I MARZO 1915
ANNO XXXIX - N. 3
PERIODICO MENSILE DEI COOPERATORI DI DON BOSCO
Redazione e Amministrazione - Via Cottolengo, 32 - TORINO.
Sommario. - Per la pace - Chi sono i Cooperatori Salesiani - 295 orfani del terremoto ricoverati dall'Opera Salesiana - Un nuovo tempio per gli Italiani a S. Francisco di California - Due grandi catechisti - Vita di D. Bosco - Lettere dei Missionari - Il Culto di Maria SS. Ausiliatrice - Ai piccoli amici di Don Bosco - Note e Corrispondenze - Necrologio e Cooperatori defunti.
IL 7 febbraio u. s. intimamente devota e solenne si svolse anche nel Santuario di Maria Ausiliatrice e in tutte le nostre chiese e cappelle d'Europa la funzione espiatoria indetta dal S. Padre. Fu un immenso coro di voci supplichevoli, cui il 21 corrente farà eco un altro coro non meno grandioso in tutte le altri parti del mondo. Ma non crediamo, o cari Cooperatori, di aver così computa la parte nostra ; noi dobbiamo continuare a pregare, e pregare quella Benedetta, che fu in ogni tempo l'aiuto dei Cristiani !
,,Quanto piú buio si presenta l'avvenire - dice il S. Padre Benedetto XV (1) - con tanto maggiore fiducia accostiamoci al trono di grazia; affin di ottenere misericordia, e grazia trovare per opportuno sovvenimento (Hebr. 4, 16). E quindi necessario... rivolgere insistenti ed umili preci al Signore, che, com'è padrone ed arbitro sovrano degli eventi umani, così può ai suoi infallibili disegni indirizzare Egli solo, per quelle vie che meglio gli piacciano, i voleri degli uomini. Non paia che senza un divino consiglio la pace abbia esulato dal mondo; permette Iddio che le genti umane, le quali avevano posto ogni pensiero nelle cose di questa terra, si puniscano, le une le altre, con mutue stragi, del disprezzo e della noncuranza con che Lo han trattato...
„Ascolti e secondi i comuni voti della Chiesa la Vergine Santissima, Aiuto dei Cristiani, e colla sua intercessione ottenga dal suo Divin Figlio che, tornate le menti al culto della verità e gli animi a quello della giustizia, la pace di Cristo riapparisca al mondo e ponga d'ora innanzi stabile sede fra gli uomini!'
(1) Nell'Allocuzione tenuta nel Concistoro segreto del 22 gennaio.
Chi sono?
LA Divina Provvidenza, sempre ammirabile nelle sue vie, nell'affidare a Don Bosco - giovane e povero prete - la missione di provvedere la Chiesa e la Civile Società di un'opera nuova a favore della gioventú, ispirò nel medesimo tempo alcune anime generose a coadiuvarlo; e dispose che queste, man mano che l'apostolato di lui andava svolgendosi, divenissero dì pari passo piú numerose. Don Bosco comprese appieno qual parte era riserbata ai suoi benefattori nei pietosi disegni di Dio, e docile, come sempre, alle sue ispirazioni, non si limitò a compiere con quotidiano eroismo la parte sua, ma studiò anche il modo di giovarsi il meglio possibile dei benefattori che gli mandava la Provvidenza coll'accrescerli e organizzarli. Egli era cosi persuaso che l'Opera Salesiana non poteva sussistere senza di lo- o che per qualche tempo pensò di dover incorporarli senz'altro alla sua Pia Società. In uno dei primì schemi delle Costituzioni o Statuti di questa, egli pose infatti un paragrafo intitolato Degli esterni, ove : « Qualunque persona - diceva - anche vivendo nel secolo, nella propria casa, in seno alla propria famiglia, può appartenere alla nostra Società. Egli (il Cooperatore) non fa alcun voto ; ma procurerà di mettere in pratica quella parte del Regolamento (della Pia Società) che è compatibile colla sua età, stato e condizione ».
Tolto dalle Costituzioni questo paragrafo ad invito della S. Congregazione dei Vescovi
e Regolari, il Venerabile continuò a studiare il suo disegno, e nel 1874, cioè non appena furono approvate definitivamente le Costituzioni della Pia Società Salesiana, stese un primo abbozzo di una vasta organizzazione dei suoi Cooperatori, che disse dapprima Associazione cristiana, poi Associazione di opere buone e infine « Cooperatori Salesiani, ossia un modo pratico di giocare al buon costume e alla civile società ». Con questo titolo infatti, nel 1876, in un opuscoletto di 16 pagine, edìto dalla tipografia dell'Oratorio di S. Francesco di Sales, pubblicò il loro Regolamento nella forma definitiva, quale fu approvato dal S. Padre Pio IX e qual fu proposto ai Cooperatori.
Tre concetti fondamentali.
Per dar quindi una risposta chiara e precisa alla domanda : Chi sono i Cooperatori Salesiani? noi dovremmo trascrivere il loro regolamento; ma poiché in esso vi sono tre passi, che da soli ci dànno, integro e genuino, il concetto di Don Bosco, noi ci terremo paghi a questi, previamente sintetizzandoli.
1) Don Bosco, coll'organizzazione dei Cooperatori Salesiani, intese di suscitare nel mondo una nuova, ampia e operosa potenza di bene.
« In ogni tempo -egli scrive -si giudicò necessaria l'unione fra i buoni per giovarsi vicendevolmente nel fare il bene e tener lontano il male. Cosí facevano i Cristiani della Chiesa primitiva... cosi sogliono fare eziandio gli uomini del secolo nei loro affari temporali. Dovranno forse i figliuoli della luce essere meno prudenti che i figliuoli delle tenebre ? No certamente. Noi cristiani dobbiamo unirci in questi tempi difficili, per promuovere lo spirito di preghiera, di carità con tutti i mezzi che la religione somministra, e cosí rimuovere o almeno mitigare quei mali che ad ogni momento possono mettere a repentaglio il buon costume, senza cui va in rovina la civile società (Op. cit. I, pag. 3-4.) ».
2) Don Bosco affidò ai Cooperatori lo stesso Programma della Pia Società Salesiana.
«Questa Congregazione, essendo definitivamente approvata dalla Chiesa, può servire di vincolo sicuro e stabile pei Cooperatori Salesiani. Di fatto essa ha per fine primario di lavorare a beneficio della gioventù, sopra cui è fondato il buono o tristo avvenire della società.
Né con questa proposta-soggiunge umilmente ma ardentemente - intendiamo dire che questo sia il solo mezzo per provvedere a tale bisogno, perciocché ve ne sono mille altri, anzi noi raccomandiamo vivamente che ciascuno si adoperi con tuttì quei mezzi che giudica opportuni per conseguire questo grati fine. Noi a nostra volta ne proponiamo uno, ed è l'opera dei Cooperatori Salesiani... (Op. cit. II, pag. 4-5.) »
3) I Cooperatori debbono essere altrettanti Salesiani in mezzo al mondo.
« Scopo fondamentale de' Cooperatori Salesiani si è di fare del bene a se stessi mercé un tenore di vita, per quanto si può, simile a quello che si tiene nella vita comune. Perciocché molti andrebbero volentieri in un chiostro ; ma chi per età, chi per sanità o condizione, moltissimi per difetto di opportunità, ne sono assolutamente impediti. Costoro anche in mezzo alle loro ordinarie occupazioni, in seno alle proprie famiglie, possono farsi Cooperatori e vivere come se di fatto fossero in Congregazione. Laonde dal Sommo Pontefice quest'Associazione è considerata come un Terz'Ordine degli antichi; colla differenza che in quelli si proponeva la perfezione cristiana nell'esercizio della pietà: qui si ha per fine principale la vita attiva nell'esercizio della carità verso il prossimo e specialmente verso la gioventù pericolante (Op. cit. III, pag. 6). »
Altre importanti dichiarazioni.
E che tale sia il vero concetto di Don Bosco intorno i Cooperatori Salesiani si fa meglio manifesto dalla spiegazione che egli stesso diede del titolo « Cooperatori Salesiani, ossia un modo pratico Per giovare al buon costume e alla civile società » nel primo numero del Bollettino Salesiano.
Don Bosco intraprese la pubblicazione del Bollettino Salesiano in mezzo a grandissime difficoltà ma con eguali speranze : prevedeva il bene che avrebbe compiuto, essendo destinato a facilitare il compito dei Cooperatori. Egli dunque scriveva : « Nel nostro Regolamento, o Benemeriti Cooperatori, è prescritto un Bollettino mensuale, che a suo tempo sarebbesi pubblicato per darvi ragguaglio delle cose fatte o da farsi, onde ottenere il fine che ci siamo proposto. Secondiamo ora il comune desiderio, affinché ognuno possa prestare l'opera sua con unità di spirito e rivolgere unanimi le nostre sollecitudini ad un punto solo : la gloria dì Dio, il bene della Civile Società (1) ».
E scendendo a dire « quale sia lo scopo pratico dei Cooperatori» soggiungeva
« Il titolo del diploma o del libretto presentato ai Cooperatori spiega quale ne sia lo scopo. Diamone tuttavia breve spiegazione. Diconsi Cooperatori Salesiani, coloro che desiderano occuparsi di opere caritatevoli, non in generale, ma in ispecie, d'accordo e secondo lo spirito della Congregazione di San Francesco di Sales. Un Cooperatore di per sé può fare del bene, ma il frutto resta assai limitato e per lo più di poca durata. Al contrario unito con altri trova appoggio, consiglio, coraggio e spesso con leggera fatica ottiene assai, perché le forze anche deboli diventano forti se vengono riunite. Quindi il gran detto che l'unione fa la forza, vis unita fortior.
» Pertanto i nostri Cooperatori seguendo lo scopo della Congregazione Salesiana, si adopereranno secondo le loro forze per raccogliere ragazzi pericolanti ed abbandonatì nelle vie e nelle piazze, avviarli al catechismo, trattenerli nei giorni festivi e collocarlì presso ad onesto padrone, dirigerli, consigliarli, aiutarli per quanto si può per farne buoni cristiani e onesti cittadini. Le norme da seguirsi nelle opere, che a tale uopo si proporranno ai Cooperatori, sarà materia del Bollettino Salesiano.
» Si aggiungono le parole Modo pratico per notare che qui non si stabilice una Confraternita, non un'Associazione relìgiosa letteraria e scientifica, nemmeno un giornale, ma una semplice unìone di benefattori dell'umanità, pronti a dedicare non promesse, ma fatti, sollecitudini disturbi e sacrifizi per giovare al nostro simile...
» Le parole giovare al buon costume dànno ancora piú chiaramente a conoscere ciò che vogliamo fare e quale sia il comune nostro ìntendimento.
» Estranei affatto alla politica noi ci terremo costantemente lontani da ogni cosa che possa tornare a carico di qualche persona costituita in autorità civile od ecclesiastica. Il nostro programma sarà inalterabilmente questo : Lasciateci la cura dei giovani poveri ed abbandonati, e noi faremo tutti i nostri sforzi per far loro il maggior bene che possiamo, che cosí crediamo poter giovare al buon costume ed alla civiltà (1).»
Lo scopo della Pia Unione dei Cooperatori, secondo D. Bosco, fu dunque di dare alla Pia Società Salesiana degli aiutanti « che si assumano soprattutto una cura speciale della gioventù... Una volta poteva bastare l'unirsi insieme nella preghiera; ma oggidí che sono tanti i mezzi di pervertimento, soprattutto a danno della gìoventù d'ambo i sessi, è mestieri unirsi nel campo dell'azione e operare (2) ».
Ciò posto chi sono i Cooperatori Salesiani?
La risposta.
I Cooperatori Salesiani non sono soltanto il natural sostegno delle Opere Salesiane, ma dovendo, in conformità del regolamento, far proprio l'attivo apostolato di bene affidato alla Pia Società Salesiana, sono - ne piú né pieno - un amplìamento, una vera effusione, una larga propagazione della Pia Società Salesìana in mezzo al mondo. Non confondiamo i benefattori e gli ammiratori di Don Bosco e delle Opere Salesiane con i Cooperatori Salesiani. E gli uni e gli altri amano Don Bosco, ammirano e beneficano le Opere sue : ma l'infimo dei Cooperatori, benché non possa come un ricco signore allargar la mano e mandare una copiosa offerta al Successo, e di Don Bosco, pure, avendo ripieno il cuore della carità di Don Bosco, cercherà, non altrimenti che un Salesiano, di effonderla praticamente attorno a sé, nella famiglìa, nel suo paese, nella sua città, fra i suoi parenti, fra i suoi amici, dovunque egli possa arrivare : perché questo è il suo ideale, la cura sua, l'opera sua.
Solo considerati da questo punto di vista, i Cooperatori Salesiani rendono il concetto genuino di Don Bosco e costituiscono una prova di più di quell'eroico zelo per la gloria di Dio e la salute delle anime che ardeva nel cuore del Venerabile Fondatore. Si studi, si comprenda, si propaghi questo concetto.
Anche Sua Ecc. Rev.ma Mons. Giorgio Gusmini, Arcivescovo di Bologna, tenendo il 12 febbraio u. s. la conferenza ai Cooperatori di Bologna, in quella Chiesa della Santa dove s'adunò il memorando 1° Congresso dei Cooperatori, disse chiaramente - « I cooperatori salesiani, aiuto efficace all'opera di D. Bosco, debbono ricordare di non limitarsì a prestare all'opera salesiana i mezzi materiali ma debbono ancora essere i propugnatoli e gli incarnatori del programma medesimo: è a questo fine che essi appartengono al grande istituto (1) ».
E nella stessa conferenza lo stesso Arcivescovo aveva la bontà di dichiarare che « se i Cooperatori eseguiranno intero il programma di Don Bosco, egli sarà ben lieto di annoverarli non solo fra i cooperatori salesiani ma ancora fra i cooperatori della sua missione nella vasta Diocesi a lui affidata... (1) ».
Or è questo, precisamente questo, quello che voleva Don Bosco.
(continua).
(1) Ved. numeri di agosto e settembre 1877.
(1) Ivi.
(2) Don Bosco in una Conferenza Salesiana, tenuta a Borgo S. Martino. - Ved. Boll. di agosto 188o.
(1) Ved. L'Avvenire d'Italia del 14 febbraio 1915.
Le rovine di Gioia de' Marsi - Le vittime - 295 orfani ricoverati Visite della Regina Madre e degli inviati del Papa.
A sera del 13 gennaio u. s., non appena si ebbe notizia della grave catastrofe che aveva funestato la regione de' Marsi, fummo subito in angoscia speciale ignorando la sorte toccata ai Salesiani e alle Figlie di Maria Ausiliatrice che spiegavano l'opera loro a vantaggìo di un paese della zona devastata : e fin dalla stessa sera ci parve di sentire alte voci infantili in suono di lamento, cui il cuore ci diceva avremmo dovuto rispondere anche noi con profonda tenerezza. E purtroppo, quattro giorni dopo, un telegramma dell'ispettore salesìano dott. Don Arturo Conelli, residente in Roma, annunziava al nostro Rettor Maggiore D. Albera che Gioia de' Marsi, il paese ove i nostri avevano la cura parrocchiale e le Figlie di Maria Ausiliatrice esercitavano un attivo apostolato di bene a pro' delle fanciulle, era divenuto un cumolo di rovine ; e che, mentre i Salesiani erano salvi, le Figlie di Maria Ausiliatrice erano rimaste sotto le macerie.
Diceva il telegramma:
« Torno da Gioia letteralmente distrutta ; Starace e Provenzano illesi; Suore tuttora sotto macerie ; segue lettera ».
E la lettera venne, seguita da altre; fra Torino e Roma, per più giorni, fu un continuo scambio di comunicazioni e di proposte; tutte animate da quell'alto senso di carità, quale, in ogni pubblìca sciagura, apparve sempre in Don Bosco.
Ci lusinghiamo pertanto di far cosa grata ai lettori ricostruendo modestamente e con tutta semplicità la cronaca di quest'episodio di sventura e carità fraterna, a base di documenti. Sono umili pagine, che si potevano compendiare assaì, ma preferiamo publicarle cosí, fiduciosi che faranno del bene.
I.
Le rovine di Gioia de' Marsi.
Roma, 17 gennaio 1915. REV.MO SIG. D. ALBERA,
Faccio seguito al mio telegramma di stanane col narrarle brevemente la mia tragica ispezione a Gioia de' Marsi.
Di questo paese, che è mandamento con una popolazione da tre o quattro mila abitanti e lontano una ventina di chilometri dalla linea ferroviaria, non si era fatto parola né il 13 né il 14, come ben sa. Nel mattino del 15 un telegramma da Sulmona a un giornale di Roma comprendeva Gioia fra i paesi danneggiati e dopo aver tentato invano tutta la giornata di procurarmi notizie sia al Ministero, sia alle Redazioni dei giornali, dopo aver dovuto rinunziare alla possibilità di valermi d'automobili, i quali per la neve dei monti non potevano arrivare che tutto al più a Tagliacozzo, decisi di partire la sera stessa col diretto delle 19,14 insieme coi nostri confratelli abruzzesi, sacerdoti Rotolo Salvatore e Gentile Francesco, col ch. Fazi di Gioia, e col nostro confratello Celestino Catena, che accompagnava tre Figlie di Maria Ausiliatrice.
Si sperava di giungere alla stazione di Pessina, secondo l'orario, prima di mezzanotte, donde a piedi per assoluta mancanza d'ogni mezzo di trasporto, si sarebbe fatta la ventina di km. Per arrivare a Gioia. Ma siamo arrivati a questa stazione con oltre io ore di ritardo, cioé dopo le io del mattino di sabato. Non le dico in quale stato vedemmo, durante il viaggio in treno, la stazione e la città di Avezzano, e i paeselli che sono in quell'arco delle sponde del Fucino da Avezzano a Pessina, cioè Paterno, Cappelle, Celano, Cerchio, Collarmele; a quest'ora l'hanno informata i giornali; ovunque distruzione spaventevole e morte!
Da Pessina stazione siamo arrivati a Pessina città, distrutta per due terzi almeno. Scavalcando montagne di macerie abbiamo ritrovato la strada di Gioia e avanti di buon passo per essa scavalcando nuove macerie. Dopo una quindicina di chilometri la strada presenta segni terrificanti fenditure nel senso della lunghezza, crepacci nel nel senso della larghezza, più in là spaccature a spina di pesce, poi dislivelli di quasi un metro e qualche macigno franato dal monte. E finalmente vediamo il cumulo di macerie dove prima esisteva Gioia! Prenda l'espressione nel senso più letterale: non c'è più un muro alto un par di metri, Più nulla, fuorchè un cumulo di sassi!
Prodigiosamente i nostri due sacerdoti Don Raffaele Starace, parroco, D. Rocco Provenzano, vice parroco, sono rimasti illesi, cioè senza ferita alcuna, sebbene il secondo per alcune ore fu sotto le macerie. Il primo invece stava celebrando la Santa Messa ed era all'Offertorio; non solo precipitarono il tetto e le pareti della chiesa, ma anche il pavimento si aperse, e D. Starace si trovò ad un tratto nel sotterraneo della chiesa, protetto da un arco che rimase saldo, da cui prestamente usci da sé all'aperto. Egli l'informerà a suo tempo; noi non potemmo parlargli perché era andato ad assistere alcuni infermi in una vicina frazione, e l'indugiare un par d'ore di piú, rendeva impossibile il cammino del ritorno per la notte illune.
Le tre Suore invece sono tuttora sotto le macerie, e pur troppo non v'è speranza di scampo! A conforto dei pochissimi superstiti sono rimaste le loro tre consorelle accorse con noi, assistile da D. Gentile e D. Catena, anche perché non avrebbero potuto rifare nel giorno stesso i 2o Km. a piedi...
Solamente verso mezzogiorno erano giunti soccorsi e soldati per un centinaio di superstiti, perché di sotto le macerie non si sente più un gemito ; è una tomba comune!
Non le parlo delle fatiche del viaggio di ritorno; siamo arrivati a Roma alle cinque di questa mattina.
Preghi e faccia pregare per tutti noi. Come già Le scrissi, in tutta l'Ispettoria nessun danno alle persone, e quelli di Gioia ed Alvito possono dire: « misericordiae Domini quia non sumus consumpti ». La casa di Gioia andò distrutta e quella di Alvito è lesionata; le altre case nessun danno.
Mi benedica e mi creda
Devoto e aff.mo come figlio D. CONELLI.
II.
Le vittime.
Ecco alcuni cenni biografici delle tre suore perite a Gioia de' Marsi.
La prima di esse è Suor Maria Salmoiraghi. Entrata in religione nel 1896, fu maestra di lavoro in Alessandria, a Sanluri, poi direttrice a Santulussurgiu e a Gioia. Ovunque lasciò desiderio di sé, specialmente in Sardegna ove, per dodici anni, lavorò con vero entusiasmo, raccogliendo frutti abbondanti. A Santulussurgiu la notizia della sua scomparsa fu accolta da un grido generale di dolore. Tutto il paese partecipò ai solenni funerali che si celebrarono in parrocchia e quelle giovani Oratoriane, allorché ebbero la triste notizia dell'attuale Direttrice, continuarono per ore ed ore un pianto angoscioso nel cortile dell'Istituto, rievocando, gl'innumerevoli benefizi ricevuti « da quell'Angelo perduto per sempre! »
La seconda è Suor Annetta Bruna, da Nizza. Nel 1907 fu inviata all'Ispettoria Romana; e a Genazzano, a Roma, a Civitavecchia, a Gioia, fu insegnante e assistente vigile e amorosa. Nell'Oratorio specialmente aveva l'arte di guadagnare i cuori, guidandoli al bene con una dolcezza persuasiva caratteristica.
La terza è Suor Margherita Ciceri. Fatta la stia prova o tirocinio a Livorno (Toscana), passò a Roma, ove, per due anni, modello di giovialità e di lavoro, dimorò nelle case di Via Marghera e di Via Marmorata. L'anno scorso passò a Gioia, maestra d'Asilo, ed anche là continuò con inalterabile giovialità l'opera feconda di bene assegnàtale dall'obbedienza.
Queste tre Suore compivano a Gioia un gran lavoro. Tre sole - quantunque il numero abituale degli altri anni fosse cinque - sostenevano con encomio le scuole elementari private, l'Asilo, il Laboratorio, e un fiorentissimo Oratorio festivo frequentato da oltre quattrocento ragazze. Attive, fervorose, votate al dovere e al sacrifizio costante di tutte sé stesse al Signore, avevano fatto proprio il motto del Ven. Fondatore: Da mihi animas, caetera tolle! nulla cercavano se non la gloria di Dio, la salvezza delle anime. Nascoste in quell'alpestre paese della Marsica, s'immolavano generose raccogliendone, in compenso, la piú generosa corrispondenza. Quando le tre Suore di Via Marghera giunsero là tra le prime a prestar soccorso, trovarono le poche Oratoriane superstiti - cinque o sei giovanette - sedute sulle rovine della casa, a piangere e a chiamare coi nomi più cari e piú santi le loro suore!
A conforto dei parenti e di tutte le loro consorelle, facciamo nostra un'affettuosa preghiera stampata in loro memoria
O Signore Gesù - Ti preghiamo per le anime a Te care - Le Figlie di Maria Ausiliatrice, Suor Maria Salmoiraghi, Suor Annetta Bruna, Suor Margherita Ciceri - che nell'orrenda strage d'Abruzzo - come fiori d'eletto giardino suggellarono a Gioia de' Marsi - la loro vita operosa di bene, - invocanti il Tuo Nome - negli strazi del loro martirio.
O Signore Gesú - accogliendole negli splen dori della Tua gloria - dona a chi piange il soave conforto della cristiana rassegnazione!
Per esse si celebrarono in molte case dell'Istituto solenni suffragi. Degni di menzione quelli che, ad iniziativa delle Ex-allieve, ebbero luogo a Nizza Monferrato il 28 gennaio, e a Torino, presso il Santuario di Maria Ausiliatrice, l'ultimo giorno di Carnevale.
III.
Il ricovero degli orfani.
Un primo annunzio di D. Conelli, in data 22 gennaio, diceva
Tra oggi e domani arriveranno in Roma un migliaio fra bambini e bambine. D'intesa col Patronato Regina Elena daremo ospitalità a un duecento fra S. Cuore, Testaccio, Genzano; ed analogamente faranno le Figlie di Maria Ausiliatrice per un buon numero di bambine.
Dopo quattro giorni giungevano questi particolari :
Roma, 26 gennaio 1915.
AMATISSIMO SIG. D. ALBERA,
Continua il lavoro intenso pel collocamento provvisorio dei minorenni danneggiati dal terremoto, orfani e non orfani. Come già scrissi si presta da noi ricovero e assistenza, e il Patronato Regina Elena rimborsa spese di mantenimento e vestito. Quasi per duecento ci prestiamo tra qui, Testaccio e Genzano. L'Ospizio, che si trovò in casa 34 alunni provenienti dai paesi distrutti, ove si fanno ricerche dei genitori, ha trasformato in dormitorio la Cappella interna; andremo in coro in due funzioni, artigiani e studenti. Il nuovo splendido dormitorio contiene un centinaio di posti ; anche i letti forniti di tutto, sono prestati dal Patronato suddetto.
Testaccio ha cercato di emulare l'Ospizio nella carità : difatti ha trasformato due aule scolastiche in dormitorio per piú di trenta fanciulli, con letti prestati da un buon Parroco che li prestava già in occasione degli Esercizi in preparazione alla 1a Comunione: sono già tutti ricoverati. Non voglio tacerle che la Casa di Testaccio aveva già fatto un'opera molto caritatevole in occasione del terremoto. Un palazzo poco discosto dalla Chiesa era stato dal terremoto gravemente lesionato, con necessario sfrattamento degli inquilini ; e il Parroco ne collocò più di venti famiglie in un locale da lui preso in affitto per due mesi.
Domani farò un giro in tutti i ricoveri di minorenni in Roma, che non siano Istituti, con autorizzazione datami dal Patronato Regina Elena, per sceglierne una quarantina da mandarsi a
Genzano ; e li cercheremo specialmente fra gli orfani di padre e di madre.
Come vede, siamo già a duecento circa; ma si andrà piú oltre, se ci sarà possibile
Preghi per me e mi creda
Dev.mo e Aff.mo
D. CONELLI.
IV.
All'Ospizio del S. Cuore.
All'Ospizio del S. Cuore in Roma, 97 sono i piccoli profughi ricoverati, oltre quelli che il terremoto rese orfani e che si trovavano già nell'istituto.
I poveretti, ben ripuliti e rivestiti, son l'oggetto delle cure piú sollecite dei superiori, di affettuose e fraterne deferenze da parte dei convittori, e delle sollecitudini piú delicate di alcune caritatevoli signore, che si recano ogni mattino a pulire, vestire, e mettere in assetto i piú piccini, compiendo verso di loro quello che facevano le loro mamme. Queste anime buone, degne dì speciale encomio, sono le signore Lucia Poesio e Ida Brunelli, le sorelle Malpieri, le signorine Attilia Poesio, Emma Burzi, Balbina Borzoni, ed altre. La signora Enrichetta Chiaraviglio Giolitti provvide, con cura sapiente e materna, 20 letti e 2o brande, forniti di tutto punto, perché si potessero meglio collocare 40 orfanelli, che visita continuamente, e, oltre ciò, ci aiuta efficacemente in mille guise.
Anche il sig. Conte Ing. Cesare Mengoni Ferretti, non contento di essersi recato a portar indumenti sui luoghi del disastro, si prestò caritatevolmente, con cuore di padre, pazienza di madre e senno di uomo sperimentato, ad accompagnare i piccoli profughi alla loro destinazione provvisoria, e continua a prestarsi ad accompagnarli alla loro destinazione definitiva, come a Trevi e ad altri nostri Collegi.
Siffatta gara di carità - ci sia lecito il rilevarlo - non ha solo il conforto di compiere un'opera buona, ma è anche sorretta dall'affetto, dalla riconoscenza e dalla pietà dei piccoli superstiti, degni di ogni piú delicato riguardo.
L'ispettore Don Conelli ci dà alcuni spunti commoventissimi:
... Le prime ore di sonno di questi poveretti sono spesso interrotte da singhiozzi: c'è sempre chi si desta e pensa alla mamma, rimasta sotto le macerie!
» Sono ricordi incancellabili!
» Luigi Mignani, un ragazzetto di 12 anni, di Avezzano, al momento del terremoto, recitava il Rosario con la mamma. Erano giunti alla quarta posta: la mamma gli si gettò sopra per difenderlo, e... oppressa dalle macerie... morì. Ma l'atto suo generoso non fu vano : il figlio restò salvo! Il povero Luigino, in ricordo, prese la corona dalle fredde mani della mamma; ed ora, con quella corona, prega anche di notte, ricorda e piange.
» Virgilio Spera, pure di Avezzano, non può sentire ricordare la mamma o i cari perduti, senza dare in un pianto disperato.
» Quanto affetto filiale in questi teneri cuori! Un d'essi, appena decenne, Giuseppe Doni, della provincia di Arezzo, colpito dal disastro a Canistro, sfidò per più giorni il pericolo di essere schiacciato sotto le mura pericolanti della casa per portare un po' di vitto alla mamma malata, impotente a mettersi in salvo! Altri, che fortunatamente ebbero salvo il babbo o la mamma benchè feriti, ogni giorno attendono con ansia vivissima loro notizie.
» I più, rimasti del tutto orfani, sono inconsolabili!
» Una sera, prima di cena, un ragazzetto di Sora, Armando Noverai, si addormentò sopra una sedia, nella sala dove gli altri parlavano forte, facendo ricreazione. Ad un tratto si sveglia e piange dirottamente... Aveva sognato la triste scena e i cari perduti!
» Nel pomeriggio del 12 febbraio, fra i più grandicelli, senza che alcuno la suggerisse, sorse l'idea di confessarsi per comunicarsi all'indomani 13 che era il giorno trigesimo dal terremoto, in suffragio dei loro genitori e di tutti i parenti defunti. Si confessarono infatti quella sera e l'indomani mattina fu commovente vederli accostarsi alla S. Comunione e pregare a lungo, piangendo e singhiozzando.
» Quasi ogni sera torna a molti potente il pensiero dei loro morti e, raccogliendosi a gruppi, prendono un libro devoto e, leggono e pregano... o recitano il Rosario!...
» La preghiera è per tutti un dolce conforto. Un bravo giovanetto quindicenne, Giovanni Battista Camilli da Rosciolo, di professione falegname, è cosí contento di essere con noi che scrive in una lettera ai parenti : « Sarà per le preghiere di mia madre rimasta sotto le macerie, che Dio mi ha mandato qui, dove tutto si comincia colla preghiera e tutto si finisce colla preghiera! »
» Un'espressione che ricorre ordinariamente nelle loro letterine è la seguente: «Tutti mi vogliono bene, sapendo chi ho lasciato sotto le macerie! »
» Omai anche i piccini si son affezionati all'ambiente. Fulvio Farias di otto anni, da Pescina, spia a quando a quando i superiori e poi si mette a lagrimare: teme che decidano la sua partenza dal S. Cuore per un istituto lontano e perciò la sua separazione dal fratello Espedito.
» Poveri bimbi! Non temete: Don Bosco è il padre degli orfani!... e rispetterà e asseconderà tutti i vostri buoni desideri... »
La visita della Regina Madre.
Il 9 febbraio, alle 15,15 giungeva all'Ospizio del S. Cuore Sua Maestà la Regina Madre in visita pietosa. Fu ricevuta dai superiori dell'ospizio e da numerose dame dell'aristocrazia del rione, fra cui la principessa Moncada di Paternò, la marchesa Marignoli Torlonia, la contessa De Asarta Guiccioli, la contessa Lavinia di Brazzà Savorgnan, la signora Anna Ferrero, ecc. Vennero anche presentate a Sua Maestà le caritatevoli signore e signorine che fanno da madri pietose ai più piccini.
Ad esternare la profonda riconoscenza dei piccoli profughi fu scelto un loro fratellino di sventura, Virgilio Spera di Avezzano, che rivolse all'Augusta Visitatrice alcune parole di commovente semplicità, si che Sua Maestà ne rimase visibilmente tocca. Parlò anche un alunno convittore, che Le offerse un mazzo di fiori a nome dei suoi compagni. Dopo la visita dei locali adibiti a ricovero, fra cui il vastissimo salone della cappella del collegio trasformato in dormitorio, contenente un centinaio di ben allineati lettini, Sua Maestà entrò nella pubblica chiesa del S. Cuore, dove fu impartita la Benedizione col SS.mo presenti tutti gli alunni dell'Ospizio, i quali eseguirono un mottetto liturgico ed il « Tantum Ergo ». Alle ore 15.45, salutata dagli evviva dei giovanetti, lasciava l'Ospizio per recarsi all'Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice in via Marghera, dov'erano state ricoverate trenta orfanelle.
La visita inattesa riempi tutti di una grande letizia, e si cantò dalle alunne interne un coro di festa.
Sua Maestà, accompagnata dall'Ispettrice Suor Eulalia Bosco, pronipote al Ven. D. Bosco, visitò la cappella e il dormitorio delle trenta piccole vittime del disastro, che erano tutte vestite di rosa, soffermandosi al letto ove giaceva indisposta una di esse, la bambina Angiolina Continenza.
Sua Maestà ammirò l'ordine e la proprietà dell'improvvisato dormitorio, come aveva avuto parole di elogio per quello allestito nella grande cappella dell'Istituto Salesiano di Via Marsala.
Gli inviati dal S. Padre.
Anche il S. Padre Benedetto XV, che fra mille altre prove di altissima carità, si degnò visitare ripetutamente i profughi e i feriti ricoverati e mantenuti dalla sovrana sua munificenza nell'Ospizio Pontificio di S. Marta attiguo al Vaticano, inviò vari sacerdoti e laici a confortare in suo nome i bambini e i giovanetti ricoverati in vari istituti della città.
L'11 febbraio giungevano infatti al S. Cuore il rev.mo Prof. Don Angelo Gaeta-Caselli, Canonico della Basilica di S. Maria in Trastevere, e il nobile sig. March. Fioravanti, mandati dal S. Padre. Con paterno interesse essi visitarono i piccoli profughi nelle scuole e nel dormitorio, e regalarono ad ognuno un libro di preghiere, una coroncina e degli aranci.
Il libro donato dal Papa è divenuto per tutti il libro preferito per la preghiera mattutina e serale.
V.
Al Testaccio.
Anche al Testaccio i nostri Confratelli hanno ospitato 34 fanciulli e le Figlie di Maria Ausiliatrice in via Marmorata 31 tra bimbe e bimbi.
Primi ad essere accolti furono i fanciulli e i giovanotti del Circolo, i ragazzi dell'Oratorio, e molte buone persone andarono a gara nel colmarli di dolci, di giuocattoli, di soldini, e d'indumenti. Ed essi han sempre ringraziato commossi, confusi. Tutti, disgraziatamente, hanno perduto sotto le macerie o il papà o la mamma. I grandicelli lo sanno, e sono abbattuti e piangono al primo accenno che si fa circa la sorte dei loro cari. I piú piccolini invece (beata ingenuità!) non hanno vera conoscenza della grave sciagura, e si baloccano, gridano e si rincorrono in ogni senso e in ogni modo, e alle domande che loro si fanno, rispondono con quel bel sorriso ingenuo, tanto caro sulle labbra dell'infanzia.
Giorni addietro - osservava Vita Nova, il foglio periodico della rinascita spirituale del Testaccio - abbiamo veduto tre donne, tre madri, baciare e ribaciare con le lagrime agli occhi il piú piccolo dei superstiti, un carissimo bimbo di cinque anni, che sotto le macerie di Celano ha perduto il papà e la mamma. Ebbene lo credereste? Il bimbo che in quel momento formava l'oggetto di una intensa commozione, faceva scorrere tranquillamente sulle labbra un piccolo organetto e fissava i suoi occhioni vispi ed intelligenti or su l'una or su l'altra delle tre donne commosse, quasi per domandarsi: « Ma perché piangono? »
Appena giunti, i piccoli orfanelli avevano i vestitini cosí sudici e cosí mal ridotti, che era indispensabile levar loro di dosso quegli abiti indecenti, e in casa non ce n'erano altri. Come fare? si fecero indossare loro le divise del ricreatorio Marcantonio Borghese
La trasformazione, cosí improvvisa e radicale, mise il buon umore negli orfanelli piú piccini, che immediatamente crearono caporale uno dei compagni di sventura, cui nella distribuzione era capitata per caso una giacchetta con i galloni.
I bravi giovanotti del Circolo S. Maria Liberatrice si comportarono proprio egregiamente.
« Appena venuti a conoscenza dell'arrivo dei bambini superstiti - son essi che scrivono - abbiamo fatto insistenze presso il rev.mo Parroco, perché le nostre sale, le piú adatte di tutto il locale, fossero trasformate in camere da letto per i profughi. Il Parroco ci ha accontentati, ringraziandoci anzi sentitamente per aver cosí evitata ai bambini la necessità di dover dormire nei locali del piano-terra.
» E i soci volenterosi hanno immediatamente provveduto al trasporto dei letti per i superstiti nella nostra sede, da dove abbiamo asportato i mobili e gli oggetti piú necessari. Ed ora ce ne stiamo, se non in cantina, certo molto prossimi ad essa e non troppo comodi forse, ma senza dubbio piú contenti, per la soddisfazione che si prova nel compiere una buona azione. Quello che in questo momento interessa maggiormente il nostro Circolo, si è di avere la certezza che quei poveri fanciulli, rimasti improvvisamente senza casa, dopo una settimana di sofferenze, possano finalmente riposare e riposar bene...».
L'esempio del Parroco.
Ma il buon esempio, come è accennato in una lettera di D. Conelli, è venuto dall'alto.
Il terremoto del 13 gennaio si fece sentir bene anche a Roma e produsse delle gravi lesioni in una parte del palazzo Spadoni, sito al Lungotevere Testaccio: e circa venticinque famiglie, per ordine dell'ispettore edilizio del Comune, subito dopo il terremoto, ebbero l'ordine di sloggiare immediatamente.
Ove potevano andare?
Il buon Parroco, Teol. Don Luigi Olivares, sempre sollecito del bene dei suoi parrocchiani, appena seppe dello sfratto forzato, provvide dapprima sollecitamente a dar un ricovero provvisorio ad alcune famiglie nella stessa palestra della Squadra Ginnastica « Excelsior » in via Bodoni, e poi s'interessò immediatamente per avere in affitto a sue spese, come aveva fatto nello scorso anno, il fabbricato posto in via Marmorata 102, adibito un tempo dal Circolo San Pietro ad uso dormitorio pubblico. Cosí ben oltre cento persone ebbero in questa fredda stagione, grazie alla carità del loro Curato, una abitazione sicura e ben riparata e, quel che piú monta, totalmente gratuita. L'atto caritatevole ha suscitato in tutti gli abitanti di Testaccio un senso di vivissimo plauso e compiacimento.
VI.
A Genzano di Roma.
Anche i piccoli profughi raccolti nell'Istituto Salesiano di Genzano, furono oggetto di viva simpatia da parte di egregi Cooperatori e Cooperatrici. Molti arrivarono là mezzo scalzi e laceri, e si dovettero vestire a nuovo. Dopo averli abituati un po' all'ordine, si cominciò a mandarli alla scuola e tutti si diportano bene e sono assai coutenti di trovarsi in una casa salesiana. Se non siano troppo prolissi, vogliamo trascrivere una letterina di un di loro il quale, evidentemente ammirato alla carità con la quale sono trattati, scrive allo zio:
Genzano, 12 febbraio 1915.
Caro zio, Giorni indietro ti mandai due lettere, e ti dicevo che io mi trovo molto bene, e adesso vado a scuola. E faccio la quarta elementare.
Caro zio, Perché non vieni a fare una scappata a Genzano? Io ti aspetto ansiosamente, che tu venchi, perché ti devo manifestare le mie idee.
Senti, zio, non voglio sapere notizie di nessuno del paese ; solo ti prego di farmi sapere le notizie di mamma Perché le voglio tanto bene. Lei ha sofferto tanto Per me, e si levava il pane dai denti Per darlo a me. Povera mammina! Povera mammina! piango di dolore che tanti dispiaceri le ho fatti Provare e tante volte ho fatto il comodo mio ; ma ora me ne pento di aver fatto male.
Caro zio, ditegli a mamma che sto molto bene, e mi trovo molto bene; io mi trovo in una casa di preti...
Adesso vado a scuola Per tirare avanti i miei studii, ma se il Signore mi chiama, io son pronto al suo servizio ; oh! se avessi questa fortuna, sarebbe felice e felice per sempre.
Tanti baci a mamma e saluti, e credetemi che sono il
Tuo aff.mo nipote Torquato.
Quando mi rispondete, io mi trovo a Genzano di Roma - Istituto Salesiano.
VII.
Il numero dei ricoverati.
I giornali di Roma hanno pubblicato nome e cognome dei fanciulli ricoverati presso i Salesiani, e dei bimbi e delle bimbe ospitati dalle Figlie di Maria Ausiliatrice. Eccone le cifre risultanti
Presso i Salesiani : Al S. Cuore di Gesù al Castro Pretorio: 97 fanciulli - al Testaccio, 34 - a Genzano di Roma, 41 - Totale 172.
Presso le Figlie di Maria Ausiliatrice : in Via Marghera, 3o bimbi e fanciulle -in via Marmorata, 31 - in Via della Lungara, 37 - in via Appia Nuova, 9 - in via Dalmazia, 2 - Totale 1o9.
Però al numero dei piccoli profughi ricoverati presso le Figlie di Maria Ausiliatrice, quale fu pubblicato dalla stampa, è da aggiungersi quello di 12 fanciulle accolte in seguito in Via Dalmazia e Via Appia Nuova, dando cosí un totale di 121.
Cosí ai fanciulli ricoverati presso i Salesiani son da aggiungere altri ricoverati in seguito; ad es. mentre scriviamo (2o febbraio) a Genzano sono 43.
Sono dunque già quasi trecento e precisamente 295 i piccoli profughi affidati alla carità di Don Bosco.
Non aggiungiamo commenti, ché sarebbero del tutto superflui. Tutti sanno le nostre strettezze, e, potendo, non mancheranno di accorrere in aiuto di chi deve già asciugare tante lacrime e provvedere all'istruzione ed educazione cristiana di un numero assai più grande di altri poverissimi orfanelli!
I Cooperatori Salesiani, i quali confessati e comunicati divotamente visiteranno qualche Chiesa o pubblica Cappella, o se viventi in comunità la propria Cappella privata, e quivi pregheranno secondo l'intenzione del Sommo Pontefice, possono lucrare Indulgenza plenaria (come dal Decreto della S. Congregazione delle Indulgenze, 2 ottobre 1904):
ogni mese:
1) in un giorno scelto ad arbitrio di ciascuno; 2) nel giorno dell'esercizio della Buona Morte;
3) nel giorno in cui si radunino in conferenza;
dal 10 marzo al 10 aprile:
1) il 25 marzo, Festa dell'Annunciazione di Maria SS.ma.;
2) il 26 marzo, Commemorazione dei 7 dolori di Maria SSma.;
3) il 28 marzo, Domenica delle Palme; 4) il 1 aprile, Giovedì Santo; 5) il 4 aprile, Pasqua di Risurrezione.
A S. FRANCISCO IN CALIFORNIA e che cosa servono le nostre Chiese - Solenne cerimonia.
IL 13 dicembre u. S., 3a domenica dell'Avvento, l'Avvento, fu giorno di santa allegrezza per la Colonia Italiana di San Francisco, e particolarmente per la Parrocchia dei SS. Pietro e Paolo, che vide compiuta la cripta del nuovo splendido Tempio parrocchiale, in sostituzione della chiesa distrutta dal terremoto del 13 aprile 19o6, che atterrò quasi tutta la città, oggi risorta piú ricca e piú bella dalla sue rovine.
La cripta ultimata, alla quale si scende da doppia e commoda scalea, è amplissima, potendo contenere piú di mille persone sedute in quattro lunghe e simmettriche file di banchi. L'altare maggiore, semplice nella sua eleganza, fu costrutto appositamente; gli altri altari, rimodernati, sono quelli dell'abbandonata cappella provvisoria: e tutti erano messi a festa, abbelliti di un superbo candelabro per le candele votive.
Anche l'illuminazione della nuova chiesa è elegante. Un mare di luce elettrica innonda l'altare e fasci di luce illuminano a giorno tutto l'ambiente, mentre attorno l'altare non una lampada è visibile, e quelle collocate nel corpo della chiesa, mercè il sistema a luce semi indiretta, non offendono affatto la vista.
Dietro il coro è il battistero, ricco di un artistico fonte battesimale; e due e comode sono le sacrestie, una per i sacerdoti, l'altra per gli altar boys, o i chierici servienti all'altare.
La solenne cerimonia inaugurale cominciò alle dieci. Dapprima si compì la benedizione solenne della Cripta e del nuovo altar maggiore, indi furono benedette due nuove statue, l'una di Maria SS. Ausiliatrice e l'altra di San Giuseppe. La prima, opera pregevolissima di arte italiana, in legno, artisticamente scolpita e riccamente decorata, forma l'ammirazione di tutti e com'è il miglior ornamento della Cripta oggi, domani lo sarà anche della nuova Chiesa. L'altra di San Giuseppe fu un dono generoso della Società omonima, fiorente nella Parrocchia.
Terminate le benedizioni di rito, S. E. Mons. Hanna, Ausiliare dell'Ecc.mo Arcivescovo che non poté compiere la cerimonia perche indisposto (1), prese la parola, e con elegante frase italiana si congratulò con i Salesiani pel successo dell'opera egregia, benché parzialmente compiuta; elogiò i fedeli per loro concorso e l'appoggio morale e finanziario prestato con tanto slancio ed entusiasmo ai Figli di Don Bosco, e li esortò a continuare con rinnovata energia, perché il grandioso edifizio, quanto prima ultimato, sia un degno monumento e della fede e delle tradizioni artistiche degl'Italiani.
Segui la Messa solenne con tutta la pompa possibile. Celebrò il Parroco, il Salesiano D. Raffaele Piperni, che ringraziava il Signore di aver realizzato in parte i suoi desideri, nella fiducia di vederli interamente compiuti.
Al Vangelo il nostro caro Don Simeoni disse il discorso d'occasione, che, per l'opportunità dei pensieri, e sopratutto per far comprendere ai lettori quanto sia sempre vivo nel cuore dei nostri emigrati il duplice affetto alla Religione e alla Patria ci piace riprodurre. Speriamo che a tutti tornerà caro, perché sembrerà a tutti di essere presenti, tra quei diletti connazionali, all'imponente cerimonia, in cui - nella nostra lingua e con tanta lode - venne ripetutamente proferito il nome d'Italia.
Eccellenza Reverendissima,
Reverendi Sacerdoti, cari Cristiani.
La Chiesa, nell'Introito della Messa per la terza domenica d'Avvento c'invita, con santa insistenza,. ad aprire il nostro cuore al gaudio dei giusti:
« Gaudete! » Rallegratevi!
Questo invito e l'odierna solennità ci autorizzano più che mai ad esprimere i sentimenti del nostro animo esultante, in quest'ora, in cui per la prima volta, sotto le vergini mura della nuova cripta, s'offre all'Eterno il sacrifizio del suo Divin Figliuolo; per la prima volta si spezza al popolo raccolto il pane della parola evangelica. Rallégrati, o cristiano, per l'imminenza delle care feste Natalizie nelle quali si evoca e si perpetua il ricordo della piú sublime delle opere di Dio, l'Incarnazione; rallègrati ancor di piú, perché in questo anno puoi celebrare la grande solennità nel sacro recinto che oggi, per la prima volta, risuona del fatidico messaggio che preannunzia ai cieli la gloria di Dio e in terra la pace agli uomini di buona volontà.
Quest'opera monumentale concepita dalla mente eletta del nostro Arcivescovo, spinta innanzi dalla sua energica volontà, accompagnata dalle vostre simpatie, coadiuvata dalle vostre offerte, sostenuta dal sacrifizio e dal lavoro indefesso dei Salesiani, oggi vi sta dinnanzi, anzi v'accoglie, come madre amorosa al suo seno. L'opera non è compiuta, è vero; ma la sua base è qui, augurio e presagio di quello che, in giorno non lontano, sarà la realizzazione del nostro ideale e la corona rifulgente degli sforzi e dei sacrifizi di tutti. Brilli d'insolita gioia questa che un tempo fu solitudine desolata, poiché già appariscono i fiori piú belli della fede, della pietà, della religione! Si rallegrino i figli della nostra patria l'Italia, i figli della nostra Madre comune la Chiesa Cattolica, perché qui, tra queste vergini mura, noi ci sentiamo doppiamente fratelli, e, benché, lontani dalla patria, pur senza patria non siamo!
Nel nome di Dio, sotto la protezione dei SS. Apostoli Pietro e Paolo, colla benedizione dell'illustre Presule di questa Diocesi e del suo degnissimo Coadiutore, oggi, questa cripta s'inaugura al culto dell'Altissimo e alla pratica della Religione Cattolica, Apostolica, Romana. Da quest'ora s'applicano a questo luogo le parole pronunziate da Salomone nel nuovo tempio di Gerusalemme: « Ecco che questo luogo è stato eretto da me e santificato perché qui rimangano gli occhi miei, qui dimori il mio cuore per tetti i giorni. »
Dio è ovunque, dice S. Tomaso, tanto colla sua essenza, quanto per la sua presenza: la sua dimora non conosce né i limiti del tempo, né quelli dello spazio, e la parola umana è incapace di esprimere l'abisso di questo pensiero. Tuttavia, per adattarsi alla nostra miseria sembra ch'Ei si compiaccia di limitare, di circoscrivere, per dir così, la sua presenza a certi luoghi privilegiati nei quali Ei si comunica piú facilmente all'uomo e da lui riceve l'omaggio della sua adorazione, della sua sudditanza, della sua preghiera...
Dal giorno in cui il SS.mo Sacramento dell'Altare fu istituito, sorse la Chiesa del Cenacolo. Fu esso il granello di senapa che divenne ben presto albero gigante.
Non potendo i primi Cristiani, per la loro povertà e l'ostilità del Giudei, erigere dei templi si radunavano tuttavia nelle case dei privati, e qui perseveravano nell'orazione e nello spezzare del pane, « in fractione panis ».
Alla Chiesa pellegrina degli Apostoli successe la Chiesa perseguitata delle Catacombe, ove i Cristiani, col favor delle tenebre, nelle viscere della terra, perpetuavano la tradizione Apostolica della preghiera e della Eucaristia.
Ma venne la Chiesa libera e trionfante; e allora sorsero le famose basiliche alla gloria del sole, e le Cattedrali lanciarono verso il Cielo la sublimità delle loro guglie, agili come le nostre preghiere e le nostre speranze: e la terra si popolò delle dimore del Dio Eucaristico.
Il tempio è la dimora di Dio, «Aula Dei »; ma è anche la casa del popolo « Aula plebis Cristianae », il sacro convegno, il luogo di riunione del popolo devoto e della dolce e spirituale Comunione dei fratelli in una fede, in una speranza, in un amore. Uno dei fini dell'Incarnazione fu, secondo il profeta Zaccaria, quello di insegnare alle genti la scienza della salvezza. Per questo Dio ci diede la Fede come guida e i Sacramenti come mezzo. La Fede, o il complesso di verità che dobbiamo credere e di leggi che dobbiamo eseguire, e i Sacramenti, i veicoli o canali della grazia, ci mettono in grado di raggiungere il nostro fine ultimo. In questo mondo vi sono le scuole, fioriscono le Accademie e le Università, ove le crescenti generazioni iniziano la loro carriera e maturano quell'avvenire, cui la Provvidenza le ha destinate. Or bene, se Gesú ha portato al mondo la piú sublime delle scienze, quella della salute, dov'è che s'insegna? dov'è che s'impara? Dovrà il nostro popolo abbandonare il quotidiano lavoro, a cui è costretto per vivere, visitare le metropoli del sapere, ascoltarvi gli oracoli d'insigni maestri? Nulla di tutto questo. Rimanga al suo posto, attenda al suo lavoro, governi la sua famiglia: ma quando viene la domenica, si ricordi che quello è il giorno del Signore; lasci per qualche ora la sua casa, si raccolga coi suoi fratelli di fede nella Chiesa, e là dalla cattedra di verità ascoltando devotamente e umilmente la divina parola, imparerà efficacemente quella scienza che gli assicura la salvezza eterna. Il Sacerdote gli insegnerà a conoscere Iddio, ad aerarlo, a servirlo; gli ricorderà i suoi doveri di cristiano e di cittadino e lo incoraggerà ad esser fedele a Dio sino alla fine, mostrandogli, oltre l'orizzonte, il possesso tranquillo delle sue immortali speranze!
Nel tempio l'uomo diviene cristiano pel Battesimo, soldato di Gesú Cristo per la Cresima; nel tempio si nutre del Pane dei forti, che lo sostiene nel lungo e pericoloso viaggio: nel tempio rimargina, risana i colpi che gli vibra la guerra implacabile del peccato, per la Penitenza: nel tempio si realizzano i sogni di due giovani cuori il cui amore non solo è benedetto, ma è comandato ed è chiamato santo. A che serve il tempio? È la tua casa, o popolo cristiano, è il soggiorno del tuo riposo. S. Giovanni Crisostomo ci porge una graziosa e stupenda immagine. Dice il Santo: « Non sapete dunque che nei disegni di Dio le Chiese son per le città, ciò che sono i porti per l'Oceano? E qui, ai piedi degli altari del Signore, che all'uscire dal turbine degli affari terreni, troveremo un rifugio ed una calma perfetta. Qui, fra queste mura, non temete gli uragani, gli assalti dei malfattori, le insidie delle bestie feroci: è il porto spirituale delle anime, qui regna una pace profonda. Non cercate qui il tumulto dell'ara, gli ardori de' la cupidigia, i tormenti dell'invidia, la gonfiezza della superbia, i pericoli dell'amore e della vanagloria; cedendo ad un divino incanto, tuttodí questi mostri si calmano, dacché la parola di Dio, colpendo gli orecchi degli spettatori, penetra soave nella loro anima e vi soggioga le passioni contrarie alla ragione ».
Ah! nelle avversità, nelle tribolazioni, mentre il nostro corpo e la nostra anima sono straziate dall'aratro del dolore, non andiamo gettando ai quattro venti del cielo i nostri lamenti e le nostre imprecazioni; raccogliamoci devoti sotto l'ombra dei Templi; sfoghiamo il nostro cuore presso gli altari di quel Dio che e dona gaudio e letizia allo spirito contrito ed umiliato ». Per entrare nella casa di Dio, Re dei Re, voi non dovete attraversare cordoni di guardie, e sospirare per ore ed ere nella noia d una lunga attesa; vi basta entrare e siete ammessi sull'istante; e non solo all'udienza, ma nell'intimità del vostro Dio.
In questi ultimi tempi s'è udito risuonare l'urlo satanico della Rivoluzione: « Abbattiamo le Chiese! » « Sono i covi della superstizione e dell'ignoranza! » Sacrilego schiamazzo! E questo popolo volete trascinarlo ai piedi della vostra cattedra, nei vostri comizi turbolenti, per iniettargli l'odio verso il suo simile, per accendergli la testa di idee facinorose ed armargli il braccio del pugnale omicida! Noi siamo oggi i tristi testimoni della bancarotta della cosidetta scienza laica: noi vediamo crollare, come castelli di carta, tutte le magnifiche dottrine di eguaglianza, fratellanza e libertà, i pomposi titoli dei diritti dell'uomo, di elevazione delle masse; il sole dell'avvenire è coperto dall'eclisse sanguinosa della distruzione e della morte. Non è la Chiesa, non sono i suoi ministri che fomentano il malcontento, che predicano l'odio ed agitano la face della rivoluzione stuzzicando le passioni piú feroci; ma è la scienza atea che circoscrive l'esistenza umana a quest'angusta botte terrena, e insiste perché si cerchi quaggiú, a qualunque costo, la soddisfazione delle brame piú sfrenate e piú ree. Abbattendo i templi, voi avrete rovesciato l'ultima diga della marea montante dell'empietà e dell'immoralità.
Sorgano dunque i templi; vasti e sontuosi, dappertutto; città e campagne, monti e vallate si popolino di queste oasi nel deserto della vita.
Ma, a che gioverebbero questi edifizi innalzati con tanti stenti ed interminabili fatiche, se rimanessero deserti di adoratori, se le sacre vólte non risuonassero delle preghiere dei supplicanti? Tenetelo bene a mente: Dio, che ha tratto dal nulla l'universo, non abita nei tempii manufatti; il cielo dei cieli non può contenerlo: Ei dimora nel soggiorno della luce invisibile che sfugge allo sguardo mortale. Se consente, per cosí esprimerci, di scegliere un luogo speciale, e stabilirvi la sua presenza è per riguardo alla nostra bassezza, al nostro nulla. Piú che per Iddio, che possiamo adorare ovunque in ispirito e verità, i templi sono eretti per vantaggio e per uso nostro, affinché i figli dello stesso Padre che sta nei cieli, lo adorino, lo ringrazino, lo preghino, lo benedicano uniti; perché raccolti attorno ai sacri altari, assistano ai sacri misteri, confessino i loro peccati e si nutrano del pane della vita eterna.
La Chiesa materiale, quest'ammasso di costruzione, sarebbe superflua e vana se i fedeli, col loro devoto ed assiduo concorso, non formassero la Chiesa spirituale, la società delle anime unite nella professione dell'istessa fede e nella pratica della medesima legge; Chiesa che quaggiú milita e scombatte, ma che lassú riposa e regna nella pace e nella gioia senza fine.
Sii tempio tu stesso, tuonava S. Giovanni Crisostomo, Tu esto templum! a ciascuno dei suoi uditori; giacché soggiungeva il Santo, nell'antica legge uno era il tempio, quello di Gerusalemme, ma Dio lo distrusse per erigerne innumerevoli, di gran lunga piú venerandi, i quali sono le anime, siete voi!.., e ciascuno deve adornare il suo e poi studiarsi di adornare anche gli altri.
L'opera di costruzione materiale deve procedere di pari passo con quella che ciascuno di noi andrà svolgendo nel segreto dell'anima sua, affinché alla gloria dell'Altissimo sorgano ben presto le mura della terrena e celeste Sionne. Il compimento parziale dell'opera che oggi s'inaugura con tanto concorso di popolo sia per tutti uno stimolo ed un incoraggiamento a continuare ed a perseverare. La pratica della Religione non è cosa di circostanza o di curiosità; ma un dovere che incombe, che s'impone sempre e dovunque, se vogliamo salvarci. La Chiesa non dev'essere troppo piccola a Natale, a Pasqua o il Venerdí Santo, ma ogni domenica il vostro assiduo e numeroso concorso deve provare, piú che tutte le apologie accademiche, il vostro interesse per la Religione e la vita perenne della vostra Fede. C'è chi dice e chi scrive che gli Italiani in America hanno perduta la fede. Quale onta per noi se quest'accusa, ch'io non discuto, dovesse essere fatalmente vera! Accusa o calunnia non importa: la nostra pratica soltanto ha il potere di sfatarla e di abbatterla. Dobbiamo dimostrare qui ed altrove che noi Italiani, i quali abbiamo saputo erigere i templi piú artistici e piú monumentali che abbelliscano la terra, possiamo mostrarne di piú magnifici e piú brillanti nelle anime nostre, e provare una volta ancora che le nazioni latine sono il regno di Gesú Cristo, come diceva Giovanna d'Arco.
L'opera è solo incominciata, voi lo vedete. Per quanto questa cripta, che si adibisce provvisoriamente agli esercizi del culto, sia comoda e spaziosa, non è, non dev'essere tutto. Ora che ci siamo posti risolutamente all'opera, non dobbiamo desistere fino al giorno in cui le porremo in fronte la brillante corona. Riposarsi è lecito; arrestarsi mai! Fermarsi equivarrebbe esporre noi e voi alla beffa dei tristi; sarebbe offrire una soddisfazione maligna a coloro che ci augurano di cuore l'insuccesso. Per nessun conto ci si dovrà rinfacciare la parola Evangelica: « Cominciò ad edificare, non poté consumare ». No! per nessun conto! Se dietro noi sogghigna lo scherno, dinnanzi a noi brilla la corona della buona riuscita. Noi abbiamo bisogno, pili che mai, del vostro appoggio, della vostra simpatia, del vostro aiuto finanziario. Quelli che ci hanno seguito fin qui colla parola e coll'opera, i nostri benefattori, si abbiano da questo luogo, che è loro, il nostro plauso, il nostro grazie. Gli altri si decidano presto a soccorrerci. Alcuni si riserbano di aiutarci ad opera compiuta. Ma forse ignorano... che per terminare un'opera, bisogna prima intraprenderla e continuarla... il che non è possibile senza incontrare ingenti spese.
All'opera dunque e... fin d'ora!.. Cosí spunterà presto il giorno in cui questa Chiesa, tra le piú belle e le piú solide dello Stato, formerà la gloria e il giusto orgoglio di ogni Italiano. Fin d'ora v'invitiamo e vi diamo l'appuntamento - a cui col divino aiuto nessuno dovrà mancare - per quel di atteso e sospirato, nel quale raccolti sotto le mura del nuovo tempio invieremo verso il Cielo l'inno della nostra gioia e della nostra riconoscenza. - Cosí sia.
A mezzogiorno e un quarto la bella funzione era terminata, e tutto un popolo d'italiani, devoto e commosso e ringraziando il Signore, tornava alle proprie case soddisfatto di aver visto la prima parte dell'opera monumentale, felicemente compiuta.
Diciamo tutto un popolo, e senza esagerazione. I banchi erano completamente occupati, e vi si notavano persone eminenti della nostra Colonia, ed altre accorse di lontano a godersi la festa, unite dal vincolo della fede e della patria. Anche tutte le Associazioni Parrocchiali erano presenti.
In presbitero facevano degna corona al Vescovo celebrante un numeroso stuolo di Sacerdoti e le rappresentanze di tutti gli Ordini Religiosi: Gesuiti, Domenicani, Francescani, Maristi e dei nostri Confratelli della Chiesa Corpus Christi e di S. Giuseppe in Oakland. Con loro ventiquattro chierichetti, contenti di aver indossato nella solenne occasione per la prima volta le loro vesti nuove, compivano il servizio all'altare. Sull'orchestra sedeva all'organo il nostro Don Ribeiro, della Casa di Oakland, e dirigeva il coro delle signorine della Parrocchia, la signora Rita V. Brizzolara. Il celebre prof. Laraja accompagnò egli pure i canti liturgici e diverse signore gentilmente si prestarono a rinforzare il coro che fu di un effetto imponente. In vero fu una splendida e memoranda cerimonia!
Quei Confratelli si augurano di veder presto risplendere la croce dorata sull'alta torre del nuovo tempio, affinché « i visitatori dell'Esposizione internazionale di S. Francisco, durante il 1915, come avranno da ammirare il genio e l'arte nostra nel Padiglione Italiano, abbiano pure da ammirarlo nel contemplare il monumentale sacro edifizio da dedicarsi ai Santi Apostoli Pietro e Paolo, Italiani di adozione - perché si portarono e vissero in Italia, e morirono in Roma martiri di quella Fede che predicarono ai nostri padri ».
Si compia, con la grazia di Dio e la corrispondenza dei cari emigrati, il loro e nostro voto!
(1) Sua Ecc. Rev.ma Mons. Patrizio Guglielmo Riordan, l'operoso e pio Arcivescovo di S. Francisco, volò al cielo, ricco di meriti, l'11 gennaio u. s. Era nato nel 1841, ed era Arcivescovo di quella città fin dal 1885. E pel suo vivo interessamento che l'Opera di Don Bosco si trapiantò in California. Al munifico benefattore la nostra imperitura riconoscenza, colla promessa di ferventi suffragi.
I benemeriti Cooperatori e le benemerite Cooperatrici nell'inviare - conforme il Regolamento della Pia Unione - al nostro venerato Superiore Rev.mo Sig. D. Paolo Albera, Via Cottolengo, 32, Torino la loro libera offerta annuale per le Opere Salesiane e per il Bollettino, abbiano la cortesia d'indicare, ove occorra
1) le correzioni necessarie al proprio indirizzo, unendo in questo caso la fascetta colla quale ricevono il periodico, debitamente corretta;
2) il nome di quei Cooperatori defunti all'indirizzo dei quali vedessero che si continua l'invio del periodico;
3) il nome, cognome e indirizzo esatto, e chiaramente scritto, di coloro che desiderano essere ascritti fra i Cooperatori.
Preghiamo in fine a respingere le copie che taluno ricevesse erroneamente duplicate o triplicate, scrivendo sulle fascette l'annotazione: duplicato.
(San Francesco di Sales e Don Bosco)
CON intima gioia offriamo ai lettori queste pagine di uno studio assai diligente ed accurato su S. Francesco di Sales catechista, gentilmente favoritoci da quell'esimio Cooperatore Salesiano, che è Mons. Innocenzo Stièvano, Canonico Penitenzìere della Cattedrale di Padova (1). Troveranno in esse il metodo che usava S. Francesco di Sales nel fare il catechismo, i frutti che il Santo otteneva col suo sistema, quali insegnamenti noi dobbiamo trarne nell'ora presente, e infine come noi italiani, volendo imitare S. Francesco, possiamo utilmente ricopiare Don Bosco.
Il metodo che usava S. Francesco di Sales nel fare il Catechismo (2).
Tutte le domeniche ed i sabbati di Quaresima, dopo il pranzo doveasi insegnare la Dottrina Cristiana, e, un'ora prima che questa cominciasse, un araldo pagato da lui, vestito di tunica violetta, su cui spiccava in uno scudo il nome santissimo di Gesti, dovea percorrere tutte le vie della città, suonando una campanella e gridando: « Venite, venite alla Dottrina Cristiana e vi sarà insegnata la strada del Paradiso! »
Il suo metodo era semplicissimo. Cominciava dallo spiegare con facilità e chiarezza un punto della Dottrina Cristiana del Bellarmino; poscia volendo assicurarsi di essere stato bene inteso, interrogava con bontà, e spesso chiamando per nome, l'un dopo l'altro i fanciulli, indirizzando la stessa domanda, ma con forma diversa. Se il concetto non fosse stato appieno compreso, lo esponeva in altra maniera, chiarendolo con famigliari similitudini che spontatanee gli affluivano dalla bocca, dilucidandolo con forza di esempi e fatti tolti dalla Bibbia e dalla Storia Ecclesiastica e Civile, o dall'uso comune, convenevoli tutti e al soggetto ed alla capacità dei fanciulli. Non risparmiava fatiche o noie perché la istruzione fosse alla portata di tutti, insistendo con pazienza, affabilità, tenerezza tutta materna, né cessava la sua carità di apostolo, finché le questioni piú difficili non fossero bene intese dai piú rozzi. Che se talora si fosse avvenuto in menti cosí ottuse che potesse dedursi inutile ogni . sforzo, non per questo conosceva scatti d'impazienza o d'inquietudine o dava rimproveri, ma solo avea parole di conforto e d'incoraggiamento, mentre era largo di opportuni encomii e dava in premio a chi meglio sapesse rispondere devote immagini, agnus Dei, corone, libri di pietà, ed altri oggetti sacri, che sempre avea con sé ogni qualvolta si fosse recato al Catechismo. Finito questo, si cantavano tradotti alcuni versetti dei salmi e poesie ch'egli stesso aveva all'uopo composte.
I frutti che otteneva il Santo con questo sistema (3).
- « Io, ebbi l'onore - scrisse un suo biografo contemporaneo - di essere presente a questo benedetto Catechismo e mai non vidi quindi spettacolo eguale. Quest'amabile e veramente buon padre era assiso come su un trono elevato di circa cinque gradini e un esercito di fanciulli fissi in lui, lo attorniava, mentre egli si faceva con loro fanciullo a formare in essi l'uomo interiore e perfetto secondo Gesù Cristo. E non può dirsi quanto volentieri a lui accorressero i fanciulli, ed il fatto avea del meraviglioso, dacché, o fosse il candor del costume, o l'amabilità dell'aspetto, o la purezza verginale dell'anima che tutta raggiava al di fuori con soavissima attrattiva, o l'accesa carità onde il cuore di lui era infiammato d'amore per Dio e per le anime, certo è che i fanciulli sentivansi a lui tratti quasi inconsapevolmente e come da forza misteriosa, irresistibile.
« Di rado -scrive il P. Luigi de la Rivière - Francesco usciva di casa, senza vedersi d'improvviso attorniato da una truppa agnellina che ravvisando il buon Pastore, gli si accostava con tutta ingenuità e confidenza a chiedergli la benedizione. Alcuna volta i servi, temendo che lo importunassero, s'industriavano di allontanarli; ma egli tosto che se ne avvedesse: « Eh, lasciateli venire a me », diceva loro con amorevolezza; ed accarezzava i fanciulli, per tutti aveva una buona parola, e spesso finiva con dire: « Ecco la mia famiglia! » I fanciulli quando l'avevano perduto di vista, andavano tutti lieti a raccontar la fortuna di averlo incontrato e le carezze che ne avevano ricevute. Fu notato, e questo venne attribuito a prodigio, che persino i pargoletti in braccio alle nutrici, quando di lui ancor lontano si accorgessero, si scuotevano tutti e si dimenavano piangendo finché non fossero portati a lui e da lui benedetti.
» Un dì l'avevano seguito sino ad un monastero, e poiché la Suora che gli venne a parlare, aveva notato come dalla porta rimasta socchiusa tirasse una brutta aria che avrebbe potuto nuocergli, Francesco si mosse per chiuderla. Ma quindi ritornò, avendola lasciata com'era, e disse alla monaca:
- V'hanno tanti cari fanciulli che mi guardano si amorevolmente, che non ho avuto il coraggio di serrar loro la porta in faccia ! »
Quali insegnamenti noi dobbiamo trarne nell'ora presente (1).
Nell'ora presente in cui tanto si parla d'istruzione catechistica, se ne manifesta la necessità, se ne rileva il dovere, si fanno studii per diffonderla, certo non parrà inutile di aver richiamato l'attenzione su San Francesco di Sales catechista, qualora si rifletta per quanti motivi i tempi in cui visse per l'audacia dell'eresia e per la rilassatezza del costume e per le difficoltà politiche si rassomigliano ai nostri; e quanto utili ammaestramenti possiamo noi trarre considerando la via battuta dal Salesio con tanto valore e successo! Come allora, cosí sempre il secreto del vero apostolo cattolico devesi cercare in quella schietta pietà di abnegazione e di sacrificio a cui indissolubilmente si uniscono forte virtú, puro costume, vita di fede; in quella carità che mai non transige sui principii, ma sa tanto compatire i traviati; in quella vita interiore che nella preghiera e nel raccoglimento si ripone, si prepara, si fortifica, si assicura la divina grazia; in quella infiammata eloquenza del cuore, che solo viene da Gesù in Sacramento, che ogni cosa attira, soggioga e purifica....
Farsi amare unicamente per guadagnare anime a Cristo pareva fosse il programma del Salesio e certo in lui tutto parlava del divino amore: un'umiltà vera e profonda, una scienza meravigliosa che pareva venisse dal cielo, un dire mellifluo ma vigoroso ed eloquente, uno zelo infuocato e nello stesso tempo paziente, compassionevole, sollecito, premuroso, tenero di una tenerezza tutta materna che dà tutta sé stessa senza restrizione per riscattare i perduti fratelli. Persino il suo aspetto avea un non so che di angelico, quasi espressione di sovrannaturale candore che rifulgeva da tutta la persona.
Non intendo con questo dire che per guadagnare anime e particolarmente per attrarre la gioventú a Gesú Cristo ed alla sua Chiesa si devano trascurare i savii statuti, gli ottimi regolamenti, i sicuri metodi e quanto mai può suggerire una sana cristiana pedagogia onde la scuola raggiunga il nobile suo scopo. Non era certo San Francesco di Sales che sdegnasse il contributo della scienza nella educazione, egli che per il sacerdote la diceva ottavo Sacramento.
Ma piú che la scienza, piú che l'umana coltura, per quanto vasta e profonda, esigeva nel sacerdote catechista un'anima inamorata di Dio. Solamente il sacerdote che senta in tal guisa la sua missione.... saprà rinnovare i prodigi del Vangelo, traendo dal suo cuore di apostolo quel giusto governo informato a soprannaturale carità, che a poco a poco riesce a debellare la caparbietà dell'errore ed abbattere l'insolenza del vizio ed aspettando con umiltà e pazienza dal cielo il frutto talora tardivo e lento ma sempre sicuro della semenza divina sparsa nel nome di Gesú Cristo.
Tale via da percorrere, siccome una necessità, giustamente intuirono in questi ultimi tempi i cattolici di Francia che informandosi allo spirito di San Francesco di Sales diedero vita a parecchie istituzioni nelle quali alla piú rigida ortodossia dei principii, alla piú severa moralità del vivere, unirono quello spirito di sovrannaturale carità che disarma le piú feroci passioni e le ammansa per sottometterle alla Chiesa di Cristo, in cui solamente può la sofferente umanità avere salvezza.
Noi Italiani possiamo utilmente ricopiare il Ven. D. Bosco (1).
Ma noi Italiani non abbiamo bisogno di guardare alla Francia per iscoprire il come lavorare alla pronta trasformazione cristiana della sviata società con lo spirito del Salesio e ci basta volgere lo sguardo ai prodigi di carità compiuti dal Ven. Giovanili Bosco, ed ora continuati dai valorosi Salesiani suoi figli. Difficilmente mi persuaderei che D. Bosco si affannasse tanto negli studii pedagogici quando nel 1846 in Valdocco iniziava i suoi Oratorii. Non dirò che gli abbia disconosciuti, ma nell'esaminarli alla luce di quella carità, che gli ardeva nel cuore, li aveva trovati mancanti di ciò ch'egli reputava essenziale al suo scopo, cioè l'elemento religioso, la carità di Gesù Cristo, persuaso che solamente col timore del Signore, la depravazione umana, questa belva mostruosa, si atterra, si conquide, si doma.
Prete ancor giovane, commosso a profonda compassione per tanta gioventù che si vedeva crescere dattorno imbestialita per l'ignoranza delle cose del Sinore, per il precoce vizio, per la piú ributtante miseria, a riscattarla, unicamente si affidò a quell'unica irresistibile forza che i santi hanno saputo trovare nella carità di Gesù Cristo.
Giovanni Bosco sa che tutto può la preghiera e col piú fervido desiderio di salvare i giovani, ricorre a Gesù, protetto e sostenuto da Maria Ausiliatrice. Nel suo cuore di apostolo, innamorato di Dio e delle anime, egli vagheggia un disegno incredibilmente ardito e vasto. Egli vuole mettere oro dov'è fango, infondere amore dov'è odio, egli aspira nientemeno che a trasformare le anime moralmente, a rinnovare la faccia della terrra. Ma il disegno ch'egli sente venir da Dio, avrà sicuro compimento sol che trovi un esemplare su cui fissarsi. Nella moltitudine di santi a cui si volge per aiuto, uno ve n'ha che distintamente a sé lo attrae: È Francesco di Sales. Vi pone su l'occhio, lo esplora, piú che l'astronomo non inscruta la stella da lui trovata in qualche plaga del firmamento: lo studia e se ne innamora. Piace a D. Bosco quella fortezza congiunta alla soavità, quella trasfusione d'affetto, quell'ingegno compassionevole, quella vita di sacrificio e di apostolato, di che risplende il Vescovo di Ginevra.
Vuole che cotale astro si abbassi a lui, lo chiama perché lo pigli nella sua luce. Il congiungimento è fatto, perché Don Bosco s'innalza all'astro medesimo e vi si immerge. Egli aveva compreso che l'inalterabile dolcezza e la meravigliosa mansuetudine di San Francesco di Sales erano ai nostri di i mezzi piú adatti per penetrare nel cuore dei fanciulli, per salvarli e per salvare con essi la civile società, e i fanciulli sentivansi irresistibilmente attirati dalla carità di lui: e Don Bosco li amava assai, non per godere della loro affezione, ma unicamente per sollevarli, per migliorarli in Dio senza che le loro anime si arrestassero mai od avessero una sosta. Ed a questo riusciva colla fedeltà a quel principio che egli aveva fissato nel modo più assoluto: « La frequente Comunione e la Messa quotidiana, siano le colonne che devono reggere sempre l'edificio educativo da cui si vuol tener lontano la minaccia e la sferza! » Quante volte Don Bosco si vedea dolce,, ridente in mezzo ai suoi figli o sotto i portici di un Oratorio o nel cortile, seduto anche per terra con sette od otto giri di giovani, tutti a lui d'attorno, tutti a lui intenti, come fiori rivolti al sole, per vederlo, per udirlo. Talora erano duecento, talora trecento e tutti pendeano dal suo labbro. Ed è pur prodigiosa questa pedagogia! E che cosa mai sapeva egli dir loro per incatenarseli così? Ah egli amava tanto il Signore, e sapeva insegnar loro come lo si dovesse amare!
Un ministro inglese, che visitando un Istituto Salesiano dove erano circa 500 giovani raccolti, stupito oltre ogni dire all'ordine, al silenzio, alla disciplina loro, chiedeva al Direttore con quali mezzi ottener si potesse un ordine cosí perfetto: « Eh, signore, rispose il Direttore, con mezzi che certo voi Protestanti non adottereste: La frequente Confessione e Comunione e la Santa Messa quotidiana bene ascoltata! » Don Bosco era cosí persuaso dell'efficacia della Santa Comunione per l'educazione che, quasi prevenendo i desiderii e le prescrizioni del nostro S. P. Pio X scriveva: « Quando un giovanetto sa distinguere tra pane e pane, e palesa sufficiente istruzione, oh venga il Sovrano celeste a regnare in quell'anima benedetta! ».
Questo è il metodo educativo del Ven. Don Bosco, come quello del Salesio; piú che di lunghi studi è frutto della piú tenera, filiale divozione a. Maria Santissima, di lunga orazione e raccoglimento, di dure, costanti mortificazioni, die un continuo esercizio d'infiammata carità per Gesti e per le anime. Tutto procede per via di dolcezza e d'amore. Ed ecco gli oratori, gli ospizi, i laboratori, le scuole di ogni genere, dove sono migliaia di fanciulli, di giovani operai tratti a lui dagli allettamenti della carità e salvati alla religione, alla famiglia, alla società, alla patria, resi forti dalla fede, dalla virtù, dal lavoro, dalla dottrina, dal valore; ecco i Sacerdoti Salesiani, i figli del Venerabile Don Bosco, ch'egli non dal suo, ma dal nome del vescovo di Ginevra vuole chiamati, onde rammentino sempre che nella loro opera rigeneratrice, e in patria e lontano, sia pure nelle ultime terre della Patagonia, ritrarre devono sempre l'umile soave zelo e l'eroica impavida fortezza del Salesio loro esemplare: ecco i Cooperatori e le Cooperatrici, che con maggior libertà e in piú largo campo si diffondono, cogli stessi intendimenti, con lo stesso spirito, con la stessa carità dei Salesio e di D. Bosco, e tutti sanno con quali confortantissimi risultati, in tutti i paesi del mondo.
(1) SAC. INNOCENZO STIEVANO: San Francesco di Sales Vescovo e Principe di Ginevra, Dottore della Chiesa CATECHISTA - Studio. - Padova Tip. del Seminario
(2) Op. cit. pag. 23 e 24.
(3) Op. cit. pag. 24 e 25.
(1) Op. cit. pag. 36-38.
(1) Op. cit. pag. 38-42.
Continua il CAPO V (1): La virtù messa alla prova.
Ma giunse il dicembre del 1829, ed uno degli ultimi giorni di quel mese il buon Giovannino stava spingendo l'armento fuori della stalla, quando si vide dinanzi lo zio Michele, uno dei fratelli di mamma Margherita, che andava al mercato di Chieri, e:
- Dunque, Giovanni, gli domandò, sei contento?
- Non posso esser contento, perché sento sempre il desiderio di studiare, e vedo che gli anni passano e son sempre allo stesso punto.
- Là, poveretto; sta' allegro, lascia fare a me, ci penserò io; conduci la mandra ai padroni, e ritorna presso tua madre e dille che fra poco passerò io a parlarle.
Giovanni obbedí. I padroni fecero le meraviglie nel vederlo, cosí presto, ricondurre a casa le vacche, ma accettarono le scuse e lo lasciarono partire, augurandogli che, secondo il suo desiderio, riuscisse realmente a divenir prete. Giovanni si allontanò profondamente commosso da quella ospitale cascina, volgendosi indietro di tratto in tratto per salutare i suoi amici e benefattori, che, fermi innanzi a casa e dalle finestre, continuavano a guardarlo colle lacrime agli occhi. Non si può dire come l'amassero.
Nel silenzioso tragitto della Moglia ai Becchi, Certo egli doveva pensare come finalmente gli sarebbe aperta la strada che lo avrebbe condotto al compimento della sua vocazione. Per altro egli vi si era già molto inoltrato. Iddio lo aveva addestrato alla palestra degli Oratori festivi, e insieme gli aveva fatto percorrere i varii stadi della condizione di contadino, ortolano, pastore, vignaiuolo, agricoltore, perché doveva accentuarsi nel suo cuore uno speciale interessamento per le Colonie agricole. Siano benedette le disposizioni ammirabili della Provvidenza!
Pieno di gioia comparve sulla soglia della casetta paterna; ma la madre, come lo vide, lo rimproverò di aver abbandonata la Moglia, non volle udir ragioni, e gli comandò di tornare dond'era venuto, per continuarvi la prestazione dell'opera sua. Sorpreso e confuso, il giovane rimase un istante perplesso; ma parendogli di leggere in volto a chi tanto l'amava un pensiero nascosto, uscì di casa senza lagnarsi e andò a nascondersi dietro una siepe, aspettando l'arrivo dello zio.
Margherita gli aveva fatto quell'accoglienza per non dar pretesto ad Antonio di crederla complice in quella decisione.
Tornando da Chieri, Michele fu di parola e passò a visitare la sorella. Antonio mantenne un prudente silenzio. Giovanni, che tenevasi ancor nascosto, fu chiamato, ed ogni difficoltà parve felicemente dissipata. Michele si recò con Margherita dal parroco di Castelnuovo Don Bartolomeo Dassano, e lo supplicò di voler fare scuola a Giovanni due o tre volte la settimana. Don Dassano rispose che non poteva accontentarlo pel molto da fare che gli dava la parrocchia: e insieme li consigliò a recarsi a Buttigliera d'Asti dal Prevosto di quella chiesa, che forse li avrebbe esauditi. Vi andò Michele, ed ebbe lo stesso rifiuto per la medesima ragione.
Ma ecco nuovamente in campo il venerando Don Calosso! Questi non si era dimenticato del suo giovane amico; aveva riconosciuto in lui segni non dubbi di vocazione ecclesiastica, e non voleva proprio che andasse perduta. Perciò chiamò a se Giovanni, e dopo aver udito il racconto delle sue vicende in quegli anni di lontananza e come Antonio nulla avesse smesso della sua ostinazione:
- Giovanni mio, gli disse, tu hai posta in me la tua confidenza, e non voglio che ciò sia invano; lascia adunque un fratello irragionevole e vieni con me, ed avrai un padre amoroso.
Giovanni comunicò alla madre la caritatevole offerta, che da lei e dal fratello Giuseppe venne accolta con grande allegrezza. Antonio non approvò, né si oppose.
Cosí sul finire dell'estate del 183o Giovanni incominciò a convivere col cappellano, tornando a casa ogni sera per dormire.
« Niuno, egli scrive nelle sue Memorie, può immaginare la grande mia contentezza. Don Calosso era per me l'Angelo del Signore. L'amava piú che padre, pregava per lui, lo serviva volentieri in tutte le cose. Era poi sommo mio piacere di faticare per lui e, direi, dare la vita in cosa di suo gradimento. Io facevo tanto progresso in un giorno col cappellano quanto ne avrei fatto a casa in una settimana. E quell'uomo di Dio portavami tale affezione, che più volte ebbe a dirmi:
- Non darti pena del tuo avvenire. Ti aiuterò ad ogni costo, e finché vivrò non ti lascierò mancare nulla; se muoio, ti provvederò egualmente.
Tuttavia alla sera continuavano, per parte di Antonio, i frizzi e i diverbi. Allora Don Calosso disse a Giovanni:
- Se è così, va' a prenderti alcune camicie e vieni ad abitare stabilmente con me. Sta' certo che io non ti abbandonerò.
Rincresceva a Margherita il lasciarlo di bel nuovo andar via da casa; pure, non trovando altro mezzo vi si rassegnò. Disperando di ottenere il consenso di Antonio, che già oltrepassava i ventisei anni, ma volendo a ogni costo che il figlio studiasse, pronta a consumar tutto il suo patrimonio per far fronte alle spese, si decise di venire alla divisione dei beni paterni. Non mancarono gravi difficoltà, specialmente per esser ancora minorenni Giuseppe e Giovanni; pure consigliatasi colla sorella Marianna per fare maturatamente quel passò, al quale aveva già pensato molte volte e da cui era sempre stata trattenuta dal suo cuore affettuoso, visto che non v'era altro partito, riuscì a comporre le cose in modo che la divisione delle piccole terre non cagionasse la divisione totale dei cuori, e cosí fu tolto un macigno dal petto di Giovanni, che ebbe finalmente piena libertà di proseguire gli studi.
Ma un nuovo gravissimo infortunio sopravvenne d'un colpo a troncare il filo delle sue speranze.
Un mattino di novembre di quell'anno, Don Calosso lo mandava presso i parenti per una commissione; ed egli era appena giunto a casa e stava preparandosi un po' di biancheria, quando vennero ad avvertirlo di tornar immediatamente dal cappellano, il quale, colpito da grave malanno, domandava di lui e voleva assolutamente parlargli. Egli volò presso il suo benefattore e pur troppo lo trovò a letto e senza parola.
Il buon sacerdote era stato assalito da un colpo apoplettico, ma riconobbe il suo discepolo, gli fissò in volto tino sguardo così commovente da empirgli l'anìma di dolore; e accennava a parlare, ma non poteva articolare parola; finchè presa una chiave di sotto il capezzale, gliela consegnò facendo segno di non darla ad alcuno e che quanto racchiudeva il cassetto, chiuso da quella chiave, era tutto per lui. Giovanni si mise in tasca la chiave e prodigò all'ifermo le cure più affettuose, che un figlio amorevole possa recare al proprio padre. Ma dopo due giorni di agonia il buon cappellano , in età di 75 anni, rendeva l'anima sua al Creatore il 21 novembre 1830
Con lui svanì di nuovo ogni speranza per Giovanni. Alcuni di quelli che avevano assistito l'infermo nelle ultime ore, gli dicevano: - La chiave che ti ha data è quella dello scrigno. I danari che vi si trovano son tuoi; prendili. - Altri osservavano che in coscienza non poteva prenderli, perchè non gli erano stati lasciati con atto notarile. Il giovane era incerto; pensò e poi disse:
- Oh! sì che voglio andare all'inferno per danari!... Non voglio nulla!
Altri insistevano, asserendo che il modo col quale il morente lo aveva chiamato, le sue parole quando era ancor sano, la chiave consegnata con quel gesto così espressivo, indicavano chiaramente la sua volontà. Ma venuto l'erede in compagnia di altri parenti, il quale tutto affannato cercava di qua e di là quella chiave, Giovanni glie la presentò. Quegli la prese, aperse la cassa che racchiudeva sei mila lire e disse a Giovanni
- Rispetto la volontà dello zio: questi danari son tuoi: io ti lascio piena facoltà: prendi quello che vuoi.
Giovanni stette alquanto soprapensiero: avea conosciuto in snodo abbastanza chiaro la volontà del defunto, avea la licenza dell'erede:
- Ma no! conchiuse, non voglio niente! Ho più caro il paradiso che tutte le ricchezze e tutti i denari del mondo
E non prese nulla, e nelle Memorie egli compendiò il fatto in queste semplici parole: «Vennero gli eredi di Don Calosso e loro consegnai la chiave ed ogni altra cosa ».
La morte del pio cappellano di Murialdo, fu pel buon giovane un disastro e un immenso dolore. I giorni passavano ed egli continuava sempre a piangere. Venne ad accrescere la stia mestizia il suono funebre delle campane, prolungato e ripetuto di parrocchia in parrocchia per la morte del Sommo Pontefice Pio VIII avvenuta l'ultìmo giorno dello stesso mese. E le cose andarono tanto oltre, che Margherita, temendo per la sua sanità, lo mandò per alcun tempo a Capriglio col nonno.
Ma la divina bontà non lo lasciò senza consiglio. « A quel tempo -- scrive Giovanni - feci altro sogno, secondo il quale io era acremente biasimato, perchè aveva riposta la mia speranza negli uominì e non nella bontà del Padre Celeste ».
La memoria di Don Calosso gli rimase sempre viva in cuore, e di lui, con quella gratitudine che fu una delle sue virtù più care, lasciò scritto:
« Ho sempre pregato, e finchè avrò vita non mancherò ogni mattina di fare preghiere per questo mio insigne benefattore! ».
FIORI E FRUTTI
(Dalle memorie dei nostri Missionari)
X. « San Giuseppe mi ha fatto la grazia! » (1)
ERA l'anno 1895, ed io andava in missione tra le sponde del Rio Negro e del Rio Colorado. In Fortín Mercedes vivissima era l'aspettazione del mio arrivo e il viaggio invece procedeva assai lento, lento assai. Mi doleva di non essere là pei giorno fissato; ma mi confortava il pensiero che il ritardo avrebbe contribuito al miglior esito della missione, dando agio alle famiglie cristiane di spargere piú largamente la notizia del mio prossimo passaggio.
Rammento che prima di partire da ChoeleChoel aveva posto sotto la protezione del Sacro Cuore quell'apostolica escursione: ed aveva pregato con grande fervore questo amabilissimo Cuore perché toccasse il cuore sopratutto a tanti Cristiani che avevano poca voglia di determinarsi a vivere bene. Non pregai invano. Ebbi frequenza alle istruzioni e alla S. Messa, confessai i piú tardi e restii alla grazia, dispensai un bel numero di Comunioni, benedissi parecchi matrimonii; e tutta quella popolazione talmente si scosse, che la lasciai a malincuore per compiere l'itinerario che il Vicario Apostolico Mons. Cagliero mi aveva fissato.
A Fortín Uno le consolazioni furono maggiori, perché la grazia di Dio fu ancor piú manifesta. Ammisi alla 1a Comunione due giovanetti cosí ben disposti, che sentii pena nel non poterli condurre con me per mandarli al Collegio di Viedma. Ricordo che fui ospite di due buone famiglie spagnuole, che con edificazione fecero la S. Pasqua, accompagnandovi un loro figliuolo che pure per la prima volta si accostava al celeste Banchetto: e fu in quel viaggio che riconobbi la necessità e l'importanza di fondare un centro di Missione in questa valle del Colorado. Quante vocazioni -- diceva fra me - non potremo avere da queste buone famiglie! Come ci sarà più facile il mantener viva la fede in tante anime buone e propagare più prontamente il regno del Signore! In questi deserti non c'è ancora la civiltà moderna!!! La vita che si vive qui è quella pastorale e non di rado s'incontrano famiglie patriarcali di costumi morigerati, e chiare intelligenze e cuori docili e innocenti.
Il 16 marzo lasciava Fortín Uno per internarmi nella Pampa Centrale e visitare un nucleo di famiglie nella Valle di Luan-co, con il proposito di fermarmi tra esse una settimana. Da qualche giorno le aveva preavvisate, e pensava di dar loro una missione, che poteva esser l'unica di quell'anno. Saltai in groppa al mio cavallo, mentre Pacifico, il catechista che mi accompagnava (un neofito indigeno, da me battezzato con questo nome pei suo quieto carattere) sferzava i cavalli di scorta, carichi dei nostri bagagli.
Sul far della sera, passato il Rio Salado e visitate le miniere di stagno, ora abbandonate, arrivammo a Luan-co, dove eravamo attesi e ci aspettava una stanzetta che doveva servire di cappella e di dimora. Era là un gruppo di famiglie, come ho detto, dedicate alla pastorizia e che custodivano gli attrezzi che servivano per i lavori della miniera, in un punto incantevole, tutto coperto di grosse caldaie, le cui buche si toccavano l'una coll'altra, formando una macchia oscura in mezzo alla vastità di quella campagna deserta ed arida. Non' mancavano neppur di acqua, la cui fonte era a un metro di profondità, donde scaturiva fresca e pura, fenomeno questo assai raro nella dam 5a, ove d'ordinario l'acqua manca o non s'incontra che da 7o a zoo metri di profondità, e di più salata e spesse volte amara.
Giunto là, passai il 17 e il 18 marzo in istruzioni di preparazione alla festa del zq in onore di S. Giuseppe, al quale si ha in queste campagne molta divozione; ma le cose dovevano succedere contrariamente ai nostri desideri e alla legittima aspettazione.
La sera del i8, dopo avere parlato ancor un poco della bella festa del dimani, e preparati vani uomini e piú donne a compiere il precetto pasquale, essendo già tardi, diedi a tutti la la buona notte raccomandando il silenzio e il raccoglimento, e mi recai a riposare quando, mentre proprio non me l'aspettava, un giovinotto un po' brillo, incominciò ad agitarsi, e die' di piglio a un organetto, e tutti a quell'invito, in un attimo, come è facile immaginare, furono in piena baldoria, dimentichi di ogni buon proposito...
Povero me! passai la notte in pena e la mattina seguente celebrata per tempo la S. Messa, me ne partii, ammonendo il padron di casa che non aveva avuto il coraggio di far sospendere il ballo.
Pacifico, il mio sacrestano, disapprovava la mia risoluzione, ed io stesso non sapeva darmi ragione di sentirmi portato a quella rapida partenza; ma il fatto sta che ci allontanammo senz'altro in direzione del fiume verso il punto chiamato La Chacarrita, ov'era aspettato, ma fra una settimana. Ricordo che partimmo proprio alla ventura, digiuni e senza conoscere la via. Una cosa sola m'importava; quella di allontanarmi al piú presto da quel luogo.
Aveva fatto conto di arrivare alla sponda del fiume prima di mezzogiorno, ma il mio orologio segnava già le 3 pomeridiane e non si vedeva alcun indizio della sponda vicina. Ci eravamo smarriti
Estenuati, noi ed i cavalli, non tanto per la lunga marcia come per essere digiuni ed assetati, non sapevamo a qual partito appigliarci, finché mi determinai di volgere verso il sud. Dopo un'ora eravamo in vista della costa: ma lo sbaglio della direzione era stato madornale e non c'era altro rimedio che guadare il fiume e prendere un sentiero praticabile sulla sponda destra. Neppur questo fu possibile; i cavalli, al veder le acque profonde e minacciose, indietreggiarono. D'altra parte la costa. ove ci trovavamo, era cosí disuguale e spinosa che a stento potevamo internarvici, esclusa, ben inteso, ogni possibilità di dar volta al cavallo per poter cercare un'uscita piú praticabile. Quindi ci fu giuocoforza continuare lungo il Rio, internandoci tra i canneti ove si avanzava passo passo con scalfiture alle mani, alle braccia e alle gambe, e la veste in brandelli, impensieriti quanto mi per la notte che si avanzava. Ci restava ancora un briciolo di speranza! quello di arrivare ad un guado del fiume, detto del Torro colgado. Ma poveri noi! perfino il buon Pacifico pareva che in quelle strettezze avesse a perdere un po' della sua calma!
E già cadeva il giorno e le tenebre si stendevano ognor più scure, quando, oh! provvidenza, sentimmo l'abbaiare di un cane. Un fremito di gioia, effetto delle rinate speranze, ci scosse tutte le membra. « Sia ringraziato il Signore! C'è gente! Alla piú disperata, qualcuno saprà indicarci un'uscita da questo labirinto! » E fu tale la gioia che quasi non ci accorgemmo che il sentiero, ove eravamo entrati un dietro l'altro, terminava in una piazzetta, e là due mastini ci sbarravano il passo. Ma ecco un uomo venerando, bianco la barba e i capelli, che:
- Buona sera, mi dice, passi avanti, Padre; discenda da cavallo e lasci a me la cura di allogarlo : venga, venga, è arrivato fra buoni amici!
Lascio immaginare l'effetto che produssero in me quel sembiante, quelle benevole parole, e quell'accoglienza famigliare.
Girai lo sguardo attorno, e al fondo della piazzetta, circondata da alto canneto in forma di graziosa collana, scorsi una casupola di paglia con un'unica porticina. Salutai il buon vecchio, che mi richiamò alla memoria l'immagine dì San Giuseppe, e all'invito gentile di entrare in casa, mi avvicinai alla capanna, scesi e in silenzio entrai.
Contro la parete di fondo era un letticciuolo sul quale sedeva una donna di circa 5o anni, macilenta, che però, dalla voce e dai movimenti, pareva ancora in forze.
- Buona sera! - mi disse colei, e prosegui:- Ah! Padre, Padre! sia il benevenuto. Da piú giorni io lo aspettava. Ho pregato tanto San Giuseppe che mi mandasse tiri sacerdote prima di morire! Da sei mesi son inchiodata in questa posizione, su questo letto, senza potermi muovere. Ma io lo sapeva che San Giuseppe non mi avrebbe fatto morire senza aggiustare le cose di mia coscienza. Il cuore me lo diceva che sarebbe venuto un Missionario! E Lei è finalmente qui, e proprio oggi! che è il giorno di S. Giuseppe. Sia benedetto il Signore!...
Pensi chi legge alla mia crescente meraviglia nell'udire tali parole, dette con tanto garbo e con tanta fede, che mi parvero da lungo tempo preparate!
Assai stupefatto, le domandai se in qualche modo avesse avuto sentore del mio arrivo.
- No! No! mi rispose; ma il cuore me lo diceva, che S. Giuseppe mi avrebbe consolata in punto di morte! Padre, già da questa mattina lo stava aspettando; e vede? solo per questo oggi mi sento bene, ed è il miglioramento della fine. Ora però venga pure la morte, io non la temo piú. S. Giuseppe mi ha fatto la grazia!
E fu una grazia singolare!
Quella povera donna era da dodici anni sposata a quell'uomo, e mai aveva avuto il mezzo di far benedire la sua unione, come avrebbero desiderato. E in quella notte ambedue si confessarono, recitammo insieme le orazioni e il Santo Rosario, e in fine li preparai alla S. Comunione che avrebbero ricevuto la mattina seguente.
La notte trascorse quasi tutta in pii ragionamenti, restando io altamente edificato per la rassegnazione e i sentimenti divoti di cui era compresa l'inferma. Il buon vecchietto mi allestí un giaciglio fra due tronchi di alberi, e là infatti mi coricai per brev'ora, avendo a compagno e custode uno dei grossi mastini con cui aveva fatto amicizia.
La mattina seguente, alzato l'altare, celebrai nell'umile capanna. Prima benedissi il loro matrimonio, ed essi ascoltarono con grande divozione la S. Messa, e compresi di vivissima fede, che si leggeva loro sul viso, ricevettero la Santa Comunione. Anch'io era profondamente commosso.
Mi fermai con loro tutto il giorno 20: e il 21 marzo, sacro a S. Benedetto, lasciai quella solinga capanna, fra le benedizioni incessanti di quei due cristiani che con le lagrime agli occhi e le parole più tenere non finivano di ringraziarmi.
Quando risalii a cavallo, nel dare uno sguardo agli squarci della sottana e alle scalfiture delle mani, mi sovvenni di tutte le peripezie del viaggio che mi aveva trascinato fin là, e mi sali un nodo alla gola... A stento riusciva a trattenere il pianto. Risposi ancora una volta ai loro saluti, li benedissi nuovamente, e sferzato il cavallo, rimasi per lungo tratto di via fisso nel pensiero della Provvidenza Divina e della bontà con la quale ú. Giuseppe aveva esaudito quella sua divota. Dolce pensiero che mi tornò ancor più vivo quando seppi che quella poveretta era morta dopo pochi giorni; dolce e consolante pensiero che non si è mai cancellato e non si cancellerà mai dalla mia memoria!
La brava donna si chiamava Giuseppina Pernandez, nativa di Puntarenas.
Sac. PIETRO BONACINA, Missionario Salesiano.
Flores del Campo, il foglio bissettimanale che pubblicano i nostri Missionari di Viedma, ci annunzia una grande innondazione della valle del Rio Colorado ! Le ultime notizie del 16 gennaio sono già gravi. È un nuovo disastro, che minaccia di diventare gravissimo. Preghiamo!...
(1) Ved. num. di febbraio u. s. - E un umile omaggio che noi vogliamo rendere al glorioso Sposo di Maria Santissima, in questo mese di marzo, a lui particolarmente consacrato. Voglia il caro Santo, che è patrono della Chiesa Universale, unire il suffragio della Sua intercessione potente per affrettare il giorno della pace d'Europa e del mondo intero.
NEL SANTUARIO. I restauri.
La neve e il freddo li hanno naturalmente sospesi... e le gravi strettezze finanziarie forse non ci permetteranno di riprenderli - come vorremmo - e molto meno di condurli a compimento. Al pari dei solenni festeggiamenti, anche i restauri vengono forzatamente rimandati a tempo migliore!... Ci aiuti la Madonna a condurre innanzi le molteplici opere di carità che s'impongono ognor piú tra la miseria crescente, e per la quale esse diventano di giorno in giorno piú dispendiose!
VIa Solenne funzione per la pace e per il S. Padre.
L'imprevisto prolungamento delle ostilità e il loro quotidiano infuriare, che rendono sempre piú fosco l'orizzonte, hanno infuso nei cuori dei fedeli, meglio disposti dalla Santa Quaresima, un accrescimento di fervore e di fiducia nella intercessione potente di quella benedetta che fu in ogni tempo l'Aiuto dei Cristiani. Se n'ebbe una splendida prova il 24 u. s. nel Santuario di Maria Ausiliatrice, ove si compì la VIa funzione per la pace e per il S. Padre. Il concorso ai santi sacramenti non poteva essere più numeroso né piú edificante. Celebrò la S. Messa Sua Eccellenza Rev.ma Mons. Luigi Spandre, Vescovo di Asti, che nella fervida allocuzione diretta ad accrescere nei presenti amore e attaccamento all'augusto Vicario di Gesù Cristo e fiducia in Maria Ausiliatrice, ebbe dei momenti sublimi e tenerissimi, da vero discepolo di Don Bosco.
L'ora solenne di adorazione, compiutasi alla sera con gran concorso di popolo allo stesso fine, fu predicata con vera facondia e con sodezza di dottrina dal Can. Don Vittorio Lanari, della Cattedrale di Arezzo, Quaresimalista nel Santuario.
Ascolti il Signore, nella sua clemenza, questi ardentissimi voti, e consoli il cuore di Papa Benedetto XV col ridare al mondo la pace!
Pellegrinaggio spirituale.
Invitiamo i devoti di Maria SS. Ausiliatricea pellegrinare in ispirito al Santuario-Basilica di Valdocco il 24 corrente e ad unirsi alle nostre preghiere.
Oltre le intenzioni particolari, avremo tutti questa intenzione generale:
*
In omaggio al desiderio del nostro Superiore Generale supplicheremo ancora la Vergine Santa che fu in ogni tempo l'aiuto della Chiesa e del Popolo Cristiano, perché riconduca la Pace in mezzo al mondo, e benedica a tutte le sante intenzioni del Sommo Pontefice BENEDETTO XV.
Feste e date memorande.
ESTE - Nella linda e divota Cappella del Collegio, Manfredini si venera come da Regina e Madre, una bellissima statua dell'Ausiliatrice. Mentre la divozione alla Madonna di D. Bosco è sommamente cara agli alunni del Collegio anche al di fuori s'è già sparsa e va ognor crescendo, e n'è prova un pellegrinaggio di circa 6oo persone, compiutosi: colà il 18 gennaio u. s. Nel vicino paese di Carceri si tenne per cura dello zelantissimo Parroco una Missione durata ben quindici giorni, e perché i suoi frutti, che furono assai copiosi, avessero una sicura caparra di celesti benedizioni e di stabilità. consolante, fu ideato un pellegrinaggio a Maria SS. Ausiliatrice, venerata nella Chiesuola di quel collegio. E la mattina del 18 gennaio gli abitanti di Carceri, preceduti dal Parroco e dal Predicatore, alternando divoti cantici e preghiere gremirono la cappella, restando estatici dinnanzi alla Immagine dell'Ausiliatrice che in un mare di luce sorrideva al devoto omaggio.
Il predicatore parlò di nuovo per disporre gli animi alla S. Comunione che fu distribuita dallo zelantissimo parroco, mentre la Schola Cantorum, del Collegio eseguiva divoti mottetti. Quindi fu un ripetersi di devoti cantici popolari e di preghiere che manifestò tutta la pietà, la fede e il santo proposito di essere veramente cristiani. Come ricordo della Sacra Missione furono distribuiti in paese due mila Immagini di Maria SS. Ausiliatrice. Che il buon popolo di Carceri si mantenga fedele alle sue promesse ed esperimenterà senza dubbio la materna protezione di Maria Ausiliatrice!
GRAZIE E FAVORI (*)
« Auxilium Christianorum ! »
Il sig. Nicodemo Placidi, maggiore del genio, scrive ai suoi parenti di Alvìto:
« Era ad Avezzano e dormiva tranquillamente, quando la mattina del 13 gennaio u. s. fui destato dalla potentissima scossa di terremoto; ebbi appena il tempo di gridare: S. Emidio! che sentii inabissarmi. Un istante dopo mi trovai immobìle nel buio più fitto, schiacciato senza potermi muovere di un millimetro. Allora mi vidi perduto e mi raccomandai al Sìgnori e a Maria, Auxilium Christianorum! Aspettai. All'improvviso mi colpì un soffio d'aria fresca, ma appena poteva respirare per il peso che mi opprimeva il petto. Dopo venti lunghissimi minuti alle mie grida accorse gente e fui tirato in satvo. Mi sembrò di essere rinato. Dopo aver ringraziato Maria Santissima, mi accorsi, con mia grande meraviglia, che non aveva riportato alcuna grave lesione; eppure dalla cameretta dove dormivo, ero andato a cadere in fondo all'orto precipitando dall'altezza di nove metri con uno spostamento di una quindicina di metri. »
In fede,
Alvito, 19 febbraio 1915.
Sac. GEROLAMO CHIAPPE.
Ottennero pure grazie da Maria SS. Ausiliatrice e alcuni pieni di riconoscenza inviarono offerte per la celebrazione di S. Messe di ringraziamento, o per le Missioni Salesiane, o per le altre Opere di Don Bosco, i seguenti:
A**) - Accerra : Sac. Pasquale De Lucia, 5 - Acireale : Antonietta Dell'Ora, 5 - Acqui : Carolina Bistolfi, 5 - Agnadello : Felicina Raimondi, 5 - Agitino : Rosa Mori, 5 - Alba : Margherita V. Degiovanni, 3 - Aldeno (Trentino): Teresa Padovani, 14,40 - Alessandria : Maria Tarchetti in Casalini, 5 Almisano : Severina Tirapelle Ved. Zambon, 2 - Alpette Canavese : Michele Sandretto, 15 - Alpicella d'Aveto: Mariano Meri, io - Ancona: P. O., io - id.: Famiglia Lucci, implorando una grazia, io - Angolo: Bartolo Catelli e consorte Mea Scolari, 5 - Anzio: Giuseppa Gallini, 5 - Arco Bolognano (Trentino): Maria Bertamini, 3,60 - id.: Canonico Luigi Maestri e Luigia Bebber, io - Arosio : N. N., 5 - Arquata Scrivia : Giuseppina Avio, 5 - Asti : Teresa Massimilla Torchio, Superiora Ritiro Isnardi, 10.
B) - Bagnarola : Filippo Bassi, 6 - Bagnasco : Coniugi Rossiano, 5 - Barano d'Ischia : Agnese Conte, 5 - Barasso : G. G., oratoriana - Barbaiana : Sac. Francesco Robbiati, 50 - Barcone Caterina Tantardini in Baruffaldi, 5 - Bastia Sorelle Braziano, 9 - Bellano : Coniugi F. M. Balbiani, 5 - Bellinzago Novarese : Angela Barbero, 2 - Bellinzona: Onorina Soldini, io - Benevagenna : Antonio Bellisio, 2 - Bengasi (Cirenaica): Giuseppe Gallo e Santina, 3 - Bergamo N. N., 2,50 - id.: Laura Gabriella, 3 - Bernezzo : Assunta Armando, 5 - Bodio (C. Ticino): Dr. Carlo Lamoni, 10 - Bologna: N. N., 9,20 - Bordighera Torrione : Giuseppina Moreno Ved. Doneaud, 5 - id.: Maria Varazzani in Salis - Borgomanero : Una pia singora a mezzo di Maria Baroncelli, 5 - Borgomasino : Re,,. Parroco, 5 - Borgotaro : Giuditta Rapetti Ved. Ruggeri, 2 - id.: Maria Ruggeri, 2 - Bosco Marengo : Luigia Fossati ed altri, 12 - Boscoreale : Di Salvatore D. Filippo, 5 - Bourg-Argental (Francia): Emilia Seneclaur, io - Bovolenta : Sac. Beniamino Guzzo, 7 - Breno : Elisabetta Veraldi, 2 - id.: Lucia Romelli, 5 - Brescia : Giacomo Passerini, 100 - id. : Annetta Diuna, 5 - id. : Maria Almici, 2 - Bricherasio : Luigi Ducrano, 5 - Brignano d'Adda Annetta Zanotti in Giugioli, 5 -- Bruno : Annina Ivaldi, 2 - Bruccheri : Graziella Vacanti in Campailla, 5 - Busca : Giuseppina Migliore, io - Bussoleno : Rina Guenzi, io - Butera : Federico R., 5.
C) - Cadiroggio : Carolina Vecchi, 5,65 - id. Ferdinando Vecchi, 5,65 - Cagliari : Luigi Cotzu, i - id.: Consolata Persi in Pani, 5 - id.: Giuseppina Porrà, 2 - Caldogno : Anna Lorenzoni, 15 - Calizzano : Luigi Cannonero, 3 - Caltanisetta: Carmelo Villani, 5 - Caltavuturo: Perina Cirrito, i - Cammarata : D. Salvatore La Corte, 5 - Camogli : Annetta Isola, io -- Campomolino Antonia Tonello, 5 - Canale S. Bevo : Giacomo Orsinoger, 9 - Canegrate : Giovannina Guzzi, 20 - Cannara: D. V. G., 5 - Cannobbio - D. Giacomo Francioni, .5 - Caraglio : Catterina Oggero, 12 - Cariati : Can. Alfonso Mazziotti, 5 - Carignano : Famiglia Nicola - Carovigno : Adele De Vita, 2 - Carpaneto : Luigi Gasparini, 15 -- Carsi R. Rossi, 5 - Casa Castalda : Ginesio Bensi, 2 -Cascina Grossa : Famiglia Bruna,, 5 -- Casolino Pacifico Bottini, 5 - Casola Valsenio : Sac. Battista Lozzi Arciprete, io - Casolino Novarese: B. P., 5 -- Caspoggio : Giulio Presazzi, 1o - Cassine : Irene Peverati, 12 - Castano Primo : Signore Morelli, 5 - Castelfranco Veneto: Elia Casis, 2 - Castello d'Arzignano : Genoveffa Dalla Riva, 2 - Castelnuovo ne' Monti: D. Alfonso Ferretti, io - Castino : Luigia Biscia, maestra, 5 - Castrogiovanni : Nunzia Marchese, insegnante, 2 - Catania : Giuseppina Litteri, 5 - Cellarengo : Giuseppe Casetta, 10 - Cerca Veronese: Giuseppina Sommariva, 5 - Cesuna : Domenico Magnabosco - Champorcher : Nicolò Vassonny, 2 - Chiari Giuseppina Baresi, 2 - id.: Giovanni Mercandelli, i - Chiavrie : Amelia Puppati, 15 - Chiusa di Pesio : Teresa Serono, 3 - Giriè : Angelo Oberto in Bosio, 3 - id.: N. N. - Cislago : N. N., 15 - Condobe : Maria Rivetti Maestra, 2 - Conegliano Veneto : Due persone a mezzo Suor Maria Genta, 7,60 - Conzano Monferrato : Teresa Patrucco, 3 - Cordova (Repubblica Argentica): Anna Saracco, i - Cordovado-Casette : G. A. Cooperatrice Salesiana, 5 - Conio Canavese : Andreina Annone, insegnante, 5 - Cornigliano Ligure : P. Carlo Lombardo, 15 - Cortabbio Valsassina : Gesuina Selva - Corteranzo : Onorina Gennaro, 350 - Corligliano : D. Marco Zanon, io - Costa Volpino Pietro Martinelli, 3 - Costanzana Vercellese : Famiglia Varalda, io - Costigliole di Saluzzo : Felicita Allineis, 50 - Crescentino : Giovanni Bonvieino, 12 - Crocefieschi : Zaira Doglio, 2 - Cugnasco (C. Ticino); Celeste Pifferini, 5 - Cuneo Can. D. Gio. Battista Pessin, ioo - id. : M. Lombardi, 5.
D) - Diano d'Alba : B. Z., 2 - id.: P. Cardini, - Dissona : Andrea Sala, 5 - Dogliani : P. V., 5 - Druogno : Giovanna e Lucia Antonioli, 3 -
E) - Este : Filomena Fornasiero, 5.
F) - Faenza : Teresa Biffi in Gentili, 5 - Fervere d'Asti : P. M., i - Fiumicello (Austria): Riccardo Gottardi, z - Foglizzo : G. G. - Fonzaso : Giuseppe Ferrato, 5 - Franchini: Francesco Cavigiglio, r,5o - Frazzanò : G. G. M., 5, - Fubine Monferrato: Luigi Varra.
G) - Garbagnate : Luigia Valli, 3 - Gargallo Risa Baroli, 5 - Garlasco : Maria Pozzi, 5 - Gavirate (Como): Emilia Paronelli, Ernesta Gibillini in Gamberoni ed altre persone devote, 9,50 - Gelana di- Belonia : Pietro Mazzadi, 2 - - Genova : Maria Maggiolo in Bisso, 3 - id. Giacomo Isola, 5 - id.: Suor Maria Macchiavello, io - id.: Maria Cardano, 5 - Gioiosa fonica : Benedetto Rodinò, i oo - Girgenti : Sem. Placido D'Alessandro, i - Gozo (Malta) Margherita Masini, 2,50 - Granarolo : Augusta Bedeschi, 10.
E) - Hillyard (S. U. N. A.): Andrea Valente, 25,75
I) - Intra: Lena Tosi, io - Isnello: Teresa Sidoli, 20 - Isolabella : N. N., 6 - Isola di Rovegno : Giuseppe Isola, 5 - Ivrea : Felice Berruquier, 3.
L) - Lambrate : Luigi e Paolina Ricotti, 5 - Larnpertsmiihle (Baviera): Virginia Mauro - Lancenigo : Celestina Pasqualli, 5 - Lavagna : Angela Campodiso, io - Lentigione : Carmina Bacchi in Guarnieri, 2 - Lonate Ceppino : D. Angela Tettamanzi, io - Lusevera : Angelina Bobbera.
M) - Macherio : Elisa Panzeri, io -- Maggiora S. G. M., 5 - Mairano : Elisa Zambotti, 5 - Malegno: Pietro Scolari, 5 - Mapello: Annetta Ghezzi, 3 - Marano Valpolicella : Anna Maria Lonardi in Fasoli, 2 - Mascali : Leonardo Patanè Zanghi - Mercato Saraceno : Gemma Carli, 2 - Merlana di Trivignano : D. Giovanni Battista d'Agostino, 12 - Mese : Olimpia Codazzi, io - Mezzocorona (Trentino): Amalia Giovannini, 12 - Milano: Savina Pulazzini, 1,5 - id.: Maria Trespiali, i - id.: Adelaide Lasio, io - id. : Teresa Volta Somigliana, 4 - id. : Bianca Vezzoli in
Mazzotti, 6 - id.: Rina Venturini in Cristini, 5 - id.: Angelina Villa, 5 - Mineo : Croce Cocuzzo in Sturzo, 5-Modena : Mercede Sala e sorelle, 4Modica Alta: Giovanna Blandino Gennuso, io, per una segnalatissima grazia concessa al figlio militare - Molere di Ceva : Giacomo Gherzi, i - Mombarcaro : Luigia Ferrero - id.: Giacomo Carena, 4 - Montebello Vicentino : Angela Gaiardi, 12 - Moncalieri : B. F. - Monchiero-Dogliani : Angela Vietti, 5 - Mondacce (C. Ticino): Famiglia Maria Balemi, 5 - Monteforte d'Alpone: N. N., 5 - Mongridol fo : Augusto Ranzi 30 - Monteagno: Angiolina Stradella, 3 - Monteriso : Angioletta Vimercati - Montorso Vicentino : Amalia Pagani, 3 - Monza : Edvige Pizzi, Maestra, 5.
N) - Negrar : Angelo Vincenzi, 4,50 - New York (S. U. A): Domenica Parma, io - Niscemi Concettina Salerno, i - id.: Francesco Ragusa Buseemi, 2,05 - Nizza Monferrato: Sabina Rebuffo, ioo - Nocera Superiore : Giulia Rienzi, io - Noventa di Piave : Anna Buscato -- Nuoro Can. D. Mauro Sale, io - Nus : A. B., 5.
O) - Oggiona con S. Stefano : Carlo Macchi, 5 - Ogeiono : Francesco Invernizzi, 4 - Oriano Alessandro Fumagalli, 5 - Ortueri : Nob. Francesca Quadin Ved. Floris, i5 - Ottobiano: N. N., 5 - Ozieri : Antonio Martinetti.
P) - Padova : Sorelle Taffoli, io - id.: Contessa Onorina di San Marzano Va'frè di Bonzo, io - Palazzo Canavese : Annetta Marina Ved. Mosca, 2 - id.: Caterina Giovannini Borra e Caterina Bertoldo, 5 - Palermo : Stiscia T., 2 - Parma,Avv. Giuseppe Severi, io-id.; Antonietta Gam bigliani in Zoccoli, 2 - Parona di Valpolicella Adelaide Bettinazzi, 8 - Pederrobba: Maddalena Converso, io - Piacenza : Giulia Frignani, z,5o - Piasco : Sorelle Barra, 5 - Piedimonte d'Alife : Concetta Mezzallo, 2 - Pietraperzia Lucia Russo in Ciulla, 5 - Pieve Bovigliana : Cesare Montemaggiore, 3 - Piossasco : La Famiglia Gili, 5 - Poggio Pontecchio : Virginia Bonfiglio io - id.: Pia Azzaroni Ved. Mazzetti, io - Pollenza : Silvia Patrignoni, 350 - Polonghera Maria Chiattone in Bernocco, 5 - Porto Maurizio Petronilla Violardi Ved. Allisio, 2 -- Povegliano Gaetano Prarassato, 2 - Pozzengo : Camilla Guazzotti, io - Pozzolo Formigaro : Giuseppe Silvano, io - Pralormo : Maddalena Burzio, 2.
Q) - Quinto al Mare : Superiora della Visitazione, io.
R) - Racconigi : Luigi e Silvia Sappa - Ravenna: M. C. V. -- Regalbuto: Agatina Cozzi in Fichera, 5 - Reggio Emilia : Maria Anna Scapinelli, 2 - Riccò di Monfestino: Carolina Manfredini, 20 - id.: Caterina Cionini, 3o - Rino: Maria Ramelli, 2 - Riolo di Romagna : Cesare Camerini Porzi, 5 - Riva di Chieti : Biagio, Caterina e Michele Melano, io. - Rivarolo Canavese Marte Bertetto, 3 - Roma : T. Martinelli Ved. Fiaschetti, 2 - id.: V. F., 5o - id. : N. N., 5 - id.: A. T. G. - Romallo (Trentino): N. N., 24 - id.: Santina Bancheri, r,2o - id.: Anna Lorenzoni, 1,20 - id. : Teresa Pancheri, i,zo - id.: Giuditta Bertoldo, 8,40 - id. : Maria Albertini, 1,20 - id.: Maria Gentilini, i,2o - id.: Candida Lorenzoni, 1,20 - id.: Angelina Micheli, 2,40 - Rovegno : Luigia Isola, 5 - Rovereto (Tirolo): E. Arlato, 30.
S) - Salemi : Agata Pedone Maestra, io - id.: Vitina Montalbano, 27 - Salgaredo : Augusta Boccardini in Gasparinetti, i6 - Salaggia : Francesco Melle, 5 - id.: Brigida Vallino, 5 - Saluzzo Margherita Gullino - Sampeyre : D. Pietro Sasia per conto di pia persona, 15 - S. Benedetto Belbo : Filippo Fresia, 7 - S. Bonifacio : Maria Duliman in Perotti, 5 - S. Fratello : Eloisa Rausa, 5 - S. Germano Vercellese : Orsolina Gonzina, 5 - S. Gervasio : L. Capitani, io - S. Giovanni Lupatoto : D. Domenico Morandi, 4,90 - San Marino (Repubblica): Vincenzo Mulazzoni, 5 - San Mauro : Sig. Geranzani, 5 - S. Pietro in Casale Armida Rimondi, 5 - S. Salvatore Monferrato Pietro Tizzani, 5 - S. Secondo Parmense : F. P., 5 - San Tornio : Teresa Dalle Rive, 4 - San Ambrogio di Valpolicella : Tommaso Gaetano - S. Angelo Trevisano : D. Celeste Toso, 5 - San Agata di Militello : Sorelle Zito, io - S. Vittoria d'Alba: N. N., 17 - Saint-Vincent d'Aoste : Matilde Vuillermin, 5 - Sarego : Catterina Fracasso, 28 - Sauze d'Oulx: Ottavio Peraldi, io - Savigliano : Battista Chiabrando, 20 - Savignano Maria Gazzoni, 2 - Savona : Paolo Schinea, 25 - Schio : N. N., 2,75 - Sesto Calende : Una Suora Orsolina, lo - Sesto Rendenti (Trentino): Erina Chesi, 5 - Settimo S. Pietro : Giovanni Deiana Cara, 3 - Setzu : Maria Dettai, 2 - Sigirino (C. Ticino): Giuseppina Braga, 5 - Sonico : Giovanni Righetti, io -- Sopraponte : Angela Bardelloni in Mora, 3 - Spadarolo : Costanza Zaghini, 5 - S. Domenica Vittoria : Marietta Sparta, 5 - Strona Rosina Fangazio in Fra, 2 - Sulzano : D. Francesco Gallizioli, 5.
T) - Terranova Sicula : Rosaria Giurato in Nocera, io - id.: Giuseppe Siringo Navarra, 3 - Terrazzini : Ignazina Ruffino, 5 - Tiezzo : Antonio Moschetta, 5 - Torino : Contessa Castiglione, 25 - id.: Felice Ferraris - id.: Rina Bussolino, 3 - id.: Innocenza Silvetti, io - id.: Rosa Savio, io - id.: Marchesa S. C., 100 - id.: Carlo Boeris, - id.: A. B. - id.: Teresa Prato - id.: Ernesto Actis Giorgetto - id. O. F., 3 - id.: Coniugi Dell'Oro - id.: Maria Einaudi in Gaudissard, 5 - id.: Maria Romano, io id.: Francesca Capello, io - id.: D. B. R. - id.: Giovanna Righini, 5 - Torricella (Svizzera) Giuseppe Ronchetti, 5 - Tortona : Gregorio Tononi, 5 - Tradate : Serafina Ghirlanda, 9 - Trento (Tirolo): B. V. M., 20 - id. : Catterina Cozio, 30 - - Treviri : N. N., 30 -- Trino Vercellese : Rosa D. - Trivignano Udinese : Pietro Livoni, 2 -Troina Lo Cascio D. G., 5.
W) - West field Mass (S. U. A.): Maria Falcetti, 15
V) - Valfenera d'Asti: Vincenzo Lanfranco - id.: Luigia Ferrerd - id.: Famiglia Jabert - id.: Domenico Lanfranco, io - id.: Felice Bella, 5. - Valgrana : Teresa Bagnaschino, 5 - Volguarnera Caropepe : Alfonso Spampinato, 2 - Varazze: Giuseppe Codino - Varengo Monferrato : Fiorina Sereno, 2 - Varese di Como : A. Montalbetti, 2,50 - Veggia : Elvira Braglia di Giuseppe, 5,65 - id.: Albertina Lusnardi, 5,56 - Velo d'Astico : D. Girolamo Fortuna, 15 - Venezia : Cecilia Milani, i - id.: Ugo Manfrin, i - id.: Emilio Menetto, i - Vercelli : Marietta Marocchino, 25 - Verona: Maria Agati in Caliari, 2 - Teresa Marconi - - Vervà (Austria): Liduina Gottardi, 9,60 - Vestignè : Teresa Chiarino in Germano, i - Vicenza: Edvige Mercante, io - id.: Maria Zanarotti, 3 - id.: Angiolina Tallescon, 5 - Vicolungo : Seconda Rimola, 5 - Vicopelago : Suor Giulia Buccini, 5 - Villadossola Emilia Suini, 3 - Villa Mezzano : Giuseppe Graziani, io - Villamiroglio : Maria Zinzola, 2 - Villanova Solaro : Ch. Andrea Gastanda - id. Margherita Colmo, - Villata: Giuseppe Garda, 5 - Villalvernia: Maria Milanese, 2 - Vinzaglio : Bartolomeo Pezzana, 5 - Vittoria Gozo (Malta): Ch. P. Cauchi, 5 - Vizzini : Baronessa Serafina Cafici, 7 - Voghera : L. Castelli, 4 - id. : Delfina Pincetti, 5.
Z) - Zavattarello : Carmela Castagnola, io - Zevio : D. Lucillo Pasi, 17 - id.: Eufemia Vaona, 5 - Zogno : Lucia Pacchiana, 7.
X) - N. N., 2.
Santuario di Maria Ausiliatrice
TORINO-VALDOCCO '
Ogni sabato, alle 7.15 speciali preghiere per gli associati all'Arciconfraternita di Maria SS. Ausiliatrice.
Dal 10 marzo al 10 aprile.
19 marzo: - Fasta di S. Giuseppe: Orario dei giorni solenni. - Ore 10,30, Messa cantata - Ore 16,30, compieta, discorso, benedizione.
24 marzo : - Commemorazione mensile di Maria Ausiliatrice - Ore 6,15, VIIa funzione solenne per la Pace e secondo le intenzioni del S. Padre - Ore 19, Ora solenne di adorazione.
25 marzo: - Annunciazione di Maria Vergine: al mattino dopo la la messa della comunità, discorso e benedizione - Alle ore 17, breve discorso e benedizione.
28 marzo: - Domenica delle Palme e Corte di Maria - Ore 9 funzione del giorno e messa solenne.
29, 30 marzo: - Corte di Maria. - Benedizione solenne dopo la messa delle 6 e alle 19,45.
31 marzo: - Mercoledì Santo - Ore 17, canto dei divini uffizi.
I aprile: - Giovedì Santo - Mattino: messa solenne - Ore 17, canto dei divini uffizi - Ore 19, Lavanda dei piedi.
2 aprile: Venerdì Santo (1° Venerdì del mese) - Mattino: la funzione di rito - Ore 14,15 Via Crucis - Ore 17, canto dei divini uffizi - Ore 20, funzione della Desolata.
3 aprile: - Sabato Santo - Mattino: Benedizione del fuoco, Profezie, Messa Solenne - Ore 19,15, Rosario e Benedizione solenne.
4 aprile: - Pasqua di Risurrezione - Ore 6 e 7,30, Messa della comunione - Ore 9,30, Messa solenne - Ore 16,30, Vespro, discorso e benedizione.
NB. -- Tutti i giorni di quaresima, tranne il sabato, alle ore 19,45, Rosario, indi predica del rev.mo sig. Can. D. Vittorio Lanari, della Cattedrale di Arezzo, e Benedizione.
Degni di imitazione!
A voi, piccoli amici di Don Bosco, sparsi negli Oratori e nei Collegi Salesiani e nelle famiglie dei nostri zelanti Cooperatori, additiamo due fatterelli degni di imitazione.
Uno riguarda il vostro amico Domenico Savio. Voi sapete come i resti mortali del giovane Servo di Dio sieno stati recentemente trasportati nella Basilica di Maria SS.ma Ausiliatrice, e sapete anche che in tutte le Case Salesiane fiorisce tra i giovani una pia associazione, o compagnia, detta del Piccolo Clero o del SS. Sacramento, i cui membri promuovono la comunione frequente e quotidiana ed assistono, vestiti da chierichetti, alla sacre funzioni dei giorni solenni. Ebbene la Compagnia del Piccolo Clero che fiorisce tra gli studenti dell'Oratorio di Torino l'11 febbraio scorso, ricorrendo il io Anniversario dell'introduzione della Causa di Domenico Savio, tenne una piccola accademia commemorativa nella quale, con fraterno affetto, inneggiava al virtuoso compagno. Leggete il caro discorsetto che recitò un di loro, alunno della 4a Ginnasiale.
Chi di voi, o compagni, non ha letto la biografia di Domenico Savio? Ebbe fin da bambino una educazione tutta cristiana e, divenuto grandicello, fu condotto dalla mano di Maria in questa casa di benedizione, ove, durante il breve spazio di tre anni con una ferrea volontà e colla confidenza nel Signore, sali ad un grado molto alto di perfezione. Ora egli è... presso le soglie degli altari, ma noi preferiamo considerarlo come nostro dolce compagno, quando andiamo a prostrarci innanzi alla sua tomba per pregarlo. Tra queste stesse mura da noi oggi abitate egli si santificò; e non si trovava certo in migliori condizioni di noi, poiché l'Oratorio in quei tempi era appena sugli inizi. La sua virtú principale fu l'umiltà, e con essa vennero a lui tutte le altre: la pazienza, la mansuetudine, la carità, la purità e un amore vivissimo a Gesú e a Maria. Oh! conte osservava a puntino le regole della casa e cercava di far del bene tra i suoi compagni! Questo è ciò che principalmente noi dobbiamo imparare dal nostro caro compagno: l'esatta osservanza del regolamento e il desiderio di giovare agli altri.
Prostriamoci adunque fidenti sulla sua tomba, invochiamolo con tenerezza fraterna a benedire i nostri studi, diciamogli i nostri affanni ed egli ci aiuterà e ci consolerà certamente!
Avete letto?
Ogni giorno i bravi alunni studenti dell'Oratorio ricordano Domenico Savio con tenerezza fraterna... Onoratelo anche voi questo virtuoso discepolo di Don Bosco coll'imitarlo, ed imitatelo sopratutto nel suo santo proposito di incontrare qualunque sacrifizio, pur di non offendere il Signore: « La morte, ma non peccati! *
**
Gli stessi giovanetti hanno spontaneamente compiuto un atto pio e caritatevole. Leggete questa letterina inviata al sig. D. Albera.
REv.Mo Sig. D. ALBERA,
Gli anni scorsi, fatta una modesta raccolta di danaro tra i membri che compongono le Compagnie dell'Immacolata e del SS. Sacramento si soleva prendere qualche abbonamento alle Letture Cattoliche, poi se ne estraevano a sorte i volumi tra i Soci delle Compagnie.
Quest'anno, avendo udito delle pene che Lei soffre pei suoi figli sui campi di battaglia o vittime disgraziate della guerra, delle strettezze penose in cui versa, non osiamo adoperare questo denaro in cose non necessarie, e offriamo a Lei, caro padre, l'umile nostro peculio per venirle in qualche aiuto. Accetti colla povera offerta le nostre quotidiane Comunioni e preghiere, fatte secondo le sue intenzioni.
Cogliamo volentieri l'occasione per ringraziarla delle preziose conferenze che ella regala a quelli di 4a ginnasiale (tutti della compagnia del Clero) nonché dei preziosi Annali della Propagazione della Fede che c'invia, e implorando su tutti i 113 membri delle Compagnie la paterna sua benedizione ci sottoscriviamo,
Suoi figli devotissimi
IL PRESIDENTE E IL CONSIGLIO del Piccolo Clero.
Non vi pare un bell'esempio?... ora specialmente che tanti orfanelli del terremoto son divenuti vostri fratelli?...
IN ONORE DI S. FRANCESCO DI SALES.
Delle feste celebralesi in ogni parte in onore di S. Francesco di Sales continuano a giungerci copiose relazioni. Non Potendo farne un ordinato riassunto in questo numero, lo rimandiamo al Prossimo mese, limitandoci a dire, questa volta, della solennità celebratasi a Torino.
La festa di San Francesco di Sales nella Basilica di Maria Ausiliatrice fu degno omaggio della Pia Società Salesiana al suo celeste Patrono. A tutte le funzioni, svoltesi con pompa solenne, un numero incessante di fedeli gremí il sacro tempio, ornato splendidamente. La messa della Comunione, che fu dispensata quasi senza interruzione lungo la mattinata, fu celebrata dal venerando Rettor Maggiore dei Salesiani, signor Don Paolo Albera. La messa solenne fu pontificata da Sua Ecc. Rev,ma Mons. Domenico Pasi, Vescovo titolare di Filadelfia ed ausiliare dell'Em.mo Cardinale Arcivescovo di Ferrara, che aveva già predicato con gran zelo e con pari facondia le sere del triduo. La Schola cantorum dell'Oratorio, in unione con vari maestri e professori della città, interpretò con squisito effetto, sotto la direzione del maestro cav. Dogliani, la messa a quattro voci dispari del maestro G. B. Polleri.
Nel pomeriggio dopo i vespri solenni, cantati in falso bordone e in puro gregoriano, il sullodato Mons. Pasi disse l'orazione panegirica nella quale con eloquenza e cordiale affetto volle unire alle glorie antiche di San Francesco di Sales quella di avere ispirato a Don Bosco quel genere di apostolato, umile ma operoso, che raccoglie copiosi frutti in tante parti, a maggior gloria di Dio e a salvezza delle anime.
La splendida cerimonia si chiuse con la Benedizione Eucaristica, impartita pontificalmente da Mons. Pasi, e coll'offerta al Signore di tante preghiere per implorare la pace da tutti sospirata.
Il 2 febbraio si tenne la Conferenza ai Cooperatori nella Chiesa di S. Giovanni Evangelista. Il carissimo Don Trione prese ad argomento il contenuto della lettera annuale del sig. Don Albera, il quale presiedeva la cerimonia e in fine
impartí la Benedizione Eucaristica. I presenti ne riportarono uno slancio sempre maggiore per cooperare coi Salesiani all'attuazione del molteplice programma di Don Bosco, massime in quest'anno che doveva essere per noi un anno di giubilo ed è invece un anno di gravi preoccupazioni.
FESTE DEI PREMI.
Il 31 gennaio, XXVII anniversario della morte del Ven. Don Bosco, nell'Oratorio Salesiano di Torino si compiva la solenne distribuzione dei premi agli alunni delle Scuole professionali per l'anno scolastico 1913-1914. Facevano corona al rev.mo Rettor Maggiore Don Albera l'avv. cav. Palomba, rappresentante il Prefetto Sen. Conte Vittorelli; l'avv. Barberis, rappresentante il Sindaco sen. Conte Teofilo Rossi; il sen. Conte Eugenio Rebaudengo, il gen. Conte Samminiatelli, il comm. Aluffi exPrefetto di Sondrio, il cav. uff. Isidoro Arneudo, il cav. Dalmazzo Gianolio direttore della R. Scuola Tipografica e Arti Affini, il prof. Quarone, il rev. D. Francesco Castaudo pel direttore del R. Istituto Aporti, ,il col. cav. uff. De Bernardi, direttore dell'Albergo di Virtú, l'avv. Stefano Scala, il cav. Giuseppe Pichetto, il prof. Vittorio Raffignone, il prof. Brugo, il prof. Vittorio Verdi e numerosissimi altri insegnanti alle Scuole professionali cittadine o direttori di Stabilimenti e importanti ditte industriali.
La cerimonia si aperse con una breve commemorazione del Ven. Don Bosco sull'azione sua a favore dei giovani artigiani, commemorazione rivolta sopratutto ai premiandi, per accrescere nei loro cuori viva riconoscenza al grande benefattore.
L'avv. Barberis, recando il saluto del Sindaco, inneggiò all'Opera di Don Bosco, cosí benemerita, mercé le Scuole professionali, del ceto operaio, di Torino e del mondo intero, ove il nome di questa città suona rispettato e benedetto; e si augurò che restituita la pace all'Europa, si possa inaugurare ancor di questo anno il monumento a Don Bosco, presenti i. rappresentanti di tutte le nazioni ove si è diffusa in apostolato di bene l'Opera Salesiana. « Al lora - esclamò - vedranno Torino e l'Italia quanto sia grande l'onore che ad esse derivano da quest'opera insigne!
La distribuzione dei premi, consistenti in libretti della Cassa di Risparmio e libri di coltura professionale, fu intercalata da scelti pezzi musicali e vivaci declamazioni. Chiuse il trattenimento la parola soave di Don Albera, con umili ringraziamenti alle autorità intervenute e paterne raccomandazioni agli alunni.
Identiche cerimonie si svolsero recentemente in altri nostri Istituti.
A Ravenna il 10 gennaio vennero premiati tutti i giovani che frequentano quell'Oratorio Arcivescovile. Il teatro era gremito di pubblico, tra cui sovrabbondavano le mamme accorse ad assistere alla gioia dei loro figli. Presiedeva quel zelantissimo Arcivescovo Mons. Pasquale Morganti.
Lo stesso giorno compivasi la stessa cerimonia nell'Oratorio Salesiano di Savona. Presiedevano Sua Ecc.za Mons. Vescovo, il Sottoprefetto Conte Casimiro Kulczycki e l'avv. Cav. Uff. Domenico Scotti assessore anziano, rappresentante il Sindaco della città, circondati da una folla di illustri persone. L'avv. Gustavo Cuneo illustrò l'opera compiuta dall'Oratorio in 22 anni. Presentemente 15oo sono gli iscritti, di cui, ben trecento per tacer degli altri, conseguirono il premio meritato non soltanto dall'ottima condotta, dallo studio accurato del catechismo, ma anche dalla regolarissima frequenza in tutti i giorni festivi dell'anno. Mons. Vescovo pose fine all'adunanza benedicendo alla memoria del primo ideatore dell'Oratorio festivo in Savona, Mons. Ponzone, ed augurandosi che la città abbia a godere non di un sol Oratorio festivo, ma di uno in ogni Parrocchia.
Ad Este, nel Collegio Manfredini fondato dal Ven. D. Bosco or son 36 anni, il giorno dell'Immacolata si tenne una solenne accademia musico-letteraria, ad onorare Maria SS.ma, e a rendere più bella la distribuzione de' pregni dell'anno scolastico 1913-14. Il salone del teatrino era splendidamente adornato; sul palco in mezzo a luci e piante ed arazzi campeggiava qual Regina e Madre la statua di Maria Santissima. A Lei furono rivolti i primi affettuosi e divoti canti e le liriche tenerissime degli alunni; indi il Professore Dott. Giovanni Rossi, Direttore del Regio Ginnasio di Este, con parola elevata e cristiana esortò i giovani allo studio ed alla virtú, indicando i pericoli contro cui la gioventù studiosa deve premunirsi, e nella scienza della Religione additò loro il gran mezzo per percorrere con brillante successo la carriera delle scienze umane.
Sul principio dello stesso mese si compi la stessa cerimonia nel Collegio Leone XIII di Bogotà con pompa solennissima. Presiedevano gli Ecc.mi signori, il Presidente della Repubblica, il Delegato Apostolico e l'Arcivescovo. Tenne il discorso, che fu un inno alato all'Opera di D. Bosco il Dott. Davila Flores, Presidente del Senato, il quale lodò lo zelo dei Salesiani e die' pratici consigli agli alunni per trar profitto dagli insegnamenti dei maestri.
A Torino, nel Collegio pareggiato di S. Giovanni Evangelista si premiarono gli alunni delle scuole elementari, ginnasiali e normali, il 14 febbraio u. s. Disse il discorso d'occasione il prof. Don Antonio Cojazzi, del Seminario delle Missioni Estere in Valsalice. Con piana, facile ed efficace eloquenza, ricercò quale sia il significato che deve avere una festa dei premi, la conferma cioè della fondamentale verità che la cosa che piú vale nella vita è una volontà forte, operosa, disciplinata al dovere. Di qui un caldo invito ai non premiati a riparare il passato col proporsi un fine glorioso nelle lotte per lo studio. L'oratore confortò le sue asserzioni con interssanti episodi, tratti specialmente dalla vita di Don Bosco, esempio mirabile di indefessa operosità e volontà tenace.
TRA I FIGLI DEL POPOLO
Lavoriamo negli Oratori festivi ! - Da una Lettera edificante, inviata dal sig. D. Albera alle Case Salesiane, togliamo queste notizie che accennano a un accresciuto fervore a prò degli Oratori.
« Parecchi Ispettori raccolsero a convegno i Direttori di tutti gli Oratori festivi dell'Ispettoria per studiare insieme i mezzi piú efficaci per fare il maggior bene ai giovani e per rendere gli Oratori sempre piú popolati. I Direttori delle case cui sono annessi Oratori festivi (e sono pressoché tutte) conversero sopra di questi piú sollecite cure, e la maggior parte dei Confratelli prestarono piú volentieri l'opera domenicale e serale in mezzo ai figli del popolo. Col buon volere di tutti si apersero pure parecchi nuovi Oratori e Circoli giovanili. E stato un salutare risveglio e ritorno allo scopo primario della nostra Congregazione ed i frutti non potevano non essere abbondantissimi. Né solo si moltiplicò il numero degli Oratori e dei giovani che li frequentano, ma per bontà del Signore pare non siano sterili le fatiche dei Salesiani che ne hanno cura. Ne fanno fede le gare catechistiche fatte in vari luoghi con vera soddisfazione dei ragguardevoli personaggi ecclesiastici e laici elle assistettero. Lo provano i Circoli, le compagnie, le Casse di Risparmio, e l'istruzione che già mostrano questi cari fanciulli nel confessarsi e il contegno che tengono nell'accostarsi ai Sacramenti. Vari di essi esercitarono un vero apostolato in mezzo alle loro famiglie, e procurarono ai loro parenti i conforti religiosi all'ora della morte. E questi salutari effetti della buona educazione che s'imparte negli Oratori, portano ancora frutti preziosi nelle famiglie nella società, frutti che sfuggono il piú delle volte alla nostra considerazione. Quante conversioni ed insperati ritorni al bene si devono il piú delle volte all'influenza che esercita insensibilmente in casa un giovane dell'Oratorio! L'Oratorio, o miei cari, è l'Opera nostra per eccellenza, e non si direbbe buon figlio di Don Bosco quegli che non avesse la passione dell'Oratorio festivo. Il Salesiano che ha tale passione farà sempre del gran bene dovunque. Tutti, direttamente o indirettamente dobbiamo amare e favorire questo genere di apostolato «.
COOPERATORI ZELANTI
ELIZABETH (New Jersey S. N. N. A.). - Il rev. D. Eucherio Gianetto della Diocesi d'Ivrea, ed ora parroco della Colonia italiana della città di Elizabeth, New Jersey, negli Stati Uniti, ha aperto un Oratorio festivo del quale scrive al sig. D. Albera : « ... A circa un anno dacché potei ottenere dal rev.mo D. Coppo che un bravo sacerdote salesiano venisse ogni settimana da New York a lavorare nel mio Oratorio festivo e ad istruire questi piccoli italiani - piú di 500 - nel catechismo; secondo il sistema del Ven. Don Bosco, e il risultato fu dei piú confortanti. I ministri protestanti sono arrabbiati, perché vanno perdendo terreno giorno per giorno, quantunque essi dispongano di molti mezzi finanziari che noi non abbiamo. Sono moltissimi i ragazzi italiani tolti dalle chiese e scuole protestanti in un solo anno. So che un ministro protestante italiano disse con suo grande rincrescimento, che se continuerà a venir ogni settimana da New York il sacerdote salesiano, egli sarebbe stato costretto ad andarsene da Elisabeth per mancanza di alunni nella sua scuola e chiesa. Questo è un trionfo del sistema educativo del Ven. D. Bosco e dei suoi figli! Io mi auguro che il sacerdote salesiano continui a venire, e che il ministro protestante debba andarsene da Elizabeth per non ritornarvi mai piú, a maggior gloria di Dio. Il salesiano ogni volta fa un gran bene a questa parrocchia italiana, ed è stimato ed amato da tutti, anche dagli americani. Egli predica molto bene in italiano, inglese e spagnuolo, ed è uno specialista per istruire la gioventú, a lui affidata ».
Al Rev. Clero.
I revv. Sacerdoti hanno rilevato senza dubbio l'importante discorso rivolto dal S. Padre Benedetto XV ai Quaresimalisti di Roma il 15 febbraio u. s.
Non si devono «portare sul pulpito - ha detto il S. Padre - questioni di filosofia, di storia o di politica.
» Il sacro oratore deve mirare principalmente all'utilità spirituale di chi lo ascolta; ma la norma del vivere cristiano si deduce da quella « parola di Dio, scritta e rivelata » che forma il deposito della fede, e che è autorevolmente interpretata dall'infallibile magistero che lo stesso Iddio ha posto nella Chiesa. A questo fonte purissimo ricorrano dunque i Sacri Oratori. per attingere l'acqua salutare con cui devono saziare il popolo sitibondo di verità: attingano da esso le dottrine dommatiche che sole possono ravvivare lo spirito della fede, ornai tanto illanguidito anche in questa città di Ronca; e ne attingano altresí le verità morali, che devono indirizzare il cristiano nell'adempimento dei doveri che ha verso Dio, verso il prossimo e verso se medesimo.
» E lungi dall'animo Nostro - prosegui il Papa - il pensiero di disapprovare l'uso moderato di una efficace confutazione degli errori moderni; non intendiamo davvero condannare chi volge lo sguardo alle condizioni della società in cui vivono coloro ai quali esso indirizza la parola. Ma la confutazione degli errori moderni, oltre che riservata solo a quell'ambiente in cui può essere opportuna, Noi la vorremmo presentata come logica conseguenza di principii prima indiscutibilmente stabiliti: solo allora che si sarà persuaso il popolo della necessità di accogliere l'insegnamento di Dio anche in ciò che l'umano intelletto non arriva a comprendere, si potrà utilmente dedurre la stoltezza del libero esame in materia di fede o la superbia di chi nega il miracolo. E si rivolga pure lo sguardo alle condizioni della società in cui si vive, non per fare descrizioni degne di alunni di rettorica, ma principalmente per indicare il frutto che i fedeli devono trarre dalla predica ascoltata.
» Abbiam accennato al frutto della predica... Insistendo, vi diciamo apertamente che un sacro oratore non deve mirare tanto a correggere l'intelletto quanto a riformare il cuore, anzi la stessa correzione degli errori della mente dev'essere dal sacro oratore ordinata al miglioramento della vita pratica degli uditori. Non vi sia dunque tra voi chi si contenti di una bella esposizione della verità cattolica, meno ancora chi si appaghi di una brillante confutazione degli errori moderni, senza discendere, nell'uno e nell'altro caso, alle applicazioni pratiche. Oh! quante volte gli uditori non sanno trarre da soli le conseguenze, che pur derivano dalle premesse riconosciute indiscutibili! Spetta a voi, banditori della divina parola, il perfezionare l'opera vostra, facendo toccare con mano ai vostri uditori come e quando devono cambiare il loro modo di agire...»
Un predicatore che vuole attenersi a queste ferme direttive del S. Padre - e non sappiamo chi potrebbe impunemente trascurarle - deve conoscere a fondo la S. Scrittura e specialmente i Santi Vangeli. Ogni studio, diretto a un'interpretazione piú genuina e piú profonda dei libri che contengono la parola di Gesú, non sarà mai superfluo. A ciò mirano i nuovi commenti e nuovi testi di spiegazioni dei Vangeli domenicali, che vengono alla luce, alcuni dei quali son realmente buoni e diligenti, e quindi preziosi. Ma è facile intuire che non si può acquistare una piena conoscenza dei S. Vangeli da chi li studia attraverso passi isolati; e che un commento generale dei Vangeli non può dire l'ultima parola sulla loro interpretazione. Occorre studiarli direttamente e integralmente con tutti quei sussidi scientifici che sono necessari, primo dei quali è quello di possedere un'esatta conoscenza della storia dei tempi del Nuovo Testamento. Per comprendere bene i S. Vangeli è indispensabile conoscere la storia politica, le condizioni sociali e morali interne e le idee teologiche degli Ebrei di quel tempo, e si dica altrettanto del Popolo Romano; è indispensabile cioé un'esatta cognizione di ciò che erano il Giudaismo e il Paganesimo al tempo di N. S. G. Cristo e degli Apostoli. Solo chi avrà questa conoscenza potrà dire di non ignorare né il tempo né il luogo, in, cui risuonò la Parola di Dio!
Orbene a questo studio cosí importante per ogni sacerdote, che ama davvero la predicazione, ha provveduto la benemerita Libreria Editrice della S.A.I.D. « Buona Stampa » di Torino con la traduzione di quell'opera magistrale, che è la. Storia dei Tempi del Nuovo Testamento del Dott. GIUSEPPE FELTEN, professore di Teologia a Bonn.. L'opera è in 4 bei volumi, ricchi di note storiche e bibliografiche e corredati di un quinto volume, contenente l'indice alfabetico della copiosa materia a cura del traduttore prof. Bongioanni.
Il prezzo dell'opera completa sarà, per piú di una borsa, un po' elevato - 19 lire - tanto piú che i volumi non si vendono separatamente; eppure nessuna piccola biblioteca parrocchiale, nessuna casa religiosa, nessun seminario dovrebbero esserne privi. Quanto ne avvantaggerebbe la predicazione della parola di Gesù e, per essa, la gloria di. Dio e il bene delle anime!
S. E. Mons. Domenico Pugliatti.
Il 18 novembre u. s. si addormentava placidamente nella pace dei giusti Sua Ecc. Rev.ma Mons. Domenico Pugliatti, Vescovo di Bova in Calabria, in età di quasi 8o anni.
I Salesiani, chiamati nel 1898 da Mons. Rossi a reggere il Seminario di quella diocesi, ebbero nel suo Successore un padre costantemente buono e affettuoso, la cui memoria sarà sempre benedetta nella diocesi di cui fu mite Pastore e nella Pia Società Salesiana di cui fu benefattore insigne. Deponiamo sulla sua tomba il fiore della gratitudine, inviando le piú sentite condoglianze alla sua, distinta famiglia.
Mons. Francesco Omodei-Zorini.
Nella stessa età di 8o anni, còlto da fiera polmonite, spirò placidamente in Vigevano l'11 febbraio u. s., proprio nel giorno in cui faceva conto di essere a Roma per ossequiare il S. Padre, al quale da tempo era legato da affettuosissimi vincoli. Oratore facondo ed elegante, per piú di 5o anni sali i pulpiti delle nostre principali città, mietendo copiosi allori e facendo del bene. Cuor grande e buono, aveva la virtú di accaparrarsi la stima e l'affetto di quanti avvicinava. Zelante cooperatore nostro, fu carissimo al veri. Don Bosco e la domenica 31 gennaio u. s. celebrandosi in S. Francesco la festa dei Cooperatori Salesiani, dopo aver cantata la Messa tenne anche un discorso in cui vibrava, nella foga del dire, una voce ed un'anima ardente, quasi giovanile. Chi avrebbe pensato che sarebbe stata l'ultima sua allocuzione?!
Dolenti per la sua inattesa scomparsa, chè, nonostante la tarda età, robuste aveva ancora le forze, eretta la fronte e l'anima piena di giovinezza, noi gli diano commossi, non l'ultimo saluto, ma la promessa di ferventi preghiere. Ai nipoti e parenti tutti le piú vive condoglianze.
Comm. Nicolò Rezzara.
La notizia della sua morte, avvenuta il 6 u. S., destò universale compianto. Il Comm. Rezzara era ammalato da parecchio tempo e durante la malattia volle ricevere piú volte i SS. Sacramenti con edificante pietà. Uomo di virtù profonda e di esemplare vita cristiana, spese le sue elette energie a pro' dell'azione cattolica, alla quale consacrò ogni azione, ogni parola, ogni affetto del cuore. La Pia Unione dei Cooperatori Salesiani si glorierà sempre di averlo avuto fra i suoi membri piú insigni! Sia pace alla sua bell'anima! Iddio le doni la ricompensa del bene fatto in piú di 4o anni con attività mirabile.
S. E. Mons. Leonida Mapelli.
Con vivo cordoglio abbiamo appreso la morte del zelantissimo Vescovo di Borgo S. Donnino, Mons. Mapelli, avvenuta quasi di repente il 21 u. S. e con egual rammarico essa verrà accolta dai nostri lettori. I Torinesi ricordano ancora l'eloquente e profonda dottrina con cui il cortese Prelato predicò la novena di Maria Ausiliatrice nel 1911; ma noi ricordiamo ancor di piú la sua pietà, la sua rettitudine, il suo zelo, e sopratutto il suo amore per l'Opera Salesiana. Che Don Bosco e Maria SS. Ausiliatrice glie n'ottengano dal Signore ampia mercede di gloria !
Antonio Beltrami.
All'alba del 9 febbraio u. s., nella veneranda età di 82 anni dopo una vita operosa - divisa fra gli affetti della famiglia, la direzione di un fiorente stabilimento industriale e l'amministrazione della cosa pubblica - spegnevasi serenamente in Omegna il sig. Antonio Beltrami. I suoi ultimi momenti furono confortati da una speciale benedizione del Santo Padre, e tutto il popolo prese parte alle sue estreme onoranze.
Antonio Beltrami fu il padre avventurato del Servo di Dio, Don Andrea Beltrami, della nostra Pia Società, del quale si compi il processo ordinario, o diocesano, per la causa di beatificazione.
Nel presentare le nostre condoglianze alla famiglia, facciamo voti che sia serbato alla mamma di Don Andrea il conforto di vedere l'introduzione apostolica della Causa del suo figliuolo
Mario Baldacconi.
Un'altra volta, in breve tempo, la morte è scesa a visitare la tipografia editrice del nostro periodico, togliendoci il tipografo-compositore Mario Baldacconi. Nato a Santa Fiora nel 1851, passò gli anni piú belli della vita a Torino nella quiete domestica, modello di sposo e di padre. Perduta la consorte, il caro Mario non fu più lui, e col cuore fisso in Dio parlava spesso della morte, alla quale si arrese con rassegnazione perfetta e serena, munito di tutti i conforti religiosi il 26 gennaio u. s. Alla famiglia e agli amici fraterne condoglianze.
Alioni Carlo - Rivoli.
Arduino Francesco fu Domenico - Santo Stefavo Roero. Battaglia Maria - Vilminore. Benini Giovanni - Melegnano. Bertucci Luigia - Spezia.
Bonomi Bartolomea fu Francesco - Schilpario. Bourlot D. Giov. Maria -- Pinerolo. Brera Domitilla - Milano. Brignone Paolino - Trino. Barberis-Ricca Carolina - Torino. Cartone Pansa Susanna - Torino. Cauda Sarto - S. Damiano d'Asti. Cerioli Giuseppina V.a Scotti - Soncino. Clerici Luigia - Goria Minore. Cerra Felicina - Caresana. Chiesa Giovanni - Firenze. Cominelli D. Carlo - Tierno p. Mori. Cordero Giovanni - Torino.
Cordioli D. Geremia Cappellano - Rosegaferro. Cravotto Maria - Rivanazzano. Cresco Antonio fu Pietro - Pessinetto Fuori. Cristi Bernardina - Palazzo Adriano. Dal Verne Caccia Cont.ssa Maria - Milano. Dolce Luigi - S. Benigno Canavese. Dolza Luigi - Tetti Varrò - Tarino. Farini Maria - Brembate Superiore.
Fornara Giovanni tu Giuseppe - Vergano Novarese. Franchino Maria - Torino. Gabrielli Maria fu Giovanni - Predazzo. Gorrea D. Francesco, arciprete - Rivalta Torinese. Grandi Isabella - Calliano Monferrato. Kambo avv. Colino - Roma. Ielmini Teresa - Vanzachello. Imancini Tommasino - Cremona. Isuardi Maria V.a - Castagnito. Maffei Alessandro - Rosasco. Manara Virginia - Vigo di Cavedine. Mantelli Vittorio - Torino. Maouelli Can. Alessandro -- Fiesole. Martinez Clementina - Milano. Miglio Adele - Intra.
Moro Alessandro fu Andrea - Gandino. Movia Mattia - Cividale del Friuli. Murasti Can. D. Francesco - Verona. Mattei Olimpia - Borghi. Nodari Maria in Speziare - Esine. Olcese Maria - Genova. Omegna Luigi - S. Michele d'Asti. Pandolfi Catterina - Somma Lombarda. Paoletti Maria - Busca.
Pariani Maddelena V.a Bocconi - Pontremoli. Piano Lorenzo fu Pietro -- S. Lorenzo di Ovada.