BS 1920s|1928|Bollettino Salesiano Agosto 1928

Anno LII.   AGOSTO 1928   Numero 8.

BOLLETTINO SALESIANO

PERIODICO MENSILE PER I COOPERATORI DELLE OPERE E MISSIONI DI DON BOSCO

SOMMARIO: La Pagina d'Oro. - Luce di fede, ardore di carità. - Il 24 giugno a Valdocco: Una rivelazione: Don Bosco scrittore. - Tesoro spirituale. - Omaggi a Don Bosco. - Un Salesiano eletto arcivescovo di Madras. - Anime riconoscenti al Ven. D. Bosco. - Dalle nostre Missioni: Un'escursione alla Missione di Mendez. - Progressi delle nostre Missioni in India. - Cullo e grazie di Maria Ausiliatrice: L'Ausiliatrice onorata in Italia e nel mondo. - Dalle nostre Case: Palermo - Torino - S. Marzano Oliveto - Belluno - Lisbona - Fristàk - Yucay, - Pier Giorgio Frassati. - Cooperatori defunti.

LA PAGINA D' ORO

La propaganda per la Crociata ha raggiunto in Italia il suo punto culminante e all'Estero comincia a promettere notevoli frutti per l'intenso entusiasmo che ha destato: ma non è possibile fin d'ora dire approssimativamente quale sarà il risultato finale. Del resto non abbiamo fretta e attendiamo con fiducia che ì nostri amici, d'Italia e dell'Estero, scelgano essi il momento più opportuno per dare il loro valido contributo a quest'opera di bene. Continuiamo intanto l'elenco delle Borse Missionarie.

26. Borsa S. M. la Regina Elena ad iniziativa del Comitato Centrale Dame Patronesse.

27. Borsa M. Caterina Daghero offerta nella ricorrenza onomastica del Sig. Don Rinaldi dall'Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice di Nizza.

28. Borsa Emmanuele Fassati offerta dai Conti Maurizio e Luigia De Maistre.

29-30. Borse Piccolo Serafino "Gustavo M. Bruni" raccolte tra gli ammiratori dal Sac. A. Anzini.

32. Borsa Emilia Bellia Abate costituita dal Comm. Pier Vincenzo Bellia in memoria dell'ottima consorte testè defunta.

31. Borsa Baciccia offerta da un esimio Cooperatore genovese.

33. Borsa Luigia Alfazio Camerana

34. Borsa M. di Loreto a cura dei Cooperatori Salesiani delle Marche.

35. Borsa Don Bosco 2a per iniziativa degli allievi del Collegio Valsalice.

36. Borsa D. Nassò per iniziativa degli ex allievi liceisti del Collegio Valsalice.

37. Borsa D. Cimatti quale espressione di riconoscenza degli ex allievi Normalisti del Collegio Valsalice.

38. Borsa S. Giov. Battista

Nella cassetta delle offerte per l'Ospizio del Sacro Cuore di Gesù in Roma, il 22 giugno u. s. si trovò una busta chiusa con la soprascritta: Ai Salesiani di Don Bosco, da aprirsi il giorno 24. Ed il giorno 24, festa di San Giovanni Battista, la busta fu aperta. Conteneva venti carte da mille ed un biglietto con solo queste parole: Per una borsa missionaria. Tra la meraviglia e l'emozione non potemmo a meno che esclamare di cuore: ecco il regalo che Don Bosco fa ai suoi carissimi figli missionari nel suo giorno onomastico.

Luce di fede, ardore di carità

Fasci potenti di luce irradiano i nobili esempi di carità; avvampano giganti le fiamme di ardore missionario per la Santa Crociata. Impossibile dire di tutti e di tutto.

Borsa " Regina Elena ".

Il 23 giugno in un vasto salone dei nuovi locali dell'Oratorio di Valdocco si inaugurava l'annuale Esposizione Missionaria di arredi sacri; di essa parla ampiamente il Bollettino: solo mi permetto aggiungere che l'Esposizione di quest'anno per ricchezza e abbondanza di arredi ha superato le anteriori e lo zelo del gruppo missionario delle Patronesse è degno di ogni elogio.

Ma è mio proposito parlare di un'altra iniziativa del Comitato. Letta dalla Segretaria, Contessina Camerana, la relazione, la zelantissima Presidente Marchesa Scati-Grimaldi, Dama di Corte, aveva disposto che un grazioso bambino, il figlio del Podestà di Torino, Conte Luigi Balbo Barone di Sambuy presentasse al Rev.mo Sig Don Rinaldi in una elegante borsetta L. 20.ooo per la fondazione della Borsa Missionaria « Regina Elena ». La breve cerimonia, semplice ma densa di significato, riuscì commoventissima.

Delicatissimo il pensiero delle Dame Patronesse nel volere che il nome di Colei che tiene l'alto Patronato del Comitato venga perpetuato in una Borsa.

Com'è dolce pensare che ogni giorno un Missionario, in paesi lontani, offre il S. Sacrifizio e le sue opere apostoliche per attirare le benedizioni del Cielo sull'Amata nostra Regina e su tutta l'Augusta Famiglia Reale! Banditore della Croce di Cristo, non dimenticherà il Missionario quella croce di Casa Savoia che, nella nostra bandiera, simboleggia la prosperità e la grandezza della Patria sorrette dalla Religione.

Il piccolo Serafino Gustavo Maria Bruni.

La sera del 24 giugno, dopo la ispirata conferenza del nostro Don Caviglia su

« Don Bosco Scrittore » il Rev.mo Signor Don Rinaldi comunicava ai convenuti che il piccolo Serafino di Gesù Sacramentato inviava due prime Borse Missionarie.

Ecco ciò che Don Anzini, il biografo dell'angelico Gustavo, scrive al nostro Ven.mo Superiore: « Sono ormai trascorsi 18 anni da che questo bambino veniva a visitarla,, si appoggiava delicatamente al suo tavolo, alzava il suo sguardo verso di Lei, e con la sua parola timida, ma infuocata sulle labbra, cercava la via per addivenire un vero figlio di Don Bosco. Il Signore chiamava al cielo il piccolo Serafino e di là egli compie quella missione che non potè compiere durante la sua vita, breve di tempo, ma intensa di santità.

» Egli si presenta ora di nuovo a Lei, si appoggia delicatamente al suo tavolo, alza sopra di Lei lo sguardo angelico e con voce armoniosa di cielo le dice: - In Paradiso non ho dimenticato i suoi ammaestramenti e ottenni dal Signore di essere il piccolo apostolo delle Borse Eucaristiche per le Missioni Salesiane, con suggerire ai miei piccoli amici e devoti (che sono dappertutto e sono falangi) di inviare offerte a tale scopo in ringraziamento delle grazie che faccio piovere su di loro per le mani di Maria Ausiliatrice. Le offro oggi i primi frutti del mio apostolato: sono due borse di trentamila lire per la grande Crociata da Lei indetta. Esse saranno seguite da altre che le migliaia dei miei devoti offriranno per propagare l'amore di Gesù e la salvezza delle anime ».

La nuova luce che circonda come di un'aureola il piccolo Serafino, ce lo rende più bello, più caro; gli splendori dell'apostolato faranno convergere a lui tanti cuoricini e le mamme cristiane lo additeranno come modello e protettore ai loro piccini.

I Nong Hanòh e il dragone U Tlen.

La figura angelica del piccolo Gustavo mi fa ricordare altri bambini sventurati della nostra missione dell'Assam. Esiste tra quelle tribù la setta dei Nong Hanòh, adoratori del dragone U Tlen. Questi disgraziati nella loro efferata superstizione sono convinti che solo il sangue dei bambini può placare il ributtante rettile.

I nostri missionari, la sera del terzo giorno del loro arrivo nell'Assam, udirono, nel silenzio della notte, rotto soltanto dal fruscio della pineta, le grida strazianti e soffocate di un bambino. Accorsi, seppero che erano gli adoratori del U Tlen che avevano rubato una piccina. L'innocente creaturina viene sacrificata in un modo barbaro, terrificante. Condotta al luogo del dragone, le vengono amputate le dita delle mani e dei piedi e la punta del naso, e il suo sangue deve zampillare, gocciare sul terreno del serpente fino e morire svenata.

Preghiamo il piccolo Serafino che ci ottenga di moltiplicare i missionari e di poter così por fine per sempre a queste e altre peggiori efferatezze.

Sono note a tutti le sculture oscene di certi templi dell'India. Quello di Konhara è chiamato, per un ben infame primato, il tempio delle oscenità: impossibile ridire qualcosa di quello spettacolo nauseabondo. Orbene l'anno scorso era un bambino che, con un cero acceso, insegnava e spiegava ai visitatori quelle immondezze.

Corriamo, corriamo a salvare quei poveretti.

Borsa "Emanuele Fassati."

Il 5 giugno u. s. Don Rinaldi riceveva questo scritto accompagnato da L. 25.ooo. « Fondazione di una Borsa Missionaria in memoria del nostro cugino Germano Emmanuele Fassati Roero Sanseverino. Padre e madre di sette figliuoli, non avendo la fortuna che uno di loro sia sacerdote, preghiamo il Rev.mo Sig. Don Rinaldi, Rettor Maggiore dei Salesiani, di assicurare in perpetuo l'educazione e formazione di un Missionario che, ogni giorno, all'altare, preghi per noi, pei nostri figli, poi nostri interessi temporali ed eterni e pei defunti della nostra famiglia».

Allerey (Saone et Loire), 5=V=1928.

Conte MAURIzio DE MAISTRE, LuIGIA DE TROISSARD Contessa DE MAISTRE.

Esempio nobilissimo e degno delle gloriose tradizioni dei Conti De Maistre!

I Salesiani e gli amici di Don Bosco non hanno dimenticato i vincoli di affettuosa riconoscenza che legano la famiglia Salesiana alla famiglia De Maistre. Fin dal 1858 Don Bosco, la prima volta che si recava a Roma, prendeva alloggio presso il Conte Rodolfo De Maistre, figlio del celebre Giuseppe De Maistre. La figlia del Conte Rodolfo che fu poi la Marchesa Fassati, fece parte del primo gruppo delle Cooperatrici Salesiane, donò uno degli altari della chiesa di San Francesco di Sales, pagò il quadro di San Giuseppe che si venera nella Basilica di Maria Ausiliatrice, aiutò costantemente Don Bosco e contribuì sia nella costruzione del Santuario che nella formazione di vocazioni sacerdotali.

La sorella del Conte Rodolfo, Duchessa di Montmorency, volle far tessere la tela che doveva servire pel quadro di Maria Ausiliatrice, e presso di essa, a Borgo Cornalese, si recava il Venerabile per sbrigare corrispondenza e affari e per averne aiuti costanti.

I figli del Conte Rodolfo verso il 1862 si prestavano ad insegnare il catechismo ai birichini di Valdocco. Col loro padre formavano parte attiva del Comitato delle famose lotterie, escogitate da Don Bosco per avere mezzi per le sue opere.

I nipoti continuarono le tradizioni del Conte Rodolfo. Il Conte Saverio ospitava, durante la guerra, nella sua casa di Borgo, il noviziato delle Figlie di Maria Ausiliatrice, espulse dalle terre invase.

E il Conte Maurizio che scrisse la nobilissima lettera di cui si onora il Bollettino.

Don Bosco dal cielo continuerà, ne siamo sicuri, a pregare pei suoi cari benefattori.

In vita ebbe per loro le più belle manifestazioni del suo amore. A Roma guariva miracolosamente il figlio del Conte Eugenio, ora P. Paolo De Maistre, Superiore dei Gesuiti a Bastia (Corsica). Nel 1866 assisteva, a Borgo, il Conte Rodolfo, morente. Era lieto allorchè poteva prestare ai nobili benefattori qualche servizio. Volle che l'ultimo mattone della cupola di Maria Ausiliatrice fosse collocato dal piccolo Emmanuele Fassati, a cui oggi il Conte Maurizio intitola una borsa Missionaria.

Borsa "Emilia Bellia Abate."

Era una nostra insigne Patronessa e benefattrice. La sua carità, fatta nel silenzio, solo nota a Dio, le avrà meritato un premio grande, ineffabile.

Nobilissima, ispirata l'idea del consorte, sig. comm. Pier Vincenzo Bellia, di perpetuarne la memoria con una Borsa Missionaria. Chi seppe compiere con tanto fervore di opere un apostolato fecondo, è bene che lo continui, in cielo, col suo patrocinio; in terra con un missionario che ne perpetui lo zelo.

Quanto è bella la figura della donna cristiana! Solo Gesù Cristo ha saputo irradiarla di quell'aureola celeste che la solleva dall'abiezione in cui l'aveva collocata il paganesimo. Oggi ancora nell'India e in molti altri luoghi essa è pressochè schiava; la vita della donna, scrive un autore indiano, è una serie non interrotta di mali dalla culla alla tomba. La penna si rifiuta di scrivere certe abiezioni e nefandezze: in alcuni luoghi o presso talune caste la donna è non solo oggetto di ignominia in vita, ma non è rispettata neppur dopo morte. Sono cose di cui l'umanità, cosciente sente vergogna.

Quello che avviene nel Maisore ove la donna è costretta a porgere al marito i servigi più abietti e degradanti, è nulla di fronte alle bassezze morali a cui è esposta sopratutto presso certi famosi centri di abbrutimento ove adoransi idoli nefandi.

È bello pertanto che il ricordo di una Matrona Cristiana sia consecrato a formare dei missionarii che vadano a sollevare la donna dall'abiezione in cui giace, irradiandola della luce soave della fede.

Un velo sul fango nauseabondo, una preghiera per quelle povere creature! Molte Dame Cristiane, riconoscenti alla Religione che le ha create regine della famiglia irradiata dall'amore cristiano, si propongano di moltiplicare i missionarii, per sollevare dalla degradazione tante sventurate creature.

Borsa "Nobildonna Luigia Alfazio Camerana."

Di S. Luigi aveva il candore, la bontà, il distacco dalle cose terrene. Iddio conosce la sua generosità. La Borsa intitolata a questo nome così caro alla famiglia salesiana vorrei fosse destinata a formare Missionari che portassero sopratutto in certe contrade dell'India il candore della vita cristiana. Tremendo, ributtante il sudiciume esterno, ma ben più avvilente e schifoso il luridume morale. Sonvi alcune tribù indiane del sud che hanno, oggi ancora, una pratica che ha dell'inverosimile. Uomini e donne, dopo essersi vestiti della miserabile tela che copre la loro nudità, sono proibiti di lavarla: devono tenersela indosso sudicia di grassume, bruciata dal sudore, fetente, fintantochè non cada a brandelli schifosi.

Eppure quest'immagine ci rende pallidamente lo stato di quelle povere anime, che lasciano cadere i brandelli della più triste depravazione nel seno di una famiglia che non merita tale nome e sui sentieri di una vita intessuta di vizi e di nefandezze. Ah! Se le anime amanti della purezza cristiana si proponessero di accrescere il numero dei missionari, apostoli della virtù angelica! Penetrare nelle loro miserabili capanne, ove nella mota nauseabonda di un giaciglio (che noi rifiuteremmo alle bestie), formicolano i vermi, è un eroismo che, forse, il solo missionario cattolico seppe compiere.

Quanti gigli potrebbero coltivarsi e raccogliersi anche là ove oggi i miasmi di una immoralità dilagante e sanzionata da superstizioni ed errori religiosi intossicano l'ambiente!

Borsa "Baciccia."

Forse solo l'anima genovese potrà capire il profondo significato di questa Borsa. Il donatore non volle che si pubblicasse il suo nome. Baciccia è il nome più popolare della ridente Liguria e quasi ne impersona il popolo religioso, operoso, generoso. E una Borsa che si propone di attirare le benedizioni celesti non solo sulla cristiana famiglia dell'offerente, ma su tutta quella contrada ove alle bellezze della natura è associato così potente fervore di opere. È un esempio insomma, un richiamo, uno stimolo. Siamo di ciò sommamente grati all'esimio offerente e preghiamo il Signore lo conservi molti anni alla nostra riconoscenza e all'apostolato più fecondo.

Sono enormi i bisogni; e il grido di quei popoli commoverà, ne siamo certi, tutti i cuori generosi. L'agiatezza materiale e più ancora spirituale di cui godiamo ci fa dimenticare forse i fratelli che soffrono.

Penso con raccapriccio alla terribile casta dei Lambadys che rubano le persone, le interrano in una fossa fino al collo, mettono loro sul capo una specie di lampada fatta con farina e danzano intorno alla vittima finché spira.

Non è un uomo, non è una vittima quella che noi vediamo interrata ed agonica. E tutto un popolo, sono milioni e milioni di fratelli che, ingolfati, sepolti nel fango della più squallida miseria morale, vivono una vita agonica senza luce di fede, senza soavità di amore.

Ancora una volta proponiamoci di correre in loro aiuto dando tutto il nostro appoggio alla Crociata Missionaria. Il fuoco dello zelo divampa. Da tutte parti giungono notizie consolanti: allievi, exallievi, cooperatori e cooperatrici, in una nobile gara vogliono che la Crociata sia un fatto compiuto col loro lavoro, coi loro sacrifizi.

Ho qui sul tavolo mucchi di lettere che portano da ogni dove un'ondata di santo entusiasmo.

Il Direttore dell'Ospizio del S. Cuore, di Roma mi scrive: «Siamo poveri, ma vogliamo occupare i primi posti allorchè si tratta della salvezza dei nostri fratelli. Abbiamo iniziato cinque Borse, quella degli artigiani, quella degli studenti, quella degli ex allievi, quella dei Cooperatori, quella dei Confratelli: coll'aiuto di Dio speriamo di condurle presto a compimento».

Il Signore, benedica, o anime generose, i vostri sacrifizi.

È questa la gran parola: sacrifizio. V'è qualcuno che non l'abbia ancora fatto per amore di Don Bosco ? Sorgano, sorgano molti cuori generosi che personalmente e con una efficace propaganda contribuiscano all'esito della grande Crociata.

Maria Ausiliatrice ottenga a tutti dal suo Divin Figliuolo Gesù grazie abbondantissime!

Sac, PIETRO RICALDONE,

Il 24 giugno a Valdocco

La consueta festa del 24 giugno raccoglie tutti gli anni attorno al Successore di Don Bosco una schiera di Cooperatori, di exAllievi, di ammiratori, solleciti di testimoniare la perenne vitalità della loro stima, del loro amore per l'opera del gran Padre. Anche quest'anno è riuscita assai solenne.

Si aprì la sera del 23 con la Mostra di Arredi, preparata dal benemerito Comitato Centrale delle Dame Patronesse dell'Opera di Don Bosco. Di questo Comitato che svolge la sua nobile azione sotto l'alto Patronato di S. M. la Regina Elena e la presidenza onoraria di S. A. R. la Duchessa di Pistoia, numerose Dame intervennero alla cerimonia:

La Presidente March. Scati Grimaldi, la Vice Presidente Contessa Gromis di Sambuy e Contessa d'Agliano, le Dame Patronesse Marchesa De Vita, Contessa di Sambuy Robilant, Contessa Camerana di Boyl, Contessa di Cigliè, Contessa di Pamparato, Contessa Della Chiesa, Sig.ra Carpano, Sig.ra Ponti, Marchesa Pallavicino Mossi, Contessa Rignon, Sig.ra Leumann, Sig.ra Prato, Sig.ra Bodo, Baronessa Mazzonis, Contessa Torelli, Marchesa Compans, Marchesa Della Valle, Contessa Balbis, Sig.ra Arrigotti, Contessa Belli, Marchesa di Rorà, Marchesa Del Carretto, Sig.ra Porazzi, Sig.ra Caviglione, Contessa Balbo Donato, Sig.na Dall'Oglio, Sig.ra Tommasina, e moltissime altre di cui ci sfugge il nome.

La Segretaria del Comitato, Contessina Maria Teresa Camerana, dopo aver letto una splendida relazione del lavoro fatto per la Mostra, concluse con una grata sorpresa: « Sig, Don Rinaldi - disse - voglia ancor oggi gradire un altro tributo riverente delle Patronesse di Torino. Sin da quando Ella ha lanciato l'appello della Crociata delle Borse Missionarie, il nostro Comitato pensò a fondarne una. Giorni sono una piissima Gentildonna, nostra Vice Presidente e confondatrice del Comitato, es resse il desiderio che non si tardasse otre a formarla, anzi se fosse possibile offrirla il giorno della nostra (adunata di chiusura annuale: fidenti nella Vergine Ausiliatrice abbiamo lanciato l'appello, In 8 giorni precisi la borsa fu completa; oggi è sorpassata. Le nostre Patronesse, che hanno risposto con affettuoso slancio, in questo momento sono liete di offrirla a Lei, portata da un caro bambino che risveglia dolci ricordi. Egli oltre essere il figliuolo della Prima Autorità Cittadina è il nipotino della indimenticabile ,nostra Presidente e fondatrice del Comitato, la Contessa Edmea Di Robilant, madre esemplare, vera gentildonna cristiana che tanto amò la Vergine Ausiliatrice e le opere del Ven. Don Bosco.

La nostra Borsa s'intitola a S. M. LA REGINA ELENA, la nostra graziosa Sovrana, che ogni opera buona aiuta e approva; e questo dice tutta la dolce unione tutta propria del nostro vecchio Piemonte, così profondamente legato da vincoli di fede e di devozione ai suoi Principi e ai suoi Re! ».

Il Sig. Don Rinaldi ebbe parole di vivissimo encomio per l'attività altamente benefica svolta dal Comitato. La Mostra attraente e ricca dice con quanta generosità le Dame Patronesse hanno provveduto agli svariati bisogni delle Missioni.

Copiosissimi furono pure gli invii di oggetti da parte dei Comitati d'Italia e dell'Estero, ai quali esprimiamo la nostra riconoscenza e il nostro ringraziamento.

Anche l'Accademia in onore del Sig. Don Rinaldi riuscì brillante: si aperse con l'Inno sgorgato dal cuore del nostro vecchio poeta Don Francesia, musicato egregiamente dal M°. Dogliani ed eseguito a meraviglia dalla Scuola dell'Oratorio, da lui diretta. Poi si susseguirono discorsi e declamazioni in cui la nota dominante fu l'affetto sempre più vivo pel nostro amatissimo Superiore.

La sera del 24, riservata alla commemorazione di Don Bosco, riuscì veramente una solenne dimostrazione di quell'amore inestinguibile che arde in tutti pel grande Maestro. Il prof. Don Alberto Caviglia col discorso, che qui riportiamo, rivelò un lato geniale di Don Bosco; e la sua parola limpida, incisiva, riboccante di amore, di venerazione pel Venerabile da lui esaltato con mente di studioso e con cuore di figlio, lasciò in tutti un'impressione di giocondo soddisfazione.

Una rivelazione : Don Bosco scrittore

Commemorazione tenuta il 24 giugno 1928 a Torino

L'oratore comincia col dire che per Don Bosco la « gloria dei santi» s'immedesima con quella « degli uomini grandi», e rivela come la gloria e l'esaltazione che il mondo ha tributato al Venerabile abbia avuto dalle labbra del Papa Pio XI una parola di più che si sentiva il bisogno che fosse delta da alcuno con autorità indiscutibile: Egli ha proclamato l'eroismo delle virtù di Don Bosco e la penetrazione conquistatrice di un ingegno forte e molteplice. Ciò che Pio IX aveva visto e sentito, Pio XI chiaramente lo disse.

A questo ingegno - dice l'oratore - si è volto, prima di tutto, il pensiero di Pio XI, scorgendovi, se non addirittura un fondamento, certo un ausilio più che ordinario, e del resto indispensabile, alle manifestazioni della Santità e alle opere di bene che Don Bosco produsse : e riconoscendo in Lui, a cagion di quello, una superiorità « di gran lunga dominante e trascinante » - sicchè poteva dirlo « una figura completa, una di quelle anime che, per qualunque via si fosse messa, avrebbe certamente lasciato grande traccia di sè, tanto Egli era magnificamente attrezzato per la vita ».

« Forza, vigoria di mente - dice il Santo Padre - calore di cuore, energia di mano, di pensiero, d'affetto, di opere, - e luminoso e vasto ed alto pensiero, - e non comune (anzi superiore di gran lunga alla ordinaria) vigoria di mente e d'ingegno e propria anche (cosa generalmente poco nota e poco notata) di quegl'ingegni che si potrebbero chiamare ingegni propriamente detti ; l'ingegno di colui che avrebbe potuto riuscire il dotto, il pensatore, lo scrittore.

Parole scultorie e sopratutto veridiche, le quali non derivano soltanto da una simpatia quasi invincibile dell'Uomo di studio verso l'Uomo d'ingegno, ma esprimono una profonda comprensione della figura storica, e la rivelazione d'una nota essenziale e imprescindibile, che vuol essere concretamente compresa e seguita nelle sue molteplici e vaste manifestazioni.

Negl'intimi lineamenti dai quali s'informa l'individuale carattere delle azioni virtuose, ha dunque, nel concetto del Pontefice che dovrà beatificare Don Bosco, grandissima parte e quasi precipua la fisionomia e la potenza dell'ingegno - e questa ha parte nell'ordine morale come nel campo dell'azione esterna.

Un Santo di grande ingegno è necessariamente differente nella forma della santità e nella efficienza e ampiezza della sua irradiazione caritativa, - da un altro, al quale questo dono di Dio sia stato concesso in misura meno abbondante.

E quelli che nella storia del progresso spirituale e della vita esterna della Chiesa hanno lasciato orma più profonda, segnarono il cammino con manifestazioni d'ingegno che anche i più alieni dal consenso religioso hanno dovuto ammettere.

lo insisto su codesto motivo per una ragione particolarissima e confortevole: e perchè, volendo parlar di Don Bosco, sono per naturale forza di cose indotto a presentarne quell'aspetto che per avventura mi è meglio conosciuto, ed è forse, anzi senza forse (l'ha detto anche il Papa) meno conosciuto dagli altri.

Sì, vi è un Don Bosco ancora ignorato, che bisogna rivelare e che sarà rivelato. Ed è appunto il Don Bosco al quale primamente si volse il pensiero di Papa Pio XI: il Don Bosco dell'ingegno, il Don Bosco scrittore, il Don Bosco del tavolino e delle ore notturne, delle ore che nessuno sa, lo spenditore meraviglioso della fatica spicciola, che adempie, come fece degli spiccioli della moneta, ad imprese di milioni, ad autentici tesori di bene!

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Alla vigilia della felice conclusione del processo di beatificazione, la Congregazione Salesiana ha sentito il bisogno di mettere in luce codesta parte capitalissima dell'attività e, come apparirà dai fatti, della virtù di Don Bosco, che vi esplicò nella svariata e copiosa letteratura dei suoi scritti, ed ha voluto che si desse mano ad un'edizione integrale e autentica, ad un corso sistematico, di tali scritti nel loro testo genuino.

Sia lode alla mente penetrantissima di Don Bartolomeo Fascie, che ne ha additata la necessità, e alla coraggiosa intraprendenza di Don Filippo Rinaldi e di Don Pietro Ricaldone, dai quali provenne il fiat che vi darà esistenza condegna.

Se difetto ed errore, come in tutte le cose umane, vi sarà stato, potrebbe consistere nell'eccessiva fiducia accordata al modesto Salesiano che vi parla, il quale, ad effettuare una tale magnifica impresa, non ha altro titolo se non la volontà forte e il « rationabile obsequium »: vo' dire il lungo studio e il grande amore che gli fanno ricercare tutto quanto la più amorevole e ragionata critica gli può suggerire, per disegnare concretamente e fermamente i lineamenti di codesta che dissi ignorata e stupenda figura di Don Bosco.

Sarà non un'impresa, ma un monumento, al quale Egli stesso fornisce la materia: - sarà il documento più eloquente e irrefragabile di quella che fu la vita di quell'anima, che si alimentò del clima della Chiesa e ne ripercosse a volta a volta - con l'onda ora lunga ora breve - i palpiti e le vibrazioni.

So che dico parole tutte bisognevoli di più ampio discorso. Ma senza dilungarmi troppo (giacchè riserbo allo scritto la più minuta informazione), io vi chiedo la facoltà di condurvi per la fiorita aiuola dove sbocciano i fiori più vistosi di questa terra inesplorata, - e di potervi tradurre in concise e schiette parole quel che fu e continua ad essere il mio sentimento.

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Perchè a chi rivolge gli scritti di Don Bosco stampati o inediti, il sentimento, se anche si provi di contenerlo la necessità dell'arida ponderazione, molte volte prende la mano e trabocca.

Ed è dapprima lo stupore, la meraviglia.

Quando m'accinsi a raccogliere la materia, per darvi, se possibile, un ordinamento sistematico, me la vidi crescere e crescere, quasi come la massa fermentata dal lievito: e ben 168 titoli di scritti passarono nelle mie cartelle, a testimonio di un'operosità infaticata e molteplice, a documento d'una pressochè incredibile duttilità e versatilità d'ingegno.

A me, che conobbi Don Bosco davvicino, con una calma e posatezza di gesto e di parola da modestissimo prete tutto dedito alle cose di Dio e alla pacifica conquista dei cuori: a me - e in questo credo d'impersonare tutti - che conosco l'incredibile quantità di lavoro esteriore, sopratutto nel primo trentennio della sua opera, e tanto più affacendato e personale quanto più si risale verso l'origine, - quella copia, quella varietà diedero un senso di quasi sbalordimento, e, oso dirlo, una tentazione d'incredulità, come se gran parte di quegli scritti che vanno col suo nome non avesero quasi altro che questo di suo.

* *

E allora, con lunga paziente amorosa cura, mi diedi all'altra ricerca: quell'altra, della paternità degli scritti, e perchè no? delle idee.

E fu una scoperta: una scoperta vera, di quelle che fanno tremar di commozione quando, dopo le più coscienziose indagini, dopo le più scrupolose cautele contro l'inganno e la delusione, vi si rivelano d'un tratto sicure e definite.

Chi pensava, a mo' d'esempio, a tutta la premurosa e guardinga sollecitudine, a tutto il vario studio, con che Egli seguì il moto delle idee e dei metodi del risveglio pedagogico piemontese e toscano, che fu il più vivo d'Italia, tra il 1844 e il 186o, dall'Aporti al Troia al Lambruschini al Raineri - assimilando, sfrondando, trasformando, nella concezione educativa, quale Egli la sentiva in sè quasi per istinto, quanto di nuovo, di utile, di moderno, di cristianamente accettabile veniva formulato da quelli? Chi, tra tanti più o meno lodevoli tentativi di dare alla gioventù delle scuole, al popolo che somiglia ai giovani, chi poteva finalmente metter loro in mano il libro che li istruisse con serietà di contenuto e con paterna semplicità di stile, nella storia della Religione e in altri rami, se non colui che avesse prima fatta sua compiutamente la materia, e poi provato a narrarla a viva voce, e sperimentato di proposito il tema e il linguaggio nella consuetudine coi giovani e col popolo?

E così, di mano in mano, usciva dalla disamina degli scritti di Lui l'originalità, la proprietà: usciva la paternità tanto più cara quanto meglio si rivelava che tutto quel ch'Egli scrisse era passato attraverso la sua mente illuminata dall'amore del popolo e dei giovanetti.

E questa era, se può dirsi, ricerca di critico: la quale approdava al più confortevole dei risultati.

Ma al cuore non bastava, perchè anche il cuore, quando ama forte, ha una critica sua, e vuole vedere tutto e vedere addentro, vuol convertire la persuasione in sensazione.

Con tutto l'immensurabile disgregatissimo lavoro della sua giornata, come poteva Egli non dico scrivere tanto, scrivere tutto, ma tener dietro ad una qualsiasi idea, e ponderarla e coltivarla; come poteva, nel migliore dei casi, far altro che buttar giù sulla carta, senza trovar più mai il tempo di rileggere quanto avesse scritto ?

E mi trovai in presenza dei primi stampati, dei manoscritti, di folioli preparatori, di quanto v'è di più personale sul tavolo di chi scrive.

Quegli scritti sono suoi, ed è sua la mente che li ha pensati, sua la mano che li ha stesi o ne ha preparato l'abbozzo col quale si guidò nel dettare: sue le pagine di quegli scritti inediti, dove provando e riprovando maturò la forma di opere che occuparono l'anima sua di sante intenzioni per lunghi anni.

E sue - di quella mano che tirò via dalla strada e condusse a condividere il suo pane con Lui tanti fanciulli sperduti nella vita - sue sono quelle correzioni vagolanti nella forma delle lettere e nella direzione della linea, vergate con l'inchiostro allungato o con una matita da poco prezzo: - sue quelle pagine di quaderno dove tutto lo spazio è economizzato, e la scrit tura viene via via alterandosi e guastandosi, perchè nella notte, nella breve notte che succedeva ad una giornata senza posa, cadeva la testa, e la mano stanca si ricusava di obbedire al volere.

E l'onda della commozione mi sorprese, e mi sentii in presenza dell'eroismo ignorato - della santità che, senza saperlo, disegnava a piccoli tratti la sua fisionomia più prossima, più tangibile, più esemplare: - mi trovavo a tu per tu con l'uomo secreto, con le ore che nessuno sa, con la virtù che Dio solo conosce e che, come della Sindone Santissima, solo la fotografia potrà rivelare!

Allora sentii che se amavo Don Bosco per il bene che mi aveva fatto, per il bene che m'aveva voluto - e furono l'uno e l'altro grandissimi - ora l'amavo anche di un altro amore, quello che si ha per l'essere del quale si son sentiti i battiti del cuore e che vi ha rivelato nell'intimità più confidente tutto quanto gli altri non sanno di Lui. Dicono che così talvolta amano Dio i Santi mistici: io credo che se l'acciottolio della vita non ci togliesse di scorgere l'azione e la mano di Dio nei singoli momenti della nostra esistenza, potremmo amarlo così anche noi.

Insieme con questo, l'ammirazione e il sentirsi piccino in confronto d'un ingegno e d'una mente fuori dell'ordinario.

Sì, la grandezza di Don Bosco e del suo ingegno, anzi il suo genio vero e proprio, risplendono già e sopratutto nella santa novità del sistema educativo e nella sapienza organizzatrice, che Dio concede ai Santi da Lui destinati alle universali instaurazioni: - ma è parte di esso, ed uno dei gesti instauratori, quella che il dotto Pontefice regnante chiamò « l'ispirazione della sua grande opera, della quale Egli doveva riempire prima la sua vita, e poi il mondo intero... »: « le opere di propaganda tipografica e libraria (che) furono proprio le opere della sua predilezione ».

* *

Era per me come una contemplazione carissima d'un'amata figura che mi si rivelava in una luce del tutto nuova e insospettata.

Ma non era compiuta la contemplazione, nè ancor svelata in tutta la sua vivezza la chiarità della nuova luce.

Ed ecco levarsi accanto a me la Storia: - dico la tormentata angosciosa storia della Chiesa di Pio IX: - e me la vedevo lì, ne' suoi decenni, ne' suoi anni, nelle sue ore: nel vasto panorama che aduna il mondo, e nei quadri individui che in esso si ritagliano: nel moto ascendente dello spirito che non passa mai, e nelle crisi che minacciano di trattenerlo o risospingerlo indietro o fossilizzarlo; nel fragore delle epiche lotte contro il secolo, e nell'angoscia opprimente delle discordie interne e dell'ottenebrarsi di astri radiosi: - e su tutto, per tutto, la distesa immensurabile delle folle, dei popoli, del popolo, a cui si volge il pensiero e il cuore della Chiesa come a parte vitale di se stessa e termine terreno della sua missione divina:_- e la figura più che umana di Pio IX che domina e abbraccia collo sguardo e con l'anima il mondo tutto delle anime, e ricerca paternamente, come d'un figliol prodigo, l'anima del popolo traviata dalle modernità settarie, e sobillata dal demone della ribellione.

A tutte codeste parole della Storia, a tutto quel che nella storia si affaccia, - risponde ed è presente Don Bosco, con l'anima, con l'opera, con la penna.

Non è ancora lecito, se anche fosse possibile, render palese tutta la parte che Egli vi ha avuto. La Storia vera degli ultimi ottant'anni è in gran parte sigillata, e quel che se ne sa è poco e lacunoso; e, a malgrado dei molti, dei troppi volumi che ingombrano le librerie e le menti e le coscienze, non si può ancor vedervi chiaro ogni cosa, né a tutti conviene che vi si guardi con serenità e oggettivamente: e non dico soltanto della Storia d'Italia.

Ma, come scrissi altrove, quando questa storia sarà fatta davvero, allora comparirà la figura di Don Bosco più grande e men confinata nell'ambito in cui si è soliti contemplarla: quello che Dio e Pio IX vollero da Don Bosco - quello che Don Bosco apportò di suo nello svolgimento di taluni fatti e nel moto generale delle idee e della vita della Chiesa - apparirà nel suo giusto luogo e nella sua propria misura, insieme con quanto potè germinare dalla medesimezza di pensieri e d'intendimenti che intercedette tra Lui e il Papa del tempo e del cuor suo, che fu Pio IX. - Per ora attendiamo...

*

Ma nel secolo xix, in cui il popolo fu tutto, Dio suscitò dal popolo il Santo del Secolo.

A quel popolo, che ora fa, ora subisce la storia, ma ch'è infine il terreno su cui si semina la storia e da cui germina e si raccoglie, - a quel popolo, che quando pensa con Dio nella virtù del Battesimo, e del Vangelo, è la Chiesa: Don Bosco si rivolge e si consacra, e consacra e rivolge l'opera sua di scrittore.

E ad ora ad ora, nelle grandi crisi e nelle insidiose ore dell'avvelenamento dissimulato, nei giorni fulgenti che il Vaticano pronunzia e definisce i dogmi - come nei crepuscoli e negli oscuramenti della disciplina del pensiero - Egli soccorre prevenendo o riparando, spiegando o discutendo, con l'illustrazione storica o con la polemica famigliare, con l'istruzione positiva o con la narrativa educatrice: - ora mirando alla Chiesa Universale, ora concentrando l'attenzione e l'operosità all'invasione dell'eresia locale e alle devastazioni della settarietà antireligiosa: - sempre vigile, sempre perspicace, sempre sagacissimo, sempre provvido e opportuno.

* *

E a Lui, che non batte l'arringo della grande pubblicità giornalistica, che non tenta i grandi gesti dottrinali o le voluminose opere erudite, che non stende l'opera fascinatrice dello stilista e del pensatore che dettano alle generazioni la formula del pensiero e della coscienza, - a Lui, umile nascosto lavoratore notturno, che al lume d'una malferma lucernetta scriveva, nella più povera delle stanze, umili libri popolari, a Lui si deve se si conservò e ravvivò, se risorse dov'era morta, la fede popolare della Romanità Cattolica, della Papalità Romana. - È la vita della sua fede, è la ragione del suo scrivere - è l'eredità sacrosanta che ci ha lasciato - è il termine d'amore in cui si son trovate congiunte le anime gemelle di Don Bosco e Pio IX,

Quando tra pochi anni - ché l'impresa è lunga - saranno usciti i dieci forti volumi della Collezione dei suoi scritti, il nome di Don Bosco che vi sta sopra (Don Bosco, semplicemente, senza epiteti, perchè nella Chiesa e nella Storia è e sarà Don Bosco sempre) significherà tutt'insieme un grand'ingegno e una grand'anima di sacerdote santo che ha vissuta tutta la sua vita, tutte le sue ore, tutti i suoi pensieri, nella vita della Chiesa, e il cuore e l'anima della Chiesa ha messo, come disimpersonandosi, al posto del cuore e dell'anima sua, e per questa sua, che io chiamai supervocazione, ha rinunciato a tutta la gloriola, passeggera anche se di secoli, che gli potea provenire dal coltivare quelle doti dello spirito e quelle radiazioni splendenti dell'intelligenza, di cui Dio gli era stato larghissimo donatore, perchè so ne valesse quanto bastava alla sua missione, e sapesse farne sacrificio a merito della sua santità.

***

Ed anche ad esempio dei figli suoi, che debbono trionfare nel bene seguendo le sue orme. - Anche tra noi non scarseggiano gl'ingegni, e non è poca la capacità delle cose alte e belle, donde potrebbe derivare una gloria che si ri fonderebbe su tutti. - Ed Egli, il Padre, il Maestro, c'insegna a lavorare oltre il lavoro, nel più autentico e meritorio dopo-lavoro, e c'insegna a rinunziare, o per alcun tempo o per sempre, alla nostra congenita inclinazione per le cose grandi, affine di dedicarci ai compiti della nostra supervocazione, ch'è la ricerca e la salvezza delle anime tra gli umili. - Ed è gloria di Don Bosco che ciò avvenga e si voglia ancora da noi: - è gloria che si possa dire, in questo campo ignorato, che Don Bosco non è morto, e vive tuttora.

L'anima di Don Bosco scrittore è passala in noi. - Modestamente, generosamente, sagacemente, una legione di figli suoi impugna la penna a ore perse, in condizioni disagiate, con l'andare incontro, per prevenire o soccorrere, ai rinnovati momenti della storia, per educare il popolo, e per impedire lo sviamento di chi tra il popolo può avere quandochessia un'autorità, - per occorrere agli errori pullulanti o per istruire le generazioni evolute: sulla via delle grandi comprensioni ideali che il Papa gli riconobbe ed Egli auspicava, come per gli umili sentieri della letteratura popolare, ch'Egli prescelse: - sempre con un programma: Per Dio, per le Anime, per la Chiesa, e per il Papa di Roma!

I libri di Don Bosco, che appaiono ora a noi vestiti troppo modestamente, erano allora, quando li pubblicò, giudicati belli e decorosi: -e belle e decorose sono al presente le edizioni che l'industria salesiana lancia nel mondo: - è ancora Don Bosco vivo, che diceva nell'82 ad Achille Ratti, ora Papa Pio XI: « In queste cose Don Bosco vuoi essere sempre all'avanguardia del progresso ».

* * *

Io mi trattengo ed arresto qui. - Se avessi da compendiare in un solo sentimento quanto son venuto dicendo, forse mi sarebbe malagevole: non perchè manchi l'unità dell'intento, ma perchè ho tratto la vostra attenzione su troppe cose, che la doverosa sobrietà mi vieta di particolareggiare, e che del resto richiedono la minuziosa prova dei fatti concreti, che verranno alla luce.

Ma l'unità dell'intento vi è apparsa, io spero: ed è di darvi la sensazione che esiste un Don Bosco ancor da conoscere, e un titolo di grandezza e un raggio di santità da rivelare e da aggiungere ai molti e grandissimi che già fanno del Padre comune de' nostri affetti l'Uomo suscitato da Dio per la reviviscenza della vita cristiana nella Chiesa Universale, e per la ristorazione dei valori morali del Vangelo nel mondo.

Esiste un Don Bosco nello stesso tempo più intimo e più comprensivo: un Santo più continuamente presente, e una santità in Lui più concretamente sensibile e vicina, formata di piccoli granelli ond'è composta una elevazione maestosa e dominatrice. Ed è il Don Bosco scrittore.

* *

Tra cinquant'anni Don Bosco apparirà quale ancora non appare a noi. Ai lineamenti che vengono di ora in ora aggiungendosi alla magnifica figura - lo studio e l'amore, la piena conoscenza della Storia, il grido dei popoli, la parola del Successore di Pietro, aggiungeranno altre linee più possenti, altri splendori più radiosi, che illumineranno e la sua gloria terrena e i tempi ai quali appartenne e l'opera da Lui compiuta - stabilendone come una delle pietre miliari che segnano il cammino del bene nella Storia della Chiesa.

Torino, 24 Giugno 1928, a. VI.

Don ALBERTO CAVIGLIA.

TESORO SPIRITUALE

L'indulgenza plenaria:

Ogni mese.

1) in un giorno scelto ad arbitrio di ciascuno; 2) nel giorno in cui faranno l'esercizio della Buona Morte;

3) nel giorno in cui si radunino in conferenza.

Dal 1° Agosto al 30 Settembre nei seguenti giorni:

6 agosto - Trasfigurazione del Signore. 15 agosto - Assunzione di M. V. 16 agosto - S. Rocco. 8 settembre - Natività di M. V. 12 settembre - Nome di Maria. 14 settembre - Esaltazione della S. Croce. 15 settembre - I sette dolori di M. V. 29 settembre - S. Michele Arcangelo.

Ricordare anche che ogni giorno, con la sola condizione d'essere in grazia di Dio, i Cooperatori Salesiani, che durante il loro lavoro o in mezzo alle loro occupazioni uniranno il loro cuore a Dio per mezzo d'una breve e pia invocazione, possono acquistare:

1. Per una invocazione qualunque a loro scelta, un'indulgenza plenaria.

2. Per tutte le altre, 400 giorni d'indulgenza, ogni volta.

Omaggi a Don Bosco.

I .

L'inaugurazione della Scuola "Don Bosco" a Morsenchio milanese.

Il ridente sobborgo, situato a mezzogiorno del Campo d'Aviazione di Taliedo, ha vissuto il 17 giugno un'ora di giovinezza intensissima. La nuova Scuola Comunale, sorta su terreno generosamente offerto al Comune dalla Società Anonima « L'APPULA », curata in ogni minimo particolare dall'Egregio Comm. Francesco Marini, Direttore Centrale delle Scuole di Milano, riceveva la sua consacrazione al grande Educatore della Gioventù « Don Giovanni Bosco».

Gli intervenuti.

Presiedeva alla cerimonia e compiva il rito sacro, a nome dell'Em. sig. Cardinale Arcivescovo, Mons. Testa del Capitolo Metropolitano assistito dal Prevosto di Monluè. Il Podestà di Milano era rappresentato dal Direttore Centrale delle Scuole Comm. Marini; il Superiore Generale dei Salesiani dal Rev.mo Don Bartolomeo Dott. Fasce direttore generale degli Studi e delle Scuole di Don Bosco. A loro facevano corona l'attivissimo direttore rionale Dottor Sada, che diresse splendidamente la festa, il Comm. De Angeli, Preside dell'Istituto Magistrale, uno dei primi ex allievi di Don Bosco, la Signora Giuseppina Del Bono donatrice e madrina della bandiera della Scuola, l'Ing. Lombardi Arturo Presidente del Patronato scolastico; l'Ispettore scolastico Comm. Zoli, parecchi Presidi, direttori e insegnanti di Scuole Medie ed Elementari della Città; il prof. Don Paolo Ubaldi, Salesiano, Ordinario di greco nell'Università Cattolica; numerosissimi ex allievi dei Salesiani, col loro Presidente Comm. Legnani, il Cav. Uff. Geronazzo, e innumerevoli altri di cui ci sfugge il nome. Al completo assistevano la Milizia, gli Avanguardisti e i Balilla della sezione Meloni e di Linate; la banda musicale di Linate; l'Istituto salesiano di via Copernico colla sua banda e i suoi quattrocento allievi; l'Oratorio salesiano Sant'Agostino, quello di via Commenda, l'Istituto delle Suore di Maria Ausiliatrice di via Bonvesin, di via Tonale colle loro superiore, ecc., ecc.

La Scolaresca di Morsenchio, Ponte Lambro e Monluè era schierata nell'atrio della scuola ai lati del monumento a Don Bosco, davanti ad una selva di bandiere di rappresentanze, e nei prossimi ampi corridoi.

La cerimonia e i discorsi.

Eseguito per banda e dal coro dei bambini l'inno « Giovinezza » venne scoperto lo splendido busto in bronzo su basamento di marmo dono degli ex allievi salesiani e la fiammante bandiera tricolore, dalla scritta « Scuola Comunale Don Bosco ». Mons. Testa benedisse l'uno e l'altra. Tosto le bambine della scuola cantarono con fine gusto l'inno a Don Bosco del maestro Pagella. S'alzò quindi a parlare il Comm. Marini, che inneggiò con alate parole al Fascismo sotto i cui auspici ha potuto essere dedicata una scuola e una bandiera, benedetta con rito sacro, a un Santo della religione; ma a uno di quei Santi che mentre è gigante della virtù, racchiude pure più completamente d'ogni altro in se stesso lo spirito della rinnovata Italia. I bambini della scuola di Morsenchio, salutando ogni giorno quella sorridente effigie, porteranno nelle loro famiglie il nuovo sentimento religioso della scuola, che sarà mezzo potente a rinnovare la Società e renderla degna della nuova Italia.

Il Comm. De Angeli espresse con parole vibranti e commosse la sua soddisfazione e quella degli ex allievi di Don Bosco, di veder realizzato il suo sogno che una scuola comunale di Milano, la prima nel mondo, fosse intitolata al Grande Educatore del secolo scorso. Vissuto già da quarant'anni nella scuola, egli protesta di riconoscere dalla parola e dall'esempio del grande Padre e dei suoi primi Figli, dal loro metodo educativo l'efficacia dell'opera sua. Raccoglie in rapida sintesì tutto lo svolgersi meraviglioso dell'opera di Don Bosco, da quando bambino povero che volontieri quattro volte al giorno percorre i cinque chilometri che lo separano dalla più vicina scuola, per desiderio di istruirsi; a giovane sacerdote che intraprende dai più umili inizi l'opera sua di educatore; a uomo dalla immensa fede che fonda ospizi e scuole e missioni in tutte le parti del mondo.

In ultimo il prof. Don Fasce a nome dei Superiori salesiani ringrazia l'On. Podestà di Milano, il Comm. Marini, tutti coloro che contribuirono così cordialmente ed entusiasticamente alla glorificazione di Don Bosco.

Fu declamata una poesia sulla carità, di Don Bosco da un alunno dell'Istituto salesiano, e dopo un grazioso canto dei bimbi dell'Asilo una bambina della scuola ringraziò con gentili parole gli intervenuti alla festa, offrendo uno splendido mazzo di rose alla Madrina della Bandiera.

Lo sfilamento.

Tutta quell'innumerevole gioventù sfilò quindi, salutando romanamente, davanti al monumento del Padre, che parve sorridere di quel vivo e affettuoso sorriso che formò sempre la sua caratteristica. Mons. Testa, seguito da tutte le Autorità, passò in ultimo a visitare e benedire le singole aule, dove frattanto s'erano radunati i bambini. Tutto è lindo e pulito; tutto è festante di fiori e bandiere.

Per gentile pensiero di alcune insigni benefattrici dell'Opera Salesiana tutte le aule furono adorne di un'immagine di Don Bosco, su splendida cornice di noce, ogni maestra ebbe una vita del grande Educatore, ogni bambino ebbe un'immaginetta-ricordo della festa e... un dolce. Don Bosco avrebbe fatto così anche Lui.

Dello splendido esito della festa va reso un meritato elogio al Direttore rionale Prof. Sada, a tutto il Corpo Insegnante, presieduto dall'egregia Signora Ballerini, al Presidente del Patronato scolastico e col più vivo entusiasmo.

II. Una piazza intitolata a Don Bosco.

Il 24 maggio nella ricorrenza della festa di Maria SS. Ausiliatrice, a Finale Emilia, fu celebrata una festa squisitamente salesiana. Dopo le cerimonie religiose celebrate nella bella chiesa del Seminario, durante le quali parlò ascoltatissimo il can. Trombelli, e dopo una devota processione con la statua della Madonna Ausiliatrice, venne inaugurata solennemente, alla presenza dell'onorevole Podestà cav. Banzi, la Piazza intitolata a DON BOSCO. Tutta la popolazione di Finale Emilia assisteva. Presentato dal Prof. Montuschi, parlò applauditissimo dell'Opera del Venerabile e delle benemerenze salesiane il prof. cav. uff. Giuseppe Cremonini, mutilato di guerra, nel cui discorso vibrò tutto l'affetto dell'antico allievo. Ci rallegriamo, ci compiacciamo col prof. Cremonini, che seppe ancora una volta elevare un inno di smisurato amore a Don Bosco, parlando di Lui in una pubblica piazza intitolata al suo nome, presenti autorità e popolo, riaffermando che ai giorni nostri, solo nel nome di questo Educatore di giovani, è possibile trionfare sui cuori.

Un Salesiano eletto Arcivescovo di Madras.

Con decreto del 3 luglio della S. Congregazione di Propaganda Fide è stato nominato Arcivescovo di Madras (India) il Rev.mo Sac. EUGENIO MÉDERLET.

E nato a Metz (Lorena) sessant'anni fa: studiò filosofia al Collegio di Valsalice (Torino) e teologia a Liegi (Belgio). Dal 19o8 si trova in India nella Missione di Tanjore dove fondò scuole e laboratori per l'educazione della gioventù e attese infaticabile all'apostolato tra gli infedeli, di cui parla egregiamente la lingua tamil.

Madras è una delle principali Archidiocesi dell'india con 10 milioni di anime di cui appena 61 mila sono cattolici.

Anime riconoscenti al Ven. Don Bosco.

Guarigione istantanea.

Suor Maria Giuseppina Massimi, agostiniana del Monastero di S. Lucia in Selci in Roma, soffriva da nove anni, dolori acuti allo stomaco, quando il 26 aprile del corrente anno, fu costretta da un attacco violento a mettersi a letto.

Il Dott. Cav. Gioazzini, medico della Comunità, chiamato il 1° maggio presso l'inferma, le prescrisse dei calmanti per bocca, i quali però vennero subito sospesi perchè lo stomaco non li poteva più ritenere. Detto dottore, continuò a prodigarle le sue cure migliori, ma vedendo che il male si aggravava sempre più, il 4 maggio egli stesso consigliò alla Madre Priora Suor Maria Vincenza Sbordoni di chiedere il parere di un altro dottore.

Intanto il 3 maggio Suor Maria Giuseppina, accortasi della gravità del male, aveva incominciato una novena al Ven. Don Bosco del quale era tanto devota e che conosceva attraverso le pagine del Bollettino Salesiano.

Il 4 maggio poi, fatto chiamare il suo confessore, un sacerdote salesiano del l'Ospizio del S. Cuore in Via Marsala, fece una confessione più accurata del solito per così disporsi a ricevere con maggior fervore, il mattino seguente, la S. Comunione e prepararsi, se tale fosse stata la volontà di Dio, al viaggio dell'eternità. Fu in queste circostanze che il confessore, visto che la Suora portava sul petto l'immagine di Don Bosco fissata con uno spillo al modestino, le promise di portarle la volta seguente una reliquia del Ven. Don Bosco e di averla presente nella celebrazione della S. Messa.

Il 5 maggio, chiamato dalla Madre Priora, secondo il consiglio del medico della Comunità, giunse l'egregio Comm. Ricolfi, che era stato a sua volta medico della stessa Comunità e che quindi già conosceva da anni l'inferma.

Questi, dopo un diligente esame, fin dalla prima visita dichiarò trattarsi di un ulcere al piloro, ed avrebbe consigliato la radioscopia per una immediata operazione chirurgica, se le condizioni di debolezza a cui era ormai ridotta l'inferma, non ne l'avessero dissuaso.

D'altra parte, l'inferma stessa, richiesta del suo consenso, dichiarò di non voler l'operazione e di preferire morire, se questa fosse stata la volontà di Dio. Non vi era più dunque via di mezzo; o la morte o una guarigione straordinaria. Suor Maria Giuseppina intanto continuava fiduciosa la sua novena al Ven. Don Bosco, se non che, l'11 maggio, giorno di venerdì, al termine della medesima, invece di guarire, si sentì più che mai peggiorata. La febbre persisteva sui 4o e 3, conati di vomito, sbocchi di sangue, insonnia, persistenti contratture del ventre la travagliavano giorno e notte.

Quello stesso giorno (11) Suor Maria Giuseppina avuta dal suo confessore la promessa reliquia di Don Bosco, consistente in un'immaginetta con un pannolino bianco tratto dagli indumenti del Venerabile, la inserì tra i fogli dell'immagine che già aveva e che teneva cara perchè portava scritta internamente la preghiera per la beatificazione del Ven. Don Bosco, e subito incominciò una seconda novena.

Il sabato seguente ambedue i dottori, dopo un diligente esame, vedendo che l'inferma non poteva più ritenere alcun cibo, pensarono di rimediarvi prescrivendo una nutrizione artificiale. Anche questa però dovette essere ben presto sospesa perchè riusciva insopportabile all'ammalata.

Vista impossibile ogni via d'uscita, la Madre Priora, già vivamente afflitta dalla morte di altre due consorelle avvenuta pochi giorni prima nel medesimo Monastero, desiderando di non lasciare alcun mezzo intentato per poterla salvare, offerse da bere alcune gocce d'acqua benedetta della Madonna di Lourdes a Suor Maria Giuseppina, sperando qualche benefizio, nella salute dell'ammalata per l'intercessione dell'Immacolata. Quale non fu invece la sua sorpresa quando udì il rifiuto rispettoso ma risoluto della suora inferma, che le disse: Madre, non debbo bere l'acqua di Lourdes, perchè, se poi ottenessi la grazia non saprei a chi attribuirla.

Avvisati della gravità del male i genitori e due sorelle della Suora inferma, vennero immediatamente da Palombara a Roma, e munitisi presso il Vicariato dei dovuti permessi, poterono essere introdotti nella Clausura. È difficile dire la costernazione di quelle anime buone, che dato l'estremo addio, partirono desolate con la persuasione in cuore di non rivederla mai più. Ad avvalorare questa loro persuasione si era aggiunta una circostanza particolare. Prima di uscire dal Monastero si erano incontrati col medico curante, il quale richiesto del suo parere, disse che, trattandosi d'un ulcere allo stomaco, non si potevano fare illusioni. Interrogato poi se non fosse il caso di tentare un'operazione chirurgica, rispose di no, perchè troppo estenuata di forze.

Il 15 maggio però, proprio nel giorno in cui i Salesiani di tutto il mondo dànno principio alla novena in preparazione alla festa di Maria Ausiliatrice, loro principale Patrona, Suor Maria Giuseppina, che si trovava al 5° giorno della seconda novena ebbe un sogno che non osò manifestare che alla Madre Priora ed il giorno dopo al suo confessore.

Riferiamo le sue precise parole: Ho sognato che il Ven. Don Bosco è venuto qui con due ragazzi e mi ha detto a bassa voce in modo da non farsi sentire da loro: - Io sono Don Bosco, e sono venuto per concederti la grazia che mi hai chiesta secondo il volere di Dio; abbi fede, pazienza nel soffrire altri pochi giorni, chè domenica ti concederò la grazia.

Naturalmente da principio non si diede importanza al sogno, sia perchè Don Bosco non specificava la grazia che intendeva di fare, sia anche perchè essa stessa, sempre fissa nel pensiero del suo Ven. Patrono, temeva di essere illusa, d'aver visto e sentito parlare.

Quando però il mercoledì 16 le si propose l'Estrema Unzione, la Suora, pur dichiarando di non prestar fede al sogno, pregò a rimandarla alla domenica seguente, perchè aveva il presentimento che Don Bosco le preparasse qualche gradita sorpresa.

il giorno dopo la Madre Priora fece incominciare da tutta la Comunità un triduo di preghiere a Maria Ausiliatrice onde sollecitare la grazia per intercessione del suo Servo fedele.

Venerdì, 18, Suor Maria Giuseppina ebbe un secondo sogno che la mise tutta in agitazione e la fece piangere per più ore. Però non volle confidarlo alla Superiora nè alle Consorelle per timore di essere presa per superstiziosa, visionaria, sognatrice.

Solo il giorno dopo si indusse a manifestarlo al confessore per togliersi lo scrupolo dì mancare di confidenza in lui.

Riferiamo le sue parole: Padre, ieri Don Bosco mi è comparso di nuovo in sogno; aveva piegata sul braccio la mia tonaca nera proprio quella che indossiamo nei giorni festivi, e deponendola sul letto disse: Ti rimane un altro giorno da soffrire e poi ti guarirò. Domenica, dirai al Confessore che ti dica: - In nome di Don Bosco alzati da letto chè sei guarita.

A questo racconto, il confessore consigliò la Suora di non farne caso, però non volendola del tutto contristare, per suo conforto disse: « Lei si tenga preparata a fare in ogni caso la volontà di Dio; se poi domani tornando la troverò davvero guarita, io le regalerò la vita del Ven. Don Bosco ».

Venne la Domenica. Il triduo e le novene erano terminati; però purtroppo, contrariamente all'aspettativa di tutti, Suor Maria Giuseppina continuava a star molto male, la notte stessa aveva avuto nuovi sbocchi di sangue e la febbre sempre ostinatamente alta, toglieva ogni speranza in una guarigione vicina.

Alle cinque e mezza di sera giunse il Confessore. Informato dalla Madre Priora delle pessime condizioni di Suor Maria Giuseppina, entrava nella camera dell'inferma con l'intenzione di amministrarle l'Olio Santo. Ma quale cambiamento sopravvenne! Lasciamo la penna alla Suora inferma che è il miglior testimonio di tutto ciò che è accaduto.

Domenica 20 maggio stava con ansia aspettando il mio confessore per ricevere l'Estrema Unzione. Finalmente alle cinque e mezza venne e dopo brevi domande intorno alla mia salute io dissi: - Padre, ho terminato la seconda novena e ancor mi trovo nelle stesse condizioni di prima, anzi questa notte di nuovo ho fatto il sangue dalla bocca.

Allora egli mi disse: In nome di Don Bosco perchè non prova ad alzarsi? Ed io, sentendomi impotente gli dissi: Padre, non ho forze. Egli per la seconda volta mi disse: E se le dicessi: Per obbedienza, in nome di Don Bosco si alzi? In un subito sentii brividi per tutta la persona, potei muovere le gambe intorpidite già da parecchi giorni e i dolori allo stomaco erano scomparsi; insomma, in un momento mi sentii ritornare da morte a vita. Allora il mio confessore, il Salesiano Don Pietro Ubezzi chiamò la Madre Priora che venne con altre Suore e le disse: Madre, Suor Maria Giuseppina è guarita, la faccia alzare. Sbalordite a queste parole si guardarono una coll'altra, l'infermiera con altre due Suore; una di queste nella sua grande semplicità: Ma Padre, questa è un'imprudenza farla alzare. Ed il confessore: La fede e l'obbedienza dove sono? In un momento mi alzai da letto, mi vestii da sola, e senza alcun appoggio uscii di camera, cominciai a correre come nulla avessi avuto. In un momento fui circondata da tutte le Suore mie consorelle, tutte attoniti nel vedermi istantaneamente guarita. Presi del latte con dei biscotti senza risentirne il minimo disturbo. L'indomani 21 maggio tornarono i due dottori. Rimasero attoniti trovandomi in condizioni normali tanto che si licenziarono rallegrandosi della mia inaspettata guarigione. Da domenica 20 maggio fino ad oggi 30, ho potuto nutrirmi e prendere qualsiasi cibo. Tutto ciò che ho dichiarato è la pura verità a gloria del mio grande avvocato Ven. Don Bosco che per tutta la vita gli sarò riconoscente e propagherò la sua divozione.

In fede, 30 maggio 1928.

Suor MARIA GIUSEPPINA MASSIMI,

Agostiniana di S. Lucia in Selci.

Fin qui la Suora. Come conclusione e conferma del fatto, aggiungiamo il certificato dei due dottori che l'hanno curata e che furono sorpresi d'una guarigione così improvvisa.

CERTIFICATO MEDICO.

Certificano i sottoscritti di aver assistito la Suora Maria Giuseppina Massimi del Monastero delle Agostiniane di Santa Lucia in Selci. Colpita da forte gastralgia, essa andò mano mano aggravandosi a causa di persistenti contratture del ventre, di vomiti ripetuti acquosi, alimentari e sanguigni e di disturbi della urinazione con anuria durata tre giorni. Tutti i medicamenti che le furono apprestati diedero tenue giovamento tanto che le condizioni generali della Suora per la grave astenia insorta cominciarono a dar serie preoccupazioni, quando improvvisamente cessarono i dolori e tutti i disturbi, cosicchè i sottoscritti al loro arrivo al 21 maggio per la solita visita la trovarono in condizioni normali e con lo stomaco in ordinaria funzionalità. In fede...

Roma 26 Maggio 1928.

Dr. LUIGI GIOAZZINI. Dr. ALESSANDRO RICOLFI.

Nel parlar di Don Bosco e di qualsiasi altro nostro Servo di Dio intendiamo sempre protestare, come protestiamo solennemente, di non voler contravvenire in niun modo alle pontificie disposizioni in proposito, non intendendo dare ad alcun fatto un'autorità superiore a quella che merita una semplice testimonianza umana, ne di prevenire il giudizio della Chiesa, della quale « sull'esempio di Don Bosco - ci gloriamo d'essere ubbidientissimi figli.

DALLE NOSTRE MISSIONI

Un'escursione alla Missione di Mendez

(Relazione del missionario salesiano D. Carlo Crespi).

Rev.mo Sig. Don Rinaldi,

Sono ritornato da una breve escursione alla Missione di Mendez, ove fui ad accompagnare il Governatore della Provincia dell'Azuay, attualmente Ministro dell'Istruzione Pubblica, il Direttore Generale dei Lavori pubblici, diverse commissioni di giornalisti, studenti e operai, desiderosissimi di conoscere da vicino la regione del mistero, la zona delle foreste incantate.

Della comitiva quasi nessuno professa i principi nostri cattolici. Il viaggio durò 13 giorni; 4 per l'andata - 5 di permanenza - 4 per il ritorno.

Il rapido viaggio.

La comitiva salì da Cuenca il 14 marzo: verso sera arrivava alla parrocchia salesiana del Pan, ove Don Albino Del Curto aveva organizzato un ricevimento trionfale con un incontro pittoresco di circa 100 cavalli. Mons. Comin fece gli onori di casa cattivandosi la simpatia col tratto gentile e con la parola cordiale.

Il dì seguente, a cavallo, con una cinquantina di uomini cominciammo l'ascesa alla vetta del Castillo (3870 m.) per la comoda strada mulattiera aperta dal missionario Don Del Curto e verso le 10 cominciammo la discesa alla zona delle foreste orientali, percorrendo i primi 35 km. La notte fu passata al Tambo Mons. Costamagna. S'immagini che bella notte: due miserabili stanzucce (di m. 4 X 4) 10 letti portatili e 5o uomini sdraiati per terra e noi poveri missionari su una coperta da cavallo.

Per buona fortuna la comitiva aveva buon appetito e non mancava di allegria: e la passò bene.

Il giorno dopo altri 15 km. a cavallo, poi altri 15 a piedi nella zona delle belle foreste, delle cascate meravigliose, dei precipizi impres sionanti. Non piove: e verso sera già ci vengono incontro i primi coloni gridando « evviva » e offrendo le loro bevande fatte con sugo di canna da zucchero fermentato, e racemi di banane proprio da terra promessa.

La giornata è ottima, le impressioni magnifiche!

Questa zona che solo due anni fa era deserta ora è occupata da 40 famiglie felici. Ovunque lungo il cammino si incontrano casette con campi coltivati.

Incontro entusiasta.

Il giorno dopo si prosegue la marcia sempre attraverso a coltivazioni di coloni e verso mezzogiorno finalmente avvistiamo per il sentiero di discesa al Paute un bel gruppo di Kivaretti con una bandiera repubblicana, guidati da Don Ghinassi, vero apostolo della gioventù.

Può immaginare la commozione della comitiva che armata di fucili e pistole si sarebbe aspettato un agguato di Kivari e si vede invece venire incontro dei figli della foresta, vestiti all'europea, con cravatta rossa fiammante (il rosso è il colore prediletto dei Kivari), che offrono fiori alla suprema autorità, stringono la mano con compitezza parlando l'idioma spagnuolo.

Il Governatore Ministro è veramente commosso.

Si riprende la marcia e poco dopo sbuca dalla foresta una squadra di Kivari robusti, ben adornati, simulando un agguato, sparando centinaia di colpi di fucile a salve, correndo incontro alla comitiva, elevando al cielo grida sonore di gioia. Si riprende la marcia tra una salve di spari e verso le due si arriva in vista della Missione. Si passa il gran ponte sospeso sul Paute costruito dal venerando missionario salesiano Giacinto Pancheri. Oltre il ponte ci attende una turba di Kivari, di coloni, le Suore di Maria Ausiliatrice con un gruppo di bambine delle loro scuole che fanno omaggio alla comitiva. In fila indiana il corteo arriva alla casa missionaria, al luogo sacro che raccoglie i sacrifizi, i sudori di 10 anni di lavoro intenso.

La stanchezza del lungo viaggio è scomparsa: nessuno s'immagina di poter trovare nell'inospitale foresta un'oasi di pace, un focolare di civiltà avanzato. Alcune centinaia di persone sono schierate sulla piazza, che gridano e sparano in segno di gioia: i Kivari sopratutto!

Essi sono positivi. Han visto arrivare col Governatore ben 20 casse di polvere, munizioni, machetes, scuri, coltelli, tessuti e sanno per esperienza che nessuna di queste casse uscirà dalla Missione. Tutto sarà per loro. Impazienti vorrebbero subito che si aprissero, però sono già alquanto civilizzati . e per questa volta si accontentano di un poco di polvere, mescolata con dei bei sorrisi, e ritornano alle loro case colla semplice promessa del regalo.

Pacifiche conquiste della Fede.

L'indomani per tempo la Missione rigurgita di persone che vengono da tutte le parti. e giorno di festa, vigilia del patrono della Missione, S. Giuseppe.

La chiesa è incapace di contenere tanta gente; le messe si succedono affollatissime e ultima quella dei Kivari alla quale assistono tutte le Autorità. Qual meraviglia vedere quella massa di popolo, esclusivamente selvaggio, seguire con discreta divozione la S. Messa, e ascoltare alla fine il catechismo in lingua kivara spiegato dal missionario Don Ghinassi.

Dopo la messa il Governatore, fatti radunare gli abitanti nella piazza consegna ufficialmente alla nuova colonia di Mendez una splendida bandiera nazionale che viene issata all'asta. È dono degli studenti del Liceo di Cuenca. I Kivari sparano e ce ne vuole a farli desistere per dar modo al Superiore della Missione di dire elevate parole di circostanza, che sono tosto ricambiate dal Governatore.

Pesca proibita.

Dopo il pranzo servito a tutte le autorità e coloni, l'ingegnere e i giornalisti vollero divertire i selvaggi con una curiosa pesca nel fiume Cuchanza. Quando si tratta di pesca i Kivari, e sopratutto le donne, dimostrano una gioia pazza. Non se lo fecero dire due volte e tutti in un attimo furono sulle rive del fiume mostrando alle autorità i luoghi ove esistono le così dette Cune, o gorghi profondi scavati dai remolini delle acque.

In pochi minuti il pacchetto della dinamite era pronto colla sua capsula esplodente. Accesa la miccia, l'esplosivo è gettato in acqua; va a fondo continuando a bruciare; si son date le grida d'allarmi; tutti si sono ritirati dietro un macigno. Dopo secondi che paiono ore, s'ode la profonda esplosione e un'immensa colonna d'acqua si alza al cielo. Centinaia di pesci intontiti vengono a galla.

In un attimo il fiume è pieno di diecine di Kivari e coloni; ognuno raccoglie e getta alla riva la facile preda. L'entusiasmo è al colmo, i Kivari stessi guidano l'ingegnere perchè getti ancora altre cartucce di dinamite, e l'operazione si ripete in altri gorghi del fiume.

Era inteso che le donne kivare avrebbero offerto al Governatore e alla comitiva le trote più belle. Quando però le ceste furono piene, le donne svelte e silenziose scomparvero nella foresta, ritornarono a casa a fare una scorpacciata, mentre i mariti selvaggi già più civilizzati, indignati appena appena poterono offrire qualche pesce. Valse più l'istinto della gola, che tutte le convenienze di fare una bella figura colle autorità.

Una bomba infernale e un boa colossale.

I giorni seguenti furono passati nel ricevere le varie commissioni di selvaggi, recanti i loro doni e manifestanti le loro lamentele per avere giustizia.

Una speciale importanza fu data alla premiazione dei coloni più audaci e diligenti: alla visita delle varie aziende intorno alla missione e ai lavori eseguiti dai missionari. Piacque assai il campo sperimentale con rigogliose piantagioni di caffè, cacao, canna da zucchero, sidro, limone, achote, ecc.

L'ingegnere Valencia, incaricato d'ispezionare l'opera della strada fece visita al gran ponte sul Paute di 75 m. di luce, costruito dal missionario Pancheri, i cui anni uguagliano la lunghezza del ponte. Raccontava il venerando missionario che al lato estremo del fiume vi era una roccia con una caverna. Per distruggerla fece una bomba infernale con alcuni kg. di dinamite. L'esplosione fu enorme e tra le macerie che rotolavano al fiume uscì un orribile serpentaccio di quasi 6 m. di lunghezza, un boa anaconda che era già stato avvistato diverse volte vicino alla Missione e che giammai era stato preso.

Il gran ponte sarà fatto in ferro con 8 cavi di acciaio di 1 pollice e lunghi 100 m.

Un'importanza speciale assunse la visita ufficiale alla casa delle Suore che tengono già organizzato un bel ospedaletto, una scuola di lavoro, e altre scuole per le kivarette e per i coloni. Nè meno importante fu la visita alle scuole dei Salesiani che fanno ogni sforzo per imparare la lingua kivara e mettersi in grado di accelerare l'evangelizzazione di tanti poveri figli della foresta.

Bombardamento simulato.

Passati i cinque giorni stabiliti, il 23 si organizzò il ritorno a Cuenca. Il viaggio fu dei più rapidi e dei più belli. Il 24 marzo, arrivando al Rio Negro, i lavoratori della strada occupati nel far saltare le roccie con dinamite, ci accolsero con una salve di ben 100 colpi che ci diede l'illusione di assistere a un bombardamento di artiglieria.

II 25 fu giorno di pioggia. Per buona fortuna avevamo dei buoni cavalli e passata l'alta Cordigliera avanzando verso il Pan incontrammo una festevole comitiva con ogni ben di Dio, che ci ristorò della pessima giornata. Verso sera eravamo alla casa missionaria, e il giorno se guente verso le 5 eravamo alla strada automobilistica del Descanso, dove ci aspettavano il Rettore dell'Università, il Comandante Militare e illustri rappresentanti dell'industria e del commercio.

Il Governatore volle che tutta la comitiva accompagnasse in auto i missionari alla loro casa di Cuenca.

Il giorno dopo i giornali della Repubblica riportavano i giudizi più entusiastici del Governatore e dei membri della comitiva, con soddisfazione di Mons. Comin e dell'Ispettore Don Giulio Dati che tanto si sacrificano per avviare bene questa povera missione.

Prof. Don CARLO CRESPI

Missionario Salesiano.

Progressi delle nostre Missioni in India.

(Relazione di Mons. L. Mathias).

Amatissimo Padre,

Eccomi a lei, amatissimo Padre, per presentarle a nome mio e a nome della ormai grande famiglia Salesiana in India gli auguri più fervidi, e l'assicurazione del nostro filiale affetto e del nostro quotidiano ricordo. Ogni anno mi tocca nelle vicinanze di ottobre, mandare il rendiconto del lavoro Missionario alla Santa Sede. Da qualche anno ho pensato di presentare a lei, amato Padre, un rendiconto simile, più conciso se vuole, ma pieno di affetto, in occasione del suo onomastico.

Le offro anzitutto il lavoro dei suoi figli, che nell'India, e Assam - dal maggio 1927 al maggio 1928 - hanno amministrato più di 25oo battesimi (1700 in Assam, di cui 95o nella Vallata del Bramaputra).

Il progresso materiale ha preso uno sviluppo straordinario quest'anno come vedrà dall'elenco di lavori compiuti.

Il primo grazie vada al Signore e alla Vergine Santissima che così visibilmente ci aiutano e ci benedicono. Il secondo a Lei, amato Padre, che inviandoci il suo Rappresentante nella persona del Sig. Don Ricaldone ha dato una spinta per assicurare ormai alle nostre opere in India un posto onorifico e una posizione importante.

SVILUPPO NELL'ASSAM.

A Shillong.

Our Lady's House.

Nel maggio del 1927 si compiva la grande e bellissima Casa di formazione che accoglie aspiranti, novizi, filosofi e teologi. E questa pure l'oasi ove vengono a riposarti e a rifocillarsi spiritualmente tutti i nostri bravi Missionari in occasione di vacanza o di santi spirituali Esercizi. Il grandioso fabbricato, forse il più grande e il più estetico di Shillong, costò non poche fatiche e debiti piuttosto gravi. Ma coraggio e avanti. Tutto per Don Bosco, sempre. Il compimento di quest'opera è un'assicurazione della nostra vita avvenire e del nostro progresso in India.

D. Bosco Industrial School.

È un'altra Istituzione in Shillong. Lo sviluppo della nostra Scuola Professionale e della scuola diurna comunale richiedeva nuovi locali e nuovi aggiustamenti. L'Orfanotrofio e la Scuola di S. Antonio non corrispondevano più agli urgenti bisogni. Si decise adunque un nuovo piano; le Suore di Nostra Signora delle Missioni nel marzo ultimo scorso andarono ad occupare nuovi locali eretti in un batter d'occhio e l'Orfanotrofio maschile e la Scuola Professionale vennero trasportati nella ex proprietà delle Suore, completamente rinnovata ed aggiustata, chiamandosi Don Bosco Industrial School and Orphanage, mentre l'antico locale ed adiacenze di S. Antonio vengono ora adibiti per le Scuole esterne e le opere parrocchiali con i Clubs e l'Oratorio Festivo col nome di St. Antony's School. Nella «Don Bosco » fervono i lavori di costruzione per grandiosi laboratori di falegnami e fabbri mentre già è terminata l'installazione dei compositori e stampatori, legatori, sarti e calzolai. Quanto macchinario si riceverebbe assai volentieri per rendere questa nostra Scuola Professionale la prima del genere in India!

Nel Distretto di Shillong.

Due nuove chiese, parecchie scuole. Nel settembre 1927 si benediceva la nuova chiesa di Umpling e a S. Francesco di Sales quella di Mawpandg, che tante fatiche costarono al carissimo D. Vendrame. Si tenta ora di condurre a termine la chiesa a Laitkor, di cui parlò il Bollettino, ma finora pochi risposero al disperato appello del nostro buon Parroco. Parecchie furono le scuole apertesi anche in questo Distretto e giorni fa si acquistava un locale in Shillong stesso, nel borgo Malki per una nuova scuola elementare.

I Fratelli delle Scuole Cristiane (Irlandesi) conducevano a termine la loro bella chiesa dedicata a Maria SS. Ausiliatrice nel maggio 1927.

A Raliang.

Il carissimo Don Mazzetti ha finalmente rinnovata completamente la vacillante chiesa. È in realtà adesso una nuova chiesa che costò non poche ore di ansia al suo pastore. Veda se gli può trovare qualche buona persona che gli venga in aiuto per coprire il debito che gli rimane di circa tre mila lire.

A Jowai.

Le Figlie di Maria Ausiliatrice innalzarono due ampi saloni, uno per la tessitura e l'altro per la scuola. Avrebbero bisogno di raddoppiare al più presto i loro locali.

A Gauhati

L'instancabile Don Piasecki innalzò un fabbricato a due piani in ferro per il laboratorio falegnami e dormitorio dei sessanta orfanelli che formano l'oggetto delle sue più sollecite cure e preoccupazioni.

NEL SUD-INDIA.

A Tanjore.

Prima di lasciare per sempre questo campo di lavoro ove i Figli di D. Bosco hanno lavorato indefessamente per tanti anni, si condusse a termine un magnifico e grandioso fabbricato per la Scuola Professionale il cui costo oltrepassò le 8oo.ooo lire.

La Missione di North Arcot.

Mentre legge questa mia i primi Salesiani e le Figlie di Maria Ausiliatrice, capitanati dall'attivo Don Méderlet si recano nella nuova importante Missione del North Arcot. Questa Missione, su cui dovrò scriverle più a lungo fra breve, fa parte dell'Archidiocesi di Pondichery nel Sud India.

Ha una superficie di 4954 miglia quadrate e la popolazione di 2.055.594 abitanti. Vi sono 5 distretti civili con la capitale Vellore che conta 50.210 abitanti.

a Vellore che si recano per ora i nostri Confratelli e man mano prenderanno possesso degli altri dodici Distretti ecclesiastici con un complesso di 35.379 cattolici, 380 villaggi ove sono dei fedeli, 13 chiese, alcune delle quali sarebbero degne di grandi centri europei, e inoltre 58 cappelle.

Attualmente 10 sacerdoti delle Missioni Estere di Parigi e del Clero Indigeno, lavorano in questa Missione. Noi vi andiamo per ora con tre Sacerdoti, due Coadiutori e le Figlie di Maria Ausiliatrice, cioè col Personale che lavorava prima a Tanjore.

Presto, coll'aiuto di volenterosi che aspettiamo, svilupperemo questa Missione che sembra promettentissima e piena di brandi consolazioni pei Figli di D. Bosco. E certamente una benedizione avere questo grande campo dove le vocazioni sono numerose e buone.

La Missione di Krishnagar.

Lei, buon Padre, piegandosi religiosamente e filialmente ai desideri di Roma, accettava la poverissima Diocesi e Missione di Krishnagar, nel Bengala. Mentre leggerà questa mia, tre dei suoi figli capitanati da Don Bars saranno già nel nuovo campo di lavoro, che richiederà non poche spese e fatiche.

Krishnagar, nel Bengala, al Nord di Calcutta e all'Ovest dell'Assam conta appena 6118 cattolici su 6.994.640 di abitanti su una superficie di km2 35.879. Vi sono sei residenze e attualmente sei Sacerdoti.

A Bandel.

Sull'Hooghly a 27 km. da Calcutta trovasi il Monastero-Santuario di Bandel, celebre in tutta l'India la cui descrizione richiederebbe un volume. Nella sua bontà il Rev.mo Mons. A. M. Teixeira amministratore della Diocesi di Mylapore offriva ai Salesiani questo monastero e Santuario in compenso di quanto lasciavano a Tanjore. Non vede in questo una magnifica prova della protezione dell'Ausiliatrice che affida ai suoi figli il suo Santuario ? Prendiamo possesso del Santuario e delle opere annesse fra giorni e vi celebreremo la festa dell'Ausiliatrice in ringraziamento.

A Calcutta.

In marzo, grazie all'aiuto di S. E. Mons. Perier, Arcivescovo di Calcutta, potevano comprare una grande estensione di terreno per le erigende scuole professionali in questa grande metropoli. Sarà un avvenimento che porterà a due il numero delle nostre opere nella città principale dell'India.

A Bombay.

Le insistenze di S. E. Mons. Sebastiào José Pereira, di felice memoria, e di vari benefattori, ci spinsero ad accettare in Bombay e sobborghi varie istituzioni. Si tratterebbe di avere al più presto tre istituti con scopo vario. Una scuola superiore, una scuola professionale ed una colonia agricola. Per metterci al corrente della situazione e per trovare i mezzi e gli aiuti necessari ci recheremo, col suo permesso a Bombay fra giorni. Don Hauber e tre Confratelli si metteranno al lavoro col 1° giugno prossimo, avendo accettato, come cosa nostra e indipendente, la Scuola Superiore di Tardeo della « Catholic Educational Society ». Vi sono una ottantina di interni e circa 15o esterni. Nella loro generosità i membri della Società ci diedero quale regalo tutto il materiale ed i mobili della scuola. I locali sono ora in un fabbricato affittato, ma presto speriamo di metterci alla costruzione dell'Istituto Don Bosco, fidenti di trovare anime buone sul posto che ci vengano in aiuto.

Vuole che le narri un aneddoto che può anche non avere importanza, ma che a me sembra rivelare il dito della nostra celeste Mamma?

Il Superiore di un Istituto in una borgata di Bombay mesi fa, ignaro certo di tutte le nostre trattative, inviava una lettera al Direttore della Scuola Professionale di Shillong chiedendo di mandargli una immagine grande di Maria Ausiliatrice su tela per bandiera. Trovandomi io stesso quest'anno a capo della scuola,. mi affrettai, ricevuta la lettera, ad inviargli parecchie immagini della nostra Madonna, e aggiunsi quella su tela del Cavalla credendo fosse del formato desiderato. Qualche settimana fa il Padre mi scriveva di nuovo dicendomi che l'immagine di Maria Ausiliatrice su tela era troppo grande per la bandiera, e mi chiedeva se avessi desiderato che egli vendesse l'immagine e inviasse l'importo, o che la spedisse di nuovo a Shillong. Gli risposi subito di tenere l'immagine, che fra giorni avrei mandato uno dei nostri a prenderla. Così l'immagine della nostra Madonna ci precedette a Bombay e Don Hauber l'esporrà subito appena arrivato nel parlatorio del nostro nuovo Istituto.

Le pare si sia lavorato bene? Accetti tutto questo nostro lavoro, lo benedica e lo presenti al nostro Venerabile Padre come regalo dei suoi figli ansiosi di vederlo sugli altari dei vari nuovi centri aperti a suo onore e gloria.

Abbiamo conquistato dunque un bel « record» quest'anno. Quanto progresso in sei anni e quante grazie!

Ora desidereremmo mostrare alla Vergine Ausiliatrice la nostra riconoscenza coll'innalzarle a Shillong in luogo elevato, dominante la capitale dell'Assam un piccolo santuario. Ho già la pianta preparata col preventivo: ammonterebbe a 50 mila lire. La struttura sarebbe di ferro. Le chiedo di voler benedire questo nostro progetto e pregare le anime buone dei nostri Cooperatori di venirci in aiuto per questo santuario della riconoscenza, perchè tragga a sè più facilmente i nostri poveri indigeni.

Ci benedica.

Mons. LUIGI MATHIAS Prefetto Apostolico dell'Assam.

CULTO E GRAZIE DI MARIA AUSILIATRICE

L'AUSILIATRICE onorata in Italia e nel mondo

Le notizie fin qui giunteci da varie parti sulle feste celebrate in onore di Maria Ausiliatrice, sono assai consolanti: dappertutto la solennità, chiusa degnamente con devota processione, ha segnato un mirabile risveglio di fede e un più ampio trionfo della Madonna di Don Bosco.

Nell'impossibilità di far la cronaca di tutte le celebrazioni avvenute, non possiamo tuttavia esimerci dal segnalare ai nostri ottimi Cooperatori alcuni centri dove con intervento di Eccellentissimi Vescovi la solennità ebbe più fastosa pompa e riuscì più entusiastica l'esaltazione dell'Ausiliatrice. Anche un arido elenco di paesi può prospettare il crescente sviluppo di questa divozione che va conquistando la folla da un capo all'altro d'Italia e avanza nel mondo recando gioie soavi alle anime, anche a quelle tuttora pagane, coi suoi fulgori divini.

Palermo, Caserta, Napoli, Ancona, Terni, Roma (S. M. Liberatrice), Soverato Marina, Bova Marina, Perugia, Cagliari, Chiari, Pordenone, Finale Emilia, e tante altre località che certamente ci saranno sfuggite, ebbero per la Madonna di Don Bosco un palpito di amore vivissimo che tornò di letizia agli Eccellentissimi Presuli desiderosi di veder più rigogliosa la pietà nel cuore dei loro fedeli.

Anche all'estero la festa diede luogo a imponenti manifestazioni di fede: ci piace ricordare, tra tutte, quella svoltasi in Lima (Perù) che ebbe carattere di solennità straordinaria. Il 17 maggio, anniversario dell'Incoronazione, ai piedi di Maria Ausiliatrice si ebbe un'assemblea generale dei Cooperatori Salesiani sotto la presidenza del Nunzio Apostolico: il 24 pontificò lo stesso Eccellentissimo Nunzio alla Messa solenne, cui assistette il Presidente della Repubblica, e prese parte alla Processione della sera. Onorarono pure la festa con la loro presenza i Ministri accreditati d'Italia, Colombia, Venezuela, Cuba e il Ministro degli Esteri del Perù.

* * *

Un ultimo rilievo. La festa fu celebrata - e con solennità - da parrocchie e paesi dove i Salesiani non vi hanno azione diretta, ma dove, per opera di tanti benemeriti Cooperatori, è vivo lo spirito salesiano e la divozione all'Ausiliatrice.

Anche quest'anno la parrocchia « d'Ognissanti » di Roma si è distinta nel celebrare con solennità la festa dell'Ausiliatrice e S. Em. il Card. Alessandro Verde partecipò a tutte le funzioni e alla processione. Il Comitato solerte procurò illuminazione, concerti, fuochi d'artifizio e un pranzo a 100 poveri servito dalle Dame di carità.

Spanda la Madonna di Don Bosco su coloro che l'hanno esaltata le sue celesti benedizioni, e siano di lieto auspicio per una più ampia diffusione del suo culto nell'Italia e nel mondo.

Mi ha salvato il marito.

Nel maggio 1927, per una polmonite doppia complicata con nefrite, mio marito si trovò in fin di vita. Dichiarato ormai agli estremi dal dottore curante, l'ammalato ricevette i conforti religiosi e si rassegnò al sacrificio della sua giovane esistenza.

Io volli tentare un ultimo consulto, ma anche questo mi tolse ogni speranza. Mi rivolsi allora con fiducia a Maria Ausiliatrice, promettendo un'offerta e un pellegrinaggio di ringraziamento col marito al suo Santuario in Torino. La Madonna accolse la mia umile preghiera e immediatamente si notò nel inalato un miglioramento; venuto poi il dottore per la consueta visita, con stupore trovò l'infermo fuori pericolo.

Fedeli alla promessa, la vigilia di Maria Ausiliatrice abbiamo fatto, mio marito ed io, la «Veglia » nel Santuario suggellandola con una fervorosa Comunione, riconoscenti entrambi alla Madonna della grazia concessaci.

Moncrivello.

SANTIÀ ELODIA.

Benedetta la Madonna.

Il mio figlioletto Gigi si ammalò di bronchite doppia, una prima e una seconda volta, e tutt'e due volte gravemente; tanto che l'ottimo medico che lo curava, lo dichiarò in pericolo di vita. In tanta costernazione pel mio angioletto ammalato, mi proposi di pregare la Vergine Maria Ausiliatrice, e di offrire per i Missionari di Don Bosco, un'offerta se me lo rendeva sano. Ma mentre io così mi studiavo di fare, il mio bambino, sfuggendo alla vigilanza materna, in un momento di confusione, per il gran lavoro che vi era in casa, esce di camera, va in cortile e, disgraziatamente cade sotto un carro che di là transitava, carico di fieno. Una ruota del veicolo gli ammaccò la testa, gliela ridusse tanto pesta, che fu necessario l'intervento del chirurgo per estrargli il sangue coagulato che il cozzo tremendo con la ruota gli aveva prodotto.

Oh, come pregai allora, oh come pregarono mia moglie e tutti i membri della famiglia! La Vergine Benedetta ci esaudì; il figlioletto guarì prontamente dall'operazione alla testa e così dalla bronchite doppia e recidiva. Oggi è sanissimo, grazie a Maria Ausiliatrice.

Prato di Pordenone (Udine).

GIUSEPPE MENEGHEL di LUIGI.

Risana il bimbo.

Il mio piccolo Angelo, di pochi mesi soltanto, fu preso da convulsioni, sì da essere ridotto in fin di vita. Per quindici giorni, con smanie strazianti, lottò con la morte, spedito da cinque dottori che ce lo davano estinto o per difficilissima eccezione disgraziato. Nel triste caso quando da tutti fu stimato folle lo sperare, insieme con mia madre Teresa Pianezza ci rivolgemmo a Maria Ausiliatrice. Le promisi un'offerta ed eterna gratitudine se ci avesse ridato quegli che fu il primo sorriso della mia vita coniugale. Il nostro grido di fede trovò eco in quel Cuore di Madre; inaspettata ed altrettanto gradita la grazia venne, ed ora riconoscenti a Maria Ausiliatrice siamo ad adempiere il voto.

Vignole Borbera.

PIANEZZA TERESA

Una guarigione prodigiosa.

Un mio congiunto stato sempre sano e di ottima indole, repentinamente fu colto da grande agitazione che ben presto si trasformava in smanie e delirio di forma così impressionante che i medici dichiaratolo affetto da grave forma psichica e pericoloso per sè e per gli altri provvidero all'immediato ritiro in una casa di cura. Le previsioni dei medici erano ben fosche perchè, pure ammettendo, forse per addolcire la cosa, che in qualche caso non era da escludersi la guarigione, giudicavano comunque la cosa gravissima, di lunga durata e di esito assai dubbio. E tale diagnosi fu ribadita dal direttore dello stabilimento di cura, di cui si ebbe impressione che quasi escludesse la guarigione. In così doloroso frangente che gettava nel lutto tutta la famiglia ricorsi con tutta fiducia a Maria Ausiliatrice ed al Ven. Don Bosco promettendo un'offerta alle Missioni Salesiane ed alla causa di Beatificazione del Venerabile se avessero fatta la grazia della salute in condizioni così disperate. Queste pie pratiche furono seguite devotamente da tutta la famiglia. Malgrado le paurose previsioni prima che finisse la novena incominciata si constatò all'improvviso nell'infermo un miglioramento veramente prodigioso che riempì di meraviglia quanti lo curavano. I medici però non persuasi che una malattia così grave potesse risolversi così presto e così felicemente dicevano apertamente non doversi fare illusioni che in simili forme i miglioramenti sono presto seguiti da ricadute.

Si lasciò ancora nello stabilimento per precauzione ma la guarigione continuò rapida e sicura talchè presto fu dimesso perfettamente guarito, non solo, ma rafforzato nel suo fisico più di quanto fosse prima d'ammalarsi, talchè potè, ormai da lungo tempo, riprendere la sua professione (che richiede continua tensione di mente), con energia ed equilibrio davvero nuove e mirabili.

Vivamente commosso e riconoscentissimo a Maria Ausiliatrice ed al Ven. Don Bosco di averci concesso una grazia così grande, palese e pronta, dopo aver soddisfatto alle offerte promesse, adempio ora l'ultima della pubblicazione ad edificazione dei devoti di Maria Ausiliatrice e del Ven. Don Bosco.

Giugno 1928.   N. N.

Il 7 dicembre u. s. mi colpiva una bronco-polmonite, aggravata da debolezza di cuore. Ne era impensierito il dottore, ne erano impensieriti i parenti tutti che temevano di perdermi: e anch'io ero in viva apprensione. Per grazia di Dio però superai la temuta crisi e già si sperava prossima la guarigione, quando sopraggiunse la pleurite: poi, guarita dalla pleurite, ecco l'artrite. Per un mese vissi non saprei dire in quale stato: buon per me che erano frequenti i conforti di un sacerdote che, figlio riconoscentissimo di D. Bosco, mi consigliò la Novena tanto inculcata dal Venerabile. L'incominciai con la promessa di un'offerta per le Opere Salesiane.

Passarono otto giorni senza risultato; ma al nono giorno quasi improvvisamente cessarono i dolori e cominciò il miglioramento che mi portò alla guarigione.

Moncalieri.

GAUDIGLIO ANNA NATA GAUDIGLIO.

CAVALLO CARMELA (Grammichele) è riconoscente a Maria per averle risanato il marito.

LUIGIA MARTINENGO (Savona), a nome di un'amica, ringrazia la Madonna di aver scongiurato, risanandola, il pericolo di un'operazione.

CENNI MARIA (Roma) raccomandò a Maria Ausiliatrice la figlia, ridotta in fin di vita, e se la vide migliorare rapidamente.

COOPERATRICE (Cremona) ringrazia Maria Ausiliatrice per aver stornato dalla sua famiglia una calunnia,

DALLE NOSTRE CASE

PALERMO - All'Istituto Salesiano Orfani di Guerra, i 13o giovanetti, celebrando l'onomastico del Direttore, ebbero la grata sorpresa di vedere la loro intima festa cambiarsi in una simpatica esaltazione dell'Opera di Don Bosco. La scintilla di questa più ampia estensione venne anzitutto dal discorso del prof. Matteo Falletta del R. Liceo Umberto I, nel quale l'oratore esaltò l'opera salesiana del Ven. Don Bosco ed il suo sistema educativo per mettere in piena evidenza lo zelo indefesso di un Direttore salesiano nel suo compito di educatore e padre degli orfani. Poi destò viva compiacenza e ammirazione una lettera di S. E. Michele Bianchi, Sottosegretario di Stato per l'Interno, così concepita:

« Reverendo Direttore,

» Nel giorno in cui, festeggiato il suo nome, gli orfani di guerra ricoverati in cotesto Istituto, si stringono intorno a Lei in gentile tributo di riconoscenza ed affetto, desidero Le giunga anche la mia parola di compiacimento per l'opera educativa che Ella svolge in pro di cotesti bimbi, proseguendo nobilmente la tradizione benefica dei Salesiani di Don Bosco.

» Con il più fervido augurio per la prosperità di cotesta così nobile Istituzione, Le invio i miei saluti più cordiali - BIANCHI ».

Un telegramrna del magg. Martelli fu ascoltato con giubilo irrefrenabile dagli orfani, che di questo Eroe ricordano ancora ed hanno sperimentato il vivo interessamento e la bontà paterna.

La festa ebbe un momento di intensa commozione, e fu quando il Cav. Luigi Lenti, maggiore dei bersaglieri, consegnò al Direttore Don Conti una medaglia d'oro e una pergamena. Era il dono delle vedove di guerra e delle madri dagli orfani, riconoscenti all'Istituzione di Don Bosco, educatrice dei loro figli.

TORINO - All'Accademia Albertina - il massimo istituto artistico di Torino - si è chiuso il Corso di Religione, impartito agli allievi dal Salesiano Prof. Don Alberto Caviglia. Erano presenti S. Em. il Card. Gamba, autorità e professori. Dopo nobilissime parole del presidente, prof. Ceradini, Don Caviglia lesse un discorso mirabile conclusivo sull'insegnamento impartito, accennando al programma pratico per l'avvenire e illuminando docenti e discepoli sull'utilità morale e didattica dell'insegnamento religioso, della storia sacra e della liturgia nelle scuole d'arte italiane. Il Caviglia, con alta parola di plauso, ricordò il Capo del Governo e il Ministro Fedele, insigni restauratori della vita spirituale della scuola italiana. Comunicò che all'inizio del nuovo anno accademico gli insegnanti e i discenti si recheranno nel restaurato Duomo di Torino, alla cappella della vetusta Corporazione degli artisti sotto il patronato di San Luca, a rinnovare una tradizione di fede e di liturgica bellezza che era caduta in oblio per tristezza di tempi passati e piccolezza di uomini.

Chiuse la bella cerimonia il Card. Gamba leggendo un telegramma di congratulazione del S. Padre.

SAN MARZANO OLIVETO - Medaglia d'oro di benemerenza per quarantennio di insegnamento è stata conferita nel maggio u. s. a Sr. Carolina Sorbone, Figlia di Maria Ausiliatrice. La cerimonia fu solennissima e si svolse alla presenza di tutte le Autorità e delle scolaresche, esultanti per l'onore fatto alla loro maestra e Direttrice Didattica.

BELLUNO - All'Istituto Salesiano Sperti, presenti tutte le maggiori autorità, si è scoperta una lapide ricordante i benefattori dell'Istituto. Parlò degnamente di essi il prof. Don Annibale Giordani e un orfanello lesse un commoventissimo indirizzo. Chiuse il Direttore dell'Istituto affermando di voler custodire come sacra eredità i nomi dei generosi che beneficarono l'Orfanotrofio e l'Istituto Salesiano.

LISBONA (Portogallo) - Alle Scuole Professionali Salesiane "S. José" la festa di Maria Ausiliatrice raccolse un numeroso e scelto pubblico per un tributo di devozione ai piedi della Madonna e per un'opera di carità.

Mons. Efrem Forni, incaricato di affari della S. Sede, con il personale di Nunziatura, intervenne alle funzioni religiose, durante le quali si compì l'aggregazione delle Dame di Maria Ausiliatrice, ricevute dal Comitato delle Patronesse composto delle più distinte signore: e la consacrazione a Maria Ausiliatrice.

Nel pomeriggio si svolse animatissima la pesca di beneficenza per favorire lo sviluppo delle Scuole Professionali. Preparata con geniale attività dalle Dame Patronesse e allietata dal concerto della banda di marina, si svolse con esito confortante. Alla riuscita della benefica festa cooperò col più vivo slancio l'illustre Signora Galli, consorte al Ministro d'Italia,

FRYSTAK (Cecoslovacchia) - La prima solennità di Maria Ausiliatrice nella Moravia. - Il 3 giugno fu celebrata in Frystàk la prima festa di Maria Ausiliatrice con intervento di S. E. Mons. Leopoldo Precan, Arcivescovo di Olomouc e Metropolita di Moravia. Si fece precedere la solennità da un triduo, predicato dall'insigne benefattore Mons. Dott. Agostino Stancl; le funzioni ebbero un carattere di popolarità e il popolo affluì alla cappella dell'Istituto Salesiano, indugiandosi poi nella visita dei cortili e delle aule.

S. E. Mons. Arcivescovo giunse per la Messa della Comunità, preceduto da un gruppo di circa 100 cavalieri nei loro costumi nazionali, ossequiato dal Prefetto Politico di Holesov, dal Conte Seilern, dagli Starosta di Frystàk e dintorni e dal clero.

Mons. Stancl con l'eloquenza che lo distingue tessè il panegirico di Maria Ausiliatrice aiuto dei cristiani, di Don Bosco e dei Salesiani, e con la protezione di Lei auspicò una rapida fioritura di opere salesiane in Moravia e in Boemia.

Dopo Messa, S. E. Mons. Arcivescovo amministrò la S. Cresima a 400 giovani, quindi benedisse la prima statua di Maria Ausiliatrice, dono del Sig. Don Rinaldi nostro venerato Rettor Maggiore, e con parola commossa espresse la sua grande soddisfazione di avere nella sua Archidiocesi i Salesiani dopo vani anni di richieste. Ringraziò pubblicamente i Superiori di aver appagato il suo desiderio e Mons. Stancl, anima di tutto il movimento salesiano nella Repubblica Cecoslovacca; e si augurò che dalla culla di Frystàk l'opera di Don Bosco germogli una lunga serie di Apostoli che spargano in Boemia e nella Moravia il nome e il sistema del grande Maestro.

Dopo il pranzo, onorato dalla presenza di tutte le autorità ecclesiastiche, civili e militari, sfilò solenne la processione colla bella statua per le vie di Frystàk. Finite le funzioni sacre, si svolse un'accademia in onore di Maria Ausiliatrice e si chiuse la giornata con una recita nel Politeama cittadino.

La solennità di Maria Ausiliatrice ebbe pure calorose adesioni da parte di S. E. il Ministro delle Comunicazioni Mons. Sramek, di vari Deputati, e del Nunzio Apostolico Mons. Ciriaci che inviò questo nobilissimo telegramma: e Vecchio amico e ammiratore Salesiani, benedico di cuore tutti... ».

YUCAY (Perú) - La nuova Scuola Agricolo salesiana per gli indigeni, in poco più di un anno dall'apertura, ha ottenuto un consolante successo colla istituzione di un internato. Quei piccoli indigeni, fiorenti di salute, hanno una grazia e una giocondità ammirabili; e la prima impressione che lasciano non può essere migliore. Don Bosco è già entrato nel loro cuore... La scuola spaziosa è perfettamente tenuta; i fanciulli indii vi lavorano con piacere e fanno pensare con soddisfazione al giorno in cui usciti dalla scuola porteranno al focolare dei loro padri le nozioni apprese e l'esperienza fatta, che sarà base alla futura prosperità delle loro famiglie.

Come pregano bene, con quel loro accento dolce che allarga il cuore di chi li sente! E quanta intelligenza rivelano! C'è da benedire la risoluzione del Sig. Presidente della Repubblica di affrontare il problema della civilizzazione dell'indio e volerlo realizzare ad ogni costo; e c'è pure da ammirare lo zelo che spiega il Dr. Aurelio Gamarra Hernandez. Ministro dell'istruzione, vero propugnatore delle Scuole Professionali e dell'internato indigeno in Yucay.

Elvira Garcia y Garcia ha scritto nel El Comercio di Lima, del 3 marzo, un entusiastico articolo sulla scuola di Yucay. « L'internato di Yucay, ha detto, risponde alle speranze degli ottimi istitutori. Ed è necessario cominciare così per riuscire a togliere dalla mente degli adulti pregiudizi inveterati per essere stati per tante generazioni vittime dell'inganno dei bianchi. Scuole di tal fatta dovrebbero moltiplicarsi. Le scuole per gli indi devono avere un piano speciale rispondente alle loro necessità, sopratutto agricole, perchè li avviino a procacciare un sicuro benessere alle loro famiglie; poi a complemento dell'istruzione pratica agricola dovrebbero insegnar loro qualche mestiere dal quale trarre coll'attività delle loro mani ciò che la forza dell'intelligenza loro ispira. Con scuole di tal genere si potrà sperare la risurrezione di questa nostra razza che non difetta di intelligenza, nè di forza immaginativa come provano le opere meravigliose del passato. Con un'istruzione adeguata, quanto più saprebbe e potrebbe fare, non abbandonandosi soltanto ad opere istintive, pur così belle e ammirate, ma ad opere ispirate da una cultura! ».

Pier Giorgio Frassati

Di questo fiore di bontà cristiana che Dio mandò al nostro Piemonte e per la cui mirabile formazione lavorò a lungo, con lo spirito di Don Bosco, anche l'autore che è un nostro Confratello, L'Osservatore Romano scrive nel numero del 20 giugno un autorevolissimo articolo. Ai Lettori nostri raccomandiamo la lettura di questo libro, di cui in meno di due mesi furono esaurite diecimila copie.

E già in vendita la seconda edizione al prezzo di sole L. 6 (Torino, S. E. I., Corso Regina Margherita, 179).

Da qualche mese è uscita la vita di Pier Giorgio Frassati, pei tipi elegantissimi, della Società Editrice Internazionale (Torino, L. 6). Il sottotitolo, stampato in basso della copertina, reca questa semplice dicitura: « Testimonianze raccolte da D. A. Cojazzi «. Ma non si tratta, come potrebbe pensare qualcuno, di una semplice, scheletrica cucitura di testimonianze disparate.

La raccolta ci presenta invece la figura di questo compianto giovane nella pienezza della sua luce, nella verità spirituale e morale, nell'aureola di bontà e di generosità che è rimasta incancellabile e viva al cospetto di quanti l'avvicinarono e l'apprezzarono, di quanti ne sentirono ripetere qualche episodio o qualche gesto più noto.

Il volume, lungamente atteso, ha avute le più entusiastiche accoglienze. La stampa cattolica, specialmente giovanile, ne ha parlato e ne va parlando diffusamente, cosicchè, a raccogliere tutte queste recensioni c'è da metterne insieme un secondo libro non meno voluminoso. Buon segno: vuol dire che il fascino esercitato da questo giovane vivo, si continua, anzi, s'accresce ora ch'è morto, col provvidenziale risultato di soggiogare gli spiriti.

La buona fatica di Don Cojazzi, non poteva avere premio più ambito.

In questa età che è il trionfo delle scienze sperimentali, e in cui si misurano le idee per quello che producono, è sentita la necessità di grandi esempi inquadrati nella vita del tempo. Così anche i deboli di cuore, che non possono apprezzare il quadro senza lo scintillio della cornice, possono essere soddisfatti. Pier Giorgio Frassati è uno di questi esempi luminosi che ci vengono offerti di continuo dalla Chiesa. Egli è il più attuale, il più giovane, il più « inquadrato» nel tempo nostro. Egli ammonisce ai timidi che la Religione, non solo si può applicare in pratica, ma essa sola è la vera guida in tutti gli atti della vita. Egli attesta ancora una volta che la fede cattolica è la religione dei forti e dei veramente giovani, che essa sola può illuminare tutte le verità con la luce del « mistero », che soltanto essa può concedere la perfetta letizia.

Il secolo nostro è chiamato secolo della meccanica e dello sport. Pier Giorgio Frassati era studente di ingegneria ed amava gli sport, dall'equitazione all'alpinismo.

Più «inquadrato » di così!

Non si può leggere la sua vita senza sentirsi gonfiare gli occhi di lacrime: non si deve leggerla senza meditarla e proporsi di riviverla.

La sua esistenza è il perfetto modello della e vita normale » alla portata di tutti. Egli, come tutti i seguaci di Gesù e della sua legge, incominciò dalle piccole cose; giunse alle altezze più sublimi a forza di sottrarsi alle piccole viltà della vita quotidiana e impiegando la naturale testardaggine nei suoi fermi propositi. Tutto, nella sua vita, gli fu gradino per salirlo; anche ciò che gli avrebbe dovuto servire di inciampo, come la sua posizione sociale.

Scorrendo le nitide pagine di Don Cojazzi, quelli che non hanno conosciuto vivo il Frassati, non stupiranno se questo giovanotto che non ha fatto nulla di straordinario, che ha frequentate le nostre scuole ed i nostri Circoli, che è apparso fra i compagni il rumoroso rallegratore di ogni brigata, abbia saputo far convergere intorno a sè tanta simpatia e tanta ammirazione. Osserva il biografo che nell'imponente dimostrazione di commossa simpatia data nell'occasione dei suoi funerali, subito corse l'impressione che si trattasse di un giovane di virtù eroiche, e gli amici si dissero subito, dall'uno all'altro, che tutti provavano, intorno a lui, una specie di venerazione per la virtù francescana fiorita in ogni atto della sua vita.

Pier Giorgio Frassati era uno spirito squisitamente gentile che della propria fede fece una vita, una pratica, una disciplina perfetta.

La natura gli era stata larga di favori: cospicuo nome di famiglia, ricco, d'ingegno sodo e pratico, fisico prestante e robusto, educazione completa, nulla gli mancava per farsi largo nella vita. Ma egli non intendeva vivere con faciloneria, bensì conquistarsi il suo posto al sole per virtù propria, lottando. Era una tempra di uomo ed un'anima di cristiano.

Dominato da un istinto insopprimibile di carità, lascia i salotti dell'alta società dove la vita trionfa in quello che ha di più vuoto e di più effimero, per curvarsi verso i diseredati e gli infelici. E qui egli scrive la pagina più affascinante della sua breve giornata. Le Conferenze di S. Vincenzo de' Paoli lo videro assiduo cooperatore; i poveri lo conobbero pietoso consolatore e soccorritore; le misere soffitte lo accolsero sovente fra le loro squallide mura come un raggio di sole per i suoi derelitti abitanti.

Dominato da una profonda umiltà, quello che faceva non voleva che fosse conosciuto da alcuno.

L'ultimo suo gesto, sul letto di morte, è un atto di carità. Ricevuti gli ultimi Sacramenti, impossibilitato ad articolar parola, si fece dare dalla sorella il portafoglio e ne tolse una scatola d'iniezioni e sulla busta di un biglietto da visita scrisse a chi dovessero servire con calligrafia penosamente alterata, quasi illeggibile. Non voleva che i suoi poveri fossero dimenticati.

Spirito prepotentemente d'azione, diviene ben presto soldato del grande esercito dell'Azione Cattolica. Socio del Circolo parrocchiale della Gioventù Cattolica, e del Circolo Universitario « Cesare Balbo » dà quanto può dare. L'irresistibile giocondità, l'audacia delle sue forze, il mirabile esempio di cristiana energia.

Era un forte nel più alto senso del termine, di quella fortezza che s'alimenta di convinzioni e di idealità sentite e vissute.

La sua vita aveva in se stessa una coerenza che riposava nell'unità dello spirito e della esistenza, della fede e delle opere. La sorgente di questa personalità così luminosa era nell'interiore. Frassati pregava. La sua sete della Grazia gli faceva amare tutto ciò che riempie e arricchisce lo spirito. S'accostava ogni giorno alla Santa Comunione, poi restava ai piedi dell'altare, a lungo, senza che nulla valesse a distrarlo. Pregava sui monti e per la via.

Non era però, la sua, una fede ostentata, anche se i segni di croce fatti sulla pubblica strada passando davanti alle chiese eran grandi e sicuri, anche se il Rosario era detto ad alta voce, in una carrozza ferroviaria o nella camera di un albergo delle tante eco. Ma era piuttosto una fede vissuta così intensamente e schiettamente che erompeva dalla sua anima generosa e franca con una semplicità di atteggiamento che convinceva e commoveva.

Mons. Pinardi, Vescovo ausiliare di Torino, a chi gli chiese dove avesse Pier Giorgio tratto la forza per salire così in alto rispose: e Egli pur essendo forte non collocò la sua fiducia in se stesso, ma sempre guardò al Cielo. Visse di Eucarestia, perchè aveva saputo che i giovani esemplari di ieri, di oggi, di ogni tempo, da questo Sacramento traggono la forza per generose azioni ».

La sua formazione spirituale si irrobustì nelle Adorazioni notturne di cui fu fervido propugnatore ed immancabile partecipante. Fece più di una volta i Santi Esercizi ritraendone serenità e vigoria spirituale.

Aveva capito inoltre che un universitario cattolico, convinto, deve conoscere a fondo la propria religione. Frequenza dunque alla scuola di religione, procurarsi i libri migliori che ne trattano e non trascurare occasioni per accrescere la cultura religiosa.

Dalle lettere poi risulta che egli aveva letto Sant'Agostino (Le Confessioni), tutto San Paolo, la Morale Cattolica del Manzoni e si preparava a studiare la Somma Teologica di San Tommaso.

I suoi disegni per l'avvenire erano tutti di vita operosa e socialmente utilissima.

Aveva 24 anni.

Quale sarebbe stato il meriggio di una sì luminosa aurora? Invece la morte l'ha ghermito facendone facile preda.

Nell'ultima notte chiese alla suora che l'aiutasse a farsi il segno di croce perchè il braccio cominciava a paralizzarsi.

L'indomani, 4 luglio 1925, la sua famiglia si riunì intorno a lui per l'ultima volta. Ai piedi del letto il padre disfatto dal dolore; al capezzale da un lato il ministro di Dio diceva le preghiere degli agonizzanti, dall'altro la mamma lo sosteneva, l'accarezzava, lo aiutava a morire nel nome di Gesù, Giuseppe e Maria... Alle parole « Spiri in pace con voi l'anima mia» esalava l'ultimo respiro.

I suoi funerali furono un trionfo.

Sulla sua tomba a Pollone furono scolpite queste parole che serviranno di meditazione salutare alla gioventù: « A VENTIQUATTRO ANNI - LAUREANDO INGEGNERE - BELLO - ROBUSTO - GIOCONDO - AMATO - VIDE IMPROVVISO L'ULTIMO GIORNO - E - COME SEMPRE - LO SALUTO' SERENO - QUALE IL GIORNO Più BELLO. - CONFESSO' LA FEDE CON PUREZZA DI VITA E CARITÀ DI OPERE - LA MORTE LO INNALZO' VESSILLO VIVENTE DI GIOVINEZZA CRISTIANA ».

Tale la breve, serena e intensa giornata di questo giovane quale risalta dal volume di Don Cojazzi, ricco di ammaestramenti e di forti esempi. Ed ogni pagina ha un episodio di bene, un monito soave, una spinta a salire in alto.

Il volume si chiude con la frase: « Averlo conosciuto o averne udito parlare significa amarlo, ed amarlo significa seguirlo ».

L'augurio che balza spontaneo dai nostri cuori è questo: la vita del gagliardo giovine lieto, diventi oggi « luce e forza » per molti altri fratelli di fede.

NECROLOGIO

Ruggerini Vittorio.

Chiuse la sua vita il 14 Giugno, in Mantova, dopo una penosissima malattia. Uomo d'antico stampo, di grande laboriosità e di rare virtù spese la sua esistenza nell'educazione religiosa e morale dei figli, uno dei quali diede generosamente alla Congregazione Salesiana.

Bussoletti Rosa.

Fervente cooperatrice salesiana, si adoperò per diffondere la divozione a Maria Ausiliatrice e il suo attaccamento alle Opere Salesiane. Chiese con le sue preghiere al Signore la grazia di vedere Salesiano uno dei suoi figli. Fu l'anima di ogni iniziativa religiosa a Nepi prima di trasferirsi a Roma.

Gaetana Germini Morelli.

Madre della grande benefattrice salesiana Contessa Anna Germini Zavagli, aveva visto partire tutta la sua famiglia, con lungo, indicibile martirio del suo cuore. Si è spenta santamente in Bologna il 27 aprile, dopo una vita tutta di opere buone.

Principessa Isotta Fava Simonetti.

Benemerita patronessa del Comitato Femminile Bolognese di Azione Salesiana, lavorò molto per lo sviluppo dell'opere di Don Bosco.

Rosa Casgrande ved. Miot.

Zelante cooperatrice lavorò instancabilmente per l'opera che conobbe da profuga durante l'invasione del Veneto ed amò con tutto il trasporto della sua anima generosa, anche dopo il ritorno al paese natio.

Can. D. Giuseppe Fazi.

Si adoperò perchè i Salesiani aprissero una casa in Gualdo Tadino e dal 1895, anno in cui vide coronate le sue brame, sino alla morte, fu consigliere illuminato, amico sincero, benefattore insigne dell'opera salesiana.

Parroco zelante per oltre 4o anni, spiegò un'attività apostolica, congiunta con una rara modestia, profondendo generosamente intelletto, cuore e sostanze per ogni opera buona.

Chiuse la sua giornata la sera del 23 maggio, quasi invitato dall'Ausiliatrice a celebrare la sua festa in cielo.

Colonnello Guido Bruni.

La memoria di questo Nobile Uomo, mutilato, superinvalido e decorato della grande guerra, vivrà accanto a quella del nipotino Gustavo Maria il piccolo Serafino di Gesù Sacramentato da lui amato nei brevi anni di sua vita terrena; e più tardi invocato a conforto e protezione dal cielo, nelle dolorose sofferenze che lo martoriarono continuamente dal giorno in cui restò mutilato e affatto inabile al servizio militare.

Le belle doti di mente e di cuore che l'avevano reso carissimo a tutti i suoi soldati, In pace e in guerra, si affinarono al crogiuolo di così diuturne sofferenze, ed ora rifulgono della più vivida luce dinanzi a Dio e nell'imperituro ricordo dei suoi cari e di quanti lo conobbero.

S. Em. Rev.ma Card. Giovanni Tacci

Arciprete e titolare della Basilica S. M. in Trastevere.

Spirava santamente il 3o giugno a 65 anni. La sua grande pietà rifulse in nobili esempi, specialmente negli ultimi giorni della malattia.

Dal 1906 fu Delegato Apostolico a Costantinopoli, poi Nunzio nel Belgio dove si distinse per la sua carità nei duri anni della guerra. Fu creato cardinale nel 1921.

Ebbe sempre per l'Opera di Don Bosco il più tenero affetto.

Borio Ottavia ved. Clerico

Madre amatissima del nostro Dottore Ordinario, Sig. Clerico, si spense in Torino il 27 giugno. Di rare virtù consacrò la vita al bene della propria famiglia, che guidò colla sua esperienza e col suo esempio. Era divotissima di Maria Ausiliatrice e ammiratrice delle Opere del Ven. D. Bosco.

Preghiamo anche per:

AGOSTINI Pietro, † Lalatta (Parma). ALLEGRAMENTE Antonio, † Livorno (Toscana). ANGELI Eugenia, †

ANGELINi Augusto, † Arco (Trento). BERNASCONI Giovanni, † Casalino (Novara). BOLOGNA-LUCCARDA Anna, † Schio (Vicenza). Busi Maria Ved. VERARDI, † S. Pietro in Casali. CASAGRANDE Luigia, † Rochester (U. S. A.). CASCio Salvatore, † Gratteri (Palermo). CARCANI Cav. Achille, † Roma. CELI Mons. Dott. D. Gio. Battista, † Velai. CHIARELLI Mons. Luigi, † Conegliano (Treviso). DAGNÉ Modeste, † Intro (Aosta). DEROMEDis Rosa, † Lisignago (Trento). FERRARI Giovanni, † Specchio (Parma). FERRARI D. Giovanni, † Acqui (Alessandria). FOSSARELLI Maria Madd., † Cengio (Savona). FuCÀ Can. Nicola, † Termini Imerese (Palermo). GALEAZZO Guglielmi Ennio, † Negrar (Verona). GASPERONi Annita GREGORI, + Piovene (Vicenza) GERINI D. Ubaldo, † Prevosto-Final Pia. GIACOBBE Fiorina in DEMICHELI, † Cremolino GROSSI Avv. Eugenio, † Torino. IACOLINO Catterina in MERCANDINO, † Pralungo LOCATELLI Lodovica, Ved. DAGHETTA † Abbiategrasso.

MARTINELLI Marcantonio, † Persiceto (Bologna). MESSI Teresa, † Campodoro (Padova). MORGANTI Lodovico, † Faenza (Ravenna). MANFREDI Carlo, † Montemartino (Pavia). MARCHETTI Nazzar., † Potenza Picena (Macer.) MARCHIANDI Emilio, † Torino. MINELLI Dott. Giovanni, † Brescia. OMODEI Ing. Gaspare, † Novara. PAVESIO Giuseppina Ved. AcTis, † Caluso. PELLEGRINI SARACENI Maria; † Roma. PERRET MARIA, † Sarre (Aosta). PICCOLI Giustina TONIOLI, † Udine. PORRO D. Cesare Arcipr., † Cossano Belbo. SANTI BETTONI Adelina, † Azzone (Bergamo). TANCREDI Maria, † Roma. TANTIGNONE Maria, † Novara.

TRUCCO Maria DEMORA, † Villa S. Sebastiano. VANO Angela, † Torino.

R. I. P.

Presentiamo vivissime condoglianze alle famiglie, raccomandando ai suffragi dei nostri Cooperatori gli amici defunti.