le vicende di quella notte memoranda ai compagni degli altri dormitorii, esaltando presso tutti la divina misericordia, e la materna bontà della Vergine.
Don Bosco narrando il fatto e attribuendolo al demonio soleva dire celiando : - Quel grossiere non conosce le regole di buona educazione ed è molto villano : dà dei crolloni da slogar le ossa. In fatto poi di musica è uno stupido ; non sa fare la battuta e ignora l'armonia : batte fuor di tempo e fà un fracasso della malora, da rompere le orecchie persino a quei che dormono. - Ma non solo villano e cattivo musico si mostrò il nostro avversario, bensì omicida ; e se Dio glielo avesse concesso ci avrebbe in quella notte bruciati vivi o schiacciati sotto la casa, come fece un dì coi figli del santo Giobbe.
La domenica seguente, solennità di Pentecoste, dopo il vespro e la predica si cantava poscia un solenne Te Deum, al quale prendevano parte non solo i giovani interni ed esterni dell'Oratorio, ma molti nostri benefattori, lieti di vedere ogni dì più favorita e difesa da Dio un'opera, che eglino promuovevano con tanta carità e sacrifizio.
In quei dì alcuni giornali malevoli, annunziando la caduta del fulmine sopra la nostra casa, si compiacevano di spandere ai quattro venti che vi erano stati dei morti. La Gazzetta del popolo tra gli altri, mal celando l'astio che nutriva contro il nostro Oratorio per non averlo potuto far chiudere l'anno innanzi , col solito suo gergo sconvenevole ed empio pubblicava queste maligne e menzognere parole
« Nella notte da lunedì a martedì scorso il fulmine cadeva , indovinate un po' dove? Proprio su quel vivaio d'infelici, che il teologo Bosco (il moderno Loriquet famoso per la sua Storia d' Italia tutta viscere per l' Austria) raccoglie dalle campagne ed istruisce secondo i suoi principii per popolare il paese di baciapile.
» Uno di quelli infelici allievi periva, altri rimanevano feriti.
» Se si fosse trattato di un collegio liberale, i preti avrebbero esclamato : « Ecco il dito di Dio. »
» Avendo un po' più di rispetto per quel dito , noi non gli daremo mai il torto di un omicidio (1). »
A questo proposito notiamo solo di passaggio che la liberale Gazzetta pubblicava queste linee in Torino e sei giorni dopo il fatto accaduto , cioè dove e quando aveva avuto cento occasioni per conoscere appieno la verità. Ma per certi giornali la bugia è loro vita, e la bestemmia e calunnia è loro mestiere e guadagno. In quanto poi agli insulti, onde allora ci coperse , ora colle prove lampanti dinanzi agli occhi del mondo siamo in grado di risponderle che quelli infelici e baciapile di Don Bosco, istruiti in un' arte o mestiere od avviati allo studio , menano oggidì vita onorata in mezzo alla società, e lieti tutti dell'avuta educazione quali avvocati, quali professori, quali graduati nell' esercito, quali Sacerdoti esemplari , sono utili a se stessi ed ai loro fratelli ; anzi non pochi di loro, generosi e prodighi dei proprii agi e persin della vita, penetrarono già nella Patagonia, portando la luce della religione e i benefizi della civiltà a tribù barbare e selvagge , facendosi così veraci benefattori della povera umanità. Abbiamo quindi molte ragioni di credere che il dito di Dio in quella notte e in appresso sia stato con noi, ed invitiamo la Gazzetta ad avergli davvero un po' più di rispetto, ammirandone gli alti portenti. Ma torniamo a bomba.
La caduta del fulmine eccitò in alcuni di noi il desiderio che D. Bosco facesse mettere sulla casa un parafulmine , e gliene fecero parola il giorno stesso. - Sì, rispose egli, e vi collocheremo una statua della Madonna. Maria questa notte ci parò così bene dal fulmine, che noi commetteremmo una ingratitudine , se confidassimo e ricorressimo ad altri che a Lei. - Procurata pertanto una statua, il capo mastro muratore Carlo Buzzetti fece preparare il ponte, e D. Bosco in un giorno festivo, dopo le sacre funzioni della sera, salitovi sopra e vestito di cotta e stola, circondato da una schiera di chierici, la benediceva solennemente ; indi da quel ponte, che fu certamente il più alto pulpito del mondo, fece ai giovani raccolti nel sottostante cortile una calda esortazione ad onorare, ad amare, a confidare sempre nella gran Madre di Dio. Cessato di parlare, egli di là intonava la lode che incomincia : Lodate Maria - O lingue fedeli, e i giovanetti la proseguirono sino alla fine con uno slancio ed affetto indescrivibile, accompagnati dalla banda musicale, che gareggiava alla sua volta nel riempire l'aria di armoniosi concenti a gloria e in ringraziamento alla nostra celeste Protettrice. La statua, collocata in allora sulla vetta della casa e presso al luogo colpito dal fulmine, vi rimase sino a quando, prolungata quella parte di fabbricato, venne trasferita sul frontone del medesimo, dove esiste tuttora, ricordandoci di continuo la materna benevolenza di Colei, nella quale chi confida non rimane confuso.
(1) Il libretto è intitolato : Il Mese di Maggio pel sac. Giovanni Bosco. Libreria Salesiana. Torino.
(1) L'abbronzato dalla folgore era il giovane Modesto Davico, oggidì Sacerdote salesiano.
(1) Parole che volte in italiano danno questo senso Birbon cattivo, lasciami dormire.
(1) N. 139, lunedì 20 maggio 1861.
BELLEZZE E GIOIE DELLE FESTE CRISTIANE Pensieri ed affetti pel Pr. Luigi Bottaro - Prezzo cent. 50.
Raccomandiamo caldamente ai nostri buoni Cooperatori la diffusione di questa operetta che può fare un gran bene alle anime.
Le Feste Cristiane sono un grande e bel tema, e l'autore ha saputo trattarlo con uno stile che riunisce insieme meditazione e poesia, alti pensieri e ferventi preghiere. Pensieri e preghiere tratti quasi sempre e in modo felicissimo dai salmi stessi, dagli inni, dai cantici, di ciascuna solennità.
E quindi, lo ripetiamo, un libro attraente insieme e sommamente fruttuoso alle anime, che innalza a Dio ed apre ai più santi affetti.
Rivolgersi alla libreria di S. Vicenzo de' Paoli in S. Pier d'Arena.
OTTAVO CENTENARIO E BREVE VITA DI S, GREGORIO VII.
Il 25 del prossimo maggio occorre l'ottavo Centenario della morte del Sommo Pontefice S. Gregorio VII.
Il S. P. Leone XIII ha stabilito il giorno 4 del consecutivo mese di giugno, festività del Corpus Domini, per l'Udienza speciale che si degna accordare alle Deputazioni dei Comitati Diocesani dell'Opera dei Congressi cattolici e alle Rappresentanze delle Diocesi italiane, che si porteranno in Roma in tale occasione.
Il Comitato generale permanente dell'Opera suddetta darà, quanto prima, opportune istruzioni sì pel convegno in Roma delle Deputazioni e delle Rappresentanze, come per l'ordine e per l'ora della suindicata Udienza pontificia.
Dal nostro canto noi pubblicheremo prossimamente una breve e popolare Vita di questo grande Pontifice, e fin d'ora ci raccomandiamo ai Cooperatori e alle Cooperatrici, perchè ci vogliano dare la mano, per diffonderla largamente tra il popolo a gloria del Santo e ad incremento della cristiana pietà. Ne riparleremo nel prossimo numero.
596 Rizzo Anna - Pantelleria (Trapani).
597 Rizzoli D. Enrico, can. - Camerino (Macerata).
598 Boggi Ghirardelli Angela Maia - Ronco nero (Piacenza)
599 Robert Tommaso - Torino.
600 Rolando D. Antonio, arciprete - Rivarolo (Ivrea).
601 Romagnolo Lucia - Casorzo (Alessandria). 602 Rombi Francesco - Caleseta Cagliari. 603 Rombi Maria - Galeseta (Cagliari). 604 Romanelli D. Giacobbe - Caderzano (Tirolo). 605 Rosaria Susanna - Bortigait (Cagliari). 606 Rossetti D. Lodovico, can. parr. cattedrale - Forlì.
607 Rossi D. Francesco, vic. generale. —Milano.
608 Rossi D. Carlo, parroco - Poggio di Croce Perugia.
(continua)