PERIODICO MENSILE DEI COOPERATORI DI DON BOSCO
ANNO XLIII - N. 11 NOYEMBRE 1919
SOMMARIO
L'educazione cristiana della gioventù e il dovere dei Cooperatori Salesiani.
Il Calendario dei Cooperatori Salesiani.
Per la grandezza morale del Paese.
Per l'educazione della gioventù (libri buoni).
Fatti e detti del Ven. Don Bosco: - XVIII) Don Bosco a Verzuolo.
L'opera svolta dal S. Padre durante la guerra.
Nel cinquantenario dell'erezione dell' "Associazione dei divoti di Maria Ausiliatrice„ - Feste in onore di Maria Ausiliatrice e apoteosi mariana in Colombia, ecc.
Le prime prove della Missione Salesiana al nord del Cuantung (Relazione del Sac. Luigi Versiglia).
Escursioni apostoliche di Mons. Giordano, Prefetto Ap. del Rio Negro (Brasile): IV) Lungo il Rio Uaupés.
Per le Missioni Salesiane della Cina.
Il Culto di Maria Ausiliatrice: Pel 24 corrente - Agli Ascritti all'Associazione dei divoti di Maria Ausiliatrici. - Grazie e graziati.
Note e Corrispondenze: - A Valdocco - Nel paese di Gesù - Negli Istituti delle Figlie di Maria Ausiliatrice - Tra i figli dei popolo - Notizie varie: in Italia: all'Estero.
Necrologio: Salesiani e Cooperatori defunti.
REDAZIONE E AMMINISTRAZIONE - VIA COTTOLENGO, 32 - TORINO
Abbiam detto che la causa del crescere della delinquenza tra i minorenni è l'abbandono in cui è lasciata la gioventù, e che per combattere tanto male bisogna educare cristianamente le nuove generazioni (1). Questo dovere spetta in primo luogo alla famiglia, e perciò anche a voi, o bravi Cooperatori.
Come compirlo? Non aspettate che si apra nei vostri singoli paesi l'Oratorio festivo, nè di vedere, accanto a ogni scuola primaria o secondaria, una scuola di religione: ma cominciate voi a fare il vostro dovere, cominciate voi ad educare: dentro e fuori della propria famiglia, ogni Cooperatore Salesiano può e deve fare un gran bene.
Imitate Don Bosco: siete suoi Cooperatori, cioè volete lavorare con Don Bosco, secondo il suo spirito, nello stesso suo campo: ebbene seguitelo, ricopiatelo nell'opera che egli ebbe maggiormente a cuore, l'educazione cristiana della gioventù.
Non dite: «Noi non abbiamo fatto grandi studi; noi non conosciamo il segreto dell'educazione ». Iddio dà alla mente e al cuore dei padri e delle madri, davvero cristiani, ispirazioni e intuiti eminentemente pedagogici che non dà ad altri.
La prima scuola di educazione e la più efficace è la famiglia. Ispiratevi a Don Bosco! Egli ha voluto che gli Oratori, gli Ospizi, i Collegi Salesiani fossero altrettante famiglie, dove regna la carità, l'amore: dove c'è un occhio sempre vigilante ai bisogni degli alunni: dove c'è una mano che provvede a tutte le loro necessità: dove ci sono fratelli maggiori, che non hanno altro pensiero fuor di quello di educare e informare al bene la lieta schiera dei fratelli minori. Proprio per questo, perchè vi ritrovano quasi la casa propria, gli alunni vi, stanno volentieri e, allontanandosene, li ricordano con nostalgico affetto.
Or voi, o cari Cooperatori, dovete ricopiare nelle vostre famiglie questo metodo educativo, fatto di carità e di vigilanza.
E in primo luogo AMATE!
Amateli i vostri figliuoli, e amateli nella pienezza del loro essere. Avviene ordinariamente - e questo è il male - che i genitori pensino solo al corpo e dimentichino affatto l'anima dei loro figli. Voi non fate così: ma pensando che si può condurre una vita serena e tranquilla anche in mezzo a un'onesta povertà e alle più tristi vicende così frequenti nella vita, se l'anima è confortata dalla ragione e illuminata dalla fede, come provvedete al loro vitto quotidiano, provvedete anche quotidianamente alla formazione cristiana dell'anima loro. Questa è vera sollecitudine paterna e materna: questo è vero amore.
Quindi la prima cosa che dovete fare è quella d'istruire i vostri figliuoli nella Religione. Quando la loro intelligenza si comincia ad aprire, fate che sia illuminata dagli splendori di fede: parlate loro di Dio, e, voi fortunati, se invece di raccogliere per voi il primo palpito del loro tenero cuore, vi studierete di elevarlo al Creatore.
Padri e madri, prendeteli affettuosamente, e spesso, sulle vostre ginocchia i vostri bimbi e parlate loro di Dio: dite loro ad es. quello che un'esimia cooperatrice salesiana di Tolone, Sofia Colle, diceva al suo piccolo Luigi, che morì da santo a quindici anni:
«Iddio è per noi il migliore, il più generoso dei padri; il suo amore ci ha dato tutto ciò che noi amiamo. Egli solo ci conserva tutti questi beni, e la bontà sua lo spinge incessantemente a darcene ancor più. E non ci chiede altro che di amarlo e testimoniargli la nostra riconoscenza. Per questo motivo noi dobbiamo obbedire a coloro che Egli ci ha posti d'accanto per comandarci a suo nome: e insieme ringraziarlo di gran cuore: e parlargli con confidenza di tutto quello che desideriamo...
» Questo gran Dio non aveva alcun bisogno di noi, era perfettamente felice senza di noi: e tuttavia ci ha voluto creare, per avere il piacere di amarci ed essere amato da noi.
» Non detesta che una cosa, la disubbidienza, la quale gli impedirebbe di amarci e l'obbligherebbe a punirci per correggerci.
» A lui non può sfuggire nessuna delle nostre azioni. Egli è dappertutto, vede tutto, fin anche i pensieri nostri più segreti: ha sempre gli occhi fissi sopra di noi, non già per sorprenderci in fallo e punirci, il che fa sempre a malincuore, ma per amarci, per incoraggiarci colla sua presenza a fare del nostro meglio, affine di essergli graditi, e per soccorrerci al bisogno... » (1).
Cooperatori, quest'opera d'istruzione religiosa iniziatela fin dal giorno che i vostri figliuoli incominciano a balbettare, e continuatela, affettuosamente, sempre.
« Mamma Margherita », la mamma di Don Bosco, dovrebbe essere il modello di tutte le mamme cooperatrici salesiane. La vita di Don Bosco è piena di edificanti ricordi materni: perchè a ogni data importante della sua vita, semplice ma solenne e sapientemente ammonitrice, si fa udire la parola della madre.
Leggete, ammirate, e imparate.
«Io - è Don Bosco stesso che narra - era all'età di anni undici quando fui ammesso alla prima comunione; sapeva tutto il piccolo catechismo; ma per lo più niuno era ammesso alla comunione se non ai dodici anni. Io poi per la lontananza della chiesa, era sconosciuto al parroco, e doveva quasi esclusivamente limitarmi alla istruzione religiosa della buona genitrice. Desiderando però non lasciarmi andare nell'età senza farmi praticare quel grande atto di nostra Santa Religione, si adoperò ella stessa a prepararmi come meglio poteva e sapeva. Lungo la quaresima mi inviò ogni giorno al catechismo, di poi fui esaminato e promosso, e si era fissato il giorno in cui tutti i fanciulli dovevano fare Pasqua.
» In mezzo alla moltitudine era impossibile di evitare la dissipazione. Mia madre studiò di assistermi più giorni; mi aveva condotto tre volte a confessarmi lungo la quaresima:
» - Giovanni mio, disse ripetutamente, Dio ti prepara un gran dono; ma procura di prepararti bene, di confessarti, di non tacere alcuna cosa in confessione. Confessa tutto, sii pentito di tutto, e prometti a Dio di farti più buono in avvenire.
» Tutto promisi; se poi sia stato fedele, Dio lo sa.
» A casa mi faceva pregare, leggere un buon libro, e davami que' consigli che una madre industriosa sa trovare pei suoi figliuoli.
» Quel mattino non mi lasciò parlare con nissuno, mi accompagnò alla sacra mensa, e fece meco la preparazione ed il ringraziamento, che il mio Vicario Foraneo, di nome Sismondi, con molto zelo faceva a tutti con voce alta.
» In quella giornata non volle che mi occupassi in alcun lavoro materiale, ma tutto l'adoperassi a leggere e a pregare. Fra le altre cose, mia madre mi ripetè più volte queste parole:
» - O caro figlio, fu questo per te un gran giorno. Sono persuasa che Dio abbia veramente preso possesso del tuo cuore. Ora promèttigli di fare quanto puoi, per conservarti buono sino alla fine della vita. Per l'avvenire va' sovente a comunicarti, ma guàrdati dal fare dei sacrilegi. Di' sempre tutto in confessione; sii sempre ubbidiente, va' volentieri al catechismo ed alle prediche; ma, per amor del Signore, fuggi come la peste coloro che fanno cattivi discorsi.
» Ritenni e procurai di praticare gli avvisi della pia genitrice; e mi pare che da quel giorno vi sia stato qualche miglioramento nella mia vita, specialmente nella ubbidienza e nella sottomissione agli altri, al che provava prima grande ripugnanza, volendo sempre fare i miei fanciulleschi riflessi a chi mi comandava o mi dava buoni consigli ».
Il 30 ottobre 1835 - a vent'anni - Giovanni Bosco entrava in Seminario. « Il piccolo corredo - egli scrive - era preparato. I miei parenti eran tutti contenti: io più di loro. Mia madre soltanto stava in pensiero, e mi teneva tuttora lo sguardo addosso come volesse dirmi qualche cosa. La sera precedente la partenza, ella mi chiamò a sè e mi fece questo memorando discorso:
» - Giovanni mio, tu hai vestito l'abito ecclesiastico; io ne provo tutta la consolazione che una madre può provare per la fortuna di suo figlio. Ma ricòrdati che non è l'abito che onora il tuo stato: è la pratica della virtù. Se mai tu venissi a dubitare di tua vocazione, ah per carità, non disonorarlo quest'abito. Depònilo tosto. AMO MEGLIO DI AVER UN POVERO CONTADINO, CHE UN FIGLIO PRETE TRASCURATO NE' SUOI DOVERI. Quando sei venuto al mondo, ti ho consacrato alla Beata Vergine: quando hai cominciato i tuoi studi, ti ho raccomandato la divozione a questa nostra Madre: ora ti raccomando di essere tutto suo: ama i compagni divoti di Maria; e se diverrai sacerdote, raccomanda e propaga mai sempre la divozione di Maria.
»Nel terminare queste parole, mia madre era commossa: io piangeva: - Madre, le risposi, vi ringrazio di tutto quello che avete detto e fatto per me: queste vostre parole non saranno dette invano e ne farò tesoro in tutta la mia vita... »
E gli ammonimenti materni continuarono sempre. Ordinato sacerdote il 5 giugno 1841, il giovedì appresso, solennità del Corpus Domini, per appagare i suoi compatrioti, Don Bosco si recava a Castelnuovo, ove cantò Messa e fece la processione di quella solennità. « Mia madre - continua Don Bosco - in quel giorno, avutomi da solo a solo, mi disse queste memorabili parole: - Sei prete: dici la Messa: da qui avanti sei adunque più vicino a Gesù Cristo. Rìcòrdati però che incominciare a dir Messa vuol dire cominciare a patire. Non te ne accorgerai subito, ma a poco a poco vedrai che tua madre ti ha ha detto la verità. Sono sicura che tutti i giorni pregherai per me, sia ancora viva o sia morta; ciò mi basta. Tu da qui innanzi PENSA SOLAMENTE ALLA SALUTE DELLE ANIME, e non prenderti nessun pensiero di me ».
Don Bosco ricordò sempre, sino alla vecchiaia, i grandi ammonimenti materni,, e il mondo sa il bene che essi hanno fruttato. Come ne dovette ricevere un gran conforto in terra, non ne avrà avuto, anche al di là, un gran premio la pia e saggia genitrice? Certo il premio più ampio le deve aver pregato, ogni giorno, il suo santo figliuolo.
Don Bosco come non dimenticò i saggi ammonimenti di «mamma Margherita», così non dimenticò mai quelli che apprese da quanti egli ebbe a superiori. I nomi della mamma, di Don Calosso, suo primo maestro, di Don Cinzano, prevosto di Castelnuovo, e del Ven. Cafasso, suo consigliere e confessore, gli erano frequenti sulle labbra, e nel ripetere ai suoi figli spirituali i preziosi ammonimenti da loro ricevuti, ricordava sempre con umile riconoscenza chi glieli aveva dati. Fu così che il diligentissimo suo biografo, Don Giovanni Battista Lemoyne, potè raccogliere molte notizie di «mamma Margherita» e formarne una cara monografia. Ciò avvenne nel 1886, quando Don Bosco, aveva compiuto 7o anni; e come ne ebbe umiliata al Venerabile la prima copia, una sera, andandolo a visitare, lo trovò... intento alla lettura di quelle pagine con gli occhi pieni di lagrime!... (Continua)
(1) Biografie du jeune Louis Fleury Antoine Colle par Jean Bosco prétre. - Turin, 1882.
Da qualche anno nell'imminenza delle feste di Natale e Capo d'Anno, a tutti coloro che inviano offerte per l'Opera di Don Bosco viene spedito un umilissimo calendario olandese, detto «Calendario dei Cooperatori Salesiani». Facciamo noto codest'invio, perchè quanti altri bramassero ricevere il calendario, possano farne domanda, accompagnata da quella piecola libera offerta che è loro possibile; e sarà nostro dovere e piacere il sodisfarli.
Per la grandezza morale del Paese.
Continua la preoccupazione degli onesti per l'aumento della delinquenza tra i minorenni, e lo studio per recarvi un rimedio. «Scuola Italiana Moderna » di Brescia, al sorgere del nuovo anno scolastico, lancia un appello agli insegnanti d'Italia. Ricordando, con ammirazione, gli eroici sacrifici compiuti in questi anni di guerra, ne dimostra eloquentemente l'insufficienza per la grandezza morale del paese, se questo, come un sol uomo, non insorge con pari energia contro il nemico interno del vizio e della corruzione. È bene, a stimolo dei cooperatori maestri e di tutti i genitori, trascrivere le belle parole.
... Far grande l'Italia non vuoi dire soltanto affrancarne i confini dall'ingordigia rapace dello straniero, farla forte e rispettata militarmente; non vuol dire soltanto farla terra di alfabeti, ma vuol dire ancora e più, darle un popolo che abbia chiara la coscienza del proprio dovere, che conosca le vie della bontà, della giustizia, del sacrifizio; un popolo che conosca le vittorie sull'istinto e sulle passioni, e sappia essere il padrone vero delle proprie energie.
Senza un popolo simile, invano sogliamo una grandezza duratura per l'Italia nostra! Ora dove può formarsi un tale popolo, se non appunto nella scuola primaria?
Se dunque l'aumentarsi del numero delle scuole, se l'ascendere del numero degl'inscritti, non segna una diminuzione, ma piuttosto s'accorda con un aumento della delinquenza minorile, ciò significa che la nostra scuola non risponde al suo compito, che in essa non s'insegna la verità, non sì dà la forza per le vittorie morali. Di chi la colpa?
Potremmo dire che noi, maestri, siamo chiamati, non a disporre, ma ad accettare e seguire ordinamenti da altri predisposti, ma pur dicendo così una grande verità, non riusciremo a dimostrare la nostra mancata colpevolezza di fronte al fallimento morale della scuola.
Sì; se la scuola non educa, se il nostro popolo va più che mai discendendo la china del vizio, e porge facile orecchio a chi gli parla il linguaggio della passione, soffocando in lui la voce della rettitudine e del dovere, se la smania del godimento lo ha disabituato delle intime gioie dei sacrificio, della dedizione, del dovere compiuto superando la lotta, una grande ragione è da ricercarsi nell'ordinamento scolastico, che ha fatto della scuola una gretta distributrice di istruzioni e di scienza positiva, lasciando completamente trascurata la funzione educativa e ignorate le alte idealità spirituali della vita; ma un'altra ragione, e non meno grave, la troviamo nell'animo del maestro, nel quale più non parlano le vive voci della fede religiosa.
Mi pare che se Nostro Signore entrasse oggi nelle nostre scuole, ripeterebbe purtroppo in molte di esse la terribile scena del tempio profanato. Ah sì! la scuola dovrebbe essere il tempio dell'educazione, dell'elevazione dello spirito; quante volte invece il maestro la fa scuola di errore, e inconsciamente la trasforma in una lenta preparazione al decadimento morale delle future generazioni!
Si lavori da tutti perchè vengano migliorati gli ordinamenti scolastici, perchè i programmi vengano vivificati da un alto soffio spirituale, il solo capace di immunizzare lo spirito dalla corruzione; ma sentiamo prima di tutto noi, maestri, l'altissima nobiltà del nostro ufficio, a ragione detto « missione e apostolato »
Sentiamo che davanti a noi, sono dei bimbi, i quali saranno un giorno chiamati a dar la loro parte nell'azione civilizzatrice, e persuadiamoci che se, la radice d'ogni civiltà, sta nel rispetto al dovere, nel coraggio ad accettare, per il bene del prossimo rinunce e sacrifici (giacchè non c'è grandezza senza vittorie, e non ci sono vittorie senza eroismi palesi od occulti), non v'è coraggio per la lotta morale, se dall'alto non scende una luce che, segnando il cammino sparso di spine, sa nel contempo lasciar intravedere il regno radioso di una pace indefettibile e gloriosa, che sarà il premio all'anima assetata di felicità. Insegnamo quanto il programma impone, ma sopratutto educhiamo. Parliamo all'anima dei nostri piccoli: amiamoli e sentiamo la massima riverenza, per l'opera nostra. A somiglianza del Divin Maestro siamo per i nostri discepoli insegnanti, guide, sostegno, esempio.
Sovente non ci sarà dato di vedere il frutto delle nostre fatiche. Oli! non dimentichiamo che noi siamo i lavoratori del Vangelo, destinati a seminare nel gran terreno dell'intelletto e del cuore delle future generazioni, perchè altri possa godere dei frutti; basti a noi la certezza che non la più piccola delle nostre fatiche andrà perduta, se l'avremo vivificata con quella carità, che sa vedere in ogni piccolo l'immagine di Dio e il frutto della Divina Redenzione. Se ogni maestro si sentisse apostolo, se comunicare la verità diventasse per lui un bisogno della sua anima, così che dall'atto stesso compiuto egli sentisse venire a lui il premio delle sue fatiche; e se dalla Verità eterna, che tutte le altre verità illumina e vivifica e di tutte è evidenza e forza insieme, egli si lasciasse penetrare, allora la scuola sarebbe davvero l'anima della redenzione del nostro popolo, e la patria nostra ascenderebbe rapida e sicura verso quella grandezza, che sarebbe dell'eroismo dei nostri soldati, della gloriosa vittoria militare il più luminoso ornamento, e insieme la più sicura promessa di continuazione dei frutti attraverso il tempo.
Colleghi, se amiamo la nostra Patria davvero, non dimentichiamo che la vittoria militare, la, pace ornai firmata, non la mettono al sicuro da lotte dolorose. Il nemico esterno fu gloriosamente battuto, ma un nemico interno si eleva nuovamente minaccioso. Si chiami esso lotta di classe o bolscevismo, esso non ha che una radice vitale, la dolorosa deviazione della ragione di essere dell'uomo nel mondo.
Ancor oggi bisogna mantenere alto lo spirito di sacrificio nel popolo, oggi più che mai bisogna iniziare un faticoso lavoro di elevazione morale del nostro popolo. Il popolo ha bisogno di sentire che la Patria è in pericolo, ch'esso deve rendersi degno di Lei. Ancora, ancora l'Italia nostra vuole l'anima de' suoi figli; la vuole per farsi più forte e più grande nella radiosa bellezza dell'onestà morale del suo popolo: la vuole per porre il suggello all'epica lotta così gloriosamente chiusa, la vuole perchè il serto di gloria, che brilla oggi sul capo de' suoi eroi, mantenga la luce imperitura quale sola può sprigionarsi dalla vita di un popolo che conosce le vie del dovere, la forza del sacrificio e dell'abnegazione, le serene conquiste dello spirito.
Colleghi, ecco la misura del nostro compito: ci affacciamo a un nuovo anno scolastico: ricordiamo: l'Italia nostra sarà grande davvero, sarà moralmente forte, l'Italia nostra sfuggirà all'onta di un doloroso primato di delinquenza, solo quando ciascun maestro si farà dalla sua cattedra il dispensatore della Verità, che non conosce ombre, nè incertezze: solo quando ciascuno di noi sentirà e compirà con tutta coscienza il suo dovere.
Poichè siamo in tema di scuola e di educazione, vogliamo ricordata ai Cooperatori la Società Editrice Internazionale, fondata per la diffusione della buona stampa, con sede centrale a Torino, la quale, anche in questi anni così critici, continua a pubblicare diligentissimi testi scolastici e ottimi libri per l'educazione della gioventù. Tra essi meritano un cenno speciale: « Il libro di Nanni », per studenti delle scuole medie inferiori, e « Così va il mondo... », per alunni delle scuole elementari superiori e delle prime classi delle scuole medie, l'uno e l'altro di
FRANCESCA FIORENTINA, la valente e colta scrittrice toscana, che, sotto lo stesso pseudonimo, ha già regalato alle giovinette delle scuole normali e complementari il « Cercando la via » e « Le belle maniere ».
« Il libro di Nanni », « scritto più che come insegnante, come madre, anzi soprattutto come madre », in un'agile e varia forma letteraria, contiene quanto di bello e di buono dovrebbe insegnare ogni mamma a un figliuolo studente, per informarlo a quel delicato sentire civile e cristiano e a quel forte operare, da cui solo è lecito ripromettersi la vera formazione del carattere. Son lettere (squisita la serie A cuore a cuore), novelle, poesie, bozzetti, ritratti, istantanee, favole, epigrammi e sentenze, che illustrano e inculcano i doveri di ogni giovinetto verso se stesso, verso Dio, la famiglia e la patria (1).
« Così va il mondo... » sono ventotto racconti per ragazzi, uno più bello dell'altro, che saranno letti avidamente anche dai giovinetti, e, in forma attraentissima, ne rallegreranno lo spirito per informarlo a virtù (2).
Raccomandiamo vivamente l'uno e l'altro libro.
(1) « Il libro di Nanni » : elegante volume, L. 4 (*).
(2) « Così va il mondo... » : volume illustr., L. 3,50 (*).
Memorie inedite.
XVIII. Don Bosco a Verzuolo.
Verzuolo, un bel paese di circa 5000 abitanti presso Saluzzo, nel 1866 ebbe la fortuna di una visita di Don Bosco. Come e perchè il Venerabile siasi recato a Verzuolo, meglio di qualunque tradizione orale (il fatto è assai noto ancora) lo dicono due lettere: una conservata dal Marchese Amedeo di Rovasenda; l'altra inviata al sottoscritto dalla Contessa Adele di Rovasenda nata Arborio Mella, figlia dell'Ingegnere, che tracciò, per Don Bosco, il disegno della Chiesa di S. Giovanni Evangelista in Torino.
Mi limito perciò a riferire le due lettere. La prima fu scritta al padre del Marchese Amedeo di Rovasenda, dall'attuale Em.mo Card. Giovanni Cagliero.
28 agosto '66.
Ill.mo Signor Cavaliere,
Ho comunicato al sig. Don Bosco il piano della festa del SS.mo Nome di Maria per Verzuolo, che piacquegli ed accettò. Pertanto, se non casca il mondo, speriamo di fare una bellissima festa. Egli accettò inoltre l'incarico di fare il discorso, ecc. ecc.
Ho pure consegnato a Lui medesimo la graziosa offerta di V. S. e ne fu contento e dissemi che stesse pur tranquillo, poichè la Madonna (colla confidenza in Lei per parte di loro dovuta) lo avrebbe con tutta la famiglia protetto e liberato dal choléra.
Anzi aggiunse che se altri di sua conoscenza faranno qualche oblazione per la chiesa di Maria Ausiliatrice, assicura loro la liberazione dell'imminente pericolo. Avviso al lettore.
Credo che costì sarà pure la Contessa di Lei consorte e La prego di presentarle i miei rispetti e quelli di Don Bosco, estensibili alla sua piccola famigliuolina.
Noi due poi scambieremo i saluti con una forte stretta di mano che non farà male a nessuno. Preghi per me.
Di V. S. Ill.ma
Devotissimo
Sac. Cagliero Giovanni.
Il mondo non cascò, e don Bosco insieme con la Schola cantorum dell'Oratorio si recò a Verzuolo per il 9 settembre. Qual benedizione sia stata per questo paese la venuta del Venerabile, è narrato dalla Contessa Adele di Rovasenda, che fu presente anche al discorso pronunciato da Don Bosco.
Genova, Salita S. Nicolò, 14 Giovedì, 20 dicembre 1917.
Molto Reverendo Signore,
Ho ricevuto al momento la preg.ma di Vossignoria, e mi faccio un dovere ed una premura molto volenterosa di rispondervi subito, entrando, senz'altro preambolo, in materia.
Nel 1865 si chiamò a Verzuolo una famosa banda musicale di un paese vicino, molto valente, e la messa solenne non lasciò a desiderare di meglio. Ma forse le copiose libazioni durante il pranzo ottenebravano i sensi e la voce ai virtuosi, e la musica della sera, vespro e benedizione, fu addirittura spaventosa!
Mia suocera, Contessa Giuseppina di Rovasenda, Verzuolese, che era la prima autorità del nostro paesello, uscendo dalla benedizione, disse alla sua migliore amica, la Baronessa Mangiardi, nonna del futuro Arcivescovo di Genova, Mons. Edoardo Pulciano - che veniva da ragazzo anch'egli tutti gli anni a villeggiare in Verzuolo dalla santa sua nonna: - « Non bisogna più che si rinnovino simili scandali in Verzuolo! Pregheremo per l'anno venturo Don Bosco, che venga coi suoi musici a fare la festa del S.to Nome di Maria. Io alloggerò Don Bosco e qualcuno dei suonatori. Tu ne alloggerai alcuni altri e cosi, un po' per casa, li alloggeremo tutti, e la festa riuscirà bella certamente e Don Bosco ci farà il panegirico». E la Baronessa annuì molto volentieri, e tutti i villeggianti si offrirono a contribuire per alloggi e mantenimento dei musicanti. La notizia fu sulla bocca di tutti in un momento, a grande compiacimento dell'intera popolazione.
L'anno dopo 1866, al solito, eravamo a villeggiare in Verzuolo, più presto del solito però, cioè, parmi, alla fine di giugno. Mi pare che il choléra sia scoppiato nella prima metà di agosto, ed un giorno il sig. Emilio Boarelli, padre della compianta signora Quagliotti, il quale parmi fosse Sindaco del paese, uomo buonissimo di carattere e per nulla ostile ai preti ed alle feste di chiesa, venne a trovare mia suocera e le disse che v'era in paese chi brontolava della venuta di Don Bosco, come di cosa imprudentissima, perchè ci sarebbe stata folla in chiesa con grave pericolo di aumento del contagio. Questo, difatti, poco tempo dopo au mentò sino ad avere un giorno nove casi, già dando così maggior ragione a chi brontolava.
Mia suocera, che aveva conosciuto piccolino il sig. Boarelli, lo ammonì a non lasciarsi intimorire a tali chiacchere, mentre, piuttosto che cagionare un aumento del malanno, la venuta di Don Bosco era capace a liberarcene, e continuò dicendogli che chiunque si fosse presentato da lui a brontolare, egli lo avesse mandato alla Contessa Rovasenda, il che Boarelli promise assolutamente di fare.
Venne dunque Don Bosco. Musica meravigliosa e folla enorme in chiesa. La sera il Venerabile Servo di Dio fece il panegirico. Dopo di aver detto della Madonna guerriera e dell'origine della festa del santo Nome di Maria, soggiunse: - Ma la Madonna SS. non è stata solamente invocata nelle guerre, ma anche nelle pestilenze. Voi siete afflitti dal choléra: se vi ho da dire la mia idea od ispirazione, chiunque dirà la giaculatoria: « Santa Maria Madre di Dio, prega per noi peccatori », non avrà il choléra.
Io ho procurato di dire le parole che mi pare siano quelle del Ven. Don Bosco; ma quanto mi sento di poter giurare è il senso delle parole, la seconda parte dell'Ave Maria, dataci come giaculatoria, senza la fine «adesso e nell'ora della nostra morte» e l'aver io sentito a dire che non v'era più stato un caso di choléra. Questo è il mio preciso ricordo, che son pronta a giurare sul Vangelo.
Sono lieta di poter contribuire anch'io alla gloria di Dio e della nostra cara Madre Maria SS.ma, ricordando ed esaltando i miracoli ed i favori ottenuti, mediante l'intercessione del santo amico di Casa Rovasenda, il Ven. Don Bosco.
Dio mi faccia vivere abbastanza da vederlo sugli altari
Della S. V. M.to Rev.da
Umilissima Serva Contessa Adele di Rovasenda.
Il gran vantaggio spirituale e materiale della venuta di Don Bosco a Verzuolo non è certo da paragonarsi con le spese registrate nel libro di contabilità della sacrestia, ove per le feste di settembre del 1866, trovasi annotato: « A Don Bosco, pel discorso del SS. Nome di Maria L. 10... ».
Ancora una cosa.
Qualche anno dopo, volendosi istituìre in parrocchia la Compagnia delle Figlie di Maria, le Zelatrici si presentarono a Don Bosco in Torino, ed ebbero da lui indirizzo e schiarimenti, per provvedersi un quadro del Rollini e stabilire la Pia Associazione, che continua a celebrare la festa di Maria Ausiliatrice, qual sua speciale Patrona, nella seconda domenica di ottobre.
Lieto di contribuire alla glorificazione di Maria SS.ma, e di manifestare pubblicamente la mia devota ammirazione al Ven. Don Bosco, mi dichiaro
Verzuolo, 2z febbraio 1918.
Sac. GiusEPPE BOTTA Parroco di Santa Maria.
L'opera svolta dal S. Padre durante la guerra.
Gli editori Alfieri e Lacroix di Roma e Milano pubblicano un album, che ricorda l'opera di carità svolta durante la guerra dal Santo Padre Benedetto XV.
L'album comprende oltre 15o tavole e più di 450 illustrazioni, con i titoli delle singole tavole e la prefazione in nove lingue diverse: latino, greco, classico, italiano, francese, spagnuolo, portoghese, inglese, tedesco, polacco.
Un breve proemio ricorda le svariate iniziative dovute a Benedetto XV. Le illustrazioni riguardano.
1° Il Santo Padre ed i suoi più assidui collaboratori della Segreteria di Stato e della Diplomazia Pontificia.
2° L'ufficio per i prigionieri costituito dal Santo Padre in Vaticano, lo sale ed il personale, il funzionamento dell'ufficio, i collaboratori dell'ufficio fuori del Vaticano.
3° L'ospitalizzazione nella Svizzera, la più cara delle iniziative pontificie, con numerose illustrazioni di internati belgi, francesi, tedeschi e russi.
4° Le opere di carità e di assistenza religiosa per i militari, i prigionieri, gl'infermi e feriti, ordinate e promosse dal Santo Padre in Italia, in Francia, in Belgio, in Austria-Ungheria, in Germania e nei diversi eserciti, specialmente italiano, inglese, francese, belga, americano.
5° L'intervento del Santo Padre per la custodiaa delle tombe degli Alleati ai Dardanelli.
6° L'opera del Santo Padre per la pace.
La serie delle illustrazioni è chiusa da una miniatura, che riproduce la preghiera del Santo Padre per la pace.
La ricchezza e la copia delle illustrazioni, l'eleganza del lavoro, caratteristica degli editori Alfieri e Lacroix, l'importanza dell'argomento fanno dell'album un monumento della carità del Santo Padre, che ogni famiglia cattolica dovrebbe pregiarsi di possedere.
L'album è intitolato: CoR PATERNUM: Cuore di Padre: Alcuni ricordi dell'opera pietosa svolta durante la guerra dal S. Padre Benedetto XV, specialmente a favore dei prigionieri.
Per ricevere l'Album, elegantemente rilegato, franco di porto inviare il prezzo relativo (Lire 25 nel Regno, Franchi 25 all'Estero) al seguente indirizzo: « L'Arte del Popolo » Casella abbonati 302, Milano.
Sentiamo il dovere di rendere omaggio alla nostra dolcissima Madre nel Cinquantenario dell'erezione canonica dell'Associazione dei divoti col dare nuove notizie del suo culto (1). Ne scegliamo alcune tra quelle pervenuteci di recente e, prima fra tutte, una lettera giunta dalla Colombia.
Benedica amabilmente la Vergine augusta al nostro pensiero filiale e a tutti i nostri lettori.
Feste in onore di Maria Ausiliatrice e apoteosi mariana in Colombia.
Bogotà, 6 agosto 1919.
Amatissimo Padre,
Compio un grato dovere con comunicarle una breve relazione delle feste che avemmo la fortuna di celebrare in questa Repubblica in onore di Maria SS.. Non è una sola festa che abbiamo celebrato, ma una serie di feste.
La prima e non certamente ultima per importanza è la festa di Maria Ausiliatrice celebrata nel suo giorno, il 24 maggio. Fu preceduta da una solenne novena. Ogni mattina alla messa delle 5 1/2 prendevano parte alla funzione le umili persone del vicinato, che appartengono all'Associazione di Maria Ausiliatrice, la chiesa si riempiva di divote che recitavano il S. Rosario e facevano la SS. Comunione: si leggeva loro la novena pubblicata dal nostro buon Padre D. Bosco. Alle 7 si faceva una seconda funzione per le signore della stessa Associazione: la chiesa si riempiva una seconda volta: si leggeva la novena, si cantavano mottetti, e tutte facevano la S. Comunione. Alla messa delle 6 era il turno della Comunità, e i nostri alunni non rimanevano indietro in fervore, e ogni mattina la Comunione era proprio generale. Alle 6 di sera, dopo recitato il SS. Rosario, predicavano i migliori sacri oratori della città alternandosi nel celebrare la Madonna di D. Bosco. Il canto delle Litanie e del Tantum ergo in musica e la grande invocazione del M.o Capocci ponevano fine alla funzione. Un solo difetto si notava, ed era la strettezza della chiesa, incapace di contenere tutti quelli che desideravano prender parte a sì bella funzione.
Il giorno della festa le Comunioni incominciaron alle 5 del mattino e si distribuiron sin dopo le nove: si contarono migliaia di persone che si comunicarono. Alle 9 ci fu solenne pontificale celebrato dall'Ecc.mo Mons. Leonida Medina, Vescovo Ausiliare, in rappresentanza dell'Ecc.mo Mons. Arcivescovo infermo: predicò il p. Larranaga S. J., che parlò di Maria Ausiliatrice e di D. Bosco, come non avrebbe osato parlare un Salesiano. La musica non poteva essere migliore: si cantò la Messa del Maestro Tebaldini a quattro voci ed un altro canto, pure a quattro voci, del M.o Antolisei. Alla sera si tenne la Conferenza per i Cooperatori e le Cooperatrici della città: il Conferenziere fu il Sac. Dott. Giorgio Arturo Delgado, che presentò D. Bosco come sociologo, e lo fece, da pari suo, con molta eloquenza: l'uditorio, numerosissimo, uscì dalla conferenza entusiasmato. Pose termine alla funzione la solenne benedizione col SS. Sacramento col canto in musica del Tantum ergo e d'altri mottetti. La festa non poteva riuscire più solenne.
Altre feste abbiamo avuto il piacere di celebrare in occasione del Congresso Mariano Nazionale, il primo che si tenne in Colombia. Per rendere più solenni le feste si portò la miracolosa immagine della Madonna di Chiquinquirà, che lei, amato Padre, ricorderà di aver venerato nel suo viaggio da Bogotà a Contrataciòn: e si colse l'occasione per incoronarla solennemente con decreto del Capitolo Vaticano. Possiamo dire che in quei giorni la popolazione di Bogotà si raddoppiò: tutti i Vescovi di Colombia vennero a prender parte alle feste: e in tutte le parrochie di Colombia in quei giorni si celebrarono feste solennissime. Un Vescovo andò a ricevere la miracolosa immagine in Chiquinquirà e l'accompagnò in tutto il viaggio, a piedi: una turba immensa seguiva la comitiva cantando e pregando: il viaggio durò dal 28 giugno al 8 luglio: per tutti i paesi dove passò la Madonna fu una festa straordinaria: alla notte vegliavano la Madonna, passandola tutta in preghiera, ed alla mattina seguente quasi tutti facevano la S. Comunione.
Il ricevimento nella Capitale non si può descrivere: tutta la città andò ad incontrarla: gli Arcivescovi e Vescovi, il clero secolare e regolare, il Presidente coi suoi Ministri, le autorità tutte, con tutte le bande, i collegi, le scuole: non vi fu chi non andasse a dimostrar la sua devozione. Per sodisfare a tanto trasporto si costrusse un tempietto avanti la Cattedrale-Basilica, dove si collocò l'immagine, e tutta la notte i devoti si assieparono davanti a pregare. Fu una vera apoteosi della Madonna. Si era composto un inno che si fece imparare a tutto il popolo e nelle scuole pubbliche e private: e alle nove di sera, dalle quattro parti della città tutti i ragazzi delle scuole si avviarono alla Cattedrale accompagnati dal suono delle bande militari e dalla banda salesiana cantando l'inno mariano. Commovente l'arrivo di tutto quell'esercito giovanile dalle diverse parti della città cantando.
Il giorno dopo si coronò solennemente la Madonna nell'atrio della Cattedrale: erano presenti il Presidente della Repubblica, le autorità, l'Episcopato colombiano al completo, il Clero, le rappre sentanze delle diverse Diocesi. I Salesiani cantarono il mottetto « Corona aurea » del M.o Dogliani. L'immensa piazza era gremita.
Da quel giorno per turno le diverse Comunità religiose si recarono a presentare il loro ossequio a Maria SS. Ai Salesiani toccò il giorno 13, domenica, e naturalmente il loro ossequio fu la festa della gioventù in onore di Maria SS. invocata sotto il titolo di Ausiliatrice. La comunione fu generale e durò più ore. Alle nove pontificò il Nunzio Apostolico Mons. Enrico Gasparri: assistevano in presbiterio tutti i Vescovi e numerosissimo Clero: nella vasta Cattedrale-Basilica prendevano posto il Presidente della Repubblica coi suoi Ministri, tutte le autorità civili e militari, le Associazioni religiose e i rappresentanti di tutti i collegi; la moltitudine riempiva il vastissimo tempio.
Il giorno 15 si tenne un'accademia in onore di Maria Ausiliatrice; il canto e le composizioni furono tutte sopra l'argomento « la Madonna di D. Bosco ». L'accademia ebbe luogo nel cortile-salone dei PP. Gesuiti. Erano presenti più di tremila persone: l'esito non poteva essere più solenne.
Nei giorni del Congresso Mariano demmo pure due rappresentazioni drammatiche, una per i Congressisti in generale e l'altra pel Clero.
Come corona delle feste si tenne una solennissima processione: tutti i simulacri della Madonna venerati nelle chiese della città fecero la loro comparsa: non mancò Maria Ausiliatrice: la famiglia Salesiana costituiva un bel gruppo: le Associate di Maria Ausiliatrice, le Figlie di Maria Ausiliatrice colle loro alunne, le Cooperatrici Salesiane, i Cooperatori, gli alunni delle nostre scuole, i Salesiani facevano bella corona alla loro augusta Madre e protettrice, collocata sopra un carro riccamente adorno.
A compimento della relazione di quanto fecero i Salesiani di Bogotà per onorare Maria SS. Ausiliatrice, aggiungo che anche nelle altre case di Colombia si celebrarono feste solennissime. In Contratación si fece una Missione che durò una settimana, durante la quale si ebbero ventimila Comunioni: l'ill.mo Vescovo di Socorro si degnò prendere parte a quelle feste e pontificò tre volte: solennissima fu la festa di Maria Ausiliatrice, con processione e accademia. In Agua de Dios furono tre i giorni di festa con teatro, accademia e Comunione generale. Nel Collegio delle Figlie di Maria Ausiliatrice di Bogotà per iniziativa delle antiche allieve fu posto in mano a Maria Ausiliatrice uno scettro d'oro: si eresse nel cortile una statua di Maria Ausiliatrice; si tennero due accademie in onore dei Congressisti, a cui assistettero varii Vescovi. Nella scuola di arti e mestieri delle stesse Suore si dedicò pure un giorno a Maria Ausiliatrice, con messa celebrata da un Vescovo, messa cantata e accademia a cui assistè un gran numero di amici dell'opera; e collocarono anch'esse nel cortile della casa una bella statua di Maria Ausiliatrice.
Maria SS.ma, proclamata in questi giorni Regina di Colombia, sia sempre la madre e la regina di tutta la Famiglia Salesiana.
Gradisca i miei rispettosi ossequi e mi benedica. Aff.mo e dev.mo Figlio in Corde Jesu
Sac. CAROGLIO MARTINO.
Il Salesiano Don Ferrazza, parroco della Chiesa della B. Vergine del Rosario in Port-Chester, N. Y., scrive:
In questa nuova chiesa parrocchiale abbiamo un altare dedicato alla Nostra Celeste Patrona, ove campeggia maestosa la statua di Maria SS. Aiuto dei Cristiani. Un comitato di Cooperatrici raccolse tra le consocie e tra i parrocchiani la somma necessaria per importar da Barcellona una bella statua.
È un bel lavoro d'arte, alta m. 1 50, artisticamente decorata, e piace a tutti, Italiani, Americani e perfino a qualche protestante. Una signora, non cattolica, viene quasi ogni giorno da un vicino paese a prostrarsi davanti al simulacro di Maria, le fa accendere una candela, e piega. Mi ha assicurato, che prova maggiori consolazioni a pregare in questa chiesa che non altrove. Voglia la Vergine Ausiliatrice ottenere la perseveranza a chi si trova sulla retta via e far trovare la verità a chi ha smarrito la vera strada.
I reduci di Genola ai piedi della Vergine Ausiliatrice.
Il 12 ottobre u. s., svolgevasi in Genola, piccolo paese della provincia di Cuneo, una cara manifestazione di fede e di amore alla Vergine sotto il titolo di Ausiliatrice dei cristiani. I reduci di guerra avevano manifestato il desiderio di ringraziare in modo pubblico e solenne la Madonna Ausiliatrice per averli ricondotti incolumi, dopo tanti pericoli e traversìe, in seno alle amate famiglie.
Fu scelta a questo scopo la seconda domenica del mese di ottobre, giorno in cui si suole celebrare ogni anno una devota festicciola in onore di Maria Ausiliatrice nella cappella a lei dedicata.
Per consiglio e sotto la guida dello zelante Prevosto D. B. Adamo si organizzò un numeroso corteo di reduci che preceduti dalla banda musicale colla bandiera tricolore alla testa, partendo dal centro del paese si recarono accompagnati da tutta la popolazione alla cappelletta della Vergine Ausiliatrice. Colà dopo il canto di una lode sacra, il teologo D. Pietro Cussino, ex-cappellano militare, coli parola calda ed eloquente, dopo aver rievocato le ansie, le trepidazioni, i pericoli, i dolori dei lunghi anni di guerra, sciolse un inno di filiale riconoscenza alla Vergine per la sua protezione materna, destando in tutti i presenti una viva commozione e un santo trasporto di gratitudine a Maria.
Quindi si cantò il « Te Deum» di ringraziamento e prima di impartire la benedizione col SS., il Prevosto, commosso ad una manifestazione di fede così spontanea e sincera, rivolse ancora brevi parole, calde d'affetto paterno, ai suoi cari reduci, esortandoli a mostrarsi riconoscenti a Maria Ausiliatrice pei tanti benefizi ottenuti, col perseverare nella via del bene e coll'osservare sempre più fedelmente le leggi di Dio e della Chiesa.
(Continua).
CINA Le prime prove della Missione Salesiana al Nord del Cuang-Tung (Cina). (Relazione del Sac. Luigi Versiglia) (1).
I primi missionari, incaricati di prender possesso dei due principali distretti, erano già partiti da qualche mese, Don Olive pel Distretto di Nam Hong e Don Guarona per quello di Chi Heng. Le accoglienze erano state festose e tutto procedeva regolarmente. Per non lasciare quei buoni confratelli molto tempo nell'isolamento, mi decisi di far loro una visita.
I.
Voci allarmanti - La mobilitazione - Il soldato cinese - Verso Chi Heng - Come avveniva il reclutamento dei portatori di bagagli per i soldati.
Era il 28 aprile 1918. Arrivato a Canton, odo voci allarmanti sulla sorte del distretto di Nam Hong. Si dice che è invaso dai soldati nordisti, che si sono già ingaggiatì importanti combattimenti, e che i nordisti prevalgono. Altri dicono che i sudisti tengono testa e respingono il nemico: i più mi consigliano a non espormi: ma ogni consiglio è superfluo, chè la ferrovia stessa, la quale dovrebbe portarmi fino a Shiu Kwan è intieramente requisita dal Governo di Canton, e non ammette privati.
È d'uopo aver prudenza ed aspettare. Dopo due giorni si annunzia che la ferrovia ammette passeggeri. Non ascolto le insistenze degli amici, e parto immediatarnente per arrivare la sera stessa a Shiu Kwan. Il treno è zeppo di soldati senza distinzione di classe: anche i carrozzoni di 1a ne sono gremiti. Gente allegra, piena di buon umore ancor più dei soldati europei, perchè sanno che, di solito, le loro guerre non sono cose serie.
La loro divisa è semplicissima. Un vestito di tela più o meno bigia, un paio di scarpe di corda, le mollettiéres, e un berretto qualunque, cioè di qualsiasi forma e colore. Anche l'equipaggiamento è semplice: una carabina giapponese in spalla e una cartucciera a tracolla.
Sull'altra spalla hanno tutti l'ombrello intrecciantesi colla carabina: e in un fagotto a parte, che vorrebbe essere lo zaino, una coperta, un catino, una specie di mattoncino di porcellana o di legno che serve da cuscino; e in fine la pipa, che varia di dimensioni e di forme, dalla tascabile fino a quella che serve anche da bastone, ma non manca a nessuno
Con nove ore di viaggio arrivammo senza incidenti a Shiu Kwan, pochi mesi prima animata e tranquilla, allora in preda all'agitazione e all'orgasmo di guerra.
Tutti gli edifizi pubblicì, le pagode, e i templi degli antenati rigurgitano di soldati. I cittadini hanno emigrato, sono in gran parte alla campagna; i pochi rimasti stanno chiusi nelle case per timore di essere comandati a portare i bagagli dei soldati.
Inutile domandare notizie, perchè corrono le voci più contradditorie. Tutti pensano che la situazione è grave e che le bande del Nord (o i così detti Nordisti) sieno a poca distanza da Shiu Kwan.
La nostra resìdenza è piena di gente rifugiatasi all'ombra della missione, e vi son pure molti pagani.
Mando a chiedere al mandarino una scorta di soldati, per recarmi accompagnato il giorno dopo a Chi Heng.
- Impossibile, risponde il mandarino. Non ho più soldati disponibili, e la strada è infestata dai Tou fei (finti soldati e veri pirati) e la stessa città di Chi Heng non è sicura.
Appunto per questo doveva andarvi. Là vi era Don Guarona e mi stava a cuore il veder la piega che avrebbero preso i tumulti in quel centro di Missione. Quindi mandai nuovamente dal mandarino per avvertirlo che sarei partito e che provvedesse alla mia sicurezza rilasciando a lui ogni responsabilità.
L'avviso fece effetto. Il mattino dopo ecco quattro soldati a mia disposizione, con i quali parto per Chi Heng. Vi giungo dopo 15 ore di viaggio, alle 10 del giorno seguente, e trovo . Don Guarona che da parecchi giorni mi aspettava. È facile pensare la festa che mi fece, anche perchè da tre mesi non vedeva più nessun confratello.
La residenza di Chi Heng è sulla strada mandarinale che conduce a Nam Hong; quindi per tutta la notte e tutto il giorno si sentivano e si vedevano le truppe che salivano a Nam Hong e le schiere dei portatori dei bagagli e delle munizioni.
Questi dapprima venivano reclutati dai soldati stessi alla rinfusa; chiunque incontrassero per istrada, o per via, od anche nei campi intento ai lavori, era preso senz'altro ed obbligato al servizio. Talora i soldati entravano all'improvviso nelle case e ne obbligavano i pacifici abitanti a seguirli, senza che potessero opporre alcuna resistenza.
In seguito il reclutamento fu organizzato un po' meglio. Un corpo di truppa doveva passare da un distretto a un altro ? Il Si-Leng, o il Chong-Leng (il generale od il colonnello) telegrafavano al prefetto, perchè facesse trovar pronto sul luogo un dato numero di uomini per portare i bagagli fino al confine del proprio distretto, e là, in forza di un altro telegramma, erano obbligati a trovarsi i portatori dell'altro distretto, pronti allo stesso servizio. I prefetti, ordinariamente, passavano l'ordine ai Tong Chiong, ossia a sindaci dei singoli villaggi ; e questi, in proporzione degli abitanti, erano in obbligo di reclutare un certo numero di uomini. Così avviene in questi luoghi la mobilitazione generale.
Alla volta della residenza di Nam Hong - Gravi difficoltà - Un dispaccio impressionante -Avanti a piedi.
Il passaggio di tanta truppa per Nam Hong ci fece comprendere che qualche cosa di serio si andava colà preparando. Avremmo quindi voluto salire anche noi per trovarci in compagnia di Don Olive e di Padre Lesainte.
Domandammo anche qui la scorta al mandarino, che ci rispose non aver egli, in zona di guerra, autorità alcuna. Chiediamo che ci faccia accompagnare a Fong Tong, altra residenza di Don Guarona, dov'è una Cristianità di circa 6oo anime, ed anche per Fong Tong il mandarino si rifiuta assolutamente.
Senza più discutere, partiamo.
La distanza è di 7o chilometri, sempre in salita. Il cammino si svolge in mezzo a ridenti panorami e il viaggio sarebbe stato amenissimo se una pioggia insistente, incominciata qualche ora dopo la partenza, non ci avesse accompagnato sino a destinazione.
Pensavamo di trattenerci qualche giorno tra quei buoni cristiani, che eran fieri di avere due missionari con loro, ma fin dal secondo giorno altri cristiani venuti dal mercato di Chi Heng ci portarono notizie poco rassicuranti; e, verso sera, ecco giungere da Nana Hong stanchi e trafelati, per aver percorso 12o chilometri in 18 ore di seguito, due inviati di P. Lesainte e di Don Olive. Apriamo il dispaccio e leggiamo:
«Siamo tra la vita e la morte: le truppe nordiste hanno riportato vittoria e si sono sparse dappertutto, portando dovunque devastazione incendio e morte. La città di Nam Hong è da due giorni in fiamme: il numero delle vittime è incalcolabile. Li-Heu-Chiau (villaggio cristiano) è un mucchio di rovine; la cappella e la casa del Missionario prima saccheggiata, poi incendiata: diversi fedeli massacrati: di quando in quando turbe di male intenzionati si spingono fin sotto le mura della nostra residenza di Kiang Kong, che serve anche di difesa al villaggio, e sembra che studino la posizione per attaccarci. Più di duemila persone sono rifugiate nel recinto della nostra residenza. Fino ad ora siamo stati risparmiati, ma non sappiamo che sarà domani di noi. Si mandi immediatamente alla stazione telegrafica più vicina, si telegrafi ai Consoli perchè sollecitino immediatamente da Pekino ordini ben severi per la nostra difesa. Lesainte ed Olive ».
Leggemmo ambedue in silenzio questo messaggio e ci vennero le lacrime agli occhi. I buoni cristiani se ne accorsero, e mentre tutti solleciti ci si affollavano d'intorno, non osarono più opporre alcun ostacolo alla nostra partenza, e neppure alzarne un lamento. E noi decidemmo di partire il mattino seguente.
Quella sera la chiesetta si gremì: tutti sentivano il bisogno di raccomandare al Signore sè, la propria gente ed anche i propri fratelli cristiani lontani che soffrivano. E si pregò con fervore straordinario.
Al mattino discendemmo di nuovo a Chi Heng, sempre sotto la pioggia.
A Chi Heng non trovammo nè una portantina, nè una barca: quindi bisognava andar a piedi fino a Skiu Kwan per trovare la prima stazione telegrafica. E Don Guarona, accompagnato da un cristiano, senza badare alla stanchezza, partì immediatamente mentre io rimasi a Chi Heng in attesa.
Passaggio di truppe - Sempre per la via diritta - Al telegrafo - Continua la preoccupazione - In zona di operazione - Il buon cuore d'un vecchio pagano - Altri incontri.
Tutto quel giorno e il di seguente continuarono a passare fuggiaschi sudisti (o delle truppe del Sud): ma il terzo giorno la scena mutò.
I sudisti, riorganizzatosi e ricevuti rinforzi di uomini e di munizioni da Canton, ritornarono indietro rifacendo la stessa strada con munizioni e viveri, portando con sè anche qualche cannoncino da campagna e qualche mitragliatrice.
Dalla nostra casa li osservavamo, a squadre di 100 e 200, salire su per la via mandarinale, che non è che un sentiero. Camminavano in fila indiana, cioè a uno a uno, cantando talora canzoni di guerra con quell'accordo che ben si può comprendere tra individui lontani tra loro 100 e 20o metri. Non so se questa loro strategia potrebbe essere approvata dai nostri generali: ma in Cina, quando si va a combattere, si va sempre per la via diritta: è soltanto in Europa che si credono lecito di andar anche per vie laterali e trasversali.
Don Guarona impiegò tre giorni tra andata e ritorno; un vero miracolo di prestezza, avendo percorso complessivamente 240 Km.
Si era fatto omai quanto si era potuto: ma ciò non poteva toglierci di ansietà sulla sorte dei nostri confratelli. Subiranno violenza da parte dei soldati? Speriamo di no. Ma con tanta gente rifugiata nella residenza, dove potranno trovare i viveri?
E giungono notizie più allarmanti. I nordisti. sono a Ku lok, a quattro leghe a sud di Nam. Hong, e i sudisti a Ma-tzi-Hau, a quattro leghe sopra Chi Heng; a due leghe di distanza: dunque una nuova battaglia è imminente.
Non è certo la cosa più bella il viaggiare in simili momenti; ma l'angustia in cui siamo è opprimente. D'altronde, qui, le cose non sono così serie come in Europa, e ogni Europeo è tenuto da tutti in special riguardo.
Ci raccomandiamo a Maria Ausiliatrice e, fatti pochi preparativi, ci rimettiamo in via.
Nella prima metà del cammino nulla di nuovo: anzi, in vista, non un soldato, non un'anima viva: certo ce n'erano, ma stavano nascosti: appena in qualche luogo vedemmo la sentinella, che o non ci vide o finse di non vederci, e passammo oltre.
Avevamo già varcato il fronte sudista e stavamo per entrare nella zona neutra, quando scorgiamo una moltitudine di gente, in massima parte donne, vecchi e bambini, che correvano all'impazzata verso di noi, con i loro piccoli fardelli. Domandiamo loro che cosa c'è. Ci rispondono: - I nordisti stanno discendendo e sono a poca distanza; non tarderanno ad arrivare: essi sono molto crudeli: non andate più avanti; tornate indietro anche voi.
E un povero vecchio, facendosi avanti, dopo di averci fatto riverenza in ginocchio, ci scongiurava, come se fossimo suoi figli, a desistere dal voler proseguire. Lo rassicurammo dicendogli che gli stranieri non correvano alcun pericolo, e che anche i soldati ci avrebbero rispettati. Il pover'uomo si rialzò e con molta pena ci vide proseguire. Quanto buon cuore!... Ed era un pagano! Che il Signore lo ricompensi col dargli il lume della fede!....
La gente che fuggiva, vedendoci continuare tranquilli il nostro cammino, dapprima si arrestò, poi alla spicciolata cominciò a rivolgersi indietro verso i propri villaggi.
Noi attraversammo Ku lok, affatto deserta. Dopo un'altr'ora di cammino vediamo un soldato nordista correre verso di noi. Restammo un po' perplessi ; e quello ancora di lontano gridò: - San-Fu (Padre).
Questa parola, che intendemmo bene e che di solito è usata dai cristiani, o amici dei cristiani, ci rassicurò sull'istante. Egli continuò a parlare nel suo gergo funanese, che noi poco intendevamo, e sentendo che venivamo da Chi Heng, ci chiese se avessimo incontrato dei soldati sudisti. Rispondemmo di no. Contento, ci offerse il thé, che aveva nella boraccia e continuò il suo cammino in direzione contraria alla nostra.
Il primo incontro coi nordisti non era andato male. - Avanti dunque, dìcevamo tra noi, la Madonna ci aiuta!
Ci avanzammo ancora una mezz'ora incirca, quando, in uno svolto della via, sopra un ponte ombreggiato da grossi alberi, incontriamo un picchetto di cavalleria in bivacco. Due ufficiali che stavano seduti al parapetto del ponte, non appena ci videro, sorsero in piedi e ci fecero il saluto.
- Di bene in meglio! - pensammo noi, ed accondiscendiamo all'invito di sederci.
Prima tutte le interrogazioni d'uso nella buona civiltà cinese: nome, cognome, patria, ecc., poi le domande sulle posizioni dei sudisti... e le nostre risposte da neutrali.
Mentre si parlava, ecco avanzarsi un brav'uomo col volto raggiante e lo scilinguagnolo in grande movimento. Vedendo che non lo capivamo, si mise in ginocchio, si fece il segno di croce, e trasse fuori la medaglia della Madonna che teneva al collo.
-Ah! bravo, questo è un parlar da crìstiano, esclamiamo noi; potevi farlo subito da principio, e ti avremmo capito a volo.
Gli mostrammo la nostra sodisfazione e, preso il thé che ci offerse, continuammo il cammino.
Giunti in vista della città di Nam Hong, una sentinella scese in fretta dal poggio su cui era di guardia e ci domandò: - Chi siete? donde venite? dove andate?... - e tante altre interrogazioni. Tirammo fuori un biglietto di visita e: - Portalo al tuo generale, gli rispondemmo, abbiam bisogno di parlare con lui.
- Se volete andare alla Chiesa Cattolica, non occorre parlare al generale, io vi farò accompagnare fino alla città, dove sarete liberi di andare dove volete.
- Tanto meglio: grazie!
Chiamò difatti due soldati, e ìn loro scorta passammo tutte le sentinelle senza più alcun impiccio.
Le devastazioni della guerra - Le rovine di Nam Hong - Villaggi distrutti - La residenza di Kiang-Kong e il villaggio salvi.
Varcammo il gran ponte in pietra, che la tradizione vuole che sia stato costrutto sotto la direzione dei Gesuiti, e subito dopo ci si parò innanzi il più triste spettacolo.
Ecco Nam Hong, la città che per commercio era la seconda dopo Canton, ridotta ad un mucchio di rovine. Nulla, nulla, era stato risparmiato! Dappertutto si scorgevano ancora le tracce della devastazione e del saccheggio: qua tizzoni ardenti, là nugoli di fumo ed un odore ammorbante che esalava dai cadaveri sepolti tra le rovine.
Avevamo già letto delle devastazioni della guerra europea ed eravamo quindi preparati al triste spettacolo; ma la realtà oltrepassò la nostra immaginazione. Fin la campagna offriva sì lugubre aspetto. I villaggi erano distrutti, incendiati; e numerose vittime giacevano insepolte lungo le vie, perchè ai soldati bastava qualsiasi pretesto per scaricare il fucile.
E abbiam veduto anche le rovine della nostra residenza di Li-Heu-Chiau; pur troppo!
Dopo tre quarti d'ora di cammino attraverso quei luoghi devastati, eccoci in vista di Chiang Kong. Ci si allargò subito il cuore; le bandiere italiana e francese sventolavano sulle torri della nostra residenza e il villaggio era stato risparmiato.
Dal profondo del cuore ci sgorgò un vivo ringraziamento a Dio, e affrettammo il passo, sospirando l'istante di stringere tra le braccia quei cari confratelli.
Questi erano ben lungi dall'aspettarci, sicchè il nostro arrivo fu per loro quasi un'apparizione di paradiso, in mezzo all'apprensione, all'angoscia e al dolore. Rinunzio a descrivere la festa e l'espansione di quei primi momenti. Ringraziammo, di cuore, il Signore, di tanta gioia.
Mentre ci scambiavamo le impressioni e le notizie, si preparò qualche cosa per rifocillarci e subito constatammo quanto era stata buona la Divina Provvidenza con quei cari confratelli, perchè, dal giorno in cui era incominciato il disastro, tutto il commercio dei dintorni si era concentrato in quel villaggio, anzi nel terreno di proprietà della missione; e in esso si vendevano commestibili e combustibili, sicchè il problema del vettovagliamento venne risolto dai nostri fin dal primo giorno.
Noi non tardammo a farci un' idea chiara della situazione e dello svolgersi dei fatti. Il villaggio era stato salvato per la Missione Cattolica. Le bandiere che sventolavano in alto in segno di protezione, la difesero realmente.
II. Come si svolsero i fatti . I Nordisti a Nam Hong
- Deputazione di notabili cittadini, coi ministra protestante, al Generale - Contrattempo, scacco e rappresaglia - Coraggio e abnegazione dei nostri Missionari - Per recare in salvo una giovinetta.
Da parecchio tempo i nordisti, oltrepassate le montagne di confine tra il Chiang-Si ed il Kwang Tong, pensavano di fare un colpo sopra Nam Hong. Questa era allora guardata da un piccolo presidio di soldati sudisti, i quali, all'avvicinarsi del pericolo, vistisi insufficienti, di notte e senza dir nulla abbandonarono la città. Tuttavia i nordisti non osarono entrarvi, forse perchè in numero insufficiente per un colpo decisivo, o fors'anche perchè temevano insidie.
In questo frattempo la città, rimasta senza soldati, divenne facile preda dei malviventi che spogliavano e rubavano a man salva. Che fare? I notabili della città si riunirono e, pensando di non poter avete più aiuto da parte dei sudisti, risolsero di recarsi in deputazione al generale dei nordisti per invitarlo a prender possesso della città, assicurando che non vi era più nessun contrasto da parte del Sud; e per rendere più autorevole la loro domanda pensarono d'invitare con sè il ministro protestante tedesco, che si trovava allora nella città e che aderì alla proposta.
Il generale dei nordisti fu ben lieto dell'invito e fin dal mattino seguente si mosse con un corpo di truppa per occupare la città. Ma nella notte i sudisti, riorganizzatisi e avuti dei rinforzi, vi erano rientrati quatti quatti, sicchè quando i nordisti si pensavano di farvi il loro ingresso senza colpo ferire ed acclamati dalla popolazione, furono accolti con una ben nutrita scarica di fucileria. A tale inatteso ricevimento si diedero alla fuga, inseguiti per un buon tratto dai sudisti. I sobborghi della città divennero quindi campo di battaglia e così pure il villaggio cristiano di Li-Heu-Khiau.
Il generale nordista, credendo di essere stato tradito, ne giurò vendetta, e siccome i Cinesi, in generale, non fanno troppa distinzione tra cattolici e protestanti, sfogarono poi la loro rabbia sulla cristianità di Li-Heu-Khiau.
Il giorno dopo, infatti, riordinate le truppe e con tutto il nerbo delle sue forze, il generale dei nordisti diè un forte assalto al nemico. L'esito della battaglia fu incerto per qualche tempo; alfine la vittoria arrise ai nordisti e la città restò nelle loro mani.
Il ricordo dello scacco subito il dì innanzi era troppo recente e quindi i vincitori si abbandonarono ad ogni eccesso, tanto che gli stessi ufficiali ne furono vergognati e biasimarono acremente il generale non solo perchè avesse tollerate simili barbarie, ma le avesse egli stesso eccitate. L'esterminio dalla città si estese ai villaggi, e con eguale accanimento. Solo il villaggio di Kiang Kong fu risparmiato, come ho detto, a motivo della Missione. Tutti lo riconobbero e ne ringraziarono i Missionari. Per questo io e Don Guarona incontrammo sulla strada alcuni pagani che ci s'inchinavano innanzi in atto di grande devozione. La qual cosa lì per lì ci fece gran meraviglia; poi ne comprendemmo la ragione. Il fatto diede luogo anche ad arguti confronti tra la Chiesa Cattolica e la protestante:
- T'in-Chiu Tong Tai jat! (La Chiesa Cattolica è veramente buona).
- Fok-jam Tong Mou Joung! ( la chiesa protestante invece val nulla).
- Mou Min (essa ha perduta la faccia), alludendo al fatto del ministro.
Questi, infatti, tentò di dare spiegazione del suo operato e domandò un'udienza al generale sudista, che gliela negò, dicendo che non voleva aver nulla a che fare con chi aveva tentato di consegnare la nazione ai nemici. Chiese udienza anche al generale nordista, e anche questi, credutosi tradito, si negò di riceverlo, facendogli sapere che era meglio che si allontanasse dalla regione, consiglio che il Ministro non se lo fece dire due volte.
I nostri Missionari invece, che si comportarono con grande coraggio e prudenza, e nello stesso tempo prodigarono la più sollecita assistenza ai cristiani, a diversi dei quali salvarono la vita non badando al proprio pericolo, si acquistarono la simpatia generale.
Appena si seppe che il campo di battaglia si era trasportato a Li-Heu-Kiau, essi corsero subito presso quei poveri cristiani, li aiutarono a ritirarsi, e non se ne partirono fino a che non li videro tutti in salvo. Mi diceva Don Olive: - Veramente fu Maria Ausiliatrice che salvò me ed i miei cristiani: molti di loro non volevano persuadersi d'abbandonare le loro case. Solo quando incominciarono a sentire i fischi delle palle, compresero la necessità di una pronta fuga; ed era già un po' tardi. Le palle mi rasentarono più volte e mi sfiorarono persin l'abito, ma pareva che una mano invisibile le deviasse e guidasse me e loro nei punti fuori di pericolo.
E tutti erano già rifugiati nell'altra residenza più sicura di Kiang-Kong, quando venne detto ai missionari che una giovinetta cristiana era rimasta chiusa nella sua casa, da cui non osava più uscire. Ciò bastò perchè essi ritornassero coraggiosamente indietro. Sul loro cammino ferveva la mischia. Non importa. Decidono d'inoltrarsi tra le schiere dei combattenti, si avviano. A un tratto vedono, lontano, due soldati che
puntano il fucile contro di loro. Alzano allora le mani ed agitano il cappello a far segno che non hanno alcuna intenzione cattiva; ed ecco altri soldati correre loro incontro, circondarli e condurli dal capo. Questi, memore della condotta del ministro protestante, li interroga insistentemente se non siano ancor essi ministri protestanti, ed essi rispondono: - No, per grazia di Dio, noi siamo cattolici! - E detto del fine del loro indietreggiamento: -Vieni tu pure, conchiudono, e vedrai che sulla nostra stessa casa sta la scritta: « T'in-Chiue-Tong » (Chiesa Cattolica).
L'ufficiale credette alla loro parola e li fece accompagnare al luogo indicato, dove trovarono la fanciulla quasi svenuta dallo spavento. La poverina, come vide i missionari, riprese un po' di coraggio e con grida e con lagrime li scongiurava a liberarla. Languida com'era, dovettero aiutarla ad uscire di là e l'accompagnarono in salvo a Kiang Kong.
L'effetto del ricorso - Colloquio col Generale - Proteste e promesse - Sopraluogo alla residenza distrutta = Un editto di protezione - Riconoscenza alla Chiesa Cattolica.
Intanto i desiderati ordini da Pekino erano arrivati. Lo stesso giorno in cui io e Don Guarona arrivavamo, i nostri missionari ricevevano un invito dal Si-Leng (generale) di recarsi alla città per alcune informazioni. Vi andarono e il Si-Leng li accolse con ogni attenzione ed onore: disse che aveva ricevuto ordini di proteggerli e li invitò a stendere un reclamo in regola per l'incendio della casa e della chiesa e ogni altro sfregio ricevuto.
I nostri colsero l'occasione per stimmatizzare l'inqualificabile condotta di certi soldati, che senza alcun motivo e quasi per divertimento sparavano contro la gente, che pacificamente stava lavorando nei campi. Tre cristiani erano stati uccisi in questo modo. Altri avevano avuto salva la vita appena per miracolo. Uno si era salvato scivolando carponi in mezzo all'acqua e al riso folto della risaia. Un altro, gettandosi a nuoto in una peschiera e ivi restando lungamente sott'acqua, mentre un terzo, che arava nel proprio campo, richiesto dai soldati a ceder loro la vacca, e opponendo qualche difficoltà, fu senz'altro ammazzato.
Queste cose fecero arrossire il generale, il quale promise che vi avrebbe posto riparo.
Chiesero ancora che venisse a constatare de visu quanto essi avevano narrato ed egli acconsentì.
L'appuntamento fu per le dieci del giorno seguente. All'ora fissata eravamo ad attenderlo Don Olive, il P. Lesainte, Don Guarona ed io. Vide i ruderi del villagggio e della cap pella; constatò i guasti volontari fatti ai mobili, ai libri, e agli oggetti del missionario nella sua residenza, che per caso era stata risparmiata dal fuoco. Dico per caso, perchè dovette constatare che in diversi punti si era tentato d'incendiarla. Vide i quadri tagliati a colpi di spada, i vasi fracassati, i candelieri di bronzo ritorti e spezzati; il Crocifisso, parimenti di bronzo, col Cristo asportato e l'asta spezzata; i piccoli strumenti di metereologia e di fotografia, fracassati ed abbandonati sul pavimento. Il Generale aveva l'aria abbastanza impicciata e vergognosa: tentò di affacciare l'ipotesi dei pìrati che avessero abusato della circostanza per commettere tale vandalismo; ma dovette ammettere all'evidenza che non si trattava di pirati, perchè questi avrebbero asportato e non rovinato; d'altra parte erano stati visti, alla luce del giorno, i soldati intenti a quelle opere poco gloriose.
Tentò di spiegare l'incendio coll'essere il posto compreso nel campo di battaglia; ma combattevano una tale opinione i vari tentativi, riusciti inutili, di appiccare il fuoco da vicino anche alla casa del missionario.
Si fece di tutto una relazione, di cui una copia fu consegnata a lui, un'altra mandata ai consoli di Canton e una terza a Pekino per esigere a tempo debito la dovuta indennizzazione.
Il Generale fu gentilissimo e volle accompagnarci fino all'altra nostra residenza di KianKong, per vedere, disse, se colà eravamo sicuri...
Lo pregammo a darci un editto di protezione redatto in diverse copie per affiggerle alle porte di questo paese e a quelle dell'altro bruciato. Ce le promise e ce le mandò difatti il giorno seguente, debitamente firmate e bollate. Quest'editto servi anche ad impedire che i soldati venissero a reclutare di loro arbitrio i portatori in mezzo ai cristiani, come avevano tentato di fare nei giorni precedenti con grande aggravio di quella povera gente.
In questo modo, in mezzo alla disgrazia ed alla desolazione che regnava tutto intorno, i cristiani potevano dirsi ancora privilegiati; nè soltanto i cristiani ma altresì molti dei principali commercianti della città di Nam Hong, che poterono esperimentare la valida protezione della Chiesa Cattolica, sia col trovare in essa un asilo di rifugio più sicuro, sia coll'ottenere, per mezzo del Missionario, il permesso di ritirare gli avanzi delle loro mercanzie rimasti sotto le rovine.
Dopo qualche mese, ristabilitasi la tranquillità nella regione, ìn seguito a una vittoria dei sudisti, la Camera di Commercio di NamHong decretò e fece fare due ricchissime bandiere in seta ricamata in oro, con una dedica alla Missione Cattolica, in cui si commemorava l'opera generosa e disinteressata dei Missionari nelle dolorose circostanze suaccennate.
Una bandiera fu mandata alla Missione di Kiang Kong; l'altra al Vescovo di Canton.
.III. Sulla via del ritorno Difficoltà per tenere la via diritta - A piedi e poi a bordo, tra soldati: loro gentilezza.
Dopo la visita del Generale io restai ancora qualche giorno a Kian Kong; poi, vedendo che omai era tutto tranquillo, mi disposi con Don Guarona al ritorno, deciso a tenere la via che avevamo fatto venendo. Ma questa volta con mìnor fortuna. L'esercito nordista, spintosi avanti verso Chi Heng, erasi accampato in diversi punti lungo la via. Il momento era critico. I Cinesi, come ho detto, tengono sempre la via diritta, mai le traverse. Se noi ci fossimo tenute a queste, nessuno ci avrebbe molestato. Invece avevamo preso la linea più diritta ed arrivati al fronte, dopo aver percorso 24 chilometri, ci fu detto che non si poteva proseguire. Tornammo indietro, e all'indomani prendemmo una via di traverso e arrivammo tranquillamente alla nostra mèta.
Come avevamo fatto noi, avrebbero potuto fare i nemici e in men di due giorni colpirli alle spalle. Ma ciò non può passare neppur in mente ai Cinesi, perchè in Cina le vie di traverso sono proibite!
Arrivati di nuovo a Chi Heng, la mia missione si poteva dir compiuta. Quindi mi congedai anche da Don Guarona. Egli rimontò a Fong Tong: io discesi a Sciu Kwan. Inutile il cercare barche o portantine: non si trovò nulla e ci mettemmo in viaggio a piedi. Presi in compagnia un catecumeno, e avanti.., in nomine Domini!
Dopo una lega di cammino sulla strada che fiancheggia il fiume, vedo discendere una barca; faccio segni dalla riva e la barca si ferma. Portava dei soldati sudisti che discendevano a Sciu Kwan per caricare munizioni; mi ricevettero a bordo e mi trattarono molto gentilmente. Si parlò di molte cose, e quando seppero che io veniva da Nam Hong, la loro curiosità si acuì e mi tempestarono di domande, alle quali risposi come dettava la prudenza.
Verso sera fecero cuocere il riso e vollero che anche noi mangiassimo con loro; noi avevamo un po' di companatico e lo mettemmo a loro disposizione, e ne furono molto contenti.
Arrivata la notte, ciascuno cercò il suo cantuccio per dormire. Io, che avevo solo le coperte, avendo dimenticato la stuoia, ero un un po' impicciato, perchè la barca era molto sporca di fango ed assai umida. Gli amici se ne accorgono e prendono subito alcuni dei loro impermeabili, li distendono ben bene in uno dei punti più riparati della barca, e m'invitano a coricarmi. Li ringrazio, e tento di rifiutare; ma non c'è verso. Essi stessi prendono le mie coperte, ve le stendono sopra e mi aggiustano il letto. Mancava ancora il guanciale; prendono un altro impermeabile, lo piegano bene e ne fanno una specie di cuscino. Quindi ripetutamente, e sempre molto gentilmente, di nuovo m'invitano a coricarmi. Accettai, anche perchè un rifiuto avrebbe recato loro dispiacere e, fatta una breve preghiera, mi addormentaì saporitamente.
Al mattino per tempo, la barca, che di notte si era fermata, riprese il suo cammino e potei arrivare, ancor di buon'ora, a Shiu Kwan per celebrare la S. Messa.
Sac. LUIGI VERSIGLIA Missionario Salesiano.
(1) Preghiamo i nostri cari Missionari del Cuan-Tung o Kwang-Toung a inviarci una carta topografica del campo del loro apostolato e a seguire tutti le stesse norme nella scrittura dei nomi cinesi.
RIO NEGRO (Brasile).
Escursioni apostoliche sugli affluenti del Rio Negro.
(Relazione di Mons. Lorenzo Giordano, Prefetto Apost.).
IV (1). Lungo il rio Uaupés.
Ai 30 ottobre I9I8 m'incamminavo per la terza volta da S. Gabriel al Rio Cayarí colle fermate obbligatorie a Bella Vista (3 novembre), Tatapunha (5) ed Ipanoré (6), giungendo la sera del 9 a Urubuquara.
Quanti cari ricordi mi tornarono alla mente rivedendo quei luoghi già visitati e salutando persone care conosciute nel Rio Negro e nel Cayarí. Dovetti fermarmi in Urubuquara per riparare la canoa e procurarmi un nuovo equipaggio di dieci rematori col patto di portarmi fino al Rio Kerari e ricondurmi a S. Gabriel.
Imbarcati il 12, toccammo Busina-rapecuma, Oca-Pinima ed il giorno seguente (13) Jauarateruca e Cangatara.
Il 14 giungevamo finalmente a Jauaraté-cachoeira, dove si stavano facendo dei preparativi per una cerimonia funebre in memoria del capitano Giovanni, Tuchaua o capo del luogo, morto un mese prima. Credetti bene di fermarmi e di approfittare della riunione per amministrar Battesimi, per tenere brevi istruzioni, e per celebrare la Messa in suffragio del defunto, che era cristiano per il battesimo e per la bontà di animo spiegata nel proteggere la nostra missione. Mi fermai pure per avere come pilota della pericolosa navigazione il suo secondogenito Raimondo.
Cerimonia funebre in morte del Tuchaua - Il pianto degli uomini e degli... uccelli - Un enorme granito con geroglifici - L'importanza di simili monumenti.
Verso le 10 del 16 ottobre giunsero in piccole e grandi canoe molte famiglie di Indii di diverse parti, e osservai con piacere che tutti venivano a salutare il Missionario, da alcuni già conosciuto.
Una scena pittoresca. Gli uomini eran tutti armati di lance e bastoni. Chiusi in drappello, si diressero al piazzale della malocca (cioè del capannone principale) e, dopo diverse evoluzioni al passo e alla corsa, entrarono in essa battendo fortemente col bastone nella porta. Un numeroso stuolo di donne ne occupava già la parte centrale. Avevano i capelli sciolti, e piangevano e gridavano. I guerrieri si allinearono in lunga fila restando prima in piedi, poi sedutisi sulla calcagna principiarono anch'essi i loro pianti e lamenti!
Ad un tratto tutti si alzano e cominciano a parlare ad alta voce, e ognuno nel proprio dialetto, indirizzando la parola a sè stesso in un soliloquio teatrale. Decantano il valore dell'eroe estinto, hanno forti lagnanze per la sua perdita inaspettata e lanciano improperii e minacce contro colui o coloro che furon causa della sua morte.
Per capire il perchè di questo sdegno, convien sapere che gli Indii non credono assolutamente che si possa morire di malattia naturale o di vecchiaia. Essi attribuiscono sempre, ed esclusivamente, la causa della morte a malefizi, a occhiate, a veleni inoculati per odio e vendetta.
Le loro voci di dolore, di sdegno e minaccia erano accompagnate da un gesticolare nervoso e da continui mutamenti di volto, or nobili, or lacrimevoli, or minacciosi. Finì la prima scena con zuffolare, fischiare e battere le mani.
In questo frattempo si avanzarono molte figure bizzarramente vestite come maschere. Erano uomini che indossavano una specie di tunica, o camiciotto, fatta colla corteccia del tururi. Dal tronco molto poroso di quest'albero, ben bagnato e battuto, estraggono la corteccia tutta di un pezzo: cucendola le danno la forma d'una tunica o di un camiciotto, molto sporgente al disopra del capo e stendentesi in basso in forma rotonda, con un cerchio sottoposto; e lo dipingono a diversì colori, delineando nella parte corrispondente alla faccia: la figura o il becco di un uccello, ad esempio di un urubù, o di un gufo, o sparviero, o tucano, ecc., ovvero di una farfalla.
Quelli che indossano la tunica, camminando da soli, o a due a due, emettono voci e grida procurando di imitare l'uccello rappresentato. L'urubú ad es. grida sempre uaiuré, uaiuré: il gufo cucúreua, cucúreua, ecc. ecc.
Chi rappresenta la farfalla corre un po' a destra e un po' a sinistra per imitarla nel volo.
E che vengono a fare questi uccelli? Vengono a prender parte al lutto generale per la morte del Tuchaua delle loro foreste.
Le donne, le prossime parenti del defunto, ripetono, fra gli altri, questo lamento: « pahi, pahì, pahi, carré mandé munquetà pahi?! » (o padre, o padre, o padre! dove troveremo noi un altro padre?... )
Queste scene di lacrime, queste declamazioni, questi movimenti, queste grida, si succedono con poche e brevi interruzioni, in modo da non lasciar mai silenzio o riposo.
Quelli che non prendono parte attiva alla cerimonia rimangono seduti o in piedi ai lati, silenziosi o piagnucolando, gli uomini da una parte, le donne dall'altra; cosicchè la malocca presenta una scena consimile a quella descritta dal nostro Alighieri:
Parole di dolore, accenti d'ira,
Voci alte e fioche e suon di man con elle Facevano un tumulto, il qual s'aggira
Sempre in quell'aria turbinosa...
Nessuno può toccar cibo in questo tempo, ma a tutti è servito in sovrabbondanza il Caxirì ed il Capi.
Questa cerimonia funebre incominciò alle 10 del mattino e continuò tutto il giorno e la notte intiera. All'apparire dell'aurora si bruciarono le armi e quanto era appartenuto al defunto. Quindi si ritirarono tutti lasciando solo nella malocca il figlio primogenito, divenuto, per diritto di successione, il nuovo Tuchaua del luogo.
Il 18 di buon mattino, sotto la guida del pilota Raimondo, passavamo la prima cascata detta Jauaraté. Presso la seconda s'innalza un monumento naturale d'un enorme granito che, per la sua forma somigliante all'« Araras » (grande uccello originario del Brasile) è conosciuto con questo nome. Ma ciò che rende più celebre questo monumento sono i geroglifici in caratteri cubitali ed in bassorilirvo, che si vedono ancora non ostante le intemperie secolari e le mani inconscienti, che con pietre affilate si provarono a distruggerli.
In più luoghi del Brasile si trovano geroglifici di questo genere. Son monumenti di grande preziosità archeologica, perchè, bene interpretati, gettano molta luce nella storia locale, scoprendo le razze degli Aborigeni e l'epoca della loro apparizione in questo nuovo mondo. Ad esempio, è per mezzo di questi geroglifici che sappiamo essere capitati in Brasile uomini di nazione greca, colti in letteratura e versati in astronomia, il che viene ad escludere che gli Aborigeni fossero selvaggi. Essi divennero tali nel corso dei secoli, vivendo fuori del consorzio umano e perchè costretti ad una vita materiale e nomade nelle foreste.
Al di là della cascata Corù-corù, visitammo la grande malocca Castanho in una bella isoletta. Ne incontrammo una seconda presso la foresta, poi una terza in terra colombiana, e ci fermammo nella malocca Tagassù, dove, in quel giorno, era stata condotta una ragazzina, malata ad una gamba, per consultare il pagé, sperandone la guarigione.
Il pagé - Sua arte e come la esercita - Una specie d'Accademia indigena per la formazione dei "pagé".
Il pagé è il medico degli Indii, rispettato e temuto come l'arbitro della vita e della morte. A formar un pagé diplomato debbono concorrere tre cose. In primo luogo un conoscimento pratico di certe erbe medicinali: secondariamente la scienza di prestigiatore (al servizio della terapeutica), vale a dire, una sagacia non comune nel saper illudere con una lunga serie di smorfie e movimenti e soffi sulla persona, dovendo estrarre dal corpo dell'ammalato pietruzze, peli o pezzi di legno. Ciò egli fa in due modi: per assorbimento o per bagno. Per assorbimento, il pagé applica la bocca al membro infermo e ne estrae le pietruzze, o peli o pezzi di legno (ben inteso preparati antecedentemente nella bocca o nascosti in qualche modo in altra parte della persona). Per bagno, gettando acqua a secchielli sull'ammalato, finchè non si vedono scorrere, coll'acqua, le pietruzze o i peli o pezzi di legno inoculati. Rimossa così la causa della malattia l'ammalato deve vivere e star bene: e la vita e la salute la deve al Pagé. Se invece l'infermo peggiora o muore, ciò è attribuito al malefizio, all'occhiata od al veleno per odii e vendette: e l'onore del pagé è sempre salvo. Talvolta, forse, usa anche un po' di magia, senza la quale non potrebbe ottenere fenomeni visibilmente superiori alle forze naturali, come sarebbe lo scoprire occulte malattie, annunziare la morte in determinate circostanze, e altre cose.
In conclusione: nel pagé c'è del flebotomo, del ciarlatano e dello stregone.
Quando un indio cade ammalato, si corica nella rete col fuoco acceso a lato, e rimane a dieta assoluta. Aggravandosi il male, fa chiamare il pagé, che gli applica successivamente vari rimedi, cominciando dai più ordinarii come di una semplice bevanda, ai più strambolici, ad es. una fonte pressione sulla parte ammalata, sia pure coi piedi sul ventre o sullo stomaco, per venire infine all'applicazione di uno dei due metodi di assorbimento o di bagno, con cui estrae le pietruzze, o i peli e i pezzi di legno, cacciatigli in corpo da chi l'ha stregato.
Dicesi che tutti i pagé di maggior fama nel Cayarí siano stati formati in una specie di Accademia Indigena di medicina, che funzionava nella malocca di Suassaca presso Ipanoré.
Alla sera, verso le 18, ebbe luogo la consulta nella malocca. Il pagé prese un recipiente di zucca secca, contenente una bevanda. Vi soffiò dentro (a cacciarne ogni possibile malefizio) e lo die' a bere alla ragazza.
Dalla mia cella improvvisata, per la lontananza e per la luce fioca del luogo, poco o nulla potei vedere della mimica che egli fece: seppi di poi che la ragazza non migliorò, e pare sia stata condotta da un altro pagé più approfondito nelle altre scienze.
Di malocca in malocca - A Taina - Una cerimonia funebre.
Il 19 seguimmo il viaggio per Miriti-igarapé ed alla piccola malocca Paranà. C'imbattemmo
in tre canoe di Piratapuyos che discendevano il fiume, di ritorno da una festa di dabucury, verso la loro malocca presso Ipanoré. In quella di Manicuéra, dove arrivammo, vedemmo i preparativi per un dabucury che erano in procinto di fare, e continuando il viaggio ne udimmo l'annunzio dal suono della tromba misteriosa del Jurupary (1). Arrivammo alla malocca Tatà-capoamo (in Colombia) alle 19, sotto una pioggia dirotta.
Il dì seguente (20) passammo Uarìba-cachoeira e Jauard-ponte in (Colombia), ed attraversando la foce del Uiramirí, giungemmo verso le 16 alla malocca Abacaba, dove trovammo un ragazzo di 11 anni, paralitico di un braccio e di una gamba, per un insulto apopletico, avuto mesi prima.
Da Juaraté-cachoeira fino ad Abacaba son tutti Indii Tarianos. Di là in avanti comincia il regno degli Uananos. Questi Indii paiono più robusti e svelti degli altri, forse per i molti esercizi nautici, essendo costretti a vivere in mezzo alle grandi cascate.
All'indomani (21), oltrepassate le cascate Abacaba, e quelle di Tamacuerí Panel-Panel e Periquito, arrivavamo alla malocca Tayamiigarapé.
Il 22 fu il giorno record in fatto di cascate. Giungendo a Tabanà-malocca, ascendemmo le cascate del Japú, Araras, Jandú e Carurú, tutte imponenti e alcune degne di menzione.
Araras presenta l'aspetto di un esercito nell'atto che si avanza ordinato e compatto contro il nemico. Carurú sembra uno squadrone di cavalleria che si precipiti all'assalto. Nella prima vi è l'uniformità nella marcia delle acque fino alla caduta, quantunque divise in due parti da un'isoletta che sorge in mezzo. Nella seconda le acque, costrette a restringersi fra due barriere di granito, formano onde che si accavalcano furiose, e si precipitano per la discesa spumeggianti e disordinate. In ogni grande cascata vi è un assordante rumore simile ai ruggiti del leone: l'occhio rimane estatico innanzi alla varietà delle onde spumeggianti e all'arco baleno, formato sovente dagli spruzzi d'acqua esposti ai raggi solari; ma sempre c'è il pericolo di essere trascinati nei vortici o involti nelle onde, a seconda che si passa sopra o sotto quegli sbalzi imponenti.
Su di un poggio, alla riva sinistra della cascata, sorge la malocca Carurú, con varie case, e poco lontano si vede una seconda malocca. Il luogo merita di essere scelto come centro della Missione nell'alto Uaupés. Era assente il capitano Luigi, Murucaua (capo principale) degli Uananos, e fummo accolti dalla sorella Antonia, Uanana di origine, Colombiana per una certa educazione che dimostra, tra l'altro, nel parlar correttamente lo spagnuolo. Ella mi aiutò a poter amministrare 32 battesimi nell'andata e 25 nel ritorno.
L'indomani (28) ripartimmo dopo il mezzodì. Oltrepassata la cascata Iuiquarà (luogo di sepoltura) si arrivò alla malocca Matapí, presso la cascata dello stesso nome, dove il fiume descrive un angolo rapidissimo.
Il 24 ascendevamo la cascata del Tapirà, che sarebbe la maggiore se fosse d'un sol tratto. Non ebbi il piacere di vederla, perchè nell'andata la nostra barca fu trascinata su per un canale laterale del fiume, e nella discesa i rematori mi fecero sbarcare presso lo stesso canale perchè scendessi da solo al letto sottostante del fiume, mentr'essi ne seguirono il corso naturale, pericolosissimo in diversi punti.
Oltrepassando la cascata di Jacaré e visitando altre malocche brasiliane e colombiane, il 29 eravamo alla malocca Taina, dove stavano riuniti più di 400 indii in procinto di cominciare una cerimonia funebre. V'erano tra gli altri anche molti Cubeos. Il principale dei Tuchaua presenti mi si presentò in pompa magna: orecchini di oro, collane di ogni colore e grandezza digradanti sul petto, lo scudo al braccio sinistro e la lancia nel destro, che battè fortemente contro il braccio per fare risuonare i granellini introdotti nell'interno dell'asta. Simili gesti sono proprii dei Tuchaua quando, alla vigilia di combattimenti, od in speciale solennità, sogliono arringare i loro sudditi e
ricordare le vittorie riportate dalla tribù, per animarla a seguire gli esempi degli antenati.
In questa pompa funebre, oltre il cerimoniale descritto in quella che vidi a Jauaratécachoeira, notai due altre particolarità. I rappresentanti degli uccelli, invece di far semplici passi avanti e indietro, ascendevano cantando su due grossi funi appese alle travi della malocca. L'imitazione era più perfetta. Oltre gli uccelli, vidi qua rappresentati anche altri animali, come la tigre e la così detta pigrijoa.
Lasciammo nel fervore della festa i Uananos e gli invitati Cubeos, e
partimmo al mattino, e, prima di sera, toccando la foce del Japora-igarapé, arrivavamo ad una casa in legno, appartenente al Dott. Rondon, in terra colombiana, abitata da tre famiglie di indigeni.
L'indomani passavamo un'altra piccola cascata e, costeggiando una lunga isola, arrivavamo al Kerarí, che nel trattato del 29 aprile 1917 fu scelto come confine Nord-ovest tra il Brasile e la Colombia. Era la mia mèta. Visitammo la malocca colombiana Giboia, amministrando vari battesimi.
(Continua).
(1) Per la festa indigena del Jurupary ved. Bollettino di marzo 1918, pag. 5o.
Siamo lieti di segnalare l'atto generoso di un pio e zelante sacerdote a favore delle Missioni Salesiane della Cina.
Il Sac. Don Giuseppe Basso, Missionario Apostolico del Tche Kiang (Cina), aveva raccolto la somma di L. 10457,55 per venire in aiuto alle Missioni di quell'immensa regione, ancora immersa nelle tenebre dell'idolatria. Avendo egli appreso del «Bollettino» che si erano inviati colà varii missionarii salesiani, grato a Maria Ausiliatrice e al Ven. Don Bosco per una grazia speciale ricevuta, pensò di usare di detta somma per venir loro in aiuto e perciò la rimise al rev.mo sig. Don Albera, il quale ringrazia - a mezzo nostro - tutti i generosi oblatori e li assicura che i Missionarii faranno pregare i nuovi Cristiani per loro e per le loro famiglie.
Rammentiamo
la raccomandazione fatta dal rev.mo sig. Don Albera nella Lettera del 1° gennaio, riportata nelle prime pagine del Bollettino di quest'anno, di continuare pubbliche e private preghiere a Maria SS. Ausiliatrice:
« È mio desiderio che si continui, privatamente e pubblicamente, a supplicare questa nostra dolcissima Madre secondo l'intenzione del Papa come s'è fatto ogni giorno durante la guerra, e insieme che il 24 del mese o la domenica seguente, tutta la gioventù che frequenta i Collegi, gli Ospizi, gli Educandati e gli Oratori di Don Bosco, sia invitata e debitamente disposta ad una Comunione generale per il buon esito della Conferenza per la pace. Affido ai Salesiani, alle Figlie di Maria Ausiliatrice e anche a voi, o zelanti Cooperatori, il fissare quelle norme che si riterranno localmente più opportune per rendere imponenti le proposte funzioni eucaristiche ».
Agli Ascritti alla "Associazione" di Maria Ausiliatrice
Commento allo Statuto dell'Associazione - in occasione del cinquantenario della erezione canonica - 1869-1919
VII.
Combattiamo la bestemmia e impediamo i discorsi empi e immorali.
Un altro mezzo che il Venerabile D. Bosco propone ai divoti di Maria Ausiliatrice per meritarsi la sua protezione, è quello di usare la « massima cura per sè e presso le persone dipendenti d'impedire la bestemmia e qualsiasi discorso contro la Religione. »
Che la bestemmia sia peccato e gravissimo, lo sappiamo tutti. S. Giovanni Crisostomo dice che è il più orribile dei peccati (1); e S. Tommaso prova che l'espressione non è esagerata (2).
Che la bestemmia sia un vizio brutto, stupido, incivile, dannosissimo, lo predicano anche i non credenti (3).
Che la bestemmia sia un vizio che degradi il popolo e vilipenda la patria presso le altre nazioni, lo sanno e l'affermano quanti hanno viaggiato all'estero.
Ora se è così, chi può dubitare che impedendo la bestemmia non si faccia cosa graditissima a Maria? Chi più di Lei, Immacolata, odia il peccato? Chi più di Lei, dopo Gesù Cristo, può desiderare che il nome di Dio sia santificato in tutta la terra? Per questo Ella dona grazie grandi agli uomini apostolici: perchè riescano a dilatare il Regno di Dio. L'Ausiliatrice dei Cristiani non può non prediligere quanti si adoperano a combattere il peccato che, più d'ogni altro, offende l'infinita maestà del Signore.
Ora se, combattendo la bestemmia, noi siamo certi di far cosa graditissima a Maria:
1° Non permettiamo che i nostri dipendenti (figli, servi, scolari, operai, affittavoli, massai ecc.) bestemmino. Correggiamoli, e, anche castighiamoli, secondo i casi; e i dipendenti adulti che non si emendassero, licenziamoli.
2° Nei pubblici ritrovi, nel treno, nell'albergo, nelle private conversazioni, dovunque ci troviamo e Sentiamo bestemmiare, cerchiamo di reagire cola la parola, se la prudenza ce lo permette, riprendendo, sgridando il disgraziato che profana il nome di Dio, della Vergine e dei Santi.
3° Ove la prudenza ci consigli di tacere per evitare mali maggiori, reagiamo con un contegno serio, sostenuto, il quale apertamente condanni l'empio che parla. E qualche volta, per dimostrare tutta la nostra riprovazione, potremo anche alzarci e andarcene. Non troppi riguardi con questa gente che non rispetta nè Dio nè le nostre più care credenze. La tolleranza è colpevole; e se tanti sono i bestemmiatori, è perchè ben pochi sono quelli che si oppongono al dilagare di questo male cancrenoso.
Un altro male, egualmente grave e deleterio, e perciò fortemente da combattersi, è il turpiloquio. I cattivi discorsi, dice S. Paolo, corrompono i buoni costumi (I Cor., 15, 33). È verità che non ha bisogno di prove. Non permettiamo quindi che da' nostri dipendenti si parli male; non tolleriamo le parole equivoche, le frasi volgari, i bisensi.
Cogli adulti, nei luoghi pubblici, ove si sente un parlare poco castigato, teniamo un contegno serio, nobile, di aperta disapprovazione. Non sorridiamo neppure leggermente alla frase immonda che vuol essere più o meno spiritosa. Sappia il disgraziato che l'ha pronunziata, che non solo non incontrò il nostro favore, ma ci offese nei nostri più delicati sentimenti.
Come conseguenza di questi nostri principii combatteremo anche i giornali e i libri empi e immorali che screditano la religione, offendono il pudore e corrompono i buoni costumi.
Anche in questa lotta noi ci attireremo la protezione della SS. Vergine. Essa è tutta bella e tutta pura, ha orrore d'ogni anche minima immondezza, e non potrà non godere del lavoro di chi si affatica a combattere la corruzione dei costumi; Essa è madre purissima e madre castissima, e non potrà non compiacersi grandemente del lavoro di chi cerca di conservare e ricondurre la purezza nei cuori.
Ogni vizio è contagioso; ma vi sono dei vizi che hanno una potenza infernale di propagazione; e tali sono la bestemmia e il turpiloquio. Un bestemmiatore o un mal parlante rovinano una casa, una fabbrica, un paese, come una pecora rognosa ne guasta un branco, e una pera fracida un monte. E la strage di anime e di cuori avviene più specialmente tra i piccoli, i quali sentendo gli adulti, imparano a fare il male, prima ancora d'averne conosciuta la gravità e malizia. Fa pena e stringe dolorosamente il cuore il sentire talora dei piccoli che bestemmiano Dio, senza aver ancora appreso a invocarlo. Un giorno, per una strada di campagna, si sentivano di là dalla siepe dire voci infantili, le quali pronunziavano le più orrende bestemmie. Sapete chi erano? due bambini, vestiti della divisa degli Asili Infantili e col loro cestino in una mano e una mela nell'altra. Sgridati, il più arditello rispose: - Mio padre le dice sempre e non mi ha detto di non dirle.
È certo che i piccoli sono imitatori e imparano il male più facilmente che il bene. Ora noi, combattendo la bestemmia e il turpiloquio, quanti scandali impediremo e quanti meriti ci faremo!
Diciamo di più: Maria, se è madre di tutti i cristiani, in modo particolare è madre dei piccoli perche i piccoli più di tutti hanno bisogno della madre; quindi essa gradirà quanto mai l'opera di chi impedisce che i piccolini siano guasti e corrotti. A questa un'opera che ci meriterà la sua protezione in vita e in morte.
(Continua)
(*) Ved. Boll. di ottobre u. s.
(1) In Is., e. 18.
(2) 2. 2. q. XII. 1 ad 2.
(3) Vedi Bestemmie e bestemmiatori di D. F. Maccono pag. 6o. Libr. Editr. Intero. L. 0.40.
Evviva Maria Ausiliatrice !
Da due mesi soffrivo fortissimi dolori al capo. Il professore dell'Istituto Oftalmico di S. Remo, dopo accurata visita, dichiarò che per me non c'era più nessuna speranza di guarigione. Chiesi di essere operata ed egli cedette alla mia domanda, invitandomi però a provvedere a tutte le mie cose, perchè, l'operazione, essendo già la seconda, con cento probabilità su una, sarebbe riuscita inutile, ed io, causa anche l'anemia che mi indebolisce, sarei rimasta sotto i ferri.
Ritornata a casa dalla visita mi rivolsi con figliale fiducia a Maria SS. Ausiliatrice che imparai ad invocare bambina, e scrissi alle Suore del Collegio al Torrione di Bordighera raccomandandomi caldamente alle loro orazioni.
Il giorno dopo, 23 del mese di settembre, ritornai alla clinica per l'operazione. Il dottore, nel visitarmi, notò un miglioramento, che, però, temette precario e mi invitò a ritornare il giorno dopo 24, giorno in cui, oh! bontà grande della nostra celeste Madre., egli constatò la piena guarigione. Ritornai a casa col paradiso nel cuore e con un bisogno forte, intenso, di gridare: « Evviva Maria Ausiliatrice! »
Riconoscente per la grande grazia ottenuta, il giorno 28 dello stesso mese di settembre mi recai a ringraziare la Madonna nella Chiesa a I,ei dedicata al Torrione, ed ora pubblico la grazia ricevuta perchè quanti sono i divoti suoi sparsi nel mondo, tutti abbiano motivo di rallegrarsi e mi aiutino a ringraziarla e a benedirla degnamente.
S. Remo, 3o settembre 1919.
ROSMUNDA CARLEVARO.
GRUA DI LOMELI,O - 24 - Ix - 1919 - Ero ammalata di calcolosi biliare con altre complicazioni e, nonostante le varie e lunghe cure di valenti medici, il male peggiorava e fu necessario tentare l'operazione. Mi rassegnai alla dura prova, certa d'incontrarvi la morte, qualora non intervenisse l'aiuto divino. Posi la mia fiducia nell'intercessione di Maria SS. Ausiliatrice. A Lei ricorsi con tutto lo slancio del cuore, promisi un'offerta al suo Santuario in Torino e di renderle pubbliche grazie sul Bollettino Salesiano. E l'aiuto della Celeste Regina fu pronto e immediato.
Subii l'operazione con esito felice e, con meraviglia degli stessi professori, fui ben presto dichiarata fuori di pericolo.
Appena mi fu possibile, mi recai al Santuario Basilica in Torino a ringraziare con viva gratitudine la Taumaturga Madonna di Don Bosco e a presentarle l'offerta promessa.
CLEMENTINA COSTA-SCEVOLA.
NOVARA - 24 - ottobre - 1919. - Nel dicembre u. s. dell'anno 1918, mio marito Francesco Carrera venne colpito dalla febbre spagnuola e in breve aggravò talmente da farmi perdere affatto la speranza di salvarlo. Il medico curante, che veniva più volte al giorno, trattandosi di seria polmonite doppia ed alterazione al cuore, assentì pel consulto, il quale non diede altro che la constatazione del caso reale, gravissimo e senza scampo, tanto che il caro malato, ricevette con serenità d'animo i conforti di nostra santa Religione. Mia sorella, Figlia di Maria Ausiliatrice, che con carità di angelo, lo vegliò per ben dodici notti, lo raccomandava pure con viva fede alla sua Madonna e al Ven. Padre Don Bosco e, mentre noi lo piangevamo morto, essa, pur essendo rassegnata alla volontà di Dio, non si perdè d'animo e mise accanto al caro inalato l'immagine di Maria Ausiliatrice e la reliquia del Ven. Don Bosco. E la Vergine santa non tardò ad esaudire i voti della sua Figlia. Il malato subì una forte alterazione tanto che si dovette ricorrere all'ossigeno, ma non era che per far risaltare di più il prodigio. Quando fu proprio sull'orlo della tomba il povero infermo cominciò a migliorare ed ora è sano e salvo.
Riconoscente in eterno, ringrazio sentitamente e invio un'offerta, invocando la protezione dell'Ausiliatrice sulla mia cara famiglia e sulla sorella che, con l'esempio della sua fede rassegnata, fu di grande conforto al malato ed all'intera famiglia.
GIUSEPPINA BELLETTI in CARRARA.
TORINO - 5- x - 1919. - La mia cara mamma da un mese e mezzo si trovava afflitta da un forte dolore al braccio, che le toglieva l'uso dell'arto e le causava sofferenze acutissime.
Tutta la mia famiglia era immersa nel più profondo dolore, perchè il dottore aveva dichiarato che era impotente a guarirla.
Allora fidente nella protezione della nostra Celeste Madre Aiuto dei Cristiani, incominciai una novena con la promessa che, se ottenevo la grazia, avrei fatto un'offerta al suo Santuario in Valdocco.
Dopo tre giorni di fervorose preghiere il dolore al braccio sparì come per incanto. Riconoscente adempio alla promessa.
LORINO MARGHERITA.
ACI S. ANTONIO. - 2o-Ix-I9I9. - La mia nipote Giuseppina Siacca nata Romea, madre di due angioletti, era stata ripetutamente colpita dalla febbre spagnuola, che in breve la trasse all'orlo della tomba. Già le si era amministrato il S. Viatico e segni non dubbi dimostravano che la sua esistenza era presso a finire. Si corre per un sacerdote che le raccomandi l'anima ed intanto io entro in chiesa ad ascoltare la S. Messa. Rinnovai allora con più fervore la mia preghiera a Maria Ausiliatrice promettendo un'offerta per il suo Santuario, qualora avessi ottenuto la grazia. L'ammalata cominciò subito a migliorare e dopo alcuni giorni era completamente guarita. Riconoscente alla Madonna di Don Bosco, sciolgo la mia promessa.
Ing. SALVATORE BOTTINO.
LATISANA. - 7 - Ix - 19I9. Ero, da un mese e mezzo, ammalata e per la mia guarigione occorreva un'operazione di alta chirurgia e il mio stato di forte indebolimento dava poco a sperare nel buon esito, e di più ero talmente impressionata che non mi sentivo il coraggio di sottomettermi a tale prova. Una sera ero assopita e stavo sospirando per il mio doloroso stato, quando improvvisamente mi venne l'ispirazione di supplicare la B. Vergine Ausiliatrice promettendo che, se mi concedeva la grazia, avrei fatto celebrare una Messa all'altare della B. V. e pubblicare il favore. Da quel momento mi venne una calma e rassegnazione isperata, mi sottoposi con tutta tranquillità all'operazione e, dopo di questa, riuscita felicemente, in brevi riacquistai la sanità di prima.
Siano grazie alla Vergine pietosa!
RITA CASSI VISENTIN.
CHERTSEY (Londra) - 24 - VIII - 1919. - Dopo numerose angosce eroicamente sopportate al capezzale di un'amata sorella, la diletta mamma cadeva inferma e in breve era ridotta agli estremi. La scienza umana non le dava più che pochi giorni di vita. Nell'impossibilità di recarle la consolazione, della nostra presenza tanto bramata, in quei strazianti momenti ci rivolgemmo con tutto il nostro affetto a Maria Ausiliatrice, e il nostro grido non fu vano, la nostra fiducia non fu delusa: Maria Ausiliatrice ci esaudì, la buona mamma riacquistò la salute perduta. Sia ringraziata la gran Madre Celeste!
Sorelle GOTTO, Figlie di M. Ausiliatrice.
VALENZA Po -- 5 - VI - 1919. -Nello scorso gennaio la mia adorata genitrice, unica guida della famiglia, veniva colpita dalla terribile malattia del giorno, la febbre spagnola. In pochi giorni la violenza del male ridusse l'inferma in gravissimo stato e per ben due volte si temette seriamente della sua esistenza. La scienza aveva esaurito tutti i mezzi, e non mi rimaneva che invocare l'aiuto del Cielo. Con l'angoscia la più profonda nel cuore, ma con la più ferma fiducia mi rivolsi a Colei che è la salute degli infermi, la consolazione degli afflitti; a Maria Ausiliatrice, alla cara Madonna di Don Bosco, che imparai a conoscere ed amare nei bei anni trascorsi all'Oratorio Salesiano. La pregai con fervore unitamente all'inferma e a quei di famiglia, recitando le preghiere consigliate. E la cara Madre si degnò di esaudirci. A poco a poco scomparve il pericolo, e l'inferma riprese le sue forze, ed ora è perfettamente guarita. Grazie sentite, o Maria! Ai tanti titoli che già avevi al mio affetto, ne hai voluto aggiungere ancora un altro, quello di avermi conservata in vita il tesoro più grande che possa aver un figlio sulla terra. Grazie!
Sac. CRISTOFORO RANGONE.
Ottennero pure grazie da Maria SS. Ausiliatrice e alcuni pieni di riconoscenza inviarono offerte per la celebrazione di Sante Messe di ringraziamento, per il nuovo Santuario dei Becchi, per le Missioni Salesiane o per altre opere di D. Bosco, i seguenti:
A) A. C. di Rufino (Rep. Argentina), A. G. di Salbertrand, A. M. di Civitavecchia, A. O. di *** - , Abbate M. insegnante a Cancello, Accorrone G., Agazzini G., Ajazzi A., Airali G., Alberti L. in Cristini, Alberti rag. E., Alberti M., Alippi C. in Gerini, Almerini B., Almerini L., Altare L., Aimetti M., Aimonetti S., Amalfi C., Amisio C., Andreoni M., Anselmetti A., Artiglio C., Antonino D., Antonio R., Ardini M., Arduino C., Arena F., Argenta M., Arissone A., Arlandi G., Arnoldo O., Arturo S., Assi A., Audisio F., Avipane T., Azzaric P.
B) B. A. di Camagna Monfer., B. E. di Treviglio, B. M. di Diano d'Alba, B. S. soldato di Brescia, Bagli F., Bagnati C., Balestra G., Ballini I., Barberi G., Barbero G., Barbitta L., Baraccone I., Bassetti L., Bassino N., Battaglia E., Beccherle E., Beitrami R, in Spreafico, Beltrami T., Benedetti F., Bergni S., Berta Q., Bertino Q., Bertolisio G. B., Berton d. G., Bertossio A., Berutti O., Bianchi G., Bianco d. E., Bianco G., Bidone E., Biendrate M. in Silva, Bigonci C., Bodda F., Bodrotti A. in Gatti, Boero A., Bolli M., Bologna A., Bonada B., Bovino V., Bonopace G., Bonsignore C., Bor M., Borione M., Borrone A., Borso G , Bosco A., Bosco E., Bossalino C., Botti F., Bottino Ing. S. Cooperatore Salesiano, Bovetti A., Bovio G., Botoli G., Branca M., Brancatelli d. G., Briata D., Brio C., Brondolo M., Brouard P., Brunetta G., Brussino M., Bugini C., Buriani M., Busellini M., Busnelli D., Butti L.
e) C. B. di Barrafranca, C. D. di Valfenera, C. F. di Torino, C. L. di Massa Marittima, C. M. di Termini Imerese, C. M. di Sanfront, C. T. di Cumiana, C. V. di Fumane, Cadel G., Cagnassi R. Cooperatrice Salesiana, Cainetti M., Calda L., Caliceti M., Caligaris T. ved. Scarrone, Calissario V. in Letté, Calvo C. in Ulla, Calzia C. in Gazzelli, Calzone M., Camanigni O., Cambiano M., Canapacci L., Canepa D. in Moccagatta, Canna d. E., Canova C., Canova G., Cappa G., Cappellini E., Caprarelli S., Caravario R., Carazza P., Cardi R., Cardini F., Cardoso A. A., Cartoni A., Carlucci M., Carosso G., Carosso S., Carpegna A., Carrarini S., Casalone R., Casetta G. B., Cassina S., Cassolini B., Castelletti L., Castelli R., Cattali S., Cavallo M., Cazzaro P. G. Cooperatore Salesiano, Cazzeniga G., Cereda P., Cerri R., Cerutti L., Ceschlni G., Chesani d. E., Chiara M., Chiesa R., Ciaccheri M. in Bellanti, Ciannanica M., Cipolla A., Cipolla G., Cipriani A., Coelho D., Coelho dos Reis B., Col G., Colla G., Combini G., Coniugi Sulpizì, Caselli, Conti C., Conti M., Coppa G., Cornaglia S., Cornagliotti A., Costa C. in Scevola Cooperatrice Salesiana, Costanzo M., Cottino R., Cravero G., Cremonesi O., Cremonini M., Cristino G., Croce E., Crosazzoni S., Crozza A., Cumino C.
D) D. A. di Dronero, D. S. di Saluzzo, D'Abbraccio C., Daccioli G., Dall'Agnese C., Decarlino G., Decastro G., Dell'Osso M., Defilippi M., De Giusti V., Della Giusta M., Della Valle G., Delpiano C., Del Rizzo O., Demaria S., Demartini M., Dente A., De Pasquale A., Depizol M., Devota di Maria Ausiliatrice di Forlimpopoli, Dezutti C., Dherin G., Disaymonet G., Donadei S., Donati D., Dondero A., Dorinelli O , Dovis E., Drocco L.
E) E. B. T. di Milano, E. M. di Trecate, Echer B., Elderico F., Elena M., Emanuele F., Erzelin C.
F) Fabrini M., Falchero G., Falcione O., Famiglie Bei-notti, Biancucci, Fornaresi, Gérard, Mazzolini, Mulassano, Fanton G., Ferrara M., Ferraresso L., Ferraris B., Ferraro C., Ferrero E., Ferrero Eleonora, Ferrero M., Fescia G., Fiorenzuola G., Foglia L., Fontana C., Formentini R., Fornara C., Fornas L., Fracchia A., Francesetti C., Frassati G. B., Fratelli Calcamuggi, Fratellini Logica, Fresco F., Frongiani L., Fumagalli C.
G) G. A. di Bardonecchia. G. B. di Chieri, G. N. di Bergamo, G. N. di Portomaurizio, Gaiettini O., Gallo E.. Grillo A. in Mandara, Gambaresi L., Gambera C., Gamerro M., Gandiglio E., Gandino V., Garizia N., Garlando G., Garrone B., Gasperoni E., Gassino L., Gattonelli P., Ghiardo P., Ghirardi M. Cooperatrice Salesiana, Ghivarini C., Giachi coniugi, Giachino M., Gianguzzi G., Gianoglio E. in Sella, Gianotti T. e G. Giardino E., Ginocchi,) V., Gioana C., Giolitti G., Giorsis C., Giovannini M., Giovannini S., Ginnari I. in Ferola, Gori E., Granaglia M., Grandinetti M., Grappiolo P., Grassi I., Grassini B., Gratino C., Greco G., Greppi G., Griccinelli P., Grillone M., Grosso E., Grosso M., Grugnetti M., Guadagno C., Guala G. Tenente, Guercio S., Guidicini M.
I) I. B. di Castellammare Stabia, I. M. di Manfredonia, I. N. di Vinadio, Innocenti B., Irnici B., Irmina S., Ivaldi A., Ivaldi G., Ivaldi M.
L) L. D. di Sanremo, L P. R. di Novi Ligure, La Marca L., Lefienor A., Leonardi L., Lino L., Lodicini C., Lombardo G., Lopez D., Lorenzoni C., Lovato M. in Bertacco, Lualdi A., Luchini S.
M) M. C. di Muragus, M. D. di la Thuile, M. D. di Mazzarino, M. G. G. Ved. V. di ***, M. G. P. di Padernò, M. G. di Sandigliano, M. G. di Torino, M. L.
di Charvensod, M. L. di Santulussurgiu, M. M. di Avigliana, M. P. di Torino, M. prof. T. di Catania, riconoscente per ricuperata salute, invia offerta per il culto di Maria Ausiliatrice, Macario S., Maccone Madre di famiglia di ***, Maestri B., Magalhaes M. C., Moggiorotti C., Magnani C., Magni F., Mai C., Maistri V., Manfroni A , Mangani suor C., Mante lini O., Marcen si C., Marchesi F., Marchesino F., Marchetti A., Marchetti O., Marchisio A., Margiaria A., Mariano V., Marrocco A., Martinelli A., Martini T., Masera D., Maserotti A., Masserutto G., Mattei A., Mazza A., Mazzadi M., Meardi M. in Mazzarelli, Medda Z., Meinardi C., Melanotti A., Melis A., Micca A., Mietti B., Mietti S., Minetti C., Molaroni C., Molinari M., Molli A., Mondino L., Mondone M., Montelatino M., Monti G., Monti S., Morali(lini M., Moratti d. A., Morchio A., Morello A., Mosca R., Motta T., Mozzato T., Musineci P. capitano, Musso C. in Saccone.
N) Negro M., Nello C.
O) Obert R. e L., Obertini A., Obinu G., Oggero D., Ottino B.
R), P. B. di Savigliano, P. F. di Felizzano, P F. A. F. di Milano, P. R. di Torino, Padre di famiglia di Caltagirone, Pagani C. in Pedrazzini, Pagani M. di San Pellegrino Parmense, Pagetti R., Pagliano L., Pagnozzi M., Paini S., Paita Q., Paladini C., Palmas L., Palmato A., Paniga B. Cooperatore Salesiano, Parroco della diocesi di Novara, Passuello A., Patrito F. Maestra dell'Orfanotrofio femminile di Mantova, Pautasso M., Pavese L., Pavia G., Pedrazzani A., Pedrulli A., Pedrelii L., Peixoto D. L., Peressini M., Pericoli M., Perinotti V., Perlo G. ex allievo salesiano, PeVoni G., Perotti C., Perruchon L., Peruch M. in Levade, Perucotti D., Pes M., Pezzotti D., Pezzotti P., Pezzutti M., Pianazza M., Piasco C., Piccini,) B., Piccione S., pie persone di Agliano d'Asti, Alice Bel Colle, Ahnese, Ascoli Piceno, Avigliana, Bardonecchia, Bassano Veneto, Benevento, Bergamo, Cagliari, Casorzo Monferrato, Chiari, Diano Marina, Empoli, Frassinere, F rassinetto Canavese. Garbana Pavese, Garfagnana, Incisa Belbo, Lanzo Torinese, Livorno Vercellese, Marano Valpolicella, Montaldo Bormida, Taranto, Termini Imerese, Torino, Tortona, Ugento, Viliarfocchia,do, Pierangeli L. in Mapei, Pietropaoli A., Pino S., Pinitello M., Piumetto F., Pizzinato d. G., Pogliano suor B., Poll'dini A., Pompignoli F., Poy B., Pozza L., Pozzandri E., Prato G., Previati G., Primatesta M., Profuga Vicentina di Adrara S. M., Pujatti C. e M., Putzu F.
(Z) Quaglia M., Quagliarella M., Quarello M., Quaretto S.
R) R. A. I. di Palazzolo Veronese, R. C. di Torino, R. M. di Santulussurgiu, R, V. di Cornegliano d'Alba, Rabino G. insegnante di Lequio Berria, Raffaele M., Rattin M., Raviotti C., Ravizza F., Rebora P., Reginotti A., Rei G., Reinero D., Riccardi S., Ricevuto S., Righi I., Riginato A., Rigois S., Rigotti E., Rinalducci M., Rivarone L., Roggerini C , Romano G. di Copertino, Romano G. di Terranova Sicula, Roncarolo P., Ronchetti G., Ronco A., Rosa L., Rossi M. Rossignoli A., Rosso P., Rusconi G.
S) Sagini C., Saino V., Salmasio D., Salò D., Salvini G., Sampieri P., Sampinelli O., Sanguinetti O., Sante A., Santini G., Sartori L., Savino C. e F., Saviotti O. in Galati, Scarafia L., Scarrone M. in Scamnzzi, Scazzola coniugi, Scelsi R., Schiapparelli M., Sebastiana M., Satalano maggiore, Segnalini G., Sella A., Sferlazzo prof. V., Sillitti A., Simili M., Sini G., Solavagione M. di Carmagnola, Solavagione M. di Savigliano, Sonzogno G., Sorelle Carossio, Penna, Spada F.. Salvietti, Squiilace A., Suor Sylva M., Stangoni d. C., Sterpone M., Sticco M., Struss G., Spreafico G., Suor M. C.
T) Tabacchi E., Tassi L., Tavano R., Tavano F., Testa L., Tencone A., Tione V., Tiraferri d. F-, Tomassone G., Tomatis M., Tonon A., Torchio T, M. Superiora Ritiro Isnardi di Asti, Tosetti L., Tosi G., Tosolini C., Treves d. G., Trincheri M., Trogellini B., Trucco A. Tuninetti A., Turlà I.
U) U. N. di Giaveno, Ughi L. Uila G.
V) V. A. di Alessandria, Vagnozzi V. in Cattaneo. Varetto M., Varetto (fratelli), Vaudagnotti G., Vayr O., Venturino C., Verna V., Vicario R., Vigitello A., Vigliarolo R., Viglione C. in Barolo, Viora M., Viscardi A., Viti-Mariani P., Vogliano C., Voi N. Vottero B.
Z) Z. A. di ***, Zaccarino E. in, Linguite, Zadei M., Zamboni M., Zandigiacomi M„ Zucca G., Zurlinetti C.
A Valdocco.
Il 28 u. s. tornava a Roma l'Em.mo Card. Cagliero, dopo di essersi accomiatato, dai superiori e dagli alunni, con le più care espressioni di affetto e con paterni incoraggiamenti. « Uno sguardo in alto, un altro in basso - ci disse: - cioè unione con Dio e lavoro, lavoro, lavoro per salvare delle anime! Così ha fatto ed insegnato Don Bosco! »
Il 24 l'Eminentissimo celebrava all'altare di Maria Ausiliatrice e, prima che venisse impartita la benedizione eucaristica rivolgeva anche ai presenti una vibrata allocuzìone, spronandoli a vivere da buoni cristiani per meritarsi le benedizioni di Dio.
Lo stesso giorno celebrava all'altare di Maria Ausiliatrice anche Sua Ecc. Rev.ma Mons. Drinot y Pierola, della Congregazione dei SS. Cuori, Vescovo di Huànuco nel Perù, che, a notte, si degnava impartire la benedizione solenne dopo l'ora di adorazione predicata.
All'Em.mo nostro Cardinale e all'ospite venerando rinnoviamo l'espressione dell'omaggio più devoto, con l'assicurazione di filiali preghiere.
Il 26 ottobre il rev.mo sig. Don Albera, alla presenza dei superiori e degli alunni, impartiva la benedizione rituale al nuovo corpo di fabbrica, eretto nell'Oratorio per la Sezione « Studenti ». Iniziato e condotto a buon punto prima che scoppiasse la guerra, esso venne requisito dall'Autorità Militare e adibito in questi anni a « Caserma Don Bosco». Derequisito in agosto, si cominciarono i lavori di ripulitura e rifinimento, e, di questi giorni, nei due piani superiori vengono allineati i letti dei 30o allievi studenti di ginnasio. Il piano inferiore è ancor totalmente da ultimare.
Il sig. Don Albera, rispondendo a un breve complimento lettogli da un alunno, invitava i buoni giovanetti a ringraziare la Divina Provvidenza che, per mezzo dei Cooperatori, aveva loro provvisto i nuovi dormitori, e con paterne parole li confermava nel proposito di voler rispecchiare nell'anima il niveo candore delle pareti, custodendo gelosamente il tesoro della grazia divina.
Nel paese di Gesù.
Da BETLEMME ci è giunta la cara notizia che son già raccolti nell'Orfanotrofio 40 orfanelli. Quindi nelle prossime feste di Natale, anzi dal cominciare dalla novena sino alla Epifania, ogni giorno saliranno al Signore ferventi preghiere per tutti i nostri benefattori, dal luogo stesso dove nacque N. S. G. Cristo. Giacchè i cari orfanelli, secondo l'antica consuetudine introdotta dal compianto fondatore dell'istituto, il can. D. Antonio Belloni, durante il detto periodo si recheranno ogni giorno tutti insieme in devoto pellegrinaggio alla Basilica della Natività, per ascoltare la Santa Messa e accostarsi alla S. Comunione all'altare del S. Presepio.
Nel dare la cara notizia ai Cooperatori, vogliamo ricordati gli eccezionali bisogni delle Case Salesiane di Palestina, particolarmente dell'Orfanotrofio di Betlemme. Come sarebbe opportuno l'invio di coperte, di tele, e di capi di vestiario in questa stagione!...
NEGLI ISTITUTI DELLE FIGLIE DI MARIA AUSILIATRICE
TORINO. - PER UN NUOVO ISTITUTO IN BORGO S. PAOLO.- L'8 dicembre u. s. s'inaugurava a Borgo S. Paolo in Torino un Oratorio Salesiano a pro' della gioventù maschile che diè in brevissimo tempo lieti frutti di bene. Era desiderio della Superiora Generale delle Figlie di Maria Ausiliatrice, che insieme coll'Opera maschile, sorgesse contemporaneamente nelle stesso borgo un'altr'opera per la Gioventù Femminile, del pari bisognosa di educazione cristiana e di aiuto morale. All'uopo, con grave sacrificio, veniva acquistato un appezzamento di terreno, ma non si riuscì ad iniziare i lavori di costruzione, per mancanza assoluta di mezzi.
Spiacente di veder sospesa un'opera tanto necessaria, e fiduciosa nella Divina Provvidenza, l'Ispettrice delle Figlie di Maria Ausiliatrice si è decisa di volgere un caldo appello alle anime buone perchè vogliano generosamente cooperare all'erezione del nuovo Istituto, che sarà rivolto a vantaggio delle figlie del popolo. Si tratta di aprire un Giardino d'infanzia, una Scuola di lavoro, un Doposcuola e una Casa Famiglia per giovani operaie, insieme con un Oratorio Festivo che è l'opera prediletta del Ven. Don Bosco. Poichè oggi si sente imperioso più che mai il bisogno di dedicare le migliori energie a bene della gioventù operaia, lanciamo noi pure a tutte le Cooperatrici, specialmente alle Torinesi, il fervido invito a volere, anche con una tenue offerta, assecondare l'opera santa.
- Nell'Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice in Piazza Maria Ausiliatrice, sul finir di ottobre, venivano accolte 33 orfanelle di guerra, essendosi riconosciuto insufficiente al pietoso ufficio l'Istituto di Sassi.
Di queste e di tutti gli orfani di guerra, raccolti nelle Case Salesiane e delle Figlie di Maria Ausiliatrice, diremo più largamente nel Prossimo numero. Li raccomandiamo intanto alla carità dei buoni Cooperatori.
PIANI DI VALLECROSIA (Bordighera). - NELL'ISTITUTO MARIA AUSILATRIcE dei Piani di Vallecrosia (Bordighera) si tenne - dal 14 al 18 settembre - un corso di Esercizi Spirituali per signore e signorine.
L'esito superò l'aspettativa: si ebbero una trentina di interne e parecchie esterne che intervennero assidue alle prediche.
Chiusi solennemente gli Esercizi ascoltarono nel teatrino dell'Istituto una Conferenza sul Venerabile D. Bosco e le sue Opere. Parecchie delle presenti chiesero d'essere ascritte tra le Cooperatrici Salesiane. Edificante il contegno delle buone esercitande
accorse da diversi paesi; commovente il loro commiato dalla casa e dalla chiesa dove avevano trascorse ore di paradiso. Più d'una piangeva e tutte andavano ripetendo « Ritorneremo, ritorneremo un altr'anno, e non sole!»
TRA I FIGLI DEL POPOLO
TORINO - VALDOCCO. - DISTRIBUZIONE DEI PREMI AI GIOVANI DELL'ORATORIO FESTIVO. - La prima domenica di ottobre il teatro interno presentava un lieto spettacolo. La platea era occupata dai soci del Circolo Auxilium e dai giovani premiandi, dalla banda e dai... premi. Dal palcoscenico presenziavano la festa il rev.mo Don Giulio Barberis e alcuni benefattori, mentre dalle gallerie numerosi parenti e i giovani oratoriani non premiati assistevano alla distribuzione:
Dopo la esecuzione di un scelto pezzo musicale da parte della banda dell'Oratorio, il direttore Don Aimerito rivolse la parola ai presenti ringraziandoli del loro intervento, descrivendo la complessa e molteplice attività svoltasi nell'oratorio dall'agosto 1918 all'ottobre 1919 e augurando a a tutti i giovani di poter ottenere altri premi nel corrente anno oratoriano.
Dopo alcuni pezzi musicali, furono proclamati i nomi di 95 soci del Circolo « Auxilium » cui vennero dati primi e secondi premi consistenti nell'abbonamento a sei o a tre mesi al giornale «il Momento ».
Ai giovani e ai genitori rivolse paterne parole il Teol. don Giulio Barberis.
Si fece quindi la solenne proclamazione e distribuzione dei premi a tutti gli altri giovani, da quelli della terza complementare o aspiranti al Circolo, sino ai ragazzetti della Ia elementare.
Numerosi i primi premi di vestiario accompagnati da medaglia o menzione onorevole, e circa quattrocento i secondi premi anch'essi in capi di vestiario, dono dalla spett. ditta A. Poma e F. e di altri generosi benefattori, ai quali rinnoviamo i più cordiali ringraziamenti.
TORINO - BORGO S. PAOLO. - UNA VISITA DEL CARD. CAGLIERO. - Togliamo dal Momento:
Gaiamente palpitavano cento orifiammi: numerose iscrizioni a caratteri cubitali inneggiavano all'ospite illustre, al signor Don Albera, ai superiori, all'Oratorio: mille cuori fervidi di giovinezza esultavano in attesa del venerando Porporato, l'Em. Cardinale Cagliero.
Arrivò in automobile, gentilmente messa a disposizione dall'ing. Pasteris, tra ovazioni e squilli della banda locale; e parve veramente che il suo volto si irradiasse al contatto di tanti giovanetti e tutto ringiovanisse Lui, che l'intera vita spese all'educazione dei figli del popolo, sotto qualunque cielo.
Celebrò la messa; e quindi conferì la cresima a cinquanta alunni dell'Oratorio. Fu padrino il nobile signor Salvadori, che regalò i cresimandi d'una bella immagine e di cioccolatte.
Tre volte, durante le funzioni, S. Em. rivolse ai giovani la parola calda di entusiasmo e ricca di bontà, esortandoli alla virtù, al timor di Dio, alla frequenza dell'Oratorio, che disse una benedizione speciale di Dio per il Borgo.
TORINO - BORGATA MONTEROSA. - AL RICREATORIO MARGHERITA Bosco. - Alle molteplici attrattive che lo rendono un caro ritrovo, il ricreatorio « Margherita Bosco » di Monterosa, eretto dalla munificenza del comm. Luigi Grassi, ha aggiunto quella di una magnifica passeggiata ai Becchi di Castelnuovo, patria del ven. don Bosco.
Gli ottanta frugoli durante il tragitto e la permanenza, cantando inni sacri o abbandonandosi a giuochi, mantennero sempre una condotta esemplare. A Chieri e a Castelnuovo, ricevuti dai superiori e alunni di quelle Case, ebbero festosa accoglienza e cortese trattamento, e in improvvisate partite di football si fecero ammirare.
Al Santuario dei Becchi pregarono con gran fervore e visitando la casetta ove nacque Don Bosco concepirono il fermo proposito di crescere allegri e buoni, come il piccolo Giovanni Bosco voleva i suoi compagni.
ROMA. - ESPLORATORI DEGLI ORATORI SALESIANI AL CAMPO. - Il giovani esploratori del Reparto della Parrochia del S. Cuore di Gesù, unitamente a quelli del Reparto S. Maria Liberatrice, la mattina dell' 11 agosto partivano per passare alcuni giorni al campo. La mèta era Genzano, dove si accantonarono nell'Istituto Salesiano. Furono accolti con la massima cordialità dai Superiori e alunni dell'Istituto, i quali nulla tralasciarono per far stare allegri i giovani esploratori. Non mancarono divertimenti teatrali, cinematografici e giuochi di prestigio nelle ore libere dalle esercitazioni. Le escursioni si fecero sugli ameni colli di Genzano, e le esercitazioni nei magnifici viali nell'ex-convento dei Cappuccini. La massima cordialità ed allegria regnarono sempre. Il contegno dei nostri scouts fu sempre corretto sotto ogni riguardo, destando l'ammirazione e la simpatia dei numerosi villeggianti.
L'ultimo giorno fu consacrato a ringraziare il Signore d'averli assistiti e preservati da ogni disgrazia, e si accostarono tutti alla Santa Comunione con esemplare edificazione. I buoni alunni di Genzano vollero accompagnarli fino ad Albano, dove, prima di salire sul tram, si separarono al grido del triplice urrà, coll'augurio di potere, in circostanza migliore, tornare a passare al campo un tempo più lungo.
CHIOGGIA. - VITA NUOVA ALL'ORATORIO SALESIANO. - Il Circolo « S. Giusto», un tempo così fiorente, scioltosi per la guerra, s'è ricostituito con base larga e molto promettente, in un'adunanza tenutasi nel mese passato, cui intervenne una cinquantina di giovani e di uomini maturi. Hanno inviato l'adesione anche altri ex-soci, i quali, rientrando nell'organizzazione, vi porteranno tutto il contributo della loro attività, amor giovanile ed entusiasmo. Con senso di opportunità fu nominata una presidenza provvisoria. Questa prima adunanza fu onorata anche dalla presenza di S. E. mons. Rizzi, Vescovo di Adria, che si degnò di volgere ai presenti parole paterne di incitamento. Parlò pure, ringraziando, il presidente, seguito dal direttore. L'adunanza fu rallegrata da scelti pezzi musicali eseguiti dalla banda dell'Istituto.
Nello stesso Oratorio si sono gettate le basi per la costituzione di un circolo giovanile « S. Giuseppe che raccoglierà i giovani dai 15 ai 2o anni, quali aspiranti al Circolo « S. Giusto ».
In Italia.
MARINA DI PISA. - CONFERENZA SUL VEN. DON Bosco. -- Il 17 agosto nel Salone «Pietro Maffi » il sig. Ing. Orso Quinto, Ispettore Superiore delle Ferrovie dello Stato, dinnanzi a distinto uditorio, terne una conferenza commemorativa del Venerabile Don Giovanni Bosco, fondatore dei Salesiani e delle Figlie di Maria Ausiliatrice.
L'illustre oratore, con una bella sintesi, presentò la figura del grande Apostolo della gioventù nelle varie fasi della sua vita straordinaria e nelle molteplici e provvidenziali sue opere a pro' della religione e della patria.
L'esposizione aneddotica, geniale e brillante, piena di spontaneità, usata dall'esimio oratore, avvinse per più di un'ora e mezzo l'uditorio, che con interesse crescente seguì i fatti meravigliosi e le opere mirabili, operate in tempi difficilissimi, superando difficoltà inaudite, dall'umile Sacerdote, che fu detto «l'uomo miracolo » del secolo XIX.
Più volte l'oratore fu interrotto da calorosi applausi; ma quando parlò delle Missioni Salesiane all'estero «ove i figli di Don Bosco spiegano un'amore e un'attività sorprendente nel tenere uniti alla Religione e alla Gran Madre Patria molti nostri fratelli emigrati » fu un subisso di applausi. Felicissima la chiusa della Conferenza invocante il risveglio e il ritorno ai principi del Vangelo, a di quel Vangelo, disse l'oratore, che ha creato degli uomini grandi come Don Bosco ».
Al distinto e dotto signor Ingegnere, la nostra riconoscenza.
All'Estero.
SAN FRANCISCO CALIFORNIA. - SCUOLE D'INGLESE PFR GLI EMIGRATI ITALIANI. - Il 25 settembre u. s. si è riaperta la scuola serale d'inglese, che i Salesiani della Chiesa Italiana dei SS Pietro e Paolo mantengono da vari anni, a benefizio degli emigrati italiani che desiderano imparai l'inglese, e prepararsi a divenir cittadini americani.
La scuola ha luogo ogni sera dalle 7 alle 9, eccetto il sabato e la domenica, e le ammissioni si fanno in qualunque tempo dell'anno.
Nello stesso locale, negli stessi giorni, e con la stessa abile maestra ha luogo al pomeriggio, dalle 2 alle 4 pomeridiane, la scuola femminile gratuita d'inglese. A maggiore comodità, vi è anche una donna incaricata di vigilare sui ragazzini che si divertono nell'ampio cortile adiacente alla scuola, mentre le mamme imparano la lingua del paese.
VALPARAISO. - UNA LETTERA DELLA S. CONGREGAZIONE CONCISTORIALE. - Abbiam detto, a suo tempo, dell'Opera svolta nel 1918 dai nostri Confratelli a favore degli Italiani emigrati nel Cile. Pubblichiamo ora la lettera inviata, al R. Don Giulio Dati Parroco degli Italiani in Valparaiso, da Sua Em. il Sig. Cardinale G. De Lai, Segretario della Sacra Congregazione Concistoriale, in merito all'opera suaccennata.
Roma, 7 aprile 1918.
M. R. Signore;
Mi faccio premura di ringraziare V. S. M. R. della Relazione annuale sull'andamento della Parrocchia degli Italiani in Valparaiso per l'anno 1818 rilevando con piacere i frutti dell'attività pastorale sua e dei suoi confratelli, e l'incremento preso dalle varie istituzioni religiose e sociali.
Ella si compiacerà di esprimere le mie congratulazioni alle « Signore Patronesse del Comitato dell'ITALICA GENS e, che si prodigano con tanto zelo in tutte le opere di carità e di religione, e ai membri del Circolo giovanile, che sotto la direzione del loro presidente sig. Mario Goio, tengono alto nella Colonia il nome di cattolici.
Facendo i migliori auguri per il compimento del suo progetto di edificare la nuova chiesa parrocchiale italiana, la benedico nel Signore assieme ai suoi Confratelli ed a quanti contribuiscono allo sviluppo delle opere parrocchiali, e mi confermo con distinta stima di V. S. M. Rev.da dev .mo in G. C.
+ G. Cardinal De Lai Vesc. di Sab. Segretario.
Da qualche tempo ci veniva ripetuto da amici, e specialmente da ex-allievi: - Il «Bollettino» fa menzione dei singoli Cooperatori defunti e sta bene: ma perchè tace affatto dei Salesiani?... perchè non ne pubblica almeno l'elenco? Non hanno anch'essi, soprattutto fra gli ex-allievi, e buoni e cari amici che, venendo a conoscere il loro passaggio all'eternità, moltiplicherebbero, in loro favore, i più affettuosi suffragi? D'altronde l'inconveniente è grave: con questo silenzio avviene di frequente che si viene a conoscere la morte di qualche buon Salesiano dopo anni ed anni!...
Il rilievo è importante e ottimo il suggerimento. È giusto e convenevole aver memoria dei fratelli (I Macc. XII, 11):.ed è nostro desiderio di pubblicare, a quando a quando, anche dei profili di quei membri dell'una e dell'altra famiglia di Don Bosco e di cooperatori ed exallievi, che valgano a far meglio conoscere lo spirito e il campo dell'apostolato salesiano.
E fin da questo mese, sacro alla commemorazione di tutti i fedeli defunti, cominciamo a pubblicare l'elenco dei Salesiani passati all'eternità nel corso di quest'anno 1919: in seguito, insieme con i nomi dei Salesiani, pubblicheremo anche quelli delle Figlie di Maria Ausiliatrice.
BERTONI Giuseppe, nato a Pugliano, + a Cachoeira do Campo in età d'anni 61.
Aveva omai compiuto gli studi sacri, quando per un difetto organico si vide chiusa la via del Sacerdozio. Umile chinò il capo all'inattesa sentenza, e si guadagnò il paradiso con la pratica d'ogni virtù religiosa.
BIONDI Sac. Giovanni, nato a Sepino, + a Caserta in età d'anni 36.
BOIDO Sac. Giuseppe, nato ad Alice Bel Colle, + a Pedara (Sicilia) in età d'anni 54.
Mite e semplice di carattere, illustrò con le sue virtù le case salesiane di Lanzo, Valsalice, Torino Oratorio, S. Pier d'Arena, Alì Marina, S. Gregorio di Catania e Pedara, dove morì improvvisamente.
BONAMINO Gio. Batt., nato a Restegassi, + ad Alessandria d'Egitto in età d'anni 48.
BRAGADIN Ch. Gio. Maria, nato a Mogliano Veneto, + a Vigevano in età d'anni 19.
BRETTO Sac. Clemente, nato a Montanaro, + a Torino in età d'ann 64.
Era Economo Generale della nostra Società:. Mite, colto, esemplare, la sua memoria è in benedizione.
CADOLINI Sac. Lorenzo, nato ad Ancona, + a Castellamare di Stabia in. età d'anni 41.
CALVI ch. Riccardo, nato a Palestro, + a Ivrea. in età d'anni 23.
Allievo ufficiale, sospirava il giorno di riprendere nella quiete serena della nostra vita la carriera sospesa. Il Signore ne premiò il desiderio nella patria dei santi.
CERRI Sac. Bernardo, nato a Careggio, + ad Alicante (Spagna) in età d'anni 49.
Alunno nell'Oratorio Salesiano di Torino,, vi compì il ginnasio, ancor vivente Don Bosco. Fu un vero salesiano, che non conobbe riposo e lavorò sempre per il Signore.
CEVA ch. Teresio, nato a Cuneo, + a Torino (Valsalice) in età d'anni 20.
Era un angelo, pieno di zelo per la salvezza della gioventù. La sua morte fu pianta dagli alunni del Ricreatorio «Margherita Bosco » di Torino, ov'era catechista.
CINzANO Marcello, nato a Pecetto, + a Torino in età d'anni 63.
CRESTA Sac. Rocco, nato a Villamiroglio, + a Huesca (Spagna) in età d'anni 42.
FARAH ch. Tommaso, nato a Jarum (Nazareth), + a Cremisan in età d'anni 21.
FEVRE Gio. Batt., nato a Quincey (Francia), t a Liegi in età d'anni 8o.
Ordinato Sacerdote nel 1863 e parroco di Sausse nel 1868, attirato dalla fama di santità di Don Bosco, nel 1885 entrò nella Società Salesiana. Contava 45 anni. Per dedicarsi all'insegnamento, subì pubblici esami di professore a 54 anni. Lascia varie opere assai apprezzate:
La pietà nella scuola; Carmina sacra; Vita popolare del Ven. Don Bosco; Romanzi popolari per le Letture Cattoliche; Meditazioni sulla vita di N. S. G. C.; ecc. ecc.
GALLI ch. Antonio, nato a Montevideo, + a Manga in età d'anni 19.
Per un incontro fortunato con un sacerdote salesiano, conobbe la nostra Società e chiese di esservi ammesso. Beato lui, che vi si preparò per il paradisol
GAMBINo Giuseppe, nato a Poirino, + a Torino in età d'anni 72.
Era il gerente responsabile del nostro periodico. Ancor una prece per l'anima sua.
GAVARINO Felice, nato a Pievetta, + a Nictheroy in età di anni 70.
Sempre amabile e laborioso, di pietà profonda e soave, ha lasciato un gran desiderio di sè.
GIANFERRARI Sac. Arturo, nato a Brugneto, + a Roma in età di anni 42.
Fu pro-Parroco al S. Cuore di Gesù in Roma. Ne disse l'elogio funebre Mons. Salotti in nobile forma oratoria, ai solenni funerali di trigesima, celebrati per iniziativa delle opere parrocchiali, cui il giovane e infaticabile salesiano aveva consacrato le sue migliori energie.
JÒRDEN Sac. Uberto, nato a Osterwich (Vestfaglia),
+ a Osterwich in età d'anni 37.
JSNARDI Sac. Giuseppe, nato a Pigna, + a Gualdo Tadino in età d'anni 61.
La morte di questo grande lavoratore sarà appresa con profondo cordoglio dai suoi numerosissimi alunni. Il suo nome particolarmente è legato al Collegio S. Carlo di Borgo S. Martino, ove per 27 anni fu professore e consigliere scolastico, e in ultimo anche direttore. Da vari anni era direttore del Collegio di Gualdo Tadino. L'Unione Liberale di Perugia fece di Don Isnardi questo veritiero elogio: « Fu sempre caro a tutti, interni ed esterni, superiori ed alunni, molti dei quali divennero zelanti sacerdoti, valenti professionisti, magistrati integerrimi, e qualcuno anche deputato, mantenendosi pur sempre con lui in affettuosa corrispondenza epistolare, perche il prof. don Giuseppe Isnardi non insegnava solamente, ma educava, plasmava l'anima dei suoi giovani, stampando nel loro cuore un orma profonda incancellabile. » Il laborioso Salesiano commentò per le scuole varii classici latini e scrisse una grammatica latina.
JUSSUFANI ch. Selim, nato a Mossul, + a Cavaglià (Biella) in età d'anni 19.
Decenne appena fu condotto dalla natìa Mesopotamia a Torino per attendere agli studi ecclesiastici. Di animo mite e di soda pietà, sarebbe divenuto davvero un santo sacerdote.
LEMOYNE Sac. Vincenzo, nato a Genova, + a Colle Salvetti in età d'anni 69.
Era fratello del compianto Don Giovanni Battista Lemoyne, lo scrittore della vita di Don Bosco. Entrò adulto nella pia Società e vi lavorò ancora per molti anni, sinceramente amato da tutti.
LUCCA Sac. Carlo, nato a Sannazzaro de' Burgondi, + a Alessandria in età d'anni 41.
Di umili forme esterne, aveva un animo particolarmente buono, per cui era amato da tutti e potè compiere un apostolato di bene anche nell'esile sua esistenza.
MARCOBELLO Arduino, nato a Porto Venere (Spezia), + a La Paz (Bolivia) in età d'anni 39.
Giovanissimo ottenne di partire per le Missioni Salesiane di America, ove, benchè di cagionevole salute, lavorò indefessamente sino agli estremi da vero figlio di Don Bosco.
MARGIARIA Sac. Giovanni, nato a Monticello d'Alba, + a Cartago (Costa Rica) in età d'anni 38.
Era Direttore della Casa Salesiana di Cartago (Costa Rica). 1 suoi funerali, cui prese parte tutta la città, furono un'alta prova della stima in cui era tenuto.
MARTINEZ ch. Antonio, nato a Madrid, + a Viedma in età d'anni 22.
MARTINS DE SOUZA Emigdio, + a Palmeyras (Matto Grosso), in età d'anni 21.
MASSELLO Sac. Tommaso, nato a Cavour, + a Torre Pellice, in età d'anni 45.
Partì Missionario per l'America nel 1895 e ne tornò l'anno scorso, sfinito per il lavoro, lieto di aver compiuto il suo dovere. La serenità, dimostrata nella lunga malattia, non poteva essere più edificante.
MICCIA Giuseppe, nato a Spezia, + a Lima (Perù) in età d'anni 86.
PEGORARO Sac. Giuseppe, nato a None (Vicenza), + ad Avezzano (Abruzzi) in età d'anni 39.
Dottore in belle lettere e Tenente Cappellano, morì il 17 aprile ad Avezzano (Aquila), assistendo Legionari Rumeni. Il Comandante la legione esprimeva « sentite condoglianze in nome degli Ufficiali Italiani e Rumeni, dolentissimi perdita compagno e collega, nel quale ammirarono sempre cristiano sacrificio e abnegazione esemplare compiendo proprio dovere ».
PIETRANGELI Sac. Carmine, nato a Vallerano (Roma), + a Genzano in età d'anni 35.
PISTOIA Mario, nato a Vigevano, + a Rivalta (Torino) in età d'anni 24.
PORTIGLIATTI Giacinto, nato ad Avigliana, + a Morges (Svizzera) in età d'anni 62.
REDONDO Sac. Francesco, nato ad Aquilar (Cordoba), + a Malaga in età d'anni 33.
SALVAREZZA Francesco, nato a Crotte (Strambino), + a Foglizzo Canavese in età d'anni 57.
SPREAFICO Sac. Giacomo, nato a Bosisio, + a Foglizzo Canavese in età d'anni 52.
TIRAGALLO Sac. Angelo, nato a Genova, + a San Pier d'Arena in età d'anni 53
VEZZULLI Eusebio, nato a S. Rocco al Porto (Lodi), + a Bologna in età d'anni 69.
Pio, umile, ubbidiente e sempre allegro e laboriosissimo, era il tipo del coadiutore salesiano.
WAJDZICH Michele, nato a Milowka, + a New Jork in età d'anni 29.
ZANELLA Gio. Battista, nato a Molina, + a San Gabriel (Rio Negro-Amazzoni) in età d'anni 55.
Era uno dei tre coadiutori Salesiani addetti alla Missione del Rio Negro (Brasile), che ha tanto bisogno di personale. Il Signore susciti nuove vocazioni per riempire questi vuoti dolorosi!
Mons. Pompeo Petroncini.
Sacerdote zelantissimo, Parroco dei SS. Paolo e Prospero in Lugo, dedicò tutto se stesso al bene della sua parrocchia, nella quale, con diverse opere cercò di far fiorire lo spirito cristiano. Ammiratore del Ven. Don Bosco aprì nella sua casa il primo oratorio festivo della città, e lo affidò alle cure dei Salesiani. Quando questi andarono a stabilirsi in Lugo, fu larghissimo di aiuti materiali e morali, considerandosi, almeno di cuore, uno, dei figli di Don Bosco.
Preghiamogli il premio condegno alle sue virtù e alle sue opere buone.
Bolla Geronima.
Spirò santamente a Savona, il giorno della commemorazione mensile di Maria Ausiliatrice, di cui era devotissima, l'ottobre dell'anno passato. Era una donna del popolo e tutto quello che poteva mettere in serbo, voleva che andasse a vantaggio dell'Opera di Don Bosco. Già in giugno, in occasione del giubileo sacerdotale di Don Albera, aveva inviato l'offerta di L. 1oo, e poco prima di morire, ci faceva avere un'altra offerta di L. 300, che erano tutto il capitale di quella donna cristiana. Fatti come questi non han bisogno di commenti. Al vedovo consorte, che era solidale nella generosità della defunta, doni Iddio le più care benedizioni.
Sac. Guglielmo Gibelli.
Morì improvvisamente a Masano Bergamasco. Anima ardente, di apostolo, fu instancabile nello zelo pel bene delle anime, non curandosi dei sacrifizi, delle lotte e delle privazioni che si frapponevano all'attuazione del suo nobile scopo. Era un zelante cooperatore che a Maria Ausiliatrice portava un affetto filiale e dal cui amore attingeva la forza volenterosa per il ministero sacerdotale. Aveva offerto la vita per la conversione dei peccatori. Il Signore compia il suo santo desiderio.
Cesare Rossi.
Ex-allievo del Collegio Municipale di Alassio, nutriva il più vivo attaccamento all'Opera Salesiana. Cuore mite e zelante, fu cristiano e padre esemplare, abile impiegato e alacre propagandista di azione cattolica. Durante la guerra vestì la divisa di capitano e prestò servizio presso il Comando Supremo. Con la sua morte inattesa ha lasciato nel pianto la consorte e due figle. Aveva solo 42 anni. Maria Ausiliatrice doni il premio dei giusti al carissimo estinto e conforto alla sua famigliuola.
Cav. Uff. Giuseppe Cordami.
Nato a Borgo S. Donnino il 14 marzo 1870, entrò giovanissimo nella vita pubblica, tenne brillantemente diverse cariche, e fu membro apprezzato di varie Associazioni Cattoliche locali. Sempre desideroso di far del bene, non vi fu nulla di nuovo, di bello, di grande in cui non sia spiccata l'opera sua geniale e feconda. Non conobbe incertezza per la conquista dei suoi ideali e delle sue nobili aspirazioni Morì il 25 agosto c. a. vittima di un orrendo misfatto. Dio, per la cui fede egli visse e combattè, gli conceda il premio dei giusti, conforti i congiunti e doni misericordia all'uccisore.
Preghiamo anche per i seguenti Cooperatori defunti:
Allievi Don Angelo - Milano.
Amicuzzi Don Primo - Borgo Collefegato. Astorre Antonietta - Milano.
Barbieri don Giuseppe - Voghera.
Bassano Marianna - Roma. Belli Ernestina - Medicina. Beraldi Angelo - Ovada.
Bertoni Leopoldo Luigi - Modena. Bertoni Don Desiderio - Massalengo. Bianchi Vincezzo - Borghetto di Barbera. Blasco Suor Maria Giuseppina - Gangi. Bonanni P. Giov. d. C. d. G. - Roma. Brignone Benedetto - Varazze. Campisi Giovanni - Lercara Friddi. Cambiaso Rosa - San Cipriano. CaprioloTeresa Maria - Pocapaglia. Carabelli Adelaide - Abbiategrasso. Chesini Catterina - Fumane. Ciardello Giulia - Roma. Cocchi Adele - Terrarossa di Licciana. Colosso Lenzi N. D. Antonietta Nardò. Costamagna Carolina - Torino. Cozi Dott. Andrea - Roma.
Cutayar Don Lorenzo - Vittoria-Gozo (Malta).
De Zorzi Alessandro S. Giorgio della Richinvelda. Danusso Dotta Paolina- Milano. Di Ferrante Amalia dei conti Resta - Roma. Facconi Paolina - Crema. Farolfr Don Giuseppe - Fognano di Brisighella. Ferrari Cristina - Tirano. Ferrarlo Sessa Carlotta - Milano. Fiorineschi Augusta- Roma. Gaggino Ernesta - Mombaruzzo. Galliussi Maria - Udine.
Giani Pietro - Vanzaghello. Griffa Pietro - La Loggia.
Infanti Giuseppe Falzè (Treviso). Invernizzi Pietro - Pieve Albignola.
Isopponi Zanetti Erminia - S. Antonio (Svizzera Grigioni). Laurent Angela - Mathi.
Lenti Ippolito - Melara (Rovigo). Lombardi Luigia ved. Vaghi - Milano. Lomera Giuseppe - Romano Lombardo. Losa Egidio Angelo - Torre de' Busi. Lovati Don Giuseppe - Arcore. Marchelli Piena Sajech -Genova.
Marchelli Elisabetta - Dovena Fondo (Trentino). Marconi Marcello (Fumane). Matteloni Giuseppe - Pavia di Udine. Masoero Enrico - Milano. Migliore Carazzi Giuseppina - Busca. Mina prof. Camillo-Torino.
Minciotti Don Francesco - San Daniele del Friuli. Mirano Catterina - Torino. Missio Maria - Cividale.
Molini Clementina - Montecrestese. Mondino Ing. Luigi - Torino. Mongiardini Anna- Ovada. Operto. Sorelle - Torino. Pantaleone Cecilia Villalba. Pea Don Marco, Parroco - Nave.
Piccinale Francesco - S. Martino di Venezze. Picconi Adele - Roma. Pigazzi Angelo - Lecco. Pigoni Battista Bebbio di Carpineti. Pigrucci Don Giuseppe - Urbania. Piovano Don Sebastiano - Vicoforte.
Porcia contessa Giuseppina- Castello d'Aviano. Primavera Cristina - Iesi. Rabitti Antonio - Gallarate. Re Maria None.
Rey Ernesto - Santa Margherita Ligure. Riggi Mons. Francesco - Roma. Rinaldi Vincenzo- Vietri sul Mare. Rossi Giuseppe - Brivio. Rossi Teresa - Mathi. Rusca Martina - Rancate. Rubatti Gesuino - Sassari.
Sardi Don Giuseppe - S. Damiano d'Asti. Savoia Teresa - S. Pietro Incariano. Scarlata Giglio Vincenza - Villalba. Sdanga Michele - Foggia. Seraggi Gio. Batt. - Vergemoli. Solari Caterina - Mathi. Sorio Paolo - Verona. Spiganti Adolfo - Firenze. Tazzari Don Michele - Fusignano. Tiragallo Benedetta - Mathi. Tommasini Irene - Milano. Vallino Angiolina - Mathi.
Viale Lucia - Morozzo. Vignolo Lutati Dott. Carlo - Torino. Zannetta Caterina - Caneva. Zaroni Don Gerolamo - Legnanello.