PERIODICO MENSILE PER I COOPERATORI DELLE OPERE E MISSIONI DI DON BOSCO
ANNO XLVIII. TORINO, MARZO 1924 NUMERO 3.
REDAZIONE E AMMINISTRAZIONE: VIA COTTOLENGO, 32 - TORINO (9)
SOMMARIO: Il Servo di Dio principe Don Augusto Kzartoryski. - Per le Missioni. - Dalle lettere del Ven. Don Bosco: « A vostro incoraggiamento e conforto ». - Cinquantenario delle Missioni Salesiane (1875-1925). - Al rev. Clero. - Dalle lettere dei nostri: Le meraviglie naturali dell'Equatore. - Gli Indii della Sierra Equatoriana. - Bagliori di carità tra gli orrori di guerra in Cina. - Nell'Assam: tra gli adoratori di Durga. - Le meraviglie di Maria Ausiliatrice. - A gloria del S. Cuore! - Azione salesiana. -- Mons. Munerati. - Il nuovo Procuratore generale. - La beneficenza negli istituti salesiani. - Notizie varie: Dall'Italia e dall'estero. - Necrologio.
(n. il 2 agosto 1858 - m. l'8 aprile 1893).
Non la nobiltà dei natali, non le molte ricchezze, non la vita brillante, possono far felice chi pensa che è di passaggio quaggiù, ma il proposito e lo studio assiduo di compiere la volontà di Dio, perchè solo « colui che fa la volontà del padre che è nei cieli, questi entrerà nel regno dei cieli (S. Matteo, VII, 21.) ». Questo il proposito, questo lo studio del Principe Augusto Kzartoryski.
I primi anni.
Primogenito del Principe Ladislao e della Principessa Amparo, figlia della Regina Maria Cristina di Spagna, nacque a Parigi, nel palazzo di famiglia, detto Hotel Lambert, il 2 agosto 1858. Battezzato due giorni dopo, ricevette i nomi di Augusto e Francesco, ed ebbe a padrini la Regina, sua avola, e il Duca di Rianzares.
Povero bimbo! A quattro mesi, fu colto da forte polmonite; ne scampò per le preghiere dei suoi e le cure di valenti dottori, ma glie ne rimasero le tristi conseguenze, per tutta la vita. A cominciare dalla prima infanzia, fu costretto a tramutarsi di continuo in climi più confacenti: d'estate sulle Alpi, o in Svizzera, o in Norvegia; d'inverno in Algeria, o in Italia, dove, non meno che le incantevoli riviere, lo attraevano le mille e mille nostre memorie sacre, quasi presentisse che avrebbe compiuto in Italia il sublime edifizio della sua santificazione.
Egli, infatti, crebbe sommamente pio. A tre anni recitava già le preghiere quotidiane in ginocchio, curva la bionda testolina in atto di profondo raccoglimento, o gli occhi fissi al cielo. Alla stessa età fu visto indugiare in preghiera davanti la salma del Principe Adamo Kzartoryski, suo avo, celebre politico polacco; e in Roma, nella chiesa dei Cappuccini, assistere alla Santa Messa con un aspetto così devoto, da far credere che fosse rapito in estasi.
A sei anni, ebbe un gran dolore: perdette la madre, per consunzione. Anche la sua salute, nonostante le cure più assidue, era sempre gracilissima; tuttavia, cominciò presto ad attendere allo studio delle lettere, e a prender lezioni di musica, di scherma e di equitazione. Ma solo a tredici anni, com'era costume delle grandi famiglie, fu ammesso alla prima Comunione. In compenso vi si accostò mirabilmente preparato. L'augusta cerimonia, per disposizione del Principe padre, si svolse nella Cappella funeraria della famiglia, nella cripta della parrocchia di Sieniawa, affinchè Augusto comprendesse appieno, in quel di memorando, la caducità delle cose terrene, e, ricordando i virtuosi esempi della madre e degli antenati, si proponesse di vivere una vita intimamente cristiana.
La giovinezza.
E così fu. Man mano che gli si apriva la giovinezza, favorita da tutti gli incanti di ciò che il mondo apprezza ed ambisce, chi l'avesse studiato, avrebbe scoperto che egli aspirava a ben altre ricchezze e a ben altre glorie, che le glorie e le ricchezze mondane. Dalla frequenza alla S. Comunione, divina sorgente di virtù, traeva l'anelito di una santità non comune; e man mano che cresceva in età, anche sul viso gli splendeva sempre più vivo un raggio di bontà angelica, commisto a un senso di profondo raccoglimento e di rassegnazione soave, da far ricordare un altro giovane principe, Luigi di Gonzaga. Anche il Kzartoryski, come il Gonzaga, conobbe il fasto delle Corti e lo sdegnò. A diciannove anni, essendo egli alla Corte di Spagna per visitare il cugino Alfonso XII e la zia Marchesa di Camposagrado: « Devo confessare - scriveva al padre - che sono stanco di tutte queste feste. Anzitutto sono inutili e mi affaticano; e poi mi dispiace di dover fare in queste sere la conoscenza di tante persone ».
La vocazione.
L'ideale sublime brillava già insistente all'anima sua. La lettura della vita di S. Stanislao e di S. Luigi gli aveva lasciato un'impressione indelebile. Essendo entrato tra i Carmelitani Scalzi il suo pedagogo, da lui stimato e venerato, aveva ottenuto dal padre di avere a fianco un degno sacerdote per la sua direzione spirituale e per non rimanere senza la Messa e senza i SS. Sacramenti nei viaggi e nei luoghi di cura. Evidentemente sempre più forte sentiva il fastidio del mondo, si accendeva nel desiderio di una vita di ritiratezza e di preghiera, e attendeva il momento, che il Signore gli svelasse chiaramente la sua volontà.
E la voce del Signore gli si fece sentire, chiarissima, a 25 anni, la prima volta che parlò con Don Bosco.
L'incontro avvenne a Parigi, nel 1883, in occasione di un viaggio del Venerabile attraverso la Francia, uno di quei viaggi trionfali, in cui l'Uomo di Dio, fatto mendicante per il Tempio del S. Cuore di Gesù in Roma e per i poveri giovani dell'Oratorio, riceveva, con sentita riconoscenza, copiose offerte dalle folle ammiranti, e, a sua volta, dispensava favori celesti, dei quali pareva fosse stato costituito tesoriere della Vergine Ausiliatrice.
Il giovane Principe vide, dunque, il Venerabile, gli servì con fervida devozione la Santa Messa, ricevette dalle sue mani la Santa Comunione, ebbe un colloquio con lui, rimase santamente preso dalla sua dolcezza e dalla sua affabilità paterna; e, per un processo interiore, noto solo a Dio, proprio in quei momenti sentì chiaro il desiderio di farsi sacerdote.
Lotte e costanza.
Ma sorsero, con la vocazione, gravi difficoltà per parte della famiglia, specie del Principe padre, il quale, sebbene di fervido sentimento religioso, mal sopportava che il primogenito, giovane eletto di mente e di cuore, non percorresse la via, cui pareva designato dalla posizione sociale.
Don Augusto, sul finire del 1883, si portò a Torino per conferire col Ven. Don Bosco: non trovatolo, vi tornò nell'aprile del 1884, si fermò un mese, ed ebbe frequenti conferenze spirituali col Venerabile, il quale, ritenendo la vocazione ancor iniziale, lo consigliò d'assecondare, frattanto, i desideri del padre, coll'occuparsi dell'erezione del Maggiorasco, della fondazione del Museo di famiglia in Cracovia, dell'amministrazione del patrimonio.
Il principe Ladislao, scorgendolo pienamente accondiscendente, si persuase vieppiù, che la vocazione di Don Augusto fosse effetto d'entusiasmo passeggero, o soverchio concentramento religioso; e, per distrarnelo, lo mandò a fare un lungo viaggio in Inghilterra, a visitare molti monumenti e a vedere il tesoro di gioie che aveva ereditato dalla madre. Ed egli andò, ma restò immutato, ne ragguagliò Don Bosco, e nel giugno del 1885 tornò a Torino, prese alloggio nell'Oratorio, tenne nuove conferenze col Venerabile, il quale, non giudicando la vocazione abbastanza matura, gli ripetè di studiare ancora la divina chiamata, e gli raccomandò nuovamente di attendere agli affari di famiglia.
Ritornato in Polonia, il Servo di Dio si rimise con lena a disposizione del padre, il quale si lusingò di approfittarne per indurlo a ciò che aveva sempre vagheggiato, a fargli contrarre matrimonio; lo pose a contatto con la società più brillante, e non risparmiò alcun mezzo per avvincerlo al mondo; ed il santo giovane vi si sentiva ogni dì più estraneo!
Nel luglio del 1886, quindi, tornò a Torino col padre, ebbe una conferenza, con Don Bosco riguardo al suo avvenire; e parendo al Venerabile che la vocazione richiedesse ancora un po' di prova, gli suggerì di ultimare, secondo la volontà dei suoi, gli affari del Maggiorasco.
Il Servo di Dio ubbidì, e sostenne un lavoro che gli costava un sacrifizio incredibile, essendo superiore alle sue forze fisiche e contrario alle sue inclinazioni; ma sull'aprile del 1887 tornò ancor una volta a Torino, per decidere della sua vocazione; attese a un corso di esercizi spirituali, e conobbe di essere chiamato al sacerdozio e alla vita religiosa. Don Bosco ne convenne; ma quando Don Augusto gli disse che desiderava entrare nella Pia Società Salesiana, lo consigliò di non prendere su questo decisione alcuna, ma di sottoporre il pio proposito all'approvazione di Papa Leone XIII. Perchè tante cautele? Previde Don Bosco il declinare della salute del Principe, che, in faccia a suoi, avrebbe annullato lo scopo del suo ritirarsi dal mondo, ed inasprito il malcontento del padre?
Il Pontefice ascoltò paternamente Don Augusto e gli disse: « Sopra tutto si faccia sempre la volontà di Dio! »: e come udì che desiderava entrare nella Società Salesiana: « È un Istituto ancor giovane, aggiunse, ma ha dato buoni risultati; entratevi pure, che avete la mia benedizione ».
Salesiano.
E fu accettato. Don Bosco stesso, presenti i parenti, il 24 novembre 1887 lo vestì dell'abito chiericale nel Santuario di Maria Ausiliatrice. Don Bosco era ormai alle soglie dell'eternità, e visibilmente si commosse quando Don Rua gli applicò le parole scritturali: « Filii tui de longe venient ». Non era, in vero, un'enfatica interpretazione: con Don Augusto, quel dì medesimo, ricevevano da lui l'abito chiericale altri tre aspiranti alla Pia Società: un inglese, un francese, e un tedesco; e in ogni parte crescevano i suoi figli e gli ammiratori.
Il virtuoso Principe iniziò il nuovo periodo di vita col fervore che gli era abituale. Avvezzo a servir Dio tra le distrazioni, trovò assai facile crescere serenamente nel suo amore.
« Fin dal primo giorno che venne tra noi - attesta il suo venerando Maestro, il teol. Don Giulio Barberis, - egli rivolse le sue cure a farsi santo. E veramente fu in questo di una fermezza straordinaria e senza mezze misure, per cui camminò diritto al suo fine. V'era una parola magica, che gli rendeva facili i sacrifizi, la parola « eternità! ». La prima volta che era stato a veder Don Bosco all'Oratorio, ciò che l'aveva maggiormente impressionato, furono le parole scritte sulla parete della sua anticamera: « Una cosa sola è necessaria: SALVARSI
L'ANIMA! »
« Recò meraviglia a tutti - continua Don Barberis - vedere un sì nobile Principe, imparentato con le principali Case Regnanti di Europa, assidersi subito a modesta tavola, come la nostra; contentarsi d'una cella ordinaria: stare esemplarmente all'orario comune, e prendere parte a tutte le pratiche di pietà... ». La sua mente era rivolta, di continuo, al Ven. Don Bosco, come al tipo della perfezione alla quale aspirava. La prima volta che entrò nel Santuario di Maria Ausiliatrice, al vedere tanti poveri giovani e all'udirli a pregare con tanta pietà, ebbe un senso di santa invidia, pensando alla fortuna loro di crescere alla scuola di Don Bosco, e aveva detto tra sè e sè, come ripetè altre volte: « Ah! perchè non ho avuto anch'io la fortuna di essere tra voi, sin dai primi anni della mia vita? »
E passò l'anno di prova, modello a tutti! Mai un ricordo, o una minima allusione alla nobiltà dei suoi natali! Se taluno, ingenuamente, glie ne faceva motto, con bel garbo ne deviava il discorso, o, dopo un po' di silenzio, rispondeva umilmente: « La vera nobiltà non è quella del sangue, ma quella che ci viene dall'adozione a figli di Dio, meritataci da N. S. Gesù Cristo, la quale ci rende eredi di tal gloria nel regno immortale, che ci brillerà in fronte per tutti i secoli! »
E chi può dir la gioia che gl'inondò l'anima il 2 ottobre 1888, quando, nella vecchia cappella di Valsalice, inginocchiato dinanzi a Don Rua (il Venerabile era già salito al cielo) promise di vivere nella Società Salesiana tutta la vita?
La gran prova.
Felice di aver raggiunto il suo santo ideale, e di veder affluire dalla sua Polonia molti giovani compatrioti, per consacrarsi anch'essi a Dio sotto la bandiera salesiana - a prò dei quali, con tacita generosità, aveva erogato parte delle sue sostanze, - egli pure sospirava il momento di scender sul campo del lavoro tra i figli del popolo, quando si venne a conoscere che la debolezza della sua salute non era effetto di delicata costituzione, ma di un gran male, che covava latente. Tutti si allarmarono, non lui: « Così vuole Iddio, - esclamò - così sia! ».
Ma non ragionavano così i suoi, specie il Principe Ladislao, che non si era mai rassegnato alla sua vocazione, e mosse cielo e terra per riaverlo tosto in famiglia, interpose l'influenza di varii Cardinali, ottenne che il Papa lo sciogliesse da ogni obbligazione; e il Cardinal Parrocchi gli comunicava l'indulto pontificio. E il pio Don Augusto, fermo a protestare: « Qui il Signore mi ha chiamato, e Qui il Signore mi vuole! Se il Santo Padre me lo comanda, tornerò in famiglia: ma se il Santo Padre mi dà solo il permesso di uscire dalla Società, non intendo servirmene. Crederei di tradire la mia vocazione! » E più e più volte, con profondissima umiltà, disse a Don Rua: « Queste cose le prevedeva e le esposi a Don Bosco! E Don Bosco, quando si adattò di ricevermi tra i Salesiani, mi disse che non mi avrebbe mai mandato via, anzi soggiunse: - Il povero Don Bosco morirà presto, ma chiunque sarà il suo successore, continuerà a tenervi in Società! Che se volessero allontanarvi, e voi desideraste di fermarvi, dite che è volontà di Don Bosco la vostra permanenza; e state certo che la volontà di Don Bosco sarà rispettata - ».
E così fu! Si assoggettò, umilissimamente, come se fosse a tutti di peso, ma con eguale rassegnazione, ai mille riguardi che i medici, tenendo conto della sua, condizione e delle anliche abitudini, gli prescrivevano, per espresso volere del Santo Padre. Poveretto! aveva desiderato tanto la vita della comunità; e, per obbedienza, dovette assoggettarsi a riprendere la vita di prima!
Già nell'estate del 1889 era stato a Lanzo Torinese; e, nell'autunno, venne mandato a Bordighera, in riviera, poi nella Savoia ad Aix-lesBains; in segrito nella Svizzera, e, in fine, nuovamente in riviera, a San Remo e ad Alassio; ed egli, sempre umile e sereno, ubbidiva, felice a quando a quando di poter sostare in qualche casa salesiana, e di avere in sua compagnia alcuni confratelli, i quali, concordemente, ebbero poi ad esaltare lo splendore delle sue virtù, sopratutto l'intima unione con Dio.
Il santo.
« Gli fui sempre accanto per molti mesi - attesta uno di questi, il Servo di Dio don Andrea Beltrami - e potei contemplare da vicino i tesori di grazia, che il Signore aveva depositato in quell'anima fortunata. Egli si apriva confidenzialmente con me, e mi metteva a parte dei doni che riceveva dallo Spirito Santo. Gli argomenti prediletti dei suoi discorsi erano sempre l'amor di Dio, la divozione alla Madonna ,e la grande felicità dello stato religioso... Io, soggiungeva spesse volte, non ho mai gustato tanta pace, tanta soavità in vita mia. E di questa felicità si parlava continuamente e mi invitava ad unirmi con lui, per ringraziare il Signore del segnalato favore che gli aveva concesso ».
« Io - continua don Beltrami - gli faceva da infermiere, da custode, da guida, da amico; dormiva nella camera attigua, lasciando l'uscio aperto per sentir subito, qualora avesse avuto bisogno di qualche cosa; e posso attestare che teneva sempre il pensiero della presenza di Dio connaturato alla mente. Per conservarlo durante il giorno, egli mi aveva insegnato molte giaculatorie in lingua tedesca ed una breve formula di comunione spirituale; ed eravamo intesi che, ad ogni tratto di tempo, uno di noi cominciasse la giaculatoria e l'altro la terminasse; e siccome erano in lingua tedesca, ed altri non le capiva, così anche in presenza altrui ripetevamo quelle giaculatorie, e non passavamo mai cinque minuti senza dirne; e, se io mi dimenticava, egli era sempre sull'attenti. In carrozza, in cortile, in camera, il suo labbro ripeteva sempre parole d'amore di Dio e di devozione alla gloriosa Regina degli Angioli. Ogni cosa poi ed ogni sua opera egli offeriva in unione a quelle di Gesù Cristo. I medici gli avevano ordinato molte medicine, ed egli, prima di prenderle, le univa in ispirito al fiele che Gesù prese sul Calvario. E cosìì eravamo convenuti di offrire al Signore il nostro cibo, il nostro riposo, la nostra ricreazione, il nostro passeggio, le nostre sofferenze, in unione agli atti corrispondenti che esercitò la SS. Umanità di Gesù sulla terra, perchè ne avessimo moltiplicato all'infinito il merito ».
Sacerdote.
Così visse gli ultimi anni. L'ultimo, il Signore esaudì il suo più vivo desiderio. Il 2 aprile 1892, per mano, di Mons. Reggio, vescovo di Ventimiglia, poi arcivescovo di Genova, fu ordinato sacerdote. Da quel giorno, la celebrazione della S. Messa divenne il centro della sua vita. Ogni mattina indugiava all'altare un'ora, e un'ora e un quarto, gustando sempre gioie di paradiso. Si sarebbe detto che in quel tempo non sentisse alcun male! Si sarebbe detto che lo spirito trasumanasse la materia, debole e inferma, finchè durava il Santo Sacrifizio, per riprendere subito dopo il suo sopravvento!
La sua vita, sempre piena di dolori, nell'ultimo anno fu un continuo intreccio di atti eroici di amore e di rassegnazione. Anche durante il giorno, era spesso sorpreso in infocati colloqui con Gesù, o immerso in profonda meditazione, o intento a protestare il suo tenero amore alla Beata Vergine, fissando amorosamente un'immaginetta di Maria Ausiliatrice che teneva in mano. Così, giorno per giorno, ora per ora, si preparò al passo estremo, ripetendo continuamente a Dio l'offerta della vita.
E nell'aprile del 1893, in Alassio, fu sorpreso da un rincrudimento del male e da un'estenuazione di forze gravissima. Colui che aveva, per amor di Dio, rinunziato al fasto di una casa principesca, e s'era fatto povero ed aveva cercato l'oscurità in luogo della gloria, era prossimo al trionfo. L'ascesa sublime della perfezione era compiuta!
Al cielo!
E salì, infatti, al premio eterno, l'8 aprile, senza. dolore, senza agonia, nelle prime ore di una splendida notte di primavera, scandendo soavemente le parole « Domine Jesu Christe... », quasi in saluto a Chi gli apriva, realmente, le porte del paradiso.
Tutti esclamarono: « È morto un Santo! » I funerali furono un trionfo: mai, a memoria d'uomo, s'era visto ad Alassio tanto splendore e tanta moltitudine. La venerata salma, deposta per più di quindici giorni nella chiesa di San Rocco, venne trasportata in Polonia, e tumulata a Sieniawa, nella cappella sepolcrale di famiglia, dove giace ancora. E la sua memoria è viva e benedetta in mezzo a noi e a quanti hanno imparato ad ansarla dalla fama ognor crescente delle sue virtù.
Piace, infatti, al Signore d'illustrare questo suo fedelissimo Servo - chi meglio di Don Augusto si merita questo nome? - con grazie e prodigi segnalati.
E non tarderà a spuntare il giorno, in cui, attorno la buona e cara Immagine paterna, con l'umile figlio del fabbro di Mondonio, e Don Rua, e Don Andrea Beltrami... sorriderà nella gloria degli altari anche l'umilissimo principe Don Augusto Kzartoryski, incomparabile modello di conformità alla volontà di Dio! Gli fu negata, quaggiù, la soddisfazione di lavorare alla maggior gloria del Signore e alla salvezza delle anime; ma raggiunse egualmente le vette più sublimi della santità, e il suo sacrifizio - apparentemente sterile - fu benedetto con l'aprirsi all'Opera Salesiana di un'intera nazione!
Il Processo Canonico Informativo, o dell'Ordinario, per la Causa della Beatificazione e Canonizzazione del Servo di Dio, il Principe Don Augusto Kzartoryski, della Società Salesiana, iniziato fin dal 192o nella ven. Curia Vescovile di Albenga, è ornai al termine, e, al più presto, ne saranno spediti gli Atti alla S. Congregazione dei Riti.
Preghiamo, ogni giorno, per il buon esito di questa e di tutte le altre Cause dei nostri Servi di Dio.
Chi riceve nuove grazie per la loro intercessione, abbia la premura d'inviarne relazione al nostro rev.mo Rettor Maggiore, sig. Don Filippo Rinaldi, Via Cottolengo N°. 32, Torino (9).
Vari buoni Cooperatori ci hanno domandato se possono, tranquillamente, cioè senza pericolo che sia mutata la loro intenzione, lasciare un legato o far testamento a benefizio delle MISSIONI SALESIANE. Abbiamo risposto di sì, purchè, senza far nomi particolari, si attengano a questa indicazione generale: « ISTITUTO SALESIANO PER LE MISSIONI »: null'altro. Ad esempio: « Lascio un legato di... all'Istituto Salesiano per le Missioni »; oppure: « Lascio mio erede universale l'Istituto Salesiano per le Missioni ».
Faccia il Signore, che molti e molti abbiano a ricordarsi delle Missioni Salesiane, prima di partire per l'eternità. La loro carità sarà particolarmente benedetta da Dio anche in punto di morte.
« A vostro incoraggiamento e conforto... ».
« Don Bosco spiegava una vivissima riconoscenza verso i suoi benefattori. Per essi - diceva Don Rua - pregava e faceva pregare pubblicamente i suoi dipendenti: di quando in quando raccomandava l'applicazione delle preghiere e delle Comunioni per qualche benefattore che si trovava in particolare bisogno: dava loro tutti gli attestati che poteva della sua gratitudine, sia con lo scrivere lettere di ringraziamento, sia col mandar regali in occasione di feste delle loro famiglie, sia anche col segnalarli agli altri superiori, affinchè fossero conosciute le loro benemerenze ».
Con i più benemeriti era di un'affabilità squisiata; li visitava sovente, li ricordava quando era lontano, e in ogni circostanza li trattava come amici carissimi.
Non aveva ancor fondato la Pia Unione dei Cooperatori, con la quale intese anche di procurare ai suoi benefattori copiose indulgenze e grazie spirituali, e assai spesso comunicava al Santo Padre i tratti più insigni della carità di alcuni, domandando speciali benedizioni.
Così, ad esempio, scriveva da Roma, nel 1875, al chiarissimo signore, il signor Avvocato Galvagno, Fossano per Marene, sotto la dolce impressione dell'usata amabilità, più che paterna, con la quale l'aveva trattato l'Angelico Pio IX:
Carissimo signor Avvocato,
In un'udienza particolare che ho potuto avere da S. S., ebbi a mormorare alquanto della S. V., cui frequentemente faccio ricorso, quando le mie finanze sono in procinto di fare tracollo. Il Santo Padre ascoltò tutto con piacere, e poi mi disse: - Che cosa possiamo regalare a questo buon signore?
Io risposi: - Credo che tornerebbe di gradimento a lui ed alla sua famiglia, se S. V. mandasse una speciale benedizione per lui, sua moglie e tutta la famiglia, specialmente sopra la tenera figliuolanza, affinchè possa crescere tutta nella sanità e nel santo timor di Dio.
- Sì, signore, questo lo concedo ben di cuore. - Dimando ancora un favore straordinario. - Quale?
- Che la famiglia Galvagno e i loro parenti, fino al terzo grado INcLusIVE, possano lucrare Indulgenza Plenaria ogni volta che con le debite disposizioni si accosteranno al Sacramento della Confessione e Comunione, pregando per Vostra Santità.
- REM DIFFICILEM POSTULASTI! Tuttavia, non eccedendo la mia autorità, concedo il favore, colla condizione che se ne servano frequentemente. Comunicate l'una e l'altra cosa da parte mia.
Io Lo ringraziai, ed ora compio il piacevole incarico, pregandola di voler la medesima grazia spirituale comunicare a quei parenti, che giudica siano per tenerla nella dovuta stima.
Nella speranza di poterla poi riverire a Torino, dove io sarò per Pasqua, mi raccomando alla carità delle Sue preghiere, e mi professo con gratitudine, della S. V. Carissima,
Roma, 15 marzo 1875.
Obbligatissimo servitore Sac. Gio. Bosco.
Diceva Mons. Morganti di non aver mai riscontrato, in nessun altro Servo di Dio, così viva e profonda la virtù della riconoscenza, come in Don Bosco. E con quanta sapienza! A chi gli dava denaro per i suoi orfanelli, donava consigli e parole di vita eterna.
Basta ricordare ciò che scriveva a tutti i Cooperatori, poco prima di morire:
« A vostro incoraggiamento e conforto, lascio al mio Successore che nelle comuni e private preghiere, che si fanno e si faranno nelle case salesiane siano sempre compresi i nostri Benefattori e le nostre Benefattrici, e che metta l'intenzione che Dio conceda il centuplo della loro carità anche nella vita presente colla sanità e concordia nella famiglia, colla prosperità nelle campagne e negli a ari, e con la liberazione ed allontanamento da ogni disgrazia.
» A vostro incoraggiamento e conforto, noto ancora che l'opera più efficace ad ottenerci il perdono dei peccati ed assicurarci la vita eterna, è la carità fatta a piccoli fanciulli: Uni ex minimis, ad un piccolino abbandonato... ».
è il caro periodico mensile, che zela praticamente fra la gioventù il migliore interessamento per le Missioni Cattoliche, in particolar modo per le Missioni Salesiane. Diffonderlo è un'opera buona. Abbonamento annuo L. 5, presso la Libreria della S. E. I. Corso Regina Margherita, 174, TORINO (9).
Gli appelli sono stati lanciati; urge, adesso, sollecitare l'azione. Ci raccomandiamo a tutti: - ai Cooperatori, specialmente sacerdoti, e ai Comitati d'azione salesiana - agli ex-allievi - alle ex-allieve delle Figlie di Maria Ausiliatrice - e preghiamo tutti a farci pervenire un acconcio ragguaglio delle singole iniziative. Per quanto brevemente, converrà e gioverà che ne facciamo cenno, ad esempio ed imitazione, e ad edificazione comune.
1 primi frutti dell'Appello.
Il fervido Appello, che il Comitato Centrale di Torino per il Cinquantenario delle Missioni Salesiane ha lanciato ai Cooperatori, agli Ex-Allievi nostri ed alle Ex-Allieve delle Figlie di Maria Ausiliatrice, va già destando benefiche simpatie.
Gli alunni del venerando Seminario Metropolitano di Torino, soliti a tenere ogni anno un banco di beneficenza « pro Missioni », hanno devoluto la somma di lire 30o alle Missioni Salesiane.
Il « Circolo Don Bosco » dell'Oratorio Salesiano di Chieri, insieme con l'offerta delle « preghiere e Comunioni domenicali, perchè le Missioni Salesiane possano propagarsi sempre più per il bene delle anime », ha inviato al sig. Don Rinaldi, nostro Rettor Maggiore, « la somma di lire mille, provento di una piccola lotteria, di quote individuali, e di piccole collette, fatte dai ragazzi della Compagnia di S. Luigi. »
Gli alunni delle Scuole Apostoliche di Mondovì, affezionatissimi all'Opera Salesiana, hanno raggranellato lire 100, con i loro piccoli risparmi: « Qui da noi - spiega il direttore don Pietro Airaldi - si ama tanto l'Opera di D. Bosco, e si prega per il suo maggior sviluppò, anzi per il suo trionfo ».
Non mancheremo di segnalare, a comune edificazione, altri tratti di carità.
Conferenze "pro Missioni Salesiane".
Ricordiamo e raccomandiamo ai RR. Direttori Diocesani, ai Decurioni e a tutti i Cooperatori sacerdoti, un mezzo efficacissimo di propaganda, le conferenze « pro Missioni Salesiane » nelle cappelle degli istituti ed oratori e in altri ambienti privati, e in pubbliche chiese. Quante se ne potrebbero promuovere, facilissimamente, durante la S. Quaresima! Anticipiamo a tutti il grazie più cordiale.
Analoghe conferenze possono essere opportunamente promosse anche nei teatrini parrocchiali e degli Oratori, e tenute da laici. A TRENTO, in occasione della festa di S. Francesco di Sales, parlò, nel teatrino dell'Oratorio Salesiano, ascoltatissimo, il prof. avv. Roberto Peroni, del R. Istituto Tecnico di Verona.
Il nostro don Trione tenne già varie conferenze, a Torino, nella chiesa degli Angeli Custodi, di S. Filippo e del Sacro Cuore di Maria: a Pisa nella Chiesa Nazionale dei Cavalieri di S. Stefano, e a Roma. A ROMA apri il ciclo delle conferenze in preparazione all'anno missionario, nella Basilica del S. Cuore. Eran presenti gli E.mi Cardinali Cagliero, Gasquet, Tacci, Locatelli; avevano inviato la loro adesione gli E.mi Card. Gasparri, Van Rossum, Gagiano de Azevedo, Lega, Vico, Bisleti, Ragonesi e Scapinelli. L'oratore, dopo aver parlato della perenne vitalità della Chiesa, che in ogni secolo apre nuovi campi di apostolato e fonda nuove opere missionarie, trattò in particolare delle Missioni Salesiane, ricordandone l'umile origine e lo sviluppo progressivo in America, nell'Africa, nell'Asia e nell'Oceania. Questa fioritura di missioni è frutto delle benedizioni di Maria Ausiliatrice, la madre provvida e benigna di Don Bosco e dei Salesiani, e del generoso concorso dei Cooperatori. Il prossimo Cinquantenario vuol segnare una vigorosa ripresa missionaria, effettuata in tutti i campi, con preghiere e opere, con la raccolta di aiuti, e con la coltivazione di numerose vocazioni all'apostolato. Al termine della conferenza l'E.mo Card. Locatelli impartì la Benedizione Eucaristica.
A Pisa, come don Trione ebbe finita la sua Conferenza, prese la parola l'E.mo Card. Maffi: « È ormai nota - scrive il Messaggero Toscano - la sua grande benevolenza, il suo attaccamento e la sua alta protezione per i figli di Don Bosco, a cui lo legano soavi e dolci memorie della sua prima gioventù. Egli ha detto che fin da chierico leggeva il Bollettino Salesiano, allora nascente, e seguiva con molto interesse il crescere e lo sviluppo della mirabile opera di Don Bosco.
» Parlando poi delle Missioni, ha rievocato la figura maestosa di due grandi missionari piemontesi: il Card. Massaia e il Card. Cagliero. Di quest'ultimo, tuttora vivente, ha parlato con quella dolce intimità, con cui un fratello può parlare di un altro fratello, così forte è il vincolo di antica amicizia che unisce insieme i due eminenti Porporati.
» Nessuno dunque, meglio del nostro Cardinale, poteva delineare, in pochi tratti, quello che tra i figli di Don Bosco fu il primo Missionario e anche il primo Vescovo.
» Disse poi Sua Eminenza parole altissime di saggi ammonimenti, rilevando che non sarebbe opera di coerenza cristiana spegnere o indebolire fra noi la fiaccola di quella fede, che vogliamo accendere e tener viva in terre selvagge. Ma tutto ciò, egli dice, non accadrà nella nostra Patria, che ha da Dio l'altissimo onore di essere il centro della Cristianità e la sede di quella Chiesa Romana, che è la Depositaria della Fede cattolica. Ha parole di elogio per le Missioni del Ven. Don Bosco e rileva la ferma volontà del Pontefice di unire all'Anno Giubilare anche l'Anno Missionario, che segnerà senza dubbio un'epoca indimenticabile nei fasti della Chiesa Romana. »
Anche il nostro confratello dott. don Antonio Fasulo tenne due conferenze missionarie a Frascati, ed una solennissima a RoMA.
Questa, promossa dalla Giunta Diocesana ed affidata ad un salesiano, in omaggio all'Apostolo della Patagonia, l'Eminentissimo Cardinal Cagliero, ebbe luogo la domenica 17 febbraio u. s. nella Sala Pio VI.
Convennero a far corona al venerando duce della prima spedizione di Missionari Salesiani gli Eminentissimi Cardinali Gasparri, Van Rossum, Frúhwirth, Laurenti, Locatelli, Ragonesi, Sincero, Lucidi, Galli. Anche il pubblico, folto ed eletto, tra cui molti prelati e dignitari ecclesiastici, scelti rappresentanti dell'aristocrazia, ed alti funzionari dello Stato, espresse con ripetuti applausi la sua simpatia al nostro amatissimo Cardinale; e Sua Eminenza, conoscendo appieno gli umili inizi dell'apostolato salesiano nel campo delle Missioni Estere e i « miracoli » predetti dal Ven. D. Bosco ed operati dal Signore col benedire largamente la volonterosa ma umilissima opera dei nostri, in un impeto di viva riconoscenza, lanciò commosso il grido: « Non nobis, non nobis, sed soli Deo gloria! ». E, veramente, i Missionari del Ven. Don Bosco mai non potranno esaltare abbastanza la bontà del Signore, che, in modo insperato ed immeritato, prosegue a fecondare le loro povere fatiche, ad intercessione di quella Benedetta che fu in ogni tempo l'Ausiliatrice dei Cristiani!
AL REV. CLERO.
Annuendo ad insistenti inviti di egregi sacerdoti, il "Bollettino Salesiano" darà, quind'innanzi, un breve ragguaglio delle notizie più importanti contenute in "ACTA APOSTOLICAE SEDIS", quasi eco perenne dell'amore tenerissimo che il Venerabile Don Bosco nutrì per la Sede Apostolica.
I) Il fascicolo I° dell'anno XVI°., Vol. XVI°., ACTA APOSTOLICAE SEDIS, uscito in data 18 gennaio 1924, contiene:
La LETTERA ENCICLICA Maximam gravissimamnque, in data 18 gennaio 1924, agli E.mi Card. residenziali della Francia e agli altri Arcivescovi e Vescovi della stessa nazione, SULLE ASSOCIAZIONI DIOCESANE.
II) Il fascicolo II° dello stesso anno e dello stesso volume, in data I° febbraio u. s.:
1) LE LETTERE APOSTOLICHE dell'erezione della Prefettura Apostolica del Zululand in Vicariato, col nome di Eshowe e con più larghi confini
(11 dicembre 1924): - dell'erezione di tre Prefetture Apostoliche, dette di Hanyang, Wuchang, e Puchi, con territori dismembrati dall'ampio Vicariato Apostolico dell'Hupé Orientale, che quindi innanzi sarà chiamato di Hankow (12 dicembre 1923)
2) Varie LETTERE del S. PADRE, di cui una all'Arcivescovo di Tolosa per i festeggiamenti da celebrarsi ad onore dell'angelico dottore S. Tommaso d'Aquino, in quella città, che ne conserva il capo e il corpo (30 ottobre 1923) - e un'altra al rev.mo P. Matteo Crawley Boevey, Direttore Generale dell'Associazione per la Consacrazione delle famiglie al S. Cuore di Gesù (15 dicembre 1923).
3) Il Decreto dell'introduzione della Causa di Beatificazione della Serva di Dio Maria Teresa Carolina di Lamoureus, Fondatrice dell'Istituto delle Sorelle della Misericordia, nata a Bursac, presso Bourdeaux il 1° novembre 1754, morta il 14 settembre 1836, a 82 anni (14 novembre 1923).
4) Il Decreto approvante i miracoli proposti per la Canonizzazione della Beata Maria Maddalena Postel, Fondatrice dell'Istituto delle Scuole Cristiane della Misericordia (6 gennaio 1924).
5) Una Lettera dell'E.mo Card. Gasparri al Superiore Generale dei Fratelli delle Scuole Cristiane, la quale dice essere pensiero del S. Padre, che, in vista del cambiamento radicale che i nuovi tempi hanno apportato ai programmi e alle prescrizioni scolastiche, e della maggiore partecipazione di ogni classe sociale ad ogni sorta di studi, il Religioso Istituto, pur restando laico, cioè pur rimanendo composto di fratelli laici, e per l'educazione religiosa sopratutto dei fanciulli poveri, studi il modo di estendere, quind'innanzi, il suo insegnamento anche agli studi classici, come ha fatto, e con successo, per gli studi tecnici superiori a prò di alunni provenienti dalle classi agiate (17 aprile 1923).
4) Il DIARIO DELLA CURIA ROMANA, dal quale abbiam appreso, con gioia, che era fissata al 19 febbraio u. s. la Congregazione Preparatoria sopra i miracoli del Ven. Giuseppe Cafasso - e che l'11 corrente si terrà la Congregazione Preparatoria sopra i miracoli del Beato Giovanni Battista Vianney, Curato d'Ars - il 13 maggio la Congregazione Preparatoria sopra i miracoli della B. Maddalena Sofia Barat - il 17 giugno la Congregazione Antipreparatoria sopra i miracoli del Ven. Servo di Dio Pietro Giuliano Eymard, Fondatore della Congregazione del SS. Sacramento - il 24 luglio la Congregazione Antipreparatoria sopra i miracoli della Ven. Serva di Dio Bernadetta Soubirous - il 12 agosto la Congregazione Antipreparatoria sopra i miracoli della Beata Teresa del Bambino Gesù - il 21 ottobre la Congregazione Antipreparatoria sopra i miracoli del B. Pietro Canisio, D. C. D. G.; - e, in altri giorni, altre Congregazioni per altri noti Servi di Dio.
Sarà ottima cose, fare e promuovere, particolarmente nei giorni accennati, fervide preghiere al santissimo scopo.
Dalle lettere dei nostri.
Il battesimo di U-Jiri.
Da una lettera di Don De Ponti, missionario salesiano nell'Assam:
« Il battesimo d'un pagano, per quanto consolante al cuore del missionario, ordinariamente, non suole costituire un avvenimento rimarchevole. Ma non fu così per il battesimo di U-Jiri. Fossero le circostanze che lo condussero alla missione, o l'onda di simpatia che si sollevò attorno a lui, dopo l'invito lanciato dal « Bollettino Salesiano »: Chi vuole adottare un orfanello?, e i doni molteplici che giunsero per l'occasione, tanti da tenere allegra tutta la piccola comunità, il fatto è che la cerimonia assunse il carattere di un avvenimento. Sì, U-Jiri ha ricevuto il S. Battesimo in forma solenne, oggi giorno dell'Epifania del Signore, prima della Messa cantata, davanti alla comunità dei fedeli.
» Nitida la persona, vestito di bianco, il volto raggiante di gioia, nessuno avrebbe riconosciuto in lui il ragazzo abbandonato di un anno fa.
» Amatissimo sig. don Rinaldi, dica lei ai nostri benefattori la riconoscenza del piccolo Giuseppe - tale il nome che ricevette - e dei vari compagni con lui beneficati, e dica anche il grazie del missionario, che deve al loro appoggio la possibilità di lavorare a prò delle anime in un paese privo di risorse materiali, ma dove la messe spirituale, giunta a maturità, offre copiosi. manipoli ».
Dal Kimberley (Australia).
Il 15 novembre Mons. Coppo prese possesso in Broome dell'esteso Vicariato, e il giorno dopo iniziò una settimana di missione, assiduamente frequentata alle prediche non solo dai cattolici della città, ma anche da molti protestanti. Alla fine si ebbero numerose Comunioni, con la speranza che il seme gettato dia in giorno non lontano ottimi frutti.
Alcuni dei nostri si sono intanto provvisoriamente stabiliti a Paint, ed altri a Lombadina, per compiere uno studio su tutte le stazioni dei bianchi esistenti nelle vicinanze, e vedere se è possibile aprire una stazione per gl'indigeni.
La nostra preoccupazione, finora, è la conoscenza della situazione e del carattere degli abitanti, e più ancora della lingua, per consacrarci all'apostolato fra popoli, da noi affatto sconosciuti. Difficoltà non mancano. Ma pensando a quelle superate da altri missionari, nutriamo fermo proposito di continuare, a costo d'ogni sacrifizio, l'opera intrapresa per la glorificazione del nome di Dio.
L'arrivo delle Figlie di Maria Ausiliatrice nell'Assam.
Dal Diario delle prime Figlie di Maria Ausiliatrice partite per l'Assam:
A Bombay e a Calcutta.
4 dicembre. - Sbarchiamo a Bombay e Don Mederlet ci conduce a visitare l'istituto delle Figlie della Croce, ove siamo ospitate, e la casa delle Suore Missionarie di Maria Immacolata. L'impressione della città non ci è molto favorevole. Elegante e con superbi palazzi il quartiere europeo; povero e con misere capanne quello indiano, e puzza e sudiciume, che contrasta con la condizione di città cosmopolita. Vi s'incontrano, infatti, persone vestite in tutte le fogge: dall'indiana alla turca e all'italiana. Le donne indiane portano un bel manto, che scende dal capo e ondeggia lungo la vita. Braccialetti ai piedi e alla braccia completano l'ornamento.
Due di esse salgono con noi sul treno per Calcutta, accompagnate dalle serve, che si accocolano ai loro piedi come cagnolini. Quanto cammino c'è ancor da fare fra questo popolo per togliere le differenze di casta!
Il treno ci porta attraverso una fuga di gallerie e di montagne, dall'erba secca e dal terreno argilloso e arsiccio. Poche capanne di nativi compaiono qua e là nel fondo della valle.
7 dicembre. - Dopo un giorno e mezzo di viaggio in treno arriviamo a Calcutta, e ci rechiamo a visitare le Suore di Loreto. L'impressione della città è quasi eguale a quella di Bombay. Minor puzza; ma, anche per le vie principali, mandre di buffali e di caprette. Sul ponte del Gange, il fiume biondo e sacro, il transito è diviso in sei correnti: due per i pedoni, quattro per i veicoli. Guardie, in tunica bianca e sciarpa rossa, dirigono il movimento, e guai a chi passa innanzi agli altri! Sotto i nostri occhi, un poveretto, che non potè mettersi subito in fila coi suoi bufali aggiogati e il suo carico, fu percosso dalle guardie sul viso. Quanta pena, nel veder così trattato un popolo, che pure mostra indole buona e lavora quasi per nulla!
La sera stessa partiamo per Gauhati.
A Gauhati.
Sabato 8 dicembre. - Giorno memorando nella storia dell'Opera di Don Bosco! Salutiamo l'aurora con una calda preghiera alla Madonna, che ci ha chiamate alla vita missionaria! La ringraziamo anche di averci fatto la grazia di poter fare la S. Comunione tutti i giorni del viaggio. A dir vero, tanto noi, quanto Don Mederlet, ci eravamo dimenticati di prendere delle particole. Ed eravamo in viaggio da Torino a Genova, quando salì nello stesso scompartimento un sacerdote dell'Astigiano, il quale dimenticò sul treno una piccola scatola. Ce ne accorgemmo solo a Genova, ed osservammo che cosa contenesse. Delle particole! Ci ricordammo allora della dimenticanza, e approfittandoci di... un'altra dimenticanza, pregammo il Signore a benedire il buon sacerdote.
Al passaggio del Bramaputra ci viene festosamente incontro Mons. Mathias, Prefetto Apostolico dell'Assam, che ci fa prender posto su due automobili, e in breve giungiamo a Gauhati.
Siamo finalmente nella nostra Terra Promessa! Tra le palme fa capolino la gentile chiesetta di legno. Entriamo con le lagrime agli occhi e la gioia nel cuore. Accanto al tabernacolo una statua di Maria Ausiliatrice par che ci sorrida. Don Mederlet celebra la Santa Messa e noi intoniamo la lode: « O Maria Ausiliatrice, son tua figlia e t'offro il cor! ». Alcune di noi, ancor digiune, ebbero la bella sorte di fare anche quel giorno la Santa Comunione. Erano le due pomeridianel
A Shillong.
Ci fermiamo poco tempo a Gauhati, e riprendiamo presto la via in automobile per Shillong, dovendo arrivare prima che si chiudan le barriere.
Finalmente, nell'oscurità della sera avanzata, cento e cento luci brillanti ci colpiscono la vista. Man mano che ci avviciniamo, le luci prendon la forma di una lunga scala, su cui ondeggia un nugolo di fanciulli con fiaccole. S'ode il canto dell'inno salesiano, misto al suono delle campane a festa, e alle note briose della banda.
Siamo alla sede della Prefettura Apostolica! I Salesiani sono al cancello e sulla strada, per darci il primo saluto. « Benvenute » è scritto a caratteri luminosi a pietà della lunga gradinata; « benvenute » è il saluto che ci dànno centinaia di fanciulli, di uomini, di donne, europei, indiani, cattolici, protestanti, pagani, e anche religiosi e religiose, accorsi a riceverci. E un intreccio di voci e di saluti in lingua khassì, inglese, italiana, ed anche in dialetto piemontese, che non so descrivere.
Ascendiamo la gradinata, che ci separa dalla chiesa. Un orfanello, scalzo ma pulito, offre alla direttrice un bellissimo mazzo di fiori; e poi tutti, popolo e orfani compresi, entriamo in chiesa. Un coro solenne e robusto fa risuonar per l'aria l'inno del ringraziamento: Te Deum laudamus! Cantiamo anche noi con slancio, e ringraziano il Signore; dal profondo dell'anima, d'averci guidate sane e salve su questa terra di lavoro e di sacrifizio.
Dopo la benedizione eucaristica, il popolo Santa ancora in lingua khassì la lode : « Mira il tuo popolo, bella Signora » . Fuori si rinnova l'intreccio dei saluti e degli addii nelle varie lingue; poi, a poco a poco, scende nella notte la calma, e tutti si ritirano nelle loro case. Vediamo qua e là tremolare dei lupi. Sono i bravi popolani, venuti a salutarci, che ritornano col lanternino in mano alle loro capanne, lontane 10 e 12 chilometri.
Mons. Mathias ci guida nella casetta provvisoria, preparata per noi, ove, davanti al quadro di Don Bosco, nell'effusione dell'anima commossa, sentiamo il bisogno d'intonare l'inno: « Cantiam di Don Bosco, fratelli, le glorie », e pensiamo che il medesimo canto, nello stesso tempo, si ripete vibrante in tante altre case salesiane all'apertura dell'accademia di Maria Immacolata...
Domenica, 9 dicembre. - Dopo le funzioni religiose, assistiamo alla Messa solenne, a cui tutto il popolo prende parte, cantando con intonazione e garbo una messa del Perosi. E una specialità di questa gente un orecchio perfetto, che impara subito e ritiene a perfezione ogni pezzo musicale.
Alla comunione avviene una scena commovente. Alla balaustra s'assiepano con divozione fanciulli, uomini e donne indigene, accanto a signori e signore europee, che altrove, se non son cattoliche, sdegnano di avvicinarsi alla gente del luogo.
Questa famigliarità cristiana, senza distinzione di classi, quest'elevazione morale del popolo, è anch'essa un effetto del sistema di Don Bosco. Li abbiam visti, noi, questi fanciulli, per le vie di Bombay e di Calcutta, sporchi e cenciosi; e qui, diventati belli e puliti, si accostano alla Comunione con raccoglimento edificante, e ne tornano sorridenti, portando riflesso il sorriso di Gesù.
All'uscir di chiesa, tutti ci dicono: Kublei (ti saluto!), e godono nel sentirci rispondere con lo stesso saluto.
Alla sera si radunano ancor tutti nel teatrino dell'Orfanotrofio S. Antonio per offrirci un trattenimento. Mons. Mathias parla per primo in italiano; ci augura a nome di tutti una buona missione e ci esorta a seguir fedelmente il sistema educativo di Don Bosco e il suo programma d'azione.
Gli orfanelli cantano pure in italiano l'inno a Don Bosco, accompagnato dalla banda, e un giovane distinto, aspirante salesiano, spiega alcune proiezioni, a preludio dell'azione drammatica Tarcisius, che si svolge poco dopo.
Accompagnate dalle fanciulle europee, dalle eurasiane, dalle indigene, ci ritiriamo, in fine, nella nostra casa, rievocando nella quiete le indimenticabili impressioni della giornata e rinnovando dal profondo del cuore, il proposito di proceder sull'orme, che il Padre stampò...
Per amore a Don Bosco!
Da una lettera del direttore dell'Orfanotrofio Salesiano dell'Immacolata di Macau (Cina), togliamo questi cari particolari sulla preparazione dei sei alunni, che hanno dato il nome alla Società Salesiana (1):
...Se volessi descrivere l'amore a Don Bosco di questi giovani aspiranti, il desiderio ardente che hanno di essere tutti di Don Bosco, e lo spirito religioso che li anima, avrei da scrivere centinaia di pagine.
Uno di essi mi lasciava un po' dubitare della riuscita perchè mi sembrava troppo amante delle comodità, e cedeva volentieri alla mamma che non lasciava passare occasione di rimpinzarlo di dolci e confetti. A lui, quindi, più che agli altri dissi chiaramente come non dovesse aspettarsi, entrando in Società, comodità materiali; e da quel giorno, sul serio, cominciò a mortificare la gola.
Osservo che, qui a Macau, chi desidera farsi prete, ha l'avvenire materialmente assicurato, perchè il Governo Portoghese, stipendia il clero cinese con circa settecento nostre lire mensili. Osservo anche che i seminaristi cinesi nel locale seminario diocesano son trattati magnificamente.
Un bel giorno, adunque, chiamai il giovane e gli dissi, che in vista della sua gracile costituzione e della sua abitudine alle comodità, aveva pensato, sapendo che voleva farsi prete, di mandarlo in Seminario; e che aveva già parlato col Rettore, e questi lo aveva accettato gratuitamente; si preparasse quindi, e il giorno dopo ve lo avrei accompagnato io stesso. -Del resto, conclusi, tu vuoi farti prete; e, che ti faccia prete in seminario o presso Don Bosco, è poi... la stessa cosa!...
Il povero giovane, che mi ascoltava fin dalle prime dichiarazioni come fuori di sè, alle ultime parole mi interruppe violentemente:
- E chi ti ha detto che voglio farmi salesiano, solo per diventar prete? Se posso, sì, voglio diventar prete per poter salvare più anime; ma prima di ogni cosa io voglio essere figlio di Don Bosco!
Insistetti ancora sulla proposta.
Dire le lacrime e le suppliche del poveretto non è possibile; solo, quando gli feci capire che non l'avrei più mandato in Seminario, tornò a piangere di gioia, e a ringraziarmi in tal maniera, che dovetti allontanarlo dalla camera, per non fargli vedere la mia commozione.
Un altro giorno, tenni ai sei aspiranti una breve conferenza, e cercai di far loro comprendere che cosa voleva dire esser poveri sull'esempio di Gesù Cristo. Il giorno dopo, un dopo l'altro, me li vedo comparire con un piccolo fagottino, dove avevano raccolto tutto ciò che avevano di più caro e cui credevano di aver attaccato il cuore!...
E non fu un fuoco di paglia il loro. Quattro, di più spiccato ingegno, furono destinati allo studio del latino: e non potendo qui a Macau attendere ad essi, pensammo di mandarli all'Orfanotrofio di Shiu Chow. Ma c'era una difficoltà che, a tutta prima, sembrava insormontabile.
I Cantonesi son divisi in tre razze: ponti, accà, e lok lau.
Per un ponti l'essere accà è un disonore: parlare poi l'accà neppure a pensarlo, trattandosi di una lingua di una razza così inferiore alla loro. E il collegio di Shiu-Chow è composto di giovani accà, e vi si parla, naturalmente, la loro lingua. Ebbene i nostri giovani aspiranti, benchè appartenenti alla razza ponti, si sono adattati ad andare a scuola con gli accà. L'amore a Don Bosco operò il miracolo. Non appena arrivati alla nuova residenza, malgrado sentissero ancora il dolore e l'angoscia della separazione dalla famiglia e dai compagni di Macau, prima ancora di pensare a studiare il latino, si diedero con gran diligenza a studiare la lingua del paese.
Ora mi scrivono di frequente, e, dico il vero, le loro lettere son piene di tanto spirito religioso che mi confondono!
SaC. VINCENZO BERNARDINI.
Le meraviglie naturali dell'Equatore.
(Note di viaggio del Missionario Don Carlo Crespi).
La regione di Tunguragna (Vedi Boll. di novembre u. s.).
Avanti ancora un poco e vi si profilerà un altro colosso, il divino Tunguragna, ancora in eruzione. Com'è magnifica, com'è stupenda la vista di questo gigantesco colosso, innalzantesi ben 3000 metri sopra tutta la immensa cordigliera delle Ande, rivestito di neve e con un pennacchio di fumo a volte di nero carico, a volte leggero, mandante ogni tanto bellissimi riflessi infuocati, che nella notte gettano una luce rossastra, sempre sinistra, sempre insidiatrice, sempre minacciosa di chissà quali spaventosi fenomeni tellurici.
Strati immensi di ceneri, bombe colossali gettate dalla potenza eruttiva a centinaia di metri, chilometri e chilometri di lava andesitica, recente ed antica, vi diranno tutta la maestosità dei fenomeni tellurici susseguitisi nei secoli.
Nell'alto altipiano della Sierra, non cercate la vegetazione lussurreggiante: una graminacea di un color grìgiastro, Stipa Ichu, vi si distende per chilometri fin quasi alla regione delle nevi.
Arrivati ad Ambato, la gentilezza insistente dei contadini vi offrirà per pochi soldi qualche grappolo d'uva, non certo come quella delle feraci colline piemontesi; fragole grossissime, ma di un sapore un po' agro, pere, mele. Qui non si vende al minuto; bisogna comperare addirittura un canestro di alcuni chili; siate quindi compiacenti; prima di arrivare a Quito, avrete con che far passare il tempo. Un botanico però ha da che perdere la testa: ogni decina di chilometri incontra novità, meraviglie. In mezzo alla natura del triste panorama e lontano dai centri abitati, bellissime gigliacee, composite curiose, solanacee arboriformi; e, rampicante sugli arbusti, una liana dagli smaglianti colori rossi, la tasconia, nelle sue differenti specie. Delle fucsie esistono bellissime varietà. Sulle rocce umide, larghissime incrostazioni verdi: è la fegatella stellata, una graziosa crittogama. Intorno alle case s'erge maestoso, gigante, l'eucaliptus. Che magnifica pianta sempre verde, che preziosità per la sierra, così povera di legname da costruzione!
Siamo arrivati nei dintorni di Quito. Boschi interi di questo prezioso albero la circondano da ogni parte. L'eucaliptus, che arriva anche a 40 metri di altezza, serve, oltre che a costruire case e fornire legna da ardere, a curare alcune malattie, tra cui le affezioni pettorali per la preziosa essenza di Eucaliptol che contengono le foglie.
Quito.
Quito, una delle più alte città del mondo, vi offre un soggiorno delizioso: magnifiche le chiese, ricche di quadri di valore, preziose le biblioteche dei religiosi e dei privati, e sopratutto la Nazionale; interessanti sopratutto le viste panoramiche dei vulcani. Il Pichincho è, a poche ore di strada; il Corazon, l'Illiniza, il Caiambe la rallegrano colle loro bellissime cime. Fate poche ore fuori della città, sulla strada della Maddalena, e vi apparirà il Colopaxi in tutto il suo splendore: un gran cono, geometricamente quasi perfetto, ricoperto da un candidissimo ammanto di neve. Ora riposa nella gelida veste; pochi anni or sono diede uno degli spettacoli più maestosi di attività. Fate pochi passi lungo le grandi spaccature aperte dai torrenti, e potrete comodamente raccogliere felci, tasconie, fucsie, solanacee arboriformi. Prodigiosa sopratutto è la vegetazione dei muschi: alle falde del Pichincho, ne potei raccogliere ben 20 specie sulla corteccia di un vecchio albero. I fichi d'India, i cactus, e sopratutto l'agave americana, coltivata come confine tra aziende particolari e sfruttata per la fabbricazione della corda, vi diranno che siamo in un paese tropicale, con una media di temperatura di 12 gradi. Lungo le strade mulattiere e nelle profonde valli incise splendidi ceppi di arundo nitida con spighe meravigliose. Salite le falde del Pichincho ed incontrerete campi coltivati fino a quasi 4000 metri con mais, frumento, orzo, e sopratutto patate. Volete ricrearvi l'animo? Passate alcune ore all'Alameda, ove esiste il magnifico Osservatorio Meteorologico ed astronomico, fondato dal celebre Garcia Moreno, circondato dall'orto botanico, fondato dal non meno celebre Padre Sodiro, gesuita. Pochi minuti di strada vi portano al Collegio Salesiano di Quito, con buone Scuole professionali, con un nuovo e fiorente Oratorio festivo. Nella chiesa un prezioso ricordo: il quadro di Maria Ausiliatrice, donato da Don Bosco morente ai primi salesiani partenti per l'Ecuador e l'eco dell'ultima parola del nostro Fondatore: « Benedico Quito, la città del Sacro Cuore! ».
Sac. Dott. CARLO CRESPI Missionario Salesiano.
Gli Indii della Sierra Equatoriana.
(Lettera del Missionario Salesiano D. Carlo Crespi).
Amatissimo Padre,
Dopo una rapida rassegna su ciò che di più caratteristico colpisce nella meravigliosa natura equatoriana, alcuni cenni sui non meno carattetistici costumi degli Indii abitanti nelle campagne della Sierra, specialmente nei dintorni di Quito. E dico caratteristici, perchè se le belle città di Guayaquil, Quito, Cuenca, ecc. hanno una popolazione prevalentemente bianca con una educazione ispano-americana, con uno squisitissimo senso di ospitalità e uno spirito di lavoro, di coltura artistica e letteraria, che può competere con qualunque città europea, molti paesetti sparsi sulle erte pendici delle Ande e nelle fertili vallate albergano le preziose reliquie della primitiva razza americana, che nel contatto colla civiltà cristiana molto ha perduto dei primitivi ed originali costumi, non poco però ancora conserva di interessante per uno studioso.
Un po' di storia.
Donde vennero i primitivi indii, in quale epoca incominciarono a stabilirsi nelle fertili pendici dei giganteschi vulcani, è ancora un punto troppo oscuro ed indeciso nella interessantissima storia americana. I più remoti ricordi storici dei più civili popoli antichi del Messico e Perù risalgono al 1000 dopo Cristo e la preistoria dell'Equatore solo ora, grazie gli studi di una giovanissima e preparatissima scuola nazionale, va lentamente risplendendo in tutta la sua verità. In mezzo al caos delle ipotesi avanzate dai diversi studiosi è chiaro che pochi anni prima della scoperta dell'America, cioè verso il 1457, Tupac-Jupanqui, 12° re degli Incas, e suo figlio, Huaina-Capac, con fortunate spedizioni militari riuscivano a sottomettere le già organizzate tribù della Sierra ed incorporarle al grande impero degli Incas del Perù.
Nel 1534 Francesco Pizzarro, avventuriero spagnolo, diede ordine a Diego de Almayo e a Sebastano Benalcazar di invadere i territori equatoriani ed il 6 dicembre dello stesso anno cadeva Quito ed incominciava la dominazione spagnola e la evangelizzazione delle numerose tribù conquistate.
Il 24 maggio 1822 il generale Sucre vinceva la battaglia del Pichincha e rendeva libera ed indipendente la eroica nazione equatoriana, incorporandola, o meglio confederandola alla Grande Colombia del generale Bolivar: otto anni dopo, l'Equatore si staccò dalla Grande Colombia, ed incominciò a governarsi da sè.
La dominazione degli Incas influì assai poco nelle diverse tribù equatoriane, e non riuscì neppure a generalizzare il loro idioma. Nell'anno 1583 il primo sinodo diocesano ordinava che si componessero catechismi differenti per ogni tribù; solo più tardi la lingua Kichua, fu generalizzata dai missionari e proprietari di aziende, e s'impose talmente da far scomparire le antiche lingue.
Caratteri antropologici.
È ormai accertato dai dotti la provenienza di tutte le popolazioni indigene di America dall'Asia Orientale. Diverse furono le emigrazioni ed in diverse epoche e direzioni, prevalendo in generale quelle da nord a sud: asiatico è quindi il substrato antropologico e linguistico del Kichua della Sierra.
Di un bel color rame hanno il pelo lungo e lucido e lo sfoggiano specialmente gli uomini e giovanotti nella lunga e folta capigliatura spiovente alla Nazzarena sulle ben tarchiate spalle. La barba è ridotta od assente; ed hanno occhi negri, generalmente piccoli, pomelli prominenti, faccia larga, cranio brachicefalo, statura mediana con prevalenza del tipo basso, piede abbastanza piccolo.
L'indio della Sierra è di carattere malinconico, taciturno. All'arrivo del treno nei diversi paesetti voi li vedrete a centinaia, tutti rispettosi, tutti muti; parrebbero sempre sotto la minaccia di non so quale catastrofe, o sotto l'incubo di una delle così frequenti e poderose eruzioni vulcaniche, o mosse telluriche, che nell'andar dei secoli hanno cosparso di cenere le fertilissime campagne ed aperto nella squarciata roccia la voragine della morte. Sono muti, taciturni, specie innanzi allo straniero; ma buoni, educati, vigorosi, robusti nel trasportare sulle spalle i pesi più ingombranti.
La natura montagnosa dell'altipiano andino è tale che non permette un grande sviluppo di ferrovie e di strade mulattiere, e su per l'erte pendici dei monti va il povero Indio con un pesantissimo fardello sulle spalle, e cammina cammina per ore intiere, per giorni, per settimane. Al mercato di Quito è facile veder arrivare dalle più lontane valli, baldi giovanotti dalla magnifica capigliatura, uomini maturi, donne di tutte le età con carichi di raspadura o zucchero greggio, sacchi di frumento, orzo, mais, patate, erba medica, foglie di eucalipto, e persino con pietre da costruzione e mattoni. Non domandate a questi indii se sono stanchi, se sono malcontenti di questa vita randagia: fanciulletti di pochi anni, da una ereditaria tradizione famigliare furono abituati a curvare le spalle al fardello; sulla strada polverosa, per il pericoloso sentiero andino, accanto al robusto indio, voi vedete il ragazzetto ancor tenero, che s'addestra a quella che sarà la dura vita del domani.
Vestito.
Il vestito dell'indio è semplice: un paio di calzoni corti, una camicia, una coperta caratteristica, detta poncho, con un foro nel mezzo e ricoprente la schiena, le spalle, il petto; sulla testa, un vecchio cappello di feltro.
Le donne pure sono tradizionali nei loro indumenti: una sottana, un corpetto, con le braccia scoperte; e, sulle spalle, una specie di mantello che serve per involgere nelle marce i bambini o qualunque altro peso; e le vedrete nella costruzione dei palazzi governativi e civili, nella pavimentazione delle strade, accanto ai mariti e fratelli condividere le gioie del lavoro con badili, zappe, ecc.
L'india è un modello di attività e di amor materno: nella casa il suo lavoro intorno ai figli, nell'azienda il duro travaglio agricolo, ed in viaggio alla città per lo scambio dei prodotti, sempre col suo fardello sulle spalle, e nelle mani la rocca per filare la lana.
Cibo e bevande.
L'indio è di una parsimonia veramente patriarcale. Durante i lunghi viaggi attraverso le Ande pittoresche osservate l'indio che vi accompagna con una gentilezza ed attenzione ammirevole: è l'ora di un breve riposo, il sole perpendicolare alla vostra testa e certi gemiti della umana macchina locomotrice dicono la necessità di rifornimento. L'Indio si getta per terra: apre il sacchettino che porta a tracollo. Non cercate pane, polenta, carne, formaggio, uova, qualche bevanda, no; poche manate di grani di mais, cotti nell'acqua semplice, divorate senza coltello e cucchiaio, con un appetito da cacciatori, vi diranno la sorprendente parsimonia di questo vostro preziosissimo amico di viaggio.
Alla sera pure ed al mattino, pochi ettogrammi di grani basteranno a saziargli la fame. Dategli un pezzettino di carne, gli avanzi di qualche dolce, e sopratutto un bicchierino di acquavite, e voi ne avrete fatto l'uomo più felice di questo mondo, l'uomo che durante il pericoloso viaggio vi assisterà con una fedeltà e intelligenza sorprendente.
Anche in famiglia il mais è la base del nutrimento: dal mais sopratutto l'indio prepara una bevanda molto alcoolica: la così detta ciccia, da non confondersi colla famosa ciccia dei Kivari. I grani di mais sono posti in acqua per 3 giorni; estratti, si lasciano germogliare sotto una stuoia. Incominciato il germoglio, si pongono a seccare al sole; poi, triturati in un mortaio, la grossolana farina, che se ne forma, si pone a bollire per alcune ore con acqua, zucchero greggio e sostanze aromatiche. Il liquido che ne resta si lascia raffreddare, si imbottiglia e, dopo una settimana circa, può esser servito come uno spumante delizioso.
In questione di bevande l'indio non va troppo pel sottile; ha una tendenza spiccatissima per l'alcoolismo, e quando può avere qualche piccolo risparmio in denari, difficilmente sa vincere la pericolosa tentazione: l'odore dell'acquavite lo trascina alla bettola e beve, beve, colla più grande voluttà, la velenosa bevanda che lo esalterà e che gli darà una vivacità di linguaggio, così insolita nei tempi di calma.
Oltre al mais, le patate, il lupino, le lenticchie e l'orzo sono parte importante della nutrizione. La carne ben raramente arriva alla mensa del poverello: se si eccettua qualche buon pezzo di maiale ogni tanto, e sopratutto qualche gustosa porzione di porcellino d'India, che cammina in tutte le capanne.
L'abitazione.
L'Indio non ama i grandi palazzi, non ha bisogno d'architetti nè d'ingegneri per la sua capanna, sopratutto nell'aperta campagna. Pochi tronchi piantati per terra, ricoperti di paglia o di fango, e tutto è pronto. Finestre? Nessuna. Caminetto per il fumo? Neppure. Come letti, alcune pelli di pecora e stuoie gettate per terra: le lenzuola sono un ingombro, una buona coperta di lana o di tessuto grossolano è sufficiente per ripararsi dal freddo. Alcuni piatti ed alcune pentole, ecco il patrimonio dell'Indio che è felice e non desidera di più, e rifiuta assolutamente altre comodità. Entrate in una di queste capanne sopratutto durante una escursione, e vedrete il candido, spontaneo sorriso di questi poveri figli del campo: vedrete le mamme gettarsi in ginocchio ai vostri piedi, e chiedere la benedizione, vedrete gli uomini robusti levarsi il cappello e baciare con vero spirito di fede la mano sacerdotale. Oh la benedizione del sacerdote è preziosa e ricercata come una manna celeste! Oh quante volte passando anche per le vie delle città, sopratutto i cari bambini vanno a gara a gettarsi ai piedi del sacerdote con le mani giunte e con un'effusione di bontà sincera!
Religione.
La religione dell'Indio è veramente grande, veramente sentita. Entrate in una qualunque delle chiese della Sierra, in giorno di festa durante le sacre funzioni, e vi sorprenderà il profondo silenzio e la profonda divozione con cui si assiste ai sacri riti.
Nel maggio e giugno scorso ho visto l'entusiasmo religioso di un popolo minacciato dalle terribili scosse di terremoto e il vivo fervore con cui ci celebrarono le imponenti feste del Sacro Cuore di Gesù. Dalle più remote pendici dei monti vicini discesero questi figli del popolo con candele, con piatti d'incenso fumeggianti; e uniti al fior fiore dell'aristocrazia fecero echeggiare nella città per ore ed ore le più commoventi note d'invocazione alla Vergine Ausiliatrice. Scene indimenticabili, scene commoventi, che dicono lo sforzo magnifico operato dai Missionari nei secoli passati, e che dice sopratutto la grande Fede patriarcale, conservatasi fino a questi giorni, malgrado l'estrema scarsezza di operai evangelici, che li possano avvicinare con più frequenza.
A questa scarsezza è dovuta la permanenza di qualche superstizione, isolata a qualche paesetto remoto e rilevata dai missionari Lazzaristi e Redentoristi, che con immenso sacrifizio cercano la pecorella smarrita nelle più inaccessibili contrade.
Dite a qualche indio che andrà all'inferno per suoi peccati e vi risponderà con sentimenti di fatalismo: - Se Iddio lo comanda che cosa dobbiamo fare? Il Signore disponga pure! - Oppure con tutta tranquillità si pacificherà, pensando che l'inferno è solamente per i bianchi!...
In qualche romita frazione non è difficile incontrare indii che raccolgano sassolini e li portino sulla cima del monte in onore dello spirito del monte, oppure altri che per impetrare da Dio la grazia di un felice viaggio pongano sassolini accanto ad un Crocifisso o un'immagine religiosa.
Resto del paganesimo è pure l'usanza, isolata, di dar da mangiare e da bere ai defunti; ed è ridicolo il costume vigente in qualche paese di castigare il Santo Patrono, interrandolo nell'arena, quando la siccità si prolunga, e di metterlo all'aperto, quando le pioggie non cessano.
(Continua).
Prof. D. CARLo CRESPI, Missionario Salesiano.
Raccomandiamo nuovamente di mandare tutte le offerte per le Missioni Salesiane al rev.mo Sig. Don Filippo RINALDI, VIA COTTOLENGO N. 32 - TORINO (9) - il quale regolarmente provvede che sieno assegnate e inviate a questa o quella determinata missione, quando viene indicato dagli Oblatori.
Bagliori di carità tra gli orrori della guerra nel Vicariato Apostolico di Shiu-Chow.
Dai primi mesi dell'anno scorso, nel Vicariato Apostolico di Shiu-Chow, nel Cuantung, in Cina, vanno succedendosi dolorose vicende guerresche.
Non è nostro compito il dar ragguaglio dello svolgimento dei fatti militari; ma sentiamo il dovere di segnalare la laboriosa opera di assistenza e di carità, che tra quelle travagliate popolazioni proseguono, notte e giorno, i nostri zelanti Missionari.
Scene di orrore.
La guerra prosegue implacabile - scrive Don Umberto Dalmasso - e le scorrerie delle truppe assoldate dai vari partiti in lotta gettano il terrore e il panico nella popolazione. Questa povera gente, costretta a sopportare un flagello, ormai troppo lungo e penoso, è piombata in uno stato d'animo sensibilissimo alla paura, di cui si può avere una pallida idea dalle scene che accadono al semplice annunzio dell'arrivo dei soldati.
Mi son trovato io stesso spettatore di scene raccapriccianti.
Pochi mesi fa, giungeva qui a Nam Yung un telegramma, annunziante l'arrivo dei nordisti battuti più al sud. Ebbene, si videro non poche madri, traversando il ponte sul PakKong, buttare nelle acque sottostanti i loro bambini di pochi mesi, quasi noioso fardello, che le impedisse di andar in fretta.
E dire che non v'era nulla di vero nell'allarme, perchè il telegramma aveva sbagliato il nome del paese!
Depredazioni e saccheggi.
Per ragioni di ministero - narra don Dalmasso - doveva recarmi ad un paesello sulla grande strada del Kiang-Si, dove lavora il nostro carissimo D. Bosio.
Avevo appena celebrata la S. Messa, che un'onda di cristiani e catecumeni si riversò nella missione cogli occhi stravolti e il terrore in volto, gridando: « I soldati! I soldati! Padre, salvaci le nostre case! ».
Uscii senz'altro con don Bosio per capacitarmi dell'accaduto: e vediamo, infatti, branchi di soldati in fuga gettarsi come lupi affamati nelle case, agguantare galline e anitre, sventrare porci, sfondare cofani e casse, frugare in ogni angolo.
Don Bosio da una parte ed io dall'altra con dignitose e franche parole tentiamo di distoglierli da quelle azioni poco cavalleresche, esigendo il rispetto pei nostri cristiani e facendoci forti della qualità di missionari europei.
Ad una povera vecchietta avevano rubato le galline e stavano tranquillamente cucinandole sotto gli occhi suoi, quando arrivai io. « La vostra azione è da ladri, esclamai, non da galantuomini. Pagate subito i danni! » Tentennarono, mi guardarono in faccia, trasognati d'incontrare della resistenza; ma visto ch'io non cedevo, pagarono e se ne andarono.
In un altro tugurio due vecchietti stavano cuocendo il loro pasto mattutino, quando arrivarono improvvisi i terribili ospiti, che si sedettero tranquillamente a tavola, come se fossero in casa loro. Giunsi a caso sulla porta, e in un'occhiata m'accorsi subito del disagio dei vecchietti, che se ne stavano mogi mogi in un angolo. « Posate tutto, e uscite! ». L'ingiunzione fu così energica, che, mogi mogi, un dopo l'altro, presero la porta senza fiatare.
Ma noi eravamo solo due e i soldati più di un centinaio, e, cacciati da una parte, saccheggiavano dall'altra.
Anche la nostra residenza fu presa di mira. Don Bosio giunse a tempo per sorprendere un soldato, che, quatto quatto, se ne usciva carico della pentola, delle stoviglie e anche del pranzo allestito per il missionario.
Ugual sorte toccava quel giorno alla residenza di Ciang Kong, più vicina al fatto d'arme. Anzi, se non avvenne una distruzione completa, lo si deve alla presenza di spirito di coloro che l'abitavano, i quali, dando l'allarme delle grandi occasioni, si misero a percuotere tamburi, pentole, piatti di rame e di bronzo, sollevando un fragore infernale; e lo si deve anche al coraggio di un vecchio, il quale, circondato da buoni fucilieri, intimò ai soldati di andarsene, perchè in paese abitava il Padre europeo.
Anche i pirati.
Quando scoppia la guerra civile - prosegue don Dalmasso - ed i soldati sono occupati nelle loro contese, sorgono come funghi i briganti, i quali si riuniscono in forti bande, che s'impongono con la violenza.
Le più temibili sono quelle ingrossate dai soldati disertori, che cercano un rifugio sulle montagne, armati di tutto punto.
Nelle loro operazioni e scorrerie, astuti al sommo, non mirano tanto al bottino immediato quanto alle persone: requisiscono le più facoltose e influenti, e non le rimettono in libertà se non dietro fortissimi riscatti.
Una grossa banda, di oltre 200, opera non lungi da un paese tutto cristiano, Fong Tong, e ne ha depredati parecchi altri vicino a Ciang Kong, nostra importante residenza, asportando una settantina di ostaggi.
Ebbi occasione di passare per le montagne in cui stavano annidati i pirati coi loro prigionieri, e caso volle che potessi parlare con uno di essi. Mi raccontò che avevano poco tempo addietro preparato un'incursione su CiangKong, e s'erano già messi in viaggio in duecento circa. Però, non ben pratici dei sentieri, sbagliarono direzione e vagarono tutta la notte, sicchè l'alba li colse affranti e sfiduciati. Di più il cavallo del capo-pirata aveva nitrito tutto il tempo, con pessimo augurio per loro superstiziosi. Quindi non proseguirono nella scorreria; ma non tornarono a mani vuote, perchè si gettarono su di un grosso mercato, svaligiandolo e riportandone 20 ostaggi.
E purtroppo, sovente, anche i nostri cristiani son loro vittime.
L'anno scorso ne requisirono uno di Fong Tong, mentre tornava dal mercato. Lo tennero prigioniero per oltre tre mesi, e siccome ritardava la somma del riscatto, gli tagliarono un dito, che inviarono al padre, insieme colla minaccia di fucilare il figlio, se i denari non arrivavano entro cinque giorni. E la povera famiglia, per radunare i 35o dollari occorrenti, dovette vendere quanto aveva, piombando nella più squallida miseria.
Altra volta presero di mira una famiglia pure cristiana. L'assalirono di nottetempo con spaventosi apparati, la derubarono e saccheggiarono senza pietà, e in fine misero tutto a ferro e fuoco. Due donne morirono per l'enorme spavento, tre uomini furono portati via prigionieri: e ci vollero ben 65o dollari per poterli riscattare!
" Come è bella la vostra Religione! "
Fra tanto sconvolgimento - scrive don Ernesto Foglio - giunse qui, a Yan Fà, come inviato dal cielo, il nostro caro D. Pasotti; così in due, facendoci coraggio a vicenda, potemmo compiere meglio la nostra missione di carità e di amore.
Per prima cosa cercammo di proteggere la popolazione dalle vessazioni militari: alcuni, infatti, per il nostro intervento poterono mettere in salvo le loro cosucce; tra gli altri, un bottegaio, che, già ammanettato e caduto nella panie di un graduato, doveva sborsare in contanti un forte riscatto.
Nei primi giorni della guerra comparve un individuo proveniente dal paese di fronte, al di là del fiume, dicendo che si poteva passare. Una quindicina di persone, fra cui il mio catechista, si misero in viaggio per ritornare al paese. « Iddio v'accompagni » dissi loro, e li benedissi. Non era passato un quarto d'ora, che fra l'incomposto vociare dei soldati a bivacco, sentii la voce del catechista che urlava: « Sin fu! Sin fu! » Accorsi subito e lo vidi sulla strada ferrata, in mezzo a un gruppo di soldati, legato mani, collo e braccia, come un malfattore. Il gruppo si andava sempre più ingrossando ed echeggiavano grida di morte. Piombai giù come un baleno, e imposi senz'altro di liberare il prigioniero che si trovava al mio servizio.
« Mai più! mi rispondono, è un pirata ». E in prova mi mostrano un pacco di caricatori con cartucce.
«Non le aveva lui, protestai; io lo conosco; non è un malfattore ».
Fiato sprecato! Da trenta i soldati erano diventati cento, e tutti imprecavano. Arrivò anche Don Pasotti; ma le proteste non servirono che ad infiammare gli animi. Caricano i fucili, e trascinano i disgraziati prigionieri, lontano, per la fucilazione. Senza sgomentarci ci rivolgemmo a Maria Ausiliatrice, pregandola ad aiutarci nel difficile momento. Ed ecco in buon punto due graduati, i quali, udite le nostre ragioni, arrestano l'esecuzione, e riferiscono ogni cosa al Comandante. E, il giorno dopo, avemmo la sorpresa non solo di veder sciolti dalle catene i nostri amici, ma di aver in casa lo stesso colonnello, a presentarci le scuse per il contegno tenuto dai soldati verso gli stranieri.
Il fatto destò molta impressione, e parecchi mormoravano: « Com'è bella la vostra religione, che infonde tanta carità e tanto coraggio! Senza il vostro aiuto, quei poveretti sarebbero stati fucilati ».
I nostri bravi Missionari compiono, in questo tempo, un'intensa propaganda della Nostra Santa Religione, non solo assistendo i moribondi, ricoverando e sfamando i fuggiaschi, ed aggirandosi di continuo a soccorrere e medicare i feriti, ma facendo anche, con i fatti, sempre meglio comprendere agli stessi cristiani i doveri e la bellezza della Dottrina di N. S. Gesù Cristo.
(Continua).
Relazione del Missionario Salesiano Don Bonardi dopo i sacrifizi ed un'intervista con un Bramino.
Ma-Durga, o Durga-Mai (madre terra), la violacea dea hindu dalle quattro braccia, che agitano lame e calici grondanti sangue; Durga la macabra, che ama ornarsi delle teste dei giganti da lei stessa uccisi, come d'altrettanti monili preziosi, continua ogni anno a reclamare da tutte le parti dell'India sangue novello, tanto tanto sangue, perchè solo di sangue è ingorda, e solo col sangue gli uomini possono propiziarsela (1).
Nel 1923 il gran giorno del sacrifizio - che è quello dopo il primo quarto della luna - cadde il 18 ottobre; il rito quindi aveva dovuto iniziarsí otto giorni prima, al novilunio, con la grande processione del Phulpati (fiori-foglie), per cui tutto il popolo hindù si reca con musiche e canti a raccogliere i fiori gialli dalla jungla, prima del levar del sole, per coronare il tempio e l'idolo di Durga, e segnare così il principio del digiuno dei Brahmini, i sacerdoti hindù.
Fu pure nello stesso giorno del novilunio che i Brahmini, scelta la località per la celebrazione della festa, presero a costrurre un tempio, di paglia e bambù, con un altare sormontato dalla statua di Durga e decorato di lame, coltelli, armi e fiori, per rimanervi in ritiro, un'intera settimana, notte e giorno salmodiando, offrendo incensi e doni, sonando i bronzi sacri e facendo un sol pasto al giorno.
E spuntò il giorno del sacrifizio.
Fin dal mattino, la verde conca prescelta pel rito va popolandosi di migliaia e migliaia di persone, tutta gente minuta: hindù, maomettani, Khassi, Synteng, Gurkha, - genuini credenti e semplici curiosi - formanti una grande fiumana che s'addensa, s'accavalla, straripa, vicino all'area che il sangue dovrà allagare, rattenuta a stento dai soldati Gurkha, cui è affidato il servizio d'ordine. Sullo sfondo grigio della massa spiccano i colori vivacissimi degli abbigliamenti delle donne hindù, che per la circostanza hanno tolto dai cofani domestici quanto hanno di meglio: e sullo scarlatto e sul violetto e sul verde delle sete preziose brillano i ricami magnifici, e le orecchie e le targhette tricuspidi attraversanti il setto nasale, e margheritine e rose di perle infilzate nelle nari, e le collane e i braccialetti e gli anelli ai piedi e il largo disco d'oro cesellato sul capo. Tutto sfolgora e brilla sotto i raggi di un sole bruciante.
Lo spiazzo pel sacrificio non è molto vasto: e sono in esso, profondamente fissi nel suolo, sei grossi pali prismatici, rozzamente scolpiti e dipinti, e recanti su ogni superficie una faccia, due lame incrociate e un tridente; sono l'immagine della dea, ed ogni anno un nuovo palo viene aggiunto agli antichi, cui nessuno più osa toccare.
Dietro all'idolo fumano incensi e canfore frammezzo a tre piatti intessuti di foglie e contenenti riso crudo, frumento che comincia a germogliare, e del « til », sorta di seme nero, da cui si ottiene olio - i tre vegetali ritenuti puri e santi e che, conseguentemente, hanno virtù di purificare e render santi - mentre, tra i minerali, un solo, l'oro, è tale. Fanno bella mostra due grosse zucche oblunghe, sostenute da quattro stecchi che, grossolanamente, hanno l'apparenza di quadrupedi. Davanti alle sei travi divine è una depressione del suolo, dentro la quale saranno decapitati i buffali; un po' discosto sono gli steccati pei sacrifizi dei capri; ai lati due tende da campo, l'una a comodo dei magnati hindù, l'altra per le persone europee; nella gloria dell'azzurro e del sole sormontante un bambù altissimo, sventola, irrequieta e viva come una fiamma, una bandiera rossa, triangolare.
Mentre l'affluire delle turbe continua, dai brahmini vengono compiuti gli ultimi preparativi. Uno passa di recinto in recinto a tracciare, con sabbia bianca e rossa, una stella sul posto esatto ove avranno a sacrificarsi i montoni, e con un fiore giallo prende della mistura purificante e asperge. Un altro reca per tutto l'anfiteatro un vaso di foglie contenente ciò che i Gurkha chiamano « sindhur », cioè una poltiglia scarlatta ottenuta con polvere vegetale; e con essa tinge la fronte dei fedeli che ancora non avessero avuto cura di farlo, ricevendone in cambio dei « salar » cordiali. Un terzo sorveglia le purificazioni e i lavaggi delle vittime immolande, mentre il Brahmino capo impartisce, a sua volta, le ultime istruzioni ai sacrificatori; ed una squadra di Gurkha, caratteristici per la testa rasa e il codino all'apice della nuca, adorni di larghe collane di fiori gialli, regolano la moltitudine degli offerenti, che accorrono con le vittime.
Sono le undici: si è già iniziata la danza al suono dei tamburi e al canto delle nenie, quando un colpo di cannone e una scarica di fucileria annunciano che s'incomincia il sacrificio. Alle due zucche viene asportato con una lama il cocuzzolo: quindi il primo buffalo, riluttante, è forzato a piegare il collo dinanzi alla dea; e, quando, immobile nella posizione voluta, ha ricevuto dal gran Brahmino l'aspersione di rito, l'immolatore, con una gran daga, vibra il colpo fulmineo. La testa si stacca netta dal tronco: e due fiumi di sangue fiottano sul suolo tra l'applauso delle masse e lo squillare delle trombe: la dea ha gradito: il sacrifizio è riuscito perfetto!
Se la testa del buffalo fosse rimasta anche per una fibra sola attaccata al corpo, l'immolazione avrebbe irritato Durga e attirato sugli astanti le sue divine vendette: e si sarebbe visto tutto il popolo scagliarsi sull'inetto sacrificatore, a bruttargli il viso di sangue e di fango, discacciandolo lontano con imprecazioni e grida, quasi provocatore di pubbliche sciagure.
Sorridente, il gran sacerdote s'avanza, verso l'immolatore, ritto in posizione d'attenti, lordo di spruzzi sanguigni, con la daga grondante, levata in alto: e col solito fiore giallo gli asperge la nuca - segno di benedizione e riconoscenza popolare; - e cede il posto a uno dei magnati hindù, perchè avvolga attorno al capo del sacrificatore un turbante candido, simbolo di gloria.
Altrove, invece, in tali occasioni succede una scena ben ributtante. I sacerdoti di Durga, estenuati pel lungo digiuno, e cupidi di propiziarsi la dea, non appena l'immolatore abbia vibrato il colpo, si lanciano, come cani famelici su quelle teste stroncate, le afferrano e tracannano quel sangue caldo e fiottante, disputandone fin l'ultima goccia per quanto pur numerose siano le vittime offerte; e così, ignudi e briachi, si esaltano, si contorcono convinti che il più esaltato e briaco tra essi è l'invaso dallo spirito di Durga.
Nella stessa guisa, un per uno, i diciassette buffali maschi, offerti quest'anno alla dea, pagarono il loro tributo cruento sotto la daga del sacrificatore, e riuscirono tutti sacrifizi perfetti. Le teste vennero allineate alla sinistra dell'idolo, e i corpi trascinati lontano.
Dopo i buffali fu la volta dei capri, cui pure vennero recise le teste per mani sacerdotali.
Compiuto in tal modo il sacrificio solenne e ufficiale, a un cenno del Brahmino capo, cominciò quello famigliare e individuale; e il grande anfiteatro verde della collina si convertì in un attimo, in un'immensa macelleria. Ognuno aveva un capretto, o un'anitra, o una gallina, o un paio di colombi da immolare; ed eccoli, tutti, a tirare colli, a tagliar teste, a spruzzare di sangue la terra, e a lanciare il capo troncato nel recinto del tempio, o correre alle proprie abitazioni per spruzzarne il limitare colle ultime goccie del sangue immolato.
Non restava altro che di toccare tre volte il fuoco sacro della dea che il brahmino reca tutt'intorno all'accampamento ed aspirarne il fumo purificante; e per tutto l'indomani portare appiccicati alla fronte quanti più grani di riso crudo ognuno possa, in segno di benedizione e di pace, scambiandosi vittime e doni, tra amici per rinsaldare i vincoli dell'affetto, tra i nemici per distruggere gli antichi rancori; e un convegno ancora, tra musiche ed inni, per incendiare col fuoco sacro il tempio manufatto e i resti della festa; e tutto ebbe termine. Così anche per quest'anno, Durga-Mai, sazia di sangue, sarà propizia alle genti!
Ah, dinanzi a quel carnaio scomposto di vittime decapitate, al cospetto di tutto quel sangue che il sole non tardò a corrompere con acri esalazioni, come ci si trova a disagio, e volentieri si torce lo sguardo, e con che cuore, credetela, con che cuore si benedice il Signore per averci chiamati alla vera Religione!
Quanti milioni di povere creature umane nascono, vivono e muoiono, così, lontane dalla Fede, senza che possano anche solo sospettare dove sia la luce, quantunque cerchino, attraverso i riti macabri del sangue, di propiziarsi quel Dio che non reputano Padre amoroso, ma crudele carnefice!
Quanto sei bella, o religione di Gesù, che dai tuoi fedeli non pretendi effusioni cruente, ma con la candida Ostia di pace, per le caste effusioni dell'amore, propizi agli uomini Iddio e rendi monde le anime!
Shillong (Assam), Orfanotrofio S. Antonio.
SaC. PAOLO BONARDI Missionario Salesiano.
(1) La teologia Hindù narra delle quattro grandi incarnazioni di
Durga, madre terra, nelle corrispondenti epoche (jug), che prendono i nomi di
Sita jug, Dwapanjug, Tritya jug, Kali jug, e nelle quali la dea vien chiamata
coi nomi di Sita-Mai, Durpata o Durga-mai, Tulsi-Mai, Kalika-Mai, o
semplicemente Kali-Mai.
Per Durga è costume l'incarnarsi di quando in quando in questo o in quell'altro
essere: un giorno fu vaga d'incarnarsi in una vacca: ragione per cui gli hindù
onorano quest'animale, che può girare ovunque, impunente libero, (anche nelle
grandi città come Calcutta) sicuro che ognuno gli cederà il passo e gli offrirà
cibo.
È pur esposto nei libri sacri hindù come in antichissimi tempi la dea si fosse
incarnata per far strage dei giganti che popolavano la terra, e uno per uno li
andasse decapitando; ma quando s'accorse che dal sangue dell'ucciso sorgevano
altri giganti in gran copia, produsse centinaia di Dovi (dee), che l'aiutassero
a bere il sangue colante dal capo reciso dei giganti, sicchè non nacquero più,
ed essa riuscì a sterminarli quasi tutti...
L'età nostra corrisponderebbe alla quarta ed ultima epoca delle incarnazioni,
finita la quale, Durga distruggerà il mondo per fabbricarne un altro migliore!
Nel Santuario di Torino
il 24 del mese, si compiono speciali funzioni in onore di Maria Ausiliatrice. Al mattino ha luogo la messa della Comunione generale, seguita dalla Benedizione Eucaristica - alla sera, alle 20, un'ora di adorazione predicata, e sono particolarmente i divoti di Valdocco, che con vivissima fede accorrono alle devote funzioni. Vogliano i buoni Cooperatori e le pie Cooperatrici unirvisi in ispirito.
GRAZIE E FAVORI (*)
Quanto è buona Maria Ausiliatrice!
Era il 3o agosto, una giornata splendidissima, nonostante il caldo eccessivo e asfissiante, certo precursore (in queste regioni equatoriali) di forti uragani vespertini... Tuttavia, ormai abituate a questi sbalzi di clima, non avremmo mai sognato alcunchè di sinistro, quando, in men che non si dice, ecco scatenarsi un furiosissimo acquazzone, tra lampi e tuoni...
Due delle nostre buone aiutanti, insieme con una consorella, stavano lavando, attorno a un grosso barile, appoggiato a una colonna di legno, all'estremità della modesta casetta... La suora invita le ragazze al canto del Magnificat quasi a scongiurar la tempesta... ed ecco, allo scoppio fragoroso e all'abbagliante scintillio di una folgore, è gettata stramazzone e inerte al suolo una delle ragazze, mentre la suora, come pazza, corre precipitosamente gridando: « Muoio!... muoio!... »; e tutto è pervaso da una nube asfissiante... tutto crolla e sconquassa e: « Maria Ausiliatrice!... si grida unanimi: Auxilium Christianorum!... ».
Quale spavento!... Il fulmine era caduto al fianco della ragazza, gettandola al suolo tutta elettrizzata e mezzo morta... riducendo in polvere il grosso barile, spaccando senza pietà la robusta colonna... rovesciando parte del muro della nostra casetta... riducendo in frantumi il bel vetro della nostra Cappella... bruciando tutta intiera la folta chioma di una palma superba... precipitando, in fine, nelle acque del fiume sottostante.
Oh, bontà di Maria!... Oh, prodigio dell'Ausiliatrice nostra!... Senza il Tuo braccio potente, oggi nella nostra umile casetta, invece del Te Deum di ringraziamento, si udirebbe il triste salmodiar del De Profundis.
Grazie a te, o pietosa Ausiliatrice,... grazie, o Celeste Regina... Magnificat anima mea Dominum... Ecce enim beatam me dicent omnes generationes
S. Gabriel (Rio Negro) 3o agosto 1923.
Suor ANNETTA MASERA,
Direttrice delle Figlie di Maria Ausiliatrice..
« ASSIDUO LETTORE DELLE GRAZIE DI MARIA AusILIATRIcE... ». - Soffrivo da lungo tempo un grave male allo stomaco, che mi impediva la regolare digestione, e ostinatamente mi produceva l'insonnia. I medici, con tutte le risorse della scienza, non sapevano pronunziarsi, quando in. ottobre il male si aggravò talmente da fare disperare della mia guarigione.
Fu allora ch'io, assiduo lettore delle grazie di Maria Ausiliatrice narrate nel Bollettino, con viva fede ordinai a miei che cominciassero la novena del Ven. Don Bosco, promettendo che avrei inviato un'offerta, se entro un breve termine fossi guarito. Dopo i primi giorni della novena potei gridare al miracolo, perchè ero guarito completamente: e ne rendo pubbliche grazie a Maria Ausiliatrice e al Ven. Don Bosco.
Caltanisetta, 31 dicembre 1923.
Angelo Sillitti.
« AVREI PUBBLICATO LA GRAZIA, E MI SAREI ACCOSTATO AI SS. SACRAMENTI ». - Da due anni circa avevo un'escrescenza al petto che aumentava sensibilmente, ma non ne facevo caso. Qualche mese fa incominciò a farmi male e dovetti presentarmi ai medici, i quali la dichiararono un tumore; e fatto un primo taglio, mi dissero che erano profonde le radici, e che l'operazione era incerta. Padre di dieci figli, mi rivolsi coni fede a Maria Ausiliatrice, e la pregai di cuore, promettendo. che se guarivo, avrei fatta pubblicare la grazia, e mi sarei accostato ai SS. Sacramenti all'altare di Maria SS. Ausiliatrice. L'operazione ebbe un felice esito, ed ora mi trovo completamente ristabilito.
Ringrazio di cuore Maria Ausiliatrice, e mantengo le promesse, aggiungendo anche un'offerta.
Foglizzo Canavese, 24 gennaio 1924.
Galenca Giuseppe fu Pietro.
« PREGAI MARIA AUSILIATRICE CHE LO VEGLIASSE!... ». - Con l'anima vibrante della più intensa gratitudine rendo pubblica la seguente portentosa grazia ottenuta per l'intercessione di Maria SS. Ausiliatrice.
Dello spaventoso disastro del Gleno fu vittima anche il mio unico figlio, Grassi Giulio, dimorante a Corna. Travolto dall'onda furente, per ben quattro ore lottò con la morte, finchè venne estratto semivivo dal pantano. Egli pregò la Madonna, ed io, conosciuta la disgrazia e impossibilitata a recarmi da lui, con la fede più ardente pregai Maria SS. Ausiliatrice perchè lo vegliasse e lo salvasse. Non fu insensibile la Consolatrice degli afflitti all'invocazione angosciosa di una mamma, e potei riabbracciare salvo il mio caro figlio, ed oggi adempio la promessa fatta di rendere pubblica la preziosa grazia ottenuta dalla misericordia di Maria.
Schilpario, 29 dicembre 1923.
Grassi Marina.
« GLORIA ED ONORE A MARIA AUSILIATRICE ».
Da sei lunghi mesi una malattia del sistema nervoso travagliava la mia esistenza cagionandomi inaudite sofferenze, che si andavano acuendo sempre più. Nell'ultima fase della malattia i dottori, dopo aver escogitato tutti i mezzi che la scienza suggeriva, dichiararono che, se non mi si portavano a Torino in una clinica, ogni speranza di salvezza era perduta.
Era però necessario che io acquistassi un po' di forza per poter sopportare il lungo viaggio, mentre l'estrema debolezza mi teneva come incatenata a quel letto di dolore e ogni giorno sentivo che la mia vita si spegneva. Buon per me che mi fu suggerito di ricorrere a Maria Ausiliatrice con una novena e la promessa di pubblicare la grazia. Oh, quale fortuna! Nella seconda metà di febbraio dello scorso anno si compì il miracolo, perchè mi sentii tanto meglio che le forze mi permisero di andare a Torino, dove un'esatta cura mi portò alla completa guarigione.
Gloria ed onore a Maria Ausiliatrice, sempre prodiga di aiuto e di conforto ai bisognosi che con fede ardente l'invocano.
Saliceto (Cuneo).
Sismondi Amalia.
GRAZIE, GRAZIE, o AUSILIATRICE DEI CRISTIANI! - La mia cara sorella Teresa, nell'estate scorso fu colpita da un grave malessere, che neppure i più valenti professori sapevano definire. Un nervoso crudele per tutto il corpo la travagliava e non le dava tregua, nè giorno, nè notte; la poveretta soffriva indicibilmente da circa un mese, e mai si notava un po' di miglioramento, anzi, si aggravava sempre più. Il caso era disperato, a detta dei dottori; e noi si viveva in continua trepidazione, nel timore di perderla, o di averla lesa nel cervello... Feci e feci fare una fervorosa novena a Maria Ausiliatrice, e la mia fiducia in sì buona Madre fu tanta che strappò la grazia dal suo cuore pietosissimo. La cara sorella è guarita, e con me e con la mia famiglia rende pubbliche grazie alla potente Regina, pregandola a continuare la materna protezione ed invia tenue offerta.
Cassolnovo, 24 dicembre 1923.
Sartorio Natalina in Mazzini.
Ottennero pure grazie da Maria SS. Ausiliatrice e alcuni, pieni di riconoscenza, inviarono offerte per la celebrazione di Sante Messe di ringraziamento, per il Tempio erigendo a Gesù Adolescente e alla Sacra Famiglia, per le Missioni Salesiane, o per altre opere di Don Bosco, i seguenti:
A) - A. M., Abbà Palmira, Alasia Vittoria, Alessiato Teresa, Aliverti Giuseppina, Allara Maria, Allemand Pietro, Amprinio Jolanda, Ansaldi Giovanna, Arbizzoni Luigia, Anselmi Colomba, Antolini Luigia, Astori Maria in Lena, Atzori Tarsilla, Audisio Teresa, Avanzato Franco, Avanzato Giovanni, Avesani Silvia in Zampieri.
B) - Bajo Maria, Balbo Luigi, Baldo Giuseppe, Baralis Elena, Barba Margherita, Barbareschi Erminia, Barmatte Adelaide, Basadonne Angela, Basso Maria, Bavagnoli Virginia, Begliatti Teresa, Benetti d. Giovanni, Beretta Domenica, Berlato Cecilia, Bertolo Giovanni, Bettoni Cont. Teresa, Bianchi Giuseppe, Bianchi Rosa, Bianco Luigia, Bibolini Jole, Biga, Elena in Semerari, Bigotti Domenico, Binello Maria, Blanc Giuseppina, Bletton Elisa, Boaglio Giovanna, Boccagni Teresa, Bodrito Guido, Boero Giuseppina n. Garassino, Bonetto Evasio, Boni Laura, Bontempi Maria, Bordogna Giuseppe, Bosi Caterina, Bottero Bartolomeo, Brovelli Flaminia, Brughelli Filomena, Bruni Eugenia, Burderi Adele, Busacca Emilia, Busello Paolina in Settili.
C) - C. M. R., C. T., Cabiati Annibale, Calcagno Giuseppe, Caldera Eusebia, Camerlengo Giustina, Campora Luigia in Mombello, Candiano Gaetano, Cannonero Luigi, Cantù Elena, Capriolo Margherita, Carlino Antonio, Carlino Maria, Carrera Luigia e famiglia, Cassi Rita, Castellini Francesco, Castellani d. Enrico, Cattaneo Maria, Cavada Margherita, Cebrelli Sabina, Cerrato Fiorindo, Chasseur Zita, Chiesa Carolina, Cicero Teresa, Circolo D. Gio. Bosco di Chieri, Cocilovo Filippa, Colasanti Giacomina, Colarini Amalia, Colombo Giovanna, Comba Teresa, Cominelli Marianna, Combi D. Angelo, Conati Virginia, Coni Anna, Coniugi Girardi, Consoli Anna, Contarini Antonio, Conterio Domenica, Corana Giacomo, Cordara Ida, Cordier Cav. Mario, Coriasso Torino, Corradini Leopolda, Costenaro Mansueto, Covi Suor Annetta, Cucchietti Gabriella, Cucco Lucia, Cugliandolo.
D) - D. A., Danese Isolina, De Blasi Cesario, De Col Elvira, Del Mastro Angelo, Delù Laura, Demarchi Giuseppe, Denardo d. Giovanni, De Paoli Adele, De Scalzi Virginia, Direttrice Asilo Infantile di Mede Lomellina, Divizia Amelia, Dolci Camilla in Palazzi, Dolia Marianna in Giusta, Donnina suor Maria, Dottorini Ida. '
E) - E. R., E. V. C., Ella Raffaele, Endrizzi d. Giuseppe.
F) - Faccio Poldino, Famiglie Cristofolini-Gilmozzi, Ebi, Omodei; Fantoni Amelia, Favero Giuseppina, Ferrari Emma in Gridi, Ferrari Can. Ferdinando, Ferraro Giuseppe, Ferrero Luigi, Ferrero Santina in Frascarolo, Ferri Assunta, Fin Gaetano, Fobelli Pio, Fournier Martino, Fracchio Maria, Franceschini Mario, Frascarolo Santina, Fratelli Bonetti, Gasparello, Fratus Lina, Frigerio Francesca.
C) - G. C., G. M., Gado Vincenza, Gagliardi Giuseppe, Galbusera Maria, Galenca Giuseppe, Galimberti Ebe, Gallea Giuseppina, Gallea Valentina, Gallo Ercole, Gallo Ermelinda, Gallo Giovannina, Gallo Michele, Gandolfo Carolina, Garassino Celesta, Garattini Andrea, Ga rattini Iotinizza, Garelli Caterina, Garrone Margherita, Germano Domenico, Ghione Avv. Giovanni, Giacola Elisa, Gillino Fiorenza, Gillio Teresa, Giovanella Carmelina, Girardengo Domenica, Giussani Giuseppina, Giusti Maddalena, Grassi Elvira, Grassi Marina, Grasso Placido, Gravier Emilia, Gress-Spinelli, Gruaglio Beatrice, Guardone Giovanni, Guiffrey Coniugi.
J) - Job Filomena, Jacomuzio Innocenta.
I) - Immordino Giovannina, Inguaggiato Giuseppina in Lo Faso, Invernizzi Margherita, Isola Angela.
L) - Landriani Maria, Lanfranco Teresa, Laterzi Angela, Lazzaroni Famiglia, Lazzuti Giuseppe, Lepori Teresa, Lodi Francesco, Lombardi Attilio, Lonzani Battista, Lugani Palmira.
M) - M. A., M. A. G., M. C., M. G., M. M. di La Morra, M. M. di Schio, M. M. M. di Torino, M. M M. di Volvera, M. N., M. Maria, Macor Angelina, Maggi Rita, Marabini Bice in Bertocchi, Marchesi Alessandro, Marchetti Francesco, Marchiando Rosa, Marengo Antonia, Marino Angela, Mariotta Giovanna, Marocco Teresa, Mastalli Maddalena, Matteotti Giovanni, Mazzini Maria, Medda Francesca, Menozzi Nicolò, Messino dott. Luigi, Milanesio Emilia, Milano Giuseppina, Minsolo Dino, Monaldo G. B., Monti Giuseppina, Monti Armando, Morelli Virginia, Monticone Silvio, Mortera Agnese, Moschetta Antonio, Motto Ala, Mura Cav. Raffaele, Mutti Clara, Muzzarelli Enrichetta in Corbelli.
N) - Nai Agostina, Nardi Ferdinando, Nardoni Giuseppe, Natoli Avv. Biagio, Navone Emilia, Negrini Ottavia, Nicoli Faustina,
0) - Olivieri Ernesta, Olivieri Gino.
P) - Pacaccio Michele, Pacati Giovanni, Pagan Ofelia, Pagliano Michele, Panzaraso Gaspare, Parravicini Prof. Achille, Pan Rosalia, Pavese Felicina, Penna Maria, Perotti Maria, Pesce Benedetto, Petitti Orsola, Pezzotta Teresa, Piana D. Luigi, Piglia Luisa, Pilla Teresa, Piras B., Polgatti Erminia, Polli E., Poltroneri d. Pietro, Poltroneri Giovanni, Ponteprimo Giovanni, Ponti Enrichetta, Porro Teresa, Pramotton Canonico, Prandi Caterina in Giordano, Pretonari Giovanni, Preziotti Maria, Provera Luigina.
Q) - Quaglia Anna, Quartiroli Savina.
R) - R. A., R. O., R. R., Regazzoni coniugi, Reinaudo Edvige, Renzi Bina, Resta Pierina, Restagno Anita, Rieletta Ester, Riolfi Maria, Rizzi Luigia, Roatta Giovanni, Robino Elvira, Robino Teresa, Roccati Maria, Rogatti Teresa, Rossi Angela, Rossi Carolina, Rossi Pasqualino, Rota Amalia, Rota Margherita, Rovetta Maria in Silva, Ruffo Camillo.
S) - S. L., S. M., S. P. C., Sabatini Armida, Sala Maria in Calcina, Sangiorgi d. Michele, Sanneris Can. Michele, Santanchè Adele in Costa, Santirelli Giuditta, Santuz Antonio, Saronni ch. Luigi, Sartorio Natalina in Mazzini, Sattamino Serafina, Scarone Clelia, Scarsi Guido, Schillaci d. Giuseppe, Seria Rosaria, Serra Maria, Serrantini Francesco, Sgro Marietta, Signorino Luigia, Sillito Angelo, Soglio Lidia, Sorelle Rampazzi, Spadaro Stella in Calcagno, Spreafico Caterina, Stefani Olga, Stefani dott. Stefano, Steri Maria, Sterla Natalia, Suppi Pierina in Pagani.
T) - Terzago Ginseppe, Tissoni Eredi G., Togni E., Tomassone Giovanili, Torchio Maria, Toso D. Celeste, Travaglia Giuseppe, Trazzi Maria, Trecarichi Giuseppe, Tricerri, Bartolomeo, Trotta Erminia, Truffi Carla, Tucci Michele.
V) - V. C., Vacchina Venerina, Vanzan Giovannina, Vanzetto Giacomo, Vassallo Maria, Vercellone Antonio, Veronese Adelaide, Verra Caterina, Vidale Valentino, Villani Suor Maria Grazia, Villa Antonietta, Violardi Giovanni, Vivan Giovanna in Silvestrini.
Z) - Zafferi Sorelle, Zeri Elisabetta.
X) - N. N. di Avigliana, Bardonecchia, Bricherasio, Buffalora, Boissano, Bosconero, Brusson, Campodolcino, Canton Ticino, Carpeneto, Finalborgo, Forni di Sotto, Macerata, Modena, Montemerlo, Napoli, Pontestura, Ravenna, Rivarolo Canavese, Torino, Verres, Vignale Monferrato.
Ogni giorno fate vostra l'intenzione assegnata agli ascritti all'Apostolato della Preghiera; e il 1° venerdì del mese, sacro al Cuore di Gesù, e il 24, sacro a Maria SS. Ausiliatrice, raccomandate anche l'intenzione speciale qui proposta.
INTENZIONI PER IL MESE DI MARZO 1924.
Intenzione quotidiana:
« LA CONSACRAZIONE DELLE FAMIGLIE AL SACRO CUORE ».
È dovere d'ogni cristiano cooperare efficacemente al trionfo sociale di N. S. Gesù Cristo. Non ripetiamo nel Pater: « Adveniat regnum tuum? » Se vogliam davvero che Gesù Cristo regni nella Società, cominciamo a farlo regnare nei nostri cuori e nelle nostre famiglie: consacriamole ufficialmente al suo Cuore divino: e zeliamo e propaghiamo questa consacrazione, non solo con l'esempio, ma anche con la parola e con la preghiera.
Per il 1° venerdì e il 24 del mese:
« LA CAUSA DI BEATIFICAZIONE DI DOMENICO SAVIO ».
Il 9 marzo si compiono 67 anni dalla preziosa morte di questo Servo di Dio. La sua glorificazione sarà la più significativa illustrazione del Sistema educativo del Ven. D. Bosco, e il più forte stimolo per la nostra gioventù specialmente, a studiare e ricopiare i virtuosissimi esempi del pio alunno dell'Oratorio Salesiano.
INTENZIONI PER IL MESE DI APRILE 1924.
Intenzione quotidiana:
« I CAPI DI STATO E I LORO GOVERNI »
Pregare per i Reggitori della cosa pubblica è stato sempre in uso nella Chiesa Cattolica, la quale insegna che ogni autorità viene da Dio; ed è doveroso oggi specialmente, attese le gravi condizioni dei tempi. Chi non vede le molteplici difficoltà dell'ora che volge, e, di conseguenza, le responsabilità maggiori dei Capi di Stato e dei loro Governi? Preghiamo, adunque, e con fede, il Cuore Sacratissimo di Gesù, nelle cui mani sono anche i cuori dei Re e di tutti quelli che comandano, ad illuminarli e a dirigerli con la sua grazia!
Per il 1° venerdì e il 24 del mese:
« LA CAUSA DI BEATIFICAZIONE DEL SERVO DI DIO DON MICHELE RUA (+ aprile 191o) ».
La vita di Don Rua fu tutta consacrata a D. Bosco. Per amore di perfezione comune a tutte le anime sante e la potente attrattiva che esercitò sull'anima sua l'anima di Don Bosco, Don Rua mortificò, modificò, rinnegò il suo carattere per ricopiare quello di Don Bosco, di cui, più d'ogni altro, riuscì ad assimilare e ad inculcare lo spirito. Per questo la sua Causa di Beatificazione è per noi la più importante, e sarà anche la più gloriosa dopo quella del Venerabile Fondatore.
La consacrazione di Mons. Munerati.
Ebbe luogo, per indulto del S. Padre, il giorno stesso della festa di S. Francesco di Sales, nella Basilica del S. Cuore di Gesù in Roma.
Per la solenne circostanza il nostro Rettor Maggiore si fece rappresentare dal rev.mo dott. D. Arturo Conelli, Economo Generale della Pia Società. Vollero esser presenti all'augusta cerimonia anche i parenti del consacrando, ed elette Rappresentanze della diocesi di Volterra, e di Verona, e di Mantova, dove Monsignor Munerati compiè parte dei suoi studi.
A queste si aggiunse una vera folla di spiccate personalità romane, legate a Mons. Munerati da vincoli di amicizia e ammirazione. L' « Osservatore Romano » ricordava:
S. Ecc. Monsignor Riccardo de Samper, Maggiordomo di S.S., Monsignor Palica, Arcivescovo di Filippi e Vice-gerente di Roma, Monsignor Zonghi, Arcivescovo di Colossi e presidente dell'Accademia dei Nobili Ecclesiastici, Monsignor Cossio, Vescovo eletto di Loreto e Recanati, Monsignor Peruzzo, Vescovo ausiliare eletto di Monsignor Vescovo di Mantova, il conte Capello e signora, Ministro Plenipotenziario del Nicaragua presso la S. Sede, Monsignor Borgia della Segreteria di Stato, Monsignor Pini, Assistente ecclesiastico Generale della Società della Gioventù Cattolica Italiana, Don Montini, Assistente Ecclesiastico del Circolo Universitario Romano, con una larga rappresentanza del sodalizio, il senatore Montresor, il comm. Alessandri, il cav. Rosa, l'Abate Pierami di S. Prassede, l'Abate Ferretti dei Benedettini, i Padri Garagnani e Barbera S. J., il P. Panizzardi Procuratore Generale dei Giuseppini, l'on. Micheli, Monsignor Bernasconi, Monsignor Nardone, Monsignor Bressan, Dott. Campilli, Monsignor Biasiotti, Don Pizzocolo, P. Manna delle Missioni Estere di Milano, P. Piccardo Superiore Generale dei Figli di S. Maria Immacolata di via del Mascherone, P. Zamparelli Procuratore Generale dei Somaschi, e tutti i Procuratori delle Congregazioni e degli Ordini religiosi di Roma, con una larga rappresentanza delle Suore di Maria Ausiliatrice.
« Consacrante - prosegue l'Osservatore Romano fu Sua Eminenza il Cardinale Giovanni Cagliero: conconsacranti, Monsignor Rossi, Assessore della S. Congregazione Concistoriale, già Vescovo di Volterra,, e Monsignor Rosa, Arcivescovo di Perugia.
» La cerimonia, diretta dai cerimonieri pontifici Monsignori Tani e Dante, riuscì solenne e commovente.
» Commoventissimo il giro che il novello Vescovo ha fatto per la Basilica, benedicendo. Oltre la cerimonia in se stessa, la figura del consacrato, così nota, circondata di tanta stima e di tanto affetto, il pensiero dell'onore nuovo che viene alla fiorente Congregazione a cui appartiene, portarono al più alto grado i sentimenti che dominavano tutti i cuori, e molti cigli si videro bagnati di lagrime.
» Sopratutto in preda a vivissima commozione era il fratello di Monsignore, che doveva curvarsi a sfogare la piena del pianto.
« A dare anche maggiore lustro alla cerimonia concorse la parte musicale, diretta dal bravo maestro Don Antolisei.
» Dopo la funzione, folla di gente circondò in sacrestia il novello Vescovo, e sopratutto gli studenti Universitari romani fecero al loro Assistente Ecclesiastico una dimostrazione, vibrante di entusiasmo ».
Il 30 gennaio Mons. Munerati venne ricevuto in privata udienza da S. S. Papa Pio XI, che l'accolse con somma amabilità paterna, ed ammise alla sua presenza anche il Rappresentante del nostro Rettor Maggiore, i parenti di Monsignore e le Rappresentanze di Volterra, di Verona e di Mantova, confortando tutti dell'Apostolica Benedizione.
Monsignor Dante Munerati nacque a Bagnolo S. Vito, provincia e diocesi di Mantova, il 12 ottobre 1867. Entrò nella Società Salesiana, dopo aver compiuto gli studi liceali, il 9 novembre 1889, e vestì l'abito chiericale per piano di Don Rua l'8 dicembre 1890. Salì al sacerdozio il 17 dicembre 1894. Dottore in S. Teologia e in ambe Leggi, Procuratore della Pia Società dal 1910, era anche Consultore di varie S. Congregazioni e Membro della Commissione per l'interpretazione del Codice di Diritto Canonico.
Il nuovo Procuratore Generale.
A succedere a Mons. Munerati, come Procuratore Generale dei Salesiani presso la S. Sede, venne nominato il rev.mo DON FRANCESCO ToMASETTi, Ispettore delle Case Salesiane di Roma, dell'Umbria, del Lazio e delle Marche, dottore in S. Teologia, e Consultore della Sacra Congregazione dei Seminari e delle Università degli Studi.
Il nuovo Procuratore, nato a Talamello, nella Diocesi di Montefeltro, il 2 aprile 1868, entrò nell'Oratorio Salesiano di Torino il 15 ottobre 1881, vestì l'abito chiericale nella Pia Società l'11 ottobre 1885 per mano del Ven. Don Bosco, e fu ordinato sacerdote da Mons. Cagliero il 2 ottobre 1892. Dopo di essere stato per due anni segretario particolare del Servo di Dio Don Michele Rua, fu inviato all'Estero, e precisamente nel Belgio, ove risiedette alcuni anni per importanti mansioni. I nostri migliori auguri!
La beneficenza negli Istituti salesiani.
A quando a quando, vengono pubblicate brevi o diffuse monografie delle nostre case, nelle quali, a base di cifre, è documentata la beneficenza compiuta a favore della gioventù, sugli esempi di Don Bosco. Preghiamo vivamente i sigg. Direttori a volere, in questi casi, inviare con cortese sollecitudine due copie di tali pubblicazioni alla Redazione del «Bollettino Salesiano », per poterne far cenno conveniente.
L'Istituto Salesiano di Bologna.
Una di queste monografie, accurata e diffusa, è quella pubblicata dall'Istituto Salesiano di Bologna, appunto al compiersi dell'anno 25° dalla fondazione dell'Istituto, in un elegantissimo fascicolo di 11o pagine, ricco di illustrazioni e di scritti, tra cui la Cronaca della Casa.
Questa - osserva l'Avvenire d'Italia - «sembra narrata solamente per mettere in bella luce la carità cittadina, lasciando nell'ombra (è un salesiano che scrive) la parte larghissima di lavoro e
di sacrifizi, messavi generosamente dai buoni figli di Don Bosco.
» Ma codesta somma di ignorate e quotidiane prestazioni di carità, collettiva e personale, apparisce poi, senza bisogno di commenti, a chi esamini con giusto amorevole criterio la parte del fascicolo contenente la « Statistica e Resoconti dell'Istituto ... dal 1898 al 1923 ». Sono prospetti accuratissimi e sopratutto (ciò che non sempre si incontra in tal genere di pubblicazioni) sopratutto sinceri. I Salesiani non nascondono nulla, ed hanno, si può dire, la casa di vetro.
» Le tabelle ci dicono, anno per anno, quanti furono gli alunni interni, inscritti nei singoli laboratorii-scuole e nelle singole classi di studio; e le varianti del diagramma e i confronti possono suggerire più di una considerazione.
» V'è una tabella degli Orfani, cui, dal 1916 in qua, s'aggiunge pure la colonna degli Orfani di guerra. Cifre eloquenti: sono 2025 gli orfani provenienti dalla città, dalla provincia, pochi da altrove, e 175 i figli dei caduti, a cui l'opera di Don Bosco a Bologna ha dato il pane della vita e quello dello spirito.
» Nè meno persuasivo è un altro prospetto, dove si distinguono gli alunni secondo il contributo, maggiore o minore o nulla affatto, ch'essi dànno per il proprio mantenimento. Son ben 916 fanciulli tenuti gratuitamente (in media 36-37 per anno), per non dire di quelli che vi stettero a meno d'una lira al giorno, anche in tempo di guerra, e degli altri, moltissimi, che nel dopo guerra e ancora al presente non passano di molto la diaria d'una lira e d'una lira e mezzo. Davvero vi sta bene l'intestazione: Le cifre della beneficenza.
» L'effetto di tali condizioni è nelle tabelle comparative dell'Attivo e del Passivo di ciascun anno, dal 1898 al 1923. Fedelmente, esattamente, vi si quotano, a parte a parte, le entrate provenienti dagli alunni, e a fronte, in due totali, il fabbisogno di spese per il vitto e il mantenimento di essi, e, si noti, di essi soli. Non vi sono computate le altre spese: quelle del personale e della casa stessa.
» Orbene, le cifre del Passivo (anche così soltanto calcolato) sono costantemente superiori all'Attivo; e la differenza varia dalla metà ai due quinti e giunge raramente ad un terzo. Un terzo formidabile quando, per es. nel 1920-21, si sta fra un attivo di L. 170.1oo e un passivo di 223.222,50, mentre l'anno seguente la differenza è tra 228.550 e 302.303,55, cioè il deficit annuale sale da 53.000 a 73.753, e poi a 79.688 nell'anno corrente. Son lacune scoraggianti, bilanci da fallimento, ove non intervenisse la mano caritativa della beneficenza.
» A tutt'oggi sono, sommando le cifre, lire 757.963,55 di passività, che dunque furono erogate esclusivamente in favore dei giovani più poveri, dei quali 916 mantenuti gratuitamente. E se, come soglion fare i compilatori di statistiche, si divide la cifra per il numero complessivo degli alunni (4831), ne viene un deficit di L. 156,70 all'anno per ogni alunno, che l'Istituto ha dovuto sempre integrare altrimenti.
» Anche le cifre, aride come sono, possono avere una parola. E qui ne hanno più d'una.
» Per esempio, che i Salesiani non mettono mai in conto quel che essi dànno, e dànno pure se stessi interamente, senz'altro compenso che la speranza del premio etermo.
» E poi, che la carità di Bologna, mutando forma, non ha, per grazia di Dio, mutato di fervore; e se dapprincipio contribuì, come il bel fascicolo ci narra, generosa e rapida all'erezione dell'Istituto Salesiano, dappoi ed ora silenziosamente e a piccoli fiotti lo continua a sostenere, in modo che tra esso e il cuore dei nostri concittadini sia sempre mantenuto il sacro scambio della carità e della riconoscenza.
» E il pensiero che sgorga dalla lettura del bel volumetto, col quale s'illustra tanta parte e un così bell'aspetto dell'azione salesiana e dell'anima bolognese».
Ad onore di S. Francesco di Sales.
Nella-Basilica di Maria SS. Ausiliatrice in ToRINO, nella solennità di San Francesco di Sales pontificò alla messa e ai vespri S. E. Mons. Giovanni Gamberoni, Arcivescovo di Vercelli, e disse il discorso il Teol. D. Edoardo Carossia. S. E. Mons. U. Rossi, Vescovo di Susa, il 2 febbraio tenne la conferenza ai Cooperatori e, il giorno dopo, il panegirico del Santo, nella Chiesa di San Giovanni Evangelista.
A PINEROLo il Vescovo Mons. A. Bartolomasi prese parte alla festa celebratasi nell'Istituto
Orfani di guerra » a Monte Oliveto; e nel pomeriggio, nella chiesa di S. Donato, disse una splendida conferenza sull'apostolato di Don Bosco.
A FossANO, la solennità si svolse assai divota nella chiesa di S. Giorgio, con gran concorso di fedeli, la partecipazione del Collegio Civico e l'intervento di Mons. Travaini.
Ad IVREA quest'anno diede un carattere più solenne alla festa celebratasi in città la partecipazione dei numerosi aspiranti missionari dell'Istituto Card. Cagliero, i quali si recarono mattino e sera alle sacre funzioni, celebratesi nella chiesa di S. Maurizio, ed assistettero nell'Oratorio S. Giuseppe a una conferenza missionaria con proiezioni.
A PISA, nella chiesa di S. Eufrasia, grande affluenza ai SS. Sacramenti, alla predicazione del prof. don Panichelli, e a tutte le sacre funzioni, celebrate dal direttore e dal condirettore dei Cooperatori, Mons. Zucchelli e Mons. del Pino.
Ai PIANI DI VALLECROSIA (Bordighera), come sempre, rese più cara la divotissima festa il venerando Mons. Daffra, Vescovo di Ventimiglia, cui tutta la popolazione con a capo il nuovo corpo musicale, istituitosi or ora in quell'Oratorio festivo, improvvisò una cordiale dimostrazione.
A CAGLIARI si celebrò, come di consueto, nella chiesa di S. Antonio, mercè lo zelo del direttore diocesano Mons. Mario Piu; e il Dott. Don Barra tenne la conferenza su Le nozze d'oro delle Missioni Salesiane.
A SANTU LUSSURGIU (Cagliari), triduo e festa solennissimi per l'entusiastica partecipazione degli alunni dell'Istituto Salesiano, i quali eseguirono, a tutte le sacre funzioni, scelta musica sacra.
Particolarmente solenne la festa celebratasi nella Basilica del Sacro Cuore di Gesù in ROMA con la consacrazione di Mons. Munerati, compiuta dall'E.mo Card. Cagliero.
Nella stessa Basilica si adunarono, per la quarta volta, a festeggiare S. Francesco di Sales, i giornalisti e pubblicisti cattolici di ROMA. Quest'anno, in omaggio all'Enciclica « Rerum omnium perturbationem », colla quale il S. Padre Pio XI° dichiarava Patrono della stampa cattolica S. Francesco di Sales, il numero degli intervenuti fu assai cospicuo, dando alla riunione un profondo significato. Mons. Ferretti, Vescovo di Poggio Mirteto, celebrò la S. Messa, distribuì la S. Comunione a parecchi dei presenti, e pronunciò un elevato discorso sulla missione della stampa, commentando l'Enciclica Pontificia e rilevando gli esempi di S. Francesco di Sales, che seppe dignitosamente difendere la fede cattolica dagli attacchi avversari con fermezza, carità, ed abnegazione. I convenuti umiliarono al S. Padre un telegramma di devozione e fedeltà agli insegnamenti della Chiesa, ed il Sommo Pontefice rispose inviando una speciale benedizione apostolica e ricordando l'amore e la concordia che devono informare ogni santo ideale.
A VENEZIA l'Eminentissimo Card. Patriarca benedisse il gagliardetto della Sezione Aspiranti del Circolo Salesio al Patronato Leone XIII di Castello, presenti illustri amici e benefattori dell'Opera; e il prof. don Annibale Giordani tenne la conferenza ai Cooperatori nella chiesa del SS.mo Salvatore.
Anche a FIUME la festa di S. Francesco di Sales richiamò all'Oratorio Salesiano una folla di devoti, che, nonostante le loro strettezze, vollero dare il loro obolo per l'Opera di Don Bosco, riconoscenti ai benefizi che ne ricevono i loro figli. Presiedette le funzioni religiose l'Ecc.mo Amministratore Apostolico Mons. Sain. Predicò Mons. Luciani, Direttore dei Cooperatori di Trieste.
Il 26 dicembre, nell'Orfanotrofio di Beitgemal s'inaugurava la Pia Opera di Santo Stefano, approvata dal S. Padre nel giugno u. S.
La festa fu preceduta da una cara funzione, celebratasi la sera di Natale, nella quale otto giovinetti scismatici, convenientemente preparati, abiuravano i loro errori e venivano ricevuti nel grembo della Chiesa Cattolica, e la mattina seguente ricevevano per la prima volta la Santa Comunione dalle mani di S. E. Mons. Barlassina, Patriarca Latino di Gerusalemme, che celebrò la S. Messa per tutti gli alunni dell'orfanotrofio.
La messa solenne fu cantata dal P. Maurizio Gisler, l'infaticabile illustratore di S. Stefano e del suo glorioso Sepolcro. Quindi vennero esposte le reliquie del S. Protomartire, opportunamente inviate a Beitgelmal dal nostro confratello Don Angelo Rocca, insieme con un altro reliquiario contenente preziosi frammenti delle sacre ossa dei SS. Gamaliele, Nicodemo e Abibone, ottenuti dalla Curia Arcivescovile di Pisa, nel cui Duomo si conservano i loro corpi.
Nel pomeriggio S. E. il Patriarca disse il panegirico del Santo, rilevando la provvidenziale coincidenza della scoperta del suo sepolcro in questi giorni, in cui la fiamma dell'odio è ancor viva nella povera umanità. Quindi impartì la benedizione eucaristica, e i fedeli s'accostarono a baciare le preziose reliquie.
La bella giornata si chiuse con una semplice, ma affettuosa accademia, presenziata dallo stesso Patriarca, che rimase a Beitgemal tutta l'ottava per dettare un triduo in onore di S. Francesco di Sales a chiusura del terzo centenario della sua morte.
In conformità allo Statuto della Pia Opera, dal 26 dicembre al 2 gennaio fu applicata per i soci una messa quotidiana, e d'ora innanzi, il 26 d'ogni mese, sarà celebrata una S. Messa, seguita dalla benedizione e accompagnata da speciali preghiere. Questi ed altri preziosi favori godono gli iscritti al pio Sodalizio, che vuol essere un centro di culto e di opere buone « allo scopo di propagare fra il popolo l'idea del perdono cristiano e la pratica piena della carità, anche verso i nemici, sull'esempio del Protomartire, che morì pregando per i suoi uccisori ». Torniamo a raccomandar vivamente la Pia Opera di S. Stefano, a quanti amano di vedere il trionfo della pace di Cristo nel regno di Cristo.
Le iscrizioni si ricevono presso l'Orfanotrofio Cattolico di Beitgemal (Gerusalemme) e presso il Rettor Maggiore dei Salesiani, Via Cottolengo, 32 - Torino (9).
(1) Ved. Boll. di settembre u. s.
In Italia.
* LE NUOVE SCUOLE PROFESSIONALI DI VERONA. - Il 2 febbraio dello scorso anno, festa della Purificazione, si iniziavano a Verona i lavori per la costruzione delle nuove Scuole Professionali Salesiane. Per undici mesi diverse squadre di operai lavorarono ininterrottamente. E il 2 gennaio di quest'anno, festa del Santo Nome di Gesù, veniva abbattuto lo steccato di cinta, ed il bell'edifizio, ideato dall'arch. prof. Mario Ceradini, apparve nella pienezza della sua forma artistica, sobria nelle linee architettoniche, e nel tempo stesso elegante. In alto, sul fianco destro della facciata, domina la statua di Maria SS. Ausiliatrice, arra sicura di grazie e benedizioni a coloro che continueranno il loro appoggio morale e materiale alla nuova opera.
* NEL SANTUARIO DEL SACRO CUORE AL VALENTINO DI CASALE MONFERRATO, frequentato quotidianamente da molte anime, pie, la notte di Natale si celebrò una divotissima veglia eucaristica. Il tempio era gremito di fedeli, e il numero delle sante comunioni, sopratutto di giovani e di uomini, fu consolantissimo. Per accondiscendenza del Comandante del Presidio militare, ebbero il permesso di partecipare alla funzione religiosa anche i soldati, che in folto gruppo, fra l'edificazione dei presenti, si accostarono ai SS. Sacramenti, guidati dai soci del locale Convegno Militare.
* COMMEMORAZIONE DI DON Bosco. - Ad iniziativa della sezione di coltura del Circolo giovanile « Giovanni Bosco » di San Severo delle Puglie, la domenica 27 gennaio venne commemorato il 36° anniversario della morte del nostro Venerabile Fondatore, presenti i giovani dei circoli cattolici della città, e numerosi amici ed ammiratori. Oratore fu il nostro Don Visconti, che prendendo lo spunto dal motto della Gioventù Cattolica Italiana, dimostrò come nella vita del Venerabile la preghiera, l'azione, il sacrifizio furono le forze vive, che lo resero abile strumento nelle mani di Dio.
* UN TRIONFO DELLA CARITÀ A TRIESTE. - Per la festa dell'albero del Natale, convenivano all'Oratorio Salesiano di Via dell'Istria tutte le autorità religiose, civili e militari. Vennero distribuiti ai giovani più assidui 200 vestiti completi ed altri 300 premi in capi di biancheria, maglie, berretti, scarpe, calze, ecc., donati dai benevoli e generosi amici dell'Opera Salesiana. Il Comandante del Corpo d'Armata, S. E. il Gen. Vaccari, al termine della festa visitò tutti i locali, la palestra, le sale dei circoli Don Bosco e Domenico Savio, esprimendo in fine, il suo compiacimento per il bene, che si compie dall'Oratorio.
* CASA-PENSIONE DELLE FIGLIE DI MARIA AUSILIATRICE AI BAGNI DI MONTECATINI. - Fin dal 1921 le Figlie di Maria Ausiliatrice, in Montecatini-Bagni (Prov. di Lucca) hanno aperto una Casa-Pensione per comodità delle Signorine, Suore e Signore, cui occorre la cura di quelle acque.
Il tempo di cura comincia all'aprirsi degli Stabilimenti delle Acque - aprile e maggio - e termina al 31 ottobre. - Per domande e schiarimenti rivolgersi alla Direzione dell'Istituto Maria Ausiliatrice - Via Scannavini - MontecatiniBagni (Lucca).
All'Estero.
* CARE NOTIZIE DA BOGOTÀ. - L'Opera salesiana di Bogotà continua a raccogliere abbondanti frutti di benedizione, a testimonianza di molte illustri persone. Ricordiamo - per tutte - il Nunzio Apostolico, Mons. Roberto Vicentini, il quale dopo aver visitato il Collegio Salesiano ha scritto sull'Albo dei Visitatori queste parole:
« J. M. J. - Quest'accolta di giovani, intenti al lavoro con la letizia di chi è conscio dei suoi doveri e sicuro dei suoi diritti, mi ha fatto ancora una volta pensare che l'opera meravigliosa del Venerabile Don Bosco, recando il soffio cristiano alle prime manifestazioni dell'umana attività, risolve inizialmente e armonicamente tutti i problemi della vita individuale e collettiva. Superiori ed alunni salesiani, speranze della Chiesa e della patria, vi saluto e vi benedico. »
* PER I LEBBROSI. - Il 24 ottobre u. s. dopo molte difficoltà felicemente superate, nel lazzaretto di Caño de Loro (Colombia) si inaugurarono gli ospedali destinati a raccogliere i lebbrosi più abbandonati. Mons. Pietro Brioschi, Arcivescovo di Cartagena, accompagnato dalle autorità, benedisse i locali fra la soddisfazione e il giubilo generale. La cerimonia era stata preceduta da un triduo di missione, predicato dal direttore della casa salesiana di Barranquilla, che raccolse abbondanti frutti. Le Sante Comunioni dei lebbrosi superarono il centinaio.
* Nuovo TEMPIO IN ONORE DI MARIA SS. AUSILIATRICE a Cartago nella Repubblica di Costarica. - E il primo tempio che s'innalza a Maria Ausiliatrice in quella repubblica. Iniziato nel 1893 e già condotto felicemente a termine, nel terremoto del 4 maggio 1910 andò dolorosamente distrutto. Furono ripresi i lavori per desiderio unanime, ed attraverso a molteplici difficoltà, venne nuovamente ultimato. E in istile gotico. Nel centro del presbitero s'innalza un altare in marmo bianco di Carrara, sormontato dalla statua di Maria Ausiliatrice. Solennissime le feste inaugurali.
* NUOVO SANTUARIO AD ONORE DI MARIA AUSILIATRICE. - Come ringraziamento a Maria SS. Ausiliatrice per i favori e le grazie elargite alle Missioni Salesiane della Patagonia fin dal loro nascere, a Fortin Mercedes è stata iniziata l'erezione di un santuario votivo. I lavori, sorretti unicamente dalla carità delle anime buone, sono giunti al tetto, e nello scorso novembre il tempio era coperto. Non è ancora compiuto, manca del campanile, dell'intonaco e degli ornamenti decorativi: tuttavia è già meta di pii pellegrinaggi. Il 4 novembre u. s, circa 400 persone vi si recarono da Bahia Blanca, Viedma, Patagones, Stroeder e Villa Lunga. Era il XII° pellegrinaggio patagonico.
* S. M. IL RE DI SPAGNA e LE SCUOLE PROFESSIONALI DI SARRIÀ-BARCELLONA. - Le Scuole Professionali Salesiane di Sarrià (Barcellona), più volte premiate in esposizioni nazionali ed estere, ultimamente parteciparono all'Esposizione Internazionale del mobiglio, tenutasi a Barcellona, occupando un apposito padiglione. E con ammirazione della Giuria e del pubblico competente, riportarono la più alta distinzione, il gran premio. Il Re stesso, Sua Maestà don Alfonso XIII, volle consegnare al Direttore delle scuole l'alta onorificenza, accompagnandola con parole di compiacimento e di elogio per l'alto posto che le scuole professionali salesiane hanno conquistato nel campo dell'educazione cattolica e nazionale.
S. E. Mons. VINCENZO BACCHI. - Vicario Generale dell'Archidiocesi di Bologna, ed Ausiliare degli Arcivescovi Svampa e Della Chiesa, e dal 1912 Vescovo di Faenza, nel lungo ministero pastorale, col fascino della dottrina e di un'esemplare mitezza, seppe imprimere vigoroso impulso all'azione cattolica ed acquistarsi il consenso generale del clero e del laicato. Era noto fra gli studiosi come cultore esimio di studi danteschi e tomistici; ma sopratutto per la generosa carità d'animo verso gli umili, profonda rettitudine, ed operosità singolare. Dall'E.mo Cardinale Svampa aveva appreso un affetto particolarissimo per l'opera salesiana.
Marchese prof. ALESSANDRO CORSI. - Dotto e ardente studioso e diffonditore, del pensiero cristiano, insegnante di Diritto Internazionale a Macerata, a Pisa, e, in fine, all'Università Cattolica di Milano, non fece mai mistero della sua fede profonda. Una delle sue gioie più care fu quella di potere, nel 1921, presentare i delegati al Congresso di Diritto Internazionale, venuti da ogni nazione, al Papa, allora Benedetto XV, come al più Augusto Interprete dei principi di giustizia e di umana fratellanza. Dell'opera di Don Bosco era amico e ammiratore sincero e affezionato, e gliene preghiamo dal Signore premio condeguo.
Rag. STEFANO MILANESIO. - Uomo di retti propositi, di fede sincera ed aperta, diede all'azione cattolica torinese tutta la sua attività. Da molti anni era a capo di numerose opere cattoliche, e si è spento ancor giovane, confortato da una speciale benedizione del Santo Padre.
ADELE NICOLA BACCHELLA. - Zelante cooperatrice salesiana, modello di bontà e di carità, coronava la santa vita con i meriti di una penosa malattia, sopportata con mirabile rassegnazione e serenità cristiana. Al consorte e ai congiunti l'assicurazione di particolari suffragi.
SANDRONE GIUSEPPE. - Ex-allievo affezionatissimo del Ven. Don Bosco, e per molti anni proto della tipografia salesiana di Torino, fu tra i primi a dar il nome all'Unione Ex-Allievi dell'Oratorio Salesiano, che servì di modello ed ispirazione a tutte le associazioni dei nostri Ex-allievi. Si spense, serenamente, dopo lunga malattia, il 30 gennaio u. s.
Mons. PAOLO MAULE. - Canonico onorario e professore di teologia nel Seminario di Vicenza, era anche direttore diocesano dei nostri Cooperatori. Volò a Dio per improvviso malore, compianto da tutti. Una prece!
Signorina AMALIA MUSSITA. - Modello di virtù cristiane, da Caravaggio volò al cielo dopo lunga malattia, a raccogliere il premio delle sue opere buone. Conobbe il Ven. Don Bosco, confidò a lui la sua coscienza, fece suo il motto « Lavoro e preghiera », e, come potè, beneficò sempre le Opere Salesiane.
ACuTIs Emerenziana, † a Castelrosso (Torino). ADDA Domenica, † a Pavone Canavese. ALBINI SALVI Teresa, † a Montebello (Forlì). AMERIO Luigi, † a Cortanze (Alessandria). ANSELMO Carlo, † a Murisengo. ARESE Marianna, † a Fossano (Cuneo). BACCHIEGA Domenico, † Villamarzana (Rovigo). BALESTRERO Michele, † Mignanego (Genova). BARUFFALDI Teresa, † Ivrea (Torino). BERRINO Secondino, † a S. Michele d'Asti (Aless.). BERTA Marianna, † a Coassolo (Torino). BIANCHETTA Giuseppina Franceschino, † a Salassa. BIASOLI Giuseppina, † a Cocquio (Como Bisio Carlo, † a Castelferro (Alessandria). BOERO D. Domenico, † a S. Damiano d'Asti. BOGGIO Erminia, † a Mosso S. Maria (Novara). BOGGIONE Anna, † a (S. Maurizio) Conzano (Ales.). BONACINA Suor Agnese, † a d'Alzano Maggiore. BoNELLO Vitale, † a d'Asti (Alessandria). BORGHESIO Marianna, † a Rivarossa (Torino). BosoNETTI Edmondo, † a Sampeyre (Cuneo). BURZIO Maddalena, † a Pralormo (Torino). BUSANI Luigia, † a Borgo S. Donnino (Parma). Bussi Chiafredo, † a Falicetto (Cuneo). CADUFF Rodolfo, † a Milano.
CAMMARADA D. Giuseppe, † a Salerai (Trapani). CANEPA Angela, † a (S. Maurizio) Conzano (Aless.). GAREGGIO Marietta, † a Castelrosso (Torino). CARERA Irene, † a Rancio di Lecco (Como). CASTINO Maurizio, † a Castelnuovo Calcea (Aless.). CASULA Antonio, † a Villanova Monteleone (Sass.). CAVALLETTI Cav. Dott. Primo, † a Bologna. CAZZOLA Giov. Batt. † a Savona (Genova). CERCHI Caterina, † a Dorgali (Sassari). CEVOLI Ottavio, † a Cattolica (Forlì). CHIAFFREDO Ricchiardi, † a Sampeyre (Cuneo). CHIESA Giuseppina, † a Bernal (Argentina). CIPRIANO Margherita, † a Quincinetto (Torino). COLLOREDO D. Alberto, † a Belgrado di Varno. COLOMBERI Guglielma ved. CLARI, † a Sampeyre. CONTO Irene, † a S. Giusto Canavese (Torino). CoRINO Maria, † a (S. Maurizio) Conzano (Aless.). COSTA Bertagna Ernesta, † a d'Arignano (Torino). DE-BARBIERI Eugenia, † a Torino. DE-FILIPPI Margherita, † a Frabosa Soprana. ECCHELI Maria ved., † a Lavis (Trento). FABRICio Giov. Maria, † a Clauzetto (Udine). FERRAUDI Giuseppe, † a Riva di Chieri (Torino). FORNARA Antonio, † a (S. Stefano) Borgomanero FROLA Biagio, † a Montanaro (Torino). GALLO Cristina, † a Caroglio (Cuneo). GALLuccio Antonietta, † a Galatina Lecce. GAMALERI Francesca, † a Castelferro (Alessandria). GAMBA Caterina, † a Riva di Chieri (Torino).
GANDINI Giov. Batt., † a Castelferro (Alessandria). GANDoLFO D. Giacomo, † a Borgoratto. GARDELLA Angela † a Mornese (Alessandria). GAZZABIN Ferruccio, † a d'Arzignano (Padova). GAZZANIGA Maria, † a Gerno (Milano). GENONI Luigi, † a Sacconago (Milano). GERMANO Placido, † a Murisengo (Alessandria). GIACCHETTI Ved. Orsola, † a Pavone Canavese. GIAMMINOLA Carolina, † a Oleggio (Novara). GIANOTTI Carlo, Felice e Pietro, † a Piano (Asti). GIORGINI Avv. Giovanni, † a Pisa. GIRaRDI Ved., † a S. Didero (Torino). GIUPPONI Giuseppe, † a Camerata Cornelio. GRANDIS Vivalda Clara, † a Borgo S. Dalmazzo. GRIBAUDO Domenica, t a Torino. GROSSO Margherita, † a Montalenghe (Torino). GUADAGNINO Crocefissa, † a Sammatino (Caltan.). GUADAGNINO Giuseppe, t a Sammatino (Caltan.). GuBETTA Teresa, † a Rimella (Novara) GuERRINI Battista, † a Vertova (Bergamo). HONORATI March. Francesco, † a Iesi (Ancona). IRENE Ved. CAMPORINO, † a Castelnuovo Calcea. LAGUZZI D. Dalmazzo, † a Castelferro (Alessan.). LAMBERTENGHI Nobil. Maria, † a Sondrio. LAVAGNO Federico, † a S. Maurizio (Alessandria). LEPAGNEY Suor Giuseppina, † a Torino. LERDA Pierina Ved., † a Torino.
LOMBARDI Marianna, † a S. Quirico (Grosseto)., LUCCHINI Elisa, † a Gorzone (Brescia). LUSSO Giuseppe, † a Castelrosso (Torino). MAGENTA Olga, † a Pieve Cairo (Pavia). MANCOSU Maria, † a Siddi (Cagliari). MARATTI Faustino, † a Lumezzane S. Apollonio. MARCHISA Carlo di Pietro, † a Fubine. MARTELLI Emilia, † a Genova. MARTINA Felicina, † a (Cuneo) Cornegliano d'Alba MASSA Teresa, † a S. Ilario Ligure (Genova. MASSUCCO D. Antonio, † a Pocapaglia (Cuneo). MAZZARELLO Simone, † a Mornese. MAZZARELLO Stefano, † a Mornese. MAZzI Annunziata, † a Palagnedra (Svizzera). MAZZOLENI Giuseppina, † a Olginate (Como). MAZZURRI Felice, † a Torino. MINELLI Lucia, † a Poirino (Torino). MORELLO Maddalena, † a Fenis (Torino). MOTTA Mons. Aurelio, † a Vercelli (Novara). MoTTA Virginia Ved. BOLLA, † a Carcare (Genova). Musso Amalia, † a d'Andora (Genova). NEGRI Orsolina, † a Varallo Sesia (Novara). NEGRONI Giacomo, † a Vigevano (Pavia). NICOLA Adele, † a Torino. NICOLA BACCHELLA Adele, † a Torino. NoRis CHIORDA D. Alessandro, † a Grassobbio. OMODEI Giovanna, † a S. Damiano d'Asti. ORMEZZANO Tersilla RIvETTI, † a Mosso S. Maria. ORSENIGO Giulia Ved. ACQUISTAPACE, † a Cantù. OTTELLO Rosa fu Giuseppe, † a Pavone Canavese. PACCAMILLI Elvira Ved. BRAGHINI, † a Ferrara. PANE Ferdinando, † a Fubine (Alessandria). PAOLETTI Maria, † a Follina (Treviso). PASCHETTA Laura Ved. † a Cavallermaggiore.