PERIODICO MENSILE DEI COOPERATORI DI DON BOSCO
I ANNO XLIV - N. 11 NOVEMBRE 1920
SOMMARIO
Dopo l'8° Congresso Internazionale: - Comitati d'azione salesiana.
"Salviamo la gioventù": „Dispute" o „gare di catechismo" - Pratici suggerimenti per promuovere „dispute" o "gare di catechismo".
L'inaugurazione del Monumento a Domenico Savio in Mondonio d'Asti.
Il Santo Padre e i Salesiani di Vienna.
L'Opera di Don Bosco nel Paraguay e la nuova Missione nel Ciaco Paraguayo.
La morte di un altro Missionario Salesiano in Cina.
Dalla Patagonia: - Attraverso il deserto - Un congresso di Indii -- I bisogni delle Missioni Salesiane.
Scuole pratiche di agricoltura. - „Rivista d'agricoltura".
Il Culto di Maria SS. Ausiliatrice - Pel 24 corrente - Solenne incoronazione di Maria Ausiliatrice a Roma - Echi delle Feste Titolari - Grazie e graziati.
Fatti e detti di Don Bosco: - XIX) „Ho unito le mie preghiere alle vostre".
Echi dell'inaugurazione del Monumento a Don Bosco.
Note e Corrispondenze: - L'Em.mo Card. Cagliero - Tra i figli del popolo - Notizie varie: in Italia: all'Estero.
Necrologio: Cooperatori e Salesiani defunti.
REDAZIONE E AMMINISTRAZIONE - VIA COTTOLENGO, 32 - TORINO
Comìtati d'azione salesiana
Dal rev.mo sig. Don Albera, nostro Superiore Generale, furono definitivamente approvate le Norme pratiche per l'organizzazione dei Cooperatori e l'azione loro locale, che erano state presentate all'8° Congresso Internazionale, tenutosi a Torino lo scorso maggio. È un fatto questo assai importante, che va convenientemente illustrato.
Il pensiero di Don Bosco intorno al Cooperatori Salesiani.
Il Ven. Don Bosco, nel fondare l'Unione dei Cooperatori Salesiani, intese di suscitare un mezzo pratico per giovare al buon costume e alla civile società. Infatti egli si determinò di unire i buoni cattolici in un sol pensiero e un solo lavoro per promuovere la propria e l'altrui salvezza, dando loro questo programma : « Coadiuvare la Chiesa, i Vescovi, i Parroci, secondo lo spirito della Pia Società Salesiana, con opere di beneficenza, catechismi, educazione di fanciulli poveri e simili»; e non è facile dire il bene che già riuscirono a compiere con questa traccia, semplice, pratica, apostolica - cioè senz'altra mira che di fare del bene - innumerevoli persone dell'uno e dell'altro sesso, in ogni parte della terra.
Senonchè l'ammirazione per il nuovo apostolato che Don Bosco aveva suscitato nella Chiesa, e il bisogno e il desiderio che si affermasse sempre più a salute di molte anime, fecero sì che i Cooperatori, che preferissero appoggiare direttamente le Opere Salesiane, fossero subito più di quelli che ne traessero stimolo a ricopiarne l'azione nei propri paesi. Eppure il Venerabile, nel cuor suo di apostolo, anelava di più ad allargare il bene, che a moltiplicare i benefattori. Egli era certo, per l'esperienza che n'aveva fatto in Torino, che alle Opere iniziate, quando ne fossero ben conosciute le sante idealità, non sarebbero mai mancati i benefattori; e quindi, quantunque abbia dovuto spendere gran parte degli ultimi anni in cerca di denaro per il mantenìmento di poveri orfanelli e per far fronte alle spese enormi, cui andava incontro col suscitare nuove opere, in realtà egli bramava assai di più, e lo dichiarò formalmente più d'una volta, che si moltiplicassero piuttosto gli imitatori dell'azione salesiana.
Quanti poveri fanciulli, andava pensando Don Bosco, oltre quelli che sono raccolti nelle nostre case, domandano educazione e assistenza! Chi può, pensi ad essi, li avvicini e li avvii per il sentiero della virtù... Quante tenere anime, se manca loro la buona parola nell'età opportuna, voltano le spalle alla casa di Dio, e non vi pongono piede per tutta la vita!
Che cos'è mai l'Oratorio, esclamava il Venerabile altre volte, che cos'è l'Oratorio con i suoi ottocento o mille ricoverati? che cosa sono le altre nostre case, con trentamila o quarantamila alunni... di fronte al bisogno in cui si trovano milioni di tenere anime, redente dal sangue di Gesù Cristo ?
A perciò necessario moltiplicare il bene, moltiplicando i lavoratori.
Ecco il lavoro dei Cooperatori.
Ai Cooperatori adunque l'8 Congresso Internazionale ben a proposito ha raccomandato di ricopiare il lavoro dei Salesiani a favore della gioventù, e ne ha loro tracciato praticamente le norme. Quando questo voto sia largamente raccolto, sarà molto maggiore il bene che si verrà facendo secondo lo spirito di Don Dosco. Diceva egregiamente, in vero, il relatore del 1° Tema, il prof. D. Alessandro Luchelli, Ispettore delle Case Salesiane del Piemonte, che per questo l'8° Congresso dei Cooperatori Salesiani avrebbe fatto epoca nella storia della
Pia Unione; e che il 1920, più ancora che per lo splendore delle feste con le quali si volle inaugurato il Monumento di Don Bosco, più che per l'entusiasmo col quale si svolsero i Congressi degli ex-Allievi dei nostri Istituti e delle ex-Allieve delle Figlie di Maria Ausiliatrice, sarebbe rimasto memorando per l'impulso dato alla Cooperazione Salesiana.
Intendiamoci...
Ma nel venire a così importantissima deliberazione, si è tenuto conto di due criteri, ai quali, praticamente e universalmente, si era informata fin qui l'azione dei Cooperatori.
Primo: non tutti i Cooperatori son chiamati a questo nuovo lavoro, il quale non è quindi necessario per l'acquisto delle Indulgenze, concesse dalla S. Sede ai membri della Pia Unione. Un cooperatore, che, con preghiere o con elemosine, per sè o per altri favorisce le Opere della nostra Pia Società, è sempre, secondo il concetto del Ven. Don Bosco, un buon Cooperatore. Di conseguenza, l'azione di cui si tratta, sia essa individuale o collettiva, resta affidata ai Comitati d'azione salesiana, formati di Cooperatori che hanno capacità, volontà e tempo di LAVORARE secondo il programma della Cooperazione Salesiana.
Secondo:, nei paesi ove sorge una nuova Casa Salesiana, finchè essa non abbia raggiunto il necessario sviluppo, è dovere dei Cooperatori il consacrar ad essa tutta la loro azione, individuale e collettiva.
Venendo alla pratica.
Ciò posto, il primo lavoro che ora s'impone è formare i Comitati.
E qui convien subito notare che i Comitati, quali sono oggi proposti ai Cooperatori, non debbono essere diretti unicamente all'aiuto di un'opera nostra locale, o all'aiuto di tutte le Opere Salesiane in generale, ma anche allo svolgimento locale del programma della Cooperazione salesiana. Quindi, anche nei luoghi dove esistono già Comitati Salesiani, maschili o femminili, bisogna pensare ad ampliarne lo scopo, e conformarlo, nè più nè meno, alle Norme pratiche suaccennate, le quali zelano i due fini: l'aiuto diretto alle Opere Salesiane e !'azione locale dei Cooperatori.
Nel prossimo mese noi riporteremo per intero le nuove deliberazioni nella loro forma definitiva, ma fin d'ora volgiamo ai più zelanti ed attivi alcune raccomandazioni:
- Non si ponga indugio alla formazione dei nuovi Comitati d'azione salesiana; è questa un'opera che deve stare a cuore tanto ai Salesiani, quanto ai Cooperatori.
Gl'Ispettori e i Direttori salesiani sieno i primi a realizzarla.
Gl'Ispettori suscitino, presso di loro, il deliberato Ufficio Ispettoriale dei Cooperatori, al quale spetta invigilare e provvedere perchè in ogni casa salesiana si stabilisca un congenere Ufficio locale, che s'interessi dell'azione dei Cooperatori e dello sviluppo dell'associazione.
I Direttori di ogni casa salesiana non ritardino neppur essi il lavoro: chiamino a raccolta i Cooperatori del luogo: formino il Comitato che si desidera: e gli assegnino, di comune accordo, il programma d'azione.
Altrettanto, senza attendere inviti particolari, facciano i Direttori Diocesani, nella città di loro residenza, e i singoli Decurioni nelle altre città e paesi.
E il programma ?
Circa il programma d'azione, consigliamo, da principio specialmente, un programma minimo. Ad es., in un luogo, alcuni Cooperatori, o Cooperatrici, si metteranno a disposizione del Parroco per organizzare i Catechismi parrocchiali. Si limitino pure a questo solo, per ora, è già gran cosa.
Altrove, si formerà un piccolo Comitato per diffondere la buona stampa: o per promuovere la frequenza ai SS. Sacramenti, cominciando a stabilire la pia pratica del 24 del mese in onore di Maria Ausiliatrice: - o per sostenere, moralmente e materialmente, un circolo giovanile, o un oratorio festivo: - o per raccogliere al giovedì d'ogni settimana, nella chiesa parrocchiale, gli alunni delle scuole elementari, ragazzi e ragazze, ad ascoltare la S. Messa e un po' d'istruzione catechistica: - e simili.
L'importante è che si cominci: noi, a comune ammaestramento e a stimolo di santa emulazione, segnaleremo con piacere tutte le iniziative che ci verranno comunicate.
Molti Cooperatori si lagnano di non ricevere il Bollettino, e noi possiamo assicurarli che viene spedito regolarmente ogni mese. Nella speranza di meglio ovviare l'inconveniente, preghiamo tutti i Cooperatori, quando non, vedono arrivare il periodico, a sporgere reclamo al proprio Ufficio postale e in pari tempo ad avvisare la nostra Amministrazione, la quale, finchè avrà delle copie disponibili, non mancherà di rinnovar la spedizione.
Salviamo la gioventù!...
Accostiamoci a loro, cerchiamoli, animiamoli a intervenire ai catechismi, ma facciamolo prima che il demonio vada a riempir di vizio e di malcostume il cuore di tanti giovanetti, che sono più infelici che poveri. Se avessero avuto una mano benefica, che avesse dato loro il necessario alimento morale, forse non sarebbero costretti di andare vagando ed esclamando: Fili! petierunt panem et non erat qui frangeret eis. lo sono intimamente persuaso che se questo pane morale fosse a tempo somministrato alla gioventù, le pecorelle, conoscendo la voce del pastore, e non si allontanerebbero da lui, o si arrenderebbero alla chiamata di lui. Perchè ora tanta indifferenza in fatto dl religione? tanto disprezzo delle cose sacre, tanti furti, tante bestemmie, tante discordie? Apriamo i libri santi ed ascoltiamo la voce di Dio: son tutte conseguenze fatali dell'ignoranza in fatto dl religione.
Ven. GIOVANNI BOSCO.
Memori delle predilezioni di Gesù per i fanciulli, in ogni tempo la Chiesa ha prodigato le cure più amorevoli per l'educazione della gioventù e largheggiato di favori con quelli che si propongono di calcar quest'orma divina. Commovente è la sollecitudine che ella ha sempre avuto, perchè venisse spezzato ai fanciulli il pane della dottrina cristiana. Ad esempio, chi non conosce il favore con cui ha riguardato la Congregazione della Dottrina cristiana, la provvidenziale istituzione, fondata per unire in ogni città e paese cristiano i fedeli zelanti perchè coadiuvino i Parroci nell' insegnamento del catechismo Che fortuna, se questa riuscisse a stabilirsi in tutte le parrocchie e negli stessi Oratori festivi, dove i giovani catechisti, ardenti di fede, avrebbero uno stimolo non comune a compiere con perseveranza la loro missione divina, dal pensiero di godere le copiose indulgenze che la Chiesa concede a quanti fanno parte della Congregazione della Dottrina cristiana!
L'insegnamento del catechismo in chiesa e fuori di chiesa, nelle famiglie, nelle scuole, e sopratutto negli Oratori festivi, dove, senza dubbio, i fanciulli si trovano, meglio per l'ambiente più adatto a loro, è proprio - come diceva D. Bosco - l'unica àncora di salvezza per la povera società. Promovetelo, adunque, o cari Cooperatori, con tutte le vostre forze. Se siete richiesti di prestar l'opera vostra, o per l'insegnamento diretto, o per il buon ordine delle classi, o per qualsiasi altro ufficio rivolto al buon funzionamento degli Oratori, non negatela mai, senza una giusta ragione; e, qualora non possiate fare di più, incoraggiate sempre, con ogni miglior mezzo, quelli si consacrano al santo apostolato. Ecco una parte del programma che raccomandiamo caldamente ai Comitati d'azione salesiana.
Ma perchè i catechismi sieno fiorenti, oltre l'insegnamento adatto alla mentalità degli alunni, e l'ambiente capace d'ispirare ad essi almeno quell'attenzione e quell'importanza che riscuote ogni altra materia d'insegnamento nelle stesse scuole primarie, bisogna ricorrere a quei mezzi, che dai più esperti catechisti si riconobbero praticamente atti a raccogliere più copiosa messe di frutti salutari: e tra essi, vanno additate in primo luogo le « dispute », o gare catechistiche.
La Chiesa stessa, com'attesta la consuetudine secolare un tempo vigente negli antichi Stati Pontifici, non giudicò punto disdicevole alla maestà del luogo santo il tener codeste « dispute » o « gare » al cospetto degli altari, nelle stesse chiese parrocchiali, perchè sono un mezzo tanto semplice, quanto sapiente, per imprimere Più saldamente in tenere anime la dottrina cristiana, e per svegliare, in altre, sante emulazioni e latenti energie.
Bisogna dunque rimettere in fiore l'antica costumanza, la bella tradizione salutare, che riesce ad attirare i fanciulli alla chiesa, ad avvicinare altri cuori a Dio, e a far apprendere al popolo che assiste, verità forse dimenticate. Nelle « dispute » o «gare di catechismo» anche i piccoli diventano apostoli, e di qual efficacia!
L'iniziativa spetta ai RR. Parroci e ai direttori di Oratori, ma essi devono essere assecondati, e tocca principalmente ai catechisti l'assecondarli, e di gran cuore. Per parte nostra, come abbiam voluto segnalar quest'opera a tutti i Cooperatori, così ci permettiamo di raccomandarla caldamente ai Sacerdoti, particolarmente ai Decurioni, e, per facilitarne l'attuazione, aggiungiamo brevi norme e consigli.
PRATICI SUGGERIMENTI per promuovere „dispute" o „gare di catechismo''. Norma fondamentale.
Le « dispute » o « gare di catechismo » son di due specie: Gare di recitazione e gare d'intelligenza.
La gara di recitazione consiste nella recita letterale di una parte o di tutto il catechismo.
La gara d'intelligenza, oltrechè nella recita letterale di tutto il Catechismo, consiste nello- sviluppare il senso di qualche parte di esso, e nel narrare un punto determinato di Storia Sacra del Vecchio o del Nuovo Testamento.
Chi non vede la convenienza, o meglio la necessità, d'introdurre tra i più grandicelli le gare d'intelligenza, se si vuol cogliere di questa santa iniziativa il frutto migliore?
Ed ecco un semplice
Programma.
Ogni « gara » o « disputa di Catechismo » va divisa in tre parti, o sezioni:
I) Gara di recitazione - Sezione A. - Età non superiore ai nove anni:. - Programma: Il Catechismo, dalle prime preghiere e formole fino ai Novissimi (Primi elementi della Dottrina Cristiana, dal principio alla domanda 67).
II) Gara di recitazione - Sezione B. - Età non superiore agli anni 12. - Programma: Tutti i primi elementi della Dottrina Cristiana, e a spiegazione di essi, qualche facile interrogazione.
III) Gara d'intelligenza. - Età non superiore agli anni 15. - Programma: Tutti i primi elementi della Dottrina Cristiana e la narrazione di un punto di Storia Sacra.
La Storia Sacra è divisa in due parti: I Parte, o Vecchio Testamento, e II Parte, o Nuovo Testamento. L'alunno, anche 'per varietà, sia interrogato in una sola parte, che notificherà in antecedenza al Direttore della gara.
La prima parte può comprendere le tesi seguenti:
1) Creazione del mondo e dell'uomo;
2) Caduta dell'uomo e promessa del Salvatore;
3) Corruzione e diluvio - Il popolo eletto; 4) Schiavitù d'Egitto - Liberazione per mezzo dì Mosè;
5) Gli Ebrei nel deserto - La legge - La terra promessa.
La seconda parte si può limitare a queste altre tesi
6) Nascita e Infanzia di Gesù (Luca II, 1-52);
7) Il buon Samaritano (Luca X, 25-37; il figliuol prodigo (Luca XV, 11-32); perdono delle offese (Malt. XVIII, 15-35).
8) Passione e morte di Gesù.
9) Risurrezione e Ascensione - Discesa dello
Spirito Santo sopra gli Apostoli.
io) Giudizio universale, (Malt. XXV, 31-46).
Ordine della gara.
Il Direttore della gara, o alcuni esaminatori da lui delegati, rivolgono per turno agli ascritti alla prima Sezione, Gara di recitazione, Sezione A, disposti in largo semicerchio, le domande assegnate, progressivamente, cioè secondo l'ordine del Catechismo, sino a che non si siano compiuti alcuni giri. Chi sbaglia, anche una parola, è invitato ad uscire dal semicerchio dei gareggianti. In seguito si passa alle stesse interrogazioni, sempre in giro, sorteggiandole una a una; e l'interrogatorio prosegue così, finchè non restino in piedi tre o cinque appena (o al più cinque o sette alunni, se lo stuolo è molto numeroso), i quali son dichiarati i vincitori della gara. Ciò fatto, la disputa, prosegue tra questi, lasciando loro la libertà d'interrogarsi a vicenda, finchè non risultino in graduatoria. L'ultimo, che resta vincitore assoluto, è dichiarato il Principe della gara.
Altrettanto si fa con gli ascritti alla Sezione seconda: Gara di recitazione, Sezione B, aggiungendo, poi, per turno, qualche breve domanda esplicativa, sorteggiata.
Gli ascritti al terzo gruppo: Gara d'intelligenza, dapprima son interrogati sul Catechismo con domande sorteggiate: - quindi, sempre per turno, son invitati a spiegare una o più domande, delle più difficili, anch'esse sorteggiate: - infine ciascuno è invitato ad esporre una tesi di Storia Sacra, anch'essa sorteggiata. A ciascuno viene dato il voto, e, qualora risultassero parecchi migliori a pari merito, sono invitati a interrogarsi reciprocamente sul Catechismo e sulla Storia, finchè non appaiano definitivamente in graduatoria.
Una o tre gare?
Le tre sezioni, sebbene istruite e preparate contemporaneamente, per non prolungar troppo il trattenimento, possono dar luogo a tre gare distinte, da tenersi in giorni diversi.
Premiazione.
È superfluo il dire che tutti i vincitori delle singole sezioni, ma specialmente i Principi, vanno incoraggiati con premi opportuni. Niente paura! Quando si sia veduta la bellezza e l'utilità di queste « dispute », credetelo, non tarderanno a sorgere, anche dove pareva impossibile, generosi benefatori.
Nel 1° Oratorio Salesiano, per molt'anni il Principe della gara aveva in premio l'ammissione gratuita tra gli alunni interni, fino a compiuto tirocinio professionale o fino alla 5° ginnasiale: ed anche oggi, se il Principe è un giovinetto studente che abbia compiuto le scuole elementari e sia desideroso d'incamminarsi alla carriera ecclesiastica, è ammesso gratuitamente, come interno, alle scuole, ginnasiali dell'Oratorio.
Libri di testo.
Semplifichiamoli, più che è possibile.
I primi elementi della Dottrina Cristiana sieno il libro di testo per tutte le gare.
Per lo studio della Storia Sacra 1a parte, possono bastare i cenni in appendice al Catechismo pubblicato per ordine di SS. Pio X: - per la ria parte i Revv. Parroci e Direttori d'Oratori possono valersi del Vangelo, o di un altro piccolo testo qualunque.
L'inaugurazione del Monumento a Domenico Savio in Mondonio d'Asti.
Il 4 ottobre u. s., a Mondonio d' Asti, alla presenza di Sua Eminenza il Card. Giovanni Cagliero e delle LL. E.E. RR.me Mons. Felice Ambrogio Guerra della Pia Società Salesiana, Arcivescovo di Santiago di Cuba, Mons. Luigi Spandre Vescovo Diocesano e Principe del S. Romano Impero, s'inaugurò solennemente il marmoreo monumento, eretto ad onore dell'angelico alunno di Don Bosco, il quindicenne Domenico Savio.
Non v'è tra i nostri lettori chi ignori la vita del santo giovinetto.
Presentatosi al Venerabile Don Bosco ai Becchi di Castelnuovo nella festa del Rosario del 1854, dal grande Apostolo della gioventù venne subito accolto fra gli alunni dell'Oratorio, dove passò circa tre anni nell'adempimento dei suoi doveri, reso prezioso con celesti carismi del Signore e con zelo cosciente e costante di vero apostolo da parte sua. Fare del bene ai compagni col buon esempio e con la parola - avvicinando e spronando alla virtù i meno diligenti - paralizzando e frustrando l'azione dei non buoni - incoraggiando e rallegrando i timidi e i perplessi - inculcando costantemente a tutti, specie ai migliori, la felicità della vita nell'osservanza del regolamento dell'Oratorio - in breve, coadiuvare deliberatamente Don Bosco e gli altri Superiori nella loro missione educatrice - ecco le linee programmatiche fedelmente seguite dal pio giovinetto dall'ottobre 1854 al marzo 1857, quando, da tempo febbricitante, per consiglio dei medici, fu rinviato alla famiglia, dove santamente morì nove giorni dopo, rallegrato da una visione di paradiso.
Il Venerabile Maestro non dimenticò mai l'impareggiabile alunno. Ne scrisse senz'indugio le gesta in un aureo libriccino, che è davvero dei più belli che uscirono dal suo cuore; più volte lo rivide, cinto di gloria immortale in « sogni » misteriosi, indugiando con lui in colloqui ricchi di luce e pieni di ammonimenti confortanti; e, fino alla morte, memore degli esempi di straordinaria virtù che aveva lasciati, non si stancò di proporlo all'imitazione, nè di altamente predicarne anche l'intercessione efficace. - Ho per certo, diceva il Venerabile, che un giorno la Chiesa decreterà a Domenico Savio gli onori degli altari. -
Attenti alla voce del Padre, anche i figli presero a ricordare l'antico compagno e tutti gli anni, in ampia schiera, non mancarono di pellegrinare alla sua tomba, divenuta in breve gloriosa: e quando le venerate sue spoglie vennero trasferite; con tanto cordoglio dei Mondoniesi, al Santuario di Maria Ausiliatrice in Torino, nacque subito il pensiero d'innalzare a loro giusto conforto un decoroso monumento, presso la casetta, dalla quale esalò l'anima beata.
Ed è questo il monumento, che s'inaugurò il 4 ottobre u. s., egregio lavoro dello scultore Enrico Cattaneo, ex-allievo dell'Oratorio.
La figura del santo giovinetto, candida come il suo spirito immacolato, dignitosa, espressiva, attraente, sorge accanto un cespo di gigli, su di un alto ed artistico basamento, recando in mano il programma che gli uscì dall'anima quando, a sette anni, si accostò per la prima volta alla Mensa degli Angeli, e che ripetè quotidianamente al Signore in tutta la vita: « La morte, ma non peccati ». Neppur Don Bosco, quando ne fe' ritrarre per la prima volta le sembianze per riprodurle in fronte alla biografia, non trovò altro motto che ne ritraesse meglio la mente e il cuore: e suggerì che lo si effigiasse in atto di mostrare scritte su di un foglio quelle parole a chiari caratteri, e con l'altra mano in atto di additare e quasi di abbracciare Colei che lo sorresse nell'eroica impresa, la Vergine.
Non altrimenti doveva essere effigiato nel candido marmo. E così lo rivide e riconobbe, insieme col Card. Cagliero, il suo maestro Don Giovanni Francesia; e con egual tenerezza, quale l'aveva udito tante volte ritrarre con commossi accenti da Don Bosco, lo riconobbe Don Albera e con lui Don Rinaldi e Don Conelli del Consiglio superiore della Pia Società, e l'Ispettore delle case salesiane della Patagonia, e tutti lo riconobbero, quanti, del Clero e del Laicato, da Torino, da Chieri, da Asti, da Castelnuovo e dai vicini paesi, insieme con la popolazione di Mondonio che si assiepò in massa attorno il monumento, ne resero più solenne l'inaugurazione.
Don Trione, presidente del Comitato esecutivo, non appena cadde la tela, aperse la serie dei discorsi, rilevando, tra gli applausi testimonianti la generale commozione, la felice coincidenza, per cui, proprio sessantasei anni dopo il primo incontro avvenuto ai Becchi tra Don Bosco e Domenico Savio, s'inaugurava in Mondonio il monumento all'illustre allievo, per unire in vincolo di fede e di amore questa popolazione con quella di Castelnuovo, che fin del 1898 innalzò un degno monumento al Maestro.
Con belle parole accolse il prezioso dono artistico, a nome della Municipalità, il sindaco sig. Cerruti.
E a lui seguì il parroco Don Origlia, il quale inneggiando ai mirabili risultati che, ovunque per il mondo, ha prodotto il sistema pedagogico di Don Bosco, rese uno splendido omaggio alla crescente fama di santità che gode in Mondonio e nei dintorni il giovane servo di Dio.
« In quest'artistico monumento - egli disse - più che le angeliche sue sembianze, così ritratte al vivo dal valente scultore, torna gradito alla nostra memoria il ricordo di tutta la sua vita olezzante di candore verginale; e tu, o gioventù, che impavida vuoi affrontare i pericoli del mondo, tu, o adolescenza, che stai per lanciare la tua fragile navicella nel mare procelloso della vita, tu, o novella generazione che tenti i primi passi per discostarti dalle ginocchia materne, se vuoi una guida sicura e una mano benigna che ti sostenga, volgi fidente lo sguardo a Domenico Savio, e leggi e t'imprimi bene il motto, il segreto della sua grandezza: «La morte, ma non Peccati! »
» A te specialmente, o mia prediletta gioventù di Mondonio, a voi tutti, o miei carissimi parrocchiani, si volge la mia parola, il mio caldo invito... Oh! quanto è mai bello il pensare e il poterci assicurare che Colui, le cui soavi sembianze così caramente ci sono ricordate da questo bianco simulacro, sarà la vigile sentinella delle nostre case, il protettore delle nostre famiglie, l'intrepido campione che qui, all'ingresso del paese, griderà il «Di qui non si passa! » nel suo motto « La morte, ma non peccati », a tutto ciò che possa recar danno al nostro benessere materiale e sopratutto spirituale!... »
Salutato da vivi applausi, sorse quindi a parlare l'on. Saverio Fino. Esordì rilevando come nessuno dei parenti del giovinetto oggi onorato pensasse che avrebbe brillato al suo ricordo l'onore dei marmi, reso più sfolgorante dall'o nore della porpora e dalla presenza del venerando Successore di Don Bosco : ed affermò come questa sia la democrazia della Chiesa: l'uguaglianza per la pietà cristiana, e nella pietà cristiana. Osservò come, scrivendo egli stesso la vita di Domenico Savio, non aveva pensato che avrebbe parlato di lui qual rappresentante del popolo: anche in ciò è il simbolo della democrazia vera, dell'uguaglianza di tutti i forti caratteri nella riconoscenza universale. Soggiunse come la vera grandezza è quella morale, che sta nell'elevazione della parte più nobile e più divina dell'uomo: l'intelligenza e la volontà. E Domenico Savio fu esempio splendido di questa elevazione della volontà a Dio e di questa intelligenza sublimata nella cognizione profonda della religione, nell'amore ammirevole della Eucaristia, che è destinata alla fusione dell'uomo con Dio. Studiando Domenico Savio, ammiriamo di più Don Bosco, l'irresistibile apostolo e maestro di apostoli, che pur in gracili membra sapeva temprare i più forti caratteri. Concluse rilevando come nel giovinetto Domenico Savio è vivo l'esempio che solo chi liberamente vince se stesso, può sentire non cosa umile il servire e gustare la grandezza del veder Dio nei suoi fratelli e in loro servire a Lui: in questi tempi di superbia stolida e inoperosa, ci diano Domenico Savio e Don Bosco questa grandezza: saper servire Dio nei fratelli, per il bene vero della patria e della civiltà.
Gentile, nella sua senilità rinvigorita da una inesauribile vena di idealità e di energie giovanili, sorse quindi il venerato Don Francesia che inneggiò, con versi facili e forbiti, alla virtù dell'indimenticato allievo.
Mons. Spandre, vescovo d'Asti, rìevocò con frasi scultorie l'angelica figura del festeggiato, commosse col ricordo della propria giovinezza trascorsa sotto la guida di Don Bosco, e si augurò paternamente che la gioventù di Mondonio ritrovi sempre nella memoria del pio giovinetto l'incitamento alla perfezione della vita cristiana.
Il rev. Don G. Berzano, presidente della Giunta Diocesana di Asti, disse il riverente omaggio di tutta la diocesi alle virtù eccelse del nuovo esemplare della gioventù.
Chiuse la serie dei discorsi l'Em.mo Card. Cagliero, rievocando, con visibile commozione, il 1° marzo 1857, quand'egli aiutò il pio alunno di Don Bosco a indossare gli umili abiti di festa per tornare in famiglia. Rammentando le parole che in quel giorno proferì: «Don Bosco, io parto, ma presto tornerò all'Oratorio, e vi resterò Per sempre » - «in queste parole, diceva l'Em.mo, che si avverarono subito dopo la morte di lui quando il suo spirito prese ad aleggiare, quasi angelo benefico, tra lo stuolo dei condiscepoli come continua a fare oggidì, sopratutto dal giorno che il suo corpo fu recato all'Oratorio, io vedo la promessa più bella della sua protezione a prò dei giovinetti, che non può mancare e non mancherà mai in modo specialissimo alla gioventù di Mondonio, se ogni fanciullo, se ogni giovinetto, passando dinanzi alla sua immagine, ricorderanno sempre e s'imprimeranno profondo in cuore il suo grande proponimento: « La morte, ma non peccati! »
Com'ebbe finito di parlare l'Eminentissimo, la musica dell'Oratorio, che sotto la direzione del maestro cav. Dogliani prestò servizio d'onore, intonò l'inno a Domenico Savio del M. Vaninetti, che fu ascoltato con grande commozione.
Di monumenti a giovinetti certo ve ne sono pochi al mondo. In Italia aveva già il suo il genovese Balilla, e l'ebbe perchè lanciò un sasso, seguito... da una pioggia di sassi liberatori. Savio Domenico invece, quando vide, presso gli spalti della cittadella di Torino, due amici, che, dall'ira fatti nemici, avevano dato mano alle pietre per scagliarsele addosso in duello sanguinoso, impavido corse fra loro e, alzando il piccolo Crocifisso che portava addosso: «Giù quei sassi, gridò: per amor di Gesù morto per noi, perdonatevi; e, se la vostra collera vuol una vittima, i sassi lanciateli su me ». Gli spensierati, a quella scena, d'incanto sentirono svanire ogni sdegno, e, rossi di vergogna, lasciando scivolar a terra le pietre lungo la persona, si appressarono al santo giovinetto per ringraziarlo.
Oh ! dall'alto del monumento, queste e molte altre cose buone ricorderà alla gioventù di Mondonio, e a tutta la gioventù nostra, Domenico Savio.
Essendo stato notificato a Sua Santità che i Salesiani di Vienna si accingevano a commemorare il 1° decennio dello stabilimento dell'Opera di Don Bosco in quella capitale, e avendo chiesta umilmente, per l'occasione, una speciale Benedizione Apostolica, il Santo Padre si è degnato far giungere all'Ispettore locale una risposta così amabilmente paterna e sovranamente lusinghiera, che colmerà di giubilo tutti gli amici dell'Opera di Don Bosco.
SEGRETERIA DI STATO DI SUA SANTITA N. F . 10959
Dal Vaticano, 24 settembre 1920.
Rev.mo Signore,
Quanto mai gradita è giunta alla Santità Sua la notizia dei prossimi festeggiamenti coi quali i benemeriti Salesiani del Ven. Don Bosco intendono celebrare il decimo anniversario dell'apertura del loro primo Istituto a Vienna! - La fausta ricorrenza, mentre da una parte è assai Propizia occasione non di ostentare ma di valutare meglio e di additare al pubblico giudizio il vario, paziente, disinteressato lavoro, compiuto casti dai figli del grande Educatore cristiano, offre d'altra parte al Padre comune il più opportuno motivo di dare a codesti suoi figli un solenne attestato di soddisfazione, di gratitudine e d'incoraggianiento per un'opera di così vitale interesse e di così fecondi risultati.
È nota infatti alla Santità Sua la fulgida serie di caritatevoli iniziative onde così valorosi apostoli della gioventù seppero riempire - a malgrado delle non poche e non leggere difficoltà - il primo e più arduo periodo della loro istituzione viennese, e con tutte le forme dell'apostolato cristiano, dalla scuola alla cucina economica, farsi maestri e padri, guide e benefattori spirituali e materiali di centinaia e migliaia di giovinetti, cui la Carità, apparsa in mille forme sotto l'umile veste del Salesiano, potè così mantenere fedeli a Gesù Cristo, gelosi della religione, lontani dalla corruzione del mondo, franchi assertori della loro fede con la parola e con la vita.
Un tale lavoro, impostosi perfino alla ammirazione degli avversari, come deve allietare della più legittima soddisfazione i generosi operai, che furono costanti nella impresa ed oggi si ricreano dei primi frutti, così non può non essere cagione di grande conforto per il Rappresentante di Colui che alle anime dei fanciulli aprì con particolare affetto il cuore. Benedicendo con effusione il rigoglioso Istituto e chi lo dirige, gli alunni e i loro benefattori, l'Augusto Pontefice gode di confondere ancora una volta coi figli di Don Bosco la voce della sua riconoscenza a Dio; e traendo da un così econdo passato il più sicuro presagio del più lieto avvenire, augura al « SALESIANUM » di Hagenmúllergasse, e alle altre opere che da esso ebbero o avranno vita in codesta Metropoli, di risplendere, per la gloria di Dio e l'onore della Chiesa, come faci della più nobile carità e come Potenti richiami alla luce della verità e all'amore di Gesù Cristo.
Particolarmente lieto dell'Augusto messaggio, godo di poter unire le mie personali felicitazioni e di valermi dell'incontro per porgere alla S. V. Rev.ma i sensi della mia più distinta e sincera stima.
Di V. S. Rev.ma,
A f.mo per servirla
P. C. GASPARRI.
M. R. Superiore dei Salesiani Hagenmùllergasse, 43 - Vienna III.
L'Opera di Don Bosco nel Paraguay e la nuova Missione del Ciaco Paraguayo.
(Relazione del Sac. Riccardo Pittini).
Asunción del Paraguay, 27 agosto 1920.
Carissimo Padre,
Eccole alcune notizie sull'origine, sviluppo ed avvenire dell'opera nostra nel Paraguay, raccolte qui, durante una mia breve permanenza in questa repubblica.
Il Paraguay.
È un bello e vasto paese di quasi mezzo milione di Km. quadrati, con appena un milione di abitanti. Vero paese mediterraneo nel cuore dell'America del Sud, senza sbocchi al mare, è chiuso tutto intorno dall'Argentina al mezzodì, dal Brasile ad est e nord, dalla Bolivia ad occidente. Due fiumi, il Paranà ed il Paraguay, sono le arterie gigantesche della sua vita economica e civile col resto del mondo.
Ricco d'acque, di sole e di terra fertilissima, dovunque lo ricopre un verde manto, fatto di vaste praterie e di foreste vergini, inesauribile tesoro di legnami d'ogni specie.
La vita religiosa, civile e politica, si è svolta piuttosto nella regione ad oriente del fiume Paraguay. Sulla riva destra, in cambio, si stende una pianura vastissima di quasi 300 mila Km. quadrati, coperta d'interminabili boscaglie, popolata da tribù completamente selvagge, avvolta nel più profondo mistero. È il famoso « Gran Ciaco ».
Il popolo del Paraguay è un popolo convalescente. Mezzo secolo addietro, ai tempi del celebre Presidente Francesco Solano Lopez, per cinque lunghi anni sostenne il cozzo delle forze unite del Brasile, dell'Argentina e dell'Uruguay, difendendo palmo a palmo il suolo natìo con un valore, con una tenacia, con una compattezza senza esempio o ben rara nella storia. Vi perirono tre quarti della popolazione ridotta così a sole 300 mila persone, donne la maggior parte e fanciulli.
Ma in questi resti, sparsi e sanguinanti, resta ancora tanta energia e vita, da bastare per la ricostruzione ed il rinnovamento dell'organismo nazionale.
Ed il Paraguay ora risorge nell'ordine religioso, nel civile ed anche nell'economico, con vivissima soddisfazione di quanti amano questo popolo, degno dell'amore e dell'appoggio di tutti. Non ultimi, anche i figli di Don Bosco, contribuiscono a questo impulso magnifico di risorgimento.
L'Opera Salesiana.
Mons. L. Lasagna, il nostro Vescovo-martire, saliva or sono ventisei anni le acque del Paraguay verso il Matto Grosso (Brasile), per fondarvi l'opera delle Missioni. E, di ritorno, scendeva per una rapida visita in Villa Concepciòn prima, e poi in Asunciòn, capitale della Repubblica.
Subito gli sorse l'idea di una fondazione salesiana; idea fatta concreta in un suo secondo viaggio per la consacrazione dell'attuale Vescovo Diocesano, Mons. Giovanni S. Bogarin. Ma la tragedia di Juiz de Fora (Brasile), troncando in fiore la vita di quel grande apostolo, ne riservò il compimento al suo successore, Don Giuseppe Gamba, che aprì il Collegio « Mons. Lasagna » sui principi del 1896 ad Asunciòn, seguito a poco distanza da quello denominato «S. Giuseppe» nella città di Villa Concepción.
I frutti dell'opera, dopo soli cinque lustri, sono semplicemente meravigliosi. Quelli del Collegio « Mons. Lasagna», a cui da vari anni venne pure annessa la vice-parrocchia di Maria Ausiliatrice, si possono condensare nella frase dettami ier l'altro da un distinto cooperatore salesiano, deputato al parlamento:
« Prima della venuta dei Salesiani questo quartiere era il più tenebroso della città; oggi è il più luminoso».
Ed è proprio così. Dovunque un soffio di pietà, viva e pratica, dovunque un rispetto profondo al sacerdote ed alle autorità, accompagnato anche da un vero incivilimento nelle relazioni domestiche e civili, qui, dove prima era la feccia della popolazione.
Questo gran cambio ha avuto origine sopratutto dalle nostre scuole esterne frequentatissime e, più ancora, dall'Oratorio Festivo.
Ho trovato qui un Oratorio festivo modello, con un fiorente Circolo di Ex-Allievi e un rigoglioso battaglione di « Esploratori di Don Bosco ». Nei giorni di festa il Collegio, dal mattino alla sera, è un grande alveare, ed ognuna delle piccole api reca in seno alla famiglia un po' di miele d'istruzione cristiana. Fu davvero divinamente ispirata quest'opera del nostro Ven. Fondatore. Ogni Oratorio festivo, ben tenuto, è la realtà del suo sogno dei Becchi: le fiere si trasformano in agnelli e per mezzo loro si irradia tutto intorno il regno di Dio.
I nostri confratellii del Collegio « Mons. Lasagna » si apprestano con ragione a celebrarne solennemente l'anno prossimo le nozze d'argento. Tra difficoltà e lagrime hanno gettato la semenza di quest'opera, ed ora, esultano, sotto il carico degli abbondanti manipoli.
Lo stesso potrebbe dirsi del Collegio di Villa Concepciòn, dove l'essersi incaricati ultimamente di quella vastissima parrocchia apre ai salesiani l'orizzonte d'un nuovo apostolato.
La Missione del Ciaco.
Accarezzata da lunghi anni, l'idea di questa missione è finalmente una realtà. Accanto e di fronte alle grandi imprese industriali del tannino, impiantate dal capitale straniero lungo la via destra del fiume per sfruttarne i tesori di legnarne, massime del quebracho, è sorta finalmente un'« impresa di anime », disposta a strappare alla barbarie ed al demonio migliaia di selvaggi, rinnovando tra di loro le meraviglie di altri secoli, descritte dal nostro A. Muratori nel « Cristianesimo felice »
Dove e quante siano le tribù indie erranti nel centro della regione misteriosa, nessuno lo può dire con certezza. Non è così facile lo spingersi fin là, attraverso selve densissime e sterminate, tra i rischi della sete, dei serpenti, delle fiere e talvolta degli stessi selvaggi. Questa non facile impresa sarà l'opera del tempo e della volontà dei nostri missionari.
Invece sono note le varie tribù costiere, distribuite lungo tutta la riva destra del Paraguay, dalla confluenza del fiume Pilcomayo sotto Asunción su su fino alle incerte frontiere colla Bolivia. Sono i Tobas, i Lenguas, gli Angaytés, i Sanapanàs, i Guanàs, i Ciamacocos, la cui vita si agita nelle zone rispettive, in riva ai fiumi e alle lagune, ricche di pesca e di caccia e in contatto periodico coi civilizzati, che lavorano nel taglio dei boschi, o nelle fabbriche di tannino.
E tutti coloro che li conoscono sono unanimi in dirli buoni, mansueti, affezionati e riconoscenti a chi fa loro del bene.
Ricordo particolarmente le parole del signor Giovanni Cabrizas nel suo isolotto di Napegue (alto Paraguay), dove si trattenne per qualche ora, a caricar combustibili, il vaporino che mi conduceva su fino a « Fuerte Olimpo », prima residenza dei nostri missionari ad un 70o Km. sopra Asunción. Erano appunto Indi della tribù dei Lenguas gli incaricati del taglio e del trasporto della legna, in canoe, fino al vaporino. E lì, di fronte a noi, in una prossima isoletta si vedeva la loro tolderia, un po' minacciata allora dalla straordinaria piena del fiume.
« Da vari anni sono qui, mi diceva il signor Cabrizas, e li conosco assai bene, perchè lavorano ai miei ordini. In verità non me ne posso lagnare. Obbedienti, fedeli, abbastanza lavoratori, benchè incostanti, io preferisco l'opera loro a quella di altri operai. Nella loro vita poi, nelle relazioni domestiche, nel tratto reciproco, possono molte volte esserci d'esempio. Non hanno religione definita, non pratiche di un culto concreto. Ammettono un essere superiore (Tupà) e lo temono. Credono alla sopravvivenza dei morti, che seppelliscono lontano dalla tolderia, dall'altra parte del fiume, nel segreto del bosco, perchè le anime non trovino la via del ritorno... ».
E mentre il signor Cabrizas parlava, io aveva l'occhio su quelle povere creature seminude, dalle fattezze robuste, dal color di bronzo, dalla faccia angolosa e solcata di rughe, dalla chioma nera, liscia, lucida, spiovente sugli omeri.
Ne rividi più in su nelle fabbriche del tannino, occupati nei lavori più bassi e faticosi, in tutta la loro degradazione selvaggia, mentre lì, di fronte ad essi, franavano le alte cimeniere, passavano fischiando le piccole locomotive e dall'interno dei fabbricati usciva il rumore confuso delle macchine. E mi stringeva il cuore dinanzi al contrasto di tanta civiltà materiale, di tanto sforzo per strappare al bosco vergine i suoi tesori e di tanta abbiezione umana nel povero indio, cui questa civiltà, dura e matrigna, non pensa se non per isfruttarlo!
La nostra missione fu preparata lo scorso anno da un lungo viaggio di esplorazione del nostro Don Domenico Queirolo, direttore del Collegio « Mons. Lasagna », ed anima dell'opera nostra nel Paraguay. La prima residenza provvisoria fu fissata in « Fuerte Olimpo », sotto la direzione del Sac. Emilio Losa Gaona, una primizia salesiana in questa repubblica. Egli, secondato dal suo compagno Don Giuseppe Drago, metterà al servizio della missione tutta l'energia della sua gioventù in fiore, e del suo spirito ardente di zelo e di affetto per gli indigeni del suo paese.
Le primizie della missione dallo scorso aprile, malgrado le incertezze e le difficoltà di chi comincia, aumentate da una grande piena dei fiume che invase la borgata di Fuerte Olimpo e ne ridusse le famiglie ad abituri improvvisati con tronchi di palma sul pendio del colle, son davvero consolanti.
E sono un semplice preludio di quanto si farà coll'aiuto di Dio, della Madonna, ed un po' anche degli uomini, che tutti vedono qui con simpatia vivissima il sorgere di questa impresa di civiltà nell'immensa regione del Ciaco.
Così l'albero delle Missioni dei PP. della Compagnia di Gesù, divelto un secolo e mezzo addietro dalla malvagità umana, torna a germogliare fecondato dallo spirito del Ven. Don Bosco.
Voglia benedire, carissimo Padre, i primi passi di questi buoni confratelli e, un poco, anche il
Suo figlio in Don Bosco
Sec. RICCARDO PITTINI.
CINA
La morte di un altro missionario. (Lettera di Mons. Luigi Versiglia al sig. Don Albera).
Shiu Chou, 5 agosto 191o. Amatissimo Padre,
Dal mio telegramma avrà già appreso la grave disgrazia che ci colpiva il giorno 27 dello scorso luglio. Il caro Don Colombo, a quanto sembra, già da molto soffriva di diversi incomodi, ma, forte e coraggioso, seppe così bene dissimulare, che nessuno se ne accorse.
Alcuni confratelli che lo visitarono soltanto il giorno avanti la catastrofe, vistolo un po' abbattuto dal caldo, lo consigliarono insistentemente a recarsi ad un'altra residenza, un po' più comoda e fresca. Cedette alle loro istanze e la mattina del 27, di buon mattino, si metteva in viaggio, accompagnato da diversi cristiani di quel luogo. Nulla egli aveva, in apparenza, che facesse presentire alcunchè di sinistro; infatti, per un paio di ore, camminò così lesto, che gli altri a stento gli potevano tener dietro. Forse fu questo sforzo di voler, come diceva, approfittare delle ore fresche del mattino, che, aggiunto agli altri incomodi, gli produsse quella lesione interna, che gli causò quasi repentinamente la morte. Di fatti, a un tratto, i cristiani che lo accompagnavano lo videro barcollare, e, prima ancora che gli potessero dar soccorso, egli cadde in un fosso accanto al sentiero. In quell'atto fu visto portare istintivamente le mani alla testa: e fu l'ultimo suo movimento.
Atterriti, coloro che lo accompagnavano, lo sollevarono pietosamente, lo adagiarono sul sentiero, ma non parlava più. Quasi immediatamente si udì il rantolo dell'agonia, e in mezzo alle lagrime dei desolati cristiani, che inginocchiati d'intorno, pregando, ne raccomandavano la bell'anima a Dio, tranquillo e sereno spirò, lasciandoci tutti nella costernazione. Appena avvenne la caduta, un servo corse a chiamare Don Bosio, che a spron battuto giunse recando una lettiga, ma non arrivò ehe a benedire il cadavere.
Trasportato questo a casa, si fecero modesti, ma commoventi funerali, ai quali presero parte non solo i suoi cristiani, ma molti altri di altre cristianità, e vari confratelli che poterono essere avvisati a tempo.
In una disgrazia, così repentina, ci consola il pensiero della virtù temprata del caro estinto, per cui ogni più piccolo dovere era un obbligo sacrosanto, che adempiva con esattezza, esemplare. Ci consola anche il ricordo della pietà e dello zelo da. lui sempre mostrati: la rigidezza oserei dire, per sè e la squisita carità verso gli altri: la divozione tenera e pratica, che in ogni circostanza dimostrò verso la comune Madre Maria. Tutto questo ci assicura che la sua bell'anima sia subito volata agli eterni riposi: con tutto ciò noi l'abbiamo suffragata abbondantemente, e continuiamo a farlo.
Ed ora, pochi come siamo, come ci sarà possibile riempire l'immenso vuoto da lui lasciato? Da lui ci aspettavamo tutti la parola, il consiglio saggio e pronto, ed io sopra tutti ci contava... ed ora?... Oh! sieno adorati i decreti del Signore, che non solo ha voluto privarci di Don Olive, modello di pietà e di zelo:, ma ha chiamato così presto a sè anche Don Colombo, che oltre ad esserci un modello di virtù, con la non comune cultura ci era un prezioso consigliere.
Ed Ella, amatissimo Padre, voglia rivolgere di nuovo il suo pensiero a questa Missione tanto cara al suo cuore, anche perchè, come dice la Scrittura di Giacobbe in riguardo a Beniamino, Ella l'ha generata in senectute sua: e facendo speciali suffragi per il defunto neri dimentichi che noi sentiamo grande necessità di aiuto. Il caro Don Olive e l'amato Don Colombo, per i pietosi disegni di Dio, son divenuti i nostri protettori in cielo: Ella, amato Padre, sia la nostra Provvidenza in terra. Per supplire ai vuoti fatti e far fronte ai nuovi e imperiosi bisogni che insorgono, come quello di aprire un piccolo Seminario, un Orfanotrofio, e catecumenato, e anche per non lasciar nessuno dei confratelli continuamente solo, ci abbisogna ancora almeno una mezza dozzina di Sacerdoti. Questa è una domanda che io non posso far a meno d'inviarle e di raccomandargliela assai: poi, per un po' di tempo, la lascieremo in pace. Se Ella ci accontenta, noi potremo pian pianino porci in grado di fare da noi e di andare avanti discretamente; mentre, senza quest'aiuto, i risultati dei nostri lavori verrebbero ritardati per più anni e, alcuni, forse compromessi gravemente.
Accolga intanto, amatissimo Padre, i sensi dell'attaccamento nostro più filiale, li estenda a tutti quelli che per noi rappresentano la Pia Società, e mi benedica e creda sempre
Suo aff.mo Figlio in G. C.
Sac. LUIGI VERSIGLIA.
N. della R. - Il Missionario Don Giuseppe Colombo era partito per la Cina solamente l'anno scorso, a capo della seconda spedizione per il KuanToung. Era nel pieno vigore delle sue forze: contava solo 37 anni.
Nato a Sirtori (Como) il 21 nov. 1883, compì i primi studi nell'Oratorio di Torino. Ascrittisi alla nostra Pia Società nel 19oo, si laureò in sacra teologia e fu ordinato Sacerdote nel 191o. Insegnò per vari anni nello Studentato Teologico Internazionale di Foglizzo, lasciandovi cara memoria di sè, per la dottrina, congiunta ad una rara esperienza della vita e ad una schietta umiltà.
ARGENTINA. Dalla Patagonia. (Relazioni dell'Ispettore Don L. Pedemonte). Attraverso il deserto.
L'Indio selvaggio è sparito ormai dalla Patagonia. L'opera d'incivilimento del Missionario è compiuta nella sua prima parte: ora si deve pensare a formar i cristiani, nel vero senso della parola, e a porre in grado questi nuovi figli della Chiesa di sostenere le lotte spirituali coi nemici del regno di Dio. I Collegi, le chiese e le cappelle non bastano: occorre che il Missionario si assoggetti ai disagi di lunghe perlustrazioni per far giungere l'alito della vita cristiana, e financo il sentimento della propria nazionalità, alle capanne sperdute nell'immensità delle Pampas o nei seni delle Cordigliere. Sette Sacerdoti, accompagnati dai loro Catechisti, si dedicarono a questa santa impresa, durante l'anno 1919: Don Matteo Gavotto, di settantadue anni, Don Zaccaria Genghini, Don Pietro Martinengo, Don Carlo Marelli, Don Carlo Frigerio, Don Luigi Melchiori, Don Domenico Anselmo, i quali, annualmente, percorrono in complesso le vastissime steppe del deserto e le falde delle Cordigliere per un'estensione che varia da otto a quindicimila chilometri, ordinariamente su cavalli., asini e muli. In più occasioni corsero pericolo di morte, e in un grave pericolo lo stesso scrivente toccò le porte dell'eternità. I rischi e i pericoli continui fornirebbero ogni anno un bel materiale per opuscoli attraenti ed istruttivi, se ai valorosi protagonisti restasse un po' di tempo per scrivere.
Don Martinengo in meno d'un anno per ben due volte si vide vicina la morte. Percorrendo la sponda destra del rio Agrio (territorio del Neuquen), essendosi spaventati i mulattieri, precipitò con muli e carrettino da un'altezza di più di venti metri. Manco a dirlo, il veicolo si sfasciò; ma, grazie a Dio, il Missionario e il suo catechista, tranne poche contusioni, il bagno e l'emozione del caso, non ebbero altro a soffrire. E Don Giuseppe Brentana, dalla residenza di Cippoletti, telegrafava all'ispettore che mandasse al più presto una veste talare per il caro D. Martinengo, che aveva avuto la sua lacerata dai cespugli spinosi e ridotta a brandelli.
Altra volta giunto al passo detto dagli Indii passo dell'Añelo, un'immensa pianura arenosa, che deve attraversare chiunque va a Chosmalal, lasciando a sinistra il fiume Neuquen, che raccoglie ben centottanta affluenti, il nostro Missionario si portava alla sponda opposta, alquanto all'Ovest del fiume Cobunco. In una capanna di poveri Indii, trovò la più affettuosa accoglienza: mangiò l'asado (carne cotta talvolta sulla bragia), prese il mate (the di erbe), e fece un po' di dottrina che le circostanze dell'ora, del luogo e delle persone consentirono. Le mule, con la manca ai piedi, vennero lasciate in libertà, perchè si procacciassero da vivere nella notte.
La mattina, detta la santa Messa e fatta un po' di preghiera in comune, il Missionario, e il giovane catechista sorbiscono alcuni mates, e vanno a cercare il bestiame che non può essersi allontanato di molto. Il giovane catechista è un orfanello, raccolto, di quattordici anni. Si va, si va, si guarda e si riguarda. Si sale una collinetta, si lascia il sentiero, si perde di vista la capanna, ma si è certi di rivederla. Il sole di gennaio si fa sentire con forza canicolare; la poca acqua e il poco pane son già digeriti, e la sete e l'appetito si destano ardenti. Ma bisogna cercare il bestiame, altrimenti potrebbe anche essere sviato. Non è possibile pensare al ritorno quella sera ; si pernotta in campagna, anzi si approfitta delle ore più fresche per continuare le ricerche ; ma la fame, la sete, la stanchezza, vincono il nostro giovinetto, e non si vede alcuna traccia che indichi il sentiero del rancho. Tramonta il giorno e lo stesso Missionario si sente venir meno; è inutile cercar acqua: tutto è arido, e il cielo di bronzo non lascia speranza alcuna nè di pioggia nè di rugiada. Il fresco della notte e il riposo dànno lena; il nuovo giorno sarà foriero di fortuna, o forse sarà segnato da Dio per andare all'altro mondo. Fatta la preghiera e un atto di rassegnazione, seguito da una fervida sùpplica all'Ausiliatrice dei Cristiani, si tenta un ultimo sforzo. Ma le bestie non si scorgono, e nulla fa sperare di, ritrovare la via smarrita; e intanto le gambe non reggono, e la vista si offusca. Il giovinetto piange e lacera il cuore del Missionario, che ormai non ha più il coraggio di animare il debole compagno.
- Ebbene, caro figliuolo, siamo nelle mani della Provvidenza: se si perde tutto quaggiù, ricordiamoci del Paradiso, al quale andiamo incontro... Qui, al riparo di questa jarilla (un arbusto molto comune nella Patagonia settentrionale e nelle precordigliere di tutta l'America del Sud), staremo meglio. Vieni qua, e preghiamo.
Per fortuna alcuni buoni Indii si erano mossi. Sellati i cavalli, due di essi si erano dati a corsa sfrenata, in cerca del Missionario, perduto sin dal pomeriggio del primo giorno: e nel nuovo mattino essi andavano innanzi lentamente tutt'occhi sur un alto poggio, quando un grido di allegrezza sfugge dal petto indebolito del giovinetto, che tenta inutilmente di reggersi in sulle gambe: « Gente, gente, Padre ! ». Il Signore aveva provato la fede del nostro confratello. Il soccorso giunse a tempo, e la prima cosa fu quella di scavare, con la pala di cui si erano provvisti i pratici paisanos, una piccola fossa. Così si ebbe acqua, tutt'altro che limpida e dolce, s'intende, ma acqua, che gli assetati bevettero con indicibile ansietà.
Un congresso di Indii.
Il Ven. Don Bosco, parlàndo della Patagonia ai giovani dell'Oratorio, sul finire del 1883, diceva: « Quei selvaggi saranno così docili in avvenire, che essi stessi cercheranno istruzione, incivilimento e commercio. E ciò che altrove cagionerà meraviglia, colà sarà cosa tanto comune da non richiamar più l'attenzione ».
È la pura verità. Nello scorso mese di luglio (dal 9 al 20) la gran Metropoli Argentina (Buenos Ayres, che supera un milione e ottocentomila abitanti), ammirò ed applaudì una novità inattesa. Tutti i giornali, d'ogni colore, ne parlarono: ventidue delegati indigeni delle Cordigliere si erano portati alla capitale per difendere i loro diritti e far sentire la loro voce potente e decisa, in favore dei sette mila Patagoni, dai quali erano stati eletti a rappresentanti.
V'erano, tra gli altri, Emilio Choaiman (delegato della colonia S. Martin, Chubut), Mariano Ayalef (delegato della stessa colonia, il quale, a novant'anni, percorse tra le nevi, a cavallo, più di mille chilometri, e fece trentasette ore di treno per arrivare al Congresso), Manuel Gonzales (di Norquinco, Rio Negro), Francesco Cañumil (da Chenquenyeu), Felipe Collhuin (da Norquincò), Emilio Cañumil (da Chenquenyeu), Josè M. Padilla (da Anecon Chico, Rio Negro), Juan Filipin (da Chacaicò), Pedro Cheuquel (da Mallin de los Caballos-Neuquen, in età di novantasette anni), Lorenzo Huentecol (da Tres Lagunas-Zapala), Justo Colín (da Chubut), Tomaso Payalef (da Sañicò-Neuquen), Martin Morales (trombettiere della carovana da Saizicò), Segando Epuilan (da Sanicò-Neuquen), Francisco Quipildor (da Abrapampa Jujuì), Juan Mendez, Juan de Dios Martin (da Anecon Chico), Luis Millaiñ e Josè Colin (detto Colon) che fu Presidente.
Il Governo s'interessò delle loro petizioni, e il Ministro di Agricoltura e lo stesso Presidente della Repubblica ricevettero in udienza i Delegati. Un pubblico numeroso accompagnò la manifestazione, che sotto una pioggia di neve, proprio secondo lo stile patagonico, piombò su Buenos Ayres il tredici luglio che, per voto del Congresso, fu chiamato « Dia del Aborigen », il giorno dei nativi. Non è facile dire l'impressione che fece nei presenti l'udir ripetere, fra tante esclamazioni: « Evviva Don Bosco ! Viva i Missionari di Don Bosco ! Viva il Card. Cagliero ! Viva l'Ecc. Mons. Espinosa! Viva D. Milanesio! Viva il Superiore delle Missioni ! »
E non mancò la manifestazione religiosa. Nell'artistico tempio d'Almagro, il Missionario Don Beauvoir celebrò la santa Messa, Don Milanesio fece una predichetta nell'idioma Mapuche, si cantò il Te Deum, e si invocò l'Ausiliatrice dei Cristiani.
Nella sessione del 16 luglio il Presidente del Congresso, Josè Colin, dopo aver ascoltato la parola del Missionario che assisteva alla sessione, disse: « Quanto ora espresse il rev. Don Pedemonte è vero; la sua parola è autorevole, poiché, come Ciò altra volta affermai in questa Assemblea, egli e i Rev. Missionari Salesiani sono gli unici veri compagni nostri d'infortunii. Essi vivono con noi nelle Pampas, nelle oscure selve e tra le gole delle Cordigliere coperte di neve, cercando sempre il nostro bene. Qualunque sia l'idea che si professi o il credo politico di chi mi ascolta: la verità è la verità, e perciò la proclamiamo alla con viva gratitudine, perchè tutti possano conoscere ed apprezzare i nostri sentimenti ». Un' esplosione di applausi salutò il vibrato elogio del Presidente.
Col titolo: « il nostri diplomatici» il Caffaro di Genova, del 13 ottobre, riassumendo la relazione dell'Ispettore Salesiano Don Pedemonte all'Arciscovo di Buenos Aires, da noi pubblicata nel mese scorso, scriveva: - « Ecco dunque i veri diplomatici dell'Italia all'Estero, i rappresentanti della patria italiana, benefica; civilizzatrice. E quello che si rileva per la Patagonia, per quante altre lontane terre dell'Asia, dell'Africa si potrebbe rilevare! Dovunque i nostri missionari, questi odiati apostoli della fede e della patria, le nostre monache, odiate e insultate dalla teppa nostrana in guanti o in camiciotto, diffondono luce e speranza nel buono e grande nome d'Italia. Onore a questa nostra diplomazia crociata che... segna del segno cristiano e del segno italiano tanta opera di bontà, di civiltà e di patriottismo ».
I bisogni delle Missioni Salesiane.
I bisogni delle nostre Missioni sono tanti, che torna difficile enumerarli. L'ispettore delle Missioni Salesiane della Patagonia, Don Luigi Pedemonte, ci fa noti i seguenti:
Il 1° Tempio, innalzato dai Missionari Salesiani in Patagonia, quello di Patagones, ha urgente bisogno 'di essere ultimato. Ove si ritardi l'impresa, ne avrà grave pregiudizio l'assistenza spirituale di quella numerosa popolazione.
Le Scuole professionali di Viedma e quelle di N. S. della Pietà in Bahia Bianca (dove sono educati anche molti giovinetti patagoni), di Roca (sud-Rio Negro) e di Rawson (Chubut), hanno bisogno di grandi sussidi per far fronte alle enormi spese di manutenzione quotidiana.
I Collegi di Junin de los Andes per i figli degli indigeni esigono, senza ritardo, riparazioni ed ampliamenti, per accettare i numerosi fanciulli del deserto che aspettano educazione e istruzione.
L'Ospedale di Bariloche ha bisogno di completare la provvista degli apparecchi necessari per le sale di medicina e di chirurgia.
L'Ospedale di Viedma reclama la costruzione di un nuovo padiglione per bagni, cucina, e opere igieniche: e necessita di un microscopio per il laboratorio di batterologia ed analisi.
L'Ospedale S. Bernardo di Rawson ha assoluto bisogno di trovar un'oblazione mensile di 200 pesos argentini (pari attualmente a 12oo lire italiane) per assumere un buon infermiere.
Anche i Collegi femminili di Roca, Junin de los Andes, Conesa (Rio Negro), e Pringles (Rio Negro), aspettano generosi soccorsi per poter accettare gratuitamente un maggior numero di fanciulli pericolanti.
Tutti i poveri Patagoni poi (circa 40.000) invocano il trionfo definitivo del Regno di Gesù Cristo nelle loro terre.
Il risorgimento economico del nostro paese dipende senza alcun dubbio dalla produzione agricola, innalzata al maggior livello raggiungibile riguardo alla quantità e migliorata il meglio possibile nella qualità. Questo si è affermato ormai da ogni parte, poichè la ricrudescenza della crisi economica ha fatto aprire gli occhi a molti, che ostinatamente rifiutavano di guardare. Per questo si ebbero incitamenti di autorità e di Ministri, ed anche una certa quantità di promesse, ispirate certo dalle buone intenzioni di chi le fece. E noi, mentre attendiamo con fiducia che le promesse diventino al più presto realtà (poichè il temporeggiare e, peggio, il procrastinare rendono sempre più difficile la loro attuazione) additiamo ai nostri lettori l'esempio, che l'iniziativa privata di una benemerita Istituzione ha saputo dare, nello svolgimento di un programma ben determinato, libero da ogni impaccio di burocrazia o di nefasta ingerenza politica. Vogliamo accennare alle Scuole pratiche di Agricoltura, fondate e dirette dai Salesiani di Don Bosco in Italia. L'iniziativa non è di oggi: ma oggi sopratutto dev'essere additata a quanti conoscono le condizioni anormali di cose, che si verificano nel nostro popolo agricolo. Bisogna correre ai ripari; occorre creare un rimedio. Lo stato d'animo,, che si è andato formando anche nelle campagne è di eccitazione, di odio, di spirito cattivo. Più che la questione economica interessa presentemente la questione dello spirito, e l'aver consacrato tanta energia per risolvere la prima, ignorando completamente la seconda, fu errore fatale, di cui raccogliamo ora i tristi effetti.
Non basta formare degli agricoltori che conoscono bene la tecnica agricola, dei contadini che comprendono la razionalità della pratica. No. Bisogna plasmare degli uomini buoni. Anche, e sopratutto per tale ragione, ricordiamo le Scuole pratiche di agricoltura dei Salesiani, i quali, mentre dànno il più sicuro affidamento per quanto riguarda l'istruzione impartita, soddisfano pienamente al desiderio delle famiglie, che vogliono i loro figli cresciuti secondo quelle istituzioni di vita morale, da cui solo è possibile avere un indirizzo. di serietà e di bontà (2).
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Notiamo, per prima, la Scuola e Colonia Agricola « Faravelli », sita nelle ridenti colline del Monferrato in località prossima a Canelli. È una scuola di primo grado ed accoglie i figli dei contadini, i quali, dopo aver frequentato i corsi elementari dei loro paesi, non hanno la possibilità di formarsi un'istruzione tecnica, indispensabile anche all'ultimo piccolo proprietario od anche semplice lavoratore della terra.
Il programma di coltura generale non è, e non può esser troppo vasto, tanto più se si considera che la preparazione intellettuale di questi giovani è molto insufficiente e, per diverse cause, inferiore a quella che la scuola stessa frequentata nei paesi si propone di dare. Perciò esso è una ripetizione più ampia del programma vigente nel corso elementare. Un contadino che sappia esprimere i suoi concetti in forma chiara e corretta, sia in grado di legger con profitto una rivista agricola, abbia le nozioni geografiche e storiche fondamentali, possegga il maneggio del calcolo aritmetico e le nozioni di computisteria che fanno al caso suo, ecc. ecc., ha una coltura intellettuale più che sufficiente per l'ambiente della sua vita. Più sviluppato è il programma d'agricoltura, impartito nel corso di quattro anni, il quale comprende la parte agraria propriamente detta e la trattazione delle industrie agricole. L'insegnamento non è solo teorico, ma anche pratico: l'allievo studia e lavora; e non occorre insistere sulla necessità che la pratica non consista semplicemente in un sopraluogo, nei campi o nella visita ad una latteria o simili, anzichè nel trattare realmente gli strumenti del lavoro, nell'eseguire semine, nel prender parte attiva a quanto si riferisce alle colture.
La Scuola di Canelli, data la regione vinicola in cui sorge, dà un'importanza particolare alla coltivazione della vite, pur non trascurando le altre coltivazioni.
Un'altra Scuola Pratica merita di essere ricordata: quella di Lombriasco, in provincia di Torino. È di secondo grado. In essa sono accolti giovani che hanno compiuto il corso elementare e possiedono l'esame di maturità o meglio la licenza elementare. In generale si tratta di figli di proprietari o fittavoli o mezzadri, i quali non vedono la necessità di andare alla caccia di una professione in città, dove già troppi concorrenti si disputano i posti disponibili, e preferiscono dedicarsi interamente alle loro campagne.
Il programma di coltura generale si può paragonare a quello del corso tecnico, fatte le opportune modificazioni. Il predominio però è dato all'insegnamento agrario. Anche qui la teoria non è disgiunta dalla pratica; anche qui dunque l'alunno studia e lavora, coordinando armonicamente l'una cosa e l'altra, in modo che venga il meglio possibile a realizzarsi il sussidio, che la teoria e la pratica devono fornirsi a vicenda.
Il podere annesso alla scuola misura 17 ettari di superficie; è provvisto degli strumenti agricoli necessari: aratri, erpici, spandiconcimi, falciatrici, mietitrice-legatrice, ecc., dei quali gli alunni devono imparare praticamente l'uso ed il funzionamento. Oltre alle colture ordinarie si eseguiscono coltivazioni locali, come quella della menta, delle arachidi ecc.
La Scuola conta tredici anni di esistenza e fu sempre molto frequentata. Agli esami di Licenza, per il conseguimento del diploma, volle sinora gentilmente presiedere l'illustre Direttore della Cattedra Ambulante di Torino, Prof. Chiej, il quale ebbe sempre parole di congratulazioni per l'andamento della Scuola.
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Accenniamo ancora alla Scuola Pratica « Stanislao Solari» di secondo grado, situata a Montechiarugolo, in Provincia di Parma. Aperta l'anno prossimo passato, nonostante le difficoltà di ogni genere, presentate dalle condizioni anormali del dopo guerra, nel primo anno di vita diede risultati assai promettenti.
L'Istituto occupa vasti e bellissimi locali siti in posizione amena a 2oo metri circa dal Comune di Montechiarugolo.
L'edificio con parco, giardino, orto e prati, è circondato da muri di cinta, mentre il corpo principale, che sostituisce il podere della Scuola stessa, rimane attiguo alla prima parte ed offre comodo accesso.
Ogni coltivazione, tanto a titolo sperimentale, come di produzione industriale-agricola, è possibile, favoriti come si è da largo canale irriguo che attraversa la proprietà. Questa presenta per una metà circa di superficie i caratteri del terreno collinoso asciutto, e per l'altra quella del terreno irriguo, per cui vi è dato trovare la coltivazione della vite intensiva vicino alla abbondante produzione dei prati irrigui.
L'agricoltura emiliana, che è maestra di intelligente praticità, specie di questa regione, presenta qui gli elementi per attivare una coltivazione veramente, razionale e sempre più perfezionata.
DOTT. F. RASTELLO.
„Rivista d'Agricoltura".
Nelle « Scuole Pratiche di Agricoltura », suaccennate, si segue il sistema di Stanislao Solari, del cui pensiero fu ed è interprete fedele la « Rivista d'Agricoltura » di Parma, che divulgò in mezzo alla popolazione agricola la sua scoperta - l'induzione dell'azoto fatta per mezzo delle leguminose - e ne difese la priorità, talvolta contestata ed anche misconosciuta.
La benemerita Rivista, entrando nell'anno XXV. di vita, ha pubblicato un numero speciale (23 settembre 1920), dal quale togliamo questi interessanti particolari:
«Eravamo - narra il Dott. Pio Benassi - nell'agosto 1895. Le dottrine agricole di Stànislao Solari, dopo quasi un trentennio di diffidenze, di scherni, di voluta noncuranza, di lotte, parevano finalmente destinate a un sicuro, se non immediato trionfo. Una eletta schiera di giovani studiosi, serrata attorno al vecchio marinaro, ne ascoltava con attenzione religiosa gli insegnamenti e si disponeva con zelo di neofiti a divulgarli con la parola e con gli scritti.
» Nel Collegio Salesiano di S. Benedetto (il Cenacolo parmense) convenivano ogni giorno presso Don Baratta, il sapiente ed infaticabile divulgatore del pensiero solariano, uomini di ogni parte, professori, artisti, giovani universitari, sacerdoti, ufficiali dell'esercito, avidi di apprendere dalla viva voce del Maestro la somma delle sue dottrine, che egli, tra una boccata e l'altra di fumo dell'indispensabile toscano, esponeva bonariamente e con la chiarezza e la vivacità, che gli erano proprie, quando insegnava non preoccupato del pubblico ascoltante e quando non era sotto la impressione di scrivere per farsi divulgatore di sè stesso.
» Fu in una di queste riunioni, a cui Solari non mancava mai, che sorse l'idea di pubblicare un giornaletto di tipo popolare, che servisse a divulgare le nuove dottrine agricole e sociali e fosse coi-ne il tramite necessario per fare arrivare anche al più lontano studioso di scienze agrarie il tesoro dei nuovissimi insegnamenti, tutti persuasi essere questo il migliore e più rapido mezzo per una propaganda minuta, quale non si sarebbe ottenuta nè col libro, nè col sistema delle conferenze. Solari accoglieva con la compiacenza ingenua del fanciulletto la proposta, che a lui sembrava destinata a portare una incomparabile somma di bene tra gli studiosi italiani.
» Frattanto un modesto, ma ferventissimo discepolo ed ammiratore di Solari, Padre Giovanni Bonsignori, aveva voluto mettere, come si dice, alla prova del fuoco le nuove teorie del Maestro, delle quali già diffusamente si parlava, specialmente dopo i trionfi del Borgasso e di altri poderi, messi sotto la diretta sorveglianza del Solari stesso; ed aveva perciò ottenuto dall'opera pia, di cui faceva parte, di istituire una colonia-agricola a Remedello Sopra, scegliendo e non a caso come luogo dei suoi esperimenti la più desolata plaga del territorio bresciano, sicuro che se la prova fosse riuscita bene in terreno così ingrato, nessuno avrebbe più osato mettere in dubbio la bontà e la praticità delle teorie solariane. Oggi quasi non si crede a queste miserie, sembrano storielle di tempi mitologici: invece è storia genuina di ieri.
» La fama dei risultati straordinari ottenuti dal Bonsignori non potea lasciare indifferenti noi. della giovane schiera parmigiana, noi che meritamente gioivamo ogni qualvolta ci fosse dato aggiungere una nuova stella alle numerose, che già splendevano nel campo sperimentale per illuminare di nuova luce le dottrine del Maestro. Parve perciò opportuno fare una specie di visita ufficiale alla colonia di Remedello, allo scopo di constatare de visu i miracoli della nuova agricoltura e di rendere omaggio all'infaticabile Bonsignori, che di quei miracoli era il principale autore. E fu precisamente nell'agosto del 1896 che si compi la desiderata visita, accompagnati dal Solari, egli pure ansioso di conoscere di persona l'affezionato discepolo Bonsignori, col quale aveva avuto solamente uno scambio di corrispondenza epistolare.
» Visitata minutamente la colonia, ed udita dalla bocca del Bonsignori la narrazione di tutte le prove tentate e riuscite, a mezzodì fummo ospitevolmente radunati a una agape fraterna. All'ora dei brindisi, dopo una lunga serie di felicitazioni di scambievoli auguri, risorse la proposta di fondare a Parma una Rivista di agricoltura col programma preciso di diffondere le idee e gli insegnamenti della scuola solariana. La proposta fu accolta col più vivo entusiasmo di tutti indistintamente i presenti: seduta stante, si deliberò che al più tardi entro un mese il nuovo periodico dovesse iniziare il ciclo delle sue pubblicazioni. E così senza mezzi, senza un preventivo di spese, senza riflettere all'onere finanziario che potevamo addossarci, sorretti unicamente dall'ideale, che spinge i giovani a compiere le più ardite imprese, ci obbligammo spontaneamente a collaborare nella nuova rivista ed affrontammo senza titubanze le incognite della progettata palestra di studi solariani.
» Si pubblicava allora a Parma una rivista quindicinale, denominata « Cooperazione Popolare », la quale si occupava quasi esclusivamente di movimento cooperativo, che per noi cattolici era alle prime prove. Ne era direttore il giovane nostro amico Giuseppe Micheli (l'attuale Ministro per l'Agricoltura), il quale prodigava la sua instancabile operosità, l'intelligenza vivace ed i suoi beni di fortuna a vantaggio del movimento cooperativo in particolare e di ogni opera buona in generale. Con lui facilmente si convenne che la « Cooperazione Popolare » sarebbe diventata settimanale, e che, alternativamente, si sarebbe occupata in un numero solamente di agricoltura, aggiungendo, per distinguere l'un periodico dall'altro, sotto la dicitura «Cooperazione Popolare » il sottotitolo «Rivista di Agricoltura » quando si pubblicavano i fascicoli dedicati solo all'agricoltura ed alle conseguenti questioni economico-sociali.
» Il primo numero della Rivista porta la data del 23 settembre 1896.
» Eravamo pochi collaboratori da principio, quasi tutti nuovi al giornalismo periodico, ed oltre a ciò gravati da numerosissime altre cure... Ma ci sosteneva il comune entusiasmo per il trionfo dell'idea, diventata ormai vita della nostra vita, e la persuasione di compiere opera assolutamente necessaria per la diffusione del bene ».
E la vita del periodico si affermò. Dopo il Dott. Giuseppe Micheli n'ebbe la direzione il Dott. Pio Benassi e dal 1901 il salesiano cav. prof. Andrea Accatino, che, in questa circostanza, venne nominato Ufficiale della Corona d'Italia e gliene fu data comunicazione dallo stesso Ministro Micheli:
Nella storia della stampa periodica italiana e seguitamente di quella agraria, le riviste compaiono sull'orizzonte e spariscono con grande velocità. Onde l'avvenimento a cui Ella accenna, egregio signor Direttore, costituisce un fatto tutt'altro che comune, ed è mirabile anzi, quando si pensi che la «Rivista di Agricoltura » nacque e visse senza patrimonio, senza sussidi, sorretta unicamente dalla costante simpatia degli abbonati e dei lettori. Ciò dimostra che tale periodico ha in sè tale una forza di vitalità, da riempire di legittima soddisfazione l'animo dei volenterosi che gli hanno dato il contributo della loro collaborazione, e di tutti coloro che si interessano al progresso della agricoltura italiana.
In un quarto di secolo quanti avvenimenti ! Si era giovani allora, e nelle nostre menti si abitavano i più svariati propositi di bene, e noi di Palma sotto l'autorevole guida di Stànislao Solari, maestro dell'agricoltura italiana, e dell'amato salesiano Don Baratta, pervasi dal desiderio, e quasi direi dal bisogno di fare qualche cosa a vantaggio della negletta industria dei campi, deliberammo nel 1896 di fondare la «Rivista », di cui io ebbi il piacere e l'onore di essere il primo Direttore.
» Vicende della mia vita sempre occupatissima non mi permisero di attendere a lungo con la consueta attività al nuovissimo incarico affidatomi, e però, per impedire che il periodico avesse in qualche modo a soffrirne, dovetti pregar altri che mi sostituisse, pur avendo mantenuto ancora per molti anni la direzione dell'altro giornale gemello «La Cooperazione popolare ».
» Ma le direttive agrarie teoriche pratiche, la diffusione delle idee agricole sociali solariane (programma fondamentale della « Rivista »), pel cambiamento della direzione non soffrirono deviamenti o deformazioni. Il bene fatto in questi 25 anni di continuo apostolato difficilmente si può calcolare certo è stato grande.
» Questo Ministero, che non deve mostrarsi indifferente dinanzi ad ogni manifestazione di attività intesa ad agevolare il progresso dell'agricoltura nazionale, non può lasciare trascorrere la fausta ricorrenza, di cui Ella parla, senza manifestare in qualche modo la sua benevolenza verso la « Rivista » e segnatamente verso lei, che della « Rivista » è da tanti anni lo spirito animatore. E però godo comunicarle che, su mia proposta è stato nominato Ufficiale della Corona d'Italia ».
Il Ministro termina « col fervido augurio che la «Rivista » continui per la via gloriosamente tracciata in 25 anni d'ininterrotto e fecondo lavoro.
» L'Italia, nazione eminentemente agricola, ha bisogno di aumentare la, sua produzione. A ciò si arriverà solamente quando gli insegnamenti dell'agricoltura razionale, diventati patrimonio comune, siano penetrati anche nelle menti dei più umili lavoratori dei campi. Tale opera di apostolato minuto, che non può essere per necessità di cose sufficientemente esercitata nè dalle scuole, nè dalle cattedre, nè dai dotti volumi, viene efficacemente svolta e completata da periodici che, come la « Rivista », senza iattanza e con modeste pretese, arrivano puntualmente ogni settimana fino all'ultimo casolare, per ivi costituire come le pietre fondamentali su cui deve reggersi l'edificio `dell'agricoltura italiana.
» La « Rivista » a questo riguardo ha ben meritato della Patria nostra; e perciò rinnovo a Lei, egregio signor Direttore, ed a tutti i suoi collaboratori i sensi della mia viva soddisfazione (1).
(1) Dalla Rivista d'agricoltura di Parma del 1-x-192o.
(2) Oltre le qui ricordate, rammentiamo anche la Scuola pratica d'Agricoltura, aperta per orfani di guerra, al Mandrione presso Roma (ved. Boli. di maggio u. s.) e quella di Corigliano d'Otranto, ambedue fiorenti e importantissime,
(1) L'abbonamento annuo alla « Rivista d'Agricoltura di Parma », periodico settimanale di 16 pagine di testo e 16 pagine d'annunzi vari, è soltanto di lire 12. - Rivolgersi alla stessa, anche per numeri di saggio.
Nel Santuario, il 24 del mese si compiono, mattina e sera, devote funzioni in onore di Maria Ausiliatrice. Al mattino, ha luogo la messa della Comunione generale, seguita dalla Benedizione Eucaristica: - alla sera, alle 20, un'ora di adorazione predicata - ed è il popolo di Valdocco, con le associazioni della Parrocchia, che con vivissima fede accorre alla devota funzione.
Vogliano i buoni Cooperatori e le pie Cooperatrici unirvisi in ispirito.
Solenne Incoronazione di Maria Ausiliatrice a Roma.
Un'indimenticabile funzione si è compiuta domenica, 10 ottobre u. s., nella Cappella delle Figlie di Maria Ausiliatrice in Via Appia Nuova.
La pietà del nascente quartiere Appio ha voluto manifestare con rito solenne la propria devozione alla Vergine di Don Bosco col porre sul suo capo augusto una corona di oro, tempestata di pietre preziose, frutto di spontanee donazioni dei divoti.
Il rev.mo D. Rovella, parroco di Santa Maria Maggiore, preparò il popolo alla solenne cerimonia con un triduo di predicazione, e vari Prelati, come Mons. Cerretti, Arcivescovo di Corinto, Mons. Zampini, Vescovo di Porfirione, e Mons. Faberi, concorsero colla loro presenza e colla loro parola a render più solenne il triduo di preparazione.
Spunta la domenica, aspettata con ansia e giubilo da molti cuori. La cappella è tutta una festa di luci e fiori; è una festa di anime che si accostano numerose alla S. Comunione e pregano davanti alla statua di Maria Ausiliatrice.
Sono le dieci del mattino: dal fondo della Cappella sfila la processione, aperta da due paggetti recanti le corone, chiusa da Mons. Enrico Gasparri, Arcivescovo di Sebaste e Nunzio Apostolico al Brasile, vestito pontificalmente. Benedette con le preci di rito le due corone e intonato il « Regina Coeli », Mons. Arcivescovo, accompagnato dai sacri ministri, sale per una facile scaletta fino alla statua veneranda, e, fra la commozione generale, pone le corone sul capo di Gesù Bambino e della sua Madre SS.ma, Maria Ausiliatrice. Mentre il fumo degli incensi, simbolo di mille preghiere, sale alla Vergine Incoronata, Mons. Salotti con calda parola inneggia all'Opera di Don Bosco e a Colei che fu l'anima del suo fecondo Apostolato, Maria Ausiliatrice.
Segue la Messa solenne, pontificata dallo stesso Mons. Gasparri ed eseguita in musica dalle Figlie di Maria della Pia Unione locale.
Alle ore 16 Vespri della Madonna, entusiastico discorso del Parroco Don Rovella, solenne Te Deum, intonato dall'Em.mo Card. Gasparri, Segretario di Stato di Sua Santità, che chiude la solenne cerimonia, impartendo la Trina Benedizione. Terminata la sacra funzione, si raccolsero nell'ampio salone « Benedetto XV » numerose oratoriane, davanti alle quali si fecero passare sullo schermo brani scelti della nota film « Christus », mentre parte del popolo pareva non sapesse uscire dalla Cappella e separarsi dalla sua Madre, dalla sua Regina, da Maria Ausiliatrice, che dall'alto del suo trono continuava a sorridere benigna e ad effondere grazie e benedizioni.
Echi delle feste titolari.
S. AMBROGIO DI VALPOLICELLA. - In quest'ameno paese della provincia di Verona, a cura del Sac. Angelo Crescini, Missionario Salesiano, tornato in patria per una breve visita alla famiglia, si è canonicamente eretta l'Associazione dei Divoti di Maria Ausiliatrice, che in data 26 maggio venne aggregata dal rev.mo sig. Don Albera all'Arciconfraternita stabilita nel Santuario di Valdocco. Gli. ascritti sono più di 2oo; e, a loro cura, il 24 di ogni mese si compie la Commemorazione dì Maria Ausiliatrice in forma solenne, con messe e sante comunioni innanzi la sacra immagine.
GUALDO TADINO. -- LA CAPPELLA DELL'ISTITUTO S. ROBERTO per la generosità di M. C. G., a pio ricordo dei genitori defunti, è stata abbellita di una ricca statua della Vergine, eseguita con arte religiosa. Il volto della Madonna commove e invita a divozione; gli ingenui lineamenti del Bambino sono espressi con rara maestria.
Mons. Nicola Cola, Vescovo di Nocera Umbra, celebrò la Messa della Comunione e benedisse solennemente la statua, illustrando con parole d'occasione il significato del rito. Disse come le sacre immagini elevino la mente alla contemplazione di verità e di esseri soprasensibili e spirituali, e siano una predica continua; e, particolarmente, come la statua, rendendo quasi visibile tra noi la persona rappresentata, aumenti la divozione.
Alla Messa solenne venne eseguita scelta musica sacra; e nel pomeriggio ebbe luogo una breve accademia in onore di Maria SS., che agli alunni inneggianti a Lei sembrava rispondere con dolcezza materna. Subito dopo si svolse la processione, che sfilò tra suoni e canti sul colle Pincio, recando in trionfo l'artistico simulacro. La scena divota fece sentire la bontà di Maria SS. ed il suo patrocinio a quanti la invocavano.
Il rev. D. Angelo Del Ventura, parroco di Compresseto ed ex-alunno dell'Istituto, nel panegirico mostrò bellamente Maria SS. Regina del Cielo e potente Ausiliatrice del popolo cristiano; e Mons. Vescovo, dopo aver portata la reliquia in processione, coronò la solennità colla Benedizione eucaristica.
GRAZIE E FAVORI (*)
Viva Maria Ausiliatrice!
Nel 1918, per cause diverse, mi trovavo in tristi condizioni di salute, di più una lunga febbre con forti dolori diffusi in tutta la persona mi obbligava a letto, nè si vedeva, malgrado ogni cura, l'inizio della sospirata guarigione. A detta dei sanitari la mia salute non sarebbe mai tornata al felice stato primiero a causa della mancata maternità, cosa considerata dagli stessi quasi impossibile.
Sfiduciata di medici e medicine, un giorno in cui più forte mi travagliava il male, cominciai la novena a Maria Ausiliatrice consigliata dal Ven. D. Bosco, aggiungendo una preghiera in suo onore, affinchè egli pure intercedesse per me, con la promessa di pubblicare la grazia e d'inviare una tenue offerta al Santuario.
A novena compiuta la febbre cessò e i dolori scomparvero. La convalescenza fu però molto lunga e difficile, ma la mia fede in Maria Ausiliatrice, era sempre viva. E quando nessuno ci sperava più, quando le stesse persone della scienza ne avevano esclusa la possibilità, la Vergine Santa coronò i miei voti inviandomi, con la ripristinata salute, una bella bambina, ch'è la nostra gioia.
Mentre sciolgo la promessa fatta in un giorno di dolore, invoco altre grazie dalla potente Ausiliatrice, prima fra tutte quella di volere guardar sempre con occhio di predilezione la cara bambina tanto desiderata.
Catania, 8 maggio 192o.
ELISA LOMBARDO CELASCHI.
VALLONA DI Lozzo (Padova) I- VI - VIII - 1920. - Se dovessi raccontare tutte le grazie che mi ha concesso la Madonna, non la finirei più: ma non voglio tacerne una. Eravamo al 2° anno di guerra e i tre figli maggiori li avevo sotto le armi, e due in posizioni pericolosissime. Ricorsi, con promessa, a Maria Ausiliatrice, e la buona Madre me li ha visibilmente protetti da ogni pericolo, e, infine, me li ha ritornati, tutti e tre, sani e salvi, in famiglia. Invio l'offerta promessa, a vantaggio degli orfanelli di Don Bosco, fiduciosa che, dal suo trono di gloria, la Vergine Santissima vorrà continuare a proteggerci tutti da ogni male temporale e spirituale.
REGINA DoNGO.
MEDE LOMELLINA. - 5 - VII - 1920. - Angosciata profondamente perchè mia sorella, malata ad un ginocchio, non trovava nell'arte medica alcun miglioramento, mi volsi con fiducia alla celeste nostra Madre Maria Ausiliatrice, interponendo pure l'intercessione del Ven. Don Bosco, e promettendo, se ottenevo la guarigione di mia sorella, che avrei pubblicato la grazia ed inviato un'offerta. Oh! bontà e potenza di Maria Ausiliatrice! Terminata appena la novena, mia sorella incominciò a migliorare, ed ora è perfettamente guarita. Adempio la promessa, invitando tutti ad un'ilimitata confidenza in Maria, aiuto potente dei cristiani e nel Ven. Suo Servo.
CAROLINA BABISANI.
ANTOGNANO (Massa Carrara). - 25 - VIII - 1920. - Il 3 maggio u. s. la signora Domenica Pegliani in Ottolini, non appena divenuta madre, si trovò agli estremi, e le vennero amministrati i SS. Sacramenti. Venne raccomandata a Maria Ausiliatrice colla promessa d'iscriverla, insieme col marito, fra i Cooperatori Salesiani. Sull'istante, migliorò alquanto, e a poco a poco tornò in salute. Sia benedetta la cara Madonna di Don Bosco.
Un divoto.
CASTIGLIONE D'ADDA. - 28 - VIII - 1920. - Con animo profondamente grato e commosso innalzo un pubblico ringraziamento a Maria SS. Ausiliatrice e al Ven. Don Bosco, perchè da me invocati in un momento supremo di straziante dolore, mi ottennero dal Signore la salvezza e guarigione dell'unico mio amato bambino, ch'era stato colto da improvviso malore, che poteva rapirmelo. Alle provvide Opere Salesiane di Don Bosco e al Culto di Maria SS. Ausiliatrice, riconoscente, invio l'offerta promessa.
GIULIA BALZARI.
LUCENTO (Torino). - 18 - 9 - 1926. -Mio figlio, colpito da dolori artritici, ottenne la guarigione completa per intercessione di Maria SS. Ausiliatrice, che io invocai con fervore e fiducia. Riconoscente a sì buona Madre, che, concedendoci la sospirata grazia, diede modo a mio figlio di riprendere il suo lavoro, adempio la promessa, inviando una piccola offerta e pubblicando la grazia ricevuta, mentre imploro dalla SS. Vergine la sua celeste protezione, arche per l'avvenire.
ANNA CAPRA.
BRUSNENGO. - 24 - v - 1920. - Riconoscenza eterna a Maria Ausiliatrice per avermi preservati da gravi pericoli nella immane guerra i quattro miei figli Pietro, Silvio, Vincenzo, allievi di Don Bosco, e Virgilio. Angosciata per la paura di perderli, mi rivolsi alla cara Madonna del Ven. Don Bosco, a Lei li confidai; passarono i quattro anni pieni di ansie e di dolori, e dopo ripetute grazie ritornarono uno ad uno, tutti, sani e salvi. Ora sciolgo il mio voto, inviando mezza sterlina d'oro, che conservavo da anni per offrire a Maria.
AIMONE ERMINIA in GARIzIO.
RAVENNA. - IX - 1920. - Quanto è mai buona Maria SS. Ausiliatrice con chi ricorre a Lei con fiducia. Una pena terribile mi schiantava il cuore, pensando che se le cose fossero andate come le avevano ordinate gli uomini, avrei dovuto misurare con più stretta razione il già scarso pane alla mia famiglia.
Ricorremmo con fiducia alla Madre di tutti e La invocammo in nostro aiuto; ed Ella ci ascoltò, e, anche per questa volta, benigna ci tenne lontano l'imminente disgrazia.
Accetta, o Maria, la mia piccola offerta e la nostra riconoscenza, e custodisci sempre sotto il tuo manto la nostra cara famiglia.
MARIA GUICCIARDI LIMONINI.
TRiNo VERCELLESE. - 10 - IX - 1920. - Mia figlia Teresa, dopo la nascita d'una sua bambina, veniva colta da forte febbre bronchiale, ostinata alle cure dei medici. La poveretta dimagriva ogni giorno e ci faceva impensierire. Io sottoscritta, cooperatrice salesiana, preoccupata per il triste avvenire, mi rivolsi con fede a Maria Ausiliatrice, sicura che avrebbe ascoltata la mia voce di madre. Aveva appena finita la novena di preghiere, che la febbre ostinata scomparve, e l'intervento superiore prevenne la nostra aspettativa. Cessata la febbre, l'ammalata, in pochi giorni, riprende le sue forze, e riacquista la salute di prima. Riconoscentissima per la grazia ricevuta, adempio la mia promessa, e prego di pubblicare il favore sul Bollettino.
MUSSINO DOMENICA.
NIZZA MONFERRATO. - 22 - VIII - 1920. - Dopo aver lottato parecchi mesi per l'attuazione della mia vocazione religiosa, mi vedevo ormai quasi nell'impossibilità di riuscire. Consigliata da una cara persona, mi volsi con fiducia alla Celeste Ausiliatrice ed al Venerabile Doti Bosco, facendo una novena e promettendo, se mi avessero esaudita, di pubblicare la grazia.
Oh! bontà di Maria, subito fui esaudita, ed eccomi tra le sue figlie. Grazie, celeste Ausiliatrice, ti dico ora, da.questa santa casa, ove, col tuo aiuto, spero di formarmi una buona religiosa.
Una novizia delle Figlie di Maria Ausiliatrice.
VERONA. - 30 - VII - 1920. - Con l'animo riconoscente rendo le più vive grazie alla Vergine Ausiliatrice e al Veti. Don Bosco, che invocati, con tanta fiducia da me e dai miei cari, ci esaudirono conservandomi in vita e favorendoci con la loro grazia, quando più pareva che la gravissima malattia incontrata mi dovesse portare alla tomba, ed i medici più nulla davano a sperare. Piena di gratitudine anche per tante altre grazie ricevute, mando una tenue offerta, pregando la Vergine a volermi sempre benedire insieme con i miei cari. ANNA DRAGO.
VALLE MAGGIORE DI VIGNALE MONF. - 15 -X - 1920. - Come è buona Maria SS. Ausiliatrice! Se sono ancor vivo, è grazia sua. Caddi ammalato di tetano: e rapidamente il male tanto si aggravò, che i medici lo dichiararono incurabile. Insieme con la famiglia, feci ricorso alla Madonna di Don Bosco, cui promisi un'offerta per le Opere Salesiane, e sono perfettamente guarito. Ora sciolgo la promessa, dichiarando di non trovar parole capaci per esprimere tutta la riconoscenza mia e della famiglia.
FRANCESCO OTTONE.
Ottennero pure grazie da Maria SS. Ausiliatrice e alcuni, pieni di riconoscenza, inviarono offerte Per la celebrazione di Sante Messe di ringraziamento, per il tempio erigendo alla Sacra Famiglia, per le Missioni Salesiane, o per altre opere di Don Bosco, i seguenti:
A) - Accatino Erminia, Acci Fortunato, Airoldi Lina, Albertini Attilia, Albertini Giulia, Angius Luigi, Antonina Angelica, Apicella Francesco, Apparato Rocco, Arena Francesco.
B) - B. L. di Govone d'Alba, B. L. di S. Pietro di Morubio, Babilani Carolina, Balestro Tullia, Ballari Carolina, Balzari Giulia, Barone Giuseppina, Barozzi Maria, Barresi Giuseppina, Bartolini G. in Salimbeni, Barzio Rita, Benedetto Bice, Bergagna Rosina, Bergagnino Giovanni, Bernardotti Annunziata, Bianchi Angiolina in Zerbani, Bianchi Giovanna, Bianchi Rachele, Bianco Giulia, Biandrate Margherita, Bideschini Matilde, Boasso Gaspare, Boella dott. Adolfo, Bormolini Battista, Borrifacino Remigio, Bossi Santina, Bottinelli Teresina, Botto Rosetta, Bracelli Rosa, Brambilla Amedeo, Bran Virginia, Bressi A., Brunetti Maria in Baldini, Brusati Giuseppe, Buila Margherita, Buscaglia Maria, Butti Edvige.
C) - C. Annetta di Favria Canavese, C. G. di Torino, C. Maria, Caldiero Antonietta, Caltabiano Agatina in Grassi, Campagna dott. Alfonso, Candela Antonietta, Cantò Albina in Gozzi, Capra Anna, Caroniti Maria, Casagrande Caterina ved. Como, Casetta Battista, Castagnedi Ernesta, Castel Celestina, Castori Domenica, Catalano Clara, Cattana Palmira, Ceccarelli Maria Cristina, Cerri Margherita, Cerri Maria, Cerri Maria, Cerruti Matilde, Chiari Serafina e Pia, Chiattone Lucia, Chigioni Angela, Ciancio Giannina in Trigona, Congiu Antoniangela in Dejana, Coniugi Busca, Conterno Teresa, Cortelezzi Corinna, Cortesi Brmenegilda, Corvaja Elisa in Tita, Coscia Claudina, Cottini Emilia, Cottini Natalina in Casaleggio, Cravero Teresa, Crippa Teresina, Crocco Zeffirina ved. Scorza, Croci Giovannina.
D) - D. T. di S. Costantino Calabro, Darò Giuseppina, De Matteis Giuseppina, De Rosa Battista, Di Croce Maria in Colombo, Di Stefano Concettina, Duci Maria, Duclair Antonietta.
E) - E. B. di Nus, E. G. di Vercelli.
F) - F. F. di Torino, Faggio Giuseppina, Famiglie Ambrosini, Boschis, Fasano, Pasquero, Fasoli Dorma, Favero Giovanna, Federico Antonio, Fellini Fellino, Ferla Giuseppe, Ferrari Maria, Ferraro Giuseppe, Ferrero Giuseppe, Fesi Emilia, Filippini Letizia, Finco Giuseppina, Formusa Rosina in Castiglia, Fortuna Giacinta, Fracchia Teresa, Fustinoni Giovanna.
G) - Gabrielli conte Gaetano, Gallarati Michelìna, Galliano in Nardi, Gallotti Virginio, Gandolfi Angiolina, Garavaglia Giovannina m. Pastori, Garbarino Angela, Gastaldi Adelina, Gastaldo Maria, Gay Teresa, Gelmetti
Ro a, Giacobino Giacomo, Giannini Santina, Gianella Caterina, Giansiracusa Jole, Giuliano prof.ssa Angela, Giuliano Lorenzo, Golè d. Lodovico, Graziani Luisa in Cistarni, Grimani Maria in Marcello, Grossi Claudina, Guariento Emilia, Guicciardi Maria in Simonini.
I) - Isola G., Ivaldi Filippo, Ivaldi Maddalena.
L) - Laner Celeste, Lenzi Maria, Leone Gioachino Locatelli Annunziata, Loddi Gìuseppa, Lo Giudice M. Rosina, Longa Liduina, Longoni Ermelina, Luraghi Angela.
Ml - M. A. V., Macchiavelli Modesta, Maggi Linda, Malaspina marchesa Luisa, Manzon Angelo, Marchisio Faustina, Marciolis Adele, Marescioni Virginia, Masini Caterina e Famiglia, Massa Pasqualina, Mastalli Maddalena, Mazza Rosa, Melis Rino, Meneguzzo Serafina, Meynet Francesca, Migliavacca Martino, Migliori Mario, Milanese Angiolina, Milano Carolina, Milone Emilia, Minasso Caterina, Minniti Giuseppe, Morello Maria, Mortarotti Luigi, Mussino Domenica.
N) - N. F. di Rivoli, N. N. di Bricherasio, Mombello Torinese, di Nizza Monferrato, di Roccagorga, Rosti guano, Negri Anna, Nordera Antonietta in Fontana, Novello Giov. Battista, Novello Emilia.
U) - Olearo G..
V) - Pardetto Felicina, Parena Annetta, Paruzzi Giuseppe, Patani Anna, Piccinoli Virginia, Pecoraro Rosaria, Peleris Giuseppina, Peratoner Alberto e Maria, Perinati Giovanni, Perruchin Eusebio, Pescada Adriana, Pia Angela, Pia Pasqualina, Pigo Anna, Pigozzi Maria, Piuma
Emma, Piove Michelina, Piva Umiliata, Plumari Sarina, Poggiato Arpalice, Ponzetto Teresa, Prango Addolorata, Pugno Rosa.
R) - R. E. di Lecco, R. G. di Perego, R. T. di Viuovo, Rabino Giuseppina, Raffaelli V. Oliva, Ratto Vincenzo, Remogna Giuseppe, Rettagliata Angela, Riberi Lucia, Riccardi Clotilde, Rigoni Noemi, Ripamonti Francesca, Rizza Concetta, Rosignoli Adele, Rossi Maria, Rossi Pasqualina, Rovero Luigia, Ruà Lucia.
S) - Sacchi Alessandra, Sacchi Mario, Sauna d. Pietro, Santacini Maria, Santi Luigia, Savona Bettina, Scacco d. Giuseppe, Secondo Giuseppina, Sella Giovanni, Seminatore d. Vincenzo, Sempreboni Teresa in Brugnoli, Serra Paolo, Servalli Andrea, Soardi Margherita, Sorelle Formosa, Piasco, Provenzano, Sponghini Lina, Stazzone Marianna, Stefani Stefano, Stefanoni Anna, Alfonsina, Angelina, Guido e Tino, Stefanoni Gerardo, Stoppe Alirio.
T) - Tagliabue Paolina, Tasso Celestina, Terazzi Maria, Todeschini Angelina, Tognarelli Enrico e Lucia, Togni Faustino, Topran Giovanna, Tortolo Lucia, Toscano Rosa, Toselli Rosa, Tosadori Amedea e Giovanni, Tricarico Vincenzo, Tumino Giorgio, Turri Bettino.
U) - U. I., Ubertalli Edvige, Ubezzi Maddalena.
V) - Vacca Giuseppa, Valente Rosalia, Vanoli Gina, Vanoli Maria, Vanzini Cesare, Veltroni Letizia, Verga Amos, Vettoz Pia in Fancello, Vignolo Francesco.
Z) - Zambonin Eleonora, Zampieri Maria in Ceschi, Zanetti Angelina, Zucchiotti Mario.
- Memorie inedite. -
XIX.
« Ho unito le mie azioni di grazie alle vostre... »
Poteva avere sette od otto anni, quando mio fratello Raimondo, più giovane di me circa tre anni, cadde gravemente malato. Eravamo in campagna e, quindi, in poca comodità di aver medici e medicine. Per fortuna un medico, amico di famiglia (il buon Dottore d'Espiney, al quale eravamo debitori anche della conoscenza di Don Bosco, fatta due anni prima) comprendendo appieno l'angoscia di mio padre, che aveva già perduto due figliuoli, corse alla sua prima chiamata, e si fermò al capezzale del caro malatino. E subito dichiarò che Raimondo aveva una polmonite molto grave. Invocare l'Ausiliatrice dei Cristiani fu il primo pensiero di papà ; difatti scrisse immediatamente a Valdocco, confidando a Don Bosco le sue pene e chiedendogli il soccorso delle sue orazioni.
Ma il Venerabile era assente da Torino, e la lettera non gli giunse che alcuni giorni dopo.
Durante questo tempo il male progredì rapidamente, in modo inesorabile. L'ottavo giorno, verso sera, ogni speranza di guarigione era perduta: il dottore stesso riteneva che il piccolo malato non avrebbe trascorso la notte... perciò si vegliava presso lui, attendendo che esalasse l'ultimo respiro.
Eppure spuntò il nuovo giorno: e il malato respirava ancora... quando, improvvisamente, verso le sette, si destò come da un sonno profondo, s'alzò sul suo letticciuolo e domandò qualche cosa da mangiare... Oh! prodigio della bontà del Signore!... Era perfettamente guarito. Maria Ausiliatrice lo restituiva al padre suo.
Due giorni dopo, una lettera col francobollo italiano - vero messaggio celeste - veniva a suggellare in modo meraviglioso il prodigio avvenuto. Era una lettera di Don Bosco, che recava la data del giorno della guarigione del fratello e diceva: « Stamane, verso le sette, mentre saliva all'altare per celebrare la S. Messa, ho unito le mie azioni di grazie alle vostre per la guarigione del vostro figliuolo ». E l'anno seguente Don Bosco volle avere, come priore della festa di Maria Ausiliatrice a Valdocco, il piccolo guarito.
Sia sempre lodata e benedetta la potentissima Ausiliatrice, a cui siamo debitori di tanti benefizi. Che Ella si degni colmare di celesti favori il venerato Successore di Don Bosco e concedergli la grazia di veder presto la fronte di Colui, che tante e tante migliaia di anime chiamano « Padre », splendente dell'aureola dei Beati.
Avigliana, 24 agosto 192o.
A. M. DE VILLENEUVE TRANS.
Le nostre feste di maggio ebbero un'eco solenne. L'entusiasmo col quale si svolse a Torino l'imponente cerimonia, si ripetè spontaneamente in molte città d'Italia e dell'Estero, e fe' nascere, in più luoghi, l'idea di ricopiare in qualche modo le nostre solennità, riproducendo ed esponendo al pubblico le care sembianze di Don Bosco. Così si fece a Novara, come abbiamo già detto, e, in antecedenza, nella città di Messico, dove l'8 dicembre u. s., 78 Anniversario della fondazione dell'Opera degli Oratori, venne inaugurato un graziosissimo monumento col busto del Venerabile, opera e dono del Cav. Adolfo Ponzanelli, alla presenza della Colonia Italiana di quella capitale.
Per noi torna proprio commovente il rilevare lo slancio concorde di persone d'ogni grado per far onore al nostro Venerabile Fondatore.
In quasi tutti gli Istituti Salesiani si tennero adunanze e ad esse si associò, con gioia, il fior fiore dei nostri amici, benefattori, cooperatori, ed exallievi. Abbiamo già accennato ad alcune: ora non possiamo tacere di altre.
A Modica si pubblicò, per la circostanza, un numero unico: «Maggio radioso », dedicato agli amici di Don Bosco e dell'Opera sua. Il foglio, tra altri bei scritti d'illustri personalità locali, reca questo pensiero di Mons. Vizzini, Vescovo diocesano:
« Don Bosco! Il suo nome è un programma, un metodo, una missione! Come Tommaso d'Aquino la pazienza, Francesco Zaverio l'apostolato, Vincenzo de' Paoli la carità, Don Bosco richiama alla memoria il CATECHISMO. Il suo nome è il vessillo dell'insegnamento religioso nell'età moderna. Antesignano dell'Oratorio è Filippo Neri; ma l'organizzatore è Don Bosco. Ammirabili disegni della Provvidenza! Quando la famiglia si illanguidiva nella lede, e la scuola pubblica diventava laica, sorgeva l'Oratorio di Don Bosco, scuola e famiglia insieme, per la formazione religiosa della gioventù. Erano le sorgenti della vita che, preservate dal veleno dell'errore e del vizio, si custodivano limpide e fresche, perchè nell'arido deserto della società moderna fluissero deliziosa visione dell'eterna giovinezza della Chiesa. A Dio la gloria nei secoli! »
A Salamanca, nella Spagna, s'indisse un'imponente assemblea nel Teatro Bretòn, dove si raccolsero, mossi dallo stesso pensiero « di rendere omaggio a Don Bosco», i rappresentanti d'ogni ceto, dell'industria, del commercio, della milizia, delle magistratura, dell'Università, del Clero e del popolo. Esordì il Dott. Don Germano Lampe, ponendo in rilievo lo spirito che anima l'Opera Salesiana, cioè la santità personale del Fondatore. Vogliamo - concluse l'eloquente oratore - che Don Bosco non muoia e che la sua gloria s'irradii di nuovi splendori? Proseguiamo l'Opera sua, e, per questo, compenetriamoci dello spirito cristiano di lui. Quindi il dott. Mariano Reymundo illustrò, magistralmente, in uno splendido discorso, il lato sociale dell'Opera Salesiana.
Ad Alessandria d'Egitto, dove l'Opera Salesiana gode larghe simpatie, tutte le Autorità si raccolsero con i membri più cospicui di quella fiorente Colonia Italiana a rendere omaggio al Venerabile. « È certo - scriveva il Messaggero Egiziano - che fra gli uomini che illustrarono l'Italia e il mondo nel secolo XIX, ben pochi compirono opera così geniale, possente, vasta e durevole come Don Bosco. Egli abbracciò, in un medesimo slancio di amor filiale, la Chiesa e la Patria, che servìì fedelmente senza titubanze e compromessi; nutrì nel suo cuore un affetto profondo per il popolo, al cui bene consacrò, senza riserve e senza mire egoistiche, il suo genio creatore, la sua sorprendente attività, tutto se stesso, in mezzo a fatiche incessanti e a inenarrabili pene, ben diverso in questo dai tanti falsi democratici, che dell'operaio pensano unicamente a farsi sgabello per salire più alto.
» E non si contentò di raccogliere e distribuire soccorsi ai poveri; non pensò solo a sollevare miserie locali; ma diede vita e incremento a istituzioni multiple che denotano in lui una profonda conoscenza dei bisogni della classe operaia e l'intuizione pronta dei mezzi per porvi rimedio.
» Fu democratico, non nell'adescare il popolo con promesse illusorie, o nell'inebriarlo dei suoi diritti e della sua forza, ma lavorando alla sua educazione morale e tecnica, elevandolo con la considerazione dei veri nobili scopi della vita, rendendolo atto alla funzione preponderante a cui lo chiamavano i tempi moderni. Per questo fu il primo ad istituire in Europa nuovi tipi di scuole di arti e mestieri, dove il figlio dell'operaio non imparasse solo a dirigere la manovella di una macchina, a essere lui medesimo null'altro che una macchina produttrice di lavoro, ma dove si formasse intero: abile nel mestiere, colto di mente, educato nel cuore. Antivedendo la crisi dell'apprendimento dei mestieri col progredire delle industrie, tentò portarvi un efficace rimedio, accompagnando, all'istruzione tecnica dell'operaio nei laboratori e del coltivatore nelle colonie agricole, una coltura generale eminentemente pratica e adatta ai suoi bisogni e lo studio dei primi elementi delle questioni operaie e sociali. E questo non è che uno degli aspetti della sua straordinaria attività e dell'opera sua multiforme, nata dalla inesauribile fecondità del suo genio e dalla tenacia dei suoi propositi, e che sarebbe lungo volere anche sommariamente accennare. »
A Barcellona, per la stessa circostanza, s'inaugurò il nuovo salone-teatro nell'Istituto Salesiano di San Giuseppe, alla presenza di nobili cooperatori, del tenente dell'Alcalde sig. Bordas, del Console d'Italia, del Vescovo Diocesano, e del Nunzio Apostolico di Madrid, Mons. Ragonesi.
A Lima nel Perù, in aprile vi fu un'imponente assemblea, presieduta dallo stesso Presidente della Repubblica. Sedevano al suo fianco il Nunzio Apostolico e il Ministro della Pubblica Istruzione, con i membri del corpo diplomatico e consolare di quasi tutte le Nazioni che hanno Case Salesiane, primo tra essi il sig. Agnoli, Ministro d'Italia: e senatori, deputati e membri illustri del laicato e del Clero, con S. E. Mons. Drinot, Vescovo di Huanuco, che disse un eloquente discorso. Oratore ufficiale fu l'ecc.mo sig. Luigi A. Baralt, Ministro di Cuba e Cooperatore Salesiano, il quale rilevò in particolare ciò che fece Don Bosco a favore dei figli dell'operaio, somministrando ad essi non solo istruzione ed educazione materiale, ma anche spirituale e religiosa. Dopo la rappresentazione di un bozzetto allegorico: Preghiera e lavoro, venne presentato al sig. Ministro d'Italia, con entusiastiche parole del sig. Leonida Zolezzi, un prezioso album con la scritta: « All'Immortale Don Bosco la Colonia Italiana di Lima (Perù) ». Nella prima pagina l'album aveva questa dedica: « L'amore, la riconoscenza, l'ammirazione a Don Giovanni Bosco e all'arte italiana, di comune accordo e con nobile ardimento, com'esige la natura del soggetto, erigeranno nel prossimo mese di maggio, a Torino, un monumento bronzeo e marmoreo all'illustre figlio d'Italia, al grande benefattore dell'Umanità. Tramandare ai secoli, con monumento scultorico, la grandezza e lo splendore delle virtù di coloro che si sono resi altamente benemeriti dell'umana società, è opera di religione e di civiltà: e per questo, gli italiani residenti in Lima e nelle vicine città, dove si ammirano gli influssi benefici della carità di Don Bosco, aderiscono con tutta l'effusione dell'anima a cotesto tributo internazionale di profondo devozione, di memoria imperitura, destinata a perpetuare nel più lontano avvenire l'apoteosi del grande e immortale Don Bosco... Lima, maggio 192o ». -Seguivano circa mille firme d'italiani residenti nella capitale.
L'ecc.mo Sig. Agnoli accettò, con nobili parole, l'incarico di trasmettere a Torino il prezioso album, affermando che tanto più gli tornava gradito quell'incarico, in quanto che si trattava di un personaggio che era insieme « gloria delle Chiesa e gloria d'Italia ».
L'adunanza si sciolse al canto dell'inno di Don Bosco con accompagnamento di banda e di orchestra.
* *
Un'altra data memoranda, per grande entusiasmo alla memoria di Don Bosco, fu quella del 16 agosto, 105° Anniversario della sua nascita.
A S. Paolo nel Brasile, con intervento di S. E. Rev.ma Mons. Elvezio Gómez d'Oliveira, della Pia Società Salesiana, Vescovo di S. Luigi di Maranhao, vi fu un'imponentissima adunanza di amici e di ex-allievi, nella quale si deliberò di zelare sempre più l'incremento delle Opere Salesiane.
A Campo Bello (nello stato di Rio de Janeiro, Brasile) dove i Salesiani di Lavrinhas dirigono un nuovo Oratorio, il giorno 16 agosto fu considerato come festivo: quasi tutti si astennero dal lavoro: e ai giovani dell'Oratorio venne offerta dai Cooperatori una merenda abbondante e squisitissima. È singolare l'entusiasmo o, diciamo meglio, la venerazione che ha per Don Bosco quella popolazione. In quasi tutte le case commerciali venne introdotta la « Cassa di Don Bosco », destinata a ricevere le offerte per le Opere Salesiane, cui è riservata una piccola percentuale degli interessi di ogni giornata. Quest'opera di beneficenza, generalizzata nel paese, è riconosciuta da tutti come una fonte di prosperità. In tutte le case poi, non esclusi i luoghi pubblici, come il municipio, la stazione, l'ufficio postale, ecc., sta esposto il ritratto del Venerabile, con meraviglia di quanti visitano il paese.
***
Vogliamo infine rilevare come anche la stampa estera fece eco cordiale alle feste inaugurali del Monumento a Don Bosco. I giornali più diffusi e accreditati illustrarono la notizia con belle incisioni illustrative; e non pochi periodici tornarono sull'argomento, riportando la veduta della piazza di Maria Ausiliatrice al momento dell'inaugurazione.
Anche molti periodici d'Italia, di ogni colore, fecero eco all'avvenimento memorando. e Vita nostra », il bollettino quindicinale della Congregazione Mariana di Chieri, scriveva così:
Il Monumento al Ven. Don Giovanni Bosco
Visitavo or sono pochi anni a Torino l'esposizione dei bozzetti per il Monumento al Ven. Don Bosco da erigersi nel centro, nel focolare delle sue Opere grandiose, a Valdocco. Ammirando, criticando i bozzetti numerosi e di vario gusto, mi auguravo che il piccolo gesso modellato, per tocco magico di maestro dovesse riuscire presto un bel monumento in bronzo o marmo: e questo augurio ora felicemente si compie.
Don Bosco oggi ha il suo monumento, e se mai persona di intelletto e di cuore, di genio e di carità cristiana l'ha meritato, certo fu il Ven. Don Bosco, l'uomo che il mondo ammira come educatore impareggiabile, come apostolo di tanti giovani cuori.
In mezzo alla festa, all'indicibile gaudio, ebbi come in sogno o dolce visione, dipinta tutta la vita di Don Bosco.
Don Bosco, nome venerato e caro, quale entusiasmo non suscita al solo pronunziarlo! Esso è la sintesi di una multiforme attività, è una prova lampante della vigorosa vita della nostra santa Religione: Egli fu un vero figlio del Santo Vangelo, perchè del Vangelo colse l'intimo senso, udì la voce che è verità e vita.
Sinite parvulos venire ad me. Lasciate che i pargoli vengano a me, disse il Maestro divino, e D. Bosco ai pargoli aperse le braccia e il cuore, ed un popolo immenso di giovinetti a milioni gli si accalcò d'intorno festante, per avere dall'educatore la parola della purezza e del conforto.
Gesù aveva detto: Ho compassione del popolo.
Misereor, e Don Bosco, con l'arguta bonomia dell'Astigiano, con la grandezza di fede dell'apostolo, andò al popolo ed ebbe presto intorno a sè artigiani, operai, lavoratori, strappati al vizio, al sovversivismo, che questa colpa o merito non gli perdonerà giammai.
Gesù aveva detto agli Apostoli: Andate, insegnate in tutto il mondo. E Don Bosco, venerabile e venerato Padre di apostoli, questi disseminò per il mondo. Le Americhe, la Cina, la Palestina sono ancora campi per lui troppo angusti.
Tutti a mezza leciti furono usati dal grande eroe: la musica, il teatro, i viaggi, gli Oratori festivi, le religiose di Maria Ausiliatrice, le arti belle, l'officina e sopratutto la buona stampa: la sua penna fu quella di in faticato apostolo.
Fu legislatore religioso che attinse nella fervida preghiera i lumi per reggere l'immenso esercito che lo circondò: e le sue leggi ci hanno dato un angelico giovinetto Domenico Savio, un Beltrami. E questi nel giro di pochi anni.
Il Ven. Don Bosco è il santo che comprese i tempi, dopo averli studiati nel riflesso del cuore umano: ebbe squisito il senso dell'opportunità ed amò la sua patria facendola conoscere, rispettare nelle più lontane regioni, dove il nome d'Italia, per mezzo del Ven. Don Bosco, fu conosciuto sotto una nuova luce e benedetto.
Monumento di Don Bosco e della sua tenera devozione a Maria è il Santuario di Maria Ausiliatrice.
Monumento di Don Bosco è il Santuario di Valsalice, dove la sua tomba è un altare: monumento a Don Bosco sono i tanti collegi ed oratorii disseminati per il mondo: è il grido di viva riconoscenza che parte da milioni di cuori beneficati.
Così nella dolcezza del sogno, nella visione bella, così io vedevo il grande benefattore cristiano dell'umanità. Quando mi ruppe il sogno un grande grido di applauso, una musica fragorosa; che era avvenuto?
Era calata la tela e la cara immagine paterna dell'uomo grande apparve al mio sguardo, nella rifulgente luminosità dell'ora, viva, parlante.
Mi trovai in ginocchio, col ciglio inumidito di pianto, con le mani congiunte a preghiera.
Io veneravo un Santo.
P. DoMENICo VALLE S. J.
L'Em.mo Card. Cagliero.
È tornato a Roma il 23 ottobre u. s. Nel tempo della sua, permanenza in Piemonte, accettò anche quest'anno speciali inviti religiosi, e prese parte alle Feste solennissime per la 4a incoronazione Centenaria della Madonna d'Oropa, alle Feste Centenarie di S. Pancrazio a Pianezza, al Congresso Eucaristico Nazionale di Bergamo, e all'inaugurazione del Monumento a Savio Domenico a Mondonio. Il dì prima della partenza per Roma, benedisse una nuova schiera di Missionari Salesiani prostrati ai piedi dell'altare di Maria Ausiliatrice, diretti alla Patagonia, al Brasile, al centro e al nord America. Di questa solenne cerimonia diremo a parte, nel prossimo numero.
L'Em.mo, grazie a Dio, gode buona salute, e noi gli ripetiamo ex imo corde, anche a nome dei Cooperatori, i voti più fervidi di florida vita.
Riproduciamo con piacere dall'Eco di Bergamo, questo passo che riguarda l'Em.mo Card. Cagliero al Congresso Eucaristico:
« Dopo alcuni avvisi dati da don Luigi Drago, Mons. Bartolomasi con una alata apostrofe prega il forte apostolo della Patagonia, il Cardinale Cagliero, « il vecchio missionario », a chiudere l'adunanza colla sua parola e colla benedizione ai bambini di Bergamo e d'Italia. Si alza il venerando ottuagenario che ha visto passare sopra il suo capo tante e così travagliate primavere. Si avanza verso il proscenio, e tratti a sè i « paggetti » con quella profonda bontà con cui G. C. domandava che a lui ne andassero i pargoli, schiude il labbro, e volgendosi a Mons. Bartolomasi, parla così:
« Monsignor Presidente ha chiamato a parlare il vecchio missionario, ma io non sono vecchio (uragani d'applausi). I vecchi barcollano, ed io sto ritto (applausi). I vecchi hanno affievolita la voce ed io grido... ». (La folla non sa frenare il suo entusiasmo ed erompe in grida di Viva Don Bosco! Viva il Cardinale Caglierol Viva i Salesiani!). E continua l'Eminentissimo Principe ricordando il Ven. Don Bosco, il quale benediceva a lui bambino, nella casa dell'Oratorio in Torino, sempre con quelle parole « Crescete nel timor di Dio; astenetevi dal peccato ». Dice poi come Don Bosco seppe porre a base dell'opera sua la S. Eucarestia frequentemente ricevuta. Lo stesso ha fatto l'oratore nella sua Patagonia. E vide fiorire i miracoli.
Il dire del venerando Porporato interessa assai e fa dimenticare anche la necessaria stanchezza dopo due ore di seduta... in piedi per moltissimi congressisti. E quando il santo vegliardo stava per accommiatarsi dall'assemblea, una scena dolcissima ci si presentò. Il Cardinale Cagliero volle benedire nei pochi paggetti che gli facevano mirabile corona, tutti i paggetti e tutti i bimbi d'Italia. Ed i piccoli amici di Gesù Sacramentato piegarono le ginocchia, mentre il Principe della Chiesa volgendo il suo sguardo all'alto invocava la benedizione di Dio.
Ci sentimmo in quel momento come elettrizzati dinnanzi ad un quadro plastico. Ci parve rivivere un istante i lontanissimi secoli patriarcali. L'assemblea seppe raccogliere la bontà di questi istanti meravigliosi, col più religioso silenzio dapprima e col ripetuto scrosciante applauso di poi, quando l'Eminentissimo ebbe pronunciato la parola della benedizione.
Il Cardinale Cagliero, in quell'istante in cui benediceva, ha forse ricordato gli anni lontani in cui il suo, il nostro Don Bosco benediceva a lui piccolo fanciullo, e sentiva forse ancora una volta l'onda di bontà che portava con sè la benedizione di quel santo padre. E non si ingannava il Cardinale Cagliero. Dal cielo, ieri, nell'ora più toccante della assemblea,. Don Bosco dall'alto dei cieli a tutti benedisse: al porporato benedicente, a tutti i bimbi d'Italia, alle loro famiglie, all'umanità. Anche noi provammo tutta la bontà di quella benedizione »
TRA I FIGLI DEL POPOLO
TORINO. - CONCORSO FILODRAMMATICO INTERNAZIONALE. - Il « Circolo Giovanni Bosco » a ritemprare le forze e gli ardimenti degli amici e colleghi filodrammatici d'Italia, a suscitare nuove energie e sospingere i volenterosi verso gli ideali dell'arte che nel teatro morale ed educativo trovano tanto compiacimento, ben meritato plauso e sì vasto campo di sane ed artistiche soddisfazioni, ha indetto un « Concorso Filodrammatico Nazionale », il quale sarà corona dei memorandi festeggiamenti tributati all'Apostolo della Gioventù nell'occasione dell'inaugurazione del suo Monumento a Torino.
» È nel nome di Lui, il Grande Maestro d'ogni più geniale e moderna iniziativa, che i promotori del Concorso hanno lanciato l'appello e chiamato a raccolta i piccoli artisti della scena a Torino, a Valdocco, a dare prova della loro valentia.
» Il Ven. D. Bosco, che, dopo le funzioni religiose, amava tanto allestire pei suoi giovanetti, ora all'aperto ed ora in umili sale, un mcdesto ed embrionale Teatrino, e lo vedeva ogni festa formicolante di fanciulli intenti e beati, Don Bosco, che pei suoi piccoli amici non sdegnò di scrivere alcune famigliari, ma vivacissime scene, oggi dall'alto del suo Monumento mirerà con soddisfazione il succedersi delle giovani squadre nella sua terra, nei suoi locali, ora sì ampi e grandiosi, e ad esse sorriderà con compiacenza ». A tutte le Società Filodrammatiche degli Oratori, Circoli, Associazioni Cattoliche maschili d'Italia e aderenti alla F. A. T. E. è stato rivolto il fraterno invito.
Il CONCORSO è stato aperto il 24 ottobre u. S. dalla filodrammatica del Circolo del S. Cuore di Gesù di Roma, sotto la direzione del nostro Don Ulcelli.
CRUZEIRO (Brasile). - UMILI PRINCIPII DI UN ORATORIO. -- L'Oratorio Festivo « Maria Ausiliatrice » di Cruzeiro, il più importante dei quattro Oratorii che reggono i nostri confratelli della Casa di Lavrinhas (Stato di S. Paolo-Brasile) ha compiuto solo nel maggio p. p. il primo anno di vita. E che vita!... Merita bene un cenno speciale.
Cruzeiro è una città nascente, che conta, in tutto il Municipio, non più di ventimila abitanti, ma è un gran centro commerciale, essendo il punto dove la ferrovia « Centrale del Brasile », la più importante della Repubblica, s'incontra colla linea ferroviaria del Sud dello Stato di Minas, la quale è in comunicazione colle celebri stazioni di acque minerali: Caxambù, Lambany, Cambuira, ecc. Il progresso della città, ognor crescente, è dovuto specialmente all'impianto di nuove fabbriche, dove accorrono operai di ogni nazionalità, fra cui molti italiani. Orbene l'Oratorio Salesiano è attualmente l'unico ritrovo, l'unico luogo dove si dà istruzione ai figli del popolo, con la più generosa abnegazione.
Iniziato nel maggio del 1919, con approvazione, anzi ad istanza del Vescovo Diocesano di Taubaté, e l'appoggio efficace del parroco locale Don Giuseppe Maria Brandi, instancabile ammiratore delle Opere Salesiane, perchè avesse una garanzìa di buona riuscita lo si volle intitolato: Oratorio « Maria Ausiliatrice ». Venne inaugurato in un campo fuori della città, dono di una famiglia del luogo, e per le scuole di Catechismo e per le adunanze giovanili si usarono quasi per tutto l'anno... i locali d'un ospedale in costruzione! Chi lo crederebbe? Anche con questi umili mezzi, il numero dei giovani passò il trecento.
L'orario tenuto è il seguente: al mattino, sotto la guida dei Catechisti, inviati dal nostro Collegio di Lavrinhas, i giovani son condotti ad ascoltare la S. Messa in parrocchia; nel pomeriggio si adunano nel campo, dove sono trattenuti con vari giuochi fino all'ora del Catechismo. C'è proprio da ammirare l'influenza del sistema di Don Bosco. Fino ad oggi il campo delle ricreazioni è sprovvisto d'ogni comodità, non ha alcuna cinta, nè qualsiasi specie di riparo. bianca persino dell'acqua, che vi è trasportata di lontano con non piccola difficoltà; e non ha nemmeno l'ombra benefica di un albero. Eppure i giovani vi accorrono volentieri e v'imparano tante cose buone. I locali stessi dell'Ospedale in costruzione erano senza porte, senza finestre; tutto il mobiglio dell'Oratorio si riduceva a un quadro di Maria Ausiliatrice e... a una scopa. Ciò non ostante, più volte lungo l'anno si celebrò, su di un altare improvvisato, la Santa Messa nel futuro Ospedale, e circa duecento giovanetti furono così ammessi alla Ia Comunione. Dopo le divote funzioni, accompagnate sempre dai cantici degli stessi Oratoriani, alcune buone Cooperatrici del luogo offrivano generosamente a tutti caffè e latte coli pane e biscotti.
Senonchè i lavori di costruzione dell'Ospedale volsero alla fine e venne tolto ai giovani il permesso di recarvisi per timore che recassero qualche guasto. Ma non si arrestò l'entusiasmo dei promotori dell'Oratorio e dei buoni Catechisti di Lavrinas, i quali, allegramente, continuarono a fare a piedi da un paese all'altro il cammino, corrisposti dalla frequenza dei giovani. E si videro rinnovate le belle scene dei primordii dell'Opera Salesiana, quando Don Bosco, non sapendo dove raccogliere i suoi birichini, prese a radunarli in un prato, ove insegnava ad essi le verità della Fede. Anche nell'Oratorio Festivo di Cruzeiro, dopo la ricreazione, i giovani. divisi per squadre e seduti sull'erba, ora continuano numerosi ad apprendere i loro doveri di cristiani e cittadini.
Maria SS.ma Ausiliatrice vuol premiare la fede dei Catechisti e la costanza degli alunni, poiché coll'incasso di una recita di beneficenza data dai bravi Catechisti di Lavyinhas e l'aiuto di qualche Cooperatore e l'appoggio incondizionato del Parroco, si sono intrapresi i lavori di un modesto fabbricato pei locali indispensabili al regolare funzionamento dell'Oratorio, al quale auguriamo di cuore, lo sviluppo di cui abbisogna per la salvezza di tutta la gioventù di Cruzeiro, specialmente per l'operaia.
In Italia.
CATANIA. - FESTA DEI PREMI ALLA SCUOLA Di RELIGIONE. - Ci scrivono: Con intervento del rev. Capitolo della Cattedrale, delle Dame Patronesse, di un largo stuolo di cooperatori e cooperatrici salesiane, sabato 17 luglio, ebbe luogo nel nostro Oratorio, la solenne distribuzione dei premi alla scuola di Religione. Presiedeva l'imponente assemblea Sua Ecc. Mons. Ferrais, presidente della Commissione Esaminatrice.
Oratore ufficiale fu il rev.mo Can. Teologo delle. Cattedrale di Acireale, Prof. Scaccianoce, che trattò delle attuali condizioni sociali, indicando, come salvezza della società, il ritorno a G. Cristo, che in ogni tempo e in ogni luogo ha mostrato la via vera della verità.
Il Dott. Domenico Santacroce, decano degli antichi allievi di Don Bosco a Catania, indicò il compito del Circolo, come fu tracciato nei recenti congressi di Torino.
Il Dott. Don Vincenzo Bologna fece una breve ed elegante sintesi dell'opera svolta durante l'anno, mettendo in luce i fini che l'indussero a scegliere e a trattare, col sussidio di tutte le scienze positive e speculative, il grave problema dell'esistenza di Dio, cardine di tutta la nostra esistenza e centro animatore di tutta la vasta e complessa trama sociale.
Dopo opportune parole di ringraziamento del Direttore, si procedette alla distribuzione dei ricchi e svariati premi, provvisti dalla generosità di Sua Eminenza il Card. Nava, di S. Ecc. Mons. Ferrais, del nostro Superiore Generale Don Albera, dell'Ispettore Don Giov. Minguzzi, della principessa Emanuel, della signorina Irene Papale, e di tutte le Dame patronesse, le quali, sempre prime nelle manifestazioni del bene, hanno voluto dimostrare tutta la loro buona simpatia verso la scuola di Religione dell'Oratorio, addossandosi graziosamente le spese dei premi.
I lavori prescelti e premiati furono 15, divisi in due gruppi : I) Professionisti ed Universitari; 2) Studenti di Liceo e d'Istituto.
Subito dopo si procedette alla premiazione degli alunni delle scuole, che si erano distinti negli esami di catechismo; e in ultimo Mons. Ferrais, colla sua parola calda e vibrante manifestò la sua soddisfazione per la riuscita della festa, ed incitò i giovani a partecipare con entusiasmo a queste nobili gare che l'Opera Salesiana appresta pel bene delle anime, a salvezza della società.
Chiuse la festa un dramma sociale di occasione « Più in alto!», magnificamente interpretato dagli artisti del Circolo Giovanni Bosco.
- NELL'ORATORIO S. Filippo, ad iniziativa della Giunta Diocesana, dall'1 all'8 agosto, si tenne un Corso di lezioni religioso-sociali per i giovani più colti e volenterosi dei Circoli Cattolici della città.
Il corso s'inaugurò la domenica 1 agosto, alle 10, con una funzione religiosa. Celebrò la S. Messa Mais. Iatrini, Presidente della Giunta Diocesana, il quale, infine, rivolto un vibrato saluto ai numerosi giovani, mostrò tutta l'importanza religiosa sociale del corso che stava per inaugurarsi nel nome del Signore.
Subito dopo, il Dott. Scalia Carmelo, ai giovani raccolti nel salone delle conferenze, illustrò, con rapida sintesi, i vari temi delle lezioni, e ne mise in evidenza l'opportunità, la necessità e l'interesse, riscuotendo entusiastici applausi.
I temi svolti furono i seguenti: Esistenza di Dio - Gesù Cristo - L'Azione Cattolica in Italia e l'Unione Popolare - Questione Sociale - L'Inquisizione - La Chiesa - Il Papato -La « Rerum novarum » -L'Opera sociale di Don Bosco - Rapporti tra Chiesa e Stato - La Famiglia - La Purezza - La Proprietà - Il Divorzio - La Libertà di scuola - L'Azione cattolica fra i giovani - Organizzazione di classe - Organizzazioni economiche cristiane - Il P. P. I. e suoi rapporti coll'U. P. I. - Il Regno sociale del S. Cuore.
Il corso si chiuse ufficialmente la domenica 8 agosto, con la commovente funzione della Comunione generale. Mons. Iatrini, celebrata la S. Messa, si congratulò coi giovani per la costanza, l'amore e la passione con cui avevano seguito tutte le lezioni, e fece i migliori auguri perchè i principi e le sane dottrine apprese fossero, nelle loro anime ardenti, germe fecondo di vero rinnovamento morale e sociale.
Cantatosi il Te Deum, Gesù Eucaristico colla sua benedizione suggellava l'intenso lavoro d'una intera settimana di fede, di studio e d'amore.
All'Estero.
GERUSALEMME. - FESTA DEI PREMI ALLA SCUOLA ITALIANA MASCHILE. - Ci scrivono: - Il 4 luglio ebbe luogo nel locale della Scuola Italiana Maschile di Gerusalemme la festa dei premi alla chiusura dell'anno scolastico. E la terza volta che questa solennità si rinnova nella suddetta scuola, da quando essa, dopo la liberazione dei Luoghi Santi, venne riaperta a una settantina di vispi e intelligenti giovanetti di Gerusalemme.
» Presieduta dall'Ill.mo sig. Console d'Italia Cav. Alberto Tuozzi, fu onorata dalla presenza delle più insigni autorità locali civili e religiose. Ricordiamo Mons. Fellinger, Protonotario Apostolico e Provicario Generale, in assenza di Sua Ecc. Rev.ma Mons. Luigi Barlassina, Patriarca di Gerusalemme, l'ill.mo Tenente Colonnello Pophan e signora, in rappresentanza di Sua Ecc. il Governatore Stors, il Rev.mo Custode di Terra Santa, Padre Ferdinando Diotallevi, il Capitano Tita Micheletta, Comandante il Distaccamento Italiano di Palestina, il Tenente dei RR. Carabinieri Alberto Faedda; l'Ispettore del Banco di Roma, sig. Giovanni Spagnolo; il sig. Ing. Liberato Traversa e consorte; i membri della Colonia Italiana di Gerusalemme; una rappresentanza delle molteplici comunità religiose; i RR. Canonici e Preti del Ven. Patriarcato Latino coll'annesso Seminario, e un numero considerevole di altre distinte personalità e i parenti degli allievi. Un picchetto di RR. Carabinieri presentò il saluto alle Autorità. Dai muri di cinta e dalle alture vicine una folla sempre crescente di passanti spingeva lo sguardo sul palcoscenico del teatrino, che, dopo la rovina della tettoia, per l'eccessiva neve dello scorso inverno, è ancora aperto per i tre quarti all'occhio di tutti.
» L'accademia si aprì col suono della Marcia Reale, seguita dall'Inno Inglese. Seguirono varie composizioni nelle lingue d'insegnamento: Italiano, Arabo, Inglese e Francese; spigliate evoluzioni ginnastiche e saggi d'agilità alle parallele, coronate da un superbo quadro plastico, che strappò una salve d'applausi.
» La distribuzione dei premi mise il colino alla sorpresa comune, perchè, data la difficoltà dei tempi, disse chiaro il non lieve sacrificio compiuto nel sostenerne le spese. Nove orologi nuovissimi del miglior sistema ai nove giovani dell'annesso Oratorio Festivo, che in tutto l'anno non mancarono mai una volta senza giustificazione, medaglie d'oro e d'argento, dizionarii italiani ed italianofrancesi, libri scelti di letture amene, italiani ed arabi, e preziosi testi di scuola fecero felici i più diligenti.
» Voglia Maria SS. Ausiliatrice benedire i nostri sudori e aprire ài poveri compatrioti di Gesù una via sicura di vita religiosa e civiltà cristiana ».
BUENOS AIRES. - COMMEMORANDOSI IL 105° GENETLIACO Di DON Bosco nell'agosto u. s., s'inaugurò una Scuola di meccanica nel Collegio Leone XIII. Mons. Costamagna, Vescovo titolare di Colonia, impartì la benedizione rituale alla nuova officina. Alla cerimonia fecero da padrini l'Intendente Municipale sig. Cantilo e la signora Ernestina B. de Mosquera. Un gruppo di alunni diè un saggio ginnastico. Gli Esploratori «Don Bosco » eseguirono l'inno nazionale. Infine venne inaugurata una placca, offerta in omaggio alla memoria del Venerabile. Parlò il presidente signor Eladio Quintas, tracciando, a grandi linee, l'opera educativa del Venerabile ed eccitando i compagni a farla conoscere ed apprezzare, colla parola e col praticare gli insegnamenti avuti in collegio.
SANTA TECLA (Salvador). - UNA VISITA AL PRESIDENTE DELIA REPUBBLICA. - La festa di S. Luigi, celebratasi devotamente nel Collegio di S. Cecilia il giorno 11 luglio, fu seguita da una gitapremio di tutti gli alunni fino alla Capitale. Era il 6 agosto. Scesi dal convoglio, si avviarono in corteo al palazzo arcivescovile, dove furono paternamente ricevuti dal venerando Metropolitano, e nel pomeriggio, vivamente applauditi, sfilarono sino al palazzo del Presidente della Repubblica. Un alunno lesse a Sua Eccellenza un semplice indirizzo di riverente omaggio, cui il Presidente rispose con brevi parole d'alta soddisfazione e di cordiale augurio, esaltando l'Opera di Don Bosco e il lavoro dei suoi Figli, negli istituti aperti nella Repubblica, dicendoli « veri amici dell'operaio » e « suoi attivi cooperatori per la rigenerazione della classe popolare ». In seguito fece passare i cento alunni in un'ampia sala, dov'erano lunghe mense imbandite di dolci, gelati e rinfreschi, e, poichè solamente novantasei erano i posti preparati, fece aggiungere premurosamente un'altra mensa per i quattro più piccini che erano rimasti in piedi. Come li vide lietamente ristorati, volle che si andassero a divertire nei portici e nel giardino, e nel mentre ripetè le stesse gentilezze col personale dirigente. Non è a dire l'entusiasmo che destò negli alunni così cordiale accoglienza, che fu, per vari giorni, il tema preferito dei loro discorsi.
ULTIMA ESPERANZA (Cile). - UN NUOVO CoLLEGio si è aperto qui l'anno p.p., intitolato Josè Fagnano, per ricordare la cara memoria dell'Apostolo della Patagonia Meridionale e della Terra del Fuoco. Gli alunni del nuovo Collegio sono assai docili e affezionati, e a poco a poco vanno prenderido gusto alla pietà, fatto insolito in questo paese, ove regna purtroppo una grande apatìa per le pratiche religiose. Gli esami finali, svoltisi alla presenza delle autorità civili e militari, riuscirono felicemente. Era il primo saggio che davano quei fanciulli, e, francamente, non poteva essere più lusinghiero, tanto per gli allievi che toccarono con mano il profitto del nobile loro sforzo, quanto per le famiglie che videro la bella riuscita dei loro figli.
Prof. Cav. Evasio Franchi.
Si spense santamente nel Signore, a 73 anni, il 13 giugno u.s. Nato a Casalmonferrato, insegnò per qualche tempo ad Occimiano, e nel 188o venne a Torino, dove continuò ad esercitare il magistero in istituti privati e presso particolari famiglie, tra le quali è pur da enumerare la Casa di S. A. R. il Principe Eugenio di Savoia-Carignano. Uomo di fede, estese con grand'affetto l'opera sua alla Piccola Casa della Divina Provvidenca, dove insegnò pedagogia alle suore e aspiranti maestre. In pari tempo lavorò con entusiasmo nell'apostolato della Buona Stampa, e l'Italia Reale-Corriere Nazionale e la Voce dell'Operaio lo ebbero tra i redattori più zelanti. Una prece per il caro professore, che non mancava mai alle nostre Conferenze e alle funzioni per la partenza di nuovi Missionari.
Prof. Michele Ferrua.
Nato a Clavesana nel 1842, si spense, dopo una breve malattia, il 15 ottobre u. s. a Torino. Professore e Preside nei RR. Licei, compì la sua missione con alto sentimento educativo, alimentato dalla fede, che professò francamente, senza umani riguardi. Noi gli dobbiamo profonda riconoscenza per la simpatia che nutriva per l'Opera Salesiana. Pace e gloria all'anima sua, nel regno celeste!
Cav. Giacomo De Julio.
Spirò serenamente in Napoli, il 23 settembre, dopo una lunga infermità, sopportata cristianamente. Pio e caritatevole, amò di amor profondo Dio ed il prossimo, e anche nelle sofferenze, nei disinganni, nelle contrarietà, mantenne vivo questo duplice amore, che fu l'ideale della sua vita. La sua carità spiccò meravigliosamente anche durante l'epidemia colerica del 1884. Funzionario zelante e solerte, chiuse l'onorata carriera in qualità di Segretario presso il R. Istituto Nautico. Una prece per questo buon Cooperatore, affezionatissimo all'Opera di Don Bosco in Napoli.
Carlotta Baldioli Demichelis.
Abbandonò questa terra il 25 febbraio scorso. Insegnante per quarant'anni alle scuole comunali di Torino, fu tanto il suo culto ed affetto per l'infanzia innocente, che mai si ridusse a cangiare con altri superiori i suoi favoriti corsi della 1a e 2a elementare. Vedova da quindici anni di quei modello di cooperatore salesiano, che fu il Prof. Dott. Luigi Demichelis, continuò a consacrare tutta sè stessa alla pietà cristiana, all'espansivo amore per i figli, quattro dei quali vide con gioia abbracciare lo stato religioso. Riposi in pace.
ARAGNO Giulio, nato a Levaldigi (Cuneo), † a Mathi Torinese il 28 - 5 - 1920, a 55 anni.
Animato dallo spirito del nostro Ven. Fondatore, fece suo il motto: Preghiera e lavoro; e quando, negli ultimi anni, venne colto da una triste infermità, concentrò le sue energie alle pratiche pie.
CoLOMBo Sac. Giuseppe - (Ved. a pag. 287 di questo numero del Bollettino).
FIOCCHI Sac. Gabriele, nato a Cilavegna, † a Torino il 4 maggio u. s., in età di 69 anni.
D'una semplicità straordinaria, fu per qualche tempo in Francia, e, tornato in Italia, per lunghi anni fu addetto alla tipografia salesiana, come correttore, finchè gli resse la vista. Una prece per questo buon confratello, passato quasi improvvisamente all'eternità.
GADDA Maffeo, nato a Gardone Riviere (Brescia), † a Buenos Ayres il 20 - 7 - 1920, a 64 anni.
Entrato in Società in età matura, edificò i confratelli coll'esercizio della virtù, specie con un'eroica rassegnazione nel sopportare i dolori che travagliarono la sua vita.
GALLO Sac. Pietro, nato a Rubiana (Susa), † a Este il 30 - 4 - 1920, a 71 anno.
Lavorò fino agli ultimi anni, con grande abnegazione e carità. Il campo più glorioso delle sue fatiche fu il Collegio Manfredini. La sua memoria durerà a lungo, anche come oratore vivo ed efficace, in molti luoghi.
JoucK Sac. Lamberto, nato a Hasselt (Limburgo) morto a Bruxelles, l'11 luglio 1920, in età di 42 anni.
Morì esausto di forze, mentre stava incuorando i giovani al bene, durante una muta di esercizi spirituali. A chi gli annunziava prossima la morte, rispose con serenità ammirabile: - Avevo chiesto la guarigione o la rassegnazione. Iddio mi concede d'essere ben sottomesso ai suoi voleri.
LUALDI Fortunato, nato a Trecate (Novara), † a Pernambuco (Brasile) il 5 - 6 - 192o, a 49 anni.
Menò una vita semplice ed umile, ravvivata da un profondo spirito di serenità e di fede.,
MERTENS Sac Luigi, nato a Bruxelles, † a Liegi il 25 - 4- 1920, a 56 anni.
Direttore dell'Orfanotrofio S. Giovanni Berchmans e parroco a Liegi, fece un gran bene. Il segreto dei suoi successi apostolici fu un'unione costante con Dio. Sul tavolo di lavoro teneva scritto questo programma- « Tutto per amor di Gesù, con la più grande diligenza, per la maggior gloria di Dio ».
PISTONE Sac. Bartolomeo, nato a Cavallermaggiore (Torino), † a Valparaiso (Chile) il 7 - 7 - 1920, a 64 anni.
Lavorò nelle Missioni della Terra del Fuoco, guadagnandosi con la paterna bontà e longanime costanza il cuore degli Indi Fueghini. Assalito a morte da vari di loro si salvò miracolosamente, riportandone tuttavia una gravissima ferita, la cui cicatrice gli restò sempre chiara sul volto, pieno di semplicità e di affetto.
RABAGLIATI Sac. Evasio, nato a Occimiano (Casale), † a Santiago (Chile) il 2 - 5 - 1920, a 65 anni.
Parlammo di lui nel Bollettino di ottobre u. S.
TAMIETTI Sac. Giovanni Battista, nato a Ferrere d'Asti, † a San Pier d'Arena il 18 - 8 - 1920, a 71 anno e 10 mesi.
E scomparsa con lui un'altra veneranda figura di Salesiano, che, di Don Bosco portava viva l'impronta della bontà e dolcezza d'animo. Il Venerabile, che si valse di lui per iniziare la pubblicazione dei testi latini cristiani, un giorno gli predisse che avrebbe lavorato nella Pia Società sino a 5o anni, e non avrebbe raggiunto i 72 anni di vita. E il caro Don Tamietti nell'avveramento della prima predizione in seguito a una grave malattia che gli tolse la possibilità d'ogni lavoro, vide la certezza della seconda, e si preparò serenamente al passo estremo.
Preghiamo anche per:
ACCASTELLO Giovanni † a Casalgrasso (Cuneo) ASCOLI prof. Don Biagio † a Ceriale (Genova) BETTEGA Don Pietro † a Scurelle (Trentino) BETTINELLI Don Domenico † a Crevo (Brescia) BURBATTI Carolina t a Torino CALLIGARIS Francesco † a Bianzè (Novara) CARON Felicita † a Gattinara (Novara) CERRATO Ernesta † a Torino
CERATTO Don Pier Paolo † a Demente (Cuneo) DELLA GIOVANNA Maria † a Varzi (Pavia) DELUTTI CAPPELLI Donna Maria † a Pavia GAJA Adelaide † a Barbaresco (Cuneo) GIORDANINO Teol. cav. Don Giuseppe † a Druent GRIMALDI Nicola t a Part Chester (S. U. A.) LANZONI Mons. Primo † a Faenza LIzIOLI Elvira † a Crescenzago (Milano) MARTELLO Giovanna † a Port Chester (S. U. A.) ME=TTI Pietro † a Arnate (Milano)
MoRARI Don Ferruccio † a Reschigliano (Padova) NICOLA Rosa † a Occhieppo Inferiore (Novara) NIGRI BARBIERI Maddalena † a Varzi (Pavia) PELIZZARI Mons. Giov. M. Vescovo † a Piacenza PETRONE Avv. Alberto † a Limosano (Campobasso) RICCARDI BALENCIERI Cristina † a Castel Ceriolo RIVIERA Can.co Don Giovanni † a Valgioie (Torino;) ROGNONE Cav. Uff. Carlo † a Torino.
Rivolgiamo la più umile e fiduciosa preghiera al buon cuore di tutti i Cooperatori, perchè nel caritatevole invio delle loro offerte per le Opere di Don Bosco, vogliano aver presente il fortissimo aumento di spesa, cui dobbiamo sottostare per la pubblicazione del Bollettino.