I FEBBRAIO 1915
ANNO XXXIX - N. 2
PERIODICO MENSILE DEI COOPERATORI DI DON BOSCO
Redazione e Amministrazione - Via Cottolengo, 32 - TORINO.
Sommario. - Preghiere per la pace - I Cooperatori Salesiani -- Il terremoto - Per le Feste Centenarie - Ai piccoli amici di Don Bosco - Contardo Ferrini - Lettere di famiglia - Lettere dei Missionari - Il Culto di Maria SS. Ausiliatrice - Alcuni fatti ascritti all'intercessione di Don Bosco - Note e Corrispondenze - Necrologio e Cooperatori defunti.
La Santità di N. S. Benedetto XV, « afflitto dall'aspetto del turbine di guerra, che schianta giovani vite, getta nella desolazione famiglie e città e travolge nazioni fiorentissime » ha indetto speciali preghiere e l'esposizione del SS.mo Sacramento in ogni chiesa metropolitana, cattedrale, parrocchiale e regolare d'Europa per la domenica 7 corrente, e nelle chiese fuori d'Europa per la domenica 21 marzo, da chiudersi con la Benedizione Eucaristica, preceduta dalla recita del SS. Rosario e della seguente preghiera, composta appositamente dallo stesso Sommo Pontefice, e dal canto delle Litanie dei Santi.
Sgomenti dagli orrori di una guerra che travolge popoli e nazioni, ci rifugiamo, o Gesù, come scampo supremo, nel vostro amantissimo Cuore: da Voi, Dio delle misericordie, imploriamo con gemiti la cessazione dell'immane flagello: da Voi, Re Pacifico, affrettiamo con voti la sospirata pace.
Dal vostro Cuore Divino Voi irradiaste nel mondo la carità perché, tolta ogni discordia regnasse fra gli uomini soltanto l'amore; mentre eravate su questa terra, Voi aveste palpiti di tenerissima commozione per le umane sventure. Deh! si commuova adunque il Cuor vostro, anche in quest'ora grave per noi di odii cosí funesti, di cosí terribili stragi. Pietà vi prenda di tante madri angosciate per la sorte dei figli; pietà di tante famiglie orfane del loro capo: pietà della misera Europa su cui incombe tanta rovina! Inspirate Voi ai reggitori ed ai popoli consigli di mitezza: componete i dissidi che lacerano le nazioni: fate che gli uomini tornino a darsi il bacio della pace, Voi che, a prezzo del Vostro Sangue, ci rendeste fratelli. E come un giorno al supplice grido dell'Apostolo Pietro: Salvaci, o Signore, perchè siamo perduti, rispondeste pietoso, acquetando il mare in procella, cosí, alla nostra fidente preghiera, rispondete placato, ritornando al mondo sconvolto la tranquillità e la pace.
Voi pure, o Vergine Santa, come in altri tempi di terribili prove, aiutateci; proteggeteci, salvateci. Cosí sia.
Il Santo Padre concede indulgenza plenaria a tutti quelli che si accosteranno nel dì suddetto ai SS. Sacramenti e prenderanno parte alle sacre funzioni del mattino, o della sera, o pregheranno per qualche spazio di tempo innanzi al SS. Sacramento esposto.
IL nostro venerato Superiore Generale Don Paolo Albera, nell'additare ai Cooperatori quelle opere cui crede conveniente che essi debbano attendere con special cura in questo anno 1915, che è l'anno Centenario della nascita di Don Bosco e dell'istituzione della Festa di Maria SS. Ausiliatrice, si limita a due esortazioni:
Ia) Pratichiamo e diffondiamo la divozione a Maria SS. Ausiliatrice, come l'inculcava Don Bosco.
IIa) Viviamo dello spirito di Don Bosco e diffondiamolo in mezzo alla società.
Ad illustrare la seconda di queste proposte è rivolta la presente trattazione, la quale non sarà né un'enfatica rassegna del bene già operato dai Cooperatori Salesiani, né un ragguaglio minuzioso di ciò che essì fanno presentemente, ma si diffonderà a sviluppare con chiarezza qual fu nel concetto di D. Bosco e qual dev'essere l'Unione dei Cooperatori Salesiani, poiché, diciamolo pur francamente, anche molti di loro l'ignorano e per conseguenza resta largamente paralizzato il bene che deve compiere quest'Unione.
I Cooperatori Salesiani rimontano, strettamente parlando, ai primi giorni dell'Apostolato di Don Bosco. Quanti, ecclesiastici e laici, ammirando il suo apostolato in mezzo alla gioventú, presero a proteggerlo e ad aiutarlo personalmente, materialmente, moralmente, furono i primi Cooperatori.
« Appena s'incominciò l'Opera degli Oratori nel 1841, tosto - lasciò scritto Don Bosco - alcuni pii e zelanti Sacerdoti e laici vennero in aiuto a coltivare la messe che fin d'allora si presentava copiosa nella classe dei giovanetti pericolanti. Questi collaboratori o Cooperatori furono in ogni tempo il sostegno delle Opere pie, che la Divina Provvidenza ci poneva in mano ».
Ma in qual modo i Cooperatori Salesiani furono l'aiuto del Venerabile e il sostegno delle Opere sue?
« Il Regolamento della Pia Unione, scritto da Don Bosco, dice chiaramente che i Cooperatori Salesiani possono cooperare e quindi realmente cooperano in quattro modi. Alcuni lavorano direttamente secondo lo spirito della Pia Unione; altri, inviando il loro obolo al Successore di Don Bosco, lo mettono in grado di sostenere le Opere Salesiane e di dar loro sviluppo: altri si adoperano a trovare altre persone che facciano ciò che essi non possono fare; altri in fine, pur non potendo cooperare in alcuna delle maniere suaccennate, pregano il Signore a benedire l'Opera di Don Bosco (1) >.
In queste quattro categorie generali noi possiamo dunque dividere i Cooperatori Salesiani, ma nessuno di tanti potrà dirsi vero Cooperatore di Don Bosco, se non si studierà, s'intende nella propria sfera, d'imitare questo comun Padre, di vivere del suo spirito, e di diffondere questo spirito in mezzo alla società.
Noi quindi, tracciate le linee generali della Cooperazione Salesiana, scenderemo alle varie categorie dei Cooperatori, dicendo come i genitori, gli educatori e gli insegnanti, i sacerdoti e i parroci, gli operai e i professionisti d'oggi grado e d'ogni specie, possano essere veri Cooperatori di Don Bosco.
Fatta questa rassegna, enumereremo le opere buone (al es. l'azione religiosa, l' insegnamento del Catechismo, la diffusione della buona stampa ecc. ecc.) alle quali i Cooperatori debbono, potendo, portare il proprio contributo ; e in pari tempo addìteremo i mali piú gravi che affliggono la società, contro i quali essi son tenuti ad opporre energicamente l'opera loro.
Seguirà una terza rassegna dei mezzi pratici, con i quali i Cooperatori Salesiani possono giovare alle varie Opere di Don Bosco (come agli Oratori festivi, agli Ospizi per poveri giovanetti, ai Collegi e Istituti d'Educazione, all'Opera delle Vocazioni di giovani adulti allo stato ecclesiastico, alle Missioni fra i popoli selvaggi, all'Assistenza degli Emigrati ecc. ecc.).
In ultimo ci faremo un dovere di additare a tutti il modo di dar vita, individualmente e collettivamente, a nuove opere di salvezza per la gioventú.
Come appare, il tema è vastissimo e della massima importanza. Noi cercheremo di svolgerlo integralmente e largamente, in forma facile e piana. Ci aiutino i volenterosi coi loro consigli. Noi non intendiamo di aprire discussioni, ma promettiamo di accettare ogni buon suggerimento e di dare cordiale ospitalità ad ogni saggia proposta, perhè si compìa il voto di Pio X « che dovunque, sia nelle città, sia nei villaggi, o si viva dello spirito del Fondatore dei Salesiani, o se ne coltivi l'amore. (1) ».
(Continua).
(1) Dalla Lettera di Don Albera 1° gennaio 1915. Ved. Bollettino di gennaio u. s.
(1) Lett. Si consentanea del 17 agosto 19o4.
che la mattina del 13 gennaio u. s. seminò la morte in una vasta zona della nostra cara penisola, ha mietuto le sue vittime anche nella Famiglia Salesiana. Il nostro confratello D. Raffaele Starace; Parroco a Gioia de' Marsi, che si trovava in quel momento all'altare, sprofondò insieme colle volte e col piano della chiesa nei sotterranei, restando prodigiosamente incolume; e sano e salvo fu estratto dalle macerie della casa anche il viceparroco don Romersano. Ma le buone Figlie di Maria Ausiliatrice che attendevano in quello stesso paese all'Oratorio festivo e ad altre opere a favore della gioventù femminile, rimasero, purtroppo, estinte sotto le macerie della loro casa.
Non appena si ebbero le tristi notizie, abbiamo pregato pace eterna a tutti i periti e ci siamo proposto, nei limiti del possibile, di lenire il dolore dei superstiti. Ci aiutino in questa duplice carità i buoni Cooperatori!
La Tribuna, nel numero del 20 gennaio, così scriveva dell'Opera dei Salesiani per i danneggiati del terremoto.
I salesiani continuano luminosamente la loro tradizione di accorrere pei primi e far sentire la loro benefica presenza nelle grandi sventure nazionali. Essi non parlano, non si compiacciono di descrizioni, ma agiscono nel modo più sollecito e s'impongono coi fatti, in momenti in cui occorrono più fatti che parole.
Il primo treno di soccorso che partiva da Roma per Avezzano nella notte dal 13 al 14, cioè appena giunta la notizia che questa era la città maggiormente colpita, recava colà tre sacerdoti salesiani, i primi preti accorsi da Roma sul luogo del disastro e rimasti sulle macerie per le prime ventiquattro ore, principalmente per recare aiuto spirituale ai morenti amministrando loro i sacramenti.
Ritornati questi, e quando non era ancora possibile valersi pel viaggio di automobili o di altro mezzo di trasporto, partiva una seconda squadra di soccorso di cinque salesiani e di tre suore salesiane, diretta dallo stesso ispettore don Conelli ; sempre a piedi si spingeva una ventina di chilometri dalla linea ferroviaria, per rintracciare e aiutare, parroco e vice-parroco di Gioia de' Marsi, entrambi salesiani e ritrovati illesi in quel paese letteralmente distrutto. Ciò nei giorni 15 e 16, quando cioè autorità e giornali ignoravano la sorte dei paesi sul Fucino più discosti dalla ferrovia.
Ogni treno di feriti che giunge alla stazione di Roma dai luoghi del disastro, ad ogni ora del giorno e della notte, trova salesiani sotto la tettoia a prestare opera di sacerdoti e, occorrendo, di infermieri...
Questa volta poi questi benefattori della gioventù noti hanno avuto bisogno d'uscir di casa per rintracciare e ricoverare fanciulli rimasti orfani dal terremoto; se li sono trovati in casa nel momento stesso che il terremoto a tuo chilometri di distanza scuoteva la terra! Infatti il solo Istituto del Sacro Cuore in Roma conteneva alunni provenienti da tutti i paesi maggiormente colpiti dal terremoto, cioè Avezzano, Sora, Ortucchio, Gioia, Pescina, Paterno Marsicano, Pescasèroli, Lecce dei Marsi, Fontana Lire ed altri quindici paesi!... E, proporzionalmente, questo accade in tutti gli Istituti salesiani della Provincia, specialmente negli Istituti di Frascati, Alvito, Caserta, Trevi dell'Umbria.
Tuttavia il superiore generale dei Salesiani, rever.mo D. Paolo Albera, continuatore dello spirito di Don Bosco e di Don Rua, preoccupandosi vivamente nella sua inesauribile carità anche di quegli orfani che sono rimasti ancora senza ricovero, si è offerto al Comitato di soccorso per estendere anche a questi, in quel maggior numero che sia consentito dai locali e dai soccorsi che si riceveranno, il beneficio del mantenimento, educazione, istruzione; e ha delegato a rappresentarlo presso il Comitato stesso il suddetto sac. dott. Arturo Connelli, ispettore degli Istituti salesiani, che già l'aveva rappresentato in occasione del terremoto calabro-siculo, e nel ricoverare i figli degli italiani espulsi dalla Turchia.
L'Osservatore Romano, il 21 gennaio, riportava integralmente il citato articolo con largo commento assai benevolo per l'Opera Salesiana.
Il 1915 è l'anno Centenario della nascita di Don Bosco e della Festa di Maria SS. Ausiliatrice; orbene sia esso un anno di fervore e di pietà.
D. PAOLO ALBERA ai Cooperatori.
La Statua di Don Bosco.
Ecco l'articolo del dott. D. Celso Costantini edito in Arte Cristiana del 15 dicembre (1).
« Cosí Don Bosco fu visto per le vie di Torino, cosí ce lo raffiguriamo nel pensiero, inghirlandato di fanciulli, sui quali diffonde il fascino del suo sorriso. Così lo vide nella commossa fantasia Gaetano Cellini, e seppe tradurlo in forme plastiche vive e pure, senza stento o stanchezza, senza i gesti declamatori della statuaria monumentale moderna.
» Don Bosco - la cui grandezza è fatta di carità e di umiltà - qui è tutto lui, sublime in quest'atto tanto semplice e tanto comune nella sua vita, il quale lo avvicina piú d'ogni altra figura storica al Divino Maestro che disse le grandi parole: Lasciate che i fanciulli vengano a me!
» Questo gruppo ha quella vita intima e quella virtú comunicativa che solo possiedono le vere opere d'arte: commove e avvince lo spettatore. Due sentimenti ha suscitato in me, appena l'ho visto: un palpito di gioia per la mirabile espressione di bellezza artistica; uno slancio di piú intensa venerazione per la persona di Don Bosco.
» Il gruppo è meravigliosamente equilibrato, con quella maestosa figura di Don Bosco, il cui movimento appena accennato è accresciuto dalla festevolezza donatelliana dei fanciulli, in attitudini diverse, ma armonizzate da una perfetta unità, e forma una bella e varia linea da tutti i punti da cui è riguardata. Emana dall'assieme l'armonia di un accordo, che è dato, più che dalla scienza, dall' ispirazione ; emana un'eleganza piena di misura e di buon gusto, classica e-freschis sirna nello stesso tempo.
» Il Cellini ha impostato le figure saldamente, e ha saputo renderle senza ricorrere a quella tecnica spavalda e sprezzante che è pur tanto in voga. Dopo le aberrazioni del verismo grossolano e di ardimenti dell'impressionismo pittorico adottato dalla scoltura, in questa torma che sa essere fine sena cadere nel lezioso, noi ritroviamo la vera tradizione della nostra arte, che alla purezza attica di un nobile classicismo sa dare accenti nuovi, nuove vibrazioni e nuovi raggi di bellezza.
» Dire classico - dopo tanta noia ingenerata dalla vuota rettorica degli artisti accademici - potrebbe parere una lode sospetta; ma qui classico non vuol dire un ritorno indietro, un ricalcare la linea sulla falsariga, nia vuol dire portare i piú puri elementi dell'arte al contatto dello spirito moderno: vuol dire quell'atticismo della forma, quella significazione aristocratica del pensiero, quella musicalità dei ritmi, e quell'equilibrio dei particolari con l'assieme che innalzano l'opera d'arte nella luce del capolavoro, al di fuori e al di sopra di tempi e di scuole.
» La nobiltà classica del Canonica e dello Zanella non hanno nulla a che vedere con la stucchevole compostezza dei canoviani; è tanto fresca e personale che mentre quella dei neoclas sici era una imitazione, la loro è veramente una creazione.
» In presenza di questo gruppo noi sentiamo la superiorità dell'arte italiana, che porta in avanti la linea del progresso in confronto di tanta arte ultramontana, che la torce indietro con stilizzazioni arcaiche, che possono essere dotte, ma non commuovono.
» Ma ogni perfezione di forma è vana se non sa dare l'espressione, se non sa rendere la bellezza interiore di un sentimento o di un pensiero. E il Cellini nel gruppo di Don Bosco ha saputo trasfondere veramente la grande bellezza dell'idea; qui non abbiamo il solo Don Bosco realistico, perfetto nella sua somiglianza, ma abbiamo la figura dell'apostolo. Il volto non è solo una maschera mirabile degna di un quattrocentista fiorentino; ma sotto quella maschera vibra la grand'anima di Don Bosco. La bontà del suo cuore e la forza del suo pensiero animano e muovono ogni muscolo del volto, governano i suoi gesti, e riflettono quella grandezza morale, innalzano la figura in quell'atmosfera di elevazione spirituale in cui noi tutti veneriamo Don Bosco: e la grazia di quel bambino che gli bacia la veste ci tocca e ci avvince, e noi ci associamo a lui a quell'atto gentile, affrettando in cuor nostro il giorno in cui possiamo chiamare Don Bosco col nome di Santo.
» Per i Santi antichi noi sentiamo venerazione; per Don Bosco, che è cosí a contatto con noi, sentiano anche amore ...».
Don Bosco e Maria Ausiliatrice.
È impossibile parlare dei grandi servitori e amanti di Maria che illustrarono la Chiesa negli ultimi anni senza che subito si presenti spontaneo alla mente un nome, che al solo pronunziarlo suscita vivi sentimenti di stima e venerazione negli animi di tutti, e dinanzi al quale gli increduli e i cattivi stessi chinano riverenti la fronte. È questo il nome del Ven. Don Giovanni Bosco, il grande Apostolo della gioventù dei tempi nostri
Benché un quarto di secolo sia ormai trascorso dal giorno in cui rese la sua bell'anima a Dio, la sua memoria si conserva tuttavia viva e fresca, come se jeri soltanto fosse morto, tanto che a lui, meglio che a qualunque altro, si possono applicare le parole dei libri santi « in memoria aeterna erit iustus ». Sí, Don Bosco, cosí illustre per le sue virtú e pei suoi miracoli, vive tuttodí potente e grande in mezzo al mondo per le innumerevoli opere a cui diede vita e che perpetuano il suo apostolato in tutte le regioni della terra; vive e vivrà in mezzo agli uomini per quanto durerà in sulla terra la divozione alla Vergine invocata sotto il titolo di Maria Ausiliatrice dei Cristiani.
Come infatti sarà possibile separare il nome di Maria SS. Ausiliatrice da quello di D. Bosco? Invocando Maria sotto questo titolo egli fondava le sue opere, istituiva i suoi Oratori, guariva gli ammalati, si cattivava l'animo della gioventú, convertiva i peccatori, faceva fronte a tutti i suoi gravosi obblighi. Si può dire, senza tema di errare, che questo grande benefattore della società parve piú d'una volta forzare la mano della Divina Provvidenza, invocando Maria Ausiliatrice per farla intervenire in suo aiuto nelle grandi necessità in cui si trovava...
Sopra un milione e centomila lire che gli costò il magnifico tempio che egli innalzò a Torino in onore di Maria Ausiliatrice, piú di ottocento mila lire gli furono date in ringraziamento di favori ottenuti per l'intercessione di questa Vergine Augusta.
Piú ancora che per tutto ciò il nome di Don Bosco sarà benedetto dalle generazioni future per il gran bene che operò a prò della gioventù povera e abbandonata, colla fondazione dei suoi oratori, che, oggidí in tutti i grandi centri, costituiscono un porto di salute per tanti poveri giovani che andrebbero altrimenti guasti e perduti
Oh! sí se Iddio mise nel cuore di quest'uomo provvidenziale, dal quale fu fondata la Pia Società Salesiana, in un con lo zelo ardente per la gloria di Maria, quella confidenza in Lei, che ottiene miracoli, fu appunto perché egli era chiamato a compiere sia da sé, sia per mezzo dei membri della Società religiosa, alla quale ha lasciato il suo spirito, la piú difficile e la piú necessaria di tutte le opere: la formazione della mente e del cuore del fanciullo povero, orfano, abbandonato. Fu perché egli aveva ricevuto da Dio la missione di indirizzare e di formare i suoi discepoli a operare a suo esempio il piú grande dei miracoli, la trasformazione del fanciullo corrotto, vizioso, empio, in fanciullo onesto, cristiano e pio. Sono state molto ammirate e tuttavia si ammirano le opere veramente straordinarie che Don Bosco ha compiute in numero sí grande, o, per dir meglio, che sono state compiute da Maria SS. Ausiliatrice, servendosi di lui come di uno strumento. E tutto ciò con ragione. Ma la piú meraavigliosa di tutte é quella che, avendo raccolto da ogni parte, non già centinaia, ma migliaia e migliaia di fanciulli poveri, moltissimi dei quali già erano contaminati dal vizio, abbia potuto fare di essi non solo buoni cristiani, ma ancora buoni preti e buoni religiosi, ardenti apostoli del culto della Vergine (1).
(1) Arte Cristiana, rivista mensile illustrata, che educa
mirabilmente al gusto dell'arte pel maggior decoro del culto, si pubblica a
Milano, in veste elegantissima, dallo Stabilimento per le Arti Grafiche Alfieri
et Lacroix.
L'abbonamento costa soltanto L. 10. Rivolgersi all'Amministrazione in Via
Mantegna, 6, Milano.
(1) Da Profili Mariani contemporanei di L. FALLETTI S. M., Torino, Cav. Pietro Marietti Edit. 1914. Pag. 39 e segg.
Due mamme (1).
Chi sono le due mamme?
Una è Margherita Occhiena, l'umile contadinella di Capriglio, la sposa virtuosissima di Francesco Bosco, la madre fortunata del Ven. D. Bosco!
L'altra è Margherita Sanson, la pura fanciulla di Riese, la sposa eletta di Giovan Battista Sarto, la madre avventuratissima di Pio X!
Che bella combinazione: due Margherite!
* *
Io vedo un gruppetto di case, coronate di vigneti, nascoste in una tranquilla e silenziosa oasi di verzura, su su, in cima alla collina: è la minuscola borgata de' Becchi, la culla del Grande, che ha riempito il mondo del suo nome e delle sue opere. Don Bosco nacque ai Becchi, presso Castelnuovo d'Asti, il 16 agosto 1815.
Sull'uscio d'una di quelle povere case - una casetta piccina piccina, col ballatoio di legno e la piccola finestra che guarda sull'aia - una giovane donna sta aspettando.
Essa attende ed è un po' impensierita, perché il fanciullo tarda ad arrivare. Il sole è tramontato ora ora: si stendono le ombre, l'aria si rinfresca e s'oscura... e non si vede ancora!
Ma ecco che s'ode un leggero cantarellare; il canto si fa chiaro, si avvicina sempre di piú. È lui. Chi? Un ragazzetto grazioso, ricciuto, spigliato, intelligente, buono: il figlio di Margherita: Giovannino Bosco.
Egli torna da Castelnuovo, dove ogni giorno suole recarsi alla scuola. E vi si reca, sia bello o sia brutto il tempo, piova o nevichi, faccia freddo o faccia caldo, a piedi, per un buon numero di chilometri, coi suoi libri sotto il braccio e il tozzo di pan duro in una tasca della povera giacchettina.
Mamma Margherita ogni mattino, quando lo vede partire, lo segue, lo accompagna, fin dove puó, cogli occhi, sempre, col cuore.
* *
Io vedo un'altra donna, in un altro piccolo villaggio, vent'anni dopo. Anch'essa, sull'uscio della sua casetta di Riese, - cosí piccola, ma cosí linda - attende il figliuolo che sta per arrivare da Castelfranco Veneto, dove ogni giorno, colla strada bella o colla strada brutta, tiri vento o faccia sole, col fango o col polverone, egli è solito recarsi a scuola, con un tozzo di pane o una fetta di polenta fredda, che servirà pel pranzo e per la merenda.
Il piccolo Bepi - il figlio di Margherita Sarto - arriva col pacchetto di libri sotto il braccio, e corre subito incontro alla mamma, sgambettando, allegro come un fringuello. Qualche volta -nei giorni di gala - lo scolaretto di Riese fa la sua comparsa in pompa magna, ritto sull'asinello che il babbo e la mamma - con un nuovo sacrificio! - gli hanno procurato, per risparmiargli qualche chilometro di strada a piedi. Eccolo il bel cavalierino che passa trionfante per il villaggio, dirigendosi alla sua povera dimora.
Che bella combinazione anche questa : due mamme che, oltre ad avere il medesimo nome di Margherita, hanno la medesima casetta bassa, d'un sol piano, colle impannate e la cara famiglia di alberelli che l'adornano: due mamme che hanno due figliuoli, due scolaretti che s'assomigliano così bene!
Sí, perchè Giovannino Bosco e Giuseppe Sarto sono due ragazzini coll'argento vivo addosso: corrono, saltano, s'arrampicano sugli alberi, amano i giuochi, amano i nidi, amano - che bell'esempio! - i libri, e come! Giovannino conduce la mucca al pascolo, e intanto lo si vede chino sul libro di scuola che studia e studia. Il piccolo Bepi, passa anche lui, guidando la sua mussetta al campo, mentre è tutto assorto nella lettura.
Bisogna guadagnare tempo: ecco perché i nostri scolaretti fanno così. Le mamme osservano.
Ma i due fanciulli non sono solamente allegri e studiosi, sono sopratutto buoni, sono pii.
Si sa con certezza che il piccolo Bepi - mi piace chiamarlo così, perché così lo chiamava di preferenza la sua buona mamma - qualche volta interrompeva il giuoco, si sottraeva ai compagni, e con alcuni di loro piú volonterosi correva a pregare la Madonna nel piccolo santuario delle Cendrole, un po' fuori di Riese nell'aperta campagna.
E Giovanni Bosco non faceva forse così? A Castelnuovo, nelle ore libere dalla scuola, sovente - come assicurano quelli che l'hanno veduto - saliva sul luogo piú eminente, alla Madonna detta del Castello, solo, oppure circondato da compagni, che con lui s'inginocchiavano volentieri a pregare.
Le mamme, vedendo tutto questo, che cosa fanno? Prendono una solenne decisione: - i figliuoli continuino a studiare!
Margherita Bosco è povera, è vedova, è sola col poderetto da coltivare e tre figli da mantenere. I tempi sono tristi: sono tempi di grande carestia. Che importa questo? Essa va al campo, lavora, suda, s'industria, e, senza tante lamentele, senza inutili piagnistei, tira innanzi coraggiosamente nel nome del Signore. Qualunque sacrificio, qualunque privazione è pronta a sostenere, purché Giovannino possa studiare.
E Margherita Sarto? Vedova anch'essa, povera, con otto figli da allevare, piena di fede nella divina Provvidenza, riesce a crescerli tutti sani, robusti e, quel che piú importa, nel santo timor di Dio. Col lavoro continuo delle sue mani - lavoro paziente di cucito - cogli scarsi frutti del poderetto - tre ettari di terreno! - con tutte quelle piccole industrie che sa trovare un cuore di mamma, riesce a trionfare di qualsiasi difficoltà e a realizzare il suo piú bel sogno: che il piccolo Bepi continui nella via dello studio.
I due scolaretti s'accorgono di tutto questo lavorio delle loro povere mamme e cercano di corrispondere, di compensare in qualche modo tanti sudori. E come? Per ora coll'essere i primi della classe.
Corrispondono ancora non lagnandosi del pari duro, levandosi le scarpe mentre vanno su e giù alla scuola di Castelnuovo e di Castelfranco, anche colle strade fangose e rotte; e tutto questo per risparmiare alla mamma la spesa della risolatura.
Poveri piedini scalzi! poveri piedini doloranti! Ma verrà un giorno; e allora si stimeranno ben fortunati quelli che potranno arrivare a baciarveli, i vostri piedi!
*
Ora, ecco che la strada si allarga, la strada si appiana.
Per qual miracolo? Oh, il buon Dio vede tutto. Le mamme continuano a darsi attorno, confortate ora, piú che mai, dall'intervento visibile della Provvidenza: i figliuoli, aiutati dai loro benefattori, già ben nutriti dagli esempi e dalle virtú materne, entrano in seminario. E avanti, a passi di gigante.
La conclusione?
Il pastorello de' Becchi divenne sacerdote, e fu D. Bosco!
Il pastorello di Riese divenne sacerdote, vescovo, cardinale, e fu Pio X!
E le due mamme?
Sentite.
Un giorno il novello vescovo Giuseppe Sarto, volendo fare una bella improvvisata, entrò inatteso nella sua casetta di Riese, e, sorridendo alla madre che, sorpresa e fortemente commossa, gli veniva incontro:
- Eccomi - disse - o mamma: sono vescovo! benedicimi.
La vecchierella - chi potrà mai immaginare la gioia di quel momento! - si chinò a baciare l'anello, e cogli occhi innondati di pianto, cosí salutò il figliuolo:
- Io pregherò per te; tu Bepi - vedete? lo chiamava ancora cosí - prega per me e che Dio ci benedica.
E non basterebbe anche solo questa consolazione nella vita di una madre?
Eppure altre ne ebbe la buona Margherita: ella poté vedere il suo figliuolo vestito della sacra porpora; ella poté gustare le giuste lodi prodigate a Lui sacerdote modello, a Lui parroco zelante, a Lui pastore desideratissimo, ma, quel che piú importa, ella poté dire, chiudendo gli occhi alla terra per aprirli al cielo: - Ho fatto quello che ho potuto per la maggior gloria vostra, o Signore.
Tanto è vero che il suo grande figliuolo, divenuto Papa Pio X, senti il bisogno di consacrare la memoria di lei, di sua madre volata al cielo, con questo prezioso e commovente elogio: - Mia madre fu sposa esemplare, donna saggia, madre incomparabile, fra dolorose e liete vicende rassegnata ed equanime, con senno virile cristianamente educati i suoi figliuoli, colla morte del giusto coronò una vita di lavoro e sacrificio.
E Margherita Bosco?
Mi piace, qui, ricordare quella sera indimenticabile, in cui la buona madre poté sedersi, nella sua casetta de' Becchi, accanto al figliuolo, novello sacerdote.
Chi potrà dire la pace, la soavità di quel colloquio?
Memorande furono in quell'occasione certe parole dette da mamma Margherita al figlio prete. E non furono solamente parole.
Essa segui il figlio a Torino, per aiutarlo nella sua difficile missione. E lavorò, soffri accanto a Lui, colla bella soddisfazione di vedere spuntare, crescere e ingigantire in albero maestoso il granello miracoloso, con tanta fede lanciato dal figliuolo nel nome del Signore.
Poi, anche mamma Margherita chiuse gli occhi per sempre; e li chiuse in un dolce sogno di pace e di speranza, mormorando al figlio in lacrime - Muoio tranquilla, ho fatto quello che ho potuto!
*
Ecco le due mamme: due povere donnette, se volete, due umili contadinelle; anzi, due donne fosti, due nobili matrone; due madri regine, madri di due Santi!
(1) Da « Azione e Ricordi » Numero Unico edito a cura del Circolo Don Bosco del Collegio San Carlo in Borgo S. Martino (Alessandria) nell'occasione del Santo Natale (dicembre 1914). - Casale Monferrato, Premiato Stab. Arti Grafiche già Fratelli Torelli, pag. 9-11.
I Cooperatori Salesiani, i quali confessati e comunicati divotamente visiteranno qualche Chiesa o pubblica Cappella, o se viventi in comunità la propria Cappella privata, e quivi pregheranno secondo l'intenzione del Sommo Pontefice, possono lucrare indulgenza plenaria (come dal Decreto della S. Congregazione delle Indulgenze, 2 ottobre 1904):
ogni mese:
1) in un giorno scelto ad arbitrio di ciascuno; 2) nel giorno dell'esercizio della Buona Morte;
3) nel giorno in cui si radunino in conferenza;
dal 10 febbraio al 25 marzo:
1) il 22 febbraio, Cattedra di S. Pietro in Antiochia;
2) il 25 marzo, Annunciazione di Maria SS.ma.
Inoltre: ogni volta che essendo in grazia di Dio (senza bisogno di accostarsi ai SS. Sacramenti o di visita a qualche chiesa) reciteranno 5 Pater, Ave e Gloria Patri per il benessere della cristianità e un altro Pater, Ave e Gloria Patri secondo l'intenzione del Sommo Pontefice, lucreranno tutte le indulgenze delle Stazioni di Roma, della Porziuncola, di Gerusalemme e di S. Giacomo di Compostella.
Tutte le indulgenze concesse ai Cooperatori sono applicabili alle Anime Sante del Purgatorio; ma pel loro acquisto è richiesta la recita quotidiana di un Pater, Ave e Gloria Patri secondo l'intenzione del Sommo Pontefice coll'invocazione: Sancte Francisce Salesi, ora pro nobis.
Iddio, sempre mirabile nei suoi Santi, ha elevato a un grado di santità non comune un professore di Università vissuto in questi ultimi anni, CONTARDO FERRINI, di cui si è compiuto il primo Proccsso in ordine alla Beatificazione per espresso desiderio del compianto Pio X. Leggano i nostri Cooperatori questi rapidi cenni della sua vita, scritti appositamente per loro dallo stesso Postulatore della Causa, e ne benedicano il Signore !
Nacque a Milano il 4 aprile 1859, e venne battezzato nella parrocchia di S. Carlo. Suo padre Rinaldo fu un dotto di somma riputazione, i due suoi lavori principali nell'elettricità e sul magnetismo vennero tradotti in francese e tedesco, fu saggio divulgatore della sua scienza e l'Istituto Tecnico superiore di Milano, dov'egli insegnò per un quarant'anni, gli innalzò in questi ultimi tempi un monumento marmoreo, che ne perenni la memoria ai posteri. Ma quel che piú importa era uomo di fede e di pietà profonda, quotidianamente col figlio Contardo s'accostava all'eucaristico sacramento, e fu il vero educatore di lui. La madre, Luigia Buccellati, era sorella di quell'abate Antonio Buccellati, che fu professore di Diritto penale a Pavia. Pietà e studio formarono l'ambiente famigliare nel quale crebbe il piccolo Contardo, il quale, fanciullo, era d'una vivacità straordinaria, e nulla rivelava in lui il santo futuro.
A dodici anni compiuti, in occasione della S. Comunione, apparve nel giovanetto Contardo un cambiamento inaspettato. Vi si era preparato con gran cura aiutato da una zia, che era suora Orsolina di S. Carlo, e che lo volle seco per quindici giorni, in ritiro spirituale.
Quella prima Comunione fu al Ferrini principio di vita santa; da essa, dice il padre suo, parti il potente impulso d'una gagliarda vita; da essa, dice il suo confessore, lo studio di attendere al conseguimento d'ogni virtú senza mai fermarsi o trascurare mezzo alcuno ad ottenerla.
Studente del liceo era l'ammirazione dei compagni che lo sapevano bravissimo, e ne conoscevano la somma pietà, sicché lo chiamavano un S. Luigi, e alla sua presenza non si permettevano di pronunciare parole meno che caste, se non lo volevano vedere corrugato e triste. Sotto la direzione di Mons. Antonio Ceriani prefetto della Biblioteca Ambrosiana attese allo studio dell'ebraico, del siriaco e di qualche nozione di sanscrito.
Passò poi nel 1876 al'Università di Pavia, applicandosi al ramo della giurisprudenza, e ottenendo di essere alunno del Collegio Borromeo.
Tutte le mattine di buonissima ora era in chiesa e vi faceva la S. Comunione con tale una devozione che i fedeli, non conoscendone il nome, ma solo dalla divisa riconoscendolo un alunno del Collegio Borromeo, lo chiamavano il S. Luigi del Collegio Borromeo. La devozione del Ferrini meravigliò anche Mons. Agostino Riboldi, allora vescovo di Pavia, ed era tale che alcuni suoi compagni di Pavia accorrevano a vederlo, da lui non visti. Destava in tutti un senso di meraviglia il contemplare quel giovane che pareva come trasportato fuori dal mondo sensibile.
Ed i suoi compagni generalmente lo rispettavano e lo amavano, perché era molto bravo e d'una bontà straordinaria verso di loro. Ma non mancavano alcuni, ai quali quella pietà sembrasse esagerata. Si sapeva che il Ferrini non poteva sopportare parole impure, e alcuni compagni, per fargli dispetto, le pronunciavano. Allora vive fiamme di rossore imporporavano il volto del casto giovanetto, che si ritirava dalla compagnia. Egli loda altamente in un suo scritto questi casti rossori e dice: « Essi sono i riguardi elle al mondo paiono debolezza, e sono le esigenze di Dio, che paiono al mondo mancanza di spirito e sono la più cospicua affermazione della dignità umana. Oh santi rossori, che imporporate i volti adolescenti dei servi di Cristo! Voi siete la vera porpora del suo regno, i trofei della sua vittoria sul mondo e sulla natura, il segno ch'egli abita nel cuore de' suoi eletti ». Per non subire questi sgarbi egli fu costretto a passare l'inverno freddissimo 1879-188o, ritirato nella sua camera.
Il Ferrini avrebbe voluto anche fare qualche cosa di piú, avrebbe voluto essere in mezzo ai suoi compagni l'apostolo del bene e della virtú. Li chiamava alle devozioni dei due mesi di maggio e di giugno, consacrati alla Madonna e al Sacro Cuore di Gesú, verso cui ebbe amore specialissimo, parlava loro soventi volte di Dio e feste liturgiche, li invitava in episcopio, dove Mons. Riboldi avrebbe tenuto loro famigliari conferenze. Ma troppo pochi ascoltarono la sua parola, e il suo apostolato dovette limitarsi ad essere un apostolato, certo efficacissimo, di buon esempio.
In questo tempo strinse amicizia coi fratelli i Conti Mapelli, ai quali scrisse delle lettere e degli opuscoli che sono la piú bella rivelazione di quell'anima infinitamente elevata e innamorata di Dio.
Nel 188o consegui la laurea di dottore in legge con uno splendido risultato, e a Mons. Riboldi, che gli chiese chi l'avesse aiutato in ciò, rispose mostrando un grosso crocifisso che si teneva al collo.
Ottenne dal Ministero un premio per studiare un anno all'estero ed un secondo premio dalla Cassa di Risparmio di Milano; così potè studiare due anni all'Università di Berlino. Prima di andare a Berlino chiese parere a Mons. Riboldi, che gli diede una lettera commendatizia per Mons. Förster, Vescovo di Breslavia, sotto la cui giurisdizione è Berlino. Inoltre prima di abbandonare l'Italia, pauroso di Berlino, città protestante e corrotta, si propose un programma di vita, che è sommamente bello e santo, e fu l'ideale in cui egli s'affissò per tutta la sua vita. Prima di partire, il suo padre lo benedisse e scrisse nelle sue Memorie: Oh quanta consolazione da questo figlio! Oh quanta bontà e quanta virtù!
La prima visita che il Ferrini fece a Berlino fu a S. Edvige, la principale chiesa cattolica di quella città. S'era inginocchiato a pregare, ed ecco vede vicino a sé un giovane che fervorosamente pregava. Quando costui ebbe finito, il Ferrini lo avvicinò. Quel giovane fu il primo soccorso che Dio gli inviò: gli procurò un alloggio, lo mise in corrispondenza con gli studenti cattolici, fu il suo primo amico.
Mons. Förster, il vescovo di Breslavia, era stato cacciato in esilio fuori dell'impero germanico, e abitava in una città della Silesia, soggetta all'Austria e che apparteneva alla sua diocesi. Quando ricevette la lettera di Mons. Riboldi, raccomandò il giovane italiano al Rev. Dott. Roberto Herzog, che era parroco di S. Edvige, e che alla morte di Mons. Förster gli succedette nell'episcopato di Breslavia. Mons. Herzog diventò il confessore, l'amico,, il confidente di Contardo Ferrini, il quale venne ricevuto come ospite nel Circolo universitario cattolico di Berlino e in una società di S. Vincenzo, dove conobbe e strinse amicizia coll'ottimo prof. Westermayer, che fu poi professore di botanica a Friburgo.
Infieriva in quel tempo il Kulturkampf, e il Ferrini altamente ammirò la fede e la pietà dei giovani studenti cattolici tedeschi. « Molte volte ho quasi pianto di consolazione, così egli scriveva, vedendo questi bravi e valenti giovani ancora studenti d'Università, e già impiegati, e anche militari, accogliersi numerosi alla Messa, pur ai dí feriali, e accostarsi sempre in copia alla S. Eucaristia ».
A Berlino udí il prof. Pernice, il prof. Teodoro Mommsen, che gli furono molto amici, e strinse una particolare amicizia con Zaccharia Von Lingental, che fu il primo a studiare con serietà il diritto greco-romano, e che iniziò il Ferrini a questo studio.
La fede e la virtú del Ferrini a Berlino, nonché essere scosse, vennero grandemente rafforzate per l'amicizia ch'egli strinse con persone cattoliche eminenti, come Mons. Herzog, i capi del Centro, e gli studenti cattolici dell'Università. A Berlino egli si fece delle brevi meditazioni che dovevano servire di pascolo spirituale all'anima sua, e tradusse in italiano alcuni cantici spirituali tedeschi.
Rimpatriò nel 1882 con il piú vasto corredo di scientifiche cognizioni e con la fede intemerata nel cuore.
Passò l'anno 1883 girando in diversi archivi, a Roma, a Firenze, a Parigi, a Torino per preparare l'edizione critica d'un libro greco di Diritto romano che aveva cominciato a studiare a Berlino.
Quando fu a Roma ricevette la S. Comunione dalle mani del Sommo Pontefice, ed a Firenze compose un bellissimo opuscolo ascetico ch'egli intitolò: Un po' d'Infinito.
Sulla fine del 1883, venne accolto all'Università di Pavia come libero docente delle fonti del Diritto romano e di poi anche di Diritto penale romano , ed ivi insegnò fino all'anno 1887. I quest'epoca cominciarono le sue scientifiche pubblicazioni, e il Ferrini venne subito salutato come uno dei primi romanisti d'Italia. A questa epoca si devono pure assegnare alcuni suoi lavori apologetici, brevi ma belli, e con molta probabilità anche i suoi preparamenti alla SS. Comunione, ed altri lavori ascetici.
Nel 1886 veniva inscritto fra i confratelli di S. Vincenzo della parrocchia di S. Tommaso, e in quello stesso anno il 6 agosto cingeva, come terziario, il cordone di S. Francesco presso i Frati Minori di Porta Volta in Milano, e il 6 febbraio del seguente anno ne faceva la professione.
Intanto si aprivano i concorsi per i posti dell'Università di Messina, che veniva elevata a primo grado e il Ferrini otteneva la cattedra di professore ordinario del diritto romano. A Messina la vita del Ferrini fu tutta studio e pietà. Continuava nella sua Comunione quotidiana, nelle meditazioni, in una vita tutta di cielo, ripetendo spesso a se medesimo la parola di Paolo: Conversatio vestra in coelis : suo confessore fu il P. Bernardo, francescano, sacerdote di esimia pietà e carità.
In quest'epoca s'erano rese sempre piú pungenti le questioni pro e contro Rosmini. Il Ferrini che altamente onorava la persona del filosofo roveretano ed era amico di molti Rosminiani, non segui affatto il sistema filosofico di Rosmini, e biasimò la condotta allora tenuta da alcuni che si opposero alla condanna delle quaranta proposizioni.
Egli però ardentemente desiderava di avvicinarsi alla famiglia e per questo, apertosi il concorso per la cattedra di pandette all'Università di Bologna, vi concorse; ma non ottenne il posto, che fu assegnato al prof. Brini. Il Ferrini sopportò quest'umiliazione colla massima calma e serenità, senza un lamento, anzi trovando e manifestando agli amici la giustezza della decisione del concorso. Intanto l'Università di Modena ottenne che al Ferrini venisse assegnata la sua cattedra vacante di Diritto romano, e ne fu lieta.
A Modena è ancora viva la memoria del Ferrini come d'un angelico giovane, il suo confessore ordinario P. Loudwick, gesuita, fra l'altre cose attesta:
« Fra una edificazione vederlo andare alla SS. Comunione, che frequentava ogni giorno, e ritornare dalla Mensa Eucaristica colle mani giunte, levate al petto, gli sguardi dimessi e l'esteriore composto, e ciò con tanta naturalezza e disinvoltura, da far capire come egli vedesse Gesú nel Divin Sacramento e sentisse di portarlo seco. Si studiava non solo di praticare il meglio in tutte le sue azioni, ma aspirava e tendeva accuratamente alla cristiana perfezione, della quale nessuna parte e nessuna finezza gli era ignota:
» Quindi nessun difetto fu notato in lui; invece una regolarità tale di vita, da dover credere che avesse avuto la grazia istessa di S. Giovanni Berchmans, cioè dopo di aver conosciuto da giovanetto per divina manifestazione ciò che era virtú vera, di avere atteso continuamente al suo conseguimento, senza essersi fermato un istante o trascurato cosa alcuna che a ciò lo portasse.
» Si ha ragione di credere che sia stato libero da ogni fornite di senso, eppure la sua vita era tutta un intreccio di mortificazioni. Il mondo con le sue passioni non ha potuto mai penetrare in quell'anima e lasciarvi impressioni di sorta ».
A Modena il Ferrini strinse amicizia col prof. Luigi Olivi, un'alta intelligenza, un'anima che lo intese e l'amò, perché illuminata e riscaldata al medesimo raggio della fede e dell'amor di Dio.
Ma a Pavia ed a Milano, la cara patria sua dove aveva la famiglia, s'appuntavano i desideri del Ferrini, e quando fu vacante la cattedra di
Diritto romano nell'ateneo pavese, egli vi fu chiamato dall'unanime consenso dei colleghi, che non cessarono mai di apprezzarlo e di amarlo. Vi venne sulla fine del 1894, e subito dopo, nell'aprile del 1895 fu dai cattolici milanesi eletto proprio rappresentante nell'amministrazione della città e restò al comune con l'amministrazione Vigoni fino al 1899, quando la coalizione dei partiti popolari ottenne vittoria.
In Consiglio Comunale quand'egli parlava, il che noti era frequente, perché per natura molto riservato, la sua parola era udita con somma attenzione ed anche con diletto. Fu membro della civica commissione per gli studi, e del Consiglio direttivo del Collegio reale delle fanciulle. Allorché in Consiglio venne dibattuta la importantissima questione finanziaria e l'allargamento della cinta daziaria, egli venne eletto a far parte della cosí detta Commissione dei nove, che doveva studiare il difficile problema. Il suo rev.mo Prevosto di S. Marco lo elesse fabbriciere della chiesa, la società di S. Vincenzo della parrocchia di S. Tommaso suo vicepresidente; fu il consigliere legale di Sua Eminenza il Card. Agostino Riboldi, di diversi pii istituti, come delle Marcelline, dei Figli della Provvidenza; appartenne alla confraternita del SS. Sacramento della parrocchia di S. Fedele, dove il padre suo era il priore; quando la legge Crispi volle concentrare le Opere pie, egli le difese con qualche risultato.
Ma l'opera del Ferrini doveva svolgersi di preferenza nel campo de' suoi studi prediletti. Mons. Giovanni Mercati scoperse all'Ambrosiana dove allora era dottore, in un palinsesto alcuni brani inedeti di antiche leggi greco-romane, dette basilici; il Ferrini studiò l'importante scoperta e la pubblicò. Le opere sue scientifiche assommano a un duecento, e formano già per se stesse una piccola biblioteca di diritto romano, e sono l'opera di poco piú di vent'anni di lavoro.
Teodoro Mommsen, che gli fu maestro a Berlino, ebbe a dire ad un eminente personaggio milanese che come il secolo decimonono negli studi romanistici s'intitolava del Savigny, non altrimenti il ventesimo si sarebbe intitolato dal Ferrini, e che per merito suo il primato degli studi romanistici passava dalla Germania all'Italia. Del resto, aggiungeva Mommsen, noi non siamo invidiosi.
Quando fu data al Ferrini questa notizia, che gli faceva tanto onore, egli se ne schermi e non si poté parlargliene che pochissimo, ché non voleva saperne.
Un altro insigne dotto teddesco, Zacchariä Von Lingental, che fu il primo studioso del Diritto greco-romano e che, piú che maestro, fu padre nell'ordine degli studi del Ferrini, tanto l'apprezzò e l'amò, che lasciollo erede del suo patrimonio intellettuale, de' suoi manoscritti e delle sue schede di studio, perch'egli se ne servisse e completasse e pubblicasse anche se credeva. Di fatto dopo la morte di Zaccharià (1894) il Ferrini fu salutato senza competitori il primo romanista del diritto romano-bizantino.
Eppure la grandezza vera del Ferrini, quella che gli assicurerà un nome eterno nella storia dei popoli è la sua scienza, è la sua virtú, la sua santità. Fra tanta sciezna era cosí umile che nessuno s'accorgeva del tesoro di sapere ch'era in lui, perché suo intento era nascondersi e tenersi l'ultimo fra tutti. E vi riuscì. Quando il Mommsen venne a Milano e cercò di lui, che tutti ignoravano, se ne meravigliò e disse: Poveri Italiani, che non conoscete la vostra gloria!
Questa volta l'accusa a noi era meno giusta, perché se il Ferrini era anche nella sua città poco noto, la colpa o il merito era suo. Egli tutto faceva per non far parlare di sé, per nascondersi, per comparire un professore come gli altri e meno degli altri, e non è meraviglia che cosí fosse davvero creduto e a Milano e a Pavia e in generale da tutti quelli che giudicavano dalle apparenze, e sono i piú. Solo chi all'apparenza non si fermava, ma sapeva e meritava di penetrare nell'intimità di quell'anima grande, la conosceva e ne restava sorpreso e ammirato. Quanta elevatezza di pensiero, quanta nobiltà di sentimenti! Era noto ch'egli tutti i dì, molte volte in compagnia del padre suo, che gli era piú che padre, amico e fratello, nelle prime ore della giornata era a S. Marco per la S. Messa e la S. Comunione, come era quotidiana la meditazione, quotidiana la visita al SS. Sacramento, la recita del rosario, anche in treno. La sua pietà era tale che un illustre senatore del Regno, che per levarsi la noia delle lunghe sedute del consiglio comunale, di cui col Ferrini faceva parte, schizzava le caricature dei sottoposti alla medesima croce, piú d'una volta fece pur quella del Ferrini, ponendogli l'aureola sulla testa. Anche quei di Pavia, dove il Ferrini villeggiava, solevano chiamarlo il San Luigi dei Ferrini. E anche costoro si fermavano all'apparenza. Oh! non è facile e non furono molti che penetrarono addentro in quel cuore. Leggete gli Scritti religiosi di lui, pubblicati postumi, là troverete il ritratto morale di quest'anima grande, tutta unita a Dio, suo Diletto, suo Sposo, e veramente santa.
Le mistiche elevazioni di una S. Caterina da Siena passano attraverso a questo schietto rappresentante della coltura moderna, e si fanno sentire in tutta la loro arcana bellezza nel nostro ventesimo secolo.
Noi sacerdoti, diceva D. Alberto Catena, il grande Prevosto di S. Fedele, che fu, per alcun tempo confessore di Contardo Ferrini, e sempre gli fu consigliere ed amico, noi sacerdoti quando parliamo di Contardo Ferrini dobbiamo mettere la stola. E in un crocchio di persone intime, vedendo avvicinarsi Contardo disse: Vi Presento un vergine. E davvero, se il Ferrini. non volle unirsi in matrimonio, fu principalmente per l'amore ch'egli portava alla bella virtú, per mantenere il suo cuore piú unito a Dio. A queste elevatezze il nostro secolo è affatto straniero, ma esse sono il fiore piú bello del Vangelo, sono margarite che non si devono buttare avanti ai porci, secondo l'ammonimento del Vangelo ripetuto non rare volte dal Ferrini, ma che impreziosiscono l'anima dei veri, dei grandi amici di Dio.
Anche il Ferrini aveva il suo divertimento, l'alpinismo, il divertimento delle anime forti.
A me, diceva, queste gite fanno un gran bene non solo fisico, ma morale, ché mi ritemprano il carattere e mi elevano a pensieri diversi dai consueti. E bello sentire da una cima solitaria di monte quasi il solenne avvicinarsi di Dio, e contemplare anco nella natura selvaggia e severa il perennemente giovane sorrido di Lui. » E davvero l'alpinismo fu al Ferrini scuola di virtú morali, che ne perfezionarono il carattere, e fu sopratutto una rivelazione di Dio. Egli ascese molte volte le dorate vette del Rosa, il Cimone, il Monte Leone, il Basolino, il Lucendro, il Latelhorn e anche altri monti piú lontani da noi nelle Alpi Cozie e negli Appennini. Era quasi naturale nel Ferrini elevarsi da ogni creatura al Creatore, era la sua preghiera continua. Egli trovava il nome augusto di Gesù « stampato ovunque è un'elevazione dell'arte, un manifestarsi del genio, un rivelarsi del pensiero divino per mezzo dello spirito umano. In certo senso Egli respira da quelle opere immortali.
» Quante volte ne' musei di Monaco, di Dresda, di Berlino, di Vienna, di Roma, di Firenze assorto avanti un capolavoro dell'arte, mi trovai condotto a un ineffabile amplesso di Lui, e nell'ammirare un'opera di artefice grande mi spuntava una tacita lagrima, che il mio Angiolo non avrà lasciato cadere per terra! »
Queste parole rivelano qualche po' di quell'anima santa ed elevata.
Nel 1902 aveva intrapreso, sempre con la cooperazione di Mons. Mercati, la pubblicazione di un manoscritto della Vaticana detto Tipucito, riferentisi ancora a quel corpo di leggi dette Basilici; in quell'anno aveva anche vagheggiato un viaggio in Oriente in compagnia del suo carissimo amico il prof. Olivi, e che non poté compiere. Dio lo voleva nella Gerusalemme celeste.
Il 5 ottobre di quell'anno, era un sabato, stando colla famiglia nella villa di Suna, fu colpito dai parossismi della febbre. Il giorno dopo Contardo febbricitante si portò alla chiesa di Suna per la S. Messa, e vi fece la Comunione. Ritornato a casa si mise subito a letto, aveva il tifo, con delirio alla testa, durante il quale, sentendo la campanella del piroscafo che s'avvicinava, credeva suonasse la S. Messa. Ebbe qualche breve lucido intervallo durante il quale mormorava preghiere. Era assistito dalla mamma, dalla sorella e negli ultimi giorni dalle suore dell'ospedale di Pallanza; vennero al suo capezzale il Prevosto di Pallanza ed il Parroco di Suna, ma pel delirio perseverante non si poté amministrargli il S. Viatico. Ricevette ogni altro conforto religioso. Anche durante il delirio aveva gli occhi rivolti al cielo e moveva le labbra come in forma di preghiera. Mori il 17 ottobre poco prima del mezzodí assistito dai due preti che ho nominato e da quelli de' suoi ch'erano allora presenti a Suna.
Ben presto la voce del popolo di Suna, e piú autorevole la voce dei piú illustri scienziati, che furono suoi amici, anche di quelli che non avevano comune con lui la stessa fede, con un unanime assenso lo proclamavano santo. Come rappresentante di queste voci sorse il prof. Luigi Olivi, grande scienziato, nobile anima di credente convinto ed intimo amico del Ferrini, che in un discorso tenuto all'Istituto de' ciechi in Milano aperto proclamò la santità di vita del suo illustre amico, e finiva con queste parole: « L'immortalità del Santo s'asside sicura e maestosa sul suo sepolcro ».
L'Olivi che s'onorava dell'amicizia di Pio X, si presentò personalmente e ripetutamente al Papa, chiedendo che s'iniziasse il processo di beatificazione e raccolse non poche e non ispregevoli testimonianze della santità del Ferrini.
Ma anche il popolo di Suna continuava nella tacita venerazione del suo S. Luigi dei Ferrini, fino a che mandò nel 1909 una lettera al Santo Padre, chiedendo che si procedesse alla costituzione del tribunale ecclesiastico. Pio X ne parlò in una udienza solenne concessa ai pellegrini piemontesi nello stesso anno, e fu allora ch'Egli si dichiarò felice di poter elevare agli onori degli altari un professore d'Università.
Nel novembre di quello stesso anno, il Papa Pio X invitò l'Em.mo Cardinale di Milano ad iniziare nella sua città il processo informativo.
Si dovettero compiere diversi processi rogatoriali in diverse città d'Italia, a Pavia, Novara, Torino, Modena, Padova, Treviso, Roma, Messina, Palermo, Cagliari, per udire testi che non potevano comodamente portarsi a Milano.
Raccolti anche gli scritti del Servo di Dio, tutti i processi fatti dai diversi Ordinari vennero portati a Roma.
Quando mi presentai a Sua Santità Benedetto XV, Egli che già conosceva la causa del Ferrini, espresse il suo alto e sovrano compiacimento per i progressi di essa, e si augurava che presto venisse coronata del piú lieto successo, perché è bello presentare all'età moderna un professore d'Università che in mezzo al mondo e nel possesso piú completo della scienza moderna, seppe nella pratica della virtú elevarsi fino all'eroismo della santità.
Molti già ricorsero alla intercessione di Contardo Ferrini per ottenere grazie, e la loro fiducia non fu vana. Molti nella vita di lui e nella lettura de' suoi Scritti religiosi trovarono un salutare richiamo alle piú nobili idealità ed a quella fede santa che letifica la nostra vita e la nobilita. La figura di lui si presenta al nostro secolo come quella del santo moderno che risponde alle esigenze legittime della nostra civiltà, e la richiama ai grandi ideali della nostra fede. I buoni affrettino colle loro preghiere e anche coi loro aiuti questa causa che è gloria della nostra patria e della Cattolica Chiesa.
Sac. CARLO PELLEGRINI postulatore della Causa.
Come è amato Don Bosco e stimata l'opera sua
(Lettera del Sac. G. B. Soleri al sig. D. Albera)
Tàriba (Venezuela), 6 ottobre 1914.
AMATISSIMO PADRE,
LE scrivo da questa pittoresca città di Tàriba, ove volle il nostro Ispettore che lo accompagnassi nel suo ritorno alla Colombia. Egli, dopo aver visitato le case salesiane di Valencia, Caracas, Curaçao, venne a Maracaibo e, non ostante il caldo soffocante di questo luogo, che Ella, amato Padre, ben conosce, passò con noi una settimana informandosi delle condizioni e dell'andamento di questo nostro collegio.
Siccome dalla città di Tàriba situata nella regione di Los-Andes da vari anni domandavano con insistenza la fondazione di una casa salesiana, il signor Ispettore prima di ritornare a Bogotà, volle visitare questo luogo per conoscerne le necessità, vedere le proposte che ci fanno ed i mezzi che ci offrono per realizzare la sospirata fondazione.
Pertanto il giorno 19 settembre c'imbarcammo sul « Progreso » dove, oltre i confratelli e gli alunni di casa nostra, vennero pure a dar l'addio all'Ispettore il signor Luigi Fossi, Console Italiano, il signor Luis Paris, il rev. P. Delfin Paz ed altri buoni amici nostri di Maracaibo. Dopo un felicissimo viaggio, prima sul bel lago e poscia lungo il fiume Catatumbo, la cui foce è celebre per il lampo continuo che vi regna e, per ricordare la bella espressione di un poeta maracaibero,
Del nauta fija el rumbo Cual limpido farol (1), siamo arrivati la mattina del 21 al porto di Encontrados, donde in nove ore di ferrovia abbiamo raggiunto il piede della catena di LosAndes. Il viaggio, non ostante il caldo di un sole tropicale, riuscí amenissimo. Abbiamo attraversato immense pianure coperte di ricche piantagioni di banani, di canne da zucchero, di caffè, di cacao, e di pascoli popolati da migliaia di capi di bestiame quasi sepolti nell'abbondanza del foraggio. Queste terre appartengono tutte a proprietarii di Maracaibo e sono affidate a fattori che hanno ai loro ordini numerosi indii, quasi tutti provenienti dalla Goajira. Questa immensa regione che si stende fra il mare Caribico e la Sierra Nevada è popolatissima di indii, di cui molti vivono ancora completamente in istato selvaggio, come Los Montilones, di carnagione rossiccia, dai capelli biondi, dagli occhi azzurri e di carattere cosí selvaggio, che non furono mai a contatto con i civilizzati, né con le tribù di altri indii. Altri invece esercitano già qualche traffico coi centri civilizzati e le loro braccia vengono vantaggiosamente utilizzate nei servizi domestici e nei lavori delle aziende. Ancor poco tempo fa si faceva di essi un infame commercio; e, violentemente rapiti sulle coste, venivano venduti nei centri circonvicini e tenuti come schiavi dai loro compratori. Ma, grazie all'umana e pietosa vigilanza del Governo, quest'infame commercio è quasi totalmente scomparso; e i numerosi indii che oggi si trovano come servi in Maracaibo, o addetti all'agricoltura nelle aziende dei dintorni, sono tutti liberi e hanno una giusta ricompensa del loro lavoro e molti ricevono anche istruzione, educazione cristiana e battesimo per cura degli stessi padroni che li tengono a servizio.
Giunti all'ultima stazione della ferrovia trovammo un automobile che ci aspettava per condurci a Colón. La distanza di questo luogo è di circa venti chilometri e noi li abbiamo percorsi in un'ora per la nuova strada carrozzabile che la provvida amministrazione dell'attuale Presidente della Repubblica intraprese e condusse felicemente a termine per un tratto di circa novanta chilometri, superando gravissime difficoltà tecniche col valico di alte montagne e di più che ottanta fiumi e torrenti. Che spettacolo maestoso è la vista di queste montagne, ricche di miniere di ogni specie, coperte di una vegetazione esuberante, essendo parte già coltivate e parte offrendo ancora tutta l'imponenza di una foresta vergine coi suoi alberi di tronco gigantesco e secolare! Fu per noi un'ora di vera delizia! Oh! come ho ricordato allora le nostre Alpi, la nostra cara Italia ed anche Lei, amato Padre! La stessa temperatura che si faceva ognor più fresca a misura che c'innalzavamo su pei monti, rendeva sempre più sensibile l'analogia e più vivo il ricordo del nostro Piemonte.
A Colón abbiam trovato generosa ospitalità nella casa del rev. signor Parroco, dove passammo la notte. Il dí seguente, di buon mattino, dopo aver celebrato la S. Messa, saltati in sella, abbiam continuato il nostro viaggio, lasciando a destra la via carrozzabile che in mille giri sale alla cima del monte Palo Grande, alto circa 18oo metri, mentre noi dalla parte opposta, ora pel letto di un torrente, ora per falde scoscese, e sovente sull'orlo di grandi precipizi, camminavamo alla volta di Tàriba.
Questa parte del cammino, quantunque breve, fu ben penosa, anche perché D. Caroglio ed io passammo un momento di vera angustia nel veder il nostro Ispettore, proprio nell'istante in cui si trovava in un passo assai difficile e pericoloso, còlto da una raffica di vento che gli rovesciò sul volto la mantellina. Egli nell'improvviso movimento che fece per liberar la faccia e assicurarsi in sella, fu lí lí per cadere, e fu proprio una grazia, egli dice, se non cadde a precipizio.
Sul mezzogiorno si giunse al ridente paese di Lobatera, ove il Parroco ci accolse con squisita carità fraterna.
Alle due ripigliammo il cammino su per l'erta del monte Mochilero, la cui alta cima domina tutta la fertilissima valle di San Cristóbal e serve di spartiacque tra il bacino fluviale del lago di Maracaibo e quello dell'Orenoco.
Là incontrammo la prima comitiva salita da Tàriba incontro a noi. Era uno stuolo di ragazzi, che cavalcando agili cavalli, furono i primi a darci il loro saluto.
A questa prima comitiva ne tennero dietro varie altre, a misura che scendevamo pel versante opposto, sicché in breve la fila degli accompagnanti prese l'aspetto di un reggimento di cavalleria.
Erano tra essi il rev. signor Vicario di San Cristóbal Dr. Filippo Rincon, il rev. P. Michele j. Briceño, parroco di Tàriba col suo Vice Curato D. Ilarione Parra, il rev. D. Contrera, parroco di Palmira, il sig. Delegato della città D. Ettore Entrena, il Sindaco, i Membri del Consiglio Municipale ed i principali signori del luogo.
Giunti all'ingresso della città fummo circondati da una gran folla di pololo, e il sig. Avv. Pedro A. Càrdenas con cordiali parole dié il benvenuto al signor Ispettore e ai suoi compagni, esprimendo la vivezza della gioia che provavano nel vedere tra loro i figli del Ven. D. Bosco e il desiderio comune che la nostra visita avesse per frutto immediato l'apertura di una casa salesiana in Tàriba.
Il sig. Ispettore ringraziò l'oratore e tutti i convenuti, assicurando che i Salesiani, seguendo l'esempio di Don Bosco, non rifiutano mai il lavoro, specialmente quando è rivolto all'educazione della gioventú, che fu la pupilla dell'amato Fondatore.
Allorché varcammo la soglia della porta della città la banda municipale dié fiato agli strumenti e noi, tra evviva e grida di gioia di una turba di fanciulli che ci precedevano, fummo condotti lungo la via principale tutta imbandierata e ornata di archi trionfali con iscrizioni inneggianti a Don Bosco e alla Pia Società Salesiana.
Arrivati alla casa parrocchiale, il rev. D. Michele I. Briceño ci fermò e ci volle suoi ospiti per tutta la nostra permanenza.
Iddio ricompensi i buoni Taribesi, specialmente il loro ottimo sig. Parroco per la squisita gentilezza usata verso i poveri figli di Don Bosco!
Siamo in questa città da undici giorni e tutti son trascorsi occupatissimi per organizzare la Pia Unione dei Cooperatori e Cooperatrici Salesiane. Si tennero varie adunanze e, la domenica 27, anche una conferenza nella sontuosa chiesa parrocchiale, gremita di uditori.
I Taribesi vogliono avere ad ogni costo una casa salesiana nella loro gentile città, e come le diceva da principio, è da varii anni che ne fanno richiesta. Fin dal 19o6 il sig. D. Trino Colmenares che ci conobbe in Maracaibo e fu, finché visse, uno dei nostri piú zelanti cooperatori, ci aveva offerto una piccola azienda di sua proprietà per una Colonia Agricola. Morto lui, l'ottima sua consorte signora Isabella de Colmenares rinnovò le istanze e in occasione di un suo viaggio in Europa ripeté personalmente la sua offerta al compianto D. Rua, ricevendone promessa di accettazione per un tempo non lontano. Adesso, oltre detta azienda, ella dona ai Salesiani anche un terreno in città per potervi aprire un corso di scuole, di cui piú d'ogni altra cosa è urgente il bisogno.
Domani il sig. Ispettore partirà per Colombia ed io lo accomagnerò fino alla frontiera, ritornando quindi a Maracaibo, mentre egli dovrà continuare ancora per circa un mese la sua peregrinazione a cavallo per visitare Cucuta, Pamplona, Medellin, Contratación ed Agua de Dios prima di giungere a Bogotà. Iddio gli conceda copiosi frutti in cosí lunga e faticosa missione.
Qui confidano tutti che la prima visita fatta dai Salesiani alla simpatica regione delle Ande Venezuelane sarà presto seguita dall'arrivo di altri Salesiani che vi porranno stabile dimora. Anch'io son d'avviso che la nuova casa sarà di grande benefizio a questa popolazione.
Ma ho già abusato troppo della sua pazienza.
Di Lei, amato Padre,
Affino figlio in G. e M.
Sac. Giov. BATT. SOLERI Salesiano.
(1) Al nocchiero segna la rotta, quasi limpido faro!
FIORI E FRUTTI
(Dalle memorie dei nostri Missionari)
IX (1).
Le orfanelle del Rio Colorado.
CHI non ha sentito parlare del Rio Colorado? Fino a pochi anni or sono. questo nome era nel mistero e le più strane leggende riempivano la mente dei gauchi, i campagnuoli delle pianure limitrofe. Esso infatti era il punto dove solevano concentrarsi . le tribú indigene, che da quei boschi impenetrabili uscivano per fare scorrerie e celebrare le loro orgie (malones); ed era il rifugio delle bande di malfattori che si annidavano fra quei burroni per porsi al riparo della Giustizia.
Ma questo stato di cose non poteva durare a lungo. La spedizione del General Roca nel 1879 prima, poscia l'azione civilizzatrice dei Missionari Salesiani, guidati dall'Apostolo della Patagonia Mons. Giovanni Cagliero, dovevano conquistare anche quell'immensa regione alla civiltà, strappando alla barbarie tante anime per aggregarle alla Chiesa Cattolica.
Quando Mons. Cagliero nel 1887 tragittava il Colorado nel luogo denominato Fortín Mercedes, per recarsi a Patagones, unico indizio di civiltà in quei paraggi era il filo del telegrafo che univa la Patagonia col mondo civilizzato. E il viaggio era lungo e pieno di avventure piú o meno gradevoli, attraverse salse lagune, e strade impenetrabili, senza incontrare altri luoghi popolati che tre o quattro capanne, che servivano di povero alloggio agli sfortunati viandanti che viaggiavano nella galera (una specie di vettura la piú incomoda).
Il deserto di quei campi e le sofferenze inerenti a quei viaggi interminabili non intimorirono il Vescovo Missionario. Sentinella avanzata, egli gettò uno sguardo sull'immensa regione, che si apriva al suo zelo, vide molte anime immerse nelle tenebre dell'errore e dell'ignoranza, ad esse rivolse tutte le sue sollecitudini ed energie, e fin da quell'anno provvide all'evangelizzazione del Rio Colorado.
In quell'estate e in tutti gli estati successivi egli vi mandò i Missionari Salesiani, i quali percorsero ambe le sponde del Rio e penetrarono nei centri fin'allora inesplorati, con fatiche e privazioni d'ogni genere, vincendo mille difficoltà, e assoggettandosi anche a insulti e disprezzi con coraggio ed allegrezza, perché dolce è il soffrire per Gesú Cristo, ed essi cercavano solamente la gloria di Dio e la salvezza delle anime.
Dalle sponde del mare fino alle Cordigliere tutti i centri della Pampa Centrale e l'allora impenetrabile regione che separa il Rio Negro dal Rio Colorado furono percorsi dai Salesiani.
Anche la tribú di Catriel, dispersa dall'esercito conquistatore, ricevette con docilità il Missionario; e benché ribelle alle armi, si arrese e si prostrò davanti alla Croce che redimendola dalla barbarie, la nobilitò col carattere cristiano, assicurandole la felicità eterna.
I sacrifici e le pene che sopportarono i Missionari in quegli anni furono ricompensati con frutti di benedizione, poiché la semenza del Vangelo non tardò a germogliare e a produrre i suoi frutti. Si formarono infatti altrettanti centri cristiani a Las Isletas, a Lomas Azules, a Salitral Grande, a Buena Porrado, a Isla del Sartén, a Chacarita, a Media Luna, a Las Amargas, a Fortín, Uno, a Pichi Mahuída, ecc., ecc. che i Missionari visitavano periodicamente confermando nella fede i battezzati ed aumentandone ad ogni visita il numero. In Buena Porrado e in Rio Colorado si costrussero anche cappelle provvisorie e residenze per il Missionario perché potesse attendere piú liberamente a quei centri ìmportanti. A Fortín Mercedes s'innalzò anche uno spazioso edifizio per raccogliere i fanciulli orfani di quella regione, mentre molti fanciulli e molte fanciulle si mandavano a Viedma, centro e residenza della Missione; dove gli uni erano dedicati agli studi o a un'arte, e tutti erano rigenerati alla civiltà per farne soggetti utili alla famiglia e alla società.
Ma chi può enumerare i sacrifizi cui andarono incontro quei generosi figli di Don Bosco per compiere tanto bene? Ecco un semplice episodio di quei tempi eroici, narrato dal zelante Missionario D. Pietro Bonacina; semplice episodio che svela nella sua minutezza la lunga serie di fatiche alle quali dovevano assoggettarsi i Missionarii Salesiani.
Era l'anno 1891: quand'io giunto in casa del sig. Carlo Hernandez, antico abitante del Rio Colorado, buon cristiano e stimato quanto mai, venni a sapere che quattro sorelline si trovavano nel piú deplorevole abbandono, poiché il padre non le voleva riconoscere per sue, e la mamma, disgraziata, stanca di soffrire e disperata nel vedersi impotente a dare sostentamento ai suoi figli, si era tolta la vita gettandosi nel fiume.
La dolorosa notizia mi commosse tanto, pensando a quello che poteva succedere a quelle quattro creature, che stabilii di andar subito in cerca di loro. Donna Filippa, la consorte di Carlo Hernandez, sarebbe venuta a quella volta sul carro; io e il sig. Carlo l'avremmo preceduta a cavallo. Si fecero in un attimo i preparativi, e la spedizione si avviò lungo la costa del Rio, nell'ipotesi che le orfanelle si trovassero in vicinanza di un luogo provvisto di acqua.
Compresi della caritatevole missione, che la Divina Provvidenza ci aveva affidato, avanzavamo coli cautela, non trascurando a un sol passo di indagare in tutta l'estensione la grande vallata. Ogni macchia di bosco, ogni insenatura, ogni burrone eran perquisiti ed esaminati diligentemente.
Camminammo in questo modo circa dieci chilometri; la notte si approssimava, e non era certo prudente che le tenebre ci avessero sorpreso prima di raggiungere l'intento.
Ma Iddio, che guida i passi dei suoi ministri, non tardò a condurci in direzione delle pecorelle abbandonate e sole.
Ecco, infatti, che si ode l'abbaiare del cane che ci precedeva. Affrettiamo il trotto e a pié di un maestoso salice troviamo raggruppate le quattro orfanelle, spaventate dal cane che le aveva scoperte, e dalle voci di noi che ci avvicinavamo. Ma il loro timore subito scomparve per dar luogo alla piú lieta sorpresa, non appena videro scendere di cavallo il signor Carlo e il Missionario che avevano veduto l'anno prima.
Poverine! avevano tuttora al collo la medaglia che io aveva a esse donato, il giorno in cui erano state battezzate.
- Buona sera, figliuole, che fate qui? Avete paura di noi?...
- Oh no, noi non abbiamo alcuna paura di voi, anzi siamo molto contente che siate venuti.
- Io, soggiunse la maggiore, Ciriaca, che aveva solo 12 anni, ho lavato la biancheria dei miei fratelli e l'ho messa ad asciugare.
- Io, disse un'altra piú giovane, ho aiutato Ciriaca a raccogliere legna per l'arrosto: ed aspettiamo Venerito che è andato a cercar carne.
- Io, esclamò una terza, bado alla sorellina piú piccola, perché non si avvicini troppo alla sponda del fiume.
- Brave, interuppi io, siete tante donnine buone e assennate e il Signore vi manda in premio fin da questa sera una buona cena e un buon letto per riposare; poi di qui a qualche giorno vi farà accompagnare al Collegio delle Suore in Viedma. Siete contente?
L'abbaiare del cane annunziò l'arrivo del carro che guidava Donna Filippa. Senza ritardo si raccolsero i pochi stracci delle orfane, si caricarono anche quelle poverette sul carro e questo immediatamente prese la via del ritorno, nella direzione piú comoda e piú breve; mentre io e il sig. Carlo attendemmo che ritornasse Venerito.
Era questi un giovinetto sui tredici anni, fratello alle fanciulle per parte di madre, che badava a mezza dozzina di capre e provvedeva legna e acqua per cuocere i cibi e, agli ordini della mamma, aveva già cura delle sue sorelle. Dopo la morte di lei, egli era rimasto il loro sostegno, e, a dir vero, compiva un tale ufficio con impegno superiore all'età sua.
Appena ci scorse presso la squallida abitazione capi subito ciò che s'era accaduto; ci salutò cortesemente e si dispose a seguirci sull'istante, pago di dare un ultimo sguardo al salice cui si appoggiava l'umile capanna, testimonio delle loro pene e delle loro lagrime.
Quella notte in casa del sig. Hernandez fu memorabile. Le orfanelle erano giunte contentissime, vogliose di parlare, amabili coi loro protettori. Dimenticate le pene sofferte, si rallegravano pensando all'avvenire che si schiudeva piú bello; e facevano mille domande sul lungo viaggio e quando si sarebbe compiuto, che cosa avrebbero poi fatto, ecc., ecc.
Ma poiché tutto ha un termine in questo mondo, finirono anche i preparativi e il sonno scese sulle palpebre di quelle infelici a eguagliare le pene sofferte e le allegrezze del momento, le lagrime abituali e la gioia di quell'ultima sera.
Per andare a Viedma due erano le strade: una piú difficile dell'altra. La prima passando per Fortín Mercedes si stendeva lungo il Rio, toccando alcuni punti che avrebbero potuto offrire un ricovero e un aiuto in caso di necessità. Questo era un vantaggio, ma la distanza era enorme, e le strade difficili.
L'altra era quella di attraversare la Pampa che divide il Rio Negro dal Colorado con direzione al Sud, per giungere in prossimità di Pringles, che fu la prima tappa dei Salesiani e delle Figlie di Maria Ausiliatrice. Si calcolavano da 20o a 250 chilometri di traversata.
Il progetto era un po' temerario se si voleva, ma il piú corto, e si fini per preferire quest'ultimo.
I preparativi durarono piú di una settimana e tutto era pronto, tranne la guida senza cui sarebbe stato temerario l'avventurarsi per quelle terre sconosciute. Era ancora fresca la memoria della disgrazia toccata a due profughi spagnuoli che, per sottrarsi alla giustizia che li segui fin sulle sponde del Rio, s'erano internati da soli in quei centri. A breve distanza s'era trovato il cadavere d'uno di essi sull'orlo di una laguna secca, e l'altro fu rinvenuto in uno stato grave, colle facoltà mentali alterate, causa le inenarrabili sofferenze e la sete che lo bruciava.
Questa notizia non poteva non rendere piú prudente il missionario, senza pregiudicare la confidenza che aveva in Maria Ausiliatrice, in cui omaggio stava per compiere un'impresa tanto arrischiata.
E si fissò la partenza. L'addio fu doloroso e commovente, le raccomandazioni della buona Filippa furono molte; le orfanelle piangevano di riconoscenza e commozione. Il signor Carlo, montato su brioso cavallo, ci accompagnò per circa 2o chilometri; là, nuovi saluti e auguri di buon viaggio. Il carro era guidato da Venerito, mentre il missionario, a cavallo, lo precedeva.
Arrivammo cosf alla capanna di alcuni indii, i quali ci dissero che a circa quattro leghe di là (20 chilometri) viveva nascosto un disertore delle carceri di Pringles, di nome Peralta, che conosceva assai bene quei luoghi, avendoli percorsi in ogni senso. Se egli l'avesse voluto, sarebbe stato un'ottima guida.
Andai in cerca di lui e di quella stessa sera lo trovai, e annui ad aiutarmi in quell'opera caritatevole, a patto che in vicinanza di Pringles si sarebbe ecclissato ed io avrei cercato di dire una buona parola alla Polizia, perché non lo perseguitasse, ma lo lasciasse in pace. Glielo promisi.
Il dí seguente la carovana fu all'ordine assai per tempo. Ma il viaggio continuò tutto il giorno, triste anzichenò.
Io sentiva tutta la responsabilità che pesava sopra di me e provava un senso di sconfidenza verso l'indio Peralta, in cui mano mi trovava con 5 orfani, e non riusciva a rassicurarmi. Confidava, è vero, nella Divina Provvidenza, ma non cessava di tormentarmi il pensiero che colui era un fuoruscito dalle carceri, a me interamente sconosciuto.
Sopravvenuta la notte, alloggiammo nei toldi di alcuni Cileni che pascolavano un centinaio di capre. Una bella laguna quasi circolare dava acqua a quella piccola oasi.
La stanchezza del giorno e la prospettiva di ciò che ci attendeva nei giorni successivi ci determinò a prender riposo per tempo, mentr'io approfittai delle buone disposizioni di quella famiglia, già battezzata anni prima, per ricordarle le verità principali di nostra santa Religione e animarla a perseverare nel bene.
All'indomani le cose cambiarono come per incanto. La guida indigena ci era divenuta famigliare e orgogliosa della confidenza che il missionario le dimostrava. Svegliò per tempo i viandanti e mentre questi dicevano le loro orazioni ed assistevano alla Santa Messa, andò in cerca dei cavalli, che qualche volta si dilungano anche due leghe in cerca di foraggio; finché, fatta colazione, allégramente ci rimettemmo in cammino.
Mancava però sempre la strada: la guida teneva la direzione di luoghi conosciuti, dove si trovavano piccole lagune o stagni, depositi di pioggie passate. Nelle vicinanze di qualche laguna trovammo capanne di indii, talora abbandonate e talora abitate da famiglie che ci ricevettero colla piú cordiale ospitalità.
Degno di special ricordo fu il quarto giorno di viaggio, compiuto per il piú scabroso cammino, In vari punti io dovetti andare in cerca di un passaggio pel carro ad evitare il pericolo di vederlo capovolto o con qualche sbarra spezzata. Fortunatamente m'imbattei in un vecchio indio araucano, dalla lunga barba bianca, di sguardo soave e dal tratto coraggioso, che, avvicinatosi mi salutò e mi disse:
- Io conoscere Voi; io chiamarmi Lancomay; io vedervi nella Estancia Grat en la Media Luna.
Era proprio così: benedissi la Divina Provvidenza per quell'incontro che ci tolse dalle angustie, ci mostrò la strada migliore e ci diede alloggio per la notte che si avvicinava.
La mattina seguente il buon Lancomay volle accompagnarci sul buon sentiero, assicurandoci che presto saremmo giunti al territorio di Pringles, dove avremmo trovato una popolazione di cristiani e una strada già battuta.
Io mi avanzava con Venerito con lo sguardo sull'orizzonte in cerca di qualche segnale di popolazione, quando una lunga fascia oscura mi si presentò agli occhi; era un gran bosco di canneti, che non offriva passaggio alcuno, anzi a misura che ci avvicinavamo, ci sembrava piú spesso. Che fare? Girarlo sarebbe stato un'impresa molto lunga. La guida ci consigliava ad accontentarci di attraversarlo da cavallo. Ma e il carro? Il giorno volgeva al tramonto e non ci restò altro partito che aprirci un passo a forza di scure.
Solo due giorni dopo eravamo a Pringles in casa dei nostri confratelli.
Preso un po' di riposo, le quattro orfanelle furono inviate a Viedma. Una di esse è già morta santamente; le altre tre sono ancora nello stesso Collegio, dove aiutano le buone Figlie di Maria Ausiliatrice nella nobile impresa di educare tante altre orfanelle.
NEL SANTUARIO.
V° Solenne funzione per la pace e per il S. Padre.
Nonostante il pessimo tempo e le vie coperte di neve, la quinta solenne funzione celebratasi nella Basilica di Maria Ausiliatrice per la pace e secondo le intenzioni del S. Padre, attirò mattino e sera una compatta moltitudine di fedeli. Alle 7.15 del mattino saliva all'altare per la S. Messa Sua Ecc. Rev.ma Mons. Costanzo Castrale, Vescovo tit. di Gaza, che dopo avere, coadiuvato da vari sacerdoti, dispensato la Santa Comunione per lunga ora, tenne una vibrata allocuzione colla quale infervorò tutti i presenti a continuare nella preghiera più accesa per il Vicario di Gesù Cristo e per affrettare il giorno della pace sospirata. Alla sera il Santuario nuovamente si gremì durante l'ora di adorazione innanzi il SS. Sacramento solennemente esposto, predicata sullo stesso argomento dal Salesiano Don Trione. Alle imponenti funzioni, insieme con una folla immensa di fedeli, intervennero in corpo l'Oratorio delle Figlie di Maria Ausiliatrice colle sue 50o allieve e le Figlie di Maria nella loro divisa, il 1° Oratorio festivo di Don Bosco, l'Associazione delle Madri Cristiane, la Società Operaia Maria Ausiliatrice, e numerose rappresentanze di altre Società ed Oratori con i propri vessilli.
Pellegrinaggio spirituale.
Invitiamo i devoti di Maria SS. Ausiliatrice a pellegrinare in ispirito al Santuario-Basilica di Valdocco il 24 corrente e ad unirsi alle nostre preghiere.
Oltre le intenzioni particolari, avremo tutti questa intenzione generale
In omaggio al desiderio del nostro Superiore Generale Don Paolo Albera continueremo a pregare con le più vive istanze la Vergine Santa, che fu in ogni tempo l'aiuto della Chiesa e del Popolo Cristiano, perché riconduca la Pace in mezzo al mondo, e benedica a tutte le sante intenzioni del Sommo Pontefice BENEDETTO XV.
GRAZIE E FAVORI (*)
La fede di un emigrato.
Trovandomi nella clinica di Santa Elisabetta per essere curato d'una vecchia malattia, venutami in un orecchio non so come in tenera età, e dopo essere stato più volte operato da insigni professori militari e civili in Italia e all'Estero, vedendomi giunto all'età di trent'anni senza aver trovato un medico capace di guarirmi, anzi dovendo a parere di tutti rassegnarmi a portare quel male fino alla morte che non poteva essere lontana perché la malattia mi andava al cervello, domandai alla suora qualche libro per leggere e divagarmi ed ella me ne portò alcuni in francese, tra i quali per combinazione trovai un... Bollettino Salesiano. Preferii di leggere questo per prima cosa, essendo scritto in italiano, sebbene legga pure il francese, e nell'aprirlo mi cadde l'occhio sulle Grazie e Favori che alcuni devoti avevano ricevuto dalla Potente Ausiliatrice. Il mio primo pensiero fu quello di ricorrere anch'io a questa benedetta Madre, implorando la grazia e promettendole, se l'avessi ottenuta, di far dire qualche messa in suo onore e di pubblicare il prodigio per far conoscere specialmente agli increduli che la scienza divina è molto superiore a quella umana. Ebbene chi lo crederebbe? Dopo aver subìto una grande operazione da un rinomato specialista di Metz, il polipo, come dicevano i medici, cresceva sempre più, tanto che anche quest'illustre professore dubitava della mia guarigione. Non per questo io perdetti la fede, anzi la raddoppiai sperando sempre nella grazia della Madonna e avvicinandosi la Santa Pasqua, mi recai il giorno 5 corrente a ricevere umilmente i SS. Sacramenti, e il giorno 7, tornato il dottore a visitarmi, senza dolore per me e senza fatica per lui estrasse tutt'intero il polipo con la sua rispettabile radice della lunghezza di 3 cm.! Figurarsi la mia contentezza quando me lo fece vedere. Anch'egli restò sorpreso nel vederlo. Io appena fui fuori della sala operatoria, m'inginocchiai e ringraziai Maria SS. Ausiliatrice dicendo: La grazia è latta! Infatti la settimana successiva sono uscito dalla clinica, dopo 3 mesi e mezzo, perfettamente guarito.
A me quindi non resta che sciogliere la mia promessa. Ti ringrazio ancora e per tutta la mia vita, o grande Ausiliatrice, del bene che mi hai fatto e ti prego a vegliare sempre sopra di me e sopra la mia famiglia.
Thionville (Germania), aprile 1914.
SILVIO PIGLIAPOCHI, di Foligno, aggiustatore meccanico.
Alessandria (Egitto). - Colpito, in seguito a false denunzie, da gravi provvedimenti che avrebbero per sempre potuto compromettere il mio avvenire, cercai ogni mezzo per far apparire la mia innocenza e dimostrare l'insussistenza delle accuse clic mi erano mosse, interponendo anche l'autorità di persone sicure e influenti: tutto fu inutile; il pericolo non accennava a diminuire Ricorsi allora all'intercessione di Maria SS. Ausiliatrice che avevo imparato a invocare quando, giovinetto, frequentavo i Collegi Salesiani: e con mia grande gioia e so presa vidi ben tosto cessato ogni pericolo, svanito ogni timore. Siane grazie a Maria !
11 gennaio 1915.
R. M.
Torino. - Affetto da grave malattia, senza più alcuna speranza di guarigione, ricorsi a Maria SS. Ausiliatrice. Nella novena che precedette la sua festa, fui raccomandato a Lei, colla promessa di fare una piccola offerta, consentita dalle mie forze, di far celebrare una messa nel suo Santuario in Valdocco, e di rendere pubblica la grazia. Trascorsero da quell'epoca 5 mesi, ed io andai sempre migliorando, fino a oggi in cui sono completamente ristabilito. L'eterna mia riconoscenza, o Maria!
Ottobre 1914.
M. G.
Montedoro. - Papà mio da vari giorni soffriva immensamente un fiero dolore alla faccia, che, ostinato ad ogni rimedio, lo faceva smaniare di e notte senza riposo e senza pace. Due medici, l'un dopo l'altro, dichiararono trattarsi di una nevralgia, alla quale nessun rimedio si manifestò efficace e papà continuava sempre a soffrire. Fu allora che con ardore e fede mi rivolsi, con l'interesse di amorosa figliuola, a Maria SS. Ausiliatrice, la quale esaudí il mio slancio, e in breve ebbi l'immensa soddisfazione di vedere ritornato alla calma perfetta, sereno e guarito, il mio caro papà.
Sia lode ed amore alla SS. Vergine Ausiliatrice, che sa sovvenire si presto i figli, che a Lei ricorrono.
17 settembre 1914.
GIUSEPPINA PICCILLO.
Vesime. - Mio figlio Eraldo, di anni diciannove, ch'era stato sempre di complessione assai gracile fin da bambino, nel p. p. dicembre ebbe un forte attacco di bronchite con sbocco di sangue, per cui tenevo di perderlo. In tali angustie, mi rivolsi a Torino, pregando per una novena a Maria SS. Ausiliatrice e promettendo, se il povero Eraldo guariva, di fare un'offerta a cotesto Santuario e di fare pubblicare la grazia sul Bollettino Salesiano. La novena, a cui presi parte anch'io con tutta la famiglia con speciali preghiere, fu incominciata il giorno 10 gennaio. Il giorno 13 il medico trovò l'ammalato sfebbrato e senza piú alcun male. Grata a una si buona madre, adempio la promessa, inviandole la qui unita tenue offerta, con preghiera di inserire la grazia sul Bollettino.
Ottobre 1914.
GIUSEPPINA Ved. GIORMANO.
Castelnuovo d'Asti. - Si era alla fine di febbraio, quando in casa mia disperavano della mia salute, perchè non ostante ogni cura d'arte medica non si riusciva a liberarmi da forte febbre infettiva. Mi rivolsi alla cara Madre Celeste, e le promisi di far celebrare una messa se avesse in qualche modo lenito i miei dolori; ed Ella mi esaudí. In breve fui salva ed ora compio il mio dovere rendendo grazie alla mia Ausiliatrice.
Ottobre 1914.
A. P.
Berna (Como). - Già piú volte avevo sentito parlare dell'opera prodigiosa di Don Bosco, ed essendomene lo scorso anno capitato tra mano il Bollettino, presi a leggerlo con amore e la mia ammirazione andò sempre più intensificandosi. Provato poi da diverse tribolazioni, mi decisi di far ricorso a Colei che è l'aiuto dei Cristiani, e con fede viva implorai su me e sulla famiglia la sua materna protezione. Non fui deluso; poiché ora mi trovo in condizioni migliori e sento il bisogno di esternare un inno di ringraziamento a si eccelsa Regina. Agli omaggi che di cuore rendo alla Vergine, vorrei potere unire almeno una discreta somma, onde cooperare anch'io allo sviluppo dell'Opera Salesiana. Se la povertà me lo vieta, sia egualmente gradita anche la mia offerta, come fu cara al Signore quella della povera vedova.
15 novembre 1914.
RAFFAELE LANZA.
Acqui. - Mio figlio aveva preso una passione funesta, che lo distoglieva dai suoi studi e ci addolorava tutti, se avesse mandato ad effetto il proposito, perché avrebbe rinnegato le tradizioni di famiglia nostra credente e religiosa. Per quanti consigli ed ammonimenti gli furono dati, pareva che ancor di più vi si attaccasse. Che fare? D'accordo, con mia suocera, abbiamo cominciato il mese di maggio, fervorosamente pregando per ottenere la grazia che nostro figlio cambiasse idea. Venne la fine del mese e pareva che la Vergine non volesse ascoltarci e ne eravamo umiliate e confuse... Ma la grazia ci era riservata proprio il giorno 30, solennità di Pentecoste, nella qual domenica successe un diverbio che troncò definitivamente ogni relazione. Coli lacrime di gioia ne ringraziamo la Vergine Ausiliatrice cui saremo sempre grati pregandola a benedirlo sempre, e con lui tutta la nostra famiglia.
7 ottobre 1914.
C. M. A.
Regalbuto (Catania). - Nel mese di luglioagosto scorso un mio bambino di cinque anni fu ammalato di ileotifo grave con manifestazioni numerose che fecero temere forte per la sua vita. Mi rivolsi, come altra volta nelle mie angustie, alla potenza di Maria SS. Ausiliatrice e il Venerabile Don Bosco perchè mi aiutasse ad ottener la grazia promettendo un tenue obolo della mia devozione e la pubblicazione della grazia. Ora invio l'obolo ringraziando Maria SS. e il Venerabile intercessore, e prego inserire nel Bollettino Salesiano un cenno della segnalata grazia, straordinaria sopratutto per me che sono medico e che ho visto che niente può talora il soccorso dell'arte senza l'aiuto potentissimo della nostra santa Fede.
29 ottobre 1914.
Dottor CAMPIONE CARMELO, Medico Chirurgo.
Ottennero pure grazie da Maria SS. Ausiliatrice e alcuni pieni di riconoscenza inviarono offerte per la celebrazione di S. Messe di ringraziamento, o per le Missioni Salesiane, o per le altre Opere di Don Bosco, i seguenti:
A*) - Acireale : Maria Nicolosi, 5-Aci Trezza Salvatore Blanco, 5 - Acqui : Francesca De la Grisa in Ferraris, io - id. : Adele Malvicino, io - id.: Maddalena Botto, 2 - Agliano d'Asti: Annetta Cerrato, 2,40 - Alessandria: Teresa Lorenzi, 5 - id.: Giuseppe Boidi e Famiglia, 16 - Alzate con Verzago : M. G., 2 - Arasio di Montagnola (C. Ticino): Maria Lucchini in Staffieri, 2,75 - Arquata Scrivia : N. N. a mezzo di Suor Sabina Olivazzo, 2.
B) - Badia Polesine : Italo Rossin, io - Bari Ing. Pietro Tramonte, 2 - Barlassina : Luigi Borroni, 5 - Barrafranca : Filippo Aleo Costa, io Beianiga : Albino Benazzato, 20 - Biancavilla N. N., 50 - Biandronno : Argenia Molinari in Selvini, 5 - Bologna : B. D., 5 - id.: Famiglia Casaro, 5 - id.: Enrichetta Golivelli, 2 - Borgoforte : Giuseppe Imperiali, 6 - Borgomanero Carlo Valsesia e Consorte, 5 - Borgotaro : Carmela Bracchi, 5 - Bovolenta : Sac. Beniamino Guzzo, 7 - Bra : Martina Ceretti Ved. Boglione, 25 - Brescia : A. Vezzoli, 8 - id. : G. C., 15 - id. Sorelle Maddalena e Lucia Mossini, io - Brianza M. C., io - Brusasco : B. M., 5 Brusson : Geneviéve Vicquéry, 25 - id.: Maria Filomena Revil, 5 - id.: Maria Geneviéve Cravel, 5 - Buscate Ida Lepori, io.
C) - Cagliari : Catterina Congiú Galfrè in Satta, 3,25 - Caidale : Maria Confalonieri, io - Camalo : Sac. Antonio Faga, 5 - Cambiano: Matteo Borgarello, io - Cr tti : Concetta Rinaldi - Capriolo : Giovanni , Santieri, io - Carate Brianza : M. Mazza, 5 - Carpenedolo : Maria Cavalli - Corugo : N. N., io - Casamicciola : Giosafatte Morgera, 5 - id.: Antonio Conte, z,i5. - Casate Vecchio : Rosa Lissoni, 5 - Caselle Lurano Maria Bosiggi, 5 - Casellette : Angela Conti, 2 - Casoni di Mussolente : M° Eliodoro Facchinello, 2 - Castellazzo Bormida : Chiarina Buscaglia in Bolloli, 20 - Castelletto d'Orba : Maria Verri, io Castelnuovo d'Asti: Rosa Casalegno, 3 - Castelnuovo Veronese : Giovanna Girelli, 6 - Castelrosso : Lorenzo Lusso, 15 - Castiglione di Sicilia Vincenzo Ermino, 5 - Castronuovo di Sicilia: Teresina Vinci in Caldiero, io - Catania Giacomo Alba, 5 - Cavour : Caterina Bertolino, 2 - Centallo : Maddalena Martini, 6 - Cerrina : Monferrato: N. N., io - Champorcher: Andrea Savin, 5 - id.: Agnese Danna, 5 - Chatillon : Cesarina Besenval, 14 - Chiari : Elvira Calzana in Bertoli, 5 - id.: Francesco Cogi, 2 - Chiesa Nuova : Sac. Gio. Batt. Lanaro, 15 - Chivasso : N. N., d -Cinzano : Marglierita Casoriolo, 5 - Cittadella Lina Brandelero in Piazza, io - Coex (Francia): Damigella Glategny, 6 - Colle Umberto : Famiglia Fabris, 5 - Colo gnu Veneta : Guerino Faggionato, 5 - Cordovado : Genoveffa Trevisan, 2 - id.: Eleonora lacca, 20 per un nipote -- Cortemaggiore : Enrichetta Merli in Mainardi, io - Cremona : E. C., 6 - id. : Agata Scotti, 7 - Cuneo Riba Gio. Battista, i - id.: Enrichetta Borgon Ved. Barbaruosa, 2,50.
D) - Dazio : Una pia persona a mezzo di Rosa Marchettini, 5 - Debbia: Lugari, 6.
E) - Ellera : Chiara Giachino, 5 - Esine : Paola lanini fu F., 2_5.
F) - Favara : Grazia Miccichè, io - Fiesso d'Artiro : A. Vusio, io - Figline Valdarno : Tommaso Forni, 5 - Firenze : N. N. ringrazia publicamente la Vergine Ausiliatrice che per intercessione del Ven. D. Bosco lo liberò da un grave pericolo - Forli Can. Paolo Vitali, 5 - Fossano Giuseppe Pirra, 5 -- Fossombrone : Maddalena Mandolini in Buffoni, 5 - Franchini : Maddalena Bo in Baralis, i - Frassineto Po : Rosina Guarco, i.
G) Gaiarine: Antonio Santuz, 3 Gallico: Achille Carneri, 5 - Gambarogno : (Ticino) : Franceschina Gilardi, 5 - Gambellara : Domitilla Zin in Vigilato, 20 pel nipote - Garbagnate Monastero : Baldassare Manzoni, io - Genova Anna Nascimbene in Pellegrini, 12 - Ghilarza :. G. Monias, 5 - Giona : Sac. Pietro Menchetti, 5 - Gonnostramazza : Evelina Marongiu, 2, 50 - Gorla Minore : Clementina Boretti, io - Grimaldi Maria Amantea, 15.
I) - Irma : N. N., i o - Isili : Rosa Boi in Manca 2,50 - id.: Raimonda Atzori in Lai, i.
L) - Lequio Berria : Rosalia Castagnotti, 5 - Lodi : Maria Forlani Ved. Dedè, io - id.: Giuseppina Franchi, io - Loreo : Sorelle Giustina e Maria Frizziero, 5 - Lugo di Romagna : Maria Pia Tramontani, 5.
M) - Maiano : Angelina Floreani in Bortolotti, 50 - Malgrate : Lucia Colombo, 2 - Marmentino Carolina Zubani, r5 - Marola : Sac. Stefano Baschirotto, 5 - Mason Vicentino : Virginia Lunardoni, 5 - Mazzarino : Rosina e Annina Velardita Alberti, 2 - Meleti : Giuseppina Bellotti in Cervi, 25 - Milano : Giuseppe Caccia, 7o - id.: Sibilla Angiolini, io - id. Mario Geronazzo, io - id.: Filippina Mussi in Filippetti, roo - Mineo M. C., 2 - id.: Fortunato Albertini, 5 - id.: Foro Antonio, 5 - Modena : Giovanna Morselli, 5 - id. M. M. T., 2 - Modica Alta: Sorelle Guerrieri Sortino, 3,70 - Molvena : (Trentino): Vincenzo Cortenovo, 2,50 - Mombello Torinese : Francesco Cerutti - Moncrivello : Lucia Pissinis, 20 - Moncucco Torinese : Rosa Casalegno, 3 - Monselice : Rosa Zavarise, 40 - Montaldo Scarampii S. D., 15 - Montecalvo: Adelina Castaldi, 6 - Montorso : Giovanni Maria Mezzano, 20 - Morano sul Po : Sac. D. Ercole Nebbia Parroco, 5 - Morosolo : A. De Micheli, 5 - Morsasco : C. Stoppino, 25 - Mura Savallo : Martina Caggioli, 5.
N) -Napoli : C. Mascardi, 3-Nave: F. F., ioNegarine : Una pia persona a mezzo di Fasoli Dorina, 4 - Negrar : Maria Tornasi, 5 - Novara Gaudenzio Savoini, 5 - Nunziata : Sac. Gaetano Battiata, 5 - Auranimis: Giovanni Lai, so.
O) - Oakland (Calif.): Sac. G. Galli, 5o - Ormea : M. C., 5 - Ovada : Giovanni B. Carlini, 5.
P) - Palestra : N. N. - Palú Pesenata : Albina Rigo, io - Paralupo di Scaldasole : Maria Portalupi, 5 - Pescantina: Erminia Pavoni, 2 - Piacenza : Egeria Burelli, 2 - id.: Martina Fracchioni, 5 - Pianfei: N. N., a mezzo di Antonio Tonello, 1,30 - Piani di Vallecrosia : Maria Trucchi, 5o - Pianzano : Caterina Dal Cin, 2 - Piazzano : Giuseppina Spinoglio, so - Piedimulera: Clotilde Ferrari, 6 - Pignano del Friuli : Rosalba Sivilotti, 6 - l'isa : D. P., 5 - Prado : C. S., so.
R) - Randazzo : R. B., 2,50 - Reazzino : Maggini Teresa, 5 - id.: Filippo Balozzi, 5 - id.: Rosa Bacciarini, io - Ribera: Serafino Santino, io - Riccò del solfo di Spezia: Francesco Codeglia, 5 - Rimini : Virginia Massa, 4 - Rogeno : Giovanni Arrigoni, s o - Roma : Clotilde Sciascia, 5 - id.: Achille Licata, i,s5 - id.: Giacomina Polastrelli, 5 - id.. Augusta Capo, 5 - id.: Maria Capo, 5 - Romaglio : Bernardo Peyla, io - Rossa : N. N. - Rovescala : Sorelle Ramati, 7.
S) - Sabbioneta : A. S. - Sacconago : Luigia Baroffio, 3 - Sagron : Sac. Luigi Marchesi, 30 - Sale Langhe : Pietro Ferrero, 5 Saluggia : M. M. - Saluzzo : Giacinto Galliano, 5 - Sampeyre: Gio. Battista Aime, 3 - S. Bernardino Cremasco : Paolina Facconi, 95 - S. Daniele del Friuli : Angelo D'Affara, 5 - S. Francesco al Campo : Maria Serio, 5 - S. Germano Vercellese : Francesco Gaito, 5 - Sannazzaro de' Burgondi : Maria Ferrati in Ferretti, 5 -- S. Pellegrino Alpe: Maria Piacentini, s r - S. Salvatore Monferrato: Anna Barberis in Guarona, io - S. Teodoro di Sicilia : Giuseppa Sirna, 2 - S. Maria Stella : Eleonora Fenzi, 25 - id.: Giacomina Regnasco, 5 - S. Vittoria d'Alba: Carmela Oggero, 2 - S. Stefano al mare : Edvige Garibaldi, io - Saronno : A. Rimoldi e Maria Balestrini, io - Sassari: Grazietta Floris, i - Savigliano:
G. A., io - Sedrina : Margi Salvi in Salvi, 2 - Seriale : Olide Bellotti, 2 - Spezia : Enrica Martiniano, i - Stupinigi : Dr. Placido Coppa - Sulpiano di Verrua : Teresa Gennaro, 3.
T) - Tarsogno : Luigi Tebaldi, io - Terranova di Sicilia : Alessandro Aldisio Cartia e Consorte, roo - Torino: L. V. - id.: Quattro Viaggiatrici, 5 - id.: Olimpia Benna, 30 - id.: Augusta Pollone Ved. Pol, 2 - id.: Fratelli e Sorelle Pasquini, 5 - id.: Teresa Ianotti, 5 - id.: Una, Cooperatrice Salesiana, 25 -- id.: Teresa Negro id.: Pietro Ghebard - id.: V. L., io - id.: N. N. so - id.: A. G. E. - id. (Madonna di Campagna): Lucia Chiesa, io - id.: Costanza Durando, 5 - id.: Teresa Gregorio - id.: Agostina Cerutti - id.: Luigia Milano - id.: M. V. - id..Maria Gariazzo - id.: V. T., per tre grazie segnalate - id.: Angela Cantarella - id.: Ida Albertano - id.: G. N., 3 - id.: Adele Gai, io Torre Annunziata: Caterina Orlando in Angrisano, 6 - Trecastagni : A. Gangemi in Torrisi, io - Trento : E. Moratti, 20 - Troia : R.Trincucci, io.
V) - Valdobbiabene : Pierina Barcelloni-Corte in Arrigoni, i - Varallo Pombia : Maria Ingegnoli, 3 - Varazze : Sac. Giovanni Paseri, io -- Venaria Reale : Serafina Corio - Venezia : Luigia Magallo in Morandi, r5 -- id.: Maria Alexandre, 5 -- id.: Giovanni Battista Guidica, io - Vercelli : Sac. Andrea Fasano --- id. : Coletta Ottonello, 5 - Vergato : Carlo Bruni, 2 - Verolengo : Maria Boero - Vertova : Angelo Ferrari, i - Vezza d'Alba: Maria Vico, 5 - Vignale Monferrato Angelo Rota, io - id.: Placida Saracco, 5 - Vignole Borbera : Rosina Pasquale, 5 - Villan ava d'Asti: M. G., io - Villa di Valle : G. Bartolini Salimbeni, 2 - Villotta : Giovanni Battista Rossit, 2 -- Vimercate : Michelina Gallarati in Sironi, io - Vizzini : S. L. A., 2 - Voghera : Sac. Cristina Razeto, 25 - Volpiano: G. R., 2 - Volvera: Michele Porporato, io -- Vomero : C. C. Mascardi, 3.
Z) - Zola Predosa : Sac. Riccardo Fortuzzi. 5.
X) - N. N., 5 - Suor Pia V.
Santuario di Maria Ausiliatrice TORINO-VALDOCCO
Ogni giorno, celebrazione di una santa messa esclusivamente secondo l'intenzione di tutti quelli che in qualunque modo e misura hanno concorso o concorreranno a beneficare il Santuario o l'annesso Oratorio Salesiano. Per ogni corrispondenza in proposito, come anche per Messe o novene, o tridui di Benedizioni col SS. Sacramento, rivolgersi all'indirizzo del Sac. Paolo Albera, Via Cottolenqo, 32, Torino.
Ogni sabato, alle 7.15 speciali preghiere per gli associati all'Arciconfraternita di Maria SS. Ausiliatrice.
Dal 1° febbraio al 10 marzo:
17 febbraio. - Comincia il mese in preparazione alla solenne Commemorazione di S. Giuseppe.
24 febbraio. - Commemorazione mensile di Maria Ausiliatrice. Alle 6,15 Via Funzione solenne per la Pace e per il S. Padre - Alle ore 19: Ora solenne di adorazione secondo le stesse intenzioni.
6 marzo. - Primo venerdì del paese. Ad onore del S. Cuore di Gesù, esposizione del SS. Sacramento per tutto il giorno.
Alcuni fatti ascritti all'intercessione di D. Bosco (1)
Una guarigione prodigiosa.
Dichiarata spedita dal medico curante, munita dei SS. Sacramenti e della Benedizione Papale, accompagnato con la mente e col cuore il Proficiscere, il mattino dell'11 maggio 19o9 io giaceva sul mio letto di dolore calma e tranquilla: ma certissima di dover presto morire ravvisando in me tutti i sintomi della vita che si spegne.
Le membra irrigidite, gli occhi semispenti, le ultime lacrime, il respiro interrotto e che sentivo mancarmi, la parola del ministro di Dio che mi annunziò essere giunto il tempo, quel « Gesù, Giuseppe e Maria... » che credevo proprio di non terminare, tutto attestava il prossimo fine della mia esistenza quaggiù.
Avevo a fianco le amatissime e reverende Superiore, che, quali angioli di carità e vere madri pietose, mi assistevano con alcune buone consorelle, spargendo lacrime per me, e innalzando fervide preci a Dio. A loro non reggeva il cuore di vedersi involare dalla morte, in poche ore, questa povera figliola, e piene di fede volsero il loro pensiero e le loro suppliche al nostro Ven. Padre Don Bosco, implorando dalla Vergine Ausiliatrice, Per glorificare il suo fedel Servo, la guarigione, quando fosse volontà del Signore, e promettendo di rendere pubblica la grazia perché servisse alla beatificazione del Venerabile.
Anch'io consigliata mi unii a loro, sicura che il buon Dio poteva bene, volendolo, operare per intercessione del mio Ven. Padre tal prodigio, pel quale mi riconoscevo indegna d'essere strumento.
Tutta la Comunità era in preghiera, e a me diedero a inghiottire tre particelle di pannolino già usato dal nostro Venerabile, animandomi a grande fiducia.
Al punto che ero, lo dico coscientemente, io noti credeva più di poter riprendere vita, e la lucidità di mente che godevo può dar peso alla mia asserzione; ma era qui che mi attendeva la bontà di Dio per rendere più chiaro e palese il suo intervento, per glorificare più splendidamente il nostro Intercessore!
Senza quasi accorgermene, lieve come aura di cielo mi sentii tornare la vita; l'occhio si ravvivò, si riapri, cessò l'inerzia delle membra, tornò libero il respiro
Il Ven. mio Padre m'aveva ottenuta la grazia!
Migliorai molto in sull'istante, e nella notte seguente scomparve affatto il pericolo. Tutta la Comunità fu ammirata del fatto e molte sono le testimonianze della veridicità di esso.
Ma a me chi darà potenza di parola per esprimere nella loro forza e nel loro candore i sentimenti vivi dell'animo, che per un benefizio sí grande si sente immerso nella più sincera gratitudine?
Torni tutto alla maggior gloria del Signore, anche questa vita regalatami; e mi aiuti il Ven. Padre a farne un santo uso.
Nizza Monf., 7 gennaio 1915.
Suor FERDINANDA ANDREIS Figlia di Maria Ausiliatrice.
Il dottor curante rilasciava a proposito dell'accennata guarigione queste linee:
« Attesto e certifico io sottoscritto medico chirurgo che in una notte del mese di maggio u. s. fui chiamato presso l'Istituto Salesiano Femminile di Don Bosco in Nizza Monferrato onde visitare una Suora per nome Andreis Ferdinanda affetta da forte e ripetuta epistassi e che malgrado detta perdita di sangue fosse stata frenata, tuttavia l'inferma si aggravava tanto da non poter più percepire né polso, né respiro, per modo tale che, disperando della guarigione, la lasciai al Sacerdote per l'Estrema Unzione.
Ritiratomi per pochi minuti e ritornato presso l'ammalata con non poca mia meraviglia la rividi gradatamente migliorata e richiamata per così dire a nuova vita.
Nizza Monf., giugno 1909.
Dott. A. BARBERIS.
Altre guarigioni.
Nei primi giorni del mese di ottobre scorso il Dott. Placido Coppa, colpito da gravissimo male, era ridotto pressoché agli estremi. Esterrefatta la famiglia, nel timore d'una imminente catastrofe, si rivolse con immensa fiducia al grande Don Bosco dicendo: « Don Bosco! Voi che presto .sarete proclamato santo, Voi che in vita onoraste di vostra benevolenza il caro infermo, aiutatelo, guaritelo, noi pubblicheremo la grazia sul vostro Bollettino Salesiano. Alcune ore dopo questa invocazione, l'ammalato ebbe un chiaro miglioramento che sempre crebbe di giorno in giorno; ed ora perfettamente guarito ha ripreso la sua gestione professionale. Compresa da riconoscenza, rende pubblica la grazia che Don Bosco ottenne dalla potente Vergine Ausiliatrice.
Stupinigi, 14 dicembre 1914.
La Famiglia COPPA.
Da tre mesi soffrivo dolori fortissimi al piede destro. Di tanti rimedi provati nessuno mi giovò. Una pia persona mi suggerí di rivolgermi alla Madonna Ausiliatrice e di farle una novena. Per intercessione del Ven. Don Bosco Ella mi esaudí ed i miei dolori sono scomparsi. Grata alla SS. Vergine ed al Venerabile suo Servo Don Bosco invio L. 10 che ho promesso e faccio pubblicare la grazia ricevuta.
Savigliano 10-12-1914
G. A.
Affetto io - in sul principio del novembre 1914 - da non leggera indisposizione accompagnata da sintomi che potevano facilmente minacciar serie conseguenze, mi rivolsi con calda preghiera al Ven. Don Bosco per ottenere la liberazione da quelle conseguenze che io aveva ben motivo di temere.
La mia preghiera fu esaudita; e valga questa grazia da me ottenuta e fatta di pubblica ragione, a svegliare illimitata fiducia - per ottenere grazie - in chi, mentre ancor era in vita, tanto già poteva sui cuori di Gesú e di Maria.
Fenestrelle, 9 gennaio 1915
Sac. DONATO PERROT, Parroco.
Sento vivissimo bisogno di deporre ai piedi della grande Ausiliatrice dei Cristiani e del suo gran Servo il Ven. Don Bosco, il fiore della gratitudine e della riconoscenza. Mio padre fu preso da forte polmonite nel mese di agosto e tutti i rimedi e medici furono inutili, tanto che nel mese di dicembre da un valente professore fu dichiarato inguaribile. Si può immaginare lo strazio della famiglia e del mio cuore al pensiero di perdere un tanto padre. Fui consigliata da un'amica a fare una novena all'Ausiliatrice e a Don Bosco. Oh prodigio! Di subito si vide un miglioramento grande cui con meraviglia di tutti segui la perfetta guarigione.
Accetta, o gran Madre , l'umile offerta che mando per messe di ringraziamento insieme con la relazione della grazia, mentre grido al mondo intero: ricorrete a Maria Ausiliatrice e al Ven. Don Bosco e sarete esauditi!
Cossano Belbo, 1914.
FARINETTI ENRICHETTA.
Con viva riconoscenza io sciolgo l'inno del ringraziamento alla Ausiliatrice e con pari gratitudine al Ven. Don Bosco, il quale con la sua intercessione mi ottenne la guarigione del mio caro bambino. Questi per quindici giorni fu, minacciato di soffocare per bronchite catarrale, e io temeva di veder vuota per una terza volta la culla dei miei cari angioletti, quando ricorsi con fede al Ven. Don Bosco promettendogli che, se mi otteneva dalla Madonna la guarigione del mio caro piccino, avrei fatto pubblicare la grazia sul Bollettino Salesiano e inviato un'offerta al Santuario di Valdocco. Ora essendo stata esaudita con gran contento, adempio la promessa, colla fiducia che la cara Madonna continuerà a proteggermi e a favorirmi delle sue grazie.
Quartiano, 1914.
MARIA MORONI.
Mi trovava con la mia famiglia in indicibili angustie e, non sapendo qual via battere per liberarcene, senza aggravare maggiormente i nostri interessi, ci sentivamo come impazzire!... In uno di quei terribili e angosciosi giorni ci fu dato a leggere, come sempre, da un rev. sacerdote di questo paese, il Bollettino Salesiano e vedendo le tante grazie che il Ven. Don Bosco ottiene a chi ricorre a lui, incominciai subito una novena in suo onore, supplicandolo a riguardare anche me e la mia famiglia con la sua benigna carità, come già aveva fatto con tanti altri suoi devoti, i quali non ricorsero invano alla sua intercessione. Terminata la novena, i miei desideri furono appagati; ed ora non mi resta che adempire, col cuore pieno di gratitudine, le promesse, cioè render pubblica la grazia e mandare un'offerta per le opere di Don Bosco e per una messa cantata all'altare di Maria Ausiliatrice.
Pandola (Salerno), 1914.
LUCIA D'AMBROSIO.
NB.-Per affrettare a D. Bosco l'onore degli altari è necessario che il Signore moltiplichi mediante la sua intercessione le grazie più strepitose anche ora, come fece durante la sua vita. Noi quindi mentre vediamo con piacere che i benemeriti Cooperatori associano il nome di Don Bosco a quello di Maria SS. Ausiliatrice, vogliamo anche umilmente e prudentemente fare ad essi notare che quand'uno ha piena fiducia di ottenere dal Signore (che è il solo autore di ogni grazia) qualche straordinario favore per l'intercessione di Don Bosco, è bene che in questa sua domanda non faccia appello a nessun'altra intercessione, né della B. Vergine, né dei Santi, affinché ottenuto il favore la Chiesa possa nella sua prudenza prenderlo in considerazione come fatto miracoloso attribuito, unicamente all'intercessione di Don Bosco.
In onore di S. Francesco di Sales.
Onorati dall'intervento e dalla parola di Sua Ecc. Rev.ma Mons. Domenico Pasi, Vescovo titolare di Filadelfia ed Ausiliare di Ferrara, il triduo e la solennità di S. Francesco di Sales rivestirono particolare splendore. Ne diremo nel prossimo numero.
Le nostre edizioni in lingue estere.
Lo scorso mese si è ripresa la pubblicazione di tutte le 8 edizioni del Bollettino Salesiano in lingue estere, che in parte si era momentaneamente sospesa a causa della guerra. Le edizioni francese, inglese, tedesca, polacca ed ungherese recavano rispettivamente questa nota.
Il Sac. Paolo Albera, Successore del Ven. Don Bosco, memore dell'efficace benevolenza che i cari Cooperatori hanno sempre avuto per tutte le Opere Salesiane e in particolar modo per quelle impiantate fra loro, mentre li prega a continuare a queste ogni miglior appoggio, compie ben volentieri il dovere di assicurarli che in questi mesi piú profonda che mai egli sente verso di loro la piú viva riconoscenza, la quale non si limita a un'intima partecipazione alle loro angustie, ma si esprime sopratutto, come si è sempre espressa nei giorni passati, in specialissime preghiere per loro, per le loro famiglie e per tutte le loro intenzioni. Voglia Iddio per l'intercessione di Maria SS. Ausiliatrice, nostra comune Patrona, e per quell'alto senso di squisita gratitudine che nutriva D. Bosco per i suoi benefattori, rasserenare quanto prima i loro animi, donando il premio eterno ai defunti e il conforto della rassegnazione e della fortezza cristiana ai superstiti, ed affrettando sulle loro terre dilette, non meno che sull'Europa tutta quanta, un'èra di pace e di prosperità!
COOPERATORI ZELANTI
ALBENGA. - A cura della direzione del Circolo S. Filippo Neri, la sera del 26 dicembre u. s, si tenne una solenne commemorazione di Don Bosco. Eccone il resoconto che ne dà il Bollettino dell'Opera dello scorso gennaio.
« Mentre a Torino, alunni ed ammiratori sì apprestano ad innalzare un monumento, solenne tributo di riconoscenza imperitura, nel 1° centenario di sua nascita, al più grande educatore dei tempi moderni, l'immortale Don Bosco, il Circolo S. Filippo Neri volle ricordata l'opera meravigliosa dello straordinario figlio del Piemonte, con una pubblica conferenza, tenuta dal chiarissimo prof. A. Carraroli, direttore della pareggiata Scuola Tecnica. Davanti ad un pubblico scelto, e, senza esagerazione numerosissimo, presentato con parole entusiaste dal valoroso sig. Carlo Basso, svolse brillantemente il tema: « l'Opera educativa d'un grande religioso italiano dei nostri tempi».
» Educare la gioventù fu mai sempre l'ideale piú alto dei piú illustri uomini di Stato, persuasi che dalle giovani schiere dipende tutto l'avvenire di una nazione. Formularono leggi e programmi, aprirono scuole ed educatori, ma la gioventù non fu migliore. Senza dubbio i metodi erano errati o almeno insufficienti al gran còmpito dell'educazione nazionale.
Nessuno fino allora aveva imboccata la via giusta. Ma nel 1815 a Castelnuovo, in quel di Asti, nasceva da una povera donna, mamma Margherita, un bambino che doveva per l'opera sua, specialmente nel campo educativo, far meravigliare il mondo. Dotato di grande attività, di felicissimo ingegno, fu nel 1841 consacrato sacerdote. A Torino, in quello stesso anno, fondò il primo Oratorio Festivo. E d'allora chi può seguire il rapido, straordinario svolgersi dell'opera salesiana, creata, sorretta nei primi passi, dal grande Don Bosco? ha gioventù per essere educata vuol essere onesta; prima che alla mente bisogna indirizzarsi al cuore dei giovani. D. Bosco l'ebbe intuito e il suo metodo rigenerò la intisichita arte educativa.
» E l'illustre conferenziere, ricordata l'opera prima, fondamentale di Don Bosco, l'educazione della gioventù, con parola scultoria ne pone in risalto quella proficua, figlia naturale della prima, della buona stampa. Egli dice D. Bosco un preveggente, perché vede la forza futura della stampa e volle asservirla in anticipo al miglioramento delle classi.
» Conclude la splendida conferenza ricordando ai genitori ed ai giovani il dovere loro, quello del miglioramento proprio, per contribuire in via naturale al miglioramento sociale».
Fondatore del Circolo S. Filippo Neri di Albenga, nonché di un fiorente Oratorio Festivo con annesso uno splendido Santuario del S. Cuore di Gesù, è il rev.mo Can. D. Carlo Ferdinando Isola, zelantissimo Cooperatore Salesiano, che in mezzo alla gioventù raccoglie i più lieti frutti ricopiando affettuosamente Don Bosco.
L'ALBERO DI NATALE, che protende con squisito sentimento di carità i suoi fiori e frutti benefici a sollievo degli indigenti, ha rallegrato anche quest'anno molti giovanetti dei nostri Oratori.
A Torino, nell'Oratorio di Valdocco, grazie un attivo Comitato di benemerite Patronesse, piú di cento furono i giovani beneficati. Presiedè la cerimonia il venerando prof. D. Giovanni Battista Francesía. Il giovane Mario Furlani, della R. Accademia di Belle Arti di Torino, lesse un discorsetto di circostanza, che fu sottolineato con gran calore dall'esimio sig. Cav. Avv. Giuseppe Pola, Sostituto Procuratore del Re alla Corte d'Appello di Torino, il quale, sciogliendo un inno alato alla carità, rievocò la memoria di D. Bosco con parole del più alto encomio. Anche il Sindaco della città, pei buoni uffici dell'Assessore Comunale il Comm. Alberto Cauvin assegnò in questa circostanza un grazioso sussidio di L. 15o all'Oratorio, a favore dei figli di poveri genitori disoccupati.
A Roma, nell'Oratorio Salesiano del Testaccio, con solennità maggiore che negli anni precedenti, essendo i giovanetti aumentati fino a superare i settecento, campeggiava nel mezzo della magnifica Sala Clemson l'albero, circondato da più centinaia di tagli di vestito, maglie, camicie, cappelli, e frutta e ninnoli. Il tutto era stato disposto con finezza di gusto da buone signore e signorine sotto la guida di Donna Maria Antonietta Cingolani-Spinola, vera madre dei poveri del Testaccio
La distribuzione, preceduta da uno splendido discorso del dott. Cingolani, intercalata da musica e declamazioni, fu fatta per mano delle medesime signore e signorine. A dar piú vivo splendore alla bella festa della carità si degnò intervenirvi S. E. il signor Card. Serafini: circondato da un'eletta schiera di benefattori e benefattrici.
» Ancora una volta - scrive l'Osservatore Romano - siamo lieti di tributare un plauso agli ottimi Salesiani, che, nonostante il disagio generale, hanno saputo con sacrifici gravissimi conservare la nobile tradizione di beneficenza natalizia; né ci stupisce il fiorire dell'Oratorio da loro diretto: il popolo a lungo andare apre gli occhi e si avvicina ai generosi che dànno tutta la propria nobile attività pel suo bene spirituale e materiale ».
A Trieste, la simpatica festa si svolse la sera dell'Epifania, con intervento di numerosi personaggi, tra i quali l'Osservatore Triestino ricordava il reverendissimo mons. vescovo Dr. Karlin, il viceammiraglio i. r. conte Cassini, l'onor. Spadaro, i consiglieri di Tribunale Dr. barone de Rinaldini e Parisini, i MM. RR. parroci Dr. Vattovaz, Apollonio e Germek, il presidente della Soc. S. Vincenzo de' Paoli Lodovico Dean, il Dr. Cominotti con la signora; le signore contessa S. Fermo, Rabl, e parecchie altre, e il RR. PP. Francescani.
» L'interessante trattenimento drammatico-musicale comprendeva il bozzetto musicale in versi del professore Marucchi di Roma « Pax in terra », e il bozzetto drammatico del Cagno « Cronaca nera » entrambi interpretati dai bravi giovanetti dell'Oratorio in modo veramente squisito e tale da suscitare nell'uditorio i piú calorosi applausi... »
L'Unione dava in proposito questi altri particolari: « Anche quest'anno, si terribile e calamitoso, i nostri bene amati Cooperatori Salesiani non dimenticarono i bimbi del nostro Oratorio nell'occasione della festa dell'albero di Natale. Infatti pervennero al direttore Don Rubino corone 41o9.80, oltre vari oggetti di vestiario, casse di aranci e dolci. Vennero premiati circa 55o ragazzi, esclusi i giovanotti del Circolo Michele Rua. Ebbero il primo premio, consistente in un vestito fatto completo, 270 ragazzi, aventi almeno 300 presenze tra festive e feriali, e di esemplare condotta. Il secondo premio, consistente in scarpe o parte di vestito, fu dato a 240 ragazzi con almeno 2oo presenze; e a quelli che avevano solo 1oo presenze furono date maglie, calze, berretti ecc. ».
FIRENZE. - Il Circolo dell'Immacolata, composto dei giovani piú anziani dell'Oratorio della S. Famiglia, celebrò con gran pompa la sua festa sociale. La mattina ebbe luogo la Santa Messa con la Comunione generale, alla quale si accostarono ben più di 1oo giovani, e tutti gli adulti dai 16 ai 3o anni, compresi della massima pietà e della più grande devozione. « Era una cosa che commoveva dolcemente - scrive l'Unità Cattolica - il vedere tutta quella fresca gioventù accostarsi con soavità alla Sacra Mensa; e per un po' faceva dimenticare tutte le brutture dell'ora presente e la piaga che dilania l'Europa. »
Piú tardi il rag. Mario Calvelli, iniziava un corso di conferenze religioso-sociali, esponendo quale sia il programma da doversi esplicare dai giovani cattolici, e quali siano i mezzi per raggiungere detta esplicazione.
La sera nella sala del teatro, gremita di un elegante e colto pubblico ebbe luogo una Matinée di gala, data dal Corpo Filodrammatico, egregiaunente diretto dal sig. Antonio Domar.
CATANIA. - La prima domenica di dicembre s'inaugurò solennemente la Scuola di Catechismo, nell'Oratorio Salesiano di N. S. della Salette.
Apersero il trattenimento 2o giovanetti, cantando l'Inno dell'Oratorio.
Quindi il sig. avv. Gaetano Gulinello tessè la storia degli Oratorii di D. Bosco, che disse «ricca di bene per la religione e per la patria ». Parlò in particolare del bene che si potrà fare nell'Oratorio col lavoro e la pazienza dei Salesiani e cogli aiuti e il favore di tutti i buoni. Propose il programma pel nuovo anno, esortò i numerosi genitori presenti a mandare i loro figli all'Oratorio, dove, lontani dai pericoli delle piazze e delle strade, possono passare lietamente i giorni festivi e ad un tempo apprendere quelle norme e quegli insegna menti religioso-morali, che dovranno essere il codice del loro operare, per star lontani dalla via della colpa e del disonore.
- Contemporanneamente nell'Oratorio San Filippo Neri si ripresero le conferenze e lezioni del corso superiore della Scuola di Religione.
Sua Eminenza veneratissima il Card. FrancicaNava, cui tanto sta a cuore la cultura ed educazione religiosa della gioventù, confortava con la sua alta approvazione quest'opera scrivendo al direttore dell'Oratorio:
« Sono assai lieto che, conformemente al vivo mio desiderio, si riprenderà in codesto benemerito Oratorio il Corso di religione, istituitovi già da parecchi anni con grande profitto della nostra gioventú studiosa, da cui la famiglia e la patria si attendono il conforto e l'aiuto nella grande missione da Dio ricevuta.
» Tali speranze sono vane se non s'insiste a far conoscere ai nostri giovani, insidiati dagli errori, la luce chiara del Vangelo, fuori del quale non potrà esservi benessere individuale e sociale.
» Epperò benedico di cuore tutti gli ottimi Salesiani che si dedicano a tale importantissima opera, i cari giovani studenti che vorranno approfittarne e i genitori che, consci del proprio dovere, avranno premura di fare assistere alle lezioni i loro amati figli ».
GORIZIA. - Il 1 gennaio si tenne all'Oratorio Salesiano la distribuzione dei premi. « La festicciuola - scrive l'Eco del Litorale - riuscì con piena soddisfazione dei molti benefattori, che poterono ammirare il bel numero di giovanetti che e nella banda strumentale e nella scuola di canto e nella scuola drammatica seppero dare saggio della loro abilità ed istruzione. Il pubblico li applaudi meritatamente. Oltre cento premi furono distribuiti; e non pochi erano di vestiti interi. In quest'anno tanto difficile per molte famiglie indigenti, fu una vera provvidenza questa premiazione. »
In Italia.
BOLOGNA. - Sua E. Rev.ma Mons. Giorgio Gusmini, nuovo Arcivescovo di Bologna, la sera del 2 gennaio si degnava d'onorare l'Istituto Salesiano d'una sua preziosa visita, ricevuto colla massima gioia dei superiori e dei giovani. S. E. visitò con particolare interesse le scuole professionali.
La domenica seguente, 3 gennaio, ebbe luogo nello stesso istituto, con intima cerimonia, la premiazione degli alunni che nel passato anno scolastico-professionale, si distinsero per merito e buona condotta negli studi e nelle arti.
L'egregio avv. Pietro Mellini tenne il discorso di circostanza. Parlò con franchezza e fervore a quei duecento convittori, insinuandosi profondamente nei loro cuori; e furono consigli amorevolissimi detti da chi sente come, dall'adempimento del proprio dovere, provenga la ragione del diritto; amorevolissimi consigli diretti a stimolarli alla perseveranza nello studio e nel lavoro, seguendo strettamente in pari tempo gli insegnamenti dei superiori per potersi formare forti e buoni. « Siate voi, giovani - esclamò l'avvocato Mellini - la nuova generazione d'Italia; preparatevi ad essere voi « la civiltà » dell'avvenire. »
FAENZA.- Festa dei premi. - La sera del 10, gennaio, alla presenza di Sua Ecc. Mons. Vescovo, dell'ill.mo Sottoprefetto e di altre autorità Civili e Ecclesiastiche, nel teatrino dell'Istituto Salesiano si compi la premiazione dei convittori di - stintisi nella condotta, religione e studio durante l'anno scolastico 1913-14.
Il discorso d'occasione fu tenuto dall'On. Giovanni Bertini, Deputato al Parlamento, il quale con quell'eloquenza che lo distingue incoraggiò i giovani allo studio e a coltivare ognora nel loro cuore i tre amori, Dio, Famiglia e Patria, verso i quali dovrà essere sempre fisso lo sguardo della loro vita per esser prima buoni cittadini. e raggiungere poi la finalità, ultraterrena, mèta ultima dell'uomo.
NAPOLI. - Nella chiesa dei S. Cuore di Gesù al Vomero s'inaugurò, il 6 dicembre, il nuovo organo, costrutto dall'egregia Fabbrica Vegezzi-Bossi di Torino. Alle 11 1/2 Mons. Enrico Marano, Preposito dei Pellegrini e Direttore dei Cooperatori Salesiani di Napoli, sempre buono, affettuoso e compiacente verso i figli di D. Bosco, indossava i paramenti pontificali, e, presente un'eletta moltitudine di benefattori, amici e fedeli che stipavano la Chiesa, benediceva il nuovo organo, premettendo un forbitissimo discorso di occasione, nel quale dimostrò come l'organo ecciti potentemente al raccoglimento ed alla preghiera e c'innalzi all'Altissimo coll'armonia celeste delle sue voci. Segui l'audizione di scelta musica eseguita da valenti artisti. Anche la Schola cantorum dell'Istituto insiem con loro esegui scelta musica. Alle 12 e 30
Mons. Marano impartí col SS. Sacramento la Benedizione solenne, cui segui una Messa, durante la quale i sullodati professori e cantori continuarono ad eseguire scelta musica e canti diversi.
PONTEBOSIO (Massa Carrara). - Il piccolo Seminario Vescovile di Pontebosio, fondato intorno al 1830 da S. E. Mons. Zoppi per la munificenza del duca di Modena Francesco IV, ha una storia gloriosa e conta molti antichi alunni che occupano un posto ragguardevole nella società. Coll'aprirsi di nuovi collegi in città vicine e collo spostarsi dei centri di commercio a motivo delle nuove comunicazioni il piccolo Seminario decadde, ma continuò sempre a rendere buoni servigi alla diocesi di Massa.
Coll'entrata di Mons. Marenco in quella diocesi nacque l'idea di affidarlo ai Salesiani e questi l'accettarono con grande difficoltà per la scarsezza di personale. Basti il dire che Mons. Marenco fu costretto a privarsi del suo segretario per aprir le scuole nell'ottobre dell'anno 1910! Vi si recò poi un secondo salesiano, indi un terzo ed ora sono in cinque, il numero strettamente sufficiente per attendere alle prime tre classi ginnasiali e alla quarta classe elementare.
Quest'anno, e propriamente il giorno 7 gennaio, quel luogo alpestre era rallegrato dalla visita inaspettata del sig. D. Albera, proveniente da Massa -Sarzana-Aulla. Non si fecero preparativi per il suo ricevimento, e non si sapeva che fare, essendosi ricevuto l'avviso dell'arrivo del Rettor Maggiore solo il giorno prima. Ma a quello che non potevano fare i nostri provvidero la bontà di qualche cooperatore e l'iniziativa degli ex-allievi salesiani numerosi in quelle parti e sempre affezionatissimi ai loro antichi superiori. Alcuni di essi, appartenendo alla banda musicale di Licciana, lanciarono l'idea di recarsi cogli istrumenti a ricevere D. Albera, in segno di affetto e di riconoscenza. La proposta fu accolta entusiasticamente da tutti i musici, i quali interrompendo le loro ocupazioni, accompagnati da parecchi altri ex-allievi, convennero al Seminario per le 14.
Il sig. D. Albera giunto all'Aulla fu ossequiato dal rev.mo sig. Preposto D. Ottavio Marchetti; gli ex-allievi locali furono dolenti di non averlo saputo a tempo; e dall'Aulla si recò in vettura a Monti, ove erano ad attenderlo il Parroco di Pontebosio, il sig. Fattore della Casa Paganini di Spezia, gli alunni del Seminario e alcuni popolani.
Disceso verso il fiume Tavarone e avvicinatosi al Seminario, situato immediatamente sulla riva opposta, D. Albera rimase stupito di sentire suonare la banda e fu commosso dalla delicatezza di quegli ex-allievi, che avevano sospeso i loro lavori e fatto quasi tre chilometri a piedi per compiere quell'atto di ossequio.
Il sig. D. Albera, entrato nel Seminario, dimostrò la sua obbligazione a tutti e parlò in particolare agli ex-allievi che ricordarono con grandissimo affetto i loro antichi superiori, quali di Lucca (quando era colà stabilito il Collegio S. Quirico attualmente a Colle Salvetti), quali della Spezia, quali di altri collegi.
Alla sera ebbe luogo un piccolo trattenimento. Il dì appresso trascorse interamente nella visita dell'istituto e nel conferire cogli alunni, col personale e con alcuni cooperatori.
All'Estero.
VALPARAISO (Chile). - Al Collegio Salesiano. - L'Italia, giornale italiano di Valparaiso, c'informa di una visita fatta dal sig. Cav. Cozzani al Collegio Salesiano.
Fu - scrive il giornale - quasi un prologo degli imminenti esami, una dimostrazione delle cure che gli ottimi sacerdoti dedicano all'insegnamento e dei progressi che ne ottengono ». Nell'aula magna, semplicemente ed artisticamente adornata, si presentarono gli alunni con la disinvoltura che dà la coscienza di sapere; e « pronti nelle risposte e ben lieti ed orgogliosi i chiamati a recitar brani di sobria prosa e di entusiasta poesia, si ebbero dall'egregio visitatore elogi sinceri che ad essi ed ai maestri suonarono come premio.»
MANGA. (Uruguay). - Al Collegio « Jakson . - Ci scrivono : Il 22 novembre avemmo una visita di S. E. il Marchese Francesco Maestri Molinari, Ministro d'Italia in questa rigogliosa Repubblica dell'Uruguay, accompagnato dalla famiglia e dal cav. Bonaventura Caviglia, uno dei più cospicui membri della Colonia italiana di Montevideo.
Allo scendere dall'elegante automobile sul piazzale del collegio, furono accolti dall'ispettore D. Giuseppe Gamba e dai superiori ed alunni plaudenti, mentre la banda musicale del nostro istituto D. Bosco di Montevideo intonava l'inno italiano.
Dopo il ricevimento ebbe luogo uno splendido saggio ginnastico, e alle ore 15, nel teatrino, gremito di italiani accorsi per l'occasione, si tenne un grazioso trattenimento drammatico-musicale in lingua italiana. Si mise in scena il dramma in tre atti « Domenico Savio e la conversione di un discolo » con svariati intermezzi di musica e declamazioni. Spigliatissima ne riuscí la recita, e la pronunzia ebbe accento genuinamente italiano. Tanto il R. Ministro quanto gli altri ospiti ne furono soddisfattissimi. In tutti poi lasciò una grata impressione l'egregio diplomatico, che nei pochi mesi dacché trovasi nell' Uruguay si è circondato delle piú vive simpatie per l'opera intensa e altamente illuminata che seppe svolgere in bene della Colonia e a favorire le ottime relazioni fra questa Repubblica e l'Italia ».
ROSARIO (Rep. Argentina). - Il 6 dicembre u. S. Si festeggiò il 25° della fondazione del Collegio Salesiano di questa città. Le funzioni religiose furono celebrate da Mons. Grenon, rappresentante di S. E. Rev.ma il Vescovo Diocesano. Per la circostanza si tenne un'esposizione didattico-professionale dagli allievi falegnami, fabbri, calzolai, sarti, tipografi compositori, tipografi impressori e legatori di libri, che fu assai ammirata. Anche gli alunni della sezione studenti esposero nel proprio reparto i loro quaderni e i còmpiti dell'anno decorso. Ai festeggiamenti presero parte, con una larga rappresentanza di ex-allievi, molti illustri membri del Clero e del Laicato.
« Che cos'è un bimbo?! »
» Se rivolgete questa domanda ad un certo numero di donne o di madri, le risposte ch'esse vi faranno, saranno certamente diverse; ma la maggioranza si esprimerà con frasi brevissime che, analizzate, non saranno che il compendio di ogni psicologia femminile, e racchiuderanno in quella concisa frase l'intera vita di una donna! Quando da una madre sentiremo pronunziare la parola: « Il mio bimbo è la mia vita, o il mio tesoro, o il mio conforto, o la mia gioia! », oppure: « Un bimbo è un imbroglio o una noia! » noi in quella frase potremo scoprirci, non tanto quel che ri guarda il bimbo in se stesso, quanto l'influenza dirette o indiretta che il bimbo ha esercitato sulla madre, in rapporto ai sogni, alle speranze formulati da essa su di lui; alla vita piú o meno agitaLa o piacevole che questa madre conduce, o ha condotta, dopo la comparsa della sua creaturina.
» E ciò perché in tutto quello che avviene nella nostra vita e attorno a noi, vi è pur troppo l'abitudine di considerare ogni cosa un po' egoisticamente ed in stretto rapporto con il nostro io!
» Ben poche donne, ben poche madri alla dimanda: - Che cos'è un bimbo? - vi risponderanno prontamente e con sicurezza: « Un bimbo è una creatura di Dio » perché nel bimbo che vezzeggia fra le loro braccia, esse non sanno vedere che un essere che ha strettissimo rapporto con loro, senza che da quel bimbo esse sappiano astrarre il pensiero che giunga ad un fine e che risalga ad un Principio.
» E ciò perché in noi vi è come l'istinto di proprietà di possesso che ci invade e che ci fa considerare tutto quello che ne circonda come cosa nostra; e dobbiamo ragionarci sopra ed a lungo per staccare il pensiero ed il corpo da quello che nostro non è! Ecco perché, anche nei bimbi che Iddio ci diede, prima di ogni altra cosa, noi vediamo una nostra proprietà e diciamo con gioia, con orgoglio: Questo figlio è mio!
» Dicendo invece: « Mio figlio è una creatura di Dio », si concepisce subito l'idea che il bambino che è fra le nostre braccia, ci fu inviato da Dio, che a Lui dovrà ritornare un giorno, e che noi creature terrene siamo solo i depositarii della nuova creatura! Che se Dio lo mandò nel mondo, piccolo, muto, impotente a vivere da sé, lo creò in modo che potesse crescere e prosperare, diventare uomo o donna forte; gli forni un cuore, un'intelligenza e sopratutto un'anima immortale, una individualità propria; e se Iddio permette che quel figlio si possa considerare come nostro, non dobbiamo mai dimenticare che dobbiamo formarlo buono, retto, forte, coscienzioso, perché possa acquistarsi il regno di Dio, attraversando però la terra, avvicinando gli uomini, toccando e studiando le cose che lo circondano.»
A facilitar questo cómpito è rivolta l'opera recente: «Come dobbiamo educare i nostri cigli » dell'egregia signora M. Bettazzi-Bondi, degna sposa al prof. Rodolfo, di cui raccomandammo « Purezza» nello scorso numero.
« Come dobbiamo educare i nostri figli » è un libro che raccoglie il plauso di tutti coloro che fondano le speranze miglìori per l'avvenire, sulla donna educatrice delle generazioni nuove a virtù forti e generose. Esso fa conoscere alle madri, sempre piú e sempre meglio i doveri loro verso i figli, praticamente, non con l'aria di dar loro una lezione, mia esponendo in modo facile e piano, concetti elevatissimi, conducendole a osservazioni, ad analisi psicologiche quasi senza che esse se ne avvedano. L'Autrice vi ha condensato il frutto di un'esperienza che ha dato i piú bei risultati. Madre ed educatrice dei figli suoi, ella ha visto coronate dai migliori successi le sue cure; ben può quindi parlare alle madri del loro cómpito sublime colla coscienza dei piú difficili problemi dell educazione, dei piú delicati uffici della maternità.
I due capitoli sull'educazione fisica del bambino sono veramente preziosi e fanno pensare con rammarico alla grande ignoranza, ai pregiudizi di tante madri, specie delle classi povere, contro l'igiene. Bisognerebbe che tutte le madri potessero leggere ciò che è scritto intorno alla nutrizione del bambino, che occupa un intero capitolo.
Ma la parte migliore è dedicata all'educazione morale del fanciullo. Tutti i grandi fattori, che possono esercitare una forte influenza sull'anima di lui son passati in diligente rassegna: la religione, la volontà, la coscienza, l'autorità, la libertà, il carattere.
In breve, questo libro è un prezioso manuale per le madri, che, leggendolo, vi troveranno un vero trattato sull'Educazione dell'infanzia e della puerizia; e dopo averlo letto, lo consulteranno spesso come guida affettuosa, buona e gentile.
« Come dobbiamo educare i nostri figli » di M. Bettazzi-Bondi è pubblicato dalla Libreria S.A.I.D. Buona Stampa, Corso Regina Margherita, 176, Torino. Trovasi presso i principali librai al prezzo di L. 2.
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In omaggio allo stesso fine di bene che ci siamo proposto con queste note bibliografiche mensili, raccomandiamo caldamente il periodico « Matelda » diretto presentemente dalla stessa signora Maria Bettazzi-Bondi. Esce il 1° e il 15 di ogni mese.
L'abbonamento sostenitore è di L. 5 annue; l'abbonamento ordinario è di L. 3. Rivolgersi alla Direzione: Via Maria Vittoria, 42, Torino.
S. E. il Card. Aristide Cavallari.
Si spense, dopo non lunga malattia, il 24 novembre u. s. Pio, caritatevole, operosissimo, godeva tutta la stima del S. Padre Pio X, che, dopo la sua assunzione al Supremo Pontificato, lo volle suo successore nel Patriarcato di Venezia.
All'Em.mo Principe, che fu sempre buono anche con noi e che godeva tanto d'intrattenersi fra i giovanetti del Patronato di Castello, affidato per opera sua alla nostra Pia Società, invochiamo con imperitura gratitudine il premio dei Santi.
Il Marchese di San Giuliano.
Il 16 ottobre scorso moriva in Roma, munito dai conforti religiosi, il marchese Antonino di San Giuliano, Ministro degli Affari Esteri. Un'alta aspirazione che sempre ebbe di mira il marchese di San Giuliano, fu quella di adoperarsi in modo che tra gli italiani all'Estero vi fosse una maggior coesione e più utile cooperazione, e tra gli italiani d'Italia e quelli emigrati fossero più frequenti e più stretti i vincoli d'affetto. Con questi saggi intendimenti e nell'azione sua benefica e continua in favore degli italiani all'Estero, il compianto Ministro si giovò e si trovò molte volte a contatto dell'Opera Salesiana, con una benevolenza piena e generosa, degna del più zelante dei Cooperatori. Noi quindi affettuosamente gl'imploriamo da Dio la più bella e bramata ricompensa!
Can. Sante Minganti.
Era il nostro buon Direttore Diocesano d'Imola. Lunedí, 11 gennaio u. S. andò al coro e salmeggiò per l'ultima volta i vespri della sua giornata che si compiva; poi - era sua abituale consuetudine di tare tutti i lunedí la sua sacramentale confessione ad un padre Cappuccino - s'incamminò verso quel convento. Un anno prima faceva sempre quel cammino insieme con un collega, il Can. Albertazzi: morto questi, lo si vedeva, da solo, percorrere i viali; e quella breve e raccolta figura d'uomo, con una mano sul petto, con l'altra che accennava ad un giulivo saluto, trasmetteva in tutti una compenetrante fiducia. I,a lunga preghiera, la purissima consuetudine della vita, la meditazione del sublime, la continua ansia del nascondimento, la innata bontà gli davano un colloquio aperto e giocondo, e gli mettevano sul labbro parole semplici ma profonde. Io si venerava da tutti.
Il di suddetto verso le 16,45 dopo essersi confessato, fu veduto far ritorno lentamente in città ed entrare nella chiesa del Carmine per l'adorazione della sera. Come suo costume, si inginocchiò nel primo banco del secondo altare a sinistra e là si raccolse nella meditazione eucaristica. Ad un tratto si piegò su se stesso e cadde sull'inginocchiatoio. Colpito da paralisi cardiaca, moriva senza un gemito, senza agonia, là in chiesa, innanzi a Gesù Sacramentato. Riposi in pace l'anima sua!
Quintino Barberis.
Dopo breve malattia sopportata con cristiana rassegnazione, spirava a Torino in età di settant'anni, il I giorno del 1915, munito di tutti i conforti religiosi. Uomo di fede operosa fu lieto di dare alla nostra Pia Società l'unico figlio e alle Figlie della Carità una delle due figliuole. Alla famiglia addolorata e ai congiunti, in particolar modo all'amatissimo suo fratello, il Teol. Don Giulio Barberis, Direttore Spirituale della nostra Pia Società, affettuose condoglianze con la promessa di ferventi suffragi.
Teresa Simondi.
Io stesso 1° giorno dell'anno, a Valperga si addormentava piamente nel Signore la signora Teresa Verretto ved. Simondi, modello delle madri cristiane, che meritò anch'essa di consacrare al Signore un figlio carissimo e due sue figliuole. Divotissima di Maria Ausiliatrice, non cessò usai d'invocarla con frequenza e la Beata Vergine la premiò. Calma e serena anche nell'ultima malattia, poco prima di morire fu vista illuminarsi di gioia e mormorando dolcemente il nome benedetto di Maria Ausiliatrice, allargar le braccia e sollevarsi estatica come dinanzi a una visione celeste! Che il buon Dio accolga in cielo l'anima sua benedetta!
Mons. Demetrio Restagno.
Moriva santamente il 28 novembre, come aveva santamente vissuto i suoi 75 anni. Di questi ne trascorse ben 44 nell'esercizio del ministero parrocchiale a Sale Langhe e alla cattedrale di Mondoví dove dal 19o6 era Canonico Arcidiacono e Vicario Generale. Amicissimo di Don Bosco, ricopiò da lui un grande autore alla gioventù. La sua memoria rimarrà in benedizione.
Angelina Derin Manis.
D'indole mitissima, manifestò sempre pietà profonda, amore al lavoro, rara modestia, che le conciliavano venerazione e stima. Edificò quanti la conobbero, specialmente con la rassegnazione eroica, nel dolore che le venne dalle molte tribolazioni, alle quali andò incontro la famiglia, dalla morte prematura del babbo e sopratutto da un'affezione cardiaca, che la tormentò crudamente per 14 anni. Spirò serenamente il 24 luglio, invocando il norie di Maria SS. Ausiliatrice, di cui era divotissima... All'anima eletta la pace dei santi!
Alberto Pietro - Ormea.
Angeli Mons. Rinaldo - Roma. Avigni Rosa - Torino.
Benelli Abele - (S. Pellegrinetto) Vergemoli. Benelli Matteo - » Bergagna Giuseppa - Lanzo Torinese. Bertoni Rosalia n. Salvo - Vizzini. Bestini Enrico - Bologna. Betti Deicidi Sabina - Travagliato. Caccia Dal Verme Cont. Maria - Milano. Capella Maria - Torino.
Cassolo Martina - (Cascina S. Maria) Mede. Catteruzza Dorigo Lucca - Auronzo. Cristani Elisa - Verona. De Martini Rosa - Arquata Scrivia.
Ferraris D. Giovanni prev. - Sale Castelnuovo. Galvagno D. Ambrogio vice-parroco - Volpiano. Groppo Francesco - Cavarzere. Hutter Mons. Giuseppe - Trento. Lobera Giuseppina - Settimo Torinese. Moltese Teresa - Palermo.
Manfredi Carlo fu Giovanni - Belvedere Langhe_ Martini Tommaso - Cambiano. Minoglio Avv. Cav. Giovanni - Moncalvo. Miniotti Maria Provera - Balzola. Moruzzi Irene - Parnia. Novasio Rosa n. Tricerri - Trino. Perversi D. Giuseppe - Ferrera di Marzano. Radicati di Primeglio contessa Agnese - Torino.. Reinhart Enrico - Santa Bona. Regazzoni Adelgisa - Lugano. Restagno Mons. dr. Cav. Demetrio - Mondoví.. Rosati Alfredo - Roma.
Rossi D. Angelo Maria - Rivalta Bormida. Santi Bettoni Francesca - Azzone. Scaglietta D. Giuseppe - Alessandria. Scarrone Luigi - Sola MonferratoScotto Stefano - Varazze.
Tallandini contessa Carmela - Bagnacavallo. Torretti Luigi negoziante - Rimini. Travaglio Angela - Dogliani.
Valmaocbino Sorrisio Adelaide - Cuccaro Monf Vaudano Carlo - Torino.
Il Bollettino Salesiano è il periodico mensile che s'invia gratuitamente ai Cooperatori, alle Cooperatrici, e a tutti gli ammiratori delle Opere di Don Bosco. Si pubblica in nove lingue (italiano, francese, spagnuolo, tedesco, inglese, polacco, portoghese, ungherese e sloveno) e complessivamente in più di trecento mila esemplari.
Il Ven. Don Giovanni Bosco (nato il 16 agosto 1815 a Castelnuovo d'Asti, morto a Torino in concetto di santità il 31 gennaio 1888, dalla Chiesa dichiarato Venerabile il 24 luglio 1907), fu l'apostolo della gioventù nel secolo XIX. Incominciò l'opera sua in Torino l'8 dicembre 1841 con un catechismo ad un garzone muratore, al quale si associarono subito molti altri giovani. Incompreso e contrariato, andò vagando per qualche tempo con lo stuolo de' suoi cari allievi, predicendo però sempre il futuro incremento dell'Opera stia.
Infatti nella Pasqua del 1846 riuscí a darle stabile sede in Valdocco, ove la portò al desiderato sviluppo con ampio Ospizio, Scuole d'arti e mestieri e Classi ginnasiali interne, e fondava contemporaneamente numerosi altri Istituti congeneri, Collegi, Colonie, agricole e Oratorii festivi, in Italia e all'estero, santificando la pedagogia con un sistema tutto suo, basato sulla più amorevole e continuata vigilanza e stilla pratica della Religione. Dotato di eroico zelo, attese pure a molte altre opere di carità e all'esercizio più attivo del sacro ministero riportandone mirabili frutti, alla diffusione della buona stampa, e sopratutto alla formazione della Pia Società Salesiana, cui aperse un nuovo campo di lavoro con estese Missioni fra i popoli selvaggi e con ogni opera di assistenza per gli Emigrati. Per esercitare lo stesso caritatevole apostolato a pró della gioventù femminile fondò l'Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice. A sostegno e incremento dell'Opera sua formò con i numerosissimi suoi ammiratori e benefattori la pia Unione dei Cooperatori e delle Cooperatrici Salesiane.
Dopo di lui ebbe, la direzione delle Opere Salesiane e dié loro grande impulso, calcando fedelmente le sue orme, il Sac. Michele Rua, morto fra il compianto universale il 6 aprile 191o; e a D. Rua successe il rev.mo Don Paolo Albera, attuale Superiore Generale delle Opere di Don Bosco.
I Cooperatori e le Cooperatrici si propongono di vivere secondo lo spirito di D. Bosco e di diffonderlo in mezzo alla Società, d'invocare la benedizione di Dio sulle Opere Salesiane e di concorrere al sostentamento di queste con spontanee offerte, possibilmente annuali.
L'elenco dei Cooperatori si vanta dei più bei nomi del Clero e del Laicato, a cominciare da quattro Sommi Pontefici e dai membri più illustri di reali e imperiali famiglie e della più alta aristocrazia, fino ai più umili ma volonterosi gregari di ogni classe sociale.
I Cooperatori regolarmente inscritti hanno i seguenti vantaggi:
1) Partecipano al merito delle opere di carità e di zelo che si compiono dai Salesiani in tutto il mondo;
2) Godono della celebrazione di una messa quotidiana secondo la loro intenzione e di speciali preghiere che si fanno ogni giorno nel Santuario di Maria Ausiliatrice, per invocare le benedizioni di Dio sopra i Benefattori delle Opere di Don Bosco e sulle loro famiglie;
3) Possono lucrare particolari indulgenze e godere di altri favori spirituali;
4) Dopo morte sono perpetuamente suffragati con affetto in tutte le Case Salesiane.
Le condizioni per essere ascritti all'Unione dei Cooperatori e delle Cooperatrici Salesiane sono: 1° Età non minore di 16 anni; 2° Godere buona riputazione religiosa e civile; 3° Essere in grado di promuovere o per sé o per mezzo d'altri, con preghiere, offerte, limosine o lavori, le Opere della Pia Società Salesiana.
Chi desidera ascriversi fra i Cooperatori e le Cooperatrici Salesiane, non ha che da farne domanda al Successore di Don Bosco: Rev.mo D. Paolo Albera, Via Cottolengo, 32 - Torino.