ANNO V. N. 3. Esce una volta al mese. MARZO 1881.
Direzione nell' Oratorio Salesiano. - Via Cottolengo. N. 32, TORINO
SOMMARIO - Se uno scrittore cattolico possa tagliare i panni addosso - Un abito bell'e fatto - Chiesa al Sacro Cuore di Gesù in Roma - Biografia di Suor Virginia Magone - Date la caccia all'eresia - Storia dell' Oratorio di S. Francesco di Sales - Lodevole confessione di un incredulo - La Direzione del Bollettino Salesiano ai signori Parrochi, Decurioni e Capi di Comunità, - Indulgenze speciali pei Cooperatori Salesiani.
E molto antica , ma pur sempre nuova la favola del lupo e dell'agnello. Agognava un lupo di mangiarsi un agnello; ma volendo salvare le apparenze , e un tantino di onoratezza, andava mendicando un pretesto, onde legittimare la sua crudele voracità. Pertanto trovandosi ambidue a bere allo stesso rivo, disse il lupo all' agnello - Tu mi hai intorbidata l'acqua.-- Ciò non può essere , rispose l'innocente, perchè tu bevevi più da presso alla fonte e io più da basso , sicchè l'acqua da te scorreva a me. -Se non mi hai intorbidata l'acqua , riprese la mala bestia, tu mi facesti ingiuria sei mesi fa. - Scusami, soggiunse l'agnellino, ma sei mesi fa io non era ancor nato. - Comunque sia, se non m'ingiuriasti tu, m' ingiuriò tuo padre, conchiuse il lupo; e in così dicendo gli si avventa contro e se lo divora.
Esopo, che compose questa favoletta, fu un gran genio. Egli conosceva a fondo gli uomini e tesse la storia di tutti i tempi
Non è nostro scopo di passare a rassegna certi fatti , che si ripetono ancora oggidì , e che rivoltano il cuore. Vogliamo invece segnalare come i libertini , i quali fanno orrendo strazio, di cose e di persone venerande, abbiano poscia l'ardimento di atteggiarsi a vittime, e lamentarsi degli scrittori cattolici, perchè taglino loro, come si dice, i panni addosso.
Per la qual cosa domandiamo: Può egli uno scrittore cattolico tagliare i panni addosso, ossia sparlare del prossimo, senza mancare alla legge della carità e della mansuetudine?
Senza pretendere di sciogliere da maestri la questione , e portare qui un autentico giudizio, noi ci crediamo di poter rispondere che, ove si tratti di un fallo notorio, presente o passato, soprattutto se pernicioso alle anime, non si viola punto la carità nè la mansuetudine, disapprovando pubblicamente, a voce o per iscritto, chi lo ha commesso, purché ciò si faccia per amore della verità e della giustizia, ed osservando temperanza di modi. É da tutti ammesso l'adagio della giurisprudenza: Si palam res est, repetitio iniuria non est: se la cosa è palese, non è ingiuria il ripeterla. Anzi il ciò fare può giovare assaissimo al pubblico bene; imperocchè col dare il dovuto biasimo a chi sel merita si prevengono più altri errori, danni ed insidie ; si ammaestrano i presenti e i futuri; e col timore dell' infamia talora si distolgono molti dal commettere il male.
Che poi in casi siffatti sia lecito sparlare dei cattivi ce lo dimostra la condotta tenuta dal nostro Signor Gesù Cristo verso degli Scribi e Farisei. Finché costoro peccavano in segreto, o se la prendevano contro di Lui solo, Egli come mansueto agnello tacque,. pianse, sofferse e morì ; ma quando quella mala genia, facendo strazio della Religione e della morale, diveniva ad un tempo pietra d'inciampo alle anime, allora anche il mansuetissimo Gesù parve cangiar natura, e da mite agnello diventare terribile leone. Di qui i suoi Vae vobis, guai a voi, scagliati quali fulmini contro di loro, perchè, come Egli diceva, chiudevano in faccia agli uomini il regno dei Cielì ; non vi entravano essi, e intanto coi loro mali esempi non vi lasciavano entrare gli altri. Di qui quei tremendi epiteti loro rivolti di ciechi, d'ipocriti, di sepolcri imbiancati e persino di vipere, progenies viperarum (Matth. XII e XXIII). Di quì ancora quel suo dare di piglio alla frusta, e aggiustare addosso ben misurati colpi ai profanatori del luogo santo. E nonostante questi detti e questi fatti il divino Maestro soggiunse : Imparate da me, che sono mite discite a me quia mitis sum. Da ciò si può adunque legittimamente inferire che carità e mansuetudine possono andare fraternamente d'accordo con una ragionevole fierezza o vivacità di parole e di atti contro di coloro, che fanno pubblicamente il male a scandalo dei loro prossimi.
Nè diversamente adoperarono tutti i Santi. Mosè, gran duce del popolo ebreo, era, al dire del Sacro Testo, il più mite degli uomini : Erat Moyses vir mitissimus super omnes homines , qui morabantur in terra (Num. XII, 13). Egli non faceva niun caso degli oltraggi diretti alla sua persona ; perdonava e pregava pei suoi nemici; ma quando, sceso dal monte Sinai colle tavole della legge in mano, udì intorno al vitello d'oro l'osceno tripudio, e vide le sacrileghe empietà del popol suo , che non fece quel mitissimo uomo? Gettò sdegnosamente a terra le sacre tavole scritte dal dito di Dio, e le mise a pezzi ; e poi? E poi si legga il resto al capo 32 dell'Esodo, e si vedrà che della mansuetudine non è punto nemico il più alto risentimento, concepito per nobile causa.
Niuno vorrà certamente dire che l'Apostolo Paolo mancasse di carità, egli, che di questa virtù tesse i più alti elogi, anteponendola persino alla fede ed alla speranza. Or bene, per tacere di tanti altri fatti, questo grande Apostolo, il quale scriveva sotto il dettato dello Spirito Santo , e intingeva la penna come nel sangue preziosissimo del divìno Agnello, scrivendo al suo discepolo Tito intorno agli abitanti dell' isola di Creta (oggidì Candia), non esitò punto di togliere ad imprestìto da Epimenide loro poeta una poco lusinghiera definizione, e di chiamarli : Cretesi sempre bugiardi, cattive bestie, ventri infingardi, perchè gran mangiatori ed oziosi : Cretenses semper mendaces, malae bestiae, ventres pigri (I. 12).
Potremmo inoltre corroborare la nostra tesi con infiniti esempi, tolti dalle opere dei ss. Padri della Chiesa, dei Dottori ed Apologisti cattolici ; potremmo addurre un san Bernardo, Dottore mellifluo, che non ostante il miele dolcissimo di sua carità manda ad Arnaldo da Brescia il titolo di seduttore, vaso di contumelie , scorpione, fiero lupo ; potremmo addurre un s. Tommaso d'Aquino, Dottore angelico, che rappresenta Guglielmo di Sant'Amore e i seguaci suoi siccome nemici di Dio, ministri del diavolo, membri dell'anticristo, ignoranti, perversi e reprobi; potremmo addurre un s. Bonaventura, Dottore serafico, il quale non dubita di chiamare Giraldo protervo, calunnioso, insano, empio , impudico , ignorante , bugiardo , malvagio, insensato e perfido; ma con simili citazioni andremmo troppo per le lunghe.
Non possiamo per altro passare sotto sìlenzio il Santo, dal quale i Salesiani prendono il nome. S. Francesco di Sales per la sua carità e dolcezza fu meritamente chiamato una viva imagine del divin Salvatore. Egli non prese mai vendetta dei suoi nemici; condonò inauditi affronti ; domandò ed ottenne persino grazia della vita a chi aveva tentato di rapirgli la sua; ad un cotale, che gli vomitava sul viso un diluvio d'insolenze, villanie e ingiurie, diede per unica risposta : Se voi mi cavaste ben anche un occhio, io vi guarderei amorevolmente coll'altro. Ma ciò nondimeno egli non confuse mai la mitezza colla debolezza, nè la soavità di cuore colla indifferenza ed apatia di animo. Quindi a tempo debito, in pubblico ed in privato, diceva e scriveva le verità anche più disgustose , e ciò faceva con tanta energia, da tirarsi addosso l'ira delle anime vili e scellerate. Che cosa non diss' egli . dal pulpito contro una spudorata cortigiana, che all'ombra di persone potenti menava scandali in Annecy ? Che non fece contro gli abitanti di Seissel, che avevano oltraggiato un suo Sacerdote ? Domandò al Senato che fossero giustamente puniti, e scriveva : L' insolenza fu troppo pubblica per essere dissimulata, troppo grave per non essere punita, troppo pericolosa per non essere repressa. Così la ,dolcezza aveva in lui i suoi limiti , riflette qui il pio Canonico Giacinto Gallizia, scrittore di sua vita , e S. Francesco di Sales, quantunque nelle turbolenze non perdesse mai la tranquillità di spirito , nè dimenticasse la misericordia, tuttavia servivasi a tempo e luogo anche della collera, e lasciava alla giustizia inviolate le sue parti. Di più : Interpellato da una pia persona, se potesse lamentarsi e sparlare di un colpevole, rispose che sì, purchè il facesse coscienziosamente e secondo verità. Ecco le sue parole : « Dell'uomo, di cui pensate che sia la colpa, non assicurate cosa veruna, se non a misura della cognizione e conghiettura della colpa, parlando con dubbio delle cose dubbie, e più o meno, secondo che lo saranno. » Altrove scrive : « No , non bisogna secondare gli altrui vizi , pensando di schivare quello della maldicenza; ma chiaramente e schiettamente si deve dire male del male, e biasimare le cose che sono biasimevoli. » Di coloro poi , che seminano errori nel campo intellettuale o morale, egli aggiunge : I nemici dichiarati di Dio e della Chiesa debbonsi diffamare quanto si può; e conchiude : È carità gridare al lupo quando é tra le pecore, anzi in qualunque luogo egli sia (1). Così faceva e parlava un Santo, il più mite forse tra tutti quelli, che fiorirono nella legge di grazia.
Essendocene stata offerta propizia occasione, abbiamo voluto trattare, o, per meglio dire, sfiorare questo punto, perchè ci accadde , non è guari, di udire persone, che si piccano di fare le sapute, a tacciare di poca carità uno dei più intrepidi giornalisti cattolici dei tempi nostri. E perchè ? Perché, a fine di mettere in sull'avviso gli incauti, egli, quando occorre, rivede le bucce, e dice il fatto suo a chi tocca. Quella censura, come tante altre consimili, ci parve irragionevole ed ingiusta. In questa bisogna non si deve già prendere a criterio la pena ed il danno che reca questo o quell'apprezzamento sfavorevole, ma bensì se questa pena o danno sia ragionevole, giusto o no. Una regola della carità viene espressa in questi termini: Non fare agli altri quello che ragionevolmente non vogliamo che altri faccia con noi. Si badi a questo ragionevolmente. Ora, a quella guisa che io, esponendo in pubblico un detto od un fatto biasimevole, pretenderei contro ragione che niuno me ne dicesse male, e chiunque potrebbe in quella vece disapprovarlo, quantunque me ne dovesse avvenire pregiudizio e noia ; tal è parimenti per ogni altra persona. Se così non fosse, allora si dovrebbe cessare di gridare al ladro , perchè questi ne sente dispetto e ne prova detrimento.
Ma e la fama altrui ? si domanda. -- Rispondiamo: Perde il diritto alla propria fama chi da se stesso s' infama. Voi vi siete infamati colle vostre azioni , diceva un celebre storico, e io vi infamo co' miei scritti; e diceva bene.
Tuttavia qui potrebbesi fare una difficoltà e domandare : Quando un uomo censurabile fosse costituito in autorità, sarebbe egli ancor lecito ad un privato, qual è uno scrittore, l'appuntarlo pubblicamente? In questo caso non ispetterebbe siffatto cómpito a chi gli è Superiore? - Rispondiamo: Posta la notorietà del fatto , è lecito a chiunque, e quindi anche ad uno scrittore, l'emetterne il suo giudizio, certo o dubbio, secondo i sani principii di Religione e di giustizia, che furono più o meno chiaramente violati o contraddetti. In questo caso il privato o suddito non pretende già di farlo da Superiore, o dare una sentenza autorevole ; ma solamente di avvisare al pericolo, certo o probabile, d'inganno e pervertimento, che si potrebbe incorrere dalla gente. Egli allora, avendone il mezzo, altro non fa che mettere in pratica il divino precetto : Deus mandavit unicuique de proximo suo : a ciascuno Iddio raccomandò di aver pensiero del prossimo suo (Eccl. XVII, 12.) ; precetto, il quale tra le altre cose prescrive eziandio che si avverta il nostro simile di una disgrazia, che lo può incogliere nel corpo o nell'anima. Ecchè ? Dato il caso, che un uomo investito di qualche dignità, sedotto o seduttore, spanda, a viva voce o per iscritto, falsità e calunnie contro persone innocenti, oppure propaghi madornali errori contro la Religione ed il buon costume, dovrà serbarne lo scrittore cattolico un rispettoso silenzio , finchè il tribunale, il Vescovo od il Papa ne abbia istituito minuto esame, e pronunziata formalo, sentenza ? E allora che sarà della buona fama di quelle persone intemerate ? Che sarà di tante menti e di tanti cuori, che in quel frattempo, molte fiate lunghissimo, verranno imbevuti di false idee e perverse massime , forse con irreparabile danno? Se occorre, si domandi pure una parola autorevole ed anche infallibile, chè a suo tempo verrà ; ma intanto chi ama la giustizia e predilige l' innocenza ne prenda tosto le difese, prima che ne vengano indegnamente oppresse; chi ha lingua in bocca e buona penna in mano cominci a dare l'allarme , perchè la gente si guardi dai serpeggianti errori. Questa, se non c'inganniamo, ci sembra la pratica tenuta dagli stessi semplici fedeli in quei tempi, in cui le eresie mettevano fuori per la prima volta le corna, non fulminate, se non dopo lunghe dispute tra Prelati e Prelati , dai Concilii or provinciali, ora ecumenici.
Del resto, lasciando questa grave questione a sciogliersi meglio da persone saggie ed illuminate , noi conchiudiamo : Sebbene l'indole del nostro periodico non sia battagliera, tuttavia, se mai ci occorresse di tagliare i panni addosso, ossia di scrivere cosa disgradevole a persone pubbliche o private, cattoliche od eretiche, noi col divino aiuto non dimenticheremo il gran detto dell'illustre dottore d'Ippona sant'Agostino : Interficite errores, diligite homines : date addosso e distruggete gli errori, ma mostrate viscere di carità verso gli erranti. Soprattutto daremo per norma alla nostra penna le parole della divina Sapienza : Fortiter et suaviter; e ad esempio del nostro Santo, dalla veneranda memoria di Pio IX assegnato a speciale patrono ai giornalisti cattolici, noi colla fortezza e costanza nel sostenere i sani principii vedremo di contemperare la soavità dei modi, inspirata dall'amor di Dio e del prossimo.
(1) V. Filotea, part. iii, c. 29.
Da una relazione poi' anzi avuta stavamo ricavando pel Bollettino un apposito articolo sulla festa di S. Francesco di Sales e sulla Conferenza tenuta ai Cooperatori in Marsiglia , quand' ecco uscire nelle colonne della benemerita Unità Cattolica un articolo sullo stesso argomento. Appena lettolo, abbiamo esclamato: Ecco un abito beli' e fatto. Crediamo bene di dargli la preferenza , perché un migliore noi non sapremmo farne.
Marsiglia, 19 Febbraio 1881.
« Il nostro Consiglio municipale , non volendo mostrarsi meno empio di quello di Parigi, in una delle sue ultime sedute approvò la proposta di togliere da tutte le scuole i crocifissi ed ogni altra immagine religiosa. Ma non crediate già che questo Consiglio rappresenti la città di Marsiglia. Qui, come nelle altre grandi città della Francia, ora signoreggiano i cattivi a sfregio dei moltissimi buoni, i quali non cessano di contrapporre agli atti di empietà le più sincere prove di Religione, e colla frequenza alle chiese e con opere insigni di cristiana carità e beneficenza.
» Per assicurarsi che i religiosi sentimenti dei nostri Padri non sono ancora spenti tra noi, basterebbe l' essersi trovato in questa settimana nella via Beaujour. Già sapete come in questa parte più elevata della nostra città esiste un Istituto del provvidenziale vostro D. Bosco. Aperta , non sono ancora tre anni , questa Casa ha già preso tale sviluppo da ricoverare oggidì poco meno di 200 giovanetti dei più abbandonati della città, e dare l'istruzione religiosa e letteraria ad un gran numero di alunni esterni.
» Nella nuova cappella di questo Istituto , che in omaggio al regnante Sommo Pontefice é detto Oratorio di S. Leone, si celebrarono solenni feste nei giorni 16 e 17 di questo mese, le quali più non si dimenticheranno dai buoni Marsigliesi. D. Bosco trovavasi qui da qualche giorno, venutovi per vedere ancora una volta i suoi Missionarii, che nel loro viaggio per l'America toccavano Marsiglia, ed anche per visitare questa sua Casa, che riesce una delle più importanti ed utili per la gioventù abbandonata. Si colse pertanto questa propizia occasione per solennizzare la festa di S. Francesco di Sales.
» Nel mattino di mercoledì (16) Sua Eccellenza reverendissima Monsignor Robert, nostro amatissimo Vescovo, celebrò la Messa, distribuì la Comunione non solo ai giovanetti, ma ad un numero grandissimo di signori e signore, e con un breve ed affettuoso discorso animò i molti suoi uditori alla divozione verso S. Francesco. Tutti i cuori ne rimasero profondamente commossi ed infervorati. La Messa solenne fu cantata dal prof. Celestino Durando, qua recatosi con D. Bosco. Alla sera il reverendo Abate dei Benedettini cantò la Compieta e diede la benedizione col SS. Sacramento. Le lodi del Santo furono dette magnificamente da un valente oratore, l'Abate Guérin. A tutte le sacre funzioni il concorso dei divoti fu grandissimo, edificante.
» Al domani, giovedì 17, nuova festa e novella prova di religione e di carità. Si tenne in quel giorno la Conferenza ai Cooperatori ed alle Cooperatrici Salesiane, che in questa città sono in gran numero. Parecchi erano venuti eziandio dai paesi vicini, ed alcuni fin da Tolone e da Lione. Si degnò presiedere a questa religiosa adunanza S. E. R.ma Monsignor Forcade, Arcivescovo di Aix, qua portatosi appositamente. La cappella, quantunque assai vasta, si trovò così stipata dal fiore della marsigliese cittadinanza, che si dovettero occupare eziandio l' orchestra, i coretti ed i corridoi vicini. L'Abate Mendre, dotto e pio ecclesiastico di Marsiglia, ed uno dei più validi sostegni dell' Oratorio di S. Leone, lesse un' accurata e minuta relazione sulle condizioni dell'Istituto; disse delle grandi spese sostenute; raccontò in breve il bene che si era fatto a tanti poveri giovanetti, e quello che si farebbe in avvenire, se non veniva a mancare l'appoggio e la carità del numeroso suo uditorio; e con calde parole eccitò tutti a farsi il sostegno dell'utilissimo Istituto.
» Dopo l'Ab. Mendre ascese il pulpito il Reverendo D. Bosco. Tutti gli occhi erano a lui rivolti, e la sua parola semplice e soave fu ascoltata con grande avidità. A certi suoi racconti furono viste varie persone a versare lagrime, tanto n' erano state intenerite. Cominciò dal chiedere scusa se egli, Italiano e poco esercitato, aveva l' ardire di parlare in lingua francese a sì colta udienza. - Ringraziò tutti di quanto avevano fatto per l'Oratorio di San Leone, il quale , mercè la generosità di tanti e così insigni Benefattori, trovavasi in prospero stato. Passò poscia a dire brevemente delle Opere Salesiane nei diversi paesi, e si fermò più particolarmente sulle Case della Francia, Nizza, Navarre, S. Cyr e Marsiglia. Terminò assicurando tutti delle preghiere dei giovanetti non solo dell'Oratorio di San Leone, ma di ogni altra Casa Salesiana.
» Discesone D. Bosco, montò la cattedra Monsignor Arcivescovo di Aix, oratore facondo ed affettuosissimo. Troppo lungo io sarei se volessi anche solo per sommi capi riportarvi quanto egli disse in lode delle Opere Salesiane e di D. Bosco, e le congratulazioni e incoraggiamenti rivolti ai Benefattori dell'Istituto. Ma un detto di quell'illustre Prelato resterà fra tutti memorando. Dopo di aver parlato dei Missionari Salesiani e delle Suore di Maria Ausiliatrice, inviati da D. Bosco fino nella Patagonia, e del guadagno di anime da loro fatto, Monsignor Forcade disse con enfasi Per tal modo Don Bosco estese le sue conquiste ben più gloriosamente ed ampiamente, che non Napoleone I ed Alessandro Magno. La sacra funzione terminò colla benedizione del Santissimo Sacramento, impartita da Monsignor Arcivescovo medesimo. Affinché abbiate un' idea della carità dei buoni Marsigliesi a pro di questo Istituto, vi aggiungo che la limosina, raccoltasi solamente all'uscir di chiesa, montò a duemila lire.
» Non posso terminare senza dirvi che anima e vita di tanto zelo ed operosità, per sostenere quest'Opera benefica di Don Bosco con altre molte, è l'ottimo canonico Guiol, curato di San Giuseppe, ed un Comitato di beneficenza, presieduto dall'egregio signor Jules Rostand, del quale fanno parte nobili signori ed illustri matrone. Voi dunque vedete che nella nostra Marsiglia, benché una mano di tristi si adoperi per istrappare dai cuori ogni sentimento religioso, tuttavia questo ancora regna profondo e con lui le cristiane virtù, tra le quali la carità. Per la qual cosa nutriamo fiducia che, nonostante certe aberrazioni e sociali sconvolgimenti, il buon Dio avrà pietà di noi e salverà la Francia. »
Nel febbraio ultimo scorso abbiamo incominciato ad inviare la seguente circolare , tradotta nelle rispettive lingue, ai Vescovi e Giornalisti Cattolici di varie parti di Europa, e ne continueremo la spedizione in tutte le altre nazioni del mondo incivilito. Ad ogni circolare va unita una delle due lettere, che si troveranno più sotto. Fatta conoscere per siffatto modo la cosa , noi speriamo che non verrà a mancarci l' implorato soccorso; imperocché l'Opera che raccomandiamo è per una parte altamente religiosa, e per altra parte è eminentemente umanitaria e filantropica, trattandosi di preparare un sicuro asilo a mezzo migliaio di poveri giovanetti di tutte le nazioni. Del resto noi faremo quello che suggerisce la prudenza, e Iddio benedirà i nostri sforzi col muovere il cuore e la mano delle persone e caritatevoli. Così Egli ha sempre fatto in ogni altra opera ad onor suo incominciata, e nutriamo piena fiducia che il suo braccio non si accorcierà in questa, che tra tutte quelle da noi finora intraprese è certamente la più colossale.
I primi a cui abbiamo recati i nostri disturbi furono i Rev.mi Arcivescovi e Vescovi dell'Italia. Essi ci vorranno compatire; anzi siamo sicuri che saranno eziandio i primi a farci provare gli effetti della loro carità e zelo. Non tocca alla nostra pochezza il suggerire loro quello che abbiano da fare in questa circostanza; poiché la illuminata loro pietà, l'amore inestinguibile al grande Pio IX e alla gioventù abbandonata, saranno loro consiglieri e maestri.
Tutte le opere, che tornano a decoro di nostra Santa Religione, devono certamente interessare i Cristiani di tutto il mondo, ed in ispecial modo allorché sono destinate a vantaggio ed ornamento dell'alma città di Roma, centro del Cristianesimo, e promosse dal medesimo Supremo Gerarca della Chiesa. Di questo genere sono le opere più sotto descritte da compiersi nella Capitale dell'Orbe Cattolico, giudicate di somma utilità alla Religione ed alla civile Società, e perciò proposte dalla mente illuminata dello zelante Pontefice LEONE XIII gloriosamente regnante. Esse sono le seguenti:
I° Una Chiesa al Castro Pretorio sul Monte Esquilino da consacrarsi al Sacro Cuore di Gesù, che debba pur servire di Parrocchia ad una popolazione di dodici mila anime, e di monumento all'immortale PIO IX. L' ente giuridico parrocchiale è già costituito e riconosciuto dall'Autorità Ecclesiastica e Civile ;
2° Un giardino di ricreazione, dove si possano raccogliere fanciulli specialmente nei giorni festivi, trattenerli con piacevoli trastulli, dopo che abbiano adempiuti i loro religiosi doveri;
3° Scuole serali pegli Operai più adulti. Questa classe di giovani, occupata lungo il giorno in faticosi lavori, spesso manca di mezzi per procacciarsi la conveniente istruzione, di cui avrebbe gran bisogno;
4° Scuole diurne per que' fanciulli, i quali, a motivo della loro povertà o del loro abbandono, non sono in grado di frequentare le pubbliche scuole;
5° Un Ospizio in cui siano istruiti nella scienza , nelle arti e ne' mestieri quei fanciulli, che vagano per le vie e per le piazze, a qualunque paese, città o nazione appartengano. Imperciocché molti di costoro si recano in Roma colla fiducia di trovare lavoro e danaro, ma delusi nelle loro speranze cadono nella miseria, esposti al pericolo di mal fare , e per conseguenza di essere condotti a popolare le prigioni dello Stato.
Questo Ospizio dovrà essere capace di accogliere circa cinquecento poveri orfanelli , sul modello dell'Oratorio di S. Francesco di Sales già esistente in Torino.
Fin dal 1878, per iniziativa del regnante Pontefice, veniva stabilita un' apposita Commissione di ragguardevoli Personaggi, sotto la presidenza dell'Eminentissimo suo Vicario, allo scopo di innalzare il mentovato sacro Edifizio. Comperata l'area corrispondente , furono tosto cominciati i lavori, sopra un disegno del Sig. Ingegnere Conte VESPIGNANI, i quali progredivano alacremente. Ma essendo venuti a mancare affatto i mezzi per la continuazione della fabbrica, e per altra parte desiderando di provvedere 'più efficacemente ai bisogni della gioventù pericolante, il SANTO PADRE giudicò di affidare allo scrivente la costruzione, la cura ed amministrazione dell'Opera (1). In pari tempo e in tale deficienza di mezzi la prelodata SANTITÀ SUA lo autorizzò a ricorrere alla carità di tutti i fedeli Cristiani.
1° Si può concorrere con mezzi pecuniarii o con materiali per fabbricazione ;
2° Ciascuno può venire in aiuto colla preghiera, e consigliando persone agiate a rendersi Benefattori;
3° Tutti i Cooperatori sono pregati di far pervenire le loro oblazioni in Roma a Sua Eminenza Rev.ma il Signor Cardinale Raffaele Monaco la Valletta Vicario Generale di SUA SANTITÀ, o al Sac. Dott. Francesco Dalmazzo - Torre de' Specchi, n° 36, Roma ; oppure al Sac. Gio. Bosco, Torino;
4° Saranno inviati ed autorizzati a raccogliere oblazioni alcuni sotto il nome di Collettori. Ma essi non dovranno recarsi a questuare come che sia senza essere muniti di uno scritto, in cui sia notato l'oggetto della questua, nome, cognome e qualità del Collettore , la firma del Sacerdote Gio. Bosco, col timbro portante le parole : Societas Salesiana. Discite a me qui mitis sum.
5° Senza questa formalità sono rispettosamente pregati gli Eccellentissimi e Reverendissimi Arcivescovi e Vescovi delle varie Diocesi, e i molto Reverendi Signori Parroci , Curati e
Rettori di Chiese a volersi fare Collettori tra i fedeli Cristiani dimoranti nel distretto di loro rispettiva giurisdizione, d'inviare a qualcuno dei tre soprannominati quel danaro che avessero potuto raccogliere, e di favorire i così detti Collettori muniti del richiesto attestato.
1° Una speciale Benedizione del SANTO PADRE, che approva e raccomanda la pia impresa, a tutti quelli che amano l'incremento della nostra Santa Religione, il buon costume, il bene della gioventù e di tutta la civile Società;
2° Terminato il sacro Edifizio, e consacrato al divin Culto, nel venerdì di ogni settimana sarà celebrata una Messa all'Altar Maggiore, colla recita della Corona del Sacro Cuore di Gesù e con altre particolari preghiere pei Benefattori ;
3° Il medesimo pio esercizio avrà luogo nella Festa del Sacro Cuore di Gesù e di Maria, del SS. Natale, del SS. Sacramento e in ciascuna Festa de' ss. Apostoli;
4° A fine di prestare speciale ossequio all'Augusta Madre di Dio ed invocare la potente sua protezione sopra tutti i nostri Benefattori, la sera di ciascun giorno si reciterà la terza parte del S. Rosario, si canteranno le Litanie Lauretane o l'Ave Maris Stella, cui seguirà la Benedizione col SS. Sacramento. La funzione sarà terminata col De Profundis ed Oremus analogo, o con un Pater , Ave e Requiem , in suffragio dei Benefattori defunti;
5° Queste celebrazioni di Messe , preghiere ed esercizi di cristiana pietà avranno luogo in perpetuo.
Sac. GIOVANNI BOSCO.
ECCELLENZA REVERENDISSIMa,
Colla massima venerazione mi fo animo di supplicare la Eccellenza Vostra a venirmi in appoggio per condurre a termine una pia impresa, cominciata e caldamente raccomandata dallo zelo e dalla carità di SUA SANTITÀ LEONE XIII.
Dal foglio unito la Eccellenza Vostra potrà di leggieri comprendere l'oggetto della mia preghiera e dei pensieri di SUA SANTITÀ.
Voglia intanto gradire la Benedizione del SANTO PADRE, e permettere che con profonda gratitudine io abbia l'onore di professarmi
Di V. E. Reverendissima.
Sac. GIOVANNI BOSCO.
EGREGIO SIG. DIRETTORE,
La stima grande che meritamente gode il suo Giornale e lo zelo con cui la S. V. lo dirige mi fanno sperare il suo appoggio in una impresa, che si riferisce direttamente al bene della Religione e della civile Società. Dal foglio unito Ella potrà conoscere di che si tratta.
A tale uopo mi raccomando alla ben nota sua benevolenza, con preghiera di dare pubblicità al progetto ivi esposto con quelle parole, che nella illuminata sua prudenza giudicherà opportune.
Dal canto mio gliene professo profonda gratitudine , innalzando preghiere a Dio che la conservi in buona salute, mentre ho l'alto onore di potermi professare
Di V. S. Illustrissima.
Sac. GIOVANNI BOSCO.
(1) In seguito a questa benevola disposizione del SANTO PADRE, fu d'uopo acquistare altro terreno per ampliare la Chiesa, e per innalzare il progettato Ospizio, scuole e laboratorii.
Nel porto di Genova verso le ore quattro e mezzo pomeridiane del primo gennaio 1879 si udiva un colpo di cannone. Era il segnale della partenza del bastimento Sud America, che trasportava dal vecchio al nuovo mondo con altre nove anche la nostra Suor Virginia Magone ed alcuni Sacerdoti Salesiani. Levata l' àncora , il vapore diede un acuto fischio , e la gran nave prese a muoversi sulle placide onde. Dal molo alcune persone amiche agitando i fazzoletti salutarono le coraggiose vergini del Signore, che facendo altrettanto risposero a quell'ultimo saluto coll'animo profondamente commosso. Quando il rapido allontanarsi del piroscafo tolse dallo sguardo quei cari, Suor Virginia colle sue consorelle si raccolse un istante, e colla fiducia di affettuosissima figlia tutta si abbandonò nelle braccia di Maria, appellata dalla Chiesa Stella del mare. Dopo quest'atto ella si trovò coll' animo così quieto e sicuro , da far presagire che la pericolosa navigazione sarebbe stata felicissima ; e non andarono fallite le sue speranze.
Buona parte di quanto occorse in quel lungo viaggio di mare fu descritto in una lettera, composta dal Missionario D. Beauvoir a modo di diario, e speditaci dall'isola di S. Vincenzo. Noi l'abbiamo pubblicata nel mese di marzo di guell' anno medesimo. Non istimando conveniente il produrre due volte in questo periodico gli stessi documenti, rimandiamo il lettore al numero citato. In quella vece qui cominciamo a riportare la prima delle tre lettere, da noi possedute, che Suor Virginia da Villa Colon, luogo di, sua residenza, inviava alla Superiora generale in Nizza Monferrato. Esse sono scritte senza studio veruno, e con tanta semplicità, che vi manca persino la data ; ma spirano tutte un sì bel candore ed una così esimia pietà, da svelarci appieno quanto fosse bella e virtuosa quell'anima.
Lettera 1a
REVERENDISSimA MADRE SUPERIORA,
Sono proprio in America ? Sì, ci sono davvero.
Non è un sogno ? No, non é un sogno, ma una realtà. Sono nella Repubblica dell'Uruguay, a Villa Colon , con le Suore che partirono l' anno scorso da Mornese. Non mi par vero di essere così lontana dalla mia cara Madre Superiora. Oh! quanto tempo è che non l'ho più veduta ! Quando la rivedrò? Quando verrà a vederci ? Si ricordi di mettere in pratica quel punto della regola, che dice
La Superiora deve almeno una volta all' anno visitare tutte le sue figlie in ogni casa. Oh ! Madre, io non credeva di volerle tanto bene ! Solo adesso lo provo , che non sono più in tempo di dimostrarglielo. La sua persona mi si presenta dinanzi ogni momento , e pare che mi dica : Sii buona, Suor Virginia, obbediente, umile, sincera.
Io le prometto di sì, e lei continua a dirmi Prometti sempre, e non attendi mai. Madre, lei ha ragione di dire così ; ma ora mi metto davvero e vedrà che coll' aiuto di Dio mi farò molto più buona. - Altre volte mi vengono avanti i molti fastidii e disgusti che le ho dati. Oh ! sì, di tutto cuore la ringrazio del bene che mi ha fatto, e la prego a perdonarmi la mia ingratitudine.
Che cosa le racconterò adesso ? Del viaggio non le dirò nulla , perché credo che la Madre Suor Maddalena avrà già scritto tutto ; ma non posso fare a meno di dire che fu buonissimo. Lo stesso signor Comandante diceva che dei suoi moltissimi viaggi il migliore era stato questo. Diceva ancora che non aveva mai provate tante consolazioni in tutto il tempo di sua passata navigazione. Dopo tanti anni che non aveva più ascoltata la Messa, egli non solamente veniva ad ascoltarla con noi , ma faceva ancora da sacrestano ; preparava la cappella in coperta, accendeva le candele, e a suo tempo le spegneva (1). Ogni sera poi era sempre egli il primo ad invitarci a cantare le lodi della Madonna.
Tutti i passeggieri di prima classe impararono quella che incomincia: Io voglio amar Maria, ed il signor Commissario del bastimento la suonava sull'harmonium così bene, che non ci sembrava più di essere in mare, ma in casa nostra.
Ancora una cosa. Stiano bene attente anche tutte le Suore ; allarghino gli occhi, spalanchino ed allarghino le orecchie, e lei, Madre Assistente, legga ad alta voce , e si faccia sentire da tutte. Incominciamo adunque. Sappia che il giorno che abbiamo passata la linea dell'Equatore abbiamo fatto una bellissima festa. Da prima si spararono 101 colpo di cannone ; poscia si ascoltò da tutti i passeggierì di prima e seconda classe la santa Messa, e noi tutte dopo di aver cantato : Anima mia che fai, facemmo la santa Comunione. Dopo ciò, colazione e ricreazione sino alle 11 del mattino. Poi (attente ; fate tutte silenzio ; ché il bello è qui) poi si è preparata una tavola in coperta, e tutti i passeggieri, e gli stessi uffiziali, posero sopra di essa qualche oggetto , per fare un incanto a vantaggio dell'ospedale di Buenos-Ayres. Perciò ancor noi siccome passeggiere dovemmo mettere qualche cosa ; e infatti chi mise medaglie , chi corone, chi immagini, e la Madre pose una crocetta di carta bristol. Poscia incominciò il lotto, che durò circa 4 ore. Qui non istò a raccontarle il tutto come e' accaduto, perchè sarebbe cosa troppo lunga. Dico solo che dopo di aver fatto passare tutti gli oggetti si venne alla crocetta. Qualcuna di voi indovini un poco a quanto fu messa fin da principio. Nessuna risponde ? Risponderò io : Uno disse : 5 franchi ; l'altro, 10 ; un terzo , 15 ; un quarto , 20. Sul fine si arrivò a fare 45 franchi di una crocetta, che a 20 soldi sarebbe stata pagata cara e salata. Fortunati gli infermi dell'o- spedale di Buenos-Ayres , i quali dovranno dire grazie alla croce di Suor Maddalena Martini.
Avrei ancora molte cose a dirle, ma mi accorgo che tosto mi manca la carta , e perciò mi conviene abbreviare. Dopo di aver fatto un viaggio di 24 giorni si sentì uno sparo di cannone. Che c'è ? Siamo a Montevideo. Alle ore nove del mattino vedemmo venire verso di noi una barchetta, nella quale stavano il sig. D. Agostino Mazzarello con un secolare. Calate nella barca ed entrate in città salimmo in una vettura , ansiose di vedere presto le nostre sorelle. Alle 12 i cavalli si fermano. Dove siamo? Siamo alla casa delle Suore, ci dicono; ed infatti scorgiamo una casetta in mezzo ad un boschetto, e poi le Suore che correndo venivano ad incontrarci. Ci fecero tutti i complimenti possibili alla moda italiana ed americana , e seguirono due giorni di festa. E di questo basta.
Non so se sappia già che la Madre Suor Maddalena non si è fermata qui, ma è andata del medesimo giorno a Buenos-Ayres. Qua siamo Suor Filomena, Suor Giuseppina, Suor Vittoria ed io.
Madre, ho ancora ùn sacco di cose da dirle, ma non ho più carta. Pazienza ! Le scriverò un' altra volta. Intanto mi raccomando alle sue fervorose preghiere, e riverendola mi dico nel Cuor di Gesù
Sua U.ma ed Obb.ma figlia
Suor VIRGINIa.
I mondani o per ignoranza o per mala fede vanno dicendo che le persone religiose hanno spento nell'animo ogni affetto, e le coprono di vituperevoli epiteti, chiamandole gente senza cuore, ingrate , misantrope e peggio. Noi non dobbiamo stupirci che così parli il mondo, il quale, al dire del divin Salvatore, ha in conto di stoltezza la vera sapienza, e, secondo la sentenza dell'Apostolo Paolo, non è giudice competente delle cose di Dio, perché animalis homo non percipit, quae sunt spiritus Dei. Ma qui vogliamo dire che la nostra Suor Virginia senza pensarvi diede ai seguaci del mondo la più solenne delle mentite. Religiosa fin dai verdi suoi anni ella nutrì sempre in cuore la più grande tenerezza verso i suoi parenti, e, non potendo altro, mandava loro buoni consigli, e pregava per la loro felicità temporale ed eterna. Il suo animo , ben lungi dal chiudersi ai dolci ed onesti sentimenti, fu sempre ripieno di gratitudine e di amorevolezza verso la sua Superiora , verso le Consorelle e verso il suo prossimo. La sua vita di obbedienza e di sacrifizio non le tolse punto l'allegrezza dello spirito, non le cangiò punto in misantropia la sua giovialissima natura , ma gliela accrebbe , e perfezionò mirabilmente. Tale ella fu in Europa . e tale si mantenne in America. Di tanto noi andiamo convinti e dalle relazioni ricevute dalle sue compagne , e soprattutto dai suoi scritti , uscitile dalla penna in momenti e in circostanze, nelle quali ella apriva il suo cuore con una confidenza ed un' ingenuità puerile. La Superiora generale, alcun tempo dopo che ella si trovava in America, le scrisse un biglietto, dandole consigli da madre, e ricordandole quelli avuti nell'ultimo addio. Al ricevere questo segno di affetto dalla Madre generale la tenera Suor Virginia si sentì inondare il cuore di una gioia ineffabile. Quindi colta la prima occasione essa le inviava una seconda lettera così affettuosa, e ricca di sì bei sentimenti , che noi faremmo un torto alla memoria di quell'anima, se non la mettessimo sotto gli occhi dei nostri lettori.
Lettera 2a
Viva Jesus y Maria.
MI MUY QUERIDA MADRE SUPERIORA,
Ricevetti la carissima sua lettera. Oh ! il gran piacere che provai , quando la Rev.da Direttrice mi disse : La cara Madre Superiora vi ha scritto. Io trasalii, e poi le lagrime mi spuntarono sugli occhi per consolazione. Che bontà di Madre ! Non dimentica le sue figlie anche le più cattive. Sì , mi consola tanto il pensare che dopo una madre in Cielo ho pure una madre in terra, che pensa a me, prega per me, e per me s'incomoda fino a scrivermi tante belle cose e tanti bei ricordi.
Mi vedo obbligata di ringraziarla di tutto il bene, che mi ha fatto col prendermi con sè fin da piccina, e coll'avermi insegnate tante belle cose. Se non fosse per la sua grande bontà , chi sa dove sarei io... forse perduta per tutta la eternità. E in vece la sua carità tanto grande mi tolse dai pericoli e m'insegnò la strada del Cielo. Ora tocca a me il camminare per essa. Purtroppo devo confessare che finora ho fatto poco cammino ; però non mi perdo di coraggio. Il Signore é molto buono, e spero che farà buona anche me , che lo desidero tanto. Non è vero, Madre ? Mi metto adesso di proposito , e con l'aiuto del Signore spero di farmi un po' di bene.
Intanto la prego, mia Rev.ma Madre, a volermi perdonare tutti i dispiaceri che le ho dato , che per certo sono molti e grandi. Sì, lo conosco adesso.... adesso che non posso più rimediare... Voglio sperare che la sua grande bontà avrà già tirato un velo sopra di tutti , e che più non vi penserà. Vuoi credere, o Madre, che mi sovviene ancora il primo dispiacere, che le ho dato, quando stavamo ancora alla parrocchia di Mornese ? E poi tutti gli altri, che le ho dato in seguito, di tratto in tratto mi vengono davanti. Me li perdoni adunque, affinché li possa dimenticare anch'io, e possa vivere tranquilla.
Mia Rev.ma Madre , avrò ancora la fortuna di vederla un'altra volta? Senta questo. Una notte ho sognato che lei era venuta in America. S'immagini la consolazione che provai. Io era talmente contenta, che non trovava parole bastanti per esprimere la gioia del mio povero cuore. Ma nel più bello del sogno, il suono d'una campana mi svegliò , e io rimasi mortificata come un cane bastonato. Con tutto ciò non voglia mica credere che io non sia contenta di trovarmi in America ; no, tutt'altro. Io sono contentissima, anzi questa sorte la desidererei alla Rev.ma Madre Superiora, poscia a tutte le Figlie di Maria Ausiliatrice, e l'auguro a quelle specialmente, che hanno presto da venirci.
O Madre Assistente, si faccia coraggio, faccia compagnia alla Madre Superiora, e vengano presto ambedue. Non abbiano paura del mare. E vero che talvolta bisogna fare qualche brutta figura , ma non importa ; terminato questo , si sta benissimo. Diletta molto il vedere montagne d'acqua cadere da una parte e sorgere dall'altra. Questo ricrea assai, e nel tempo stesso fa vedere la grandezza di Dio. Non si vede che cielo ed acqua, e pare che tutti i momenti il bastimento si debba rompere, e noi andare tutte perdute nelle onde ; ma no, perché Iddio, che è il padrone del mare, lo comanda, ed esso ci lascia arrivare felicemente al porto. Così fece con noi, e così farà sicuramente anche con loro. Vengano e ne faranno la prova.
Madre Economa, come sta? Ah! se venisse in America non avrebbe più da rompersi la testa per comperare la carne. Qui ve n'è tanta, e costa così poco, che la danno persino ai cani. O Madre Economa, giacché le ho dato tanti fastidii, la prego a non volersi dimenticare di me nelle fervide sue preghiere.
Suore tutte, che mi conoscete, vi ricordate ancora di Suor Virginia? Sì, care sorelle, ricordatevi di me nelle vostre preghiere, e io mi ricorderò pure di voi davanti al Signore. Pregate Gesù, affinché mi dia la virtù necessaria per tirare anime a Lui , ed io pregherò affinché conceda a voi tutte la grazia di venire in America. Siete contente ? Sì, lo é per me e lo sarebbe anche per voi una bella grazia , e più grande Iddio non la potrebbe fare alle Figlie di Maria Ausiliatrice.
Carissima Madre Superiora, ora ritorno a lei, e la prego a perdonarmi della libertà che mi son presa nel dire qualche cosa alle Suore, senza dimandarle il permesso. Con tutto ciò non intendo di lasciare lei da una parte , no , questo non lo farò mai. Ora, se me lo permette , le racconterò qualche meraviglia dell'America. Primieramente le dirò che qui soffia un vento talmente forte, che la nostra casa fa quasi come il bastimento in mare, e un po' si volta alla destra e un po' alla sinistra, dimodochè pare che tutti i momenti voglia cadere. Ma fin qui un braccio la sostenne , e ci pare quasi un miracolo. Se non fosse perché teniamo il SS. Sacramento in casa, a quest'ora chi sa come la sarebbe andata. Però ci consola il pensare che, se la casa cade, noi resteremo di sotto insieme con Gesù , e insieme con Gesù staremo molto bene, e andremo in Paradiso.
Pochi giorni sono siamo andate a fare una passeggiata nelle campagne. Vi abbiamo trovate moltissime case fatte con fango, che qui si chiamano rancios, e dentro abita della gente, la quale disgraziatamente vive come le bestie. Vorrei raccontarle qualche cosa di più ; ma mi fa troppo ribrezzo, e dico solo che ne abbiamo sentita una grande compassione.
Le tre Mornesine unite, abbìamo, col permesso della Madre Direttrice, spedita una lettera al nostro buon Parroco, dandogli notizia del nostro viaggio, e del come ci troviamo in America. Suor Denegri e Suor Teresina scrissero pure ai loro parenti. Anch' io scrissi una volta alla mia cara mamma, ma non ricevetti alcuna risposta.
Mia Reverenda e cara Madre Superiora , ora conchiudo ; ma prima la ringrazio nuovamente di tutto ciò che fece per me, ed anche della sua cara lettera. Con l' aiuto del Signore farò il possibile per mettere in pratica tutti i suoi consigli. Non mi voglia mai dimenticare nelle sue fervide preci, e mi raccomandi eziandio a quelle di Madre Economa, di Madre Assistente, di Madre Enrichetta, e di tutte le Suore. Voglia accettare mille saluti da tutte queste buone sorelle, le quali m'incaricano di dirle tante belle cose , che la mancanza di tempo e di carta non mi permette più di scrivere. Quando abbia occasione di scrivere a Borgo S. Martino, abbia la bontà di unire colla sua anche questa mia a sua sorella, Madre Felicina. Nel Cuore adorabile di Gesù mi dico
Sua U.ma ed Obb.ma figlia
Suor VIRGINIa MAGONE.
Giunto che fu a Villa Colon l' aiuto delle Suore , il Direttore del Collegio Pio, D. Luigi Lasagna, non tardò ad usufruirne a benefizio delle ragazze del paese, e poscia della non lontana parrocchia di Las Piedras. Furono tosto aperte scuole, laboratorii ed Oratorio festivo. La nostra Suor Virginia, che bruciava di desiderio di guadagnare anime a Dio, si trovò così nel suo ambito centro. Si videro allora da lei rinnovarsi in America le sante industrie di carità , che sì gran bene avevano già fatto a tante giovinette in Europa. La sua attitudine, la sua esperienza, il suo zelo servirono efficacemente ad incominciare e a far progredire quelle opere novelle, con grandissimo vantaggio morale e religioso di un buon numero di fanciulle. Nella scuola essa nulla ommetteva di quanto potesse contribuire alla conveniente istruzione delle scolare, che le erano affidate; ma non mai le sfuggiva dalla mente che una buona maestra, più che alla coltura della mente e all'esercizio delle mani, deve mirare alla educazione del cuore. Quindi tu l'avresti veduta e nelle lezioni, e nell'assegnamento dei lavori, e nella ricreazione, e nei colloquii privati cogliere tutte le occasioni per instillare nelle sue allieve massime, regole , e precetti più adattati per migliorarle e renderle virtuose ; e vi riesciva mirabilmente. Quanto bene in quell'importante uffizio non avrebbe ella operato se avesse potuto continuare ! ma Iddio nei suoi adorabili consigli altrimenti aveva disposto.
Dopo alcuni mesi , dacché si trovava a lavorare sul suolo americano, Suor Virginia fu incolta da un indomabile malore, che lentamente consumandola cominciò a toglierle quella gradita occupazione , e poscia la vita.
Il suo male già le dava qualche travaglio, quando ella scriveva la seguente lettera, che è l'ultima delle tre che ci sono rimaste. Deve essere stata scritta nel mese di ottobre o di novembre del 1879. Questa lettera insieme colla sua figliale amorevolezza ci rivela l' alta perfezione , a cui era giunta questa nostra Suora. Con quanta umiltà rimira e confessa i suoi difetti , e proclama le virtù di sue consorelle ! E questo il più sicuro indizio di una santità non comune. Poichè di mano in mano che un' anima procede innanzi nella via del Signore, e riceve da Lui più segnalati favori, scorge in se medesima le più leggiere imperfezioni, che prima non vedeva. Allora succede a lei quello che accade ad una persona, che si trovi in una camera. A misura che i raggi del sole penetrano in essa più vividi e risplendenti ella scopre le più piccole macchie, e gli stessi atomi di finissima polvere. La serafica s. Teresa giunta a sublime grado di santità, e ad intima comunicazione con Dio, riputavasi così difettosa, che avrebbe voluto andarsi a nascondere sotto terra per non lasciarsi più vedere. Ma ecco lo scritto accennato.
Lettera 3a
Viva Gesù Bambino !
REVERENDISSIMA MADRE SUPERIORa, Tutte le Suore d'Italia e della Francia ebbero la sorte di vederla una o più volte in quest'anno; non è vero? E le poverette dell' America furono dimenticate! Come può Lei resistere ancora senza far loro una visita ? Abbia sì, abbia compassione delle sue più lontane figliuole ; lasci le 99 pecore, e venga in cerca di quelle, che già da molto tempo si allontanarono dall'amato ovile... Io son certa mia Reverenda Madre, che se Ella vedesse quanto i nostri cuori si rallegrano, allorquando di lei parliamo e a lei pensiamo... oh ! sì, certamente non mancherebbe di accrescerci questa consolazione con una sua visita. Ella dirà: (mi pare di sentirla ) Verrei ben volentieri, ma come posso lasciarne tante per così poche? Reverenda Madre, non le dico già di venire a stare sempre qui, no ; questo sarebbe impossibile ; ma il farci solo una visita è cosa molto facile e ragionevole. E che? Non le viene voglia di rivederci ? di vedere dove stiamo, il luogo , la casa e tante altre cose? Venga dunque, neh ! Venga a consolare le sue figliuole americane. L'anno scorso a Natale mi diede i confetti, affinché li conservassi sino a che lei venisse qua. Finora li ho conservati , ma se non viene presto andranno in malora. E poi, vuole che gliene dica una ? Io ho nella testa che morirò molto presto, perché ho una tosse che mi tormenta e non vuol lasciarmi. Quindi se lei non viene presto temo di non vederla più. Se vado in Paradiso prima che ella venga a vedermi in America, andrò poi io a trovarla a Nizza, neh ! Però non é ancor tempo che io muoia Ho fatto tanti peccati, e debbo prima farne la penitenza.
Mia Reverenda Madre, voglia avere la bontà di pregare per me, affinché io mi converta una volta. Sono venuta nell'America per salvare l'anima mia ed altre, e poi non faccio nulla di bene. Le altre Suore sono umili, ubbidienti, piene di carità e di dolcezza, e io sono l'opposto. Ah ! se vedesse Suor T.... M.... quanto é buona , ed esatta alla santa regola ; é un piacere il vederla ; mi fa proprio invidia. Anche tutte le altre sono molto buone; solamente io, che sono sempre cattiva. Sono un'ingrata ai benefizi che mi fece il Signore. Ah! mia Reverenda Madre , si degni di dire a Gesù, che mi cangi il cuore. Ci avviciniamo al Santo Natale ; e perciò la pregherei a farmi un piacere , qual è di dare un bacio al Bambino Gesù per me. e nello stesso tempo dirgli una parolina in segreto; quello che gli deve dire lascio a lei il pensarlo.
Mi perdoni, mia Rev.ma Madre, se oso mandarle un foglio tanto male scritto. Che farci ! oggi ho la febbre, e perciò non potendo scrivere da alzata bisogna o non scrivere , o scrivere come si può dal letto. Mi rincresce un poco, che non posso dirle tutto ciò che vorrei ; ma non importa. Ciò che non posso dirle ora , se il Signore vorrà lo dirò un'altra volta.
Se mai non potessi più scriverle , incomincio ora ad augurare buone feste , buon fine e capo d'anno a Lei, a tutte le Madri, a tutte le Suore, a tutte le Figlie di Maria Ausiliatrice, e in particolare a quelle, che hanno buona volontà di venire in America, principalmente alle Mornesine , cominciando dalla Madre Superiora. Madre Vicaria , Madre Economa , Madre Felicina di Borgo S. Martino, Madre Rosalia, Suor Rosina di Biella, Suor Carlotta Pestarino, Suor Bodrato, Suor Teresina Mazzarello, Suor Arecco, e tutte quelle che adesso non ricordo più. Della Reverenda Madre Assistente, benché non sia di Mornese, mi ricordo assai, e ancor mi sovviene del patto che abbiamo fatto alla sera della festa di s. Pietro. E Lei si ricorda anche? Voglia avere la bontà di dire a Gesù una parola per questa poveretta.
Mia Reverenda Madre Superiora, la prego che voglia avere la bontà di raccomandarmi alle fervorose preghiere di tutte le Suore e specialmente di Suor E... Adesso in tutti i modi bisogna che finisca , poiché la Direttrice vuole scrivere essa dall'altra parte. Adunque, Madre, mi perdoni e si degni di benedirmi.
Sua povera figlia SUOr VIRGINIA.
Diremo in altro numero della sua malattia e preziosa morte.
(1) Per coperta s' intende il palco o il ponte superiore della nave; onde andare o stare in o sotto coperta vuol dire stare nella parte interna della nave ; e all' opposto essere sopra coperta significa trovarsi nel luogo superiore; è come dire a cielo scoperto, o all'aria aperta.
Nel Bollettino di aprile dell' anno scorso, essendo venuti a parlare dei Protestanti, insediatisi nei piani di Vallecrosia presso Ventimiglia, tra le altre noi scrivevamo queste parole: « L'ignoranza religiosa é già un gran male, ma l'eresia é un male maggiore e più esiziale ancora; imperocché per salvare l'ignorante basta seminare nel suo cuore le verità da Dio rivelate ; ma per salvare l'eretico è d' uopo estirpare prima le male erbe, gli sterpi e la gramigna degli errori, che é uno dei cómpiti più difficili. Il Cattolico ignorante ed anche cattivo, per quanto disgraziato egli sia, mantiene pur sempre un principio di vita. Egli é come un ramo infruttifero , ma attaccato all'albero; é un tralcio senz'uva, ma tuttavia unito alla vite. Almeno nell' ultima sua malattia, agli estremi aneliti, col mezzo dei Sacramenti, si ha speranza di richiamarlo alla vita della grazia ed alla gloria. Per l' opposto l' eretico, al riflettere dei santi Padri, è quale un ramo, quale un tralcio tagliato dalla pianta ; egli é perció senza sugo e senza umore di vita spirituale; egli è non solamente sterile, ma inetto a fruttificare, perché arido e secco. Egli, al dire di san Cipriano, è un figlio bandito, e cacciato di casa , un figlio che ha rotto ogni relazione, ogni commercio col Padre suo , perché, non riconoscendo più per madre la Chiesa, non é più alla stia volta riconosciuto per figlio da Dio: Habere jam non potest Deum patrem, qui Ecclesiam non habet matrem. L'infelice neppure in morte domanderà i conforti della Religione, e quindi senza un miracolo egli si morrà riprovato. Laonde per una diocesi, per una parrocchia, per una città, per una popolazione non vi ha disgrazia più tremenda, che l'impianto di una cattedra, di una scuola di eresia nel suo seno. » Così noi nel 1° articolo del citato numero intitolato: Nuova chiesa e scuole di Maria Ausiliatrice.
Or bene, con infinito giubilo del nostro cuore siamo testé venuti a conoscere che l'illustre città di Valenza sul Po, per non essere colpita da cotanta sventura, da cui era poc'anzi minacciata, diede un mirabile esempio, degno di essere tramandato alla più tarda posterità. Solamente nel passato gennaio i Protestanti si erano accovacciati tra quella cattolica popolazione, e già pren- devano a fare quello che sogliono i lupi nel mezzo di un gregge. Ma che avvenne? Lo diremo ai nostri Cooperatori e Cooperatrici col qui riprodurre un bellissimo articolo, che vide la luce sull'egregio periodico settimanale di Alessandria, intitolato: Verità e Fede. Anzitutto siamo lieti di notare che il Parroco, il Clero e più altre persone che concorsero potentemente ad inseguire l'idra ereticale, e cacciarla da Valenza , sono Cooperatori Salesiani; e Cooperatore Salesiano si é pure Mons. Omodei-Zorini , che colla sua fervida parola la fulminava dalla Cattedra di verità, alla presenza di un popolo immenso, che pendeva estatico dal suo labbro eloquente. Ed ecco il prefato articolo, vergato certamente da egregia penna.
I Protestanti in Valenza.
« La città di Valenza, evangelizzata da s. Siro discepolo di s. Pietro, non venne mai meno alla fede di Gesù Cristo. Essa diede nel v secolo un s. Massimo glorioso Vescovo di Pavia, e lo onora qual suo Patrono principale; nel secolo xxv un B. Gerardo Cagnoli, gloria dell'Ordine Serafico ; ed in ogni epoca molti altri personaggi distinti per santità, dottrina e valore nel difendere coll'ingegno e coll'opera la cattolica fede. Le invasioni barbariche , le fazioni Guelfe e Ghibelline, gli assedii di eserciti stranieri misero più d'una volta a duro cimento l'avita sua fede. Ebbe essa a provare i più orribili effetti del bellico furore e delle intestine guerre civili; fu spogliata col saccheggio, col ferro e col fuoco da sfrenate soldatesche, de' suoi più preziosi averi ; ma sempre si conservò cattolica , sempre nelle sue capitolazioni militari volle salvi i suoi religiosi monumenti, le preziose Reliquie de' santi Patroni; sempre si mantenne attaccata alla Sede Apostolica, e ne sostenne le parti anche a costo di gravissimi sacrifici. In Valenza quindi non mai attecchirono sétte eterodosse; e fino al presente potè gloriarsi con cristiana fierezza di essere Cattolica Apostolica Romana.
» Ignari di queste gloriose di lei tradizioni, i Protestanti, a mezzo gennaio u. s., tentarono di introdursi in essa per corrompervi la Religione Cattolica, e quivi installarsi, come già fecero in terre vicine, a somma loro sventura. Coll' opera di un giovinastro di perduta fama, e comprato a contanti, essi presero a pigione due camere, senza punto informare il padrone dello scopo diabolico, a cui volevansi destinare, di ereticali conferenze. Si diffusero inviti a stampa per le serali adunanze, nelle pubbliche officine, nelle case private e nelle veglie dei contadini. Si sparsero a piene mani libercoli infarciti di eresie, Bibbie, Evangeli adulterati, e che so io; si insidiava con violazione della patria podestà alla semplicità dei fanciulli lungo le vie: in una parola, Valenza era veramente assediata di giorno e di notte da questi sciagurati Novatori. Al vedere le loro congreghe notturne, frequentate da incauti giovinastri della feccia popolare e da pochi uomini , tutti attratti per lo più da curiosità, già andavano attorno gli Evangelici tronfi e superbi quasi di riportato trionfo ; promettevano mari e monti ai loro seguaci, come di aprire scuole serali per istruire gli ignoranti, ed innalzare fra breve un tempio. Il credereste? osavano perfino di penetrare nelle veglie serali dei contadini, e là, coprendosi colla pelle dell' agnello , studiavansi di fare proseliti, ingannando la loro buona fede. La costoro audacia giunse al punto di minacciare, sotto voce, col tempo l'espulsione dalla città dei Preti e delle Suore, che attendono all'educazione della gioventù.
» Il Teologo C. Rossi Domenico, da ben trent'anni Parroco di Valenza, fu giustamente impensierito del gravissimo pericolo, che minacciava la sua amatissima greggia. Eranvi persone anche assennate che gli dicevano l'eresia non potere attecchire, e non doversene curare ; ma egli non tardò punto a levare la voce in pubblico ed in privato contro il lupo rapace, ed a cercare tutti i mezzi per ismascherare il nemico. Conscio della divozione antichissima dei Valenzani a Maria SS. Immacolata, cui per ben tre volte nel 1572, 1630, 1719 fecero voto solenne di onorare e difendere anche a costo del proprio sangue per essere liberati da peste micidiale, il buon Pastore invitò i suoi figli a ricorrere con solenne triduo alla potentissima loro Protettrice, per essere liberati dalla peste spirituale, molto più terribile della corporale, l'eresia.
» Il 31 gennaio si die' principio al triduo con apposito discorso del zelantissimo Miss. Apostolico Priore D. Giovanni Chinazzi, ed i Valenzani accorsero in gran numero ad ascoltare la divina parola, ed invocare l'aiuto di Colei, che fu sempre la vincitrice di tutte le eresie. Ed oh prodigio quasi incredibile! il triduo era appena cominciato, e già le ereticali conferenze erano sospese, perché il padrone di casa, conosciuto l' inganno, e mal comportando di farsi, suo malgrado, cooperatore di danno gravissimo a' suoi concittadini, chiuse da forte la porta in faccia ai seduttori.
» Ma perché il nemico non si perdé d' animo a questo ostacolo , e raddoppiava gli sforzi per riavere le camere pigionate, o prenderne altre in affitto, il vigile Pastore fece continuare pubbliche preghiere a Dio; e moltiplicò gli intercessori, facendo ricorso con altro solenne triduo a san Giuseppe, ai ss. Patroni e Titolari della chiesa maggiore e della città: si esposero alla pubblica venerazione le reliquie de' Santi, e per meglio riuscire nell'intento chiamò in aiuto uno dei più valenti e zelanti oratori moderni, Mons. OmodeiZorini. Alla voce veramente apostolica dei due evangelici banditori, che non la perdonarono a fatiche per ismascherare mattina e sera in tutta la sua bruttezza il Protestantesimo, mostrando la sua origine, la sua natura, quali ne siano stati gli autori, e di quali iniqui mezzi si valsero per propagarlo, corrisposero in modo veramente straordinario i buoni Valenzani. La città mutò affatto di aspetto, cessarono i rumori e i divertimenti carnevaleschi, e tu non vedevi che la chiesa gremita di popolo in tutte le ore del giorno, assiepati di, fedeli i tribunali di penitenza, per ottenere dal Cielo la liberazione dal più terribile dei flagelli, l'eresia.
» Lo spettacolo però più imponente, e la dimostrazione di fede Cattolica più ammiranda era riservata alla domenica 6 febbraio. La bella e vasta chiesa, apparata come nelle principali solennità, dalle cinque del mattino a sera fu sempre vista piena di popolo divoto e compunto. Alle otto cominciava la s. Messa della Comunione generale, a cui si accostavano colla più esemplare edificazione da ben 1200 persone, in gran parte giovani d'ambo i sessi, non tenuto conto delle molte comunioni nei giorni precedenti. Si esponeva quindi il SS. Sacramento; dopo la Messa solenne le Venerande Confraternite traevano per turno in gran numero all'adorazione di Gesù Sacramentato, cantando inni e salmi di penitenza. Alle 3 pomerid., cantati i vespri solenni, saliva per ancora una volta la cattedra di verità Mons. Zorini a sfolgorare la eresia, a mostrarne le funestissime conseguenze, e proporre i mezzi di bandirla per sempre da Valenza. Un immenso uditorio, di cui nessuno ricorda di aver visto maggiore, pendeva commosso dal labbro instancabile del cristiano Demostene; rinnovava la professione più solenne di sua cattolica fede, e riceveva con grande contentezza il consolante conforto della Benedizione Papale, che Monsignor Zorini infine gli compartiva. Cantatosi quindi un solenne Te Deum di ringraziamento all'Altissimo per tanti segnalati favori, si chiudeva la sempre memoranda Solennità colla benedizione del Venerabile.
» Ma gli eretici che facevano intanto?... Erano ancora in Valenza?... Sì: eranvi tornati appunto nella mattina stessa di domenica quasi per assistere al trionfo della fede Cattolica dei Valenzani. Tentarono ancora, per mezzo del compro giovinastro, di riavere le prime camere per lo scopo diabolico, o di trovarne altre: offersero somme favolose e ricorsero persino alle minaccie; ma tutto invano. I Valenzani fermi nell'avita Religione risposero al tentatore col zelantissimo Oratore : Vade retro satana: pecunia tua tecum sit in perditionem. Non vogliamo tra noi eretici... Viva la nostra fede Cattolica, viva la nostra santa Religione... E la dimane gli Evangelici scornati e confusi se ne sono partiti : Dio voglia per sempre.
» E noi manderemo alla nostra volta un cordialissimo mi rallegro ai Cattolici Valenzani, e grideremo: Viva la città di Valenza, vero modello di cristiana virtù; viva Valenza col suo Clero, con tutti i suoi figli; e possa il suo esempio imitarsi da tutte le terre, da tutte le città italiane minacciate o già infestate dall'impudente, baldanzosa eresia, che oggidì, sotto l'usbergo di malintesa libertà, cerca trarre a rovina tanti nostri fratelli, e menar strage nell'Ovile di Gesù Cristo. »
Semi di disunione - Invito respinto - Disgustoso incidente - Nuovo abbandono - Due celebri catechisti - Chierici dell'Archidiocesi -- Manovre militari - L'orto della mamma.
I segni di stima e di benevolenza, che andava ricevendo il nostro Oratorio dallo Stato e dalla Chiesa, spiacquero al gran nemico di ogni bene, il quale non tardò a dargli nuove prove del suo astio e del suo furore. Sa il demonio che un regno , una società, una famiglia in discordia non può a lungo durare e si scioglie ; e perciò dopo di aver fin da principio cercato invano di distruggere l'opera di D. Bosco, colla malevolenza degli illusi, colle calunnie e pur colle minaccie, egli si appigliò in ultimo al mezzo della disunione. Semi di divisione erano stati, con poco buon esito, gettati tra i giovani fin dagli anni addietro; ma in appresso questi si svilupparono disgustosamente tra parecchi degli aiutanti di D. Bosco, che dalla città venivano a farci il catechismo e scuola, ed intrattenersi in ricreazione con noi. Da prima alcuni laici ed ecclesiastici pretesero che i giovani prendessero parte in corpo a' pubblici spettacoli e feste di quei tempi e in luoghi, dove risuonavano certi evviva, che non tardarono a mutarsi in grida di morte, altri, a fine di scaldarci la testa, esternavano idee e propugnavano alla nostra presenza opinioni bizzarre in fatto di religione, e di politica. Ma Don Bosco, che la vedeva altrimenti, n è si immischiava in cose politiche, non lasciava di far loro notare che la politica da insegnarsi ai giovani dell' Oratorio doveva consistere nell' allontanarli dal mal fare, renderli buoni cristiani, docili figliuoli di famiglia , affinché divenissero un giorno utili ed onorati cittadini. Quindi in corpo non ci lasciò mai pigliar parte a certe pericolose manifestazioni, e raccomandava ai suoi colleghi di ben guardarsi dall' insinuarci nell' animo opinioni e idee per lo meno inopportune, le quali altro non avrebbero fatto che distrarci dai nostri doveri.
A questo proposito ricorderemo qui alcuni fatti. Un giorno si presentò a Don Bosco il Marchese Roberto D'Azeglio, e lo invitò con insistenza che alla testa de' suoi giovanetti volesse partecipare con tutti gli altri Istituti di Torino ad una festa spettacolosa in pubblica piazza.
- Signor Marchese, rispose D. Bosco, questo Ospizio ed Oratorio non forma un ente morale ; esso non é che una povera famiglia, la quale vive della carità cittadina ; e noi ci faremmo burlare, se facessimo di simili comparse.
- Per lo appunto, riprese il nobile Patrizio ; sappia la carità cittadina che quest'Opera nascente non é contraria alle moderne instituzioni. Ciò le farà del bene; aumenteranno le offerte, ed io stesso ed il Municipio largheggieremo in sua favore.
- Io la ringrazio del suo buon volere ; ma è mio fermo proposito di attenermi all'unico scopo di fare del bene morale ai poveri giovanetti per mezzo della istruzione e del lavoro, senza ingombrare loro il capo d'idee, che non sono da essi. Col raccogliere giovanetti abbandonati, e coll'adoperarmi di renderli alla famiglia ed alla società buoni figli ed istruiti cittadini, io fo vedere abbastanza chiaramente che l'Opera mia, lungi dall'essere contraria alle moderne istituzioni, é anzi tutta affatto conforme ed utile alle medesime.
- Capisco tutto , soggiunse il D'Azeglio, ma lei si sbaglia , e se persiste in questo sistema, l'Opera sua sarà da tutti abbandonata e si renderà impossibile. Bisogna studiare il mondo, mio caro D. Bosco, bisogna conoscerlo, e portare gli antichi e moderni instituti all'altezza dei tempi.
- Le sono riconoscente dei consigli che mi dà, ottimo signor Marchese, e saprò trarne profitto ; ma lei mi perdoni, se io non posso coi miei giovanetti fare atto di presenza alla prossima festa. La S. V. m' inviti a qualche luogo , a qualche opera, in cui il Sacerdote possa esercitare la sua carità, e mi troverà pronto a sacrificare sostanze e vita; ma io non voglio turbare la mente dei miei giovani col farli assistere a spettacoli, dei quali non sono in grado di apprezzare il vero significato.
Trovato D. Bosco irremovibile nel suo principio, il nobile uomo se ne partì, e da quel giorno non ebbe più alcuna relazione con noi. Ma la cosa non andò così liscia con alcuni ecclesiastici, che poco accorti si lasciavano andare a seconda della corrente. Basteranno pochi cenni.
Un giorno uno di quei signori, adducendo il parere degli altri, lo invitò che mettesse i calzoni lunghi. A questa proposta D. Bosco si pose a ridere, e poi rispose: - Cominciate a indurre a portare i calzoni lunghi il Canonico Anglesio, Don Cafasso e il T. Borelli. Quando si vedranno questi tre modelli di Sacerdoti andare vestiti a questa foggia, chi sa che non ne venga la voglia anche a me. - Una domenica verso le due pomeridiane uno dei giovani più fidi ed assennati stavasi in un angolo del nostro cortile leggendo l'Armonia, giornale che in quel tempo difendeva la causa della Religione e della giustizia con una dottrina e fortezza, degne del più alto encomio. In quel punto ecco entrare nell' Oratorio alcuni di quei cotali, col petto fregiato della coccarda , ed uno di essi colla bandiera tricolore in mano. Quest' ultimo, persona per altro di dottrina e di zelo, si accosta a chi leggeva l'Armonia, e, Vitupero, prese a gridare; è tempo di finirla con questi rugiadosi. Così dicendo strappa di mano a colui il foglio cattolico, lo fa in pezzi, lo getta per terra, e sputandogli sopra lo pesta e calpesta furiosamente. Dato questo primo sfogo, si avvicina a D. Bosco, e tratto fuori di tasca un' altra gazzetta, chiamata l'Opinione, Questo si, che è un buon giornale, disse; questo e non altro si dovrebbe leggere da tutti gli onesti cittadini. A quell'atto e a queste parole D. Bosco rimase sbalordito, e, non volendo che si facessero ulteriori scandali in mezzo di noi, lo pregò a riserbare quelle dispute in privato. No, signore, ripigliò colui ; oramai non vi deve più essere nè privato né segreto, ma tutto va posto in chiara luce.
In quel momento il campanello ci chiamò tutti in chiesa, e D. Bosco sperò che appié dell'altare gli spiriti si sarebbero calmati ; ma per mala sorte non fu così. Quel Sacerdote era incaricato di fare la predica in quella sera, e salito sulla piccola bigoncia tirò fuori una diceria deplorabile. Per circa mezz'ora altre parole non rimbombarono alle nostre orecchie che emancipazione, indipendenza, libertà; argomenti, se vuolsi, belli e buoni, ma non da trattarsi in chiesa. Molti giovani fremevano, altri ridevano, e taluni alla parola libertà, libertà, facevano la rima ripetendo sotto voce in dialetto piemontese: torototéla, torototà. Chi di più ne ebbe a soffrire fu il povero D. Bosco, che in cuor suo amaramente ne pianse. « Questa non me l'aspettava, andava dicendo in sacristia; il diavolo me l'ha fatta troppo grossa. Dio mio, disperdete gl'insani consigli, e fate che i miei cari giovani non ne ricevano scandalo. » Terminate le sacre funzioni, egli intendeva di chiamare a sè il povero traviato, e in bel modo fargli conoscere il suo fallo ; ma non ebbe tempo, ché l'altro, appena uscito di cappella, invitò colleghi e giovani ad associarsi con lui, intonò a squarcia gola un inno popolare, e con un centinaio di persone uscì dall' Oratorio, facendo sventolare farneticamente la sua bandiera. La squadra ribellatasi andò a far sosta presso al monte dei Cappuccini. Colà fu fatta ed accettata la proposta di non più intervenire all' Oratorio,
se non invitati e ricevuti in forma solenne, vale a dire colle bandiere in mano e colle medaglie e coccarde al petto. D. Bosco , quantunque afflitto da questo disordine, non si smarrì d'animo, e ben lontano dal cedere alle pretese di coloro, fece dire ai capi che d'allora in poi all'Oratorio egli avrebbe fatto senza di essi, e li proibì di porvi ancor piede. Ai giovani poi, che sconsigliatamente li avevano seguiti, impose che, volendo ritornare all'Oratorio, si presentassero prima uno per uno a lui medesimo per udirne una parola. La cosa riuscì meglio di quello che si sarebbe aspettato ; poiché quei signori per alcun tempo non si lasciarono più vedere, e così cessarono i motivi di dissensione; e la maggior parte dei giovani sedotti ritornarono, domandando scusa e promettendo ubbidienza e disciplina. Alcune decine continuarono ancora per qualche mese a tener dietro a coloro. Alla festa udivano la Messa in questa o in quell'altra chiesa, e poi si recavano or qua or colà nelle vicinanze di Torino. Buone colazioni, deliziose merenduccie, allegre passeggiate, assistenze a spettacoli o a manovre militari, erano per lo più gli allettamenti, coi quali venivano tenuti lontani da noi.
Ma che scopo avevano quei signori? - Pare che fosse di tirare a sé tutti od in parte i giovani degli Oratorii, prenderne essi la direzione, e guidarli secondo le loro viste. Abbiamo anche motivo a credere che in questo disgustoso affare operasse di sottomano qualche furbo demagogo. Comunque sia, stante il nome e l'abilità dei caporioni, quelle mene avrebbero potuto tornare fatali al nostro Oratorio. Se ciò non fu, lo dobbiamo a Dio e alla Vergine Immacolata, che per mezzo di Don Bosco sempre ci hanno protetti e difesi contro tutte le insidie dei nostri nemici.
Alcuni di quei giovani, che si allontanarono da noi in quel modo e più non vollero ritornare, fecero poscia una pessima fine; ed il principale fautore di quella rivolta si ebbe a trovare in così critiche circostanze della vita, da dover implorare l'appoggio di Don Bosco per uscirne ancora con discreta fama.
Per questo scisma bisogna pur dire che D. Bosco ebbe a trovarsi per qualche tempo pressoché solo sotto il peso dell'Oratorio. Nei giorni festivi di buon mattino ei si metteva a confessare ; intorno alle nove celebrava la Messa; dopo faceva la predica o il racconto della Storia Sacra od Ecclesiastica; quindi scuola di canto e di letteratura sino a mezzogiorno. All'una pomeridiana cominciava l' assistenza alla ricreazione, di poi il catechismo, il vespro, la istruzione, la benedizione, indi nuovamente assistenza ai trastulli, e in fine la scuola serale per più di un' ora. In tutto questo spazio di tempo, e in sì varie occupazioni, altro Sacerdote non si vedeva tra noi, fuorché il povero D. Bosco, ed uno o due altri, i quali, perche altrove nel sacro ministero già occupatissimi, non facevano nell'Oratorio che una breve apparizione. Ma, ad onore del vero, uno tra pochi altri proseguiva ad essere il braccio destro di D. Bosco, ed era il Teol. Borelli. Occupato nell' Istituto del Rifugio, nelle prigioni dello Stato e in cento altri luoghi della città, quell' uomo piccolo di statura, ma grande di animo , trovava ancor tempo per venire a lavorare presso di noi. Non di rado egli rubava le ore al sonno per recarvisi a confessare; sovente negava al corpo stanco il necessario riposo, e vi si portava a predicare nella sera delle feste, onde sollevare l'amico almeno da questa fatica. Sia eterna lode a quel Sacerdote incomparabile !
Durante quel tempo d'isolamento, e nel pomeriggio di un giorno festivo, abbiamo avuto la visita di due rinomatissimi Sacerdoti forestieri. Trovandosi in Torino, e tratti dalla fama delle cose nostre, eglino si presentarono all'Oratorio per fare conoscenza con D. Bosco, e sapere da lui l' origine, lo scopo e l'andamento dell'Opera sua. Erano circa le ore due. Noi stavamo disponendoci pel catechismo, e Don Bosco, vedendosi a mancare varii catechisti, si martellava il capo per improvvisarne di mezzo a noi e disporre le classi, quando i due ecclesiastici, accostatisi a lui, mostrarono vaghezza di parlargli. Senza domandare chi fossero: - Dio li ha mandati , D. Bosco rispose tosto: - Abbiano la bontà di aiutarmi a fare il catechismo, e dopo parleremo a nostro bell' agio. Ella, soggiunse poi ad uno di essi, farà il catechismo in coro ai più grandicelli ; e Lei , disse all' altro, avrà in presbitero la classe dei più dissipati. E quei due religiosi aderirono all' invito colla miglior voglia del mondo. Don Bosco, essendosi accorto che facevano il catechismo a maraviglia, prese animo, e pregò l'uno a regalarci poscia un sermoncino, e l' altro a volere impartire la benedizione col Venerabile; ed ambidue accettarono senza difficoltà. Terminate le sacre funzioni, egli era impaziente di abboccarsi con loro per sapere chi fossero; e restò altamente sorpreso , quando udì che l'uno era l'Abate Antonio Rosmini, fondatore dell' Istituto della Carità , personaggio di alto grido; e l' altro, il Canonico Arciprete D. Giuseppe Degaudenzi di Vercelli, uomo insigne per carità e zelo, oggidì Vescovo di Vigevano , e splendido luminare dell'Episcopato Cattolico. Essi s'intrattennero poscia a discorrere lungamente con D. Bosco, e fin d'allora divennero due benefattori della nostra Casa.
Ma se il demonio tentava di suscitare discordie nell' Oratorio, e rapiva a D. Bosco quasi tutti i suoi antichi aiutanti, il Signore per altro lato porgevagli il destro di allontanare la cagione di un altro ben grave disordine, e intanto andavagli preparando rinforzi novelli. Per causa della guerra degli anni innanzi era stato chiuso il Seminario di Torino, ed occupato dai militari. In conseguenza di ciò, i varii Chierici rimasti fedeli ai proprii doveri furono costretti o a restare in casa loro, oppure a mettersi in pensione quale in una, e quale in un' altra famiglia privata, non senza pericolo di perdere la celeste vocazione. Ora, per mitigare alquanto la trista condizione, che i tempi andavano preparando alla Chiesa, Don Bosco, appoggiato alla divina Provvidenza, venne nella risoluzione di aprire nella sua casa un asilo pei Chierici della Diocesi. A questo scopo egli con un sensibile aumento di pigione, e quindi con grave sacrificio di danaro, ottenne che il signor Pinardi licenziasse il rimanente dei suoi inquilini, ed affittasse a lui solo tutta la casa colle sue adiacenze. Per questa guisa si ebbero due spirituali vantaggi; si bandì dal nostro vicinato una turba di gente di mala vita, che per molti anni aveva fatto di quel sito quale un nido di satana, e a tal segno, che talvolta comparivano nel nostro cortile ed anche nella cappella persone , che ci obbligavano a chiudere occhi ed orecchie per non vedere ed udire, recandoci disturbi gravissimi. L' altro vantaggio pure assai rilevante si fu che, avute a sua disposizione più altre camere, D. Bosco potè raccogliere giovani leviti qua e colà sbandati, e tenerli presso di sé come in un Seminario. Essi convivevano e studiavano nel nostro Ospizio, e recavansi mattino e sera a scuola in casa dei professori, o in una misera e quasi oscura cameretta attigua al Seminario , stato occupato dai soldati sino all'anno 1863. La stessa opera di carità pei Chierici praticò il Canonico Luigi Anglesio, Superiore della Piccola Casa della divina Provvidenza, successore del Venerabile Cottolengo. Laonde si può dire con tutta ragione che in quegli anni così disastrosi per la Chiesa Torinese, e così scarsi di vocazioni ecclesiastiche, le Case del Cottolengo e del nostro Oratorio tennero le veci del Seminario di Torino, e portarono all'Archidiocesi un bene immenso , come lo portano ancora oggidì a quella ed a molte altre Diocesi d'Italia. Or bene, varii di quegli aspiranti al Sacerdozio divennero un potente aiuto per D. Bosco nell'assistere e catechizzare i giovani dell' Oratorio, e col loro esempio inspirarono eziandio a parecchi di noi il desiderio di vestire le sacre divise ; ciò che diremo a suo luogo.
In quel tempo di nuove e dolorose prove un altro soccorso ci venne ancora di non lieve utilità al nostro Oratorio. Ed ecco di che si tratta. Dopo la campagna del 1849, essendo ritornato a casa dalla guerra un nostro antico compagno, continuò questi a frequentare le nostre adunanze festive con fedeltà edificante. Oggidì egli é padre di famiglia, e porta tuttora a D. Bosco un amore caldissimo. Avendo militato tra i così detti bersaglieri, noi lo chiamavamo in allora il Bersagliere. Adunque pratico di manovre e di battaglie, parecchi giovani lo pregarono che volesse esercitarveli, ed egli col consenso di D. Bosco accondiscese di buon grado, e formò un piccolo reggimento dei giovani più vivaci e destri. Si domandarono eziandio e si ottennero dal Governo circa duecento fucili senza canna; si provvidero bastoni da esercizio; il Bersagliere portò la sua trombetta , e dopo alcun tempo il nostro Oratorio disponeva di una brigata sì bene istruita, da saper rivaleggiare almeno colla Guardia Nazionale. I giovani ne andavano come perduti, e chi dava il proprio nome per esservi inscritto, e chi si deliziava nel vedere le manovre, le mosse e le battaglie. In tutte le grandi solennità la nostra milizia prestava servizio pel buon ordine nelle funzioni di chiesa e nell'interno della Casa, e talora eseguiva delle evoluzioni così maestrevolmente, che servivano di lieto spettacolo, riscuotendone altissimi applausi. Or questi esercizi servirono non poco a far ritornare all' Oratorio parecchi di quei giovani, che amanti di novità eransene allontanati, e ne fermarono altri che, avidi di giuochi e di trastulli consentanei all' indole dei tempi, volevano andarne in cerca, disertando dalle sacre funzioni.
Ma una volta il piccolo esercito recò involontariamente un vivo dispiacere ad una persona, che dopo Don Bosco ci era carissima, vogliamo dire alla mamma Margherita. Da buona massaia erasi ella formato in fondo al cortile un orticello, il quale, da lei industriosamente seminato e coltivato colla più grande sollecitudine , le somministrava insalata, aglio , cipolle, piselli, fagiuoli, carote, rape, e millanta specie di verdura, non escluse la menta e la salvia. Or bene, era un giorno di gran festa, che più non ricordiamo quale fosse, e il Bersagliere, raccolta la sua armata e divisala in due parti, volle divertire i numerosi spettatori con una finta battaglia. Impertanto distribuì gli ordini opportuni, fissò quale delle due schiere dovesse alla fine retrocedere, fingendosi vinta. Soprattutto poi, a difesa del caro orticello, raccomandava ai vincitori che arrivatine alla siepe vi si fermassero. Impartito il comando, si dà il segno della mischia. Le due squadre alzano un forte grido di urrà, e l'una da una parte del cortile, e l'altra dall'opposto lato cominciano le loro mosse, puntandosi contro il fucile di legno. Al grido solenne, alle ben ordinate cariche e scariche dell' arme, al lento avanzarsi e retrocedere, alle esatte evoluzioni ora a destra, ora a sinistra per sorprendersi a vicenda , ei ti pareva di trovarti ad una vera battaglia. Mancava solo il tuonare dei cannoni, lo schioppettio dei fucili, e il cadere dei morti e feriti. Gli astanti si divoravano lo spettacolo con tanto di occhi, battevano le mani, gridavano bene , bravi. Questi applausi accesero siffattamente gli spiriti bellicosi dei combattenti, che ad un certo punto la parte vincitrice, incalzando la vinta, non osservò più la consegna, e si spinse tant'oltre, che la pugna fu portata nell'orto della mamma. La siepe è rovesciata e divelta ; chi cade, chi sorge ; in breve ogni cosa fu calpestata e guasta. Il Bersagliere gridava, suonava la tromba, ma le risa e i battimani della gente non lasciavano udire più nulla. Quando i due drappelli si riordinarono, non rimanevano dell'orto che poche vestigia. A tale vista la signora Margherita, credendo forse che quell'assalto fosse stato a bella posta combinato per rendere più bello lo spettacolo , si volse al figlio e con parole di giusto risentimento disse: Varda, varda, Gioanin, lo ca l'a fait l' Bërsalié ; a la guastame tut l'ort, vale a dire: Guarda, guarda, D. Giovanni, quello che ha fatto il Bersagliere; mi ha guastato tutto l'orto. E D. Bosco col sorriso sulle labbra la rassicurò dicendo: Mare, cosa veuli feie? A son giovo. Madre, che cosa volete farci? Sono giovani. Al generale poi, tutto mortificato per quella disavventura, egli fece animo con graziose parole, e tratto fuori un cartoccio di caramelle glielo diede, affinché le distribuisse ai suoi soldati o vincitori o vinti.
Ernesto Renan, empio autore della Vie de Jesus, pubblica nella Revue de deux Mondes una serie d'articoli, che intitola : Souvenir d'enfance et de jeunesse. In mezzo a molte falsità e perfidie, dice l' Eco Cattolica , ha parole di somma lode sulla integrità di carattere, e sulla bontà d'animo de' suoi antichi maestri , che furono sacerdoti. Ecco ciò che dice il Renan
« Ricevetti la mia educazione in un piccolo collegio di eccellenti preti, che m'insegnarono il latino all'uso antico, che é il migliore. Quei degni ecclesiastici erano gli uomini più rispettati di questo mondo. Senza nulla avere di ciò che ora chiamasi pedagogia, essi praticavano la prima regola dell'educazione, che consiste nel non rendere troppo facili gli studii per poi vantarsi d'averne superato le difficoltà. Essi cercavano anzi tutto di formare uomini onesti. Le loro lezioni di bontà e di moralità , che aspiravano il dettato stesso del cuore e della virtù, erano inseparabili dal dogma che insegnavano. Il fatto é che il male che si dice dei costumi dei preti é, secondo la mia esperienza, privo d'ogni fondamento. Ho passato tredici anni della mia vita nelle mani dei preti, e non ho mai veduto l'ombra d' uno scandalo. Io non ho conosciuto che buoni preti. »
Ecco la bella confessione di quell'incredulo. Disgraziato lui, che dopo si belli esempi e insegnamenti dei suoi primi institutori si pose alla scuola di maestri empi e scellerati, che gli hanno guasta siffattamente la mente ed il cuore, da farne una lancia spezzata degli increduli, e un fiero nemico di Gesù Cristo. Quale terribile conto ne dovrà rendere a Dio !
E nostro vivo desiderio che si spargano fra il popolo buone letture, onde alle massime e principii antireligiosi, che vanno serpeggiando, si oppongano i sodi principii e le massime della morale cattolica.
Tali, se mal non ci apponiamo, sono i principii e le massime cosparse nell'umile nostro Bollettino Salesiano, che mensilmente offriamo sì in italiano, sì in francese, a più di trentamila persone.
Ma desiderosi, che questo modesto periodico si diffonda il più che sia possibile fra ogni ceto di persone, siamo venuti nel proposito di mettere a disposizione dei Parrochi , Decurioni e Capi di Comunità varii numeri incompleti, che ancora ci restano disponibili.
Perciò chi desiderasse di approffittarne a benefizio dei proprii parocchiani e sudditi, siano ricchi, siano poveri, favorisca di avvisarcene per lettera, o per cartolina postale, e noi cercheremo di soddisfarli. Se poi fra i nuovi lettori ve ne fosse alcuno che si sentisse in grado di fare qualche offerta a vantaggio delle Opere Salesiane, preghiamo i benevoli ad aver la bontà di raccoglierla e di spedircela, e loro ne saremo riconoscenti. Del resto, ci terremo contentissimi, se anche un'anima sola venisse con tal mezzo conservata o ricondotta sulla strada del bene, od infervorata nei sentimenti cattolici.
Avvisiamo inoltre che sono ancora disponibili alcune poche raccolte complete delle quattro prime annate del Boll. Sal. al prezzo di L. 10, franche di posta per tutta l' Italia; e di L. 10, 50 per l'estero. Legate in mezza tela L. 11 per l' Italia e L. 11, 50 per l'estero.
Dalla Spagna e di, mezzo al grande Oceano abbiamo ricevuto lettere dei Missionarii e Suore, che partirono da Genova nel principio di Febbraio. Le notizie sono buone. Le pubblicheremo nei prossimo mese di Aprile.
Ogni Cooperatore può acquistare Indulgenza plenaria una volta al giorno, da applicarsi alle anime del Purgatorio, recitando la terza parte del Rosario di Maria Vergine avanti al SS. Sacramento, e non potendo avanti al divin Sacramento, recitandola innanzi al Crocefisso.
Indulgenza plenaria ogni volta che si accosta alla santa Comunione.
Può altresì lucrare moltissime Indulgenze plenarie nel corso del giorno, mediante la recita di sei Pater, Ave e Gloria, secondo la mente del Sommo Pontefice. E queste indulgenze applicabili alle anime purganti, le può acquistare toties quoties, ossia tutte le volte che recita i suddetti Pater, Ave e Gloria in qualunque luogo senza bisogno di Confessione e Comunione purché sia in grazia di Dio.
Oltre a queste, un'altra Plenaria ne può guadagnare ogni domenica , e nei giorni qui sotto notati, purché confessato negli otto giorni , e comunicato, visiti una qualche chiesa , pregandovi secondo l'intenzione del Sommo Pontefice.
4. S. Isidoro, Vescovo e dottore della Chiesa. 10. Tutti i giorni della Settimana Santa dal 10 al 16.
24. S. Fedele da Simmaringa. 28. S. Paolo della Croce.
Con permesso dell'Aut. Eccl. - FERRARI GIUSEPPE gerente respons.
Tip. di San Vincenzo de'Paoli. Sampierdarena 1881.