ANNO XXXV - N. 5. Torino, Via Cottolengo 32. MAGGIO 1911.
PERIODICO DELLA PIA UNIONE DEI COOPERATORI SALESIANI DI D.BOSCO
SOMMARIO: Il titolo di Maria « Aiuto dei Cristiani » nella mente di D. Bosco 129 Ai Cooperatori . . 131 Per l'insegnamento del Catechismo: Consigli e norme ai Catechisti: 1-2) 132 Il V Congresso degli Oratori Festivi . . 134 In memoria di D. Rua : Solenni suffragi; La voce della stampa; Altri omaggi; Uno splendido elogio; Per la tomba 135
Tesoro spirituale 139
DALLE MISSIONI: Terre Magellaniche : « Folk-lore » fueghino; Onas . . . . . 140 IL CULTO DI MARIA SS. AUSILIATRICE: Pel 24 corrente - Nuove Chiese e Cappelle - Grazie e graziati 146
NOTE E CORRISPONDENZE: Nozze d'oro - Un altro alunno dell'Oratorio elevato alla dignità episcopale - Una cara notizia - A Valdocco - Gli ex-allievi: Il 1° Congresso internazionale - Tra i figli del popolo - Notizie varie - Necrologio 150
PERCHÈ la Chiesa abbia dato alla Beata Vergine il titolo di Aiuto dei Cristiani, e in onore di Lei invocata sotto lo stesso titolo abbia pure istituito una festa particolare - cioè quella che ricorre il 24 di questo mese di maggio - lo abbiam più volte ricordato ai nostri lettori. Invece non ab~ biam rilevato il motivo per cui Don Bosco, volendo diffondere in mezzo ai fedeli il culto di Maria SS.ma, abbia preferito di farla conoscere ed invocare come Ausiliatrice dei Cristiani.
Prima ancora di render pubblicamente noto il proposito d'innalzare il Santuario di Valdocco, egli ne svelava confidenzialmente il disegno a varî de' suoi.
Nel dicembre del 1862 diceva al chierico Paolo Albera, che doveva essere il suo secondo Successore
- La nostra chiesa è troppo piccola; non contiene tutti i giovani, o pure vi stanno addossati l'uno all'altro. Quindi ne fabbricheremo un'altra più bella, più grande, che sia magnifica: e le daremo il titolo: Chiesa di Maria SS.ma Ausiliatrice. Io non ho un soldo, non so dove prenderò il denaro, ma ciò non importa. Se Dio, la vuole, riuscirà. Io tenterò la prova, e se non si farà, che la vergogna dell'insuccesso sia tutta per D. Bosco: dica pure la gente: Coepit aedificare et non potuit consummare!
Fece le sue confidenze anche a Don Giovanni Cagliero, il futuro Apostolo della Patagonia, e questi attesta:
« Nel 1862 Don Bosco mi disse che meditava l'erezione di una chiesa grandiosa e degna della Vergine SS. - Sinora, soggiungeva, abbiamo celebrato con solennità e pompa la festa dell'Immacolata, ed in questo giorno si sono incominciate le nostre prime opere cogli
Oratorii festivi. Ma la Madonna vuole che la onoriamo sotto il titolo di Maria Ausiliatrice: i tempi corrono così tristi che abbiamo proprio bisogno che la Vergine SS. ci aiuti a conservare e difendere la fede cristiana. E sai tu un altro perchè?
» - Credo, risposi io, che sarà la Chiesa Madre della nostra futura Società, ed il centro dal quale emaneranno tutte le altre nostre opere a favore della gioventù.
» - Hai indovinato, mi disse: Maria SS. è la fondatrice e sarà la sostenitrice delle nostre opere! »
E non appena si sparse nell'Oratorio la voce che aveva ideato eli costrurre un nuovo tempio, egli chiese ad uno stuolo di giovani:
- E con qual titolo invocheremo la Madonna nella nuova chiesa ?
Chi propose il titolo dell'Immacolata, altri quello del Carmine, altri del Santo Rosario.
D. Bosco lasciò dire, ma poi manifestò l'idea di invocarla sotto il titolo di Auxilium Christianorum ; e dalle sue parole i presenti si fecero la persuasione, che egli voleva in tal modo ravvivare nel Popolo Cristiano la fede nel trionfo della Chiesa, nella lotta che deve sostenere in questi tempi.
E quando presentò in Municipio un abbozzo del tempio erigendo colla denominazione di Chiesa di Maria SS.ma Ausiliatrice, poiché un capo degli architetti credette bene di dirgli che quel titolo gli pareva impopolare, inopportuno e che sapeva troppo di bigottismo, tranquillamente rispose
- Signor architetto, nelle tante sue occupazioni Ella forse non ha avuto tempo di studiare l'origine di questo nome, ma esso rammenta la vittoria riportata dagli Italiani e dagli Spagnuoli a Lepanto contro i Turchi ; e ricorda anche la liberazione di Vienna e il nome del principe Eugenio di Savoia.
- Sarà, ma non pare adattato ai tempi.
- Ebbene, me ne suggerisca lei uno migliore.
- E non potrebbe chiamarlo del Carmine, del Rosario, o che so io?
- Oh.! la cosa si accomoda facilmente.
- Sì, sì, muti, muti il titolo! Quell'Ausiliatrice sembra che non suoni troppo bene... è un titolo nuovo in Torino... e potrebbe far supporre... e poi la Madonna ne ha tanti titoli!
- Certo qualunque titolo glorioso si dia alla Madonna, tutti a Lei convengono; e per quanto si dica, non si dice mai abbastanza... ma studieremo.
- Sì ! scelga un altro titolo; segua il mio consiglio.
Il titolo di Maria « Aiuto dei Cristiani » suonava adunque a certe orecchie come una specie di sfida, come un non so che di opposizione alle massime della rivoluzione e a' suoi trionfi ; pareva una nuova bandiera che si levasse nel campo della chiesa.
Don Bosco lasciò passare qualche settimana e fatto stendere il progetto tutto intero, lo ripresentò al Municipio. Non si parlava di Maria Ausiliatrice, ma, solamente di una Chiesa in Valdocco. Gli edili strabiliarono nel veder la grandiosità del disegno e, complimentando D. Bosco, gli dissero
- Ma qui ci vuole un milione! E come farà a portare a compimento una tal mole ?
- Ne lascino a me il pensiero. Io non domando danaro, ma l'approvazione.
- E qual titolo avrà questa chiesa ?
- Il titolo penserò io a trovarlo: A loro spetta solo il concedere che si innalzi il proposto edilizio.
Il disegno fu approvato e ne fu data notizia a D. Bosco, che non mancò di recarsi a ringraziare il capo ingegnere; ma questi avendo capito la ferma risolutezza dell'umile Sacerdote
- Mi pareva, gli disse, che Ella non sarebbe stata così tenace nelle sue opinioni e che si sarebbe arresa a mutare un titolo, che suona troppo male.
- Signore, rispose il Venerabile, vedendo che Ella non era contenta di quel nome, io non ne ho ancora dato nessuno a questa chiesa; e quindi sono in libertà di darle quello che mi sembrerà migliore.
- Dunque è un inganno !
- Nessun inganno! Ella non voleva approvare quel titolo e non l'approvò: io voleva darglielo e glielo do!... Così siamo contenti tutti e due, perchè tutti e due abbiamo compiuti i nostri desiderii.
L'ingegnere sorrise e si lasciò veder soddisfatto, sebbene a malincuore. Ma Don Bosco era nel suo diritto e il Santuario ebbe il titolo di Maria SS. Ausiliatrice !
D. Bosco infatti non volle cambiar questo nome a nessun costo, anche perchè « mentre si stava deliberando intorno al titolo sotto cui porre il novello edifizio, un incidente - narra egli stesso - sciolse ogni dubbio. Il Sommo Pontefice, il regnante Pio IX, cui nulla sfugge di quanto può tornare vantaggioso alla religione..., mandò la sua prima graziosa offerta di franchi 500 facendo sentire che Maria Ausiliatrice sarebbe stato un titolo certamente gradito all'augusta Regina del Cielo (1) ».
Nella stessa operetta da cui abbiam tolto questa citazione, Don Bosco dice pur chiaro perchè abbia preferito il titolo di Maria, Aiuto dei Cristiani.
« ....Il bisogno - osserva scultoriamente - oggi universalmente sentito d'invocare Maria non è particolare, ma generale; non sono più tiepidi da infervorare, peccatori da convertire, innocenti da conservare. Queste cose sono sempre utili in ogni luogo, presso qualsiasi persona. Ma è la stessa Chiesa cattolica che è assalita! È assalita nelle sue funzioni, nelle sacre sue istituzioni, nel suo Capo, nella sua dottrina, nella sua disciplina; come centro della verità, come maestra di tutti i fedeli. Ed è appunto per meritarsi una speciale benedizione del Cielo, che si ricorre a Maria come Madre comune, come speciale Ausiliatrice dei Re e dei popoli cattolici, come cattolici di tutto il mondo ».
Non dimentichiamo pertanto, o cari Cooperatori, le ragioni che ebbe Don Bosco nella scelta di questo dolcissimo titolo, e ripetendo frequentemente - nel corso di questo mese e in tutta la vita - l'invocazione „Maria, Auxilium. Christianorum, ora pro nobis", preghiamo sempre la Vergine anche pei bisogni di Santa Chiesa, secondo le intenzioni del Sommo Pontefice, e per la salvezza di tutte le Nazioni cristiane, in ispecie della Patria nostra! Verrà giorno in cui la festa del 24 maggio sarà celebrata con trasporti di riconoscenza e di fede dai cattolici di tutto il mondo!
(1) Ved. Meraviglie della Madre di Dio invocata sotto il titolo di Maria Ausiliatrice - 1a edizione del 1868, pag. 108.
Nella revisione degli indirizzi di qualche regione, abbiam trovato parecchi duplicati. A facilitare la soppressione di questo inconveniente, preghiamo quanti ricevono per isbaglio più copie del Bollettino con fascette distinte, a rinviarcene una colla nota : « Duplicato » o meglio ancora ad indicarci per cartolina postale la lettera e il numero apposto alle varie fascette.
Alcuni revv. Parroci ricevono il periodico coll'indirizzo dei loro antecessori. Ci farebbero un piacere, se ci mandassero il loro indirizzo preciso ed in pari tempo ci dicessero se l'antecessore cessò di vivere o fu traslocato altrove.
Teniamo anche a dichiarare a quanti cambiano domicilio senza avvertircene, che noi non possiamo far a meno di sospender loro l'invio del periodico, se, ricevutolo indietro dagli Uffici postali colla nota « trasferto », non ci è indicato dove dobbiamo proseguirne la spedizione.
Ad evitare poi perdita di tempo e la dispersione di molti Bollettini, perchè la causa del primo inconveniente veniente nasce precisamente di qui, preghiamo i sigg. Cooperatori e le signore Cooperatrici che hanno da modificare o correggere l'indirizzo col quale ricevono il periodico, di accompagnar sempre la commissione con una delle fascette colla quale lo hanno fino allora ricevuto.
CONSIGLI E NORME AI CATECHISTI
DoN Bosco nell'istituire la Pia Unione dei Cooperatori Salesiani ebbe pur di mira che ogni membro di questa Associazione aiutasse il proprio Parroco a salvare la gioventù pericolante, specialmente per mezzo dell'insegnamento del Catechismo.
« I Cooperatori sono legati alla Pia Società Salesiana, diceva D. Bosco, ma lo scopo primario si è che lavorino nella diocesi e nelle parrocchie sotto la guida ed in aiuto dei loro pastori ».
Noi vorremmo pertanto che ogni Cooperatore fosse un zelante catechista, il quale, o direttamente o per mezzo di altri, cercasse di esercitare questo nobilissimo ufficio, così inerente al carattere del cristiano.
A facilitare questo santo lavoro ed a rendere più copiosi i frut'i che immancabilmente derivano dall'insegnamento ben fatto della dottrina cristiana, presentiamo ai lettori alcune norme e consigli che il nostro confratello Prof. D. Albino Carmagnola dà a questo fine (1).
I) DOTI MORALI DEL CATECHISTA.
A conseguire il frutto del catechismo bisogna che sia fatto in modo efficace, e per questo fine fa d'uopo anzitutto che il catechista si presenti ai catechizzandi con doti morali e intellettuali che valgano a concigliargli la giusta stima della sua persona, l'attenzione a' suoi insegnamenti, la persuasione della sicurezza dei medesimi e la docilità nel tradurli in pratica. E qui, perchè si intenda pienamente il nostro pensiero, osserviamo che non intendiamo parlare soltanto del catechista sacerdote, ma altresì, anzi in modo specialissimo del catechista ancor solo chierico o semplice secolare, di tutti coloro cioè che sia nelle parrocchie, sia negli oratori festivi sono deputati ad aiutare i parroci e i sacerdoti nell'insegnamento della dottrina cristiana.
Il Catechista adunque deve essere fornito di pietà cristiana e compreso di grande amore a Gesù Cristo. Dall'esercizio della pietà, ossia dalla preghiera, dalla frequenza dei Santi Sacramenti, dalla partecipazione alle sacre funzioni della Chiesa, caverà gli aiuti necessari per compiere bene il suo ufficio. Dall'amore a Gesù Cristo sarà eccitato a spiegare un grande zelo, a sostenere volentieri la fatica, a vincere le difficoltà, a tollerare i disagi e gl'incomodi che il suo ufficio importa, a trasfondere con sentimento di convinzione le verità che insegna, a parlare, come si dice, col cuore, con desiderio vivissimo che Gesù sia conosciuto e amato come si merita.
Se mancassero al Catechista queste doti, anzitutto resterebbe privo della benedizione di Dio nell'opera sua, e allora invano egli lavora a edificare la casa, come dice Davide in uno de' suoi salmi, e poi il suo insegnamento sarà freddo, arido, svogliato, senza frutto, perchè non riuscirà a convincere i fanciulli e i giovanetti, che, sebbene in tenera età, capiscono già troppo bene che in tal caso il loro Catechista o crede poco a quello che insegna, o non vi dà la debita importanza.
Occorre che il Catechista abbia pure molta e vera carità cristiana verso i fanciulli e giovanetti che prende a catechizzare, 1° per rendersi somigliante a Gesù Cristo che li accoglieva a sè con tanta amorevolezza, e così meritarsi il premio da Lui promesso in quelle parole: « Tutto ciò che farete ad uno di questi miei piccoli fratelli, lo farete a me; - chi riceverà uno di questi fanciulli nel mio nome, riceve me stesso » (Matt. 25. 40; 18, 5); 2° per guadagnarsi il loro affetto, affinchè ricevano con buona volontà e con piacere i suoi insegnamenti; chè diversamente se il Catechista cercasse solo con la severità e col rigore di farsi temere, difficilmente le sue lezioni riuscirebbero fruttuose, dicendo assai bene San Gregorio Magno, « che non si ascolta volentieri chi non si ama ».
Tuttavia il Catechista deve badar bene che la la sua carità sia veramente cristiana. Sia egli pure affabile, tenga pure in classe un aspetto sereno e calmo, fuori di classe incontrando i suoi allievi o trattenendosi con essi, li chiami pure per nome e mostri d'interessarsi con sincerità di loro e delle loro famiglie, dimostri pure a seconda della sua condizione ed età un'affezione paterna o fraterna, ma si tenga sempre in discreta gravità e in giusto decoro di maniere che gli conciliino il necessario rispetto dei fanciulli, senza del quale non vi sarà mai attenzione e profitto, non si abbandoni mai a troppa confidenza e intimità, non entri mai a discorrere di ciò che riguarda troppo l'interiore altrui, escluda affatto le preferenze nel tratto, nelle lodi e nei premi e per coloro che si mostrano più graziosi, meglio vestiti e più intelligenti, e non abbia minor cura dei rozzi, dei poveri, e dei più tardi a capire, eviti come la peste le particolari affezioni e le dimostrazioni di affetto sensibile.
A questa vera carità cristiana il Catechista deve congiungere molta mansuetudine giacchè i fanciulli sono leggeri e alle volte caparbi, ma non sempre per malizia, bensì per rozzezza di educazione o per inconsiderazione; epperò senza essere deboli, conviene non di meno che ai loro mancamenti non si lasci trasportare facilmente dall'ira, non esca in iscandescenze e sfuriate e si astenga sopratutto dal dir loro parole offensive, soprannomi e titoli avvilenti, dal tirar loro le orecchie, dal pigliarli pei capelli, dal batterli comechessia. Questa eloquenza delle mani, oltrecchè può compromettere il Catechista dinanzi ai genitori dei fanciulli e alle civili autorità, è cosa che avvilisce assai colui che l'adopera, specialmente se chierico, ed è causa per cui e preti e catechismo siano poi presi in odio. Senza dubbio perchè il catechismo riesca fruttuoso sono indispensabili l'ordine, il silenzio, l'attenzione, la disciplina, ma per tutto ciò non devesi ricorrere a mezzi ingiusti e illeciti. Più di tutto attraggono e guadagnano i giovanetti le belle maniere, il tratto garbato e gentile, il fare amorevole, la pazienza a tutta prova. Si rammenti adunque in proposito la carità e la mansuetudine di Gesù Cristo coi fanciulli, e si faccia di tutto per seguirne l'esempio.
Il Ven. D. Bosco, che nell'arte di trattare coi fanciulli e giovanetti, non fu certo a nessuno secondo, diceva e lasciò scritto, « che per essi qualunque più piccola cosa può servire di castigo, il non dare uno sguardo benevolo, il non dire una dolce parola, l'esprimere un qualche lamento e simili ». Se occorre tuttavia di sgridarli o d'infliggere loro qualche piccolo castigo, lo si faccia opportunamente, quando cioè le mancanze sono veramente considerabili, poichè se il fanciullo si sente sempre sgridato e si vede sempre castigato per ogni bagattella, non sapendo come evitare tante sgridate o castighi, non bada più nè a questi nè a quelle, e si forma un'indole insensibile e quindi incorreggibile.
Si badi sopratutto a non respingere mai e allontanare dal catechismo con modi aspri e indegni qualche giovanetto per la sua cattiva condotta. Se pure alle volte il grave scandalo per gli altri esigesse una tale misura, il Catechista, dopo di avere esaurito ogni mezzo per ricondurlo all'or dine e al bene, lo prenda o meglio assai lo rimetta a chi dirige la dottrina, perchè ciò si faccia coi modi e nei termini più dolci e caritatevoli che sia possibile, e così nell'animo di quel giovanetto non s'ingeneri dell'odio centro l'insegnamento della religione ed egli non si faccia nell'ira sua a trascinarne via altri con sè.
2) DOTI INTELLETTUALI.
Il Catechista deve avere scienza sufficiente. Non si richiede che egli ne sappia quanto ne deve sapere il sacerdote, se egli è chierico o secolare, ma è necessario che abbia idee chiare, precise, sopra le verità della fede e sulla sua santa legge, affinchè possa impartire con sicurezza l'insegnagnamento ed esercitare in tal guisa una efficace influenza sull'intelletto degli allievi, senza la quale il Catechismo non riuscirebbe fruttuoso. Importa perciò che egli stimando quanto merita il suo ufficio, vi si disponga e si renda sempre più atto al medesimo con lo studio della Dottrina, della Storia Sacra ed Ecclesiastica, con la lettura di buoni libri che facciano a questo proposito, con l'assistenza alle istruzioni parrocchiali, coll'intervento alle conferenze catechistiche, con l'esercizio della meditazione e con altri simili mezzi.
Ma a ben poco gioverebbe la scienza anche eccellente, non che sufficiente, se nel Catechista non fosse accompagnata dall'abilità e dal criterio pratico. Quest'ultimo deve manifestarsi nel conoscere la condizione intellettuale e morale dei propri catechizzandi, nel tener conto della loro particolare capacità e indole e nel sapervisi adattare praticamente insegnando quello, e solamente quello, che conviene e nel modo più adatto. Il che va detto specialmente ai chierici studenti, i quali alle volte vorrebbero insegnare ai fanciulli tutto ciò che essi vanno imparando nelle scuole, e a tutti i catechisti in generale che da tutti i fanciulli pretenderebbero la medesima riuscita, mentre in quella vece insegnando di più di quel che conviene e pretendendo anche da quelli di tardo ingegno quello che si pretende dagli altri non si fa altro che confondere le menti anzichè illuminarle. - L'abilità deve esplicarsi nel sapere instillare nel cuore dei giovanetti un vivo amore all'istruzione religiosa; nel proporre loro di tratto in tratto qualche considerazione, qualche similitudine, qualche esempietto, qualche bell'apologo, che li disponga ad ascoltare volentieri e attentamente le spiegazioni con desiderio di trarne profitto; nell'essere capaci di richiamarli destramente all'attenzione, quando appaiono disattenti e dissipati, senza ricorrere a sgridate o a castighi; nel fare a tempo delle riflessioni morali, che servano a riscaldare il loro cuore di amore per Iddio e che valgano a metter loro in orrore il peccato; nell'indirizzare tutto l'insegnamento non solo a illuminare le loro menti ma a formare, come dice S. Paolo, Gesù Cristo in essi, a renderli tali che vivano cristianamente praticando la Chiesa, frequentando i Sacramenti, amando Maria, professando divozione al loro Angelo Custode e ai loro Santi protettori, fuggendo i cattivi compagni, i cattivi discorsi e le cattive letture, vincendo il rispetto umano, mantenendosi docili e obbedienti ai loro genitori e maestri, procurando insomma di essere esatti e fermi nell'adempimento dei doveri cristiani propri specìalmente della loro età.
(Continua).
(1) cfr. LA DOTTRINA CRISTIANA spiegata sul Compendio prescritto da Pio X, previo un ristretto di Metodica - Parte I. CATECHISMO BREVE, pag. 6 e segg. - Torino, Libreria Ed. Intern. della S.A.I.D. Buona Stampa.
Il 17 e il 18 corrente si terrà in Torino il V Congresso degli Oratori festivi e delle Scuole di religione, in omaggio al Giubileo Episcopale dell'Em.mo nostro Cardinale Arcivescovo. Il primo Congresso si tenne in Brescia nel 1895, il secondo in Torino nel 1902, il terzo a Faenza nel 19o6 e il quarto a Milano nel 1909. Tutti riuscirono fecondi di ottimi frutti; speriamo che altrettanto sarà del presente che si va preparando sotto ottimi auspici.
La Presidenza Onoraria sarà tenuta dall'Em.° Cardinale Arcivescovo Agostino Richelmy e da altri Arcivescovi e Vescovi.
La Presidenza effettiva venne affidata al rev.mo sig. Don Paolo Albera, nostro Rettor Maggiore, il quale sarà coadiuvato dai rev.mi vice-presidenti Mons. Muriana, Mons. Bosia, Mons. Condio, teol. D. Pola e teol. D. Diverio di Torino, e da altri distinti ecclesiastici di altre regioni.
Il programma sommario è il seguente:
Oratori festivi. - Sezione I: Organizzazione interna. - Formazione del personale insegnante e assistente. - Sezione Il: Spirito e Pratiche di pietà. - Funzioni religiose. - Sezione III: Insegnamento del Catechismo, gare catechistiche, prediche e sermoncini. - Sezione IV: Sport, Musica e Drammatica. - Sezione V: Convegno serale, Circoli, Segretariati del Lavoro, Risparmio e Previdenza. - Sezione VI: Oratori femminili.
Scuole di religione : Organizzazione - Programmi - Mezzi per mantenerle fiorenti.
Orario : Dalle ore 9 alle 11 e dalle 14 alle 15, Adunanze di Sezione. - Dalle ore 15 alle 17, Adunanza Generale. - Alle 20 , la sera del 17: Conferenza con proiezioni luminose sull'insegnamento del Catechismo; - la sera del 18: solenne Accademia dei cattolici della città e archidiocesi di Torino in omaggio al Giubileo Episcopale del Card. Richelmy.
IL 1° Anniversario della morte del compianto D. Rua segnò una rinnovata gara di suffragi Per l'anima sua e di omaggi alla sua memoria. In molti luoghi si celebrarono messe solenni, in altri si tennero affettuose commemorazioni e la stampa stessa ricordò con belle parole la funebre data. Non possiamo farne una rassegna completa, ma non sappiamo trattenerci dall'offrirne almeno un saggio.
Solenni suffragi.
Ci limitiamo a quelli celebratisi nel Santuario di Valdocco.
« Il pio ricordo - così il Momento del 7 aprile - reso perennemente vivo dall'affetto riconoscente, che in molta parte della cittadinanza torinese è conservato inestinguibile per Don Michele Rua, ha affollato ieri mattina, oltre ogni aspettativa, il grandioso santuario di Maria Ausiliatrice, di una vera turba di fedeli oranti e piangenti, intorno all'artistico catafalco eretto per l'anniversaria commemorazione di quel grande nella bontà e nello zelo affettuoso per il bene del popolo. Le strade erano letteralmente coperte di fango e di nevischio, la mattinata nebulosa e fredda minacciava nuovi rovesci di pioggia e di neve. Ma il memore affetto per il sacerdote che tanto desiderio lasciò di sè in tanta famiglia spiritualmente affratellata dalla sua beneficenza e nel suo amore, valse assai più che gli ostacoli del maltempo; ed alle 10,30 il sacro tempio era letteralmente gremito di cittadini accorsi dai più lontani rioni della città, accomunandosi in cristiano accordo per implorar il premio dei giusti all'anima paterna di D. Rua le rappresentanze del Clero secolare e regolare, delle associazioni cattoliche, degli istituti religiosi, dell'aristocrazia e del popolo.
» Il tempio era splendidamente parato a lutto. Intorno al catafalco, in appositi inginocchiatoi, notavansi i componenti il Consiglio Superiore della Pia Società Salesiana e le rappresentanze delle Figlie di Maria Ausiliatrice, circondate dalla numerosissima popolazione dell'Oratorio e da moltissimi operai di Valdocco.
» La Schola Cantorum diretta con squisito intelletto d'arte dal M° Cav. Dogliani, eseguì la «Missa pro defunctis » dei Maestri Palestrina e Anerio, accrescendo con le affascinanti modulazioni delle voci canore la commozione che dominava la pia folla radunata nel tempio pel mesto tributo di pianto e di suffragi alla memoria del Padre lagrimato. »
Celebrò il rev.mo nostro Superiore D. Albera, il quale, alla sera, tenne nella chiesa interna di S. Francesco di Sales una tenerissima commemorazione del 1° Successore di D. Bosco a tutti i Salesiani dell'Oratorio.
La voce della stampa.
Oggi è l'anniversario della morte di D. Rua. Tutta la stampa di ogni colore lo ricorda oggi, come un anno fa diede i resoconti della sua beata morte e degli imponenti funerali che ebbero fama mondiale. E un fatto questo che non va trascurato, perchè è chiaro segno che vi sono virtù dinanzi alle quali si spuntano i piccoli odi che ci dividono, vi sono uomini per i quali ogni partito dimentica se stesso e sente il dovere d'inchinarsi. Tanto più significativo il fatto, perchè l'uomo scomparso or fa un anno fu un rappresentante genuino di quel dogana contro cui oggi più fiera e accanita infuria la guerra, fu uomo che schivo di ogni mondano rumore, non ebbe al mondo altro fine da raggiungere, non perseverò instancabile che alla attuazione di un sogno: dimostrare la mirabile fecondità di bene che ha il cristianesimo cattolico. Sogno questo a cui è negato ogni valore, e contro cui s'appunta l'ironia di tutti coloro - e son legione - che o nella scienza o nella politica dei partiti, non nella religione, credono si celino l'energie buone che spingono in avanti la stirpe umana.
Don Rua fidente nella sua fede, in quella identica fede che aveva animato l'immortale D. Bosco, tirò via per il suo sentiero e sarà sua gloria immortale l'aver saputo, mentre i dotti disputavano sulle cattedre, i politicanti urlavano nei parlamenti e i mettingai sulle piazze si sbracciavano per trovare la formula nuova di assetto sociale corrispondente ai bisogni e alle aspirazioni frementi delle folle prostrate dal vecchio liberalismo, l'aver saputo, dico, additare le opere egregie della sua famiglia salesiana, nate, poggiate sulla fede, e per l'intimo spirito religioso fiorenti e destinate ad un avvenire più splendido.
Entrate in un laboratorio salesiano, in uno di quegli istituti grandiosi che la instancabile mano di D. Rua ha seminato in tutti i massimi centri popolosi del mondo, e rimarrete stupefatti. Ivi si lavora di un lavoro che non umilia, ma perfeziona lo spirito come la piano, non vi udite la bestemmia, ma non vi udite neppure la parola della ribellione; una pace cordiale, una santa fratellanza legano grandi e piccoli; ammirate un fervore di apprendere nei piccoli e un amore di insegnare nei grandi; Dio è ivi tenuto in onore, ma vi è pure tenuta in onore l'autorità e la giovinezza che si addestra alla vita operosa.
L'Opera salesiana ci ha sempre riempiti di alta e soave meraviglia poichè in essa ci sembra di vedere l'opera caratteristica che la Divina Provvidenza ha voluto come la chiave di vólta per la soluzione mirabile di tanti spinosi problemi sociali dell'ora presente in senso schiettamente cristiano. Affermare questa nostra convinzione nel giorno sacro alla memoria di un grande salesiano scomparso, ci è caro, ci torna di grande, ineffabile conforto.
(L'Unione di Milano, 6 aprile 1911). *
*
.... Se il mondo sapesse il cor che egli ebbe... Assai lo loda e più lo loderebbe.
DANTE, Purg. C. VI.
Non è ancor spenta l'eco delle supreme onoranze tributate a quel grande che fu D. Rua, non son cessati ancora - si può dire - i funerali e le esequie solenni per l'anima di lui benedetta; che già il volger dei mesi ci ha portato al primo anniversario della sua morte.
Chi fu D. Rua, quali opere abbia compiuto nella sua operosità multiforme, nella sua carità da apostolo, lo ripeterono e lo ripetono tuttora i figli e la stampa d'ogni colore; chi fu D. Rua, lo dissero gli stessi deputati al Parlamento; chi fu D. Rua, lo magnificarono entusiasti centinaia di operai da lui protetti; chi fu D. Rua, lo cantarono e cantano estasiati migliaia e migliaia di fanciulli, che lo riconobbero ed amarono qual padre.
Chi fu D. Rua, diremo in brevi parole; non per farlo conoscere, chè certo sarebbe cosa inutile, ma per far rivivere qualche istante la sua memoria fra noi, per ammirare estatici la sua grande figura e confermarci nella credenza che di veri santi, di grandi eroi furono fecondi tutti i secoli, non ultimo certo quello che noi attraversiamo...
(Da un lungo articolo dello Stendardo di Cuneo, 6 aprile 1911).
Il tempo non è tempo, ma eternità per chi si sente immortale: e il tempo, che è un terribile carnefice di fame effimere, che fa infracidire gli allori della gloria, che corrode i monumenti di marino, che intasa le idee fermate nel bronzo, che distrugge, accartocciandoli prima, polverizzandoli poi, quelli che sono i documenti del pensiero e della fantasia; il tempo aumenta invece, purificandola, la gloria degli uomini benemeriti per la virtù e per la carità.
Noi viviamo l'attimo elle fugge: ci compiacciamo troppo frequentemente delle vanità cartacee, degli applausi delle folle nei teatri e in piazza e non ci accorgiamo, spesso, che niente aggiungiamo alla civiltà e alla gloria vera, nostra e dei fratelli. Fantasticherie, fantasticherie: vanità delle vanità! Ieri s'è celebrato nella nostra città e in tutte le terre dove la sua opera è viva e immortale il primo anniversario della morte di D. Rua: niente fiori, niente cicalate vane, ma alte e fervide preghiere di popolo.
Ricordiamo che un anno fa tutta Torino accolse, piangendo, la notizia del rassegnato trapasso di D. Rua, di questo uomo di Dio che, più alto dei partiti e delle contese umane, aveva continuato, sereno e fiducioso anche durante l'imperversare della tempesta dilaniatrice, l'Opera meravigliosa del Ven. Don Bosco.
Don Rua, che fu una gloria della Chiesa, dell'Italia e della civiltà, passando dall'esilio tribolato alla beatitudine immortale, ha dimostrato alle folle cupide e avare, ai sapienti dello scetticismo, agli ansiosi che si dilettano nel dubbio, a coloro che negano, ai superbiosetti riformatori della Chiesa, che la più grande e utile attività umana, il bene - si può compiere - e si compie perfettamente - rimanendo fedeli alla Religione, ai suoi riti, ai suoi dogmi.
Questo uomo pronto a tutte le attività, che sapeva nel secolo vigesimo vivere come un asceta e sublimarsi nella meditazione e nella rinunzia, mentre il socialismo imperversava in piazza e il materialismo tutto corrompeva - la scuola e l'arte, il teatro e la famiglia, il libro e il giornale - richiamava negli ospizi, negli oratorii, nelle scuole, nelle officine della grande istituzione salesiana, una folla di giovinetti, di poveri proletari e dava loro la gioia di un mestiere, la coscienza dei loro diritti e dei loro doveri.
L'opera di D. Rua è viva: la sua figura eroica è presente, ammonitrice e consolatrice non solamente nelle case dove vivono i figli spirituali che ne continuano l'opera colossale, ma nelle case di tutti coloro che, credenti e increduli, amano il lavoro, il galantomismo e la verità. Non occorrono monumenti di marmo e segni esterni per immortalare uomini come colui che ieri il popolo di Torino ha ricordato nel Tempio che sorge presso la Casa Madre di tante case benefiche. Bastano il memore amore e la riconoscenza dei cuori filiali: basta la perenne carità che compiono coloro che hanno raccolto, or è un anno, dalla bocca del Morituro estatico in Dio, il testamento cristiano e civile. Ogni parola è nulla, perchè ogni parola interrompe una operosità.
E noi che, pronti alla battaglia abbiamo cercato sempre di corrispondere al suo tacito desiderio, che fummo cronisti delle sue esterne, non appariscenti e schive virtù e della sua operosità, mentre sentiamo rinnovato nel nostro cuore il rimpianto per la sua morte esultiamo nell'additare, ai nemici di Dio e della Religione, questo immortale testimone della eterna giovinezza della Chiesa.
(Il Momento di Torino, 7 aprile). *
* *
... Non è morto D. Rua! - Noi ce lo vediamo ancora dinnanzi, presente agli occhi ed al cuore, come in quei giorni felici che si aveva la fortuna di averlo tra noi, a rallegrare le nostre feste più belle, a portare nell'animo nostro la nota più dolce e soave della gioia e dell'amore. Noi ce lo vediamo ancora dinnanzi buono e sorridente come sempre era uso, e dalle sue labbra sentiamo ancora la sua parola dolce di bontà e di benedizione, vediamo ancora l'amato suo volto con quella espressione di mistica ingenuità e di infantile elevazione.
Quanti lo hanno veduto sono ancora compresi della sua dolce figura di asceta, espressione riva di una abitudine continua e famigliare a pensieri santi, all'orazione, alle penitenze; quanti gli rivolsero il discorso, sono ancora colpiti dalla parola buona, sicura, fragrante di fede, di sapienza e di conforto; quanti gli si rivolsero per cure ed affari, ancora lo ammirano superiore valente, conoscitore memore e mirabile di uomini e di cose, umile nella gloria, calmo nelle tempeste, 'sempre col pensiero e colle pupille al cielo...
Non è morto Don Rua! Oggi in modo particolare, migliaia e migliaia di cuori che ebbero la fortuna di avvicinarlo, di conoscerlo, migliaia e migliaia di cuori che l'amarono quanto si può amare il più tenero dei padri, si elevano a lui; sentono aleggiare d'intorno il grande e dolce suo spirito, e non piangono, no, sull'umile sua tomba, ma pregano come si prega un santo, sicuri che l'uomo di Dio, l'apostolo della religione, l'angelo della carità, il padre degli orfani, il benefattore dell'umanità, dal cielo li protegge e li benedice...
(Il Don Bosco di Milano, aprile 1911).
Altri omaggi.
UNA BREVE BIOGRAFIA.
È uscita lo scorso mese nelle nostre Letture Cattoliche, col titolo: - D.- MICHELE RUA : Memorie del Sac. prof. Gio. Battista Francesia.
« Le poche notizie che si erano qua e là dette nell'occasione che ci preparavamo per festeggiare il suo Giubileo - scrive l'Autore - avevano solleticato il desiderio, e si leggeva con piacere e meraviglia quanto il Signore aveva disposto, perchè il suo Servo fedele potesse compiere tante belle imprese durante il suo pellegrinaggio.
» Ma, tutti lo possono facilmente comprendere, non erano che spighe che cadevano quasi ad insaputa sua, che con mille arti cercava nascondere ciò che soleva fare e ciò che il Signore aveva voluto si facesse da lui.
» Noi pure che solevamo vivere con lui, che lo sentivamo quasi ogni ora parlare, che trattavamo con lui come si suole con persona intima e confidente, non trovavamo che tutto naturale e senza alcuna distinzione:
» Così, si diceva, farei io! così avrebbe fatto Don Bosco! Cosa c'è di straordinario? Non mi pare che ci sia nulla!...
» Eppure a pensarci su, si sarebbe dovuto dire che quella semplicità con cui cercava di accompagnare le sue opere, quel dire continuamente e tutto per il Signore e nell'altro che per il Signore », destava già in noi meraviglia, come formerà sempre l'elogio più bello della laboriosa ed umile ma nobile e santa vita di D. Michele Rua.
» Uno scrittore, che occupa un bel posto tra i pubblicisti di retto sentire, appena scomparve Don Rua, lo disse: Un sovrano della bontà (1). E che altro poteva dire? Egli confessa, che lo vide una volta sola a Firenze!... Che dovremmo quindi dir noi che l'abbiamo conosciuto per lo spazio di sessant'anni?
» Don Michele Rua, sempre eguale a se stesso, non deviò mai dal cammino che Dio gli tracciò per mezzo di D. Bosco; e mentre altri della sua tempra e della sua capacità avrebbe messo la sui gloria nel farsi un'altra via, egli pose la sua ambizione nel rimanere sulle orme a lui segnate dal grande e virtuoso Maestro.
» Io mi limiterò a raccontare con semplicità le cose, che nel corso di tanti anni io stesso ho veduto; essendo convinto che una vita completa di D. Rua non si potrà avere che di qui a qualche anno, perchè non si sono ancora raccolte tutte le memorie che si desiderano; come vi sarebbe bisogno di uno o più anni di tempo per esaminare e coordinare diligentemente le molte notizie già raccolte.
» Tuttavia il volumetto che ora io offro, può appagare pel momento in qualche maniera l'ardente brama di coloro, che conobbero D. Michele Rua e aspettano notizie della sua vita prodigiosa ».
Il libretto è scritto i n stile popolare e quantunque sia una breve rassegna delle principali opere compiute dal Successore di D. Bosco, ha molte pagine ricche di tanto affetto che si leggono con vero piacere.
Ecco ad es. come l'Autore narra il suo primo incontro con Michele Rua giovanetto.
« Era un giorno di festa del mese di luglio 1851 e frequentavo regolarmente l'Oratorio da poco tempo, e quasi non conoscevo ancor nessuno. Le funzioni religiose non mi saziavano; sovente dopo aver sentito predicare Don Bosco, io mi fermavo a pregare. So che leggevo la coroncina del S. Cuore e finivo con quella al Cuore di Maria. Leggevo, ma non ancora capivo bene il significato di quelle gravi parole ; tuttavia ciò che fermava l'attenzione mia era la giaculatoria finale: Sacro Cuore di Maria, fa' ch'io salvi l'anima mia!
» Dopo poche domeniche mi vidi vicino un giovane, che io punto conoscevo, ma di un aspetto tanto divoto che destò in me un sentimento di meraviglia. Nell'uscire, egli si ferma e dopo d'avermi data l'acqua benedetta e di essersi segnato, lui disse:
» - Come ti chiami?
» - Io? mi chiamo Francesia. E tu? » - Michele Rua.
» - E qui a farmi diverse interrogazioni, fra cui, perchè non usassi confessarmi a D. Bosco:
» - Se sapessi, come ci confessa bene! quasi non abbiamo bisogno di dir nulla. Dice tutto lui! » - Oh! ma D. Bosco confessa anche?
» - Come ti dicevo, assai bene.
» - E quando?
» - Tutti i momenti che si desidera. Generalmente però confessa il sabato sera e la domenica mattina.
» - Ti ringrazio della notizia che mi hai data. Credevo che l'Oratorio si facesse solo dopo pranzo. - E da quel momento, io presi tale confidenza con Don Bosco da non lasciarlo più, grazie alla pia sollecitudine di questo incomparabile amico.
» E qual non fu la mia meraviglia, quando al suo letto di morte, nel suggerirgli qualche buon pensiero, come me ne aveva pregato, mi ricordai di quella pia giaculatoria e gliela rammentai! Forse anch'egli ricordò il nostro primo incontro, perchè si alzò come di scatto, per quanto glielo permettevano le sue forze, e fu anche l'ultimo slancio vivace di quel santissimo uomo, e ripetè con affetto:
» - È tutto! è tutto! salvar l'anima, salvar l'anima! »
DA UN PERIODICO TEDESCO.
Il diffusissimo settimanale tedesco Monika, nei numeri 4 e 5 di quest'anno ha due articoli di fondo su D. Rua, dai quali spigoliamo questi periodi :
Quando il 31 gennaio 1888 Don Bosco, quel grande Apostolo della gioventù d'Italia e fondatore della Pia Società Salesiana, chiuse gli occhi per sempre, molti si domandarono forse con ansietà: - E sarà possibile sostituire perfettamente quest'uomo santo, d'incrollabile confidenza in Dio, e di tanta forza organizzatrice?
Ma soltanto coloro che stavan lontani si poteron fare questa timorosa domanda. Quanti uniti dallo spirito apostolico di Don Bosco operavano con lui e sotto di lui, benchè colle lagrime agli occhi, pure subito guardarono pieni di gratitudine colui che il Fondatore aveva chiamato antico ed iniziato a tutti i suoi pensieri ed agli stessi suoi ideali, e che ardeva in cuore dello stesso entusiasmo per l'onore di Dio e dello stesso zelo per le anime. Quest'uomo era D. Michele Rua!
Colla sua morte avvenuta il 6 aprile 1910 si spense una vita, così venerabile e santa e così riccamente spesa, che è un obbligo d'onore d'innalzare nei giornali cattolici un monumento a questo gran sacerdote cattolico.
Felice la Società Salesiana che riposa su due colonne così potenti e munite di forza divina, come Don Bosco e Don Rua! Vengan pure le tempeste ad assalire con veemenza la sua forte struttura; i fondamenti suoi hanno profonde radici nel campo della Chiesa, nel Cuore sacratissimo del nostro Redentore, nella protezione dell'Ausiliatrice dei Cristiani. Questa Società è vivificata dal respiro caldo di amor di Dio e del prossimo che uscì da questi due Apostoli di carità; perciò il vento glaciale dell'indifferenza, del dubbio di fede, dell'odio di classe, deve retrocedere dinanzi a lei che spiega un'alta missione di lavoro indefesso, di preghiera costante, di pace inalterabile.
In ogni luogo e in ogni tempo Dio benedica le Opere di Don Bosco e di Don Rua, così necessarie ai tempi nostri!
Uno splendido elogio pronunciato alla Corte d'Appello di Torino.
« ...E sempre doloroso il dover constatare come la pura protezione legale che gli ordinamenti pubblici nostri, e segnatamente il Codice Civile, offrono per la protezione dell'infanzia e dell'adolescenza, non sia sufficiente allo scopo, e che essa rimanga sempre uno dei problemi più gravi e più urgenti dell'epoca nostra, e ciò non solo in Italia, ma in tutti i paesi civili
» ... In attesa delle nuove disposizioni legislative, sarà pur sempre necessaria, a prevenire il male, l'iniziativa privata.
» Un noto sociologo, tenendo qui una conferenza densa di fatti e di apprezzamenti, rela tivamente alla protezione dei fanciulli abbandonati, faceva un caldo appello all'entusiasmo di tutti, ma più specialmente alla perseveranza, condizione essenziale perchè si giunga a risultati fecondi; pur troppo, diceva, molti incominciano, ma poi si ritraggono o dopo le prime soddisfazioni del successo o dopo gli inevitabili scoraggiamenti della difficile impresa.
» Un mirabile entusiasta e un perseverante vero, il cui nome è ben giusto sia qui pronunciato con onore, come esempio d'attività benefica e sociale, fu un modesto sacerdote, Michele RUA, morto lo scorso anno fra il rimpianto commosso di tutti, beneficati ed ammiratori. Dell'opera sua disse Cesare Lombroso, che essa fu uno sforzo, l'unico fatto finora su larga scala per la redenzione della gioventù derelitta.
» Lungo le spiaggie lontane, attraverso i mari, nelle sterminate piantagioni d'oltre Oceano, nei centri popolosi, ma specialmente fra queste mura stesse, negli ospizi, negli opifici, nelle scuole professionali, nei ricoveri, dove ferve il lavoro e si fa operosa ed industre la carità, si udì il rammarico per il condottiero che aveva consumato piamente la vita; e lo stesso pessimista, che non vuol più riconoscere la virtù, espresse riverenza per l'operoso fratello caduto sul campo.
Nella figura che scomparve, la gente, assai meno scettica di quanto si dica o si pensi, ritrovò le visioni sincere della vita, e nel dolore che avvolse la modesta bara, ravvisò la immensa comunione umana raccolta dallo stimolo della solidarietà, perenne tormento e segreto rimorso di prepotenti egoismi.
» Egli non fu un potente, anzi volle modestia ed umiltà; non indugiò fra le difficoltà e gli scoramenti, non disdegnò il suo tempo, nemmeno fu il teorico del progresso nè il dissertatore della lotta di classe, nè un clamoroso tribuno, nè un eccitatore di proletari; neanche fu un dialettico acuto della Sociologia; ma egli intese le miserie, i bisogni, le deficienze, le speranze del suo tempo ed ispirò il suo amore alla grande legge della redenzione e del lavoro, donde venisse utilità ai sofferenti d'ogni classe ed ai quali fosse fornito, sopratutto ai fanciulli poverelli abbandonati o ribellanti, il sussidio materiale dell'azione, il conforto spirituale della mente ed il beneficio che si può trarre dalle conquiste scientifiche e dall'ardore intellettuale della civiltà nuova. E le migliaia di fanciulli derelitti, che gli debbono la vita morale, le famiglie che a lui devono il ricuperato benessere, le esistenze randagie che gli debbono il tetto, l'occupazione, il ritorno alla dignità umana, la riconciliazione con se stessi e con la Società, che hanno forse maledetta, formano un complesso di benemerenze che spiegano il concorde rimpianto di tutti, di Principi e di Popolo, per la dipartita del Benefattore.
» Di fronte a queste mirabili esistenze volutamente oscure, che adoperano ogni loro forza, non a conseguire personali soddisfazioni o ricchezza o potenza, ma a prodigarle a favore di quanti sospinge bisogno o sventura, sorge naturale una domanda pensosa e grave: Chi sono e donde vengono questi eletti? donde traggono quella coscienza che li conduce ad intendere così compiutamente i bisogni dell'uomo, quelli dello spirito e quelli del corpo, ed accorrono fidenti, sfidano le ostilità, vincono le diffidenze, eccitano le simpatie, sollevano le volontà?
» Essi guardano all'alto; sentono nell'anima e nel cuore la fede sicura, la missione di vita, la virtù operante ed il loro pensiero, penetrato di spirito religioso, ascende con fiducia verso Dio ».
(Dalla « Relazione sull'Amministrazione della Giustizia nel distretto della CORTE DI APPELLO DI TORINO nell'anno 1910, esposta nell'Assemblea Generale del 5 gennaio 1911 da Luigi Pulciano, Avvocato Generale » edita dalla Stamperia Reale di G. B. Paravia e Comp., pag. 16, 17 e segg.).
Per la Tomba.
Alcune pie Signore di Torino, mosse da sentimenti di profonda riconoscenza e vivissima venerazione pel compianto D. Rua, si son fatte promotrici di un conveniente abbellimento della sua Tomba, e spontaneamente si sono anche sobbarcate al non facile incarico di ritirare in persona quelle offerte che i Signori Cooperatori e le Signore Cooperatrici Torinesi intendessero destinare a tal fine. Essendo questa una permissione affatto singolare, non avendo mai incaricato alcuno di raccogliere offerte o limosine per le Opere Salesiane, ad ovviare ogni spiacevole equivoco le medesime pie Signore si presentano munite di una lettera autografa del rev.mo nostro Rettor Maggiore, sig. D. Paolo Albera, al quale anche possono direttamente inviare il loro obolo quanti di Torino, o di altre città, vogliono prender parte a quest'opera. I benemeriti oblatori si abbiano fin d'ora tutta la nostra riconoscenza.
(1) E. BATTAGLIA: Un Sovrano della bontà (D. Michele Rua). Ditta G. B. Paravia e Comp. 191o. L. 1,5o. È lo studio affettuoso che il brillante scrittore fiorentino pubblicò poche settimane dopo la morte di D. Rua.
Indulgenza Plenaria:
dal 10 maggio al 10 giugno:
1) il 24 maggio, solennità Maria SS. Ausiliatrice (visitando però, ove esiste, una chiesa salesiana e in mancanza di questa la parrocchiale, ad eccezione delle persone viventi in comunità per le quali la visita è permessa come sempre);
2) il 25 maggio, solennità dell'Ascensione;
3) il 4 giugno, solennità di Pentecoste.
TERRE MAGELLANICHE
"Folk-lore„ fueghino. Onas.
Per Folk-lore (voce dell'antico inglese che alla lettera suona popolare sapere) s'intende tutta la cultura che un popolo deve esclusivamente alle sue energie e può definirsi: una specie di enciclopedia delle tradizioni, credenze, miti, superstizioni, costumi proprii delle classi popolari o delle gesti poco avanzate in civiltà. Il Folk-lore non è più considerato come un insieme di fiabe o leggende raccolte al solo scopo di appagare la curiosità ; esso è ora da tutti apprezzato come un importantissimo studio che può fornire dati ed argomenti alle altre scienze, e, per es., cooperare alla definitiva dimostrazione dell'unità d'origine della specie umana. Molti miti infatti, quando siano spogliati dell'elaborazione fantastica, mettono in luce ricordi uguali a quelli di altri popoli e quindi riconducibili ad un'unica fonte o rivelazione. Così pure i pochi miti che qui si riferiscono offrono già materia per tentare delle induzioni utili alla geologia, alla zoologia, alla geografia ecc. Non è mestieri il dire di più per mostrare di quanta importanza e di qual vantaggio esso sia alla scienza (1), per cui, attesa anche la non comune diffusione del nostro periodico, siamo ben lieti di poter dare nuovi dati etnografici di quei popoli che furono e sono tuttavia oggetto di apostoliche sollecitudini per parte dei nostri Missionari.
Queste pagine sono un breve saggio di una preziosa monografia su Gli Indi dell'Arcipelago Fueghino, diligentemente compilata dal nostro confratello dott. D. Antonio Cojazzi, professore al Seminario delle Missioni Estere in Torino-Valsalice, col sussidio:- I) delle varie relazioni già pubblicate dal Bollettino Salesiano; II) dell'esame degli oggetti esistenti nel Museo di detto Seminario; III) delle note prese dal dott. D. Antonio Tonelli, salesiano e professore egli pure a Valsalice, in un lungo viaggio scientifico compiuto nel Sud America per incarico diretto della benemerita Associazione Nazionale per soccorrere i Missionari Cattolici Italiani, e, diciam anche, per saggia iniziativa del Segretario Generale della medesima, il prof. Comm. Ernesto Schiapparelli (1).
(1) « Lo studio del folk-lore non è dissimile da quello della paleontologia. Il paleontologo incontra degli avanzi che di solito sono molto imperfetti; ma, con un'accurata comparazione con altri resti fossili e con gli animali recenti, egli ricostituisce approssimativamente e talvolta quasi perfettamente la forma dell'animale estinto. In alcuni casi si troverà che esso rassomiglia esattamente ad un animale vivente; in altri che ne differisce assai. Questo è pure il metodo del folklorista; egli esamina i suoi avanzi comparandoli con le credenze e le usanze viventi dei selvaggi, e vede infatti che le somiglianze sono assai più numerose delle differenze. Si potrebbe quasi definire il folk-lore come una paleontologia psichica ». Cfr. ALPRED HADDON, Prof. all'Università di Cambridge: Lo studio dell'uomo (Remo Sandron, 1911, pag. 363).
(1) La monografia vedrà prossimamente la luce col titolo « Contributi al Folk-lore e all'Etnografia, dovuti alle Missioni .Salesiane » (Libreria Editrice Internazionale della S. A. I. D. Buona Stampa - Torino).
Per la difficoltà dei linguaggi e la renitenza a manifestarsi gli Onas furono creduti per lungo tempo un popolo privo affatto di concetti positivi di religione e di pratiche relative a qualsiasi culto. Così era un luogo comune l'affermare l'areligiosità e conseguente, amoralità di questa razza: affermazione dovuta alla mancanza di ricerche o alla fretta di voler concludere sopra indizi malsicuri.
Coloro i quali affermarono ed affermano anche attualmente l'areligiosità degli Onas sarebbero nel vero qualora a costituire la religione di un popolo fosse necessaria la conoscenza e la credenza, sia pure primitiva, di un Dio concepito come principio e fine delle cose, ma non dicono certamente cosa corrispondente alla realtà quando si ammetta, come si deve ammettere, che a costituire la religione di un popolo sono sufficienti credenze e pratiche, sia pure superstiziose, colle quali viene implicitamente affermata l'esistenza di un al di là, cioè di un mondo degli spiriti. Ora gli Onas non solo implicitamente, ma esplicitamente credono nella esistenza, immortalità, metempsicosi delle anime (men= ombra) in una dimora piacevole e dolorosa delle medesime dopo la morte del corpo, in un abbastanza complicato sistema mitologico, di cui un saggio sarà esposto più avanti, attendendo di poterlo completare in seguito.
Dopo le istruzioni catechistiche dei missionari gli Onas espressero il concetto di Dio col vocabolo composto Schon-kon (=cielo-abitare).
Miti e superstizioni.
Gli Onas possiedono un numero grandissimo di racconti mitologici coi quali cercano di darsi ragione dei fenomeni naturali e delle cose che li circondano. Essi li espongono molto adagio, seduti in circolo attorno al fuoco, sopra una pelle di guanaco ed impiegano un mare di parole per dire ciò che potrebbe esprimersi in poche righe. Sovente durante il racconto s'interrompono per domandare agli astanti se raccontavano così anche i loro vecchi, perchè si fanno un grande scrupolo di modificare la tradizione di questi racconti.
STELLE E COSTELLAZIONI. - Conoscono molto le stelle, le chiamano Theel e dalla loro posizione sanno determinare le stagioni dell'anno e le ore della notte; per loro le costellazioni sono famiglie, nelle quali sanno riconoscere il padre che dà il nome alla costellazione, le mogli ed i figli (che sono le stelle più piccole); per es., la costellazione di Kuanip è una delle più importanti, perchè è di un interesse capitale, e quasi fondamentale per tutta la mitologia Ona, la storia dell'eroe che ne dà il nome. In quella costellazione essi segnano a dito Kuanip, una stella rossa e poi le due mogli ed i due figli.
IL MITO DI KUANIP. - Siccome questo eroe entra dappertutto un po' nella mitologia Ona, è conveniente conoscerlo subito nelle sue eroiche imprese. Di lui tratta una relazione inviataci dal missionario Don Giovanni Zenone (Puntarenas, 17 gennaio 1911). Eccola nella ingenua semplicità con cui fu raccontata dall'indio Minkiol Kausel, il quale premise queste quattro dichiarazioni recise : - Kausel mio padre, insegnava a tutti gli indi; egli sapeva tutte le cose che erano state; queste cose le aveva impresse nella testa e niente più; io so molte parole che mio padre ha detto. Kuanip è il nostro eroe. Egli fu generato dalla terra e precisamente da una montagna rossa che sta vicino ad Harberton (canale di Beagle) che gli fu madre, e dal capo Kayel (alquanto più a sud del capo Sant'Agnese) che gli fu padre. Quando nacque, gli Indii dissero: « Chi è costui? Chi lo ha generato? Donde viene? » Altri risposero: « Figlio di pietra ». Man mano che cresceva appariva così strano, incomprensibile che alcuni Indi due volte tentarono di ucciderlo, ma invano. Tentarono una terza ed allora solo s'accorsero, a proprie spese, che egli era un eroe. Difatti mentre tentavano di sorprenderlo e ucciderlo scagliandogli frecce nella schiena, egli s'accorse, guardò indietro, li vide e disse: «Non vi muovete! » Così fu: quegli indi rimasero coll'arco teso fino a che morirono. Una volta incominciate le imprese eroiche, Kuanip non si diede più posa. La più importante fu quella svoltasi con Ciaskels. Era costui un uomo assai cattivo che vivea in una montagna all'interno della Terra del Fuoco e si nutriva di carne umana. Costui (manco a dirlo) era amico di Kuanip, a cui un giorno disse « Fammi il piacere di darmi due dei tuoi figli, nati dalla sorella Kokercé, tua moglie ». « A quale scopo? » domandò Kuanip. « Per correre a prendere il guanaco quando è ucciso dai cani. Io sono vecchio e non riesco mai a raggiungere la preda prima ché i cani l'abbiano mangiata, non lasciandovi che l'ossa ». Così disse Ciaskels per ingannare Kuanip, il quale gli concesse i due figli solo per due anni, passati i quali Kuanip andò alla capanna di Ciaskels per riprenderli. Il padrone era alla caccia del guanaco, ma i due fanciulli erano in casa. « Che cosa mangia questo uomo? » domandò egli a uno dei due. « Mangia sterco e gente durante tutto l'anno » rispose il ragazzo; e difatti i due avevano le mani sporche perchè il loro lavoro consisteva nel pulire le interiora della gente che Ciaskels uccideva. Kuanip allora adirato chiese: « Dove è la sorella di Ciaskels? » Risposero i figli: « E là sopra che fa tende colle pelli degli uomini uccisi e ne raccoglie i capelli ». « Portatemi qui la pietra focaia » comandò Kuanip. Avutala, la fregò con le mani, la gettò per terra e poi disse: « Io comando a tutte le cose; da questa pietra non esca più fuoco e così muoia questo perfido ». E difatti quella pietra non diede più fuoco. Quando Kuanip si dispose a partire i figli piangendo lo pregarono di prenderli e condurli via, ma egli non volle e disse loro: « Non conviene che veniate adesso, perchè se quel barbaro arriva e non vi trova, è capace di farmi qualche brutto scherzo. Ma seguite il mio consiglio: ogni volta che egli vi manda in cerca di legna, voi andate prontamente badando di recarvi sempre più lontano. Io sarò sopra quella collina chiamata Ciacis; alla quarta volta voi gettate il carico di legna e venite da me ». Le cose andarono così: un bel giorno i due figli gettarono il carico e corsero verso la collina. Ciaskels, accortosi, li inseguì col suo più famoso cane e già sperava di raggiungerli perchè i due fuggitivi dovevano guadare un largo fiume, quando Kuanip, che tutto poteva, fece ravvicinare le due sponde in modo che i figli passarono facilmente e lo raggiunsero. Ciaskels, credendo di approfittare di quel prodigio, spiccò un salto, ma, mentre era in aria, Kuanip fece di nuovo allontanare le sponde in modo che vi cadde proprio in mezzo, nella parte più profonda. Restò tre ore nell'acqua ed omai gli dolevano le spalle, per cui disperato gridò a squarciagola: « Chi è che mi vuole uccidere nell'acqua? » Da lontano Kuanip gli chiese: « Chi sei tu? quale è il tuo nome? » « Io sono Ciaskels; adoro la mia terra; non schiacciarmi di più, mi dolgono le spalle ». Subito l'acqua disparve, egli si alzò e si diresse verso la collina Ciacis, dove stava Kuanip. Arrivato gli domandò: « Che facevi tu coll'acqua? perchè non mi lasciavi alzare? » Rispose Kuanip « Perchè mi piaceva di fare così: ma tu sta su ritto ». « Non posso, rispose Ciaskels, mettimi i tuoi piedi sopra le spalle, perchè io sono molto stanco di lottare coll'acqua ed ho perduto tutte le mie forze ». Allora Kuanip disse al fratello che gli era vicino: « E meglio che ti alzi tu e metta i tuoi piedi sulle spalle di Ciaskels » e nello stesso tempo segretamente comandò che i piedi di lui diventassero coltelli. Il fratello mise i piedi sulle spalle di Ciaskels e lo tagliò in tre pezzi, contro dei quali i figli di Kuanip rabbiosamente scagliarono pietre colla fionda. Dagli occhi del morente uscirono due moscherini, uno chiamato zi-i-i e l'altro doi-doi. Non contento di questa terribile giustizia Kuanip mandò cinque uomini perchè uccidessero la sorella di Ciaskels; e perchè essa non s'accorgesse del loro appressarsi e non fossero udite le sue grida e lamenti comandò a tutti gli uccelli che andassero intorno alla casa e cantassero e gridassero. Gli inviati la trovarono che raspava le pelli degli uomini e cominciarono a ferirla fino a che l'uccisero. Ma prima di morire essa parlò con Kuanip e domandò: « Brucia tutte le mie ossa». Così fu fatto, dopo di che il suo spirito (men) apparve a Kuanip, il quale le domandò: « Come vanno le cose lassù? » « Vanno bene, rispose colei, là si sta meglio che. qua: bella vista, nessuna malattia ». Fu allora che Kuanip abbandonò la Terra del Fuoco, e per stare meglio, diventò quella stella rossa che di notte risplende.
PIANETI. - Erano prima uomini ma non ammogliati; quindi andavano erranti per la terra come errano adesso per il cielo. Nella loro lingua pianeta ha un nome che significa: stelle che vanno errando. Quando veggono le stelle cadenti, dicono che corrono per andare a caccia.
SOLE E LUNA. - In origine, quando erano esseri umani, erano marito e moglie. Un giorno, per gravi motivi di litigio, il sole picchiò e bruciò la faccia alla luna (di qui le macchie che ora mostra), ed anche adesso si rincorrono pieni di ira lungo le vie del cielo ; ma non si raggiungono mai perchè, man mano che il sole più veloce si avvicina alla luna, questa si va rimpicciolendo sempre più, in modo da rimanere del tutto invisibile quando il sole le passa vicino. Quando però il sole è passato oltre non vedendola, fa di nuovo capolino e va lentamente togliendosi dal nascondiglio ed ingrandendosi sempre più fino a mostrarsi con tutta la faccia che si ride e burla del sole, quando questo è arrivato alla massima distanza da essa. Quando poi il sole s'accorge di essere stato burlato ricomincia ad inseguir la luna, la quale torna a celarsi gradatamente ed a burlarsi di lui come prima. Evidentemente questo mito ha lo scopo di spiegare le fasi lunari e non manca di una certa novità (1).
A riguardo della luna poi hanno dei miti speciali. Credono che essa sia un essere vivente che mangia i bambini. Quando è magra, cioè va scemando, si nasconde fra i cespugli e non fa ritorno al cielo che quando ha mangiato qualche bambino per cui diventa molto piena e grassa. Per questo quando la luna si mostra magra, le madri raccomandano ai figli di non allontanarsi dai toldos, perchè corrono pericolo di essere mangiati. I figli ubbidiscono con spavento; ma allorchè vedono la luna piena escono fuori cantando e saltando per la gioia, e ripetono in coro: « La luna ha già mangiato e non ha mangiato me » (2).
IL GIORNO E LA NOTTE. - Antichissimamente, quando il sole incominciò ad inseguire la luna, vi era sempre giorno e mai notte, perchè i due astri giravano costantemente intorno all'orizzonte. Ora sapete da quando il sole cala al tramonto e spunta all'alba? Da quando l'eroe nazionale Kuanip volle prendere in moglie una giovane, la quale però disse : « Io non mi mariterò, perchè il sole e la luna mi stanno mirando ». Allora il famoso Kuanip cantò una bella canzone colla quale ordinò al sole ed alla luna di nascondersi un poco, il che essi fecero. Però poco dopo tornarono a mostrarsi e poi di nuovo a nascondersi prolungando sempre più il periodo della notte ed accorciando quella del giorno, di modo che verrà un tempo in cui il sole e luna non sorgeranno più sopra l'orizzonte e vi sarà perpetua notte.
Se questo mito nasconde qualche antichissima leggenda può darsi che qui vi sia un lontano ricordo di Indi che videro o s'accostarono notevolmente al polo sud, dove come è noto, giorno e notte durano rispettivamente sei mesi (3).
I VENTI. - I quattro venti nord, est, sud, ovest, quando erano uomini lottarono fra loro e vinse il vento ovest. D'allora quando appare il vento ovest gli altri fuggono. Difatti nella Terra del Fuoco il vento ovest è il dominante.
(1) L'origine di questa inimicizia sarà spiegata più tardi. (2) Relazione di D. M. Borgatello, Bollettino Salesiano, luglio 1908, p. 241.
(3) Note desunte dal prof. Tonelli dai manoscritti del defunto prof. sales. D. Lino Carbajal.
DILUVIO. - Conservano una vaga credenza di un tempo in cui le terre furono tutte coperte dalle acque per ordine di Kuanip.
PERCHÈ LE FOGLIE DEL « ROBLE » ARROSSANO D'AUTUNNO. - Gli immensi e talvolta impenetrabili boschi della Terra del Fuoco sono costituiti in massima parte da quattro specie di faggi, di cui il più comune è il roble. Questo faggio d'autunno arrossa le foglie, di modo che gli Onas per indicare quella stagione dicono: « Quando gli alberi diventano rossi ». Anticamente però non era così, ma tutti gli alberi avevano sempre le foglie verdi. Or avvenne che un giovane di nome Camschoat andò verso il nord lontano, lontano, dove fa più caldo e ritornò dicendo che in quei paesi molti grandi alberi avevano foglie verdi d'estate e rosse d'autunno. Gli Onas non vollero prestargli fede per cui quel giovane sdegnato partì di nuovo per il nord e poi ritornò sotto forma di cotorra (un piccolo papagallo della Terra del Fuoco, tutto verde eccetto il petto che è rosso) carico di foglie rosse per mostrarle agli increduli. Arrivato si posò sugli alberi, le cui foglie alla sua vicinanza diventarono rosse. E, siccome il cotovra è molto chiassoso, credono che ancora adesso si burli dicendo loro quando grida: « Voi credevate che io fossi un bugiardo! » Cotorra è nome spagnuolo mentre l'indigeno Ona è Kerrk- perrk.
Che si adombri in questo mito un vago ricordo tradizionale della modificazione a cui andò soggetta la flora nel periodo postglaciale ?
L'UCCELLO KARKAI. - È un grosso falco chiamato carancho in spagnuolo, del quale gli Onas raccontano due miti : il primo vuole spiegare l'origine del ciuffo di penne che porta in testa, come la nostra upupa. Quando era uomo, il Karkai era sempre in lotta con gli altri. Or avvenne che battendosi una volta diede all'avversario un gran colpo nella spina dorsale, ma a sua volta fu preso per i capelli della nuca e ne ebbe tirato in alto il cuoio.
Diventati uccelli i due litiganti conservarono i segni della lotta: il Karkai il ciuffo di penne e l'altro, chiamato Keu, l'impossibilità di potersi piegare. È diffatti una specie di anitra marina con il petto bianco e il ventre rosso e con un'andatura diritta e rigida come un palo. Dello stesso Karkai si racconta un altro mito e cioè che quando lo si vuol ammazzare è necessario colpirlo mortalmente in modo che non gli rimanga tempo per gridare, perchè diversamente egli chiama la neve, la quale tosto viene in suo soccorso. E qualche volta si avverò la coincidenza di un carancho ferito che gridò e della neve caduta nella notte seguente: il che confermò e conferma ancora gli Onas nella superstizione.
GLI UCCELLI DERIDONO GLI INABILI CACCIATORI.
- Quando gli Onas vanno alla caccia e non riescono a prendere nulla, se odono qualche uccello cantare, si adirano e tentano di ucciderlo perché credono che li stia scherzando con queste parole: « Quando io era uomo, non tornavo mai a casa senza carne ».
LA CIVETTA BIANCA (Okricen, di genere maschile) E IL PIPISTRELLO (Oklta, fem.) - Prima di diventare uccelli, costoro erano fratello e sorella. Okricen era il più bello, forte e valente cacciatore di guanachi. Oklta, a sua volta, era la più avvenente delle donne. Nè l'uno ne l'altra però volevano mettere su casa, perchè Okricen non trovava nessuna donna che fosse graziosa come sua sorella, e Oklta nessun uomo che fosse bello e forte come suo fratello; e così vissero per molto tempo contenti del vicendevole affetto fraterno. Quando però venne l'eroe Kuanip incominciarono i guai, perchè costui si invaghì di Oklta, alla quale per di più Kuanip non dispiaceva. Okricen però non voleva saperne di quel matrimonio ed andava predicando alla sorella: « No! non sposare Kuanip perchè ha già altre mogli: ben presto ti dimenticherà e tu dovrai stare soggetta alle altre sue donne; non avrai più nè carne di guanaco per mangiare, nè pelli per coprirti, nè penne variopinte di uccelli per adornarti ». Ouando Kuanip venne a conoscenza di queste belle esortazioni, montato su tutte le furie, cambiò Okricen in un uccello di mal augurio, cioè nella civetta. Allora Oklta non volle più diventare sposa di Kuanip, per cui anche essa fu cambiata in un volatile brutto e di cattivo augurio; il pipistrello. Nell'operare le due trasformazioni Kuanip disse al primo: « Ebbene, tu non potrai cacciar guanachi di giorno, ma caccerai topi durante la notte, e non potrai più sostenere la luce del sole, perchè avrai gli occhi troppo deboli ». Alla seconda: « Tu sarai più brutta di tuo fratello: non potrai più vedere la luce del giorno; ti nasconderai di giorno e perfino la tua ombra sarà pericolosa; mangerai vermi e non più carne di guanaco ». Per questa maledizione avveratasi, i due volatili sono per gli Onas di cattivo augurio.
IL CHINGOLA (in Ona Céip) ED IL PETTIROSSO (in Ona Schiga). - Quando erano ancor uomini ebbero una contesa, la quale degenerata in baruffa lasciò i seguenti caratteri nei due avversari cangiati in uccelli : il chingola tirato per i capelli e per il collo conservò un ciuffo nel capo ed una macchia nel collo, il pettirosso invece, colpito con un pugno nel naso, conservò nel petto la macchia del sangue sgorgato.
« PARTURIENT MONTES... ! » La balena (Ocen) sposò il vento (Schiuno) e ne nacque, sapete chi?... il Picaflor, cioè il colibri o uccello mosca (Schiunoktau).
ALTRE TRASMIGRAZIONI. -Secondo essi, alcuni, morendo, diventano uccelli, e i più valenti nel fabbricar frecce diventano civette bianche, chiamate scét nella loro lingua. Nella Terra del Fuoco si trovano molte pietre o selci che paiono lavorate a guisa di frecce e gli Onas le raccolgono religiosamente e le credono infallibili talismani perchè le ritengono lavorate dai più valenti fabbricatori di freccie prima che diventassero civette. E per questo motivo che nessuno osa uccidere le civette bianche; che anzi hanno paura perfino delle loro penne, credendole apportatrici di disgrazie.
Una volta un indio che andava per la foresta. con alcuni civilizzati fu veduto sollevare con. molta cura uno scarabeo bicorne, di color nero e di entegumento molto duro, toglierlo dal sentiero battuto e collocarlo con cura fra l'erba in modo che non fosse calpestato. Interrogato del perchè di quella operazione rispose che quell'insetto una volta era stato un eccellente medico Ona, poi trasformato in quella forma. Così pure sogliono dire che gli alberi piangono o si lamentano secondo gli spiriti che in essi trasmigrarono. Da ultimo è certissimo che gli Onas eredono all'immortalità del loro spirito, che essi chiamano col nome di men, che significa ombra.
L'UOMO DEL BOSCO. - Durante le fredde notti d'inverno, nel monte vi è un uomo che ha freddo e va rompendo legna, ma non può, per l'umidità, accenderle. Però quando uno fa fuoco e poi si addormenta presso, il poveretto discende dal monte e vi si avvicina per riscaldarsi. L'origine di questa piccola leggenda, assai diffusa fra gli Onas, va ricercata nel fatto che spesso gli Indi vengono svegliati nei loro toldi dai rami. rotti per il peso della neve.
Ma non sempre i fenomeni di natura o le qualità esterne di certi animali furono causa dell'elaborazione del mito, come si vede in questi finora raccontati; alle volte è un fatto storico che prestò materia alla fantasia popolare.
LA TESTA CHE CAMMINA. - Un chiaro e bell'esempio di questa elaborazione si ha nel mito: La testa che cammina. Ecco il fatto storico che prestò il materiale all'elaborazione popolare.
Vicino al canale di Beagle alcuni Yaganes stavano mangiando le carni di una balena, da loro catturata, quando alcuni Onas che li videro, scesero dal monte senza archi e frecce per non destare sospetti e dimandarono olio di balena. Gli Yaganes vedendo gli Onas disarmati, non solo rifiutarono l'olio, ma li assalirono uccidendone due, mettendo in fuga gli altri e catturandone uno giovane che fu poi lasciato libero per le preghiere di una donzella Yagana. Qualche tempo dopo questa uccisione scoppiò un'epidemia che ebbe origine dagli Yaganes e corse tutta la costa sud ed est dell'isola fino al Rio Grande. Tutto ciò avveniva circa 15o anni or sono.
Ed ecco l'elaborazione fantastica: - Uno dei due uccisi era un Hon, cioè un dottore, a cui gli Yaganes, dopo lunghi e vani tentativi per ucciderlo con frecce, tagliarono a gran fatica la testa. Ma questa, distaccata dal busto, si pose a correre velocemente verso il monte, dove, prima di salire, si volse agli uccisori, spalancò orribilmente gli occhi e si pose a ridere e sghignazzare fortemente. Tutti quelli che videro la testa morirono, come pure molti di quelli che la testa incontrò nel suo viaggio lungo la costa sud ed est dell'isola fino a Rio Grande. Poi la testa ritornò al monte, ma nessuno sa dove sìa: però se riappare morranno tutti quelli che la incontrano.
Ora facciamo qualche considerazione generale e cerchiamo di ricavare qualche dato di fatto, utilizzando le note preparate dal defunto prof. L. Carbajal, così prematuramente rapito agli studi geografici, etnografici e folkloristici di quelle nostre missioni.
Gli Onas nelle loro leggende rappresentano gli eroi come famosi cacciatori di guanachi o di altri animali propri di quelle terre, ma quasi mai fanno intervenire nei loro racconti delle fiere estranee venute dal nord. Da ciò si può arguire che da tempi antichissimi la fauna non variò in quelle terre, perchè è probabile che, se i loro antenati avessero conosciuto delle fiere straniere, ne avrebbero lasciato traccia in qualche mito. Finora un'unica eccezione va fatta a riguardo dello struzzo americano (ñandú), che là più non vive, ma del quale conservano un ricordo come di un uccello che camminava e teneva la testa al disopra degli alberi. Da ciò si possono dedurre due supposizioni: o lo struzzo era esteso anticamente alle isole fueghine (il che è meno probabile), oppure gli Onas lo videro nella Patagonia prima di peregrinare al sud, il che confermerebbe l'opinione che essi si siano diramati dai Tehuelches.
Ugualmente non conservano alcun ricordo leggendario di cataclismi che abbiano cangiata la configurazione del suolo, il che pare induca a credere che, dopo la loro comparsa, l'arcipelago fueghino non subi notevoli modificazioni. Anzi il mito del cotorra (il piccolo pappagallo della Terra del Fuoco), che ritornò meravigliato di aver trovato al nord dello stretto gli alberi con foglie rosse e che non fu creduto, può essere un indizio che per gli Onas (Indi a piedi e per nulla pratici di navigazione) lo stretto di Magellano costituiva fin da tempi remotissimi una barriera insuperabile fra quelle terre e il continente. Un'altra congettura si può tentare sopra qualche leggenda degli Onas: essi forse anticamente possedevano (oltre il cane) animali domestici come gli Indi del Perù. Difatti è costante e generale la tradizione che gli Onas un tempo avevano nelle loro capanne guànachi mansi, cioè domestici. Però una volta un guanaco, che aveva maltrattato un figlio di Kuanip, fu colpito dal padre con un tizzone ardente. L'animale fuggì dal toldo e cammin facendo incontrò il zorro (volpe) che anche in quel tempo era molto cattivo ed astuto (come del resto troviamo nelle credenze di tutti i popoli). Costui, udito il caso, aprì gli occhi al guanaco mostrandogli come erano cattivi gli uomini e consigliandolo a fuggire al bosco con queste parole che, nella sostanza, sono spesso ripetute dagli Indi: « Osserva, amico: gli uomini tengono i guanachi nelle lor case, non perchè li amino, ma perchè vogliono ingrassarli e poi mangiarli ». Il guanaco ascoltò il consiglio, fuggì dalla capanna invitando tutti gli altri a fare lo stesso. E da quel tempo che il guanaco non è più manso e che gli Indi devono cacciarlo.
Gli Onas dovettero essere fino dalle origini Indi a piedi e privi affatto di conoscenze marinaresche, perchè non raccontano quasi affàtto (o sono insignificanti) leggende sul mare, sui fiumi, sulle lagune o sulle fonti. Frequenti invece sono le leggende che si collegano colle montagne, le quali, nella mitologia Ona, hanno un'età remotissima, anteriore al sole e alla luna, così alte da toccare il cielo ; e per lo più, prima di diventar montagne, erano famosi cacciatori.
LE OTTO EPOCHE NELLA MITOLOGIA ONA. - Ma le conclusioni pìù interessanti che si possono ricavare da tutto l'insieme delle leggende e dei miti riguardano le otto epoche, in cui pare si possa dividere la loro mitologia. Ecco come è tracciata la divisione nei manoscritti del Carbajal.
I. Epoca delle montagne, cioè degli antichissimi uomini, donne, famiglie che si mutarono in monti.
II. Epoca del governo delle donne sopra gli uomini, che terminò col mnà-maten (come sarà spiegato più sotto parlando del regime familiare).
III. Epoca degli eroi cacciatori che poi si trasformarono in uccelli od animali.
IV. Epoca dell'ascesa del sole nel cielo quando inseguì la luna.
V. Epoca di Kuanip. Il sole comincia a nascondersi qualche poco sotto l'orizzonte ed opera molte conversioni di uomini in uccelli o animali. Durante questa epoca il guanaco da manso divenne selvaggio.
VI. Epoca del mito del cotorra, che fu causa dell'arrossarsi delle foglie nell'autunno.
VII. Epoca del mito della testa che cammina e dei due grandi dottori o stregoni che comandano al tempo.
VIII. Epoca presente, di cui ricordano con cura tutti i fatti.
Pel 24 corrente nessuno dei Cooperatori manchi di pellegrinare in ispirìto ai pìedi dell'augusta Patrona: è il giorno sacro al ricordo bei suoi più segnalati trionfi e sempre ricco Dì nuovi meravigliosi favorì per chi La prega. e noi, con un cuor solo, preghiamola peì nostri bisognì spirituali e temporali! Raccomandiamo a Lei con filiale confidenza le ìntenzìoni sante del Sommo Pontefice, i voti nostri, le suppliche che giungono al suo Trono di bontà e di mìserìcordia da ogni punto bella terra, e non manchiamo d'implorare nuovi lumi e benedizìoni celesti sul processo apostolico per la Causa di Beatificazione e Canonizzazione del Venerabile D. Giovanni Bosco, I' „Apostolo della divozione a Maria Ausiliatrìce !".
Ai sigg. Direttori, Decurioni e a tutti i Cooperatori.
Ai sigg. Direttori, Decurioni, Zelatori e Zelatrici raccomandiamo vivamente la seconda Conferenza annuale prescritta dal Regolamento, appunto per la solennità di Maria Ausiliatrice.
All'uopo invitino qualche illustre conferenziere, o preghino l'oratore del Mese Mariano od il predicatore domenicale della chiesa principale del luogo, a, voler consacrare un discorso alle glorie di Maria SS. Ausiliatrice.
A tutti i Cooperatori poi raccomandiamo caldamente di ascriversi o di procurare nuove ascrizioni all'Associazione dei divoti di Maria Ausiliatrice. Agli ascritti si propongono due cose: « Promuovere la gloria della Madre del Salvatore, per merìtarsi la protezione di Lei in vita e particolarmente in punto di morte; e promuovere e dilatare la venerazione a Gesù Sacramentato ».
La novena suggerita dal Ven. Giovannì Bosco.
A quanti gli chiedevano che cosa dovessero fare per ottenere grazie da Maria SS. Ausiliatrice, il Venerabile raccomandava:
1° di recitare per nove giorni 3 Pater, Ave e Gloria al SS. Sacramento con la giaculatoria Cor Jesu Sacratissimum, miserere nobis (Cuore Sacratissimo di Gesù, abbiate pietà di noi) e tre Salve Regina a Maria SS. con la giaculatoria Maria, Auxilium Christianorum, ora pro nobis (O Maria, Aiuto dei Cristiani, pregate per noi);
2° di accostarsi ai SS. Sacramenti;
3° di fare o promettere un'elemosina proporzionata alle proprie forze a vantaggio delle Opere Salesiane.
NUOVE CHIESE E CAPPELLE.
NEW YORK. - La domenica 12 marzo, presente una folla di popolo che si accalcava nell'East di New York, a partire dall'8a fino alla 16a Strada, venne benedetto il terreno ove sorgerà un nuovo tempio dedicato a Maria Ausiliatrice. Compi la cerimonia Mons. Murphy, Parroco della Chiesa dell'Immacolata alla 14 St. in rappresentanza di Sua Ecc. Rev.ma l'Arcivescovo Mons. Farley. Le società delle Parrocchie di S. Brigida e della Trasfigurazione sfilarono serrate e composte davanti al clero, mentre la banda suonava armoniosa, il popolo si affollava immenso d'attorno al nuovo recinto, e sulle finestre delle case circonvicine i sacri vessilli ondeggiavano festosi. Dopo le preci di rito e le aspersioni prescritte parlò in italiano Mons. Murphy, poi altri, che strapparono ripetutamente dal petto di tutti i presenti il grido entusiastico di Viva Maria Ausiliatrice! Viva il S. Padre Pio X!
GRAZIE E FAVORI
Grazie a te, o Maria Ausiliatrice *).
Il giorno 3 dello scorso febbraio il caro Giuseppe Verità fu improvvisamente assalito da forte polmonite con febbre altissima, che lo gettò a letto debilitato affatto di forze. Visitato tosto dal medico, si trovò il caso eccezionalmente grave e pericoloso, stante l'interessamento pur del cuore e la costituzione dell'infermo. Non trascurando le più minute cure suggerite dall'arte, riposi tutta la mia fiducia nell' intercessione della nostra buona Madre, Maria SS. Ausiliatrice. Lo raccomandai subito alle preghiere pubbliche e private della comunità, nella quale si vide un'ammirabile gara nell'offrire a Dio ed a Maria preghiere, opere buone e sacrifizî per implorare la grazia. Scrissi pure a Torino, perchè si facessero speciali preghiere all'altare di Maria Ausiliatrice, con la promessa di pubblicare la grazia nel Bollellino Salesiano a maggior gloria della nostra Celeste Patrona, se entro la novena si fosse risolta in bene la malattia. Quei giorni furono pieni di ansie, di timori e di trepidazioni e di speranze per noi, e di continuo aggravarsi del male nell'infermo. Però la nostra fiducia in Maria Ausiliatrice non venne mai' meno. E la Vergine Santa ci volle consolati. Proprio al termine della novena si notò nell'ammalato un sensibile miglioramento, che andò via via crescendo fino a perfetta guarigione. Ora che lo vediamo ritornato alle sue consuete occupazioni non possiamo a meno di innalzare un fervido inno di ringraziamento alla nostra buona Madre, Maria Ausiliatrice.
Mogliano Veneto, Collegio Astori, 1 aprile 1911.
Sac. ANTONIO DONES
Direttore.
Cassano di Modena. - Oh, quanto è buona Maria Ausiliatrice! Mi trovavo impotente ad allevare i miei figli; continuamente soggetta ad emorragie, a dolori di capo e a profonda tristezza, credeva di morire. Il Signore mi aveva fatta madre per la settima volta in questo stato, quando lessi le segnalatissime grazie operate da Maria Ausiliatrice. Promisi anch'io un'offerta per le Opere Salesiane e tosto ottenni il desiderato effetto , perciò son lieta di poter ringraziare la Vergine con la mia numerosa famiglia.
31 marzo 1911.
EMILIA TELLERI IN LENZOTTI.
Pievetta. - Da otto giorni oppressa e straziata da insopportabile nevralgia alla parte destra del capo, vedendo inutile ogni rimedio, ero diventata a me stessa insopportabile ; quando una persona di casa mi consigliò di ricorrere a Maria Ausiliatrice. Incominciammo subito la novena consigliata dal Ven. D. Bosco, e non appena recitate per la prima volta le poche preghiere, mi sentii perfettamente libera da ogni dolore, in una tranquillità perfetta! Quanto è potente l'intercessione di Maria Ausiliatrice ! Mando una tenue offerta per preghiere di ringraziamento e prego di pubblicare la grazia.
15 gennaio 1911.
CATERINA FONTANA IN BAGNASCHINO.
Passirano (Brescia). - Circa quattro mesi fa, ci trovammo in pericolo di una grave perdita nei nostri interessi. Ricorremmo a Maria SS. Ausiliatrice e fummo subito liberati dalla minacciante disgrazia. A Lei ed al suo caro Sposo S. Giuseppe siamo anche debitori della difesa della nostra innocenza, poichè in una causa intentataci da una vile calunnia, essendoci fervidamente raccomandati al suo aiuto, la sentenza fu a nostro favore. Oh! come è vero che a Maria SS.ma non si ricorre mai invano!
21 ottobre 1910.
MARIA M., Coop. Sales.
Torino. - Mio fratello da sei mesi cercava impiego e non riusciva a trovarlo; ricorse con novena alla SS. Vergine, e subito l'ottenne.
Io corsi rischio di divenir cieca essendomi scoppiata sul viso una palla di metallo piena d'acqua bollente; invocai l'aiuto della Madonna ed essa non solo mi salvò, ma mi guarì rapidamente e non mi rimase alcun segno della bruciatura.
Gravi disesti finanziari ci minacciavano; pregammo, e ogni pericolo scomparve.
Mia madre fu colpita da laringite giudicata inguaribile, e con l'aiuto della Madonna, ad onta della sentenza medica, guarì perfettamente. Colpita in seguito da bronco-polmonite e grave, era in pericolo di morte; invocai con fede Maria SS. Ausiliatrice ed ora è in via di guarigione. Appella potrà alzarsi, mi recherò al Santuario per fare celebrare delle messe di ringraziamento.
13 gennaio 1911.
ROSA GAUDIANI.
Fenegrò. - In seguito ad uua malattia da cui ero uscita con felice esito; m'assalì una debolezza estrema che mi aggravò nuovamente, facendomi soffrire per un mese intero pene indicibili fino al punto di perdere quasi al completo la conoscenza. Visitata dai medici, tutti asserivano essere graude debolezza, ma nessuno sapeva spiegare il male misterioso che mi spingeva ad eccessi dolorosi che facevano disperare i miei cari, i quali piangenti mi assistevano con amore. Finalmente mi fu consigliato di mettere al collo una medaglia benedetta della Vergine Ausiliatrice. Chi lo crederebbe? Il giorno stesso 29 dicembre, per un complesso mirabile di circostanze fui guarita e perfettamente. Mi parve d'essermi svegliata da un lungo, doloroso letargo, da un sogno triste e pauroso!
A chi la mia riconoscenza perenne, se non a Te, che sei conforto e balsamo, aiuto e salvezza, o Maria Ausiliatrice?
9 gennaio 1911.
N. N.
Sale Marasino (Brescia). - Colle braccia aperte mi prostro ai piedi dell'altare di Maria SS.ma Ausiliatrice che per mezzo delle preghiere de' suoi orfauelli e la novena da noi fatta in famiglia, ci ha subito concesso la grazia.
Mio figlio da più di 2o anni era tormentato da un crudel male, per cui non poteva stare a letto e-a stento riusciva a far qualche passo, col ventaglio in mano. Gli ultimi giorni dell'anno scorso, fu ridotto a un punto che pareva in fin di vita. L'arte medica non serviva più a nulla. S'immagini l'angoscia della moglie con 7 figli. Mentre gli venivano amministrati gli ultimi Sacramenti, io telegrafai per preghiere al Santuario, e con stupore e meraviglia dei vicini e conoscenti e di tutta la Val Camonica, perché mio figlio è residente a Gorzone in Val Camonica, la grazia fu tosto concessa. Desidero sia pubblicata a maggior gloria di Maria SS.ma Ausiliatrice.
9 febbraio 1911.
PICCHI LUIGI.
Monleone di Cicagna. - A Te, Maria Ausiliatrice, rendiamo grazie per averci salvato il nostro caro angioletto, che da parecchie settimane gemeva nel suo lettuccio, colpito da terribile e grave morbo. I medici stessi avevano dichiarato essere inutile ogni tentativo che l'arte umana sapesse suggerire. A Te quindi ci rivolgemmo con tutta la fiducia! Ed ora colla più viva riconoscenza noi pubblichiamo la grazia per soddisfare la nostra promessa e per rendere sempre più manifesta la Tua potenza, o Vergine Ausiliatrice!
10 febbraio 1911.
La famiglia ONETO.
Carini. - Mio figlio, dell'età di dodici anni, si ammalò di nefrite, ed una notte arrivò agli estremi. Mi rivolsi alla Madonna e subito ottenni la grazia; l'indomani egli si alzò come se nulla avesse avuto.
Sia benedetta in eterno la bontà di così pietosa Ausiliatrice !
Febbraio 1911.
CARMELA CICALA fu SALVATORE.
Casanova-Varazze. - Colpita recentemente da una dolorosa infermità, giacevo a letto impossibilitata a muovermi, provando indicibili sofferenze. Alcune buone persone, commosse del mio misero stato, mi suggerirono di ricorrere a Maria SS.ma Ausiliatrice, per ottenere la bramata guarigione.
Piangente e dolorante, ma sostenuta da viva speranza, la sera stessa incominciai insieme coi miei una novena a Colei che è l'Aiuto dei Cristiani, ed oh! bontà di Maria! la novena non era terminata, ehe la mia salute erasi avviata ad un completo ristabilimento con meraviglia del medico curante. Adesso, perfettamente guarita, attendo ai consueti lavori e riconoscente a Maria SS.ma invio, come avevo promesso, una tenue offerta, pregando di render pubblico l'ottenuto favore.
Febbraio 1911.
GHio SERAFINA.
Valle Camonica. - Quanto sei buona, o Madre!... Mi trovava in una circostanza dolorosa che mi impediva di seguire la mia vocazione e mi esponeva ad un male gravissimo. Non un raggio di luce da parte degli uomini!... Mi rivolsi a Te, Ausiliatrice Vergine, e da Te ebbi quanto da nessuno poteva sperare. Grazie, Madre, compi l'opera!... concedi quanto ancora a Te si domanda.
10 febbraio 1911.
R. E. C.
Flumini Maggiore. - La nostra buona sorellina, di undici anni, ai 22 dello scorso febbraio fu colpita da una terribile polmonite. Le nostre speranze andavano a poco a poco perdendosi, ma implorammo il santo aiuto della Vergine e le vedemmo quasi sull'istante risorgere; la Madonna ascoltò le nostre preghiere, la buona sorella è sana e salva.
Ancora una dolce espressione di ringraziamento alla Vergine Santissima!
29 marzo 1911.
Sorelle MURGIA.
Ottennero pure grazie da Maria SS. Ausiliatrice, e alcuni pieni di riconoscenza inviarono offerte ai Santuario di Valdocco per la celebrazione di S. Messe di ringraziamento, o per le Missioni Salesiane, o per le altre Opere di Don Bosco, i seguenti:
A*) - Agliè : G. A. P. F., 2 - Airolo (Svizzera): N. N., 30 -Alagna Lomellina : Serafina Bosio, 2 - Albaretto Torre : Giuseppina Borgna, 5 - Alcamo Carolina Spica, 5 - Avigliana : Maddalena Serminato, 5.
B) - Balangero : Emilia Meynet, 5 - Biala (Austria): Abbondio -Filpa, io - Borgofranco d'Ivrea : Mario Ardissone, io - Borgomasino. G. M. P., 5.
C) - Cagliari : Antonietta Pinna - Calsino Giuseppina Scala, 5 - id.: N. N., 5 - Caltagirone : Salvatore Cosentino, 2 - Canove di Govone Giuseppina Borello, 3 - Carmagnola : M. T. - Carpeneto : Giuseppina Chiarenza e Maria De' Paoli, per grazia segnalatissinia, 5 - Casorzo Severina Villata, 2 - Castellano (Austria): Adele e Maria Baroni - Chatillon : Cesare Serafini, 20 - Chiari : Giuseppina Baresi - id.: Elvira Colzana, 5 - Chieri : Lucia Fasano, 0,50 - Chiozza: Chiara Rossi, 5 - Cicagna : Adelina Arata Queirolo, 5 - id. : Mario Arata, 20 - Cisterna d'Asti : Antonietta Berardi, io - id. : Michele e Vincenzo Berardi, 5 - id. : Caterina Novo, 0,50 - id. : Francesco Trinchero, 2 - Città di Castello : Eleonora Rotondi, 5 - Cogne : G. C., 15 - id.: B. L., io - Coniarina : Ettore Chiavegato, 2 - Cravanzana Erminia Scavino - Cuccaro Monf.: Suor Adelina Recalcati, 2 - Cuneo : Maria Lombardi, 6.
D) - Dazio : Rosa Marchettini, 5 - Dierico (Paularo): C. F. L., io.
E) - Este : Beatrice Vella, 3.
F) - Falchera (Torino): Carolina Imberti, 2 - Ferrara : Maria Masini, 15 Firenze : Emilia Carpaneto, 10 - Formigliana : D. Lorenzo Vaccarino, 5 - Francenigo di Gajarine: Raimondo CaO, 3.
G) - Gabiano : Vittorio Guazzotti, 2 - Genova Celestina Ivaldi, 2 - Girifalco: Bonaventura Antelitano - Gorzegno : Felicina Dogliani - Gravellona Toce : Direttrice Convitto, 5.
L) - La Thuile : M. M., 1,50 - Legos (Austria): S. A., 5 - Lu : Luigia Coggiola, 5 - Lugano (Svizzera): C. B. B., 21.
M) - Magliano : Caterina Traversa, io - Mandello Villa, N. N. , 5 - Maniago : Costante Siego, 8 - Marano Valpolicella : N. N., 8,75 - Martinengo D. Ernesto Adami, 25 - Mede Lomellina : Maria Poggi, io - Mendoza (Rep. Arg.): Maria Palma, 5 - Mergoscia : N. N. 5 - Momo : Lucia Frascotti, 2 - Moncestino: D. C. B. - Monticchio : Concetta Bafile, 5 - Morano Po : Giovanna Cavagnino, io - Mortara : Sorelle Roveda, 5.
N) -Nicosia : N. N., 2 -Nizza Marittima : Egidio Ghiglione, 1,50 - Nizza Monl.: Maddalena Dagna, 5 - id.: Angelo Scrimaglio, i - Nova Padova (Brasile): Marco Rizzotto, fiorini 30 -Novara C. P., S.
O) - Oleggio : Enrichetta Tacchini Cattaneo, 2 - Orbassano : Clara Mosso, 6 - Orta : Maddalena Ronfano, 3.
P) - Padova : Gemma Sormani, io - Palombara Sab : Ch. Ulisse Pompili - Palu di Giovo (Trentino) : Adorna Giallanella, 2 - Pavia : Annunziata Pertusati Radice, 5 - Peveragno : Matteo Civallero, 5 - Pietraperzia : Antonia Di Savore Ved. Cremona, 12 - Pieve di Teco : N. N. 2 - Piossasco : B. C., 5 - Pontecasale : Bettino Turri, 5 - Pontedassio : G. G., 5 - Praden (Svizzera): Virginia Battilana, 2.
Q) - Quarona : A. Porto, 5 - Quarti : Clorinda Favello Giorcelli, i.
R) - Rimini : L. F., 2 - Roana : Costanza Martello, 2 - Rocca Grimalda : Claudio Secondino, 5 - Roddino : Luigi Ravina, 2 - Roana : Ida Magni, 5.
S) - Saluggia: Brigida Berelli, 3 - Saluzzo: Camilla Riccardi Voglino, 5 - Sampierdarena Maria Pittaluga Corrotto, S - Sandrigo : M. G., 5 - S. Albano: Luigi Schiavi, 2 - S. Vittoria d'Alba Giuseppe Bongiovanni, 2 - Selino : Caterina Masnada, io - Settimo S. Pietro : Dott. D. Fedele Murru, 5 - Secondigliano : D. Pietro Nocera, io - Serramanna : Anna Manis, 5 - Sessa (Svizzera): Giuseppe Camisetti, 5.
T) - Tesero-Fiemme (Tirolo): M. Teresina Zorzi, io - Tonco : Francesca Visca, 5 - Torino : Raffignone prof. Vittorio per grazia da tempo desiderata, 5 - id. : Anna Ved. Revere, 5 - id.: C. Colombino - id. : Albina Bellora - id. : Teresa Gavioli - id.: Amalia Cardoni, 2 - id. : Giuseppe Balbi, 2 - id.: Felicita Peyron - id. : Mina Fede, 5 - id.: N. N., 5 - id. : Anna Valetti, 2 - id. : Teresina Mariatti, 2 - id. : N. N., 50 - id. : Albina Benvenuti Tinti, 2 - id.: Maria Beccuti, 5 - id. Benedetto Sala, 3 - id.: Luigia Strobia - id. : N. N., 2 - Tortona : M. T. D., i - Treviso : Emma Cesana, 2 - Trinità : Lucia Teobaldi, 10 - Trisobbio : Agnese Scarsi, 5.
V) - Vallenera d'Asti: Vincenzo Lanfranco - zd.: Luigia Cerrato - id.: Orsola Marcello - id. Giuseppe De Marchi Cardona - Varallo Pombia N. N., 5 - Venezia : Cecilia Milani, i - Vercelli N. N., 25 - id.: Emilia Borasio Rollone, io - Vergano S. Stefano : Teresa Zanetta Cerutti, 3 - Verolengo : Teresa Albano - Vicenza : Emma e Vittoria Francescato, 3 - Vigevano : Giuseppina Comelli, 2 - Villafranca Lunigiana : Paolo Bianchini, 10 - Villalvernia : Maria Bianchi in Pernigotti, 5 - Villanova di Mondovì : Michele Fulcheri, 5 - Villanovafranca : Coniugi Garau, 2,50 - Vinovo : B. D., 20 - id. : N. N., io - Vizzini : C. G. - Volpiano : Famiglia Landa, 3.
Z) - Ziano (Austria): Martino Zorzi, i.
Santuarìo di Marìa Ausìlìatrìce
TORINO-VALDOCCO
Ogni giorno, celebrazione di una santa messa esclusivamente secondo l'intenzione di tutti quelli che in qualunque modo e misura hanno concorso o coricorreranno a beneficare il Santuario o l'annesso Oratorio Salesiano. Per ogni corrispondenza in proposito, ed anche per celebrazione di S. Messe e per novene o tridui di Benedizioni col SS. Sacramento, rivolgersi al Rettore del Santuario di Maria SS. Ausiliatrice, Via Cottolengo, 32 - Torino.
Ogni sabato, alle 7.30 speciali preghiere per gli associati all'Arciconfraternita di Maria SS. Ausiliatrice.
Dal 10 maggio al 10 giugno.
15 maggio - Primo giorno della novena - Oratori: al mattino il sac. D. Antonio Fasulo, alla sera Sua Ecc. Rev.ma Mons. Leonida Mapelli, Vescovo di Borgo S. Donnino.
17 maggio: Anniversario della Pontificia Incoronazione di Maria Ausiliatrice. Indulgenza plenaria a chi visita il Santuario dai primi Vespri del giorno 16 alla sera del 17. Ore 7,15: Messa celebrata da Sua Ecc. Rev.ma Mons. COSTANZO CASTRALE, Vescovo Tit. di Gaza - Ore 11: Messa solenne.
23 maggio: Vigilia della solennità di Maria Ausiliatrice - Ore 5,30: .flessa, Predica, Benedizione solenne - Ore 7,15: Messa celebrata da Sua Ecc. Rev.ma MONS. MAPELLI - Ore 16: Conferenza ai Cooperatori ed alle Cooperatrici Salesiane, seguita dal canto delle Litanie, Tantum Ergo e Benedizione solenne - Ore 18,30: Primi Vespri Pontificali, Discorso e Benedizione solenne - Illuminazione dell'esterno del Santuario, concerto e canti corali.
24 maggio: Solennità di Maria SS. Ausiliatrice e primo giorno della Corte di Maria - Indulgenza plenaria
Messe dall'aurora alle 13 - Ore 5,30: Messa celebrata dal rev.mo sig. D. ALBERA; 6,15: Messa celebrata da Sua Ecc. Rev.ma Mons. MAPELLI; 7,I5: Messa celebrata da Sua Eminenza Rev.ma il signor Cardinale AGOSTINO RICHELMY, nostro Veneratissimo Arcivescovo - Ore 10: Messa Pontificale di Sua Ecc. Rev.ma Mons. Giosui. SIGNORI, Vescovo di Fossano - Infra Missam panegirico detto da
Sua Ecc. Rev.ma MONS. LEONIDA MAPELLI - Alle ore 16: (per comodità dei pellegrini): Litanie, Tantum Ergo e Benedizione solenne - Ore 18: Vespri Pontificali, Processione, Trina Benedizione col SS. Sacramento impartita dall'Eminentissimo Cardinale Arcivescovo. - Illuminazione e concerto.
NB. - La Schola Cantorum dell'Oratorio Salesiano eseguirà la Messa SS. Salvatoris, a 4 voci, del M. I. Mitterer.
25 maggio: secondo giorno della Corte di Maria e Solennità dell'Ascensione di N. S. Gesù Gristo - Orario festivo - Le preghiere di questo giorno sono in suffragio degli ascritti all'Arciconfraternita dei divoti di Maria Ausiliatrice, e di tutti i benefattori defunti del Santuario.
26 maggio: terzo giorno della Corte di Maria.
28 maggio: Chiusura delle feste titolari: Ore 5,30 e 7,30: Messe della Comunità - Ore 16,30: Vespri, Discorso, Te Deum e Benedizione solenne.
2 giugno: Primo venerdì del mese - Ad onore del S. Cuore di Gesù, esposizione del SS. Sacramento per tutto il giorno.
4 giugno: Solennità di Pentecoste - Messa cantata alle 9,30 - Alle ore 15,30, Vespri, Discorso e Benedizione solenne.
Nozze d'oro.
Nel mese di aprile compivansi cinquant'anni dacchè il Sen. Bar. Antonio Manno e la Baronessa Eleonora, nata Cordero di Vonzo, si davano fede di sposi nella chiesa di Santa Teresa in Torino. All'uomo insigne, ristauratore della scienza araldica in Italia, che nell'esimia bontà dell'animo circonda della più alta benevolenza l'umile Opera nostra e ce n'ha date cosi splendide prove che non dimenticheremo giammai, e all'eletta Nobildonna, che gli è compagna e ispiratrice in tante opere buone, pubblicamente umiliamo i nostri omaggi e le nostre più vive felicitazioni. E come già il mattino dell'8 aprile u. s. li accompagnammo coi voti più ferventi allorchè un alto sentimento cristiano li raccolse con la bella corona di figli e di nipoti intorno all'altare, così ora noi preghiamo i lettori ad invocare in questo mese consacrato alla Celeste Ausiliatrice una particolar benedizione sui nobilissimi Coniugi, che dànno un così splendido esempio di virtù domestiche, civili e religiose !
Nuovi Vescovi.
Un altro alunno dell'Oratorio elevato alla dignità episcopale.
Il S. Padre si è degnato di elevare alla Sede Vescovile di Chiavari Mons. Giovanni Gamberoni, Prev. e Vic. Foraneo di Carate, Brianza; alla Sede Vescovile di Albenga Mons. Giosuè Cattarossi, Direttore spirituale del Seminario di Cividale; ed alla Sede Vescovile titolare di Listri, destinandolo Ausiliare dell'Em.mo Arcivescovo di Catania, Mons. Emilio Ferrais, Professore del Seminario di Verona.
Essendo i nuovi Prelati del bel numero dei Cooperatori Salesiani, noi ci facciamo un dovere di porgere ad essi l'omaggio della nostra esultanza col più fervido voto di un lungo e glorioso Pontificato
All'ecc.mo Mons. G. Gamberoni aggiungiamo l'espressione del giubilo particolare con cui fu accolta la notizia della sua elezione nell'Oratorio di Valdocco, dove Egli compì, vivente ancor Don Bosco, gli studi ginnasiali. Che il Venerabile e Maria SS. Ausiliatrice gli impetrino le più dolci consolazioni!
Una cara notizia.
Il 2o u. s. nella Cappella del Vescovado di Novara si tenne la prima seduta del Processo ordinario informativo per la Causa di Beatificazione del Servo di Dio Don Andrea Beltrami, Sacerdote della Pia Società Salesiana, morto in Torino-Valsalice il 3o dicembre 1897. Ne scrisse un'esauriente biografia il teol. D. Giulio Barberis, della quale venne fatto un grazioso compendio dal Sac. Dott. Ugo Mioni. Ci faremo un dovere di parlarne anche noi prossimamente.
n Valdocco.
Ospite illustre. - Fu vari giorni con noi Sua Ecc. Rev.ma Mons. Pasquale Morganti, Arcivescovo di Ravenna, essendo stato chiamato a deporre innanzi il Tribunale Ecclesiastico istituito nella Curia Arcivescovile di Torino pel Processo Apostolico sulla lama di santità del nostro Ven. Fondatore. L'illustre discepolo di D. Bosco parlò più volte ai nostri giovani, celebrò ripetutamente all'altare di Maria Ausiliatrice edificandoci coll'ardore del suo zelo e della sua pietà, e ci lasciò il più dolce ricordo.
Sacra Missione nel Santuario. - Predicata con frutti copiosi dai nostri confratelli Don Trione, D. Cane e D. Amossi, ebbe luogo dal 30 marzo al 9 aprile, in preparazione all'adempimento del Precetto Pasquale e all'inaugurazione della nuova Parrocchia, eretta a vantaggio del numeroso quartiere sorto attorno al Santuario. Tenerissimo episodio di quei giorni di santo fervore fu la pia funzione celebratasi nel pomeriggio del giorno stesso anniversario della morte di D. Rua. Alle due, e poi di nuovo alle tre, come per incanto il Santuario si gremì di bimbi e di pargoletti; e Don Trione, con l'usata facondia, parlò alle mamme che li avevano fra le braccia, spiegando loro il significato della commovente cerimonia. L'eloquenza sua semplice, intessuta di soavi pensieri di fede e di cuore, commosse . al pianto la folla delle madri, che strìngevano al petto i figliuoletti in uno slancio di più intensa carità e di più dolci speranze pei loro nati, su cui scendeva la benedizione del Signore.
- L'inaugurazione della nuova Parrocchia. - Eretta con decreto Arcivescovile del 12 agosto 1909, ed approvata con R. Exequatur del 26 febbraio u. S. fu inaugurata la domenica 9 aprile. Il nuovo Curato Don Roberto Riccardi il mattino celebrò la messa della Comunione generale, e coadiuvato da tre altri sacerdoti ebbe la consolazione di dispensare ad una numerosissima folla di fedeli la S. Comunione; e nel pomeriggio, al suono festoso delle campane ed accompagnato da un lungo corteo di Associazioni giovanili della Parrocchia con molte bandiere fece ingresso solerle nel Santuario.
Attendevalo sulla soglia numeroso clero con a capo il rev.mo teologo avv. D. Roberto Galea Curato di S. Gioachino, e il nostro venerato Superiore Don Albera, delegato dall'Em.mo Card. Arcivescovo a conferire all'eletto la nuova cura. Una gran folla di popolo gremiva il Santuario e parte della piazza. Compiute le cerimonie di rito, il nuovo parroco sali il pulpito e tenne un affettuoso ed eloquente discorso. Impartita poi la benedizione, all'uscir di chiesa fu festeggiatissimo dagli alunni dell'Oratorio la cui musica esegui un breve concerto nell'interno dell'istituto, mentre sulla piazza dava concerto la musica dell'Oratorio Festivo. A notte un lieto scampanio ed una splendida illuminazione della cupola del Santuario coronavano la cordialissima festa.
1° Congresso internazionale da tenersi a Torino nei giorni 8, 9, e 10 settembre p. v.
La « Commissione provvisoria » della Federazione fra le Società, Unioni e Circoli degli Ex-Allievi dei Salesiani di D. Bosco, ha diramato ai Direttori delle Case Salesiane ed ai singoli Presidenti delle accennate Associazioni la lettera seguente
Torino, 25 marzo 1911. M. R. SIG. DIRETTORE
ED ILL.MO SIG. PRESIDENTE,
Le calorose accoglienze fatte al nostro primo appello per una maggiore e migliore intesa fra le molte e varie Unioni di ex-allievi dei Salesiani in una Federazione internazionale; le numerose adesioni giunte da ogni parte del mondo ed il plauso vivissimo con cui venne pure approvata la proposta di un Congresso federale, hanno indotto la Commissione provvisoria a mettersi all'opera, perchè la nuova manifestazione di fratellanza e di attività dei figli di D. Bosco riesca grandiosa per solennità di celebrazione e feconda di bene morale e sociale per praticità di deliberazioni.
Presi pertanto i doverosi e opportuni accordi col Rev.mo Sig. Don Paolo Albera, Rettor Maggiore dei Salesiani, la vostra Commissione provvisoria costituitasi, insieme col Consiglio Direttivo del Circolo Giovanni Bosco di Torino ed altri illustri ex-allievi, in Comitato organizzatore ha deliberato di indire il 1° Congresso internazionale degli exallievi dei Salesiani pei giorni 8, 9 e 10 p. v. Settembre, da tenersi in Torino, presso la Casa-Madre delle Opere di D. Bosco.
L'articolo 3° dello Statuto della Federazione suggerisce per questo 1° Congresso i tre temi seguenti che verranno illustrati da valenti oratori nostri compagni:
1° Tema. - Della convenienza morale ed economica delle Unioni di ex-allievi e dei mezzi di stringere fra essi vincoli di fratellanza allo scopo di agevolare la reciproca conoscenza dei soci nelle varie città regioni e nazioni, per meglio conservare in essi i frutti della cristiana educazione e per facilitare il mutuo soccorso.
2° - Come diffondere nella famiglia e nella società lo spirito di D. Bosco, specialmente per la religiosa e civile educazione della gioventù.
3° - Della necessità e del modo di attuare e promuovere iniziative pubbliche e private che spirino al sostegno e - occorrendo - alla difesa delle molteplici opere di assistenza e previdenza religiosa e sociale suscitate nel nome di Don Bosco.
Non vi ha dubbio che le fraterne discussioni che seguiranno fra noi per approvare poi, con unanime consenso, le Deliberazioni del Congresso, saranno noli solo una consolante testimonianza dello spirito di D. Bosco sempre vivente in noi; ma eziandio una novella prova della mirabile varietà e praticità con cui gli ex-allievi dei Salesiani sanno, sull'esempio del Padre, di fronte ai nuovi bisogni (lei tempi e dei luoghi, usare e adattare opportuni metodi e mezzi per un'efficace e saggia azione religiosa, civile e sociale.
Il Comitato organizzatore, riservandosi di comu nicare quanto prima il programma particolareggiato.ed il regolamento del Congresso, raccomanda vivamente ai sigg. Direttori e Presidenti di volere intanto convocare i soci della propria Unione in speciali adunanze per studiare i temi che saranno discussi al Congresso Internazionale e far quindi pervenire le loro proposte al Segretario del Comitato, affinchè se ne possa tener conto nelle Deliberazioni che verranno presentate alla discussione ed approvazione del Congresso.
Raccomanda inoltre d'istituire Comitati nazionali e locali d'onore e di nominare e significare al Comitato organizzatore l'oratore incaricato di portare al Congresso il saluto della propria Nazione.
Il Comitato nutre fiducia che numerosi e concordi ci troveremo a Torino per affermare il nostro affetto e la nostra gratitudine agli antichi nostri educatori nella Casa-Madre delle Istituzioni Salesiane e per attestare al venerando Successore di D. Bosco .e di D. Rua i sensi del nostro filiale ossequio.
IL COMITATO ORGANIZZATORE.
AVVERTENZE:
1° I Congressisti che dall'Italia e dall'Estero si recheranno a Torino possono valersi delle notevoli facilitazioni ferroviarie, marittime e di soggiorno che vennero concesse per le Esposizioni Internazionali di Torino, Roma e Firenze e che durano dal 1° marzo al 31 ottobre 1911. - Il Segretario del Comitato darà tutti gli schiarimenti che a tal fine gli saranno richiesti, ma ciascuno può rivolgersi anche a qualunque stazione od agenzia ferroviaria ed agli Uffici dell'Associazione Movimento Forestieri che fa servizio gratuito d'informazioni per ciò che riguarda le facilitazioni di viaggio.
2° La Tessera-libretto per le facilitazioni di viaggio si rilascia dalle stazioni ferroviarie.
3 ° La Tessera di Congressista costa Una lira.
4° Dirigere la corrispondenza al Segretario della Federazione ex-allievi D. Bosco - Via Consolata, 2 - Torino.
TOURNAI (Belgio). - L'Associazione ex-allievi dell'Orfanotrofio S. Gabriele di Lilla, radunandosi perla consueta assemblea annuale ebbe la soddisfazione di avere con sè un gruppo di antichi ad attuali allievi della nostra casa di Tournai. L'entusiasmo non poteva essere maggiore. I nomi di D. Bosco, D. Rua e D. Albera, ripetuti cento volte in affettuosi discorsi, destarono i più dolci ricordi e i più generosi propositi. Si combinò che gli Ex-Allievi di Lilla renderanno la visita agli amici di Tournai nella festa di S. Carlo.
LORENA. - Una visita alla « Colonia Italiana Porto Real » detta anticamente « Porto Simao ». - Prese il nome di Porto Real dopo la visita che l'Imperatore Don Pedro II si degnò fare a quei coloni. Fu fondata dallo stesso Imperatore, che incaricò la signora Fiorita Malavarsi di venir in Italia nel 1875 per tornarne con varie famiglie. Ve ne andarono 35; e poi il numero delle persone aumentò fino a 3000, quasi tutte d'origine modenese o mantovana.
La Colonia ebbe la sua emancipazione il 1882 dallo stesso Don Pedro II, la cui memoria è ancor viva tra i coloni. Egli fu per loro un padre, un benefattore fu a visitarli e si divertiva a parlare con tutti, conoscendo anche i loro dialetti.
La superficie della Colonia è molto estesa ma oggi è ridotto il numero delle persone ; son circa 300. Ciascuna famiglia possiede circa 9 ettari.
Sul piazzale della chiesuola sorge una colonna col busto di Re Vittorio Emanuele II, inaugurato il 23 giugno 1883, e a sinistra del monumento sono le scuole. La chiesuola, eretta nel 19o2, è dedicata all'Addolorata. Il sig. Francisco de Barros Vianna è uno dei suoi principali benefattori.
Nei tempi in cui era in fiore, la Colonia italiana di Porto Real fu visitata anche dal compianto Ministro Conte Ottonelli, che vi fu accolto con gran festa.
I prodotti principali sono: canna da zucchero, granturco e riso. Quest'anno vi fu siccità e il raccolto è stato arso dal sole...
Queste le notizie che c'invia il missionario Don Dalla Via, che fu a visitare quegli emigrati il 5 febbraio u. s. e conchiude la sua relazione:
« Devo poi ringraziare tutti i coloni che con premura vennero a udire la Santa Messa ed ascoltare la mia parola. Li felicitai per la chiesa eretta con tanti sacrifizi e pei sentimenti patriottici che conservano nel cuore, li animai ad amarsi mutualmente e a lavorare rassegnati conforme la legge che a tutti incombe, rinnovando ad essi in nome di Dio la promessa di un'eterna ricompensa.
»Speciali e sentiti ringraziamenti devo al signor Rodolfo Allegretti ed alla sua famiglia per la cordiale generosità con ' cui mi trattarono.
Un altro ringraziamento si abbia pure il Canonico D. Michele Calmon Bulcào, che da buon pastore aiuta coi consigli e col sacro suo ministero quei suoi parrocchiani ».
NEW YORK. - La Chiesa della Trasfigurazione si allieta da molti anni del giocondo spettacolo della festa delle Prime Comunioni; ma forse mai aveva visto un drappello più numeroso, più gaio, più giovane, e più disciplinato di quello che la domenica, 5 marzo, si accostò alla Sacra Mensa. Erano - scrive l'Italiano in America - oltre quattrocento fanciulli e fanciulle, che in devoto contegno, sotto la guida paziente di D. Diamond, pareva che accostandosi all'altare sentissero tutta la dolcezza dell'invito del Regnante Pontefice: « Lasciate che i fanciulli vadano a Lui; la virtù delle immacolate sue carni conserverà l'effluvio dei candidissimi gigli dei loro cuori! ». Erano oltre quattrocento figli dei nostri emigrati!
Tra i figli del popolo.
TRIESTE. - Il 19 marzo, S. E. l'Arcivescovo Mons Francesco Saverio Nagl, Coadiutore del Cardinale di Vienna cum jure successionis, consacrava in Trieste il nuovo Vescovo Mons. dott. Andrea Karlin e l'Oratorio Salesiano dava in quello stesso giorno un Trattenimento accademico-musicale in omaggio del nuovo Pastore.
« I Salesiani - così ne riferiva il Corriere Adriatico - dei quali per disposizione dello statuto Mons. Karlin è ora presidente, indissero in suo onore un trattenimento, che si svolse alla sera brillantemente nei locali dell'Oratorio. Nell'ampio, splendido cortile, prima delle 6 si trovavano raccolti tutti i fanciulli che frequentano l'Oratorio: saranno stati un migliaio e più, che con manifesta impazienza attendevano il sopraggiungere del Vescovo. Era schierata anche la banda dell'Oratorio, e parecchie personalità si erano già date convegno.
. » Notammo fra gli altri molti: il capitano provinciale dell'Istria dott. Rizzi, il presidente del Tribunale d'appello Augusto Jacopig, il presidente del Governo Marittimo Antonio Delles, il direttore delle Poste e dei Telegrafi cons. aul. comm. Ermanno Pattay, il dirett. di Polizia cons, aul. comm. dott. Alfredo nob. de Manussi-Montesole, il dirigente il Consiglierato di Luogotenenza cons. aul. comm. Luigi Fabiani, il cons. aul. Attems-Heiligenkreuz, il capitano distrettuale dott. Bernardo Karminski, il dirigente del Giudizio distrettuale in affari civili, consigliere provinciale Giovanni Clerici„ il cons. prov. Giuseppe Minio, il direttore del dipar timento cont. della Luogotenenza Giovanni Folie, il contrammiraglio in riposo Guido Couarde, il viceammiraglio in pens. Enrico de Buchta, il bar. Arturo de Albori, il direttore della filiale della Banca Union comm. Fortunato Viviante nob. de Villabella, l'on. Clodoveo Budinich, il dott. Ettore conte de Ferra, il dott. Michele Depangher, l'ingdott. Giorgio Maglich, il console generale di Germania cons. intimo di Governo Massimiliano Scheefer, ed altri il cui nome ora ci sfugge. Erano presenti pure tutte le patronesse dell'Oratorio: la baronessa Emma Deseppi, la baronessa Emma de Lutteroth, le signore Abram, Fabiani, Seeman, Couarde, Enenkel, Vivante, Ada Escher, de Pott con la figlia, ecc.
» Quando verso le 6, rnons. Karlin, assieme a Mons. Nagl, Mons. Machnic e Mons. Flapp entrarono nel recinto dell'Oratorio, i ragazzi proruppero in altissime acclamazioni, mentre la banda suonava una marcia. Intrattenutisi molto affabilmente con parecchi dei presenti i quattro alti prelati, accompagnati da don Rubino, che squisitamente faceva gli onori di casa, entrarono nella bella sala del teatro, gremita da cima a fondo da pubblico distintissimo.
» Si svolse allora un piccolo trattenimento, al quale D. Rubino fece precedere poche ispirate parole, che furono un saggio della sana, buona educazione impartita a quei ragazzi dagli instancabili seguaci di D. Bosco. Don Vattovaz pronunciò uno smagliante discorso di saluto al nuovo Vescovo, quindi furono recitati versi, cantati inni, eseguita un'operetta con balletto, recitato un bozzetto drammatico, e tutto con tanto sentimento, in modo così gentile e squisito, che ogni elogio agli educatori ed agli allievi sarebbe supefluo. La banda anch'essa eseguì parecchi brani musicali, con la sua ben conosciuta valentia, suscitando in tutti ammirazione ed entusiasmo. La festa si chiuse al suono dell'inno di S. Giusto ».
TRINO VERCELLESE.- La domenica 26 marzo il teatro dell'Oratorio si gremiva di Trinesi, accorsi ad udire la proclamazione dei giovani premiati per frequenza all'Oratorio e lo studio della Religione, e per ascoltare l'eloquente parola dell'óratore D. G. Vada.
Fu commovente lo spettacolo di quattrocento persone adulte che, colla riverente attenzione ed i frequenti applausi all'oratore, attestavano attaccamento alla religione e vivo interesse per la buona educazione della generazione novella.
La schietta e minuta relazione dell'opera dell'Oratorio nell'anno decorso trovò il pieno assenso degli uditori nell'affermazione di un lavoro saggio e costante che conduce l'Oratorio a divenire vera scuola di educazione religiosa e civile
Al termine della solenne funzione la fanfara offerse il suo primo saggio in pubblico.
Alla fraterna cena, a cui il Direttore aveva invitati i catechisti Trinesi, che con lodevolissima costanza lo coadiuvano in tutti i giorni festivi, parlò con entusiasmo uno dei migliori di essi, esortando i compagni a perseverare nell'ardua ma santa impresa dell'insegnamento catechistico.
BIRCHIRCARA (Malta). - Non sono trascorsi neppure sei mesi dall'inaugurazione dell'Oratorio Savio Domenico, e in poco tempo quanto progresso ! Nell'ampio cortile è una vita vertiginosa: il football, i cerchi volanti, le altalene, e mille altri utili trastulli dànno moto, salute ed allegria a uno sciame di cinquecento e 6oo e 7oo giovanetti; i quali, a un tocco di campanello hanno già imparato a cessare ogni divertimento e allinearsi di fronte a grossi numeri stampati sulle pareti, che indicano le classi. E tutti, così divisi, parté nella cappella, parte nei locali del teatrino, si raccolgono per le lezioni di catechismo tutte le sere!
Ha del meraviglioso la buona volontà e lo zelo di una trentina di ottimi padri di famiglia, i quali, stanchi ancora del lavoro, in luogo del riposo, si recano all'Oratorio per assistere, animare i giuochi e poi fare il catechismo. Che bell'esempio da imitare! Ultimamente S. E. Rev.ma l'Arcivescovo Mons. Pace, recatosi all'Oratorio Savio Domenico a conferire la S. Cresima, non finiva più di esternare la sua paterna consolazione nel contemplare co' suoi occhi sì edificante spettacolo... Ed oltre i catechisti, e un bravo sergente che ammaestra i più grandicelli nella ginnastica, meritano una lode speciale parecchi distinti Canonici, i quali prestano l'opera loro in favore dei fanciulli dell'Oratorio; e sopratutto il zelante sacerdote Don Michele Sammut, che tutte le sue più belle energie impiega allo sviluppo di un'opera così feconda di lavoro e di frutti.
Ma il merito principale è dovuto al sig. Notaio Cassolani e consorte, che in quel luogo deserto e solitario hanno fatto mercè la loro carità sorgere la vita e l'entusiasmo. Ad essi, il 5 marzo, superiori e giovanetti furono ben lieti di dare un modesto, ma sincero tributo di gratitudine. Era il giorno delle nozze d'argento dei coniugi illustri; e per la circostanza vi fu trattenimento musico-letterario con la partecipazione ed il plauso di alti personaggi. Il gruppo fotografico da noi riprodotto rappresenta poco più della metà dei giovanetti presenti. Si abbiano gl'illustri Benefattori anche i nostri più cordiali augurii.
CALTAGIRONE. - Oratorio ed Istituto Savio Domenico. - Ci scrivono : « L'Oratorio è frequentato tutti i giorni festivi da circa duecento ragazzi, tra cui parecchi grandi. Mercè il loro carattere buono si sono potute istituire contemporaneamente le compagnie di S. Luigi e di S. Giuseppe, che contano numerosi soci; oltre il Circolo « Ven. Gio. Bosco » per gli studenti del ginnasio e del tecnico, con annessa biblioteca. E i frutti, a dir vero, sono consolantissimi. Ogni domenica il numero delle Comunioni è considerevole, e sarebbe di gran lunga maggiore se non fossimo troppo distanti dal centro della città.
I giovanetti poi mantenuti dalla carità di Mons. Gerbino, di santa memoria, sono venti, tutti sui nove o dieci anni, e corrispondono alle cure che loro vengono prodigate. La città ne è soddisfatta, e benedice l'Opera Salesiana. Parlando dell'Istituto non possiamo non accennare tra i tanti amici, a due zelanti ecclesiastici, il cui attaccamento al l'opera nostra è singolare, cioè i rev.mi Canonici Giac. Caristia e Gius. D'Antona ; nè possiamo tacere il nome del nostro veneratissimo Vescovo, Sua Ecc. Mons. Pio De Bono, il quale è assai soddisfatto dell'opera nostra e viene volentieri ad onorare di sua presenza le festicciuole e a passare qualche oretta lieta fra i nostri vispi fanciulli. Anche il nostro amatissimo parroco Mons. Mineo Janni ci porta un affetto veramente paterno ».
ROMA. -- Al Circolo "Sacro Cuore di Gesù" presso l'omonima chiesa parrocchiale s'inaugurò una Scuola di Religione, e per la solenne circostanza rivolse la sua parola ai soci l'ispettore D. Arturo Conelli.
Coll'accento caro del cuore e della convinzione disse quale debba essere la fisionomia dell'animo d'un giovane cattolico, quale cioè il suo vero carattere di cristiano. Posto che il carattere è frutto di un'abitudine proveniente da una qualità maggiormente in rilievo nel cuore d'ognuno, spiegò come la qualità caratteristica del cattolico dev'essere il coraggio cristiano, cioè quella felice disposizione dell'animo a superare le difficoltà che s'incontrano nelle vie della virtù, mediante la tenacia dei propositi nel giusto e nel buono. Donde ha origine ed alimento questa forza, questo carattere? Dalle convinzioni. Non è capace di sforzi morali se non colui che ha la niente illuminata da sode convinzioni e da solidi principi di cultura. Se oggi i caratteri vanno scomparendo, è per il decrescere della cultura religiosa e per l'aumento dell'ignoranza. Di qui la necessità dello studio della religione, se vogliamo attingere quella forza morale la cui ultima espressione è appunto il carattere, ossia il maschio volere della volontà, illuminata dall'intelletto e retta dalla sodezza delle proprie convinzioni.
- Scuola di lingue. - Molto frequentate sono le lezioni di francese e di inglese che hanno luogo quasi tutte le sere per cura del Circolo S. Cuore. La Scuola è aperta a chiunque intenda approfittarne; basta farne domanda alla Presidenza.
SANSEVERO. - Circolo di Cultura. - Per dare ai giovani dell'Oratorio un maggior corredo di cognizioni religiose e sociali, per animarli allo studio dei gravi problemi della vita e per abituarli alla discussione serena ed obbiettiva delle idee che agitano oggi le coscienze, la domenica 26 marzo s'inaugurò un Circolo di Cultura. Il quaresimalista della Cattedrale, prof. Amelio, tenne il discorso di occasione. Disse della necessità di formarsi una coltura corrispondente ai bisogni dei tempi, senza trascurare la retta educazione del cuore; accennò al gran bene che possono fare i giovani quando hanno forti convinzioni religiose e sociali ed augurò a tutti costanza e riuscita in questo lavoro di propaganda di idee che deve assicurare una direttiva sicura nella operosità della vita sociale. L'Ispettore salesiano D. Conelli aggiunse affettuose parole d'incoraggiamento.
FERRARA. - Solennissima fu quest'anno la festa di S. Giuseppe nell'Oratorio S. Carlo. Al mattino, alla Messa della Comunione assistevano oltre trecento giovanetti ed i soci del Circolo « Ars et Labor » col loro vessillo. Celebrò Mons. Ferretti che rivolse ai giovani opportune parole. Quindi nel cortile artisticamente pavesato di festoni e bandiere venne offerta a tutti un'abbondante colazione, rallegrata dal concerto dell'Oratorio. Poi fino a mezzogiorno seguirono giuochi.
Nel pomeriggio disse il panegirico del santo il rev. D. Pranzini, arciprete di Mirabello, e numerosi benefattori accorsi per assistere al resto della festa, fecero una larga distribuzione di dolci a tutti i ragazzi. Seguì la presentazione della nuova sezione filarmonica, poi gare podistiche, corse nei sacchi, scalata all'albero della cuccagna, ecc. e proiezioni cinematografiche ed innalzamento di globi areostatici. Prestò servizio la banda dell'Orfanotrofio Umberto I e la società corale Lorenzo Perosi eseguì scelti cori.
CHIOGGIA. - Il Circolo S. Giusto ha più volte rappresentato nella passata quaresima una grandiosa tragedia: la Passione di N. S. Gesù Cristo, dinanzi un pubblico sempre denso ed ammirato. L'iniziativa incontrò il plauso di tutta la cittadinanza e lasciò la più cara memoria.
In Italia.
GUALDO TADINO. - Il 19 marzo fu giorno solenne per l'Istituto Salesiano, lieto di poter sciogliere l'inno della riconoscenza al suo munifico benefattore, Mons. Roberto Calai Marioni.
Alle 7 1/2 Mons. Vescovo celebrava nella cappella del Collegio la S. Messa. Prima della Comunione rivolse ai presenti un caldo e forbito discorso sull'amore di Gesù nell'Eucarestia ; e quindi amministrò il Sacramento della Cresima a vari alunni. Compiuta la sacra cerimonia, s'improvvisò al degno Prelato una calda dimostrazione d'affetto.
A sera poi, ebbe luogo nel teatrino uno svariato trattenimento musico-letterario-drammatico, cui presenziava Mons. Vescovo, circondato da parecchi canonici della collegiata. L'aperse il Direttore dell'Istituto, ed uno degli insegnanti presentò all'Eccellentissimo Pastore un quadro commemorativo della sua recente consacrazione episcopale, finissima esecuzione in stile pergamena.
Seguì la recita di prose, poesie, dialoghi, con la messa in scena di un breve lavoro drammatico, ed un grazioso saggio ginnico, eseguito con elegante precisione dai giovani della « Primo vere ». L'orchestrina della città, diretta dall'egregio M° Decio Bucadi, accompagnò diversi canti e negli intermezzi fe' gustare scelti pezzi di musica.
Anche il Circolo S. Luigi di Pieve di Compresseto, con a capo il zelante suo Parroco, contribuì a rendere la festa più solenne.
LIVORNO. - Inaugurazione di un Circolo di Cultura. - La domenica 26 marzo le signore del Comitato Livornese Unione Donne Cattoliche recavansi all'Asilo Santo Spirito, per inaugurare un Circolo di Cultura a vantaggio dell'annesso Corso di Religione e del Comitato dell'Unione.
Presiedeva S. E. Rev.ma il Vescovo Mons. Sabatino Giani, circondato dai Nobili Fondatori dell'Istituto, dal Consiglio del Comitato al completo, da Mons. Morteo Vicario Generale, dall'Assistente Ecclesiastico Arciprete Musante e da altri Ecclesiastici, presente un numero stragrande di signore e signori.
Apriva la festa l'Assistente Ecclesiastico, che con bella forma ed elevati concetti animò le donne cattoliche a portar Gesù Cristo nella società, potendo esse talora far ciò che ad altri non è dato. Quindi prese la parola S. E. Rev.ma Mons. Vescovo, il quale, dopo aver dichiarato lo scopo della festa, lesse il telegramma del Santo Padre benedicente il Circolo novello e passò a dimostrare la necessità della nuova Istituzione. Questa nelle sue grandi linee di lavoro tenderà:
1° A promuovere lo studio della religione attenendosi alla più sana dottrina e proscrivendo qualsiasi sistema od applicazione che si allontani anche menomamente da quanto insegna la Santa Chiesa Cattolica, Apostolica, Romana.
2° Promuoverà lo studio delle scienze sociali, valendosi di quei mezzi che l'attuale progresso offre per lo svolgimento delle facoltà psichiche; come lezioni, conferenze, proiezioni cinematografiche, biblioteca, riviste, musica, arte del disegno applicato all'azienda domestica, cronaca dell'azione femminile, illustrazione e commento di opere letterarie, arte di scrivere e di esporre in pubblico a scopo di propaganda.
Già s'iniziarono i giovedì sociali in cui si svolgeranno trattazioni di argomento vario ma determinato, con sempre a base la Religione. La prima conferenza fu tenuta da Mons.Vescovo.
MILANO. - Pel compimento della chiesa di S. Agostino. - Sua Ecc. Rev.ma Mons. Pasquale Morganti, il 1° marzo, teneva conferenza alle signore del Comitato Salesiano le quali accorsero numerosissime ad ascoltare la sua parola, sempre efficace.
Ripieno il cuore di commozione per avere nei giorni innanzi deposto presso la Curia Arcivescovile di Torino nella causa di beatificazione del nostro Ven. Fondatore, l'illustre Presule effuse tutto il suo affetto filiale ricordando teneri e commoventi episodi della vita di D. Bosco, fece eloquentemente conoscere quanto in essa sia meraviglioso il sopranaturale, e disse anche perchè il Signore abbia voluto maggiormente affermarlo in Don Bosco, che visse in un secolo più d'ogni altro aborrente dal sopranaturale, qual fu il secolo XIX.
Poscia si congratulò del bene che le Signore del Comitato compiono per l'Opera nostra in Milano; e ricordando la Chiesa di Sant'Agostino ancora incompiuta, disse stringersegli il cuore che tale impresa, destinata a ricordare uno dei fatti più gloriosi del sopranaturale compiutisi in Milano, come la conversione di Sant'Agostino, non fosse tuttavia terminata; e con pratici ed opportuni consigli esortò le pie signore a non sgomentarsi di nessuna difficoltà, ma zelare in ogni modo il compimento della medesima.
« Non mancano i mezzi, conchiudeva l'Ecc.mo Prelato, per nuovi palazzi e monumenti che vediamo sorgere ogni giorno nella città, non sempre certo a suo decoro e vantaggio. Dovranno forse mancare per darle un nuovo tempio, dove tante anime redente dal sangue preziosissimo di Gesù Cristo trovino la pace e il conforto che le sostenga nelle dure prove della vita, dove più viva ed intensa si innalzi ogni giorno da centinaia di cuori innocenti la preghiera al Signore per noi e pei nostri cari defunti? ».
- Pochi giorni dopo, anche i Signori del Comitato, con a capo Mons. Balconi, si radunavano in conferenza nell'Istituto S. Ambrogio in via Copernico. Esposero a Mons. Morganti, cioè al loro antico direttore, di aver stabilito di mandare un nuovo appello alla città e diocesi per la Chiesa di Sant'Agostino, previa l'approvazione e raccomandazione di Sua Eminenza il Cardinale Arcivescovo, e di adoperarsi per la sua maggior diffusione. Monsignore benedisse con grande affetto alla proposta e a tutto il Comitato.
- Anche l'Em.mo Cardinale Arcivescovo, nel pomeriggio del 6 aprile, tenne in proposito una lunga conferenza a tutto il Comitato.
Il zelantissimo Pastore toccò del bene compiuto a Milano dall'Opera Salesiana; ebbe parole di vivo encomio per la generosità del Comitato, ma soggiunse che l'opera ha d'uopo di essere proseguita con tenacia e costanza perchè i bisogni incalzano. E con quella eloquenza che non ha mestieri di artifici tracciò il quadro di disordini che tristamente lumeggiano la società moderna, per inferirne la necessità di lavorare, sempre con crescente ardore, per ricondurre le anime a Cristo.
Questa necessità gli die' agio di scendere a parlare della chiesa di Sant'Agostino. L'Em.mo pose in rilievo la gigantesca figura del Santo, milanese di adozione se non per nascita, che ben merita di avere nella Metropoli lombarda un tempio condegno, e disse del suo urgente bisogno e dell'ampia missione di bene che esso dovrà compiere in avvenire. Esortò quindi tutti i presenti ad essere generosi e a non risparmiare sacrifici per un'opera tanto necessaria, osservando che Milano abbonda di opere caritatevoli; ma spesso la carità è volta a pro' dei corpi, non delle anime.
Questo pensiero lo portò con felice transizione a parlare di D. Rua, essendo quello il giorno commemorativo della morte di lui, e ne fece commoventissimo elogio, ricordando detti e fatti dei quali fu testimonio. Ebbe parole affettuose anche per il suo Successore una cui lettera, ricevuta il giorno innanzi, disse essere specchio tersissimo della bontà che D. Bosco ha trasfuso nei suoi Successori per assicurare sempre più lo sviluppo e l'incremento dell'opera sua a bene delle anime. Di Don Rua ricordò anche l'ardente desiderio di veder compiuto il tempio di Sant'Agostino !
Preghiamo il Signore perchè questi autorevoli incoraggiamenti abbiano a sortire felicemente l'esito desiderato.
NIZZA MONFERRATO. -- Nell'istituto di N. S. delle Grazie. - Una cara triplice festa si celebrò solennemente nell'Istituto di N. S. delle Grazie, con l'intervento del rev.mo Sig. D. Albera, nostro Rettor Maggiore. Si onorò il santo Vescovo di Ginevra, si commemorò il Venerabile D. Bosco, ed alcune educande ricevettero per la prima volta la S. Comunione.
Alle 7, nella cappella interna dell'Istituto parata a festa e gremita, anche perchè le antiche alunne della città, invitate per la circostanza, accorsero numerosissime, il rev.mo nostro Superiore celebrò la messa della Comunione Generale.
Alle 10 vi fu messa solenne, e nel pomeriggio adunanza delle antiche allieve, alle quali il signor D. Albera, rallegrandosi per il loro gran numero, rivolse una paterna esortazione a mantenersi ferme ed unite nel santo proposito del bene e nella pratica di quei doveri che le stringeranno, con sempre maggior interessamento affettuoso, alla cara bandiera del Ven. D. Bosco e, per essa, all'Istituto che le accolse fanciulle e giovanette.
Verso le 16 seguì il vespro solenne e poi il discorso di circostanza, detto dallo stesso sig. Don Albera, che in fine impartì la benedizione col SS. Sacramento e quindi presiedette l'Accademiaomaggio al Ven. D. Bosco.
SPEZIA. - Il 9 aprile segnò una data memoranda pel Santuario di N. S. della Neve: poichè, essendo stato con recente decreto eretto in parrocchia, vi ebbe luogo l'ingresso solenne del nuovo Parroco, il prof. Gio. Battista Sammory.
Mons. Bernardino Raganti, Vicario Generale della Diocesi, col solito cerimoniale di rito mise al possesso l'eletto, il quale, salito in pergamo, rivolse il suo primo saluto ai nuovi parrocchiani. La cerimonia ebbe termine col canto del Te Deum e la benedizione impartita dal novello pastore.
TORRIONE DI BORDIGHERA. - Due care notizie. - Celebrandosi nella nostra chiesa parrocchiale la solennità di S. Francesco di Sales, S. E. Mons. Daffra, Vescovo di Ventimiglia, distribuiva la Prima Comunione a 150 fanciulli delle Scuole Don Bosco, e a 6o bambine dell'Istituto Maria Ausiliatrice, tutti della tenera età di sette ad otto anni. La funzione riuscì pia e solenne. Terminato il Santo Sacrificio, Monsignore stesso, con commoventi parole ripetute dai nuovi comunicandi, recitava gli atti del ringraziamento aggiungendo in fine una preghiera pel Santo Padre, al quale i fortunati fanciulli dovevano la felicità di quel giorno. Le bambine dell'Istituto di Maria Ausiliatrice ebbero la felice idea di esprimere per lettera al Vicario di G. Cristo la loro riconoscenza per così bella fortuna e ne ebbero in risposta, in data 24 marzo, il seguente telegramma
Santo Padre, grato devoto filiale omaggio codeste fanciulle che hanno ricevuto prima Comunione, le benedice con Suore e Parroco e rispettive famiglie. - Card. Merry del Val.
- Il 2 aprile ebbe luogo nello stesso Istituto di Diaria Ausiliatrice la prima adunanza delle Antiche Allieve Oratoriane, Semi-Convittrici ed Educande, presieduta dal Prevosto locale, il quale esponendo brevemente la natura e lo scopo di quel convegno, disponeva le intervenute a dare cordialmente il loro nome all'Associazione. La radunanza riuscì oltre ogni dire soddisfacente, sia per numero delle presenti, sia per la cordialità e il perfetto accordo da cui erano inspirate.
All'Estero.
LIEGI (Belgio). - Si è inaugurato un nuovo Circolo Cattolico, intitolato da D. Bosco. La cerimonia si svolse parte nella chiesa parrocchiale di Maria Ausiliatrice, ove si cantò una messa solenne, e parte nella sede sociale, cui fu impartita la benedizione di rito dall'ispettore D. Scaloni. Il corteo, che seguì la cerimonia religiosa, presieduto dalla Fanfara « D. Bosco » e composto da un gruppo di alunni dell'Orfanotrofio S. Giovanni Berckmans, dai membri del nuovo Circolo, da numerosi aderenti alla festa e da una squadra ginnastica della jeunesse Salésienne, attirò l'attenzione e la simpatia di tutto il quartiere. Nella sede sociale recavasi a fraternizzare anche il Comitato del Circolo Godefroid Kurth. La festa ebbe termine con un vermouth d'orrore.
LUBIANA (Carniola). - Il Collegio Sloveno di Lubiana celebra quest'anno il 1° decennio dalla sua fondazione. Eretto allo scopo di giovare particolarmente ai ragazzi che per insubordinazione od altri motivi vengono esclusi dalle altre scuole, conta presentemente 12o alunni appartenenti alle classi elementari e gode la simpatia e l'appoggio morale delle Autorità. Col nuovo anno ha aperto un pensionato per alunni del ginnasio inferiore che frequentano le pubbliche scuole; ed annesso ha pure un Oratorio festivo frequentato regolarmente da circa 20o ragazzi.
Si spera di aprir presto un secondo Oratorio nel centro della città; tutti ne vedono il bisogno, e a noi sembra che questo sarebbe il miglior ricordo del compiersi del 1° decennio di quella fondazione.
ALICANTE (Spagna) - In questa città il 12 marzo si collocò la prima pietra di un edificio per le Scuole Salesiane. La cerimonia, alla quale presero parte, tra immenso popolo, tutte le autorità ecclesiastiche, civili e militari, riuscì imponentissima. L'iniziativa è dovuta alla munificenza del compianto marchese del Bosch ed allo zelo di un Comitato di Patronesse.
VICO-PONTEVEDRA (Spagna). - I marinai cattolici delle Navi Tedesche, che visitarono in febbraio quello splendido porto, furon pure al nostro Collegio, come avevano fatto in altre occasioni per ascoltarvi la S. Messa in adempimento del precetto festivo. Questa volta alcuni ufficiali resero più bella colla loro presenza la nostra festa di S. Francesco di Sales e l'accademia che si tenne ad onore dell'esimio nostro benefattore Mons. Vescovo di
Beja. Sua Eccellenza celebrò per i marinai tedeschi nella Chiesa Collegiata e il nostro confratello Don Lampe rivolse loro un discorso nella propria lingua. Di quella sera, accompagnato da alcuni Salesiani e dal sig. Leopoldo Gómez, Mons. Vescovo rese loro la visita a bordo del Victoria Luise, ove fu accolto con grande cortesia e con ogni miglior ossequio.
PANAMA. - Gli orfanelli del Collegio Salesiana celebrano in questo mese le nozze d'oro del munifico loro benefattore sig. Nicanore de Obarrio con la signora Maria Icaza. Ci uniamo con piacere nell'omaggio all'esimio, uomo, pregando a lui e alla sua degna consorte le più elette benedizioni.
S. E. Mons. Pasquale Rubian.
Arcivescovo tit. di Amasea e Vescovo ordinante in Roma per gli Armeni, passò a miglior vita il 17 aprile u. s. Era nato in Costantinopoli il 22 luglio 1835. Sacerdote e prelato di esemplare pietà e carità verso i poveri, rese alla Chiesa ed alla sua nazione importanti servizi.
Anche per l'Opera Salesiana ebbe un affetto singolare. Non si tenne mai in Roma alcuna conferenza o adunanza diretta all'incremento della nostra Pia Società, senza che questo venerando Prelato Costantinopolitano, con edificazione di tutti, non si facesse un dovere d'intervenirvi. Nè mancò di unire all'appoggio morale anche il suo obolo, lietissimo di cooperare al mantenimento ed allo sviluppo di tante opere rivolte a vantaggio dei figli del popola. Un suffragio per l'anima sua benedetta !
Don Pietro Cardano SALESIANO.
Ispettore delle Opere di D. Bosco in Oriente, moriva nell'Oratorio di S. Francesco di Sales in Valdocco nel marzo u. s.
« Don Pietro Cardano, scrisse il Messaggere Egiziano di Alessandria d'Egitto del 18 marzo, già qui direttore dell'Istituto Don Bosco, promosso poi Ispettore delle Opere Salesiane in Oriente, era ben noto e stimato nella nostra città, da quanti ne conobbero la cortesia dei modi e la bontà, con cui in ogni occorrenza si prestò a favore di poveri giovanetti.
» L'Opera Salesiana gli deve nella maggior parte questa scuola di Alessandria dove venne mandato nel 1898, quando molto o quasi tutto rimaneva da fare. Divenutone superiore nel 1899, si videro presto ordinati i laboratori e le prime classi nella vecchia prigione di Bab Sidra, l'Istituto ebbe un programma ben definito, e, più tardi, sull'area del terreno già ingombro dei terrapieni e fossati delle antiche mura, sorse la prima metà del nuovo fabbricato. Non fu piccola impresa, perchè fu dovuta esclusivamente a lavoro ed iniziativa personale. Egli diede all'opera un considerevole sviluppo e si stimò lieto di aver giovato alla causa dell'italianità con una scuola destinata principalmente a giovanetti italiani: la prima fra le scuole religiose in Oriente, messa sotto il protettorato italiano.
» Nell'agosto del 19o6, la fiducia dei Superiori di Torino lo nominava Ispettore delle case di Oriente (6 in Palestina; 2 a Smirne; 1 a Costantinopoli e 1 in Alessandria). In tutte quelle case egli portò l'impulso della sua attività e del suo senso pratico: a qualcuna diede vita, e tutte avviò per un'erta ascendente di sicuro progresso.
» Quando si era fatto largo stuolo di amici e cattivata l'affezione dei suoi, un terribile male gli minava l'esistenza. Fu colto da una ostinata emicrania, di cui la scienza non seppe dar ragione, se non dopo molti mesi, per confessare allora la propria impotenza a salvarlo: si trattava d'un sarcoma alla base del cranio.
» Con la stessa calma, con cui aveva atteso sempre all'indefesso lavoro, soffrì gli acuti dolori del male, oggetto di ammirazione e di simpatia a tutti e specie agli specialisti curanti.
» Per una complicazione di polmonite aggravatosi improvvisamente, assìstito dai superiori, con edificante rassegnazione religiosa al sacrifizio della vita, moriva nella Casa Centrale il 5 corr. nell'età di anni 45.
» Don Cardano lascia largo rimpianto e larga messe di' affetti, presso coloro che sentono la cortesia ed apprezzano l'efficacia dei propositi, l'energia, le belle doti di governo, velate dalla modestia ».
Invochiamo un suffragio per l'anima sua!
Mons. Amos Marchesi.
Arciprete di S. Barnaba e nostro Direttore Diocesano in Mantova, ivi morì il 12 febbraio, dopo lunga malattia sostenuta con cristiana , assegnazione. Pio, attivo, zelantissimo, senza dubbio si accumulò molti meriti pel Paradiso; ma noi, memori dell'impegno con cui si studiò di promuovere costantemente l'azione e lo sviluppo della nostra Pia Unione, preghiamo caldamente i Cooperatori ad accelerargli con devoti suffragi il possesso del premio celeste.
Ernesto Vignaud.
Il suo nome rimarrà in benedizione. Giovane ex-Zuavo Pontificio, pieno di fede, di operosità e di energia, fondò la Colonia Vignaud presso
Brinkmann nella Repubblica Argentina, e non risparmiò nulla per darle la comodità della
chiesa e della scuola. Eresse infatti un bel tempio dalle fondamenta, frequentato dalle popolazioni di altre sei o sette colonie, e chiamò ad officiarlo i Salesiani. A questi affidò anche un Oratorio festivo ed un Collegio che presentemente conta oltre cento alunni tra interni e esterni, ed innalzò pure un collegio femminile per egual numero di alunne, alla cui direzione volle le Figlie di Maria Ausiliatrice. Nella generosità del suo cuore non si contentò di iniziare queste opere, ma provvide altresì al loro avvenire. Imploriamo da tutti una fervida prece pel riposo eterno di un così zelantissimo Cooperatore !
Cav. Giovanni Revedin
MARCHESE DI S. MARTINO.
Si spegneva serenamente in Firenze il 24 gennaio, in età di anni 74. Appartenente a una delle più cospicue famiglie ferraresi, ispirò sempre la sua condotta pubblica e privata ai principii della religione cattolica, da lui apertamente praticata e sinceramente amata. Fra i doveri cristiani comprese scrupolosamente anche quello della carità, che amava esercitare con segretezza. Anche per le Opere Salesiane ebbe un grande affetto.
Mentre presentiamo le nostre più vive condoglianze alla degna consorte contessa Vittoria Revedin dei Principi Altieri e al figlio Marchese Pietro, invitiamo i Cooperatori ad innalzare una prece per l'anima elettissima.
Mons. Fratta Can. Prof. Gaetano.
Morì il 23 dicembre u. s. lasciando nel dolore e nel lutto tutto il Clero ferrarese, che l'ebbe o condiscepolo o maestro. Nè l'opera sua attiva e illuminata si restrinse al campo ecclesiastico, ma ogni buona Istituzione l'ebbe amico e patrono, come il nostro Collegio ed Oratorio di Ferrara, per cui ogni anno, nella ricorrenza delle feste natalizie, aveva un generoso soccorso. Pace all'anima sua
Pasquale Fusco.
Pio, buono, gentile, tipo d'ordine e di modestia' pieno d'affetto per la famiglia e di carità, per tutti, si addormentò placidamente in Resina, ov'era nato il 5 marzo 189o. Questo giovane cooperatore era alunno del 3° anno di Teologia nel Seminario di Napoli e prefetto della camerata dei grandi. Aveva un tenero affetto per le Opere nostre. Il Signore ne lo ricompensi !