Anno XXVI. Maggio 1902 N. 6,
SOMMARIO - Ai nostri benevoli lettori . . . pag. 129 I figli alla Madre . . . . 130
Programma delle Feste nel Santuario di Valdocco . . 133
Conferenza e norme poi pellegrinaggi 134
Lettera Apostolica di Leone XIII 135
Il nuovo vescovo di Bobbio 144
Per gli emigrati italiani . . . 145 Missioni - Equatore: Attraverso le foreste del Vicariato di Mendez e Gualaquiza - Brasile: Matto Grosso : da Cuyabà alle rive del vorticoso Araguaya. - In fascio : Rio Negro - Rio Gallegos - Chubut 147
Grazie di Maria Ausiliatrice 152
Notizie compendiate 155
Necrologia::Mons. Paolo Taroni 156
Ribassi ferroviarii poi Pellegrinaggi 158 Illustrazioni - Cappella della Concezione annessa al collegio D. Bosco in Callao (Perù), pag. 146 - Festa della prima Comunione nell'Oratorio S. Luigi di Chieri, 149.
Ringraziamo con tutta effusione di cuore quei benevoli nostri lettori che, comprendendo le ingenti spese occorrenti per la tiratura mensile delle sette edizioni del nostro periodico, si fanno un dovere di venirci in aiuto con qualche offerta, almeno per sopperire alle spese della carta, tiratura e posta; qualora non possono far di più per le Opere di D. Bosco. Il loro esempio dovrebbe esser imitato da tutti. Il Bollettino Salesiano si manda gratuitamente a tutti i Cooperatori e le Cooperatrici: ciò però non vuol dire che essi non abbiano il dovere di sostenerlo con qualche offerta annuale. Non dimentichino questo loro dovere quanti si recheranno a Valdocco per le prossime solennità dell'Ausiliatrice. Noi li attendiamo.
Molti poi sogliono scrivere alla Direzione del Bollettino per avere i libri annunziati sulle copertine riservate agli annunzi bibliografici delle librerie Salesiane, o per domandare spiegazioni su qualche avviso contenuto in dette_ copertine. Per risparmiare denaro e tempo avvertiamo che la Direzione del Bollettino non si assume nessuna responsabilità di quanto vien pubblicato negli annunzi inseriti dopo la firma del proprio gerente. Gli avvisi inseriti negli annunzi bibliografici, sono cose prettamente librarie e non della Direzione del Bollettino. I direttori dei giornali e periodici che ci favoriscono il cambio, come pure gli autori che ci inviano le loro opere in omaggio, si abbiano i nostri più vivi ringraziamenti e l'assicurazione che potendo noi ne daremo a quando a quando benevolo cenno in conformità dello spirito del nostro periodico.
PENSIERI FESTE E PELLEGRINAGGIO AD ONORE DELL'AUSILIATRICE
GIA' incomimciato è il mese della nostra portentosa Madonna e noi tutti - Salesiani e Figlie di Maria Ausiliatrice coi giovanetti e le giovanette alle nostre cure affidate, unitamente ai nostri buoni Cooperatori e Cooperatrici di tutto il inondo - esultiamo di santa, letizia nel tributare quotidianamente con nobile bara alla grande Regina del cielo e della terra gli omaggi più sinceri e più. fervidi del nostro amore, della nostra riconoscenza, della verace nostra divozione. Quanto bello e caro è per noi tutti questo mese! La natura stessa risponde alla nostra soave esultanza con tutto lo sfoggio della sua magnificenza e del suo splendore. Tutto è vita, tutto è sorriso, tutto è letizia sopra la terra: vita, sorriso e letizia che ci parlano al cuore e ci fanno gustare un'arcana gioia che il labbro non sa esprimere, ma che il cuore depone giubilante appie' dell'Altare dell'Ausiliatrice nostra.
Il sole più luminoso su in cielo risplende, il suolo dispare sotto un variopinto manto d'erbe, di fiori: ride il colle, giubila il prato, esulta la valle : il tepido aere tutto risuona di gioconde melodie ed olezza di soavi profumi. Oh! mese gentile delle grazie e dei fiori come beu ci ricordi la potentissima nostra Patrona come ben ne conduci appie' del suo altare per vagheggiarne la celestiale bellezza, per giocondarci all'olezzo di sue peregrine virtù, per esperimentare il calore della sua incessante misericordia ! E non è forse Maria il sorriso del Paradiso? non è Maria il fulgido sole che del suo lume rischiara tutta la terra? non è Maria la mistica luna che dissipa col mite ar genteo suo raggio la paurosa caligine della notte del secolo? non è Maria l'aurora che imbianca l'oriente, annunziatrice alle genti di pace, di salute, di vita?
Quanto ha natura di ridente, di vago e gentile, tutto simboleggia Maria, tutto è usato dai profeti come immagine a designare Maria. Maria è adombrata nel modesto fiorellino del campo, nel candido giglio della convalle : Maria quindi è prefigurata nell'orticello rinchiuso, nella sigillata fontana: Maria è la rosa di Gerico, la palma di Cades; Maria è quel platano che sulla riva del fiume s'innalza gigante : Maria è quel cedro che poggia sulla sublime vetta del Libano, è quel cipresso che adorna le ridenti pendici di Sion : Maria è quell'aromatico balsamo, quella mirra prescelta che diffonde tutto all'intorno le più soavi fragranze e sana le piaghe dei nostri cuori. Non abbian noi- dunque ragione di esultare nel risveglio della natura e nella giocondità della vita di famiglia appiè dell'altare sovranamente bello e attraente dell'Auxilium Christianorum, di Lei che fu la celeste inspiratrice e sostenitrice dell'opera mirabile del nostro buon padre D. Bosco ? Era un'opera d'amore tutta sopranaturale, divina questa : doveva quindi essere in modo particolarissimo opera del cuore di Maria, che è madre del bell'amore, che perciò è l'aiuto, il baluardo, la difesa del popolo cristiano.
Il nostro D. Bosco scelse la Vergine Ausiliatrice per Patrona delle sue opere, ma questa scelta nasconde nn mistero che non riesce a comprendere chi non è illuminato dalla splendida face della fede. Non fu D. Bosco che scelse, ma fu egli il prescelto: la qual cosa è certamente grande e gloriosa per l'umile servo di Dio. Egli ripeteva di sovente le parole di Gesù : « Non siete voi che mi avete eletto, ma io ho eletto voi ». È per questo che diceva: « Se la Vergine Ausiliatrice avesse scelto un uomo più piccolo, più povero di D. Bosco, quello sarebbe stato l'eletto in mia vece ».
Ma perchè volle la Vergine benedetta confidare a D. Bosco la fondazione della nostra Pia Società? Perchè essa voleva che fosse propagato il suo culto sotto l'invocazione di Aiuto dei cristiani. - Vieni, disse la divina Pastora a D. Bosco, voglio che tu abbia parte nei miei lavori, voglio che tu' sia il coadiutore della Coadiutrice del Redentore del mondo. Vieni che ti darò parte del mio cuore e del mio potere. Tu sarai padre di un'immensa moltitudine.
E D. Bosco, acceso dal fuoco della carità, raduna a migliaia i derelitti : per lui non è lettera morta il nome di Maria Ausiliatrice. Sua missione era quella di far ammirare ed amare una delle perle più preziose che brillano nel diadema della gran Regina del cielo. Ad uno Dio dice : « proclama l'Immacolata Concezione : » ad un altro: « predica la Presentazione della Madre mia: » a questo: « esalta la Visitazione della Madre di Dio : » a quello : « fa che si ami Maria refugio dei peccatori : » a D. Bosco disse: « tu farai conoscere Maria Ausiliatrice.... »
Per una seconda volta Maria chiama D. Bosco e gli dice: - Vieni, chè io voglio istruire ed educare gli orfani che non conoscono ancora il loro Padre celeste e ignorano il mistero della croce. Tu sarai Patriarca e i tuoi figli Apostoli. - E D. Bosco si cambiò in Padre di zelauti apostoli, di valenti soldati, di missionari intrepidi....
Ecco ciò che l'Ausiliatrice fece di D. Bosco e come compì tante meraviglie per mezzo del Padre nostro. Assai facil cosa era questa perchè egli era un fanciullo : fanciullo per la sua semplicità, fanciullo per la sua umiltà e dolcezza, sempre piccolo ai suoi occhi, ma sempre docile alla voce della sua celeste Patrona. Per questo Maria potè dirigerlo, porlo sopra il Calvario e sopra il Tabor, provarlo nel dolore e nell'umiliazione, sollevarlo alla più alta cima della gloria senza pericolo che mutasse di carattere, di temperamento o del basso sentimento che aveva di se. D. Bosco fu sempre fanciullo in mano della Provvidenza: questo è il secreto, questa è la causa della sua grandezza e celebrità. E tutto questo non è forse tale un prodigio atto a suscitare nei nostri cuori un santo entusiasmo per dedicare a Maria questo mese, e degno di esser ammirato nel luogo stesso dove principalmente si svolse, in Torino, nella cittadella dell'Ausiliatrice, che è il romito Valdocco divenuto immortale per aver l'onore di possedere nel suo centro il grandioso Santuario della Madonna di D. Bosco, la Madonna per eccellenza del popolo cristiano?
A VALDOCCO dunque durante questo mese e più particolarmente dal 21 al 26 maggio, nel qual periodo di tempo si possono godere grandissime riduzioni ferroviarie partendo da qualsiasi stazione in gruppi oppure alla spicciolata, per deporre ai piedi di questa potentissima Ausiliatrice il doveroso tributo della nostra riconoscenza e gratitudine;
A VALDOCCO per sciogliere i nostri voti e cantare, con la manifestazione delle grazie ottenute, i novelli prodigi compiuti dalla sua materna bontà;
A VALDOCCO per ravvivare la fede ed impetrare nuovi e più copiosi favori spirituali e temporali per noi e per le nostre famiglie ;
A VALDOCCO infine per prendere parte, insieme con l'immensa moltitudine accorsa dai più remoti luoghi, all'imponente processione del 24 maggio che riuscirà un nuovo splendido trionfo dell'Ausiliatrice di D. Bosco!
Programma delle feste nel Santuario di Valdocco
IL giovedì, 15 del corrente mese, nel Santuario di Maria Ausiliatrice in Torino, avrà principio la novena in preparazione alla grande solennità della nostra Celeste Patrona.
In ciascun giorno, al mattino, dalle ore 4,30 sino alle 11, vi sarà celebrazione di Messe lette e facilità di accostarsi ai SS. Sacramenti della Confessione e Comunione.
Nel mattino dei giorni feriali alle 5,30, come nel mese, Messa letta colla recita del S. Rosario, Comunione, canti e preghiere, quindi sermoncino e benedizione col SS. Sacramento; alle ore 7,30 altra Messa letta colla recita del S. Rosario ed altre pie pratiche; alle 19 canto di una lode, altro discorso detto dal predicatore del mese mariano, il M. R. D. Emerico Talice, Salesiano, e benedizione col SS. Sacramento.
Assistendo a queste funzioni si può lucrare, per concessione pontificia, l'indulgenza di tre anni. Chi poi, confessato nella settimana, s'accosterà anche alla S. Comunione, potrà acquistare l'indulgenza plenaria.
A chi non potesse partecipare di presenza a queste funzioni noi suggeriamo il libretto di D. Bosco : Nove giorni consacrati all'Augusta Madre di Dio, il quale contiene una considerazione, un esempio ed una pratica per ogni giorno ed è molto acconcio per la circostanza. E vendibile presso tutte le librerie.
L'orario cambia come segue nei giorni qui indicati
Domenica, 18 maggio Festa di Pentecoste.
Mattino. - Alle ore 5,30 ed alle 7,15 Messa con Comunione generale. - Alle 9,30 Messa solenne.
Sera. - Alle ore 15,30 Vespri solenni, discorso e Benedizione col SS. Sacramento.
Venerdì 23 maggio Vigilia della festa di Maria Ausiliatrice (1).
Mattino. - Tutto come negli altri giorni della novena. Ore 7, Messa della Comunione Generale celebrata da S. Em. l'Amatissimo nostro Card. Arcivescovo.
Sera. - Alle 15,30 si terrà la prescritta Conferenza ai Cooperatori ed alle Cooperatrici Salesiane, seguita dalla Benedizione col SS. Sacramento. Intervenendo a questa Conferenza, si può lucrare l'indulgenza plenaria. -Alle ore 18,30 primi Vespri pontificati da S. Ecc. Mons. Luigi Spandre vescovo ausiliare dell'Arcivescovo di Torino. Discorso e benedizione col SS. Sacramento.
Sabato 24 maggio Solennità di Maria SS. Aiuto dei Cristiani.
Mattino. - Alle 5,30 Messa e Comunione generale con canto di sacri mottetti; alle ore 7 Messa detta da S. Ecc. Mons. Luigi Spandre con Comunione generale e canto di sacri mottetti. Alle 10,30 Messa solenne pontificale cantata da S. Ecc. Mons. Disma Marchese vescovo di Acqui. lnfra Missam, Panegirico di Maria Ausiliatrice.
Sera. - Alle 18, Vespri pontificali, solenne Processione e Benedizione col SS. Sacramento. impartita da S. Em. il nostro Cardinale Arcivescovo.
Domenica 25 maggio Festa della SS, Trinità.
Mattino. - 5,30 Messa con Comunione generale. - 7,15 id. id. celebrata da S. Ecc. Mons. Disma Marchese vescovo d'Acqui. - 10,30 Messa solenne con assistenza pontificale.
Sera. - 15,30 Vespri solenni, Discorso e Benedizione Pontificale.
Lunedì 26 maggio
Alle ore 5,30 ed alle 7,30 Messa, Comunione ed altri suffragi per i defunti Cooperatori e Cooperatrici.
NB. Dalla Schola Cantorum dell'Oratorio Salesiano di Torino si eseguirà il seguente programma musicale
Venerdì, 23 Maggio. - Primi Vespri. Domine ad adjuvandum del M.°Cav. GIUSEPPE DOGLIANI. - Dixit Dominus del M.° D. PIETRO MAGRI. - Laudate Pueri del M.° LORENZO DEVALLE. - Laetatus e Nisi Dominus in falso bordone. - Lauda Jerusalem di S. E. Mons. Giovanni Cagliero. - Inno Saepe dum Coristi del M.° Don GIOVANNI PAGELLA. - Magnificat del M.° ORESTE RAVANELLO. - Tantum Ergo di S. E. Mons. GIOVANNI CAGLIERO.
Sabato 24 Maggio, Solennità di Maria S.S. Ausiliatrice. - Durante le Messe della Comunità, mottetti di S. E. Mons. GIOV. CAGLIERO. - Alla Messa Pontificale, Ecce Sacerdos del M.° D. Giov. PAGELLA, - Messa Solenne « MisericordiaQ Domini » del M.° JOSEPH RHEIMBERGER. - Parti variabili in canto gregoriano.
Sera : Vespri : Ecce Sacerdos del M.° D. Grov. PAGELLA. - Domine ad adjuvandum del M.° Cav. GIUSEPPE DOGLIANI. Dixit Dominus del M.° PIETRO BIANCHINI. - Laudate Facci del M.° LORENZO DEVALLE. - Laetatus, Nisi Dominus e Lauda Jerusalem in falso bordone. - Inno, Saepe dum Christi di S. E. Mons. G. CAGLIERO. - Magnificat del M.° ORFSTE RAVANELLO. - Tantum Ergo del M.° D. M. P.
Conferenza e norme per i pellegrinaggi
1.
Ai Direttori Salesiani e Diocesani, ai Decurioni, Zelatori e Zelatrici dei nostri Cooperatori raccomandiamo vivamente la Conferenza prescritta dal regolamento della nostra Pia Unione, in occasione della solennità di Maria Ausiliatrice, perchè l'adempimento di questo articolo è uno dei mezzi più efficaci per mantenere vivo in mezzo ai nostri Cooperatori lo spirito di associazione e di carità.
Si inviti all'uopo qualche illustre conferenziere ; ed ove ciò non fosse possibile, si preghi l'oratore del Mese Mariano od il predicatore domenicale della chiesa principale del luogo a voler dedicare qualche loro discorso alla nostra buona madre Maria SS. Ausiliatrice. Sarebbe a preferirsi un giorno festivo e per la maggior comodità dei Cooperatori e per la maggior propagazione del culto e della divozione verso Maria Santissima.
Dove poi si potesse combinare un po' di solennità pel giorno 24 corrente o per la Domenica susseguente con Comunione Generale, Messa cantata, Discorso di Maria Ausiliatrice, Benedizione col SS. Sacramento, ecc... sarà desso il più bel coronamento all'incominciato mese di Maggio e verrà ad ottenerci la speciale protezione della nostra Madonna e l'abbondanza delle celesti benedizioni sopra dei nostri interessi temporali e spirituali.
Noi confidiamo che lo zelo industre dei nostri benemeriti Direttori, Decurioni, Zelatori e Zelatrici, ed il loro amore per la nostra buona madre saprà trovar modo di realizzare dovunque solenni onoranze alla potente Ausiliatrice dei cristiani per l'incremento della nostra Pia Unione ed il maggior bene delle anime.
II.
Ai Capi dei pellegrinaggi e a tutti i Cooperatori Salesiani, specialmente a quelli che verranno a Torino nel giorno della festa di Maria Ausiliatrice rammentiamo:
1. Tutto l'anno il Santuario di Maria Ausiliatrice è visitato da divoti pellegrini ma il tempo in cui questi pii pellegrinaggi sono più frequenti e più numerosi, si è durante il bel mese di maggio, e specialmente nella novena e nel giorno della festa di questa tenerissima Madre. Orbene, mentre manifestiamo la nostra vivissima soddisfazione per simili dimostrazioni di fede e di pietà verso l'Aiuto dei Cristiani, vorremmo pregare gli organizzatori di esse che vogliano per tempo avvisare il Rettore del Santuario dell'ora, in cui il pellegrinaggio entrerà nel Santuario e delle sacre funzioni che vi intendono celebrare. Insistiamo su questa norma perchè, stante le facilitazioni ferroviarie di quest'anno, potrebbero nascere inconvenienti non potendo il Rettore del Santuario, senza un preavviso, disporre l'orario in modo da accontentare tutti nel mìglior modo possibile.
2. Venendo a Torino molti divoti prendono l'occasione per farsi inscrivere nell'arciconfraternita di Maria Ausiliatrice. Ottimamente; nella sacrestia vi è persona appositamente incaricata per questo.
È questo pure il tempo, in cui molti divoti vengono a sciogliere i loro pietosi voti alla Gran Madre di Dio e Madre nostra Maria, e ci raccontano segnalatissime grazie da Dio ricevute mediante la potentissima intercessione dell'Ausiliatrice dei Cristiani. Noi vorremmo pregare tutti costoro a voler possibilmente portarci le loro relazioni per iscritto e munite della firma del relatore.
4. Per affari riguardanti il Bollettino Salesiano vi saranno pure nella sacrestia persone incaricate all'uopo. A quelle medesime persone che sederanno al tavolino per ricevere correzioni d'indirizzo o i nomi di nuovi Cooperatori, si potranno pure consegnare le offerte per la Pia Opera del S. -Cuore di Gesù in Roma, per le Missioni Salesiane, per l'Opera dei Figli di Maria, per le altre Opere nostre e per il Bollettino stesso.
5 Per altre norme più particolari intorno ai pellegrinaggi leggere attentamente le ultime pagine del Bollettino.
A TUTTI I PATRIARCHI, PRIMATI, ARCIVESCOVI E VESCOVI DEL MONDO CATTOLICO (1)
LEONE PAPA XIII
Venerabili Fratelli, salute ed Apostolica benedizione.
Venticinque anni di Pontificato.
PERVENUTI all'anno vigesimo quinto del Nostro ministero apostolico, e meravigliando Noi stessi del cammino in mezzo a cure ardue e incessanti percorso, ci sentiamo naturalmente tratti ad innalzare il pensiero a Dio benedetto, che volle concederci fra tanti beneficii anche una diuturnità di Pontificato che novera appena qualche esempio nella storia. Al padre di tutti, a lui che tiene in sue mani il segreto della vita, salga quindi, come un vivo bisogno del cuore, l'inno del ringraziamento. Certo pupilla umana non può penetrar tutto il consiglio divino sopra così protratta e punto sperata longevità, e Noi qui non possiamo che adorare in silenzio; una cosa però ben sappiamo, ed è che, se gli piacque e gli piace di conservare ancora questa Nostra esistenza, c'incombe un obbligo altissimo, di vivere cioè al bene e all'incremento dell'immacolata sua Sposa la Chiesa, e di non isgomentarci dinanzi alle sollecitudini e alle fatiche, consacrando ad essa fin quest'ultimo avanzo delle Nostre forze.
Dopo siffatto tributo di doverosa riconoscenza al Padre nostro che è nei cieli, a cui sia gloria ed onore in éterno, ben Ci torna grato di rivolvolgere il pensiero e la parola a voi, o Venerabili Fratelli, chiamati dallo Spirito Santo a reggere elette porzioni del gregge di Gesù Cristo, e che perciò stesso partecipate con Noi alle lotte e ai trionfi, ai dolori e alle gioie del ministero pastorale.
No, non ci cadranno mai dalla memoria le prove molteplici e preclare del religioso ossequio che ci veniste porgendo lungo ìl corso del nostro pontificato, ripetute con gara amorevole nella congiuntura presente. Stretti a voi intimamente per debito di uffizio e paternità d'affetto, oltremodo gradite Ci giungono coteste devote testimonianze vostre, non tanto per ciò che s'attiene alla nostra persona, quanto per l'alto significato che assumono di adesione a questa Sede Apostolica, centro e perno di tutte le altre Sedi del mondo cattolico.
Necessità dell'unione dell'Episcopato al Papa.
Se mai fu duopo che si tenessero gelosamente congiunti in carità reciproca, in medesimezza di pensieri e propositi, così da formar un sol cuore ed un'anima sola, tutti i gradi gerarchici della Chiesa, ciò è più che mai necessario nei tempi che corrono. Chi può infatti ignorare quanto larga cospirazione di forze avverso miri oggidì a rovesciare e sperdere la grande opera di Gesù Cristo, tentando con una pertinacia che non conosce confini di distruggere nell'ordine intellettuale il tesoro delle celesti dottrine, e sovvertire nell'ordine sociale le più sante, le più salutiferi instituzioni cristiane? Ma già voi stessi, queste cose ogni dì toccate con mano,, voi che ci avete più volte manifestato le vostre preoccupa zioni ed angoscie, lamentando la colluvie di pregiudizi, di falsi sistemi e di errori che si van propagando a man salva in mezzo alle moltitudini.
Quante insidie si tendono ovunque alle anime credenti! Con quanti impedimenti si cerca tutto giorno di affievolire e rendere possibilmente nulla l'azione benefica della Chiesa! E intanto, quasi per aggiungere al danno lo scherno, rivolgesi alla stessa Chiesa l'accusa di non saper ripigliare l'antica virtù e infrenare le torbide ed invadenti passioni che minacciano ogni estrema rovina.
Le attuali condizioni della Chiesa ed il testamento del papa.
Ben vorremmo intrattenervi, o Venerabili Fratelli, di argomento più giocondo e che meglio armonizzasse con la lieta occasione che Ci muove a parlarvi. Ma nel comportano nè le gravi pressure della Chiesa, che dimandano istantemente sollievo, nè le condizioni della società contemporanea, la quale, per l'abbandono delle grandi tradizioni cristiane, se molto già si travaglia moralmente e materialmente, a peggio s'incammina, essendo legge di Provvidenza, confermata dalla storia, non potersi sbalzare i grandi principii religiosi senza sommuovere le basi del prospero vivere civile.
Fra tali condizioni, a rifornire opportunamente gli animi di lena, di coraggio, di fede, giova il considerare nella sua genesi, nelle sue cause, nelle svariate sue forme la guerra che arde ai danni della Chiesa, e rilevarne le funeste conseguenze e additarne i rimedi. Onde, pur richiamando quanto altre volte fu detto, suoni alto la Nostra parola, e non soltanto ai devoti figli della cattolica unità, ma ai dissidenti altresì ed anco ai miseri che non credono, tutti essendo figli dell'istesso Padre e ordinati allo stesso bene supremo; e suoni quasi testamento che, poco discosti come siamo dalle porte dell'eternità, vogliamo, consegnare alle genti con desiderio ed augurio di comune salute.
La Chiesa fu, è e sarà sempre perseguitata.
La santa Chiesa di Cristo dovette sostenere in ogni tempo contrasti e persecuzioni per la verità, per la giustizia. Instituita da lui medesimo per propagare nel mondo il regno di Dio, e mercè la luce della legge evangelica guidare la decaduta umanità a un soprannaturale destino, cioè all'acquisto dei beni immortali da Dio promessi, ma superiori alle nostre forze, urtò necessariamente contro le passioni che pullularono al piè dell'antica decadenza e corruzione, vale a dire contro l'orgoglio, la cupidigia e l'amore sfrenato dei godimenti terreni, e contro i vizi e i disordini che da esse procedono, e che nella Chiesa trovarono sempre il più poderoso ritegno. Nè il fatto di queste persecuzioni vorrà recarci stupore, se furono dal divino Maestro a nostra norma predette, e se sappiamo che dureranno quanto il mondo. Che disse infatti a' suoi discepoli, inviandoli a portare il tesoro delle sue dottrine a tutte le genti? Ognuno il sa: « sarete perseguitati di città in città, sarete odiati e vilipesi per il mio nome, sarete tradotti dinanzi ai tribunali e condannati a supremi patimenti ». E volendo ancorarli alla prova, additò sè come esempio: «se il mondo vi odia sappiate che prima di voi ha odiato me: si mundus vos odit, scitote quia me priorem vobis odio habuit (Io. XV. 18).» Ecco le gioie, ecco le ricompense promesse quaggiù.
Niuno certo, stando ai criteri d'una giusta e sensata estimazione delle cose, saprebbe spiegarsi il motivo d'un odio siffatto. Chi offese mai, o in che demeritò il divin Redentore? Disceso tra gli uomini per impulso di carità infinita, aveva insegnato una dottrina immacolata, confortatrice, efficacissima ad affratellare l'umanità nella pace e nell'amore; non aveva agognate nè grandezze terrene, nè onori, non aveva usurpato il diritto di alcuno; era stato invece sommamente pietoso ai deboli, ai malati, ai poveri, ai peccatori, agli oppressi, onde la sua vita non fu che un passaggio per seminare tra gli uomini a larga mano il benefizio. Bisogna dir quindi che fu puro eccesso di umana malizia, tanto più deplorevole quanto più ingiusto, s'Egli nondimeno, secondo il vaticinio di Simeone, diventò veramente il segno della contraddizione : signum cui contraddicetur (Luc. II. 34).
Qual meraviglia pertanto se la Chiesa cattolica, che è la continuatrice della sua divina missione e la depositaria incorruttibile delle sue verità, incontrò la medesima sorte? Il mondo è sempre uguale a se stesso; accanto ai figli di Dio si trovano costantemente i satelliti di quel grande avversario del genere umano che, ribelle all'Altissimo fin da principio, vien designato nel Vangelo come il principe di questo mondo ; e perciò il mondo dinanzi alla legge e chi glie la presenta in nome di Dio, sente rinfocolarsi in uno smisurato orgoglio lo spirito di una indipendenza a cui non ha diritto. Ah! quante volte, in periodi più procellosi, con inaudita crudeltà e sfacciatissime ingiustizie e con danno evidente dell'intera comunanza sociale, si collegarono i nemici alla folle impresa di sopraffare l'opera divina. E non riuscendo una forma di persecuzione, ne tentarono delle altre.
Lotte e trionfi della Chiesa nei primi secoli.
L'Impero Romano per tre lunghi secoli, abusando della forza brutale, sparse di martiri ogni sua provincia, e bagnò col loro sangue ogni zolla di questa sacra Roma; e l'eresia di conserto, ora in maschera, ora spavalda, col sofisma e colle insidie, ricorse alla prova per rompere almeno l'armonia e l'unità. Seguitano appresso a scatenarsi, come procella devastatrice, da settentrione le orde dei Barbari e da mezzogiorno l'Islamismo, lasciando dopo di sè la rovina e il deserto.
E di questa guisa, travasandosi di secolo in secolo la triste eredità dell'odio contro la Sposa di Cristo, successe un cesarismo, che sospettoso e prepotente, ingelosito dell'altrui grandezza, quantunque se ne avvantaggiasse anche la propria, rinnova senza tregua gli assalti per inculcarne la libertà ed usurparne i diritti. Ne sanguina il cuore a vederla stretta così sovente da angustie e da dolori inenarrabili. Tuttavia trionfatrice di tutti gli ostacoli, le violenze, le oppressioni, dilatando sempre più le sue pacifiche tende, salvando il glorioso patrimonio delle arti, della storia, delle scienze, delle lettere, e facendo penetrare profondamente nella compagine dell'umano consorzio lo spirito del Vangelo , formò appunto quella civiltà che fu chiamata cristiana e che apportò alle nazioni, che ne accolsero il benefico influsso, l'equità delle leggi, la mitezza dei costumi, la protezione dei deboli, la pietà pei poveri e per gli infelici, il rispetto ai diritti e alla dignità di tutti, e quindi, per quanto è possibile in mezzo alle tempeste umane, quel riposato vivere civile che deriva dal miglior accordo tra la libertà e la giustizia.
Il protestantesimo contro la chiesa.
Eppure, anche dopo saggi così patenti, prolungati e sublimi della intrinseca sua bontà, in età a noi più vicine non men che nel tempo di mezzo e nell'antico, vediamo la Chiesa avvolta in lotte sotto un certo rispetto più dure e penose. Per una serie di cause storiche notissime, la così detta Riforma del secolo sedicesimo, innalzato il vessillo della ribellione, tolse a ferirla nel cuore, combattendo fieramente il Papato; e spezzato il vincolo dell'antica unità di giurisdizione e di fede, che raccoglieva i popoli sotto ali materne in un solo ovile, raddoppiandone spesso nell'armonia dei propositi la forza, il prestigio, la gloria, introdusse negli ordini cristiani una disgregazione lacrimevole ed esiziale. Non vogliamo dire con ciò che fin dalle prime mosse si avesse la mente di sbandire dal mondo il dominio delle verità sovrannaturali; ma rifiutata da un lato la prerogativa del seggio romano, causa effettiva e conservatrice dell'unità, e stabilito dall'altro il principio del libero esame, fu scossa dall'imo fondo la costruttura del divino edifizio, ed aperto il varco a variazioni infinite e dubbi e negazioni eziandio in materia di capitale importanza, a segno da sorpassare la previsione degli stessi novatori.
Il filosofismo contro la Chiesa.
Dischiuso così il cammino, sopraggiunse il filosofismo orgoglioso e beffardo del secolo decimo ottavo, e va più oltre. Ei toglie a scherno il sacro codice delle Scritture e ripudia in fascio tutti i veri divinamente rivelati, coll'intento finale di spegnere nella coscienza delle nazioni ogni religiosa credenza, ogni alito di spiriti cristiani. Uscirono da queste fonti i funesti e deleteri sistemi del razionalismo e del panteismo, del naturalismo e materialismo, che instaurano sotto nuova sembianza errori antichi già pur confutati vittoriosamente dai Padri ed apologisti dei tempi cristiani ; di guisa che i superbi delle moderne età, per troppo voler vedere da sè, traveggono vaneggiando col gentilesimo perfino intorno agli attributi dell'anima propria, e alle sorti immortali che la privilegiano.
La guerra alla chiesa assumeva per tal modo un aspetto di maggior gravità che in passato, non meno per la veemenza, che per l'universalità dell'assalto. Poichè la odierna miscredenza non si ferma al dubbio o alla negazione di questa o quella verità di fede, ma impugna bensì il complesso dei principi consacrati dalla rivelazione e suffragati dalla sana filosofia: di quei principii sacrosanti e fondamentali, che apprendono all'uomo lo scopo supremo della sua esistenza, lo contengono nel dovere, gli infondono coraggio e rassegnazione, e promettendogli incorruttibile giustizia e beatitudine perfetta al di là della tomba, gl'inculcano di subordinare il tempo all'eterno, la terra al cielo. E che si sostituisce a questi dettami, a questi incomparabili conforti della fede? Uno spaventoso scetticismo che agghiaccia i cuori e soffoca ogni magnanima aspirazione della coscienza.
E dottrine tanto funeste trapassarono purtroppo come vedete, o Venerabili Fratelli, dal giro delle idee nella vita esteriore e negli ordini pubblici. Grandi e possenti Stati vanno di continuo traducendole in pratica, avvisandosi di capitanare in tal maniera i progressi del comune incivilimento. E quasi non dovessero i pubblici poteri accogliere e rispecchiare in sè quanto v'ha di più sano nella vita morale, si tengono sciolti dal dovere di onorare pubblicamente Iddio; e troppo sovente accade, che, vantandosi indifferenti a tutte le religioni, osteggiano l'unica stabilita da Dio.
Il perturbamento morale.
Dal quale sistema di ateismo pratico dovea necessariamente derivare e derivò, una profonda perturbazione dell'ordine morale, per essere la religione il precipuo fondamento della giustizia e dell'onestà, come pure intravidero famosi savi dell'antichità pagana. Poiche rotti i vincoli che legano l'uomo a Dio, assoluto ed universale legislatore e giudice, non si ha più che una parvenza di morale puramente civile o, come dicono, indipendente, la quale, prescindendo dalla ragione eterna e dai divini precetti, mena inevitabilmente per la propria china all'ultima e fatale conseguenza di costituire l'uomo legge a se stesso. Il quale, incapace di adergersi sull'ali della speranza cristiana ai beni superni, non cercherà che un pasto terreno nella somma deì godimenti e della vita, acuendo la sete dei piaceri, la cupidigia delle ricchezze, l'avidità dei rapidi e smodati guadagni senza riguardo a giustizia; infiammando le ambizioni, e la smania di appagarle anche illegittamente; e ingenerando infine il disprezzo delle leggi e della pubblica autorità, e una generale licenza di costumi che trae seco un vero decadimento della civiltà.
Conseguenze nella famiglia
Esageriamo forse le tristi conseguenze del doloroso perturbamento? Ma la realtà che tocchiamo con mano conferma anche troppo le nostre deduzioni, ed è visibile che se non si ripara in tempo, le basi della civil convivenza vacillano, iscardinandosi anche i sovrani principi del diritto e della morale eterna. Ond'ebbero a soffrirne gravemente tutte le parti del corpo sociale, cominciando dalla famiglia. Perchè lo Stato laico, senza guardare nè i confini, nè lo scopo essenziale de' suoi poteri, stese la mano a dissacrare il vincolo coniugale, spogliandolo del carattere religioso, invase quanto potè il diritto naturale dei genitori nella educazione della prole, e sovvertì in parecchi luoghi la stabilità delle nozze, sanzionando colla legge la malnata licenza del divorzio. E ognuno scorge di qual natura ne sieno i frutti, moltiplicandosi oltre ogni dire i casi di matrimoni maturati unicamente da passioni ignobili, e quindi in breve tempo disciolti e degenerati in tragici lutti, o infedeltà scandalose ; e non diciamo della prole innocente negletta o pervertita dai mali esempi dei genitori, o dal veleno propinatole dallo Stato officialmente laico.
Conseguenze nell'ordine sociale.
E con la famiglia ne va mezzo l'ordine sociale e politico, massimamente per i nuovi placiti che alterarono il giusto concetto del potere sovrano col falsarne l'origine. E infatti posto che l'autorità di reggere scaturisca formalmente dal consenso delle moltitudini, e non da Dio principio supremo ed eterno d'ogni potere, essa perde al cospetto de' sudditi il suo più augusto carattere e degenera in una sovranità artifiziale, assisa su di un fondamento labile e mutevole, come la volontà degli uomini. E non se ne veggono forse gli effetti anco nelle pubbliche leggi? le quali troppo spesso, anzi che la ragione scritta, rappresentano solo la forza numerica e la prevalente volontà di un partito politico. Perciò stesso si blandiscono gli appetiti licenziosi delle moltitudini, si lascia libero il freno alle passioni popolari, ancorchè perturbatrici della operosa tranquillità cittadina, salvo il ricorrere più tardi, nei casi estremi, a repressioni violente e sanguinose.
Conseguenze nell'ordine internazionale,
Similmente col ripudio delle influenze cristiane, nelle quali è connaturale la virtù di affratellare le genti e raccoglierle come in una grande famiglia, prevalse a poco a poco nell'ordine internazionale un sistema di egoismo e di gelosia, per cui le nazioni si guardano reciprocamente, se non con livore, certo con diffidenza di emule.
Laonde nelle loro imprese sono di leggieri tentate a mettere in dimenticanza l'alto concetto della moralità e della giustizia e il patrocinio del debole e dell'oppresso, curando soltanto, nel desiderio di accrescere le ricchezze nazionali senza alcun limite, l'opportunità e l'utilità del riuscire e la fortuna dei fatti compiuti, nella sicurezza di non essere richiamate da alcuno al rispetto del diritto. Criteri funesti, che consacrano la forza materiale, quasi legge suprema del mondo ; d'onde l'aumento progressivo e smisurato degli apprestamenti guerreschi, ossia quella pace armata paragonabile per molti riguardi ai più disastrosi effetti della guerra.
Consequenze nel ceto popolare.
E il lamentato turbamento morale fu seme d'inquietezza nel ceto popolare, di malessere, di spiriti contumaci : indi agìtazioni e disordini frequenti che preludono a più gravi tempeste. Le misere condizioni di tanta parte del popolo minuto, certo degnissime di redenzione e di sollievo, servono però mirabilmente ai disegni di destri agitatori, e segnatamente deve fazioni socialistiche che per via di folli promesse alle plebi, s'avanzano al compimento dei più truci disegni.
E, tutto ciò mette capo all'anarchia,
E poiche chi precipita per una china, bisogna che alla fine tocchi il fondo, ecco che la logica vendicatrice dei principi maturò financo una vera associazione di delinquenti, d'istinti affatto selvaggi, che apportò fin dai primi colpi il più grave sgomento. Costituita solidamente e con legami internazionali, essa è già in grado di alzare ovunque la scellerata mano, senza temere ostacoli, nè indietreggiare dinanzi a qualsiasi misfatto. I suoi affigliati, rompendo ogni vincolo col mondo civile, con le leggi, con la religione, con la morale prendono il nome di anarchici, proponendosi di distruggere, con tutti i mezzi che può suggerire una passione cieca e feroce, da cima a fondo l'ordinamento sociale. E siccome questo riceve unità e vita dall'autorità imperante, contro l'autorità sono principalmente rivolti i suoi colpi. Chi non dovette inorridire con un fremito di pietà e d'indignazione a vedere nello spazio di pochi anni aggrediti e trucidati imperatori, imperatrici, re, capi di potentissime repubbliche, e non per altro che per essere stati investiti dell'autorità sovrana?
I rimedi. Libertà, istruzione, progresso non bastano.
Di fronte a tanta mole di mali che incombono e di pericoli che sovrastano, è debito nostro di ammonire di nuovo e scongiurare, come facciamo, tutti gli uomini di buona volontà, e più coloro che seggono più in alto, a riflettere sopra gli adeguati rimedi, ed attuarli con prontezza e previdente energia. Intorno a che urge per prima cosa riconoscere quali sono, e ponderarne il valore. Udimmo già esaltare a cielo i benefizi della libertà, e magnificarla come farmaco sovrano e strumento incomparabile di pace operosa e di prosperità. Ma i fatti la chiarirono inefficace all'uopo. Conflitti economici, contese di classe, divampano da ogni parte, e di riposato vivere cittadino non si vedono pur gli inizi. Che anzi ognuno può essere testimonio che la libertà, quale oggi la intendono, largita promiscuamente al vero e al falso, al bene e al suo contrario, non riuscì che ad abbassare quanto vi è di nobile, di santo, di generoso, e a spianare la via a delitti, a suicidi, ad ogni sfogo di volgari passioni.
Fu detto eziandio che il perfezionamento dell'istruzione, rendendo più cólte ed illuminate le moltitudini, le avrebbe premunite sufficientemente contro le malsane tendenze e ritenute entro i confini della onestà e della rettitudine. Senonchè una dura realtà ci fa tuttodì toccar con mano a che approdi l'istruzione destituita di una soda educazione religiosa e morale. Le menti giovanili nella loro inesperienza e nel bollor delle passioni restano prese al fascino delle massime perverse, particolarmente di quelle che il giornalismo più indisciplinato non si perita di seminare a larga mano, e che, pervertendo l'intelletto e la volontà alimentano quello spirito di orgoglio e di insubordinazione che turba sì spesso la pace delle famiglie e delle città.
Molto pure si confidò nei progressivi incrementi scientifici ; e di grandi per fermo inaspettatì, maravigliosi ne vide l'ultimo secolo. Ma è poi vero che abbiano effettivamente recata quella ubertà di frutti, piena e rinnovatrice che era nel desiderio e nell'aspettazione di tanti? Il volo della scienza dischiuse certamente orizzonti nuovi all'intelletto, allargò il dominio dell'uomo sulla natura corporea, e se ne vantaggiò in cento guise la vita terrena. Ma nondimeno si sente da tutti e si confessa da molti, che l'effetto è riuscito inferiore alle speranze. Nè si può dire altrimenti, chi guardi allo stato degli animi e dei costumi, alla statistica della delinquenza, ai sordi rumori che ascendono dal basso, al predominio della forza sul diritto. A non ridire delle plebi immiserite, basta anche uno sguardo superficiale per avvedersi che una tristezza indefinibile pesa sulle anime e un vuoto profondo sta nei cuori. L'uomo signoreggiò la materia, ma questa non ha potuto dargli ciò che non ha ; e le grandi questioni che si riferiscono a' suoi più alti interessi, la scienza umana non le ha risolute ; la sete di verità, di virtù, dell'infinito, tornò inestinta; e la terra arricchita di tesori e di gioie, e le accresciute comodità della vita non scemarono punto le morali inquietudini.
Come usare di questi beni? Con far ritorno al cristianesímo.
Dovranno dunque esser disprezzati o non curati gli acquisti della cultura, del sapere, dell'incivilimento e di una libertà temperata e ragionevole? No certo: devono all'opposto essere custoditi, promossi e tenuti in gran conto, come un capitale prezioso, atteso che essi sono altrettanti mezzi di lor natura buoni, voluti e ordinati da Dio medesimo a gran pro dell'umana famiglia. Nell'usarli però conviene aver l'occhio all'intendimento del Creatore, e fare che non vadano scompagnati mai dall'elemento religioso, nel quale risiede appunto la virtù che li avvalora e li rende degnamente fruttiferi. Sta qui il segreto del problema. Quando un essere organico intristisce e declina, ciò proviene dal cessato influsso delle cause che gli diedero forma e consistenza; e non c'è dubbio che, a rifarlo sano e fiorente, bisogna restituirlo ai vitali influssi di quelle cause medesime. Or bene nel folle tentativo di emanciparsi da Dio, il civile consorzio rigettò il soprannaturale e la divina rivelazione, sottraendosi così alla vivificatrice efficienza del Cristianesimo, vale a dire alla più solida garanzia dell'ordine, al più potente vincolo della fratellanza, alla sorgente inesauribile delle virtù individuali e pubbliche : e dipende da questa dissennata apostasia lo sconvolgimento della vita pratica. Al grembo del Cristianesimo deve dunque tornare la traviata società, se a lei cale il benessere, il riposo, la salute.
Come il Cristianesimo non scende in nessun'anima senza renderla migliore, così non entra nella vita pubblica di uno Stato senza rinvigorirla nell'ordine ; con l'idea di un Dio provvido, sapiente, infinitamente buono ed infinitamente giusto, fa penetrare nella coscienza il sentimento del dovere, addolcisce le sofferenze, calma i rancori, ispira l'eroismo. Se trasformò le genti pagane e tale trasformazione fu un vero risorgimento da morte a vita, di guisa che tanto cessò la barbarie quanto si estese il Cristianesimo, egli saprà del pari, dopo le terribili scosse dell'incredulità, ravviare e ricomporre nell'ordine gli Stati e i popoli odierni.
Vero Cristianesimo non esiste che nella Chiesa Cattolica.
Ma non è detto tutto : il ritorno al Cristianesimo non sarà rimedio verace e compiuto, se non significa ritorno e amore alla Chiesa una, santa, cattolica, apostolica. Poichè il Cristianesimo si attua e si immedesima nella Chiesa Cattolica, società sovranamente spirituale e perfetta, che è il mistico corpo di Gesù Cristo ed ha per suo Capo visibile il Romano Pontefice, successore del Principe degli Apostoli. Essa è la continuatrice della missione del Salvatore, figlia ed erede della sua redenzione ; essa propagò il Vangelo sopra la terra e lo difese a prezzo del suo sangue ; ed essa nelle promesse della divina assistenza e dell'immortalità, non patteggiando mai con l'errore, reca in alto il mandato di serbare integra la dottrina di Cristo fino all'ultimo dei secoli. Maestra legittima della morale evangelica, non solo diventa la consolatrice e salvatrice delle anime, ma eziandio fonte perenne di giustizia e carità, come pure propagatrice e tutrice della vera libertà e della unica possibile eguaglianza. Applicando la dottrina del suo divin Fondatore, mantiene con ponderato equilibrio i giusti limiti in tutti i diritti e in tutte le prerogative della collettività sociale. E l'uguaglianza che proclama, conserva intatta la distinzione dei vari ordini sociali, dalla natura evidentemente richiesti ; la libertà che apporta, affine d'impedire l'anarchia della ragione emancipata dalla fede e abbandonata a se stessa, non lede i diritti della verità, che sono superiori a quelli della libertà, non i diritti della giustizia che sono superiori a quelli del numero e della forza, non i diritti di Dio, che sono superiori a quelli dell'uomo.
E non è men feconda ai buoni effetti nell'ordine domestico. Perchè non solo resiste alle male arti con che la licenza degli increduli attenta alla vita della famiglia, ma prepara e conserva l'unione e la stabilità coniugale, ne tutela e promuove l'onestà, la fedeltà, la santità. E di pari passo sorregge e rinsalda l'ordine civile e politico, da un lato aiutando efficacemente l'autorità, e porgendosi amica dall'altro alle savie riforme, alle giuste aspirazioni dei sudditi; imponendo rispetto ed ubbidienza ai Principi, e difendendo in ogni caso, i diritti imprescrittibili della coscienza umana. E per tal modo i popoli ossequenti alla Chiesa si manterranno, sua mercè, egualmente lontani dalla servitù e dal dispotismo.
Ciò che fece Leone XIII pel ritorno dell'umanità alla Chiesa.
Consapevoli appunto di queste divine virtù, Noi fin dall'esordio del Nostro Pontificato, Ci siamo studiosamente adoperati a mettere in vista e in rilievo i benefici intendimenti della Chiesa e ad estenderne il più possibile col tesoro delle sue dottrine la salutare azione. E a questo fine furono diretti gli Atti precipui del Nostro Pontificato, segnatamente le Encicliche sulla filosofia cristiana, sulla libertà umana, sul matrimonio cristiano, sulla setta dei Massoni, sui poteri pubblici, sulla costituzione cristiana degli Stati, sul socialismo, sulla questione operaia, sui principali doveri dei cittadini cristiani e sopra argomenti affini. Ma il voto ardente del Nostro cuore non fu quello soltanto d'illuminare le menti, sibbene di muovere e purificare i cuori, indirizzando i nostri sforzi a far rifiorire in mezzo ai popoli le virtù cristiane. Non cessammo quindi con esortazioni e consigli, di sollevare gli animi a quei beni che non sono caduchi, procurando di ordinare il corpo all'anima, l'uomo a Dio, il pellegrinaggio terreno alla vita celeste. Benedetta dal Signore, potè contribuire la Nostra parola a rafforzare le convinzioni di molti, a meglio illuminarli nell'ardue questioni presenti, a stimolare il loro zelo, a promuovere opere svariate, che sorsero e continuano a sorgere in tutti i paesi, particolarmente a benefizio delle classi diseredate, ravvivando quella carità cristiana che in mezzo al popolo trova il suo campo prediletto. Se il raccolto della messe, Venerabili Fratelli, non fu più copioso, adoriamo Iddio arcanamente giusto, e supplichiamolo ad un tempo d'impietosirsi alla cecità di tanti e tanti ai quali sventuratamente è applicabile il pauroso lamento dell'Apostolo: Deus huius saeculi excoecavit mentes infidelium, ut non fulgeat illis illuminatio evangelii gloriae Christi (II Cor. IV, 4).
La Chiesa non è nemica della scienza.
Secondo che la Chiesa Cattolica spiega il suo zelo a bene morale e materiale de' popoli, purtroppo questi figli delle tenebre si levano astiosi contro di lei, e niun mezzo lasciano intentato a fine d'offuscarne la divina bellezza e intralciarne l'opera vitale e redentrice. Quanti sofismi mettono in opera, quante calunnie! E una delle loro più perfide arti si è di rappresentare la Chiesa al cospetto dei volghi imperiti, e dei governi gelosi, come avversa ai progressi della scienza, come nemica della libertà, usurpatrice dei diritti dello Stato, e invaditrice del campo della politica. Stolte accuse, mille volte ripetute e mille volte distrutte dalla ragione, dalla storia, dal consenso degli uomini onesti e amici del vero.
La Chiesa nemica della scienza e della coltura? Essa è certamente vigile custode del domma rivelato: questa vigilanza non fa che renderla fautrice benemerita della scienza ed altrice di ogni buona coltura. No, coll'aprire la mente alle rivelazioni del Verbo, verità suprema e principio originale di tutte le verità, non si pregiudicherà mai e per nessun rispetto alle cognizioni razionali; che anzi le irradiazioni del mondo divino aggiungeranno sempre potenza e chiarezza all'intelletto umano, preservandolo, nelle questioni di maggiore importanza, da incertezze angosciose e da errori. Del resto diciannove secoli di gloria conquistata dal Cattolicismo in tutti i rami del sapere, bastano ampiamente a distruggere la mendace asserzione. Alla Chiesa cattolica vuolsi infatti attribuire il merito di aver propagato e difeso la sapienza cristiana, senza la quale il mondo giacerebbe ancora nelle tenebre delle superstizioni pagane e nello stato abbietto della barbarie; ad essa di aver conservato e trasmesso i preziosi tesori delle lettere e della scienza antica; di avere aperto le prime scuole del popolo e creato Università che esistono e sono celebri anche ai giorni nostri; di aver raccolto infine sotto le sue ali protettrici gli artisti più insigni e di avere ispirato la letteratura più alta, pura e gloriosa.
La Chiesa non è nemica della libertà e dello Stato.
La Chiesa nemica della libertà? Ahi quanto si travisa un concetto che sotto questo nome racchiude uno dei più prezìosi doni di Dio, e viene invece adoperato a giustificare l'abuso e la licenza!
Se per libertà voglia intendersi l'andare esente da ogni legge e da ogni freno per far quello che più talenta, essa si avrà certo la riprovazione della Chiesa al pari che quella di ogni anima onesta; ma se per libertà s'intende la facoltà ragìonevole di operare speditamente e largamente il bene secondo le norme della legge eterna, nel che appunto consiste la libertà degna dell'uomo e proficua alla società, niuno più della Chiesa la favorisce, l'incoraggia e protegge. Ella infatti colla dottrina e l'azione sua affrancò l'umanità dal peso della schiavitù, annunziando la gran legge dell'uguaglianza e della fraternità umana; in ogni età assunse il patrocinio dei deboli e degli oppressi contro la prepotenza dei forti: rivendicò col sangue dei suoi martiri la libertà della coscienza cristiana, restituì al fanciullo ed alla donna la dignità della loro nobile natura e la partecipazione agli stessi diritti di rispetto e di giustizia, concorrendo grandemente ad introdurre a mantenere la civile e politica libertà dei popoli.
La Chiesa usurpa i diritti dello Stato e invade il campo politico? Ma la Chiesa sa ed insegna che il suo divin Fondatore ordinò di rendere a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio, sanzionando in tal guisa, la. distinzione immutabile e perpetua dei due poteri, ambedue supremi nel loro rispettivo ordine; distinzione feconda, che ebbe tanta parte nello sviluppo della civiltà cristiana. Ed aliena nel suo spirìto di carità da ogni mira ostile, non intende che a coordinarsi a fianco dei poteri politici, per operare sì sullo stesso soggetto, che è l'uomo, e sulla stessa società, una per quelle vie e per quegli altì intenti che s'attengono alla sua divina missione. Ove l'opera sua fosse senza sospetti accolta, non farebbe che agevolare gli innumerevoli vantaggi sopra ricordati. La supposizione di mire ambiziose nella Chiesa altro non è che una vecchia calunnia della quale i suoi potenti nemici si servirono come di pretesto per coonestare le loro oppressioni; e la storia, meditata senza preconcetti, testifica ampiamente che la Chiesa, anzichè tentar mai di sopraffare, fu invece, ad imagine del suo divin Fondatore, vittima più volte di sopraffazioni ed ingiustizie; appunto perchè la sua potenza consiste nella forza del pensiero e della verità, non in quella delle armi.
Queste accuse contro la Chiesa muovono dall massoneria.
Siffatte e simili accuse muovono dunque da pretto maltalento. E in quest'opera perniciosa e sleale va innanzi agli altri una setta tenebrosa, che la società porta da lunghi anni nei suoi fianchi, come un morbo letale che ne contamina la sanità, la fecondità e la vita. Personificazione permanente della rivoluzione, costituisce una specie di società a rovescio, il cui scopo è un predominio occulto sulla società riconosciuta, e la cui ragione di essere consiste nella guerra a Dio ed alla sua Chiesa. Non sarebbe d'uopo neppur nominarla; chè tutti raffigurano a questi contras segni la massoneria, della quale parlammo di proposito nella nostra Enciclica « Humanum genus » del 20 aprile 1884, denunziandone le malefiche tendenze, le false dottrine, le opere nefaste.
Questa setta, che abbraccia nella immensa rete quasi tutte le nazioni, e si collega con altre sette che muove con occulti fili, allettando i suoi affigliati con l'esca dei vantaggi che loro procura, piegando i reggitori ai suoi disegni or con promesse, or con minaccie, è giunta ad infiltrarsi in tutti gli ordini sociali ed a formare quasi uno Stato invisibile ed irresponsabile nello Stato legittimo. Pieno dello spirito di Satana, che, come diceva l'Apostolo, sa all'uopo trasfigurarsi in un angelo di luce, vanta fini umanitari, ma tutto sfrutta ad intento settario: e, mentre dichiara di non aver mire politiche, esercita larga azione nel movimento legislativo ed amministrativo dello Stato ; mentre professa rispetto alle Autorità imperanti e perfino alla Religione, mira come a scopo supremo (ed i suoi stessi regolamenti lo affermano) allo sterminio dell'impero e del sacerdozio. considerati da essa come nemici della libertà.
Or si fa sempre più manifesto che alle suggestioni e alla complicità di questa setta vanno attribuite in gran parte le continue vessazioni contro la Chiesa, come pure la recrudesenza di recenti attacchi. Ed invero la contemporaneità della persecuzione, scoppiata testè come procella a ciel sereno, cioè senza cause adeguate all'effetto ; il genere identico della preparazione fatta con la stampa giornaliera, con adunanze pubbliche e produzioni teatrali : l'impiego dappertutto delle medesime armi della calunnia e dell'eccitamento popolare, mostrano la identità dei propositi e la parola d'ordine uscita da uno stesso centro di direzione. Episodio, del resto, che si associa a quel piano prestabilito, e che si va largamente traducendo in atto, per moltiplicare i danni già da Noi annoverati, e sopratutto per restringere fino alla totale esclusione l'insegnamento religioso, formando così generazioni di indifferenti e d'increduli; per impugnare colla stampa la morale della Chiesa; per ischernirne finalmente le pratiche e profanarne le feste.
La guerra al sacerdozio ed agli Ordini religiosi.
Vien da sè che il sacerdozio cattolico, chiamato a diffondere praticamente la religione e a dispensarne i misteri, sia preso di mira con maggior accanimento, per diminuirne l'autorità ed il prestigio al cospetto del popolo.
Già l'audacia cresce di giorno in giorno, interpretandone sinistramente gli atti, dando corpo ai sospetti e gittandogli addosso le più volgari accuse: e cresce in proporzione della impunità che possono ripromettersi. Così nuovi danni si aggiungono a quelli che soffre da parecchio tempo per il tributo che il clero deve pagare alla milizia e che lo toglie a confacente preparazione religiosa, e per la spogliazione del patrimonio ecclesiastico, costituito liberamente dalla pietà e generosità dei fedeli.
E gli ordini e sodalizi religiosi, che nella pratica dei consigli evangelici diventano la gloria non meno della religione che della società, quasi avessero dinanzi ai nemici della Chiesa una colpa di più, sono acerbamente fatti segno al vilipendio. E Ci duole il dover rammentare come anche recentemente sieno stati colpiti da odiose ed immeritate misure, che ogni anima onesta ha dovuto altamente riprovare.
Non valse a salvarli l'integrità della vita, sulla quale non si poterono accertare dagli stessi nemici imputazioni serie e fondate; non il diritto di natura, che consente l'associazione per fini onesti, nè la legge costituzionale che la sancisce; non il favore del popolo riconoscente ai preziosi servigi resi con le scienze, le arti, l'agricoltura, ed alla carità profusa sopra la classe numerosa dei poveri. Così uomini, donne, figli del popolo che avevano rinunziato spontaneamente alle gioie della famiglia, per consacrare al bene del prossimo in pacifiche aggregazioni la giovinezza, i talenti, l'attività, la vita, furono, come congreghe di delinquenti, fra tanta ampiezza di libertà, dannati all'ostracismo.
La guerra al Papa.
Nè farà meraviglia che i figli più cari sieno così percossi, quando non è meglio trattato il Padre, vo' dire il Capo medesimo della cattolicità, il Romano Pontefice. I fatti sono ben conosciuti. Rapitagli col principato civile quell'indipendenza che gli è necessaria per la sua missione universale e divina, forzato nella stessa sua Roma a chiudersi nella propria dimora, perchè stretto da potenza nemica, fu ridotto, non ostante irrisorie malleverie, di rispetto e precarie promesse di libertà, in condizioni anormali, ingiuste e indegne dell'eccelso suo ministero. Noi siamo pur troppo consapevoli degli ostacoli che gli si creano intorno, travisando spesso i suoi intendimenti ed oltraggiandone la dignità : di guisa che si fa sempre più evidente che la rapina della civile sovranità fu compiuta per abbattere a poco a poco la stessa spirituale potestà del Capo della Chiesa ; ciò che del resto si è senza ambiguità confessato da coloro che ne furono i veri autori. Fatto che a ponderarne gli effetti, non è soltanto impolitico, ma eziandio antisociale, perchè le ferite inflitte' alla religione sono come altrettante ferite portate al cuore della società. Iddio infatti che dotava l'uomo di qualità essenzialmente sociali, nella sua provvidenza fondava altresì la sua Chiesa e la collocava, secondo il linguaggio biblico, sul monte di Sion, affinchè servisse di luce e col suo raggio fecondatore svolgesse il principio della vita nei molteplici aspetti della società umana, comunicandole norme sapienti e celesti, con le quali potesse prendere l'assetto più conveniente. La società pertanto che si sottrae alla Chiesa, ch'è parte considerevole della sua forza, decade o rovina, separando ciò che Iddio volle congiunto.
Noi non Ci siamo stancati d'inculcare in ogni opportuna occorrenza siffatte verità, e abbiamo voluto farlo nuovamente e di proposito in questa congiuntura straordinaria. Faccia il Signore, che ne piglino lena e norma i fedeli a coordinare più efficacemente al bene comune la loro azione; e lume ne traggano gli avversari da poter comprendere l'ingiustizia che compiono perseguitando la madre più amorosa, la più fidata benefattrice dell'umanità.
La Chiesa trionferà.
Non vorremmo che il quadro delle dolorose condizioni presenti avesse punto ad abbattere nell'animo dei credenti la piena fiducia nel divino aiuto, che maturerà a suo tempo e per le sue vie il finale trionfo.
Noi siamo altamente contristati nell'intimo del cuore, non però trepidi degl'immortali destini della Chiesa. La persecuzione, come dicemmo da principio, è il suo retaggio, perchè Iddio ne cava beni più alti e preziosi, provando e purificando i suoi figli. Ma, pur permettendo le vessazioni e i contrasti, manifesta la sua divina assistenza, che fornisce mezzi nuovi ed impensati, onde l'opera resta e ricresce senza che prevalgono le forze congiurate a suo danno. Diciannove secoli di vita durata tra il flusso e riflusso delle umane vicende insegnano che le tempeste non toccano il fondo, e passano.
L'Episcopato, il Clero e il laicato.
E possiamo ben confortarci, perchè anche il momento presente porta in sè dei contrassegni che mantengono inalterata la nostra fiducia. Le difficoltà sono formidabili e straordinarie è vero, ma altri fatti, che si svolgono sotto i nostri sguardi, pur n'attestano che Dio compie le sue promesse con bontà e sapienza ammirabile. Ecco, mentre tante forze cospirano contro la Chiesa ed essa va destituita cotanto di aiuti e di appoggi umani, tuttavia giganteggia nel mondo ed estende la sua azione tra le genti più disparate sotto ogni clima. No, l'antico principe di questo mondo non potrà più spadroneggiare come prima, dopo che ne tu cacciato da Gesù Cristo, e i tentativi di Satana apporteranno sì dei mali, ma non approderanno al fine. Già una calma soprannaturale, mantenuta dallo Spirito Santo che aleggia e vive nella Chiesa, regna pur ora non solo nelle anime dei buoni, ma nel complesso della cattolicità ; calma che si svolge serena mediante l'unione, più stretta e devota che mai, dell'Episcopato con questa Cattedra Apostolica, formando un meraviglioso contrasto di fronte alle agitazioni, ai dissidi, e al pullulare continuo delle sètte che turbano la tranquillità sociale. Unione che armonicamente si riproduce, feconda in opere svariatissime di zelo'e di carità, tra i Vescovi e il Clero e tra questo e il laicato cattolico; il quale va, più compatto ed immune da rispetti umani, disciplinandosi all'azione, ridestandosi in una generosa gara per difendere la causa santa della religione. Oh! è questa l'unione che abbiamo inculcata e inculchiamo di nuovo, e che benediciamo. affinchè pigli più largo incremento e si opponga, come invincibile muro, all'impeto dei nemici di Dio.
Frutti di quest'Unione.
Niente più ovvio che, quasi polloni che germogliano appiè dell'albero, rinascano, rinvigoriscano, e si ricompongano tante associazioni, quali anche a' nostri giorni ci allietano nel seno della Chiesa. Nessuna forma di cristiana pietà vuol dirsi da essa negletto, o si guardi a Gesù e agli adorabili suoi misteri, o alla sua potentissima Madre, o ai Santi che brillarono di più viva luce per insigni virtù. E ad un tempo nessuna forma di beneficenza vediamo dimenticata, se in tanti modi si pensa ovunque e all'educazione religiosa della gioventù e all'assistenza dei malati, alla moralità del popolo e a soccorrere le classi diseredate. E con quanta rapidità dilaterebbesi e di quanto maggiori giovamenti sarebbe fecondo questo movimento solo che non trovasse frequente intoppo d'ingiuste e ostili disposizioni !
I progressi nelle missioni estere.
E il Signore, che mantiene tanta vitalità della Chiesa nelle regioni che essa da lunga età possiede e si son fatte civili, ci vien consolando altresì di nuove speranze, mercè lo zelo dei suoi missionari, i quali non iscoraggiati dai corsi pericoli e da privazìoni e sacrifizi d'ogni genere, cresciuti di numero, vanno acquistando intere contrade al Vangelo ed alla civiltà, e serbansi mirabilmente costanti, ancorchè ripagati spesso di detrazioni e calunnie, a somiglianza del divino Maestro.
Le amarezze son dunque temperate da conforti, e tra le difficoltà della lotta abbiamo assai di che rinfrancarci e sperare. Cosa invero che dovrebbe suggerire utili riflessioni ad ogni osservatore intelligente e non traviato da passione, e fargli intendere che come Dio non lasciò l'uomo in balìa di se stesso riguardo al fine ultimo di tutta la vita e perciò ha parlato, così parla anche al presente nella sua Chiesa da divino aiuto visibilmente soffulta, manifestando da qual parte sta la verità e la salute. Ad ogni modo questa perenne assistenza servirà ad infondere nei nostri cuori l'invincibile speranza che, nel momento segnato dalla Provvidenza, la verità, rotta la nebbia con cui si tenta di circondarla, rifulgerà più piena in un non lontano avvenire, e che lo spirito del Vangelo tornerà a ravvivare le membra sì stanche e corrotte di questa dissipata società.
I doveri dei cattolici.
Noi dal canto nostro non mancheremo, o Venerabili Fratelli, di cercare che s'affretti il giorno delle misericordie di Dio, cooperando alacremente, com'è Nostro debito, a difesa e incremento del suo regno sulla terra. A voi non abbiamo esortazioni da fare. Ci è nota la vostra sollecitudine pastorale. Possa la fiamma che arde il vostro cuore trasfondersi sempre più in tutti i ministri del Signore che partecipano all'opera vostra. Essi si trovano a contatto immediato col popolo e ne conoscono appieno le aspirazioni, i bisogni, le sofferenze, come pure le insidie e le seduzioni da cui è circondato. E se, pieni dello spirito di Gesù Cristo, e mantenendosi in una sfera superiore alle passioni politiche, coordineranno alla vostra la loro azione, riusciranno con la benedizione di Dio ad operare meraviglie, illuminando le moltitudini con la parola, attirando i cuori con la soavità dei modi, coadiuvandole caritatevolmente nel progressivo miglioramento delle loro condizioni. E il Clero si troverà corroborato dall'azione intelligente ed operosa di tutti i fedeli di buona volontà; così i figli che gustarono le tenerezze della lor madre la Chiesa, degnamente la ripagheranno con l'accorrere in difesa del suo onore e delle sue glorie. Ciascuno può contribuire a quest'opera doverosa e sommamente meritoria; i dotti e i letterati con l'apologia, e con la stampa quotidiana, istrumento potente e di cui tanto abusano i nostri avversari ; i padri di famiglia e gli istitutori con una cristiana educazione dei figliuoli, i magistrati e i rappresentanti del popolo con la saldezza dei buoni principi e l'integrità del carattere, tutti col professare senza rispetto umano le proprie credenze.
Il tempo esige altezza di sentimenti, generosità dì propositi, regolarità di disciplina. La quale dovrà sopratutto dimostrarsi con la sommessione fiduciosa e perfetta alle norme direttive della Santa Sede ; mezzo precipuo per togliere o attenuare il danno delle opinioni di partito quando dividono, e per coordinare tutti gli sforzi a servizio di un intento superiore, che è il trionfo di Gesù Cristo nella sua Chiesa.
Preghiere ed auguri.
Questo il dovere dei cattolici: il successo finale a Colui che veglia amorosamente e sapientemente sull'immacolata sua Sposa e del quale sta scritto: Iesus Christus heri, et hodie: ipse et in saecula (Hebr. XIII, 8. ). A Lui anche in questo momento rivolgiamo umile e calda la Nostra preghiera, a Lui che amando d'amore infinito l'errante umanità nella sublimità del martirio se ne fece vittima espiatoria: a Lui che asiso, benchè invisibile, sulla mistica nave della sua Chiesa, può, imperando al mare ed ai venti commossi sedar la procella. - E voi senza dubbio, o Venerabili Fratelli, lo supplicherete volentieri unitamente a Noi affinchè scemino i mali che pesano sulla nostra società, s'illuminino negli splendori della luce divina coloro che, forse più per ignoranza che per malvagità, odiano e perseguitano la religione di Cristo, e si rinfranchino in una santa operosità gli uomini di buon volere: si che s'affretti il trionfo della verità e della giustizia, e alla famiglia umana arridano giorni migliori di pace e di tranquillità.
Discenda intanto, auspice delle grazie più desiderate, sopra di Voi e sopra tutti i fedeli alle vostre cure affidati, la benedizione Apostolica che di gran cuore impartiamo.
Dato a Roma, presso S. Pietro il 19 marzo 1902, anno vigesimoquinto del Nostro Pontificato.
LEO PP. XIII.
(1) Quest'importante documento Pontificio sarà un vero regalo pei nostri lettori, e noi rimettiamo ad altro numero le maggiori notizie delle nostre Missioni per poterlo riprodurre tutto intiero. Lo abbiamo diviso in capitoli per renderlo più accessibile alla intelligenza di tutti.
Abbiamo appreso con sommo piacere che il Sommo Pontefice ha recentemente nominato a Vescovo della Diocesi di Bobbio il Rev.mo D. PASQUALE MORGANTI, Direttore spirituale del Seminario maggiore di Milano, Direttore Diocesano dei Cooperatori salesiani ed anima del Comitato salesiano milanese. Presentiamo i nostri più vivi rallegramenti al neo eletto per l'alta carica a cui il Santo Padre lo ha chiamato con le preghiere e gli auguri di un fecondo apostolato.
I Salesiani e gli emigrati al Rosario, alla Plata ed a Bahia Bianca - La pioggia fa predicare in italiano - Le Figlie di Maria Ausiliatrice e le figlie degli emigrati - Il Collegio degli orfanelli di D. Bosco a Palermo di Buenos Aires - La Società Operala e gli emigrati.
Altro centro del lavoro salesiano per gli emigrati è Rosario, città di 120.000 abitanti, la più importante della repubblica, dopo Buenos Aires, a motivo del suo porto e delle sue sviluppate industrie: una terza parte della popolazione è italiana. Sono pur note le numerose colonie agricole italiane a poca distanza dalla città.
I salesiani vi si stabilirono l'anno 1890 occupandosi subito dell'istruzione e dell'educazione dei giovanetti italiani.
La diffusione delle nostre Letture cattoliche e del Cristoforo Colombo, periodico settimanale, redatto e stampato in quella nostra Casa; con una tiratura di 2.000 copie, contribuì assai ad introdurre e fomentare nella niente e nel cuore di quella popolazione lo spirito cattolico cd a tener vivo il ricordo della patria lontana. Di quando in quando, qualche nostro sacerdote fa delle escursioni per la campagna, dettando tridui, novelle, missioni. Nel Collegio attuale vi sono 120 alunni interni, fra studenti ed artigiani: frequentatissimo è pure l'Oratorio festivo annesso al Collegio.
Anche alla Plata si lavora pei nostri emigrati. Alla Cappella di legno, nella quale si funziona da tanti anni, essi affluiscono sempre per compiere i loro doveri religiosi, benche non più così numerosi come nei quattro primi. anni della fondazione della città; quando, fatta eccezione degli impiegati governativi, la popolazione constava quasi esclusivamente di italiani, addetti ai lavori di costruzione. Rincresce che, per ragione di prudenza, non si possa predicare almeno qualche volta in italiano. Il predicatore sarebbe ascoltato dai nostri emigrati, coli vivo piacere e con maggior frutto. Ecco, a questo proposito, un episodio curioso. Tempo fa, una domenica, il celebrante, durante la Messa, si rivolse al pubblico per fare la solita spiegazione del Vangelo. Era un giorno alquanto piovviginoso, motivo sufficiente pei figli del paese, per credersi dispensati dell'obbligo di sentir Messa. I nostri italiani, accostumati a non far molto caso di tali capricci.del tempo erano intervenuti in buon numero alla Cappella. Il celebrante se ne accorse e credette conveniente di cambiar modo e predicare in italiano. Dopo la Messa, un gruppo di quei buoni lavoratori, passarono nella sacrestia e, manifestando la loro contentezza e soddisfazione, pregarono il sacerdote a voler continuare a predicare tutte le domeniche nel loro patrio linguaggio. Ed egli rispose loro sorridendo: - pregate il Signore che faccia piovere tutte le domeniche e sarete soddisfatti. -I ragazzi che frequentano il Collegio annesso alla Cappella e all'Oratorio festivo son anche, per la maggior parte, figli di italiani. Fra poco s'inaugurerà la nuova Chiesa, che sarà senza dubbio, la più bella e la più spaziosa che esista nella Capitale della Provincia. Anche nella chiesa di Santa Catterina V. e M., situata in un punto centrale di questa Capitale, annessa al Collegio ed all'Oratorio festivo diretto dalle Figlie di Maria Ausiliatrice, si nota da qualche tempo un'affluenza sempre più numerosa, specialmente di italiani e di giovanette di famiglie italiane.
Nella lontana casa di Bahia Bianca poi si va operando una reazione benefica contro il male, col lavoro che si fa nel Collegio e specialmente nella Chiesa parrocchiale, dove fiorisce un numeroso Circolo Cattolico di operai. È da notarsi, che in quasi tutte le località dove sonvi salesiani, rivaleggiano con essi in zelo e operosità le figlie di Maria Ausiliatrice, che fanno per le giovanette, ciò che i salesiani pei figli degli emigrati.
Omettendo di ripetere quanto già si scrisse sul Bollettino intorno al lavoro che si va facendo a S. Carlos di Bueuos Aires, dove molti italiani trovarono appoggio, raccomandazioni e fortuna, accenneremo ad un'opera veramente provvidenziale cui si pose mano da qualche tempo per fare argine al male che in in modo gravissimo si diffondeva nel suburbio di Palermo. Parliamo del nuovo Collegio degli orfanelli di D. Bosco. È frutto del Congresso Salesiano, tenuto nel novembre del 1900.
Un Comitato di signore pietose, organizzato all'effetto, lavorò con tanta lena e tanto impegno, che potè raccogliere in poche settimane la vistosa somma di 32.000 pesos, necessaria per la compra del terreno e casa annessa. A poca distanza da noi, sta lavorando da molti anni, con un'attività degna di miglior causa, un signore protestante, che con quattro collegi da lui aperti al pubblico in vari punti di quel suburbio, istruisce annualmente nelle dottrine della sua setta, circa 800 fra ragazzi e fanciiulle, con danno incalcolabile delle loro anime. Alcuni facoltosi commercianti gli passano una sovvenzione annuale di 16,000 pesos e il Governo pur troppo lo favorisce alla sua volta, con una sovvenzione mensile di 200 pesos. L'andata dei Salesiani in quel punto, si può dunque credere provvidenziale. Diffatti essi cominciano già a ricavare frutti consolanti.
La popolazione (quasi esclusivamente italiana) che abita nei dintorni, interviene già numerosa alle funzioni religiose e si fa premura di inviare i suoi figliuoli alle scuole del Collegio per essere instruiti e ben educati nella religione. Tutto lascia a sperare che la nuova casa sia destinata a fare moltissimo bene religioso e materiale.
Prima di chiudere questa relazione crediamo conveniente dir due parole riguardo ad un'opera che non è salesiana, ma che si raccomanda assai pel bene che può arrecare ai nostri emigrati. In questi ultimi anni, lo spirito rivoluzionario ha commosso qui profondamente le masse popolari e ha fatto passare dei giorni terribili al Governo ed a' pacifici cittadini. Un P. Redentorista, concepì l'idea, di fondare un Società Cattolica di operai col fine di scongiurare o almeno di diminuire per quanto fosse possibile, questo pericolo nell'avvenire.
L'idea fu accolta con applauso generale. Egli cominciò dunque con fondare un circolo Centrale e i suoi risultati furono così soddisfacenti, che in poco tempo, quasi tutte le parrocchie della Capitale e delle città e paesi della Repubblica, formarono il loro circolo, basati sulle stesse norme e dipendenti tutti dalla direzione del Circolo Centrale.
Essendo lo scopo principale di questa istituzione quello di fare argine allo spirito rivoluzionario e settario, essa riceve nelle sue file persone oneste, anche di scarsa pietà e per conseguenza, le esigenze del suo Regolamento, rispetto a pratiche religiose sono piuttosto limitate. Tuttavia il bene che essa va facendo e il male che impedisce, la fanno, con ragione, l'oggetto delle simpatie e degli elogi di tutti i buoni. I nostri emigrati, al loro arrivo in queste spiaggie, dovrebbero farsi un dovere di inscriversi ad essa, colla sicurezza di ricavarne un gran profitto morale e materiale` perchè dispone di validissime influenze in ogni ramo di cittadini.
EQUATORE
Attraverso le foreste dei Vicariato di Mendez e Gualaquiza
(Relazione di D. Francesco Mattana *)
IL 19 dicembre, dopo celebrata la Messa, continuiamo la nostra marcia, durante la quale nulla di particolare, se si eccettua la scoperta di un albero che diffondeva all'intorno per più leghe una fragranza soavissima. Coi nostri coltelli ci facciamo padroni di alcuni pezzi della sua corteccia che ci profumano in un istante tutta la persona. Quanto si pagherebbe in Europa per possedere un profumo sì delicatol
Verso sera si giunge alla casa del Jivaro Nanchima, cognato del Jivaro Giovanni Cayapa, capo de' Jivaros che mi accompagnavano. Essa è collocata sopra una bella collina da cui si gode più grazioso panorama. Siamo trattati con tutti i. riguardi e vengono a trovarci pure molti Jivaros dei dintorni. Moltissimi sono i battesimi che amministro e non infruttuose le istruzioni. che imparto a quei poveretti.
Continuando attraversiamo vasti campi ricchi di mais di una grandezza e fecondità ammirabile, e c'incontriamo in parecchi Jivaros che, conosciutici, vanno fuori di loro per la contentezza, e ci accompagnano fino alla casa dei Capitani Anguazha e Zamareño, situata sulle sponde del gran fiume Pante, detto da' Jivaros Jamangas. Ricevuti con ogni riguardo, ci fermiamo un giorno per esercitare il mio sacro ministero. Quivi dichiaro a' Jivaro che mi accompagnavano esser mia intenzione attraversare il fiume Pante e recarmi fino alla casa del gran Capitano Nuñinga che vive al principio del territorio Macabeo, sulla riva destra del firme Macas, e che perciò anch'essi dovevano seguirmi. Ma con mia gran meraviglia tutti all'unanimità si rifiutano di ubbidirmi adducendo per ragione che il Capitan Nuñinga è molto cattivo e che cerca di ucciderli. Cerco di persuaderli a non temere nulla, ma inutilmente, laonde mi devo rassegnare a dir loro che mi attendessero ed a stento induco a tenermi compagnia alcuni Jivaros Chupianzeñi e Mendeñi. Persuado i Capitani Zamoreño e Anguazha ad aiutarmi a traversare il fiume Pante e a spedire due forti ad annunziare al gran Capitano Nuñinga e alle altre tribù che fra due o tre giorni, sarebbe venuto Padre Francisco con alcuni cristiani e Jivaros a visitarli.
Il mattino seguente mi pongo in via e presto si arriva al fiume Pante, detto anche dai Jivaros Jamangas, e non essendovi canoe perchè trasportate pochi giorni prima dalla corrente, sono costretto a passarlo arrampicato ad una trave flessibile al par d'una corda e che per conseguenza lasciava immergere i nostri corpi nell'acqua che vorticosa ci scorreva sotto. Colà il fiume Pante misura oltre venti metri di profondità ed è rinchiuso in mezzo a due alte sponde. Corre da nord verso sud-est ed è navigabile per qualsiasi bastimento. Se lo fosse ugualmente fino all'unione del fiume Zamora si faciliterebbe il commercio con la repubblica del Perù. Lungo il cammino visito diversi Jivaros infermi e quei che mi accompagnano si divertono a cacciare uccelli e fiere per procurare il vitto necessario.
Verso sera incontriamo i due Jivaros che avevo il dì precedente inviati al Capitan Nuñinga sulle rive del Macas: erano mesti, pallidi e pieni di spavento : Padre Francisco, mi dicono, banda volviendo porquè Capitan Nuñinga, mucho malo esta, a vos no queriendo, asi a mi diciendo. Porque Padre Francisco a mi visitando viniendo, parejo cristianos y Jivaros trayendo. Aun mal trayendo pensando. No Padre Francisco a mi visitando, yo no queriendo, para que Padre Francisco a mi tierra vieniendo acaso yo llamando... M' accorgo che quei due poveretti erano stati ricevuti barbaramente e con minaccie di morte e che perciò essi persuadevano nel loro idioma quelli che mi accompagnavano a non voler più proseguire. Le loro parole ottengono subito il desiderato effetto ed io mi sento da tutte parti formale protesta di voler ritornare indietro. Non c'è modo di persuaderli diversamente, ed io pensando che forse tanto panico era suscitato dal demonio per impedire il gran bene che avrei fatto visitando il Capitan Nuñinga, con tutta autorità faccio loro capire che me ne rideva della proposta di ritornar indietro e della loro codardia come delle minaccie del Capitan Nuñinga e per piegarli a far il mio volere: nessuno, dissi, assolutamente nessuno, ritornerà indietro, ma continueremo tutti insieme nel nome del Signore. Io marcerò alla testa e risponderò per tutti voi, e prima che mi taglino la testa e la mia lunga barba avranno da sudare e faticare assai. Non temete perciò e nessuno sia codardo. Ciò detto li faccio disporre con le loro armi ben pre parate, come se si andasse ad un prossimo combattimento, ed essi, vedendomi così risoluta e coraggioso, finiscono per piegarsi dinanzi alla mia volontà e si continua il nostro itinerario.
Si attraversa il fiume Macas e pervenuti ad una lega di distanza dalla casa del feroce Nuñinga, per dimostrare che non aveva timore delle sue minaccie, ordino una scarica dei nostri fucili, cui risponde un'altra scarica dei Jivaros di Nuñinga. Temendo qualche tradimento comando ai miei di star uniti e con le armi pronte, ma di attendere sempre ai miei ordini. Così. disposti ci avviciniamo in mezz'ora alla casa del Capitano: nuovi spari da parte nostra, cui rispondono altri colpi, ma nessuno viene ad incontrarci... Stabilisco di entrare nel cortile della casa a piccoli gruppi, ma nessuno dei miei osa avvicinarsi alla casa nel cui interno si sentiva rumor d'armi e grida infernali... la cosa era seria assai, nè sapeva come decidermi: ritornar indietro era lo stesso che perder la partita, tanto più che eravamo morti sfiniti per la fame e stanchezza. Faccio un ultimo tentativo: cavo dal mio sacco specchi, panni colorati, coltelli, cucchiai, ecc. e li dispongo in bell'ordine. I Jivaros che spiavano dalla porta della, casa, vedendo ciò, fanno ancor più rumore ma nessuno esce. Allora ordino ai miei di prepararsi per un ultimo colpo, ma in quel mentre alcuni piccoli Jivaros, girando e rigirando si fauno attorno agli oggetti esposti domandando con segni che glieli regalassi loro.
Li accontento ed essi rientrano in casa mostrando i regali. Gli altri domandano se Padre Francisco ne ha ancora di quelle belle cose e saputo che sì, tutti escono fuori di casa a chiedermi dei regali... Anzi il Capitan Nuñinga. accompagnato da sei robusti Jivaros mi viene precipitosamente incontro, e presomi per la barba, vuole che gliela regali. Cerco di ragionarlo che era impossibile accontentarlo, ma invano ed egli si dimostra risoluto a prendermi insieme con la barba anche la testa... Visto la mala parata, mi raccomando al Signore e poi, impugnato il mio revolver e preso per il bracio il Capitano, gli impongo di allontanarsi da me e di portare subito da mangiare per me e per tutti i miei, altrimenti li avrei castigati con tutta severità... Il colpo ebbe il suo effetto: tutti si ritirarono e poco dopo lo stesso Capitano con vari Jivaros ed Jivare ci recarono chicha, carne, yuca., ecc., usandoci mille cortesie. I miei però, temendo qualche tradimento, non vogliono passar la notte colà, se loro non permetto di fare un po' per uno la sentinella... E tutto passa tranquillamente : al mattino seguente celebro la Messa: ricevo la visita di molti altri Jivaros e nei due giorni di mia fermata , colà cerco di istruirli un po' nella nostra santa Religione, battezzando 150 fanciulli e alcuni infermi. Anche il feroce Capitan Nuñinga, mosso dalla grazia divina, chiese il santo battesimo. Io non valevo battezarlo, però avendo riparato al mal modo con cui. ci aveva ricevuto, feci discender le salutari acque su quel vecchio capo, fra la generale contentezza di tutti i suoi Jivaros.
Fatto così il miglior bene possibile a quei poveretti e regalatili di molte cosette. era mia intenzione andare fino al popolo di Macas e recarmi fino a Riobamba: lo stesso Capitan Nuinga si offerse di darmi per guida alcuni fidati Jivaros, ma siccome i miei Jivaros di Gualaqui~za eransi fermati alla sponda opposta del gran fiume Jamangas, così ci è giocoforza far ritorno alla casa dei Capitani Zamareñi. Saluto tutti e prometto di far presto ritorno fra loro, e poi via. Verso le quattro pom. si giunge al fiume Jamangas e traversatolo, verso le cinque arriviamo alle abitazioni dei Zamareñi. I Jivaros di Gualaquiza , credendomi già morto, si erano recati già presso i loro parenti ed amici che vivono sulla sponda destra del fiume Macas... Li faccio avvertiti del mio ritorno e la loro meraviglia è al colmo: essi mi credevano proprio morto in mezzo alle feroci tribù macabee.
Due giorni dopo continuiamo verso il fiume Chupianza che passiamo a nuoto correndo però io serio pericolo d'annegare insieme ad un povero Jivaro che voleva salvare. A sera arriviamo in Mendez dove mi fermo parecchi giorni per ricevere le visite delle tribù vicine. Finalmente ritornai in Gualaquiza, ma per riprendere solo un po' di animo onde intraprendere nuove escursioni di cui darò relazione altra volta.
Mi benedica, amatissimo sig D. Rua e con me benedica tutti gli abitanti di queste sterminate foreste equatoriane.
Le bacio la mano e mi professo con affetto
Obb.mo ed umiliss.m° figlio Sac. FRANCESCO MATTANA. Missionario.
MATTO GROSSO Da Cuyabà alle rive del vorticoso Araguaya.
(Relazione di D. Antonio Malan)
Rev.mo ED AMAT.mo SIG. D. RUA,
Cuyabà, settembre 1901.
Eccomi finalmente in Cuyabà, tra le mura del caro collegio S. Gonçalo dopo reca breve escursione, feconda delle più belle speranze, compiuta in questi ultimi mesi dalle rive dell'ameno Coxipò agli orridi gorghi del vorticoso Araguaya, tra i confini del Goyaz, uno dei più estesi Stati della Confederazione del Brasile.
Rapporti di questa escursione con quella di D. Balzola - Eccitamenti - Preparativi.
Da molto tempo nutrivo il desiderio di internarmi nelle pericolose foreste del Nord, visitare le tribù dei feroci Cajabís, Bacais, Tapanhunas, Parecis ed altre molte perseguitate dalle carabine dei civilizzati , Siringueiros estrattori di gomma) Poayeiros (estrattori del Poaya, erba medicinale di gran valore), in una parola, da tutti gli esploratori della foresta, che una volta impegnati nella lotta per l'imprudenza di qualcheduno della comitiva, non possono più riposare una notte tranquilla temendo ad ogni momento udire il fischio di una saetta avvelenata, o sentire la punta acuta delle terribili uruparas portatrici di morte certa. Questo desiderio mi fu completamente, soddisfatto nel maggio e giugno dell'anno passato 1900, quando mandai il nostro missionario D. Giovanni Balzola col coadiutore Silvio Milanesio per quelle lontane regioni in cerca di quelle povere anime disgraziate sotto ogni punto di vista.
Dei copiosi frutti che dalla missione ne derivarono sia alle popolazioni dei civilizzati, sia alle tribù selvaggie visitate, la S. V. Rev.ma arvà già ricevuto estesa relazione dal missionario che così ben compì la difficilissima impresa di rinfrancare, animare e contenere gli animi dei compagni di spedizione che parecchie volte furono in procinto di rispondere degnamente agli attacchi ed alle frecciate degli indii.
Se il missionario non avesse ottenuto altro risultato, questo solo basterebbe per meritargli il rispetto, l'ammirazione e la gratitudine.
Lo dicono coloro che da vicino trattano cogli indii vendicativi, sospettosi e disposti anche all'eccidio di tutta la tribù, anzichè di privarsi del piacere della vendetta, tanto più terribile quanto maggiore è la barbarie che li accieca.
Nel tempo della mia assenza da Cuyabà, ritornò da una spedizione al Nord, l'agrimensore Giorgio Hodstein, capo di forte comitiva, salpata da questo porto nel giugno del corrente anno col medesimo fine che aveva quella che guidò il nostro missionario. Arrivati alla residenza centrale dei Cajabis l'equipaggio della piccola imbarcazione fu fatto bersaglio a ben puntate freccia che scattavano da robusti rami di Armeiros (legno molto più resistente che la quercia) piegati da centinaia di corpi nudi che occupavano le sommità delle due sponde del fiume. Ancorato il piccolo battello e gettata in acqua una canoa sbarcarono i dieci compagni del sig. Hodstein e tosto si succedettero le scariche ben nutrite delle potenti e leggiere Winchester : il villaggio fu saccheggiato, incendiato e distrutto e molti furono i morti dalla parte degli infelici selvaggi. Questo fatto raccontatomi con tutte le sue particolarità dallo stesso capo della spedizione, fu molto commentato : non fondandosi certo in errore l'opinione di coloro, che con noi pensano e temono un attacco generale di tutta la tribù a tutte le fattorie che si fonderanno in quei dintorni.
Nella spedizione del nostro missionario, niente di tutto questo: non ebbero risposte le frecciate che attraversarono i fianchi del nostro battello e fu permesso ogni sorta di donativo cogli indii: con loro danzò D. Balzola, abbracciate le tenebre colla luce, il ministro della vera religione col superstizioso figlio della foresta. Non è pertanto senza ragione che si trova paralizzato ogni sorta di bene per quei infelici Indii, chiuse le porte della pace, la sola che permetterebbe l'entrata al portatore della civiltà e della nuova dottrina al Nord ed all'Est dello Stato del Matto Grosso.
Le nostre sollecitudini tenderanno ad un'altra parte dove la Provvidenza sembra chiamarci con prove evidenti per le voci dei civilizzati e per la necessità estrema di venire in aiuto ai poveri Bororos, memori ancora delle nostre fatiche nella sfortunata colonia San Laurenço.
Molte persone, amici sinceri delle opere salesiane, non lasciano di richiamare la nostra attenzione all'Est dello Stato, alle regioni che fiancheggiano la linea telegrafica che unisce questa città alla capitale della repubblica, devastate dai Coroados, così pacifici quando riuniti in villaggi, ma così terribili quando vagano nella foresta. Si aggiunge a questo che molti dei nostri preti e coadiutori parlano discretamente il dialetto dei Bororos, dei costumi dei quali abbiamo conoscenza e studi. Essendo pertanto grandi le necessità da ambo i luoghi risolvemmo intraprendere quello che era di più urgenza, l'evangelizzazione della tribù dei Bororos, i quali senza l'aiuto della colonia S. Laurenço, ritornarono nomadi, assassinando i guarda-linee, i pacifici abitanti delle tenute e gli altri coloni più internati nella foresta.
Il Revm° sig. D. Albera, Visitatore e Rappresentante di V. S. Rev ma, nel traversare queste regioni fu profondamente impressionato alla vista del gran bene che si può fare qui in tutti i rami dell'educazione ed istruzione, e la prima volta che parlò in pubblico, queste furono le sue parole : « Nel varcare le soglie di questo Collegio mi rammentai delle parole che il compianto Mons. Lasagna dirigeva a D. Bosco: Quanto è grande e vasta la Missione riservata ai figli di D. Bosco nel Brasile! e restai meravigliato a vedere il progresso di questa difficile Missione. Scrivendo al sig. D. Rua gli voglio parlare delle grandi imprese dei miei fratelli di Cuyabà e del gran campo che si prepara al missionario ».
Impegnati come eravamo già all'opera delle missioni, questo e molte altre parole del signor D. Albera ci spronarono ancora più a ricominciare il lavoro di cristianizzazione e tutto a nostre spese, essendoci stata tolta la Colonia S. Laurenço che tanto prometteva, e i progressi della quale rimasero solo sconosciuti a chi non volle vedere.
Fermi in questa risoluzione, subito dopo la partenza del Revm° sig. Don Albera, facemmo i preparativi del viaggio, il quale, e per l'estensione del territorio, e per la difficoltà di stagione, e per il fine a cui mirava, e per molte altre cose non lasciava di avere la sua poesia e le sue bellezze orride; le sue ore di allegria ed i suoi giorni di soffrimento ed al medesimo tempo di indicibile consolazione per il cuore del missionario, che si delizia nella contemplazione della messe che si prepara a cogliere per il regno dei cieli.
Dio voglia che queste poche pagine -scritte nei momenti di fretta, dopo il riposo diario delle penose marcio, molte volte prima di discendere dal cavallo, e sempre seguiti e perseguitati da innumerevoli insetti di tutte le qualità - Dio voglia che queste poche pagine suscitino qualche anima generosa a venire in nostro soccorso o colla preghiera e coll'elemosina che consola il cuore di Dio, e sopratutto col seguirci personalmente, aspettando il centuplo in questa vita e la vita eterna nell'altra.
(Continua.)
RIO NEGRO (PATaGONIA). - Consolanti sono le notizie che il confratello D. Boido ci comunica e riferentisi all'immenso bene che fa in quelle disperse regioni. In Maguar-Meguas v'ha uno stabilimento in cui risiedono otto o dieci persone con le rispettive famiglie, e quantunque vi sia un solo cattolico, essendo gli altri protestanti, ricevettero assai bene il Missionario osandogli ogni riguardo: prova non dubbia di prossima conversione. Non cessiamo di pregare il buon Dio per la conversione di tanti poveri infelici.
RIO GALLEGOS (PATAGONIa MERIDIONALE). - Il direttore di questa nostra Missione, sac. Giovanni Bernabè, manda le seguenti notizie: « Rio Gallegos l'anno scorso aveva 800 abitanti, ora ne ha più solo 500, non compreso il battaglione militare. Due anni fa, col sussidio del Governo vi innalzammo una chiesa ed accanto, a spese di Mons. Fagnano, un locale per collegio maschile frequentato ora da 25 alunni sopra i 32 che in tutto Gallegos vanno a scuola. Vi è pure l'Oratorio festivo. Quest'anno si costrusse pure un edifizio per le Figlie di Maria Ausiliatrice, le quali presentemente già da otto mesi attendono alla scuola ed oratorio per le ragazze. Fanno molto bene cattivandosi le generali simpatie: sono oltre 50 le fanciulle che frequentano le loro scuole, ed i genitori sono soddisfattissimi della cura che le Suore prestano alle loro figliuole, quantunque siano più della metà quelli che per povertà non concorrano al mantenimento delle maestre, le quali non hanno alcun sussidio all' infuori del loro lavoro.
» Riuscitissimo in quest'anno il mese dell'Immacolata, cui le ragazze, assistite dalle nostre Suore, presero vivissima parte : il canto era a loro carico e disimpegnarono a meraviglia il loro dovere cambiando per ben 25 sere di seguito la lode finale. Il giorno della festa vi fu la prima Comunione di un ragazzo e di 13 ragazze. Fu un avvenimento per Gallegos. La Messa solenne ebbe buona musica e ben eseguito le sacre cerimonie dal piccolo clero. Alla sera processione, la prima fatta in Rio Gallegos, riuscitissima e piena di effetto; divote pure le altre funzioni religiose. »
TERRITORIO DEL CHUBUT. Il confratello Emiliano Rigazio scrive: « Il 14 dicembre 1900 partii con D. Carrena per una Missione alla Cordigliera, e ritornammo il 1 ° aprile 1901. Ho visto ed ho provato che cosa è andar in missione, e mi sono persuaso una volta più che la Patagonia è ancor lungi dall'essere tutta cristiana cattolica. La escursione fu lunga assai, la più lunga che si sia fatto finora nel territorio del Chubut. Si percorse più di trecento leghe, ossia 1500 chilometri; nella maggior parte dei luoghi non era ancora passato nessun sacerdote. Il viaggio fu pieno delle solite peripezie tanto più che nè io, nè D. Carrena avevamo gran pratica pei cavalli, e per giunta conducevamo per nostra cavalcatura sei cavalli recentemente domati e due mule imprestateci, di cui una vecchia: il cavalcarla equivaleva andare a piedi; era più il lavoro che ci dava per farla trottare cogli altri di quello che ci serviva; l'altra il rovescio della medaglia, giovane, bizzarra e sempre la prima a scappare ogni volta che si riunivano per viaggiare. Vi aggiunga l'inesperienza nel legare il carico ed avrà un'idea della bellezza del nostro viaggio pei primi giorni. Ma come diceva D. Bosco, e lo ripete sempre Mons. Cagliero : anadand per la strá, s'arangia la suma, camminando s'aggiusta il carico; così provammo l'efficacia di questo proverbio, e tutto andò bene. Abbiamo quindi da ringraziare molto Maria SS. Ausiliatrice perchè quanto maggiore era il pericolo in cui ci incontravamo tanto più evidente era il modo che veniva in nostro aiuto. Si figuri: camminar tre giorni di seguito noi due senza incontrar anima viva per un cammino mai fatto, eppure fummo proprio a cadere nella casa che ci indicarono; e poveri noi se la sbagliavamo! In quei paraggi se si sbaglia una casa non è tanto facile incontrarne un'altra. Più tardi altri tre giorni pure senza incontrare anima viva e quasi tutto a traverso montagne e colline: finalmente un nostro amico dopo d'averci ospitato per quattro giorni ci procurò una guida. Il fiume Chubut e altri suoi affluenti si dovettero passare un'infinità di volte; però, grazie a Dio, andò sempre bene malgrado le tante volte da soli senza conoscere il passo. D. Carrena s'ammalò due volte, e guardi, Provvidenza Divina! propriamente in casa di nostri conoscenti e amici. Che sarebbe stato se si fosse ammalato a metà di questi tragitti inabitati ?
» Vi furono luoghi, a Telsen per esempio, che all'annunzio dell'arrivo del missionario, sapendolo facoltizzato del registro civile, si riunirono molta gente specialmente indii per fare battezzare i loro figli e per legittimare il loro matrimonio secondo la legge civile e della chiesa, così che in quattro giorni di permanenza riuscì ad amministrare sedici battesimi e a legittimare e benedire cinque matrimoni; e tutto questo sotto la nostra tenda, che appena giunti al luogo prefissoci era mio primo dovere d'innalzare e che doveva servire al medesimo tempo di cappella, uffizio del registro civile, sala di ricevimento e di notte nostro dormitorio.
» Ciò che si fece in Telsen, si ripetè con più o meno loro profitto in Sacarana, Blampinguin, in Castro, e poi volgendo al sud in Infucauel alla costa del rio, in Gualcaima, Rio Pescado, in Zunega Paria, in Rio Corinto, in Tecà, in Jenova, ecc.; finchè essendo già in marzo, e il caro Don
Carrena un po' indisposto di salute e desideroso di trovarsi in Rawson per la settimana santa si prese la direzione verso la capitale, alla quale giunse, D. Carrena in un veicolo in compagnia di un nostro amico agli ultimi di marzo e io al primo di aprile.
» Durante questa escursione m'imbattei varie volte con ragazzi indii che io aveva conosciuto alunni in Rawson. Che buona memoria hanno del nostro collegio ! con che interesse domandavano notizie di D. Vacchina, D. Anselmo, D. Mac Cabe! Come sentivano pena nell'intendere che non si aveva più interni e quasi neppure una casa per causa della passata inondazione! Sempre finivano con tan lindo colegio y tantos niños, y ahora nada! Tanto bel collegio, tanti fanciulli ed ora niente !
» Molti buoni cristiani e anche confratelli non solo d'Europa, ma pure d'America, sentendo parlare di missione fra gli indii si credono che non appena questi ravvisano il missionario, corrano a torme avidi dell'istruzione cristiana, e che il povero prete con un crocifisso in mano, più con segni che colle parole li induca ad abbracciare la nostra santa religione; è ben altra cosa. Io non mi meravigliai perchè da molto conosco l'indifferenza innata negli originarii di questi paesi. Quando il missionario arriva ad una tolderia, sarà molto se l'indio intervenga a far tacere un poco una torma di cani che ci assorda e ci inviti a discendere da cavallo. Del resto, secondo loro, non hanno per nulla bisogno del sacerdote; secondo loro sono già tutti cristiani cattolici, perche per lo più già sanno dire qualche parola in ispagnuolo, già trattano con cristiani (i quali però di cristiano non hanno che il nome) e per loro è tutto. Ah! se vedesse, sig. D. Rua, tra indii e tra non indii è cosa stomachevole il modo che hanno di fare e di dire riguardo la moralità : la decenza non si sa neanche che cosa sia. Alcuni però sono ancora generosi, ospitali; fra essi ve ne sono alcuni anche benestanti. Si ebbero 140 battesimi, 12 matrimonii, ma nessuna confessione o Comunione. Da questo potrà rilevare a che punto d'indifferenza e rilassatezza sono alla Cordigliera. Nè si creda che siano poche le popolazioni ; nella sola valle di Teca, che sarà lunga più di venticinque leghe, non c'è mezza lega senza abitazioni; si visitarono infinità di famiglie eppure... oh! i protestanti non sono per niente no, al Chubut e alla Cordigliera!
Dal Chubut partii al principio di maggio, contento di vedere in Rawson il collegio delle Suore già ben incamminato con otto ragazze interne e quarantaquattro esterne, numero non mai raggiunto anteriormente e, quel ch'è più, amate e stimate da tutti: addolorato però in estremo al vedere che i Salesiani per le contrarie circostanze non avevano per ora che un interno e pochi esterni ».
Nei giorni 21 e 22 maggio avrà luogo in Torino il 2° Congresso degli Oratori festivi. Il lavoro delle varie commissioni procede alacremente: numerose le adesioni e si prevede un'ottima riuscita.
DAI nostri cuori che hanno senso cristiano si elevi un inno concorde a Maria Ausiliatrice !
Alle mirabili armonie del nostro cielo e della nostra terra si associ un concento di lodi e di preghiere alla Vergine potente ed erompa dai nostri cuori un impeto di generoso amore verso questa dolce visione dei nostri teneri anni e ringiovanisca lo spirito nostro all'invocarne il nome glorioso non dissociato dalla confortante parola che c'invita ad onoraria Ausiliatrice dei cristiani durante il loro terrestre pellegrinaggio.
Ausiliatrice, si Tu lo sei, lo crediamo, lo sappiamo : Ausiliatrice, e cieli e terra ti proclamano e fino gli abissi tremanti ti esaltano. Ausiliatrice nostra gridiamola ancor noi in questo mese, perchè Essa - la stella della santa speranza - brilla sul mare del mondo sempre agitato dalla procella di turpi passioni, ed agli sguardi nostri la Vergine potente sorride, conforta, benedice, per noi prega, per noi intercede onde perveniamo sicuri e fidenti al porto di salvezza.
La Medaglia di Maria Ausiliatrice.
Il 15 settembre 1900, partii da Nizza Monferrato in bicicletta per recarmi a Gravellona Toce, volendo fare acquisto di alcuni blocchi di granito. Essendo giorno di domenica, giunto ad Arona, pensai bene di soddisfare, almeno in parte, al precetto festivo, ascoltando la S. Messa. Devo però aggiungere, che a compiere un tal dovere, ero stimolato internamente dalle raccomandazioni fattemi dalla buona mia moglie nell'atto di partire, e più dal presago timore manifestatomi ripetutamente, che per essere un giorno festivo, quel viaggio mi sarebbe stato fatale. Intanto procedevo allegramente nella via intrapresa; già aveva lasciato Stresa; e vedevo avvicinarsi Baveno, colla sua granitica montagna: Chignolo solo me ne divideva; alcune giravolte e sarei stato sul posto. Ma ad un tratto, la macchina devia dalla strada, mi trascina giù per la china del monte verso il lago con una rapidità senza pari, prima che mi sia possibile arrestarmi o discendere. M' uscì allora spontaneo il grido: Oh, Maria, aiutatemi! ma mi fu rotto in gola dal grave capitombolo a cui fui soggetto in un colla macchina. Le persone che si trovavano sulla strada, vedendomi scomparire, pensarono fossero andati in frantumi, velocipede e velocipedista: eppure non fu così! Una mano potente mi sostenne, una forza misteriosa, dopo il mio grido frenò la velocità del moto, ed io potei rialzarmi, sbigottito sì, ma sano e salvo. Non ebbi, anzi a soffrire, nè una contusione, nè una scalfittura, e quelli che furono spettatori del fatto, cori somma meraviglia esclamarono: « È un vero miracolo, è un miracolo se lei è salvo ». Ed in verità senza un miracolo, doveva certo restar morto, o cadere nel lago ! Ed anch'io lo credeva; ma a chi era debitore di tanta grazia?
Nel tastarmi, e nello scuotermi la polvere dai panni, mi sentii sotto le dita un oggetto metallico, che dianzi non aveva avvertito! Lo estrassi, ed ecco, esclamai, quella che mi ha salvato da certa morte!... Senza di essa, o sarei all'altro mondo, o infelice per tutta la vita !... Sì, era dessa, la cara e preziosa Medaglia di Maria Ausiliatrice, che pochi giorni prima mi era stata donata, e che mia moglie aveva avuto cura di farmi indossare a mia insaputa
Coll'aiuto di alcune persone, con funi rialzammo la bicicletta, la quale, accrescendo la meraviglia degli astanti, seguendo la sorte del suo padrone era rimasta intatta in tutte le sue parti.
Tutti i presenti convennero meco sulla visibile protezione di Colei, che giustamente s'intitola l'Aiuto dei Cristiani, ed io sono ben lieto di poter attestare quanto mi sia stato giovevole, l'essere munito della sua cara e preziosa medaglia.
Nizza Monferrato, 24 maggio 1901.
ANGELO REBUFFO Capo-Mastro.
Tre volte guarita dalla Madonna di D. Bosco.
In sul fiorir del maggio 1897 fui assalita da un fortissimo dolore al braccio ed alla spalla destra, che i medici, molti e valenti giudicarono una periostite impossibile ad operarsi. La mia sentenza era adunque pronunziata: io avrei dovuto miserabilmente soccombere per quel male !.... Capitatomi fra mano il Bollettino Salesiano, lessi delle molte grazie ottenute per intercessione di Maria Ausiliatrice, concepii una grande fiducia di dover essere anch'io tra le favorite da questa Madre pietosa, e, senz'altro, con persone amiche e conoscenti, fatta un'offerta per una Santa Messa da celebrarsi all'altare della Beata Vergine in Torino, incominciai una novena. Finitala, il dolore prima acutissimo ed insoffribile, diminuì alquanto: ne incominciai una seconda, e prima che la terminassi, il male con grande stupore dei medici curanti era radicalmente cambiato, l'operazione possibile, assicurata la mia guarigione.
Ma il Signore voleva provarmi ancora. Nel luglio dello stesso anno fui presa da dolore acutissimo alla gamba sinistra, dolore che andò sempre aumentando, finchè la notte del 12 novembre divenne sì forte da temere assai della mia vita: era uno spasimo, uno strazio superiore ad ogni immaginazione. Si trattava di un tumore: la gamba gonfiò enormemente, ed i medici dopo aver tentato invano ogni rimedio che l'arte poteva suggerire, giudicarono necessaria l'amputazione sino al ginocchio. Memore della grazia già ottenuta per intercessione di Maria Ausiliatrice, pregai differissero alquanto, ed intanto lui rivolsi ancora fiduciosa alla taumaturga Madonna di D. Bosco. La Vergine però voleva mettere a prova la mia fiducia, ed alla prima tenne dietro la seconda, la terza novena, e la gamba non migliorava, il pericolo si faceva sempre più grave ed i medici insistevano per l'operazione. Non dico dell'agitazione dell'animo mio: solo non mi pareva vero che la Madonna non avesse ad esaudirmi. Io pregai e continuai a pregare ed a far pregare; ed il primo gennaio 1899, i medici curanti, stupefatti, notarono una leggera mutazione del male, mutazione che faceva preludio ad un miglioramento. E fu così, perchè la Madonna mi aveva di nuovo esaudita, e dopo pochi giorni di convalescenza camminava liberamente colla mia gamba perfettamente sana. - Ma ella è un fenomeno, mi ripetevano i medici - No, signori, non son io il fenomeno; è la Madonna di D. Bosco il fenomeno vero; è Lei ed unicamente Lei che mi ha guarita. -Ed era vero ! Quasi non bastassero le due prime guarigioni ad attestarmi la benevolenza di Maria verso di me, sua povera figliuola, lo scorso anno venne prodigiosamente a liberarmi da altro gravissimo malore, che i medici non sapevano e non sanno ancora qualificare. Resistetti fin che mi fu possibile, ma poi fui presa da tale sfinimento, e da disturbi cardiaci così inquietanti, che credetti proprio arrivata l'ultima mia ora. Fui viaticata, si dispose per amministrarmi l'olio santo, i medici non mi davano che qualche settimana di vita: ed io vedeva la morte venirmi incontro, e mi preparava rassegnata a morire: la memoria di Maria Ausiliatrice per altro, e delle grazie già ottenute per sua intercessione mi lasciava un filo di speranza. Perchè non mi avrebbe aiutata ancora la Madonna? Piena di fiducia mi rivolsi ancora a Lei. La pregai, La feci pregare, ed eccomi per la terza volta, guarita per la sua intercessione. E come potrei non essere riconoscente a sì buona Madre?.... Oh! voglia la Vergine santa concedermi ora una buona morte, che mi assicuri la salvezza dell'anima mia, perché solo in Cielo potrò degnamente ricompensarla di tanta sua bontà !
Busto Arsizio, 6 settembre 1901
ANGIOLA MARI Ved. CASTELLI.
Chieri. - Da qualche anno mia madre era tormentata da un grande dolore di denti che spesse volte le impediva di prender sonno. So ne fece levare qualcuno, ricorse a tutti i mezzi possibili, ma a nulla valsero. Il male anzichè diminuire cresceva sempre più, tanto che nel mese di novembre u. s. essa doveva subire un'operazione che certamente le sarebbe riuscita dolorosa. Me ne scrisse pochi giorni prima ed io la consigliai a rivolgersi a Maria Ausiliatrice, la Madonna nostra che sempre esaudisce chi a lei fa ricorso. Ascoltò il consiglio, scrisse all'Oratorio di Valdocco per una novena, e senza bisogno di operazione alcuna si trovò tosto guarita. Ora pieno di riconoscenza mi fo un dovere di pubblicare la grazia a maggior gloria della nostra buona Madre Maria Ausiliatrice, mentre vivamente La prego a voler continuare sulla mia famiglia la sua celeste protezione.
29 marzo 1902.
AMILCARE MARESCALCHI Figlio di Maria dell'Oratorio S. Luigi.
Ottennero pure grazie da Maria SS. Ausiliatrice, e pieni di riconoscenza inviarono c'erte al Santuario di Torino, o per la celebrazione di S. Messe di ringraziamento, o per le Missioni Salesiane, o per le altre Opere di D. Bosco, i seguenti
A*) - Alessandria: Castelli Giovanna riconoscente a Maria L. 5. - Mazzini Ernesta per una Messa di ringraziamento. - Rinelli Spiridione per grazia spe ciale ottenuta, 5. - Scarpa Delfino in riconoscenza a Maria; 2. - Alpignano (Torino): Serra Carolina per Messa di ringraziamento; 5. - Angri (Salerno): Raffaele Giordano Muratore per Messa di ringraziamento, e per le Opere Salesiane, 5. - Asti (Alessandria): D. Antonio Bertola riconoscente a Maria offre una collana d'oro. - D. Ludovico Baldi per grazia, 10. - Perrone Teresa per Messa di ringraziamento, 4.
B) - Baldissero Torinese: Bragardo Catterina, 2 per essere stata istantaneamente guarita da grave infermità : Conti Matteo, 2 per aver preservato la sua figlia Giuseppina da gravissima disgrazia : Quaglia Teresa, 2 per esser stata prodigiosamente guarita da un male alla gola che da più tempo l'opprimeva. - Barge (Torino): Caffer Chiaffredo in riconoscenza a Maria offre due braccialetti d'oro. - Bianze (Novara): Bussi Eusebio per uria Messa di ringraziamento. - Bobbio: Bianchi Vittorio per Messa di ringraziamento e per le Opere di D. Bosco, 10 : N. N., 5 graziata - Sac. Codebò Francesco a nome di pia persona che pone tutta la stia fiducia in Maria SS. Ausiliatrice, 5. - Bologna: Maria Belloni piena di riconoscenza, 20. - Borgotaro (Parma): Gasparini Giacinta in Zorzi per grazia ricevuta, 5.
C)- Caltanisetta: Gaetanino Curatolo riconoscente, 1.- Canale d'Alba (Torino): Ambrosio Antonio a nome di varie persone graziate da Maria, 23. - Cardé (Cuneo): Arese Teresa per Messa di ringraziamento, 3. - Busso Chiaffredo per grazia ottenuta, 20: Busso Margherita per le Opere Salesiane, 5 - Carmagnola (Torino): Venero Carlo per Messa, 2. Casanova (Alessandria): Doglio Placido per grazia specialissima ottenuta, 5. - Cassolnuovo: Suor Emilia Cova riconoscente , 5. - Castelrosso (Torino): Dajnele Andrea, per le Opere Salesiane, 10. - Castel S. Giovanni - (Piacenza): Ferrari Teresa guarita da pericolosa malattia nell'ottavo giorno di una novena a Maria SS. - Cavaglíà (Novara): Nicoletti Giovanni per favori speciali ottenuti, 5. - Cellarengo (Alessandria): Lanfranco Giov. Battista per l'ottenuta guarigione, 5. - Centallo (Cuneo): Calandri Marianna per Messa di ringraziamento. - Ceres (Torino): Tappi Pietro per Messa in rendimento di grazie. - Chiesi (Torino): Gagliano Giovanni per grazia ottenuta, 5. - Chivasso (Torino): Coniugi Manzo pieni di riconoscenza per la visibile protezione di Maria sulla loro famiglia, 10. - Cisterna d'Asti (Alessandria): Mò Eugenio per grazia ottenuta, 5. - Anna Ruggero Scappino per l'ottenuta guarigione da forte gastrite, 10. - Clusane sul Lago: Barbieri Gaetano per la ricuperata salute di sua moglie già viaticata e ridotta all'agonia, una Messa di ringraziamento. - Costigliole d'Asti (Alessandria): Avita Giuseppina graziata, 5. - Cumiana (Novara): Mollar Giovanni per grazia, 5. - Raimondo Francesco per grazia ottenuta, 5.
F) - Fabbrica (Pavia) : Sao. Michele Mondani riconoscente, 10. - Faenza : D. G. D. a nome di pia persona graziata. - Forte di Valpolicella (Verona) Maria Tommasi in Quintorelli ci scrive: « il mio Federico di 16 anni soffriva strazi orribili per ammaccature all'articolazione del piede sinistro. Chiamati a consulto i medici non seppero caratterizzare il viale, per cui perduta ogni speranza nell'arte medica, posi la mia fiducia in Colei che è la Madre degli afflitti. E la cara Madonna ili Don Bosco ebbe uno sguardo amorevole per me, perchè pochi giorni dopo il male veniva a suppurazione, era possibile un'operazione medica che, anche contro i timori che ella lasciasse qualche difetto al olio caro Federico, riuscì assai bene con grande sorpresa dei medici e con grande mia consolazione ». - Fossano (Cuneo): Reynaud Bersanino Maria per grazia ricevuta, 3.
G) - Gallarate (Milano): Lumi Teresa Ved. Maino riconoscente per grazia ottenuta. - Gargnano (Brescia): Ch. Trotti Giuseppe per la guarigione del padre settantenne da doppia polmonite, 3. - Genova: Rossi Maria Luigia piena di riconoscenza per grazia ricevuta offre per Messe di ringraziamento, 15. - Gozzano (Novara): Baroli Ch. Giulio per grazia ricevuta, 2.
I) - Lingolto (Torino): Peirani Vittoria colla più viva riconoscenza per l'ottenuta guarigione di' sua figlia da forte tifo, 10. - Locarno (Svizzera): Castelli Catterina maestra ci scrive: « invio L. 10 in omaggio e ringraziamento a Maria SS. per la grazia ottenuta d'un insperato aumento di allievi nella mia scuola privata ».
M)- Moneglia (Genova): Angela Rettagliata riconoscente, per Messa di ringraziamento, 5. - Morsasco (Alessandria): Stoppino Stella per grazia ricevuta, 10.
N) - Nibbiola (Novara) B. L. A. per la ricuperata salute di suo marito infetto da grave influenza, 10.
P) - Pavone (Canavese): A. D. 100 riconoscentissima per segnalata grazia. - Perseto (Forlì): Negra Martino per grazia, 1. - Pertugio (Torino): Magnetti Antonio e Angela per messa di ringraziamento.- Perviceto (Parma): Coniugi Volpi-Delnegro riconoscenti, per grazia specialissima ottenuta. - Piandelagotti (Modena): N. N. per una serie di grazie ottenute, 5. - Pinerolo Albertina Salvai per M, ssa di ringraziamento. - Piossasco (Torino): Borgettino Carolina in riconoscenza per varie importantissinie grazie ottenute, 20. - Pirano (Istria): Maria Pagliaro: «La mia famiglia era grandemente attristata perchè il nostro geni tore per dispiaceri non inerenti a noi s'era allontanato da -noi, risoluto di vivere in mani mercenario con danno delle nostre eredità- Si ricorse con fiducia, a Maria Ausiliatrice colla promessa di pubblicarne la grazia, ed ora che la pace è ritornata in famiglia ed il padre nostro si è riconciliato col fratello, ne rendo pubbliche grazie alla potente Madonna di Don Losco ». - Pralungo (Brescia): Meriandino Pietro per grazia, 5
R) - Rodallo (Torino): Sao. Giovanni Actis per una serie di grazie, 30. - Roma: Santino Sciosia in rendimento di grazie, 5. - Romagnano (Novara): Ramponi Giuseppe per grazie specialissime ottenute, 50. - Rovato (Pavia): Veschetti Bartolo per Messa, 2.
S) - Saliceto (Parma): Martini Giuseppe per grazia, 5. - Suino so: Isabella Vicini in riconoscenza e per le Opere Salesiane, 25. - Sant' Antonino di Susa (Torino): Falconbello Natale per grazia importantissima ottenuta, 25.-Santa Margherita (Pavia): Fiocchi Don Carlo per grazia ricevuta, 1. - San Martino di Fenezze: Albina dall'Ara ved. Gobbati per essere stata liberata ad intercessione di Maria da certi incomodi che da tempo la tormentavano, 5. - San Pier d'Arena (Genorra): Carolina Preto per grazie ottenute e per le Missioni Salesiane, 50. - Santa Vittoria d'Alba (Cuneo): Bongiovanni Serafino per Messa di ringraziamento, 1. - Scarnafigi (Cuneo); Gullino Margherita col cuore pieno di riconoscenza e di gratitudine verso Maria SS. Ausiliatrice per averle ottenuto una grazia, che pareva troppo grande a sperarsi, ma che la potenza della Madonna di Don Bosco volle largire alla sua afflitta e addolorata famiglia, 50. - Sedrino (Bergamo): Ghisalberti Geremia per grazia ricevuta, 5. - Sovrana d'Asti (Alessandria): Roasio Cristina per grazia ottenuta, 5.
T) - Torrione Vinzaglio (Novara): Famiglia Rollone in rendimento di grazie, 50. - Tresivio (Sondrio): Bocci Paolo per grazia specialissima ottenuta, 7. - Trinità (Cuneo): B. D. G. per grazia ottenuta.
V) - Varazze (Genova): Ester Montarsolo per Messa cli ringraziamento, 2. - Venezia (S. Silvestro): G. G. per la ricuperata salute e per averlo impedito una dolorosissima operazione alla spalla, 6. - Verucchia (Forlì): Bellucci Luigi offre L. 10 perchè essendo ammalato di gotta, promise tale offerta, a Maria se si fosso alzato per le feste di Pasqua; la Madonna invece lo guarì completamente. - Villaretto (Torino): Tosca Domenica, guarita da dolorosa malattia. - Vinovo (Torino): Bernardi Domenica colla figlia Lucia riconoscenti per essere state entrambi guarite da grave malattia, 15.
X) - Maria di Rovasenda per grazia ottenuta d'una pronta guarigione e per altri favori, 10.
GUALDO TADINO - Il direttore di questo nostro Collegio, D. Luigi Brunelli, ci scrive: « Mercoledì scorso, 2 aprile, un numeroso pellegrinaggio Umbro partiva alla volta di Roma. A questo pellegrinaggio presi parte con una rappresentanza del nostro Collegio. Il giorno seguente, fissato per l'udienza, abbiamo avuto una fortuna che eravamo ben lungi dall'aspettarci. Grazie alla gentilezza di Mons. Bisleti, maestro di camera di S. S., i nostri alunni in numero di 19 furono collocati proprio ai piedi del trono del Papa, di modo che ninno dei componenti il pellegrinaggio era così vicino al S. Padre come noi. Primi a presentarsi furono il Vescovo di Novara e quello di Terni, i quali lessero un affettuoso indirizzo a nome dei pellegrini Piemontesi ed Umbri. Poscia furono presentati i capi del pellegrinaggio ed altre distinte persone ammesse al bacio della mano. Finalmente il S. Padre domandò chi fossero quei giovani collegiali, ed avendo saputo che erano alunni del nostro Collegio di Gualdo Tadino, mostrò desiderio che gli venissero presentati. Gli si fece conoscere che era tardi, e che era stanco, ma egli soggiunse subito: - No, no, voglio contentare quei buoni ragazzi. Vengano, vengano anch'essi. A quest'invito così bello quanto inaspettato i nostri giovani si mossero tutti in una volta salendo i gradini del trono quasi di corsa. Il S. Padre sorrideva, ed essi messisi in ordine sfilarono ad uno ad uno davanti al Papa, s' inginocchiavano dinanzi a lui, ed egli, porgendo loro la mano da baciare, ebbe per tutti una parola, una carezza. Questo tratto di bontà del S. Padre ci colmò tutti di viva gioia, e lasciò nei nostri animi un'impressione tale che non si cancellerà mai più. »
CHIERI- All'Oratorio di S. Luigi domenica di Pasqua ebbe luogo una cara festicciuola: la 1a Comunione di un drappello di giovinetti oratoriani. Preparati con apposito triduo essi fecero la loro la Comunione con molto fervore. La sala che serve di cappella dell'Oratorio, parata nel miglior modo possibile, inspirava divozione e raccoglimento. Su appositi banchi tappezzati in bianco stavano i fortunati della 1a Comunione, vestiti di ricca fascia bianca e del tradizionale nastro al braccio. Dietro venivano i loro piccoli padrini - scelti fra i più assidui dell'Oratorio - e poi i parenti e gli altri oratoriani, tutti in devoto contegno.
Celebrò la Messa il prefetto dell'Oratorio, mentre il direttore in cotta e stola disponeva i giovani al grande atto. Commovente il fervorino, dopo il quale i primi comunicandi, tenendo nella destra la candela accesa furono accompagnati dai loro padrini alla sacra Mensa, a cui presero pur parte i loro compagni in numero di circa duecento.
All'uscita fu dato a tutti un ricordo della S. Comunione, e quelli della la Comunione, ricevuto pure il loro ricordo, consistente in una grande cromolitografia e nella Chiave del Paradiso di D. Bosco, vennero condotti in refettorio per un abbondante colazione. La felicità era sul volto di tutti. Alla sera funzioni sacre per loro: i ricordi per mantenere il frutto della la Comunione, la rinnovazione dei voti battesimali, prima della benedizione col SS. Sacramento, e poscia la consacrazione a Maria SS. Fu un giorno splendido che rimarrà indelebile nella memoria di quanti vi presero parte.
Quanto maggiore sarebbe il bene in quest'Oratorio se avesse una divota cappella, convenienti porticati e locali per le adunanze delle sezioni giovani! Degnisi il Signore compiere al più presto il desiderio di tanti cuori e portare al suo massimo sviluppo quest'Oratorio.
RIVA DI CHIERI - Il lunedì di Pasqua questo ameno paese si giocondava di un insolito avvenimento. I giovani dell'Oratorio di S. Luigi della vicina Chieri, in numero di circa 150, si recarono a far la loro Comunione nella nostra Parrocchia. Il fatto, annunziato il dì precedente dal predicatore Quaresimalista, Teol. Vastapane, attrasse tutto il popolo e la chiesa non potè tutti contenere. I 150 piccoli ospiti di Chieri entrarono in Riva verso le ore 7 schierati in bell'ordine e cantando le litanie lauretane.
Procedeva il gruppo di quelli che il giorno antecedente avevano fatto la loro la Comunione, aventi a tracolla fascia bianca e nastro al braccio. Entrati in chiesa e preso posto alla meglio nel luogo assegnato, il direttore dell'Oratorio celebrò la S. Messa durante la quale furono cantati vari mottetti. La Comunione, preceduta da breve fervorino, fu numerosa assai.
Compiuta la funziono religiosa si recarono all'asilo infantile, diretto dalle Suore di Maria Ausiliatrice, per la colazione e poscia passarono nel cortile del nostro Oratorio festivo maschile a divertirsi per alcune ore. Il nostro attivo Teol. Cora con gentil pensiero mise a loro disposizione tutti i giuochi ed i locali, perche la gioia dei piccoli chierési fosse compiuta. Ripartirono verso le ore 11 lasciando in tutti ottimo ricordo di loro, sia per il devoto contegno tenuto in chiesa, come per la vivace allegria che li animava.
CORDOBA (SPAGNA) - Gli abitanti di questa illustre città desideravano da più tempo di avere fra loro i figli di D. Bosco. Ora rileviamo dai giornali locali che i loro voti vennero appagati fin dallo scorso dicembre. Per iniziativa del virtuoso parroco di S. Lorenzo, D. Mariano Amava e per la carità d'un anima generosa che desidera di rimanere sconosciuta, si potè comprare una spaziosa casa e, compiute le necessarie riforme, venne aperta ed inaugurata il 1° dello scorso dicembre. A questa funzione intervennero tutte le autorità locali sì civili che ecclesiastiche e Cordoba dimostrò in quest'occasione tutto il suo entusiasmo ed amore per le opere di D. Bosco.
LA PLATA (ARGENTINA). - I Figli di D. Bosco stabiliti fin dal 1886 nella bella capitale della Provincia di Buenos Aires vi tengono un fiorentissimo Collegio Convitto. Finora si servivano di una Cappella d i legno loro regalata dal governo provinciale, ma alcuni anni or sono, vedendo che era troppo incomoda, specialmente in estate, e ristretta, si diedero a fabbricarne una di buon materiale, bella, maestosa e capace di contenere più migliaia di persone. L'iniziativa è dovuta al M. R. D. Felice Caprioglio, antico direttore di quella casa, e la realizzazione del grandioso ed ardito progetto venne fatta dal M. R. D. G. Zaninetti, attuale direttore, il quale in soli tre anni, aiutato dal governo e moltissimo dai Cooperatori Salesiani, potè condurre a termine il sacro edificio che dedicato al S. Cuore di Gesù si erge maestoso accanto al Collegio.
Ora in occasione del felice inizio delle feste Giubilari di S. S. Leone XIII, la magnifica Chiesa, terminata, veniva benedetta il 3 marzo da Mons. Terrero Vescovo della Plata, che il giorno stesso vi teneva un solenne pontificale, e vi teneva il discorso Mons. Alberti suo ausiliare.
Tra i padrini della cerimonia vi era il Governatore Dott. Yrigoyen. Fu assai imponente la processione fatta dopo la benedizione per la traslazione del SS. Sacramento dalla antica Cappella al nuovo tempio. I discorsi di Mons. Terrero e Mons. Alberti furono veramente degni di nota e dimostrarono una volta di più che il clero nazionale ha delle vere perle preziose nel suo seno. Tra i molti numeri del programma delle feste vi fu pure una rappresentazione teatrale nel Collegio Salesiano, in cui fu eseguito inappuntabilmente il dramma Le Pistrine davanti a circa 600 spettatori. Di ogni cosa sia gloria a Dio, che si vuol servire degli uomini per trionfare e regnare tra di noi.
Mons. Paolo Taronì
Cameriere Segreto di S. S., Canonico della Cattedrale, Direttore Spirituale del Ven. Seminario dì Faenza Direttore Diocesano dei Cooperatori e antico benefattore dei Salesiani.
Justus qui ambulat in simplícitate sua, beatos post se filios derelinquet. (Prov., 20-7).
UN grave lutto tiene piangente l'intera città di Faenza ! Anzi tutta la Diocesi faentina e puossi dire la Romagna s'è vestita a gramaglia. Il dolce, il tanto amato Mons. Taroni non è più tra noi. Egli è volato al cielo ove l'attendeva il largo premio di tante sue virtù, di tante durate fatiche. Una repentina malattia che di rado perdona è venuta in pochi giorni a strapparlo di mezzo a tanti amici a tanti ammiratori. Ma se grave è il lutto che opprime il cuore di sì numerosi amici e beneficati faentini per la dipartita di tant'uomo, non lo è, e non lo deve esser meno per noi Salesiani della cui vita e per le cui opere Egli pur visse fin da quando circa il 1860, cappellano a S. Pier Laguna di Faenza conobbe D. Bosco e la sua Madonna l'Ausiliatrice SS. per mezzo delle Letture Cattoliche allora nel loro principio.
Nato a Solarolo (Ravenna) il 15 ottobre 1827, compiuti i corsi delle lettere nel patrio Castello, e quelli di filosofia e teologia nel Ven. Seminario di Faenza fu consacrato sacerdote il 22 ottobre 1850 e fatto tosto cappellano di Felisio e dí S. Pier Laguna. Quivi caduto gravemente infermo, e disperato dai medici, rammentò le meraviglie dell'Ausiliatrice SS. dal Venerato nostro Padre raccolte in un caro libriccino; si rivolse alla Madonna di D. Bosco, promettendo, se guariva, di farsi sostenitore e propagatore delle Letture Cattoliche e delle Opere Salesiane. E s'Egli n'abbia mantenuta la promessa lo sa la fortunata Diocesi di Faenza e la Romagna, e lo sanno i Salesiani che a ragione non dimenticheranno in eterno l'opera sua indefessa, e lo avranno ognora come l'apostolo delle Letture Cattoliche. Basti il dire che sempre si studiò che gli abbonati da lui dipendenti, fossero almeno quanti i giorni dell'anno e che da tempo parecchio ne contava oltre 400. Quante volte se ne compiaceva! Ci piace qui riportare quanto i RR. Superiori del Seminario di Faenza scrivono in questi giorni a tutti gli Associati delle Letture Cattoliche dipendenti dal nostro Mons. Taroni : « Pochi mesi fa una sera, mentre si conversava col venerando Mons. Taroni, uno di noi saltò su a dire: - quando Ella sarà morto, noi Le erigeremo un monumento, ma non ci appelleremo ai suoi antichi allievi perchè contribuiscano per una lapide, per un busto o per altro, bensì scriveremo a lutti gli Associati delle Letture Cattoliche che anche dopo la sua morte, in memoria di Lei, continuino l'associazione. - Egli allora, sorridendo secondo il consueto : - Benissimo - esclamò - sarà questo il più bel monumento che mi possiate fare: perche quest'opera delle Letture Cattoliche arreca vantaggi immensi a migliaia di fanciulli che luvorano negli istituti di Don Bosco, agli associati e più ancora a tutti quelli cui gli associati medesimi le dispenseranno da leggere ».
Egli pio, dotto, poeta il più naturale e dolce, quanto dolce ed affascinante era la sua compagnia, non poteva essere dimenticato in una cappellania, e nel 1871 veniva chiamato a dirigere nello spirito il rinomato Seminario di Faenza. Colà ebbe da conoscere più da vicino i bisogni della gioventù nelle citta, e tanto s'adoprò egli pure unitamente ad altre glorie faentine colla preghiera, coll'opera, col consiglio per avere in Faenza i figli di D. Bosco, che alla fine i suoi sospiri sortirono il loro effetto. Egli era stato a Torino, aveva parlato a D. Bosco, e le due grandi Anime s'erano comprese come due Serafini. Infatti bastava parlare a Mons. Taroni di D. Bosco, dell'Ausiliatrice, che ne andava in estasi, e tutti che lo conobbero ne sono testimoni, come un celeste innamorato. Il nostro amato Padre dal canto suo al sentir parlare di D. Taroni sorrideva di compiacenza chiedendo: « come sta quel mio gran Nemico? o ed a quei Sacerdoti Faentini che si recavano a Torino più d'una volta ebbe a ripetere: « A Faenza avete un Santo e non lo conoscete » . Quando i Salesiani stavano per entrar in Faenza (1881) anche i Protestanti cercavano colà un nido per le loro congreghe. Il giorno stesso che in città si spargeva la notizia che realmente stavano per giungere i Protestanti, il Venerato nostro Padre era costretto per mancanza di personale a chiedere a Faenza una dilazione pel compimento della sua promessa. Il nostro Mons. Taroni seppe la dolente nota sulla fine d'un pranzo a cui aveva dovuto prender parte. Tra gl' invitati si scambiarono brindisi. Solo il nostro Amico, solito sempre a rallegrare i convegni coi suoi classici, faceti sonetti eminentemente educativi, stava silenzioso e mortificato. Invitato più volte, dolcemente se ne schermiva. Finalmente uscì fuori con una mesta elegia di lagnanza all'Ausiliatrice, il cui ritornello era sempre : « I Protestanti sì - I Salesiani no: - Guardate qui Maria - Quello che ci toccò! ». Quando poi vide giunti i Salesiani, chi può ricordare i suoi sacri entusiasmi. Quante volte s'udì a ripetere: « Convien che mi freni! Oh quanti sforzi faccio per non farmi conoscere troppo ! Oh se sapessero quanto male mi fanno quelli che anche per burla mostrano di non volermi in ciò capire ! » . Agli intimi confidò più volte le gravi pene in cui il Signore lo lasciava in preda quando ci fu mossa quella tremenda guerra dagli avversari. Quando morì il nostro Padre D. Bosco, ebbe a soffrire assai, ma al solito dissimulava e si recava nell'Istituto di Faenza col sorriso sulle labbra dicendoci: « coraggio, i Santi non muoiono, la Chiesa vuole che questo giorno del loro passaggio sia detto Natale, e Natale è il passaggio di D. Bosco! ». Quando fu fatto Canonico nel 1892 egli cantò ed andava ripetendo che D. Bosco gli aveva mandati dal Cielo i fiocchi canonicali. Nel 1900 in occasione del suo giubileo sacerdotale avendogli i Salesiani coll'appoggio del Ven.m° Vescovo di Faenza Mons. Conte Cantagalli ottenuto da S. S. in compenso di tanti meriti il titolo di Monsignore e Cameriere Segreto di S. S., andava ripetendo : « Ma l'amato D. Bosco non mi lascia pace neppur dal Paradiso ! ». Mentre era l'ammirazione di tutti per la sua pietà e dottrina e tanto lavorava pel suo caro Seminario, per ogni opera buona e più pei Salesiani, l'avreste spesso visto per le campagne colla scala appoggiata ad un albero a formare qua e là sulle strade delle nicchie coi rami degli alberi, mettervi in mezzo o la Madonna delle Grazie di Faenza, o l'Ausiliatrice SS. di D. Bosco ; ed oggigiorno sono a centinaia questi santuarietti improvvisati davanti ai quali vedi togliersi il berretto il carrettiere ed inginocchiarsi spesso il contadino, l'operaio ed il villeggiante. Egli poi era il consigliere, l' amico, il conforto non solo del suo Seminario e dei Salesiani di cui sostenne la costanza nei momenti più critici, ma ancora fu l'Angelo di guida ad oltre 1000 giovani usciti dalla sua direzione spirituale e che ora occupano tra il clero e tra il laicato i primi posti nella società, e non pochi lavorano coi figli di D. Bosco nella Società salesiana. Ben riprodusse in sè anche in questo il detto dello Spirito Santo : Iustus qui ambulat in simplicitate sua, beatos post se filios derelinquet, e come dice il Profeta: Folium ejus non defluet et omnia quaecumque faciet prosperabuntur. Egli tutto fede, solo confidava in Dio, e Dio compì tutti i suoi desiderii e il frutto delle sue opere dureranno certo finchè il mondo dura.
E quest'Uomo così prezioso, questo vero imitatore del Sales, questo Padre, Amico, conforto di tanti non è più! Venne il giorno del suo Natale! Mirabile tratto della divina Provvidenza! Nel Venerdì Santo precisamente alle 3 pomeridiane, al momento stesso dell'Agonia di Gesù, nel punto in cui era forse sollevato sulle cose umane nella dolce estasi della contemplazione de' sacrosanti misteri d'un Dio agonizzante per la nostra salute, egli cominciava la sua agonia durata ben 13 giorni, in cui diede solenne conferma della sua santità.
Sacerdote modello, Padre e conforto di molti figli, Cooperatore Salesiano de' più ferventi, anzi vero Salesiano, volasti a godere il premio di tante fatiche! Noi ti raccomandiamo come fratello ai fratelli ed agli amici numerosi dei Salesiani, e tu dal Cielo suscita tanti degni tuoi imitatori, in questi torbidi tempi in cui di spiriti ardenti ed operativi come il tuo abbisognano cotanto la Chiesa e la Società !
Addio, indimenticabile, dolcissimo Mons. Taroni, arrivederci in Cielo ! Noi ti diamo l'ultimo vale e deponiamo il fiore della riconoscenza e dell'affetto sulla tua tomba ripetendoti que' versi ce' quali così bene ti salutano gli amici di Faenza:
IN MEMORIAM.
e qualunque esser debba alfin la sorte son pago se di me si potrà dire: cantò la rosa e i fior fino alla morte.
Mons. PAOLO TARONI.
Come un angiol di cielo era vissuto radiando intorno santità e candore,
ma poi disparve... ed or piango caduto da l'arbor de la vita un altro fiore.
Dentro mi suona ancor, Padre, il saluto che mi rendevi con sì dolce amore, e il tuo ricordo mi sovvien d'aiuto e mi trasporta in alto e fa migliore.
O Padre! o padre! con securo piede
fa ch'io prosegua ne la mesta via
e intatto serbi il fior de la mia fede.
Addio! Colà dove la vita è accolta,
dove l'umano spirito s'india
ci rivedremo - o Padre - un'altra volta.
Faenza, 11 - IV - '02.
PARTENZA CON QUALUNQUE TRENO nei giorni 21, 22, 23, 24, 25 e 26 Maggio
Noi rinnoviamo caldo appello ai nostri Direttori, ai Direttori Diocesani, Decurioni e Zelatrici della nostra Pia Unione di volersi costituire Capi di numerosi gruppi di Pellegrini.
il più bello, il più sorridente, il più poetico tra i mesi dell'anno, è pure pel cristiano il mese più caro, perchè consacrato alla Regina del cielo e della terra. - L giusto quindi che questo mese non si lasci trascorrere senza portare anche in persona un omaggio alla Vergine SS. là specialmente ove Ella si compiace di vedere accorrere i suoi figli divoti per dimostrarsi in modo particolare Aiuto dei Cristiani, Dispensiera delle Grazie e Madre delle Misericordie.
A Torino dunque, o amanti di Maria ! nel suo splendido Santuario di Valdocco.
Ritornando da questo Logo prediletto dalla Vergine SS., dopo d'aver pregato per noi, per la Chiesa e per la diletta Patria nostra, oggi travagliata, da tanti mali, potremo stare carme certi che le grazie, le misericordie e le benedizioni discenderanno più copiose a vantaggio nostro ed al bene della Società.
AVVISI E NORME PEL PELLEGRINAGGIO:
1. Il pellegrinaggio a Torino avrà luogo nei giorni 21, 22, 23, 24, 25 e 26 Maggio.
2. Per far parto del pellegrinaggio occorre inscriversi presso gl'incaricati qui sotto indicati entro il 18 Maggio, ritirando la tessera.
3. I pellegrini possono viaggiare con qualunque, treno dei suddetti giorni, avvertendo però che i pellegrini muniti di biglietti di II classe possono usare tutti i treni meno i direttissimi e di lusso; quelli di III solo i treni omnibus ed accelerati.
4. Nel viaggio di andata non sotto ammesse fermate; nel ritorno i biglietti danno facoltà ad una, due o tre fermate intermedie secondo la distanza chilometrica.
5. I pellegrini concorrono alle spese d'organizzazione, ex-voto ecc. coll'offerta di 50 centesimi (quelli però provenienti dalle stazioni segnate da due stellette non offriranno che 25 centesimi.
6. La Tessera di riconoscimento è personale, nè può cedersi ad altri e serve ad acquistare alla stazione il biglietto ferroviario a prezzo ridotto.
7. I biglietti hanno la seguente validità : per le stazioni con due stellette 5 giorni con mia fermata nel ritorno; per quelle con una stelletta otto giorni con dita fermate nel ritorno; e per quelle senza stellette 12 giornicon tre tarmate nel ritorno.
8. Tanto nell'intraprendere la corsa di ritorno, come ad ogni successiva ripresa del viaggio, i biglietti dovranno essere regolarmente vidimati, secondo le norme consuete.
9. La tessera ed il biglietto ferroviario devono conservarsi dal pellegrino fino a viaggio compiuto per essere esibiti ad ogni richiesta al personale ferroviario. II pellegrino che smarrisse la tessera od il biglietto ferroviario, sarà tenuto a pagare un nuovo biglietto a tariffa intiera.
INCARICATI PER RICEVERE LE ISCRIZIONI :
Acqui - D. Agostino Parodi, Segretario Vescovile; Giovanni Cuminati, Via Garibaldi, 20.
Alba - Canonico Gondis Lamberti : Tip. Paganelli. Albenga - Sac. L Anselmo, Cappellano nella Cattedrale.
Aosta - D. Augusto Clos.
Alessandria - Sac. Can. Prigione Stefano. Asti - Are. F. Cantino; D. Zaverio Pescarmona. Barge - D. Bolla Giuseppe.
Biella - Can. Perona Marc., Arciprete della Cattedrale.
Bobbio - Curia Vescovile,
Bra - Teol. Matteo Migliore.
Canelli - D. Carlo Benazzo, Prevosto. Camogli - D. Prospero Luxardo. Casale Monferrato - Tipografia l'ano. Castagnole Laocze - Sac. Pasquero Domenico, E. P Cavallermaggiore - Teol. Righetti Antonio. Ceva - Rev. Teol. Mauro, Arciprete. Chiavari - D. Lorenzo Castagnino. Chivasso - Can Benedetto enedetto Coda, Prevosto. Como - Cartoleria Vittani. Cuneo - Curia Vescovile. Dronero - D. Olivero G. B.
Finalmarinn. --- D. Pietro Doccio, Arciprete Vie. Por.
Possano - Curia Vescovile.
Genova - hotel Nazionale; Avv. A. Calvini, Via Lomellini, 17-3.
Intra - Canonico Cardano.
Ivrea - D Paolo Bellono, Rettore di S. Maurizio. Loano - M. Francesco Garassini Garbarino. Milano - Soldini Francesco.
Mondovì - C. Valerio Aguzzi; D. Veglia; Garelli.
Monza - Tipografia Paolin,.
Nizza Monferrato - D. Giuseppe Ariotti. Novara - Tipografia Miglio. Novi - Francesco Spinzo. Ovada - Rev. Teol. Emanuele Mignone. Pavia - D. Codara Giuseppe. Pinerolo - Can. Calliste Cesano.
Porto Maurizio - D. Thomatis L., Can. Prev. Ronco Scrivia - D. Giovanni Olivieri, Arciprete. Saluzzo - Mons. Giuseppe Vicini. San Remo - Sig. Viale A., via Debenedetti, 1. Sarzana - Sac. C. Vivarelli, Curato dalla Cattedrale. San Stefano Belbo - D. Giacomo Negro. Savigliano - Bordino L., V. Pres. Com. Parr. Savona - Libreria Cattolica, Via Manzoni.
Spezia - Can Gìov Battista D'Isengardi, Via Magenta, 24, p. 3. Spigno - D. Piccione G.
S'osa - Can. Francesco Verquera.
Torino - Bollettino Salesiano, Via Cottolengo, 32. Tortona - Prof Cav. Giuseppe Porosi. Valenza - D.. Giuseppe Pagella, Prevosto. Varallo Sesia - Sac. Vinc. Bronelli, Can. Prov. Varazze - Can. Luigi Astengo:
Ventimiglia - Gio. B. Rambaldi; Can. Zunini, Parroco di Sant'Agostino presso la staz. intern.
Vercelli - D Carlo Salamano, Parroco. -Vigevano - D. Maffioli Luigi.
Voghera - Con. A. Quaglini ; Sac. P. Gallipi.
N.B. - Per domande di stampati, di tessere e per schiarimenti rivolgersi al delegato Regionale Revmo Mons. GIUSEPPE VICINI. Piazza Cavour. 2. SALUZZO
Per domande di Tessere e per schiarimenti rivolgersi alla Commissione dei Pellegrinaggi, Via Mazzini, 94, Bologna.