ANNO V. N. 4. Esce una volta al mese. APRILE 1881.
Direzione nell'Oratorio Salesiano. - Via Cottolengo. N. 32, TORINO
SOMMARIO - Le grazie di Maria Ausiliatrice e regole per divulgarle legittimamente - La madre delle grazie e il mese di maggio - Chiesa del sacro Cuore di Gesù in Roma - Lettera Salesiana dall'Uruguay - Viaggio dei nostri Missionari - Biografia di Suor Virginia Magone - Storia dell' Oratorio di S. Francesco di Sales - La Patagonia e le terre australi del Continente americano - D. Gaudenzio - Biografia - Avvertenza - Indulgenze speciali pei Cooperatori Salesiani.
Ci stanno tuttora presenti alla memoria le grandiose feste, celebrate nel giugno del 1868 in Torino, nella fausta circostanza che fu inaugurato al divin culto il Santuario di Maria Ausiliatrice. Il concorso di un popolo immenso; le musiche che sapevano dell'angelico; i magnifici apparati che rapivano l'anima agli splendori immortali; le maestose funzioni onorate per otto giorni da sei Vescovi del Piemonte, sono cose che non si dimenticheranno più mai.
In quei giorni solenni i Vescovi di Casale, di Mondovì, di Alba e di Tolemaide fecero risuonare nell'augusto Tempio le lodi di Maria con una eloquenza pari alla loro pietà e dottrina; e Monsignor Ferrè, Monsignor Ghilardi , Monsignor Galletti , Monsignor Balma, in quell' occasione superarono veramente se stessi. Ma il discorso , che fra tutti ci rimase maggiormente impresso, fu quello che disse il 13 giugno, quinto del solenne Ottavario, Sua Eccellenza Rev.ma Mons. Lorenzo Gastaldi, allora Vescovo di Saluzzo, ed oggidì Arcivescovo di Torino. Testimonio oculare del modo maraviglioso , col quale si era incominciato , e in poco più di tre anni condotto a termine il gran Tempio in quel luogo stesso, dove poc'anzi non iscorgevasi che uno sterile campo; consapevole delle limosine che i fedeli vi avevano arrecato, tratti dai favori e dalle benedizioni innumerevoli da Dio ottenute ad intercessione di Maria, invocata sotto il titolo di Aiuto dei Cristiani, il sacro oratore nel suo mirabile esordio, sollevato uno sguardo alla maestosa cupola che gli torreggiava sul capo, e giratolo attorno alle gigantesche pareti, che raccoglievano migliaia di devoti, pendenti dal suo labbro, uscì in queste memorande parole : Sì, ogni pietra, ogni mattone di questa Chiesa segna una grazia di Maria Ausiliatrice (1).
Or bene, quella Vergine potente e pia, che con una serie di meraviglie aveva indotti tanti suoi figli ad innalzarle quel Sacro Edifizio, proseguì negli anni appresso a dispensare i suoi benefizi, e a dimostrarsi dei Cristiani vero aiuto e conforto. Oggimai le sue grazie sono giunte a tal numero, che il citato detto di Mons. Gastaldi, se nel 1868 poteva forse da alcuno credersi una espressione oratoria, ed una sublime iperbole, presentemente invece si deve da tutti ammettere per una pretta verità.
Testimonii dei numerosi portenti, riferitici da persone savie e timorate di Dio; testimonii dei sacrifizi e della generosità di chi ce li attestava a voce o per iscritto; testimonii assai delle volte di veduta , noi non potevamo tenere celati gli effetti della divina Onnipotenza, le prove della materna bontà e della valida intercessione di Maria , a pro della umanità sofferente. Il tacere in questo caso sarebbe stato un fare spalla agli eretici, che misconoscono il poter della Vergine a nostro vantaggio; sarebbe stato un mostrarsi non curanti della gloria di Dio e dell'augusta sua Madre; sarebbe stato un mettere in non cale il detto dello Spirito Santo, che fece scrivere essere cosa lodevole il rivelare ed annunziare le opere di Dio, affinché chiunque le conosca gliene renda tributo di adorazione e di lode: Opera Dei revelare et confiteri honorificum est (Tob. XII. 7). Per la qual cosa quasi tutti gli anni, ora nel Bollettino Salesiano , ora in appositi libretti , noi ne siamo venuti pubblicando alcune, scelte tra migliaia e migliaia, che ci venivano riferite. Questa pubblicazione tornò sempre gradita ai divoti fedeli, e servì ad eccitare nel popolo cristiano vie maggior fiducia ed amore verso la Santissima Vergine, e a tirare per mezzo di Lei molte anime a Dio , da cui eransi dipartite; e noi ne ricevemmo altissime lodi.
Ma bisogna pur dirlo: Queste pubblicazioni non andarono a genio di tutti , e vi fu taluno che cercò d'impedirle , prima col dichiararne i racconti indegni di fede persino umana, poscia col denunziarli all' autorità ecclesiastica, ed accusare noi medesimi siccome violatori delle sacre leggi. Ciò fu fatto certamente con buona intenzione, come vogliamo credere, ma ci obbligò ad una difesa, la quale ci apportò per altro un gran bene. Per tal guisa si avverò anche per noi quel detto, che non ogni male viene per nuocere; poiché per quella denunzia noi abbiamo avuto dall'autorità competente un' autentica istruzione, la quale ci ha ricolmi di gioia, in quanto che vi abbiamo appreso che noi avevamo sempre seguita la sana dottrina , e che infondate erano le accuse mosse contro del nostro operato.
Ora, siccome sta per vedere la luce nelle Letture Cattoliche un nuovo fascicolo di grazie, ottenute per invocazione di Maria Ausiliatrice, così , a fine di preparargli la strada, noi esporremo qui la dottrina della Chiesa, e le norme che si hanno da tenere in cotali pubblicazioni, e dimostreremo ad un tempo che noi le abbiamo sempre osservate , e le osserveremo , onde ogni fedele cristiano legga simili racconti con piena fiducia e tranquillità di coscienza.
Anzi tutto si ha da osservare che ai Vescovi e non ad altri appartiene nella Chiesa di Dio l'esaminare nelle forme canoniche, ed approvare colla loro autorità i nuovi miracoli, che diconsi operati dalla divina Onnipotenza, o per intercessione della Beata Vergine o dei Santi. Ma non sempre riesce opportuna , non sempre facile la formale inquisizione ed approvazione dei singoli fatti prodigiosi. Bene spesso questi fatti presentono soggetto e caratteri più di grazie, che di veri miracoli. Per altra parte l' esame esattissimo e rigidissimo, il quale esige la interrogazione dei testimonii sopra ciascun prodigio, sarebbe il più delle volte dispendioso , malagevole e quasi impossibile. Nel caso nostro, dalle innumerevoli relazioni, alle ci vengono trasmesse, si rileva che i divoti ottengono grazie da Maria Ausiliatrice nei loro stessi paesi, talora distanti gli uni dagli altri più centinaia di miglia. Ed in vero, noi vediamo persone dalla Vergine graziate nella diocesi di Acqui, Alba, Asti, Casale, Como, Faenza, Firenze, Genova, Milano, Novara, Piacenza, Pinerolo, Saluzzo, Siena, Tortona, Ventimiglia, Vercelli, Vigevano, e, per tacere di moltissimi altri luoghi, nella Sardegna, nella Svizzera, in Francia, e persino nell'America, come negli Stati Uniti e nella Repubblica Argentina. Ora, come si farebbe ad instituire L'esame esattissimo e rigidissimo sopra tanti fatti, e in così varie e remote parti del mondo ? Chi sosterrebbe le ingenti spese pei lunghi viaggi di tante persone da interrogarsi ed esaminarsi giuridicamente ? E il pretendere poi che si fatte grazie non si pubblichino, né si credano con fede neppure umana, se prima non siano state esattissimamente e rigidissimamente esaminate ed approvate dalla Santa Sede o dal Vescovo del luogo , non equivarrebbe egli precisamente a non lasciarle pubblicare giammai, o a doverle divulgare siccome fole? La Santa Chiesa non ha mai dato nè praticato questo insegnamento. Ond'è che a fine di poter pubblicare favori anche straordinarii, ottenuti per intercessione della SS. Vergine , non occorre punto un esattissimo e rigorosissimo esame, nè una formale ed autentica approvazione di ciascuno, ma soltanto l'esame e l'approvazione del libro in generale, che li contiene, data dal Vescovo o da un suo revisore.
Ciò posto , qual è la regola da tenersi nell' annuire a tali pubblicazioni ? Essa è quella medesima prescritta pei fatti prodigiosi dei Servi di Dio dal Decreto 23 Maggio 1668 della S. Inquisizione. Essendo stato proposto il dubbio, se prima di pubblicare libri contenenti azioni, miracoli , rivelazioni di chi era morto in fama di santità, si dovesse esigere dai Vescovi l' approvazione sulla verità dei detti miracoli, la S. Inquisizione rispose che per siffatte pubblicazioni non era necessaria l'approvazione delle singole azioni, rivelazioni e miracoli, ma che bastava l'approvazione del libro, colla protesta dell'autore, secondo la mente dei Decreti di Urbano VIII, 1625 e 1634. E vuol dire , che i Vescovi debbono bensì preventivamente rivedere ed approvare il libro , onde si produca alla luce scevro da ogni cosa contro la sana dottrina , e nulla contenga di strano , ridicolo o in opposizione alle comuni norme di buona critica; ma devono astenersi da ogni giudizio o positiva approvazione della verità dei presunti fatti miracolosi, che vi sono narrati, permettendo solo di stamparli e pubblicarli come narrazioni appoggiate sopra sufficienti prove di credibilità umana, le quali producano una qualche morale certezza , e colla protesta esplicita dell'autore, ordinata dai citati Decreti.
Questa regola è stata applicata dalla Sacra Congregazione dei Riti in alcuni ultimi Decreti di risposta a domande dei Vescovi, intorno a fatti prodigiosi di apparizioni e rivelazioni della Beatissima Vergine. Da Mons. Arcivescovo di S. Giacomo del Chilì si chiedeva, se l'apparizione di Maria Santissima a S. Pietro Nolasco nel coro di Barcellona sia autentica , e se i libri che ne parlano come di un miracolo si possano pubblicare (V. Breviario, 31 gennaio). La Sacra Congregazione ai 6 di febbraio del 1875 rispose: « Quantunque la memorata apparizione non sia stata dalla Santa Sede approvata , tuttavia non fu mai dalla medesima nè riprovata nè condannata, ma piuttosto licenziata a credersi piamente, con fede soltanto umana, secondo la pia tradizione, confermata da idonei testimonii e monumenti. Pertanto nulla vieta che in pari modo si permetta dal Rev.- Arcivescovo oratore, purché, trattandosi di un' opera da mandarsi alle stampe, vi sì apponga l'opportuna dichiarazione e protesta, secondo i Decreti della santa memoria di Urbano VIII ».
Pressoché identica è la risposta data dalla S. Congregazione , il 12 maggio 1877 , ad analoghe domande, fatte da alcuni Vescovi d'Europa e di America sopra gli avvenimenti miracolosi, specialmente dei celebri Santuarii di Lourdes e della Salette. « Tali apparizioni o rivelazioni, vi si legge , non sono dall'Apostolica Sede nè approvate nè condannate , ma soltanto permesse a credersi piamente con fede umana, secondo la tradizione che portano. Per la qual cosa nullaosta che i Vescovi si regolino nello stesso modo, fatta la opportuna dichiarazione e protesta , qualora si tratti di un' opera da divulgarsi colle stampe. »
Così per lo appunto si pratica dovunque ed anche in Roma. Nei ben regolati Santuari tutto giorno suole prendersì esatta nota di grazie, talora improntate anche dei caratteri di miracolo , che i fedeli in argomento di gratitudine vanno ad attestare di aver ottenute dalla celeste Regina , ed a confermarli ancora colla soluzione di spontanei voti. A tempo congruo si fa una scelta delle registrate relazioni meglio documentate, e se ne compongono edificanti opuscoli, che vengono stampati colla debita revisione e permissione della competente autorità ecclesiastica. L'esame dei libri in questi casi sta alla prudenza degli Ordinarii e revisori da loro deputati. Spetta ad essi aggiungere, togliere, correggere, variare tutto ciò , che giudicano opportuno ed inopportuno per la pubblicazione. Ma questo è un esame d'indole sommarìa, che torna sempre più facile , spedito e ristretto , che non il giuridico e rigoroso, quale si richiederebbe per l'approvazione positiva della verità dei singoli miracoli. Del resto poi, quando una o più persone oneste e degne di fede , a cui carico non esiste veruna presunzione in contrario, dichiarano di fatto proprio e di certa scienza, a voce o in iscritto, in modo più o meno solenne, di aver ottenuto dalla Beata Vergine speciali grazie e miracoli , sembrano questi potersi ritenere per sufficienti motivi di credibilità presso tutti i cristiani di buona fede.
Ma e gli increduli e i liberi pensatori che diranno? - Gli increduli ed i liberi pensatori rigettano e deridono egualmente , e colla medesima ignoranza e mala fede, gli stessi stupendi miracoli della divina Onnipotenza, accertati dalla pienezza di giuridiche prove irrefragabili, non esclusi i registrati nelle divine Scritture. Quindi per questi infelici va posto in pratica il consiglio: Non ti curar di lor, ma guarda e passa.
Venendo ora al caso nostro , nelle pubblicazioni di grazie fatte sin qui abbiamo noi praticata sempre questa dottrina di Santa Chiesa, ed osservatene le norme da essa prescritte? - Sì, noi le abbiamo praticate ed osservate sempre. Dal 1868 sino a quest'anno furono da noi stampati nove opuscoli contenenti narrazioni di grazie, ottenute dai fedeli per intercessione di Maria Ausiliatrice, e tutti nove portano l'approvazione dell'autorità ecclesiastica ora dì Torino , ora di Genova , secondo che uscivano o dalla tipografia dell'Oratorio di S. Francesco di Sales, o da quella di S. Vincenzo de'Paoli in Sampierdarena; tutti nove portano eziandio in principio od in fine la voluta dichiarazione o protesta dell'autore. - Che più? I detti fascicoli furono esaminati in Roma da persona appositamente ricaricata, la quale attestò che nell'insieme e nella sostanza non vi ha trovato nulla di riprovevole; testimonianza questa che ci fu di grande consolazione.
Ma i doni in danaro ed in oggetti preziosi, che affluiscono alla chiesa della Beata Vergine Ausiliatrice, non sanno essi di turpe mercimonio, come si volle far credere? - No, fu risposto; questi doni, come voti dei fedeli in seguito a grazie ricevute, nulla in se contengono di turpe mercimonio. Poichè essendo tutte oblazioni spontanee, elicite da puro religioso affetto di gratitudine , non sono che altrettante piove eloquenti della verità delle asserite grazie. Sono segnali ed attestati, che la divina Bontà sempre ed in ogni epoca sommamente aggradisce a gloria sua e ad edificazione del suo popolo. E per verità, si ammirano in tutti i Santuarii della Vergine SS. accumulati voti e donativi preziosi ed altre cose di tal fatta; come pure tabelle votive antiche e moderne, rappresentanti guarigioni ed altri successi miracolosi, fino ai recenti Santuarii, quali sono quelli di Lourdes e della Salette , sorti intieramente per una lunga serie intrecciata di prodigi e di larghe oblazioni dei fedeli beneficati.
Ci è adunque lecito e pur giocondo il conchiudere che pel passato noi abbiamo camminato nella retta via , e protestiamo che per l' avvenire vi ci atterremo ancora fedelmente. Imperocchè ben sappiamo che il vero modo di onorare e compiacere Maria, nostra generosa Benefattrice e dolcissima Madre, quello si è di mostrarci ossequenti alle prescrizioni della Santa Chiesa Cattolica, dataci dal Figliuol suo per nostra guida e maestra.
(1) In un libro stampato in quei giorni col titolo:-Rimembranza di zona solennità in onore di Maria Ausiliatrice, al capo XVII, pag. 61 , troviamo così compendiato il discorso di Monsignor Gastaldi : « Egli cominciò coll'esprimere la sua meraviglia nel mirare la novella chiesa innalzata alla Gran Madre di Dio, dove prima eravi uno sterile gerbido. Quindi si fece a raccontare in breve la storia degli Oratorii festivi e della Casa di Valdocco, che egli vide nascere e crescere sotto agli occhi suoi. Svolgendo poi lo scopo degli Oratorii e della Casa annessa , parlò della necessità di dare educazione religiosa alla gioventù, educazione che si può soltanto avere nella Chiesa Cattolica. Infine incoraggiava i Collaboratori a perseverare nelle opere buone, ed animava la straordinaria folla degli uditori a sostenere e promuovere questa istituzione, che loro avrebbe procacciato la benedizione di Dio e la riconoscenza degli uomini. » Parole bellissime , che non dovrebbero mai essere dimenticate.
Il fascicolo delle Letture Cattoliche del corrente Aprile, da noi sopra citato, porta il titolo La Madre relle grazie, ovvero Maria Ausiliatrice in ogni bisogno spirituale e temporale.
La lettura di questo libretto é molto acconcia a far concepire un'alta fiducia nella potenza e nella bontà della Regina del Cielo ; e perciò raccomandiamo caldamente ai Cooperatori e Cooperatrici che se lo vogliano provvedere, se pur non vi sono associati, che 1o leggano, e lo spandano eziandio tra il popolo. E questo, a parer nostro, uno dei migliori mezzi per ben onorare la Vergine Santissima , perché con esso si coopera a farla vie meglio conoscere, amare ed invocare da un maggior numero di fedeli, per ottenerne segnalati benefizi. Come una madre tutto amore pel suo figliuolo, vedendolo indebolito, desidera che a lei sen vada per essere confortato e ristorato; così Maria tutta amore per noi desidera che ne' nostri bisogni a Lei n' andiamo per aiuto e conforto. Ora, il mentovato libretto, provando ad evidenza con quanta prontezza Ella si lasci uscir di mano grazie e favori di ogni fatta non appena pregata, farà sì che molti fedeli a Lei ricorrano, e in tal modo sarà consolata la Madre, e ne avranno gran bene i figliuoli (1).
Oltre al leggere e diffondere l'annunziata operetta , raccomandiamo a tutti di celebrare con grande pietà e divozione il prossimo mese di Maggio. Niuno dei nostri Cooperatori e Cooperatrici ignora che esso é chiamato per eccellenza il mese di Maria, perché consacrato a glorificare in modo speciale e a compiacere questa eccelsa Creatura, nella quale Iddio profuse tanta bellezza, tanta innocenza e santità, che maggiore dopo Dio non può comprendersi, e niuno all'infuori di Lui può col pensiero raggiungere.
Di due sorta sono le pratiche che noi proponiamo ; le une generali, le altre particolari.
La prima delle pratiche generali sia di bandire da noi e dai nostri cari il peccato mortale , ed anche il veniale deliberato; imperocchè non si può onorare la Madre, offendendole il Figlio. - La seconda, di pregare, lavorare, ricrearsi in unione con Maria, offrendo a Dio per mano di Lei tutte le nostre azioni. A questo effetto gioverà l' immaginarsi sovente che Maria ci sia presente, ci assista, ci ascolti, ci guardi, ci accompagni, e rivolgerle di tratto in tratto qualche giaculatoria , come sarebbe : Maria, Aiuto dei Cristiani, pregate per noi, e ciò soprattutto al battere delle ore, e nei principali eventi prosperi od avversi. - In terzo luogo accostarsi ai santi Sacramenti ogni settimana, o almeno all'otto di maggio, festa del Patrocinio di S. Giuseppe castissimo Sposo di Maria, al ventisei, Ascensione di nostro Signore-, e nel giorno della chiusura del mese.
Le pratiche particolari sarebbero : 1° - Udire la Messa ogni mattina e farvi la santa Comunione se è possibile ; 2° - Prendere parte alle apposite funzioni, che generalmente hanno luogo alla sera in questa o in quell' altra chiesa ; 3° - Esporre in luogo decente nella propria casa un quadro od una statuetta della Madonna, in forma di altarino, adornarlo nel miglior modo possibile , e poscia ogni sera prima o dopo cena recitarvi, in comune con tutta la famiglia , una qualche preghiera , come per es. la terza parte del Rosario, o le Litanie, o almeno 7 Ave Maria. Se in casa vi sono fanciulli o giovinette, sarebbe ottima cosa l'incaricare or l' uno or l' altro di essi di aggiustare l'altarino , e fornirlo di bei fiori. Questo ossequio, mentre tornerebbe assai gradito alla B. Vergine, gioverebbe altresì a piamente educare i teneri cuori , e per tempo indirizzarli a Lei, che quale amorosa Madre va dicendo : Si quis est parvuluv veniat ad me : Chi è piccolo venga a me , e troverà vita e salute : Et inveniet vitam , et hauriet salutem a Domino.
Nel Santuario di Maria Ausiliatrice in Torino, il mese Mariano comincierà il 23 del corrente , e andrà a terminare colla festa titolare del 24 Maggio , la quale sarà quest' anno celebrata con pompa speciale, perché si compie il secondo Settenario dalla consacrazione del Santuario. Preghiamo i Cooperatori e le Cooperatrici di quella divota città a volervi prendere parte insieme coi membri di quel nostro Istituto, affinché l'ossequio a Maria lungo il mese , e sopratutto durante la novena, che incomincierà il 15 di Maggio, riesca più solenne ed accetto. A questo fine pubblichiamo qui l' orario delle funzioni , che hanno luogo nei giorni festivi e feriali.
ORARIO.
MATTINO.
Ore 7 1/2 Messa colla recita del s. Rosario ed altre pie pratiche con comodità di accostarsi ai SS. Sacramenti.
SERA.
Ore 7 1/2 Canto di una lode - Breve discorso - Benedizione col SS. Sacramento.
Nei giorni festivi le Sacre funzioni della sera cominciano alle 3 1/2.
Ogni volta che si assiste in questa Chiesa alla funzione del mattino si acquista un'indulgenza di 3 anni. Così pure si acquistano 300 giorni d'indulgenza ogni volta che si ascolta la Predica o il Catechismo colla recita dell'AVE MARIA prima e dopo. Tali indulgenze, applicabili ai fedeli defunti, furono concesse da S. S. Pio IX con decreto del 26 Febbraio 1875.
(1) Il fascicolo si vende presso la tipografia editrice di S. Vincenzo de' Paoli in Sampierdarena, e alla libreria Salesiana di Torino , al prezzo di Cent. 30 la copia , e di L. 24 per ogni 100.
Fin dal 1° di Agosto 1878 l' Eminentissimo Cardinale Raffaele Monaco La Valletta, Vicario di Sua Santità, dirigeva una Circolare in lingua latina ai Vescovi dell' Orbe Cattolico, a fine di promuovere collette per la edificazione del tempio in Roma al Sacro Cuore di Gesù. Ricevuto l'invito di concorrere alla santa impresa molti prelati si sono tosto fatta premura di sollecitare la carità dei fedeli alle loro cure affidati, diramando in proposito pastorali bellissime. In Italia sopra tutti si segnalò l'Eminentissimo Cardinale Lucido Maria Parocchi Arcivescovo di Bologna. La sua dotta pastorale, diretta al Clero ed al Popolo della sua diocesi, é degna di essere conosciuta. Noi le diamo posto nelle colonne del Bollettino, pieni di fiducia che essa sia per riuscire di gradimento ai nostri lettori, e di sprone efficacissimo alla loro divozione e carità, per venirci in aiuto al compimento del Sacro Edificio, stato da Sua Santità benignamente alle nostre cure commesso.
Noi LUCIDO MARIA del titolo di S. Sisto della Santa Romana Chiesa Prete Cardinale PAROCCHI per la grazia di Dio e della S. S. Apostolica Arcivescovo di Bologna, al Venerabile Clero e dilettissimo Popolo della Città e Archidiocesi Salute nel Signore.
I. Forse non mai sì profonda, come nel nostro secolo, fu veduta la contraddizione profetata a
Maria : Positus est hic in signum, cui contradicetur (Luc. II, 34). Da una parte l'odio irreconciliabile a Gesù Cristo. Non se ne tollera il nome sulle fronti degli edifici, nelle scuole e nei libri n' é impugnata la divinità, ne' privati ritrovi e nelle pubbliche adunanze é chiamato fra le bestemmie, da' sociali costumi n'è sbandita la ricordanza, quasi non n'avess'Egli, in cielo ed in terra, ristaurata ogni cosa: Instaurare omnia in Christo, sive quae in coelis, sive quae in terris sunt (Eph. II, 10). Dall'altra parte fede incrollabile e affetto capace di sacrifici. Forse l'epoca nostra, per numero e per fervore dei divoti a Gesù Cristo, gareggia con le più segnalate della storia eccle siastica. In ogni dove si risveglia lo studio di rigenerare lettere e scienze nella fede di Lui, è concorde per ogni dove il sospiro delle anime per vedere ribenedetta nel santo suo Nome la società marchiata d'apostasia, da tutti i lidi s'innalzano al Cielo gemiti inconsolabili per affrettare la venuta del regno suo, regno di verità e giustizia, d'amore e pace : Adveniat regnum tuum (Matth., VI. 10).
Di tanti pensieri ed affetti il centro posa nel Divin Cuore, oggi più che ne'secoli addietro manifestato svelatamente. Continuati pellegrinaggi ritrovano a Parais-le-Monial, quasi ancor fresche, le traccie delle apparizioni sue alla beatissima figlia del gran Salesio, sodalizi infiniti ne diramano il culto, l'amore, le glorie fino agli estremi angoli della terra, da esso move e diffondesi con le ali del fuoco l'apostolato della preghiera, né v'ha per avventura Diocesi, la quale non abbia preoccupato l' ardor della Francia a Montmartre, erigendo templi ed altari in ossequio del Sacro Cuore.
E Roma ? Fondamento, centro, anima della fede, Roma non é mai la prima a donare cittadinanza a devozioni, rispettabili sì, ma non per anco provate dall'esperienza. Le saggia con le norme della cristiana prudenza, le riscontra con le regole attinte dalla rivelazione, le disamina alla luce de' fatti ; ma deciso il voto, compensa l'indugio con l'inestimabile valore della sua autorità e l'efficacia dell'ineffabile sua parola, ricevuta con docile riverenza da trecento milioni d'uomini sparsi per tutte le regioni del globo. La prova non fu causata neppur dal culto esplicito del Divin Cuore. Roma volle misurare i passi prima d'accettarne la festa, rigettò lavori piuttosto ferventi che sodi, ma poi dispensò indulgenze, fondò Regolari Istituti, largheggiò i favori de' sacri riti, gli oracoli della Rivelazione interpretò per tutelare dal morso dell'eresia (Pius PP. VI., Bulla Auctorern Fideii in LXIII prop. Pseudo synodi Pistoriensis) la sentenza, che riconosce nel Cuore di Gesù il medesimo diritto all' adorazione, che é innegabile all' intero corpo di Lui, perché trae la sussistenza dalla persona stessa del Verbo. Era dunque desiderabile, era pressoché necessario un tempio in Roma, dedicato al Cuore Sacratissimo di Gesù Cristo, ed ora s'affretta a compiere le giuste brame dell'universo cattolico, in nome e con l'autorità del Regnante Pontefice, l'Em.mo Vicario Generale di Lui, il Signor Cardinale Monaco La Valletta.
2. Il tempio dovrà sorgere in quello spazio di Roma, che si distende fra S. Maria Maggiore e S. Lorenzo fuor delle mura ; vastissimo spazio qua e là ingombro da edicole protestanti, ma pur troppo non ancora occupato nel nome del vero Iddio. Ivi dunque molto opportunamente é stabilita la sede al nuovo tempio del Divin Cuore ; tempio voluto dall' amore che dobbiamo a Gesù Cristo, dalla devozione a Roma, dalla gratitudine all'immortale memoria del S. P. Pio IX.
L'amore a Gesù Cristo. - S'egli ama cotanto la Chiesa, quanto bene vorrà alla Metropoli che n'é il centro : e se d'amor tenerissimo Egli ama le Diocesi particolari, come non preferirà nell'amore quell'unica, dove, per la Sede di Pietro si raccoglie la vita della Chiesa Universale ? Quando rispondeva all'Apostolo - Vado a Roma per esservi ricrocefisso - Vado Romam iterum crucifigi - non solamente voleva indurlo a ricalcare le sue vestigie e affrontare generosamente il martirio, ma, assumendo come proprii i patimenti del suo Vicario, mostrava d'aver trasferito la stanza dell'amor suo dall'antica alla nuova Gerusalemme, dal colle di Sion alla Città de' sette colli, dalla sommità del Calvario a quella del Vaticano. Di qui s' inferisce l' immenso affetto del Salvatore alla Città, avuta in guardia da Lui, ed alla quale sembra ripetere l'assicurante parola - Protegam Urbem istam (IV Reg., xx, 6). E Roma alla sua volta glielo ha ricambiato con lo zelo del mantenere illibata la purità della fede, con la propagazione della gloria di Lui per tutta quanta la terra, con l'eroismo de'suoi Pontefici, il sangue de'suoi martiri, le valorose gesta dei suoi confessori, con le mille voci dei monumenti e l'impareggiabile grandezza della sua storia. Oggi vorrebbe Roma al Padre, allo Sposo attestare novellamente e riconfermare con nuovo pegno di tenerezza l' antica fede. Ma s'ella abbia uguali al desiderio le forze, m'appello a Voi, Venerabili Fratelli, amatissimi Figli, che dell' eterna città conoscete a fondo le condizioni. Ella invoca l'aiuto de'suoi figliuoli ; chi non accorrerà al grido di tanta Madre? Lo invoca nel nome di Gesù Cristo, cui sa gradito, come l'odor del timiama, il Santuario ideato sull' Esquilino Gesù Cristo medesimo invita, promettendo di tener fisso laggiù il più tenero sguardo degli occhi suoi, e colà volgere infaticato il più espansivo palpito del proprio cuore - Sanctificavi locum istum, ut sit nomen meum ibi, et permaneant oculi mei et cor meum ibi cunctis diebus (2. Paralip. VII, 16). Come dunque può amarsi fervidamente il Signore, e non curare un'impresa vagheggiata, caldeggiata da Lui medesimo ?
3. La devozione a Roma. - L'amore al Papa non può andare diviso dall'amore alla Diocesi, della quale essendo sposo particolare, é per ciò stesso Capo della Chiesa Universale. Chiunque ami il Papa, deve amare anche Roma, e chi l' odia o neglige, grado grado rovinerà nell'odio, o almeno nella trascuraggine del Papato.
Ma l'ideato Santuario è proprio utile a Roma? Quando si parla di Roma, la Città Santa, neppur dovrebbesi domandare, se le torni utile un Santuario. Tutte le zolle della sua terra, come intrise dal sangue de' martiri, degne sarebbero d' una pietra commemorativa, tutte meriterebbero d'essere colte a reliquie, secondo la sublime risposta di S. Pio V all' ambasciatore di Spagna. Però nel secolo nostro il criterio dell'utile è stato dal mondo applicato anche a Roma, ed Essa é sovente costretta a difendere e sostener la sua causa appunto da questo lato.
É utile un tempio cattolico in Roma, la Città regina dell'universo cattolico; utile in quel rione d'essa, dove gran gente, lontana dalle antiche ba siliche e dalle chiese, vive sitibonda della parola di vita in quelle medesime sponde, che ne difendono la sorgente? La Santità di Nostro Signore il Papa lodava molto opportunamente nel Capitolo Liberiano lo zelo dei divini uffici in S. Maria Maggiore, dove ne'dì festivi s'accalcano in tutte le ore del giorno i fedeli per ascoltarvi la santa Messa, partecipare de'Sacramenti, istruirsi alla divina parola. Ma forse i più non ci vanno ; e sia pure che molti s'astengano per malvolere, é però indubitabile d'altri assai, che non santificano punto la festa, per non averne facile l'occasione. I moderni usi cozzano frequenti volte con le pratiche della Chiesa : quindi necessità, che ad ogni momento i poveri schiavi del rispetto umano, le vittime del bisogno, o della prepotenza trovino ad ogni ora aperto il tempio, pronto il sacerdote, non difficile l'adito al tribunale della penitenza, non troppo lungamente aspettato il divin sacrificio. L' eroismo, calpestatore di tutti i riguardi, vittorioso di tutti gli ostacoli, essendo di pochi, non può presumersi in tutti.
E utile il Santuario di fronte alle conventicole dei Protestanti ? Ah ! dunque si lascieranno rubar le anime da chi le uccide con la menzogna, senza murare una fabbrica, donde levar la voce a sgomento delle incerte, a rimpianto delle tradite ? Si lascieranno le misere in preda al caso non impossibile di prendere per una Chiesa Cattolica un cenacolo di Novatori? vorrannosi abbandonare alla disperazione, facendole infilare una porta qualsiasi, purché appaghino la felice passione della preghiera ? No, anime illuse, non colà potreste spegnere la vostra sete ; in quelle gelide sale vi scavereste le vuote cisterne non capevoli d'acqua, (Hier. 11, 13) anzi berreste a larghi sorsi il veleno corrompitore del sangue, non che la vita, inghiottireste la morte. Meglio dunque, mille volte meglio rimanervi nelle vostre case a pregare soli, in silenzio, facendo oratorio domestico nel vostro cuore, che non metter piede là, donde nol ritrarreste libero da censure. Ma intanto voi, fratelli primogeniti della stessa famiglia, avete diritto di tendere le mani supplichevoli a fratelli secondogeniti, per implorarne soccorso. Non potranno rifiutarlo a voi senza rifiutarlo a Cristo.
E il Cuore di Lui, anelante a versar grazie generosissime sulla sua Roma, perché trattenerlo? Ah ! se due giusti invece d'un solo, avessero interceduto per la Pentapoli, fors' era salva. Mosè e Paolo, con l'ardire delle proteste, a infiniti del loro popolo impetrarono il momento della misericordia. Il Cuore di Gesù aspetta sospirando le preghiere de'suoi fedeli. O Roma ! t'invidia ogni bene chi ti contrasta il possesso di sì gran bene.
4. La gratitudine a Pio IX. - A questo Pontefice di immortale memoria il nuovo tempio dovrebb'essere il più degno e splendito monumento. I Papi, calati nel sepolcro , si contentano d' una pietra che li ricordi alle preghiere dei vivi. I pochi onorati di sarcofago sontuoso, lo debbono per lo più a superstiti riconoscenti, non alla volontà propria, fissa piuttosto a eternare le sante opere, spesso iniziate appena nel breve giro di anni passati sulla cattedra di S. Pietro.
E la bell' anima di Pio IX, che lasciò a San Lorenzo presso il Campo Verano, non lungi dalle ceneri de' figliuoli, il deposito della sua salma, deposito modesto anche per un privato, non sorriderà dal cielo sopra il Santuario, destinato ad infuturare l'opera della sua vita ? Egli é vissuto per il Cuore di Gesù Cristo. Se può chiamarsi a diritto il Pontefice dell' Immacolata e di S. Giuseppe, ad egual ragione gli dev' essere conceduto il glorioso titolo di Pontefice del Sacro Cuore (1). La vita pubblica e la vita privata di lui, contemperate in perfetta armonia, rendevano come visibile lo spirito di Gesù Cristo, del Cuore amabilissimo sopra tutti arieggiando le virtù e i sentimenti. Forte e mansueto, umile e generoso, fermo nella santità del diritto, ed alle sventure, alle debolezze, agli errori ammendati dal pianto arrendevole, condiscendente fino al prodigio, ben può affermarsi di Pio IX, che avesse il cuore espressamente ritratto da quello di Gesù Cristo. E però gli diede la segnalata gloria di ricevere dedicata novellamente al culto dell'amor suo quella diletta Sposa, ch' eragli scaturita con l' acqua e il sangue dall'aperto costato. Con quale allegrezza il Divin Salvatore additerà a'pellegrini il fedele servo, l' amico intimo del suo Cuore dal trono delle misericordie, voluto erigere nella sua Roma, e con quale vena d'affetto ripeterà, a stimolo d'opere generose, l'antica promessa : - Quicumque glorificaverit me, glorificabo eum (1 Reg. II. 10) - chi avrà glorificato me, io in ricambio renderò gloria a lui ? O sarà così presto cancellata dagli uomini la benemerita memoria di quel gran Papa? Se fosse possibile altrove, non avvenga però di Voi tanta infamia, incliti Bolognesi. Pio IX v'amava di tenerissima dilezione, pensava con paterna sollecitudine a'vostri poveri, qui asciugava torrenti di lagrime, e se alla bontà del cuore di lui la nequizia de'tempi non avesse opposto un muro di bronzo, maggiori e più segnalate prove si sarebbero ammirate della sua incomparabile munificenza. Ora si veda in pratica la vostra figliale riconoscenza, e il vostro obolo al Santuario del S. Cuore in Roma venga a testimoniare l'amore che portate all'Uomo-Dio, la devozione a Roma, la gratitudine a Pio IX.
5. Prima di finire, mi rivolgo a Voi, Venerabili Confratelli e Cooperatori miei nella cura delle anime, all' attività, allo zelo vostro raccomandando l'onorevole impresa. Quale sicuro pegno delle infinite grazie, a Voi ed alle vostre parrocchie preparate dalla generosa riconoscenza del Divin Cuore, vi consegno l'Enciclica del S. Padre all'Episcopato scritta in occasione del suo esaltamento alla Cattedra di S. Pietro, Enciclica tanto degna d' essere conservata ne' vostri Archivi e presa in argomento delle più serie meditazioni ; e con essa v' invio la lettera della Santità Sua all' Em.mo Card. Vicario intorno all' insegnamento del Catechismo. Dallo studio di questi sapientissimi documenti dedurrete il proposito di concorrere, quant'è da Voi, nel vasto disegno di quella Mente Maestra, adoperandovi con industria perseverante nel disimpegno de'vostri benemeriti ministeri. Vi sia specialmente cara la dottrina cristiana. Vorrei scrivere questa raccomandazione nel cuore a caratteri di sangue, vorrei caldeggiarla con la pietà e forza del nostro Santo Patrono, così m' è fissa nell' animo la persuasione, che dall'insegnamento del Catechismo dipende l'avvenire della società moderna. Che il Santo omai vicino ad essere solennemente commemorato , a me impetri ed a voi la grazia d'incarnare nel fatto un sì prezioso convincimento. Non vi spauri l'abbandono de'piccoli e degli adulti : fossero pur due soli, non cedete l'ufficio, non ismettete l'esercizio del dovere, quale é intimato dal Tridentino, e il Signore compenserà le vostre fatiche, secondo l' affetto, se mai talvolta aveste a piangere sulla sterilità dell'effetto. Ma le vostre lagrime feconderanno i manipoli della gloria: Euntes ibant et flebant mittentes semina sua.- venientes autem venient cum exultatione portantes manipulos suos (Ps. 125, 6).
Questa gloria imploro a voi ed ai vostri amatissimi Figli benedicendovi tutti nel nome adorabile del Padre, del Figliuolo e dello Spirito Santo.
Dal Nostro Seminario nella festa di Maria Santissima Addolorata, 22 Settembre 1878.
LUCIDO M. Card. PAROCCHI Arciv.
(1) Estese l'ufficio e la messa del S. Cuore all' orbe cattolico, con decreto della S. Congr. de'Riti, dato il 23 Agosto 1856 ; sollevò all'onor degli altari nel 1861 la B. Margherita Maria Alacoque ; il dì 27 Luglio 1866 approvò l'Apostolato della preghiera ; e intimò nel 1875 la consecrazione della Chiesa Universale al Divin Cuore, della cui manifestazione alla B. Margherita cadeva in quell'anno la seconda solennità centenaria.
I nostri confratelli americani sono oggimai così carichi di lavoro, ed assediati dalle occupazioni, che non trovano più neppure il tempo di mandarci delle loro notizie con quella frequenza, con cui prima solevano. I mesi di gennaio e febbraio sarebbero stati per essi tempo di vacanza, ed avrebbero potuto appagare i loro ed i nostri voti, ma di questo tempo si servirono per raccogliersi in una o nell'altra Casa per attendere agli Esercizi spirituali, onde scuotere dal loro spirito la mondana polvere, che poté esservisi posata, e intanto rinfrescare le forze, e riprendere lena pel nuovo anno scolastico. Una lettera tuttavia ci arrivò poc'anzi dall' Uruguay, la quale è del tenore seguente.
Dal Collegio Pio di Villa Colon; 7 febbraio 1881. amatissimo PADRE IN G. C.,
Siamo qui riuniti pei santi Esercizi spirituali, dettati da D. Costamagna nostro carissimo Ispettore, e dall'illustre Mons. Pietro Ceccarelli. Avrei un cumulo di notizie a darle, tutte buone e consolanti ; ma sono così pochi i momenti di libertà, di cui posso disporre, che già prevedo di dover sorvolare sopra parecchie cose. Ecco adunque in breve.
Ai 15 del corrente apriremo il nuovo corso accademico , e per la grazia di Dio vi abbiamo moltissimi allievi inscritti. Mediante i possenti aiuti di Donna Sofia abbiamo superata la crisi, e posto mano a miglioramenti che erano indispensabili. Prego la S. V. a volerle scrivere e ringraziarla per tanta protezione. Essa è una santa donna.
A Las Piedras s'inaugureranno le scuole nel giorno medesimo. Non si é ancora pubblicato nulla intorno all'Opera di Maria Ausiliatrice per la vocazione dei giovani adulti allo stato ecclesiastico, e ciò non di meno abbiamo già inscritto un buon numero di giovani di ottime disposizioni e di grandi speranze. Li accettiamo in gran parte gratis , o a modicissima pensione , ed essi ci compensano col prestarsi ai piccoli bisogni della Casa e della Parrocchia , e studiano nelle ore libere.
Il giovane aspirante, di cui le scriveva, l'ho mandato alla Casa di Buenos Ayres per la prova. Ma a dirle il vero, amato D. Bosco, mi parrebbe assai conveniente che questa prova si potesse fare qui nell'Uruguay. Ritenga che a Buenos Ayres gli Orientali non vanno volentieri per certe radicate antipatie di nazionalità. Oltre a ciò ogni viaggio costa più di cento franchi. Vedo poi per esperienza che vocazioni da provare ne avremo qui sempre un buon numero.
Nel mese scorso sono stato a S. Nicolas per tenere compagnia a Don Costamagna nel dettare gli Esercizi ai confratelli. Rinforzato un poco il personale, e soccorso di maestri, quel Collegio promette assai, e vi é tutto a sperare che particolarmente quest'anno riuscirà benissimo.
Ritornando da S. Nicolas m'imbarcai a Buenos Ayres per la colonia del SS. Sacramento, di dove attraversai grande estensione di terra , passando pel Rosario e per S. José, e discendendo a Las Piedras e a Colon. Ho intrapreso questo viaggio con l'intenzione di esplorare terreno adatto alle opere nostre. Deve dunque sapere, o caro Padre, che nel territorio del Rosario Orientale si é fondata una prosperissima Colonia di Piemontesi delle valli di Pinerolo e di Cuneo ; ma disgraziatamente vi predominano i Valdesi, o Barbetti. Costoro hanno costrutto il tempio , hanno ministro protestante, e fanno una propaganda fanatica. I Cattolici hanno gettate le fondamenta di una Cappella, ma senza appoggio e senza guida sono rimasti lì. Sui confini di questa numerosissima Colonia Piemontese se ne fondò un'altra non meno grande, composta di Svizzeri e Tirolesi, cattolici e protestanti ; ma qui i cattolici hanno il sopravvento. Fecero una bellissima Cappella ; ma... da tre anni cercano invano un Sacerdote, il quale deve sapere anche il tedesco. Ora una piccola Casa Salesiana in quel punto sarebbe non solo utile, ma necessaria. Basterebbero due Sacerdoti con due maestri. Essi assisterebbero ai bisogni spirituali delle due Colonie, aprirebbero scuole, darebbero missioni , farebbero catechismi e simili. La Colonia ci offre la Cappella e L. 300 al mese; foss'anche un solo Prete. Oltre a ciò il Vescovo mi promise di erigerla in Parrocchia, ed in questo caso si aggiungerebbero altre risorse a vantaggio del Collegio e per impedire la propaganda dell'eresia. I Figli di S. Francesco di Sales, del grande Apostolo del Chablais, avranno essi il cuore di rifiutarsi a questa impresa ?
Dal Rosario passai a S. José. E questa la seconda città della Repubblica, dopo Montevideo, ed é anche la meno irreligiosa. Ma possiede una sola chiesa per 12 mila abitanti interni, e 10 mila nei dintorni. Non vi é nessun Collegio che inspiri confidenza ai buoni, che tutti sospirano ed invocano i Salesiani, per mettere un argine alle scuole atee che pullulano , e per frenare la corruzione, che si spande rovinosamente. La gioventù vi é affatto abbandonata. Rifletta, caro Padre, che in questa Repubblica l' aprire un piccolo Collegio è la cosa più facile del mondo. Qui non si esigono patenti o diplomi, non sono necessarie formalità di nessun genere. Non si richiede né latino, né greco, né letteratura. Le scuole devono essere elementari e commerciali, e le materie d' insegnamento si limitano alla grammatica, contabilità, geografia, lingue e poco più. Chi volesse fare studii superiori s'invierebbe al Collegio Pio, il quale avrebbe così vita assicurata, ed un grande contingente di allievi nei corsi superiori. Collocato il Collegio in città avrebbe un gran numero di alunni esterni. L'Oratorio t'estivo vi attirerebbe tutti i fanciulli, e in poco tempo si otterrebbero risultati immensi per la maggior gloria di Dio e per la salute delle anime. E per l'impianto ? - Coll'aiuto della Vergine, che non mai ci abbandonò, io cercherei di comperare terreno e casa, e vi é già chi mi ha promesso appoggio e protezione. Pel personale la cosa non sarebbe neppur seria. Se dentro 4 mesi potessi avere quattro maestri e due Sacerdoti io potrei inaugurare le due Case : La colonia, Nueva Helvecia, e S. José. Sono piani arditi, ma ridondano a tanta gloria di Dio, che vi é tutto a sperare che Egli ci appianerà la via, rimovendo ogni difficoltà.
Vi è anche un buon Parroco della Repubblica sui confini del Brasile, il quale offre case per noi e per le Suore ed ogni altro mezzo ; ma é troppo lontano, e per ora sospendiamo, perché abbiamo già troppa carne al fuoco. Ella, caro Padre, ci ottenga da Dio fiamme di ardentissimo zelo per farla bollir bene.
Ai Santi Esercizi prendono parte con noi già 8 aspiranti. Don Costamagna e Mons. Ceccarelli ne sono molto contenti.
Aspettiamo con una santa impazienza i nuovi aiuti, che ci ha promessi. Essi saranno per noi una vera provvidenza. Tutti la salutiamo di vero cuore, e prostrati in ispirito ai suoi piedi le domandiamo che ci benedica.
Suo Aff.mo figlio in G. C.
Sac. LUIGI LASAGNA.
Diamo i particolari del viaggio dei nostri Missionarii e Suore da Genova a Gibilterra, e di qui al Capo Verde; anzi ce li danno eglino medesimi colle lettere seguenti.
Da Genova a Gibilterra. Gibilterra, 14 Febbraio 1881. Caro Signor D. Rua,
Come a quest' ora saprà , partimmo da Genova il 3 del corrente al cader del sole; i destinati per l'Uruguay e noi per Utrera in numero di 17, sul piroscafo Umberto I, e i diretti per Buenos Ayres e Patagonia in numero di 6, sopra il Sud America. Salutammo questi ultimi in porto , che salparono quasi due ore prima di noi, augurandoci reciprocamente una buona navigazione. Il tempo era bellissimo e tranquillo il mare, sicché potemmo all'indomani approdare al porto di Marsiglia allegri come quando eravamo partiti, senza scherzi pel solito male. A Marsiglia dovemmo rimanere ancorati tre giorni ; anzi ci toccò di entrare nel bacino e metterci a secco, onde cambiare l' elice. Perciò il sabbato mattino (5) scendemmo a terra , e ci portammo al nostro Oratorio di S. Leone , dove alla sera arrivò pure da Nizza D. Bosco, che da Genova era partito un giorno prima di noi per via ferrata. Alloggiammo un giorno o una notte in quella nostra Casa, e Don Bologna quantunque piccolo ci si dimostrò grande in bontà ed amor fraterno. Che consolazione per noi Salesiani ! Lasciammo, è vero, dei confratelli in Italia, ma ne trovammo altri non meno affettuosi in Francia; lasciamo questi pur anche, ma ecco altri che ci attendono altrove , e dove non sono Salesiani, sono nondimeno nostri benemeriti Cooperatori e Cooperatrici , che ci amano prima di averci veduti.
Domenica a sera (6) verso notte ci restituimmo a bordo, e D. Bosco ci volle accompagnare per visitare il bastimento, e raccomandarci in persona al Comandante. Tirava un vento furioso che scuoteva persino le piante , e D. Bosco tenendosi il cappello con ambe le mani tirava innanzi, facendoci ridere colle sue lepidezze. Tra mille pericoli , tra ponti e travi pei lavori di riparazione giungemmo incolumi al bastimento. D. Bosco fu accolto dal sig. Erasmo Piaggio proprietario dell'Umberto I, dal Capitano e da altri ufficiali, con dimostrazioni di stima e di venerazione non comuni. Si conversò per circa un'ora, e il sig. Piaggio, non solamente cortesissima persona, ma buon cristiano, pieno di entusiasmo al racconto delle opere Salesiane in Europa ed America, accettò con gratitudine di essere nostro Cooperatore. Il Capitano alla sua volta si rallegrò altamente nei sapere che D. Bosco era più Capitano di lui , annoverando sotto i suoi comandi un numero di sudditi di assai lunga maggiore. Padrone, Capitano, ufficiali lo accompagnarono poscia a visitare il compartimento a noi destinato, e gli promisero che ci avrebbero trattati sempre come suoi figli carissimi. Finalmente ivi raccolti Salesiani , Suore e molti passeggieri, ascoltammo gli ultimi avvisi di Don Bosco , e inginocchiati ricevemmo la sua paterna benedizione ; benedizione , che commosse gli astanti, e scese sino ali' intimo del cuore di tutti i suoi figli, molti dei quali si rassegnavano a non più vederlo che in Paradiso. Essendo notte avanzata, ed infuriando sempre più il vento, scortammo D. Bosco, il sig. Piaggio da un lato e noi dall'altro, mentre il Capitano dirigeva i passi, e con tutte le possibili precauzioni si giunse sani e salvi al molo, dove provvidenzialmente era giunta una vettura menando un passeggiero. Dico provvidenzialmente, perché sarebbe stato disastroso per D. Bosco il ritornare a casa a piedi in quell'ora e in mezzo a quella terribile bufera.
Il domani (lunedì 7) il passammo ancora in secco ; ma nella notte, terminati i lavori dell' elice, si diede corso all'acqua del mare nel bacino per mezzo di quattro cataratte , che mettevano con tale impeto, da darci una viva immagine di quelle , che ruppe il Signore per rimondare la terra. Alle 4 del mattino del martedì uscimmo dal porto di Marsiglia in direzione a Barcellona. Sino allora i nuovi viaggiatori non avevano ancora provate le furie di Nettuno, il quale ci attendeva nel golfo di Lione. Quivi, cavalloni e vento, vento e cavalloni , fiere onde che s' infrangono con altre onde , e che tutte si rompono contro i fianchi della nave più fiera di loro, i marosi che ci assalgono di prora quasi per impedirci il cammino, altri che ci spingono da poppa, lo scuotimento delle antenne ed il fischiare delle sarte, e via dicendo , fu tal cosa, che spazzò in pochi minuti la tolda, e ci fece rintanare nelle nostre cabine ed accovacciare nelle cuccette. E poi? e poi quasi tutti costretti a trar fuori il nostro obolo dall'interno, e pagarlo a Nettuno inesorabilmente duro e barbaro.
A Barcellona entrammo ad ancorare in porto la sera dello stesso giorno. Si lavorò tutta la notte e tutto il mercoledì a fare carico. Quindi alcuni di noi, tra i quali D. Piccono, D. Branda, D. Pane ed io scendemmo a terra, e visitammo la veramente ammirabile antichità della Cattedrale , lo scurolo di sant' Eulalia ed il Crocifisso salvato alla battaglia di Lepanto. Nella sera del mercoledì al chiarore della bianca luna si fece vela per Gibilterra. Per via incontrammo di bel nuovo Eolo furioso nel golfo di Valenza, che ci dondolò tutta la notte, e ci condannò al digiuno una intiera giornata. Nella notte dal giovedì al venerdì dell' undici restammo sepolti nella nebbia, che fece rallentare il corso, e fischiare tratto tratto la macchina, onde avvisare i battelli del suo passaggio, ed evitare scontri probabili e disastrosi, simili a quello toccato l' anno scorso all' Onde Joseph presso la Spezia, stato rotto in due parti, precipitando a fondo i poveri passeggieri , che nello spazio di tre minuti passavano dal sonno alla morte. In tutto questo tragitto noi potemmo celebrare la santa Messa ogni mattina , e dare la Comunione alle Suore e confratelli Catechisti. Nel resto della giornata si prega , si legge un poco ,, si passeggia molto e si mangia quando si può. E' la vita del Miclas, mangé, beive e andà a spass. Nulla di serio si può fare in bastimento. Si diventa ragazzi e sfaccendati , e per giunta ridendo ognuno più o meno sul conto dell' altro, quando si è colto a fare le smorfie nantiche.
In 48 ore da Barcellona ci trovammo nella baia di Gibilterra. Pranzammo ancora una volta tutti insieme la sera del venerdì (11), fermi ed ancorati in porto; e a notte inoltrata ci demmo l'addio vicendevole, invocando propizia la stella del mare, Maria, ai cari confratelli e consorelle che proseguivano pel grande Oceano, quali per Montevideo , quali per Buenos Ayres e Patagonia. Questo fu il quarto ed ultimo distacco ancor esso assai doloroso. A Dio non isfugge neppure una delle nostre pene , e speriamo che pur di quella ci darà in Cielo la promessa ricompensa.
Presso le undici di notte scendemmo , i sette destinati ad Utrera, dall'Umberto in fragile barchetta. La luna rischiarava di mesta luce la omai silenziosa baia. La marea era alta ; cozzavano le onde del Mediterraneo con quelle dell' Oceano , spruzzando abiti e bagagli, ed in mezz'ora fummo al molo. Ma qui una sorpresa. La scolta inglese arresta il nostro sbarco, se non presentiamo un permesso scritto dal governatore della piazza. Noi credevamo di averlo questo permesso, ed in realtà non l'avevamo. Un ufficiale dà la voce all'altro, si raccolgono i soldati di picchetto, e con gentilezza in ;lese , ma insieme con freddezza scozzese, discutono la nostra entrata. Gibilterra é fortezza inglese. Alle 6 1/2 di sera tuona il cannone, e più nessuno vi penetra senza un passo firmato con nome e cognome del transeunte. Era mezzanotte ; soffiava il vento ; e noi ci trovammo una schiera di preti di fronte ad un picchetto di soldati, ed io per soprappiù inzuppato d'acqua fino al ginocchio, per aver sbagliato il salto dalla barchetta allo scaglione del molo, provando una volta di più che i pericoli più gravi sono sempre allo sbarco nei porti, perché uno si crede già in terra quando invece é ancora sul mare. In grazia dei buoni uffizi del sig. Corsi Genovese, e rappresentante del sig. Piaggio, che diede garanzia di noi, potemmo alfine, passando per mezzo a cannoni , granate e sentinelle, entrare in città, e poco dopo dormire
Gibilterra, anticamente Calpe, é una delle così dette colonne di Ercole, che guarda il passo dell'Atlantico, e sta dirimpetto all'altra colonna del vicino monte africano, chiamato Abila. Ha tre miglia di lunghezza, e 500 metri di altezza, e sta unita alla penisola Iberica per una striscia di sabbia. La città siede in grembo allo scoglio con 16 mila abitanti , tra cui due mila che vanno e vengono, e 6 mila soldati. Ha ùna piccola Cattedrale pel Vicario Apostolico (ora defunto), e due altre chiese cattoliche. La popolazione quasi tutta cattolica parla la lingua spagnuola, ed ha gli usi, e costumi di Spagna. Ama e saluta à los Padres, ossia i Sacerdoti. La lingua ufficiale è l'inglese. I soldati cattolici ed acattolici salutano il Prete, e le sentinelle gli presentano l'arma. Tutto il clero Gibaltrino si conta con le dita delle mani. E molto buono e pio, e vive in canonica a modo dei primi tempi. Monsignor Narciso Pallares é un vecchietto simpatico , e fa da Vicario Capitolare. Appena seppe che eravamo Salesiani ci diede l'abbraccio fraterno. Dalla Rivista popolare di Barcellona era informato di D. Bosco e delle cose Salesiane quanto noi medesimi. Dovendoci fermare qui tre giorni per attendere il battello di Cadice, egli ci volle tutti e sette ad una cordiale agape a mezzodì e a cena. Passammo una bella giornata con questi buoni Sacerdoti, che accettarono in massa di essere ascritti tra i Cooperatori nostri, perché tutti dieci affezionatissimi a S. Francesco di Sales.
Alla domenica mattina uno spettacolo ci commosse. Alla Messa delle 9 la Cattedrale si riempì di soldati e di ufficiali Irlandesi ; non in corpo, ma sciolti ed in gruppi diversi. Tutti presero l'acqua benedetta , tutti con il libro di divozione in mano, tutti inginocchiati nei banchi e per terra. Recitarono a voce alta le preghiere, assistettero alla S. Messa, ed ascoltarono il sermone fatto per loro in Inglese. Le signore si erano ritirate tutte alla tribuna in fondo alla Chiesa. Un ufficiale serviva il Sacerdote all'altare, ed altri fecero la loro S. Comunione , tra cui un graduato con il petto coperto di medaglie del valore militare. A quella vista io dissi fra me: Peccato che non tutti i governi siano Inglesi ! perchè i soldati cattolici potrebbero almeno godere della vera libertà di coscienza ! É uno sproposito ed insieme una verità l'esclamazione mia !
Domani martedi (15) ce ne andremo finalmente per lo stretto, e per le prime coste Atlantiche fino a Cadice , e da Cadice ad Utrera di dove scriveremo.
Don De-Bella darà, spero, relazione del suo viaggio sopra il Sud America. D. Piccono dirà il rimanente del suo con l'Umberto I, e noi la salutiamo caramente, concordemente ed affezionatissimamente insieme con tutti i confratelli e giovanetti dell'Oratorio.
Preghi e faccia pregare che il primo piede, messo dai Salesiani nella Spagna, non sia posto in fallo; ed anche perchè sia felice il successivo mio viaggio a Malaga e a Lisbona , e il mio ritorno tra voi.
Valete omnes in Domino
Sempre suo affez.mo
D. GIOVANNI CAGLIERO.
A bordo dell' Umberto I, 13 febbraio 1881.
Amatissimo Padre in G. C.
Nella notte dall' undici al 12 corrente, D. Cagliero , dopo averci benedetti , scese a Gibilterra coi nostri confratelli destinati alla Spagna. Credo che qualcuno di essi le avrà già dato contezza del nostro viaggio sino colà ; e io gliene darò del rimanente da Gibilterra fino al Capo Verde, isola di S. Vincenzo, dove spero di chiudere e impostare questa lettera.
Adunque nel mattino di ieri (12), circa le ore sei, mentre io celebrava la s. Messa, l' Umberto I levò l'àncora dalla rada di Gibilterra, ed imboccò lo stretto. Passando a poche miglia tra l'Africa e l'Europa, in due ore ne fummo fuori senza incidente. Ma entrati nell' Atlantico il beccheggio della nave si fece cosi violento, che più non si poteva né camminare , né stare in piedi. Il grosso bastimento carico di 800 persone, e di tanta merce da riempire 600 carrozzoni da strada ferrata , era battuto e ribattuto dalle onde, come una palla elastica. Sedie, stoviglie e sino i passeggieri cadevano e rotolavano, che era per noi uno spettacolo ben poco gradito. In certi momenti l' inclinazione della nave giungeva sino a 15 gradi. Il debol sesso della terza classe gridava e piangeva, ed anche la Superiora delle Suore quantunque imperterrita ebbe ad esclamare : « Se non sapessi che vi sono tante anime buone che pregano per noi, davvero non mi terrei per sicura. » Parendo, anche a me un po'troppo eccessivo quel dondolare, che si assomigliava quasi agli effetti di una burrasca, ne domandai ai marinai il perché , e mi risposero che il mare era traverso , cioé che le ondate larghe un mezzo chilometro pigliavano la nave di traverso, il che produceva quel forte dondolio , a paragone del quale il moto del golfo di Lione, che pure era agitato , ci pareva un nonnulla. Tutti i passeggieri ne patirono ed anche le Suore ed i Salesiani , ad eccezione di Barale, l' unico forse tra gli 800 passeggieri, che non abbia ancora pagato neppure un obolo né al Mediterraneo né all' Atlantico. Egli si fa onore a tutti i pasti, e fu con unanime consenso decorato del glorioso titolo di capitano. Chi soffre di più é il caro Solari, il cui stomaco é in continuo rivolgimento. Ma a proposito di lui devo pure narrarle una cosa consolante. Ieri sera sentendosi veramente spossato , egli mi pregò di dargli la benedizione di Maria Ausiliatrice, a fine di poter riposare un poco ; gliela diedi, ed ecco pochi minuti dopo sentirsi sollevato, addormentarsi e riposare quasi tutta la notte, mentre noi continuavamo a soffrire chi più chi meno. Similmente la Superiora delle Suore , avendone una molto travagliata dal mal di dente , la raccomandò con fiducia a S. Giuseppe che ne la liberasse , e ne fu tosto esaudita. Oh ! veda, caro D. Bosco, come ci vogliono bene la Madonna e S. Giuseppe ! e come abbiamo ragione di nulla temere !
Ma in mezzo al patetico v' é anche un po' di brillante. II catechista P ... al pari di me non sentendosi di andare a mensa comune, stava seduto sul cassero della nave in una di quelle sedie così dette pel mal di mare, e si trinciava abbastanza tranquillamente un pesce fritto, che si teneva avanti in un tondo ; quando ad un tratto il bastimento fa una piega veramente spaventosa ; d'improvviso la sedia si rompe , P ... casca , il tondo rotola, e il pesce scappa e ritorna bell' e fritto nel luogo, donde l'avevano pescato. Io presente a quella scena, con tutto che non avessi gran voglia di ridere, non ho potuto tenermi dal prorompere in una fragorosa risata, che fu ripetuta dall' altro appena poté rialzarsi, e rinvenire dal suo sbalordimento.
Oggi il mare é un po' meno cattivo ; ma continua tuttavia a dondolare terribilmente, ed io sono obbligato a scrivere questa lettera andando su e giù della persona , come se mi esercitassi negli inchini profondi. Stamane , benché Domenica di Settuagesima , non ho potuto offrire in seno alle onde agitate il divin sacrifizio. Del resto se il mare è di buon umore, vi ci si gole una vista magnifica. Specialmente quando il cielo é sereno, ed il sole tramonta lontano tra nuvolette che sembrano d' oro, e le acque di zaffiro, lo spettacolo é tale che fà diventar poeta, o per meglio dire solleva la mente ed il cuore a pensieri ed affetti sublimi.
Quando il tempo ce lo consente, noi facciamo sul bastimento una vita regolatissima. Eccola in breve: Alle ore 6 si celebra la santa Messa nella sala da pranzo di 2a classe, e si dà la Comunione ai confratelli e alle Suore ; poscia si fa separatamente la meditazione ; indi si prende il caffè, si passeggia , e si legge un poco di spagnuolo. Alle ore 10 si fa colezione. Alle 2 facciamo la visita in ispirito a Gesù Sacramentato nel luogo che ci sembra più vicino , e lettura spirituale ; alle 4 pranzo, e poi ricreazione sul cassero; alle 8 si dicono la terza parte del Rosario e le orazioni, e finalmente si va a riposo.
Per ora non potendo fare tante cose soffriamo con pazienza gli incomodi e le privazioni , a cui ci fa andar soggetti l' adirato Nettuno, ed offriamo questi pochi patimenti al Signore anche pei nostri benefattori, che contribuirono a questa sacra Missione, senza il concorso dei quali, Ella , sig. D. Bosco, non avrebbe certamente potuto intraprenderla. Ritengo che i nostri confratelli Spagnuoli le avranno scritto come facevamo sul Mediterraneo speciali preghiere pei nostri Cooperatori e Cooperatrici. ma ad ogni modo glielo confermo, aggiungendo che si continuano nell' Atlantico. La prima Messa che potrò celebrare in questo benedetto Oceano, che adesso non vuol neppure lasciarmi scrivere, l' applicherò per loro.
I Superiori della nave ci vogliono tutti bene , e ci trattano con ogni riguardo. Anche i passeggieri sono in gran parte cortesi e rispettosi; dico in gran parte , perché pur troppo certuni pare che si dimentichino che viaggiano con persone consacrate a Dio. Inconvenienti però non sono ancora accaduti. Noi vigiliamo e preghiamo, e all' uopo faremo anche qualche cosa di più ; ma spero che non ne sarà bisogno. Il Comandante m' incarica di presentarle i suoi rispetti, e mi assicura che invigila in modo particolare per le Suore.
Vorrei ben descriverle qualche altra cosa, ma fin qui tutto si compendia in queste due eloquenti parole : Cielo ed acqua ; cielo sereno e tranquillo che ci rammenta quello d'Italia; acqua oscura, schiumosa , sconvolta , che s'innalza in neri cavalloni e improvvisamente si abbassa, costringendomi a cessare dallo scrivere.
Addio , amatissimo Padre. Tante cose da tutti i suoi figli per ora atlantici , e fra 15 o 16 giorni americani. Tanti rispetti e saluti a tutti i carissimi Superiori e confratelli dell' Oratorio. Oh ! caro Oratorio , nido dolcissimo della nostra giovinezza, no, non ti dimenticheremo mai più ! Preghi per noi, Veneratissimo Padre, e ci. benedica tutti.
Suo affez.mo figlio in Gesù Cristo. Sac. ANGELO PICCONO.
P. S. 14 Febbraio. Il medico visitò il caro Solari , e non gli trovò altro che il mal di mare. Assicurò che appena il mare si fosse abbonacciato egli sarebbe guarito. Di fatto stamane il tempo è migliore, ed egli sta meglio e comincia a cibarsi.
15 Febbraio. Solari va sempre migliorando. Oggi si alza. Ieri ho applicata la S. Messa pei Cooperatori defunti; ed oggi pei vivi, specialmente pei più benemeriti di questa spedizione.
17 Febbraio. Stamane siamo giunti alla rada di S. Vincenzo, e vi siamo ancorati. Un gruppo d'isole, alte e dirupate montagne, una piccola bianca città, che é S. Vincenzo, molti mori mal coperti, ecco quel che vediamo. Del resto tutto va bene. Il tempo è bello, ma caldo, e ci fa sudare. Stasera partiremo per Montevideo, dove speriamo di arrivare tra undici giorni , giacché il nostro bastimento fila i5 miglia all' ora. Ci benedica nuovamente, amatissimo Padre, e preghi per noi.
Nel crogiuolo si prova l' oro, dice lo Spirito Sazi, o, e nel fuoco della tribolazione si fa l'esperimento dell' anima giusta. Perché tu eri accetto a Dio, disse pure l' Arcangelo Raffaele a Tobia , fu mestieri che la tribolazione venisse a provarti. Così pratica il Signore co' suoi cari, e per sempre meglio purificarli, e per renderli degni di più belle corone. Fa Egli, canta la Chiesa , come il muratore , il quale batte , martella e pulisce le pietre, affinché riescano a ben comporre la Gerusalemme celeste.
Or bene, anima cara a Dio , anima eletta era certamente la nostra Suor Virginia Magone; anima destinata a risplendere mirabilmente nella beata Sionne. Per la qual cosa Iddio la venne purificando, abbellendo e preparando pei Cielo per oltre un anno di malattia. Ma se questo tempo di lunga prova procacciò a lei un cumulo di meriti, riescì pure utilissimo al prossimo, poiché si può dire con tutta ragione che la sua cella si convertì in una scuola di virtù. Quante belle lezioni di rassegnazione, di pazienza e di confidenza in Dio non diede ella mai dal suo letto del dolore ! Bastava l' udirla, od anche solo il vederla per sentirsi nascere in cuore sentimenti di pietà e di divozione, avverandosi anche per essa quello che la Chiesa fa leggere di S. Caterina da Siena, che niuno da lei si partiva se non migliorato.
Nemica dell' ozio, finché il male non glielo impedì , ella non lasciò mai inerti le sue mani ; e quantunque ne fosse dispensata, pure ogni sera voleva presentare alla Direttrice qualche lavoro compiuto. Quindi or cuciva , ora ricamava , or faceva fiori. Quando riposavano le mani , si occupava la mente ed il cuore, quella in fare brevi meditazioni, questo in concepire santi desiderii , e in fare atti di amor di Dio.
Una cosa sola la corrucciava , ed era lo stare senza Comunione. Per non andare priva di questo celeste aiuto ella, per quanto poteva, si levava di letto al mattino , si recava colle altre Suore in cappella, e si appressava alla santa Mensa. Quando le scarse forze più non glielo permisero, domandò che per suo conforto si osservasse la regola che dice : Per avvalorarle vie maggiormente nello spirito, alle inferme obbligate al letto si darà la santa Comunione almeno una volta per settimana, ove il genere di malattia ed il luogo lo permettano; e la piissima Suora veniva consolata più spesso che si poteva. In quei giorni, in cui non le veniva dato di ricevere sacramentalmente il suo Diletto, ella se ne ricompensava con più frequenti Comunioni spirituali. La consolava assai quello che racconta il Dottore s. Alfonso. Volendo il Signore far conoscere ad un'anima fedele quanto gli gradissero le sue Comunioni spirituali, cioé il vivo desiderio di riceverlo, le diede una volta a vedere come Egli collocava le sue Comunioni sacramentali in un calice d' oro , e le spirituali in un calice non già di legno , né di ferro, né di rame, né di stagno, ma di argento, con ciò dimostrando che poca differenza passa tra il merito delle prime' e il merito delle seconde. Ammaestratane sul modo di fare la Comunione spirituale , la fervorosa Suor Virginia si raccoglieva di quando in quando nel suo letticciuolo , giungeva al petto le sue candide mani, faceva un atto di fede, invocava l' aiuto di Maria e di S. Giuseppe , e poi coll' accento infuocato diceva Gesù mio , venite in questo cuore che tanto vi desidera. Poscia immaginandosi di averlo realmente ricevuto, se ne rimaneva in atteggiamento così divoto, che rapiva quanti la vedevano. Le belle cose che ella dicesse a Gesù in quei momenti beati, gli amorosi sfoghi del suo cuore, Dio solo li conosce.
Qualche tempo prima della sua, morte la nostra Suora scrisse ancora una letterina alla Madre Generale, in cui annunziandole la gravezza del suo malore, le diceva tranquillamente come lungo il giorno andasse preparandosi i gigli per la sua sepoltura. Sventuratamente questa lettera andò smarrita, ma di tale sua occupazione ed invidiabile pace ne scrisse il Direttore del Collegio Pio di Villa Colon. Crediamo pregio dell'Opera il qui riportare parte di una lettera , che già vide la luce nel Bollettino di luglio dell'anno scorso. « Suor Virginia Magone, così egli scrive, va lentamente consumando , e si avvicina a gran passi al termine di sue fatiche. Io non vidi mai in vita mia un' anima, che guardasse di fronte la morte con tanta serenità e con tanta allegrezza. Ho visto co' miei occhi che non è punto un' esagerazione, figlia dell' entusiasmo religioso, quella gioia del Profeta che esclamava: Laetatus sum in his quae dicta sunt mihi; in domum Domini ibimus. Questa bell'anima é sempre allegra, sempre tranquilla, parla a tutti ridendo di sua sicurissima morte, chiede e si incarica per tutti di fare poi in Paradiso tante commissioni a Gesù, a Maria, a S. Giuseppe. Tutte le volte che vengo accompagnato in quella benedetta stanza, ne esco trasecolato. Un giorno vedendo che colle sue scarne mani lavorava attorno a candidissimi gigli - che fate, mia figlia ? le dimandai - Oh bella ! rispose : vedo che il male si fa minaccioso, ed io mi affretto a fare alcuni fiori , che Ella avrà la bontà di farmi mettere sul feretro, quando mi portino a seppellire. A queste parole io dovetti torcere altrove la faccia per nascondere le lacrime, che avrebbero potuto scandolezzare quella bell'anima, che pur me le diceva ridendo e scherzando, coll' espansione di una sposa , che si lavorasse colle mani il serto nuziale... Oh ! chi non invidierebbe la sorte di Suor Virginia ! Io la invidio e la spero »
Ma gli Angeli avevano omai finito d' intrecciare la sua corona, ed una voce si fece udire dal Cielo a lei rivolta : Veni sponsa Christi, accipe coronam quam tibi Dominus praeparavit in aeternum. E qui cediamo nuovamente la penna al Direttore del Collegio di Villa Colon, il quale in data del 27 Settembre 1880 così ne scriveva a D. Bosco.
Viva Gesù !
VENERATISSIMO PADRE,
Le scrivo in fretta queste poche linee da Las Piedras, dove sono venuto a visitare la Parrocchia, e a consolare le povere Suore, desolate per la perdita della loro sorella Virginia Magone , spirata santamente sabato 25 del corrente , alle ore 4 pomeridiane , munita di tutti i conforti di nostra santa Religione. Se la sua vita intiera ci fu di edificazione, la sua ultima malattia, e soprattutto la sua morte ci fu di ammirazione grandissima. Venerdì sera prima di lasciarla le aveva quasi assicurato , che all' indomani, giorno consacrato a Maria SS., avrebbe visto finalmente appagati i suoi ardenti desiderii di volare al Cielo. - Dice davvero ? esclamò ella con volto acceso - Il cuore mi detta di sì, ripresi io ; tanto più che il morire in sabato é un privilegio, che la Vergine benedetta concede ai suoi divoti, per liberarli tosto dal purgatorio. Parmi adunque che Maria Ausiliatrice vi voglia fare questa grazia. - A queste parole , che avevano l' impronta di una certezza, la buona Suora non poté più contenere in petto la contentezza, e rivolta alle sorelle, che la circondavano, udite, udite, ripeteva con un' aria e con un accento inesprimibile, udite: domani io sarò dinanzi a Gesù , insieme con Maria ; e finì col prorompere in pianto di eccessiva gioia. Venne la mezzanotte, spuntò l'aurora del sabato , e Suor Virginia invece di peggiorare parve migliorare, così che si lagnava dolcemente colle Suore, come se io l'avessi ingannata. Alla sera tornai a visitarla ; la trovai stanca, ma lontana ancora dagli estremi. Ma che ? Era uscito appena dalla sua camera, quand' ecco l' inferma farmi richiamare : rientrai , e mi avvidi che la sua vita stava per ispegnersi. Senza agonia, senza convulsioni, mentre singhiozzando noi le recitavamo le sublimi preghiere dei moribondi, Suor Virginia spirava la sua bell'anima in seno a Gesù. Morte più tranquilla, morte più dolce io non vidi
mai. Per avere una tal morte sarebbe un nulla il passare cento anni nei più acerbi dolori. E questa invidiabile morte Maria la ottenne ad una sua figlia che aveva compiuti appena 22 anni, ricompensandola così del sacrifizio che fatto aveva nel lasciare la patria, per venire a far conoscere ed amare il suo Gesù in questi lontanissimi paesi. Oh ! ancor io sono figlio di Maria, e quando venga la mia ora ho diritto di sperare anch'io una morte consimile. Oh ! sì, moriatur anima mea morte iustorum, et fiant novissima mea horum similia : possa io morire della morte dei giusti, e simile al loro sia il mio fine » Fin qui egli.
I funerali furono onorevolissimi. Si cantò Messa solenne nella Cappella di Santa Rosa con grande concorso di gente. Dopo la funzione fu collocata la salma sopra di una vettura mortuaria, e col seguito di tante altre, che vi menavano le Suore e molte persone dei dintorni, fu condotta alla parrocchia di Las Piedras. Colà si rinnovarono le pompe funebri. Tutto il paese accompagnò il feretro dalla Casa delle Suore alla Chiesa parrocchiale, e di qui all' ultima dimora. In questo modo, mentre speriamo che lo spirito di Suor Virginia già si trovi a bearsi con Dio in Cielo, le sue spoglie mortali conservansi presso alle amate sue sorelle, che andranno di quando in quando a spargere una lagrima sopra la sua tomba, ed inspirarsi da Lei a rimanersi fedeli fino alla morte al loro celeste Sposo Cristo Gesù, osservando il detto che portano in fronte le loro regole : Laudabit usque ad mortem anima mea Dominum.
Suor Virginia é la prima Suora che lasciò le sue compagne di Missione per andare a raggiungere quelle, che dall'Europa l'avevano preceduta nell'altra vita. E il primo fiore , che la gelida mano della morte raccolse tra i nostri confratelli e consorelle della Repubblica dell' Uruguay, per trapiantarlo nelle aiuole celesti; e quelle persone a noi sì care, dato il bando alla tristezza ed afflizione, hanno piuttosto motivo di rallegrarsi nella fiducia di aver acquistata dinanzi a Dio una protettrice ed avvocata. Che questi sieno ormai i loro sentimenti lo apprendiamo da queste parole, che di là ci scrivono : « In mezzo agli ostacoli ed angustie, che ci assediano da ogni parte, avevamo bisogno di uno spirito benefico, che vegliasse amorosamente sopra di noi ; e siamo sicuri che d' ora innanzi il buon Gesù per amore di questa sua diletta Sposa ci vorrà vieppiù proteggere e sostenere. »
Chiudiamo questi cenni biografici colla lettera scritta a D. Bosco dalla Direttrice delle Suore di Villa Colon, colla quale gli dava il doloroso annunzio della morte di questa amatissima Suora.
Viva Gesù.
Villa Colon, 27 Settembre 1880. Nostro Rev.mo e Dilett.m° Padre in G. C.,
Giunse finalmente il giorno beato, che diede compimento ai desiderii della nostra buona Suor Virginia Magone , e che la mise al possesso di quei veri beni , a cui essa cotanto anelava. Che vita, e che morte preziosa ! Suor Virginia si é proprio consumata per Dio come il lumicino della lampada, che arde e si strugge dinanzi a Gesù Sacramentato.
La sua vita e santa morte ci lasciano sperare che l'anima sua sia direttamente volata in seno a Dio , e che già goda il frutto del suo lungo e paziente soffrire. Ma con tutto ciò noi ne fummo e ne siamo ancora addoloratissime. Confessiamo la nostra debolezza: sebbene questa perdita non ci fosse inaspettata, tuttavia , essendo la prima volta che ci vedevamo a morire tra le braccia una cara sorella in queste lontanissime terre,ci sentimmo oppresse dal dolore, e versammo un fiume di lacrime.
Raccomando umilmente alle sue preghiere que- sta sua defunta figlia, e tutte noi, che tanto abbisogniamo di aiuto, per seguire fedeli il cammino della perfezione religiosa.
Grazie a Dio stiamo tutte bene di salute , e speriamo anche di farci sante, se Lei, nostro buon Padre, ci accompagnerà sempre colle sue preghiere.
Si degni di rendere partecipe di questa poco grata notizia la nostra Rev.ma Madre generale, e di benedire tutte queste sue povere figlie nel Signore, mentre con ogni rispetto mi professo
Di lei Rev.m° Padre
Umil.ma ed Obbl.ma figlia
Suor MARIA MADDALENA.
Esercizi spirituali a Giaveno - Il mercante e le scimmie - Visita alla Sacra di S. Michele -Il ritorno a Torino.
Ma dagli esercizi militari e dall' assalto agli orti passiamo a dire degli Esercizi spirituali, e delle battaglie date al demonio.
Nel settembre dell'anno 1850 D. Bosco ei condusse a passare una settimana di sacro ritiro nel piccolo Seminario di Giaveno, allora per le vacanze vuoto di allievi. Vi ci recammo a piedi, i giovani dell' Ospizio e un buon numero dei frequenti ai tre Oratorii, che poterono ottenere il permesso dei parenti o dei padroni. Guidati dall'ottimo T. Roberto Murialdo facevam allegramente il viaggio cantando lodi a Maria SS. e canzoni morali imparate nell'Oratorio. D. Bosco partì in vettura sia per andar a prepararci il pranzo in Avigliana, sia per accompagnare alcuni de' nostri amici, che per indisposizione non potevano fare il viaggio a piedi. Giunti ad Avigliana facemmo tappa, e con discreto pranzo ci ristorammo la vita sulla riva del delizioso lago. In quell'occasione abbiamo avuta la bella sorte di contrarre intima relazione col pio e caritatevole Sacerdote D. Vittorio Alasonatti, il quale da quel giorno concepì tanta stima dell' Oratorio , e pose sì grande amore a D. Bosco, che qualche tempo dopo veniva a sacrificare la sua vita con noi in qualità di prefetto e di economo, facendoci da secondo padre sino alla morte. Per la spesa occorrente, pel vitto e simili D. Bosco aveva ottenuto dall' Opera di S. Paolo un apposito sussidio, che fu per noi una vera provvidenza. I predicatori furono il Canonico Arduino, arciprete della Collegiata di Giaveno, uomo rinomatissimo per dottrina e zelo, e il nostro Don Bosco ; loro aiutante per le confessioni era il sempre caro Teologo Roberto Murialdo, Direttore dell'Oratorio dell'Angelo Custode. Affinchè il pio esercizio tornasse utile ad un maggior numero di anime, si combinò che vi prendessero parte eziandio i giovani del paese; e il bene ottenutone fu grande e per noi e pii nostri amici.
Qui ci ricorda che nel tempo della ricreazione D. Bosco s'intratteneva sovente con noi, e andava interrogando or l'uno or l'altro sopra il soggetto della predica e sui fatti più importanti. Una mattina egli aveva fatto l'istruzione intorno allo scandalo ; perciò nella ricreazione del pomeriggio trovandosi attorniato da molti giovanetti, tra cui varii della parrocchia, prese a domandare che cosa avesse detto. Interroga uno, e non gli risponde; chiede ad un altro , e si trova nell' impiccio ; passa ad un terzo, ad un quarto , ad un quinto, e tutti si grattano la fronte senza dare una soddisfacente risposta. Oh! povero me, - esclamò allora D. Bosco! O io ho parlato in tedesco, o voi avete dormito. Finalmente salta fuori un ragazzetto : - Io, io, gridò, mi ricordo - Di che ti ricordi? - Mi ricordo l'esempio del mercante e delle scimmie.
Il racconto, a mo' di similitudine, era stato questo. Un mercante, portando sulle spalle, dentro un botteghino (in piemontese boita), varie sue merci, viaggiava dall'uno all'altro paese per ispacciarle. Una volta tra le altre egli fu sorpreso dalla notte prima che arrivasse ad una certa città. Era d'estate ; in cielo risplendeva la pallida luna, e il mercante, stanco dal lungo cammino, risolse di prendere riposo per terra presso ad un albero gigantesco. A ripararsi poi il capo dalla umidità della notte, egli, aperta la sua cassetta, ne cava una delle berrette bianche di cui era fornito a dovizia, se la mette in testa e così si addormenta. Il paese era la patria delle scimmie, e i rami di quella pianta n'erano coperti. Le bertuccie veduto quell'uomo colla berretta in capo, tratte dal loro istinto, lo vogliono imitare. Che fanno? Comincia una a scendere pian pianino a basso, rovista colle zampe nel botteghino aperto, ne trae una berretta, se l'acconcia in testa e risale sull'albero. Allora tutte, l'una dietro l'altra, fanno altrettanto, e non cessa il giuoco finché rimane una berretta. Il mercante dormiva saporitamente, e le scimmie per la prima volta dormirono ancor esse col berrettino in capo, siccome delicate signorine. Intanto la notte era trascorsa. 'Dall'oriente già sorgeva bella e rosseggiante la mattutina aurora, annunziatrice dell'astro del giorno, e il nostro mercante svegliatosi si alza per riprendere il suo cammino. Ma quale non fu la sua sorpresa ed il suo dolore, quando si accorse che gli erano state involate tutte le berrette? Povero me , gridò, vi furono i ladri ; io sono rovinato. Ma osservando meglio e riflettendo più attentamente, eppure sembra di no, soggiunse; se fossero stati i ladri mi avrebbero rubato tutto e non solo le berrette; io non ne capisco nulla. In quell'istante egli solleva per caso gli occhi, e vede tutte le scimmie imberrettate. Ah ! grida tosto, ecco le furfanti ; e subito si mette ad impaurirle, lanciando sassi per costringerle a rilasciargli la sua merce; ma le scimmie saltando da un ramo all'altro non si davano per intese. Dopo parecchie ore d'inutili sforzi, il povero mercante, non sapendo ormai più quel che si facesse, si mette le mani nei capelli quasi per disperazione, e getta rabbiosamente a terra la berretta, che ancor teneva in capo. Visto quell'atto, le scimmie fanno egualmente, e in un battere d'occhio una pioggia di berrette cade dall'albero a consolare l'addolorato mercante.
I giovanetti, aveva conchiuso Don Bosco, fanno presso a poco come le scimmie. Se vedono altri a fare bene, il fanno pur essi; se il male, lo imitano ancor più presto. Di qui la grande necessità di mettere sotto ai loro occhi degli esempi edificanti, e allontanarli le mìlle miglia dagli scandali.
Dal vedere poi che tra tante cose, che dette aveva nella sua predica, i giovani a mala pena ricordavano certi fatti, D. Bosco si fece un grande impegno di tessere le sue istruzioni di frequenti esempi e similitudini , che meglio colpissero la nostra immaginazione, e per questo mezzo farsi strada ad illuminare la mente e muovere il cuore; e la cosa riuscì con felicissimo esito.
In premio della nostra docilità, ed a sollievo dell' animo, all' indomani della chiusa dei santi Esercizi D. Bosco ci condusse a fare una passeggiata sino alla Sacra di S. Michele. (1) La banda musicale di Giaveno ci volle accompagnare per rallegrarci colle dolci sue armonie. Il tragitto per l'erta salita fu un divertimento dei più deliziosi. Il nostro capitano cavalcava un piccolo giumento, e noi gli facevamo corona ora scherzando col somarello, ora ripetendo la canzone, allora famigliarissima, che incomincia:
Viva D. Bosco,
Che ci conduce Sempre alla luce Della virtù,
Che in lui men lucida Giammai non fu.
Don Bosco invece, facendo una variante al primo verso, cantava: Viva Roberto, rivolgendo il resto della lode al Teologo Murialdo, nostro compagno di viaggio. Di tratto in tratto poi si faceva una breve fermata ; i musici davano fiato alle trombe, e le armoniose note, battendo dall'una all'altra cima, echeggiavano maestosamente nelle sottostanti vallate. A quell'insolito rumore gli uccelli atterriti svolazzavano da un albero all'altro ; i contadini uscivano dai loro abituri per ascoltare; e il nostro asinello rizzava le orecchie, e col suo scomposto raglio si provava d'accordarsi colla banda ; erano scene di un piacere indicibile. Giunti alla sospirata meta, vi fummo accolti con amorevole trasporto dai cortesi Padri Rosminiani, che fin d'allora amministravano religiosamente quel celebre Santuario. Visitammo poscia la chiesa, lo stabilimento e le sue vetuste memorie ; ne udimmo da D. Bosco la storia, riportandone cognizioni utilissime.
Ma dobbiamo pur dirlo ad onore della sincerità e del vero. Quantunque non ci facesse dispiacere l'imparare cose fino allora ignorate, tuttavia verso il mezzogiorno un' altra curiosità ci preoccupava la mente. La passeggiata del mattino, e l'aria finissima che spirava su quelle alpine giogaie, avevano suscitato dentro di noi un bisogno, a cui si dà il nome di appetito; e il nostro più che appetito, dire si poteva rabbiosa fame. Laonde nella visita, passando da un luogo all'altro, non potevamo trattenerci dal volgere di quando in quando un' occhiata al refettorio, e ci tardava mille anni che venisse l'ora del pranzo. Questa giunse alla per.fine, e quantunque non fossimo tutti musici, mangiammo nondimeno tutti con appettito musicale.
Non avendo poi di che soddisfare i nostri caritatevoli ospiti, li retribuimmo cantando e suonando. Quindi se noi godemmo in quel giorno, assai più si mostrarono lieti i buoni Padri, che fattisi in mezzo a noi ci menavano qua e colà a visitare i contorni, ed altre rarità pur degne di particolare, attenzione. Passate alcune ore di nuovi divertimenti, noi ci raccogliemmo tutti appié dell'altare; si cantarono le litanie , e s' impartì la benedizione col SS. Sacramento.
Invocata così la protezione del Cielo, si fece ancora una suonata, si diede un cordiale saluto ai vigili custodi del rinomato Santuario, e verso le cinque pomeridiane , fattasi da que' buoni Padri una distribuzione di pagnotte coll' accompagnamento di eccellente frutta, pieni di riconoscenza, prendemmo da loro commiato e cominciammo a discendere. Arrivati a S. Ambrogio, sito, dove la via si divide in due, si fece una breve sosta. I musici suonarono un' allegra sinfonia, alla fine della quale noi gridammo evviva ai Giavenesi, e questi ripeterono evviva ai Torinesi, e coi segni della più affettuosa amicizia ci separammo , quelli per ritornare a Giaveno, e noi a Torino per la via di Rivoli. Cammin facemmo tra lieti cantici, la recita di preghiere divote e il racconto di graziosi fatterelli, ora di D. Bosco, ora del T. Murialdo , il quale rifacendosi sui santi Esercizi ci lasciò per ricordo, che ogni giorno di nostra vita recitassimo un'Ave Maria, per ottenere la grazia che niuno di quelli, che li avevano fatti, avesse da perdersi nell'inferno. Che dolce piacere non sarà mai, ci diceva quel buon religioso, che gioia non sarà mai, quando potremo fare tutti insieme le nostre belle passeggiate sugli eterni ed amenissimi colli del Paradiso!
Giungemmo alla città di Rivoli a notte alquanto avanzata, la maggior parte stanchi da non poterne più. Rimanevano ancora a farsi 12 chilometri. A D. Bosco non resse il cuore di farci proseguire la via sino a Torino in quello stato, e condottici ad un albergo cercò di quante vetture ed Omnibus si poterono rinvenire, per farvici trasportare. Ma non si trovarono veicoli quanti bastassero, e quindi una ventina di giovani dovettero rassegnarsi e continuare il viaggio a piedi. Ma a questi D. Bosco pensò in altro modo; e chiamato a sé il così detto Bersagliere gli consegnò una somma di danaro, affinché li facesse tutti ristorare con una buona cena; e così fu fatto. Ci tornò allora in mente il buon Gesù, che vedute le turbe indebolite per averlo seguito sino al deserto, esclamò da Padre amoroso: Ho compassione di questa gente: Misereor super turbas; e loro provvide, perché non venissero meno per istrada.
Riposata alquanto e rifocillata, la retroguardia si rimise in via per alla volta di Torino. La notte era già molto inoltrata, e per bandire la paura dall'animo dei più timidi, e per far parere meno lungo il loro tragitto, il Bersagliere usò uno stratagemma: dié di piglio a due pietre, invité gli altri a fare altrettanto, e tutti ad un tempo cominciarono a batterle insieme. In tal modo fu improvvisata una musica di nuovo conio, e tra quel martellare e scintillar di sassi giunsero all' Oratorio verso le undici.
Abbiamo voluto narrare distesamente la storia di questi Esercizi e di questa passeggiata, e perché ci rimase sempre impressa come una delle più grate rimembranze, ed eziandio perché vie meglio si conosca lo studio che metteva Don Bosco nel renderci amabile la pietà, e farci servire Iddio in una santa allegrezza, secondo il detto del reale profeta: Servite Domino in laetitia.
(1) Il Santuario di S. Michele della Chiusa, detto comunemente La Sacra di S. Michele , perchè consacrata ad onore di quest'Arcangelo, è una delle più celebri Abbazie dei Benedettini in Piemonte. Da semplice romitagio che era verso l'anno 940, fabbricato ad ispirazione di . Michele da un certo Giovanni da Ravenna , uomo di santa vita che s'era colà ritirato , fu mutato pochi anni dopo da Ugone di Montboisier detto lo Scucito Gentiluomo dell'Alvernia in maestosa Chiesa di stile gotico con un grande Convento annesso per l'abitazione de' monaci. Ugone, che faceva costrurre a sue spese questo monastero, in penitenza de' suoi peccati, pel cui perdono avea fatto il pellegrinaggio di Roma, lasciò l'incarico dei lavori ad Atverto o Arverto Abbate di Lushate in Francia ; il quale terminata la costruzione dell'edifizio, chiamò ad abitarlo i monaci Benedettini che elessero Atverto stesso per loro primo Abbate. Sparsasi in breve la fama di lor santità , venne il monastero ad annoverare fino a 300 monaci; e Papi e Vescovi, Re e Duchi si diedero a gara nel largheggiare in privilegi e donativi al medesimo. - Perdutasi però la primitiva regolar disciplina, fu nel 1383 eretta in Abbazia commendatizia sotto il protettorato dei Conti di Savoia e durò tale fino all' invasione francese, quando col resto fu anche soppressa la celebre Abbazia. Ristaurata però ed abbellita dei danni del tempo, per magnificenza di Carlo Felice e di Carlo Alberto, che vi fecero collocare le ceneri di alcuni principi di Casa Savoia erigendovi sontuosi mausolei , venne ceduta nell' ottobre del 1828 all' Abbate Antonio Rosmini , che vi collocò i Padri del suo Istituto della Carità , e che attualmente ancora la posseggono. L' edifizio è posto allo sbocco della valle di Susa , sulla cima del monte detto Pircheriano alto 877 metri sul livello del mare e che col monte Caprasio, che gli sta di fronte, non lasciando nel mezzo che una valle larga poco più di mille passi , formano la chiusa o gola di Susa, così detta perchè quasi chiude il passo agli eserciti che per colà scendessero dalla Francia. È celebre nella storia questo passo per lo stratagemma di Carlo Magno che superata la Chiusa, prese alle spalle Desiderio re de'Longobardi, e sconfittolo pose fine al loro regno in Italia. Dalla cima del Pircheriano, su cui è posta l'Abbazia , l'occhio gode il magnifico panorama dell'Alpi severe e maestose e della valle di Susa a sinistra; segue l'argenteo corso della Dora Riparia ed alla destra gli si distendono le pianure e le colline del torinese e di quasi tutto il Piemonte : panorama che, unito all'arietta fine e leggera che vi spira nell'estate, ed alle antiche memorie, alla divozione del luogo santo, attira colà, come a meta di gradita passeggiata numerosi visitatori.
Fra colli lussureggianti, fra praticelli ridenti e fra vallette sparse d'alberi e di cespugli fioriti, muove tranquilla e piana la vasta corrente del Rio Negro, appressandosi all'Atlantico, donde risalgono talora i battelli Argentini fino a Carmen, che dista sei leghe soltanto dalla foce. Da questo villaggio, che siede in luogo pittoresco e forte sulla sponda sinistra, e da Mercedes colonia affatto moderna, che gli siede di fronte sulla riva destra, risalendo verso Occidente per l'acqua del fiume, si scorgono le sue rive ora boscose e verdeggianti, ora irte e sormontate da roccie spoglie d'ogni vegetazione ; ma generalmente la natura si dimostra ancora vivace e potente, e riveste quella vallata delle più vaghe tinte, che l'immaginosa primavera dei nostri paesi sappia sfoggiare.
Procedendo ognor più verso la gran catena delle Ande incontriamo prima la colonia detta Guardie Mitre, poi quella di Conesa, che sono fortini innalzati da pochi anni dagli Argentini per tenere in suggezione gli indigeni , difendere gli esploratori dal Rio e impedire, per quanto é possibile, che i selvaggi s'inoltrino dall'altra parte del fiume. Sono questi gli unici e più avanzati paeselli, che s'incontrino già intieramente in mezzo ai selvaggi.
Più avanti s'incontra l'isola di Choele-Choel in mezzo al fiume, con una tribù di selvaggi, il cui Cacico già domandò i Missionaria per istruirla nella cattolica fede. Volgendo poi a meriggio pel rio Limay, le sponde si fanno più montagnose , più aspre, ed insieme acquistano un aspetto più maestoso, con proporzioni di grandiosità stupenda, che in alcuni luoghi vince coll'imponenza il tedio della monotonia ; in altri, colla varietà inesauribile della natura, raddolcisce l'impressione di quegli orridi ravvolgimenti di roccie e di gole scoscese. Di qua e di là le sponde sono ruinose, erte, come immensi muri frastagliati bizzarramente, colla sommità addentellata di strani merli, ritti, ineguali, appuntati come armi. Nere boscaglie infoscano le falde dei monti, colle fitte chiome dei loro alberi secolari, le cui radici , mezzo dissepolte, si ritorcono sul suolo, come innumerevoli torme di serpi fulminate, rimaste immobili nel parossismo delle loro contorsioni.
Questi monti, queste rupi e questi boschi talvolta raddoppiano le loro immagini nell'acqua cupa e profonda di angusti laghi, ed echeggiano perennemente dal fragore di onde precipitose, che irrompono a furia dalle viscere di quei rigidi massi, e quasi avide di libertà e di più vasta arringa, van trabalzando di rupe in rupe, scarmigliate, spumose, indomite, vertiginosamente rapide e rumorose.
Sul ciglione di queste rupi, fra la notte di quei boschi, sulle rive di queste fiumane, vedi l'agile cervo chilese, l'orgoglioso guanaco, l'astuta volpe patagonica e il gatto montano dal vello tigrato , aggirarsi in cerca di preda, mentre l'Araucano battagliero e cacciatore li ravvisa da lungi, si appressa cauto e li saetta colle freccie fischianti e leggiere, o colla pietra scagliata dalla frombola con mano sicura, che sfrondando i rami del maestoso faggio, raggiunge in punto il designato bersaglio.
Sugli alberi intanto , fra le siepi, nei roveti, ovunque v' abbia una fronda o un fil d' erba, un infinito chiacchierio di gorgheggi, di fischi, di canti d' ogni ritmo e d' ogni vibrazione, con cui lietamente si spassano i variopinti pappagalli di non so quante specie , e altre sorta d'uccelli, che pare vogliano stornare la mente dalle cupe meditazioni inspirate in quelle severe piaggie, coll'allegrezza e colla vivacità capricciosa del loro visibilio. Questo però non s'ode che in alcune macchie predilette dai musici naturali di quei paesi, ché altrove regna invece un silenzio, una quiete, una immobilità, stiam per dire, minacciosa all'immaginazione, la quale vi s'aspetterebbe ad ogni tratto l'agguato d'una fiera sconosciuta, l'assalto d'una masnada di selvaggi predatori, o l' aprirsi improvviso d'uni profonda voragine.
Dopo l'isola Choele-Choel, d'uomo appena appare segno od impronta, salvo forse qualche gruppo di toldi silenziosi, che attestano col loro misero e sudicio aspetto la povertà dei loro abitatori, e la mancanza assoluta d' ogni principio cristiano. Eppure sarebbe così soave tra quelle antiche solitudini vedere su qualche cima di colle più elevato e più in vista, sur un parco del monte o in qualche isoletta del lago, levarsi dolce e graziosa all' anima la chiesuola dedicata a Maria ! Come pare che compirebbe interamente il difetto di quei luoghi, e rapirebbe a sé tutta la forza del cuore, che sollevato dalla creatura al Creatore sente pure il bisogno d' alcunché, che lo appaghi religiosamente. Ma invece, in alcune stagioni dell' anno, ben più desolante che l'orrido aspetto della natura é lo spettacolo dato dalle nomadi tribù, che di tanto in tanto guadano il fiume.
L'uomo, figlio di Dio, da cui ricevette un alito della sua grandezza, della sua potenza, della sua maestà, si degrada poi in modo da rinnegare in sé, quasi diremmo, l'immagine della divinità. Poiché questi popoli, oltre ad essere selvaggi e antropofagi, sogliono ancora darsi ad un' ebbrezza demente, che li snatura, li abbrutisce, li fa mostri incomprensibili d' obbrobrio e di spavento. Tracannano a gorghi i liquori, che han potuto o comperare, o rapire all'incivilito straniero, e poi si sfogano brandendo l'armi e ferendo alla cieca, all'infuriata chi si para dinanzi. Queste orgie durano talvolta intere settimane , ed allora famiglie e tribù si distruggono, come branchi di fiere affamate, che si avventano fra loro. E qual meraviglia di ciò? Dove la Religione non grida alla coscienza e segna un limite inesorabile al piacere, l' uomo inclinato com' é al male, trascinato dalla voluttà e da passione sconfinata e crescente , precipita ai più orribili eccessi. E perché fermarsi ? A qual pro? Per amore di chi? Procede e si distrugge. - Solamente la Religione Cattolica sarà da tanto d'illuminare, moralizzare, incivilire quelle orde infelici. Ed é questo appunto che intraprendono di fare i Missionari Salesiani, e coll'aiuto di Dio e dei loro caritatevoli Cooperatori essi lo otterranno. Ne abbiamo la più lieta speranza.
Il Chierico esemplare - Una festa senza predicatore - Felici pronostici - Si prepara agli Ordini Sacri.
Quando il profeta Davide si vide liberato dai molti e potenti nemici, che mettevano in pericolo il suo trono e la sua vita, rivolto a Dio, da cui ripeteva tutto il valore e la fortuna delle sue armi , esclamava pieno di riconoscenza : Ecco é rotto il laccio, e noi siamo miracolosamente liberati. Con il cuore commosso della medesima gratitudine, il buon Matteo fece atti di ringraziamento a Dio, quando in quella sera medesima vide entrare nella sua camera, che fino allora eragli stata convertita in prigione , il padre e la madre, e colle lacrime agli occhi lo assicurarono che gli avrebbero dato il desiderato consenso.
Caro Matteo, disse il suo padre, fin da questo momento noi ti diamo il nostro permesso, perché tu abbracci quello stato, a cui vediamo che Dio ti volle chiamare. Fu un esperimento, a cui volevamo sottoporti, per assicurarci se la tua vocazione era proprio da lui, e non per leggerezza giovanile. Ora tu, con la tua fermezza, ci togli ogni dubbio, e noi, sebbene col cuore molto addolorato, ti aiuteremo a compiere i tuoi voti. E tu intanto, che puoi dirti cosa tutta di Dio , pregalo che ci usi pietà, per il soverchio rigore che abbiamo adoperato contro di te.
Avrebbe voluto dire di più, ma glielo impedirono le lacrime. Anche la mamma volle consolare il figlio con le medesime espressioni. Il buon Matteo nen sapeva rinvenire in sé per la gioia ; ringraziò i suoi parenti del favore che finalmente gli concedevano, e dimandò a loro un po' di tregua per ringraziare il Signore di tanto benefizio ricevuto. Uscirono i parenti e lasciarono libero Matteo, che gittatosi ai piedi del suo Crocifisso , versando copiose lagrime, recitò pieno di riconoscenza il Tedeum.
Sul tardi uscì di camera, dove era stato tanto tempo rinchiuso come prigioniero, e andò in mezzo ai suoi parenti, che ve l'avevano fatto chiamare. Colà trovò in lieti parlari il suo Parroco, che, invitato da quei signori , era venuto di buon passo per assistere alla festa di famiglia. Appena lo vide il pio giovanetto gli volle baciare la mano, ringraziarlo di quanto aveva fatto per lui in quella durissima prova, e lo pregò ad unirsi con esso a ringraziar Dio ed i suoi parenti di quanto erano ora disposti a permettergli.
Ai cinque di agosto del 18.... si fece una bella festa nel paesello di Matteo. Era venuto il permesso di vestir l' abito religioso, ed il pio giovanetto aveva fatto precedere una divota novena, in cui, raccolto tutto nei pensieri di Dio e dell'alto stato di suo ministero, non faceva che prepararsi con le disposizioni più belle. Col permesso del suo Confessore ogni dì si accostava alla s. Comunione, e poi si fermava lunghe ore in divoto ed infuocato ringraziamento. Questo tempo però gli sembrava sempre troppo breve , ed avrebbe voluto allungarlo; tanto gli passava rapidamente, trovandosi rallegrato dalla Divina presenza del suo Signore. All'alba della Solennità di N. S. della Neve si fece la funzione della benedizione del sacro abito. Il buon Matteo si presentò all' altare con un atteggiamento sì composto, che aveva più aspetto di un angelo, che di un povero mortale. La popolazione raccolta in Chiesa, ed in quel dì, per la rara funzione, più numerosa, era tutta cogli occhi fissi verso l' altare. Fu un senso di meraviglia, quando si vide comparire il giovine Levita , e inginocchiarsi all'altare per ricevere il benedetto abito del santuario. Ognuno poi che in quel giorno fu presente ripeteva le più miracolose cose sull' avvenire di Matteo. Il Paroco non si tenne di fare un piccolo sermoncino di occasione, augurando al giovane Chierico la perseveranza nella sua vocazione, ricordando come chi ha messo mano all'aratro non deve più rivolgersi indietro, per non sentirsi a dire di non esser atto al regno del cielo. Accennò, ma di volo, per non offender i parenti, del supremo diritto che Egli ha di governare le sue creature a piacer suo, e secondo l'ordine della elezione sua e della sua bontà. Come Dio é geloso di una libertà in questi casi , che egli medesimo, tratta con gran riguardo; ricordando con proprietà quello che si legge nei libri santi : Magna reverentia disponit nos ! - Queste parole pronunziate con rara delicatezza e maestria, se ferivano da una parte il cuore specialmente della signora Nannina, la consolavano però insieme per la speranza che il suo Matteo sarebbe proprio stato uno dei chiamati da lui nel suo santo ministero.
Se mai queste pagine cadessero sotto l'occhio di qualche madre, che, per uno stranissimo caso, volesse imitare l' esempio della signora Nannina , la vorrei pregare nel nome del Signore , a pensarci due volte , per non mettere in pericolo la vocazione della sua prole. Non s'inganni col dire che lo fa per purificare la vocazione se veramente è di Dio; né dica come alcuni : Il giovane adesso è ritornato indietro , e appena è in principio , che ha vacillato ; dunque poi , già fatto religioso, sarebbe urtato in peggiore incostanza. Direbbe meglio : Se fu incostante per iscarsezza di aiuti spirituali nel secolo, piú probabilmente sarebbe stato immobile nella Religione, pei tanti rinforzi d'orazione e buoni esempi, che il luogo santo somministra allo spirito de' suoi allievi. Perché alcuni rassomigliano al corallo, il quale nell' onde del mare é molle e bianchiccio, fuori delle acque indurisce e diventa rosso ; e però del corallo cantò colui: Fra l'onde ondeggia, e fra le pietre è pietra. Così s. Pietro, tra' soldati, negò il Signore : allontanatosi dalle occasioni, ripigliò forze fino ad essere pietra fondamentale del cristianesimo. Non siano i padri e le madri ai loro figli di scandalo e di rovina, col rimuoverli dal bene incominciato. Si potrebbero collocare in istato di miglior fortuna , che nella corte di Dio? Perché oltre al male fatto ai proprii figli, farebbero danno a tante anime, che col mezzo del loro ministero si sarebbero salvate. E Dio chiamerà loro conto del bene impedito per gli ostacoli posti alla sua grazia.
Ai giovanetti posti in sì duro cimento basterà che ricorrano alle armi, le quali il Signore volle additare a' suoi discepoli, con questi tre ammonimenti : Videte , vigilate et orate (S. Marco XIII, 33). Vedete , dice il Signore, cioé, secondo che spiegano gravi interpreti, non lasciatevi accecare ; e questo si ottiene colla considerazione attenta delle verità della fede. Vegliate; cioé non vi lasciate addormentare dalla negligenza dell' operare , e questo si ottiene coll'esercizio delle virtù. Pregate; cioé, poiché da voi non potete resistere, chiedete aiuto ; e questo si ottiene con un continuo ricorso a Dio, per mezzo di fervorose preghiere.
Appena si vide il buon Matteo arrivato al principio del compimento de' suoi desiderii raddoppiò di fervore, per meglio meritare i doni di Dio. All' epoca fissa per ritirarsi in Seminario , fece con allegria rassegnata i preparativi , e salutati gli amorevoli suoi parenti, che lo vedevano partire con dolore, egli vi si portò con animo lieto. Egli considerò il Seminario, come é appunto , il luogo dove il giovine Chierico si esercita a fare le battaglie del Signore. Tra i molti buoni , che Dio si preparava per i santi ministeri, egli ve ne scorse alcuni, che, per bontà di indole e per pietà e zelo negli studii, potevano considerarsi migliori, e con essi strinse virtuosa relazione. Ubbidiente a tutti i suoi Superiori, che riveriva come modelli, su cui adattare la vita , non fu mai che si credesse lecito di trasgredire le più minute raccomandazioni. Co' suoi compagni era gioviale e di bel garbo, ma prudente nello stesso tempo; vegliava che nessuno lo potesse disturbare da quell'intima unione, che il giovane Chierico deve avere con Dio. Con tal riguardo egli era amico con tutti, confidente con nessuno. L' unico vero ed intimo famigliare fu il Confessore, a cui, come a padre dell' anima sua, egli apriva tutte le sue pene, tutti i suoi segreti, e con riverenza ed affetto riconosceva come il padrone delle sue azioni , e colui che lo doveva guidare alla santità. Così egli in breve si fece conoscere come il modello fra i compagni, ed osservato come il più virtuoso tra i chiamati a lavorare nella mistica vigna del Signore. Oltre i libri puramente di scuola, col consenso del suo Direttore, egli leggeva le opere morali ed ascetiche del Dottore S. Alfonso Maria de' Liguori , che servono tanto a nutrire di buono spirito e di soda pietà le anime.
Non possiamo dare di lui più minuta relazione come giovane Chierico, per non riuscire soverchiamente prolissi. A noi basterà conchiudere col dire, che egli fu il vero modello di coloro, che desiderano consecrarsi al Signore. Fin da quei giorni si manifestava in lui un carattere faceto e gioviale, senza però mai cadere o nel ridicolo o nel basso. Ogni volta che egli prendeva parte a certe discussioni così lodate ed utili sugli studi teologici e filosofici, sapeva farlo con tanta finezza ed arguzia, che i compagni ne ricavavano diletto insieme ed istruzione. Per questa sua dote particolare era sempre sentito con piacere. Egli però, sapendo che tutto quello che abbiamo, e specialmente l' ingegno, é dono di Dio, era ben lungi dall' invanirsene. Gli era famigliare il detto di s. Paolo : Soli Deo honor et gloria. Ed intanto lavorava del suo meglio, per avanzarsi negli studii della filosofia e della teologia, ripetendo 'a se stesso ed agli altri ciò, che Dio aveva detto per mezzo del suo profeta, che le labbra del sacerdote conservano la sapienza. Nel raccoglimento del Seminario, sotto la scorta di valorosi e pii maestri, egli vide presto passare quegli anni, che sogliono parere ad alcuni così lunghi e noiosi. Nel tempo poi delle vacanze era lieto di poter imparare dal vivo esempio del suo paroco, a. servire all'altare, ed a fare un po' di catechismo ai giovanetti. Studio e pietà erano le sue occupazioni uniche e predilette. Anzi, secondando il desiderio del pio pastore , lungo la settimana, raccoglieva i fanciulli più piccoli , e quelli che avevano bisogno di un poco d'istruzione sia della dottrina cristiana, o dei primi rudimenti della grammatica italiana , e poi con carità e belle maniere faceva loro un po' di scuola con infinito contento delle madri e diletto dell'anima sua. Era una vera edificazione il vedere come egli li ammaestrava, e come i giovani allievi corrispondevano a' suoi desiderii. Sorvegliava che nulla accadesse fra loro, che potesse offendere il buon costume, o la carità. Insegnava a fare il segno della croce, a dire le prime orazioni. Vedendoli e sentendoli, tutti ne erano meravigliati per l' ordine, la pulitezza e la grazia.
Nulla però, né anche queste scuole lo disturbavano dalle sue pratiche di pietà e dagli studii della teologia. Ogni cosa aveva il suo tempo. L'orario stesso, che lo regolava in Seminario, se lo era imposto a casa, e non mai , se non fosse per grave ragione o l' ubbidienza a' parenti, permetteva che fosse cambiato. Aveva l' ora della Messa, cui volentieri serviva, e nella quale per lo più faceva la S. Comunione ; l' ora della meditazione, e quella della lettura spirituale. Questo pel mattino. Nel dopo mezzodì cercava il momento, che dubitava Gesù in sacramento fosse come abbandonato, e poi veniva e si fermava assai tempo, il quale però gli sembrava sempre brevissimo. Molte volte leggeva il libro di s. Alfonso, e più spesso faceva parlare il suo cuore, ricco ed eloquente di pensieri, di adorazione, di fede e di riconoscenza a Gesù, che con tanta carità si ferma in mezzo a'suoi figli, e che assai spesso lo dimenticano con ingrata trascuranza. Il suo cuore, riboccante di sacri affetti, gli faceva trovare sentimenti teneri e dolcissimi su questo proposito. Allora desiderava di essere vittima pel Signore e pel prossimo, come Gesù era vittima di amore per gli uomini. Non é a dirsi se una vita così raccolta e divota non facesse presagire di sé grandi cose , e noti lasciasse in tutti i cuori desiderio di vederlo sovente e sentirlo. Il suo paroco, conoscendo in ciò e prevenendo il desiderio de' suoi fedeli, gli permetteva qualche volta di fare il catechismo anche in pubblica chiesa. Avvisato si preparava con ardore su qualche libro , che il medesimo buon pastore gli accennava, e riusciva a fare tanto bene, che nulla di meglio si poteva desiderare. Continua.
Il sincero Cristiano in ordine a Gesù Cristo, alla Chiesa e allo Stato. - É questa un'Opera dei tre chiarissimi fratelli Scotton da Bassano, oratori altrettanto dotti che facondi, uno dei quali predicò testé la quaresima nella più vasta chiesa di Torino, riscuotendo l' ammirazione e guadagnando il cuore di un immenso e culto uditorio, che pendeva ogni giorno dal suo labbro eloquente.
Non vi é alcuno che ignori quanta ammirazione abbia destato e quanto plauso abbia riscosso, non solo nell' Italia, ma in tutto il mondo, quest' Opera, allorquando fu da essi pubblicata nel 1877 e dedicata a Pio Nono, come figliale omaggio pei suo giubileo episcopale. Non é d'uopo di qui ripetere che una sì bella accoglienza era ben meritata, imperciocchè un soggetto così vasto, come dal titolo stesso si scorge, e così irto di difficoltà, fu dai chiari autori svolto con tanta brevità e nello stesso tempo con tanta pienezza, erudizione e profondità di dottrina, con tanta forza e chiarezza di argomenti, e con una logica così ineluttabile, che chiunque non veglia ostinatamente ribellarsi all' evidenza, non può che darsi vinto alla luce della verità.
Di quest'Opera stupenda venne fuora or ora la seconda edizione in tre volumi, con importanti aggiunte e modificazioni specialmente nella 1a e 3a parte, le quali vennero quasi del tutto rifuse. La 3a parte poi, la quale tratta dei doveri del cristiano in ordine allo Stato, assume un'importanza grandissima per tutti i Cattolici italiani ed in modo speciale dei Parrochi. Imperocché in essa trovasi narrata in compendio la storia della lotta religiosa in Italia e delle sue tristi conseguenze. Trovasi tracciato il contegno che deve tenere il Cattolico italiano in questa lotta, e quale debba essere il suo programma d'azione, con utilissime notizie intorno alle leggi che riguardano le elezioni e le scuole. Ond' é che il Reverendissimo Monsignor Vescovo di Vicenza, nell'approvare questa seconda edizione per la stampa, la raccomandò « tanto ai Sacerdoti (son sue parole) quanto ai laici, che vi troveranno una norma pratica per condursi cristianamente nelle attuali condizioni del mondo. »
Si vende nella libreria Salesiana di Torino al prezzo di L. 3, compresi tutti e tre i volumi franchi di posta.
Per mancanza di spazio, daremo nel prossimo Numero , i nomi di altri Cooperatori e Cooperatrici passati all' altra vita durante l'anno 1880, pervenutici soltanto dopo la pubblicazione del Numero di Gennaio.
Ogni Cooperatore può acquistare Indulgenza plenaria una volta al giorno, da applicarsi alle anime del Purgatorio, recitando la terza parte del Rosario di Maria Vergine avanti al SS. Sacramento, e non potendo avanti al divin Sacramento, recitandola innanzi al Crocefisso.
Indulgenza plenaria ogni volta che si accosta alla santa Comunione.
Può altresì lucrare moltissime Indulgenze plenarie nel corso del giorno, mediante la recita di sei Pater, Ave e Gloria, secondo la mente del Sommo Pontefice. E queste indulgenze applicabili alle anime purganti, le può acquistare toties quoties, ossia tutte le volte che recita i suddetti Pater, Ave e Gloria in qualunque luogo senza bisogno di Confessione e Comunione purché sia in grazia di Dio.
Oltre a queste, un'altra Plenaria ne può guadagnare ogni domenica , e nei giorni qui sotto notati, purchè confessato negli otto giorni , e comunicato, visiti una qualche chiesa , pregandovi secondo l'intenzione del Sommo Pontefice.
1. Santi apostoli Filippo e Giacomo.
6. S. Giovanni apostolo avanti la Porta Latina.
8. Patrocinio di S. Giuseppe Sposo di Maria Vergine.
17. S. Pasquale Baylon. 18. S. Felice da Cantalice. 20. S. Bernardino da Siena.
24. Festa di Maria Ausiliatrice. Indulgenza plenaria visitando il suo Santuario in Torino. 26. Ascensione di N. S. G. C. 28. S. Ferdinando re di Castiglia. 31. S. Angela Merici.
Con permesso dell'Aut. Eccl. - FERRARI GIUSEPPE gerente respons.
Tip. di San Vincenzo de' Paoli. Sampierdarena 1881.