DI AGOSTO 1897
IL COLLEGIO pag. 189
A S. S. PAPA LEONE xiii nel suo giorno onomastico . 191 IL 23 e 24 GIUGNO all'Oratorio di Torino . 192
GLI ANTICHI ALLIEVI DI D. Bosco . . . ivi FESTE SOLENNISSIME. A SAMPIERDARENA . 194 BENEDIZIONE DELLA I. PIETRA di un Istituto Salesiano a Chioggia 197
Nuovi TRIONFI DI MARIA AUSILIATRICE . 19$ NOTIZIE DELLE MISSIONI : - Una Missione nell'Alto Paraguay e nell'altipiano dei Parecis (BRASILE). - Ancora nei Piani di S. Martin (COLOMBIA). - In fascio 200
COLLEGI SALESIANI ED EDUCATORII DELLE SUORE DI MARIA AUSILIATRICE . . . . 208 GRAZIE DI MARIA AUSILIATRICE 209
Ai GIOVANETTI 212
NOTIZIE VARIE 213
BIBLIOGRAFIA 214
COOPERATORI DEFUNTI 215
PENSIERI D'ILLUSTRI EDUCATORI
ALLE famiglie, cui manchino le condizioni favorevoli per la buona educazione dei figli, provvidenzialmente supplisce il Collegio.
Il Collegio, luogo di raccoglimento e ali studio, è albergo di pace, ove, lungi dal tumulto e dall'agitazione delle passioni sociali, tutto giova ad allevare le anime; è sede della verità, in cui i novelli spiriti ricevono la luce della sapienza, come i fiori di chiuso giardino i raggi del sole che li fa brillare sullo stelo; è tempio della virtù, ove spira un'aura incontaminata di purezza.
Il Collegio è per la società ciò che sono per la natura le viscere della terra, vale a dire un laboratorio pieno di calore e di vita, ove si preparano in silenzio i tesori dell'avvenire; è desso un vero tesoro aperto a tutte le facoltà dell'intelletto e del cuore; un ricco semenzaio di tutto ciò che può sviluppare l'anima di un giovanetto, un'anima viva, ardente, amica del bello, ma specialmente della virtù.
Il giovanetto nel Collegio impara per tempo a rispettare le leggi: tutti i suoi movimenti ivi son regolati : non può uscire dall'ordine senza incontrare un ostacolo, e le sue azioni buone o cattive sono immediatamente seguite dalla ricompensa o dal castigo, comecchè leggiero. È questo un vantaggio immenso per la vita sociale. Col rispetto della legge egli impara a temere l'autorità che la rappresenta e la applica, e coll'onorare i superiori si abitua a sopportare gli eguali.
In quel piccolo mondo ciascuno vive per sè, e siccome la legge è uguale per tutti senza privilegio per alcuno, conviene cominciare a vivere per proprio conto in mezzo agli altri, e perciò contenersi e badare di non offendere nessuno, affine di non venir offeso. Nulla è più vivo del sentimento di eguaglianza fra gli educandi di un Collegio, e ognuno col carattere, colla forza e colla destrezza vi si fa il proprio successo. L'egoismo vi è instintivamente detestato, la superbia derisa, e le pretese di dominio, l'ira, le velleità di tirannia, i capricci di fanciullo viziato ben presto vi sono rintuzzati.
In un Collegio animato da buono spirito regna un amabile candore, una semplicità ingenua, un'affettuosa confidenza. Quivi l' autorità paterna degli aducatori, che incomincia sempre dalla ragione, dalla bontà, dall'indulgenza, desta nei cuori il rispetto e l'amore. Ed i giovanetti docili, confidenti, affettuosi verso degli educatori che riguardano come padri, in conto di fratelli tengono e come tali trattano i condiscepoli. I vigili educatori si frammischiano anch'essi a tutti i movimenti della vita scolastica, per prevenire e calmare i primi trasporti dell'ira; essi sanno segnalare e colpire a misura che avvengono atti di risentimento; incoraggiano e onorano la moderazione, l'oblio delle ingiurie, i mutui riguardi, tutte le affezioni dolci, tutti i modi benevoli; essi fanno spesso appello al cuore de' loro educandi, loro ripetendo le massime evangeliche della carità, che han sempre un'eco in una ragione retta e in un cuor puro; essi insomma riescono a stabilire tra quella unione di fanciulli, sempre impazienti e spesso egoisti, uno spirito amante e pacifico, che fa dei Collegio una vera famiglia.
Ma acciocchè il Collegio raggiunga si sublimi effetti, egli è necessario che sia regolato da spirito veramente cristiano; è necessario che ivi posi la benedizione di Dio, che vi si senta l'influenza salutare del sacerdote, vi si frequentino i Sacramenti, la santa parola di Dio vi alimenti la vita morale; vi sia amato il culto di Maria come il ricordo di una tenera madre; tutte le forze divine della pietà vi proteggano il fanciullo contro le debolezze della natura; che egli abbia la preghiera per preservarsene., la Confessione per risollevarsi, la guida d'un amico consacrato , che egli noma suo padre spirituale, il cui occhio vigile lo segua, la cui esperienza il consigli, la cui benignità non lo lasci senz' appoggio, nè consolazione. Ecco le sole e vere guarentigie della moralità, ecco il principal titolo alla fiducia delle famiglie.
Questi sentimenti d'illustri educatori poniamo sotto gli occhi de' nostri benevoli lettori in questo mese, in cui specialmente le famiglie sono sopra pensiero ove collocare i loro figli in educazione nel prossimo anno scolastico, acciocchè sappiano regolarsi nella scelta del Collegio. È importante aprir bene gli occhi; imperocchè al dir di Quintiliano, retore pagano che conosceva bene la gioventù e s'intendeva assai di educazione, se le scuole sono utili agli studii, ma nocive ai costumi, meglio è che il fanciullo impari piuttosto a viver bene che a bene parlare, e che rimanga ignorante, se non può acquistare la scienza che colla perdita della virtù. Quindi trattandosi di scegliere, è da preferirsi quel Collegio, ove la disciplina è più esatta e dove i maestri sono più santi.
(*) Uttini, Captier, Landriot, Bautain, Poullet, Moufat, ecc.
PADRE PIETOSO DEI POPOLI
OGGI PLAUDE IL MONDO
E VI SALUTA ARRA DI PROSPERITÀ E DI PACE PREPARAZIONE VERA D'ETERNO CONSIGLIO
CON VOI APPARVE A TUTTI GLI UOMINI LA GRAZIA DI DIO SALVATOR NOSTRO VOI BATTETE ALLA PORTA DELLE NAZIONI E AMOROSAMENTE FATE LORO PRESSA AL CUORE PER RISVEGLIARLE DAL SONNO DI NEGLIGENZA ED INEBRIARLE DI PACE E DI SORRISO
TRA LE GENTI GERMANICHE ED ORIENTALI QUAL PADRE CHE TORNA A RIVEDERE I FIGLI AI SANTI LORO ANTICHI PATRONI CHE VI CHIAMANO A RANNODARE IL PRESENTE COL PASSATO RISPONDESTE A FIDANZA: IO VENGO!
PASTOR EVANGELICO
ANDASTE IN CERCA DELLE PERDUTE AGNELLE E NELL'INGHILTERRA TORNA A RIVIVERE L'ARMONIA DEGLI SPIRITI SI RIACCENDE LA FIAMMA DEL CELESTE AMORE
ANCHE LA RUSSIA VI GUARDA MERAVIGLIATA E S'INDUCE A PIU' MANSUETI CONSIGLI MENTRE DALL'INOSPITALE ED ARIDA SIBERIA L'ESULE POLACCO BENEDICE I MAGNANIMI VOSTRI SFORZI
PER VOI BEATISSIMO PADRE IL REGNO DI GESÙ BRILLA D'UNA FELICISSIMA LUCE!
QUESTE due date ci ritornano ogni anno la duplice solennità, in cui i nostri cuori di figli attingono sempre come un rinnovellamento di venerazione e di affettuosa gratitudine per l'amatissimo nostro Fondatore Don Giovanni Bosco e pel suo degno successore Don Michele Rua.
I nostri lettori già conoscono quale aspetto prenda in tai giorni la nostra allegrezza: due accademie letterarie e musicali, dove il Don Bosco del cielo ed il Don Bosco della terra, cioè Don Rua, devono subire tutte le forme di un'entusiastica tenerezza, che conosce, apprezza e gusta il dono di Dio.
Questi due giorni benedetti fanno dell'Oratorio, culla e centro della vita e dell'azione salesiana, come un immenso focolare, dove una moltitudine sparsa per Iddio e per le anime sovra tutti i punti del globo, con tutto l'ardore della grazia di sua vocazione, con tutto il vigore della sua fede, con tutto lo slancio che la distanza imprime alle affezioni sante e profonde viene col pensiero ad assidersi, felice di potersi trovare attorno al comun Padre.
La sala dell'accademia era messa a festa. Nel centro sopra vasta tavola si spiegavano i doni offerti al successor di Don Bosco. Attiravano la generale attenzione specialmente una bellissima pianeta, broccata d'oro e lavorata con isquisito gusto da due distinte Signore Cooperatrici Salesiane della città di Torino, ed un magnifico tappeto grande tanto da coprire il vasto presbiterio della chiesa di Maria Ausiliatrice, dono degli Antichi Allievi dell'Oratorio.
Nulla diremo delle composizioni in varie lingue, in versi ed in prosa, nè de' canti e suoni eseguitisi in questa solennità; lo spirito, il cuore ed il senso artistico più delicato dominarono in tutto, spiegandosi sempre in modo soddisfacentissimo.
Un'ovazione particolarmente accalorata fu fatta a Don Luigi Calcagno, Superiore delle Case Salesiane dell'Equatore, colla forza espulso dal territorio della Repubblica, in seguito agli ultimi sconvolgimenti politici di quell'infelice paese, e condotto, con quasi tutti i suoi Confratelli, a traverso foreste vergini e lanciato in mezzo all'oceano su fragile barchetta senza nocchiero, con indicibili tormenti e con vero pericolo della vita. Questo degno figlio di Don Bosco - arrivato due giorni prima in Italia con due altri Salesiani nativi della Repubblica Argentina, D. Stefano Pagliere e D. Luigi Pedemonte, Direttore l'uno ed insegnante il secondo del Collegio Pio IX di Almagro-Buenos Aires - felice d'aver potuto soffrire qualche cosa per Gesù Cristo, non aspira che a ritornare sul suo posto di lavoro, dove quasi gustava tutte le gioie dell'apostolato, compresa quella di dare la sua vita per Dio.
La lettura di numerosi telegrammi, provenienti da tutti i punti del globo, impresse a questa festa salesiana come una nota di cattolicità.
I ringraziamenti paterni di D. Rua trovarono la via di tutti i cuori. Ed ora noi vorremmo che queste poche linee ne portassero il dolce eco a tutte quelle anime, presso cui il nome di Don Bosco e di D. Rua hanno il glorioso privilegio di mantenere vive e operose le grazie salesiane, oppure di suscitarvele.
L'ANNUALE dimostrazione di affetto e gratitudine, che questi nostri cari amici sogliono fare nel giorno di S. Giovanni Battista al loro antico Padre D. Bosco nella persona del suo degno successore D. Michele Rua, è riuscita a meraviglia, con piena soddisfazione di tutti.
Verso le ore 9 del 24 p. giugno, venivano in bel numero accolti nell'Oratorio a suon di musica. Raccoltisi nell'aula delle adunanze intorno a D. Rua ed agli altri principali nostri Superiori, leggevano l'elenco dei partecipanti alla dimostrazione e poi presentavano uno splendido dono consistente in un magnifico tappeto, grande sì da coprire tutto il presbiterio della chiesa di Maria Ausiliatrice. L'offerta veniva fatta dal M. R. Sig. D. Giovanni Perino, Parroco di Vigelio (Salussola), il quale con discorso, che strappò più volte fragorosi applausi, passò in rassegna la vita dell'amato Padre D. Bosco e in bella forma faceva rilevare i meriti di un tant'uomo e la gratitudine grande che essi gli debbono e che intendono di mostrare imperitura anche verso il suo degno successore.
Quando si è stati figli di D. Bosco, (così conchiudeva l'esimio oratore) si è contratto l'obbligo di corrispondere a questo gran dono, anche se non si è chiamati ed annoverati fra gli ottimi che Dio destinò all'apostolato. D. Bosco, come ha inviati questi in vicine e lontane regioni ad insegnare, predicare ed operare per il Regno de' cieli, ha mandato anche noi, che egli pure allevò con tanto studio ed amore, a compiere una, missione, quando ci restituì al mondo. Questa missione è di tener alto il labaro di Cristo coll'umile, intera ed aperta professione cristiana, e di mostrarci coll'opera suoi degni figli. È la missione di essere suoi fedeli Cooperatori, non solo coll'ascriverci all'Unione, che ci fa partecipi di tanti beni adempiendone i doveri, ma coll'esserne indefessi promotori, dilatandola, ed infervorando i già inscritti alla preghiera ed all'azione secondo lo spirito di essa.
Dobbiamo farlo prima di tutto per riconoscenza a Dio di averci fatti figli di D. Bosco, procurando ad altri molti questo insigne beneficio. Dobbiamo farlo ancora per riconoscenza a D. Bosco stesso, procurando aiuti di preghiere, sussidii e cooperazione ai suoi continuatori, e ripagando un poco, anche materialmente, quello che si è fatto con tanti sudori e sacrifici per noi. Dobbiamo finalmente farlo perche, se il Signore ha comandato a ciascuno di aver pensiero del prossimo (Eccl. XVII. 12), a quelli che hanno mangiato il pane di D. Bosco sotto lo stemma che porta l'impresa: Da mihi animas, caetera tolle, è imposto un dovere assai più grave e stretto di operare per la saluto eterna di questo prossimo, e di fare quanto sanno e possono per la ristaurazione cristiana dell'umanità.
A voi, collaboratori e continuatori di D. Bosco, che tanto avete fatto con lui per ispargere e coltivare il seme della virtù nei cuori nostri, noi, vostri compagni di un tempo e poi vostri allievi, per questa ricorrenza onomastica del comun Padre, offriamo in segno di sincera gratitudine e di umile ossequio, questo tappeto, da stendere a' piè dell'altare della Madonna Ausiliatrice, nostro vero Palladio. Vogliamo che il dono significhi noi stessi, e la nostra associazione, suddita a Dio, divota alla Madonna, obbediente alla Chiesa. Noi non siamo le pietre angolari, levigate che formano lo strato del Tempio, ma appena i granelli di rena e di cemento che le uniscono, e ne ricompiono gli interstizii, ma ci gloriamo d'esserne parte, anche umile.
Su questo tappeto, Vescovi e Sacerdoti saliranno ad offrire olocausti e preghiere per noi, e staranno per insegnarci la Verità e la Via del Paradiso. Noi, sinceri cristiani e cattolici. quali D. Bosco ci ha fatti, uniti nella carità al Sommo Pastor che ci guida, e sottomessi di mente e di cuore a Lui, con docile obbedienza venereremo i Pastori delle anime nostre, ascolteremo i loro insegnamenti, ci atterremo ai pascoli che essi ci mostrano, fermi come torre che non crolla per soffiar de' venti.
D. Rua con affetto di padre, li ringraziava dello stupendo dono e delle ottime disposizioni manifestate a nome di tutti dall'oratore. E per attestare loro il suo pieno gradimento, auguravasi di vedersi circondato da maggior numero all'agape fraterna, che stabiliva poi giorni 18 e 22 dell'ora scorso luglio.
Partiti dall'Oratorio, si recarono alla tomba di D. Bosco in Valsalice, ove fatta breve preghiera per l'anima sua diletta ed ascoltate, calde parole dallo stesso D. Perino, vi deposero una bella corona di fiori, che rimarrà come simbolo di quell'affetto ardente e sempre vivo che informa questa cara dimostrazione.
Coli quanta gioia ritornassero poi all'Oratorio, i secolari nel giorno 18 ed i Sacerdoti nel 22 luglio, è facile immaginare da chi conosce che cosa sia l'Oratorio per questi bravi Signori. Sorriso, incanto de' loro primi anni, nell'Oratorio molti di essi rinvennero quel padre, quella madre, che morte immatura aveva loro rapito; fanciulletti ancora qui appresero la vera sapienza, di amare cioè il Signore ed a lui solo servire, e quasi senza accorgersi, posero le fondamenta di quelle varie e nobili carriere, onde di presente s'onorano in mezzo alla società. L'Oratorio mille dolci memorie richiama loro a mente, e i diletti compagni e gli amati Superiori e l'adorato D. Bosco, che or forma il vanto loro più bello, la gloria più splendida. Non è quindi a dire con quanto piacere ritornano tra queste mura, che, comunque ingrandite ed allargate, sempre loro ricordano quegli anni di Paradiso, che sì larga traccia impressero ne' loro cuori.
E di questi sentimenti erano bellamente infiorati i vagii discorsi e brindisi portati e dai secolari e dai Sacerdoti in sul levar delle mense, e specialmente quello sempre esilarante dell'antico menestrello Carlo Gastini, Presidente dell' Associazione degli Antichi Allievi dell'Oratorio.
A tutti rispondeva D. Rua, con accento commosso, congratulandosi del felice esito sortito da questa annuale dimostrazione e augurando di potersi trovare ancor per molti anni circondato da sì buoni e cari amici.
L'ultimo giorno fu onorato dalla presenza dì S. Ecc. Rev.ma Mons. Antonio Raimondo Silva, Vescovo di Merida nel Venezuela, di passaggio all'Oratorio, il quale pure ebbe sentite parole d'alto encomio per questi bravi Antichi Allievi.
Così ebbe termine questa festa sempre bella e sempre cara dell'amore e della riconoscenza inspirati e santificati dalla N. S. Religione.
TERZO CENTENARIO DELLA PARROCCHIA DI S. GAETANO. GIUBILEO DELL'OSPIZIO festeggiato dai Salesiani e dai suoi Antichi Allievi.
L'INNO di lode, di gloria e di ringraziamento innalzatosi al Signore, nei giorni 4, 5, 6 dello scorso luglio, dagli innumerevoli cuori riconoscenti raccolti nel nostro Ospizio di Sampierdarena, fu uno splendido trionfo. Ben ne possono andar gloriosi i diecimila parrocchiani di S. Gaetano, i quali mirabilmente soddisfecero all'imperioso bisogno di render grazie a Dio d'aver suscitato, tre secoli fa, un uomo generoso che colle proprie sostanze innalzava quel tempio che ora, con arte finissima ristorato, è divenuto il centro di tutte le loro aspirazioni. Consolazioni ineffabili provarono i Salesiani coi loro allievi e cooperatori nell'intuonare il cantico della riconoscenza per gli immensi benefizi e-te grazie segnalate da Dio accordate all'Ospizio di S. Vincenzo de' Paoli ne' venticinque anni che trascorsero dalla sua fondazione. Ma più di tutti ne debbono andar superbi quell'eletta schiera di antichi alunni dell'Ospizio medesimo, in gran parte sacerdoti, da ogni paese colà convenuti per inneggiare essi pure al Signore e per dare nel tempo stesso una pubblica testimonianza di stima, di affetto e di gratitudine ai loro antichi Superiori e Maestri in quella fausta ricorrenza.
Queste solennità riuscirono splendidissime, perciò ebbero a loro ispiratrice la riconoscenza, quell'amabile virtù, quel nobile sentimento che solo alligna nelle anime generose. Di quali opere grandi non è dessa capace quando va unita ad una soda e ben intesa pietàl
Profondamente amareggiati pel modo indegno, con cui è trascurata da molti la preghiera di ringraziamento, cotanto raccomandata da S. Paolo nelle sue Epistole, ci sia almeno di conforto e di edificazione il succinto racconto di queste feste, dirette specialmente a render grazie a Dio dei favori da lui ricevuti, e benedette dal Santo Padre Leone XIII, il quale concesse l'indulgenza plenaria a tutti coloro che vi avrebbero preso parte.
LA CHIESA PARROCCHIALE dì S. Gaetano.
Nel Marzo del 1572 moriva il pio Marchese G. B. di Negro, genovese, lasciando una cospicua somma allo scopo di erigere una chiesa nei pressi di Genova. Solo nel 1595 il Marchese Cristoforo Centurione potè eseguire la volontà del testatore, ed una bella chiesa sorgeva in Sampierdarena sotto l'intelligente direzione dei PP. Teatini che la dedicarono a S. Giovanni Battista ed a S. Gaetano. Non narreremo minutamente le innumerevoli peripezie di questo sacro edifizio; ci basti accennare che fu magazzino militare per ben due volte, caserma di soldati, lazzaretto, fabbrica di colla e di candele e perfino scuderia di cavalli. Restituita al culto finalrnente per opera di quel grande Arcivescovo e nostro insigne benefattore che fu Monsignor Magnasco, venne acquistata da D. Bosco nel 1872 insieme coll'annesso convento. Ad officiarla egli inviò i suoi figli che provvisoriamente avevano iniziato l'Ospizio di S. Vincenzo de' Paoli in Marassi, sobborgo di Genova.
Allora la città di Sampierdarena contava già oltre 25 mila abitanti, e non aveva che una sola parrocchia. Dietro replicate istanze di quell'Arcivescovo, D. Bosco nel 1884 acconsentì che la chiesa di S. Gaetano fosse elevata a parrocchia per meglio provvedere ai bisogni religiosi di quel quartiere, dove ogni giorno più aumentava la popolazione.
Non è nostro intendimento di far qui una enumerazione delle felicissime e numerose trasformazioni subite da quella chiesa in questi venticinque anni; ci terremo paghi di far cenno dei nove altari di marmo, di gran pregio artistico, ornati delle relative ancone, del pavimento pure di marmo e della nuova facciata. Questi costosissimi lavori sono dovuti specialmente allo zelo infaticabile del Prevosto D. Luigi Bussi, Salesiano, coadiuvato dalla carità de' suoi parrocchiani.
PRIMO GIORNO DELLE FESTE. Benedizione della nuova facciata.
Fu delicato pensiero degli organizzatori di questo giubileo di consacrare il primo giorno alla devozione verso il Sacratissimo Cuore di Gesù, sorgente di ogni bene e di ogni grazia spirituale e temporale, devozione che fu ognor fiorente in quella chiesa ed in quell'Istituto.
Fin dallo spuntare dell'aurora, il lieto suono delle campane invitava i fedeli al tempio, che, apparato con insolita pompa e con quello squisitissimo gusto che si ammira in Liguria, adorno di fiori e sfolgorante di numerosissime faci, inspirava ad ogni cuore sentimenti della più viva fede e della più dolce pietà. E di ciò furono prove non dubbie il concorso straordinario ai SS. Sacramenti, il rinnovarsi ad ogni Messa l'immensa onda di devoti ed il loro contegno profondamente religioso e raccolto. Alla Messa pontificale cantata da Monsignor Costantino Negrotto, antico Cameriere segreto di Pio IX e amico intimo di D. Bosco, tale fu la folla dei fedeli attirativi dalla maestà delle sacre cerimonie e dalla scelta musica dei nostri giovanetti, che le vaste arcate della chiesa non bastarono a tutti contenerli.
Verso le ore 17, parecchie migliaia di persone stanno aspettando l'inaugurazione della nuova facciata. Tutti contemplano quel lavoro semplice e severo, eseguito sui disegni del benemerito Ingegnere Massardo e sotto la direzione del Commendatore Maurizio Dufour. Ad ogni pie sospinto si odono le parole che esprimono la più completa soddisfazione. Si ammirano le statue di S. Giovanni Battista e di S. Gaetano, di S. Francesco di Sales e di S. Vincenzo de' Paoli e varii pregevolissimi bassorilievi.
Ma ecco giungere il nuovo Vescovo di Alessandria Monsignor Capecci, che indossati i sacri paramenti, circondato da numeroso clero, sale sul trono innalzatogli dalla parte sinistra della piazza, pronunzia le parole rituali e asperge coll'acqua benedetta la effigie dei santi Patroni. La musica istrumentale dell'Ospizio loro invia immediatamente un saluto, e ne invoca la protezione fendendo l'aere colle più soavi armonie.
Dopo i vespri cantati in musica, il Sacerdote D. Giovanni Battista Zerollo, antico allievo dell'Ospizio, recitava un discorso sul Sacro Cuore , veramente degno della solennità. Non si saprebbe dire se gli uditori fossero ammirati più della soda dottrina, o dell'eleganza dello stile o della rara unzione dell'oratore. Egli era commosso, e trasse le lagrime alla sua udienza quando ricordò la sua prima Comunione, fatta a piè di quell'altare, e le altre pratiche di pietà che negli anni suoi giovanili egli compiva in quella chiesa. Come riuscì eloquente quando espresse la sua vivissima riconoscenza verso D. Bosco e verso i suoi antichi Superiori ! La sua era veramente l'eloquenza del cuore!
Nell'uscire dalle sacre funzioni , l'immensa moltitudine si trattenne sulla piazza e nelle vie adiacenti per godere dello spettacolo dell'illuminazione e per udirvi la musica istrumentale dell'Ospizio, che alternava le sue suonate coi fuochi d'artifizio, i quali riuscirono a meraviglia. Così si conchiuse questa bella giornata.
SECONDO GIORNO. La festa in famiglia.
Era riservato agli attuali Superiori dell'Ospizio di S. Vincenzo il celebrare le sacre funzioni del secondo giorno delle feste di S. Gaetano. La Messa della Comunione generale fu letta dal Sac. Dott. D. Giovanni Tamietti, Ispettore delle Case Salesiane della Liguria. Alle dieci e mezzo fu cantata la Messa dal Sacerdote Dott. D. Giuseppe Daghero Direttore, coll'assistenza di Monsignor Abbati, Vescovo titolare di Dioclezianopoli, il quale consumò ben quarant'anni di vita nelle difficilissime Missioni di Oriente. Il venerando Prelato si degnò di rallegrare colla sua presenza i figli di D. Bosco rimanendo fra loro per ben due giorni. Essi serberanno ognora il più caro ricordo della sua bontà e de' suoi preziosi incoraggiamenti.
In sul far della sera i giovani dell'Ospizio e gran numero di anime pie, si raccoglievano di nuovo in chiesa per ascoltare la divina parola. Fu scelto ad oratore del giorno il Sac. Teol. Giovanni Marenco, Direttore Generale delle Suore di Maria Ausiliatrice, noto ai Sampierdarenesi per aver con tanta prudenza governato per ben cinque anni quell'Ospizio. Egli prese qual tema del suo dire D. Bosco e le sue Opere, mostrandone fino all'evidenza e coll'eloquenza dei fatti l'opportunità ed i frutti abbondanti in pro delle anime e specialmente in vantaggio della gioventù povera ed abbandonata. Nessun altro argomento poteva tornare più efficace per eccitare ne' cuori la riconoscenza, sentimento che doveva dominare in tutte queste feste giubilari.
Si terminò la funzione con un bellissimo Tantum ergo di Mons. Cagliero e colla benedizione del SS. Sacramento impartita dal Sac. Domenico Belmonte, Prefetto Generale della Pia Società Salesiana.
TERZO GIORNO. I trionfi della riconoscenza.
Vorremmo qui aver una penna capace di ritrarre le tenerissime scene, di cui fummo testimoni in quest'ultimo giorno che fu veramente la festa del cuore e della riconoscenza. Ben lungi dal cader nell'esagerazione, temiamo di diminuire l' incanto di quelle che giustamente possiamo chiamare ore di paradiso.
Non appena balenò alla mente di alcuni fra gli antichi allievi (1) l'idea di celebrare il giubileo dell'Ospizio di S. Vincenzo, tale si suscitò in essi uno slancio, tale un'attività che in un batter d'occhio fu formato il Comitato, si spedirono circolari, si sollecitarono adesioni, si ottennero soccorsi. Non venne loro fatto d'avere il Successore di D. Bosco, si ottenne almeno che non mancassero gli antichi Direttori D. Albera, D. Belmonte e D. Marenco. Ad accrescere lustro ed attrattiva alla festa furono pregati d'intervenire l'Angelo della Chiesa Genovese, il nuovo Vescovo di Alessandria ed il Vescovo di Dioclezianopoli, che ebbero la bontà di accettare l'invito.
Il 6 luglio alle 7 giungeva Mons. Tommaso dei Marchesi Reggio Arcivescovo di Genova e celebrava la Messa della Comunione generale, che riuscì oltremodo numerosa. Intanto gli antichi allievi risalutavano col più vivo affetto i loro antichi Direttori e Maestri. Era pur reciproco il loro piacere nel rivedersi e ritrovarsi fra quelle mura, che li avevano accolti giovanetti e che richiamavano alla loro mente tante e così dolci memorie.
Ma ornai è tempo della Messa solenne. Gli antichi allievi, fra cui circa ottanta tra Sacerdoti, Canonici e Parroci, indossano le insegne della loro dignità. Formano una lunga processione e pei porticati dell'Ospizio, fra due onde di popolo, al lieto suono delle campane si avviano verso la porta maggiore della chiesa. Precede la banda musicale, dopo la croce vengono i Sacerdoti, poscia i Parroci ed i Canonici; seguono poi in abito di cerimonia gli antichi Direttori, il celebrante Sac. Paolo Albera coi ministri, Monsignor Abbati ed infine Mons. Arcivescovo col loro corteo (2).
Il servizio all'altare fu riservato interamente agli antichi allievi. I Parroci ed i Canonici facevano bella corona all'Arcivescovo in presbiterio; gli altri erano collocati in appositi banchi dinanzi alla balaustrata. I Direttori dell'Ospizio occupavano il posto d'onore in faccia ai Vescovi.
Per particolare disposizione di Mons. Arcivescovo fu cantata la Messa de Beata Maria Virgine colla colletta pro gratiarum actione. I giovani dell'Ospizio eseguirono, con inappuntabile precisione e con sentimento di veri artisti, la bella messa in sol del Cherubini, accompagnati dall'organo magistralmente suonato dal M.° Firpo.
Dopo il Vangelo salì il pergamo il Sac. Giuseppe Olivieri, Prevosto di S. Pietro della Foce in Genova, Presidente del Comitato, e recitò un discorso tutto improntato di affetto e di riconoscenza verso D. Bosco e verso i Salesiani. Invero gli antichi allievi non avrebbero potuto trovare miglior interprete dei loro sentimenti. Quando egli narrò la sua storia, che poteva pur esser quella di molti fra i suoi condiscepoli, quando con mano maestra dipinse la carità di Don Bosco e de' suoi figli, la commozione s'impadronì di tutti gli animi e non fu più possibile frenare le lagrime. Nè ciò deve far meraviglia ; l'oratore stesso era sì commosso, che poco mancò non venisse meno sul pulpito stesso.
È pregio dell'opera notare che, sebbene fosso giorno feriale, la chiesa era letteralmente stipata, e gli uditori che si trovavano colà erano venuti perchè coi figli di D. Bosco avevano comuni i pensieri, gli affetti e le aspirazioni. Anche l'udienza era degna dell'oratore !
All'imponente funzione religiosa tien dietro l'agape fraterna. Accanto ai due Vescovi ed agli antichi Superiori seggono 98 antichi allievi che, il volto sorridente, vanno a gara nell'evocare le più soavi memorie degli anni trascorsi nel caro Ospizio. Com'è dolce il ritrovarsi insieme dopo molti anni di separazione! Con quanto affettuoso trasporto i discepoli di un tempo, ed ora zelanti sacerdoti ed esemplari operai, industriali, artisti, si stringono attorno ai loro antichi Maestri, che paternamente sorridono e loro rivolgono le più cordiali parole l Fra i varii bellissimi brindisi che furono pronunziati, va ricordato quello del Sac. D. C. Cresta, Rettore del Santuario di N. S. della Guardia, il quale rivelò ai commensali come queste feste avevano pure per iscopo di ricordare il 25° anno di sacerdozio di D. Luigi Bussi, Prevosto di S. Gaetano, a cui gli antichi allievi offrivano un elegantissimo calamaio colla penna e spatola d'argento. Fu elettrizzante il discorso del Sig. Cervetto, Direttore del Cittadino; paterne ed affettuosissime le parole con cui Monsignor Arcivescovo chiudeva la serie dei brindisi.
Rese grazie a Dio, il Sac. D. Grasso ritrasse il gruppo degli invitati, perchè restasse una durevole memoria di quella carissima riunione.
Nulla può immaginarsi di più attraente e delizioso dell'accademia che in seguito ebbe luogo nel cortile tutto messo a festa con trofei e drapperie. Su d'un apposito palco presero posto i R.mi Prelati, i Direttori dell'Ospizio e varii cospicui personaggi particolarmente invitati. I Cooperatori e le Cooperatrici accolsero in gran numero e con entusiasmo il gentile invito che loro fu inviato. Ed è qui specialmente che apparve sotto le più svariate forme la vivissima riconoscenza degli antichi allievi verso D. Bosco e la Pia Società Salesiana.
In quest'adunanza, qual ricordo del giubileo, dovevasi offrire uno stupendo ostensorio d'argento ; ma non avendo l'orefice terminato il lavoro, si dovette rinviare ad una prossima occasione la consegna del prezioso regalo. Ma ciò non scemò punto il pregio dell'accademia, degno coronamento di sì care feste.
Poichè non ci è dato pur di nominar tutti coloro che recitarono bellissimi componimenti in prosa ed in poesia, in italiano, in latino ed in francese, noi facciamo voti perchè tutti insieme raccolti siano dati alle stampe.
Il Sac. Prospero Luxardo lesse un telegramma del Cardinal Rampolla, che annunziava una special benedizione del S. Padre agli antichi allievi di D. Bosco ed a quanti erano intervenuti alla riunione. Non occorre dire con quale esultanza e con quali applausi sia stata accolta questa novella.
Monsignor Arcivescovo si degnò rivolgere a tutti alcune parole di commiato. Espresse la sua soddisfazione d'aver partecipato a sì bella solennità, si professò grato ai Salesiani del bene che fanno nella sua Archidìocesi, terminò dicendo che sperava da queste feste frutti abbondanti per la gloria di Dio e per la salvezza delle anime. Quindi tutti gli astanti caddero in ginocchio ed il venerato Arcivescovo implorò su di loro le più elette benedizioni del cielo.
In fine cantato in musica il Te Deum ed il Tantum ergo, Monsignor Arcivescovo impartiva la benedizione del SS. Sacramento.
Se egli è vero che un filosofo abbia cercato inutilmente un luogo ove fossero insieme riunite in bell'armonia collegate la beneficenza e la riconoscenza, e che sconfortato abbia conchiuso che tale accordo si troverebbe solo in cielo; noi vorremmo dirgli che egli avrebbe dovuto recarsi all'Ospizio di S. Vincenzo il 6 luglio 1897 e senza fallo avrebbe trovato quanto egli cercava. Colà sarebbesi certamente incontrato in auime nobili e generose, per cui la gratitudine verso Dio e verso i benefattori è un sacro dovere, e dai cui cuori quale odoroso incenso s'innalza ogni giorno la preghiera del ringraziamento.
(1) In 25 anni furono accettati in quest'Ospizio ben 5000 allievi, di cui 300 oggidì sono Sacerdoti zelanti delle varie Diocesi, a cui appartenevano.
(2) Una indisposizione, fortunatamente leggiera, impedì a Mons. Capecci di prender parte alle funzioni.
Il carissimo Dìrettore Diocesano dei nostri Cooperatori di Chioggia, Rev.mo D. Francesco Zennaro, di questo consolante avvenimento ci dà la seguente relazione:
Grazie a Dio anche Chioggia avrà la consolazione di avere tra le sue mura i benemeriti figli di Don Bosco.
Il giorno 8 luglio p. p. alle ore 9,30 Sua Ecc. Rev.ma Monsignor nostro Vescovo Lodovico Marangoni dei Minori Conventuali, assistito da due dignità del Rev.mo Capitolo, il Decano e l' Arciprete, benediceva e poneva la prima pietra della Chiesa e dell'Istituto Salesiano, che sarà dedicato al glorioso martire di Trieste S. Giusto, a ricordo del nostro concittadino il defunto Sacerdote D. Giusto Furlan, il quale lasciò buona parte della sua sostanza perchè venisse eretto detto istituto a beneficio dell'abbandonata gioventù.
Le vie conducenti alla nuova fabbrica erano molto bene addobbate con damaschi, bandiere e scritto che inneggiavano ai benefattori e padri della gioventù, i figli di D. Bosco. Anche il Comune issò la bandiera nella piazza e sulla torre di Porta Garibaldi. Venne a rallegrare la solenne cerimonia la banda ed i giovanetti dell'Istituto Salesiano di Mogliano. Il M. R. D. Luigi Rocca, accompagnato dal M. R. D. Mosè Veronesi, Ispettore delle Case Salesiane del Veneto, rappresentava il Superior Maggiore D. Michele Rua. Era presente la Signora Giustina Furlan, nipote del sullodato fondatore ed erede universale delle sestanze di lui, la quale con tanto zelo unitamente al Sig. Cav. Vincenzo Bellemo attende alla buona riuscita della fabbrica. Il Signor Sindaco Comm. Filippo Baffo, con tutta la Giunta Municipale, il Regio Commissario, il Pretore, il Capitano del Porto, molto Clero e molte Signore e Sìgnori Cooperatori e Cooperatrici Salesìane vollero onorare della loro presenza la bella e commovente cerimonia. Insomma la città tutta dimostrò quanta stima abbia dei figli di D. Bosco e quanta premura perchè presto abbiano a venire tra di noi.
Compiuta la sacra cerimonia, Mons. Vescovo tenne ai presenti il seguente discorsetto, che Sua Eccellenza nella sua consueta bontà, annuendo alle pressanti istanze fattogli si compiacque cederlo, ed io ve lo invio perchè rimanga come saggio della benevolenza e stima che il nostro Ecc.m° Vescovoo nutre pei figli di D. Bosco:
Compiuto il sacro rito, benedetta e posta a suo luogo la pietra angolare della nuova Cappella e del grandioso Istituto, che da tanto tempo sospiravamo come termine fisso dei desideri nostri, permettetemi, o Signori, una parola. Essa vi viene dal cuore, che non saprebbesi dir soddisfatto, se tacer dovesse in momenti di così giusta e generale esultanza.
Io v'invito, o Signori, a rendere distinte grazie a quel Dio, che mai non abbandona chi si affida alla sua carità. V'invito ad ammirare gli amorosi disegni della divina provvidenza, che sollecita sempre del comun bene, parlò al cuore di un vostro concittadino, perchè a questo popolo nel più pressante dei suoi bisogni dar volesse opportuno un soccorso. Accolta religiosa mente la voce del cielo, questo vostro concittadino così disponeva del largo suo patrimonio, che ne dovesse pienamente godere la sua patria diletta.
E qui vedete, o Signori, quanto buono esser volle con voi quel dolcissimo Padre che abbiamo nei Cieli. Erede della sostanza del compianto suo Zio, la Signora Giustina Furlan volle metterne in atto, e voi ne siete oggi testimoni, i lodevolissimi intendimenti. Ben comprese le condizioni e le esigenze dei tempi, ella volse il pensiero a quegli sventurati fanciulli , che nella nostra città lasciati miseramente a se stessi fin dall'infamia, non possono dare alla patria nella matura età che i tristi, frutti del più deplorevole pervertimento. A questi, pensò, a questi tutto volta. largito ciò che per la nostra Città aveale lasciato il ben amato suo Zio. Che più ? Volendo sopratutto il bene spirituale di questi poveri figli, fermò nell'animo suo di affidarli alle solerti e pazienti cure di un religioso sodalizio. Verrebbero così preservati dalla corruzione del secolo, e li avremo un giorno cittadini non oziosi, ma operosi; non rotti alla crapula e al vizio, ma dediti alla pratica delle cristiane virtù, donde il vero benessere individuale e sociale.
Ah ! io ne vado sicuro.
I cari nomi dell'Abate D. Giusto e della Signora Giustina Furlan saranno qui sempre in benedizione. Memore di una tanta generosità, Chioggia non verrei meno a se stessa. Chioggia saprà fregiare di questi due nomi le belle pagine della sua storia, saprà aggiungerli ai nomi dei molli, che l'hanno in ogni tempo e in varie guise beneficata e illustrata.
Ma era pur riservato alla Signora Giustina, il risolvere a chi doveva affidarsi il novello Istituto. Nel fervore della sua pietà ne chiese consiglio al benignissimo Iddio, e così Iddio le parlò al cuore: affidalo ai Salesiani, ai figli del mio caro Don Bosco; a quei figli, che emulatori della carità del loro santo Istitutore, allietano oggidì con le prestantissime opere del loro zelo la Santa Chiesa di Cristo; a quei figli che tanto di bene sanno diffondere nella odierna ahi troppo sconvolta società coll'istruire e cristianamente allevare i poveri ed abbandonati figli del popolo.
Sieno adunque i benvenuti tra noi i figli impareggiabili di D. Bosco. Chioggia li desidera, Chioggia li attende, e sicura ormai nelle concepite speranze, manda al Reverendissimo Don Rua, Superiore Generale dell'inclita Congregazione, coi debiti ossequi i più cordiali ringraziamenti. L'egregio figlio di Don Bosco, a cui dobbiamo la cara festa di questo dì, vorrà farsi interprete presso il suo veneratissimo Superiore dei sentimenti dell'intera nostra Città, alla quale nulla più resta a desiderare che il sorgere di un altro giorno, in cui aperto ai poveri giovanetti suoi figli il sospirato Istituto, possa mandare al Cielo più copiose e più fervide azioni di grazie per così preziosa beneficenza.
Viva Maria! Essa è veramente l'Ausiliatrice potente del popolo cristiano ed in questo nostro secolo si piace più che mai di essere onorata, venerata ed amata sotto questo glorioso titolo che sì bene rìtrae l'opera sua ineffabile a pro dei miseri figli di Eva. I continui prodigi, le innumerevoli grazie e più dì tutto la meravigliosa propagazione di questa divozione ci dicono altamente che questo è il suo titolo predìletto e quello che più la rende somiglìante al suo Divin Figlio, Gesù Cristo. Essa, come Gesù, ha la sublime ed amorosa missione di salvare l'umanità dalle zanne dell'oste infernale, missione impostale dall'immenso suo amore verso di noi suoi figli adottivi; e perciò tutti coloro che la invocano per Ausiliatrice e Salvatrice nelle distrette della vita, non possono non sentirne subito i salutari effetti, e tanto per grazie temporali che spirituali questa nostra buona Madre a sè li lega indissolubilmente. Epperò ben si può dire che ogni grazia largita da Maria perche invocata sotto questo glorìoso titolo, è un nuovo altare che essa stessa si erige nel cuore dell'umanità: altare, da cui hanno origìne mìllanta altri, perchè sorgente di novelli favori. E questi altari dì grazie, ravvivando la fede in tutti i cuori, e piegandoli dolcemente a volerne far l'esperienza, dìffondono dappertutto questa mirabile divozione, la quale penetra in tutti i luoghi, rianima i cuori afflitti e lì gioconda di più liete speranze. Oh questa celeste Madre nostra vuol essere invocata particolarmente sotto questo bel titolo ! La società tutta deve ritornare a Gesù Cristo mercè il suo potente aiuto, e le imponentissìme solennità che a Lei, Aiuto dei cristiani, si fanno, sono l'alba fortunata di questo universale trionfo di Gesù Redentore.
Nello scorso mese abbiamo già fatto cenno di alcune di queste solennità, ed ora crediamo far cosa gradita a tutti, scegliendone, tra le molte, un altro mazzetto.
- A Givoletto pittoresco paesello della Provincia di Torino, per un mirabile intreccio di grazie divenne tanto popolare la divozione a Maria Ausiliatrice, che tutti, con a capo il Rev.mo Prevosto Don Andrea Rolle, vollero concorrere ad erigerle una devota Cappella.... E la Cappella in poco tempo sorse, bella e piena di maestà, a perenne ricordo dell'amore immenso che i buoni Givolettesi nutrono per Maria SS. Ausiliatrice, dove se ne celebra solennemente ogni auno la festa patronale. Il Reverendissimo Prevosto poi raccolse in un opuscoletto tutta la storia di quest'opera amorosa, destinata a perpetuare in Givoletto e paesi vicini il culto vivo, soave all'Ausiliatrice del popolo cristiano.
- A Marsala splendide feste nella nostra Casa della Provvidenza con l'intervento di S. E. Rev.ma Mons. Gaetano Quattrocchi, il quale alla vigilia, dopo aver amministrata la Cresima a venti convittori e gli Ordini Minori a quattro seminaristi, celebrando la S. Messa ebbe la consolazione di comunicare per la prima volta ben 90 ragazze accompagnate da più di 200 altre. Il giorno della festa poi fu un vero trionfo: tutto riuscì a meraviglia ed i presenti riportarono le più soavi impressioni e la ferma risoluzione di voler sempre amare con tutto il loro cuore Maria SS. Ausiliatrice.
- Anche nell'insigne Collegiata di GualtieriEmilia, dove per opera del zelante Arciprete Don Attilio Pagliari venne eretto un altare ed una società di donne cattoliche sotto il bel titolo di Maria Ausiliatrice, quest'anno si celebrò con somma pompa la festa della nostra Celeste Patrona. Numerosa fu l'affluenza ai Santi Sacramenti e la giornata fu veramente degna di essere ricordata ai posteri per i benefici frutti apportati.
- Nell'Oratorio di S. Martino in Salerno, per cura del Vice-Direttore di quei nostri buoni Cooperatori, il M. R. Don Nobile Transillo, non poteva riuscire più consolante e più bella la festa di Maria Ausiliatrice celebrata, col permesso dell'Autorità Ecclesiastica, il 19 dello scorso maggio.
- Eziandio in Verona, nonostante la cattiva giornata, si solennizzò degnamente Maria Ausiliatrice, e la calda parola del giovane oratore Prof. D. Agostino Vedovi, infervorò tutti i presenti di più ardente amore verso Maria.
- Nel paese di Ballino presso Riva di Trento Maria Ausiliatrice ottenne veri trionfi, perché la nostra buona Madre colà pure volle farsi dispensiera di segnalatissime grazie. Per questo il M. R. Curato Don Tobia Maestri volle decorare la chiesa di una bellissima statua di Maria Ausiliatrice, e poi fare una splendidissima festa, alla quale presero parte tutti i paesi circonvicini.
- Infine inenarrabili sono le solennità dedicate a Maria Ausiliatrice in Francia, Spagna, Belgio ; nonché in Buenos Aires, San Nicolas de los Arroyos, in Santiago ed in tutte le altre città e paesi dell'America dove vi sono Case Salesiane. Per poter parlare degnamente di tutte ci vorrebbe un apposito Bollettino e questo dimostra il sempre crescente ed imponente sviluppo che va prendendo una sì cara divozione.
(Relaz. del Sac. Nicolò Badariotti Prof. in Scienze Natura)
R.MO ED AMATISSIMO PADRE,
SoNO lieto di scrivere alla S. V. R.ma per darle sommaria relazione di una missione che, coll'aiuto di Dio, feci nella regione dell'Alto Paraguay e nell'altipiano detto dei Parecis, come annesso ad una spedizione che per conto della Banca Rio-Matto Grosso si proponeva di esplorare le ricchezze naturali di una parte del vasto bacino del fiume Tapajoz, uno dei principali affluenti del fiume delle Amazzoni.
Mule ostinate - Consolante amministrazione di Sacramenti - Nel villaggio Chapadao - Buon cuore dei neri - Un'acqua pericolosa - Coro e danza - Addio - In mezzo alla foresta del Corrapira - I rayah dell'India in figura - L'abitazione dei pesci - I Bugres e loro villaggio - Curioso ricevimento - La bandiera dello Spirito Santo.
Fatti adunque i preparativi necessari per questo lungo e pericoloso viaggio, partimmo da Cuyabá. il giorno 26 luglio dello scorso anno 1896. Sul principio il nostro viaggio fu assai lento, perchè le mule, non addestrate ancora al lavoro, si ostinavano a non voler portare il loro fardello che conteneva vettovaglie, altar portabile, oggetti da regalare agli Indii ecc. Infine, come piacque a Dio, dopo alcuni giorni incominciammo a viaggiare speditamente nella direzione generale NordOvest. Attraversammo successivamente varie piccole popolazioni, dovunque bene accolti. Dappertutto ci precedeva la notizia che colla spedizione viaggiava un Missionario; epperciò al nostro arrivo io trovava sempre già riunite varie famiglie con buon numero di bambini da battezzare ed individui da cresimare, avendo io ricevuto la competente autorizzazione dallo Ecc.mo e degnissimo Vescovo di Cuyabà, Mons. Luiz d'Amour.
Fu notevole fra gli altri il piccolo villaggio detto Chapadao, abitato esclusivamente da neri. Il colore nulla affatto toglie alle eccellenti qualità di questa razza, sebbene in questo paese sia stata per molto tempo avvilita dalla schiavitù. Dovunque, dal nero si è sicuro di avere cordiale ospitalità ed ottimo trattamento. Gran numero di famiglie, avuto sentore dell'arrivo del Missionario, vennero in Chapadao, anche da più leghe, malgrado le difficoltà di viaggiare in quella regione in gran parte montagnosa. Qui ebbe luogo un fatto forse provvidenziale. Prima di arrivare al villaggio avevamo dovuto fare il giro di una montagna calcarea, dalla quale scorrono torrenti d'acqua cristallina bensì, ma direi quasi satura di minerali che la rendono inservibile allo stomaco. Io ingannato dall'apparenza, ne aveva bevuto, producendomi un malessere che mi obbligò a fermarmi due giorni in Chapadao. Non fu però tempo perduto, giacchè per quanto me lo permisero le forze, predicai, celebrai la s. Messa, confessai, battezzai e cresimai con giubilo e profitto di quegli ottimi popolani. Verso sera mi vennero ad avvisare che avevano preparato il canto delle Litanie e della danza detta di S. Gonçalo, che era per me cosa nuova. Rimasi meravigliato nel vedere l'esattezza, con cui cantarono le Litanie, perfettamente preparati da un vecchio che fa loro da maestro. Il canto alternato da due cori, di origine delle primitive Missioni, aveva un non so che di soave e devoto da far spuntar le lacrime. Finite le Litanie si diede principio alla danza di S. Gonçalo. È da notare che nel Brasile la danza entra assai, più o meno a proposito, secondo i luoghi, nelle feste religiose. Quanto a me giudicai quella funzione null'altro che una parodia, che quella buona gente eseguisce in buona fede e con buona intenzione.
Il giorno seguente, dopo aver ancora esercitato il sacro ministero, verso mezzogiorno prendevamo le mosse per discendere già nel versante del Paraguay. Quella buona popolazione volle allora darci una dimostrazione di stima, colmandoci di regali ed accompagnandoci per quasi mezza lega fino all'entrata della grande foresta del Corrupira (Curupira-demonio). Era commovente vedere dietro a noi tutto quel popolo, uomini, donne e bambini sfidare ì cocenti raggi del sole, per domandare una volta ancora la benedizione al Missionario, augurargli felice viaggio ed assicurarlo che tutti pregherebbero Dio per il suo felice ritorno. Intanto la nostra avanguardia già si inoltrava nella foltissima foresta ed io commosso mi accommiatai da loro, ringraziando Iddio delle consolazioni concedutemi in quel sito.
Era tale l'impressione fitta nel mio cuore, che a mala pena potei ammirare l'imponenza della foresta vergine, che copre la valle chiusa tra le montagne d'Araras e del Corrupira. Questa cordigliera, quasi tutta. calcarea., forma una linea obliqua, che va da Diamantino a S. Luis de Caceres, separando i versanti del Paraguay e del Cuyabà. Dopo aver passato una stretta gola, uscimmo in pianure seminate di piccole colline isolate, che colle loro palme producevano l'illusione di lussureggianti ville dei rayah dell'India. Giorni dopo attraversammo il Jahu-coara (abitazione dei jahupesci) ed accompagnando più o meno questo fiume giungemmo al villaggio detto Barra dos Bugres, sito sulla riva destra del Paraguay, presso la confluenza del Rio dos Bugres. Questo villaggio devo il suo nome ai Bugres, vale a dire agli Indii selvaggi della tribù dei Barbados, che abitano e direi pure infestano per un tratto la riva destra del Paraguay ( latitudine 14°, 30' sud, long. 58' ovest di Parigi, approssimativamente).
Il villaggio è composto per lo più di negozianti di poaya, che abbonda nella grande foresta della sponda destra del Paraguay. Singolare ricevimento ci aspettava al nostro arrivo. Componevano una folia alcuni musici: due cantori, un uomo ed un ragazzo, che cantando si facevan scoppiare le vene del collo, accompagnati da altri che grattavano due violini, e poi una chitarra ed un tamburo. È inutile dire che l'ultimo strumento la vinceva su tutti. Siffatta commissione o folia andava in giro raccogliendo limosine per non so che festa. Ad ogni donativo, uno porgeva la bandiera dello Spirito Santo, e l'offerente si copriva divotamente colla bandiera, mentre i musici eseguivano una suonata.. Venne pure il mio turno, ma non mi coprii della bandiera per essere già coperto dell'abito sacro. Attraversammo il fiume, e fummo ricevuti con somma generosità dal Sig. Maggiore Ioao B. d'Almeida, principale personaggio del luogo. Egli mise a mia disposizione la sua casa, ed io ne approfittai per compiere il mio ministero, facendo gran numero di Battesimi ed oltre a 100 Cresime.
La foresta della Poaya - Gli Indii Barbados - Loro vita e loro costumi - Rapina di fanciulli -Appiè della montagna Tapirapuam - Nella azienda del sig. Marcellino - Nuove consolazioni pel Missionario.
Era già da più di un mese che eravamo partiti da Cuyabà. Dopo di esserci fermati una settimana a Barra dos Bugres per completare i nostri preparativi, partimmo in direzione Nord - Nord Ovest, impiegando due giorni per attraversare la foresta della Poaya. Lasciammo a destra il territorio abitato dai Barbados, peirchè non era nostro fine visitare questi Indii pericolosi.
Daltronde ben poco si può sapere intorno a questa tribù misteriosa dalla pelle bianca, perchè questi Indii, antropofagi secondo taluni, vivono in un isolamento assoluto ed in nessun modo permettono il contatto dello straniero. Non hanno barba, ma usano di questo ornamento posticcio fatto di pelle di bugios (scimmie), quando dalla sponda del Paraguay vedono passare lo straniero sulla piroga. È opinione che questa tribù derivi da una famiglia di Paulisti (Prov. di S. Paolo) di origine Europea; ma non è che una ipotesi, poichè la loro lingua non ha nulla di comune colla lingua Portoghese. Esistono però nella tribù alcuni individui che parlano intelligibilmente questa lingua, cui coltivano unicamente per servire d'interpreti.
I Barbados non usano fucili, ma solo archi potenti e freccie lunghe e pesanti. Si è trovato nel loro accampamento per occasione di un combattimento una scure. Sono per indole diffidenti e feroci, anche perchè i civilizzati soventi volte li molestano, facendo loro pregustare le delizie della civiltà per mezzo della carabina. In generale essi vivono tranquilli nel loro isolamento, coltivando in quantità meliga e mandioca, senza preoccuparsi dei vicini. Fanno però frequenti razzias contro i Parecis, ai quali rapiscono i fanciulli per divorarli. Poveri Parecis! che terrore hanno pei Barbados, per questi Indii che loro tolgono i figli, cui amano svisceratamente!
Un giorno, e non è molto tempo , una turma di Parecis invocavano l' aiuto dei bianchi, affinchè questi armati di carabine li aiutassero ad andar a strappare dai Barbados alcuni fanciulli che loro avevano rapiti. Navigando su pel Paraguay, videro i Barbados schierati sulla spiaggia, armati d'archi e di freccie ed in attitudine minacciosa. Uno dei bianchi intimò ai Barbados di restituire i fanciulli dei Parecis. Rispose uno di loro: - Ritiratevi, bianchi, lasciateci combattere coi Parecis e poi vedrete. - A questa insolenza risposero alcuni colpi di fucile ed i Barbados presero la fuga. Allora si avvicina la comitiva, pone i piedi in terra, e qual non, fu la sorpresa ed il dolore nel vedere i fanciulli Parecis, fatti a pezzi, abbrustolire sulla brace !...
Poveri Barbados, quando suonerà per voi pure l'ora della luce del Vangelo? Quando si annunzierà fra di voi la Buona Novella?
Continuando il nostro viaggio dopo tre giorni da Barra dos Bugres, ci trovammo di fronte alla montagna di Tapirapuam (regione dei tapiri) , che forma come un immenso gradino di circa 700 metri d'altezza, il cui piano superiore si protrae orizzontale fino ad incontrare la Serra dei Parecis, che forma il limite fra il versante del Paraguay ed il versante del fiume delle Amazzoni.
La salita del Tapirapuam è abbastanza difficile per animali da soma ed é imprudente salirvi a cavallo. Poco mancò ch'io rotolassi col cavallo in un abisso; un violento strappone fece cadere l'animale in posizione favorevole. Giunti verso sera sull' alto della montagna, colà accampammo in mezzo ad altissimi alberi che invano scuotono le violente bufere dell'altipiano dei Parecis.
Dal Tapirapuam camminammo all' Est, contornando così il territorio dei Barbados per recarci nell' azienda di un certo Marcellino Prado, uno degli uomini più benemeriti della Provincia, poichè essendosi da pochi anni stabilito in quel luogo, di una foresta fece un gran campo in cui alleva molto bestiame e coltiva cereali. Oltre ad alcuni servi Brasiliani, ha ai suoi ordini alcuni Parecis ed un buon numero di Indii Chiquitos della Bolivia, bianchi e completamente civilizzati e cristìani. Quel buon signore ci accolse con somma gentilezza e generosità e molto coadiuvò l' adempimento del mio ministero. Istruii e battezzai una donna Parecis col suo figlio, giacchè intendevano abbastanza la lingua Portoghese. Mentre faceva le istruzioni per loro, i Chiquitos mi ascoltavano con piacere e finirono poi per pregarmi di rimanere con loro. Confessai, cresimai un buon numero di persone di razze differenti. Finalmente, dopo breve soggiorno in quella deliziosa azienda, ricolmi di regali del Sig. Prado, partimmo accompagnati per buon tratto dai Chiquitos, molti dei quali singhiozzavano e piangevano nell' accommiatarsi da noi.
Nel territorio dei Parecis - Assediato dalle scimie- Una vittoria - I primi Parecis - Le malocas - Costumi, costituzione fisica e lingua di questi Indii - Alla residenza del secondo Cacico - Una donna interprete - Credenze religiose - La chicha - Alla caccia di insetti e farfalle - Una onorificenza.
Entrammo nel territorio dei Parecis, le cui malocas ( termine portoghese che significa casa di Indii) si trovano a circa 10 leghe. Prima di arrivarvi accampammo presso un fiume e vi rimanemmo fintantochè si potè colla falce e colla scure aprir la strada attraverso la foresta. Essendo io andato a diporto nella foresta, mi vidi attorniato da un gran numero di scimmie. Sulla cima di un albero altissimo ve n' era una che pareva provocarmi: feci fuoco ed essa cadde con urlo al suolo; era un ateles paniscus così grosso, che a mala pena potei trascinarlo fino all'accampamento.
Intanto essendo già aperta la strada, mi avanzai con un compagno fino a trovare la prima maloca. Dopo due leghe di cammino vi giungemmo con grande mio piacere. Sbucando dal folto della foresta, scorgemmo d'improvviso la singolare abitazione dei Parecis. Davanti alla casa due donne ed un giovane ci guardarono sorpresi, mostrando quelle voler fuggire, ma si fermarono ad un nostro cenno amichevole. Ci avanzammo ed io incominciai a tirar di tasca alcuni regalucci. Una delle donne cominciò a parlar forte una lingua per me nuova, e da tutti i canti della foresta apparvero ragazzi a far capolino, i quali poi assicuratisi mi si avvicinarono. Una bambina prese persino il coraggio di venirmi a frugare lo zaino e le tasche, ed afferrato un rosario lo tenne fermo e non potei negarglielo. Prima però baciai la croce e l'invitai a far lo stesso, ma essa non trovandovi gusto veruno si pose a ridere. Mi accorsi di poi che i Parecis non usano il bacio. Una delle donne si ritirò, e di lì a poco riapparve portandoci radici di mandioca cotte sotto la cenere ed acqua fresca in una zucca. Era per noi buon segno questa generosità.
Intanto mi posi ad osservare intorno a me. L'abitazione dei Parecis è ovale ad arco ogivale, coperta con molta arte con foglie di pacova della famiglia delle musacee. Nelle due estremità in mezzo vi ha una porta stretta e così bassa, che entrando si tocca quasi le mani in terra. Per dentro tutt' intorno v'ha una specie di zoccolo di corteccia di jatobù per impedire l'entrata agli animali nocivi. Varii pali ficcati nel suolo con simmetria sostengono le reti, che i Parecis tessono con cotone e con grande maestria. Ad un metro circa d'altezza sul fuoco che è contitinuo, vi ha uno strato di legno dove sono conservati al fumo gli alimenti di riserva.
Pochi fra i Parecis vanno vestiti; se vestono una camicia, è più per mostrare dignità che per modestia. I giovani specialmente portano varii ornamenti di filigrana o di sementi al collo, al braccio vicino all'ascella, al polso, alle reni, e sotto il ginocchio. I bambini poi, specialmente se figli dei capi, portano al collo un vero fardello di ornamenti.
Le donne portano a mezzo la persona una cintura rossa di cotone della larghezza di un palmo tutt' intorno, e ciò senza distinzione di età; le bambine di pochi giorni già hanno la loro cintura, ed in ciò i Parecis mostrano più pudore che molti così detti civilizzati. Stanno poi con molta circospezione e prudenza nel sedersi e nello sdraiarsi, di modo che osservano perfetta decenza.
I Parecis sono per lo più di statura mediocre, ma ben proporzionati e svelti. Portano i neri capelli lunghi fino a coprir le orecchie, ma tagliati in linea retta sulla fronte da lasciar libere le sopraciglia. Colore bronzo rame, occhi neri e penetranti, poca o nessuna barba, fattezze regolari ed alle volte eleganti, il cranio sviluppato e rotondo, angolo faciale aperto, tali sono i segni caratteristici di questa razza.
La lingua Parecis affatto diversa dal Gua ranì e dal Tupì è armoniosa e dolce, non molto difficile, perchè i Parecis, al contrario dei Bororós, pronunziano distintamente le parole. Mostrano gran piacere nel vedere lo straniero impegnarsi per imparare la loro lingua e si prestano facilmente con pazienza ad insegnarla.
Essendo arrivata la comitiva, proseguimmo il nostro viaggio ed accampammo sulla riva di un fiume presso la seconda maloca, molto più popolata della prima per essere la residenza del secondo. Cacico dei Parecis. Quivi ebbi la fortuna di incontrare una donna della razza, che parlava perfettamente la lingua portoghese, perchè educata in Cuyabà. Ne feci il mio interprete per istruire quella gente nelle verità principali della nostra santa Religione e per scrivermi un piccolo dizionario.
Io era commosso al vedere con che attenzione quella numerosa famiglia riunita intorno a me ascoltava la buona novella. Era la prima volta che essi udivano parlare della storia del genere umano, dei dogmi della fede e della santità della morale cristiana. Quando ebbi finito, il Cacico mi fece dire che varie cose, ch'io aveva detto, i Parecis le osservavano già per tradizione dei loro antenati.
Le idee religiose dei Parecis si compendiano press' a poco come segue
Credono in Dio, Enoré (Tupà dalla razza Tupinhaudejara dei Guarani) signore del cielo e della terra, il quale ora minaccia col tuono, ora feconda la terra colla pioggia. Enoré castiga il genio del male, l'autore di tutti i flagelli che tormentano l'umanità. Enoré ha un figlio, la cui patria si chiama Balaata uétégu (é si pronunzia come il primo e della parola piemontese véner).
I Parecis ammettono che tutti gli uomini derivano da un primo uomo dalucanaiteré, verità che essi concisamente esprimono con una parola sola hatitauere. Il primo uomo che morì era giusto e fu ucciso dal proprio fratello (Abele e Caino). Relativamente agli Indii antropofagi, pei quali i Parecis nutrono disprezzo ed orrore, mi dissero che Cenicaloré uccise il proprio padre e prese per moglie Enocuquini che aveva uccisa la propria madre. Da questo consorzio sarebbero derivati i Tapanhunas, Apiacas, Nhambiguaras tenuti come antropofagi (Indii che abitano gran parte del bacino superiore del Tapajoz). ,
Interrogati sull'origine dei Parecis non mi seppero dir altro, fuorchè il loro padre fu Uazare, che abitava presso la grande cascata del Juricena, che colà tutti i Parecis vissero uniti finchè prevalse il pregiudizio che, morendo una persona fosse per malefizio altrui, e quindi si condannava a morte colui sul quale cadesse il sospetto; perciò si separarono e si sparsero. Pur troppo, poco tempo fa tra i Parecis fu sotterrata viva una povera donna, giudicata l'autrice di malefizi!
Morto un individuo, lo seppelliscono nella propria casa sotto la rete su cui costumava riposare, in una cogli oggetti che gli appartenevano.
Il matrimonio è celebrato con poche formalità. Il Parecis ha una sola moglie; però si crede in diritto di considerar per moglie le proprie figlie. Il Cacico essendo il padrone assoluto, può avere più mogli e ripudiarle quando gli pare e piace.
Del resto gli impuberi sono vigilati; poichè da quanto osservai, pare che siano educati in malocas diverse secondo i sessi.
Varie volte mi avvenne di accettare l'ospitalità dei Parecis; per cui potei osservare meglio le loro usanze e costumi.
Non li vidi mai altercare ad alta voce; piuttosto mi impressionava il loro favellare dolcemente, con accento soave e direi quasi compassionevole. Alle volte uno parla per molto tempo e l'altro ascolta, dando una specie di approvazione ad ogni frase. Avendo uno finito, l'altro comincia e via dicendo.
I Parecis vivono specialmente di caccia che in generale sanno già provvedersi col fucile, che comprano in cambio di gomma elastica. I giovani usano l'amo e la freccia. Mangiano tutto arrostito, insiem col bijú, specie di focaccia di farina di mandioca.
Osservando una volta l'interno della casa, vidi alcune donne intente a masticar meliga ammollita nell'acqua e gettare il prodotto di siffatta macerazione in un vaso di legno. Domandai spiegazione di quel lavoro, e mi risposero che facevano la chicha, bevanda di lusso nella tribù. Tenni come preziosa questa indicazione, il che non tolse che per inganno ne bevessi una volta. Alcuno di loro, specialmente il Cacico, incomincia a coltivar mandioca e gran turco, ma in ciò sono i Parecis di gran lunga inferiori ai Bacahiris del fiume Arinos, i quali più industriosi sono addetti all' agricoltura in grande scala ed allevano bestiami.
I Parecis, sebbene si costruiscano case e con molta arte, cambiano facilmente di sito, e vanno a stabilirsi or qua or là secondo l'abbondanza della caccia e del miele selvatico, di che vi ha dovizia nelle foreste.
Nella terza maloca ottenemmo una guida, certo Lozoiaça (detto dai brasiliani Vespasiano), uomo intelligente e probo, abilissimo cacciatore agli ordini del gran Cacico. Proseguendo il nostro viaggio, visitammo diverse malocas, dovunque ben trattati dagli Indii. Io non perdetti mai occasione di istruirli nella Religione, mentre per divertirli loro parlava dei nostri paesi lontani al di là del mare. Ciò li meravigliava, poichè essi credevano che il Brasile fosse tutto il mondo. In segno di grande meraviglia ridevano quando diceva che in altri paesi era notte quando per loro era giorno e così del resto.
Intanto si avvidero che io raccoglieva insetti e farfalle; per compiacermi, i giovanetti correvano a gara e coi loro occhi di lince mi trovarono bellissimi insetti. Per questo motivo e perchè io osservava la natura in generale, alcuni capi di famiglia, mi chiamarono a parte e mi diedero il nome di Utariti, che per essermi molto lusinghiero non occorre tradurre.
(Continua)
(Relazione del Sac. Ernesto Briata) (Seguito dal Bollettino di Luglio u. s.)
La stagione delle pioggie - Da Uribe a Villavicencio - Nuova chiesa - Frutti raccolti.
FRATTANTO il tempo mi aveva portato alla stagione delle pioggie, epoca terribile e pericolosissima per chi deve fare lunghi viaggi.
Questa stagione qui è impropriamente detta inverno e dura ben nove mesi dell'anno, vale a dire dalla metà di marzo fino a dicembre. Non è che in tutto questo tempo piova continuamente senza alcuna interruzione ; ma bene spesso la pioggia continua a catinelle per otto giorni e per otto notti di seguito, senza cessare un solo momento.
Nella stagione delle pioggie si formano come per incanto lagune, ruscelli e fiumi che prima non esistevano; le lagune poi si convertono in laghi, i ruscelli in grossi fiumi ed i fiumi alla lor volta in mari d'acqua dolce.
Da Uribe a Villavicencio vi sono cinque giornate a cavallo, ed in questo tempo più di cento fiumi da traghettare. I più grossi sono il Duda, il Guejar, l'Ariari, il Guape, il Guamal, l'Humadea, il Guayuriva e il Rio .Negro, i quali nella stagione delle pioggie sono inguadabili, e bisogna passarli o a nuoto, o in canoa, oppure sopra una specie di battello formato di rami o di canne e che qui chiamano col nome di balsa. A me toccò traghettare il Guejar in una piccola e grama balsa e l'Ariari in una stretta canoa. L' Ariari è il fiume più grande e più terribile che ho finora veduto nei Piani di S. Martin. Tutti lo temono quando è grosso, perchè ricordano le tante vittime che va continuamente facendo.
Dopo quattro mesi di assenza, l'11 di agosto tornava a rivedere i cari confratelli di S. Martin ed a godere della loro dolce compagnia. Ma l'ubbidienza voleva ch'io visitassi pure Villavicencio ; e però dopo essermi trattenuto alquanto per riposarmi e rifarmi delle sofferenze patite in S. Juan de Arama ed in Uribe, il giorno otto di ottobre partii per Villavicencio, paese dei Piani di S. Martin più immediato a Bogotà, più importante sotto ogni riguardo e che conta dai tre ai quattro mila abitanti.
L'anno scorso, quando di qui passammo per recarci al solitario paesello di S. Martin, si stava costruendo una nuova chiesa, essendo stata l'antica distrutta da uno spaventevole incendio. Al mio arrivo, quantunque non ancora del tutto terminata, la si poteva officiare. Anzi, affinchè si spingessero avanti i lavori con maggior celerità, mi vi fermai circa tre mesi.
In questo frattempo, coll'aiuto di Dio, si è potuto fare un po' di bene: si benedissero 22 Matrimonii : si prepararono una trentina di giovanetti d'ambo i sessi alla prima Confessione: 50 tra ragazzi e ragazze si prepararono e ricevettero per la prima volta il Pane degli Angeli, e si vide il bel numero di circa cinquecento adulti accostarsi ai SS. Sacramenti della Confessione e della Comunione. Nella solennità di Tutti i Santi distribuii ben 120 Comunioni e più di 50 il giorno seguente, Commemorazione dei fedeli defunti. Di tutto ne sia lode al Signore.
Alla volta di Jiramena. - Il serpente boa. Il Villaggio. - Sotto la cappa dei ciclo.-Il serpente a sonagli.
Mi rimaneva ancora da visitare Jiramena, il paese più internato nei Piani di S. Martin e distante due gìorni a cavallo da Villavicencio. Per arrivarvi bisogna traversare folti boschi e percorrere estesissime pianure, rallegrate qua e colà da bellissime lagunette, circondate da palme ed abitate da numerosissime anitre selvatiche di svariate forme e colori. In queste lagune s'incontra pure il re dei serpenti, il terribile boa, che qui raggiunge fino i sette e gli otto metri di lunghezza. Quest'enorme animale inghiottisce colla più grande facilità di questo mondo un uomo, un vitello ed anche una giovenca; se poi ha la fortuna d'impossessarsi d'una vacca o di un toro, che non potrebbe inghiottire intieri, li avviticchia colle sue spire e li stira così bene da ridurli alla capacità della sua bocca. Si dice che il boa esala dalla bocca un alito così pestilenziale, da stordire qualunque animale abbia la disgrazia di avvicinarsegli; ed è specialmente in questo modo che divengono facilmente sua preda.
Il giorno 17 novembre già mi trovava in Jiramena. È un piccolo villaggio, che giace nella confluenza del fiume omonimo col Meta e conta un duecento abitanti, quasi tutti indigeni, anzi molti tuttora mezzo selvaggi. Il clima e la posizione non potrebbero essere peggiori. Il calore è così soffocante e di notte poi tanto eccessivo, che io più volte mi credei di rimanere asfissiato. Per questo motivo pare si abbia voglia di abbandonare l'attuale villaggio e portarsi a fondarne un altro in un punto migliore chiamato Surimena.
Non per mancanza di cappella, sibbene per poter godere un po' d'aria e non correr pericolo di soffocare, nei tre giorni che mi fermai a Jiramena celebrai il S. Sacrificio e predicai all'aria libera. Ed era proprio bello e consolante vedere tutta quella povera gente, seduta sull'erba, ascoltare con vera avidità la parola di Dio. Da due anni non avevano più veduto Sacerdote, e l'ultimo fu il nostro caro Ispettore D. Evasio Rabagliati, cui essi ricordavano ancora con tanto piacere, il quale vi si era recato nel suo viaggio d'esplorazione alle immense pianure del Mare per lo stabilimento del nuovo Gran Lazzaretto per i lebbrosi di Colombia. Quivi amministrai 12 Battesimi e parecchie Confessioni.
Ritornando a S. Martin ebbi occasione di vedere per la prima volta il serpente a sonagli, chiamato qui cascabel. Era lungo quasi due metri. Siccome era di buon mattino, se ne stava come intirizzito sulla strada; prendemmo quindi il largo e passammo senz'alcun pericolo. Questi serpenti abbondano assai nei Piani di S. Martin.. La loro morsicatura è mortifera; e però essi sono i più temuti da questa gente. Non appena una persona viene morsicata da questo serpente, perde i sensi, getta spuma dalla bocca, il corpo diventa nero come un carbone ed in meno di cinque ore è freddo cadavere. E quel che è peggio si è che non pare vi sia un rimedio sicuro contro questa velenosa morsicatura; di modo che sono sempre molte le vittime del serpente a sonagli.
Ed ora., o mio buon Padre D. Rua, qui sul punto di por termine a questa mia sconnessa relazione, credo necessario richiamare la sua attenzione sull'immenso campo affidato alle nostre cure e sulla scarsità di personale addetto. Che possono fare due soli Sacerdoti in un territorio dove venti avrebbero da sgobbare da mane a sera? Fossimo almeno in sei, si potrebbe già fare qualche cosa, stabilendosi due a Villavìcencio, due a S. Martin e due a Uribe; quelli di Villavicencio potrebbero attendere a Jiramena, quelli di S. Martin a S. Juan de Arama e i due di Uribe al Guejar e all'Ilusion, altro villaggio non molto distante da Uribe. Ci pensi un poco, o amatissimo Padre, e vegga se la proposta non è ottima e se la necessità non è imperiosa.
Frattando caldamente raccomando alle sue preghiere ed a quelle dei cari Confratelli, Cooperatori, Cooperatrici e giovanetti tutti delle Case Salesiane gli interessi di questa importante Missione, e nella speranza di veder presto giungere dall'Europa un buon rinforzo di personale mi è grato professarmi coi sentimenti della più alta stima e venerazione
Suo Dev.m° Obb.mo figlio Sac. ERNESTO BRIATA,
AREQUIPA (PERù) - Nuova Scuola Salesiana. - Leggiamo nel Deber, periodico cattolico di Arequipa nel Perù, che con generale compiacenza e coll'appoggio delle Autorità locali, si è stabilito in quella importante città una Scuola Professionale Salesiana.
All'accademia d'inaugurazione, che riuscì brillante, assistette il fior fiore della cittadinanza arequipegna , la quale senz'altro movente che quello di procurare una religiosa coltura e, per quanto è possibile, un sollievo alla classe operaia, ha fatto causa comune coi figli di D. Bosco. Pronunciarono accalorati discorsi il Governatore della regione, il Sindaco, un Sacerdote del paese ed un Salesiano, intercalati da canti e suoni.
Per ora si sono iniziati i laboratorii di fabbri, meccanici, calzolai, sarti e falegnami. Si spera, in vista anche del grande interesse che prendono le Autorità locali e tutta la popolazione, di poter presto aumentare il numero dei laboratorii e dar principio pure alle scuole serali di grammatica, storia, catechismo, aritmetica, contabilità, disegno, canto e musica.
Voglia il cielo che sì bei progetti abbiano ad essere quanto prima una consolante realtà a vantaggio di quella buona popolazione !
MESSICO - CITTÀ - Benevolenza Pontificia.
- Sua Eminenza Rev.ma il Sig. Cardinale Mariano
Rampolla del Tindaro nello scorso mese di maggio ebbe la degnazione di scrivere al Direttore della nostra Casa di Messico, D. Angelo Piccono, la seguente lettera
Rev.mo Signore,
In riscontro all'ossequioso foglio da Lei diretto al Santo Padre, mi è grato significarle che Sua Santità ha conosciuto con piacere lo sviluppo di cotesla Scuola Salesiana destinata ai vantaggi dei poveri figli del popolo. Affinchè l'opera così bene incominciata abbia il desiderato compimento, l'augusto Pontefice accorda di cuore l'implorata Benedizione per quanti gioveranno alla fabbrica del nuovo tempio dedicato a Maria SS.ma Ausiliatrice.
Protestandole i sensi della mia distinta stima passo a ripetermi
Di V. S. Rev.
Rama, 10 Maggio 1897.
A.ff.mo per servirla (firmato) M. Card. Rampolla.
Sappiamo inoltre che Sua Santità, sempre benevola verso de' Salesiani, con suo Breve del 28 aprile p. p, degnavasi nominar Cavaliere di S. Gregorio Magno il Sig. Ingegnere Architetto Giuseppe Ilario Elguero di Messico, premiando così la sua generosità nel dirigere gratuitamente i lavori di costruzione del grande Collegio e della nuova Chiesa di Maria Ausiliatrice, che si stanno erigendo in quella Capitale colle limosine di quegli ottimi Cooperatori e Cooperatrici.
Non dobbiam tacere che quest'alta distinzione si deve anche ai buoni uffici di S. E. Rev.ma Monsignor Nicola Averardi, Arcivescovo di Tarso e Visitatore Apostolico della Repubblica Messicana, il quale conosce da vicino i meriti del
Sig. Ingegnere Elguero ed ha la bontà di concedere la sua protezione e di voler molto bene ai nostri carissimi Confratelli del Messico, i quali gliene sono riconoscentissimi.
PAMPA CENTRALE (REPUBBLICA ARGENTINA) - Due altre Missioni. - Le nostre Missioni della Pampa Centrale vanno ogni dì più estendendosi, con vantaggio grandissimo di quelle popolazioni. Infatti dopo la Missione di General Acha, abbiamo ora il piacere di annunciare che altre due se ne fondarono in quel vasto Territorio, quella di Victorica e quella di Santa Rosa di Toay. Da quest'ultima il Sacerdote D. Giovanni Franchini ci manda alcune notizie degne di considerazione.
« L'anno scorso, così scrive questo Missionario, l'amatissimo nostro Mons. Cagliero mi destinava per la Pampa Centrale, dove, sebbene il campo per operare il bene sia vastissimo, mancano però quasi affatto gli operai evangelici. Partii da Patagones nel mese di marzo e dopo 12 giorni di viaggio giunsi a General Acha, capitale della Pampa Centrale, dove m'intrattenni alquanto per aiutare i confratelli di quella Missione durante i giorni della Settimana santa. Tra le altre cose mi toccò di andare alle prigioni della Capitale per preparare alla Santa Pasqua più di 50 prigionieri, i quali tutti, con mia somma consolazione, si accostarono ai Santi Sacramenti con ammirabile divozione. Mi ricordai allora che il veneratissimo nostro Fondatore D. Bosco ebbe sempre una speciale predilezione per questi infelici, ed io son sicuro che da lui debbo ripetere la felice riuscita di quest'impresa. - Il sabbato santo mi posi in cammino alla volta di S.ta Rosa di Toay, distante 120 chilometri dalla Capitale. Questo paesello conta poco più di 1500 abitanti ; la campagna però è molto popolata, e l'ignoranza ed indifferenza in cose di religione vi regna sovrana, vuoi per la mancanza di sacerdoti e vuoi altresì per il cattivo esempio degli Europei qui vi emigrati, per moltissimi dei quali si può dire che han lasciato al loro paese ogni nobile sentimento di Dio e di Religione. Tuttavia si potè subito fare qualche cosa, con l'aiuto della zelante Sig.ra Enrichetta Schmid, maestra in paese. Essa, sapendo che doveva venire un Salesiano, preparò alcune ragazze per la 1a Comunione, ed il 25 maggio si fece una bella festicciuola, cui presero parte tutte le Autorità e le principali famiglie del paese, e tutti ebbero a dichiarare che era la prima volta ch'essi vedevano ua funzione sì commovente. - La stessa funzione venne ripetuta altre volte con maggior solennità e così l'esempio delle ragazze indusse molti ad accostarsi ai Santi Sacramenti. In tal modo la frequenza ai Santi Sacramenti produce già i suoi buoni frutti e spero in breve di veder tutto il paese tramutato. Però sono solo e posso far poco, tanto più che vengo continuamente chiamato qua e là per la campagna ad amministrare il S. Battesimo. Nella campagna vi sono ancora molti infedeli. In un' estancia sola battezzai più di settanta giovanetti ed ebbi a benedire parecchi Matrimonii. Oh ! quanto si sente la necessità di un altro Missionario ! Voglia il buon Dio mandarlo al più presto per il maggior bene di di tante povere anime! »
ISOLA DAWSON (PATAGONIA MERIDIONALE) - Dalla terra al cielo. - Ci scrivono: « Quest'anno la nostra Missione di S. Raffaele fu visitata dal Signore con varie malattie che infierivano specialmente sopra i giovani, molti dei quali vennero trapiantati dalla mano della morte in cielo. Ben 22 ne morirono in quest'anno, e tutti erano veramente degni di adornare, per la loro bellezza e candore, il celeste trono dell'Agnello Divino.
» Queste primizie della santità, immolate sull'altare della nascente religione cristiana di queste lande, saranno per certo feconde di grazie speciali in favore di questi poveri Indii, e speriamo con piena fiducia, che questi santi giovanetti, volati dalla terra in cielo, attireranno l'abbondanza delle divine benedizioni sopra i loro parenti e compatrioti. »
CHOSMALAL (PATAGONIA SETTENTRIONALE) - Fede ed amore. - Riceviamo consolantissime notizie di questa Missione. « Senza contare i Battesimi e le Cresime amministrate, durante l'anno, si poterono preparare ben 150 tra fanciulli e fanciulle alla 1a Comunione, con circa 2000 altre sante Comunioni di adulti. Nelle principali solennità vi fu sempre un piccolo nucleo di quei fortunati che, ammessi per la 1a volta a cibarsi delle carni immacolate del divino Agnello, diffondevano dappertutto la gioia e la felicità delle anime pure ed a Dio congiunte. Allora la festa era più solenne ed anche in mezzo allo squallore della privazione degli arredi e delle decorazioni splendide della casa di Dio, si provava tutta la potenza del culto cattolico • e la fede si rafforzava nei cuori. Così si fece a Pasqua, così durante il Mese Mariano e più di tutto nella festa di Maria Ausiliatrice e nel giorno solenne di Pentecoste. Tutti vi prendevano parte e le autorità civili e militari facevano di sè bella mostra con il loro grave e sempre puntuale contegno. Se Maria ci protegge, in pochi anni qui vi sarà una fiorente cristianità, perchè i fattori dei progressi della religione e civiltà sono la fede e l'amore a Gesù Redentore. »
BELLO HORIZZONTE (MINAS GERAES - BRASILE) - Una missione agli emigranti italiani. -
Togliamo dall'Italia Reale: « La Pasqua del 1897 va segnalata per la nuova capitale dello Stato di Minas Geraes come un lieto avvenimento, per la prima Comunione che vi poterono fare gli Italiani residenti in questa vaga plaga di terra, cosa che mai prima d'ora era avvenuta, nè si sperava poter realizzare.
» L'antica Coral da Rey che, trasformandosi in Bello Horizzonte, dà ricetto a circa cinque mila operai italiani non ha che un solo sacerdote brasiliano, il quale non viene capito da essi, per cui da diversi anni i poveretti non potevano adempiere al precetto pasquale, nè potevano ammettere i loro figli alla Prima Comunione per mancanza di istruzione religiosa.
» D. Carlo Peretti, Direttore del Collegio Salesiano di S. Gioachino di Lorena nello Stato di S. Paolo, informato della miserrima condizione religiosa in cui si trovavano questi nostri connazionali e del vivo desiderio che nutrivano di potere accostarsi alla sacra Mensa, senza porre indugio di sorta vi mandò il Missionario D. Alessandro Fia - Musso piemontese, accompagnato dal chierico brasiliano Giuseppe Calasanzio.
» Vi era però una prima difficoltà, la spesa delle due giornate di viaggio.... e il Collegio si trovava sprovvisto di denaro. Che fare? niente paura.... Si prende in imprestito la somma occorrente !..Il il Signore provvederà dopo. Ma il demonio suscitò contro il Missionario mille inciampi, fra i quali quello di fare pervenire il telegramma d'avviso della sua partenza (spedito quattro giorni prima) due giorni dopo il suo arrivo a Bello Horizzonte. E questo non fu lieve inconveniente, poichè giunto inaspettato, non si potè avvertire tutti gli Italiani della felice novella, essendo essi sparpagliati entro un circuito di sette od otto chilometri di diametro, in capanne senza strade di accesso; e meno poi coloro che abitano alla distanza di 10 a 20 chilometri, e che pure sono numerosi, i quali non avrebbero mancato di accorrervi.
» Oh, come parvero brevi i dieci giorni di soggiorno del buon Padre (come qui chiamano i sacerdoti) Alessandro; ma quanto bene ne sparse colle sue sante fatiche, stando giorno e notte nel confessionale, e non interrompendo che per predicare agli adulti o per catechizzare i ragazzi! Gli strapazzi materiali e i dispiaceri morali provati nel vedersi abbandonato non solo, ma ancora osteggiato da chi più a cuore dovrebbe avere l'educazione religiosa della popolazione (poichè volere o no, è sempre migliore operaio chi è buon cattolico), lo prostrarono al punto che il medico gli ordinò il riposo. Le furono canzoni !... raddoppiò di zelo, e non avendo più voce per predicare, si dedicò indefessamente al confessionale e vi perseverò fino alla sera di Pasqua, non avendo potuto confessare in tempo utile tutti quelli che accorsero per potersi comunicare, sia nel giovedì santo che nella domenica, quantunque l'ultima Comunione sia stata amministrata a mezzogiorno di Pasqua; ed egli doveva immancabilmente partire col treno delle cinque antimeridiane del successivo lunedì per andare a reggere il nuovo Collegio Salesiano di Maria Ausiliatrice fondato dall'Ecc.m° Mons. G.B. Correa Nery a Campinas, cioè la bellezza di quattro giorni di treno ferroviario da Bello Horizzonte.
» Alle spese di viaggio provvide con.... un nuovo debito incontrato presso il Vicario di Bello Horizzonte, poichè coloro che accorsero al suo santo ministero non furono che i più poveri, che in questa stagione dell'anno non possono realmente disporre di denaro, avendo la maggior parte a lavorare per pagarsi i debiti incontrati nella stagione delle pioggie, che qui durano 4 mesi e cessano colla luna di marzo.
» Dimostrarono però il loro buon volere; ma che cosa sono qualche reis (ora ce ne vogliono 1225 per fare una lira italiana) poste da costoro nella borsa delle elemosine?
» Il buon Padre Alessandro non perdette però mai la sua calma ed ilarità, ma ringraziava il Signore del poco bene che, come egli diceva, poteva fare, e principalmente della commovente funzione della mattina di Pasqua, quando potè amministrare la prima Comunione ad una bella schiera di ragazzi e di ragazze da lui istruiti nelle verità della fede in così poco tempo, ma mediante l'indefesso suo zelo, non coadiuvato che da due giovani operaie che sacrificarono esse pure una settimana di lavoro al servizio di Dio.
» Ed invero fu quello un momento indimenticabile e commoventissimo: era la prima Comunione ai ragazzi italiani ! ! Il buon Missionario, quantunque rauco e senza voce, fece loro un sermoncino, che voglia Iddio sia profezia che presto si avveri per l'avvenire religioso dell'intiera popolazione di Bello Horizzonte; e voglia il Sacro Cuore di Gesù, al quale è dedicata la cappella in cui si compiè la pia funzione, benedire gli sforzi dei degni Figli di Don Bosco e riempirli mai sempre de' suoi sacri carismi. »
PER comodità di quanti desiderassero affidare a noi i loro figli per la carriera degli studi elementari, ginnasiali e liceali, diamo qui l'elenco dei Collegi Salesiani e degli Educatorii delle Figlie di Maria Ausiliatrice d'Italia, assicurando di tutta la nostra sollecitudine per tutto quello che riguarda religione, morale, sanità e profitto negli studi così scientifici come letterarii.
Istituti per ragazzi.
Oltre l'Oratorio di S. Francesco di Sales, l'Ospizio di S. Giovanni Evangelista e le Scuole Apostoliche in Torino, l'Ospizio di S. Vincenzo de' Paoli in Sampierdarena, l'Ospizio del Sacro Cuore di Gesù in Roma, le Scuole di S. Paolo alla Spezia, la Colonia Agricola di Mogliano Veneto, l'Oratorio di Maria Immacolata a Firenze, l'Oratorio del Sacro Cuore di Gesù a Trino Vercellese, di S. Filippo e S. Francesco di Sales a Catania, di S. Luigi Gonzaga a Messina, di S. Michele a Castellamare di Stabia, l'istituto di S. Francesco di Sales a Faenza e di S. Giuseppe a Macerata, l'Istituto Leonino ad Orvieto, D. Bosco in Verona e S. Giuseppe a Modena, vi sono i Collegi di Borgo S. Martino, Lanzo Torinese , Varazze , Alassio , Este , Penango , Parma, Fossano, Loreto, Treviglio, Trevi, Colle Salvetti, Ferrara, Cuorgnè, Randazzo, Bronte e Marsala in Sicilia, Balerna ed Ascona nella Svizzera, nonchè l'Istituto Salesiano di Trento nel Tirolo e il Convitto italiano di S. Luigi nella Gorizia.
In questi Collegi l' insegnamento comprende il corso elementare e ginnasiale, eccetto quello di Penango, dove vi sono soltanto le classi elementari ; è impartito da maestri e professori patentati ed a norma dei programmi governativi. Nel Collegio di Alassio vi è di più il Liceo. Nell'Ospizio di S. Giovanni Evangelista si accettano eziandio esterni alla semplice scuola. In quello di Ascona vi sono classi preparatorie per giovani stranieri che desiderano imparare la lingua italiana; è raccomandabile anche per l'insegnamento del francese e del tedesco.
In quasi tutti questi Collegi vi sono due gradi di pensione. La prima varia da L. 35 a 40 mensili; la seconda da L. 24 a 30.
Notifichiamo poi come per aderire alle vive e ripetute istanze di ottimi nostri Cooperatori e ragguardevoli personaggi, col prossimo anno scolastico i Salesiani apriranno pure il Collegio di Intra sul Lago Maggiore e di Caserta nella Campania Felice, colle sole classi elementari per quest'anno, come pure accetteranno giovani studenti nell'Istituto S. Ambrogio da pochi mesi inauguratosi in Milano e continueranno a tenere la direzione del Seminario Convitto Tuscolano di Frascati.
Per giovani adulti che desiderassero abbracciare lo stato ecclesiastico.
Per sopperire al bisogno sempre crescente di operai evangelici, il nostro caro Don Dosco di v. m., oltre ai vari Ospizii e Collegi, come i nostri buoni Cooperatori sanno, ha pure instituita l'opera così detta di Maria Ausiliatrice, che ha per iscopo di raccogliere giovani adulti (dai 16 ai 30 anni) che abbiano decisa volontà di fare gli studi letterarii per mezzo di corsi appropriati per abbracciare lo stato' ecclesiastico.
Noi quindi specialmente quest'anno, in cui il veneratissimo nostro Superiore D. Rua ha stabilito d'indirizzare tutta l'azione salesiana nel promuovere quest'Opera di Maria Ausiliatrice per le vocazioni degli adulti allo stato ecclesiastico, facciamo un caldo appello ai nostri ottimi Cooperatori e specialmente ai RR. Parroci, perchè ci vogliano indirizzare molti di tali giovani.
Per norma degli allievi e di coloro che se ne dovessero incaricare o che desiderano più ampie notizie dell'Opera di Maria Ausiliatrice, si consulti il nostro Bollettino dello scorso mese di Marzo, in cui fu pubblicato l'apposito programma. Tale programma si potrebbe pure avere dalla nostra Direzione, oppure dai Direttori dell'Ospizio S. Vincenzo in Sampierdarena presso Genova, delle Scuole Apostoliche in Torino (Via Carlo Vidua 18), dell'Oratorio S. Giuseppe in Lugo nelle Romagne, che ha pure annesso il Corso Elementare per fanciulli, dell'Oratorio S. Luigi Gonzaga in Chieri e del Seminario Vescovile di S. Antonio in Trecate presso Novara, che sono tutte Case Salesiane destinate appunto per questi giovani adulti che desiderano abbracciare lo stato ecclesiastico.
Educatorii per giovinette.
Oltre ai mentovati Collegi per giovani, vi sono pure quattordici Educatorii per fanciulle : il primo in Nizza Monferrato sotto il nome della Madonna delle Grazie; il secondo nella città di Chieri, sotto il titolo di S. Teresa ; il terzo al Torrione di Bordighera; il quarto a Novara; il quinto a Lugo; il sosto a Casale Monferrato; il settimo a Varazze; l'ottavo a Cannara nell'Umbria; il nono a Giaveno; il decimo, undecimo, dodicesimo, tredicesimo e quattordicesimo nelle ridenti e saluberrime colline circostanti l'Etna, a Bronte, Mascali, Trecastagni, Alì Marina presso Messina ed a Catania. Tutti questi Educatorii sono diretti dalle Figlie di Maria Ausiliatrice.
Scopo di queste Case di educazione si è di dare l' insegnamento scientifico e morale in modo che non lasci nulla a desiderare per una giovinetta di onesta e cristiana famiglia, cioè arricchirne la mente di utili cognizioni, educarne il cuore a sode e cristiano virtù, addestrarla ai lavori femminili ed informarla a quei principii di civiltà che sono richiesti dalla sua condizione.
N. B. Per avere i relativi programmi e per le domande di accettazione bisogna dirigersi ai Direttori ed alle Direttrici dei singoli Collegi ed Istituti.
Sia lode a Te, o Maria Santissima, potente Aiuto dei Cristiani.
Non ho parole per degnamente ringraziar la Vergine SS. per l'insigne grazia che mi volle largire; nel mio cuore c'è poi ò la fiamma dell'affetto più tenero , della riconoscenza più sentita.
La misericordia sua infinita ha rianimato infine lo spirito mio abbattuto per dolorosa sordità, che già mi colpiva da trent'anni. Inutili riuscirono i replicati consulti medici per poter ottenere un qualche miglioramento; il male s'aggravava sempre più e giunsi al punto, che gli organi dell'udito erano irremissibilmente perduti. Come era angustiata l'anima mia ! La vita non poteva più aver gioie e sorrisi per me, e vivevo in una continua tristezza. Un dì, in cui più del solito m'affliggeva l'infelicità della mia esistenza, mi gettai ai piedi di una venerata immagine di Maria Ausiliatrice, e colle lagrime agli occhi la supplicai ad aver pietà di me. « O Maria, esclamai, Tu che tutto puoi, ispira un efficace mezzo di guarigione al medico che io ancora consulterò ». Dopo quella fervida preghiera m 'alzai coll'animo consolato, tranquillo. Confidava, intieramente nell'aiuto di Maria SS. ed una voce mi susurrava che non sarei stata delusa nella mia speranza. Al domaci venne il medico per un'ultima visita. La Madonna mi concesse la sua assistenza, e dopo una semplice operazione, la mia sordità scomparve intieramente. Non so esprimere ciò che provai in quell'istante; ricordo che avevo però il cuore profondamente commosso per l'insigne benefizio ch'Ella m'aveva prodigato.
Tutti, tutti si rivolgano fiduciosi a Te che puoi ciò che vuoi per ottener soccorso, conforto, assistenza, e il Nome Tuo SS. echeggi benedetto e lodato di generazione in generazione!
Alpignano. Maggio 1897.
CATERINA COMBA.
Maria Aiuto dei ferrovieri.
Il giorno 28 marzo 1896 mi fu rubato un carrello che trovavasi depositato nella stazione a me affidata. Gli sconsigliati autori di sì malvagia azione partirono alla volta di un'altra stazione; e lungo il percorso urtarono con un treno straordinario e riportarono gravi ferite. Una Commissione del R. Governo rilevò chiaramente la mia irresponsabilità in quel disastro; ma una falsa deposizione, di chi poteva averne interesse, indusse la giustizia a ritenermi colpevole, deferendomi senz'altro alla Corte d'Assise. Un processo quindi di non lieve conto venne ad affliggere la mia povera famigliuola, la quale vedevasi da un momento all'altro in mezzo la strada e priva di qualsiasi sostegno. Però sempre devoto alla Potente Vergine SS., della cui bontà non ho mai dubitato, a Lei mi rivolsi, perchè illuminasse il mio difensore ed il magistrato che pronunziar doveva l'ultima parola sulla sorte dei miei bambini e del mio avvenire: promisi che, ove fosse fatta ragione alla mia innocenza, Le avrei mandato in segno di gratitudine una tenue offerta. Potenza di Maria Santissima! Il giorno 1° marzo u. s., mese dedicato al mio Avvocato S. Giuseppe, diedi principio ad un ottavario alla SS. Vergine ed il giorno 8 il Procuratore del Re in Catania non trovò luogo a procedere e ritirò l'accusa per inesistenza di reato. Ora, ringraziando la Potente Regina Aiuto dei Cristiani, mando la somma promessa, e prego il Sig. Don Rua a dare corso al mio voto pubblicando la presente, e rivolgere personalmente per me una prece di ringraziamento alla Vergine Santissima di Torino.
Piedimonte Etneo, 15 Maggio 1897.
IGNAZIO SODANO CARDELLA. Capo Stazione Ferrovia Circumetnea.
Quanto è buona e potente Maria l
O voi tutti che siete travagliati da infermità fisiche e morali, revocate Maria e sperimenterete il suo potente aiuto ! - La mia amata figlia in sul fior dell' età fu colta da terribile polmonite, che a poco a poco l' andava struggendo, minacciando di toglierla presto all'amore dell'intiera famiglia e di quanti la conoscevano. Col cuore angosciato e già quasi prevedente una terribile sciagura, feci quanto le mie povere forze comportavano per la salute di quella cara figlia. Ma inutile riusciva ogni umana sollecitudine; il morbo s'avanzava sempre più e l'aveva ridotta in tale stato di debolezza, che inquieti eravamo ogni volta dovevamo lasciarla sola, temendo che improvvisamente venisse a mancare. La viva fede in Maria Ausiliatrice l'ha salvata. Le sue poche parole erano sempre queste: « Maria Ausiliatrice mi guarirà, Maria Ausiliatrice mi guarirà ». E la cara Vergine, che mai non dimentica le preghiere fatte di cuore a Lei, la salvò. Ora è libera da ogni malattia e gode una buonissima salute. Anzi in questi solenni giorni in onore di Maria Ausiliatrice, corre innanzi al suo trono miracoloso a ringraziarla del segnalato favore. Ed ora invia la sua offerta, speranzosa che sarà da Maria accettata. O Maria quanto sei buona! quanto sei potente!
Chivasso, 15 Maggio 1897.
G. Rosso.
Portentosa guarigione.
Al 1° del maggio scorso, mio zio Rocco Biondi fu Francesco, padre di numerosa prole, si ammalava di febbri che, malgrado la somministrazione del chinino, superavano i 40 e i 41 gradi. Nel sesto giorno fu necessario consultare un ottimo medico, il quale, dietro la narrativa del curante, opinò trattarsi di gastro-epatite. Ma poichè il paziente non era in condizioni da poter, per estrema debolezza, sostener la vera cura scientifica, si dovette ricorrere ad un altro espediente. Non pertanto l'infermo peggiorava. La sera dell'8, mentre io stavo pensieroso sopra la triste sorte del povero infermo, mi arriva il Bollettino Salesiano. Sfogliatolo, mi fermo a leggere le grazie di Maria Ausiliatrice. Impressionato della seconda, vi meditai l'intiera notte. Al domani, quantunque più certo del pericolo, affissai lo stesso periodico sul muro, ed accesa una candela alla piccola immagine di Maria Ausiliatrice, la pregai di salvar mio zio. Il male si arrestò ; non pertanto quello statoci sconfortava; anzi, temendo più imminente la catastrofe, si ricorso ai SS. Sacramenti. I congiunti, riscontrati verso sera i chiari segni della morte, deliberarono di munir l'infermo degli ultimi conforti di N. S. Religione. Io però, abbattuto, ma non vinto, mi ritirai in casa e, accesa una nuova candela, così supplicai la Madonna: « Oh Maria, è vero che son peccatore, ma Voi siete misericordiosissima; dunque concedetemi questa grazia!... Oh salvate il mio povero zio!
Ed io, grato, decanterò le vostre glorie ed alla prima provvidenza vi donerò cinque lire; di più, procurerò raccogliere più firme a favor dell'Opera del S. Cuore di Gesù in Roma; anzi vi prometto che i primi a sottoscriversi saranno il moribondo e sua moglie. Questa grazia poi la farò inserire nel Bollettino Salesiano. » Indi volai a trovar i compagni, i quali, invece di andar dal Sacerdote, vollero nuova consulta tra i primi due medici ed un terzo. Mio Dio! Riunitisi, costoro trovarono l'ammalato poco allarmante, e piuttosto per formalità disputarono sulla malattia o sul metodo curativo, cui il novello medico approvò. Dopo un'ora l'infermo dormì e nel contempo cominciò a sudare. Al domani fu dichiarato fuori di pericolo, alle 24 ore convalescente. Oh miracolo stupendo ! In esso si ammira la grande ed istantanea influenza di Maria Ausiliatrice appresso il trono di Dio in favore di noi miseri peccatori!
Terranova, 18 Maggio 1897.
PASQUALE FONTANA.
Canton Ticino. -Il Chierico M. S. col cuore pieno di riconoscenza scrive: « Sulla fine dello scorso maggio fui preso da gravissime pene di spirito. La povera anima mia s'assomigliava proprio ad una nave in balla d'un mar tempestoso : quante scosse angosciose ebbe a provare in quei giorni! Se non feci naufragio, lo devo prima al misericordioso intervento di Colei chc ha un sollievo per ogni miseria, e poi al mio buon Angelo, dal quale riconosco l'ispirazione di ricorrere a Maria. Incominciai una novena alla cara Madonna di D. Bosco colla promessa di far pubblicare la grazia; e prima del nono giorno le soavità della pace più perfetta tornavano a rallegrare il mio spirito. Oh ! quanto aveva bisogno d'un po' di pace dopo tante agitazioni ! Pieno di riconoscenza verso Colei, in qua nullus speravit et confusus est, sciolgo giubilante la mia promessa al maggior onore di Lei, ed a conforto di tutti gli afflitti ».
Castelrosso (TORINO) - Pierina Giuliano, figlia di Giuseppe e di Carolina Tabbia, dimorante nella cascina Ghiaia, situata nella parrocchia di Castelrosso-Chivasso; essendo stata presa da una terribile menengite, fatto voto di fare un'offerta alla Vergine Ausiliatrice, ricevette dopo pochi giorni la grazia della guarigione. Per questo prega la si renda pubblica nel Bollettino Salesiano.
Cavallino (VENEZIA) - Il Sac. Giuseppe Casimiro, Parroco, nello scorso autunno avendo quasi perduta la vista per le febbri di malaria e pel chinino preso per esse, fece ricorso a Maria SS. Ausiliatrice, interponendo pure le preghiere del successor di D. Bosco e de' Salesiani, con promessa di far celebrare una S. Messa nel santuario di Valdocco, di fare un'offerta per le Opere di D. Bosco e di pubblicare la grazia nel Bollettino Salesiano. Essendo stato esaudito, compie l'ultimo obbligo e prega a voler rendere di pubblica ragione l' ottenuta grazia, a gloria di Maria e ad incoraggiamento di quanti hanno bisogno del suo potentissimo patrocinio.
Celle Enomondo - Da oltre due anni Suor Caterina Lano venne colta da certo malore che la condusse sull'orlo della tomba. Tosto si fe' ricorso al Rev.mo Sig. D. Rua, perchè pregasse e facesse pregare la Madonna Ausiliatrice, con promessa di un'offerta a grazia ottenuta. Mercè la potentissima intercessione della taumaturga Vergine, durante la malattia l'inferma ottenne varie grazie spirituali ed ora quella della completa guarigione. Pertanto, dopo aver fatto pervenire al Rev.mo Don Rua l'offerta promessa, prega si renda di pubblica ragione la segnalatissima grazia ottenuta.
Collère (TORINO). - Una dolorosa malattia ribelle all'arte medica da ben sette anni teneva obbligata a letto la Cooperatrice Salesiana Virginia Bendotti. Sopraggiunse a tormentarla anche una suppurazione ad una gamba. In mezzo a tanti dolori ella si rivolse a Maria Ausiliatrice, perchè volesse almeno ottenerle la guarigione della gamba senza operazione chirurgica. Si appese al collo la medaglia dell'Ausiliatrice dei Cristiani ed incominciò una novena. Oh ! potenza di Maria ! I dolori scemarono a poco a poco, e finita la novena scomparvero del tutto precisamente come aveva desiderata la supplicante. Sia dunque lode a Colei che a giusta ragione si chiama la consolazione degli afflitti e la salute degli infermi !
La Loggia (TORINO). - Giuseppe Pilotto narra come nel novembre dello scorso anno la madre sua era caduta in una grave malattia, che quasi la rendeva in fin di vita. Dalla famiglia e dall'inferma stessa si fece ricorso a Maria SS. Ausiliatrice. Le loro suppliche fecero dolce violenza sul cuore di Colei, che pone il suo più bel vanto nel largheggiare di consolazioni e di misericordie cogli afflitti e tribolati, e loro ridonava sana e salva la madre loro. Grazie infinite siano rese a questa potente Signora.
Montebonello (MODENA). - D. Luigi Bonvicini Prevosto scrive come nel maggio u. s. una giovine sposa con quattro figli per una fortissima emorragia era ridotta agli estremi, sicchè la famiglia col cuore straziato ne aspettava tutti i momenti la morte. Il pericolo durava già da otto e più giorni, quando per consiglio suo uno stretto parente dell'inferma fece voto di mandare un' offerta al santuario di Maria Ausiliatrice in Torino e di far pubblicare la grazia nel Bollettino Salesiano, qualora l'inferma guarisse. Orbene da quel giorno scomparve il pericolo, e l'inferma entrata in convalescenza, che fu lunghissima in causa delle forze perdute, a poco a poco cominciò a riaversi; ed ora si trova in abbastanza florida salute e per mezzo del sullodato Prevosto invia la tenue offerta di L. 5.
Monza (MILANO). - Rosa Verga nel gennaio scorso inviava una piccola offerta per la celebrazione di una Messa all' altare di Maria SS. Ausiliatrice, raccomandandosi alle preghiere di Don Rua e de' figli di D. Bosco per ottenere la grazia ad una sua figliuola affetta da malore, che i medici non sapevano precisare e che dava a temere moltissimo; facendo voto se otteneva il favore da Maria SS. di rinnovare l'offerta ed in riconoscenza a Maria Ausiliatrice pubblicare l'ottenuta grazia. Mirabile a dirsi ! Appena terminata la novena, si notò un breve miglioramento nell'ammalata. La famiglia continuò fidente a pregare, e la Madonna accogliendo le fervide suppliche la esaudiva pienamente. La figliuola ora sta benissimo, e si unisce alla mamma ed a tutta la famiglia a testimoniare l'alto favore ottenuto dalla Madonna. Evviva Maria SS. Ausiliatrice !
Pradalbino (BOLOGNa) - Sullo scorcio del passato novembre, (scrive il Parroco D. Avito Pedretti) mia madre venne colpita da gravissima emorragia cerebrale da farne temere a giudizio del medico la mortale catastrofe. Immerso nel più profondo dolore, pensai di rivolgermi per tre giorni a Maria SS; il che feci, sebbene indegnissimo, con una certa fiducia per essere io Cooperatore Salesiano e proponendo ancora di far pubblicare la grazia della guarigione se l'avessi ottenuta. Maria Auxilium Christianorum mi esaudì ; ed ora mantengo la promessa mandando inoltre l'offerta di L. 2 a favore dell'Opera di Maria Ausiliatrice per le vocazioni degli adulti allo stato ecclesiastico.
Schignano Intelvi (Como). - Il Rev.mO Proposto Parroco D. A. Torri in data 2 luglio riferisce come Maria SS. Ausiliatrice fece dono di tre distinte grazie, una più bella e più consolante dell'altra, ad una buona famiglia di quella sua Parrocchia, che a Lei si rivolse con ferma fiducia. Dopo aver adempiuto l'incarico avuto dalla dívota famiglia di far celebrare alcune SS. Messe all'altare dell'Ausiliatrice in Torino e offerta una elemosina per le Opere Salesiane, gode ora di rendere pubblica testimonianza delle ricevute grazie e di sciogliere l' inno di lode e gratitudine a Maria SS. Ausiliatrice.
Terrasa Lomellina (PAVIA). - D. Eusebio Palestro, Rettore, invia L. 10 al santuario di Maria SS. Ausiliatrice in Torino per una grazia ricevuta proprio nel giorno della solennità della nostra Celeste Patrona - 24 maggio scorso - previa una visita al suddetto santuario durante il mese di maggio. Egli ci notifica pure come in quella sua Parrocchia si è esperimentata l'efficacia della medaglia miracolosa sopra di un giovanetto ammalato, il quale si riebbe nel medesimo giorno con stupore di tutti.
Varazze (GENOVA). - Filomena Cerruti prega sia inserita nel Bollettino Salesiano la grazia da lei ottenuta per intercessione di Maria SS. Ausiliatrice, alla quale caldamente si era raccomandata per esito felice di operazione-cataratta all'occhio destro, la quale siccome di natura difficile a potersi espellere intieramente, si temeva dovesse riprodursi. Con stupore dello stesso dottore essendo venuta fuori intiera, innalza un inno di ringraziamento alla sua celeste Benefattrice, alla quale mai si ricorre invano.
Villadosia (MILANO). - La Cooperatrice Salesiana Albina Bellora, Maestra, affetta da gonfiezza e dolori d'artrite, dopo aver ricorso a' rimedii dell'arte senza provarne alcun giovamento, con viva fede fece un voto a Maria SS. Ausiliatrice: ed ora in omaggio alla verità certifica che il terzo giorno del maggio n. s. - ebbe le membra slegate e si trovò libera da ogni dolore. Seguendo perciò l'impulso del suo cuore, invia ringraziamenti a Maria Ausiliatrice in Torino, con preghiera di far pubblicare detta grazia sul Bollettino Salesiano a comune edificazione e ad esaltazione della Madonna di D. Bosco.
Rendono pure grazie infinite a Maria SS. Ausiliatrice i seguenti:
Don Ludovico Tallandini, Parroco di S. Maria della Pace in Bagnacavallo (Ravenna), il quale scioglie un vero inno di lode e di amore alla potente Ausiliatrice dei Cristiani per varie importantissime grazie ottenute per sè, pei suoi parenti e pei suoi diletti Parrocchiani.
Maria Canerano di Torino che, a nome della mamma, in segno di riconoscenza per segnalate grazie ricevute, offre a Maria Ausiliatrice L. 50.
Rosina Signa, la quale essendo da più mesi tormentata da una malattia nervosa, si raccomandò alla Vergine Ausiliatrice, facendole una novena e promettendo di far pubblicare la grazia se guariva : Maria sempre buona la esaudì, concedendole pure un'altra grazia segnalatissima.
Ottennero pure grazie segnalatissime da Maria Ausiliatrice, e pieni di riconoscenza inviarono offerte al suo santuario di Torino o per la celebrazione di Sante Messe di ringraziamento o per le Missioni Salesiane o per le altre Opere di Don Bosco i seguenti
Luigi Bassanini, Noviglio. - Giuseppe Tardito, Alice Belcolle, per la guarigione del proprio figlio Domenico. - Camilla Voglino, .-legni. - Rosalia Ascheri, Torino. - Giuseppe Corsi, Colle - Garfagnana. - D. Isidoro Ronci, Cevolabbate.-Costanzo Bert, Villardora, con offerta di L. 20. - Angola Veglio, Corzoneso (Svizzera), con offerta di L. il. - U. P. D. di M. A., Fagagna, con offerta di L. 30. - Palmira Fassora, Sonico, con offerta di L. 5. - N. N., Pralormo, pure con offerta. - Augelino D. Antonio, Rettore di Cassinette (Torino), con offerta di L. 10. - Le sorelle Bersani di Mulazzano (Milano), con offerta di L. 5. - Paola Lusso-Margiaria di S. Vittoria d'Alba, per ottenuta guarigione da forte polmonite, che l'aveva ridotta quasi in fin di vita. - N. N. con offerta di L. 30. - I Coniugi Fiorenzo e Rosa Ceschini, Lavis (Trento), per duplice grazia. - Giuseppe Carnovalis, Villa S. Secondo (Asti), con offerta di L. 10. - Un'egregia famiglia di Faenza, per averle Maria appianate coltà che parevano insormontabili e che la tenevano da parecchio tempo nelle più crudeli angustie. - Il Cooperatore Salesiano Gio. Battista Bavera, Cantoniere Provinciale di Sassello (Genova). - Sette operai e due Sacerdoti caduti da un ponte nella chiesa dr S. Gio. Battista in Vizzini (Sicilia) per l'ottenuta perfetta guarigione. - Giorgio Vidori, Smllrne. - G. G., Villanova d'Asti. - 11 Prevosto D. Briata di Perletto (Cuneo), con offerta di L. 50 per grazia ricevuta da un Signore di sua Parrocchia. - I Coniugi Pietro Bianchi e Maddalena Taurini -Bianchi, Corteno, con offerta di L. 5 per due segnalatissime grazie. - Il Ch. Filippo Maria Maccone, Lugo.-Carlo Maria Roghi, insegnante, Gualdo Tadino (Perugia). - Giuseppina Bertone-Salva, Vizzini (Sicilia), con offerta di L. 5 per la portentosa guarigione di una sua amica - Luigi Martin di Luigi, Monte di Mal., - Rosa Mocci Ved. Loddo, Basa. - Gio. Battista Gandolfo, Olivastri. - Elisa Lanzeriní., Torino. - Maria Celanza. - Carolina Pozzi Bellingardi, Busto Arsizio. - La famiglia Paronelli, Garirate. per la guarigione del figlio Attilio da pericolosa polmonite. - Margherita Mattalia, Maestra e Matteo Civalleri, Peveragno. - Luigi Febraro, Castelnuovo d'Asti. - Angela Cirotto, Casoni (Vicenza). Clotilde Marchini, Maestra, Meno. -- N. N., Roccagrimalda, con offerta di L. 10. - Felicita Re-Quirino, Rosignano Monferrato, con offerta di L. 6.
IMPORTANTE AVVERTIMENTO. Carissimi Amici,
L 'ESEMPIO di Giorgetto, che io proposi alla vostra imitazione nello scorso mese di aprile, fu davvero assai fecondo; ed io ora mi sento in dovere di esternarvi la mia più grande ammirazione pei vostro buon cuore e assicurarvi della profonda imperitura riconoscenza che per voi nutrono i Missionari della Terra del Fuoco ed i loro poveri selvaggi.
Mi dispiace di non potervi qui indicare i nomi di tutti coloro che mi hanno inviato il loro obolino per la Missione della Candelara ; giacché la lista sarebbe un po' troppo lunghetta, quantunque molti abbiano preferito, per modestia, celare il loro nome sotto il velo dell'incognito.
Tanto però per dispensarmi dal rispondere privatamente, accennerò solo quell'angioletto di Reggio Emilia che inviò le sue lirette per mezzo del Sac. Andrea Meloni, i due figliuoletti della, Sig.ra Elisa Bertero di Ovada, la piccola Maria di Genova, l'ingenuo Gino Fracassi di Desenzano, il bravo Antonio Malaspina di Villafranca Lunigiana ed i carissimi giovinetti dell'Oratoria d'Intra Gio. Battista Franzetti, Annibale Bergonzoli, Carlo Ceretti, Charley Caccianino, Angelo Mariani, Giuseppino Chiesa, Arnalda Fiorenza, Oreste Brovelli, Giovanni Giovannelli, Vincenzo Locatelli, Marco Mercalli, Adolfo Uccelli, Renzo Boccardi, Luigi Lucchini e Umberto De-Giuli. A questi, come a tutti gli altri, porgo i miei cordialissimi ringraziamenti, assicurandoli che i Missionari e gli Indii da loro battezzati innalzeranno fervide preci al Signore, perchè li benedica, li conservi sempre in prospera salute e li faccia crescere buoni, ubbidienti e rispettosi, sicchè formino la consolazione della famiglia, l'onore della società.
E appunto perchè tutti voi, o miei cari giovanetti, cresciate davvero la consolazione degli amati vostri genitori, mi preme stavolta di mettervi in guardia contro le cattive compagnie. Siamo in tempo di vacanza, e molti di voi, lasciato il Collegio e la Scuola, si trovano più liberi, forse in balìa di se stessi, e però in più facile pericolo di capitare tra compagni, la cui famigliarità è da fuggirsi come la peste.
E proverbio vecchio, ma sempre vero, che chi pratica collo zoppo impara a zoppicare. Rammentatevi di quei due giovanetti, i quali andando a diporto ogni giorno con colui che tutto da una parte pendeva per aver una spalla più alta dell'altra, essi pure coll'andare del tempo da quella parte si torsero. Parimenti se voi sciaguratamente piglierete consuetudine con taluno che abbia qualche morale stortura, anche voi insensibilmente comincerete a piegare dalla sua parte.
È proprio dei giovani vivere di imitazione. Che fa, invero, quello stormo di fanciulli, i quali, messa una canna tra le gambe ed impugnato uno scudiscio, corrono, saltano, frustano e galoppano, precisamente come se cavalcassero? - Nient'altro che quello che hanno veduto farsi dal babbo o da altri. - È istinto di natura che tutti porta nell'età giovanile a dire e a fare ciò che si vede e si sente.
Orbene, miei cari, se gli esempi che voi vedrete e le parole che sentirete saranno di giovani buoni, obbedienti, rispettosi e pii, voi pure continuerete ad essere buoni, onesti e religiosi; al contrario, se mai aveste la disgrazia di incontrarvi con compagni disobbedienti, oziosi, poco osservanti di pratiche religiose, che non si péritano di parlare scorrettamente vuoi contro la fede, vuoi contro la morale, temete, ven prego, fortemente temete del vostro avvenire, se non vi date prontamente alla fuga.
Nè dite, come pur troppo sogliono tanti incauti giovanetti, che voi vi guarderete bene dall'imitare il loro cattivo esempio, che siete forti, che cercherete anzi di conquistare essi al bene. Oh! qual inganno è mai questo! Voi vi tradite da voi stessi, e non è lontano il giorno, in cui dovrete piangere l'irreparabile vostra rovina.
Un buon padre di famiglia, volendo dare un saggio avvertimento al suo diletto figliuolo, avutolo un giorno seco, trasse fuori un paniere e sotto i suoi occhi vi dispose entro molte pere belle, fresche e sane ed in mezzo ad esse ve ne mise una sola ammezzita e bucata. Poi, riposto il paniere in un armadio e serratolo - Tieni, disse al figlio, la chiave, ma non aprire senza di me. - Il figlio, non sapendo che cosa ciò volesse significare, prese la chiave e tacque. Passati alquanti dì - Vieni qua, gli disse il padre, e apri l'armadio. - Apertolo, ohimè che veggono! Il paniere coperto di muffa e le pere tutte infracidite! Allora il buon padre, rivolto al suo diletto figliuolo - Vedi, o mio caro figlio, gli disse; una sola pera vizza è riuscita a guastare tutte le sane : un sol compagno cattivo basta per guastarne mille buoni. Sta dunque tu in guardia contro de' tristi e fuggi prontamente la loro compagnia.
Giovanetti, prendete voi pure questo saggio avvertimento e fuggite sempre le cattive compagnie!
Vostro Aff.mo Amico
DoN GIULIVO.
LE SUORE DI MARIA AUSILIATRICE a Fezzano.
Ci scrivono da Fezzano: « Domenica 4 luglio nelle ore pom. ebbe luogo a Fezzano una bella festicciuola, che tornò a tutti di grande soddisfazione. Erano i bambini dell'Asilo Infantile di recente eretto, che davan saggio delle lezioni appreso da questo buone Suore di Maria Ausiliatrice. Nel poco tempo che si trovano a Fezzano, sono riuscite ad attirarsi l'affetto e la benevolenza di tutta la popolazione, vedendole tanto animate nel promuovere l'educazione morale ed intellettuale di questa cara gioventù. Prova di ciò n'è stato il saggio tenuto. Intervennero a questa festa illustri e ragguardevoli personaggi, tra i quali il Rev.mo Monsignor Vicario Generale della Diocesi di Luni-Sarzana, Monsignor Nicolò Filippini, Abbate Parroco dell'insigne collegiata di S. Maria di Spezia, il Sig. Tori Cav. Giuseppe, Console germanico e nostro concittadino, e i genitori dei bambini. Parlò dapprima il Molto Rev. Sig. Arciprete D. Antonio Galletti, che di tale istituzione fu l'iniziatore, facendo conoscere come l'idea dell'erezione d'un Asilo sempre lo ha preoccupato fin dai primi anni che fu a Fezzano e che ora gode di esservi potuto riuscire mercè l'aiuto dell'illustre Sig. Marchese Cattaneo che ne cedeva il locale. Parlò poscia Monsig Abbate di Spezia, addimostrando come il clero fu sempre il promotore nell'educazione della gioventù, ed eccitando quindi un evviva all'Ill.mo Sig. Marchese Giuseppe Cattaneo, che sa così bene apprezzare le opere che ridondano a gloria di Dio e al bene della cara gioventù. Rallegrò la festa la musica del Collegio Salesiano di Spezia appositamente madata da quel bravo Direttore, al quale esterniamo la nostra sentita riconoscenza.
« Oh ! voglia la popolazione tutta di Fezzano impegnarsi a dovere perchè quest'opera dell'Asilo abbia sempre a fiorire, e dare tutti quei frutti che da noi s'aspettano pel bene dei nostri cari fanciulli !
ALL'ORATORIO DI S. LUIGI in Chieri.
Se volessimo dar un cenno delle pratiche di pietà che si fecero il 27 giugno u. s. nell'Oratorio di S. Luigi in Chieri, del divoto contegno dei giovanetti, della musica che vi eseguì la scuola di canto, dovremmo ripetere ciò che le mille volte fu scritto nelle relazioni di siffatte feste. Ma se taciamo di tutto il resto, non è possibile passar sotto silenzio la simpatia che mostrarono verso detto Oratorio non solo il clero secolare e regolare, ma ancora quanto v'ha di meglio fra la cittadinanza chierese. Ci sia permesso di fare special menzione del Cav. Avv. Vincenzo Rho, il quale si degnò accettare la carica di Priore, di prender parte alla refezione che fu offerta ai benefattori dell'Oratorio, e dopo la distribuzione dei premii rivolgere alla numerosissima assistenza tali parole che noi vorremmo qui trascrivere per intiero, se non temessimo di recar pena alla ben nota sua modestia. La sua allocuzione, sebbene interrotta dai fuochi d'artifizio accesi per isbaglio troppo presto, fu pei Salesiani, pei Cooperatori e poi giovani dell'Oratorio un potente impulso a maggior bene. Si abbia il Cav. Rho i nostri più sentiti ringraziamenti.
Chiusero la festa di famiglia alcune parole del Sac. D. Paolo Albera, che fu inviato a rappresentarvi il Sig. D. Rua. Egli si rallegrò di veder anche a Chieri raggrupparsi attorno ai Figli di D. Bosco tante anime generose e pie. Al Priore che si congratulava coi Salesiani del bene che fanno, rispose il nostro Superiore felicitando i Cooperatori dei frutti che produce la loro carità.
GLI ITALIANI IN FRANCIA. Processione del SS. Sacramento.
Quest'anno i numerosi Italiani che lavorano nelle miniere di carbone a Gréasque non lungi da Marsiglia, fecero una splendida processione in onore del SS. Sacramento. Il Sacerdote Salesiano, che ha cura delle anime loro, ce ne invia una bella descrizione che ci rincresce di non poter per mancanza di spazio inserire nel Bollettino.
Vita di Sant' Ambrogio, Vescovo di Milano, narrata al popolo dal Sacerdote G. B. FRANCESIA. - Elegantissima Edizione illustrata - Prezzo L. 4 - Torino, Libreria Salesiana.
Chi guarda il libro dalla forma e dalle altre adornezze tipografiche, trova che questa vita di S. Ambrogio, scritta dal Prof. Sac. G. B. Francesia « orane tulit punctum ». Ma però se va più addentro che non alla buccia, compir deve la frase Oraziana, perchè l'autore la dettò veramente « Lectorem delectando, pariterque monendo » Avutala in dono in giorni troppo mesti, dovetti lasciarla là accanto al calamaio; oggi che la potei tutta ricercare, la annunzio, soddisfatto di avere letto un buon libro.
Chi è dunque Sant'Ambrogio? Conta il Passavanti, che un giorno l'Arcivescovo di Milano passando per MalMantile, diretto a Roma, dimandò l'oste di sua condizione; e, inteso come l'uomo al mondo mai non avesse patito male o tristezza che fosse, ordinò pressantemente ai suoi famigli si sellassero i cavalli; e andossene a suo viaggio, tutto che stanco; perchè Iddio, disse, non può altrimenti essere in tal luogo e con costui, cui era lasciato avere tanta prosperità. E fu avvedimento di santa persona. Ma quando il Prefetto di Roma, pregato dai Milanesi, spedì loro con ampie commendatizie il famoso retore Agostino di Tagaste, questi venuto dinnanzi al loro Arcivescovo, abbracciato caritativamente dal Santo uomo, indovinò chi si fosse Ambrogio; il quale trovavasi in mezzo della città lombarda a illuminare la gente, e indirizzarla al Cielo, nell'ora che il secolo brancolava sfiaccolato nei vizi e privo di luce vitale.
Il nostro Francesia ci mette sugli occhi l'idolo della sua mente, lavorato nel silenzio della cella con quell'amore, con che un inspirato statuario lavora, e presenta a tutti, ciò è ai dotti e indotti, l'opera sua lungamente vagheggiata e ritoccata coi martelli e con le raspe.
La vita di S. Ambrogio si intitola « narrata al popolo » Ora si intende che l'autore vuole che la assaporiamo tutti quanti, che siamo popolo, e la porzione formiamo eletta, cui Dio elegge e predestina al suo regno. Il Francesia si volge del sicuro a chi non è gran fatto pratico di letteratura, ma che a fidanza entra nelle potenze del Signore, e vi si interna, come cantava il re Davidde; quindi esso narra e descrive con fare semplice, nativo, non sconclusionato, non ricadioso, ma nuovo, fresco, ridente quasi di quel riso che talor brillava sul volto del suo Santo, detto saviamente dal Chataubriand, il Fenelon dei Padri della Chiesa latina. Il narratore di bel portante ne fa ascendere all'epoca dell'imperator Teodosio, e alla. divisione dell'Impero fra Arcadio ed Onorio, dove Ambrogio dovette sperimentare l'acutezza di sua mente e la fermezza del suo petto, maravigliando la corte e il volgo.
I lavori di Ambrogio, letterari, di filosofia, di morale e di esegesi ci fa bastantemente conoscere il Francesia; ne dimentica l'oratore eccelso, la cui pensata parola fece ammutolire le capestrerie e i sofismi filati del paganesimo ornai boccheggiante, condannando alla impotenza gli sforzi della ringhiera del Prefetto di Roma.
Anche il poeta ne spiega bellamente, il quale assiepato dalle spine dell'Arianesimo, il culto rinfocola verso la Triade Augusta con note melliflue e divine, che pure oggi nei nostri tempi ripetonsi e sono scaturigine di celestiale dolcezza.
Scrive Sallustio in qualche parte della Giugurtina di avere spessamente udito Quinto Massimo, Publio Scipione e altri grandi e famosi uomini della repubblica essere usi di dire, che quando eglino riguardavano le immagini de' loro maggiori, fortissimamente nell'animo si accendeva dentro la fiamma della virtù. Noi cristiani, avvezziamoci a contemplare i sommi nostri antecessori, giganti che erano di mente, di petto fermissimi, che la Chiesa sostennero colla parola, cogli scritti, e se occorreva, col proprio sangue. Che se il facile e dotto Prof. Francesia, onor dei Salesiani, dopo effigiata la figura di S. Ambrogio, vorrà portare la, sua penna sopra S. Massimo, S. Eusebio, sopra Agostino, Gerolamo, Prudenzio, Boezio e gli altri di cui si onorano le nostre istorie, egli procurerà a' suoi compaesani una scelta galleria di quadri, i quali allogati in ogni biblioteca di famiglia cristiana, daran grata vista di ricchezza e produrranno immanchevole frutto.
VINCENZO LANFRANCHI.
(Dall'Italia Reale-Corriere Nazionale).
Igiene Popolare pel Sac. ANACLETO GHIONE. - formato in-18 legato in tela inglese-L. 1,70. -Torino. Tip. Salesiana, 1897.
Questo bel volume di oltre 600 pagine, elegantemente legato , che con insigne modestia l'Au tore qualifica col nome di trattatello, è invece un trattato completo d'igiene , nel quale la materia è così bene sminuzzata e nello stesso tempo così magistralmente svolta con stile facile ed elegante ad un tempo, da destare colla sua lettura il massimo interesse e da riuscire facilmente compresa da tutte le intelligenze.
Chiunque, di vero, incomincia la lettura di questo libro non si trova di fronte all'arida materia scientifica, quale si rinviene ordinariamente nei trattati del genere, che contano fra le opere scientifiche e cho non è, pur troppo, compresa che da pochi specialisti. Egli scorge , invece, innanzi a sè una lettura oltremodo dilettevole, disseminata qua e là da massime, pensieri e detti di illustri sanitari e moralisti , e nella quale gli argomenti più difficili, le teorie più astruse sono esposte in modo così semplice, chiaro e sfrondato d'ogni difficoltà, alla portata d'ognuno, che francamente lo invoglia a percorrerla per intero ed a rivederla più volte , per gustarne tutte le bellezze e far proprio il tesoro di cognizioni e di massime utilissime, che nella medesima si riscontrano.
Premesse alcune nozioni intorno ai bisogni della vita dell'uomo distribuiti in ragione dell'età e delle differenze individuali , l'Autore tratta dell'alimentazione, passando in breve rassegna tutti gli alimenti propriamente detti di natura animale e vegetale, discutendone le proprietà e gli inconvenienti, ricordandone le alterazioni e le più comuni adulterazioni, e non dimenticando un cenno sugli utensili da cucina e da tavola.
Dopo l'alimentazione si succedono i vari argomenti che formano, per così dire, i capisaldi del l'igiene, cioè quelli dell'aria, dell'acqua, del suolo, delle abitazioni, degli indumenti, cui tengono dietro quelli degli esercizi attivi del moto e della ginnastica. Si passa quindi, discorrendone ampiamente, all'igiene della scuola, e finalmente alle professioni ed industrie, le quali tutte sono prese in considerazione nei rapporti coll'igiene, cogli inconvenienti cui danno luogo negli operai e nei professionisti e colle precauzioni da cui vanno circondati.
Come si scorge da questi cenni, troppo monchi per difetto di spazio, il libro del Ghione riesce una vera enciclopedia igienica, e mentre caldamente lo raccomandiamo ai nostri lettori ed a quanti hanno a cuore lo studio dell'igiene, di buon grado ci congratuliamo col suo Autore e coll'Istituto Salesiano , a cui egli appartiene, che non pago della immensa carità esercitata con sì ammirevole zelo sopra lo migliaia e migliaia di giovani ch'esso ricovera ed educa, concorre in sì mirabil guisa alla istruzione generale colla diffusione di opere che, senza alcuna pretesa scientifica, come quella del Ghione, sono così altamente educative e preziose.
DOTT. POSSETTO Perito Chimico Igienista del Municipio di Torino.
(Dal Giornale di Farmacia, Chimica e Scienze Affini, che si pubblica dalla Società di Farmacia di Torino).
1. Aimonte Cav. Avv. Antonio - Torino.
2. Alberganti Martina- Treviglio (Bergamo).
3. Baldissarelli Luigia - Pedersano Trentino.
4. Bandi Bartolomeo - Vezzano (Genova).
5. Bayard de Volo Cont. Augusta - Fosdinovo (Massa Carrara).
6. Bortelli D. Giacomo - Gavi (Alessandria).
7. Besozzi Don Camillo - Treviglio (Bergamo).
8. Botti Luigia Teresa - Castelgoffredo (Mantova).
9. Bodoira Teresa n. Vigna - Torino. 10 Bontichi Rosa - Treviglio (Bergamo).
11. Caffarelli Vassallo Marina -Vizzini. 12. Campana Giuseppe - Peveragno (Cuneo).
13. Candellari Bianchi Cont. Marietta Ved. Palma - Urbino.
14. Carli Don Pietro, Curato - Cares (Trentino)
15. Coppa D. Benedetto - Noto (Siracosa).
16. Costa Don Lorenzo - Brisighella (Ravenna).
17. De Angeli Cecilia - Cressogno (Como).
18. Dolama Teresa - Parma.
19. De-Mattia D. Antonio - S. Quirino (Udine).
20. De-Sanctis D. Gio. Batt. Canonico - Frascati
21 De-Zuliani Dott. Cav. Giuseppe - Peravolo di Cadore (Belluno).
22. Failla-Failla Angola - Vizzini.
23. Ferri Rag. Bartolomeo - Troviglio (Bergamo).
24. Frattivi Francesco - Bolliuzago (Novara).
25. Gandelli Giovanni fu Vincenzo - Boario (Bergamo).
26. Giacomelli Catterina - Caravaggio. 27. Giuliani Don Francesco, Arciprete - S. Aquilina di Rimini.
28. Guarino D. Salvatore - Noto (Siracusa)
29. Koller Igino - Fiume (Istria).
30. Lanfranchi Don Giuseppe - Ponte S. Pietro (Bergamo).
31. Menassero di Castigliole Eugenia - Mondovì-Breo.
32. Mantelli Pietro - Ronzone (Alessandria).
33. Massa Catterina - Treviglio (Bergamo).
34. Minghetti.Nobildonna Teresa - Bologna.
35. Moncada-Castelletti Concettina - modica.
36. Neirotti Agostino - Pianezza (Torino).
37. Olivari-Lazzarini Francesco - Boario (Bergamo).
38. Orlandi Luigi - Savignano (Bologna).
39. Orsini-Dedei Maria - Boario (Bergamo).
40. Orsini Francesco - Boario (Bergamo).
41. Pezzi Giovanna - Brisighella (Ravenna).
42. Ramacci Cont. Luigia - S. Maria Maggiore (Treviso).
43.Rambelli-Marri Elisabetta-Faenza 44. Rocrosio D. Gio. Batt. - Scanabue (Bergamo).
45. Ristori Carolina Vedova Guiglia - Genova.
46. Rizzetti Don Giuseppe, Parroco - Ilano (Brescia).
47. Rossi Carolina fu Antonio - Cattaeggio (Sondrio).
48. Rossi Elisabetta - Fiumane (Verona).
49 Rossi Nob. D. Girolamo Teol. Can. Decano della Cattedrale - Feltro (Belluno).
50. Rota Dott. Antonio, Cav. dell'Ordine Piano, Cam. Seg. di S.S. Leone XIII - Chiari (Brescia).
51. Rutilini-Trosini Virginia - Tolentino.
52. Saroglia Cav. D. Giovanni, Canonica - Ivrea.
53. Stegagnini Francesco - Verona.
54. Stegagnini Mons. Leopoldo, Canonico - Verona.
55. Suor Maria di Tutti i Santi delle Ausiliatrici delle Anime del Purgatorio - Torino.
56. Treves Basilio fu Battista Emarese - Torino.
57. Vanzone Cav. Enrico - Susa.
58. Variara Pietro - Viarigi (Alessandria).
59. Vecchia Giuseppe - San Benigno Canavese (Torino).
60. Vercellone Ved. De-Genova - Biella. 61. Veitora Rag. Giacomo - Troviglio (Bergamo).
62. Vicini D. Corrado - Palosco (Brescia).