PERIODICO MENSILE DEI COOPERATORI DI DON BOSCO
ANNO XLIII - N. 10 OTTOBRE 1919
SOMMARIO
Il problema della gioventù abbandonata e l'opera dei Cooperatori Salesiani.
Per i libri di testo.
"Egli ci amava tanto, ci amava tanto!" Il Card. Cagliero nella diocesi di Alba.
Tra gli orfani di guerra: L'istituto "Don Bosco" a Monte Oliveto (Pinerolo)
Riconoscenza al Servo di Dio Domenico Savio.
Fatti e detti del Ven. Don Bosco: - XVII) —Chi è stato quel dottore?... „ Un capitano santo.
Escursioni apostoliche di Mons. Giordano, Prefetto Ap.
dei Rio Negro (Brasile): III) Lungo il Rio Issana. I Missionari Salesiani del Cuantung sul campo del lavoro (Note del Dott. D. Sante Garelli).
La nuova cappella dei S. Cuore di Gesù nella Chiesa di S. Gaetano a Sampierdarena.
Tra gli italiani all'Estero: Nel Belgio, a S. Francisco di California.
li Culto di Maria Ausiliatrice: Pel 24 corrente - Nel Santuario - Agli Ascritti all'Associazione dei divoti di Maria Ausiliatrice. - Grazie e graziati.
Note e Corrispondenza: Devoto omaggio -- Nel paese di Gesù - Tra i figli del popolo - - Negli Istituti delle Figlia di Maria Ausiliatrice - Notizia varie: in Italia: all'Estero.
Necrologio e Cooperatori defunti.
REDAZIONE E AMMINISTRAZIONE - VIA COTTOLENGO, 32 - TORINO
II (*).
L'educazione è lo stampo da cui il fanciullo riceve l'impronta che conserva per tutta la vita. Non dice lo Spirito Santo che l'uomo sarà in vecchìaìa, quale l'educazione l'avrà formato in gioventù?
Anche l'avvenire delle nazioni dipende dalla educazione della gioventù. Credenze, sentimenti, costumi, il bene e il male, tutto esse ricevono a seconda dell'educazione che s'imparte. Se quelli che le governano comprendessero da quali calamità la tengono lontana e quali vantaggi recano alla civile società il Clero e le istituzioni die si dedicano all'insegnamento cristiano, lungi dall'avversarne o contrastarne l'azione, essi stessi la promoverebbero ed asseconderebbero con tutte le forze.
Ma l'educazione della gioventù non è ufficio riservato alle scuole e ai governanti, spetta in Primo luogo alla famiglia. È sacro e indeclinabile dovere dei genitori. Purtroppo i più lo trascurano e non se ne dànno allatto alcun pensiero: pochi ne soli persuasi, ma non pensano a compierlo: pochi lo compiono, pochissimi con metodo e con frutto. C'è da meravigliarsi che le nuove generazioni crescano corrotte e corrompitrici? È logico: la delinquenza tra i minorenni è il frutto fatale dell'abbandono in cui si lasciano le nuove generazioni.
Bisogna che si convincano tutti della necessità imprenscindibile che il fanciullo non deve essere mai perduto di vista, dalla nascita alla giovinezza, e che la casa, la scuola, il laboratorio, devono comportarsi verso di lui con eguale intensità di cura e di affetto (1).
Primieramente la casa. Invece è uno spettacolo desolante quello che oggi presentano quasi tutte le famiglie per l'abbandono in cui lasciano la figliuolanza. L'abbandono è completo: dell'anima, e del corpo: dell'anima in modo assoluto. Perchè? Manca in esse la Fede, quindi manca quell'amore di cui la Fede è ispiratrice. Quando non si ha il concetto della dignità umana, quando l'uomo è tenuto come una macchina, quando le preoccupazioni degli affari di quaggiù han soffocato e sepolto ogni pensiero di Dio e d'immortalità, come volete che si pensi e che si riesca ad educare?
L'indifferenza religiosa dei genitori è la causa principale della trascuratezza dell'educazione dei figliuoli. Poveri bimbi, abbisognano di tutto e non hanno chi rivolga loro un pensiero! Quanti padri e quante madri pregano per loro, domandando la grazia di bene educarli? Quanti si studiano di indirizzarne all'amore di Dio e del prossimo i primi lampi dell'intelligenza e i primi palpiti del nobile cuore? È gran cosa che pensino a farli battezzare! Ma non basta segnare del carattere del cristiano le tenere anime: è necessario allevarle in un ambiente di fede; è necessario insegnare ai poveri bimbi a pregare, ed avvezzarli a piegar mattina e sera le ginocchia in adorazione innanzi a Chi li ha creati: è necessario abituarli ad amare la Chiesa, a recarvisi con gioia e a starvi col dovuto rispetto; è necessario innamorarli alla frequenza dei SS. Sacramenti, donde l'anima trae alimento e vita.
Oggi si pensa tanto per il corpo, nulla per l'anima. Se un fanciullo nasce difettoso o minaccia di divenir cieco o zoppo per tutta la vita, che non si fa per ovviare a tali difetti? Ma per la formazione spirituale nulla: nulla importa, e quindi non ci si pensa, e cosi crescono dei delinquenti.
E se nelle famiglie manca l'educazione religiosa, non aspettatevi alcun'idea di formazione morale. Mancheranno affatto alle tenere anime tutte le amorevoli cure che sono necessarie di necessità assoluta per sradicare dal cuor loro i molteplici germi del male e coltivarvi la buona semenza delle virtù cristiane.
Vedete, in verità, la vigilanza che si usa ai nostri tempi. Nessun'attenzione a ciò che i figliuoli dicono, a ciò che fanno, od alle persone e ai luoghi che frequentano. Per i più, basta che non tornino a casa con la testa rotta. Quindi nessun pensiero circa la scelta dei compagni, nessun riguardo per le amicizie, nessun riserbo nelle letture, niuna correzione al difettoso carattere, che, scapricciandosi a talento, si rafforza sempre più nel male e diventa incorreggibile.
Senza vigilanza, senza indirizzo, senza freno, i giovani vengon su necessariamente cattivi. Anche le buone doti, ricevute da natura, presto scompaiono perchè restano soffocate.
Nel cuore del fanciullo abbandonato avviene quello che avvenne - ci si permetta il paragone - della vigna di Renzo dal giorno che non più coltivata. Passandovi egli davanti « già dal di fuori - dice il Manzoni - potè subito argomentare in che stato la fosse... se qualcosa si vedeva, era tutta roba nata in sua assenza. S'affacciò all'apertura (del cancello non c'erano neppure più i gangheri): diede un'occhiata in giro: povera vigna! Per due inverni di seguito, la gente del paese era andata a far legna nel luogo di quel poverino, come dicevano. Viti, gelsi, frutti d'ogni sorte, tutto era stato strappato alla peggio, o tagliato al piede. Si vedevano ancora i vestigi dell'antica coltura... ma... in mezzo a una nuova, varia e fitta generazione, nata e crescìuta senza l'aiuto della man dell'uomo... Il rovo era per tutto: andava da una pianta all'altra, saliva, scendeva, ripiegava i rami o gli stendeva secondo gli riuscisse: e, attraversato davanti al limitare stesso, pareva che fosse lì per contrastare il passo, anche al padrone ».
Qualche cosa di peggio diventa il cuore del fanciullo, quando non è coltivato; esso è realmente quella « marmaglia di ortiche, di felci, di logli, di gramigne, e... d'altrettali piante; di quelle, voglio dire, di cui il contadino di ogni paese ha fatto una gran classe a modo suo, denominandole erbacce, o qualcosa di simile... »
E voi pensate: - Chi mai riuscirà a sradicare cotesta marmaglia di erbacce per allevar nuove viti nel desiderio di veder fiorire e maturar un grappolo? Ah! il rendiconto che dovranno rendere a Dio quei genitori che trascurano l'educazione dei figliuoli!
Quali consolazioni in vita e quali conforti in morte sono invece riservati a coloro che vegliano sulla figliuolanzza! Chi veglia il fanciullo ancora innocente ne farà un uomo probo, non un malfattore. Ma bisogna prevenire, cioè impedire che l'infanzia si corrompa.. e guai se si corrompe per opera di quelli stessi che hanno il dovere di educarla...
E il grande insegnamento, la grande raccomandazione di Don Bosco: prevenire il male invece di reprimerlo. Circondate i figliuoli di quelle cure amorevoli che li mettono nell'impossibilità di commettere il male e vedrete i lieti frutti d'una tale educazione.
Di fronte al numero crescente dei delinquenti tra i minorenni molti tremano per l'avvenire della società; l'orizzonte infatti si fa sempre più minaccioso. Ma pochi, ben pochi, deplorano i mali che ne derivano agli individui, alle famiglie e alle nazioni dal punto di vista soprannaturale: eppure questi mali sono molto più gravi di quelli che cadono sotto gli occhi.
Cooperatori, lo sguardo e il pensiero in alto, e domandiamoci: - Quale sarà domani la società, non solo dinanzi agli uomini, ma anche dinanzi a Dio, se le nuove generazioni continuano a scorazzare per le vie, abbandonate a sè, senza alcun freno e senza religione?
A parte la difficoltà di richiamare sul buon sentiero i giovani traviati, anche se gli sforzi più generosi venissero coronati da felice successo, noi non riusciremo mai a distruggere il male che i cattivi esempi hanno moltiplicato; e mai e poi mai potremo far sì che gli anni migliori di tanti giovani non siano trascorsi in un vuoto spaventevole di ciò che è virtù, lungi da Dio, e nel pantano d'ogni vizio.
Educate dunque con amore i vostri figliuoli, sorreggeteli sul buon sentiero con la parola confortatrice e ammonitrice e col buon esempio costante, sempre, ogni giorno, ogni ora, specie nei momenti più critici; il vostro zelo ne avrà santificata tutta la vita.
E quest'opera, da cui dipende l'avvenire nella Chiesa e della Società, iniziatela a tempo, fin dagli anni più teneri, prima che il male corrompa e getti radici nel cuore dei giovanetti.
Per riuscirvi fate vostro il sistema educativo di Don Bosco, che è detto sistema preventivo, perchè fatto di carità e di continua vigilanza.
Quale possa essere la pratica del sistema educativo di Don Bosco nelle famiglie, quali i frutti che se ne raccolgono con la grazia di Dio, diremo un'altra volta.
(*) Ved. n. di settembre u. s.
(1) Giov. Guasco nel citato numero dell'Avvenire d'Italia.
Il dare in mano agli alunni « buoni libri di testo », buoni sotto ogni lato, tanto dal lato scolastico, come dal lato educativo, è un'opera santa, che amor di Religione e amor di Patria ci spronano a promuovere più efficacemente che ci sia possibile. Raccomandiamo quindi ai sigg. Maestri e Insegnanti l'adozione dei testi scolastici, editi con tanta diligenza e costante proprietà didattica, dalla Libreria della Società Editrice Internazionale di Torino.
Alle Maestre - Cooperatrici Salesiane - al principio del nuovo anno scolastico.
Il mondo s'inchina ammirando dinanzi al Venerabile Don Bosco, salutando in lui il valente cacciatore di anime, il grande educatore del secolo XIX.
Umile ammiratrice sua, per mio vanto e per mia gloria, educatrice anch'io, vorrei cogliere il senso profondo del suo spirito, vorrei imparare alla sua scuola il segreto della sua potenza educativa.
Me lo vedo dinanzi sereno, dolce, sorridente, con nello sguardo una luce che attrae ed eleva, lo vedo circondato da un'infinità di giovani attenti alla sua parola, attenti ad ogni suo cenno, pii, buoni, laboriosi, arditi e generosi, pronti a dar anche la vita per mostrarsi degni di lui. Poi seguo questi giovare nella vita e li vedo onesti, operosi, sereni, felici, sudino nei, campi o s'affatichino nelle officine, rifulgano nelle loro mani gli strumenti dell'arte o vi baleni per le lotte per la scienza e per il bene la penna; e domando: - Ma che cosa vi gettava nell'anima quel santo, che cosa vi diceva, che cosa operava in voi da formarvi così profondamente buoni, così sinceramente operosi, da prepararvi a lanciarvi alla lotta così sicuri e forti?
E sento venirmi da mille, mille, e mille voci la grande risposta :
- Egli ci amava tanto, ci amava tanto! Vi amava tanto! Nell'amore dunque è il segreto della sua potenza, nell'amore la grande rivelazione!
Ah, si! invero, Don Bosco fu l'apostolo della carità. Dalla carità illuminata e ardente gli fu ispirato il generoso grido, vibrante per ogni terra: Da mihi animas, caetera tolle !
E furono espedienti di questa carità tutti gli industriosi trovati per salvare le anime, e tutto suo proprio il pio, caldo, insistente, infaticabile invito: «Preveniamo il male, preveniamo il male!»
Nessuno ancora, prima di lui, aveva avuto così netta e chiara la concezione del metodo preventivo nell'educare; nessuno ancora l'aveva saputo così largamente, così sapientemente applicare: al suo amore, alla sua carità, il merito della grande intuizione, della sicura applicazione!
La dignità, il senso del giusto e del retto, offesi nelle loro soavi esigenze, che castigano il male compiuto, possono in certi casi tornare efficaci; ma l'amore che vigila attento, l'amore che circonda di cure l'innocenza, perchè non abbia a macchiarsi; l'amore che allontana assiduo tutti i soffi violenti e pestiferi che minacciano il giglio candido... oh! quest'amore santo è assai più possente ed efficace!
Nel castigo si sente sempre il rigore del padrone che impera, che giudica e sancisce; nella previsione intelligente è invece tutta la dolcezza del padre che ama e protegge. Nel castigo la fredda punizione a una debolezza che forse non era colpevole; nella previsione il caldo alito che sorregge e guida e incoraggia e salva.
E le carceri, le case correzionali fanno purtroppo dolorosa testimonianza dell'impotenza dei mezzi coercitivi: invece di andare spopolandosi vanno ogni giorno aumentando di numero, e invece_ di tornare alle famiglie, alla società, esseri pentiti e corretti, li tornano sovente più astuti, più freddi, più disposti al male, pieni d'amaro fiele, avidi di vendetta.
Che cosa fa il castigo infatti? Ridona forse al caduto il senso della sua dignità? gli dona la forza della resistenza per la minaccia che tornerà altre volte a metterlo nel pericolo? gli dona il nobile orgoglio di sentirsi capace di bene?
Osservate: alle umiliazioni delle prime cadute aggiunge nuove umiliazioni e prepara a quella indifferenza che toglie all'uomo ogni nobile coraggio, ogni energia; offende il senso di dignità proprio di ogni individuo e lo attutisce; avvilisce i deboli e i timidi; fa astuti e falsi gli arditi, ribelli i violenti.
Ma l'amore che avvolge nella sua onda dolce e potente le anime 'e le accende ai santi ideali della virtù, del lavoro, del sapere; l'amore che parla di un Dio, buono e pietoso, il quale veglia sulle anime e loro prepara ineffabili dolcezze; l'amore che rivela la nobiltà dell'anima da Dio e per Dio creata; l'amore che invita alla generosa lotta e parla, di pietoso soccorso e di gloriosi trionfi; ah! l'amore del cristianesimo, svelato al mondo e che al mondo recò il calore d'una forza onnìpotente, fa di sè prove ben più gloriose e ben più sicure! Esso asseconda il bisogno dell'anima e le dona quel senso di altezza, di dignità, di libertà vera, che ne formano la gloria e la vita.
Volete educare? Amate!
Volete salvare? Amate!
Volete trionfare? Amate!
Questo il programma di Don Bosco. Dalla carità preveggente egli ebbe le ispirazioni al metodo educativo che fece di sè così bella prova, e la forza e la costanza dell'attuazione; per essa si affermò il più grande educatore del secolo XIX, e salvò innumerevoli anime, trionfando d'innumerevoli ostacoli; da essa i suoi figli traggono la forza e la costanza per la continuazione dell'opera redentrice.
Seguiamoli generosamente!
Un'ex-allieva delle Figlie di Maria Ausiliatrice.
Nell'agosto u. s. l'Em.mo Card. Cagliero, invitato da quell'Ecc.mo Mons. Vescovo, fu ad Alba a rendere più solenni le feste patronali di S. Lorenzo, e si recò quindi a Diano per le feste centenarie della Compagnia di S. Luigi. Non tocca a noi il far la cronaca di quei giorni memorandi: ne han parlato giornali e periodici con tanto entusiastico affetto per l'Eminentissimo e con tanta simpatia, per Don Bosco e per l'Opera Salesiana che a noi incombe, invece, il dovere di un cordiale ringraziamento, e questo dovere vogliam compierlo pubblicamente, anche in nome di Sua Eminenza.
I giorni passati dal Card. Cagliero in Alba furon giorni di santo entusiasmo. Tutta la città si commosse per la sua presenza: tutte le autorità andarono a gara nel colmarlo di squisite attenzioni. « È doveroso - scriveva la Gazzetta d'Alba - riconoscere l'accoglienza cordiale ed entusiastica della popolazione albese, tanto che entrare ed uscire dalle diverse chiese era per l'Eminentissimo e per quelli che l'accompagnavano un problema difficile, perchè tutti volevan l'onore di baciare il suo anello, la fortuna di ricevere una sua benedizione. Ma il primato nell'entusiasmo - prosegue lo stesso foglio - lo meritano i giovani. Il can. Giordano (oratore del panegirico di S. Lorenzo) ha detto bene quando ha ricordato che dove si trova un figlio di Don Bosco, sia un chierico, sia un cardinale, i ragazzi saltan fuori non si sa dove a batter le mani ed a gridare evviva. I ragazzi della nostra città devono aver sentito che l'augusto Ospite di Alba, era un amico dei giovani di D. Bosco; hanno capito dalle accoglienze amorevoli, dalle carezze affettuose che quello era un amico dei fanciulli e così si è cambiato il grido di « Evviva il Cardinale » in quello di « Evviva il nostro Cardinale » per dire a tutti che il Cardinal Cagliero è il Cardinale dei fanciulli. Era spettacolo grandioso vedere l'entusiasmo della folla e il rispetto di ogni ceto di persone e l'ossequio e il saluto di uomini di ogni colore al passaggio di quest'uomo straordinario. Ma era pure spettacolo bello e commovente vedere la calca dei fanciulli attorno alla veneranda persona di questo glorioso figlio di D. Bosco: e vedere partire la sua automobile come un immenso grappolo di fanciulli, aggrappati da ogni parte, ed ammirare la prudenza ed avvedutezza dello « chaffeur » e benedire la Vérgine SS. perchè non accadevano disgrazie....
» Il passaggio del Card. Cagliero sarà segnato a grandi caratteri nella modesta storia della nostra città; ma sarà segnato a caratteri più profondi nel cuore degli albesi e più nel cuore di tutti i nostri ragazzi. »
Eguale religioso entusiasmo accompagnò la visita dell'Eminentissimo a Diano.
Il 16 agosto - leggiamo nell'Angelo di Diano il Cardinale dopo aver celebrato la santa messa partì, sull'automobile del Cav. Giovanni Calìssano, per l'alta Langa, onde appagare i desiderii delle popolazioni di Montelupo, Serravalle, Somaro, Dogliani e Grinzane, che a mezzo dei R.R.mi loro Parrochi avevano sollecitato l'onore di poterlo, almeno per breve ora, ospitare. Non ci è possibile descrivere le accoglienze regali che quelle brave popolazioni, con a, capo le Autorità Ecclesiastiche e Civili, improvvisarono all'illustre Ospite. A tutte rivolse l'Eminentissimo la sua parola di apostolo; e più ancora che per i panorami incantevoli che presentano le nostre Langhe e che definì la Svizzera dell'Italia, Sua Eminenza restò ammirata della Fede robusta e della squisita gentilezza di cui diedero prova quegli alpestri paesi.
Quelle popolazioni non avevano più visto, a memoria d'uomo, un Principe di Santa Chiesa; perciò il passaggio, anche fugace, dell'Em.mo Card. Cagliero rimarrà impresso, come uno dei più cari ricordi, in ogni cuore.
Diano, memore dell'apostolato compiuto dall'Ospite desideratissimo, che il Regio Commissario locale salutò con nobilissime parole, come «illustre campione delle belle e sante battaglie della vita e dell'ideale », « ardito zelatore di quella fede di bontà e di altruismo che non conosce difficoltà e ostaceli », « nobile alfiere di quella Pia Società. Salesiana che si è imposta al mondo per i prodigiosi risultati del suo programma di redenzione sociale », non poteva corrispondere meglio all'appello del suo arciprete Teol. D. Giuseppe Faletti, ideatore e ordinatore munifico dei festeggiamenti centenari.
È superfluo il dire che a tanto religioso entusiasmo fu pari la frequenza alle chiese e ai SS. Sacramenti.
L'Istituto "Don Bosco" di Monte Oliveto (Pinerolo).
La domenica 9 agosto, l'Istituto Orfani di guerra, aperto tre anni or sono in Pinerolo, a Monte Oliveto, si allietava, come dicemmo, dei primi squilli della fanfara donata ai figli dei nostri prodi soldati dal Ministero stesso della Guerra, auspice S. E. l'On. Luigi Facta.
Gli strumenti vennero dalle trincee, e, coperti com'erano di piombaggine, fecero la prima comparsa in mano agli orfanelli, provocando un'onda di commozione, quando l'on. Facta congratulandosi con loro per il bel saggio eseguito, diceva ad essi: « Bravi ragazzi, figgete sempre con entusiastico affetto il bacio delle vostre labbra su cotesti strumenti, memori che su di loro, prima del vostro, si posò un altro bacio: il bacio di sangue dei vostri padri, nel giorno del loro supremo sacrificio per la Patria!
La festa per l'inaugurazione della fanfara fu una festa di ringraziamento e gratitudine a Dio e ai benefattori. E con ragione. L'Istituto « Don Bosco » di Pinerolo è un prodigio della carità.
Dalle prime sedie recate caritatevolmente in dono nei primi giorni quando non ce n'era una da offrire ai primi visitatori... alle lenzuola e alle coperte, offerte da un'umile popolana nel momento in cui si stava per ritardare il ricovero di un orfanello - perche sprovvisti dal necessario... - alle cospicue elargizioni, imperiosamente necessarie e giunte proprio nell'istante in cui se ne abbisognava per far dei versamenti e spesso dopo fervide preghiere innalzate dagli orfanelli ad invito dei loro superiori, nulla, mai nulla, mancò nei tre anni all'Istituto.
La carità fornì panni, lana e calzature; la carità provvide le stoviglie e le terraglie; la carità inviò i letti, le coltri e i materassi; la carità pensò all'armonium, al pianoforte, agli arredi per la cappella, e ora alla fanfara, cosicchè la cronaca dell'Istituto di Pinerolo è la cronaca della carità che ne fu e ne è il seme, il segreto, la vita.
Si vuol sapere quanto si è speso dall'Opera Salesiana a Pinerolo in questi tre anni? Più di di 24o mila lire! E questa somma sarebbe stata anche maggiore, se non fosse intervenuta la cooperazione degli alunni. Sicuro! Gli orfani hanno eliminata la spesa non indifferente che avrebbe richiesto il personale per la pulizia e la manutenzione della casa: ci pensano essi, divisi in squadre.
Distribuzione dell'acqua, preparazione della verdura, pulizia e nettezza dei dormitorii, del refettorio, delle sale di studio e di scuola, e anche il giardinaggio e in buona parte le varie culture dell'orto, sono incombenze loro, che richiedono, è vero, il sacrifizio di qualche ricreazione, ma è un sacrifizio dolce, che dà loro il conforto di concorrere al buon ordine e alla vita di quella che essi - con amore di figli - sogliono chiamare: « La nostra Casa ».
E nessuno creda che il maneggio di fragili oggetti, lasciati in uso a mani inesperte, porti in conseguenza inutili sciupii e frequenti rotture. No! anzi questo è il secondo fattore dell'economia dell'Istituto.
Gli orfanelli hanno tanta cura di tutto ciò che appartiene alla casa loro, quanta raramente ne hanno i più diligenti figli di famiglia.
I cari figliuoli non solo vestono con riconoscenza gli abiti, le calzature e i capi di biancheria che vengono loro offerti, ma vanno a gara per farli durare più a lungo che possono e soffrono sinceramente se - ben di rado - loro avvien la disgrazia di guastare qualcosa. È commovente il rispetto che hanno per quanto li circonda; meravigliosa la proprietà con cui trattano ogni cosa. Basta vederli per rimanerne edificati ! Ah! essi non permettono che una sola briciola di pane cada di mano a uno di loro quando stanno sbocconcellando le bianche pagnottelle, perchè chi la vede cadere stende pronta la mano a raccoglierla...
- È la Divina Provvidenza che ci veste e ci pasce - dicono con sentimento - ed ogni briciola è dono di Dio!
Oh! la Divina Provvidenza veglia amorevolmente sull'Istituto. La somma di 240 mila lire, cioè la somma necessaria a coprire i debiti, non venne tutta d'un colpo, no, no; ma a poco a poco, bene spesso a centesimi e a poche lire, a centinaia talvolta e anche a migliaia di lire, a seconda dei bisogni da sodisfare. Chi non benedice, in questo distendersi pronta a tutte le necessità di quei cari figliuoli, la mano di Dio?
E la Divina Provvidenza veglia, con tenerezza materna, anche sulla salute degli orfanelli. La sala destinata ad infermeria è sempre vuota. Una sola volta il male si affacciò minaccioso: l'anno scorso, nell'infuriare dell'influenza spagnuola. Quante ansie! quale trepidazione! Si ricorse con fede a Don Bosco e a Maria Ausiliatrice, e nessuno perì; le nubi si dissiparono d'incanto, e la più schietta letizia tornò a regnar sovrana nel cuore degli alunni e dei Superiori.
Perchè la vita cristiana nella più piena, sen tita, e lieta manifestazione è la risposta perenne degli orfani alle carezze quotidiane della Divina Provvidenza! Bisogna vedere il fervore con cui essi pregano e si accostano ogni giorno alla Mensa Eucaristica; la diligenza con cui assistono alle lezioni e compiono tutto i doveri di scuola; l'allegrezza ingenua e vivace con cui si divertono. Regna tra loro una carità come di famiglia: sui loro volti brilla il riflesso dell'intima gioia della coscienza perpetuamente tranquilla che si apre a tutte le infusioni della grazia: tutti hanno in fronte un non so che di angelicamente soave, che li distingue fra mille.
Un giorno, in occasione di un'intima solennità, il Direttore invitò gli alunni ad esprimere, per iscritto, il proposito che a ognuno più stesse a - cuore, a manifestare candidamente ciò che poteva dirsi l'oggetto degli sforzi di cui era capace la loro piccola anima. L'invito fu assecondato con fresca spontaneità, e fra gli scritti, conservati religiosamente, potremmo raccogliere molti fiorellini di rara fragranza, simbolo di anime tenere e innocenti. Basti un saggio. Un alunno scrisse letteralmente così:
« Voglio essere:
« serio nel mio dovere,
« sincero nella mia condotta,
« affezionato ai miei benefattori... ».
Se il proposito accenna a maturità di senno, è bene ricordare che chi lo scrisse è un alunno di classi elementari, e meglio si comprenderà che lo dettò un cuore in cui il proposito del bene è profondamente radicato.
Amare il proprio dovere per ricompensare chi li benefica è l'aspirazione, la vita, la preoccupazione di ogni alunno.
Un bel numero di ragazzi ebbe già la fortuna di ricevere quest'educazione. Gli orfani raccolti nell'Istituto « Don Bosco » di Monte Oliveto in Pinerolo, nei tre anni decorsi, sommano a 110.
Di questi son presenti 72. Pochi son tornati ai loro parenti. I più, dopo aver compiuto nell'Istituto il corso elementare, saranno inviati ad altri Istituti Salesiani.
Dodici, fin dallo scorso anno scolastico, furon accolti dell'Oratorio Salesiano di Torino, 8 come studenti, 4 come artigiani, cominciandosi così ad attuare la parte più importante del programma di questa fondazione, voluto dal sig. Don Albera, di continuare l'assistenza, l'istruzione e l'educazione degli orfani sino all'età in cui possano provvedere da sè stessi alla vita.
E i dodici fanciulletti che passarono all'Oratorio di Valdocco hanno degnamente corrisposto al beneficio. Nella sessione estiva d'esami gli 8 studenti furono egregiamente promossi, 6 anzi ebbero il premio, e in classi che contano da 6o a 7o alunni ciascuna.
- C'è proprio da ringraziare la Divina Provvidenza, esclamava il sig. D. Albera al ritorno da Pinerolo, c'è proprio da benedire il Signore, che ci ha aiutati ad aprire quell'Istituto e ci assiste così visibilmente nello svilupparlo. Il bene che vi si compie è grande. »
Sta il fatto che quei cari giovanetti mentre vengono a beni fondarsi in quella Religione che li sosterrà contro le facili illusioni della vita, si preparano a prestare al focolare domestico quel culto di virtù morali che è l'ornamento e la base sicura della società civile, e sentono di giorno in giorno sempre più vivo in cuore quel sincero amor di patria che fin d'ora li anima a promuoverne con tutte le forze l'onore e la grandezza!
Di tanto bene i Figli di Don Bosco, che si sacrificano per l'istruzione e l'educazione religiosa dei cari orfanelli di Monte Oliveto, rendono grazie a Dio e si professano altamente riconoscenti a tutti i benefattori, lontani e vicini. Tra questi non potranno mai dimenticare i cortesi e buoni Ufficiali Superiori, che nello scorso mese di agosto mandarono più volte i loro soldati a portar acqua nella cisterna dell'Istituto omai vuota dalla prolungata siccità. Il problema dell'acqua potabile è ancor da sciogliere, e, non è punto a dubitarne, ci penserà... la Divina Provvidenza per mezzo di anime pie e generose.
Su esse e su tutti quelli che in qualunque modo cooperano al loro mantenimento e alla loro sana educazione gli orfanelli di Pinerolo invocano quotidianamente da Dio i più eletti favori.
Mi trovavo in Francia con le truppe ausiliarie Italiane. Da parecchio tempo mi sentivo forte male al collo. Credendo che si trattasse di cosa passeggera, non vi badai troppo. Ma il male peggiorava e fui obbligato a domandar visita e tenere il letto. Mi si disse trattarsi di lieve angina. Il male cresceva e non potevo più nè mangiare, nè bere, nè quasi più respirare. Ormai mi rassegnavo a morire. In quell'estremo pericolo mi balenò alla mente la cara figura di Domenico Savio, del dolce mio protettore che già mi aveva ottenuto tante grazie. Mi raccomandai caldamente a lui, promisi un'offerta e di pubblicare la grazia. Poco dopo mi portarono all'ospedale, ove mi fu scoperto il vero male: un caso assai grave. Si trattava di un ascesso e specie di tumore nella sezione mediana del collo; quindi urgeva un'operazione ben difficile e pericolosa. Mi raccomandai nuovamente a Domenico Savio, e l'operazione riuscì ottimamente; anzi i medici che m'avevano detto essere necessari 40 giorni per la guarigione, al contrario, con loro grande sorpresa e meraviglia, in 16 giorni mi videro perfettamente guarito.
Torino, 13 settembre 1918.
ANGELo MARGIARIA.
Memorie inedite.
XVII.
« Chi è stato quel Dottore?... »
Ho bisogno di sciogliere un gran debito di gratitudine verso il Ven. Don Bosco.
Povera ragazza, era affetta da otto anni di due grosse fistole dentarie. La buona mamma fece di tutto per vedermi guarita, ma inutilmente: ben sette dottori, che videro lo stato già cancrenoso sulla mia faccia, dissero che non v'era più nulla a fare. Non posso descrivere quanto soffriva! Una notte, per l'eccesso del male, andai sul balcone... per mettere la faccia sulla ringhiera, invocando un momento di sollievo. Il papà e la cara mamma, visto il caso disperato, dissero: - Non vi è più altro scampo che andar a Valdocco e vedere se Don Bosco è a Torino. - Detto fatto. La mattina, appena giorno, la mamma e la signora Del Bosco mi condussero al Santuario di Maria Ausiliatrice. Per gli eccessivi dolori che rispondevano al cervello, io non feci altro che gridare, non solo per istrada ma anche nel traversare la Chiesa, con disturbo di quanti vi erano, i quali, forse, mi avranno creduto indemoniata.
Ebbene, oh gioia! giunti nella prima sacrestia trovammo Don Bosco che confessava un sacerdote. Io gridava sempre ed egli mi guardò e mi fe' cenno di pazientare. Dopo alcuni istanti si alzò, venne da me e mi disse: - Poverina, hai tanto male non è vero? Aspetta un momento; io mi confesso solamente e poi ci aggiusteremo con la Madonna. - Io, con cuore leale come la sentiva, gli dissi: - Ma lei è già santo e non ha più bisogno di confessarsi. - Ed egli tutto sorridente mi rispose: - E non lo sai che sono ancora in questo mondo? - Si confessò; indi fece restar lì la mia mamma e la signora Del Bosco, prese me per la mano e mi condusse nella seconda sacrestia. Fattami inginocchiare su di un inginocchiatoio, mi disse: Hai volontà di guarire? - Io risposi di sì. - Ebbene, vuoi che preghiamo insieme la Madonna, Maria Ausiliatrice, con tre Ave Maria? - Io gli risposi: - Sì, sì. - Allora trasse una reliquia che teneva sotto l'abito; poi con una mano mi fece il segno della Croce con la reliquia, tenendomi l'altra mano distesa sul capo; questo per tre volte, dicendo ad ogni volta insieme con me l'Ave Maria. Alla terza volta mi sentii una cosa che non so dire; mi parve che mi avessero fatto un'operazione, e versato del balsamo sopra il capo. Il fatto è che sull'istante io fui guarita perfettamente. Dopo mi disse: - Da oggi (era il 25 di luglio, non ricordo più bene l'anno) fino al 1° di novembre, tu dirai tre Pater, Ave, Gloria al SS. Sacramento e tre Salve a Maria Ausiliatrice che ti guarì; le dirò anch'io e le farò dire da altri; tu non soffrirai mai più di questo; e... poi mi porterai due denti che ti cadranno prima della festa d'Ognissanti. - E presami per mano, mi ricondusse alla mamma, dicendomi intento - Hai volontà di fermarti un poco in Chiesa? adesso io mi metto le paramenta e vado a celebrare la S. Messa all'altare di S. Pietro.
Io con grande gioia gli dissi di sì, ben volentieri; ed egli mi consegnò alla mamma che stava piangendo, come stava piangendo la suddetta signora. Don Bosco le interrogò perchè piangessero tanto: esse gli risposero, che, non avendomi d'un tratto più sentita gridare, credevano fossi morta. Don Bosco sorridendo rispose: - No, no, non è morta; Maria SS. Ausiliatrice l'ha subito guarita!
Nei tre mesi durante i quali doveva stare attenta per raccogliere e portare a Don Bosco i due denti che egli mi aveva detto mi sarebbero caduti, una sera, caso strano, mentre camminava sotto un viale, ove a quei tempi correvano ancora dei rigagnoli d'acqua, mi sentii un affare in bocca, e, non pensando a nulla, sputai nell'acqua. e subito, con mio forte dispiacere, mi accorsi che era uno dei denti. Andai a casa, e raccontai lo sbaglio alla mia mamma. Ed ecco verso la fine di ottobre, un'altra sera, mangiando una minestra di riso e cavoli mi sentii cadere il secondo dente, ma non potei trattenerlo e l'inghiottii col cibo. Il giorno dei Morti tornai con mia madre a trovare Don Bosco nella sua camera; gli dissi che mi erano caduti i denti, ma che non poteva darglieli pel motivo sopra narrato ed egli ridendo di cuore (mi pare di vederlo) mi toccò la guancia dicendo: - Vedi, la Madonna se li ha presi! - indi continuò il discorso colla mamma che gli fece quell'offerta che poteva e, baciandogli la mano, tornammo a casa con una gioia indescrivibile.
Ci siamo poi recate da alcuni dei dottori curanti che mi avevano dichiarato inguaribile, come dissi, per lo stato cancrenoso. Mi visitarono e dopo parecchie prove che vollero fare per accertarsi della mia guarigione, mi chiesero: - Chi è stato quel dottore che si arrischiò a simile operazione? Chi? chi?... - Allora io e mia madre, tutte giubilanti, rispondemmo: - Due grandi dottori hanno operato questa guarigione istantanea: la cara Maria Ausiliatrice e Don Bosco!
Essi ammirati conclusero: - Certamente solo quei Dottori possono fare tali operazioni! - e si rallegrarono di simile prodigio.
Poco dopo, un mattino io passava in Piazza Castello, quando incontro il fu Rev. Teol. Fornasio, parroco alla Maddalena, oltre Giaveno, che prima era stato Vice-Parroco alla Gran Madre di Dio. Conoscendomi, sapeva in che stato versavo pel mio male, che mi aveva già aperto due buchi nella faccia. Or bene questo sacerdote mi venne incontro e volle palpare colle sue dita la verità del fatto. Poi mi disse: - Senti, quando seppi della tua guarigione, conoscendo in che condizioni ti trovavi, non poteva crederci; ma ora godo d'averti veduta. Quando sarò di ritorno al paese, alla prima predica che farò, racconterò questo, miracolo, potendo dire che l'ho visto coi miei occhi e toccato colle mie mani. E tu guarda bene: se un'altra ragazza fa male, fa male... ma se tu sei cattiva, farai due volte male. Ricordati che sei stata graziata dalla Madonna SS. e da quel caro e santo Don Bosco.
lo non la finirei così presto, se volessi narrare tutte le grazie che ho ricevuto dal caro Don Bosco, mentre era in vita e dopo morte. Ne racconterò ancor una. Sul principio di dicembre del 1887, ancor sotto l'impressione della morte della mia mamma, io, dolorante e anemica, languiva per interno malore, che mi minacciava di sottopormi ad una dolorosissima operazione. Intanto le Reverende Canonichesse Lateranensi di Chieri m'avevano invitato ad accettare, presso di loro, l'ufficio di portinaia. Come fare? Non potendo muovermi, osai scrivere a Don Bosco pregandolo a farmi una visita. Io non sapeva che egli era in cattive condizioni di salute; ed ecco, prima dell'Immacolata Concezione, giungere a casa mia un Missionario, il quale mi dice: - Ella dev'avere qualche grande commissione per Don Bosco, se egli mi ha pregato, non appena giunto dalla Patagonia, di venire in sua vece da lei a sentire in che cosa può servirla, poichè egli non può camminare... = Commossa, esposi il mio caso a quel sacerdote e lo pregai a farmi poi conoscere la risposta di Don Bosco. Io bramava sapere se sarei morta allora, o se sarei guarita. E il giorno dopo, il Missionario tornò da me e mi disse: - Don Bosco le manda la sua benedizione e le dice di alzarsi e andare a Chieri tranquillamente. - Piena di fede nella parola di Don Bosco, mi sentii subito guarita e andai a Chieri, ma pur troppo, dopo un mese che mi trovavo a Chieri, mi giunse la dolorosa notizia della morte di Don Bosco.
Torino, 3 settembre 1919.
ANNA ZANETTI.
È il titolo di un volume di oltre 400 pagine con copiose illustrazioni, edito dalla Società Editrice Internazionale di Torino e contenente le memorie biografiche del Capitano Dott. Guido Negri da Este, caduto gloriosamente sul Monte Colombara il 27 giugno 1916, raccolte dal Salesiano Prof. D. Giuseppe Ghibaudo (1).
La pubblicazione è una vera rivelazione, perchè attraverso il Diario del Negri, custodito gelosamente segreto fino alla morte, la figura del giovane balza fuori di una grandezza morale e religiosa che sbalordisce.
Este, anzi l'Italia, scopre in Lui il suo santo, il santo dei nostri giorni, passato accanto a noi in una florida giovinezza tutta intessuta di multiforme attività, esercitante le virtù cristiane in grado eroico sino al cilicio e alla flagellazione, sino all'olocausto di tutto se stesso per il più sublime degli ideali che possa scaldare il petto di un cattolico Italiano ; e ciò senza che nulla trapelasse mai fuori, nemmeno agli amici più intinsi, con modestia pari alla santità.
E la santità di Guido Negri, che viene man mano svelata dall'autore nelle successive tappe, dalla vita cristiana alla contemplativa e di azione insieme, dalla vita di Passione alla vita Eucaristica, ha questo senso fondamentale : - ricondurre i giovani Italiani alla pratica della vita cristiana, all'amore e alla difesa della gloria più eccelsa d'Italia, cioè all'amore e alla difesa del Papa.
Guido Negri fra le aule delle Università come nelle caserme, al campo come nelle trincee, fu sempre modello di vita cristiana e fervido apostolo e difensore del Sommo Pastore coll'esempio, colla parola, col sacrificio, colla morte gloriosa.
« Era un santo nel vero senso della parola (scrive un suo condiscepolo all'Università di Padova); santo specialmente per l'immacolatezza dei costumi » alla quale facevan corona tutte le altre virtù cristiane.
Nel libro del prof. Ghibaudo le anime pie troveranno un manuale di perfezione cristiana vivificato dall'eloquenza del modello ; gli studiosi dei fenomeni psicologici un attraentissimo romanzo d'anima; i campioni dell'azione cattolica italiana riconosceranno Guido Negri come una guida sicura per acutezza di vedute, per slancio e disinteresse di lavoro, per entusiasmo inestinguibile; gli stanchi, i dubbiosi, gli spiriti deboli, un modello di cristiano operoso, pieno di fede, forte nel pensiero conce nell'azione, sprezzante di ogni umano rispetto, un trionfatore sulla carne e sulle vanità del mondo,
Non aggiungiamo altre parole per raccomandare il prezioso volume, di cui, esaurita in quattro mesi la prima edizione, è già in corso di stampa la seconda.
(1) Un capitano santo: Il dott. Guido Negri da Este, caduto gloriosamente sul Monte Colombara il 27 giugno 1916. Memorie raccolte dal prof. D. Giuseppe Ghibaudo. Torino, Società Editrice Internazionale, Corso Regina Margherita, 174-176. - L. 5.
RIO NEGRO (Brasile).
Escursioni apostoliche sugli affluenti del Rio Negro,
(Relazione di Mons. Lorenzo Giordano, Prefetto Apostolico). III (1).
Lungo il Rio Issana.
Era nel mio programma a continuare l'escursione all'Alto Uaupés, e se non riusciva, avrei tentato quella dell'Issana, che riteneva più facile. Così feci. Arrivato a Bella vista, scrissi al carissimo Don Balzola, pregandolo di farmi spedire una nuova provvista di regali per gli Indii e qualche cosetta per me, a S. Filippo, ove mi recai. Ma dovetti aspettare quindici giorni per aver una barca coll'equipaggio!
Il rio Issana e gli indii Baniua - Il primo equipaggio - In pericolo di annegare - Tutte le provviste in acqua - L'altare in salvo - Esercizi ginnastici a preambolo del catechismo.
Il Rio Issana è uno dei maggiori tributarii del Rio Negro, avendo le sorgenti nella Colombia la foce presso S. Filippo. E abitato dalla numerosissima tribù dei Baniua, esclusivamente. La prima parte del suo lunghissimo corso presenta l'aspetto del Rio Negro per la larghezza del letto, la limpidezza delle acque, la qualità dei terreni che lo fiancheggiano, il genere delle case che s'incontrano sulle sponde, e i costumi degli abitanti.
Parrebbe che in simili luoghi tutto dovesse correre a seconda de' miei desiderii, ma fu ben diverso.
Dovetti partir solo, senza un compagno, sul mezzogiorno del 14 ottobre, coll'equipaggio di sette giovanotti Baniua, nativi di S. Anna, dove dovevano condurmi e lasciarmi. Continuando il viaggio, avrei cambiato l'equipaggio ogni due o tre giorni.
Notai subito la diversità dei costumi degli Indii dell'Issana da quelli del Cayari. Questi hanno i piedi scalzi, ma indossano i pantaloni, la giubbetta ed alcuni persino la camicia. Dà loro una cert'aria galante la capigliatura nera, folta e ben ravviata. Per conservarsela li vedeva ricorrere spesso, fra una remata e l'altra, allo specchietto ed all'acqua stessa del fiume.
Avevano ascoltato già qualche mia istruzione in San Filippo e, da buoni amici, mi si mostrarono sempre rispettosi e pronti a ogni cenno.
Ritornavano allegri più che mai ed espansivi, col frutto di mesi di lavoro, in vestiti, generi di prima necessità e (suppongo io) in profumerie. Questa vernice di civilizzazione è propria del Rio Negro! Tra loro parlavano rigorosamente l'indecifrabile Baniua, ma scambiavano volentieri con me qualche parola in Nhengatù.
Ci fermammo, a notte buia, sullo stesso Rio Negro. Al primo albeggiare, continuammo il nostro viaggio attraverso la foce dell'Issana, e si arrivò alla prima casa di Uarann, verso le sette; ove celebrai la S. Messa.
Rimessici in viaggio, fummo sorpresi da un temporale e un buffo di vento gettò nel fiume tutta la provvisione di carne secca, che portava con me e che avevamo stesa sulla tolda. Ci fu impossibile riacquistarla.
Migliorando il tempo, continuammo il viaggio sino a Juacanà, in faccia al Cubatà (15). Passammo a Camaraó e Teiú (16), a Matiriaú (17), e a Paxiuba, presso la foce del Piraiauara (18).
Il 19 ci venne incontro il capitano Antonio Gabriele dalla sua abitazione di Mituca, sulla foce del Rio Castanho.
Il 2o eravamo a S. Anna, accolti festosamente da quei buoni abitanti.
Qui mi aspettava una poco amabile sorpresa. Avendo concesso piena libertà ai rematori di recarsi alle loro case, restai solo sulla barca. Ed ecco che svegliandomi, poco dopo la mezzanotte, al mormorar insolito come di un vicino ruscelletto e per un'umidità che sentiva penetrarmi nelle ossa, mi alzai per scoprire la causa di quella novità, e mi trovai... circondato dall'acqua: la canoa si stava sommergendo verso poppa. Buon per me che il fiume, in quel punto, non era profondo e la sommersione non fu nè rapida nè totale, perchè, in caso contrario, la rete n'avrebbe servito di funebre lenzuolo, e la tolda di tomba.
In un batter d'occhio salto fuor della rete, poi della porticciuola della tolda, e guadagno la riva. Svestito e tutto bagnato come mi trovavo, per salvare l'imbarcazione da maggior naufragio, chiesi aiuto agli uomini delle case più vicine.
L'aiuto venne oltre il richiesto, perchè i chiamati si diedero a gridare a squarciagola ai compagni e tutta la gente delle case vicine e lontane accorse. Accadde a me qualche cosa di simile di quello che avvenne al povero D. Abbondio quando lo smemorato sacrestano, con le sue brache sotto il braccio, pensò di suonar la campana a martello per chiamare il popolo, invece di correre direttamente alla casa del curato ed aiutarlo a cacciarne gl'intrusi. Mi trovai e mi trovarono quasi fatto Indio in mezzo agli Indii!!
In men di un'ora riuscimmo a togliere fuor d'acqua cassoni, cassette e valigie, tutto quanto, e a far di nuovo galleggiare la barca.
Una camera, con un buon fuoco, una rete ed una specie di camicia messa a mia disposizione, mi confortarono. L'altar portatile era salvo, perchè nel momento dell'arrivo ebbi un'ispirazione di farlo depositare in una casa particolare. Potei quindi celebrare la S. Messa alle otto, col concorso di tutti i Santannesi, con cui dovetti passar due giorni tenendo tutto disteso al sole. Dei regali che portava per gli Indii, alcuni andarono perduti, come i zolfanelli e le immagini: altri rimasero deteriorati, come il sale, il tabacco, il sapone, lo zucchero, le medicine gli specchietti ecc., e così i miei poveri libri e quaderni. Io poi mi presi un raffreddore al petto, che mi lasciò tristi conseguenze.
Approfittai di quei giorni per far catechismi e amministrare il Battesimo a quelli che vi eran preparati. I ragazzi me li ebbi sempre d'attorno, e passai con essi lunghe ore insegnando esercizi di ginnastica che servirono di divertimento ai piccoli e di curiosità pei grandi. Simili trattenimenti mi giovarono assai nei viaggi, posteriori, ripetendoli sul piazzale delle malocche quale esordio ai miei catechismi.
Sant'Anna merita di essere fatta centro di riunioni e ho già scelto col Tuchana (il capo) Luigi, un luogo adatto per una cappella.
Isola "Maria Ausiliatrice" - Tre punti assai pericolosi - "Tunuhí„ - Il secondo equipaggio pianta in asso il missionario - Una settimana di viaggio in una zona desolata - Lo spauracchio della fame - Di nuovo tra indigeni in istato primitivo - li "purú-purú„ o malattia cutanea contagiosa - A "Jandú,,: le spiegazioni del tuchana Luigi - Una festa.
Ripreso il viaggio, il 23 passammo per Carmine ed entrando nell'affluente Equarí fummo a visitare la famiglia di Antonio. Trovai una delle sue figlie di ii anni, da me battezzata in S. Filippo nel mese di gennaio, che conservava ancora la medaglia e un ricordo del segno di croce che le aveva insegnato.
Il dì seguente (24) si giungeva ad un'isoletta senza nome, ed io le diedi quello di Maria Ausiliatrice. In essa vive la famiglie di Gioacchino, che aveva un figliuolo assai ammalato per una congestione trascurata.
Di là passammo nel Pariomoni-igarapé, dimora di Edoardo, ove pernottammo: quindi giungemmo a Cabeçudo, alla bocca dell'Umacàigarapé (25), poi alla casa di Ilario e Francesco nello stesso fumiceilo (26), ad Acoti-acanga ove dimora Vittorino (27), ed a Talú-pereira ove abita Andrea Velloso.
In questo tragitto dell'Issana vi sono tre punti assai pericolosi durante l'abbassamento delle acque, detti «Correnti di Tatú-pereira ». Noi passammo con tutta facilità il primo, ma nel secondo ci trovammo esposti a un gran pericolo per mancanza di braccia robuste. La nostra barca doveva essere trascinata con funi attorno una roccia in ascesa e costeggiarla poi un buon tratto, dove formava una cascata di quasi tre metri di altezza. Mi parve prudente di mettermi in piedi fuor della tolda, vestito alla leggera, pronto a gettarmi nel fiume a destra, caso mai vedessi la barca rovesciarsi a sinistra. I miei sette giovani Baniua fecero sforzi superiori alla loro età, vinsero la corrente, e fummo salvi dal passo cattivo (28).
Toccando rapidamente le abitazioni di Santiago e di Giuseppe in Tapira, poi una terza presso Pirapucú-igarapé, e infine quella di Candido in Maraùna, arrivammo circa alle 16 a Tunuhí-cachoeira.
Tunuhí è un aldeamento (un villaggio) ben ordinato, con tre vie corte ma spaziose e pulite, sull'altipiano di una collina, dove si giunge per un ripido sentiero fra macigni. Bisogna guadagnarsela quell'altura! Dal lato del fiume la collina è tagliata a picco: e di là si ode il muggire della terribile cascata che forma la disperazione dei naviganti nell'Issana.
Il tuchana Alvaro era andato a prender parte a un Dabucurí presso gli amici di Santarem. La sua figlia maggiore, Cordotina, mi fece preparare l'alloggio in una delle vuote case di paglia.
Tornato il capitano Alvaro, mi fu facile combinar con lui perchè Tunuhí fosse scelto come centro del movimento religioso nell'Alto Issana, edificando in quella sommità una chiesa; Quel giorno (29) e il dì seguente ebbi la consolazione di vedere una bell'accolta di persone al mattino per la Messa e alla sera per il S. Rosario.
Il 31 partii per Santarem, dove trovai, in casa del capitano Marcellino Cordeiro, un'ammalata di reumatismo, che procurai di confortare nel modo migliore.
Il dì seguente, 1° novembre, partii per l'abitazione di Feliciano, presso la foce del Cuyarí. Qui mi offersero del beijù, il migliore che abbia assaporato nel Rio Negro. Quanto mi pentii di non averne fatto un po' di provvista! Il perchè lo dirò tra breve.
Rimessici in viaggio, arrivammo in una capanna dove ottenni da un brav'uomo tre dei suoi giovani figli e un quarto giovanotto come rematori per continuare il viaggio.
Il secondo giorno trovammo una casa disabitate e a notte avanzata giungemmo alla casupola del vecchio Gioachino.
Mi attendeva un'altra sorpresa. I miei quattro indii, di buon riattino, mi abbandonavano fuggendo in una canoa del vecchio. Per continuare il viaggio non trovai altro ripiego se non quello di accettare il concorso di Gioachino e della figlia e del genero fino a trovare altri supplenti. Trovammo di fatto, dopo due giorni, un baniua colombiano, Ilario, che discendeva colla sua famiglia.
Per tutto questo tragitto, che fu di una settimana di viaggio, che desolazione! Non una capanna che indichi l'esistenza d'un essere umano! Non il canto di un uccello! Solo il gracidar delle rane rompe quel silenzio sepolcrale! In quella immensa pianura arenosa la vegetazione è quasi nulla. Par senza vita anche l'acqua, incerta del luogo ove debba dirigere il corso. L'unico conforto era, sul far dell'alba, l'erezione dell'altare su tronchi di alberi e la celebrazione della Santa Messa. Purtroppo fui obbligato due volte a sospendere il sacro rito dalla minaccia di temporali, minaccia che tosto fu seguita da una pioggia dirottissima.
A tanta mestizia non tardò ad unirsi lo spavento della fame, perchè la bolacha (specie di galletta) che aveva portato con me, si era completamente putrefatta, dopo essersi vestita di muffa per il famoso bagno di S. Anna e il beijú da tempo era finito. Aveva dato al buon vecchio in pagamento anticipato del suo servigio anche alcuni ami da pesca, ed egli li gettò nell'acqua ma invano, perchè i pesci mancavano a render completo il nostro disastro. Dal Cuyarí, che avevamo lasciato il mattino del 2, fino ad Ayarí, ove potemmo giungere il 9 di sera, non trovammo di che sfamarci. Come tavola di salvezza disponevano ancora di un po' di farina di mandioca. Ad essa mi appigliai anch'io prendendola in forma di chibé, insieme con i poveri rematori assueffatti a questa vita di privazioni. Ma il chibé non nutrisce, inganna solo la fame, dilatando lo stomaco.
Il 9, come a Dio piacque, giungemmo alla foce dell'Ayarí, e in una capanna improvvisata con rami di arboscelli trovammo un lavoratore colla famiglia. Potei comprare, con granellini di vètro a vari colori da far collane, un pesce fritto, che divisi co' miei uomini affamati.
Il Cuyarí e l'Ayarí sono due affluenti dell'Issana con terre assai buone, e per questo, assai abitate. Non so quando arriverà il giorno della loro visita.
Il giorno io, mentre rimontavamo il fiume, ci venne incontro il capitano Chìco, tuchana del Pachi, che è la malocca dove giungemmo sul mezzogiorno.
Da questo punto dell'lssana fino alle sue sorgenti si trovano dì nuovo le malocche coi costumi indigeni, come nel Cuyarí. Questi due fiumi hanno il loro corso in linea quasi parallela e si trovano quasi uniti per mezzo dell'Ayarí. In quell'immenso territorio anche oggi i poveri indigeni vivono incolti e nelle tenebre della barbarie, come ai tempi di Colombo e di Cabral !
Vi ha una differenza fra gli Indii del Cayarì e questi dell'Issana. Quelli sono tutti sani, senza il minimo segno di malattia cutanea. Di, questi molti si vedono colla pelle macchiatia come di chi è stato scottato. Ma sarebbe ben. imprudente il viaggiatore se trovasse a dire su quelle macchie e le giudicasse difetti. Alcuni si vendicarono col mescolare una goccia del loro sangue in cibi o bevande offerti all'ospite brontolone, inoculandogli la malattia del purú-purù. I viaggiatori accorti prendono le necessarie precauzioni per evitare ogni contatto con loro e si tengono in silenzio, fingendo di veder nulla e nulla sapere.
L'11 mattina, dopo la Messa, m'imbarcava per Jandú-cachoeira e in varie canoe vennero con me anche le famiglie della malocca di Chico, che dovevano recarsi a una gran festa di Juruparí a due giorni di viaggio. Arrivammo, all'imbrunire, presso la grande cascata del Jandú. Tutti discesero ed io rimasi nella canoa; ma nè quella notte, passata al di qua della cascata, nè la seguente passata al di là, potei chiudere occhio, sia pel rumore assordante delle onde ed il continuo movimento della barca, sia pel timore che la canoa, sciogliendosi dai legami che la tenevano ferma, non prendesse la corsa per la discesa, conducendomi a inevitabile rovina.
In Jandú fui molto bene accolto dal capitano Luigi, che parla un misto di baniua, nhengatú, spagnuolo e portoghese. Al Vangelo della Messa, celebrata appena sbarcato, feci una breve istruzione, giudicando bene di avvertire il piccolo uditorio che il tuchana Luigi avrebbe ripetuto nel loro idioma quanto io aveva detto. Il buon uomo, com'ebbi finita la mia istruzione, cominciò la sua che durò tutto il tempo della Messa, interrotta dalle continue interrogazioni cui dava sempre pronta e lunga spiegazione. Che cosa avrà detto? E gli altri che cosa avranno capito?
Mi dovetti fermar quattro giorni aspettando che venissero i Baniua dalle vicinanze, e nel frattempo preparai e amministrai dei Battesimi. E siccome dovevan fare un Dabucurí, che durò due giorni, per non disturbare e non essere disturbato, per quel tempo me ne stetti quasi sempre soletto in una capanna di paglia.
Gli Indii chiedono il Missionario - Sulla via del ritorno - Una discesa pericolosa - Senza celebrare - In pericolo di naufragio - Due giorni a letto - La Pasqua a S. Gabriele - A Manaos - Sulle mosse per l'Alto Uaupés.
Da Juruparí-cachoeira alcuni Indii vennero a pregarmi di seguirli fino al luogo dove molti mi aspettavano. Mi pianse il cuore di non poter annuire alla loro domanda, ma era proprio nell'impossibilità, sia per la mancanza assoluta di cose necessarie per une e per loro, sia per i compromessi di un pronto ritorno in diversi centri prestabiliti per l'amministrazione di Battesimi.
Il mattino del 17 la mia canoa veniva condotta al di qua della cascata sana e salva, malgrado le terribili scosse ricevute dalle ondate fra gli scogli nella discesa, e su essa vennero caricati i miei poveri arnesi. Accompagnato dai miei buoni amici, io discendeva di pietra in pietra, e omai era alla fine della piccola ma pericolosa discesa, quando, malgrado tutte le precauzioni, mi scivolò un piede e nel piantarlo malamente al suolo mi parve di sentire scricchiolare le ossa del ginocchio destro, con forte improvviso dolore. Sospettai che mi si fosse slogata la gamba, ma pel libero movimento conobbi che aveva presa solo una storta, ma che male! Mostrai il ginocchio a Luigi, e questi, non credendo la cosa abbastanza seria, mi fece sorridendo
- Padre, questo è nulla. Qui cadde un passeggero, battè del capo nella pietra, si spaccò il cranio e rimase morto.
Che dire? Luigi aveva ragione. Nella mia disgrazia io era ancora felice!
Zoppicante, mi strascinai nella barca, deciso di continuare il viaggio di ritorno, affidandomi alla Divina Provvidenza.
Durante la notte la gamba mi si gonfiò e per mancanza di altri rimedi usai quello che mi serviva per lo stomaco, cioè la farina di mandioca; il chibé freddo (farina cruda) mi serviva di impiastro freddo alla gamba, e il mingan (farina cotta) buono per lo stomaco, d'impiastro caldo alla gamba.
Celebrai, senza poter fare le genuflessioni, qualche giorno; ma poi dovetti rassegnarmi a lasciar la Messa per risparmio di forze da utilizzare nell'amministrazione dei Battesimi.
Passammo all'Ayarí (18); al Cuyarí (20); ed a Tunuhí (21 e 22), trovando una riunione assai numerosa. Toccammo poscia Humacà e Parúmoní (23) nell'isola Maria Ausiliatrice, Equarí (24), e mi fermai a S. Anna, il 26 e il 27, dove ebbero luogo due riunioni.
L'ultima la tenni in Mituca e riuscì bellissima, grazie alla cooperazione del capitano Gabriele.
Senonchè lo sforzo a star in piedi per troppo tempo mi fece rigonfiare assai la gamba. Mi ritirai allora in barca, col pensiero di non più discendere fino a S. Filippo.
Fu in questo giorno (28 novembre 1917), e nel luogo stesso ove ci aveva sorpreso il temporale del 15 ottobre che ci gettò nell'acqua la carne secca, che ci colse la burrasca più terribile di quante ne vidi in questi fiumi. Stavamo attraversando l'Issana poco lungi dalla foce: e imminente fu il pericolo di naufragio. Già a piccole ma frequenti ondate entrava l'acqua nella barca, che ci affrettavamo a gettar fuori. Già la canoa cominciava ad affondare. Gli stessi Indii, sempre impavidi e gioviali in mezzo ai pericoli, temettero il naufragio e raddoppiarono gli sforzi per mettersi in salvo. Dopo venti minuti di lotta e di agonia guadagnammo la sponda, ove ci appiattammo in un seno del fiume, sotto alcuni alberi, per difenderci dalla pioggia e dai venti che imperversavano. Pareva il finimondo!... Maria Ausiliatrice ci avea salvata la vita! Ad Essa, più che mai, da quel giorno appartiene la mia!
Passata la bufera e calmate le onde, ci rimettemmo in viaggio. Un'ora dopo la mezzanotte arrivammo a S. Filippo, accolti colla massima cordialità dagli amici Garrido. Il buon vecchio
Germano, visitandomi di buon mattino, non lasciò di muovermi un paterno rimprovero per essermi avventurato (diceva egli) in quel giorno di grande burrasca.
Restai colà due giorni a letto, applicando diversi rimedi al ginocchio. Il terzo giorno amministrai, dopo la S. Messa, diversi Battesimi e accomiatatomi dalla famiglia Garrido, in compagnia del sig. Francesco mi rimisi in viaggio, e finalmente dopo due giorni, senza ulteriori incidenti, era a S. Gabriele.
Era il 5 dicembre 1917.
I confratelli, consapevoli in parte della mia avventure, erano ansiosi del mio ritorno. La gamba andò migliorando, ma lo stomaco e le forze non si rimettevano. Malgrado questo mio stato poco sodisfacente, aveva deciso di ripartire, subito dopo la Settimana Santa, per l'Alto Uaupés, quando il Signore dispose altrimenti. Il Giovedì Santo (28 marzo 1918) dopo aver celebrato la S. Messa, dovetti mettermi a letto e vi restai il Venerdì e il Sabato Santo. A Pasqua non mi pareva vero che non dovessi risorgere anch'io dal mio abbattimento, e celebrai di buon mattino e volli predicare alla messa parrocchiale delle 7 1/2. Stando per ritirarmi, venni chiamato al capezzale di un giovinotto gravemente ammalato. M'incamminai subito verso la sua casa, ma, strada facendo, mi mancarono le forze e dovetti entrare in una casa aperta e gettarmi in una rete, sentendomi svenire. Mi vidi tosto circondato da numerosi amici che mi applicarono i rimedii più opportuni, e, caricatomi sulle braccia, mi portarono a casa.
Per consiglio di tutti n'imbarcai cinque giorni dopo per Manaos.
Sua Ecc. il Vescovo delle Amazzoni Mons. Giuseppe Joffily, l'amico dei Salesiani, mi volle nel suo palazzo, e per farsi più efficacemente il mio buon Samaritano, volle applicarmi di sua mano tutte le iniezioni di siero antinevrastenico, ordinatemi, fra altri rimedi, dal diligentissimo medico Geremia Valverde, fratello del Vescovo di S. Maria (Rio Grande del Sud).
Utilizzai il tempo di convalescenza in visite a tutte le Autorità Civili, Ecclesiastiche e Militari, alle Comunità Religiose ed ai principali Benefattori, con la certezza di maggior protezione per la Missione Salesiana.
Dopo un'assenza d'oltre due mesi, feci ritorno a San Gabriele, assai rifatto per riprendere il lavoro e per trattare seriamente dell'escursione nell'Uaupés, progettata da lungo tempo, e che intrapresi non appena il carissimo Don Balzola fu di ritorno dalla missione affidata al suo zelo nel Basso Rio Negro.
(Continua)
Mons. LORENZO GIORDANO Prel. Ap. del Rio Negro (Brasile).
CINA. l missionari Salesiani del Cuantung sul campo del lavoro, (Note del Missionario Dottor D. Sante Garelli). IV. Dai corpi alle anime.
A Kon-Ké ebbi il piacere di felicitare D. Lareno, cui D. Versiglia assegnò tutta quella bella Missione del Ynfà.
Quantunque giungesse in un momento in cui nessuno l'attendeva, i Cristiani si affrettarono a venirlo a salutare, contenti di essere i primi a ricevere uno dei nuovi Missionari Salesiani.
Il disegno di un tempio a Maria Ausiliatrice - I "Padri" divengono medici - Cristiani e idolatri corrono attorno al Missionario - Non passa domenica senza battesimi - I Missionari hanno bisogno di mezzi e medicinali.
Lasciai per la seconda volta Kon-Ké, e ritornai a Pé-Shion, dove temeva di non trovare più Don Versiglia. Vi era ancora, ma partì subito dopo, e corse a Shiu-Kuàn, dove trattavasi di cogliere un'occasione buona per acquistare un vasto terreno nel centro della città, per erigervi la sede regale cinese di Maria Ausiliatrice. Doveva poi visitare i vari distretti di Lin-Ciu e di Yn-Tet, prima di mandarvi qualcuno di noi. Di tutto ciò darà egli stesso ampia relazione (1).
Rimanemmo di nuovo senza capo, ma, oltre lo studio, non ci mancò il lavoro.
Questa volta si trattò di sfruttare la perizia medica appresa negli Ospedali Militari durante la guerra.
Incominciammo a curare le piaghe di un bambino: l'uno divenne due e tre e quattro, e i Padri della Missione divennero medici. Pomate, disinfettanti, bende, tintura di iodio, tutto quel poco che si aveva, si dovette ben presto adoperare: perfino il sapone fu assunto alla dignità di potente rimedio per lavare le teste dei nostri Cinesini, malate più che altro per mancanza di pulizia.
Questi poveri Cinesi, sparsi nei villaggi e nelle campagne, non hanno la più piccola idea di quel che sia l'igiene, e sono affatto sprovvisti di tutto. Perciò hanno sovente piaghe e malattie cutanee, che sarebbe facile evitare e curare, se si avesse una piccola provvista di disinfettanti e di rimedii i più elementari.
Intanto noi vedevamo avverate le parole di Gesù: «Andate, curate gl'infermi, e annunciate loro il Regno di Dio. » Dalle piaghe del corpo a quelle dello spirito!
Così, mentre qualche mese fa erano pochi quelli che ci avvicinavano anche fra gli stessi cristiani, perchè, per ragioni complesse rimasti abbandonati, si erano sperduti, e avevano in gran parte dimenticato l'antica fede e il fervore di essa, e mentre i fanciulli pagani ci fuggivano spaventati come se avessero visto il diavolo, ora cristiani e idolatri corrono attorno al Missionario e vengono a trovarlo nella sua residenza. Dapprima per essere curati, poi perchè sentono col fatto di essere amati. E bisogna vederli questi cari piccoli pagani, dopo essere venuti titubanti alla Missione, ed essere stati con pazienza e buona grazia puliti e curati, farci il loro riverente saluto cinese, con un profondo inchino di tutto il corpo, alzando contemporaneamente le loro manine, insieme congiunte e protese in avanti, fino al livello del capo!
Qualche mese fa pareva che una barriera ci tenesse lontani perfino i cristiani, e noi ci chiedevamo se, dopo parecchi anni di assenza del Missionario, non vi dovessero essere battesimi da amministrare e matrimonii da legittimare. V'erano, e si rivelarono solamente quando si rivelò da parte nostra la carità delle opere.
Da un mese siamo medici (mi sia permesso, scherzando, di chiamarci così) e da un mese in qua non passa domenica che non dobbiamo amministrare parecchi Battesimi, e non di neonati.
Quando Gesù Cristo giunge agli uomini per la via di un sentimento e di un atto di umanità, l'accoglienza è sicura e il suo Regno è stabilito.
E perchè dunque, quanti hanno sentimenti di umanità, oltre che zelo di fede, non vorranno somministrarci i mezzi per aprire a Gesù Cristo la via che lo conduce alle anime in questa terra di idoli?
Ora che la guerra europea è finita, e con l'aspirazione universale al trionfo dei più alti sensi di umanità e dei principii vitali del Cristianesimo, non vi sarebbe per caso disponibile qualche provvista dì medicinali da inviare ai Missionari Salesiani del Ven. Don Bosco, in nome della stessa umanità e della stessa carità di Cristo?
Che bell'opera compirebbe quel cuore gentile che ci inviasse almeno una cassa di disinfettanti e di rimedi di prima necessità!
Noi siamo giunti dinanzi alla porta delle anime cinesi: ma quella porta è chiusa, e Cristo non entra. Chi ci manda mezzi di umanità e di carità corporale, ci manda la chiave. È suo il merito, se la porta si apre e se Gesù Cristo è introdotto.
Maria Ausiliatrice è la protettrice della nuova Missione - La buona Madre incomincia a sanare un giovinetto - Ella è sempre la "Madonna di Don Bosco".
Per il momento Maria Ausiliatrice supplisce Lei direttamente alla nostra impotenza.
Un cristiano di Pé-Shion, Lucas, un bel giovane sui sedici anni, dallo sviluppo precoce, e perciò soggetto ogni tanto a qualche malore, fu improvvisamente colpito da una forma di vaiuolo che lo deformò rapidamente alla faccia, alle mani e in altre parti del corpo.
Andammo a trovarlo. Gli avevano già disteso un lettuccio nell'atrio di casa, per timore, pare, che avesse presto presto a morire.
Il poverino era davvero spaventato, e i ragazzi mi chiedevano ansiosi:
- Padre, muore?
- Se la Madonna non vuole, non muore.
Gli misi subito al collo la medaglia benedetta di Maria Ausiliatrice e lasciai in casa un'immagine della Madonna, affinchè Lucas e la mamma. incominciassero subito una novena.
Era la vigilia della festa di S. Giuseppe. Disposi il ragazzo a confessarsi e il giorno dopo gli portai la S. Comunione, che ricevette con molta divozione, riponendo tutta la sua fiducia nella intercessione di Maria Ausiliatrice, e promettendole che sarebbe stato in avvenire un cristiano fervente, e che sarebbe velluto alla chiesa a ringraziarla appena guarito.
Andai a trovarlo tre giorni dopo. Il lettuccio nell'atrio di casa non c'era più. Cos'è? È forse già morto? Ero quasi spaventato, quando me lo vedo comparire innanzi accompagnato dalla mamma, tutti e due contenti di potermi dare il primo saluto con la parola del. ringraziamento. Lucas aveva ancora delle tracce che andavano scomparendo lentamente, ma ogni pericolo era svanito, e la guarigione assicurata.
- Non me, risposi, nè alcuno dei Missionarii dovete ringraziare, ma solamente Maria Ausiliatrice che vuole essere la mamma anche dei Cinesi.
Il nono giorno della novena, terzo venerdì di quaresima, alla pratica della Via Crucis c'era un Cristiano di più, il nostro Lucas, che la domenica seguente veniva alla chiesa a ringraziare con una santa Comunione la buona Madre Celeste.
Maria Ausiliatrice aveva incominciato: dai corpi, dai giovani. E sempre la Madonna di Don Bosco!
Se i nostri buoni benefattori vorranno mandarci quei mezzi e quei medicinali di cui potessero disporre, imiteremo anche noi l'esempio di Maria Ausiliatrice: dai corpi alle anime, dai giovani alla salvezza di tutto il popolo Cinese.
(1) Abbiamo già ricevute alcune relazioni dal caro Don Versiglia: e fin dal prossimo numero ne cominceremo la pubblicazione.
V.
Le meraviglie di Maria Ausiliatrice
Ham-Kong, 24 maggio 1919.
Sono ad Ham-Kong, la residenza più meridionale della nostra Missione, e mi trovo qui con D. Pasotti, cui questo Distretto fu assegnato. Vi siamo da cinque giorni; lui per la prima presa di possesso, e io in attesa della barca che mi porti ancora per quindici giorni di fiume sino al Lin-Ciu, la residenza più distante di tutte le altre. Cose ho veduto insediati uno a uno gli altri confratelli, e per ultimo spero di essere a posto anch'io.
La festa di Maria Ausiliatrice mi coglie in viaggio, e mi nasconde la gloria della Madre, forse per rivelarmela poi più fulgente.
Intanto quest'oggi D. Pasotti e io ci consoliamo solo con la visione di sogni lontani. La realtà che ci attornia è triste. Siamo in una bella casetta, cui è attigua una discreta cappella: ma non c'è quel che più importa: la presenza dei cristiani. Un vecchio e suo figlio, una vecchia, una vedova e due orfani sono tutta la grande comunità raccolta quest'oggi attorno all'altare, senza però che alcuno di essi possa ancora accostarsi alla Mensa Eucaristica. Non ci è possibile far nulla per onorare la nostra Regina: scelgo perciò volentieri questo giorno per dare alla Madre celeste, almeno con la penna, un tributo filiale.
Ho lasciato Pé-Shion il giorno 15 del mese, dopo aver visto una seconda volta e più solennemente la potenza e la bontà di Maria Ausiliatrice verso i suoi nuovi figli della Cina.
La prodigiosa guarigione di un vaioloso.
La sera del 1° maggio vennero ad annunciarmi che un secondo cristiano era stato gravemente colpito dal vajuolo. Era il babbo di uno dei fanciulli che più assiduamente venivano alla chiesa a servire la S. Messa. Mi affrettai a recarmi in casa sua. Lo trovai in uno stato veramente impressionante: tutto il corpo era stato orribil niente colpito e deformato. Il poveretto volle subito confessarsi e prepararsi a ricevere il mattino seguente il S. Viatico. Ma io mi ricordai, dirò così, del testamento spirituale che ci lasciò il nostro compianto D. Bretto: « Mandate avanti la Madonna! »; e mi misi all'opera. Posi al collo dell'infermo la medaglia di Maria Ausiliatrice; dissi a quei di casa d'incominciare subito una novena, ed io stesso la incominciai alla chiesa con i cari ragazzi, che venivano per le preghiere.
Il giorno appresso portai il S. Viatico. Trovai in casa due medici ,cinesi, chiamati a consulto, i quali mi dichiararono che non nutrivano nessuna speranza di poterlo salvare. La malattia aveva colto l'infermo anche nell'interno, nè essi avevano mai veduto una forma così grave. Nulla di meglio per Maria Ausiliatrice: se ha da fare una grazia, bisogna che appaia con evidenza.
Tornai a vederlo nei domani: le piaghe e le pustole purulenti si erano ingrossate e moltiplicate spaventosamente: solo la naturale robustezza poteva mantenere al poveretto la lucidità della mente. Io confortai a sperare nella potenza e bontà della Madonna, e gli diedi la benedizione di Maria Ausiliatrice. I giorni passavano, la malattia progrediva sempre con tormento indicibile dell'infermo, mentre cresceva pure per i tre bambini. il pericolo di restare orfani, perchè generalmente la, crisi più acuta e decisiva è l'ottavo giorno. Credetti necessario ormai amministrargli l'Estrema Unzione. Mi trovai tuttavia in un vero imbroglio. Anzitutto il fetore del marciume che colava giù dalle membra era insopportabile, non ostante l'incenso che si bruciava nella piccola stanza: non sapeva poi dove ungere con l' Olio Santo, senza porre il dito stille vive piaghe. Se la Madonna voleva iniziare miracolosamente il suo culto, quella era la volta. E lo volle davvero.
Il cristiano era tale di nome: incominciò la Madonna a sanarlo nell'anima, poichè durante la malattia per ben due volte chiese egli stesso di ricevere la S. Comunione. E al nono giorno della novena, dopo aver messo alla prova la fede illanguidita, lo sanò pure nei corpo, e di punto in bianco lo trasse fuori dal pericolo.
Quando mi recai a vederlo prima di partire, aveva già incominciato a mangiare e pensava a levarsi presto di letto.
Il fatto meraviglioso ha ravvivato la fede dei pochi cristiani.
Ma la devozione a Maria Ausiliatrice con questa seconda guarigione, così evidentemente a Lei sola dovuta, aveva gettato le sue prime radici. I Cristiani di Pé-Shion, che avevano tenuto dietro con ansia alla malattia e alla novena, si preparavano a celebrare per la. prima volta nel modo più solenne possibile la festa alla miracolosa Madonna nostra. Oggi D. Barberis cui è rimasta la cura di quella cristianità, avrà la gioia di esporre solennemente alla riconoscenza e alla devozione dei suoi Cinesi l'immagine di Maria Ausiliatrice, mentre al povero sottoscritto rimane la gioia di sogni lontani, e quella di aver avuto agio quest'oggi di comunicare, ai cari lettori del Bollettino, un altro attestato della potenza, della bontà di Maria Ausiliatrice e della serietà con cui la Madre nostra intende di prendere sotto la sua protezione la Missione di Cina, e crediamo, quindi, i suoi Mìssionari e i suoi benefattori.
SaC. SANTE GARELLI
Missionario Salesiano.
La chiesa parrocchiale di S. Giov. Battista in S. Pier d'Arena, conosciuta più comunemente sotto il nome di Chiesa di S. Gaetano perchè ufficiata per lungo tempo dai Teatini, fu costruita nel 1597 dopo aver subito varie e dolorose vicende ai tempo delle guerre napoleoniche, veniva affidata da Mons. Magnasco di s. m. al Venerabile Don Giovanni Bosco nel 1872.
Era allora in uno stato deplorevole. I Salesiani si accinsero subito a restaurarla: vi fecero il tetto, i pavimenti, gli altari, gli stalli del coro, il rivestimento in marmo dello zoccolo delle colonne e delle lesene, la facciata, ecc.
Non appena fatte le riparazioni generali più necessarie per poter uffiziare la Chiesa, si pensò subito a una restaurazione della cappella a destra dell'Altar Maggiore che era stata destinata al culto del S. Cuore, e già nel 1874, finiti i lavori, fu inaugurata e benedetta la Cappella, non ancora adorna di marmi ma decorosa e divota, con l'effigie del Sacro Cuore che campeggiava in alto sopra l'altare, incorniciata in una grandiosa raggiera di legno dorato. Più tardi all'altare di legno ne veniva sostituito uno di marrano bianco, finemente lavorato, specialmente sul pallio, dove è scolpito un artistico bassorilievo rappresentante la Natività di Gesù. Ma soltanto nel 1916 incominciarono i nuovi lavori di restauro.
L'omaggio fu suggerito da una ricorrenza famigliarmente solenne (il 1° giubileo sacerdotale dell'Ispettore Salesiano Don Fascie) e si perfezionò col sentimento della riconoscenza verso il divin Cuore per le grazie elargite alle famiglie tra le tribolazioni di questi anni e per la pace ritornata dopo la vittoria che ha messo fine alle ansie e agli orrori della guerra.
La parte illustrativa nel suo concetto.
Per la simmetria che la cappella del S. Cuore di Gesù ha con quella che sta in capo alla navata di sinistra e che venne, fin dai 1891, restaurata su disegno dell'architetto Maurizio Dufour, non si pensò affatto a un nuovo disegno, ma per l'armonia, artistica del tempio venne ripetuto quello seguito dal Dufour nella cappella di Maria Ausiliatrice.
La parte illustrativa, incorniciata dal disegno archittettonico del Dufour, venne eseguita ispirandosi, pel concetto, all'ufficiatura della Festa del S. Cuore di Gesù, dal prof. Luigi Gainotti, della scuola del Barabîno.
Nel centro della vòlta è il S. Cuore dipinto secondo le norme liturgiche e circondato da una corona di angeli portanti la scritta: O Cor Jesu, rex et centrum omnium cordium, miserere nobis.
Tra gli ornati delle voltine adiacenti si vedono le figure allegoriche dell'arca, dell'agnello pasquale, del pellicano e del libro segnato coi sette sigilli, insieme cogli emblemi della Passione e dell'Eucaristia.
Nei tre quadri, che sono nelle lunette sopra la cornice della cappella, sono rappresentati i tre misteri dolorosi : l'Orazione nell'Orto, la Coronazione di spine e la, Crocifissione nel momento in cui la lancia di Longino trapassa il Cuore di Gesù; che riescono come un commento agli emblemi del S. Cuore, che sono: la corona di spine, la ferita da cui sgorga il suo Sangue preziosissimo e la Croce che lo sormonta, intorno alla quale ardono le fiamme del suo amore divino, nutrito di dolore.
Nella parte inferiore della cappella sono due quadri grandi dipinti a fresco e, nella nicchia, la statua scolpita in legno da Vittorio Ferraro.
Il quadro a sinistra di chi guarda rappresenta la Terza apparizione del S. Cuore alla B. Margherita Alacoque, che avvenne il giorno 16 giugno 1675 e che fu la più significativa, perchè in essa rivelò lo spirito della divozione al suo sacratissimo Cuore, la data della festa e i frutti che da essa si dovevano aspettare. La figura del S. Cuore appare in un nimbo di luce queta, contornata da angeli che mostrano scritte le parole allora da Lui pronunziate:
Ecco quel cuore che ha tanto amato gli uomini; e sotto, staccata dal nimbo, la B. Margherita, in estasi di raccoglimento, contempla ed ascolta.
L'altro quadro di fronte, ispirato alle circostanze dei tempi che corrono, esprime il desiderio della pace e del ritorno delle famiglie a Dio. In basso un gruppo di fedeli in atteggiamento di accorata fiducia, fa atto di offerta e di supplicazione al S. Cuore. Il quale dall'alto, sotto forma di visione, risponde additando colla sinistra il Cuore e colla destra segnando sul libro del Vangelo, tenuto da un angelo, le parole: Quaerite regnum Dei... « Cercate il regno di Dio... » mentre al di sopra stanno in cerchio altri angeli in adorazione, dalle mani dei quali cadono ramoscelli di ulivo, ed uno distende un nastro, su cui si legge: Sacro Cuore di Gesù, proteggi le nostre famiglie.
Di fronte, nella nicchia, campeggia la statua del S. Cuore, che colle braccia dolcemente aperte e in atteggiamento di composta solennità invita i fedeli ad accorrere a Lui: ad mite Cor accedite.
La divozione al S. Cuore di Gesù in S. Pier d'Arena.
L'artistica decorazione della cappella del Sacro Cuore nella Chiesa di S. Gaetano in S. Pier d'Arena è l'espressione sincera del progressivo sviluppo della divozione al S. Cuore in quell'Istituto Salesiano.
Possiamo dire anzi di più. La fiamma d'amore onde arde oggi per il S. Cuore di Gesù tutta la Pia Società Salesiana, avvampò primieramente a San Pier d'Arena, quindi si accese ad Alassio, per lo zelo dei primi direttori di quelle case, Don Albera e Don Cerruti. Questi, che poi promosse con tanto ardore una sì cara divozione, dichiarò più volte di averla appresa nella casa di S. Pier d'Arena, quando uno dei primi anni, giungendovi gigli da Alassio a notte inoltrata, la trovò sfavillante di mille lumicini, pur nel silenzio in cui era già immersa ; e seppe allora da Don Albera che quel giorno gasi festeggiato il Sacro Cuore di Gesù.
Già nel 1873 si fecero pie pratiche nel mese di giugno in onore del S. Cuore e se ne celebrò la festa dopo uno speciale triduo di preparazione. Nell' anno 1874., all'inaugurazione della cappella restaurata, la Festa del S. Cuore riuscì solennissima con Messa cantata, discorso, Vespri e Benedizione solenne e poco dopo fu istituita, tra i giovani dell'Ospizio, la Compagnia del SS. Sacramento, il cui scopo è di onorare il Sacro Cuore con funzioni eucaristiche nel Primo Venerdì del mese e con la Pratica dei Nove Uffizi. Più tardi si iniziò l'Apostolato della preghiera (aggregato alla centrale di Roma) con i tre gradi delle preghiere quotidiane, del rosario vivente, della comunione riparatrice; e andarono ognor crescendo la devozione e il numero dei fedeli partecipanti alle pie pratiche in onore del S. Cuore.
NEL BELGIO. - Abbiam raccolto un materiale prezioso sull'opera di assistenza d'un nostro confratello agli emigrati italiani di passaggio per il porto d'Anversa o residenti nel Belgio, e lo pubblicheremo, con grande sodisfazione nostra e dei lettori, nel prossimo numero. Diamo intanto una lettera dell'Em.mo Card. Segretario di Stato allo stesso zelante figlio di Don Bosco, il rev. D. Lodovico Vincenti, nella quale, in nome del S. Padre, si encomia solennemente l'opera da lui compiuta a prò di 6o povere famiglie italiane durante la guerra.
SEGRETERIA DI STATO DI SUA SANTITA N. 87413
Dal Vaticano, 20 febbraio 1919
Rev. Signore,
Il Santo Padre, avendo appreso col più vivo conforto l'opera di religione e di carità che in esecuzione ai suoi desiderii Ella ha svolto nel Belgio presso gli Italiani, meritando in tal guisa la gratitudine dei beneficati e le lodi delle autorità ecclesiastiche e civili, è ben lieta di significarle anche il Sovrano suo compiacimento, accompagnato dalla sua Benedizione Apostolica, che valga ad animarla sempre meglio nella vita dell'Apostolato.
Nell'adempiere di buon grado a questo Pontificio incarico, colgo l'occasione per raffermarmi con sensi di distinta stima,
Di V. P. Rev.ma
Aff.mo per servirla
PIETRO CARD. GASPARRI.
Al caro Confratello, cui giunsero altre volte paterni incoraggiamenti da Papa Leone XIII, da Pio X e dal Regnante Pontefice, tornino graditi i nostri vivi rallegramenti.
S. FRANCISCO DI CALIFORNIA. - IL FIORIRE DELL'UNIONE CATTOLICA ITALIANA. - Due mesi dopo che il nostro Don Coppo erasi recato da New York alla lontana California col proposito di lanciare in quella fertile terra il seme di un'Unione Cattolica tra i nostri connazionali numerosissimi, la iniziata Unione Cattolica Italiana contava: tredici Uffici: 5. Francesco, Los Angeles, Cloverdale, Oakland, San Pedro, Fresno, Pittsburg, Santa Rosa, Halfmoon Bay, Sacramento, Stockton, Heals burg, San José - il suo organo mensile, Il Messaggero Cattolico, interessante bollettino di 24 pagine, scritto parte in italiano e parte in inglese - e annunziava il suo settimanale L'Unione, che ora è già uscito, in quattro, sei e otto pagine, secondo le circostanze.
Anche il Consiglio Federale, di cui è Presidente l'Avv. cav. Giacomo Bacigalupi, conta tra i suoi membri - onorari sì, ma volenterosi di dare all'Unione tutto il loro autorevole appoggio - vari illustri personaggi; come: Mons. Edoardo J. Hanna, Arcivescovo di S. Francisco; Mons. Giovanni Cantwell, Vescovo di Monterey e Los Angeles; Mons. Tommaso Grace Vescovo di Sacramento ; Mons. Giuseppe Glass, Vescovo di Salt Lake City.
Mons. Edoardo G. Nanna inviava a Don Coppo quest'ampia benedizione:
«Di tutto cuore benedico Lei e L'Unione Cattolica Italiana, da lei fondata in questa Archidiocesi. Convinto della grande necessità, che vi è specialmente ai nostri giorni, di diffondere la buona stampa, ho appreso con molto piacere che in questa settimana l'Unione Cattolica, Italiana pubblicherà il primo numero di un periodico mensile, col nome di « Messaggero Cattolico » e che fra poco comincierà pure a pubblicare un settimanale col nome L'Unione.
« Ai due periodici auguro fin d'ora vita lunga e prospera e beneficio dei nostri cari Italiani ». Cordiali rallegramenti alle singole Sezioni e, in modo particolare ai Consiglio Federale.
S. PAOLO (Brasile). - VISITA DELL'AMBASCIATORE D'ITALIA AL LICEO DEL S. CUORE. - Della visita compiuta da S. E. il Conte Alessandro Bosdari al nostro Collegio del S. Cuore a S. Paolo nel Brasile, si è tanto largamente occupata tutta la stampa locale, che non possiamo far a meno di dirne anche noi una parola. Leggiamo nel Correio Paulistano del 13 marzo.
«Sua Eccellenza fu accolto all'ingresso nello stabilimento dall'Ispettore Don Rota, dal Direttore, dal rev. Don Borghino, e da altri sacerdoti e professori dell'Istituto.
» Nel gran cortile interno lo attendevano un battaglione del Reggimento Giovanile e tutti gli. alunni interni ed esterni, in numero superiore a 1200.
» Il giovane comandante il Reggimento Collegiale rivolse all'illustre visitatore un entusiastico saluto in lingua italiana, ponendo in rilievo l'unione costante fra il Brasile e l'Italia.
» - Vecchio ammiratore dell'Istituzione Salesiana, rispose sua Eccellenza, io sapeva che i Figli di Don Bosco sanno unire, nell'educazione, l'amore della Religione all'amore della Patria. L'Istituzione Salesiana è sorta in Italia e dall'Italia si è distesa nel mondo intero... - e ne trasse argomento per stimolare gli alunni ad amare l'Italia, perchè tutti i popoli civili l'ammirano e la venerano, come irradiatrice della piena luce della civiltà e del progresso. Terminò con un evviva all'Opera di Don Bosco, di cui si dichiarò ancor una volta entusiastico ammiratore.
» Seguirono varie evoluzioni del Battaglione e la sfilata di tutti gli alunni innanzi all'ospite illustre.
» In in seguito Sua Eccellenza cominciò la visita allo stabilimento, percorrendone le singole sale... » Accomiatandosi, il Conte Bosdari esprimeva la sua alta sodisfazione per la visita compiuta... e si dirigeva alle Scuole Professionali Don Bosco in piazza Visconte Congonhas do Campo, aperte a vantaggio dei figli del popolo nei quartiere di Bom Retiro, dirette pur esse dai Salesiani.
» Anche di là il Ministro d'Italia ripartiva ottimamente impressionato ».
ALESSANDRIA-EGITTO.-ALL'ISTITUTO DON BOSCO.-.Dal Messaggero Egiziano del 19 luglio:
«Studio, lavoro e preghiera, ecco in sintesi il programma di Don Bosco, programma seguito con scrupolosa diligenza e intelligente operosità dall'Istituto Don Bosco della nostra città, la cui benemerenza è in un'ascesa continua e maravigliosa.
»Abbiamo assistito alla solenne distribuzione dei premi agli allievi dell'Istituto, e, non per ripetere la solita e stereotipata frase, siamo stati proprio soddisfatti della bella festa e dell'affermazione sempre più possente raggiunta dal fiorente Istituto.
» La parte letteraria comprendeva un discorsetto d'occasione detto da un professore dell'Istituto sul Valore ed importanza del sentimento religioso nell'educazione giovanile. L'oratore, che per 37 mesi è stato tenente cappellano del R. Esercito, ha dimostrato che l'istruzione religiosa è la base granitica dell'educazione dei tre più nobili sentimenti del cuore umano, il e patriottico », il « domestico» ed il «religioso»; ed ha concluso rivolgendosi specialmente ai giovani, i quali, compiuto il corso degli studi, lasceranno per sempre l'Istituto.
» Avremmo voluto che tutti i giovani della nostra Colonia avessero potuto assistere ad un discorso così copioso e sano come questo
» I premi vennero offerti dal R. Vice Console d'Italia, avv. cav. G. Silenzi, dal R. Governo, dall'Associazione Nazionale, dal Comitato locale della «Dante Alighieri », dal conte avvocato Mario Vella, dal cav. uff. dott. Colloridi bey; dal signor R. Maumary, dal comm. G. Degiardé, dal signor G, Terni, dall'ingegnere Tozzi-Condivi, dai prof. Balboni, dal signor G. Bekhyt, dal signor R. Muscianisi, dal signor Tarabori, dal signor Zachi, ecc.
» La cerimonia iniziatasi alle 16.30 precise all'arrivo del R. Vice Console d'Italia, ebbe termine alle 18.1.5, quando il Regio Vice Console e le altre personalità lasciavano l'Istituto, esprimendo ancora una volta al direttore la loro più alta compiacenza ed ammirazione »...
I Cooperatori Salesiani, i quali confessati e comunicati divotamente visiteranno qualche Chiesa o pubblica Cappella, o se viventi in comunità la propria Cappella privata, e quivi pregheranno secondo l'intenzione del Sommo Pontefice, possono lucrare indulgenza plenaria dal 10 ottobre al 10 novembre:
1) l'11 ottobre, Maternità di Maria SS.
2) il 16 ottobre, Purità di Maria Vergine.
Rammentiamo
la raccomandazione fatta dal rev.mo sig. Don Albera nella Lettera del 1° gennaio, riportata nelle prime pagine del Bollettino di quest'anno, di continuare pubbliche e private preghiere a Maria SS. Ausiliatrice:
« È mio desiderio che si continui, privatamente e pubblicamente, a supplicare questa nostra dolcissima Madre secondo l'intenzione del Papa come s'è fatto ogni giorno durante la guerra, e insieme che il 24 del mese o la domenica seguente, tutta la gioventù che frequenta i Collegi, gli Ospizi. gli Educandati e gli Oratori di Don Bosco, sia invitata e debitamente disposta ad una Comunione generale per il buon esito della Conferenza per la pace. Affido ai Salesiani, alle Figlie di Maria Ausiliatrice e anche a voi, o zelanti Cooperatori, il fissare quelle norme che si riterranno localmente più opportune per rendere imponenti le proposte funzioni eucaristiche ».
Nel Santuario.
Sul principio dell'anno veniva donata al Santuario una reliquia del preziosissimo Sangue di N. S. G. C., estratta da quella venerata nella Cattedrale di Mantova, addì 11 ottobre 1886 per le mani stesse di S. E. Mons. Giuseppe Sarto, Vescovo di quella città, poi Papa Pio X di s. m.
Lietissimo dell'insigne acquisto, il venerato nostro Superiore Don Albera stabiliva che ogni anno si celebrasse nella Basilica la festa del Preziosissimo Sangue la prima Domenica di luglio, con l'esposizione della S. Reliquia, messa solenne e discorso. La festa fu celebrata la prima volta il 6 luglio scorso.
Agii Ascritti alla "Associazione„ di Maria Ausiliatrice
Commento allo Statuto dell'Associazione - in occasione del cinquantenario della erezione canonica - 1869-1919 (1).
V.
Come dobbiamo onorare Gesù Sacramentato.
La devozione a Gesù Sacramentato si può ridurre all'intervenire alla S. Messa, in cui Gesù si sacrifica per noi e si rende presente sull'Altare;
a riceverlo nella SS. Comunione e a visitarlo in Chiesa; ad accompagnarlo quando passa a benedire le nostre contrade o va a confortare qualche ammalato in pericolo di vita.
1) La Messa, lo sappiamo tutti, è il mezzo che Gesú scelse per darsi nuovamente a noi, e rimanere in mezzo a noi nella SS. Eucaristia, che istituì nell'ultima Cena; la Messa è la rinnovazione dell'ultima Cena, perchè nella Messa Gesù, per mezzo del Sacerdote, cambia il pane e il vino nel suo Corpo, Sangue, Anima e Divinità, per darsi intieramente a ciascuno di noi; la S. Messa è la rinnovazione del Sacrificio della Croce, perchè nella Messa Gesù, per mezzo del Sacerdote, si offre, come sul Calvario, a Dio Padre, per onorarlo convenientemente, per placare la sua giustizia offesa, per ringraziarlo dei benefici che ci ha fatto e ci fa continuamente, e per impetrarci le grazie di cui abbiamo bisogno. Quel Gesù che s'immolò per noi sul Calvario è quello stesso che s'immola nella S. Messa, sebbene sia diverso il modo d'immolarsi, perchè sul Calvario si offrì senza intervento di Sacerdote, mentre sull'altare si serve del ministero del Sacerdote; sul Calvario sparse realmente il suo sangue, mentre nella S. Messa non lo sparge che misticamente; ma è lo stesso sacrificio, poichè vi è la stessa vittima che è Gesù, e lo stesso Sacerdote principale che è ancora Gesù.
Perciò aveva ragione S. Giovanni Crisostomo di dire: «Tanto vale la S. Messa quanto il Sacrificio di Gesù in Croce (Serm. 48) ». Quindi la S. Messa è l'atto più grande di nostra Santa Religione, col quale noi diamo a Dio un'adorazione infinita e degna di Lui, gli diamo un ringraziamento infinito, una riparazione di valore infinito, e presentiamo a Dio Padre una supplica pure di valore infinito.
Perciò ascoltando la S. Messa noi, oltre a compiere un'opera la cui eccellenza non ha l'eguale, e meritarci le più elette grazie, noi facciamo cosa graditissima a Maria che vede i suoi figli dare a Dio il debito culto; e quindi disponiamo in modo efficacissimo il materno suo cuore a presentare a Dio le nostre suppliche e i nostri bisogni e impetrarci le grazie più elette.
2) Dopo la celebrazione della S. Messa, l'azione più grande e santa che un cristiano possa fare, è il ricevere Gesù nella SS. Comunione, perchè nella SS. Comunione Gesù si dà tutto a ciascuno che io riceve. Sul Calvario si immolò per tutti, nella S. Messa s'immola pure per tutti, ma nella S. Comunione si dà tutto a ciascuno in particolare, si unisce intimamente all'anima di ciascuno in modo da fare una sola cosa con lui. È questa da parte di Gesù una degnazione così grande che non avremmo mai potuto immaginare se gli non l'avesse fatta: « Io sono il pane di vita, cioè che mantiene la vita soprannaturale all'a nima; la mia carne è veramente cibo e il mio sangue è veramente bevanda... Ho ardentemente desiderato di mangiare questa Pasqua con voi... Prendete e mangiate: questo è il mio corpo; prendete e bevete questo è il mio sangue... »
E questa una cosa così sublime che noi non avremmo mai osato fare, se Gesù non ce ne avesse fatto un coniando e non ci avesse minacciato di escluderci dal Regno dei Cieli se noi non l'avessimo obbedito: « Vi giuro che se non mangerete la mia carne e non berrete il mio sangue, non avrete in voi la vita ».
Gesù quindi desidera ardentemente che lo riceviamo; e la Chiesa, interprete dei Suoi desideri, dice nel Concilio di Trento: - Sarebbe desiderio del Sacrosanto Sinodo che in ciascuna Messa i fedeli che l'ascoltano si comunicassero, non solo spiritualmente, ma sebbene con ricevere il vero Sacramento Eucaristico (Sess. XXI c. 6).
E ancora: - Il Concilio, animato da paterno affetto, avverte, esorta, prega e scongiura per le viscere della misericordia del nostro Dio, che tutti coloro i quali portano il nome di Cristiani, si sovvengano dell'amore infinito che ci ha dimostrato il nostro Dio, morendo per noi e lasciandoci la sua carne per cibo, e che vivano in maniera di rendersi degni di ricevere sovente questo Pane di vita eterna, che opererà in essi la vita e la santità dell'anima (Sess. XIII C. 8).
Ora, a nessuno più che a Maria SS. sta a cuore che noi sodisfaciamo i desideri di Gesù e della Chiesa; ed ecco come comunicandoci spesso e possibilmente ogni giorno, noi non solo facciamo l'opera più santa, ma in modo speciale compiacciamo Maria. E perchè? Perche nessuno quanto Essa ama Gesù e nessuno quanto essa desidera di veder sodisfatti i suoi desideri; perchè nessuno dopo Dio, ha tanto amore per noi quanto Maria, e nessuno conosce quanto Essa i beni che vengono all'anima nostra dalla Comunione ben fatta; e perciò, dopo Dio, nessuno quanto Essa desidera che ci comunichiamo sovente. Ecco quindi spiegato come Essa miri con occhio di speciale benevolenza chi si comunica spesso, e a lui, in vita e in morte, ottenga le più elette benedizioni.
Oltre la Comunione reale, abbiamo anche la Comunione spirituale, che consiste in un ardente desiderio di ricevere Gesù nel proprio cuore, e, non potendo riceverlo sacramentalmente, nel desiderare che venga in noi con la sua santa grazia. Questa Comunione si può fare in ogni tempo e luogo e tutte le volte che si vuole. Facciamola sovente, per tenerci uniti a Gesù e per fortificare in noi la vita divina, e Maria godrà quanto mai di vederci progredire nella santità.
3) Ma Gesù sta nell'Eucaristia solo per essere da noi ricevuto? Se così fosse, basterebbe che ci stesse al momento in cui ci comunichiamo. Invece la Chiesa ci insegna che ci sta giorno e notte, fino a che le sacre specie non siano consumate o essenzialmente alterate. E perchè ci sta? Per ricevere le nostre adorazioni e i nostri omaggi; per ascoltare le nostre preghiere ed esaudirci. Di là Egli ripete ancor oggi quel commovente grido:
Venite a me tutti Voi che penate e siete aggravati ed io vi ristorerò (Matt. II 26) ».
Riflettiamo: per poter presentarci ai grandi della terra bisogna fare molte domande e poi lunghe ore di anticamera; invece qui avviene il contrario. È Gesù che sollecita le nostre visite e aspetta che andiamo a Lui. Perché non esaudirlo? Nel giorno si fatano tante visite ai parenti, agli amici ecc., talora visite inutili e fors'anche pericolose; perchè non visiteremo Gesù? Andiamo a Lui e Maria sarà al nostro fianco per presentargli le nostre suppliche.
Qual'è la Regina che non desidera che il suo augusto figliuolo sia visitato ed onorato? Noi, visitando Gesù nell'Eucaristia, oltre un atto eccellente di religione, compiacciamo pure Maria, che non mancherà di proteggerci in vita e in merce.
4) In certe occasione dell'anno, specialmente nella festa del Corpus Domini, Gesù passa solennemente per le nostre contrade, per ricevere i nostri omaggi e benedire noi, le nostre case e le nostre campagne e dispensarci i suoi favori. Facciamoci un dovere d'intervenire a queste pubbliche dimostrazioni di fede, tenendo un contegno serio, devoto, esemplare.
Talvolta si sente un segno speciale di campana, che chiama i fedeli ad accompagnare Gesù, che va a confortare il cristiano in pericolo di vita, e si forma un piccolo corteo che passa per la via pregando. Potendo, non manchiamo di unirci anche noi, per far corteggio al nostro Divin Redentore.
Qualche altra volta ancora si sente un altro segno speciale di campana, che ci dice come Gesù è esposto all'adorazione, per un agonizzante che sta per lasciare questo mondo e passare all'eternità. E perchè, potendo, non ci riuniremo anche noi in chiesa, per implorare il divino aiuto a quell'anima?
In molte sere dell'anno si dà la benedizione col SS. Sacramento, e noi, potendo, andremo a riceverla; e, se non potremo prendervi parte personalmente, almeno al tocco della campana, che dice che Gesù benedice tutti: sospenderemo un tantino le occupazioni e diremo: «Sia lodato e ringraziato ogni momento il SS. e Divinissimo Sacramento. Vi adoro ogni momento, o vivo Pan del Ciel, gran Sacramento... Gesù mio, beneditemi e fate che non vi offenda mai più ».
Maria godrà di tutti questi atti di devozione a Gesù Sacramentato, e, come afferma Don Bosco, ci proteggerà in vita ed in morte.
GRAZIE E FAVORI (*)
TORINO. - 10-IX-1919. - Il mio Egidio colpito da meningite, infiammazione intestinale e itterizie, da circa venti giorni versava in tanto pericolo che il medico curante, perdute ogni speranza di salvarlo, lo dava come perduto.
Fiduciosa, mi rivolsi a Maria Ausiliatrice, sicura che la buona madre me l'avrebbe salvato. Com'ebbe ricevuti i conforti religiosi, incominciammo la novena consigliata dal Ven. Don Bosco, gli demmo a baciare una medaglia benedetta e la collocammo sotto il guanciale, e due ore dopo si vide un leggero miglioramento con grande meraviglia del medico non sapeva spiegare il fatto.
Alla fine della novena era fuori pericolo ed entrava in convalescenza.
In adempimento del voto, rendo pubbliche grazie alla Vergine SS. per la prodigiosa guarigione.
RICCA ROSA.
ROMA. - 2o-VIII-1919 - A Te, o gran Vergine Ausiliatrice, il ringraziamento e la riconoscenza di cento e cento cuori.
Non ancora riavute per la perdita d'una nostra cara consorella, la morte inesorabile, si affacciava di nuovo alla porta della nostra casa per fare un'altra vittima. La Direttrice fu colpita per la seconda volta di bronco-polmonite diffusa, con altre complicazioni. Da principio pareva che la malattia facesse il suo corso, quando, quasi repentinamente il male s'aggravò talmente da far supporre imminente la catastrofe. Il dolore di noi tutte e delle care orfanelle era al colino. Le preghiere alla Vergine Ausiliatrice erano incessanti, dì e notte ; non potevamo rassegnarci a tale perdita. L'inferma, nonostante ogni cura, continuava a peggiorare; e le si amministrarono gli ultimi Sacramenti, perchè, a parere del medico, aveva poche ore di vita. Ma quando l'arte umana aveva esaurito ogni suo potere e forte si faceva in noi il timore di perderla, la cara inferma sempre serena e tranquilla, passò la notte nella massima calma. Non appena giorno, venuto il medico curante, stupì a tal mutamento, visita e rivisita l'ammalata e dice con sodisfazione: «il pericolo è scongiurato, ha superato la crisi». La Vergine Ausiliatrice, la nostra cara Madonna aveva compiuto la grazia!
Le Suore e le alunne dell'Orfanotrofio di Gesù Nazareno.
FAENZA. - 19-VIII-1919. - Il 24 maggio 1914, giorno della dichiarazione della nostra guerra, fu per me una giornata memoranda pensando con trepidazione alla chiamata sotto alle armi dei miei due figli. Nello stesso giorno mi recai alla chiesa di S. Stefano qui in Faenza, ove si festeggiava Maria Ausiliatrice, dalla quale aveva ricevuto altre grazie, e con fervore la pregai di prendere sotto la sua protezione i miei figli, supplicandola di salvarmeli. Ed Ella mi ha esaudita; essi son ritornati in famiglia sani e salvi ! Questo lo debbo a te, o Maria, aiuto dei cristiani, a te che non ho mai pregato invano. Come da promessa invio una tenue offerta al Santuario, mentre imploro ancora sulla mia famiglia, la benedizione della nostra buona Madre Celeste.
MARIA R. DALL'OSSO.
ROSSIGLIONE LIGURE. - 24-VIII-1919. - Il 27 ottobre 1918 fui chiamata d'urgenza al letto della sorella che, a giudizio dei medici, versava in pericolo di vita. Prima ancora di partire dal convitto in cui dimorava, mi raccomandai a Maria Ausiliatrice e posi in Lei tutta la mia speranza. La buona Madre fu pietosa con me e mi esaudì. L'amata sorella, dopo una crisi dolorosa, guarì perfettamente.
Sia ringraziata da tutti la dolce Madonna dì Don Bosco, come io la ringrazio dal profondo del cuore, offrendo una tenue offerta per le Opere Salesiane.
SPRETO TERESA.
PAGNO (Saluzzo) - 29 - IV - 1918. - Da tempo era affetta da gravi e persistenti dolori di capo, che mi preoccupavano assai e mi impedivano di attendere alle cure della famiglia. Feci ricorso a Maria Ausiliatrice, cominciai una novena in suo onore colla promessa di inviare una modesta offerta al suo Santuario e di far pubblicare la grazia sul Bollettino, qualora ne fossi stata guarita. Non tardai ad accorgermi della materna bontà di Maria, poichè al termine della novena il mio male era completamente scomparso. Con animo pieno di riconoscenza e con sensi di sincera gratitudine verso la gran Madre di Dio adempio la promessa inviando al suo Santuario un'offerta, pregando di pubblicare la grazia ottenuta.
LINGUA MARIA TERESA, nata Fruttero.
BERGAMASCO (Alessandria). - 8-III-1919. - Grazie, o potente Ausiliatrice e protettrice di chi con fede ricorre a te! All'inizio di questa guerra due dei miei figli furono chiamati alle armi: in seguito anche un terzo. Angustiata e addolorata mi rivolsi alla Vergine Ausiliatrice, promettendo di fare una offerta al suo Santuario, se avesse protetto dai pericoli i miei figli e li avesse ricondotti sani e salvi in famiglia. La buona Vergine ascoltò la mia preghiera; li protesse continuamente sotto le sue ali materne; attraversarono momenti terribili; si trovarono spesso in gravissimi pericoli tra la vita e la morte: ma presto la loro presenza in famiglia attesterà la bontà e la protezione della Madonna di Don Bosco.
Con viva riconoscenza e gratitudine compio la mia promessa.
TESTA LUCREZIA Ved. BARBERIS.
CASTANO PRIMO (Milano). - 12-1-1919. -Rendo grazie infinite alla Vergine Ausiliatrice per averci ottenuto dal buon Dio una grazia segnalata.
Mio fratello Stefano, nel p.p. ottobre, venuto dalla fronte in licenza, già poco in salute; dopo pochi giorni che trovavasi in famiglia, venne colpito e subito gravemente da un malore interno. Il medico curante, sin dalle prime visite, disse esser grave il caso e poi quasi impossibile che durasse ancora 24 ore; perciò gli furono amministrati gli ultimi Sacramenti.
Addoloratissimi, i genitori e congiunti amaramente ne piangevano ornai la perdita; quando, da pia persona, mi venne suggerito di affidare il caro ammalato alla Vergine Ausiliatrice facendo la novena che consigliava il Ven. Don Bosco, e di mettere una sua medaglia sotto il guanciale con promessa di far pubblica la grazia.
Non lasciò la Vergine di Don Bosco inesaudite le nostre preghiere! Il caro fratello, dopo lunga an sia, andò a poco a poco migliorando, finchè acquistò la primiera salute; ed ora da un mese circa raggiunse il suo reggimento che trovasi nella conquistata Trieste.
Adempio la promessa fatta inviando una tenue offerta e invocando ancora la materna protezione della Taumaturga Ausiliatrice sul fratello graziato, su me e su tutta la famiglia.
GAMBARO ANTONIA.
MEDASSINO (presso Voghera). - 25-1-1919. - Ai primi del decorso novembre la giovinetta Barbieri Angiolina si ammalava, colpita da nefrite, pleurite, ed altre complicazioni così gravemente, che il medico disperava di salvarla. La malattia si svolgeva con sintomi talmente allarmanti, che non si nutriva più speranza di guarigione per la cara fanciulla. Ma si fece la novena ed una promessa alla Madonna Ausiliatrice, che se si fosse ottenuta la guarigione, la sua mamma avrebbe fatto un'offerta per la Chiesa dedicata alla nostra buona Madre Auxiliuon Christianoruron; e la nostra cara ammalata potè, coll'aiuto del Signore e la protezione della Madonna, guarire della sua terribile malattia, ed ora è completamente guarita. Riconoscentissima a Maria Ausiliatrice, adempie per mezzo mio la promessa.
NASSANO CARMELINA.
PORTO S. ELPIDIO. - 14 - IV - 919. - Cappellani Agostino di anni 70, profugo di guerra della Prov. di Treviso, nell'ottobre u. s. aveva superata la febbre spagnuola e si era rimesso, quando si accorse che la gamba destra si gonfiava. Chiamato il medico (il dott. Alfonso Mastrogiovanni, Capit. Medico) ed esaminata la parte ammalata, dichiarò trattarsi di flebite e impose un'assoluta immobilità. Il malore però andava terribilmente aumentando. Il Cappellari si vedeva perduto, provvide alle cose dell'anima e apettava la fine. La famiglia, insieme coll'ammalato, per consiglio di persone amiche, iniziò una novena alla B. V. Ausiliatrice con l'aggiunta di un Pater Ave e Gloria al Ven. Don Bosco. Il secondo giorno della novella il gonfiore che andava terribilmente progredendo, incominciò sensibilmente a diminuire fino a scomparire del tutto. Ora sta bene e ha ripreso le sue solite passeggiate con stupore di tutti e dello stesso medico curante.
Siano grazie infinite alla Regina potente che visibilmente e generosamente aiuta i suoi divoti
ERMINIA SAVI.
MONCALIERI. - 16 - III - 1819. - Dopo un anno di progressiva convalescenza, prendo la penna per narrare a gloria di Dio e della V. SS. Ausiliatrice un segnalato favore ottenuto pel patrocinio del Ven. Don Bosco ad un caro giovane il quale con suo molto gusto negli anni di sua adolescenza veniva ogni mattina a servire la S. Messa. Arrivato questi ai diciannove di sua età ed arruolato nel 1917 in fanteria in preparazione agli acerbi cimenti per la Patria; dopo alcuni mesi di esercizio, svoltasi bruscamente nel suo fisico la risipola, potè fortunatamente esser curato dall'affetto dei cari genitori e in breve si riebbe. Ma in capo ad alcuni giorni cadde dolorosamente per galoppante nefrite che in settimana lo portò all'orlo della tomba, tanto che il medico di cura ritornando per la visita il giorno seguente, erasi già preparata la fede di decesso da consegnare ai parenti per l'uffizio di stato civile. Quando si corse ad avvertire me, io ero assente ed urgeva l'amministrazione dei Sacramenti. Tornato, volai e trovai i genitori e parenti tanto costernati che non sapevano in alcun modo rassegnarsi ad una tanta perdita, essendo il primogenito e di svegliato ingegno, laborioso, e di edificazione in famiglia. Commosso dai loro gemiti, li esortai a confidare con sicurtà nella protezione di Maria Ausiliatrice promettendo, di loro accordo, di far pubblicare sul Bollettino Salesiano l'insperata guarigione, ottenuta per l'intervento del santo suo Servo, il Ven. Giovanni Bosco, appena fosse scomparso l'ultimo pericolo di ricaduta, e di andare, in ringraziamento, a celebrare una santa Messa sul venerato suo Sepolcro in Valsalice, servita dal carissimo giovane tanto benignamente graziato. Come già dissi, il medico fu con sua sorpresa contento e meravigliato di constatare arrestata la corsa della terribile malatia, e, con molta attenzione e cura continuò ad assisterlo finchè non gli parve fuori di pericolo.
La messa celebrata sulla tomba del Venerabile il 10 maggio 1918 fu vera garanzia di sempre rassicurante miglioramento, dimostrato dagli eventi, perchè il graziato Tommaso, convalescente ancora, richiamato nuovamente al servizio militare non solo non ricadde ma ebbe completa guarigione e ora è in buona salute e forza rigogliosa. Per cui e votante e graziato con l'esultanza e col più vivo affetto di ringraziamento adempiono in presente alla promessa di rendere tal grazia pubblica sul caro Bollettino, che narrando a tutti i segnalati favori di Maria SS. riafferma, riconforta, trascina ai piedi della Vergine Taumatugra chi lotta fra le tormentose e luttuose vicende di questa valle di lagrime.
Il Cappellano : Sac. DOMENICO BRUSA. Il Graziato : MARTINI TOMMASO.
CAVAGLIO D'AcOGNA. - 24-II-1919. - Il mio Giuseppino, di quattro anni, ammalò di broncopolmonite. Dileguata ogni speranza, privo dei sensi, era prossimo a morire. Il dottore ci disse che non avrebbe passato la notte. Fu allora che la zia Elisabetta mise al collo del piccino una medaglia di Maria Ausiliatrice e una reliquia del Ven. Don Bosco, mentre il nonno accostandosi al letto, proruppe in queste parole: « O Maria SS. Ausiliatrice, o Venerabile Don Bosco, se mi fate guarire il caro nipote, mando un'offerta al vostro Santuario di Torino, con la promessa di pubblicare la grazia sul Bollettino Salesiano ». Oh! prodigio! il bambino si addormentò; dieci minuti dopo aperse gli occhi e con stupore di tutti cominciò parlare liberamente. Il pericolo era scomparso. Dopo breve convalescenza riacquistò perfetta salute. Il medico curante attribuisce, come noi, il repentino miglioramento ad una specialissima grazia celeste. Che il caro figliuolo cresca degno di tanta benedizione di Dio!
GIovANNI CATTANEO.
Ottennero pure grazie da Maria SS. Ausiliatrice e alcuni pieni di riconoscenza inviarono offerte per la celebrazione di Sante Messe di ringraziamento, per il nuovo Santuario dei Becchi, per le Missioni Salesiane o per altre opere di D. Bosco, i seguenti:
A) - A. G, di Trento, Aghemo A., Alberti G., Aliadio M., Allegra di V., Almgi Z., Amantea M., Anfossi L., Antoniazzi C., Appendino M., Artese R., Artuffo A., Attina G.
B) - B. M. B. di Morbegno, B. T. di Riva di Chieri; Badalamenti G. L., Bagnaresi T., Bagnasacco L., Balena D., Bancod A., Barbera C., Bariaschi A., Barmettez E., Baron G. M. Cooperatrice Salesiana, Bartesaghi M., Belgrano C., Bellingardi M., Benassi C., Benedetti C., Bergamaschi B., Berlato C., Berci B,, Bertaina G., Bertola R., Bertane L., Bessolo T., Bianchi O., Bianchi R. v. Abbiati, Biandrate L. in Giglio, Bigatti C., Bigallo N., Boano M., Bobbio T., Bolla G., Bonelli Suor lVI. novizia delle Figlie di Maria Ausiliatrice, Boschi A., Bosisio C., Bosso A., Bosso M., Brambilla G., Branche C., Braziano M., Brizzolara E., Bruno B., Bruno C., Buffa C., Buora V., Busti N.
C) - C. A. Cooperatrice Salesiana di Torino, C. D. Cooperatrice Salesiana di ***, C. D. di Arona, C. M. di Portobuffolé, Calegari G. B. Salesiano, Calini G. in Dattilo, Camardi M. in Fisauli, Cammarata ch. G., Campora L. in Mombello, Cantarinì A., Caravasio R., Carena A, in Savoini, Carli I., Carosso G., Castellano A., Castro Suor T. direttrice nella R. dell'Honduras, Cattaneo L., Cattaneo M. in Fornara, Cattelano C., Cazzola di G., Celio G., Cerrato Famiglia, Chetto T., Cigezza A. in Bessi, Cigala L., Ciotti M., Cobetta V. e G., Coi R., Colombo A., Condurite L., Contu M. in Cadoni, Cooperatrice Salesiana di ***, altra di Omegna, Cosenza C., Costa T., Costadone G., Cotti M., Crescini A.
D) - D. S. di Villanova Monferrato, Dalla Pozza P., Dal Negro C., Damaso R., De Antonis G., Decianí Contessa S., Dedi L., Delpiano C. v. Casavecchia, De Martin M., De Rocchi E., Destefanis F. in Montaldo, Divina di G., Drago M.
E) - E. O. C. cooperatrice salesiana di Ghilarza.
F) - F. F. di Alessandria, F. P. di Senigallia, Falcione F., Famiglie Bauchiero, Cercato, Mussio, Pellegrini, Ricchini, Torta, Fanari R. in Casu, Fasciolo A., Ferrari C., Ferrari G. Figlia di Maria Ausiliatrice di Falicetto, Figlie di Maria Ausiliatrice e Orfanelle di Gesù Nazareno di Roma, Finocchiaro, Fiorio A., Fisicaro A.. Forti C. in Tarantola, Franceschinis I., Francia A , Franco d. G., Fresia G., Fronti I. in Gasio.
G) - G. C. di. Valle Mosso, G. F. B. di Legnago, G. G. di Torino, G. M. C. cooperatrice salesiana di Ghilarza, G. N, G. Cooperatrice Salesiana di Spormaggiore, G. R. di Nizza Monferrato, Gaggino T. in Lombardo, Gagliardi S., Galanti B., Galli G., Gallo G., Gamba Edvige nata Borgo, Gambuzzi di V., Gandino A., Garbarino P., Garbarino T., Garberi G., Garbisa M., Garelli O., Gargatagli B., Garoglio V., Gasparini C., Gasparini L., Gasparolo C., Gastaldi N., Gattoni V., Gaudio B., Gavina R., Gedda di M., Genestroni E., Gerboldo C., Gerletti M., Ghetti Q., Ghioldi G., Ghione C., Giaccheri A., Giambusso A., Giardelli L., Gilardini C., Ginocchio Caterina in Badino, Giovanetti A., Girelli C., Giromini P., Guidetti C. in D'Eredità, Giudice B., Giudicini C., Gobbo C., Gogiio S., Goletta A., Gonella P., Gorgerino M., Graglia B., Grassi E., Grassi G., Grigoletti N., Gritti G., Grosetti P., Guarinoni S., Guasti C., Guerrini A., Guglielmetti T., Guglielrnotti Q., Gugliucci P., Gulli M., Gusinani G., Guzzoni P.
I) - I. I. di Morano sul Po, Iacood B., Increta A., Innocenti R., Invernizzi S.. Isacchi G., Isnardi D., Isola mons. C. F. can. di Albenga, Ivaldi B., Ivaldi L.
L) - L. A. di Champorcher, L. T. di Lugagnano in Val d'Arda. Larusso suor A. L., Lemasson L., Lissoni G., Lo Giudice C., Lomagno M., Lombardi G., Lombardi I., Lombardi P., Longa A., Lorello S., Loviselli T,
M) - M. E. di Santulussurgiu, M. G. di Valenza Po, M. V. cooperatrice salesiana di Padova, Maggi B., Maggio P., Magnano A., Magrassi V., Magrotti E., Maina G., Majo A., Malesani L., Manias C., Manca A., Manca L., Mandolari R., Manfredi Suor Carolina, Mannelli M. in Lemmi, Mapelli M., Marcanzan G., Marchetti A. in Mistè, Marenghi B., Margiaria M., Marini A., Marongio B., Marras R. in Sanna, Martinet C., Martinelli O., Maruzzi B., Marzi M., Mascanzoni O., Masin C., Massa E, in Gazzaniga, Massara B., Massari L., Massironi S., Mastalli B., Math C., Mazza G., Mazzolini E., Meardi M. in Mazzarelli ex educanda dell'Istituto Immacolata in Novara, Mecenero C., Mele A., Meloni M. Cooperatrice Salesiana, Melico F., Meneguzzo P., Mereu A., Merlino L., Mezzullo B., Micheli A., Michelotti A., Migliori C., Milanesio A., Milano V., Minasso A., Miscio G. insegnante, Mocchi E., Mocci A., Moggio B., Mombelli S., Moncada R., Montegrosso M., Monti G,, Monzoni A., Morassi C., Morassi T. in Ferlosio, Moretti DI , Moretti M., Morganti T., Mori L., Morini A., Mosca G., Moschini E., Mosconi V,, Mottura IVI., Mucci A., Muccio L., Mularoni P., Muleddu G., Murari C., Murari O., Musmeci A., Muzio L.
N) - N. A. F. di Torino, N. R. di Torino, Natoli A., Negretti D., Neri M., Novelli G., Norci C.
O) - Oddone P., Oddone B., Olezza A., Oliveri c. d. G., Oliveti C., Omodei A., Orlandi B., Orsi P., Orsicini A., Ottolenghi M.
P) - P. A. di Langosco, P. C. M. di Moncrivello, P. E. cooperatrice Salesiana di Milano, P. G. di Sannazzaro de' Burgondi, P. M. di Torino, P. R. di Messina, P. T. di Brusasco, Pagliaro A., Pallavicini L., Palma, Panero S., Papa 1\\1. in Manerba, Parisi E., Pascis G. in Loddi, Pasini T.; Passoni L.. Passuello C., Pastori M., Pavaziliti F., Pazzini L., Pazzini T., Pellanda A., Pellegrin B., Pelleri G., Pellisco T., Pellizzetti L., Penso G., Perazzola B., Pericoli C., Peroni S , Perono D., Peruchon A., Perruquet A., Perusi L., Pessina F., Pezzati M. Piccoli B., Pie persone di Aulla, Avigliana, Borgo Lavezzaro, Borgomanero, Bova Marina, Brisighella, Celasca, Castelnuovo Calcea, Castelnuovo di Garfagnana, Confienza, Cordignano, Lanzo Torinese, Lugano (Svizzera), Maccagno Inferiore, Maratea, Mathi, Nizza Monferrato, Orbassano, Oulx, Ozzano Monferrato, Parma, Piacenza, Pisa, Pontremoli, Roma, San Bonifacjo di Verona, Senago, Valguarnera Caropepe, Veruno, Pilone C., Pilone d. G., Pinna C., Piras B., Piras E., Pirovano A., Pirovano L., Piscedda G., Po C., Poggi C., Poggi N., Polastri C. mae,.tra, Pollara M., Polo S., Ponzano G., Porlezza D.. Porsu A., Pozzali O., Pozzali A, ed AI., Pozzi G., Preti E., Prevosto G., Priaudaca V., Pronzato L., Provera D., Puglisi A.
Q) - Quagliotti A., Quagliotto S., Quaranta B
R) - R. F. di Bruzolo soldato, R. F. di Moncrivello, Rabino G., Raeli B., Raffaglio M., Ragazzo G., Raimondi A., Raspini O., Ravizza C., Razzoli C., Razzoli F., Razzoli I., Radaelli R., Reforgiato B., Regis C., Regna N., Renzi O., Revino S., Riccabone P., Riccardi L., Ricchini L., Ricciardi F., Ricciardi F. in Gentili, Righetti P., Righetti T., Righetti U., Rigosi A., Rigotti M., Rivelli C., Rivotti C. in Balagna, Rizzi D., Rizzo G., Rizzo I., Rizzo N., Rizzo P., Rizzonelli d. P., Robba B., Robbiano A., Rocco B., Rodighiero L., Rosina G., Rossi Baronessa P. in Giustiniani, Rossi L., Rossini L., Rovere M.
S) - S. B. E. C. di Cavour, Saluzzo p. F. degli Scolopi, Salvatrice A., Sani B., Santuz M., Sartirana Carolina, Savio E. in Levis, Scansetti G., Scapini M. in Redi, Scarsi A. in Briata, Schina C., Scibetta C., SconteA., Scotti G., Serena Comm. A., Sereno M., Serra A., Sibona A., Simondi G., Sirnoni M. in Divina, Sorelle Besnati, Sidoli, Vantini, Sorrentino C. in Messina, Spagnol L., Sticca M., Stoppino A., Suor Serafina, Suor Vincenza, Suore della Visitazione di Arona.
T) - T. A. di Ivrea, T. P. di Riva di Chieri, Taccolle G., Tallachini I. in Regazzoni, Tambolleo P., Tesio L., Tonello C. in De Pol, Tononi L., Tosi G., Traverso L., Trizzino I., Tropici G., Turlà I. cooperatrice salesiana.
W) - Weber M.
V) - V. G. M. di Valmacca, Vacheri T., Veris C,, Viale L. d. Vittoria, Vittuz V., Volpi L. cooperatrice Salesiana.
Z) - Zacco Nigra Ernesta, Zanini T. in Fabris, Zandonini L., Zanotti B , Zille M., Zonini S., Zorzella M., Z. F. di Almisano.
DEVOTO OMAGGIO
L'Eminentissimo sig. Card. Agostino Richelmy, veneratissimo Arcivescovo di Torino, con motu proprio di S. M, il Re venne insignito del Gran Cordone dell'Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro per le alte benemerenze acquistate durante la guerra con l'esercizio della più pura ed ardente carità.
Nelle corsie degli ospedali Egli passò come angelo consolatore... Nelle caserme la sua parola echeggiò come mistica voce di lassù... Nel tempio fu l'interprete fedele di tutto un popolo invocante la salvezza dei figli combattenti, la vittoria della patria... Nelle solennità civili apparve come una benedizione, come una promessa dell'aiuto di Dio alla fortuna d'Italia (1).
Il 28 agosto, sacro a S. Agostino, con unanime plebiscito di affettuosa devozione i Torinesi si congratulavano con l'Eminentissimo Pastore per la meritata onorificenza. Noi, facendo eco dall'intimo del cuore alla imponente dimostrazione filiale, rinnoviamo all'Eminentissimo l'omaggio dei nostri voti quotidiani secondo le sue anguste intenzioni, e invitiamo i Cooperatori a unirsi a noi in devota preghiera il 28 corrente ottobre, 33° anniversario della Episcopale Consacrazione di Sua Eminenza.
(1) Cfr. Francesco Grand Jean: L'opera del Cardinale Agostino Richelmy, Arcivescovo di Torino, per i soldati ed i profughi italiani durante la guerra 1914-1918.
Nel paese di Gesù.
Ci gode l'animo di recare a conoscenza dei benemeriti Cooperatori, che, malgrado le conseguenze della guerra e la situazione difficilissima creata dalle passate requisizioni militari e civili, le Case Salesiane della Palestina vanno tutte risorgendo a nuova vita.
A Betlemme, in questo mese, si riaprirà l'Orfanotrofio Cattolico di Gesù Bambino. È grande
il numero dei fanciulli, i quali, col miserabile loro stato, più che con le parole, domandano d'essere ricoverati. Il maggiore o minor numero d'accettazioni dipenderà dalla maggiore o minor quantità di mezzi che c'invierà la carità dei gentili Cooperatori. Qualunque cosa sarà ricevuta con riconoscenza: particolarmente letti, materassi, lenzuola, abiti, pezze di stoffa, calzature, e denaro per poter accogliere, vestire e mantenere gli orfanelli. Si tratta dei piccoli compatrioti di Gesù, o buoni Cooperatori, e noi speriamo che per la novena e per le feste di fidatale un buon numero di alunni raccolti nell'Orfanotrofio potrà riprendere l'usanza di recarsi ogni giorno alla Basilica della Natività a pregare per i loro benefattori.
Al più presto si riattiverà anche lo studentato di Cremisàn per la formazione di nuovo personale, e quanto prima verranno riaperte le porte dell'Orfanotrofio di Gesù Adolescente a Nazareth a un altro gruppo di orfanelli.
Le Scuole di Gerusalemme e di Giaffa, riattivate fin dallo scorso anno scolastico, si allieteranno nel nuovo di un maggior numero di alunni. La Scuola di Giaffa promette un grande sviluppo: è frequentata e stimata anche dai musulmani.
Similmente la casa di Beitgemal, l'unica che potè affrontare la bufera della guerra malgrado le continue perquisizioni e devastazioni, dovute all'occupazione in cui fu tenuta da centinaia di soldati turchi, continuerà a risorgere, destinata esclusivamente a Scuola Pratica di agricoltura. La formazione di buoni agronomi, capaci di praticare e diffondere la coltura ragionale dei campi, è uno dei bisogni più urgenti della Palestina.
Di pari urgenza, anche per il prestigio nel nome cattolico, sarebbe una Scuola industriale moderna, che abbiamo in animo di aprire in Gerusalemme, nella località detta di Ratisbonne. Mentre si accentua l'operosità degli ebrei, dei protestanti e de' scismatici, è un dovere morale per il buon nome dei cattolici in Terra Santa e per i bisogni delle famiglie cattoliche, l'avere una scuola dove possano i loro figli dedicarsi all'apprendimento dei rami principali dell'industria moderna senza pericolo di perder la fede.
Questi sono i propositi, queste le speranze dei Salesiani a favore del Paese di Gesù, ove ci assista la carità dei Cooperatori. Noi torniamo ad implorarla vivamente.
TRA I FIGLI DEL POPOLO
BORGO S. MARTINO. - FESTA DI S. LUIGI E IMPONENTE CONVEGNO GIOVANILE. - La domenica 27 giugno preceduta da un triduo di predicazione-dialogo, si celebrò nell'Oratorio Salesiano con grande solennità la festa di S. Luigi. I giovanetti parteciparono tutti alla Comunione Generale ed ebbero un'abbondante colazione. Intanto giungeva da Occimiano un centinaio di altri giovani, che nell'ascoltare la S. Messa si accostavano anch'essi alla Mensa Eucaristica e poi si recavano in gita sulle sponde del Po.
Sul mezzogiorno arrivò da Conzano un'altra comitiva di cento fanciulli, accolti festosamente dai Superiori e dagli alunni del Collegio. E la festa raggiunse il suo pieno sviluppo nel pomeriggio, quando, alle suddette, si univano altre comitive di giovani provenienti da Giarole, Frassineto, S. Maria del Tempio, Ticineto e Valmacca, guidati dai loro Curati.
I cortili dell'Oratorio e del Collegio furono invasi da tutta quella schiera festante, e, scambiati brevi saluti, s'ingaggiarono subito interessanti gare di fool-bal e contemporaneamente si svolse un'interessante corsa ciclistica sul percorso BorgoValenza-S. Salvatore-Borgo. Alle squadre e ai campioni vincitori vennero assegnati ricchi premii in bandiere e medaglie d'argento.
Terminate le gare, in lungo corteo, preceduto dai fiammanti vessilli, si andò alla chiesa parrocchiale per la processione di. San Luigi, cui intervenne anche tutta la popolazione. Prima del panegirico venne comunicata la, benedizione di S. Ecc. Rev.ma Mons. Albino Pella, Vescovo di Casale, e letto un indirizzo a Sua Santità; e, ricevuta la benedizione, la balda schiera di circa 50o giovani si riversò nell'Oratorio per assistere a un trattenimento teatrale dato dai soci del « Savio Domenico ».
La memoranda giornata si chiuse con una serie di fuochi pirotecnici, dopo di che i giovani convenuti tornarono allegramente ai propri paesi.
- CARE DIMOSTRAZIONI GIOVANILI. -- Il riferito convegno maschile era stato preceduto da un altro non meno affettuoso e solenne il giorno stesso di Pasqua.
Anche le Figlie di Maria Ausiliatrice dello stesso paese, il giorno 21 aprile, avevano la soddisfazione di accogliere un bel nucleo di fanciulle e giovanette tra cui le alunne della sig.na Mazzone di Casale, le Oratoriane di Conzano, guidate dalle ottime Figlie di S. Vincenzo, e le Oratoriane di Giarole accompagnate dalle Figlie di Maria Ausiliatrice. Nel pomeriggio si raccoglievano tutte, unitamente alle Oratoriane di Borgo S. Martino, nel teatrino dell'Oratorio, dove dopo lo scambio di affettuosi saluti da parte delle varie squadre, le alunne dell'ottima sig.na Mazzone intrattenevano le numerose amiche col brillante dramma allegorico: Il genio della Patria. Finitolo spettacolo, si formò il corteo d'oltre 300 fanciulle e si andò alla chiesa parrocchiale. Quivi il Direttore del Collegio San Carlo intrattenne efficacemente le convenute, esortandole all'unione, alla fratellanza, additando a tutte ad esempio di fortezza e di coraggio cristiano la Beata Giovanna d'Arco. Impartita l'Eucaristica Benedizione, il convegno si sciolse lasciando le più grate impressioni.
VARAZZE.- - ALL'ORATORIO SALESIANO « B. GIACOMO ». - Togliamo dal Le timbro alcuni punti d'una bella relazione sulla nuova vitalità impressa all'Oratorio Festivo, intitolato al Beato Biacomo, aperto dai Salesiani a Varazze dopo la famosa campagna.:
E' un'attività nuova che si è presa a svolgere, un rifiorire di sport e di ginnastica, una manifestazione pratica di vita cristiana e vita cristiana giovanile. Ecco in rapida sintesi quello che si è fatto in questi mesi.
L'ultima domenica di giugno si celebrò la festa di S. Luigi Gonzaga, e dopo quattr'anni il nostro spirito era nuovamente allietato dallo spettacolo della processione tutta caratteristica che ebbe luogo per le vie della città. Non confraternite, non donne, non uomini, ai quali l'età matura ha reso più facile e più spontanea la manifestazione del bene, parteciparono ad essa; ma turbe di bimbi, schiere di giovani, e tutta la gioventù maschile di Varazze, che affermò col suo contegno e coi suo raccoglimento la pietà e i sentimenti cristiani dai quali è animata e che dall'esempio dell'angelico giovane trarrà forza e coraggio per condurre una vita cristiana e pura contro le seduzioni di male e di peccato che purtroppo anche la nostra città comincia a presentare. Speciale ammirazione destava il gruppo dei paggi, elegantissimamente vestiti in costume, che attorniavano la statua del Santo, portata dai soci del Circolo « Virtù e lavoro ».
La domenica 6 luglio la borgata «Pero » fu mèta a una passeggiata degli oratoriani, che, dopo la funzione religiosa nella chiesa parrocchiale, furono serviti di abbondante e squisita merenda. La schietta allegria che regnò, alimentata anche dalle note della incipiente fanfara, faceva ricordare le escursioni del Ven. D. Bosco coi suoi birichini sulle colline di Torino e del Monferrato.
Il 13 si celebrò la festa del «Beato Giacomo da Varazze », sotto la cui protezione è posto l'Oratorio, e si chiuse con uno svariato ed interessante programma cinematografico, al quale parteciparono anche i parenti degli oratoriani.
La terza domenica fu inaugurato il Circolo S. Tarcisio, il martire della Comunione. Fu una festa di bambini che rievocò, nelle dolci funzioni della chiesa, le commozioni della prima comunione. Colla istituzione del nuovo circolo i Salesiani intendono, come è detto nel regolamento, di conservare nei soci il frutto della prima Comunione e preparare una gioventù sana e forte per le nuove lotte che la attendono.
E come tener dietro alle numerose gare svoltesi tra i soci della nuova squadra sportiva di foot-ball
« Cristoforo Colombo »? Mi accontento di accennare all'inizio del torneo che ebbe luogo domenica 27 luglio e che continuò nelle feste seguenti. I vincitori ebbero artistiche medaglie.
A compimento e degna corona di tanta attività, l'ultima domenica di luglio fu destinata a celebrare la festa del S. Cuore di Gesù, festa dell'amore e della riconoscenza. Fu preceduta da un triduo con fervorino e benedizione. Numerosa la S. Comunione del mattino. Ma la parte suggestiva della festa, fu la sera, con l'ora di adorazione, che ebbe luogo dopo il catechismo.
La festa si chiuse con una rappresentazione eseguita magistralmente dal Circolo Filodrammatico « Ven. Giovanni Bosco », che nelle seguenti domeniche tornò a donare alla colonia balneare trattenimenti attraenti e morali nel teatrino dell'Oratorio, e sempre con programma vario e attraente.
NEGLI ISTITUTI DELLE FIGLIE DI MARIA AUSILIATRICE
SCUTARI (Albania) - LE FIGLIE DI MARIA AUSILIATRICE che prima della guerra avevano tre case a Scutari d'Albania - un orfanotrofio con 7o bambine albanesi, fondato nel 19o7; un ospedale di 35 letti per poveri vecchi d'ambo i sessi aperto nel 1913; e un ospizio con 25 letti fondato nel 19o9 - ad invito del Comm. Schiapparelli,. Segretario Generale dell'Associazione Nazionale per soccorrere all'Estero i Missionari Cattolici Italiani son tornate a riattivare le opere interrotte dalla guerra.
Partite da Roma il 5 febbraio p.p., s'imbarcavano a Brindisi e sbarcavano a Valona, ove, per ordine del Ministero, furono ospiti dell'Ospedale Civico, in attesa di piroscafo per proseguire. Il 29, su piccolo vapore, proseguirono per S. Giovanni di Medua e di là, su di un camion, partivano alla volta di Scutari il 23 febbraio. Pericolosa la traversata della Boiana che dovettero fare su di una passerella, poichè il ponte era stato fatto saltare nella ritirata austriaca.
Giunte a Scutari trovarono l'Orfanotrofio convertito in Ospedale militare italiano, l'Ospedaletto infetto e privo affatto di mobiglio, e l'Ospizio abitato da 24 orfane e 5 vecchie, mantenute dalla carità dei cristiani.
Dopo alcuni giorni di permanenza nell'Orfanotrofio, dove dal Capitano medico ebbero a disposizione una sala con lettini da campo, passarono all'Ospizio e ripresero a poco a poco l'opera loro.
La simpatia con la quale furono accolte è grande. Ne fu bella prova la festa di Maria Ausiliatrice celebrata con l'intervento del zelante Arcivescovo che amministrò la S. Comunione a tutte le orfanelle e ad alcuni soldati italiani.
La 1a domenica di giugno nello stesso Ospizio (essendo l'Orfanotrofio ancor adibito ad Ospedale Militare Italiano) ebbe luogo un riuscitissimo trattenimento musico letterario. Vi convenne tutto il fior fiore di Scutari.
Erano presenti: del Clero S. E. l'Arcivescovo Mons. Giacomo Sereggi col Segretario Mons. Bushati, il sig. Parroco D. Pietro Gjura, il Rev. P. Tusha, P. Nikai, P. Ferrario dei Gesuiti, ed altri; del Laicato, il Maggiore dei Bersaglieri sig. Molinero facente funzione di R. Console Italiano, il Capitano Medico di Marina, il Capitano Mignani Direttore dell'Ospedale Italiano, il Tenente Medico sig. Pignattaro, il Tenente Silvestri, il Capitano Castaldi e molti altri ufficiali e soldati italiani, alcuni dei quali, dispiacerti di non poter intervenire per cause impreviste, mandarono la
loro adesione. Anche il ceto femmnile era ben rappresentato: accorsero la signora Melgushi e signorine, le signore Mugiani e famiglia, la signora Ciobba e famiglia, e moltissime altre.
Al piano stesso dell'ingresso era stato improvvisato un palcoscenico; il salone era pavesato con bandiere italiane e albanesi: fra ceppi di verde e di fiori si leggevano dediche a Maria Ausliatrice con invocazioni di benedizioni sui benefattori e sui protettori dell'opera provvidenziale.
Alle 5 1/2 ebbe principio il trattenimento. Maria Ausiliatrice dal suo quadro senza cornice, devastato dalla furia della guerra, campeggiava sorridente e bella, sopra una roccia artisticamente improvvisata fra palme e fiori. Sedeva al pianoforte la sir.na Melgushi Erinnia, figlia del 1° Dragomanno al R. Consolato Italiano.
L'accademia fu breve, ma graziosa: ammiratissimo il quadro finale, rappresentante l'Italia che protegge la giovane Albania, prostrata ai piedi di Maria Ausiliatrice. L'intreccio dei colori con le bandiere delle due nazioni accresciuto da luci di bengala rese così incantevole il quadro che tutti ne furono ammirati.
Il trattenimento si chiuse con la Marcia Reale e l'Inno Albanese, fra le più vive congratulazioni dei presenti alle Suore ed unanimi parole di encomio al Ven. Don Bosco e all'Opera Salesiana.
In Italia.
BIELLA. - I PRIMI FRUTTI della Parrocchia di S. Cassiano, affidata l'anno scorso ai Salesiani, si raccolsero abbondantemente la domenica 3 agosto, quando si distribuirono i premi agli alunni e alle alunne che frequentarono assiduamente le lezioni di catechismo.
Per le alunne si fece una festa a parte, e più di cento furono le premiate, in un intreccio di canti, suoni e spigliate declamazioni. Il parroco si disse sodisfatto del frutto raccolto, di cui va gran lode alla corrispondenza dei genitori, che si fecero un dovere d'inviare costantemente la figliuolanza al catechismo.
Il rev.mo Mons. Can. Tarello, Vicario Generale, che presiedeva la festa, facendo eco alle parole del parroco, rilevò la necessità e l'importanza dello studio della dottrina di Gesù, bene augurando a sempre più copiosi raccolti per il bene spirituale e materiale dei parrocchiani di S. Cassiano.
CATANIA. - UN'ALTA PAROLA DI PATRIOTTISMO E DI RICONOSCENZA. --- Con questo titolo leggiamo nella Tribuna di Roma del 21 giugno, che il 17 dello stesso mese « nel grande atrio dell'Oratorio Salesiano San Filippo Neri, alla presenza di un pubblico numerosissimo, nel quale si notavano le principali autorità politiche e civili, un elettissimo stuolo di signore, e con l'intervento di S. E. il Cardinale Francica Nava, il Canonico cav. Agostino Crocetti, valorosissimo soldato della fede quanto delle armi, ha tenuto una conferenza dal titolo: « Opere d'Amore ». Il grande oratore, ascoltato religiosamente, - prosegue il citato giornale - tenne viva l'attenzione del pubblico per oltre un'ora, con parola smagliante, affascinante, suadente, intrattenendosi sull'opera immortale di Don Bosco, fondatore dei Salesiani in rapporto alla cura ed alla educazione dei fanciulli. L'oratore, che sa bene astrarsi e conoscere le piaghe i bisogni del inondo reale, ha fermato la sua alta parola sui doveri che abbiamo di proteggere e di educare gli orfani dei nostri combattenti, i quali dovranno essere i futuri cittadini, i futuri soldati della nostra gran Patria, che la salveranno dalle tendenze dissolvitrici, che purtroppo vanno facendo sì larga strada. Con commosse parole evocò gli ultimi momenti dei nostri valorosi soldati, dei quali a viva voce raccolse gli estremi aneliti, nei quali unica era la voce, il pensiero, non comune, alla moglie, alla madre, ai figli che lasciavano. E quindi ha esortato tutti di concorrere alla grande opera di riconoscenza per chi per la patria sacrificò la propria vita. Il canonico Crocetti, che durante la magnifica orazione era stato sovente applaudito, alla fine raccolse le unanimi approvazioni dei presenti. La bella indimenticabile cerimonia si chiuse, come era stata iniziata, al suono dell'inno reale. »
PARMA. -- UN'ASSOCIAZIONE DI DEVOTI DELLA MADONNA, INTITOLATA A MARIA AUSILIATRICE.
- Un rev. Padre Cappuccino ci scrive:
Nella nostra Chiesina di Parma v'è una graziosa immagine in affresco della B. V. Maria, da secoli tenuta in grande venerazione, e dai più reputata opera del celebre Casella. In questi ultimi anni centinaia di persone si dissero graziate dalla Madonna e non poche da mali giudicati dall'arte medica inguaribili. Tutti i giorni e in tutte le ore si vedono i buoni Parmensi accorrere, chi per ringraziare, chi per chiedere nuovi favori ai piedi di Maria SS., vera Ausiliatrice dei Cristiani.
Da tempo era vivo desiderio dei popolo, condiviso da S. E. l'Arcivescovo Mons. Conforti, che si istituisse un'Associazione dei Divoti: quando nel « Bollettino Salesiano » dell'agosto 1918 comparve un articolo intorno alla divozione dell'Ausiliatrice che troncò ogni indugio, e si fece tosto l'erezione dell'Associazione dei Divoti, che s'intitolò a Maria Ausiliatrice e si ebbe l'affiliazione all'Arciconfraternita Torinese fondata dal sempre caro Ven. D. Giovanni Bosco.
Chi lo crederebbe? In breve hanno dato il nome alla nuova Associazione circa un migliaio di persone con a capo S. E. il Card. Ferrari, l'Arcivescovo Mons. Conforti, il Vescovo di Pontremoli, nè passa giorno che altri s'aggiungano.
Nella chiesa, ripulita e parata a festa, si tenne un settenario ufficiale, in . preparazione all'inaugurazione solenne dell'Associazione coll'intervento di S. E. l'Arcivescovo Mons. Conforti. Tutto riuscì a maggior gloria di Dio e della benedetta sua Madre e a spirituale vantaggio delle anime.
All'Estero.
GERUSALEMME. - UNA CARA FESTICCIUOLA si compì a Gerusalemme il 13 luglio per la distribuzione dei premi agli alunni della Scuola Agricola Salesiana di Beitgemal, in unione con gli alunni della Scuola Italiana di Gerusalemme.
Presiedeva S. Ecc. Rev.ma Mons. Luigi Barlassina, Vescovo Ausiliare, insieme con l'Ecc.mo Generale Money, Amministratore-Capo della Palestina, che, nell'accettare l'invito, aveva preannunziato che avrebbe detto due parole a mostrare la compiacenza delle Autorità Britanniche per l'Opera nostra di Beitgemal. Difatti nel rispondere all'indirizzo che uno dei piccoli agricoltori gli aveva rivolto a nome dei compagni, il Generale lodava « l'alto spirito civile dimostrato dai figli di Don Bosco nell'educare alla scienza agricola e meteorologica i poveri giovanetti del paese e nel diffondere la lingua senza riguardo a razza nè a credenza religiosa », e «l'iniziativa presa per i primi del rimboschimento dei campi » un tempo così fertili, ora sterili e deserti, « rendendosi così benemeriti dell'avvenire della regione ». L'Ecc.mo sig. Generale tessè un lusinghiero encomio « allo spirito e alle iniziative dell'organizzazione internazionale salesiana ».
La festicciuola confermò nei presenti la vastità e la moltiplicità di opere buone che in Palestina potrà compiere l'Opera Salesiana per l'indole impressale dal Fondatore, se verrà generosamente. sorretta dalla carità dei suoi ammiratori e benefattori.
Mons. Giovanni Vincenzo Tasso.
Morì santamente alle 3 poni. del 21. agosto u.s. ad Aosta, lasciando nel dolore tutti i diocesani.
Mons. Giovanni Vincenzo Tasso nacque a Bacengo, nella diocesi di Casale Monferrato, il 13 agosto 1850. Entrò nell'Oratorio Salesiano di Torino il 24 ottobre 1862 e ne uscì il 22 luglio 1865, dopo aver compiuto in soli tre anni l'intero corso ginnasiale, nonostante che, per la salute svolto gracile, avesse dovuto ripetutatemente sospendere gli studi. In tale periodo di tempo si distinse per acuta intelligenza e grande amore allo studio. Don Bosco e Don Rua lo avevano carissimo, sopratutto per la grande affabilità del suo carattere.
Dall'Oratorio passò a Casale e poco dopo entrò nella Congregazione della Missione, ove, ordinato sacerdote, fu professore di filosofia e teologia, superiore delle case di Chieri e di Roma, e infine assistente generale a Parigi, dove lo raggiunse la nomina a Vescovo d'Aosta.
Negli undici anni del suo episcopato, Mons. Tasso fu veramente il Pastor bonus, che seppe guadagnarsi il cuore di quanti l'avvicinarono. Coll'affabilità del carattere e colla inesauribile bontà del cuore riuscì ad accaparrarsi le simpatie generali e potè fare un bene immenso fra le buone popolazioni valdostane, che lo veneravano come un santo. Sia pace all'anima sua benedetta.
Can. Giov. Batt. Brusatore.
Vicerettore ed Economo del. Seminario di Vercelli, morì santamente il 28 luglio u.s. a 43 anni. Giovinetto, dalla natia Palestro fu avviato al Collegio S. Carlo di Borgo S. Martino, ove compì gli' studi ginnasiali. Cuor tenero e delicato, mite di carattere, di sincera e profonda pietà, si sentiva inclinato a farsi salesiano, ma non potendo sodisfare il pio desiderio serbò vivo, sino alla morte, il più grande affetto a Don Bosco, a Don Rua e alle Opere Salesiane. Ci ottenga da Maria SS. Ausiliatrice molte sante vocazioni.
Dott. Andrea Cozi.
Cavaliere dell'Ordine di S. Gregorio Magno, dopo breve e fiera malattia rendeva a Dio la sua bell'annua il 7 agosto u. s.. Esempio fulgidissimo di rettitudine e di profonda dottrina, sinceramente cristiano, assertore mirabile della sua fede, lavorò indefessamente per la causa cattolica, non trascurando di dar volentieri l'opera sua a sollievo dei miseri e dei bisognosi. Si prega di suffragarne l'anima benedetta.
Suetta Chiara-Costa.
Nata nel 1837, chiuse i suoi dì preziosi a 82 anni, il 24 marzo del 1918. La sua vita fu una serie ininterotta di sentimenti di fede, di divozione, di fervore, accompagnati dalle opere più genuine, più spontanee e più generose, che possa fare un cuore formato su quello di Gesù Cristo. Esalò l'ultimo respiro, dopo aver ricevuto la benedizione di Maria Ausiliatrice, quasi pegno e annunzio della benedizione eterna!
Pietro Francesco Orsi.
Mori a Castellazzo Bormida in età di 78 anni. Uomo di fede profonda, fu modello di cristiane virtù e padre esemplarmente cristiano. La sua dote caratteristica fu la bontà, che gli si vedeva trasparire anche dal volto. Avrebbe voluto, negli ultimi istanti, accanto a sè il figlio Don Pietro, Missionario Salesiano, ma ne fece generoso sacrifizio al Signore. Iddio glie ne renda merito nel regno celeste!
Maria Gagliano ved. Sutera.
Spirò piamente il 21 luglio 1919 a New York, dopo acerbe sofferenze, sopportate per lunghi mesi con inalterata rassegnazione. L'unico suo dolore fu quello di morire in terra straniera, per non poter salutare un'ultima volta tutti i suoi figli. In compenso il Signore le donò, fino all'ultimo respiro, l'assistenza continua di varii sacerdoti.
Donna pia, madre solerte e esemplare, educò due figli alla Pia Società Salesiana e due figliuole all'Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice. Le doni il Signore il premio della santa vita
Preghiamo anche per i seguenti Cooperatori defunti:
Ansenda Domenico - Carpasio.
Bursatti Giuseppe - Rivolto. Bioglio Maddalena - Carmagnola.
Bolla Giuseppe fu G. B. - Stella S. Martino. Boscutti Elisabetta - Cividale Friuli. Biancuzzi Alfredo - Udine. Briani Camillo - Forlimpopoli. Brusadelli Giovanni - Malgrate. Buccilli Nicotina - Alvita. Capra Antonio - Verolengo. Carozzi Giovanni - Orsara Bormida. Cipolla Salvatore - Villalba, Coutin Marguerite - Gruyéres. Croci Giuseppe - Milano. Del Curto Virginia - Mese. Capoccia Lucia - Alyito. Colombo Cristina - Malgrate. Di Bono Gio. Batt. -- Alvito. Di Pascolo D. Giacomo, parroco - Rivolto. D'Ormea 'Mons. Pietro - Roma. Enna Mons. Felice -- Oristano. Fassio l îorenzo - Castelrosso.
Favretti Margherita - Sant'Ambrogio Torinese. Ferr ieri Virginia - Cartoceto. Frugone Angela - S. Margherita Ligure. Fava Carmela in Gioffrè - Port-Chester. Floretta Maria Emma - Revo Cloz. Ferranti Giuseppina. - Malgrate.
Galleani d'Agliano contessa Carina n. Sacchi Nemours -- Torino, Carau cav. Gio. Batt. - Carloforte. Garino Catterina - Busca.
Ghezzi suor Adele - Cherstsey (Surrey). Giordano Sebastiano - S. Rocco di Bernezzo. Grossi Ettore -- Borghetto di Borbera. Grossi D. Angelo, prevosto -- Montaldeo. Grossi Giocondo -- Montescudo. Giovani Giovanni -- Malgrate. Manara Giovani - Rivarolo fuori. Marsigli march. Annibale - Bologna. Michelon Francesco - Creazzo. Milanesio Genoveffa - Chivasso.
Mosso Anna Ved- Bianco - Villanova d'Asti. Meano Domenica - Avigliana. Musso De Magistris Gabriella - Laigueglla. Maggio Domenico - Alvito. Negri Elisa - Piancamuno. Nichesola Nob. Elisa -- Verona. Naselli Feo Carlo - Savona. Pierleoni D. Giuseppe - Norcis. Ponzano Carolina n. Crespi - Torino. Rossi Guglielmina - Bergamo. Rusconi Dante - Malgrate. Salietti Luigia - Torino. Sarti Clelia Veda- De Simonis - Bologna. Schiavon Prof. Domenico - Treviso. Sindri Itala in Indris - Caprino Veronese. Suddici Missio Maria - Padova. Toselli Giovanni - Saluzzo. Vecchi Lucia - Mandolossa (Brescia). Ventura Annunziata - Alvito. Vascova Ersilia - Malgrate. Ziche Maria - Thiene.