ANNO XIII - N. 11. Esce una volta al mese. NOVEMBRE 1889
DIREZIONE nell'Oratorio Salesiano - Via Cottolengo, N. 32, TORINO
SOMMARIO - Nuova partenza di Missionarii Salesiani - Stringiamo amicizia con le Anime del Purgatorio - Ancor un pensiero ai nostri morti - Notizie dei nostri Missionarii: dall' Uruguay, dalla Patagonia e dal Brasile. - Parole del Teol. Felice Reviglio per l'inaugurazione della lapide ai Becchi - Passeggiate (Periodo II) - Paolina Occelletti - Bibliografia - - Avviso - Cooperatori defunti.
Per assecondare i desiderii del Santo Padre Leone XIII, e per soddisfare alle pressanti richieste dei nostri Confratelli Missionarii dell'America del Sud, in novembre o al più tardi nel dicembre di quest'anno avrà luogo una nuova spedizione di Salesiani in quelle regioni. Una circolare di D. Michele Rua annunzierà ai nostri Cooperatori e alle nostre Cooperatrici lo scopo di questa spedizione e farà appello alla loro esperimentata carità.
La pietà cristiana è stata industriosa in questa seconda parte del secolo che corre, per togliere le anime nostre dalle bassezze terrene e sollevarle ad assaporare le gioie del paradiso. Ogni mese ha la sua divozione particolare, ed il mese di novembre ha questo di proprio che, col pensiero delle anime del Purgatorio, fa sì che i viventi adattino la loro vita in modo da liberare il maggior numero possibile di quelle sante prigioniere, ed assicurarsi di evitare quel luogo di incredibili dolori.
È vero che la memoria de' morti è cara presso tutti i popoli, e che, anche nei nostri tempi, sebben molti si mostrino indifferenti, tuttavia non si può a cuor leggiero dimenticare i nostri trapassati. Si pensa con ammirazione come i selvaggi del Perù s'inginocchiarono ai piedi degli Europei più selvaggi di loro, che aprivano le tombe degli Incas, gridando : Non scomponete queste ossa, che mi giorno risorgeranno. Le tribù nomadi di America portano seco gli avanzi de' loro antenati.
Pare che così il Signore disponga che quei lontani popoli vengano a condannare tanti nostri fratelli, che non hanno pietà per gli estinti , e che mentre questi navigano in un mar di tormenti, essi non pensano che a darsi bel tempo. Noi non esaminiamo questo vituperevole spettacolo; non ci accenderemo di sdegno contro quelli che ne sono gli autori, ma toccheremo dei motivi che abbiamo di legarci con le anime dei trapassati coi vincoli di un'amicizia sempre più stretta e tenace.
La Beata Margherita Alacoque coltivava quest'amicizia in modo tutto speciale. , e le prigioniere del Purgatorio soleva chiamare le sue amiche penanti. Davide, quantunque re, si lamentava di essere troppo dimenticato, ed esprimeva il suo dolore con queste mestissime parole : Oblivioni datus sum, tamquam mortuus a corde: sono morto per il cuore di molti, e caduto già nella dimenticanza. Quanto più hanno da ripetere questo lamento le anime dei morti. Eppure della loro amicizia non potremmo farne a meno. Le anime del Purgatorio sono legate con noi per tanti motivi. Abbiamo in quella prigione parenti, amici, benefattori... E poi non ci appartengono tutte in Gesù? La religione non forma di tutti una sola famiglia? Non siamo tutti fratelli? Il divin Maestro ci ha raccomandato di volerci bene ed essere tutti una cosa sola, com'Egli è una cosa sola col Padre. E la Chiesa , madre e maestra, dopo aver festeggiato i Santi che godono tra gli splendori del Paradiso, volge un pensiero a' cari figli esulanti ancora da quella fortunata patria, ed invita i viventi col pensiero a' loro fratelli morti , di suffragarne le colpe e di ottenere loro di poter presto andare fra le beate genti. E noi possiamo farne a meno dell'amicizia del Purgatorio? Lasciando essi il mondo , non cessarono di essere i nostri fratelli. Le lacrime di Gesù sulla tomba di Lazzaro, in Gerusalemme, come sono pietose ! E noi non ci commuoveremo a pietà verso i nostri poveri defunti
È questa, un'amicizia che ci fa onore insieme e ci giova. Le anime del Purgatorio, a motivo della loro santità, sono così grandi, che ogni grandezza umana è un atomo davanti a loro. Esse sono le spose di Gesù, di cui Gesù è affezionatissimo, e se le purifica nelle fiamme di quel carcere, è per renderle degne della divina sua presenza. E se gli uomini ci pensassero un poco che , amando le anime, mostrano affetto a Gesù , quante vane e fatali e ignominiose amicizie abbandonerebbero e come tutti stringerebbero le più intime relazioni con le nobili spose di Gesù
Di più, è un'amicizia che ci giova. Generalmente l'interesse è la molla più potente delle azioni umane. Anche cercando il proprio interesse, bisognerebbe che gli uomini fossero amici delle anime del Purgatorio. L'aiuto scambievole è il fondamento dell'amicizia di quaggiù. Questo aiuto lo abbiamo nell'amicizia de' fedeli defunti. È più quello che riceviamo, che quello che diamo ; perchè Dio non può non essere prodigo de' suoi favori a nostro riguardo, quando vede che noi sappiamo ben coltivare l'amicizia con le anime sante. Pietosa immagine del bisogno di quelle anime e di ciò che possiamo fare noi, l'abbiamo nei due ciechi di Gerico. Sentendo che passava Gesù, acclamato dalle turbe, cominciarono anch'essi a gridare: « Signore, abbiate misericordia di noi. » La gente voleva che si chetassero , ed essi invece gridavan più forte. Gesù li chiamò, e domandò ad essi : « Che volete che io vi faccia? » Risposero : « Vogliamo che si aprano i nostri occhi. » Gesù ebbe compassione di loro: toccò le loro pupille, e subito videro e si posero a seguirlo. Le anime del Purgatorio non vedono ancora la faccia di Dio , e si raccomandano a noi, perchè presto tramonti tanta loro disgrazia. E noi possiamo con facilità. Si procuri solo che la nostra pietà per esse non sia sterile : cioè preghiere e non solamente lacrime. Non ostentazione, fasto, esteriorità, duolo... questa sarebbe pietà pagana e non degna di cristiani. S. Paolo si raccomanda che il nostro dolore per i morti non sia come quello di coloro che spem non habent. Uniamo i nostri suffragi alle loro pene e procuriamo che siano fatti con merito, cioè in grazia di Dio. Siamo gli ambasciatori di quegli infelici, e dobbiamo essere accetti al Sovrano che trova macchie ne' suoi angeli. Quindi fra tutti i mezzi più efficaci e sicuri è il sacrifizio della santa Messa e la santa Comunione.
La venerata memoria di Don Bosco voleva sempre che i suoi orfanelli così suffragassero le anime de' loro benefattori, ed in tutte le sue Case si continua la pia tradizione; e ci giova sperare che tante anime di chi ci aiuta a continuare l'opera che ci fu trasmessa troverai continuo refrigerio nelle preghiere dei nostri orfanelli da loro beneficati.
Miseremini mei, miseremini mei saltem vos amici mei. Ecco il grido pietoso tramandato dai nostri cari, la cui vita fu mietuta dall'inesorabile falce di morte, or fa pochi mesi, un anno, un lustro : ecco il mesto suono, che no fanno udire in questi dì consacrati alla loro dolce memoria. E chi al loro lamento sentirà intumidirsi le pupille di pianto? Chi?
Forse l'ateo? Non già, chè nel suo cuor di selce, come non alligna un affetto verso al suo Creatore, di cui calpesta l'esistenza, così non vi spira un filo di pietà pe' suoi trapassati. Forse il materialista? Nemmeno, avvegnachè per lui anima e corpo sono tutto un involucro, un impasto, e quindi il suo pensiero non trasvola sulle pure regioni di una vita oltremondana. Il deista ? Parimenti no, giacchè questi ideando una divinità muta e sorda ai clamori della nostra indigenza, non può cedere alla gravezza della sua angoscia fino a curvarsi sul gelido sasso che rinserra le spoglie dell'estinto per sussurrarvi una preghiera. Chi dunque sentirà scorrere la lagrima del dolore sulla pallida guancia, nel tratto istesso che un'aura di speranza, aleggiandogli intorno al seno, fa provargli l'imperioso bisogno di arrestarsi a quel supplice lamento : miseremini mei ? Il cristiano, il credente cattolico, quegli che assorbì colla semplicità del fanciullo il latte delle dottrine rivelate. Oh ! tu dunque che alberghi in petto un cuore tutto pietà e tenerezza pei miseri defunti in virtù delle celesti massime, di che hai fatto tesoro, sospendi l'andare e piega l'udito al gemito dell'afflitto, che esce dalla tomba coronata di viole e di giacinti. Egli addimanda non già la profusione di luccicanti monete, non già il sacrifizio di rigide austerità, non il peso di moltiplicate preghiere; bensì un obolo deposto all'ara del santuario, un frusto di pane lasciato in mano al poverello, un sacro affetto innalzato a Dio nell'angolo domestico. E tu lo negherai? Vedi come tutto ti richiami al pensiero i mesti uffici, cui devi adempiere in questo tempo a pro di quelli che furono travolti tra le funeste caligini di morte. Il giorno che a gran passi si affretta al suo tramonto, la pianta avvizzita che da un leggier sibilo d'aura scossa si disfronda, l'augelletto che dimentica il suo gorgheggio, il cielo che di sovente vela il suo sereno d'un nubiloso ingombro, tutto ridesta alla memoria la dolce epoca da consacrarsi al suffragio dei poveri morti. Ah ! sì dunque, fratello, commiseriamo altamente i diletti estinti, che lasciammo piangendo sui confini dell'eternità, e in questo tempo abbiam cura di dedicare almeno quel poco d'ora che possiamo agevolmente sottrarre ai giornalieri travagli, alla loro rimembranza. Il tempo, che sulle sue infatigabili ruote passò rapidamente con la velocità del lampo, seco trascinando per l'interminabile sentiero fanciulli, garzoncelli, giovanette, adulti, vecchi, ben presto ne' suoi vortici ruinosi trasporterà anche noi ad essere frammischiati nell'immensa turba de' trapassati, e da quelle cupe regioni in voce di pianto grideremo anche noi col desolato Giobbe : Miseremini mei saltem vos amici mei.
Ora chi non si risovviene del salutare ammonimento improntato entro le carte de' sacri volumi : Beati misericordes, quoniam ipsi misericordiam consequentur ? Quella bilancia dunque che fino all'ultimo quadrante contrappesò le opere de' nostri congiunti rapiti alla seconda vita, sta pur tuttavolta librata in pugno all'Onniveggente. Lassi a noi, se sarà trovata minus reddens all'ora dell'estrema partita, voglio dire, se poco inchinevoli alla voce della pietà pei defunti, non saremo stati ad essi larghi di soccorso. In allora mireremo il divin Giudice in sembiante corrucciato, e l'udiremo con severo tuono gridarci all'orecchio : Non ergo oportuit et te misereri conservi tui ? Non faceva egli di mestieri che tu pure ti piegassi a compassione verso il fratel tuo?
Dall' Uruguay.
REV.MO E CAR.MO PADRE,
Montevideo, 14 aprile 1889.
So che il signor Ispettore D. Lasagna già le ha scritto del nuovo Collegio aperto ultimamente nella città di Montevideo. Tocca ora a me dirle qualche cosa sull'andamento dello stesso.
Presentemente non abbiamo che le scuole elementari e l'Oratorio festivo. I giovani, che frequentano questo, superano già i 100, e speriamo che aumenteranno fra breve tempo. Però essendo noi Salesiani di questa novella Casa soli quattro, due preti e due chierici, siamo coadiuvati ogni domenica da otto o dieci giovanotti dai 18 ai 25 anni appartenenti alla Società degli Oratorii festivi. In tutto seguiamo il Regolamento fatto dal nostro caro Padre Don Bosco di s. m. Il frutto che si ricava da questo Oratorio pare che sia non poco.
Le nostre scuole diurne sono frequentate al momento da 112 giovanetti appartenenti a famiglie agiate, e si sta fabbricando un gran salone per aprire una scuola gratuita. Quando ella leggerà questa mia, detta scuola funzionerà già almeno con 150 ragazzi, e tutti de la calle, come qui si dice.
Desidererà sapere di che mezzi disponiamo per vivere. Non so se il signor Ispettore le avrà detto che fummo chiamati da una società di signore, che da più di un anno lavorava cercando danari per aprire un Collegio buono.
La Commissione di queste signore non si sciolse ancora , anzi lavora indefessamente per noi, e cerca un terreno e danari per aprire quanto prima un Collegio di arti e mestieri, il cui titolo dev'essere Talleres Salesianos del Sagrado Corazòn de Jesus. Le posso assicurare che non m'avrei mai immaginato che la nostra Congregazione godesse tanta simpatia in Montevideo. Non ci conoscevano. Il clero è nostro amico e ci aiuta. Le cose nostre qui cambiarono faccia. Don Bosco deve aver lavorato molto.
Ieri si formò un'altra Commissione di signore per far venire le nostre Suore a Montevideo. Ciò che fece coi Salesiani la prima Commissione, farà questa seconda per le Figlie di Maria Ausiliatrice. Deo gratias.
Padre carissimo, voglia benedire la nostra Casa, i nostri sudori , i nostri giovanetti , ma specialmente noi suoi affezionatissimi figli.
Le bacio la mano coi miei confratelli.
Della S. V. R.ma
Ubb. figlio
Sac. G. GAMBA.
Dalla Patagonia.
MOLTO REV. SIG. D. RUA,
Patagones, 6 maggio 1889.
Le mando una breve relazione, che con tutta comodità mi sono preparata , intorno alla festa fattasi in Chos-Malal per l'inaugurazione della nuova chiesa di N. S. del Carmine.
Anzitutto le faccio osservare che, sebbene per somma necessità si abbia dovuto celebrare la Messa in detta chiesa alcune domeniche prima (1), la sacra cerimonia della benedizione non ebbe luogo che il giorno 8 dicembre dell'anno 1888.
In quel giorno, consacrato alla più pura delle Vergini, all'Immacolata Concezione di Maria, si benediceva la chiesa, che ci costò un anno di durì sacrifizi, dedicandola alla B. V. del Carmine. La sacra cerimonia fu accompagnata ed assistita da un discreto numero di buoni cristiani, venuti a cavallo per 10, 15 ed anche 20 leghe di distanza da luoghi montagnosi per onorare Maria e prendere parte ad una funzione sì bella e sì straordinaria in quel punto.
Debbo saperne grado ad alcune buone signore, le quali giorni prima si unirono e s'incaricarono di ornare la chiesa il meglio che potessero. Esse raccolsero dal vicinato quanto lor venne fatto di trovare in quadri, tappeti, candelieri, vasi, ecc., e facendo poi dei fioroni, collocarono ogni cosa al suo posto con buon ordine e gusto. Siccome non avevamo nè musici nè organista, un gruppo di giovanette prepararono alcuni cantici sacri, che seppero poi eseguire con buona armonia e grande soddisfazione di quel divoto uditorio. Il signor colonnello Olascoaga, governatore del territorio del Neuquen, volendo dare maggior solennità alla festa, servì egli da padrino nella cerimonia ed una delle sue figlie fece da madrina. L'umile scrivente ebbe l'onore di fare da celebrante e D. Panaro vi assisteva vestito in cotta. Compiutasi la benedizione della chiesa secondo le prescrizioni del Rituale, si celebrò la santa Messa.
Quantunque la chiesa riboccasse di gente, regnava un sommo silenzio, e mentre quei buoni cristiani pieni di fede adoravano sull'altare Gesù Cristo, Verbo Incarnato, ne contemplavano in un bel quadro la Vergine Madre venerata sotto il titolo del Carmine, dipinta bellamente e con somma grazia. Mi pareva leggere sulla fronte di ciascuno l'allegrezza di cui ridondava il cuore. Poveretti ! era la prima, volta che, dopo anni ed anni , udivano i dolci cantici della Chiesa , ed assistevano al santo Sacrifizio incruento della croce, in quello stesso luogo, dove per più secoli risuonarono le strida sgangherate dei selvaggi, adoratori del demonio, in luogo del vero Dio, a cui forse offerivano vittime umane.
Finita la Messa, feci un breve discorso, in cui dimostrai sommariamente i vantaggi della nostra santa Religione, che dissipa le dense tenebre dell'errore e del vizio. Ma perchè essa consegua il suo fine, che è di rigenerare le nazioni, è necessario per parte nostra la docilità : Beati qui audiunt verbunt Dei et custodiunt illud.
Si terminò la funzione al mezzodì. Mentre se ne usciva la gente, alcune signore stavano alla porta dimandando limosina per la chiesa. Il signor Governatore in quest'occasione volle egli pure fare la sua offerta. La gente si ritira ; ma dove va? Alberghi non ve ne sono, case comode neppure : una dozzina sola se ne trova in miserabile stato. La casa parrocchiale è l'unica che sta in con dizione di dare albergo alla maggior parte della gente. Se ne aprono quindi le porte, ed il nostro cortile spazioso e cintato serve per dar loro ospitalità. Dividendosi in varii gruppi, ciascuno trae fuori la sua provvista e fa il suo pranzo. I più poveri aveano seco portata una piccola tasca piena di farina tostada, cioè farina di grano abbrustolita. In una scodella versano acqua, vi mettono detta farina e ne fanno come una polenta, che poi mangiano con buon appetito. Parecchi di loro non si dimenticarono di noi, e prima di partire ci lasciarono alcuni regali.
Questa è in breve, M. R. Sig. D. Rua, la relazione della suddetta festa. Vorrei parlarle d'altre cose , ma le rimando ad altro tempo per non dilungarmi di troppo. Spero che mi terrà presente nelle sue preghiere e nel santo Sacrifizio della Messa. Benedica chi ha l'onore di essere
Suo aff.mo figlio e confratello in G. C.
Sac. DOMENICO MILANESIO.
(1) Vedi il numero di giugno u. s.
Dal Brasile.
REV.MO SIG. D. RUA,
S. Paolo (Brasile), 17 luglio 1889.
Dopo tre anni di mia permanenza nel Paranà, mi trovo un'altra volta in questa Casa Salesiana, che io ho veduto nascere e che, anche lontano, ho sempre amata teneramente. Sarà caro a V. S. Rev.ma e grato ai lettori del Bollettino che le scriva qualche cosa di quest'opera, che può dirsi veramente essere stata fecondata dalla benedizione di Dio ; dico fecondata, perchè alla venuta qua del Sacerdote Salesiano D. Giovanni Giordano appena vi aveva la semente, e anche questa posta fra i crepacci delle pietre. Pareva che il sole dovesse seccarla; invece trovò sotto il terreno molle e crebbe albero quasi gigante.
L'edificio è tale e di tal ampiezza, che forse non ne ha uno maggiore la Congregazione Salesiana. È vero che non è compiuto, ma è in via di compimento e si terminerà presto. Chi avesse veduto, quattro anni addietro, l'ossatura squallida di una sola parte di questo Collegio, e lo vedesse adesso, dovrebbe ripetere : Questa fu opera piuttosto di Dio che degli uomini. Dico così, considerate le circostanze, nelle quali si trovava quest' opera, quando venne consegnata a D. Giordano. Tutto si era fatto per mezzo di una Commissione che zelava la erezione del Lyceo de Artes y Officios (come qui dicono), la quale poi si era scoraggiata e dimessa, ed i debiti, che gravavano sopra la parte di fabbricato costruito, non si sarebbero potuti pagare col materiale dello stesso e col terreno annesso. Ora l' edificio è giunto a tal punto da contenere un centinaio e mezzo di giovanetti con i luoghi e le comodità che esige la istituzione.
La chiesa pure non è compiuta, ma può contenere più di un migliaio di persone ; le scuole e le officine basterebbero ad altrettanti e più allievi ; la scuola di musica e di canto è quale non si potrebbe trovar migliore in un istituto perfezionato dal tempo. Tutto procede poi nel miglior ordine, ed i frutti che si raccolgono sono molto copiosi.
Quest' opera eccita l'ammirazione e la compiacenza dei cittadini di ogni ordine, e buoni e cattivi, tutti danno prove di stima a questi educatori dei figli del popolo. Il Governo provinciale a mezzo di una lotteria concorse all'estinzione de' debiti vecchi e nuovi che pesavano sopra questa Casa. L'avvenire è sorridente quanto mai, e colla saggia direzione che diede fin qui alle cose D. Giordano, che da tutti è conosciuto e stimato per i suoi meriti , si potrà conseguire, in poco tempo, il perfezionamento materiale e morale di questo Istituto, tanto necessario in questa città che ogni dì più cresce di popolazione e di bisogni.
Presi parte, domenica 7 corrente, alla festa del Sacro Cuore di Gesù, cui , come sa, è consacrata la chiesa e da cui prende nome questo Collegio do Sagrado Coraçao de Jesus. Non è a dire del numero delle comunioni dei giovani raccolti e delle persone esterne, che fu grande; della divozione che rendeva più brillante la festa ; della Messa cantata molto solenne per assistenza di sacerdoti, per magnificenza di paramenti, per esecuzione di canto e suono, per eloquenza di sermoni (mattina e sera) e per il continuo accorrere di gente a questo Santuario che a tutti ispira sentimenti di fede, di pietà, di confidenza.
Nella sera ebbe luogo la Conferenza Salesiana dei Cooperatori nel solito modo. Moltissimi accorsero, e le offerte raccolte si elevarono ad una somma non indifferente.
Per quella cognìzione che io ho, e credo averne un poco per avere per tanti anni seguito coll'occhio e col cuore lo svolgimento dell' opera provvidenziale di Don Bosco di veneranda memoria, posso pronosticare che questa Casa di S. Paolo, coll'andare di non molti anni, crescerà in tanto credito, e produrrà tanti frutti , da superare forse qualsiasi altra Casa Salesiana. Le circostanze locali, che sono le più favorevoli ; la stima che qui si ha alla Congregazione Salesiana; il numero sempre crescente di giovanetti che sarebbero o abbandonati o lasciati nei pericoli; la buona volontà che mostrano i Coo peratori ; il risultato più che soddisfacente ottenuto nel primo esperimento e soprattutto l'essere posto questo Istituto sotto la invocazione e protezione del Sacro Cuore di Gesù, tutto concorre a farmi pronunziare questo giudizio.
Domani partirò di qui alla volta del mio Paranà, riconoscente a questi buoni Salesiani della fraterna ospitalità che mi hanno data e sempre mi danno i figli di Don Bosco in ogni paese del mondo. Venni qua da più di un mese per trattare col Vescovo sulle cose della Missione italiana nel Paranà e di questa provincia di S. Paolo che mi venne affidata. È una missione la mia che non può andar disgiunta dall'Opera Salesiana. Deve provvedere ai bisogni spirituali di centinaia, di migliaia di Italiani sparsi in queste provincie ; deve essere opera di preservazione e spesso di redenzione. I Salesiani di questa Casa già da tempo la stanno attuando a vantaggio degli Italiani di questa città e Circondario , che numerosi accorrono alla chiesa del Sacro Cuore. Più tardi i Salesiani si occuperanno delle vocazioni ecclesiastiche dei giovanetti figli di Italiani, che non sarebbero poche. L'opera sta ancora nei suoi esordi , specialmente in questa provincia, dove appena adesso si sono gettate le prime pietre del fondamento. Le difficoltà sono molte, e vengono, la maggior parte, di là d'onde dovrebbero venire gli aiuti. L'oro deve essere provato al fuoco. Il Governo però favorisce e promette di aiutare la santa impresa.
L'Istituto Cristoforo Colombo, sorto in Piacenza per il desiderio del Santo Padre e lo zelo di quel R.mo Prelato Mons. Scalabrini, troverà sempre un amico e un aiuto in quello di Don Bosco ; la causa non è identica, ma comune l'interesse, e le due mani devono a vicenda prestarsi servizio.
Accora la S. V. Rev.ma i sensi di ossequio e di all'etto verso di Lei e della sua Congregazione
Dal Cooperatore Salesiano D. PIETRO COLBACHINI, Miss. Ap. Sup. della Miss. Ital. del Paranà o di S. Paolo,
curato di S. Agostino in Torino, dette nell'inaugurazione della lapide posta ai Becchi, presso la casa dove nacque D. Bosco.
(11 Agosto 1889).
Fin dai più remoti tempi e presso tutte le nazioni fu usanza di onorare la memoria di personaggi illustri per virtù con monumenti , i quali , se nel principio non erano che costruzioni rozze, in seguito l'arte li ha talmente adornati, che qualche volta l'artefice giunse a rendere sè stesso più illustre per l'opera sua, che non fosse la persona per cui lavorava onde celebrarne la memoria. Di qui gli archi trionfali, i mausolei, le piramidi. Monumento è parola che deriva dal latino monere, che vuol dire avvisare, avvertire, perché, lo scopo dei monumenti è di richiamare alla mente dei popoli avvenimenti od azioni gloriose , conservarne in perpetuo la memoria e tramandare ai posteri l'esempio di quelli che si vogliono onorare, a fine di eccitare negli spiriti una nobile emulazione ad imitarli. Nei tempi di corruzione s' innalzarono, non si può negare, monumenti a nomini perduti e scellerati, dei quali si doveva piuttosto seppellire in eterno la memoria; sua questi sono abusi, soro aberrazioni da detestarsi. Sta che l' origine ed il fine di erigere monumenti è di glorificare il merito, è un richiamo ad operare virtuosamente.
Un piccolo monumento si inaugura ogni in questi ameni colli, tra questi deliziosi vigneti, sopra una casa umile e negletta, alla gloriosa e venerata memoria di un eroe del Cristianesimo, di un benefattore dell'umanità, di una colonna della Chiesa, di una gloria dell'Italia, di un sacerdote, che sebbene privo di titoli onorifici che lo esaltino nella società, tutti però li comprende nel proprio nome D. Bosco. Sono figli che con esso rinnovano al sempre amato padre il profondo ed indistruttibile affetto, sono beneficati che esprimono la loro imperitura riconoscenza all'insigne benefattore, sono i primi discepoli che dichiarano all'indefesso maestro di non dimenticare in eterno le sagge istruzioni apprese.
Molti ed assai più splendidi che non siano le lapidi, esistono monumenti che rendono immortale la santa memoria di D. Giovanni Bosco, e sono le sue numerose e meravigliose opere, sono le centinaia di case aperte ai giovani derelitti e miseri, sono le migliaia di figli nutriti del suo pane, sono i magnanimi sacerdoti e i laici Salesiani, che con ammirabile zelo consacrano la vita, come Lui, nel dilatare il regno di Dio, nell'avvantaggiare immensamente il progresso , nell'incivilire la gioventù di tutti i popoli, sono i suoi scritti. La casa stessa qui presso ove nacque, che è quasi del tutto rovinata, questa povera ed oscura da lui abitata, sono un vero monumento dell'evangelica sua povertà, mentre con tanti danari che maneggiò non cercò mai d'arricchire i suoi parenti, di accrescere le sue sostanze. Sopra la tomba di Temistocle si scrisse, che tutta la Grecia sarebbe stato suo monumento. Del nostro D. Bosco non si può ripetere con maggior ragione sui simile elogio ? Sarà certo conforme al vero l'asserire di lui, che Italia, Francia, Spagna, l'America gli saranno monumento.
Per quanto magnifici siano cotali monumenti, tra essi doveva tuttavia comparire anche questo, il quale sebbene molto modesto, tornerà gradito al nostro comun padre, che apprezzò sempre più l'affetto che non la sostanza dei doni. Esso poi è destinato a ricordare e magnificare un periodo assai importante della sua santa vita, vo' dire la sua edificante giovinezza, la quale si può considerare come un abbozzo del grande D. Bosco.
La prima gioventù è una età benedetta di cui il non averne a dir male è già un gran dirne bene. Mettasi ogni vecchio la mano sul petto e senta ciò che gli dice la sua coscienza. Catullo e Scipione, Senocrate e
Alcibiade, quelli specchi della gioventù romana, e questi della Grecia, se non arsero in quel bollore dell' età, ne risentirono però assai. Ora non è degno dell'universale ammirazione il giovanetto Giovanni, che prima di conoscere il mondo lo lascia, diportandosi sin dai più teneri anni come chi non è del inondo, per porvi quei grandi fondamenti che crebbero all'altezza che noi tutti conosciamo t L' esercizio delle più sublimi ed eroiche virtù è il frutto di una lunga abitudine, non n' è il tirocinio. Don Bosco si è addestrato nella pratica delle più eccellenti virtù fin dalla primavera degli anni suoi. Nato egli per faro il bene, crebbe delizia del cielo e degli uomini. Dotato di spirito vivace, ardente, portava l'immagine di un anima sublime. Conobbe ben presto la bellezza della virtù e se ne invaghì, la deformità del vizio e ne sentì orrore, i veri beni ed i veri mali del mondo, ed abbracciò quelli detestando questi. Fin dal primo uso di ragione si consacrò intieramente a Dio ed al vantaggio dei suoi fratelli. Oh! vedetelo questo amabile fanciulletto dei bei capelli a ciocche ricciute, tutto brio, raggiante in fronte, con occhi puri e dolci come un cielo di maggio, le sue labbra ornate di un sì casto ed ingenuo sorriso, che par ti dica : questa è la sede dell' innocenza e della bontà ; miratelo, ripeto che, posto alla custodia di poco armento, scalzo il piede, corre qua e là per la campagna sollecito che un capro non si sbandi , ora attento che una pecora non danneggi l'altrui, or accorrente acciocché- gli armenti non cozzino insieme, chi direbbe eh' egli vada poco a poco lavorandosi a disegno per ogni brande riuscita, qual può sperarsi da un ottimo intendimento congiunto ad un perfetto volere l Eppure è così. Sempre il primo tra i suoi compagni, conduce di buon riattino gli armenti al pascolo ed in quell' alba del giorno inginocchiato a ciel sereno parla col suo Padre celeste con santi affetti. Contemplatelo nelle chiese con quale fervore preghi, con quanta pietà serva la Messa, con quanta gioia si unisca ai giovani che cantano in coro. Egli docile verso i maestri , diligentissimo nel frequentare la scuola, facile ad imparare, obbediente e docile alla sua madre. I suoi diletti trattenimenti sono gli studi che fa nei campi, nei prati. Il suo ingegno sorprende e si fa vedere in quell'età fanciullesca come le rose nel proprio bottone, che prima di aprirsi accennano per vari fessi il tesoro che in sè racchiudono. Già istruito nel più eccellente dei libri, voglio dire nel catechismo, nella storia sacra, nella vita dei santi, sente il bisogno di effondersi, di comunicare le sue cognizioni ai compagni. Ed oh ! il grazioso spettacolo presenta il grandicello Giovanni, che raccoglie intorno a sè un drappello di amici, seduto o sopra un sasso o sopra un fascio di legna, quando sulla terra e quando sopra un rialto ripete la predica udita in Parrocchia, racconta un esempio edificante , insegna la dottrina cristiana, le preghiere, e poi li rallegra con conversazioni morali ed amenissime, li invita a cantare le lodi della Santissima Vergine, li ricrea con giochetti, con corse, o con altri divertimenti di ginnastica ! Il suo vivere esattissimo nell' osservanza più minuta dei suoi doveri, i suoi costumi illibati, il suo fare dolce ed onesto, i suoi modi semplici e cordiali gli cattivarono tosto gli animi di quanti abitavano in questi dintorni. Nella sua voce, nel suo sguardo v'è un fascino che rapisce soavemente. Egli è la vita di quella piccola brigata, è il padrone dei loro cuori e si prevale della confidenza in lui riposta per comporre le liti, per pacificare le discordie, per ritrarli dai giuochi peccaminosi, dalle risse, dalle inimicizie e da quanti vizi cominciano a serpeggiare negli animi giovanili. Inizia quel mezzo così efficace per la pratica del bene e fuga del male, tanto da lui inculcato , di monitore secreto. Nei giorni festivi se li conduce o alla cappella della borgata o alla chiesa parrocchiale, li dispone alla confessione e comunione e li affeziona alle funzioni religiose. In una parola, egli diviene in breve tempo il direttore, come la fenice dei suoi conterranei che lo amano come un padre, lo rimirano come un angiolo. Tutti ne restano abbagliati, trasportati, storditi, entusiasti, i genitori di questi dintorni lo additano ai proprii figliuoli come un modello da imitarsi e vogliono che a lui si uniscano e quando li sanno con lui sono contenti.
Ecco, o compagni, ove cominciò quella missione straordinaria di zelo e di carità che lo rese una meraviglia del mondo. Fin da fanciullo la pietà dirigeva tutte le sue azioni : fisso sempre lo sguardo in Dio, alla sua gloria, alla salute dei suoi compagni con mirabile destrezza trova mezzi dolci ed efficaci per promuovere quella e procurar questa. Se noi lo sentivamo frequentemente esclamare :, da mihi animas, caetera tolle, gli è perchè nei suoi più verdi anni distaccò il cuore dal mondo per riempierlo di beni celesti. Se l'abbiamo veduto sempre imperturbabile tra le più fiere difficoltà ed opposizioni che in ogni genere si suscitarono per arrestarlo nella sua missione, gli è perchè temperò il suo giovane animo al coraggio, all' intrepidezza, alla costanza. Quella dolcezza che lo fece amare anche dai tristi, quella pazienza che gli fece sostenere le più gravi ingiurie, quello spirito di tenerezza e compassione che lo fecero proclamare angelo consolatore, provvidenza degli infelici, ebbero il loro principio ed esercizio frequento nella giovinezza. Ancora adolescente, senza mai inorgoglirsi dei suoi talenti, del suo non comune sapere, delle lodi che gli si prodigavano, fu studiosissimo di riferire ogni suo merito a Dio, datore d'ogni bene, gli consacrò il suo cuore verginale, e la sua vita fu così pura ed immacolata, da emulare la purezza degli angeli. E chi sa dirmi gli intimi colloquii passati tra il suo Dio e lui , le sue risoluzioni, i suoi progetti, le sue mire tutte rivolte alla divina opera di impiegare intera la vita nell'educazione della gioventù, di dimenticar se stesso per dedicarsi unicamente al bene altrui, di divenire un apostolo di carità ?
Attese dunque le virtù e le doti del suo grande animo giovanile, Egli s'innalzò al compimento di opere strepitose. Il giovane Bosco per la generosità del suo cuore, che confinava quasi coll' ardire, tanto piacque a Dio, che lo destinò ad essere il rigeneratore dei giovani, inveni David secendum cor meum. No, non si può rivocare in dubbio, che quel Dio il quale per esaltare la gioventù semplice e pia scelse già il casto Giuseppe per predire a Faraone la carestia che desolato avrebbe l' Egitto, il magnanimo Davidde per atterrare il gigante Golia che minacciava di distruggere il popolo eletto, il giusto Daniele per scoprire le insidie di iniqui calunniatori, così, dico, non si può rivocare in dubbio che non affidasse al modesto e coraggioso Giovanni Bosco il nobile mandato di provvedere, qual altro Giuseppe, di pane spirituale e corporale la gioventù specialmente abbandonata in questi tristissimi tempi, in cui la deficienza della religione l'avrebbe esposta alla morte dell'anima e del corpo, di atterrare come Davide i giganti infernali che vogliono perdere tante belle speranze della chiesa e della società, mostrare, novello Daniele, le insidie che i tristi tendono per perderla nel tempo e nell'eternità, e non lo destinasse, a somiglianza di Abramo, ad essere padre d'immenso popolo che lo benedirebbe in sempiterno.
Con quale slancio ed energia accettasse e compisse la nobile missione che Iddio gli affidava, non è mio incarico descrivere, nè di tanto sarei capace. Egli passò la vita nel fare del bene ; e chi potè tener dietro a tutti i suoi passi, enumerare i benefizii prodigati all'umanità, raccontare quanto di grande, di sorprendente, di maraviglioso operò ?
È dunque un omaggio che si tributa alla santità del giovane Giovanni Bosco, un vero stimolo al bene questo monumento, simbolo d'innocenza e delle più rare virtù. Esso predica ad ognuno quanto siano maravigliose le vie della Provvidenza la quale per operare strepitosi prodigi si serve di quello che il mondo ha di più meschino e più debole. Così vuole il Signore contrapporre in questo secolo all'irruzione del male un potente argine, un angelo buono che combatta l'angelo delle tenebre, un padre che salvi un mezzo mondo di infelici ; non lo sceglie tra i potenti, tra i doviziosi del mondo, ma lo cerca e se lo prepara in mezzo a gente semplice e povera. Sia pertanto questa lapide un ringraziamento che si porge all'eterno Iddio che colmò delle più preziose grazie la più bella età di Giovanni Bosco.
Essa lapide è altresì un eccitamento ai genitori di allevare nel servizio di Dio i loro figliuoli, affinchè il loro cuore, sgombro dal vizio, sia capace di udire le divine chiamate. Fu somma ventura pel nostro D. Bosco l'aver avuto una madre ricca delle più rare virtù. Rimasta vedova nel meglio degli anni, quando il suo Giovanni non ne contava che due di vita, rinunzia alle ripetute proposte di nuovo matrimonio per poter con maggior zelo custodire i due depositi che il Signore le aveva conceduti. Povera di sostanze, lavora giorno e notte per provvedere il pane ai due figli, mena una vita di sacrifizii per allevarli nella pietà e nella religione ; Dio la benedisse anche in questa vita, perchè potè gustare la pura gioia di vedere il suo primogenito Giuseppe un modello dei padri di famiglia, e Giovanni per vie ammirabili divenuto sacerdote e da tutti venerato come santo.
Infine le parole scolpite sopra la lapide sono un invito alla cara gioventù a seguire l'illustre esempio del loro glorioso conterraneo, a consecrare i loro primi anni a Dio ed adornarsi di virtù.
Castelnuovo, terra feconda d'ingegni eletti, di sacerdoti dotti e zelanti , di prelati cospicui, di personaggi illustri, rallégrati di questo figlio; egli rende il tuo nome glorioso. Possa tu continuare sì nobile vanto di dare alla Chiesa numerosi e degni ministri, ed alla patria cittadini probi ed intemerati.
Amici e compagni carissimi , noi abbiamo soddisfatto ad un bisogno del nostro cuore, abbiamo compiuto un giocondo dovere di riconoscenza e di giustizia, abbiamo onorato la virtuosa giovinezza. del nostro diletto Padre che, se ci fu rapito dagli occhi, non ci sarà giammai strappato dal cuore. Fu col massimo trasporto dell'animo che qua ci siamo portati come ad una religiosa solennità. Ritorniamo alle nostre case consolati e pienamente soddisfatti di questa cara funzione. La memoria di questo giorno non si cancelli dalla nostra mente.
Addio dunque, luoghi benedetti, che mi richiamate alla mente i singolari tratti di bontà del mio insigne benefattore. Questi filari di viti, questi prati furono già le cattedre da cui istruiva nei rudimenti della lingua latina i suoi primi figli che avviava alla carriera ecclesiastica. Tra il lavoro, nelle passeggiate, alle refezioni con pazienza ammirabile ci faceva scuola ripetendoci cento volte le medesime regole, rafforzate da frequenti esercizi , se occorreva, e avveniva di spesso , sino a che sapessimo dare la ragione, l'ultimo perchè delle nostre risposte. Quante volte pel timore d'essere interrogato mi teneva lungi dal mio buon maestro, ed Egli chiamarmi dolcemente e propormi latinetti da tradurre, nomi da declinare, verbi da coniugare. Sebbene fossimo tardi nell' imparare, non si stancava d'insistere. Addio, casa diletta, in cui ho ricevuto prove di paterna predilezione perchè mi infervorassi nel bene. Salutiamo tutti questi luoghi testimoni dei primi fervori di un angelico giovane, queste aure imbalsamate dalle più soavi fragranze di un purissimo giglio, e nutriamo speranza che la nostra umile lapide sia come una prima pietra di un grandioso monumento. I coraggiosi Salesiani, che hanno ereditato dal loro santo Fondatore lo spirito delle più nobili ed ardite intraprese, sapranno ben essi far sorgere sulla culla di Lui case di preghiere. Il suo degno nipote intanto ce la custodirà certo con quella cura che corrisponda al grande affetto con cui gliela affidiamo.
D. Bosco, sempre amato nostro D. Bosco, il Tuo nome dolce sulle nostre labbra come favo di miele, gradito all'orecchio come il suono delle arpe angeliche, dal cielo ove noi Ti crediamo già beato, gradisci questa umile dimostrazione filiale, e prega pel Tuo primo sacerdote, per tutti noi tuoi figli. affinchè Ti possiamo raggiungere nell'amplesso di Dio.
Dopo due anni di silenzio, rimettiamo mano a queste passeggiate, che D. Bosco ci aveva tanto raccomandato. È un' eco soavissima e gioconda di un tempo che era per noi così caro, e che, trascorso col più amorevole dei Padri, ci si dipinge alla mente ancora più bello, dopo che ci passarono quasi trent'anni. Sia questo come un tributo di riconoscenza che noi paghiamo così verso D. Bosco, che sapeva con tanta amorevolezza e sapienza farci passare quei giorni in santa allegria, che solevano essere per altri di pericolo e di rovina.
Questo po' di preambolo speriamo che ci scusa presso ai nostri Cooperatori e Cooperatrici, che sempre posero affetto alle sapienti industrie di D. Bosco per salvare la gioventù.
PERIODO II.
CAPO I.
incertezze sulle nostre passeggiate. - Chi va e chi non va. - Siamo per via e rumore che si produce. - A Pino Torinese.
Era l'anno 1859, l'anno famoso della guerra di Lombardia e delle gravi rivoluzioni di altre parti d' Italia. Quando ci siamo trovati al mese di luglio, secondo il consueto degli anni passati, si cominciava a guardar in alto, per indovinare qual tempo faceva : cioè si stava d'attorno al nostro buon padre, or con chiare parole, ed or con coperte, ora con altre maniere più o meno carezzevoli, per vedere se c'era speranza, malgrado quel continuo rumore d'armi e commozione di popoli, di fare un po' di svago nell'autunno, e poi, qualora si facesse, quale ne sarebbe stata la direzione.
Oh quanto si temeva, che la guerra, causa di tanti altri dolori ed inquietudini, venisse a guastare i nostri progetti, ad impedir le nostre deliziose passeggiate ! Crescevano troppo meglio i nostri timori vedendo l'aria misteriosa che prendeva D. Bosco, quando erane interrogato, e notando le sue risposte, ora di una parola, ora passando ad altro argomento ; a differenza di altre volte, elle, secondo il suo affetto, compiacendo sempre i nostri desiderii, ci faceva godere per anticipazione le soavità delle gite autunnali.
« Si andrà?
« Non si andrà?
« Eppur si deve far la pace !
« Anzi è già fatta !
« I Francesi se ne andranno?
« Mah !
« Partiranno oggi, anzi domani ! Doman l'altro ! »
Finalmente venne il giorno, benchè non proprio della pace, chè purtroppo la da tant'anni sospirata pace non si è fatta allora che a parole, ed intiera e completa si fa ancora desiderare. Ci fu una tregua tanto confidente, che D. Bosco, credo verso la metà di agosto, ci potè dire una sera, parlandoci dopo le preghiere, che la passeggiata si sarebbe fatta, anche in quell'anno, secondo il consueto, ma in modo insolito.
Quel giochetto di parole, di cui D. Bosco era alcune volte, per nostro divertimento, facile e industrioso maestro, ci fece doppiamente sorridere ed applaudire senza misura quanto cì si prometteva.
Che bei sogni nella notte ! Che care rimembranze ! Oh in quell'età così spensierata e gioconda, la più piccola e inavvertita soddisfazione produceva nell'animo nostro la più completa gioia. Anzi il maestro della nostra banda fu avvisato di pensarci per tempo, e preparare per i nostri piccoli suonatori una serie nuova di marcie , con qualche variazione, per meglio dilettare i paesi, che si sarebbero incontrati nel nostro itinerario. Si musicò pure per banda una Messa , un Vespro, e varii Tantum ergo, perchè D. Bosco ci diceva che le cose buone e belle piacciono a tutti. Alcuni poi dovevano pensare al teatro e preparare una piccola raccolta di drammi e di farse, da poter recitar due volte e più ancora in un medesimo posto, senza doversi ripetere.
Se ci aveste veduti ! Alternavamo alle ricreazioni le prove, e a queste le piccole scuole delle vacanze.
Al finire di settembre noi eravamo disposti a dare questo nuovo saggio di ricreazione autunnale ; e l' ora aspettata da tutti proprio con impazienza non poteva più ritardare.
Ma alla passeggiata doveva andare solo chi se lo meritava ; e per meritarselo non bisognava avere qualche cosa di scritto nel libro nero. E chi non ha il suo giorno cattivo ? Oh con quale ansietà, alla sera del venerdì antecedente la solennità della Madonna, si aspettava il superiore, che venisse a leggere dopo le orazioni una lista concertata con Don Bosco, che in quel tempo si trovava già a Castelnuovo !
Povere orazioni, come si recitavano con la testa piena del grande argomento ! Il desiderio poi di essere del bel numer'uno, faceva sì che anche le mancanze prendevano l'aspetto quasi di opere meritorie.
Dovevamo però intendercela con D. Bosco, il quale , col manto della sua carità, che, adoperata a tempo e con la sua prudenza, salvava noi poveretti e c' incoraggiava a far meglio per l'avvenire. Egli aveva fatto scrivere i nomi di certuni, che mettevan la speranza di sentirne di certi altri, che se avessero dovuto essi medesimi darsi il voto, forse non avrebbero osato farlo senza compromettere la loro modestia.
Ed era anche questa un'arte non solo pietosa, ma di quella santa furbizia, di cui abbiamo poi tante volte sentito a parlare, come di una cosa dell' altro mondo, ed in lui era tanto naturale. Così di fatto , senza ricorrere nè a castighi nè a rimproveri, egli riusciva a conquistare certi cuori riottosi ed impossibili altrimenti ad essere vinti. Oh di queste vittorie il nostro buon padre ne riportava sovente, e diciam quasi tutti i giorni e allora e più tardi. Se in quella sera si fosse potuto vedere e fotografare le fisionomie di quelli, che man mano erano chiamati, noi crediamo che basterebbe per uno studio completo per distinguere i caratteri umani. Poveri noi ! Quando nel nominare si arrivava ad una tal lettera dell' alfabeto, e qualcuno non si sentiva nominato, perdevane la speranza, abbassava la testa, brontolava sotto voce tra sé e sè... e poi se, come suole capitare, che non si fosse mantenuto l' ordine, sentivisi a chiamare , era un morto richiamato a vita.
« Son io , non è vero ? diceva al suo vicino, per assicurarsi di non essersi sbagliato. Ed il vicino pronto gli rispondeva
« Sì , sì , non dubitare , sei proprio tu il chiamato.
« Ah! ripigliava tirando largamente il respiro, e sai perché dubitava? »
Con questo spaghetto in cuore si andava a riposo. Non possiam descrivere le dolcezze degli uni e le pene degli altri : sappiamo solo che i più abbassavan il capo pensando che D. Bosco non poteva contentar tutti, e aveva dovuto far violenza al suo cuore, per tralasciar questo e quello... perchè lui avrebbe sicuramente voluto portar con sè tutto l' Oratorio. E con questi ed altrettali pensieri si andava in camerata, aspettando l'alba della dimane che ci doveva preparare alla gran camminata.
Al sabato mattino dunque, credo ai due o tre di ottobre del 1859, si partiva proprio da Torino per la volta di Castelnuovo e, a differenza di altre volte, con forma solenne, quindi per altri paesi.
A noi, senza esagerazione, ci pareva d'andare in capo al mondo. Dovevamo poi avere un poco di tutto. Oltre gli strumenti musicali, che ciascuno si doveva portare, compresa la gran cassa, ci erano ancora alcuni attrezzi per il teatro, alcuni pochi vestiarii, qualche cosa pel viaggio , per i casi imprevisti ecc. Ognuno poi doveva avere un piccolo fagotto, per cambiarsi lungo il viaggio, perché la parola d'ordine era, che la nostra escursione aveva a durare almeno quindici giorni.
La levata in quella mattina fu puntuale e rapida : alle ore sei avevamo già sentita la Messa , e raccolti insieme i nostri oggetti , aspettavamo nel cortile che la musica suonasse una marcia di saluto. Dalle poche officine di allora e dalle scuole quasi deserto uscirono i compagni che dovevano rimanersene ; e vi dico con un'aria, che lasciava trasparire il cordoglio, la pena, quasi l' invidia, non contro, ma verso di noi. Poveretti ! Ascoltarono così così la marcia di partenza per tanti di noi, che arzilli e lesti parevamo impazienti di prendere le mosse ; fecero sentire due o tre volte qualche augurio di felice viaggio, e poi stringendo in segno di commiato amorevolmente la mano a questo ed a quello, facevansi a memoria di coloro, con cui erano in maggior confidenza, con mestissime parole.
Addìo, sai ! procura di divertirti.
Riverisci D. Bosco da parte mia, e digli con quanto maggior piacere lo saluterei io in persona.
Oh colline , o vigneti di Castelnuovo , addio! Quest' anno non ci rivedremo : pazienza... ad un'altr'epoca. »
Nè mancava chi volesse fare l'indifferente, chi fingesse trascuranza, mentre moriva dalla voglia di tenerci compagnia. Eh! l'Oratorio fu, è, e sarà sempre un piccolo mondo, dove si rivelano con precisione i più varii e spiccati caratteri.
Ora si parte davvero ! Ciascuno ha ricevuto il suo viatico, cioè le sue pagnotte, un po' di cacio , due o tre mele , che sbocconcellando per via lo deve condurre fino a Chieri. I nostri buoni amici che rimanevano ci accompagnarono fin sulla porta dell'Oratorio, e di là con l'occhio fino allo svolto di via Cottolengo, e poi, ci figuravamo, silenziosi e colla testa a terra se ne tornavano i poveretti al deschetto o al banco della scuola.
E noi? Noi, giù poi viali, che ora si dicono della Regina Margherita, colla musica in testa che suonava, ridenti, giocondi, festevoli, con le più care speranze nell'animo. Allora noi camminavamo alla buona, e non si andava ancora a due a due e con passo quasi a battuta di musica. Ci pareva di poterne fare a meno, e Don Bosco, contento dell' ordine reale , si occupava punto punto di vederci in fila come un battaglione di soldati. Volea che l'ordine fosse nelle idee, nelle parole e nelle azioni, ma che poi mancasse nelle squadre non gli premeva tanto.
Noi avevamo allora le medesime idee: e solo molto tempo dopo si dovette cedere ed uniformarci al progresso che vuole così ; ma sappiamo però che Don Bosco ne sofferse, tempo dopo, come di un cambiamento di tattica e di strategia, e quasi come una rovina, che si voleva dare alla sua istituzione di famiglia. Ma si corre e bisogna che si lascino le altre osservazioni.
Quanta gente sul nostro passaggio ! Tutti vogliono sapere chi siamo, dove andiamo e che cosa si fa.
Chi dice che siamo un collegio in camminata; chi invece, che siamo una schiera di gente girovaga- e fannullona. Chi poi vedendo preti e chierici tra la carovana e tanti giovanetti col loro strumentino e strumentone alla bocca ci indovinò e diceva : « Sono i figli di D. Bosco ! » E qualche monellino gridava : « Oh ! li conosco io, li vedo tutte le domeniche. Oh eccolo là il mio catechista ! »
Intanto chi dalla porta di casa, chi sulla soglia dell'officina, chi dalla finestra, da tutte le parti era un guardarci, ascoltarci, sorri derci. Si vedevano molti artigiani anche coi loro strumenti di bottega accompagnarci con l' occhio e per qualche tratto , contenti di quella novità, che li toglieva da una monotonia sovente fastidiosa. A noi poi non pareva vero di disturbar tanta gente, ed essere osservati da tanti e per quelle vie che facevamo tante volte e così sovente, senza che nessuno ci guardasse. Nè si cessava la curiosità, nè diminuiva l'accorr'uomo fino a Po, anzi andava crescendo di mano in mano che cominciavamo ad allontanarci da Porta Palazzo.
« Guarda quei giovanetti come soffian bene ! Senti che armonia ! Ma poi, chi sono? » Così sentivamo tutti a ripeterci e davanti e di dietro e da ambo i lati dai curiosi accorsi al nostro passaggio.
Ed i nostri piccoli amici che ci correvan dietro eran ben contenti di poter soddisfare la loro curiosità, e si facevano belli col dire chi noi eravamo, che cosa si faceva e dove si progettava di andare.
« Fanno una passeggiata?... Don Bosco procura ad essi tanto lusso? Vorrei essere anch'io con loro! » Chi invece diceva: « Bravo, Don Bosco, fa bene a non tenere i suoi figli rinchiusi dell'Oratorio. Aria libera, ci vuole Viva D. Bosco. »
Intanto i nostri piccoli amici, che ci venivano dietro, ci accompagnarono fin sul ponte di Po, e quindi con un ultimo sguardo, fermandosi per non perdere, si direbbe, di vista la strada, e smarrirsi per Torino, poco pratici ancora delle sue vie, se ne stettero a sentire le ultime note della musica, per quindi rivoltarsi, se non negli amari passi della fuga, certamente in quelli fastidiosi del ritorno.
Che essi avrebbero goduto, che bramassero anche di accompagnarci in quel viaggio ignoto si vedea dall' occhio, dal volto, da tutta la persona.
Siamo finalmente fuori di Torino, la musica tace, gli strumenti si misero nella custodia, e si costeggia il corso ampio e vaghissimo del Po, sino alla Madonna del Pilone, e poi si comincia a salire. Chi aveva buona gamba correva, chi si mostrava deboluccio si trascinava, e chi già stanco dava segni di pena e di fiacchezza moveva con fatica le gambe. Ed eravamo sul principio ! Qui comincia una nuova manovra e tutta divertente. Per incoraggiarci alla salita, andavamo chiamandoci a vicenda ; e come l' eco ripercossa dalle varie cime delle colline si ode in alcuni casi tre, quattro o cinque volte, le voci dei compagni si ripetevano con gioia e tripudio, fino ai più tardivi, che acceleravano perciò il passo; e via.
O come si saliva allegri, come rapidi, come chiassosi ! E la stanchezza se n' andava col tempo.
Chi poi era meno spedito, trovava ancora la carità di qualche compagno, e sovente di qualcuno dei nostri superiori, che D. Bosco inviava a guidarci da Torino a Castelnuovo.
« Ma dove si farà un po' di pranzetto?
« A Castelnuovo !
« Dovremo marciare fin là? Non sai che sarà gran fortuna se arriveremo alle due od alle tre?
« E come si fa?
« Bisognerà che ci raccomandiamo al nostro stomaco, che non smaltisca troppo presto le due o tre pagnotte divorate in sul principio.
« Pazienza!... e sempre avanti.
Questi ed altri simili discorsi facevano alcuni, mentre i più serii guardavano con attenzione le varie ville che s'incontravano per via, e parean appiccicate su per la collina; o stavano fermi a rimirare con comodo Torino, che si allontanava già un bel tratto ; altri alzavano gli occhi per fissarli sopra Soperga, che pareva lì, lì, non più distante che pochi passi.
Ma intanto si saliva sempre. Ed ecco spargersi fra noi, come per incantesimo, la parola d'ordine che sulla spianata del Pino i più frettolosi avrebbero aspettati i più lenti, e che si sarebbe fatto forse un altro po' di asciolvere.
Ora presso chi? Ma come? Indovinalo grillo !
(Continua).
Addì 17 del mese di Ottobre, nella bella età di anni 71 moriva, dopo breve malattia, sopportata con esemplare rassegnazione, e consolata da tutti i conforti della religione la Signora Dam. PAOLINA. OCCELLETTI. La sua vita si può dire non fu che una serie di continue opere di beneficenza a pro dei poveretti. La sua casa era la casa dei derelitti, ed ella occupava se stessa nell' aiutarli e farli aiutare. Ella era nostra buona Cooperatrice, e mentre non dimenticava tra le altre cose le biancherie della Chiesa di S. Giovanni Evangelista e dell'Oratorio di S. Giuseppe, soleva prestarci un valido aiuto per preparare il fardello dei nostri Missionarii dell' America. Quest'opera della propagazione della fede tra gl'infedeli le era così cara, che non risparmiava nè fatica, nè spesa per favorirla. Fu per l'opera nostra una perdita grave.
Noi la raccomandiamo alla carità dei nostri buoni Cooperatori, sebbene siamo pieni di speranza che la pia Damigella a quest' ora abbia già ricevuta in Dio la ricompensa delle sue opere buone.
Metodo a tenersi nell'insegnare la Dottrina ai fanciulli per FRANCESCO DELLA VALLE, can. prevosto in Alassio.
L'Autore di questo libro, col metodo detto di fatto e di sentimento tanto raccomandato, fa precedere alle domande e risposte della Dottrina cristiana una esposizione delle verità che sono insegnate in essa. affinchè il fanciullo possa comprendere bene ciò che deve imparare a memoria e, più, esserne convinto. È lavoro fatto a comodo di quelli che insegnano la Dottrina cristiana. Con questo libretto si spezza , per così dire , il pane della parola di Dio che il catechista deve amministrare ai fanciulli. Il Vescovo di Albenga, Mons. Filippo Allegro, lo propone ai RR. Parroci siccome quello che potrà riuscire molto utile nell'esercizio pratico del loro ministero , e potrà giovare ad essi per
farsi aiutare in questo esercizio da buoni laici. Sarà anche un bel libro di premio ai fanciulli. Fu già molto apprezzato da tutti coloro che lo lessero. - Il prezzo è di 20 centesimi. Dirigersi alla Libreria Salesiana Torino.
Pregati annunziamo che la Direzione del Rosario, Memorie Domenicane venne trasferita da Ferrara a Roma. Perciò gli associati a detto periodico invieranno tutto ciò che la riguarda:
Al ROSARIO, MEMORIE DOMENICANE, Via Panetteria, 51 - Roma.
40 Ochs D. Vincenzo arcipr. - Bramo (Treviso).
41 Omboni Mons. Abbate Natale Vittorio Dott. Cav. - Mantova.
42 Pancani D. Giuseppe Rettore - Vaglia (Firenze!.
43 Parole Teresa - Cividale di Man. tova
44 Pasi i). Giuseppe - Mantova.
45 Porro Pellegrina - Ventimiglia.
46 Prone D. Biagio Filippo miss. apost. arcipr. - Sizzano (Novara)
47 Quattrini 1). Pio canon. - Montefano (Mccccrata).
48 Racina Lorenzo - Cavatore (Alessandria).
49 Rossi D. Benedetto parroco - Pie. tranera (Arezzo).
50 Rossi D. Francesco parr. - S. Quirino in Udine.
51 Rota D. Antonio - Casalmaggiore (Cremona).
52 Saletti Don Patrizio ex-parroco - Reggio Emilia.
53 Sarda D. Nicolò parroco - Nureci Cagliari).
54 Scozzoli D. Angelo parroco - Cuzzano (Firenze).
55 Tassinari Maddalena - Firenze.
56 Testa vedova Maria - Bra (Cuneo).
57 Vita Cav. Dott. Carlo - Montanaro (Torino).
58 Vivaldi prof, Vivaldo - Firenze,
59 Zoncu Don Salvatore parr. - Riola (Cagliari).
60 Zigliani Don Pietro - Forgaria (Odine).
1 Arrò D. Gabriele teol. - Roma.
2 Amadeo D. Leonardo Canon. Vicario For. - Porto Maurizio.
3 Albertino D. Antonio Teol. - Carmagnola (Torino).
4 Agnello D. Nicola Can. - Palermo. 5 Acciardi Mons. Gennaro Vescovo - Tursi (Potenza).
6 Babarovich D. Nicolò Parroco - Venezia.
7 Baldassari D. Gio. Datt. - Castel di Tora (Perugia).
8 Bellavito-Astorri Elisabetta - Venezia.
9 Bellegotti D. Francesco Parroco - Virgoletta Gassa Carrara).
10 Berretti Antonio - Solbiate Olona (Milano).
11 Beni D. Gaspare Rettore - Cascia di Reggello (Firenze).
12 Benvenuti D. Luigi - Custoza (Verona).
13 Bonino D. Giovanni Canon. - Fossano (Cuneo).
14 Brandotti D. Giuseppe - Cividale (Udine).
15 Brignardelli D. Salvatore Canon. - Palermo.
16 Bruno Antonio - Rubiana (Torino). 17 Cassinelli Maria nata Genesio - Castagnito (Cuneo).
18 Capinori D. Giovanni Curato - Casetto (Massa Carrara).
19 Cena Francesco - Chivasso (Torino). 20 Ciappei Giuseppe - Massa Carrara. 21 Corbetta Giuseppe - Dugnano (Milano).
22 Cremonesi Irene nata Scazza - Spinadeseo (Cremona).
23 Dal Puzzo D. Gio. Batta. Arciprete - Teolo (Padova).
24 D'Angelo D. Francesco Canonico - Palermo.
25 Del Rio D. Prospero professore - Reggio Emilia.
26 Faggian D. Orazio Arcipr. Vie. For- Chiampo (Vicenza).
27 Felizzati Maria vedova Garbasso - Castellamonte (Torino).
.28 Feraudi D. Antonio -Barge (Cuneo). 29 Ferrando Modesta - Genova. 30 Ferrando Giovanna - Genova. 31 Ferrari D. Barnaba Vicario - Venezia.
34 Galfione Alessandrina maestra - Portula (Novara).
33 Gandolfi D. Luigi Canon. - Acqui (Alessandria).
34 Gentili D. Giacobbe -Valle Gardumo, (Austria).
35 Ghilia Cav. Cesare - Torino.
36 Grisanti D. Angelo Arcip. Vie. For. - Gazzano (Reggio Emilia).
37 La Rocca Francesco Maria Duca di
San Lorenzo - Sciali (Siracusa). 38 Lazzarone D. Giuseppe Pievano - Illengo (Alessandria).
39 Locatelli D. Pietro Parroco di Cremeno (Como).
40 Marietti Carolina nata Villa - Borgo Vico (Como).
41 Marini Padre Luigi Missionario Oblato - Rho (Milano).
42 Martino D. Francesco Prevosto - Piscina (Torino).
43 Mazzola D. Luigi Teol. Canon. Arcidiacono - Casale (Alessandria). 44 Menapace D. Matteo Parr. - Valla Gardumo (Austria)
45 Miglio D. Gaudenzio - Conturbi& (Novara).
46 Mondine D. Salvatore - Palermo. 47 Oldano Leone - Grana Monferrato (Alessandria).
48 Pagliaro D. Antonio Parroco - Pianezze (Vicenza).
49 Paletto D. Carlo padre Filippino - Torino.
50 Paroncini D. Vincenzo Parroco - Apiro (Macerata).
51 Perin D. Giuseppe Cappellano - Selva di Trissino (Vicenza).
52 Perotti Pietro - Montaldo Dora - (Torino).
53 Pesaresi D. Venanzio - Castel San Venanzio (Macerata).
54 Pesce D. Stefano - Mombaruzzo (Alessandria).
55 Pini D. Alessandro Economo - Stadomelli (Massa Carrara).