ANNO V. N. 10. Esce una volta al mese OTTOBRE 1881
Direzione nell'Oratorio Salesiano. - Via Cottolengo N. 32, TORINO
SOMMARIO - Rachele e le Madri cristiane - Pensieri di Papa Leone XIII sul Catechismo - Sul darsi a Dio da giovane - I Collettori per la Chiesa del Sacro Cuore - Morte di un Direttore Salesiano - Suor Maria Mazzarello - Ritorno dal lago Nahuel Huapi - Storia dell'Oratorio di S. Francesco di Sales - La Direzione del Bollettino Salesiano ai Signori Cooperatori - La Patagonia e le terre Australi del Continente Americano - Il Santo Rosario - Le Anime dei nostri Morti - Nuovo Vocabolario Latino-Italiano ed Italiano-Latino - Avviso ai benemeriti Cooperatori della Toscana - Un angelo di meno sulla terra dell'Uruguay - Indulgenze speciali pei Cooperatori Salesiani.
Tra le donne della Sacra Bibbia una ve ne ha, della quale vogliamo qui rilevare la splendida figura, per trarne apposito ammaestramento. Ella si è la celebre Rachele, sposa prediletta di Giacobbe e madre di Giuseppe, divenuto poscia Vice-Re d'Egitto, uno dei dodici figliuoli del gran Patriarca.
Rachele per le sue rare doti e per la bontà di cuore fu un egregio modello a tutte le madri nella educazione dei' figli. Ed in vero Ella seppe instillare nel tenero cuore del suo Giuseppe tanta pietà e timor di Dio, che, sebbene rimasto orfano di Lei in sul fior degli anni, pur si conservò sempre di così illibati costumi , che divenne mirabile esempio alla gioventù di tutti i tempi e di tutti i luoghi (1). Colla sua docilità ed obbedienza fu al suo genitore il più dolce conforto nella sua vita angustiata ; colla sua semplicità ed innocenza gli fu si caro, che nell'amore e nell' onore egli lo preferì and ogni altro dei suoi figliuoli. Tanto fido e saggio, che quantunque giovane di anni veniva costituito sorvegliatore dei suoi fratelli più adulti ed attempati. Di Dio fu così amante, che non solo ne fuggiva con orrore l'offesa, ma si adoperava animosamente ad impedire, che ne lo oltraggiassero gli altri. Di ciò diede una luminosa prova, quando vide una volta i fratelli suoi a commettere un'azione nefanda. Egli ne sentì tanta pena, che non curando la malevolenza e la persecuzione, che gliene sarebbe venuta , riferi la cosa al padre, e ne fece dar loro una forte ammonizione : Accusavit fratres suos apud patrem crimine pessimo (Genes. xxxvii). Ognuno sa come per la sua virtù egli fu accetto al Signore, il quale perciò con ineffabili segni, ossia celesti visioni, lo venne di tratto in tratto consolando, facendogli pronosticare la sua futura grandezza.
Or questa vita di Giuseppe così timorata di Dio, così casta e pia , in aperta contraddizione con quella di tanti altri , i quali lo circondavano , ci dà il diritto a credere che fosse dovuta alla religiosa e morale educazione, che data gli aveva nei suoi teneri anni l' amorosa Rachele ; educazione soda, che lo sostenne e rese vittorioso nelle più fiere battaglie; educazione saggia, che degno lo fece di divenire primo ministro di un potentissimo regno, e di essere colla sua prudenza il sostegno e la salute dei popoli, il rettore dei fratelli, firmamentum gentis, rector fratrum (Eccli. XLIX, 17).
Del resto, che l' antica Rachele possa riguardarsi siccome un modello di amorosa madre, ce lo insegna Iddio stesso. La santa donna mori e fu sepolta non lungi da Betlemme, quando venne al mondo Beniamino, altro suo figlio. Or bene , nel riferire la strage degli innocenti, ordinata in quella città e suoi dintorni dal crudelissimo Erode, l'Evangelista s. Matteo fa come sorgere la tenera Rachele dal suo sepolcro , e la descrive che piange e deplora con alte grida la morte di quei poveri bimbi, come se fossero figli suoi. Un'alta voce si é udita, così il sacro Scrittore; gran pianti ed urli : Rachele piangente i figli suoi; né volle ammettere consolazione, perché più non sono.
Fermiamoci qui. Pur troppo molte madri i cristiane, come Racheli novelle , piangono oggidi i figli loro ; ne piangono l'innocenza perduta ; ne piangono la morte precoce, cagionata dai vizi, provocata dai disordini di una vita immorale ; ne piangono la caparbietà, lo spirito d' indipendenza e d'insubordìnazìone ; ne piangono la irreligione, l'empietà e le bestemmie ; ne piangono al vederseli traditi o da libri, o da compagni, o da maestri malefici, che loro si fanno peggiori di un Erode ; imperocchè questi ai Bambini di Betlemme tolse il corpo, ma non l'anima ; la terra, ma non il cielo ; il tempo, ma non l'eternità ; quelli invece rapiscono ai giovani quanto hanno di più prezioso in questa e nell' altra vita , la virtù, la religione, Iddio.
Sì, tante madri desolate hanno ben donde di versare amare lagrime sui traviamenti della propria figliuolanza. Ma bisogna pur dirlo ; fatte poche eccezioni, il più delle volte causa dei loro pianti sono pur esse in gran parte. Quando i loro figli erano ancor fanciulli, se avessero data loro una educazione religiosa; se avessero imbevute le tenere lor menti delle preziose verità di nostra santa Fede; se avessero parlato loro più sovente di Dio , di Gesù Cristo , dell'anima, del paradiso e dell' inferno ; se con amorosa industria avessero messa loro sott'occhio la bellezza di certe virtù e la bruttezza di certi vizi; se con premiucci e lodi, se soprattutto coll'esempio li avessero allettati a praticare le une, e con avvisi opportuni, con rampogne e ragionevoli castighi li avessero allontanati dagli altri ; se li avessero mandati alla scuola del Catechismo ed osservato se vi andavano ; se, fatti più grandicelli , ed occorrendo di collocarli o in un Collegio agli studii, o presso un padrone per apprendervi un'arte o mestiere, avessero avuto il pensiero di scegliere quegli istituti e quelle persone, che dessero sicure guarentigie di religione e di moralità ; se in una parola avessero fatto coi figli e colle figlie loro quello, che l'antica Rachele praticò col suo Giuseppe, forse e senza forse oggidì tante madri non avrebbero a piangere di dolore, ma piangerebbero di consolazione e di gioia.
Madri cristiane, nostre Cooperatrici, sì, imitate l' antica Rachele. Impartite o fate impartire alla vostra prole una buona educazione. Ma ricordatevi che senza religione non si dà educazione ; e che la religione sola è anima e fondamento della virtù, e quindi della educazione. Per mezzo della religione ben conosciuta, e per convinzione praticata, i vostri figli cresceranno docili, morigerati e pii; si serberanno innocenti nei verdi lor anni; si rassoderanno in virtù nell'età giovanile ; resisteranno alle lusinghe delle passioni nel tempo del pericolo. Allora Iddio li benedirà eziandio nelle loro carriere ed imprese ; saranno il vostro onore, la vostra consolazione in vita ed in morte ; e se non diverranno, come l'antico Giuseppe, nè ministri: nè principi su questa terra, saranno tardi o tosto Principi nella gran Corte Celeste.
(1) Alla morte della madre, Giuseppe aveva quindici o sedici anni. Vedi Cornelio a Lapide.
Da qualche tempo, ed oggi più che mai, ferve una questione vitale per la Chiesa e per la Società , la questione sull' insegnamento religioso nella educazione della fanciullezza e della gioventù. Stando per riaprirsi le scuole , noi vorremmo che tutti i nostri Cooperatori e Cooperatrici fossero altamente persuasi della necessità della istruzione religiosa per ottenere una buona educazione, e che perciò nulla trascurassero per impartirla o farla impartire ai figli e figlie loro, mentre ne sono in tempo.
A quest'uopo giudichiamo opportuno di mettere loro sott'occhio parte della sapientissima lettera, che il nostro Santissimo- Padre Leone XIII , in data del 28 Giugno del 1878, scriveva all' eminentissimo Cardinal Vicario a proposito dell'insegnamento del Catechismo; e vivamente li preghiamo che vogliano fare tesoro delle ragioni e dei consigli del Supremo Gerarca della Chiesa, a vantaggio della Religione, della famiglia, e dello stesso civile consorzio.
Il Catechismo cattolico fece sempre buona prova nel mondo.
« Certamente non si saprebbe immaginare, così il Maestro di tutti i Cristiani, qual pretesto abbia potuto consigliare una tale misura (di bandire il Catechismo dalle scuole), se non fosse quella irragionevole e perniciosa indifferenza in fatto di religione, nella quale ora si vorrebbe che crescessero i popoli. Fino ad ora la ragione e lo stesso naturale buon senso insegnò agli uomini di mettere da parte e fuori d'uso ciò che in pratica non avesse fatto buona prova, o per mutate condizioni fosse divenuto inutile. Ma chi potrà affermare che l'insegnamento del Catechismo non abbia fatto fin qui buona prova ? Non fu il religioso insegnamento che rinnovellò il mondo, che santificò e ringentilì in mezzo agli uomini le scambievoli relazioni , che fece più delicato il senso morale, ed educò quella coscienza cristiana, che reprime moralmente gli eccessi, riprova le ingiustizie, ed innalza i popoli fedeli sopra tutti gli altri? Si dirà forse che le condizioni sociali del-l'età che corre lo hanno reso inutile e nocivo ? Ma la salute e la prosperità dei popoli non hanno sicura tutela fuori della verità e della giustizia, delle quali la presente società sente così vivo il bisogno, e alle quali il Catechismo cattolico conserva pienamente intatti i loro sacri diritti. Per amore intanto dei frutti preziosi, che già si raccolsero e giustamente si sperano da quell' insegnamento, non che bandirlo dalle pubbliche scuole, vi si dovrebbe anzi promuovere a tutto potere. »
Nel Catechismo cattolico si rinviene il modo più perfetto di una sana educazione.
« L'insegnamento del Catechismo, prosegue il Capo della Chiesa, nobilita ed innalza l'uomo nel suo proprio concetto, conducendolo a rispettare in ogni tempo se medesimo e gli altri. E grande sventura che molti di quelli, i quali sentenziano il Catechismo ad uscire dalle scuole, abbiano posto in dimenticanza, o non considerino quello che dal Catechismo appresero nell' età infantile. Altrimenti sarebbe loro assai facile l'intendere come l'insegnare al fanciullo che egli uscì dalle mani di Dio, frutto dell'amore che Questi liberamente gli pose ; che tutto quanto si vede è ordinato per lui re e signore del creato ; che egli é sì grande e tanto vale che l' Eterno Figlio di Dio per riscattarlo non isdegnò di prendere la sua carne; che del Sangue dell' Uomo-Dio é bagnata la sua fronte nel battesimo ; che delle carni dell'Agnello divino si alimenta la sua vita spirituale ; che lo Spirito Santo, dimorando in lui come in vivo suo tempio, gli infonde vita e virtù affatto divina, é lo stesso che dargli impulsi efficacissimi a custodire la qualità gloriosa di figliuolo di Dio, e ad onorarla col virtuoso contegno. Comprenderebbero altresì che é lecito di aspettarsi ogni gran cosa da un fanciullo, il quale nella scuola del Catechismo apprende di essere destinato ad un fine altissimo nella visione e nell'amor di Dio, che é fatto accorto a vegliare di continuo sopra se stesso, e confortato con ogni maniera di aiuti a sostenere la guerra che gli danno nemici implacabili ; che viene addestrato ad essere docile e soggetto, imparando a venerare nei genitori l'imagine del Padre che sta nei Cieli, e nel Principe l'autorità che viene da Dio, e da Dio prende la ragione di essere e la maestà ; che è tratto a rispettare nei fratelli la divina somiglianza che brilla sopra la stessa sua fronte, ed a conoscere, sotto le misere apparenze del povero, il medesimo Redentore ; che é salvato per tempo dai dubbi e dalle incertezze per benefizio del cattolico Magistero, che i titoli di sua infallibilità ed autenticità porta scolpiti nella sua divina origine, nel fatto prodigioso del suo stabilimento sulla terra, nella copia dei frutti dolcissimi e salutari che arreca. Finalmente intenderebbero che la morale cattolica, munita del timore del castigo e della certa speranza di altissimi premii , non corre la sorte di quell'etica civile, che si vorrebbe sostituire alla religiosa; nè avrebbero mai preso la funesta risoluzione di privare la presente generazione di tanti e sì preziosi vantaggi , col bandire dalle scuole l'insegnamento del Catechismo. »
Il lasciare questo insegnamento soltanto libero non serve all'uopo.
« Il temperamento , continua Sua Santità, il temperamento preso di apprestare l'istruzione religiosa solamente a quei fanciulli, pei quali i genitori ne faranno espressa domanda , é del tutto illusorio. Non si riesce infatti a capire come gli autori della malaugurata disposizione non si siano avveduti della sinistra impressione, che deve fare sull'animo del fanciullo il vedere posto l'insegnamento religioso in condizioni così diverse dagli altri. Il fanciullo che , per essere stimolato ad uno studio diligente, ha bisogno di conoscere l' importanza e la necessità di ciò che gli viene insegnato, quale impegno potrà avere per un insegnamento, verso del quale l' autorità scolastica si mostra o fredda od ostile, tollerandolo a malincuore? E poi, se vi fossero (come non é difficile a trovarne) genitori, che, o per malvagità di animo, o molto più per ignoranza e negligenza , non pensassero a chiedere per i loro figli il benefizio dell' istruzione religiosa, resterebbe una gran parte di gioventù priva dei più salutari documenti, con estremo danno non pure di quelle anime innocenti, ma della stessa civile società. »
Il privare la gioventù dell'insegnamento religioso è cosa crudele e pernicìosa.
« Sperando vantaggi, osserva il Supremo Pastore, sperando vantaggi senza dubbio meli rilevanti, si pensò testè di rendere obbligatoria per legge l'istruzione elementare, costringendo anche con multe i genitori ad inviare i loro figli alla scuola ; ed ora come si potrebbe aver cuore di sottrarre ai giovani cattolici l'istruzione religiosa, che indubitatamente é la più salda guarentigia di sapiente e virtuoso indirizzo dato alla vita ? Non é crudeltà pretendere che questi fanciulli crescano senza idee e sentimenti di religione, finché, sopravvenuta la fervida adolescenza, si trovino in faccia a lusinghiere e violente passioni , disarmati, sprovveduti di ogni freno, colla certezza di venire travolti nei lubrici sentieri del delitto ? E una pena pel Nostro cuore paterno vedere le lagrimevoli conseguenze di quella sconsigliata deliberazione ; e la nostra pena s'inacerbisce, considerando che oggi sono più che mai forti e numerosi gli eccitamenti ad ogni sorta di vizi. Ella, signor Cardinale, che, per l' alto suo uffizio di Nostro Vicario , seguita da vicino lo svolgimento della guerra che si muove a Dio ed alla Chiesa, sa bene, senza che Noi ci tratteniamo a parlarne lungamente, quali e quanti siano i pericoli di pervertimento che incontra la gioventù ; dottrine perniciose e sovversive di ogni ordine costituito , audaci e violenti propositi a danno e scredito di ogni legittima autorità ; finalmente l' immoralità, che senza ritegno procede svelatamente per mille vie a contaminare gli occhi ed a corrompere i cuori. Quando questi e somiglianti assalti si danno alla fede ed al costume, ciascuno può farsi ragione quanto opportunamente siasi scelto il momento per cacciare dalle pubbliche scuole la religiosa educazione! »
Eccitamento a raddoppiare di zelo nell'insegnare il Catechismo.
« Ma finché , conchiude il nostro Santissimo Padre, ma finché la Provvidenza per i suoi giudizi adorabili lascia che duri questa prova, se non é in Nostro potere il mutare la condizione delle cose, é però debito Nostro di fare ogni sforzo per addolcirla, perché tornino meno sensibili i danni. Quindi é d' uopo che non pure i parrochi raddoppino di diligenza e di zelo nell' insegnamento del Catechismo, ma che si supplisca con nuovi ed efficaci mezzi al vuoto, che si fece per colpa altrui. Ed Ella, signor Cardinale, colla sagacia e colla fermezza , onde va adorna, procuri che si accrescano gli oratorii e le scuole, dove si raccolgano i giovanetti per essere istruiti intorno alla santissima Religione cattolica, nella quale per insigne grazia del cielo sono nati. Cerchi, secondo che già si fa con buon frutto in qualche chiesa, che virtuosi e caritatevoli laici, sotto la vigilanza di uno o più sacerdoti, prestino l'opera loro per insegnare il Catechismo ai fanciulli, e procuri che i genitori siano dai rispettivi parrochi esortati ad inviarvi i loro figliuoli, e che sia loro ricordato anche il dovere che a tutti incombe di esigere nelle scuole pei proprii figli la istruzione religiosa. Gioveranno altresì i Catechismi agli adulti , da stabilirsi nei luoghi che si crederanno più acconci, a fine di mantenere sempre vivi negli animi i salutari ammaestramenti, che appresero sin da fanciulli. Non lasci giammai di rinfocolare la pietà, e di avvivare sempre meglio l'impegno dei sacerdoti e dei laici, ponendo loro sott'occhio la importanza dell'opera, i meriti che si acquistano presso Dio, presso Noi e presso l'intera società. »
Con questo titolo é uscito dalla nostra tipografia di Sampierdarena un' operetta utilissima ai giovanetti e alle giovanette, non che ai loro genitori, maestri e maestre. Sono cinque istruzioni famigliari, infiorate di belle similitudini ed esempi, dirette a mostrare alla gioventù la necessità , la facilità e l' utilità di darsi a Dio per tempo, colla descrizione della vita e della morte di una figlia vissuta secondo il mondo, e di un'altra vissuta secondo il Signore. Fa seguito un ritratto del buon giovanetto, a forma di domanda e risposta ; lavoro che arguisce nel suo autore una grande perizia nella retta educazione della gioventù. E tale si è appunto il sacerdote di Faenza D. Ercole Zaccaria, per altre pregevoli opere assai benemerito della gioventù. Perché il suo lavoro tornasse più giovevole, egli vi aggiunse varie bellissime preghiere, tra cui quelle per la Confessione e Comunione, altre per udire la s. Messa, talune ad onore del Sacro Cuore di Gesù, della Vergine Santissima , di s. Giuseppe, con salmi ed inni più usuali. L' amore verso la gioventù, il cui vantaggio ci sta molto a cuore , ci spinge a raccomandare ai nostri Cooperatori e Cooperatrici, che si provvedano e spandano questo libretto il più che sia possibile. Si vende nella libreria di S. Vincenzo de' Paoli in Sampierdarena, e in Faenza presso il libraio Luigi Liverani, al prezzo di L. 0,40 la copia, L. 17 per ogni 50 copie, e L. 32 per ogni 100.
Per facilitare ai fedeli le offerte per la Chiesa e l' Ospizio del Sacro Cuore in Roma , andiamo stabilendo qua e colà persone di nostra conoscenza, o suggeriteci dai rispettivi Vescovi, con preghiera che vogliano farsi collettori. La Dio mercé questo mezzo comincia a portare i suoi frutti, e speriamo che li andrà portando ognora più abbondanti in avvenire. Intanto perché si conosca come l'opera stataci affidata dal Vicario di Gesù Cristo sia generalmente bene accolta, ed ognun cerchi di concorrervi secondo il suo potere, pubblichiamo questa lettera , che crediamo tornare di comune edificazione.
AMATISSIMO SIG. DIRETTORE,
Siamo di ritorno in questo momento, il caro Reimbeaux ed io , da una breve gita di cinque giorni, fatta ne' paesi circonvicini, allo scopo di raccogliere offerte per la Chiesa del Sacro Cuore di Gesù in Roma. Passammo per varii luoghi della diocesi d' Ivrea circostanti a S. Benigno , come Vallo, Rodallo, Cascine Rei ecc., e da per tutto fummo accolti con molto riguardo, specialmente dai Reverendi Parrochi nostri Cooperatori Salesiani, e dai loro Coadiutori.
Mi sarebbe caro il poterle descrivere partitamente ogni cosa per ciascun paese, ma ciò portandomi troppo in lungo le riferirò soltanto per ora quello, che venne fatto nel cospicuo paese di Caluso.
Lascio a parte l'accoglienza più che paterna che ci fece l'ottimo signor Arciprete, D. Andrea Manfredi; nulla dirò delle belle camere assegnateci pel riposo della notte ; né della degnazione che ebbe di accompagnarvici egli stesso, cose tutte che ci coprirono di confusione. Saputo lo scopo della nostra visita, egli divotissimo qual é del divin Cuore, ed operosissimo Cooperatore, concepì tosto la felice idea di raccomandarci pubblicamente alla carità dei suoi parochiani. Quindi Domenica 14 agosto dopo la Messa cantata montò in pergamo, e fatto segno alla popolazione che si fermasse, disse che aveva bisogno di dirle una parola, e domandarle un favore. Ciò fatto, tenne un' apposita esortazione, presso a poco in questi termini
» Voi conoscete tutti D. Bosco od almeno ne avrete udito parlare. Egli é quel Sacerdote, quell'Apostolo, che salva tanta gente dalla miseria, e le procura vita cristiana ed onesta.
« Egli raccoglie tanti poveri giovani e loro procaccia pane e vestito, li educa ad una vita onesta , e forma loro una posizione onorata nella società. Oramai il suo nome risuona per tutto il mondo. Né la sua carità si restringe alla sola Torino, ma si estende in più altre città d'Italia, anzi in Francia, in Spagna, in America. Già più di cento son le case, che colla carità dei fedeli egli ha aperto in pochi anni a sollievo delle umane miserie. Or bene, anche a Roma egli va a porre le sue tende. Questa città capitale del mondo Cattolico ha oggidì gran bisogno della carità cristiana , perché ora è presa più che mai di mira dai nemici della Chiesa. Lo stesso Santo Padre Leone XIII affidò a D. Bosco la erezione di un gran tempio da dedicarsi al Sacro Cuore di Gesù in Roma sul monte Esquilino, quale monumento all'immortale Pont. Pio IX; ed un Ospizio di carità per raccogliere un mezzo migliaio di poveri giovani abbandonati. D. Bosco ubbidiente alla parola del Sommo Gerarca accettò l' onorevole incarico, confidando nell'aiuto della divina Provvidenza, che non gli venne mai meno nelle grandi sue imprese. Egli pertanto fa appello alla carità di tutti i Cristiani, ed il Sommo Pontefice conforta la sua domanda con una speciale Benedizione agli oblatori.
» In questa opera tutti i Cristiani debbono concorrere. Colle limosine dei fedeli di tutto il mondo venne fatto il gran tempio di S. Pietro in Roma, e collo stesso mezzo si deve innalzare il tempio del Sacro Cuore. Don Bosco ha pertanto inviati due dei suoi Salesiani fra noi per raccogliere le vostre offerte. Essi verranno adunque alle vostre case ; fate loro buona accoglienza, ed elargite loro quella elemosina che le vostre forze vi permettono , e la vostra pietà vi suggerisce. Queste son le parole che voleva dirvi ; questo il favore che voleva domandarvi. Fate adunque, ed il S. Cuore di Gesù benedirà voi e le vostre famiglie. »
Dopo il pranzo ci mettemmo in giro per le case. Non occorre il dirle, come dopo le belle parole del signor Arciprete, noi trovammo la via aperta. Nessuno si rifiutò di darci qualche cosa; onde non ostante l'annata cattiva. rimanemmo soddisfatti. All' ora dei Vespri lo zelante Arciprete montò di nuovo il pulpito, e fatta la sua istruzione parlò ancora della Chiesa del Sacro Cuore, facendo rilevare i vantaggi promessi a chi vi prende parte. Al qual fine lesse la circolare in stampa. Poi soggiunse : « Siccome i collettori non potranno venire a tutte le vostre case, così domani giorno della B. V. Assunta in Cielo, si metterà una cassetta alla porta della Chiesa ; perciò chi vorrà acquistarsi marito presso il Sacro Cuore di Gesù vi metta una limosina secondo il suo potere.»
Sulla sera di detto giorno noi ci congedammo dal signor Arciprete confusi di tanta sua cortesia e bontà. Egli ci accompagnò alquanto, poi ci affidò ad un bravo giovane , che ebbe la bontà di farci da guida per buon tratto di via. Questo buon giovane voleva pur far qualche cosa pel Sacro Cuore di Gesù. Avendo il portafoglio vuoto, ce lo diede tal quale, affinché ci servisse almeno per riporre le limosine raccolte.
Passammo la notte a Montanaro presso l'egregio Prevosto, D. Celestino Romano. Ivi trovammo uno dei più buoni giovani del paese in sui 29 anni, il quale domandò se l'accettavamo come offerta al Sacro Cuore di Gesù; e noi lo prendemmo in parola. Oggidì egli é già in casa nostra, e vuol esser un buon Salesiano. Altri giovani di quel paese lo vogliono imitare. Che ne dice, sig. D. Bonetti, non é questa una buona Provvidenza ? Ringraziamo di vero cuore il Signore, che ci aiuta così a proposìto.
Conserveremo molto buona memoria di Montanaro e di Caluso, dove restammo edificati della pietà e divozione del popolo, e assai maravigliati della stima ed affezione, che vi si ha delle opere Salesiane.
Anche a Lombardore abbiamo avuto prove di benevolenza dal sig. Parroco. Ivi tra gli altri una signora ci fece una bellissima offerta. A Bosconero anche il sig. Prevosto, D. Pietro Peronino, nostro buon Cooperatore, raccomanda alla sua popolazione l' opera del Sacro Cuore , e ci attende per la colletta.
Speriamo di poter completare presto il giro nel Canavese, e poterle dare altre notizie consolanti. Perdoni la lungaggine della presente; mi voglia sempre beno e mi creda suo
Almo in G. C.
ALESSANDRO CH. MORA.
Da qualche tempo la morte ci va cogliendo ora in una, ora in un' altra casa Confratelli , che ci erano non solo carissimi , ma alle opere nostre utilissimi. Dio é padrone della vita dei servi suoi, e come Egli ce li ha dati, così può toglierceli a suo piacimento. Tuttavia mentre adoriamo i suoi imperscrutabili decreti, e per una parte godiamo nella speranza che quei nostri cari già si trovino in gloria e al sicuro per tutta la eternità, non possiamo per altra parte non sentire in cuore un alto rammarico della loro perdita ; imperocché ci vediamo privati di possenti aiuti nel momento stesso, che ne avevamo il maggior bisogno, e ci troviamo costretti a ritardare l'apertura di nuove Case già progettate, a vantaggio di tanti giovanetti abbandonati. Sono tre buoni Sacerdoti che abbiamo perduto nel corso di quest'anno, tra cui il Direttore del Collegio di Cremona, mancato ai vivi il 15 dell'or passato settembre. Voglia il buon Dio mandarcene altri. Intanto crediamo bene di qui pubblicare le circostanze della morte edificante del compianto Direttore , notificataci dalla lettera seguente
Cremona, 16 settembre 1881, ore 2 ant. CARISSIMO ED AMATISSIMO D. Bosco,
Il nostro caro D. Stefano non è più ! Ah ! dolorosa parola ! Egli se ne volò al Cielo stanotte alle ore 11,35. Addio, o caro amico, addio!... E quando ti potrò rivedere in paradiso? Che bella morte ha egli mai fatto ! In quei supremi istanti, ah ! come si conosce bene la virtù degli uomini D. Chicco certamente doveva essere assai provetto nella virtù. In un mese e mezzo circa, che lo assistetti, non udii mai dal suo labbro un lamento, malgrado gli acuti dolori che doveva continuamente sopportare. Deve sapere che, pel lungo giacere in letto, si era formata quasi una piaga sola per tutto il dorso, e ogni volta che si moveva distaccavasi la carne viva dalle lenzuola, producendogli dolori insopportabili ; ed egli soffriva tutto con una pazienza ammirabile.
Il suo male fu stazionario fino a mercoledì, ora passato. Sul far di detto giorno il caro infermo incominciò a vaneggiare alquanto e a palesare una debolezza insolita. Ieri poi il vaneggiamento fu quasi continuo , con un aumento di catarro e con un forte rantolo al petto. Poté tuttavia fare la s. Comunione durante la Messa da me celebrata nella mattina all'altare, per privilegio eretto in sua camera. Circa le 9 pomeridiane si allontanava l'ottimo nostro Vicario ch'era venuto a trovarlo, e nel partire mi esternò il forte timore, che dovesse soccombere in questa notte istessa ; e così fu pur troppo.
Verso le ore 10 il nostro povero D. Stefano veniva assalito da un affanno, che ci intimorì assai. Durò in questo stato di agitazione sino alle 11. A questo punto esclamò : Mi sento mancare; pregate per me. Furono le ultime parole dette con chiarezza, dopo le quali entrò in agonia, che durò appena una mezz'ora. In questo tempo, mentre io leggeva le belle preghiere pei moribondi, egli non cessò un istante di pregare , di raccomandarsi a Dio, al Sacro Cuore di Gesù, a Maria Ausiliatrice e a S. Giuseppe. Tra le molte giaculatorie ripeteva sovente queste, che ho potuto intendere : O Gesù , vi offro la mia vita ; sono contento di morire ; deh ! pei vostri meriti, per la vostra misericordia apritemi il paradiso.
Era pur ivi presente suo fratello Giovanni che piangeva dirottamente, non so se più per consolazione di vederlo a fare una morte cose preziosa, o per la di lui perdita. Oh! caro Padre, quanto mi stimerei felice se una simil morte toccasse anche a me ! L'esempio di D. Chicco non si cancellerà giammai dalla mia mente. Non desidero e non voglio altro che amar Dio, amarlo presto, e amarlo molto per meritarmi una morte sì bella. Ella, o amato D. Bosco, mi aiuti e mi ponga in grado di fare qualche poco di bene mentre ho tempo. Non ho il cuore di parlarle d'altro. Sento il bisogno di starmene qui vicino alla salma del perduto fratello, pregando per l'anima sua e pensando alla salute dell' anima mia. Preghi anche Lei per noi e specialmente per l'afflitto
Suo figlio in G. C.
Sac. DOMENICO BELMONTE.
NB. Abbiamo saputo che, durante la lunga malattia e poscia nei funerali del compianto nostro Confratello, i buoni Cremonesi ecclesiastici e laici, religiosi e secolari gli diedero luminose prove di grande stima e di sicura affezione. Noi vorremmo poter qui nominare una per una quelle benevole persone; ma ricordandole al Signore a cui son note, le ringraziamo qui dal più intimo del cuore, e le assicuriamo che la bontà loro ci è di arra sicura, che i nostri Confratelli addetti alla casa di San Lorenzo troveranno in Cremona favore ed appoggio, per farvi il maggior bene possibile alla gloria di Dio, a vantaggio della gioventù , a conforto delle famiglie , e a sostegno della civile società, che è l'unico scopo dei Salesiani.
Dalla fanciullezza di Maria Mazzarello, nell'altro numero brevemente descritta, di leggieri si può argomentare quanta virtù dovesse far risplendere questa bell'anima nella sua giovinezza. Ci basti sapere ch'ella fu sempre riguardata quale modello fra le più virtuose giovani del paese, talmente che nell'anno 1854, avendo il benemerito e zelantissimo sacerdote D. Domenico Pestarino, di felice memoria, inaugurata in Mornese la Congregazione delle Orsoline, Figlie dell'Immacolata, ve l'ascrisse fra le prime. Non aveva che 17 anni. Era desiderio del prelodato sacerdote, che ne conosceva le virtù, l'affidarle il governo della novella Istituzione ; ma il Signore, che l' avea destinata ad opere grandi, la volle simile a Lui nelle contraddizioni ; quindi permise che fosse osteggiata da taluni de' suoi compaesani ; cosicché la Congregazione s'ebbe a Direttrice un'altra pia e virtuosa figlia.
Non per questo la nostra Maria cessò dall'impegnarsi perla buona riuscita della Congregazione, che anzi la promosse a tutta sua possa sia col buon esempio, sia coll' osservarne esattamente le regole. Era tale poi il suo desiderio d'uniformare la sua volontà a quella della sua Superiora , che a costo di molti sacrifizi volea dipendere da lei pur anco nelle cose di minor rilievo , come sarebbe ad esempio il comprarsi una veste, un grembiale, un fazzoletto e simili. A lei più tardi, quando per divina disposizione dovette, come tra poco vedremo, staccarsi dalla famiglia, consegnava fino all'ultimo soldo il frutto de' suoi lavori, contentandosi pel necessario suo sostentamento di poco pane e latte, cotanto amava la povertà e la mortificazione.
Andava crescendo in età ed in virtù la nostra giovanetta, quando la febbre tifoidea, che menava strage in quei dintorni , venne a svilupparsi in casa di una sua zia. Conosciuto che in quella famiglia avevasi bisogno di aiuti e di assistenza, la buona Maria vi si offerse coraggiosamente, e non ostante che molti ne la sconsigliassero vi si portò, prestando ogni servizio di giorno e di notte. La zia guariva, ma in capo a pochi giorni la nipote veniva colta dallo stesso malore, che la portò sull'orlo della tomba.
In quella prova la sua virtù rifulse più luminosa, non solo agli occhi de' suoi di casa, ma altresì a quei delle sue consorelle e di quanti la visitavano. Erano così fervidi i suoi slanci verso Gesù, suo unico amore, così infocate le sue aspirazioni ed i suoi desiderii pel Cielo, che l'avresti detta una serafina. I conoscenti e gli amici saputala ammalata correvano al suo letto , e vi si recavano eziandio certuni, che non vi erano punto attirati dall'odore di sue virtù, ma da mera curiosità. Tra questi fu un cotale, che avea in paese nome di poco curante de' suoi doveri religiosi. A costui la giovane inferma si rivolse con mirabile accento, e inspirata dallo zelo che l'accendeva si fece a mostrargli il pericolo in che lo teneva la sua vita scioperata , il cattivo esempio che dava ai suoi compaesani, la certezza di una mala morte se non mutava condotta. Non furono vane le sue parole, poiché penetrarono nel cuore di quell'uomo e lo compunsero siffattamente , che lo ridussero a sani consigli.
Fondatamente si temeva che ella avesse a soccombere in sì grave malattia ; ma Dio si compiacque di conservarla ancora all'amore de' suoi cari, e alle grandi cose che voleva affidarle. Nella sua convalescenza si conobbe quanto fosse delicata la sua coscienza in ciò, che riguardava l' obbedienza a chi la dirigeva nella via della perfezione. Aveva per Direttore spirituale e confessore il prefato sig. Don Pestarino, il quale per le sue grandi virtù era tenuto in concetto di un santo prete. A lui rivolgevasi la nostra Maria in tutti i suoi dubbii e ne aveva lume e conforto ; a lui ricorreva per consiglio, e dalla sua prudenza veniva saggiamente guidata. Or stante il suo malessere , il medico aveale ordinato di mangiare grasso anche nei giorni di magro ; ma la buona giovane, temendo non ve ne fosse assoluto bisogno, ne parlò al Direttore , il quale : « Fa pure l'obbedienza del medico, le rispose, e temi piuttosto d'offendere Iddio operando il contrario. » Obbedì senz'altro e si tranquillò per allora ; ma la convalescenza si faceva lunga, ed ella, con un vitto tanto speciale , prese a temere di farsi golosa , e di mancare alla povertà. Tale angustia ella confidò ad una sua amica, e « Sai, le disse, che cosa intendo di fare per ovviare a questo inconveniente , e per non compromettere la mia coscienza ? Comprerò poca carne e molte ossa alla domenica, e queste farò bollire e ribollire tutti i giorni della settimana con un po' di sale, e così senza peccar di gola potrò tuttavia dire che mangio la minestra al grasso, e che obbedisco al medico e al confessore. » E qui giova notare cho da sana ella portava la mortificazione e la penitenza a tal segno, che ancor fanciulla e prima dei 21 anni non lasciò mai di digiunare nei giorni stabiliti dalla Chiesa, e in digiuno passava le intiere quaresime, sottostando nel tempo stesso ai più forti lavori di famiglia.
Intanto la sua salute indebolita dalla malattia e dalle soverchie fatiche l' avea ridotta all' impossibilità di lavorare alla campagna. Il suo pio Direttore allora la consigliò a darsi piuttosto al mestiere di sarta, nel quale era pure espertissima, e i suoi genitori, che molto l'amavano, gliene diedero il bramato consenso. Da principio ella andava ogni mattina a lavorare in paese, e in sulla sera ritornava alla sua cascina in seno alla famiglia. Ma ciò portando non lieve incomodo, in appresso Maria si accordò con alcune sue consorelle, e desiderosa di poter fare un poco più di bene all'anima sua e ad altre giovanette della parrocchia , pigliò ad affitto una stanza in paese, menando con esse vita comune. Quivi ella passava i suoi giorni esercitandosi nelle più belle virtù , alternando la preghiera col lavoro, che molte volte prolungava fino a notte avanzata, per avere al mattino il tempo necessario, onde compiere con calma le sue pratiche di pietà. La nuova casa era presso alla chiesa parrocchiale, per cui con sommo godimento del suo cuore poteva visitare ogni giorno il suo caro Gesù Sacramentato. Quindi tu l' avresti veduta, circondata di altre sue amiche, da lei invitate, a far sovente bella corona all'altare , ove genuflessa sfogava il suo animo affettuoso in dolci colloquii col Prigioniero di amore, col Dio del tabernacolo, col solo vero Amante, che non è conosciuto, non è amato.
Alla scuola del divin Maestro la buona Piglia di Maria Immacolata concepiva desiderii ognor più ardenti di perfezionarsi e di rendersi simile a Lui. D'allora in poi spiegò uno zelo affatto particolare nel menare anime a Dio. La sua carità si fece operosissima ; e non bastandole più la ristretta cerchia delle Figlie della Immacolata, si diffuse al di fuori. Fu allora, che insieme colle sue compagne più intrinseche e col permesso de' suoi Superiori, ella iniziò una specie d'Oratorio festivo per le fanciulle e giovinette del villaggio. Queste care creature, nelle quali è riposta gran parte delle speranze della Chiesa, della famiglia e della società, là nostra Maria si attirava colla dolcezza de' suoi modi , ne guadagnava il cuore, le animava colla parola e coll'esempio alla virtù, e col suo contegno dolcemente e fortemente risoluto, le teneva lontane dal commettere il male, facendosi amare e temere ad un tempo. Era Dio che là guidava, il quale andava preparando. in lei là prima Superiora delle Suore di Maria Ausiliatrice.
L'Oratorio sotto la sua direzione faceva rapidi progressi. Dopo alcun tempo si vide là gioventù femminile della parrocchia più divotà in chiesa e frequente ai santi Sacramenti , più obbediente e docile ai genitori , più ritirata alla sera, più lontana dài divertimenti mondani, e soprattutto schiva delle pericolose conversazioni e del ballo, dal quale molte giovinette riconoscono il principio dei loro morali disordini. Il vantaggio fu così segnalato, che alcuni parenti consegnarono le loro fanciulle alle Figlie (così chiamavano per eccellenza quei buoni terràzzàni le Figlie di Maria), perché loro insegnassero a cucire, ed insieme col lavoro dell' ago impartissero un po' d' istruzione religiosa, e le addestrassero ad una vita soda e sinceramente cristiana. Ed ecco cominciata dà questo punto una specie di Comunità, composta di 4 Figlie dell'Immacolata e parecchie fanciulle ; Comunità, che basata sull' umiltà e nella povertà, senz'altro fondo all'infuori di quello della confidenza nella bontà di Dio , vedremo in seguito aumentarsi di numero, erigersi in Congregazione religiosa, e portare oggidì frutti consolanti a pro della religione e della civile società. Che se nel secolo, la nostra giovane Maria seppe elevarsi così in alto nella perfezione cristiana e nello zelo della salute delle anime, che non farà allorquando il Signore, in premio della sua fedeltà alle sue grazie, le aprirà una nuova strada e le consegnerà un più vasto campo dà coltivare?
Il vedremo nel capo seguente.
Nel mese di giugno annunziavamo che il Sacerdote D. Giuseppe Fagnàno, capo delle nostre Missioni della Patagonia, era partito per l'interno di quella sterminata regione in compagnia di circa due mila soldati, allo scopo di lenire i rigori delle armi a pro di quei poveri selvaggi, e vedere di salvarne qualcuno col mezzo della Religione. Il viaggio era lungo e pericoloso ; pericoloso soprattutto nella circostanza in cui si faceva, cioé insieme con un esercito conquistatore. Tuttavia il nostro Confratello per là divina Bontà lo compir felicemente , e vi poté operare eziàndio un poco di bene, come si rileva dalla lettera che segue
Patagones, 14 giugno 1881.
MOLTO REV. E CARO D. Bosco,
Oggi ritorno dalla Missione al Lago Nahuel Huàpi, donde nasce il fiume Limày, che é il principale affluente del Rio Negro. Che bell' aspetto presenta là natura di quel luogo ! All' Occidente le maestose cordigliere, che separano questa Repubblica dal Chilì, ed all'Oriente, pianure interminabili in fertile terreno. Dopo sei anni, é là prima volta che ho veduto valli e montagne come alle falde delle nostre Alpi ; boschi vergini, dove cresce il pomo, il pino, la quercia e l'abete ; la prima volta che ho riveduta a biancheggiare là neve.
Oggetto di questa Missione straordinaria, come già le scriveva, era accompagnare circa due mila soldati, che andavano à prendere possesso di quei terreni finora incolti, ed a ridurre alcune tribù, che or sono due anni avevano uccisi undici carrettieri e rubati i buoi ed altri viveri, che portavano all'esercito. - Gli Indiani avvisati in tempo fuggirono là maggior parte, abbandonando i loro bestiami, nascondendosi nei boschi e passando nel territorio del Chilì. Tuttavia ne caddero nelle mani dei soldati parecchie centinaia, tra uomini, donne o fanciulli. Io li accompagnava sempre nel viaggio coll'esercito; e :quando accampavamo, passavo il mio tempo con essi, insegnando loro il Catechismo e preparandoli al Battesimo.
Là conversione degli Indiani non é tanto facile ad ottenersi, quando sono obbligati a vivere presso à certi soldati, i quali non dànno loro buon esempio di moralità ; e nei loro toldos per ora non si può penetrare senza pericolo della vita, perché questi selvaggi si servono di tutti i mezzi per vendicarsi contro i Cristiani , che , secondo loro, vanno ad impadronirsi dei loro campi e dei loro bestiami. Se gl'Indiani avessero fiducia nel Governo, e si presentassero pacifici, sarebbero ben ricevuti; avrebbero terra, strumenti, arti e quanto occorre per avviarsi ad una vita civile ; ma disgraziatamente non hanno questa fiducia, e il Governo ha preso il partito di soggiogarli colla forza.
Quest'anno ne abbiamo già battezzati circa ottanta ; e se avessimo avuto del personale avremmo fatto molto di più. Siamo tre soli sacerdoti ed un fratello catechista, ed abbiamo due parrocchie dà amministrare, scuole ed oratorii festivi; quindi ci riesce sovente impossibile il mettersi in mezzo a queste sconfinate terre in cerca degl'Indi sbandati. Anzi abbiamo tanto dà fare che temo che qualcuno di noi cada ammalato, e non si possa continuare questo po' di bene.
A Carmen le scuole vanno egregiamente. Abbiamo oltre quaranta ragazzi che frequentano il nostro Collegio, e settanta ragazze addette alle scuole delle Suore di Maria Ausiliatrice. Patàgones presenta un altro aspetto : tutte le domeniche più di cento tra ragazzi e ragazze assistono alla santa Messa, alla Dottrina Cristiana, cantano le lodi al Signore , ed insieme coi parenti ci fanno presagire giorni più felici per questa popolazione. Solo abbiamo bisogno di persone, ed anche di qualche aiuto materiale per innalzare un Collegio pei ragazzi poveri e specialmente orfani, che qui abbondano, i quali, non ritirati per tempo ed educati, prendono molto facilmente una mala via in questi paesi, dove il buon costume non è purtroppo là prima virtù. Dà Torino si mandò bensì un po'di personale per là Patagonia, ma che vuole ? Non ha potuto giungere tutto fin qui, perché Buenos-Ayres, Montevideo, S. Nicolas ed altre Case ne hanno forse più bisogno di noi.
Ora ci prepariamo per fare la festa del Corpus Domini, di S. Giovanni, di S. Pietro e della Madonna del Carmine, Patrona di questo paese. Di tutto le scriverò ed in particolare degli Indiani, che di tratto in tratto vado a visitare.
Intanto preghi per noi , e raccomandi questa Missione alle orazioni dei Confratelli e dei Cooperatori Salesiani.
Riceva i figliali saluti di tutti e specialmente del suo Aff.mo in Gesù Cristo
Sac. GIUSEPPE FAGNANO.
Secondo decennio - La nuova casa - Catastrofe - Visibile protezione del Cielo - Prodezza per una pagnotta - Poesia - Ripresa e termine dei lavori - La campana e il panattiere - Le prime Quarant'ore.
Chiuso il primo decennio di questa istoria, nel quale siamo venuti narrando l'origine e le prime fortunose vicende del nostro Oratorio , entriamo ora animosi nel secondo, in cui diremo del pieno suo consolidamento. Se i fatti sin qui raccontati furono di singolare importanza, di non minore momento saranno quelli, dei quali intesseremo ancora queste pagine ; anzi abbiamo fiducia che questa seconda parte non solo congiungerà l'utile al dolce, come la prima, ma tornerà di maggior gloria a Dio, e di più alto gradimento ai nostri lettori.
Colla nuova chiesa di S. Francesco di Sales si possedeva un sacro edilizio sufficiente al numero dei giovani, che nei giorni festivi da varie parti della città intervenivano alle religiose funzioni ; e nell'antica cappella si aveva eziandio un acconcio locale per le scuole serali e diurne, frequentate da circa 300 ragazzi di ogni età e condizione. Ma un sito ci mancava tuttavia per dare albergo a molti poveri fanciulli derelitti, che ad ogni ora del giorno si presentavano a D. Bosco, e chiedevano di essere tolti di mezzo alla strada e caritatevolmente ricoverati. Le poche camerette esistenti, alcune delle quali pressoché rovinate dallo scoppio della polveriera, più non bastavano al bisogno. Per il che considerata per bene la cosa il nostro D. Bosco disse un giorno : « Dopo di aver provvista una casa al Signore, é necessario prepararne un'altra pei suoi figli. Dunque mettiamoci all'opera. »
Egli pertanto deliberò di erigere quel tratto di fabbricato, che si estende dal portone sino all'attuale fonderia dei caratteri tipografici, e vi si accinse di quell'estate medesima, pochi giorni dopo la solenne benedizione della chiesa. Messo mano all'impresa , i lavori progredirono con tanto ardore , che prima dell' inverno la fabbrica era al coperchio. Noi, che non conoscevamo appieno le vie e le fonti della divina Provvidenza a suo e a nostro favore, vedendo ogni giorno tanti operai e materiali raccolti, e l' edilizio venir su come per incanto, ci domandavamo talora l'un l'altro : Ma D. Bosco dove prende i danari per pagare tanta gente, e per fare una casa così presto e così vasta? Ed una volta uno dei più adulti ed assennati rispose : Non avete mai veduto quello, che succede spesso nelle nostre case in seno alla famiglia ? Vi hanno talora dei buoni e teneri fanciulli, che sono sempre alla gonna della mamma, o della nonna , ed ora colle carezze ed ora colle pietose domande , e sopratutto colla loro docilità ed obbedienza, le sanno a strappare di mano e dalle saccoccie i regalucci più dolci ed ambiti, da goderne essi medesimi e farne godere ancora ai loro fratelli e compagni. Così fa Don Bosco , il quale prende i danari di mano alla mamma Provvidenza , che ei sa così bene corteggiare e rendersi propizia.
Ma una prova inaspettata e ben dolorosa era in quel tempo medesimo riserbata a lui e a quei caritatevoli, che a nome di Dio gli porgevano la mano.
La fabbrica, come dicemmo, era al coperchio. Già le travature erano collocate a posto, i listelli inchiodati, le tegole ammonticchiate sul culmine per esservi ordinatamente deposte ; quando un violento e prolungato acquazzone fece interrompere ogni lavoro. Né qui fu il tutto ; chè la pioggia diluviò più giorni e più notti, e l'acqua scorrendo e colando dalle travi e dai listelli rose e trasse seco la fresca , e fors' anche cattiva calcina , lasciando le muraglie siccome un mucchio di mattoni e di pietre senza cemento e legatura. Allora che avvenne? Una terribile catastrofe. Era da presso la mezzanotte del 2 al 3 di dicembre , e D. Bosco e i giovani suoi profondamente immersi nel primo sonno, quand'ecco un orribile fracasso, che ad ogni istante si fa più intenso e rumoroso, viene a destarli in un subito e colmarli di spavento. All' orrendo frastuono, e alle grida della buona mamma Margherita prima a svegliarsi, tutti balzammo di letto, e nella piena confusione ignorando ancora che cosa fosse accaduto, ciascuno si ravvolge alla meglio nelle coperte e lenzuola, ed esce di dormitorio senza saper dove. Chi fugge in mezzo al cortile, cadendo nei pantani, chi si rannicchia presso i vicini gelsi, chi si raccoglie tremando nella chiesa appié degli altari. Ben tosto per altro ci accorgemmo della causa di quel rumore. Parecchi muri della nuova casa si erano sfasciati, e travi, e tegole e materiali rovesciati a terra.
Il disastro fu grande , ma a pro delle persone pur visibile la protezione del Cielo. Accenneremo tre fatti. Dalla parte destra verso la chiesa la nuova costruzione prospettava , anzi aderiva al basso e vecchio abitato, nel quale in apposite camerette dormivano D. Bosco e trenta dei suoi giovanetti. Or bene, su quella parte soprastava di parecchi metri un alto e grosso pilastro della cadente fabbrica , il quale nel rovinio smosso dalla sua base pendeva spaventosamente sul povero abituro. Al mattino un' apposita commissione per parte del Municipio venne a fare una ispezione sulla natura e causa del disastro, ed il cav. Gabbetti uno degli ingegneri, esaminato attentamente quel pilastro, domandò a D. Bosco; « Chi dormiva questa notte in quel sito ? - Dormiva io, rispose D. Bosco, e una trentina de' miei giovanetti. - Allora quel perito prese D. Bosco pel braccio e disse : - Vada pure coi suoi giovani a ringraziare la Madonna, che ne ha ben donde. Quel pilastro si regge là contro tutte le ragioni dell'arte, e se cadeva vi avrebbe schiacciati nei vostri letti. Si diede tosto ordine di demolirlo ; ma come far ciò senza mettere a cimento la vita degli operai? Colle necessarie precauzioni i muratori lo legarono con grosse funi, le assicurarono per bene, e poi saliti sui ponti lo disfecero poco per volta , liberando dall'estrema rovina la nostra povera casupola. - Altro bel tratto della divina Bontà fu questo. Della nuova casa al mattino rimaneva ancora in piedi il muro respiciente il cortile a mezzogiorno. Or mentre colla commissione municipale D. Bosco e varii di noi stavamo come trasecolati, guardando e lamentando quella immensa rovina, uno dei giovani alza un grido dicendo : Fuggite. Tutti in un baleno si allontanano in mezzo al cortile , dove appena giunti il muro precipita gettando travi, pietre e mattoni a più metri di distanza. Come ognuno si rimanesse a quella vista è più agevole l'immaginarlo che il dirlo. Fu tale l'impressione che ci lasciò, che per più mesi un piccolo rumore , come il passar di un carro o il rovesciarsi di pietre e simili, ci rimescolava il sangue, ci faceva tremare le vene e i polsi, e divenir pallidi come la morte. - Parimenti nell' ora segnata al disastro spiccò la misericordia del Signore verso di noi. È da sapersi che tutte le sere si raccoglievano nel nostro Oratorio più centinaia di giovanetti della città per la scuola serale, i quali verso le dieci, usciti dalle rispettive classi, prima di recarsi alle proprie case, si trattenevano ancora cogli interni per alcun tempo, divertendosi e scorrazzando nei vani del nuovo fabbricato. Se mai il- rovesciamento fosse accaduto due ore innanzi, chi sa quante vittime avrebbe fatte ! Ma il buon Dio nol permise. A Lui perciò rendemmo fin d'allora vivissime grazie con un solenne Te Deum e con una Comunione generale; e qui intendiamo di tributargliene nuovamente dal più intimo del cuore , perché é per sua misericordia che andammo salvi in quella occasione Misericordia Domini, quia non sumus consumpti.
In quella notte, che passammo poscia vegliando parte nelle camere più lontane dal pericolo, parte nella sacrestia ed in chiesa, occorse eziandio un lepido episodio. Fra i nostri compagni uno ve n'era, sarto di professione, per nome Innocenzo Brunengo; era storpio delle gambe, per malattia già mezzo calvo e munito della parrucca, ma di bell'umore e molto faceto. Dormendo egli pure nel maggior rischio era balzato come gli altri in fretta e in furia, dimenticando sotto il capezzale la pagnotta della colezione, che si distribuiva a ciascuno la sera pel mattino (1). Addolorato per quella dimenticanza, egli non bada a se stesso, né alle voci di chi tenta dissuaderlo, ma a dispetto di tutti ritorna al suo letto, afferra la cara pagnotta, e fugge ratto quanto può un zoppo. Vistosi al sicuro, egli esclama tosto di gran cuore : É salva, è salva, e costringe i compagni in allora ed in appresso alle risa più saporite. Finché visse, il primo saluto che gli facevamo incontrandolo si era: E salva, è salva, e piacevolmente si celiava sopra la eroica prodezza da lui spiegata in quella notte per amore di una pagnotta. Chi invece diede prova di un coraggio virile e degno di alto encomio fu la madre di Don Bosco. Fatto allontanare ognuno dal pericolo , stette essa tutta la notte vegliando sopra di noi, distribuendoci al sicuro quali in una e quali in altra camera, e rimanendo sul luogo intrepida come un generale in campo di battaglia. Si vedeva una vera madre, resa dall'amore dimentica di se medesima , e solamente sollecita dei figli suoi. Anche D. Bosco per parte sua mostrossi figlio ben degno di una tal madre ; poiché per assicurare la vita nostra espose più volte la sua a grande pericolo. Fu d' uopo che la tenera non meno che coraggiosa Margherita ne lo allontanasse come per forza, e costringesse a ritirarsi.
Dopo alcun tempo che ci era passato lo spavento e la pena prodottaci da quel disastro, uno dei nostri compagni che studiava pittura , giovane di facile e lepido ingegno, compose una poesia in piemontese, che ci fece ridere a più non posso. Il compagno di cui parliamo , autore del componimento, é il sig. Carlo Tomatis, oggidì pittore ricercato e professore di disegno nell' Istituto tecnico di Fossano. Gli abbiamo testé domandata la celebre poesia, ed egli richiamatala alla memoria gentilmente ce ne spedì copia, che qui riportiamo colla traduzione italiana, onde sia intesa anche da chi non conosce il dialetto.
POESIA
'Nt él pì bon ch'j'era lì chi sognava Na polenta già bele voidà, I cantava, subiava, balava, Già persuas d'fé na bolla tripà, Sento Mama ch'a cria : Seurt föra, Scapa prest, ch'ej rubata la cà.
Mi'm ddsvio sburdì, 'm pii le braie, Pii le scarpe, peni sent un rumor, Veuj buteme 'l bonet, ma mó sbaglio, 'M but la pruca d'Brunengo'l sartor.
Ero lì che sognavo, e mi parea
Veder tutta fumante in sul tagliere Una bella polenta, che mi fea Rider l'anima lieta pel piacere ; Quando la mamma con dolente voce, Grida : Cade la casa ! Ahi caso atroce !
Io mi sveglio intronato nella testa
Da un forte scroscio, che sentir si fece
e con la mente ancor non bene desta, Gli abiti cerco, e del cappello invece Prendo la parrucca a Brunengo il sarto,
e giù per la più corta me ne parto.
Peui seurt fora, guard nen ch' a pieuvia, Al galiip vad an vers él cicché, Véd Don B sch con un'aria sburdia, Mes vestì con 'l patérle ant'i pé, Serchè '1 post per podejne salvé.
An raduna ant la Cesa, e a n'esiirta A sperò 'nt la clemenssa dél Ciel, Con sua faccia serena an conforta; Ant él mentre sentoma 'n rabel.
Cosa l'erlo ?... Un grös trae, una pianca, A rubata da 'n sima la cà, Villa giù su 'n us vei, lo spalanca, A lo so-paca parej d'na frità.
E pensé che mi, pochi dì prima
L' aviti '1 let propi 'n contra col us ; Guai a mi s' im trovava la 'n sima,
E sul let am piombava 's tabus.
Pér fortuna an cambiame dé stanssa, Altrimenti cos' n erlo d' mia panssa ? Durmirio pér sempre i me euj,
E mangéria mai pi dii faseuj.
Cos na dive, Gastini e Buzzetti ?
Cos av smia dé's gran parapiglio Am fa pena si guardo Rocchietti, Am fa rii si guardo Reviglio, Rannichià tut rupì com 'n pom cheuit, LA ch'a prega an baréta da neuit.
Ed Arnaud '1 guanté, e Batista, Veui dì col ch'a sa plé le cariite,
E Marchisio ch'a fila la rista
Stan là ciuto ch'a smio d' marmiite.
E Don Bósch quand ch'a l'alba sentia L'ultim crep d' la soa cà ruvinà, Con parole sicure an disia I védre', sarà prest ristorà.
Cola neuit an restrà ant la memoria,
E i névoud la trovran ant la storia.
Uscito fuori, cerco invan le stelle,
La bella luna luminosa in cielo,
Che invece piove a furia, a catinelle ; Trovo D. Bosco, con paterno zelo, A cercar, a contar tutti i suoi figli Scampati per prodigio dai perigli.
In Chiesa ci raduna, e poi ci esorta
A confidar nella celeste aita Ognuno nel sentirlo si conforta ; Nè teme davantaggio della vita; Mentre un colpo all'orecchio s'avvicina Come il mondo n'andasse alla rovina.
Che sarà mai ? gridammo spaventati, Guardandoci l' un l'altro con orrore ; Saremmo in questa notte sotterrati? Un trave, e poi un altro con rumore, Come la paglia che si porta il vento, Col muro eran caduti in quel momento.
E là pochi dì prima aveva il letto Posato, ove dormiva i sonni belli; Di me che sana stato poveretto, E della tavolozza, e dei pennelli Sarei andato con i padri antichi,
Né più la pancia serberei pei fichi.
Che ne dici Gastini, e tu Buzzetti,
Che vi pare di questo gran periglio ? Mi trema l'alma se penso a Rocchietti ; Mi ride invece in osservar Reviglio A pregar, o gridar con vivo affetto, Tenendo in testa il berrettin da letto.
Ed Arnaud il guantaio, e poi Battista, Colui cioé che pela le carote,
E Marchisio, e ben altri in lunga lista, Stavano bianchi in ambedue le gote. Di quella notte é degno che la storia Ne serbi in bella pagina memoria.
All'alba intanto rovinava in tutto
Con orrendo frastuono quella mole,
Che il buon Padre erigeva, e in mezzo al lutto Ci disse, e le ricordo sue parole, Con la calma dell'anima sicura
Risorgeranno un dì coteste mura!
La caduta della casa oltre al danno materiale ci recò più altri disturbi. La stagione avanzata non permetteva più, non dico terminare, ma neppure ricominciare i lavori. Ma intanto come provvedere alla nostra strettezza ? Abbiamo fatto di necessità vìrtù. Assicurate le mura della cappella antica , questa venne ridotta a dormitorio ; e le scuole diurne e serali, colle dovute cautele e pii riguardi, si sono trasferite nella chiesa nuova, la quale perciò nei giorni festivi serviva pel divin culto e per le pratiche religiose, e lungo la settimana si convertiva in collegio e in palestra letteraria.
Appena spuntata la primavera dell'anno vegnente, 1853, si pose immediatamente mano a rialzare la fabbrica rovinata ; e quella divina Provvidenza , che aveva ispirati i benefattori a mostrarsi generosi con D. Bosco per incominciare l' edifizio , continuò a muoverli in suo aiuto per riprenderlo e condurlo a fine. Fra questi si segnalarono la egregia Duchessa di Montmorency e il nobile signor Marchese e Marchesa Fassati stia degna consorte. Quindi i lavori furono talmente spinti innanzi, che nel mese di ottobre la casa era compiuta. Non appena resa abitabile, vi abbiamo tosto trasferite le scuole, il refettorio, i dormitorii ; e il numero dei giovani ricoverati giunse ben presto a 65, parecchi dei quali fecero poscia una splendida carriera. Anche D. Bosco vi scelse per suo alloggio quella parte che abita tuttora, e che da quanto sembra non vuol mutare se non colle stanze del paradiso.
Fin dall'anno innanzi accanto alla chiesa di san Francesco di Sales si era innalzato l'attuale campanile , ma mancava ancora di una conveniente campana. Un nobile patrizio torinese, che veniva assiduamente a farci il catechismo nei giorni festivi, rimediò a quel difetto. Eletto per la seconda volta Priore della Compagnia di S. Luigi, egli lasciò un segno duraturo della sua carica, provvedendo una sonora campana, che co' suoi acutissimi squilli continua tuttavia a chiamare i giovanetti della città all'Oratorio festivo. Nel giorno che fu benedetta e collocata a posto si fece una particolare solennità, con un gran concorso di gente appositamente invitata. Compié la religiosa cerimonia il Teol. Gattino nostro Curato di Borgo Dora di f. m., il quale tenne poscia un acconcio discorso, spiegandoci l'origine e i tre principali uffizi della campana espressi da questo verso :
Laudo Deum verum, voce plebem, congrego clerum. Dopo la sacra funzione venne rappresentata una commediola, che fu causa di molta allegria.
Lo stesso esimio Priore un altro attestato ci diede di sua carità in quell'anno stesso. Da qualche tempo D. Bosco aveva tralasciata l'usanza di consegnarci ogni sera il danaro, perché ci provvedessimo il pane da noi, ma il pigliava all'ingrosso e cel somministrava in comune a guisa delle altre case di educazione. Ora in quei dì tra gli altri debiti il nostro Direttore uno ne aveva di lire 1200 col panattiere, il quale minacciava ormai di farci vedere la fame , se non veniva pagato. Ciò inteso, il buon Priore soddisfece a quel vistoso debito, e noi proseguimmo a soddisfare il nostro giovanile appetito. Ma chi è, qualcuno ci domanderà, questo sì buon Priore, che vi provvedeva campane e pagnotte ? Egli si è l'illustre Conte Carlo Cays di Giletta, già Deputato al Parlamento Subalpino, ed oggi umile ed operoso Sacerdote Salesiano.
Il medesimo ci regalò il baldacchino col suo pendaglio ed altri drappi e tappeti, e c'imprestò otto ricchissimi lampadarii, che avevano già servito d' ornamento , e fatta splendida figura nelle sale della regina Maria Adelaide in occasione di sue nozze. Quindi la nostra chiesa, fornita degli oggetti più necessarii al divin culto, potè prestarsi per la solenne Esposizione del SS. Sacramento nelle Quarant'ore, che si celebrarono la prima volta per tre giorni consecutivi, con uno straordinario concorso di giovanetti e di altri fedeli. Per secondare il religioso trasporto e dare a tutti la comodità di soddisfare la propria divozione si fece a quei tre giorni seguire un ottavario di predicazione alla sera , il cui frutto si fu un numero incalcolabile di confessioni e comunioni, come se fossimo stati in occasione di Esercizi spirituali o di sacra Missione. Quell'insolito fervore di pietà diede motivo a continuare le Quarant'ore negli anni successivi con regolare predicazione ed altre divote pratiche, come si usa tuttora nel Santuario di Maria Ausiliatrice.
(1) La colezione si dava alla sera, perchè varii giovani dovevano al mattino per tempo trovarsi dai padroni in città.
Da varie parti e assai di spesso ci giungono lagni circa la spedizione del Bollettino. Chi lo riceve in ritardo, chi ad intervalli, e chi ne rimane del tutto privo anche per vari mesi. Abbiamo studiato con tutto impegno sopra le cause di tali irregolarità, e abbiamo dovuto conchiudere che nella massima parte gli inconvenienti dipendono da taluni uffizi postali, o piuttosto da qualche distributore, il quale per non avere il disturbo di far recapitare a chi è diretto il Bollettino, ce lo rimanda scrivendovi sopra respinto o sconosciuto, come venne poc'anzi constatato dalle stesse Autorità Superiori. Altre volte la sospensione avviene per causa degli stessi lettori, che non iscrivono chiaramente il loro nome, cognome e domicilio, colla città di provincia o almeno di circondario.
Perciò sono vivamente pregati tutti i Cooperatori a voler usare la cortesia di scrivere con chiarezza l' indirizzo , non dimenticando mai la città di provincia o di circondario. Del resto o sia nostra la causa o sia di altri, noi preghiamo i nostri lettori di avvisarci con semplice cartolina, appena avranno a soffrire ritardo o sospensione, e se l'indirizzo non fosse esatto, a rimandarci la fascia corretta entro una busta con soli due centesimi di affrancamento. - Se poi alcuno mancasse di qualche numero e desiderasse completare la raccolta, ce ne avverta, che sarà nostro piacere di fargliene tosto la spedizione. - Ove poi qualche Cooperatore fosse defunto e gli si continuasse la spedizione del Bollettino, preghiamo chi lo riceve a rimandarcelo senza nuova affrancazione, scrivendo soltanto sulla fascia : Respinto perché morto - E chi lo ricevesse duplicato, ne rimandi una copia colla parola : Duplicato.
In fine ringraziamo tutti quelli che colla loro limosina ed offerte vennero finora in aiuto delle opere nostre; e intanto ci raccomandiamo agli altri di non volerci rifiutare l'appoggio di loro beneficenza e carità, senza della quale non possiamo fare tutto quel bene che ci siamo proposto, e che abbiamo continuamente di mira, quale si è il sostegno della religione e il benessere della civile società, mediante soprattutto la buona educazione della gioventù.
CAPO X. Dal Rio Chubùt allo stretto di Magellano.
Ora impenniamo le ali vigorose dell' aquila, che fende il cielo americano, e spicchiamo un rapido volo dalle rive del Chubùt fino allo stretto Magellanico. Abbraccieremo così con un vastissimo sguardo quell' immenso spazio deserto e in gran parte inesplorato, che forma la parte più recondita ed inospitale della Patagonia. Ed ecco ad oriente l'Oceano Atlantico , sterminata ricchezza e vita del commercio ; elemento di fratellanza e di vicendevoli relazioni fra popoli lontani e diversi in ogni costume ; mezzo di civiltà e di scienza; arringo spaventoso dei più gagliardi petti che conti l' umano eroismo e tomba funesta di molti fra essi ! Or queto, ora sconvolto ; or azzurro e splendido, or bruno ed offuscato; talor infocato dall'ignea luce dell'aurora boreale o del tramonto del sole, ma pur sempre bello e atto a destare il sentimento dell'infinita potenza di Chi l' ha creato e lo governa. Instancabile ne' suoi aneliti, conduce le sue onde, eterne viaggiatrici, a scivolare sulle spiaggie arenose , a percuotere i massi e i dirupi dei promontorii, a straziare le bocche dei porti.
Anche la Patagonia ne riceve or le blande carezze, or le furiose sguazzate; ma il provvido Signore ha munite le sue coste d'immensi bastioni di pietra, rotti, ineguali, sgraziati e squallidi, ma inespugnabili e sicuri. Dietro questi si stendono le aride steppe, aperte in vaste pianure, le une sovrapposte all' altre a guisa di gradini sconfinati, procedendo così fino alla riva dell'opposto Oceano.
L' uniforme sterilità, la monotona eguaglianza di questo suolo deserto stanca la vista ed il pensiero di chi lo mira. Se non che vedi talora l'erculeo Tehuelche sul suo cavallo fedele, che dall'estreme regioni dello stretto Magellanico va ralingando fino alle sponde del Rio Negro ; sempre in caccia, sempre in viaggio, sempre libero; ma pur sempre meschino e ignaro di tutto ciò, che può formare la felicità di un cuore. Vedi l'agile Che-huel-chel valente nel trar d'arco, senza cavallo, ma rapido al corso, snello e gagliardo come fiera dei boschi, scagliarsi colla velocità di un veltro sguinzagliato dietro il leggero guanaco, vibrare correndo le sue frecce , i suoi bolas, il suo lazo, colpir nel segno e inginocchiarsi trionfante sulla vittima, che si dibatte fra il laccio ed il sangue. Vedi nell' aria il titano degli uccelli, il condor , quasi nuvoletta nera dibattuta da un vento tempestoso, varcare a lunghe alate gli spazii, stridendo rauco e sinistro, colla sua preda fra gli artigli; vedi a centinaia i loquaci pappagalli a svolazzare sui quasi inariditi alberi, e nel loro linguaggio cantare le lodi del Creatore, che così liberi e belli li ha formati. Vedi poi la maestosa catena delle Ande, da cui s'ergono audaci e truculente le punte erte e nevose, tra cui alcune annuvolate a lunghi intervalli da foschi nembi di fumo talor fiammeggiante, che si sfoga dalle viscere infuocate della terra, per le misteriose gole dei vulcani paurosi.
E qui l'occhio, non rallegrato che da squallide praterie o da qualche piccola laguna solitaria ed immobile, può essere d'un tratto spettatore di una delle caccie più fragorose che si facciano sulla terra. Eccoti da lungi un branco di tori selvaggi, dalla chioma nera, venir furieggiando come l'acqua di un torrente, che abbia testa dirupato gli argini, colle criniere sconvolte e balzellanti, fra cui sfavillano gli occhi spaventati e vividi ; e così strepitando e avvolgendosi di polvere fuggire l'impeto degli avidi selvaggi , che sui loro cavalli librati al vento come giavelotti, colla briglia passata sul braccio, e il lazo levato in alto, colgono il tempo, avventano la palla, e traggono la fune ehe s'avvolge rapida intorno alla gamba del toro, che prostrato si dibatte e mugge e strazia il terreno colle corna e coi piedi, arrotolandosi spaventosamente e ansando a lena sfinita; mentre i venturosi compagni spariscono fuggendo nella remota lontananza del deserto, lasciando dietro di sé una lunga sfumatura di nuvola bruna, e un sordo brontolar di fragore che si va perdendo.
Vedresti altrove la timida vigogna sul colmo di qualche piccola altura guardar in basso, se appaia il temuto nemico ; ritta sulle sue vigorose gambuccie, col capo leggermente inclinato , l' orecchio e lo sguardo intenti , in una immobilità piena di vita e di leggiadria. Ne é raro l'incontrare il famelico puma (leone americano), che si aggira bramoso di altri animali più deboli, onde pascere il suo vorace digiuno.
E intanto riportando lo sguardo alla riviera vi scorgi il sorvolar tondeggiante ed obliquo degli uccelli marini , mentre qualche flotta di delfini, se minaccia tempesta, fugge la costa pericolosa, e mostrando tratto tratto la curva schiena si perde in breve fra l' onde più libere dell' alto Oceano.
E veramente pericolose sono per la più gran parte le rive della Patagonia meridionale ; irte e scortesi al navigante, cui non offrono alcun rifugio, spietate al naufrago , che tenta invano raggiungere il lido colla fragile lancia spezzata e dispersa in ischeggie dalle loro asprezze di scogli ; quasi ovunque ugualmente tetre, frastagliate, ma senza porti fino alla foce del Rio Deseado, dove la struttura della spiaggia presenta qualche riparo alle ardite navi, che s'avventurano per quei mari. E qui, sopra un poggio atto a difesa, scorgi le cadenti rovine d' un castello , che la Spagna aveva edificato per dominare su quei luoghi; i quali veramente paiono destinati alla solitudine perpetua, dacché quell'unico edificio che vi si eresse ben presto fu distrutto ed abbandonato. Ma forse Iddio non vuol colà torri e bastioni con artiglierie e presidii armati ; forse Ei desidera l'umile campanile d'una chiesa, su cui si rizzi il segno di Cristo, non la bandiera superba di qualche nazione europea od indigena. Forse vuole Iddio che il marinaio solcando col suo legno innanzi a quella baia, o entrandovi a rifugio, dopo tanti giorni di lontananza da luoghi abitati ; dopo aver quasi dimenticato fra mille altre cure le cose di religione o di culto cattolico, lungi dalla patria, che ha lasciato, e dalla meta cui s'avvia ; mentre il sole tramontando rosseggia dietro i colli e le roccie della spiaggia, e lo squallor di una luce moribonda riveste la già squallida contrada di tinte scolorite ; mentre l'anima sospesa, mesta e senza appoggio sente il crescere lento , ma inesorabile d'una muta desolazione, che l'aggrava di malinconiche rimembranze e di spaventosi presagi, oda scendersi dall' alto la voce a tutti amica d' una campana che invita il labbro all' angelico saluto, e il cuore scosso da quella soavità di canto inarticolato, ma pieno di significazione e di conforto, s' apra ad un tenero sfogo di lacrime e di preci verso Colei, che si fa Madre ad ogni dolente. Se Dio lo vuole, sarà !
Dal porto Deseado al Rio Chico sono altre steppe deserte , coll' erba rara ed ispida, cogli arbusti spinosi, che si affoltano, talora su vasta superficie di terreno. La riviera poi abbonda di foche e di delfini, che formano il sostentamento principale dei Chao-Ches, abitanti di quella contrada. Poco distante dalla costa l'ampio Rio Santa Cruz, risalendo dal sud, interrotto e spartito qua e là da frequenti isolette, viene ad affratellare le sue acque col Rio Chico , e con esso scende ad immergersi nell'Atlantico , per una larghissima foce in cui trovasi il porto Santa Cruz ; mentre sulla sponda destra sono fondate le due piccole colonie di Piedra Buena e di Ronquand. Le vicinanze di questi due rii, ed il tratto di paese che da essi si stende sino allo stretto Magellanico, facendo capo sino a Punta Arena, sono le terre tra le più ubertose della Patagonia. Quivi il terreno cambia aspetto, e svestito quasi interamente il misero manto e la desolata configurazione delle Pampas, si mostra tutto fastoso di lussureggiante vegetazione, svolta grandiosamente in ampie praterie e in fertili colline , con foltissimi boschi presso la montagna, ove corre non ancor domato il cavallo selvaggio.
Gli abitatori indigeni di queste regioni sono selvaggi della tribù dei Tehuelchi, che sventuratamente vanno estinguendosi per l'agevolezza che tengono di comperare liquori nella prossima colonia di Punta Arena. Oh ! volesse il Signore che la religione ridonasse questi popoli a se stessi, alla società, al Paradiso , facendo loro conoscere l'orridezza funesta del vizio , la dolcezza della virtù e dell'arti civili, in cui prolungando la vita possono renderla assai meno penosa, e condurla ad un esito pieno di felicità e d'amore !
Fra le molteplici istituzioni di cui va bellamente adorna , quasi augusta regina redimita di stelle, la madre nostra santissima , la Chiesa Cattolica, se non la più sublime , almeno la più santa e soave al cuore d'ogn'anima piamente cristiana, si è quella del Santo Rosario. Semplice affatto, se vuolsi, n'é il modo e l'ordine con cui venne una tal prece disposta, ma al tempo stesso è sacra, commuoventissima , solo che il pensiero d'ogni credente scorra ed esamini col lume della virtù sovranaturale della Fede l'alto e nobile scopo, per cui sì bella usanza veniva di mezzo al popolo cristiano provvidamente introdotta. Lunga, né troppo facil cosa alla nostra penna sarebbe il fare, per così dire, la storia del Santo Rosario, storia, fra quante al mondo furono e saranno, più che mai grande, splendida e gloriosa.
Ma qui noi diremo solo che dalla sua istituzione in qua v'ebbero genii ispirati i quali, sacri alla Vergine Santissima, cantarono le glorie del suo Rosario, meritandosi la gratitudine , l'onore ed il plauso di quanti, in fra i posteri , sentono vivamente la eccellenza, grandezza, e maestà del culto che dai Cattolici si presta a Colei, che vittoriosa e trionfante , schiacciò il capo all' infernale dragone, che fu scudo bene spesso ai popoli dalle barbare, nemiche orde, assediati e combattuti a morte , nonché debellatrice di tutte le più formidabili e perniciosissime eresie, insorte a travagliare in tutte le età la Chiesa Cattolica.
Laonde esprimiamo la nostra congratulazione al ch. Canonico Prof. Paolo Angelici, il quale ha voluto , con bello e felice pensiero , esporre in versi italiani il Santo Rosario e le Litanie ad onore e gloria di Maria Vergine.
Del merito letterario di questo lavoro noi riferiremo quanto in proposito ne scriveva il Sac. Pietro Casali nel - Velino - giornale di Rieti
« Abbiamo letto con vera soddisfazione l'esposizione in versi, che del Santo Rosario di Maria, dettava non ha guari l'illustre Prof. Angelici. É un esempio, assai raro oggi, di nobile e alto poetare, tutto di vena, di suono e di colore classico. Bei versi e con grande amore meditati, pieni di vita , eloquenti, potenti. Lingua e stile semplici ed eleganti, atti a dare espressione limpida agli affetti, dei quali vi ha gran copia : nobili e schiette bellezze : pensieri e concetti degni dell'argomento e dell' autore, che si palesa profondissimo in fatto di letteratura. Per le temprate armonie, per la greca venustà della forma ed elevatezza del sentire, ci ricorda la scuola dei migliori, dalla quale oggi si rifugge comunemente, per seguire un nuovo modo di poetare senza verso, senza legge , senza pudore, incensato solamente da quelli, che non distinguono la prosa dalla poesia. Raccomandiamo questo libro , specialmente ai maestri, perché vi troveranno poesie analoghe ai fatti del Nuovo Testamento, della Storia Sacra , atte a formare il cuore della gioventù secondo la vera Religione, senza cui non vi ha speranza di educazione morale e cittadina. »
L'operetta annunziata é uscita testè in un fascicolo delle nostre Letture Cattoliche, e si vende dalla nostra libreria Salesiana di Torino e di Sampierdarena al prezzo di L. 0, 30 la copia.
Se ne tirarono pure copie su carta distinta ed in elegante formato, che vendonsi al prezzo di cent. 80 la copia.
« Vi sono, corte tutti ben sappiamo , due mondi : quello del senso e quello dello spirito. Noi viviamo nel mondo del senso , circondati ed avviluppati dal mondo dello spirito, e, come cristiani, abbiamo continue e reali comunicazioni con quest' ultimo. Ora, nel mondo del senso non vi è che un frammento; una frazione della Chiesa. Al dì d'oggi la Chiesa trionfante in Cielo, ingrossatasi di nuove turbe in ogni età ed abbellendosi costantemente di nuovi santi, deve necessariamente eccedere di molto le schiere della Chiesa militante, la quale non comprende neppure la maggioranza degli abitanti della terra. E anzi probabilissimo che la Chiesa sofferente nel purgatorio ecceda aneli' essa in estensione la Chiesa militante, come la sorpassa pure in bellezza. Riguardo alle falangi innumerevoli dei dannati noi non abbiamo più alcun vincolo con essi ; se n'andarono da noi; non sappiamo neppure con certezza il nome di qualcuno di essi sono avvolti ed ascosi in un tenebrore, in una fitta notte ; non abbiamo seco loro relazione di sorta.
» Ma per la dottrina della Comunione dei Santi e per la unità del mistico corpo di Cristo, noi abbiamo colla Chiesa trionfante e colla sofferente, intime relazioni di dovere e di affetto; e la divozione cattolica ci somministra molti modi stabiliti ed approvati di adempire questi doveri verso di loro. Dio ci diede una tal possa, sui defunti, che essi paiono dipendere più dalla terra che dal cielo; e l'averci dato questa potenza ed i metodi soprannaturali di esercitarla non è sicuramente la minima prova commovente che la sua santa Maestà abbia disposto ed ordinato ogni cosa per l' amore. Non possiamo noi forse immaginarci la gioia dei Beati in cielo guardanti dal seno di Dio e dalla calma del loro eterno riposo su questa nostra fosca scena d'inquietudini, di dubbio e di timori, ed esultando nella pienezza della loro carità , nel vasto potere che hanno appo il Sacro Cuore di Gesù, impetrar giorno e notte grazie e benedizioni pei poveri abitanti di questa terra ? Ciò non li distrae da Dio, non impedisce la loro visione, nè la scema o l' offusca ; non àltera nè la loro gloria nè la loro pace. Al contrario, accade loro come al nostro Angelo Custode ; gli affettuosi ministeri della loro carità accrescono la propria gloria accidentale. Anche noi sulla terra possiamo gustar, proporzionatamente una tale gioia. Se noi siamo pienamente animati da questa divozione cattolica per le sante anime, saremo sempre soavemente conscii dell' immensa possa largitaci da Gesù in loro favore. Non gli somigliamo mai tanto, nè imitiamo mai così bene i suoi teneri officii, come quando esercitiamo divotamente questo potere. Ci troviamo altamente umiliati al divenire i benefattori di quelle anime leggiadre , che ci sono si smisuratamente superiori, come leggesi di s. Giuseppe, che imparò l'umiltà comandando a Gesù. Coll'aiutare le sante anime, noi attestiamo a Gesù un amore superante la portata delle parole, un amor,, che ci fa tremare , ma di un tremor delizioso, perchè in questa divozione non è la nostra, ma la sua mano che moviamo, come si moverebbe l' inesperta piano di un fanciullo. Carissimo Signore! non pare forse incredibile che egli si lasci cotanto in nostra balla? Che ci lasci far quel che vogliamo delle sue soddisfazioni , ed aspergere quanto vogliamo col suo prezioso Sangue come se fosse tant'acqua attinta al vicino pozzo ? Che noi giungiamo a limitare, a circoscrivere l'efficacia del suo incruento sacrifizio , a nominargli anime a cui applicarlo, ed attendere che egli ci ubbidisca , e che egli ci ubbidisca davvero ? Bella sopramodo fu l' impotenza .della sua infanzia ; è sublime bellezza la sua impotenza nel Santissimo Sacramento ; leggiadra oltremodo è l'impotenza in cui per amor nostro egli degnasi di stare a nostra disposizione riguardo alle suo care spose nel purgatorio, il cui ingresso nel cielo è con tanta brama atteso dal suo cuore ! Quali pensieri, quali sentimenti, quale amore dovrebbe essere il nostro, mentre che, quasi cori di Angeli terrestri, pieghiamo il ciglio sul vasto, silenzioso, impeccabil regno di dolore, e quindi col nostro audace tocco moviamo al disopra di quella vasta regione la scettrata mano di Gesù tutta grondante del suo balsamico e salutare Sangue ! »
Dopo così sublimi parole del Faber, prete dell'Oratorio di Londra, non aggiungiamo nulla per eccitare i nostri Cooperatori e Cooperatrici a sollevare le Anime dei nostri morti, ma solo presentiamo loro un mezzo di esercitare l' immensa possa largitaci da Gesù in loro favore : e questo è la diffusione dell'idea e dell'affetto della loro causa mediante la stampa. La stampa è certo uno dei mezzi potentissimi con cui « nel mondo del senso » si eccitano le anime sensibili a sposare la causa degl'infelici, ed a prestarsi in loro soccorso. E perchè la stampa non servirà ad alimentare tra i cattolici l'idea e ad eccitare l'affetto per la causa degli infelici del « inondo dello spirito » ed a prestarsi in loro soccorso? Un fiume allaga una città? ed ecco la stampa ad eccitar i cuori ad asciugar le lagrime degl'inondati; il fuoco divora le sostanze di parecchie famiglie ? la stampa accende nei cuori la carità, e queste vengono aiutate ; un terremoto scuote e fa crollare palazzi ed intere borgate ? immantinente la stampa tutta in moto a far soccorrere i superstiti. Ma chi v'ha che pensi a far conoscere con la stampa il grande avvenimento diuturno dell'infelicità delle Anime dei nostri morti? Chi v'ha che con foglietti, giornali o libri cerchi di eccitare i fedeli a soccorrerle? Chi vi è, il quale pensi come gli stessi pochi centesimi spesi per comprare un libretto che tratta in loro favore, una mezz' ora di tempo impiegata in leggerlo , imprestarlo ad altri , regalarlo , sia già di per se stesso un atto di esercizio dell'immensa possa largitaci da Gesù in loro favore? Ecco il mezzo che noi presentiamo ai nostri Cooperatori e Cooperatrici.
Uno però dei libri degni di essere letti e diffusi iegli è certamente quello che il P. Pellicani pubblicò per le nostre Letture Cattoliche , appunto intitolato Le Anime dei Nostri Morti, letture istruttive e pietose. Consta di sette dialoghi, che s'aggirano sui seguenti argomenti : - Il Purgatorio c'è ; Il Purgatorio non è una novità ; Pratica della Chiesa ; Gravezza delle pene ; Motivi di pregare ; Mezzi di suffragare ; Il pensiero del Purgatorio ; Questioni sul Purgatorio. Dire della vivacità e dell'amenità di questi dialoghi è superfluo. Tutti in Italia conoscono il P. Pellicani.
Il libretto vendesi alla Libreria Salesiana a centesimi 60, franco di posta. Si estrasse da questo un opuscoletto, contenente le pratiche indulgenziate,intitolato: Le Anime del Purgatorio sollevate; vendesi presso la stessa Libreria a L. 5 il cento, ed a L. 40 il mille.
« Chiunque abbia, anche solo per pochi anni, insegnato nelle scuole inferiori di ginnasio, conosce a prova essere cosa di non lieve fatica il far penetrare nella tenera mente dei giovanetti i primi rudimenti della lingua latina. Ma un grande giovamento possono avere e maestri e scolari , se i libri saranno acconci allo scopo ; se dettati con ordine , chiarezza e semplicità ; se lontani da vana pompa di erudizione conterranno tutto ciò che agli alunni torna pei loro studi necessario o giovevole. Ed appunto per essere, secondo le mie deboli forze , di aiuto ai giovanetti, che da poco tempo hanno incominciato lo studio della lingua latina, io pubblico ora questo Nuovo Vocabolario, dopo avere, se mal non mi appongo, abbastanza provveduto ai bisogni delle Scuole Superiori col Lessico Latino ed Italiano edito da questa medesima tipografia. Ho fatto ogni diligenza, perchè il lavoro riuscisse in tutte parti esatto e compiuto ; ma per non accrescer soverchiamente la mole del Volume furono omessi le voci troppo antiquate ed andate in disuso. Ciascheduna voce fu dichiarata ne' suoi principali significati, aggiuntovi quasi sempre un esempio di classico autore ; si indicò quali casi reggano nella sintassi i nomi, gli aggettivi, le proposizioni ed i verbi specialmente , che sogliono apportare ai giovanetti maggiore impedimento. Affinchè poi i discenti si avvezzino fin da principio alla retta pronuncia , a tutte le parole che possono presentare alcuna difficoltà ho notato e nell' una e nell' altra parte del Volume la prosodia. Le due appendici dei nomi proprii, poste in fine ad ambedue le parti sono più che sufficienti per corrispondere ai bisogni degli alunni del ginnasio.
Ho procurato con questo mio lavoro di soddisfare al desiderio di parecchi direttori di collegi, che a più riprese mi sollecitarono di stamparlo. L'avanzamento dei giovani nei buoni studi ed il tenerli lontani da quanto possa come che sia offendere la loro innocenza è l' unico fine che io mi propongo nelle mie pubblicazioni letterarie. Ali aiuti Iddio, perchè questo scopo sia in ogni cosa e sempre da me raggiunto. »
Questo è quanto scrive il Sac. Celestino Durando per prefazione a questo Nuovo Vocabolario.
Del Lessico Latino ed Italiano la Civiltà Cattolica scriveva essere « ricco, quanto i migliori, senza essere prolisso, nè infarcito di tante cose inutili e non appartenenti all' aurea latinità » ; ed il pubblico, accoltolo favorevolmente, fece sì che già se ne dovettero fare due edizioni e fra poco se ne intraprenderà la terza. Questa è caparra sicura della buona accoglienza che avrà questo nuovo lavoro fatto per uso delle scuole ginnasiali.
E un volume in 8°, di pagine 944 e vendesi presso la Libreria Salesiana al prezzo di L. 5, 50 in brochure ed a L. 6, 50 legato in tela , a benefizio dei giovanetti educati alle arti ed alla scienza nell'Oratorio di S. Francesco di Sales.
Notificando a tutti i benemeriti Cooperatori e corrispondenti come siasi aperta in Lucca , nel locale interno dell' Oratorio di Santa Croce , una Libreria a totale benefizio dei giovanetti di quell'Ospizio, educati alle scienze ed alle arti, la raccomandiamo a tutti i Sigg. Cooperatori specialmente della Toscana, potendo per essa godere di una pronta esecuzione delle loro ordinazioni, nell'acquisto di libri, con minori spese di porto ed alle stesse condizioni della Libreria Salesiana di Torino, mentre la rappresenta in ogni interesse, essendone succursale.
Riceviamo or ora la trista notizia della morte di Elena Iackson di Montevideo, che fu un angelo di costumi e di carità , madre dei poveri, insigne benefattrice dei Salesiani e delle Suore di Maria Ausiliatrice, sparsi in quella gloriosa Repubblica. Tal morte è per tutti una perdita incalcolabile.
Noi vorremmo dire qui dei meriti di sì gran donna, ma trovandosi già in macchina il Bollettino ci riserbiamo di parlarne in altro numero, riportando tradotto un bell'articolo del giornale di Montevideo , El Bien Publico.
Intanto fin d'ora ce ne condoliamo amaramente co' suoi esimii parenti , e raccomandiamo alle preghiere di tutti i nostri Cooperatori e Cooperatrici l'anima di quella Consorella, che in vita tanto bene ci fece. Sì , a lei sia riposo , refrigerio e pace in seno a Dio, che ha così ferventemente amato, e così fedelmente servito.
Ogni Cooperatore può acquistare Indulgenza plenaria una volta al giorno, da applicarsi alle anime del Purgatorio, recitando la terza parte del Rosario di Maria Vergine avanti al SS. Sacramento, e non potendo avanti al divin Sacramento, recitandola innanzi al Crocefisso.
Indulgenza plenaria ogni volta che si accosta alla santa Comunione.
Può altresì lucrare moltissime Indulgenze plenarie nel corso del giorno, mediante la recita di sei Pater, Ave e Gloria , secondo la mente dei Sommo Pontefice. E queste indulgenze applicabili alle anime purganti, le può acquistare toties quoties, ossia tutte le volte che recita i suddetti Pater, Ave e Gloria in qualunque luogo senza bisogno di Confessione e Comunione purché sia in grazia di Dio.
Oltre a queste, un' altra Plenaria ne può guadagnare ogni domenica, e nei giorni qui sotto notati, purché confessato negli otto giorni, e comunicato visiti una qualche chiesa, pregandovi secondo la mente del Sommo Pontefice.
1. Festa di Ognissanti.
2. Commemorazione di tutti i fedeli defunti. 6. Sant'Agnese d'Assisi sorella di santa Chiara. 9. Santa Elisabetta di Ungheria.
21. Presentazione di Maria Vergine al tempio.
26. S. Leonardo da Porto Maurizio.
29. Festa di tutti i Santi dei tre Ordini di san Francesco d'Assisi. 30. Sant'Andrea apostolo.
Con permesso dell'Aut. Eccl. - FERRARI GIUSEPPE gerente respons.
Tip. di San Vincenzo De' Paoli, Sampierdarena 1881.