Anno XXVI. Aprile 1902 N. 4.
SOMMARIO - Pellegrinaggi a Maria Ausiliatrice. pag. 97
Efficacia dell'educazione materna . 98
Nel Santuario di Maria Ausiliatrice 100
Il Rappresentante di D. Rua in America 101
Per gli emigrati italiani 105
Missioni - Equatore: Attraverso le foreste del Vicariato di Mendez e Gualaquiza - Matto Grosso : In mezzo alle tribù dei Cajabis e Bacairjs . 107
Bozzetti Patagonici . 112
Grazie di Maria Ausiliatrice Notizie compendiate 119
Spigolature agrarie 123
Cooperatori defunti . 127
Illustrazioni - S. A. R. l'Infante D. Manuel, pag. 102 -Benedizione della prima pietra del futuro Santuario di Maria Ausiliatrice in Nictheroy (Brasile), 108 - Banda e scuola di commercio del Liceo del Sacro Cuore in S. Paolo del Brasile, 110-113 -Nictheroy : il trasporto della prima pietra fondamentale del nuovo tempio di M. A. e le autorità presenti alla funzione, 120.121. - La statua del Redentore sopra la Chiesa del S. Cuore e l'inaugurazione del monumento al Redentore in S. Paolo del Brasile, 124.126.
ed i pellegrinaggi al suo Santuario in Torino.
- 23 aprile - 24 maggio -
- Partenza con qualunque treno dei giorni 21, 22, 23, 24, 25 e 26 maggio -
Cooperatori e Cooperatrici
Il mese dell'Ausiliatrice sta per incominciare, e voi, o devoti di Maria Ausiliatrice, dovete darvi attorno per celebrarlo degnamente e con tutto l'entusiasmo della vostra pietà.
Il 23 del corrente Aprile segni per tutti l'inizio di una qualche speciale pratica da ripetersi quotidianamente fino al 24 Maggio, il giorno solenne della nostra cara Madonna. E il mese dell'Ausiliatrice di D. Bosco e delle sue Opere che voi, o Cooperatori e Cooperatrici, dovete rendere popolare perchè Essa diffonde sopra la famiglia salesiana più abbondanti e strepitose le sue grazie in questo suo mese in cui incessanti e più numerosi affluiscono i devoti pellegrinaggi al suo Santuario di Valdocco.
E questi pellegrinaggi prendono ogni anno maggiori proporzioni e sono le chiavi che aprono i tesori dell'Ausiliatrice. Anche quest'anno la direzione delle ferrovie concede forti riduzioni sui prezzi, che noi pubblicheremo nel prossimo numero.
Intanto ripetiamo la nostra annuale parola d'ordine.
T?utH a d'al occe nel mese ckflviusl1latrice.
È provvidenza di Dio che gli uomini nascano con diverse inclinazioni, perchè, dovendo essi vivere in società, nè potendo società alcuna esistere senza l'esercizio di diversi uffizi degli uomini, uno è inclinato alle leggi, un altro alle armi, chi è fatto pel sacerdozio, e chi per le opere d'ingegno ed arte. Ma io domando: basta poi che un bambino venga al mondo con questa o quell'altra inclinazione perchè se n'abbia senz'altro un dottore, un artista, un guerriero? Nessuno l'ha mai pensato. Che cosa ci manca adunque? Ci manca che l'inclinazione che viene da natura, vuol essere coltivata, sviluppata, fortificata con tutta diligenza sotto la disciplina di sapienti maestri ; con lunghi esercizii perchè di tal guisa giunga finalmente a quella maturità e perfezione che solo possono dare i frutti delle buone operazioui. Ecco la ragione di quel lungo corso di scuole che da primarie va fino alle supreme delle università dove si creano i dottori, fino alle accademie dove si formano gli artisti, fino alle scuole di guerra dove si addestrano i difensori della patria. Pei sacerdoti abbiamo i Seminari ; per i religiosi i noviziati, e fino agli umili artigiani si provvede colle botteghe ed officine: tant'è vero che niente al mondo nè di grande nè di piccolo si fa come d'un tratto e all'improvviso; ma tutto vuol essere condotto al suo termine con una lenta e graduata elaborazione.
Ora è nota la sentenza di Tertulliano, che cioè l'uomo è naturalmente cristiano, vale a dire che esso porta nella sua stessa natura una decisa inclinazione a vivere secondo le massime dell'onestà e del Vangelo. S. Gerolamo ha un'identica sentenza, salvo che è più esplicita ancora e riesce come un bel commento di quell'altra. La natura, egli dice, ha messo in tutti la notizia di Dio e niuno v'è che nasca senza Cristo e non abbia in sè i germi della sapienza e della giustizia e di tutte le altre virtù. E si noti che nessuno dei due Padri intendeva di parlar qui dei preziosi germi di virtù cristiane onde è arrichito il bambino nel suo battesimo; ma noi possiamo e dobbiamo nel caso nostro comprendere nel nostro pensiero l'una e l'altra cosa e considerare il bambino quale ci ritorna dal sacro fonte, arricchito di ogni favore di natura e grazia. E posta la questione in questi. termini, dimandiamo: basterà tutto questo a darci poi l'uomo bell'e fatto, chiaro di senno, fermo di volontà, devoto, quando il sia d'uopo, fino all'eroismo, verso la sua nobile professione di cristiano ? Rispondiamo di nuovo che no, e tutti siamo ancora qui di pieno accordo. Che cosa manca adunque per avere l'uomo quale lo divisiamo ? Manca quella disciplina, analoga a quella che ci dà gli artisti, i sapienti, i guerrieri. Anche qui è d'uopo lavorare sopra l'inclinazione naturale coltivandola, sviluppandola, fortificandola con diligenza tanto maggiore quanto maggiore è la materia del nostro lavoro, quanto più è sublime il termine a cui mira, il nostro lavoro. Se adunque prima abbiamo quasi detto che l'uomo nasce cristiano, ora diciamo, e senza tenne oli contraddirci, che il cristiano bisogna farlo con gran diligenza, con grande fatica, come dava ad intendere l'Apostolo Paolo in quelle parole che rivolgeva ai Galati:
Figliuoli miei, io vado lavorando sopra di voi finchè vegga risplendere perfetta in voi l'immagine di Cristo, diventi quasi un altro lui: donec formetur in vobis Christus.
Ma dove sarà l'istituto o l'accademia o il noviziato o, se ci è lecito così dire, dove sarà il laboratorio nel quale si lavori il personaggio che si chiami l'uomo onesto, l'uomo cristiano? Perchè noi vogliamo credere che un cotal personaggio non sia al civile consorzio meno vantaggioso del sapiente, dei guerriero dell'artista. Si è pensato adunque all'istituzione del cristiano o dell'uomo onesto ! Ci sì è pensato, e quanto ! Non vi è legislatore che non abbia rivolto a questo punto tutte le sue cure; non diciamo con qual sapienza e tanto meno con qual fortuna; diciamo che non vi fu giammai un legislatore per poco degno di questo nome, il quale non abbia sentita l'importanza somma di questa parte del suo uffizio gli uni vollero l'uomo onesto, non sapendo ancor niente di cristiano; gli altri sapendo il cristiano, non si contentarono più del resto, gli altri si foggiarono al loro modo l'ideale dell'uomo e del cittadino, ma nessuno pensò mai di trasandare l'istituzione dell'uomo e del cittadino; tant'è vero che a niuno bastò quel capitale di buono che reca in sè il bambino al suo primo spuntare nel mezzo del civile consorzio. Ma prima e meglio di tutti, e nel modo veramente più efficace, e siam per dire, unicamente efficace ci pensò il Gran Legislatore, Iddio, e per dirlo subito, ci pensò con l'istituzione della famiglia, della quale Egli fece veramente il noviziato dell'uomo onesto e cristiano. Certamente, e senza alcun dubbio, ogni istituzione sociale sia religiosa, sia politica, o tosto. o tardi, o in questo modo o in quell'altro, deve adoperarsi a questo gran lavoro; ma nessuna istituzione lo dovrà o lo potrà far meglio della divina istituzione della famiglia. Essa dovrà fare i primi rudimenti, formare il primo abbozzo, segnare le prime linee che nella presente bisogna, e ciò che più importa, come ragione ed esperienza insegnano assai bene chi voglia intendere. La famiglia, scrive Leone XIII, è la culla della società ed è in gran parte al focolare domestico che si prepara il destino degli stati.
Ne volete subito una prova di fatto ? Eccola. - Dove crebbero quei grandi modelli di ogni virtù, quegli uomini evangelici, come direbbe S. Ambrogio, prima ancora del Vangelo, quei modelli di virtù colossali che la Chiesa stessa propone all'imitazione e all'ammirazione dei cristiani, voglio dire Isacco, Giacobbe, Giuseppe e somiglianti ? Essi non ebbero altra istituzione che quella di una famiglia tutta impregnata di santità. Donde uscì quel Tobiuzzo, che lasciò dietro a sè intere generazioni di santi? E quella sì eroica Susanna che ad una colpa occultissima preferiva la morte colla pubblica infamia? Ecco: non d'altronde che dalle famiglie, vero domicilio della virtù! I parenti di Susanna, dice il sacro testo, essendo giusti avevano ammaestrato la figlia nella legge di Mosè.
Ma se la famiglia è la prima e la più necessaria delle case di educazione, la madre poi n'è l'istitutrice più venerata ed efficace; lo spirito di pietà che l'inspira, ne forma l'apostolo; il focolare domestico segna l'ambito della sua giurisdizione; ciascun membro della famiglia è una delle anime alle sue cure affidate. Chi potrà mai rivaleggiare con una madre quanto all'efficacia sopra lo spirito dei suoi figliuoli, che sono gli alunni che la natura stessa ha messo fra le sue mani ? Niuno certo al mondo, come si fa palese per le tre seguenti e semplicissime considerazioni.
Anzitutto la madre lavora sopra un soggetto che da principio è almeno interamente passivo; quel bambinello non sa reagire e non avrebbe nessun interesse di farlo quando pure sapesse, perchè se in lui è ancora addormentata la ragione, neppure son già deste e sollevate le passioni, eterne avversarie della ragione e del bene. Si consideri ancora come essa lavori; il modo è singolarissimo ed efficacissimo ad un tempo. La madre porge il latte al suo dolce nato e col latte infonde in lui tutti i sentimenti che essa vuole. Sarà per sè misterioso quanto si vuole il fatto, ma gli effetti lo dimostrano ad evidenza ; i temperamenti che poi tanto influiscono sul libero esercizio della virtù, dipendono in gran parte dal primo nutrimento del bambino. Da lungo tempo, dice il Pellico, ho osservato che i bambini succhiano col latte il loro temperamento e le loro inclinazioni. Ciò non isfuggì, dice il Descuret, agli antichi, sì avidi osservatori della natura, e ciò non isfuggirà neppure alle madri per poco che facciano attenzione. Tutti i medici, del resto, lo affermano. Intanto si fa l'alba, diciamo l'alba della ragione che sarà tenue finchè volete, ma badate che siamo già in un momento di somma rilevanza : ora si va radunando nell'anima del giovane la materia dei primi giudizii e dei primi affetti. Non c'è altri che la madre che possa presiederà a questo lavorio, che formerà il fondo dell'anima del bambino e la tempera del suo carattere, e si persuada la madre che, come il latte è il primo e formativo elemento corporale di questo suo bambino, così l'educazione che a lui darà fin da primi bagliori dell'intelligenza, ne sarà il primo e formativo elemento spirituale. Di qui si spiega il comune adagio che i figliuoli matrizzano, e questo volle dire il filosofo, e lo disse con ragione quando lasciò scritto che la madre è la metà dei suoi figliuoli : Mater dimidium filiorum est. Ora è troppo chiaro che questo potere quanto è proprio solo delle madri, così è superiore ad ogni altro quanto ad efficacia.
* *
Si osservi in secondo luogo che nessun insegnamento è più docilmente accolto, nè va più diritto all'anima e scende più profondo al cuore di quello che vien dato da un maestro che molto si ami, e chi sarà quel maestro che possa emulare l'amore di una madre, e sappia sparger di maggior dolcezza i suoi insegnamenti ? L'amore di una madre è così meraviglioso ed ha un non so che di così profondo e divino che rassomiglia tanto a quello di Dio e senz'ombra di esagerazione si può dire che il cuor materno è il capolavoro del Creatore. Si aprano i libri santi e si vegga in qual modo Iddio s'adoperi per mostrarci il suo amore. Egli non seppe farlo altrimenti che paragonandosi ad una madre. Come una madre accarezza e consola il suo unico figliuoletto, così vi consolerò io... ed io vi porterò sopra le ginocchia come una madre. E detto ciò parebbe che Egli sia preso da un cotal senso di gelosia, e perciò non dimentica di dire ancora che Egli avrà ancor maggior compassione di una madre. Che se una madre potesse mai dimenticare il figlio delle sue viscere, non avverrà mai che Iddio si dimentichi di noi. Il paragone adunque è sempre tratto dalla tenerezza materna ; o assomiglia il suo amore a quello della madre, o sopra di quello l'innalzi, è sempre il cuore della madre che gli presta quel concetto che solo è capace a rappresentare l'amor suo. Se l'amore adunque è la cosa più forte, e se di tal forza niuno è più fornito d'una madre, chi se le potrà mai paragonare ? Che miracolo non compirà sull'animo dei suoi figliuoli quando essa voglia adoperarvisi attorno col senno, col vigore, colla destrezza opportuna?
Una terza cosa: Le promesse e le minacce onde Iddio stesso armò l'augusta potestà dei genitori. Imparino a suo tempo i figliuoli ciò che è nel concetto di Dio l'autorità di un padre e d'una madre, quali benedizioni e quali maledizioni tenga Egli sospese sopra la figliuolanza ubbidiente o ribelle. Si ripeta pure quello che Iddio volle scritto a difesa dei genitori nelle eterne pagine dei libri santi.
- Figliuol mio, onora il padre tuo e non dimenticare i gemiti di tua madre. - Le case dei figliuoli si alzano per la benedizione del padre, ma la maledizione della madre - le schianta dalle fondamenta. - Si ripetano pure queste dottrine e si vedrà che rincalzo ne aquisterà l'autorità paterna e che agevolezza proveranno i genitori nel condurre innanzi la loro impresa; vedranno come n'andranno raumiliati i figliuoli che già mostrassero dello agresto o del protervo, e come si mostreranno ognor più docili quelli che sono di già soavi ed ubbidienti.
E però ecco che cosa diceva, con sentenza non meno spiritosa che vera il gran filosofo savoiardo, Giuseppe DeMaistre : Le donne non hanno fatto mai alcun capolavoro in nessun genere di cose: esse non hanno scritto nè l'Iliade, nè l'Eneide, nè la Gerusalemme liberata, nè l'Atalia, nè l'Amlelo ; non hanno fabbricato nessun tempio come il S. Pietro in Roma; non hanno scolpito l'Apollo del Belvedere ; non hanno dipinto la Trasfgurazione; non hanno inventato il teloscopio ; non hanno scoperto la elettricità, ne trovato il vapore; le donne non hanno fatto niente di tutto ciò; ma esse hanno fatto una cosa più grande di tutto questo, perchè sulle ginocchia di una madre si posa ciò che v'ha di meglio in questo mondo : l'uomo onesto e la donna virtuosa. E che le donne abbiano creato davvero questi capolavori maggiori di tutti gli altri, lo vedremo un'altra volta.
Nel Santuario di Maria Ausiliatrice.
Per norma di tutti i Cooperatori e le Cooperatrici di Torino, ricordiamo che nel Santuario di Valdocco si darà principio al bel mese di Maria Ausiliatrice il 23 del corrente aprile , mercoledì della 3a domenica dopo Pasqua.
Assistendo devotamente alle funzioni della Comunità, che si tengono in detta Chiesa alle ore 5,30 ed alle 7,30 del mattino, si può acquistare per concessione pontificia, l'indulgenza di tre anni, e facendo la Santa Comunione l'indulgenza plenaria quotidiana.
Nei giorni feriali, al mattino. dopo la Messa delle 5,30, ed alla sera alle 19,15 dopo il canto d'una lode, si terrà un breve discorso e si darà la benedizione col SS. Sacramento. Nei giorni festivi, questi discorsi avranno luogo dopo i Vespri delle 14,30 e delle 16,30. La predicazione verrà tenuta dal Sac. E. Talice, Salesiano.
(Relazione del Sac. Calogero Gusmano )
REV.mo SIG. DIRETTORE,
IL 7 maggio il nostro vaporino gettava le ancore di fronte ad una simpatica e sospirata cittadina. Erano le 2 1/2 antimeridiane: D. Malan ed io balzavamo dalle nostre reti, mentre D. Albera si alzava dalle tavole su cui aveva passata la notte. Alle quattro vedemmo i primi razzi a volare. Passata la visita dell'autorità del Porto e Sanitaria, una barca elegante ed imbandierata, con 10 svelti marinai, venne a ricevere il Visitatore dei Salesiani. Alla spiaggia stavano cinquecento fra ragazzi e ragazze, la banda Salesiana, quella della marina, e un popolo immenso. Appena D. Albera ha posto piede al suolo, le bande suonano la marcia reale e l'inno nazionale, ed un baldo giovanetto, ornato di sciarpa s'avvanza, e con fare e voce da oratore gli dà il benvenuto, lo invita colle parole più lusinghiere ad inoltrarsi nel suolo brasileno salutandolo in nome della Compagnia di S. Luigi, di cui era segretario, del Collegio Salesiano di S. Gonçalo, del popolo Cuyabano e della nazione intiera: un evviva spontaneo e prolungato confermò le sue parole. Il tragitto dal porto al collegio fu una entusiasta ovazione; per 20 minuti si passò tra due ale di popolo. Financo i soldati ed i marinai vollero onorare l'inviato del nostro Rettor Maggiore, e le rispettive bande eseguirono successivamente i migliori pezzi del loro repertorio: un artistico arco stava all'entrata del Collegio colla seguente iscrizione- Colendissimo Rectoris Majoris nuntio - fausto adventus eius die - filii peramantes - populus commotus - juventus festinantes - uno corde - salutem dicunt. - E veramente l'intiero popolo Cuyabano era in movimento. Durante la nostra permanenza colà fu un continuo attestato di venerazione alla Società salesiana: Vescovo e Presidente dello Stato ; deputati e sindaco s'affrettarono a presentare i loro omaggi all'umile figlio di D. Bosco.
Ed eccoci nel Brasile! La prima impressione non poteva essere migliore. Questa immensa Repubblica sarà il campo del nostri continui viaggi per sei mesi, e passeremo di sorpresa in sorpresa nelle 28 case già esistenti. Il Brasile, dopo quattro secoli di monarchia, il 15 novembre del 1889 nel modo più semplice e strano al medesimo tempo, mutò forma di governo: mandò l'imperatore per Europa senza spargere una goccia di sangue, costituì un governo provvisorio e poi il regolare, che cercò di modellarsi su quello degli Stati Uniti dell'America del Nord. Non misura l'estensione di quel colosso; ma abbraccia quasi la metà dell'America meridionale, la 15a parte del mondo intiero. Che estensione! che campo immenso per i figli di Don Bosco! Questa terra benedetta da Dio, questo nuovo eden arricchito di quanto natura ha di più bello accoppia coi climi caldi del tropico i più dolci della nostra Europa. L'oro, l'argento, il zolfo, il carbon di pietra, i cristalli più svariati, i marmi più fini, il mercurio e mille altri prodotti minerali stanno racchiusi nel suo suolo. Nel decorso di un secolo nel solo Stato di Minas Geraes si estrassero 615.000 chigr. di oro!
Per quanto ricco però sia il regno minerale, il vegetale lo supera di assai. Qui tutto è vegetazione, vegetazione lussoreggiante e continua. In alcuni luoghi si raccoglie l'uva fin quattro volte all'anno. Le frutta sono de' colori più smaglianti, delle forme più bizzarre, del sapore più squisito, nella maggior parte sconosciute a noi Europei. Sono sei mesi che ce ne vengono presentate sempre delle nuove con una varietà incredibile. Abbiamo viste delle bìblioteche curiosissime i cui libri erano legati con dorso, con colore uno diverso dall'altro. erano le numerose qualità di legno del Brasile. La natura insomma volle essere generosissima con questa regione: suolo variato, irrigato da ogni parte. possiede il Re dei fiumi, l'Amazzone, i cui affluenti sono immensamente più grandi che il Reno, il Volga, il Danubio, il Po, che da solo forse paga al mare un tributo superiore a tutti quelli d'Europa. Ecco in breve la Repubblica che cominciamo a visitare: sarà l'ultima del versante dell'Atlantico e dopo, attraversando le Cordigliere, passeremo in quel del Pafico.
Ventidue giorni impiegammo da Buenos Aires a Cuyabà, capitale dello Stato di Matto Grosso. Il Ladario prima e poi il Nojac che ci condussero fin là, son vaporini piccoli, che han comodità per poche persone, ed invece ne ricevono centinaia, immagini quindi che vita! Si ha appena lo spazio strettamente necessario, ed il refettorio è sala di ricreazione, dormitorio ecc. Il sig. D. Albera dormì per tutto il tempo su due panche unite insieme. D. Malan ed io in due reti sospese in aria. Alcune notti furono terribili per l'indiscrezione delle zanzare; in una di esse, il vaporino s'accostò troppo alla spiaggia ed un ramo, penetrato fino al mio mobile letto, voleva trascinarmi con sè: ad ogni modo balzai sul ponte; una risata e su di nuovo in cuna a fare la nanna in aspettativa che le zanzare si stancassero e mi permettessero di prender sonno.
D. Malan, attuale superiore di quelle case, fu colui che accompagnò Mons. Lasagna nel primo viaggio al Matto Grosso: era la quinta volta che rifaceva quel viaggio, conosceva bene quei luoghi ed era conosciutissimo: i giorni quindi passavano più rapidamente. Molto avrei a dire dei cinque fiumi in cui navigammo, delle isole ferme e galleggianti, della moltitudine dei coccodrilli, immobili sulle spiagge a prendere il sole, imperturbabili anche quando le palle, scaricate contro di essi dai passeggieri di bordo, sdrucciolavano sulle squame della schiena, o al più tuffantisi con stupidi movimenti pian pianino nell'acqua per apparire di nuovo, passato che fosse il vapore, a rigodere il sole. Dovrei dire della originalità delle casette dei poveri e dei toldi degli Indi che vedevamo passando; ma tutto questo sta così ben descritto nel Bollettino del 1895 per la mano maestra di Mons. Lasagna che io non farei altro che sciupare malamente quanto egli così al vivo seppe dipingere. Che apostolo era mai quel nostro Monsignore! Al Paraguay non si fermò che pochi giorni, eppure quanta grata memoria non lasciò egli di sè ! Son molte le famiglie che nella sala di ricevimento al posto d'onore hanno la fotografia di Mons. Lasagna. La moglie dell'attuale Presidente della Repubblica in un giorno della settimana vi accende una candela: lo venera come un santo. Disse a D. Albera che il suo unico figlio, allora settenne, non aveva avuto relazione con persona estranea alla famiglia, fu per la prima volta presentato a Monsignore e se ne ricorda con molto affetto. Sapeva farsi piccolo coi piccoli e cattivarsi l'affetto di tutti quell'uomo dei vasti progetti, delle opere magnanime, l'Apostolo, come lo chiamano a Cuyabà, del Matto Grosso. E pare proprio che gli Indi formassero l'oggetto principale delle sue preoccupazioni. Si privò persino del proprio segretario per lasciarlo là direttore, come quegli che più fedelmente avrebbe interpretato i suoi desiderii. E Cuyabà stesso quanto non ne avvantaggiò! erano solo tre uomini prima dell'arrivo dei Salesiani che facevano la pasqua, ce lo dicevano due di essi ancora superstiti, ed ora lo sa il sig. Don Albera quanto ebbe da lavorare nei 40 giorni di nostra fermata in quelle terre. Basterebbe per convincersene aver viste le fiorenti confraternite del S. Cuore di Gesù, della SS. Trinità, delle Figlie di Maria, delle Dame di Maria SS. Ausiliatrice colle loro diverse divise, far corona a Gesù Sacramentato nella processione del Corpus Domini che il Vescovo stesso, quantunque indisposto, volle fare, e in quella del Sacro Cuore di Gesù nella quale funzionò D. Albera. Il percorso fu lungo; ma si può dire che metà del popolo si riversò là. Gesù camminava, come nei nostri paesi sopra i fiori, e tutte le case dei cittadini erano rivestite a festa. La Compagnia di S. Luigi colla sua caratteristica fascia, come sta rappresentata nel Bollettino dello scorso Agosto, numerosa vi prese parte.
Faccio eccezione per questa compagnia distendendomi un poco di più intorno ad essa: mi pare che lo meriti la sua condizione speciale. Sono 180 socii, vi appartengono oltre i migliori del Collegio, molti di fuori, specie degli antichi alunni, giovanotti sui 18 a 20 anni, vi è financo un deputato. Come i nostri giovani del Coraggio Cattolico, accorrono ovunque v'è da fare del bene. Nelle processioni sono lo splendore, il gaio; nelle feste religiose i mantenitori dell'ordine, l'edificazione per la loro compostezza, l'esempio per la frequenza e devozione con cui si accostano ai Sacramenti. Quasi tutti si comunicano mensilmente.
Fanno conferenze nella 1a e 3a domenica di ciascun mese, e ne tengono minuta. Vi sono una quarantina di soci sparsi in varii punti della Repubblica in relazione per mezzo del segretario col centro della Compagnia, ricevono e danno conto di quel che fanno e spargono dapertutto col loro esempio il buon odore di Gesù Cristo. Nell'arte drammatica in cuì a quando a quando si esercitano brillano così da meritare che lo stesso Presidente dello Stato ed il Generale comandante la forza militare del distretto, assistano con grande piacere alle loro rappresentazioni. Peccato che il locale sia insufficiente al numero stragrande che vi accorre! Quante famiglie vidi io stesso ritornare indietro per mancanza assoluta di luogo! I drammi S. Eustachio, Cristoforo Colombo, il Figliuol prodigo, le Pistrine e tanti altri del nostro amatissimo D. Lemoyne sono del loro repertorio. Voglia il Signore che questa Compagnia abbia ognora a fiorire e ad estendere la sua benefica azione !
Non voglio dire con questo che a Cuyabà non vi sia più nulla a fare; gli spiritisti, i settari lavorano, però è anche consolante il frutto che dà il movimento cattolico. D. Albera nella cappella di Maria SS. Ausiliatrice e nella Parrocchia di S. Gonçalo distribuì a centinaia e centinaia di fedeli il pane dei forti in occasione delle principali feste colà solennizzate, come quella dell' Ascensione, di Pentecoste. di Maria SS. Ausiliatrice, del Corpus Domini. del Sacro Cuore di Gesù. Il giorno di Maria Ausiliatrice anzi vollero quei buoni parrocchiani di S. Gonçalo che avevano comunicato, firmarsi su un foglio e presentandolo a D. Albera lo pregarono che volesse aver la bontà di depositare i loro nomi sulla tomba di D. Bosco. Il nostro venerato Superiore Maggiore leggendo quei nomi si potrà persuadere che non furono solo devote signore che s'accostarono al banchetto eucaristico.
Cuyabà conta 18.000 abitanti ; i Salesiani oltre ad ufficiare, anche per persone esterne, la cappella del Collegio e quella dell'Asilo S. Rita, affidato alle figlie di Maria Ausiliatrice, hanno cura della parrocchia di S. Gonfialo, celebrano Messa alla cattedrale, tutte le mattine alla Chiesa della Passione ; vanno anche ogni giorno a N. S. della Guia a celebrarvi Messa e fare un poco di Oratorio nelle feste. Hanno un noviziato di Chierici al Coxipò ed uno delle figlie di Maria Ausiliatrice. Fu indubitatamente una delle più grandi consolazioni del sig Don Albera aver egli, professore di Mons. Lasagna, potuto raccogliere i primi frutti della semente da quello sparsa, col ricevere la professione religiosa di sette nuovi confratelli, 4 dei quali erano di Cuyabà e col benedire a 5 altri Matto Grossensi l'abito talare, come pure col ricevere la professione e benedire l'abito ad alcune figlie di Maria Ausiliatrice, esse pure natie del luogo. Nell'uno e nell'altro noviziato D. Albera fu accolto con affetto di figli ed entusiasmo di novizii. Un signore Cuyabano mi faceva a proposito osservare che forse mai dacchè Matto Grosso esiste vide tanti suoi figli consacrarsi a Dio nella religione ed immolarsi coi santi voti. Attualmente gli unici religiosi esistenti sono i Salesiani e le figlie di Maria Ausiliatrice. I Salesiani hanno anche un esternato a Corumbà, città questa inferiore a Cuyabà per numero, ma di essa assai più importante pel commercio. I due nostri sacerdoti si moltiplicano per poter fare un poco di bene anche al Ladario, dove dimora l'arsenale brasileno; ma tutto questo che cosa è mai quando si pensi che il Matto Grosso solo è quasi cinque volte più esteso che la nostra Italia e non ira che sette sacerdoti, due dei quali nella Capitale con 82 anni il primo, da molti anni ammalato il secondo, che è il Vicario Generale. Pover uomo! È dal novembre scorso, ci diceva, che non posso celebrare, e che non vedo il mio vescovo: gli altri con acciacchi peggiori sono sparsi qua e colà nella vasta diocesi. una delle più estese del mondo. Quando si pensi che il Seminario è completamente vuoto (e ciò da molti anni), non si può ameno di restar meravigliati e benedire la Provvidenza che abbia fecondati di tal maniera le povere fatiche dei Salesiani. E molte più se ne riprometterebbero i nostri confratelli se l'opposizione dei parenti non fosse così accanita e sistematica. Mancando la fede nella vita sopranaturale, l'affetto dei parenti giunge a tale eccesso da non credersi. Quanti poveri ragazzi han dimostrato una costanza superiore alla loro età !
Il collegio S. Gonçalo è pieno e non basta al bisogno: i superiori là non hanno un locale dove ritirarsi ; dormono tutti in reti, nelle stanze che di giorno servono di scuola. Si pensò quindi di porre la prima pietra, di un nuovo edificio e padrini furono la signora del Presidente dello Stato ed il Dottor Martino già Presidente, rappresentato dal sig D. Albera,
Rinunzio a descrivere il teatro, le accademie fatte al collegio S. Gonçalo, all'asilo S. Rita, ai noviziati di Coxipò, tutti riuscitissimi, e dirò solo che il giorno dell'apparizione di S. Michele l'8 maggio, l'indomani del nostro arrivo e prima festa celebrata nel Matto Grosso, ci fu annunziato che un gruppo di Indii si dirigeva verso la capitale ; erano tre donne e 10 uomini quasi tutti intieramente nudi. Copertili alla bella meglio furono presentati, con grata sorpresa al sig. D. Albera. Si ebbe la felice idea di prendere una fotografia e gliene mando copia. Venivano, dicevano, essi, a reclamare presso il Presidente perchè non vogliono più stare sotto la direzione dei soldati, ma vogliono i Salesiani, Poveri Indii ! hanno ragione da vendere e non occorre che io ne spieghi il motivo. I nostri confratelli intanto in questi giorni trattano di una nuova colonia in mezzo ai Coroados : vicino a Goyaz già comprarono il terreno per non essere soggetti alle vicissitudini della politica, e così il desiderio dell' Apostolo degli Indii, che tanto a cuore ebbe questa missione dei sig. Don Rua e del suo rappresentante sarà un fatto compiuto.
La nostra partenza da Cuyabà fu quasi improvvisa, perchè il vapore decise allontanarsi prima del tempo stabilito. Qui il vapore è l'unico mezzo di comunicazione, solo al suo arrivo si ricevono le lettere, poichè in tutto il Matto Grosso non v'è ancora una ferrovia. Nei tre o quattro giorni in cui si ferma, si sospendono le occupazioni ordinarie e tutti sono occupati in relazioni commerciali, epistolari. Fino a quando gli ultimi fischi annunziano la partenza vicina si portano lettere a bordo perchè guai a chi perde l'occasione ! Dovrà attendere pel disbrigo dei suoi affari un mese ed alcune volte di più. E noi un mese ancora a Cuyabà non potevamo aspettare. Fu perciò chiamato il sig. D. Albera che non si trovava in casa, si fecero i preparativi e si corse alla stazione dove però vollero accompagnarci confratelli e giovani. Al porto un mondo di gente : la banda suonava un addio mesto e quasi sconsolato.... Riverito il Presidente dello Stato, il Generale e le altre autorità, che là aspettavano D. Albera abbracciammo i confratelli , ed anche i giovani. Si capisce: era la prima visita che ricevevano; sanno d'essere tanto distanti dai superiori , non possono nutrir speranza di rivederli così presto. Là tutti son missionarii: lo stesso giovane sacerdote brasiliano dista dalla sua patria più di 40 giorni di viaggio. Come si amavano, come sentivano di esser fratelli votati tutti ad una causa comune e santa ! Ed abbiam dovuto separarci così presto!... Ma, e confratelli e giovani e cooperatori si assicurino che il loro affetto trova un'eco fedele nel nostro cuore e che mai ci dimenticheremo delle grandi prove di simpatia colà ricevute.
Come soffre il cuore credente, di un religioso vedere un campo tanto fertile, giovani docili, avidi della parola divina rimanere privi per mancanza di operai evangelici! Non mi meraviglio più che nonostante la distanza dalla propria patria e da parenti, in mezzo a tante angustie, in 15 mesi di continui viaggi e visite, non s'è incontrato un salesiano pentito della sua vocazione, di essere venuto in America. Lo dica ai chierici che si preparano alle missioni che qui troveranno campo vasto : avranno da soffrire calore eccessivo, privazioui terribili ; saranno in pericolo attraversando fiumi ingannatori, dormendo la notte in mezzo ai boschi; ma la consolazione di portare la pace a tante anime , di guadagnarle al Signore, fa dimenticare tutto, ricompensa ad usura le fatiche del missionario e gli fa provare gioie, che egli solo è capace di sentire con pienezza. D. Balzola nell'ultima missione di quattro mesi, fu obbligato a porre 28 bambini in fila per battezzarli tutti in una sola volta, perché molti e molti altri centri lo aspettavano: financo D. Albera nel suo tragitto di andata al Matto Grosso dovette amministrare 4 battesimi approfittando del tempo che il vapore si fermò per prender legna. Un giorno facendo visita al Collegio delle Suore gli si presenta una ragazza sui 14 anni che con voce velata, prega e scongiura D. Albera che mandi un prete al suo paese perche la sorella dacche uscì dal Collegio non aveva più potuto confessarsi, v'erano varii matrimoni da benedire, battesimi d'amministrare. Come resistere a questi casi ? Quando non si può sovvenire a certe necessità si desidererebbe non esserne mai stato testimonio.
Immersi in questi pensieri vedevamo sempre più allontanarsi la spiaggia da cui partivano gli ultimi saluti della moltitudine e dei giovani colà affollati. Poi tutto disparve, solo in lontananza spiccava il campanile di S. Gonçalo che ci parlava ancora dello zelo e delle fatiche dei nostri confratelli. Alto 40 m. si solleva dal mezze di case a un sol piano, ed è opera quasi esclusiva del nostro D. Solari: egli ne fu l'architetto e fa i disegni degli stessi ornati che modella prima in creta e dopo il costruttore riproduce. Quante difficoltà però per far andare avanti la fabbrica di questa chiesa! il cemento, il ferro, tutto deve venire da Buenos Aires e ritarda mesi e mesi. La statua di Gesù Cristo Redentore, fusa a Milano, che dovrà essere posta sopra il campanile, da tempo dorme nella dogana di Corumbà, perché non vi è un vapore che la voglia e diciamo pure la possa portare, giacchè il fiume è poco fondo ed, il troppo peso non gli permetterebbe di continuare il cammino specie in alcuni luoghi.
II
L'emigrato e la politica - Condizioni morali dei nostri emigrati prima dell'andata dei Salesiani in Argentina - I Salesiani ed i coloni italiani a S. Nicolas de los Arroyos - Lotte e vittorie alla Boca del Riachudo - Contro sei logge massoniche, una scuola evangelica ed una chiesa scismatica, due case ed una chiesa salesiana.
UNA condizione poi indispensabile, perchè l'emigrato italiano in Argentina possa vivere quieto e rispettato si è che si tenga affatto estraneo alla politica. La carta di cittadinanza argentina lo rende inviso ai suoi connazionali e poco gradito al governo argentino. La strage dei 200 bersaglieri volontarii italiani, al ponte di Barracas, nel 1880, e l'orribile massacro dei coloni svizzeri di S. Fè, nel 1894, hanno fatto comprendere che gli Argentini rispettano gli stranieri fino a che essi non dimenticando i doveri dell'ospitalità, si mantengono in una prudente neutralità: gli Argentini le rivoluzioni le vogliono fare da sè.
Ma se abbastanza buone erano le condizioni economiche dell'italiano, specialmente fino a questi ultimi anni, in cui per l'aumentata concorrenza e per il diminuito credito dei valori argentini, divennero meno agiate; assai tristi erano le sue condizioni morali e religiose.
È doloroso dover confessare che il benessere materiale ora per molti causa funesta di grandi mali morali e di certi disordini che, pur troppo, caratterizzano ancora presentemente l'emigrato italiano, sebbene allora fossero più comuni e frequenti.
Scarsissimo era il numero dei sacerdoti che si occupavano dei suoi bisogni spirituali. Eccettuati i P.P. di Terra Santa, qualche P. Francescano e pochi Cappellani di nazionalità italiana, il resto del clero, compresi i parrochi, non si trovavano in condizione di prodigar cure speciali all'italiano, anche per la difficoltà della lingua, o meglio, del dialetto, nel quale, con una certa ostinata compiacenza, il lombardo, il piemontese e specialmente il genovese suole esprimersi anche in America.
Di qui l'incremento del male nei cattivi e la freddezza e negligenza negli stessi buoni inutile quindi accennare al disordine della famiglia, alla figliuolanza trascurata e che cresce senz'alcun principio cristiano; alla gioventù abbandonata ad ogni eccesso, agli infelici dati all'alcoolismo, al nessun ritegno nei discorsi osceni, alle risse e, sopratutto, alle bestemmie più orribili, che erano, pur troppo, una privativa tutta italiana. Le eccezioni di alcune famiglie oneste erano troppo scarse, perche valessero a controbilanciare il discredito che pesava sull'italiano per la sua immoralità ed irreligiosità.
Tali erano in generale le condizioni dell'emigrato italiano in Argentina fino al 1875, quando giunse colà il primo drappello di missionarii salesiani, che piantò le sue tende intorno alla chiesa di Mater Misericordiae in Buenos Aires, dove l'operosità instancabile e lo zelo ardente di Mons. Cagliero e di D. Baccino ottennero veri prodigi di fede fra i numerosi nostri connazionali residenti in quel punto della città.
Contemporaneamente allo stabilirsi dei Salesiani alla Mater misericordiae, un altro piccolo gruppo partiva per S. Nicolàs de los Arroyos, città allora di 10.000 ed oggi di 18.000 abitanti, per prendere l'assistenza religiosa dei coloni italiani che colà risiedevano e la direzione di un collegio pei loro figliuoli. L'appoggio di Mons. Ceccarelli, i validi aiuti del grande nostro benefattore D. Francesco Benitez, l'attività di Mons. Fagnano e l'affluenza dei giovanetti italiani resero necessario in pochi anni l'ampliamento del collegio. Quante dolci o soavi emozioni sentono ancora gli antichi confratelli residenti allora in quella prima casa salesiana della provincia di Buenos Aires e sparsi ora in varie parti dell'America del Sud, al ricordare la pietà esemplare, il fervore e la divozione di quelle famiglie italiane ! E nello stesso tempo, con quanto affetto e piacere esse ed i loro figliuoli, educati in quel Collegio salesiano, ricorderanno, alla loro volta, le cure, le sollecitudini, e l'amor sincero che loro professavano i nuovi missionarii!
Due anni fa, dopo lunghe e continue ostilità per parte di alcuni malevoli, si dovette abbandonare l'antico collegio, ma sopra l'area di un vasto terreno regalato da quei generosi benefattori, se ne fabbricò uno nuovo con una chiesa sontuosa, dove i Salesiani continuano a lavorare con grande vantaggio di quei coloni italiani, i quali, con una generosità veramente ammirabile, fornirono pure i mezzi per la fondazione di un Istituto di Figlie di Maria Ausiliatrice a vantaggio delle giovanette.
Viene quindi la casa e la parrocchia della Boca del Riachudo, campo di strenue lotte e di splendide vittorie dei nostri confratelli per farvi ritornare la fede ed il buon costume.
La Boca ha attualmente una popolazione di circa 50.000 abitanti. È unita alla capitale, ma pel commercio, pel porto di cui è dotata e per la sua popolazione, quasi esclusivamente italiana, forma come una città a parte. Disgraziatamente fu, fin da principio, e lo è ancora oggi giorno, il vero nido delle sette politiche e religiose. L'irreligiosità, l'incredulità e il mal costume vi dominano in grandi proporzioni; per conseguenza le lotte, quando si trattò di provocare una reazione benefica, furono accanite e tenaci. Vent'anni fa, non esisteva in quella località se non una chiesetta di piccole dimensioni e priva affatto di attrattive. Il sacerdote che se ne occupava era italiano; ma, vedendo che ogni sforzo per far rivivere lo spirito religioso era pressochè inutile, soffriva, taceva e lasciava fare. Il campo vasto e il terreno ingrato, esigevano varii operai evangelici. La Curia credette opportuno offrirlo ai Salesiani, i quali accettarono e cominciarono a lavorare, con prudenza sì, ma nello stesso tempo con grande attività. Inutile il dire che per molti anni furono l'oggetto di ogni sorta di contrarietà, a base di insulti, imprecazioni, bestemmie; e non poche volte furono presi a sassate e minacciati per fino della vita.
Ma a poco a poco si ottenne di essere avvicinati dai ragazzi e dalle giovanette: questi attirarono le madri e poi alcuni operai di costume non ancora molto depravato. A questi primi proseliti, attirati sopratutto dal vedere che i loro figliuoli, dalla compagnia del missionario, ritornavano a casa pieni di entusiasmo per ciò che avevano sentito narrare della patria lontana, si unirono ben presto altre persone più serie e benestanti, che furono colà i nostri primi benefattori.
Sorse allora l'idea di sostituire alla vecchia chiesetta, una nuova che fosse degna della località. Ed ecco che, in un tempo relativamente breve, l'attività e la tenacità di proposito del nostro confratello D. Stefano Bourlot, e la grande generosità dei primi cooperatori edificarono un tempio sontuoso, di 50 metri di lunghezza per 25 di larghezza, capace di qualche migliaio di persone.
D'allora in poi, la vita religiosa aumentò e si estese con più rapidità. La parola di Dio predicata, con stile semplice e popolare, in italiano e nei varii dialetti, piovette più feconda dal pulpito e dall'altare. Tridui, novene, mesi di Maria, esercizi spirituali, missioni, spiegazioni catechistiche si succedettero e si succedono tuttora senza posa. Le confessioni. e le comunioni cominciarono ad essere più frequenti e numerose. A questo riguardo, non credo inopportuno il trascrivere qui l'aumento graduale delle comunioni annuali che si fecero nella parrocchia salesiana; esso darà un'idea veramente consolante dello sviluppo della pietà di quella popolazione. Nel 1879 le Comunioni su una popolazione di 50.000 di anime giunsero a 2.800. Crebbero poi gradatamente fino a 12.350 nel 1896; e nel 1897 a 40.490; nel 1898 a 42.516; nel 1899 a 55.235; nel 1900 a 54.397. E ci è caro osservare che i nove decimi di tali comunioni furono fatte dai nostri italiani e dai loro figliuoli. In seguito si fondò una fiorente Società cattolica, composta di 600 membri che tengono le loro riunioni in un vasto salone della casa parrocchiale, e il cui direttore spirituale è il parroco. Ma le preferenze dei salesiani sono sempre pei giovanetti. Quindi a lato della Chiesa si fondò un bel Collegio, frequentato giornalmente da circa 400 esterni. A poca distanza, se ne costruì un altro diretto dalle Figlie di Maria Ausiliatrice, che è uno dei più fiorenti che esse abbiano in quella Repubblica. Le alunne esterne che vi affluiscono quotidianamente sono da 500 a 600 e quelle dell'Oratorio festivo non mai meno di 1000 e alle volte 1200. Le figlie di Maria sono molto numerose, di buono spirito, e solo Dio sa l'influenza benefica che esse esercitano sopra i singoli membri delle loro famiglie. Le processioni che si fanno alla Boca nel giorno del Corpus Domini e dell'Immacolata sono senza dubbio le più numerose che si facciano in quella Capitale. Si comprende facilmente che tanto bene non si fa senza guerra per parte dei cattivi. Alla Boca lottano contro il nostro lavoro sei loggie massoniche, una scuola evangelica, una chiesa russa che compra i proseliti affamati e li ribattezza, e varie scuole così dette domenicali dei protestanti. Tutti quanti i settarii uniscono i loro sforzi, per contrastare il movimento cattolico dai nostri iniziato, ma il bene ha già messo buone radici e il suo progressivo sviluppo dà motivo a sperare, che fra qualche anno i cattivi saranno una minoranza che non darà più fastidio.
(Continua).
EQUATORE
Attraverso le foreste del Vicariato di Mendez e Gualaquiza
(Relazione di D. Francesco Mattana *)
IL mattino seguente disposte tutte le nostre cose attraversiamo, con grande pericolo, il rapidissimo fiume Jumas o come lo chiamano altri Jivaros il fiume Cumza.
Il capitano Sando con la sua vecchietta ci aveva preceduto per avvisare i parenti dell'arrivo di Padre Francisco e per prepararci la colazione. Passato il fiume e riordinati tutti i nostri vestiti, continuiamo verso la casa del capitano Sando. lungo il tragitto c'imbattiamo in alcune Jivare in sui 18 anni, intente, presso un ruscello, a pulire la yuca, le camote e le palme destinate per la colazione. Queste, vedendomi con la barba lunga, si spaventano e tentano fuggire, ma da me rassicurate, per via di segni, continuano tranquillamente l'opera loro. In casa del Capitan Sando siamo ricevuti con ogni attenzione ed affetto. Preparo tosto un po' di altare e verso le ore 11.30 celebro il Santo Sacrifizio, durante il quale arriva il Brujo, figlio del Capitan Sando, con tutta la sua gente, secondo la promessa fattami. Quivi ci fermiamo un giorno e mezzo sia per battezzare i fanciulli, come per preparare i viveri per il rimanente viaggio. Presso questi poveri figli della foresta è più vivo il desiderio di ricevere il Battesimo, di imparar le orazioni ed i doveri del buon cristiano. Le madri presentandomi i loro teneri figli mi dicevano: Padre Francisco vos nuestros hijos batizando, mucho bueno estando; a nuetros hijos aqua regando y sal comiendo dando mucho bueno estando, por qué así moriendo al cielo con tata Dios yendo. A vos Padre Francisco, nosotros mucho queriendo y vos pareio con nosotros siempre viviendo bueno està a vos nosotros macho queriendo, a vos aqui viviendo nosotros mucha yuca, platano, chica, camotes, pelmas, puerco, carne, gallinas todo todo a vos regalando.
Qui vennero a visitarmi moltissime famiglie, per salutarmi, offrirmi regali e far battezzare i figli. Io colsi la propizia occasione per istruirli sui principali misteri di nostra santa religione. Il Capitan Sando con tutta la sua gente ci trattò regalmente uccidendo per noi porci, galline e regalandocene in abbondanza. Io contracambiai ogni cosa con falci, coltellacci, fiammiferi, polveri, munizioni, tele, aghi, filo, specchi ecc. In seguito medicai varie persone ammalate, le quali tutte, grazie a Dio, guarirono e ciò acquistò maggior fiducia al Missionario.
Il 17 dicembre, amministrati vari battesimi, regalati i Jivaros ospitalieri di vari oggetti, piantata una croce, inculcando loro di custodirla religiosamente, mi accommiato con la promessa di ritornarvi presto. Quivi si ripetono le commoventi scene di Gualaquiza e molti mi vogliono accompagnare portando le nostre valigie. In due ore si arriva all'unione del fiume Junganza col Cumza, dove la natura ci offre un incantevole panorama. Quanto graziosa sarebbe una città fondata su questo sito! Che peccato non aver avuto gli istrumenti necessari per ricavarne la fotografia ! Nel centro, dove si effettua l' unione dei due fiumi, s'eleva un grosso macigno di forma ovale, il quale frenando e da sovrano vincendo l'impeto delle onde par che dica alle acque unitevi, o fiumi, e la vostra forza sarà maggiore.
Il fiume Junganza, che viene da nord-ovest ed il Cumza solo da nord, qui uniti corrono verso oriente inclinando alquanto verso il sud. La natura è più fertile ed il clima più caldo; sonvi eziandio più abitazioni di Jivaros. Questi Jivaros si recano in mezzo ai civilizzati attraversando le montagne e foreste del Pan. Passato il fiume coll'aiuto dei Jivaros e senza difficoltà non ostante le acque superassero le nostre spalle, perchè placide e tranquille, continiuamo la nostra marcia, durante la quale incontriamo molti Jivaros che allegramente ci vengono incontro. Verso le ore 10 si arriva alla casa del Capitan Cuca. Questi insieme al Capitan Chamico (che, avendo saputa la mia andata colà, era venuto dal Pongo insieme con molti Jivaros) mi ricevevono con grande affetto e con indicibile contentezza. Al nostro avvicinarsi alla casa cominciano i cani a latrare e la gente, quasi avvisata, trae tutta incontro a noi, cantando, gridando e ballando con tale un entusiasmo che pare una babilonia. Sulla porta della casa incontriamo le Jivare intente a preparare il pranzo; le une uccidono le galline, le altre pelano yuca, platani, camote ecc. ed altre ancora con la bocca piena di yuca sono intente a masticare per preparar la tanto saporita e conosciuta chicha. E tutti fuor di sè per la contentezza della mia venuta, gridano Oh! Padre Francisco, muchas lunas y muchas chontes (cioè molti mesi e molti anni, perchè essi contano i mesi con la luna e gli anni con la chonta, frutto che matura una sol volta l'anno) a vos esperando, porqué pronto no veniendo visitando. Porqué vos mucho bueno està; todo los Jivaros a vos, Padre Francisco, mucho, mucho queriendo, aquí vos parejo siempre viviendo bueno està... Vos a Gualaquiza jamas volviendo, nosotros a vos no soltando, vos con nosotros siempre viviendo. Guaioqui'za malos Jivaros habiendo, aquí buenos Jivaros està. Para vos - Padre Francisco, nosotros Jivaros Iglesia grande, convento grande y machas casas como Gualaquiza haciendo, nosotros mucha mingando y muchas lucertas sembrando para vos hacendo. Aqui parejo muchos puercos, gallinas, jabalies, y sainos, yuca,, platano macho comiendo y mucha chicha tomando vos mucho gordo siendo bueno està. Vos nuestros hijos vestiendo enseñando bueno està, con vos paraiso yendo y con taita Dios siempre viviendo bueno està.
Ottenuto un po' di silenzio, li saluto, ringraziandoli dell'affettuosa accoglienza ed annunzio che mentre essi preparano il pranzo, io avrei celebrato la Santa Messa e pregato taita Dios per loro: intanto disponessero i loro bambini per battezzarli subito dopo.
Con qual piacere ed allegria ricevettero tale annunzio ! In pochi istanti improvviso l'altare in mezzo al cortile : mi preparo e poi suono il campanello. Accorrono tosto i 150 e più Jivaros della casa che aggirandosi intorno al rustico altare fanno un rumore spaventevole. Il campanello col suo suono invece di imporre silenzio suscita fra quei poveretti una vera babilonia. È conveniente lasciarli fare: io intanto indosso i sacri paramenti. Mentre metteva il camice i Jivaros, vedendomi vestito di bianco, dicevano: Padre Francisco, camisa bianca poniendo bueno està e tutti si avvicinavano per toccarla. Poi vedendomi rivestito di stole, manipolo e pianeta color rosso, conforme il rito del giorno, essendo tale colore assai pregiato dai selvaggi, pieni di meraviglia, si mettono a ridere per dimostrare quanto lor piacesse detto colore. Senza nulla comprendere dei santi misteri assistono al Divin Sacrifizio ed infra Missam rivolgo due parole a' miei compagni di viaggio che anche i Jivaros, senza neppur capirle, ascoltano con religioso silenzio. Poscia amministro il Battesimo a trentatrè tra bambini e bambine, essendo padrini Virginio Avalós, Giovanni Coronel o Carmelo Torres.
Compiute le sacre cerimonie e dato alla meglio alcuni avvisi, do a tutti i battezzati un piccolo regalo. Mentre termino questa distribuzione, alcuni vecchi Jivaros si pongono gridare: Padre Francisco, nosotros viejecitos tambien agua regando y sal comiendo queriendo, porqué así haciendo al cielo con taita Dios, y Padre Francisco yendo... Poveretti! Le loro suppliche mi commuovono fino alle .lagrime Come meglio posso faccio loro capire che vi è un Dio che dà il paradiso ai buoni e l'inferno ai cattivi: loro insegno a farsi il segno di santa croce, a recitare parola per parola il Pater noster l'Ave Maria, il Credo preghiere che quei poverini van ripetendo, senza neppur intender jota, con le mani giunte e con le lagrime agli occhi... Dopo ciò, vedendo sì belle disposizioni, loro amministro il Battesimo rendendoli pienamente felici.
Quivi, come ho già accennato, mi attendeva pure il Capitan Chamico, velluto dal Pongo con moltissimi compagni per vedermi, salutarmi e far battezzare i lor piccolini. Questi desiderava condurmi al Pongo, dicendomi che là mi attendevano le tribù de' Jivaros Pongueni. Non potei accondiscendere al suo pio desiderio, ma promisi di andarvi un'altra volta. Il Capitan Chamico, vista impossibile la mia andata a Pongo. manda alcuni Jivaros ad avvertile le tribù di non aspettarmi, ma di venire a Mendez quelli che desiderassero vedermi, non più tardi della seguente settimana.
A mezzodì ci vien servito un abbondante pranzo in cui non manca l'indispensabile chicha, offerta dalle Jivare in certi piatti formati a mo' di coppa. Ogni Jivara veniva ad offrirmi della sua chicha ed io, avendo per l'eccessivo calore molta sete, la trovo una bibita assai gustosa. Finito il pranzo li faccio giuocare per circa un'ora esercitandoli a prendere i vari oggetti che attaccava in cima ad una canna a mo' di amo. Nel frattempo osservo che molti, specialmente donne e ragazzi, tengono continuamente i loro occhi fissi sopra di me,... chieggo il perchè e vengo a sapere che la causa di tanta meraviglia era la mia lunga barba, e che desideravano gliela regalassi loro o per lo meno gliela lasciassi toccare. Padre Francisco, andavano dicendo, mucho caballero esta, mucho Capitan y muchos cristianos mandando porque mucho barba larga habiendo.
Mucho barba larga bonito està y por eso Jivaros a Padre Francisco mucho queriendo esta, e poi domandavano con istanza alcuni peli della mia barba
Verso seri. dopo di aver cercato di istruirli un poco, sapendo che la casa del Capitan Cuca non avrebbe potuto ricoverarci tutti, decido mandare una parte dei nostri fino a Chupianza che distava poche ore. Quanto grande fu la sorpresa de' Jivaros quando capirono che volevo partirmene lo stesso dì! Porque, vos Padre Francisco, a nosotros votando queriendo a caso a vos nosotros mucho no queriendo ? porqué a nosotros votando, nos yendo a nosotros mucho peña dando, vos siempre parejo viviendo mucho bueno està. Porqué vos yendo y a nosotros poco queriendo. Nonostante tutte queste lamentele non disdico quanto ho stabilito. Distribuiti regali a tutti in ricompensa dell'entusiastico ricevimento fattomi e della venerazione prestatami, e promesso loro che, Dio permettendolo, sarei ritornato presto a visitarli, mi pongo in viaggio col confratello Avalós, col sig. Coronel e vari Jivaros con i carichi. Nella casa del Capitan Cuca rimane Camillo Torres, il mio interprete e vari indi con carichi i qualì hanno l'ordine di raggiungermi la mattina seguente, salendo il fiume Chiupanza fin alla casa dei Jivaros Chupí: dove li avrei attesi. Il nostro viaggio è segnalato da un sole cocente che ci abbrustolisce, dal passaggio più volte ripetuto del fiume Chiupanza e dall'incontro de'Jivaros Chupi recanti doni e pieni di giubilo. La casa di questi Jivaros è situata in un isoletta del fiume Chiupanza, fiume che viene da nord-est e va a sud-ovest. Quivi si ripetono le stesse scene già sopra descritte: cerco di istruirli per quanto posso e fare loro il maggior bene. Con quanta attenzione mi ascoltavano! Pareva dissero illuminati da lumi celesti e sorretti dalla divina grazia ! Molti impararono a fare il segno della croce, altri a recitare il Pater noster e l'Ave Maria.
Al mattino seguente ricevo visite di più famiglie di altri Jivaros che m'invitano a recarmi da loro. Giunti i miei compagni che erano rimasti presso la casa del Capitan Cuca, celebro la Messa, battezzo un 40 fanciulli e cinque vecchi già quasi centenari. Poscia ci rifocilliamo, regalo a tutti oggetti nuovi e ci disponiamo per continuare il nostro viaggio. Il Jivaros Chupí con tutti i suoi, uomini e donne si offrono di accompagnarmi dovunque insieme con i Jivaros di Gualaquiza. Accetto la favorevole proposta percbè essi sono molto pratici dei luoghi, e, licenziati gli altri Jivaros, ci mettiamo in via.
(Continua).
MATTO GROSSO In mezzo alle tribù dei Cajabis e Bacairjs.
(Relazione di D. Balzola*).
Spiacevoli incontri. - Ferocia dei Cajabìs. - Per una mela. - Indi alla scuola. - La vecchia centenaria. Conclusione.
PRESE le debite misure per evitare maggiori guai proseguimmo il viaggio incontrandoci di quando in quando con Indi, che però, ben intenzionati, si accontentavano di domandarci oggetti. Tra gli altri si presentarono due di robuste membra. che con tutta tranquillità e piena confidenza ci espressero il desiderio di avere anch'essi qualche nostro regalo. Fummo a soddisfarli con tutto il piacere e si manifestarono tanto contenti che non sapevano come ringraziarci: ci offrirono una quantità di frecce che io portai, le migliori s'intende, come ricordo a Cujabà.
Quest'ultimo incontro venne proprio a rallegrarci e a sollevarci da quell'incubo doloroso sotto del quale, e per il tradimento degli Indi e per la immane difficoltà del ritorno, eravamo prostrati. Una abbondante pioggia, fina fina che penetrava le ossa, ci sorprese in viaggio il giorno dopo, per cui arrivati ad una bellissima spiaggia, che chiamai di Maria Ausiliatrice, fummo costretti a fermarci per fare asciugare ogni cosa ed ordinare un po' alla meglio quanto avevamo sulle canoe. Da tutti omai si credeva di essere fuori di ogni pericolo, e per ciò ripreso il viaggio il giorno 23 ritornò in noi la calma e la tranquillità, tanto più che il ritorno ci si presentava meno difficile di prima. Quand'ecco appena distaccate dalla spiaggia le navi comparvero sulla riva una dozzina di altri Indi chiedendoci regali. Si trasalì a tale comparsa perchè nel momento in cui ci credevamo fuor di pericolo, se i selvaggi avessero voluto, potevamo essere sorpresi da una scarica di frecce, da rendere affatto inutile l'uso delle nostre armi. Al solito si cercò di soddisfarli subito, e poi si continuò il viaggio preoccupandoci assai la mancanza dei viveri.
Durante la giornata altri si presentarono a noi e, ben volontieri li regalammo di vestiti per donne e bambini. Le cose andavano bene e parevano mítigarsi le nostre pene, quando verso sera vediamo una canoa di Indi traversare il fiume ed approdare alla spiaggia. Ci facemmo coraggio a navigare, ma giunti ad una certa distanza da loro, essi, con selvaggie grida, ci imposero di dar loro oggetti e di porli in ispiaggia. Questo atto ci fece sospettare non poco, perchè se fossero stati di quelli già incontrati, non avrebbero agito così. Tuttavia ci avvicinammo alla riva opposta, ed io, sceso in una piccola canoa con molti oggetti, andai alla loro volta. A misura però che io mi avvicinava essi si allontanavano ed alcuni si ritiravano persin nel bosco. Tre che erano rimasti sulla spiaggia furono subito da me riconosciuti per coloro che già ci avevano assaliti a frecce, anzi il principale era nuovamente colui che dopo le frecciate aveva avuto l'ardire di presentarsi a noi cantando e danzando.
Ciò non ostante mi feci animo, e col sorriso sulle labbra e con la trepidazione nel cuore approdai alla spiaggia, tentando porre nelle loro mani gli oggetti domandati. Indietreggiando essi, mi accòrsi che altri individui stavano nascosti dietro ai cespugli pronti con le frecce sull'arco in mia direzione. Fu un momento terribile! Non mi perdei di coraggio e ridendo e cantando con quella cantilena che aveva da loro imparata, mi sforzava con segni, con parole mozze e presentando i regali di avvicinarli sempre più. Con me stava pure quel medesimo uomo che nell'aprile scorso aveva ammazzato un Indio asportandone il cranio, e temevo che da un momento all'altro egli per sua maggior sicurezza desse mano alle armi. Buon per me che egli si trattenne, perchè gli Indi al minimo sospetto mi avrebbero passato da parte a parte con le loro frecce. A forza di chiamarli vicino a me, essi vennero, diedi loro diversi gingilli che mi ricambiavano coi loro ornamenti, e trattenutomi alquanto con essi, mi ritirai sulla canoa sempre però indietreggiando, temendo di esser preso a frecciate.
Ed infatti avevamo appena incominciato a dare il largo a tutte le canoe che gli Indi nascosti dietro ai cespugli comparvero sulla spiaggia con l'arco teso in nostra direzione. Si gridò tosto con un po' di collera ed essi abbassarono l'arco, ma per poco tempo, perchè non avevamo ancora ripresi i remi che essi ci mandavano frecce in tutte le direzioni. A tal vista fortemente sdegnati ci alzammo in piedi sulle canoe con le carabine e fucili, pronti a sparare se una sola freccia avesse sfiorato qualcuno di noi. Dinanzi a tale apparato gli Indi tremanti gettarono a terra le frecce e gli archi e non si mossero più di un passo.
Dopo due ore si arrivava al luogo ove avevamo divisato accamparci per potervi passare la notte. Ma poveretti noi! ... sembrava che tutto congiurasse a nostro danno. In tutte le direzioni intorno a noi si sentiva zufolare, far rumori nella foresta, e ci giungevano all'orecchio, persino delle parole: si temeva di un assalto generale! La maggior parte però di tutto questo era effetto di fantasia che financo nel movimento di un uccello o di qualche scimmia, oppure nello stormire delle foglie ci faceva vedere gli Indi. Cercai di persuadere i miei compagni a stare tranquilli e non credere troppo vicino un pericolo che forse neppure esisteva; ma a nulla valse perchè essi si tenevano sull'attenti con le armi alla mano.
Intanto in breve tempo con pali e remi si innalzò intorno a noi una vera palizzata per impedire ai selvaggi di attaccarci direttamente: si stabilirono le sentinelle di guardia e poi si tentò di prender sonno. Avevamo appena chiusi gli occhi che di soprassalto veniamo svegliati dal grido dall'armi dato dalla sentinella. Tutti sono in piedi: si corre, si domanda, si grida... che era mai successo? Potenza della paura! Una grossa mela staccatasi dall'albero era caduta a terra presso la sentinella, che la credette un sasso scagliato dai selvaggi. Timorosa, senz'altro diede l'allarmi. Mi venne da ridere, ma dovetti industriarmi a tranquilizzare la comitiva, che era per nulla persuasa del granchio preso dalla sentinella paurosa.
Riprendemmo il viaggio all'indomani, 24 luglio, e per alcuni dì sempre i soliti incontri senza alcuna novità, dovendo solo combattere con la febbre che colpiva or l'uno or l'altro della comitiva. Fu ammirabile in quei critici momenti la carità del nostro buon catechista Silvio, sempre pronto a sollevare or l'uno or l'altro degli ammalati facendola da infermiere e perfino da cuciniere. Ai trenta del medesimo mese ci raggiunse una turba di Indi da noi già conosciuti, dopo aver camminato niente meno che undici giorni per rivedere il missionario. Mentre si stava preparando pel pranzo mi sedetti in mezzo a loro, approfittandomi delle loro buone disposizioni per apprendere qualche parola della loro lingua. Interrogai uno che sembrava spiccasse meglio le sillabe, scrissi la parola detta sul mio quadernetto poi la ripetei loro. Contenti dal sentirmi parlare al modo loro si addossarono tosto su di me per vedere che cosa fosse quel quadernetto e quella matita che teneva tra mano; ed uno più ardito volle provare, a scrivere meravigliandosi tutti altamente dell'effetto del nero sul bianco. Per essi era una cosa dell'altro mondo! Continuai a scrivere ed altri pure vollero provare, ond'io loro guidando la mano faceva scrivere il nome di Gesù e di Maria ecc... Finalmente ci licenziammo da loro che dovevano proprio essere gli ultimi Indi che avremmo incontrati nel nostro ritorno.
Nei giorni seguenti nulla di straordinario, se si eccettua che per mancanza dei viveri si dovette persino mangiare del riso senza condimento e senza sale, e delle uova di tartarughe; ne trovammo sino a quattrocento, in tali frangenti sono un ottima risorsa. In fine dopo tante fatiche, pericoli e stenti il 7 agosto si giungeva al porto della Mulatera, dove tre mesi prima ci eravamo imbarcati.
Dirle, o amatissimo Padre, la nostra gioia e il nostro contento non è possibile: troppo bene in quel momento passavano innanzi alla nostra mente le peripezie e dolori sofferti, e il primo slancio del nostro cuore fu quello del ringraziamento e della riconoscenza al SS. Cuore di Gesù e a Maria Ausiliatrice che ci avevano così visibilmente protetti.
Il 9 agosto, lasciate finalmente quelle care canoe che per tanto tempo formarono la nostra speranza e salvezza, rimontammo a cavallo per giungere a Rio Nuovo il giorno 14 tra i nostri Bacairjs che ci attendevano ansiosi; e solamente ai 20, essendo giunte le bestie da soma, potei, dopo 40 giorni, celebrare la S. Messa in azione di grazie. E fu solo allora anche che potei venire a conoscenza della tragica fine del nostro Re Umberto I°.
A Rio Nuovo il deputato di quella città, ansioso di dare alla capitale l'annunzio del nostro ritorno, nella fretta dimenticò una sillaba che diede all'espresso un senso ben diverso dal vero, risultandone dal contesto che io era morto in un naufragio. La notizia si sparse subito come il lampo per tutta la città e specialmente il nostro collegio fu tutto sottosopra. A togliere però l'angoscia a tutti i confratelli e gli amici giunse alla sera del medesimo giorno una mia lettera che chiariva la cosa.
Da Rio Nuovo passai a visitare varie Missioni ed in fine giunsi al Diamantino dove da tanto tempo mi aspettavano per una Missione. Non le parlo, sig. D. Rua, degli episodi di questa missione, perchè sono sempre più o meno del medesimo genere; mi piace però dirle che a 200 chil. dalla città trovai quattro famiglie di polacchi che mi trattarono con tutta la delicatezza e con ogni riguardo, compiendo nello stesso tempo tutti i loro doveri religiosi. La cosa poi che più mi impressionò in questo frattempo fu l'incontro con una vecchia tutta nera. Dimandandole quanti anni avesse ella non me lo seppe dire asserendo però di oltrepassare i 100, perche da bambina vide fabbricare la città di Diamantino che ora va rovinando per vecchiaia. L'interrogai anche perche non si fosse confessata, ed ella balbettando alcune parole di scusa, mi assicurò che da ragazza si era sempre confessata, ma che d'allora in poi non aveva più pensato alla confessione. Tuttavia promise che si confesserebbe poi. Si confesserebbe poi? Ma quando? Su per giù erano più di novant'anni che non si era riconciliata con Dio ed ora che le si era presentata l'occasione non volle approfittarsene; poveretta!
A Diamantino, ospitato presso l'ottima famiglia del nostro amico avv. Gioachino Fereira Mendez, ebbi occasione di visitare la casa che vogliono affidarci come Collegio, che sarebbe di somma importanza per noi per la Missione degli Indi che da questa città si estendono sino al Gran Rio delle Amazzoni.
Finalmente dopo una fermata di due giorni a Villa del Rosario, impiegata a confessare, a benedire matrimoni e ad altre opere del ministero, il 21 settembre dopo mezzo giorno entravamo nel nostro Collegio in mezzo ai fragorosi applausi dei nostri confratelli e giovani, dopo 4 lunghi mesi di viaggio, con un percorso di 2500 km., di cui 500 a cavallo da Cujabà, al Porto della Mulatera e 700 sulle canoe dalla Mulatera sino al punto dell'attacco degli indi.
Si fece alcuni giorni dopo la relazione del viaggio dagli appositi incaricati, ai rappresentanti del Governo che ci colmarono di encomi e ringraziamenti per la buona riuscita della esplorazione. Ora la strada è aperta; a Dio regolare gli eventi. Noi pure non sappiamo quel che si farà perché messis quidem multa, operarii autem pauci. Altre numerose tribù attendono la luce del vangelo ma ci troviamo scarsi di personale; veda quindi di mandarci dei buoni e fervorosi Salesiani e ci raccomandi sempre alla carità dei nostri Cooperatori. Voglia perdonarmi la lunghezza, di questa relazione e mi raccomandi alle preghiere dei confratelli e Superiori.
Mi benedica e con me benedica i selvaggi del Matto Grosso, e mi creda
suo aff.mo figlio
Sac. GIOVANNI BALZOLA.
Ciò che può la carità cristiana (Ved. Carbajal-Le Missioni Salesiane pag. 71-73).
E le Missioni si fossero concentrate puramente nell'azione morale ed intellettuale, senza assicurarne la vitalità con edifizi permanenti, col progresso materiale, l'abito del lavoro, la dedicazione alle arti plastiche, specialmente dell'architettura e della pittura, l'opera sarebbe stata incompleta, mancandole l'esempio materiale del lavoro, applicato alle molteplici sue fasi nel miglior tempo, maniera e luogo.
Rendere produttivo il lavoro materiale in poco tempo, era un insegnare il segreto delle forze unite e dirette con perseverante intelligenza. Collocarsi nei siti migliori, e là dividere l'attività fisica per non sciupare lavoro e commettere errori, era chiamare l'attenzione sulla necessità di saper impiegare abilità intelligente e cognizioni sicure, circa i vantaggi del riunire e combinare i fattori di una produzione felice senza grandi spese.
Si presentano spontanee queste riflessioni alla mente quando si considera ciò che hanno fatto nella Patagonia i Missionari Salesiani, in 20 anni, colle loro proprie braccia ed in così svariate forme e professioni.
Per edificare hanno dovuto concorrere architetti, pittori, fabbri-ferrai, falegnami ecc. ; per dare principio alle colonie agricole fu duopo inviare agronomi, viticoltori, agricoltori, lavoranti, pastori ; per la fondazione delle scuole d'Arti e Mestieri si dovettero provvedere meccanici, scultori, calzolai, sarti, ebanisti, ed altri maestri delle differenti arti. Or bene, tutti questi mestieri e professioni uscirono dai Salesiani, ad eccezione dell'architettura, per la quale si pagarono capimastri ed operai d'arte muraria.
Per realizzare tutte queste opere, oltre il proprio lavoro, si spesero 196.9000 pesos, che si ottennero col concorso dei generosi Cooperatoti Salesiani, delle società di beneficenza, e dei Governi delle due Repubbliche, Argentina e Chilena.
Gli edifizi fabbricati dai Salesiani sono cinquantasei, tra ospedali, Chiese, Cappelle, laboratori, case di Missione, case agricole, Asili, Scuole maschili e femminili, case per gli indigeni ecc.
Il totale speso per i collegi maschili supera quasi del doppio quello per i femminili, sia per case di Missione, scuole, laboratori, ospedali e cappelle. Le spese fatte per i diversi utensili impiegati nei laboratori, chiese, e collegi, formano il sesto del totale.
Sebbene sia minore il numero degli edifizi (23) costrutti nella Prefettura Apostolica, il loro valore di pesos 979.000 poco si allontana da quello degli edifizi (33) del Vicariato, che è di pesos 990.000. La ragione non consiste solo nei loro materiali, ma anche nell'alto prezzo di trasporto, e nelle difficoltà di ottenerli.
Se queste cifre non danno il significato d'una carità operosa e progressista a bene di un popolo, la carità cristiana non ha mai fatto nulla ...
Questi immensi vantaggi portati dai Salesiani, dovrebbero far meditare i Governi sopra la importanza di proteggere le Missioni, che tutte si dedicano a bene dei popoli.
E qui è veramente il punto opportuno per rendere il meritato encomio ai Governi Argentino e Chileno per l'efficace appoggio che sempre largheggiarono alle Missioni Salesiane dei territori Patagonici e Magellanici.
INSEPARABILE compagno del Missionario ambulante è il cavallo col quale penetra nelle selve, percorre le pianure, attraversa in una notte od in una giornata sterili ed arido travesias e valica las sierras e le montagne più difficili dall'Atlantico alle Cordigliere, viaggiando dalla Pampa allo stretto di Magellano.
Il cavallo in Patagonia è così necessario ed amato dal Missionario ambulante, come lo è per l'arabo che vuole attraversare i deserti interminabili dell' Africa. Il Missionario, come l'arabo, ama il suo cavallo quale unico testimonio e compagno del suo viaggio. Con esso vola sulle pianure della Pampa, in cerca delle 42.200 anime che vi hanno vita ; con esso fugge le tempeste o vi è travolto dalle trombe e dai vortici; con esso sopporta le pioggie, le grandinì, l'impeto dei venti e lo squilibrio dell'atmosfera troppo satura d'elettricità; con esso paventa e fugge quando vede la tigre, o l'affamato leone; con esso percorre in una notte i deserti di Chichinal, Balcheta, Negro Muerto, la Valle dei Guanachi.
A cavallo si trasporta il Missionario da Viedma al lago Nahuel-Huapì, dal Rio Colorado al Neuquen, da Chos-Malal a Junin delle Ande, valicando le Cordigliere per giungere al Chili.
A cavallo si eseguirono tutte le esplorazioni, le Missioni, i viaggi per terra, guadando fiumi e torrenti.
Da cavallo è caduto Mns. Cagliero; da cavallo cadde nella fatal corrente del Neuquèn il compianto missionario D. Agosta. Da cavallo caddero quasi tutti i Missionari quando vollero addestrarsi a cavalcare per la prima volta.
Quanti Missionari e quante volte, insieme col cavallo, sono stati al punto di affogare nell'affrontare le piene dei fiumi o passi sconosciuti ! Quante volte con lo stesso, hanno provato le torture della sete e le ansie dei pericoli ! Qnante volte entrambi morti di fame e di stanchezza, dormirono sub diu, al pallido chiaror della luna, senza foraggio nè avena l'uno, senza letto e senza pane l'altro !
Il Missionario si stende sul duro suolo invocando la Provvidenza, e il cavallo gli serve di compagno e amico. Se l'animale fosse capace di sentire pena e tristezza, se l'animale potesse comprendere il dolore e l'abbandono dell'uomo, il cavallo dividerebbe col Missionario la tristezza dell'abbandono, la pena della fame e della sete.
Per questo il Missionario ama il suo cavallo, ne ha cura e lo nutrisce quanto meglio può. Per questo appena può averne uno di buon servizio, lo accarezza e gli rivolge la parola quasi lo intendesse; e quando si allontana da lui l'osserva per sapere se ha sofferto assai, se abbia fame, sete o necessità di riposo. L'animale lo comprende e gli risponde nel suo linguaggio con un nitrito, uno sguardo ed uno scotimento di criniera. Se è stanco, sudato, assetato ed affamato, il Missionario pensa prima a lui, gli getta sul dorso una coperta, lo conduce al rigagnolo d'acqua limpida, gli cerca un bel sito da pascolo, e lo provvede di una buona razione di trifoglio, erba medica, o grano turco.
Allora va tranquillo alle case, può estinguere la propria sete, prendere cibo, riposare e dedicarsi al suo ministero. Se è di notte il Missionario non prende riposo se prima non ha esaminato il suo cavallo, e non si è assicurato che abbia di che mangiare e si trovi al sicuro.
Tutti questi riguardi deve avere il Missionario verso il proprio cavallo, e prima di lasciarlo lo avvicina e gli fa le ultime carezze. Si danno las buenas noches; il Missionario con una lisciata, ed il cavallo con un nitrito. Il giorno seguente, quando non l'avesse fatto durante la notte, la prima cosa che fa il Missionario appena alzato, è di andare a vedere il suo cavallo, od informarsi, nel caso d'impedimento pel proprio ministero, dai padroni di casa, se si presero cura di farlo tenere provvisto di tutto il necessario. Vedete adunque se il cavallo è qualche cosa per il Missionario, e se vale la pena di occuparsene.
(*) Lino Carbajal - Le Missioni Salesiane pag. 54-56.
Qui solitario, in queste incolte sponde, Ove solo di fiere
Il ruggir pauroso a mie risponde Canzoni vespertine, e dove irato Il suon di mie preghiere
Soffoca il mar mugghiante d'ogni lato,
Già mi credea che d'una ignobil vita La faticosa via
Da tutto l'altro mondo dipartita
E nell'oblio sepolta avria consunto Ne immaginava impria
Che il mio querulo grido avria raggiunto
I lidi sontuosi, che al confine Dell'immenso oceano
Guardan superbi a noi, ricinti il crine Di civiltà. di scienza: o mi credea Che in quel mondo lontano Tutti avesser cuor duro ed alma rea
Ond'è che spesso per la tarda sera Quando, là, in mar, veloce
Gigante immenso trapassar la nera Nave d'Europa rimirava, in cuore Fervea l'ira feroce E a lei malediceva nel mio furore.
Errai, misero, errai! E quell'arcano Desio di ben che in seno Ci ripose natura di sua mano
Nel fallo m'adduceva. Or, quell'amico Caro giorno sereno
Con pianto di letizia benedico
Che d'inganno mi sciolse; allor che belli Beati in viso e miti Come fossero d'angioli fratelli,
Scesero al nostro inospite confine
I due santi Leviti
Che avean, partendo, l'onde Eridanine
Mesti lasciati in pianto. Al loro primo Toccar del nostro lido
La patria mia fu desta: fin dall'imo Bosco venian cogliendo, avidi tutti, Il divino lor grido;
E a seguir non tardaro i dolci frutti,
Che felici n'han resi. Ah ! se tai siamo,
E se le brune fronti
Davanti al cittadin levar possiamo
Che d'Europa ne vien; se più non copra Di cavernosi monti
L'uomo e la belva un vano, se là, sopra
L'ampio giro del Ciel limpido, eterna Soavemente a noi Sorride una speranza ; se fraterna Carità ne costringe gli aspri petti: Tutto dobbiamo a voi Dell'ignota Taurin figli diletti,
E del nuovo Francesco : all'inspirato Cenno del pio Giovanni
Varcaste i mari, e dall'afflitto stato Veniste a trarne ; mentre forse il core Pungea con mesti affanni Della patria perduta il santo amore.
Noi vorrem consolarvi, e i patri clivi Alle memori menti
Vorremmo ridonar, o esempli vivi Dell'amore d'Iddio, ma i cari aspetti Di cittadi frequenti, D'irrequiete vie, d'aurati tetti
Più mirar non v'assente l'ermo nostro
Lido selvaggio ! Pure
Ciò non piangeste mai! Ah io mi prostro
O benedetti, a voi e piango : Grati Per l'etadi future Quei che terranno i solchi desolati
A che il Cielo sortinne, o generosi,
Dai rinnovati cuori,
Dall'alme instrutte, canteran festosi Le vostri lodi, e per l'insonne flutto Navigheran lor cori
Di vostro nome empiendo il mondo tutto.
(*) Questo canto del P. Rovella della Compagnia di Gesù fu recitato nella solenne distribuzione dei premi dell'Istituto Sociale in Torino nel 1901. È un vero bozzetto patagonico. Si applaude specialmente al bene che fecero e che fanno i nostri missionari tra i selvaggi della Patagonia, con zelo e sacrifizio degno di un apostolo di Gesù Cristo; onorando eziandio altamente il nome e la patria italiana.
SOTTO tutti i cieli, in tutti i climi i figli della Chiesa Cattolica innalzano verso il trono di Maria uno sguardo d'amore e di speranza. Il solo suo nome inspira confidenza, e framezzo la disperazione fa nascere la speranza. Qui è la timida vergine che alla Regina delle Vergini confida la custodia della sua innocenza, e forte della sua protezione, trionfa di tutti i pericoli, e sotto il suo possente scudo si riposa con sicurezza come il bambino sul seno della madre. Là è la giovane madre, che sotto la protezione della Madre del Dio Bambino mette il suo primogenito. Ella, sì gelosa della sua maternità, vuole nullameno associare Maria; vuole associare alle sue glorie e a' suoi dolori la Vergine che -prima d'essa conobbe le gioie le più pure, e i dolori più crudeli della maternità. Questo nome di Madre che la rende sì felice ed altera, consente dividerla con Maria, insegnando al bambino ch'ella le offre, a balbettarlo vicino a lei.
Il soldato cristiano e il marinaio invocano Maria al momento del pericolo, il povero nel giorno dell'afflizione, l'arabo in mezzo ai deserti, il selvaggio dal fondo delle sue foreste secolari; l'orfanello la chiama sua Madre e il vegliardo, invocandola, crede aver ritrovata la sua; il malato la prega sul letto del dolore, il moribondo sul letto di morte.
E Maria intende tutte queste voci, ella porge l'orecchio a tutti questi sospiri, ella accorre vicino a tutti quelli che la chiamano, ella ha un soccorso, una grazia, un favore, una consolazione per ciascuno dei suoi figli.
Invochiamola. dessa è la nostra polente Ausiliatrice.
Maria, Madre di Misericordia.
O Maria Ausiliatrice, posso dire con San Bernardo, di non aver mai ricorso invano alla vostra protezione, invocandovi con questo bel nome. Ebbi dei gravi dispiaceri, ma il vostro aiuto potente mi fece trionfare de' miei nemici. Sia lode a voi, Maria!
Ultimamente poi mi ammalai, gravemente e la mia guarigione era disperata. I dottori parlarono di operazioni, ma io non ebbi fede che in Voi, dolcissima, e dopo aver portato una Messa al vostro Santuario ed aver pregato e fatto pregare davanti alla vostra Immagine io potei alzarmi da letto. Miracolosamente ho ripreso forza e salute e riconosco non doverlo che a voi. Vorrei potervi dedicare tutta me stessa, tutto quel poco che ho in riconoscenza della vostra visibile protezione sopra di noi, ma non potendo di più vi offro una piccola somma, promettendovi che mi occuperò sempre per l'incremento e la diffusione della vostra divozione sotto il bel titolo di Maria, Auxilium Christianorum, e per le opere di D. Bosco.
Voi mi avete sempre dimostrato di essere una Madre amantissima del mio bene: continuate, Mamma mia dolcissima, a proteggermi nelle infinite miserie di questa vita e fate che ogni mia azione, ogni mio pensiero abbia per iscopo la maggior gloria di Dio ed il il vostro piacere. Beneditemi, o Maria, Madre di misericordia!
Torino, 5 ottobre 1901.
E. MARTINI.
Omnipotens auxilium tuum, o Maria.
Da varii anni io invocava dal Cielo una grazia di somma importanza ; ed alle mie, avevano unito le loro preghiere parecchie pie persone: ma invano. Tutte le suppliche, tutti i nostri sforzi riuscirono vani, e ben quattro anni trascorsero tra speranze e disillusioni. Nuove difficoltà si aggiungevano alle già esistenti per deludere sempre più la mia an siosa aspettazione. Però la fiducia di veder un giorno coronati i miei voti, per grazia di Dio, non lui venne mai meno; ma questo giorno sembrava molto lontano.
Un giorno mi venne veduto il Bollettino Salesiano : l'apersi e mi sentii portato a leggere le relazioni di grazie che la Vergine Ausiliatrice continuamente concede a chi 1' invoca con fiducia. Una voce allora mi parve che dicesse: Fa tu pure il somigliante. Le speranze assopite si risvegliarono, e fermai sul punto stesso la promessa di pubblicamente ringraziare la Vergine Ausilìatrice sullo stesso periodico, qualora avessi ottenuta la tanto sospirata grazia, e di più di far celebrare una flessa al suo altare. Intanto incominciai una novena in suo onore con tutto il fervore a me possibile.
Ed oh ! potenza e bontà di Maria ! La novena era appena terminata e già io pien di giubilo e di riconoscenza intonavo a questa buona Madre l'inno di ringraziamento. La grazia sospirata era fatta ed in tutto a seconda dei miei desiderii! Oh! siate ringraziata e benedetta sempre, o Maria! Ma come potrò io farlo come a voi si conviene? Accettate, o Madre, i miei umili ringraziamenti e degnatevi continuare la vostra benigna protezione sopra di me indegno vostro figlio e sopra di coloro, i quali furono gli strumenti della vostra misericordia.
S. Chiara d'Asti, 14 ottobre 1901.
ANFOSSI GIUSEPPE
Salus Infirmorum, ora pro nobis!
Lo scorso anno 1900 alcuni dei nostri cari confratelli, non ancora totalmente climatizzati, vennero sorpresi dal molestissimo male del beriberi, proprio di questi. paesi, che si manifesta in una grande spossatezza e sonnolenza, col gonfiarsi enormemente dei piedi e delle gambe. tanto da renderle quasi insensibili. Il morbo però è assai attaccaticcio, e trascurato, la gonfiezza giunge sino al cuore, dandogli la morte fra spasimi atroci. Prese le debite cautele, gli ammalati furono mandati ai bagni freddi, e col cambiar del clima, unico rimedio per tali malattie, s'ottennero benefici effetti ristabilendosi tutti. Quest'anno però ricaddero nella medesima malattia, e pensando che la ricaduta è come preludio di morte sicura, si usarono tutti i mezzi per sollevare i poveri infermi. Ma nulla giovarono, e dietro ripetute istanze del dottore si dovette, per evitare catastrofi, allontanare uno dei più gravi, il ch. Colbacchini, e mandarlo, non ostante il grande bisogno di personale, sino a Montevideo, alla distanza di 20 giorni di viaggio.
La sua partenza però risvegliò un po' di panico negli altri, che, per non dare fastidi allo scrivente, si erano fino allora tenuti nascosti celando i loro dolori. Dinanzi a tale spettacolo io mi vidi nella dura necessità di chiudere il collegio, perchè sacerdoti, professori, capi d'arte, ecc. tutti insomma, ad eccezione del direttore, erano affetti dalla terribile malattia. Non mi perdei di coraggio, e mandati i più gravi ai bagni di Coxipò, esortai tutti a dar principio ad una novena a Maria Ausiliatrice. Al terzo giorno della medesima notai in tutti gli ammalati un notevole miglioramento, ed alcuni, che solo il giorno prima, a detta del medico, erano affatto spediti, alla fine della novena erano fuori di pericolo. Pochi giorni dopo coloro che, umanamente parlando, dovevano soccombere sotto il male si presentavano al dottore, che non potè fare a meno di esclamare: « questo è un vero miracolo ! ».
In questi ultimi giorni poi, trovandosi a Dio Grande la prima celebrità medica dell'America del Sud, il dottor Josetti, per importanti operazioni chirurgiche, gli s'ammalò di febbre fortissima il suo bambino di nove mesi soltanto. Invano l'esperto medico cercò del suo meglio per sollevare il caro infermo; e di nessun utile fu pure il consulto tenuto da altri quattro medici della città, che anzi nessuno di loro seppe dare il nome a quella febbre così intensa, che da quindici giorni tentava soffocare il caro bambino. Allora una sorella del dottore, assai devota e nostra benefattrice, corse al Collegio a raccontarmi ogni cosa. Le suggerii d' incominciare subito una novena a Maria Ausiliatrice, a cui io avrei preso parte coi miei giovanetti, e intanto ponesse al collo del bimbo la medaglia della Madonna. Il giorno seguente con stupore dei medici, che segnavano quello come l'ultimo del povero innocente, la febbre cominciò a diminuire, tanto che al terminar della novena, il bambino si trastullava già sulle ginocchia della governante. A tale prodigio la madre, che era stata educata dai protestanti, volle tornare alla pratica della nostra santa Fede, ben felice di potere così più intimamente corrispondere alla bontà di Dio che le aveva ritornato a vita il suo carissimo bimbo, mediante l'intercessione della potente Madonna di Don Bosco.
Cujaba, 23 luglio 1901.
Sac. GIOVANNI BALZOLA.
Sacerdote per grazia di Maria.
Erano otto anni dacche mi trovava nel Seminario, sempre godendo florida salute, quando verso il mese di novembre del 1899, trovandomi nel Seminario Teologico di Como, cominciai ad avvertire certa irregolarità di funzionamento negli organi digestivi, che, contro ogni mia previsione, diventando abituale e costante, mi obbligò a sospendere l'anno scolastico e ritirarmi in famiglia. Essendo Cooperatore Salesiano, il mio primo pensiero fu di ricorrere subito a Maria SS. Ausiliatrice con preghiere e con la promessa di una offerta, se presto risanassi, ed in modo da poter ripigliare in quell'anno medesimo gli studi interrotti. Non piacque però a Maria dietro la mia prima novena di concedermi la grazia domandata, nè perciò io venni meno nella confidenza verso questa Madre amorosissima, persuaso che Ella mi avrebbe altrimenti e meglio dimostrata la sua grande potenza e bontà. Arrivai così all'ottobre dello scorso anno, e parendomi di trovarmi in condizioni sanitarie, se non ottime, almeno relativamente buone, decisi di rientrare in Seminario per passarvi il nuovo anno scolastico, che doveva essere l'ultimo della mia carriera chiericale. Non dissimulo però che vi rientrai con timore, e difatti il cambiamento di clima e di vita determinarono subito un notabile peggioramento della mia salute, tanto che temeva dover abbandonare anche questa volta le sacre mura del Santuario. Se non che vegliava Maria sopra la mia sorte: allora più che mai mi strinsi a Lei con fiducia: e quanto più crescevano in me i timori e le necessità fisiche e morali, tanto più sentiva il bisogno d'invocarla e la speranza di esser esaudito.
E quanto avrei a dire, se volessi ora spiegare la mirabile provvidenza di questa Signora sopra l'indegno suo servo! Lumi, conforti, consigli, consolazioni in mezzo ai travagli, aiuti anche materiali, nulla mi lasciò Essa mancare per condurre a termine la mia vocazione sacerdotale.
Ed ora, compiuti i miei voti, fatto Sacerdote di G. C., come potrò corrispondere ai molteplici benefici di questa. buona Madre, che manifestando le sue grandi misericordie? Me fortunato se potessi così eccitare in qualche cuore un poco di confidenza verso di Lei che è detta l'Aiuto dei Cristiani !
Lanzada (Sondrio), 22 agosto 1901.
Sac. ERMANDO NANA.
Envie. - Sempre ti mostri qual sei, o Maria, madre di grazie e di benedizioni. Mi prostrai ai tuoi piedi nell'ora dell'afflizione e del dolore, e tu benigna ed amorevole esaudisti le mie suppliche, ridonasti alla inalata sorella la salute, che io ti aveva implorata. Con viva riconoscenza sian dunque resi sentiti ringraziamenti alla materna tua bontà, fonte inesauribile di benedizioni e di grazie. Felice e beato chi in te spera, chi in te confida ! Continua, o Maria ad esser larga di celesti favori verso la nostra famiglia, continua a tenerla raccolta sotto il tuo virgineo manto e ne avrai certamente riconoscenza, gratitudine. Viva la Madonna di D. Bosco !
1 ottobre 1991.
M. F. CHIALVO.
Villavernia. - Ci trovammo in momento di grande angoscia. Il nostro unico bimbo Giuseppe dopo aver picchiato del capo in una trave dava segni di grave malore. Esterrefatti ci rivolgemmo con fede viva alla nostra Madre Maria Santissima Ausiliatrice promettendo qualora ci avesse fatto la grazia di ridarcelo sano di pubblicare sul Bollettino Salesiano la grazia ricevuta. Fummo ben presto esauditi, poiche appena fatto il voto il bimbo aperse gli occhi e pianse: segni questi non dubbi che egli era fuori di pericolo. Ed ora, con quel cuore con cui a Lei, che tutto può, ci rivolgemmo per l'aiuto, rendiamo umili ringraziamenti.
MADDALENA CASETTI-IVALDI, Dottor CASETTI CASIMIRO.
Viù. - Uno stiracchiamento di nervi ad un ginocchio, creduto sulle prime cosa da nulla dopo una disgraziata caduta, peggiorò tanto, da obbligare mio figlio a letto e destare serie inquietudini. Il timore grandissimo ch'egli rimanesse storpio continuamente mi torturava e in tali pene ricorsi alla cara Madre Ausiliatrice, implorando la grazia della guarigione e promettendo di pubblicarla sul Bollettino Salesiano. E Maria, a cui nessuno ricorre invano, esaudì le mie povero preghiere; mio figlio guarì ed ora cammina bene come per lo innanzi. Con lagrime di riconoscenza adempio alla promessa fatta e mando la mia tenue offerta al suo Santuario, imploro da questa cara Madre Ausiliatrice, la continua protezione sui miei figliuoli e su tutta la nostra famiglia.
24 settembre 1901.
SANTINA V. ENRICO.
Cardoso (MASSA CARARRA). - La sera del 14 agosto dello scorso anno, tornato a casa da una funzione di Chiesa, sentendomi una grande voglia di bere, mi portai in cucina, dove, visto un fiasco presso la finestra, senza badare al contenuto lo presi e vuotai ciò che io credeva acqua nel bicchiere mescolandola col vino. Ne bevetti in tutta fretta un buon sorso, quando m'accorgo che assai cattivo era il gusto della bevanda. Domando che diavolo mai ci fosse nel fiasco, verifico il liquido e trovo del sublimato corrosivo a pochissima soluzione. Niuno può immaginare lo spavento mio e di tutti quelli che seppero dell'accaduto. Non mi scoraggiai pertanto, ma pensando che era figlio di Don Bosco, subito mi raccomandai a Maria Ausiliatrice, promettendole di far pubblicare la grazia, se m'avesse salvato dalla sicura catastrofe. E con meraviglia e gioia di tutti il temuto veleno non mi recò alcun disturbo, ad eccezione di qualche lieve dolore al ventre, a cui si rimediò ben presto. Riconoscente a Maria, adempio ora la mia promessa, pregando la Vergine Santa a sempre, proteggermi nelle pene e calamità della vita.
Settembre 1901.
Ch. Ezio SANTARELLI.
S. Lorenzo di Vignale. (ALESSANDRIA). -
I nostri cari vigneti erano in tutta la loro magnificenza e bellezza e la buona speranza d'abbondante raccolta allietava il cuore di tutti. Quando un giorno sul finir del settembre scorso, neri nuvoloni ricoprono all'improvviso il cielo, rumoreggia cupamente il tuono, scrosciano le folgori, e come triste preludio della distruzione delle nostre fatiche e dei nostri sudori, già le nubi tempestano sulla terra una fitta e grossa gragnuola. A tale doloroso spettacolo i malvagi nella loro miscredenza imprecano a Dio, e mentre i buoni nella loro Fede versano tacite e dolorose lacrime di rassegnazione, le madri coi bambini si prostrano dinanzi alla Vergine Santa e da Lei implorano pietà e misericordia !
E così abbiamo fatto noi madri del paese di S. Lorenzo: e mentre infuriava la grandine, alla potente Ausiliatrice saliva la nostra ardente e fiduciosa preghiera, col voto di pubblicare sul Bollettino delle sue glorie la sospirata grazia che Le domandavano. La preghiera delle madri desolate fu benignamente accolta dalla Madre celeste, ed all'improvviso cessò la grandine, scomparvero le nubi, ritornò il sereno, e noi, pochi minuti dopo, liete sotto un bel sole allor allora ricomparso, andavamo da filare a filare a constatare la potenza della Madonna di Don Bosco che ci aveva così prodigiosamente risparmiato da sì crudele flagello !
5 ottobre 1901.
LE MADRI di San Lorenzo di Vignale.
Ottennero pure grazie da Maria SS. Ausiliatrice, e pieni di riconoscenza inviarono offerte al Santuario di Torino, o per la celebrazione di S. Messe di ringraziamento, o per le Missioni Salesiane, o per le altre Opere di D. Bosco, i seguenti
A*) - Alcamo (Trapani): Pietro M° Rocca per messa di ringraziamento L, 5. - Aosta (Torino): Sac. Nicco Ubaldo a nome di Gabencel Virginia di Morgese pel Santuario di Maria Ausiliatrice, 1,50.
B) - Bellinzago (Novara): Apostolo Maria per grazia ricevuta, 5. - Belpasso (Catania ): Giuseppe Balba studente per guarigione da tifo mortale, 5.- Belvedere Langhe (Cuneo): Barberia Annetta, 1. - Borgo S. Martino (Alessandria): N. N, per messa di ringraziamento, 5. - Borgotaro (Parma) : Suor Arato, figlia della carità, a nome di pia persona graziata da Maria nella guarigione prodigiosa di un bambino, 2,50. - Brescia: Mainetti Pallavicini Doralice per grazia specialissima ottetutta, 10. - Busto Garolfo (Milano) : Pinciroli Giovannina per grazia, 2.
C) - Cagliari: Pirras Fannj per grazia, 5. - Calalzo (Belluno) : Frescura Valentina per messa, 2. = Caramagna (Cuneo): Gallo Antonietta per grazia ricevuta, 5. Gallo Marietta per favori speciali, 1. - Catania: Isaia Marietta per la guarigione miracolosa di sua figlia affetta da tifo e già dichiarata spedita dai medici, 10. - Ciriè (Torino): Scarafia Michele per grazie ricevute ed in attesa di altre, 0,50. - Cisterna d'Asti (Alessandria): Pavarino Antonio per grazia ottenuta da una persona a lui cara. - Civitate Camuno (Brescia): Sac. Isonni Michele per l' ottenuta guarigione del caro fratello Giuseppe, 5. - Golazza (Novara): Stangoni D. Giovanni, per grazia ricevuta, 7. - Colleretto-Castelnuovo (Torino): Simondi Teresa e famiglia per messa di ringraziamento, 3. - Conselve (Padova) B. T. in rendimento di grazie, 10. -Crauglio (Austria): Moschettini Edoarda riconoscente a Maria per avergli preservato le campagne dalla grandine, 5. - Cremolino (Alessandria): Pronzato Benedetta per la guarigione disperata di un bambino, 1. - Cuoca (Verona): Malesani Ceresa per grazia ottenuta, 5.
V) - Faenza: Una pia persona ringrazia M. Ausiliatrice per grazia ricevuta, 20.
G) - Gavirate (Como): Giuseppina Besozzi Baj miracolosamente guarita da pericolosissima malattia, 12.
J) - Incisa Belbo (Alessandria): Marianna Albero guarita da grave pleuropolmonite, 10. - Ivrea: M. T. per grazia, 5.
L) - Lanusei (Sardegna): Le cooperatrici Salesiane riconoscenti a Maria per aver ottenuto che si fermassero nella loro città i figli di Don Bosco. - Giuditta Ghisu per essere stata liberata dalla dolorosa artritide che da tre mesi la teneva inchiodata a letto, 5. - Lavertezzo (Locarno): N. N. per la prodigiosa guarigione ottenuta da Maria, 5. - Lodi (Milano): Angela Provera, convittore del Collegio S. Francesco, per grazia ricevuta, l.
M) - Megliadino S. Fidenzio (Padova): Stefanin Modesto per grazia, 2. - Milano: Cesare Facini dei Conti Macini ringrazia vivamente, anche a nome della famiglia, la potente Ausiliatrice dei Cristiani per la guarigione da lunga e penosa malattia, affatto sconosciuta dai periti dell' arte medica, 50. - Montegrosso d'Asti (Alessandria): Grasso Albina per grazia speciale ottenuta, 10.
N) - Napoli: Maddalena Spadaccina riconoscente a Maria per averle salvato la figlia da lui precipizio, e per avere impedito che si ustionasse essa stessa e si bruciassero le masserizie in uno scoppio di lampada a petrolio. - Nizza Monferrato (Alessandria): Malfatto Luigi per la guarigione del genero da grave tifo, 4. - Nocera Superiore (Calabria): Giulia Rienzi per la prodigiosa guarigione di sua sorella, colpita da vaiuolo arabo e già spedita dai medici curanti, 10.
O) - Oggiono (Como): Invernizzi Carlo per grazia ottenuta, 5. - Oristano (Cagliari): Manca Spiga Sebastiano a nome d'un suo caro amico liberato da seria malattia che da tempo l'opprimeva.
P) - Palma Montechiaro (Caserta): Angelina Orlando per guarigione dal catarro asmatico ed affanno. - Pavia: Vigo Gallotti Celestina per grazia ottenuta 10. - Primaluna (Como): Maroni Francesco per grazia, 3.
R) - Ravenna : Ghezzo Ricci Betti per grazia ricevuta, 5. - Reggio Calabria: De Masio Nicola per due grazie speciali, 10. - Romanengo (Cremona) : Maria Baita Gorla per grazia, 2.
S) - Saliceto (Cuneo): Pregliasco Maria per le opere Salesiane, 4. - Saluzzo (Cuneo): Richard. Cli. Giov. Antonio per grazia, 2. - Santa Giustina Stella (Genova: Adalgisa Pastorino riconoscente a Maria per molteplici grazie ottenute, 1. - Santa Maria Versa (Paria): Vittoria Faravelli Cattaneo a nome di Giuseppina Cattaneo grata a Maria per gl'innumerevoli benefici da Lei ottenuti, 20. - S. Pietro di Rovereto (Genova): Tommaso De-Negri per la guarigione dei padre, 8 - S. Severino (Marche) : Sac. Giuseppe M. Splendori per l'adempimento di uno dei suoi più ardenti desideri mediante l'intercessione di Maria, 5. - Santulussurgiu (Cagliari) : Nobil Donna Giovanna Maria Massidda Mura per grazia ottenuta, 10. - Sassomorelli : Eulalia Dal-Monte per la guarigione del figlio e per diverse altre grazie, 10. - Spezia : Agostino Tartarini per grazia, 5.
W ) - Torino : Agliani Vittoria per grazie dalla Vergine largite ad un suo bambino: B. BelmonteCassino per Messa di ringraziamento, 3: Albina Conti: «il mio bambino appena decenne, in causa d'uno spurgo all'orecchio, doveva essere sottoposto a difficilissima e pericolosa operazione chirurgica. Temendo dovesse la malattia da un momento all'altro transformarsi in rnenengite, ricorsi con ima novena a Maria, ed al terzo giorno il mio caro ragazzo era di molto migliorato e pochi giorni dopo completamente guarito ». G. B. Bonori per la miracolosa guarigione da molestissimo male. - Torre Pellice (Torino) : Baldi Candido per grazia speciale, 50. - Torrida di Sedigliano (Udine): Valentina Pasqualini per Messa di ringraziamento, 2.
V) - Valgrisanche (Torino) : Boson Carlo per grazia ottenuta, 20. - Velletri: Pietra Scalabrini per Messe di ringraziamento, 10. - Volvera (Torino): Peretti Battista per grazia, 5.
X) - L. B. B. per Messa all'altare di Maria in rendimento di grazie, 30. - Martinetto Pasqualina per la guarigione da malattia incurabile, 5. - Rattero Alessandro per grazia, 3. -- Teppati Pietro per Messa di ringraziamento, 5.
TORINO - Negli scorsi mesi la nobile signorina Lorenzina Mazè de la Roche ha diramato alle pie unioni delle Figlie di Maria e donzelle cattoliche di tutto il mondo un caldo appello per un grandioso pellegrinaggio delle Figlie di Maria a S. S. durante l'anno del Giubileo Pontificale di Leone XIII, e per l'obolo di S. Pietro. La nobile iniziativa benedetta da S. E. il Card. Vicario di Roma e dall'Enzo Arcivescovo di Torino, raggiungerà pienamente il suo scopo; tuttavia noi la raccomandiamo vivamente ai nostri lettori, nè crediamo di poterlo fare meglio che riportando per disteso le parole vergate a questo riguardo dal nostro venerato Superiore, il sig. D. Rua: « Di cuore applaudo alla stupenda idea della nobile signorina Mazè de la Roche, benefattrice nostra e discendente da altre fra le più antiche benefattrici del nostro buon Padre D. Bosco. La bella riuscita dei precedenti omaggi e pellegrinaggi da lei iniziati sono pegni sicuri di ottima riuscita anche del presente. Tuttavia uniamo i nostri auguri e preghiere per implorare sopra di lei e sopra quante aderiranno al suo fervido appello le più elette benedizioni della celeste Madre Maria Ausiliatrice e ben volentieri lo raccomandiamo ai nostri Cooperatori e Cooperatrici ».
ESTE (VENETO) - Un'ottima nostra Cooperatrice di Santa Margherita d'Adige, la signora Anna Bubola, portò tempo fa al direttore del nostro collegio Manfredini una campana per la Madonna.
« Dessa, ci diceva la donatrice, mi venne regalata dal valente fonditore De Poli, ed io, a mia volta, la regalo a Maria Ausiliatrice per ringraziarla di tanti benefizi che mi ottenne da Dio e perche chiami coi suo suono tanti fanciulli a qualche Oratorio festivo. Desidererei in pari tempo che ne venisse fatto un cenno sul Bollettino Salesiano ». Noi appaghiamo il pio desiderio acciocchè l'esempio bello parli al cuore di molti e li ecciti a sempre più sostenere coll'obolo loro i nostri Oratori festivi.
FOGLIZZO CANAVESE - Nella nostra Casa di noviziato il 3 marzo scorso ebbe luogo una riuscitissima Accademia ad onore di Leone XIII. Gli apparati sfarzosi ed ingegnosamente disposti, la bella e sorridente figura del miracoloso Pontefice, che campeggiava in alto in mezzo ad un mare di luce a lampadine elettriche, rendevano solenne e maestoso l'ampio salone. Vi presenziava il R.mo Prof. D. Francesco Cerruti, il quale lesse un magnifico discorso d'apertura tratteggiando magistralmente la fortezza e la carità, la profonda e vasta intelligenza, nonchè la religiosa pietà della quale portano l'impronta tutti gli atti meravigliosi del regnante Leone XIII. Tennero dietro, interposte a scelta musica, forbite e svariate composizioni in prosa ed in versi, colle quali mettevansi in bella mostra e le glorie e la divina missione del pontificato romano , che si rivelano, come in ogni tempo, così particolarmente nell'attuale Pontefice. Torna a lode di quei nostri bravi chierici l'aver preferita alla lettura per quanto vibrata, la sola declamazione che seppero fare con lodevole disinvoltura e squisito sentimento. - Alcuni palloni areostatici, portanti lo stemma del Papa e Viva Leone XIII posero termine a questa festa simpatica e geniale che rimarrà davvero incancellabile nel cuore da quanti vi presero parte.
RAPALLO (LIGURIA) - Il 23 febbraio il teatrino dell Oratorio salesiano presentava un imponente aspetto, nè potè contenere tutte le persone accorse. Per la prima volta si volle commemorare il nostro buon Padre e fondatore D. Bosco con solenne accademia riuscitissima in tutte le sue parti. Disse il discorso commemorativo l'egregio Avv. prof. Lorenzo Ricci, insigne nostro benefattore, presentando, con l'usata sua facondia, la nobile figura dell'Apostolo Torinese sotto i tre aspetti principali a cui fanno capo le molteplici sue istituzioni. Il suo dire fu spesso interrotto da fragorosi applausi.
ORVIETO - Il 3 marzo scorso nel nostro Collegio Leonino si celebrò la 25a ricorrenza dell'incoronazione del Papa con devota funzione religiosa e con apposito trattenimento di recita e di musica dinanzi ad elettissimo uditorio. Fu bravamente recitato un dramma religioso, opera del nostro D. Lemoyne, intitolato: il trionfo della religione, riferentesi all'epoca di Teodosio, quando la Chiesa ebbe per la prima volta in Roma piena libertà per volere di quel pio imperatore. Il dramma venne intercalato da cori, inni classici, recito e poesie sacre all'augusto Pontefice, che raccolsero vivissimi applausi dagli intervenuti. Il Collegio Leonino colla festiva commemorazione, fece atto di figliale riconoscenza al Sommo Pontefice, che volle dal suo nome intitolato il fiorente e benefico Istituto.
CHIERI. - Gratitudine vuole che diciamo una parola, del solenne funerale di trigesima fatto fare al nostro compianto confratello D. Modesto Davico dagli amici chieresi nel giorno 21 del passato marzo. La magnifica chiesa di S. Filippo, tutta parata a lutto artisticamente liturgico, raccolse fra le sue mura l' omaggio spontaneo di molti amici del defunto. Bella l'iscrizione posta sulla porta, opera del sig. Merlone Enrico, antico allievo dell'Oratorio S. Luigi ; grandioso il catafalco coi suoi cento candelabri accesi, imponente il rito, maestosa la musica eseguita dalla Schola cantorum del M°. Mondo, e numerose le rappresentanze. La nostra gratitudine è per quanti concorsero a questa mesta dimostrazione d'affetto, ma un grazie speciale se l'abbia il R.mo Rettore della Chiesa Can.° Chiaffrino, nostro condirettore diocesano, per lo zelo spiegato nel preparare e disporre tutte le cose, ed i signori Gilardi Vincenzo e Pennazio Pietro che furono gli iniziatori di questo tributo d'affetto.
- Dall'ottima Scintilla chierese rileviamo pure un'altro fatto che dimostra quanto sia fiorente l'Oratorio femminile di S. Teresa, diretto dalle Suore di Maria Ausiliatrice. « La Pia Unione delle Figlie di Maria di detto Oratorio, iniziò quest'anno un corso di Esercizi Spirituali per le operaie, che fu accolto assai favorevolmente e ricco di frutti per le anime. Si tenne nella Chiesa di Maria Ausiliatrice, annessa all'Oratorio, dal 19 al 23 scorso marzo o fu predicato dallo stesso Direttore della Pia Unione, il cui dire animato, commovente, pratico scosse molti cuori e li ritornò a Dio. Nel giorno di chiusura, alla Messa della Comunione generale, celebrata dal M. R. Can.° Chiaffrino, oltre 400 operaie fecero la Santa Comunione: fu consolante spettacolo di pietà! A sera il Direttore lasciava alla operaie ultimi ricordi pratici, che certamente rimasero scritti nel loro cuore, come li ebbero stampati a tergo dell'immagine ricordo avuto lo stesso dì. Torni ogni anno la Pia Unione a procurare tanto bene alle operaie chieresi, e l'esempio salutare venga largamente imitato dalle numerose Pie Unioni di Figlie di Maria eretto negli Oratori festivi affidate alle cure delle Suore di Maria Ausiliatrice.
Il S. Padre, in risposta al telegramma speditogli in occasione, concedeva una speciale benedizione in questi termini : Sua Santità ha concesso con paterno affetto a coteste Figlie di Maria ed operaie, chiusura Esercizi Spirituali, implorata benedizione. - Card. RAMPOLLA.»
MILANO. - La stampa d' ogni colore parlando dei doni che il pellegrinaggio lombardo presentò al S. Padre nella faustissima ricorrenza del 25° anno del suo glorioso pontificato, accennò che
S. Santità si compiacque altamente d'un oggetto offerto dal nostro Istituto. Crediamo far cosa gradita a' nostri lettori col dare, togliendola, dal periodico D. Bosco, una succinta descrizione del dono e narrare brevemente come avvenne la presentazione.
Il dono è un bassorilievo in Ceramica a gran fuoco, raffigurante l'effigie del Redentore in smalto bianco su fondo azzurro bleu ad uso Luca dalla Robbia della nostra scuola di ceramica. La cornice del bassorilievo è dello stile puro del 500, egregiamente scolpita da' nostri giovanetti e con vero intelletto d'arte ritoccata e finita dal giovane americano Ursicino Avila che da oltre un anno si trova nel nostro Istituto per perfezionarsi nell'arte della scoltura.
Una rappresentanza del Comitato Salesiano Milanese si era gentilmente preso l'incombenza di presentarlo al Papa; e il 24 febbraio le Ill.me Signore Contessa Carlotta Parravicini Stanga, la nobile Signora Donna Giuseppina dei conti Giu lini, le Signore Casati Carlotta, Marianna Moretti, le nobili Signore Calvi, presentate da S. E. il Card Ferrari, nella sala degli Arazzi poterono soddisfare al comun voto. Il dono, come ci narrano le Signore che erano presenti, fu mostrato a Sua Santità da Monsignor Bisleti, cameriere segreto e dal Rev. Sig. Can. Ghezzi di Milano. Il Papa nella sua bontà domandò: Che cosa rappresenta? - S. Eminenza il nostro amatissimo Arcivescovo glielo disse. E il Papa osservandolo con quell'occhio suo vivace esclamò: «Oh bello! Molto bello!» - Richiesto dalle Signore del Comitato di benedire l'Istituto, i giovanetti, i benefattori, il Papa disse: « Benedico tutti i Salesiani. Sì, sono tutti miei figli i Salesiani. Li benedico di cuore ».
È davvero per noi e per i nostri benefattori una gran consolazione che la nostra scuola di Ceramica e di scultura abbia potuto concorrere nell'offerta dei doni al S. Padre, e che il suo dono - sia pure per somma degnazione - abbia incontrato l' aggradimento del Vicario di Cristo. Iddio Lo ricompensi della gioia che tal notizia produsse in noi e ne' nostri giovanetti e che, siamo certi, produrrà pure in tutti i nostri benefattori e lettori, mentre noi e i nostri giovanetti non tralascieremo di pregare per Colui che ci volle tanto onore e ci benedisse con tanta effusione di cuore.
MESSINA. - La conferenza salesiana, tenuta il 19 gennaio nella cappella dell'Oratorio Salesiano alla Boccetta, da S. E. Rev.ma Mons. Arcivescovo d' Arrigo, riuscì imponente sotto ogni aspetto. L'Ecc.m° Oratore trattò dell'importanza dell'educazione della gioventù e conchiuse invitando tutti a voler sempre aiutare l'opera moralizzatrice di D. Bosco.
PIRANO (ISTRIA). - La sera della festa di San Giuseppe fu tenuta nella sala del Ricreatorio maschile di quella città un'importante conferenza Salesiana dal distinto predicatore quaresimale del Duomo, Rev.m° Prof. Can.° D. Filippo Ciarpella. La conferenza svolta in elegante forma e bellamente recitata fece appieno conoscere l'eccellenza delle opere Salesiane e di quella in ispecie degli oratori festivi.
V'intervennero i cooperatori e le cooperatrici Salesiane nonchè un numeroso e scelto pubblico. Durante la conferenza si fece una colletta a ventaggio dell'Oratorio festivo di quella fiorente cittadina.
MESSICO. - Ci scrivono « Grandiosa fu la festa celebrata in questa casa ad onore del nostro Patrono S. Francesco di Sales. L'attività dei nostri giovanetti nel preparare quanto doveva renderla bella e cara è degna d'ogni encomio. Si scelse pure detta occasione per benedire solennemente gli ampli locali ultimamente costrutti. L'illustrissimo Mons. Alarcón, Arcivescovo di Messico, accettò molto volentieri l'invito per la benedizione di detti locali, che vengono a completare il nostro Collegio che, incomiuciato nove anni fa, sorge ora maestoso in mezzo alla fiorente Colonia di S. Giulia ad attestare la generosa carità dei buoni Messicani.
La mattino della festa, 9 febbraio, moltissimi dei nostri Cooperatori e Cooperatrici vollero prendere parte alla Messa della Comunione generale detta dal Rev. P. Redondo di Toluca, Superiore dei Religiosi del S. Cuor di Maria. Il medesimo Padre tenne un breve, affettuoso fervorino a 10 dei nostri giovanetti, che in quella mattina per la prima volta si accostavano a ricevere il Pane dei forti. Alle 10 cantò la S. Messa solenne il Rev. P. Salustiano Carrera, Superiore dei Gesuiti in Messico. Dopo il S. Vangelo tesse l'elogio del santo il Rev. P. Redondo. I nostri giovani cantori eseguirono con precisione la Messa del Battmann.
Nelle prime ore pomeridiane fu un nuovo affluire di signori e signore, e dopo la benedizione col SS. Sacramento Mons. Arcivescovo procedette alla benedizione dei locali. Preceduto dal piccolo Clero e dai Signori invitati come Padrini per la circostanza, seguito dai numerosi intervenuti salì a benedire i tre nuovi grandi dormitori la cui ampiezza rendeva tutti ammirati e particolarmente il nostro amatissimo melato che con dolce sorriso esternava l'interno contento di veder preparato l'asilo a ben 180 giovanetti che fra non molto dovranno occupare i nuovi locali.
» Alla religiosa cerimonia seguì un modesto trattenimento accademico, preparato sotto uno degli ampli portici del Collegio. Mons. Arcivescovo prese il posto d'onore; intorno a lui stavano i nostri ottimi Cooperatori e Cooperatrici, ai quali con discorsetto d'apertura un nostro giovane rese grazie per il loro intervento, ricordando i grandi benefizi ricevuti dalla loro carità, e promise a nome dei compagni tutti che non illuse sarebbero rimaste le loro speranze, nè vano il frutto della loro cooperazione. Dopo un canto dei nostri giovanetti compare dinanzi all' uditorio il nobile Avv. Manuce F. de la Hoz, che pronunciò un eloquentissimo discorso sulla carità ispiratrice di D. Bosco nella istituzione della sua opera, opera particolarmente protetta dalla Vergine Ausiliatrice.
» Piacque assai e produsse salutare effetto il bozzetto Satana, tradotto in ispagnuolo da un nostro confratello, come pure la riproduzione dei „ Bagni di Viareggio " svolta con molto brio e naturalezza. La banda istrumentale, che con scelti pezzi aveva negli intermezzi ricreati gli animi, con marcia finale dava l'addio ai carissimi intervenuti, i quali si mostravano grandemente soddisfatti della riuscita di quanto erasi fatto in onore del nostro santo Protettore. e partirono animati da una volontà sempre più potente di coadiuvare l'opera tanto benefica verso i figli del popolo ».
URIBELLARREA (REP. ARGENTINA). Leggiano nell'ottimo periodico settimanale del Rosario di Santa Fè Cristoforo Colombo del 13 Febbraio p. s. quanto segue:
« Al Sud della Capitale Federale, ad una distanza di circa 15 leghe sorge la Colonia Agricola Uribellarrea dove si insegna praticamente ai giovani argentini la coltivazione della terra. I progressi di questa colonia, per molteplici circostanze, negli anni scorsi, non furono molto notevoli tanto più che il terreno non sembrava molto appropriato; però l'anno scorso, grazie alla intelligente e solerte attività del giovine sacerdote D. Emanuele Montaldo, la Colonia si svegliò dal suo semiletargo, i sudori dei piccoli contadini capitanati da abili Cincinnati, inaffiarono le infeconde zolle, che come per incanto offrirono agli occhi dei visitanti prati ameni, estensioni di gialle e dorate messi, di alberi carichi d'ogni ben di Dio. Un membro di questa Redazione, che la visitò, ci scrive che è degno di encomio e di ammirazione per una parte lo zelo che spiega il personale insegnante e per l'altra, la laboriosità e l'impegno di quella gioventù, vera ed unica speranza della reale ricchezza dell'Argentina ».
NICTHEROY (BRASILE). - Più volte abbiamo data relazione e descrizione del grandioso monumento, che per mezzo della pietà e dello zelo patriottico del popolo brasileno venne eretto dai Salesiani in Nictheroy a Maria Ausiliatrice, quale splendido attestato di fede a Maria sul finire del secolo XIX , e come prezioso ricordo del quarto centenario dello scoprimento del Brasile. Ed ora è un nuovo tempio, un Santuario monumentale che il divoto popolo della repubblica Brasilena nell'entusiasmo della sua fede vuol offrire come omaggio alla potente Ausiliatrice dei Cristiani. Il 15 del passato Dicembre si poneva la prima pietra, e non ostante l'incostanza del tempo, numeroso fu il concorso delle persone che v'intervennero. Alle 10 1/2 del mattino Monsignor Francesco Do-Rego Moya, vescovo di Petropoli celebrava la messa con l'assistenza dei varii rappresentanti della stampa, dei padrini della funzione e loro famiglie, Ill.mo Sig. Generale Costallath ; e sua signora Donna Isabella; il Sig. Visconte de Moraes e la gentilissima Signora Francesca de Abren Lima. A mezzogiorno in punto si recava all'area del futuro tempio per la benedizione e posa della prima pietra, che venne condotta sopra un carro adornato di fiori e tirato dai giovani stessi del collegio. La cerimonia riuscì imponentissima,, e dopo le formole di rito, la pietra, in un col rispettivo atto disteso su pergamena e sottoscritto dalle varie dignità presenti con medaglie e monete della repubblica, venne calata al suo posto al suono dell'inno Nazionale. Pose termine alla commovente funzione il M. R. D. Peretto che rende pubbliche grazie a tutti gli intervenuti, specie a Monsignor Vescovo che tanta benevolenza prodiga ai Salesiani di Nichteroy, e fa appello al cuore cristiano di tutti, perchè presto sorga il maestoso tempio. A chiusa del suo dire legge in italiano il seguente telegramma che fu accolto da entusiastici applausi: «S. Padre lieto della benedizione della prima pietra del Santuario Monumentale a Maria Ausiliatrice, gradisce il divoto omaggio e benedice con paterno affetto al Vescovo, ai Salesiani di Nichteroy a tutti i cooperatori colle loro famiglie ». M. CARD. RAMPOLLA.
Il Santuario monumentale che sarà il più bello ed il più grandioso dello stato di Rio Janeiro, misura 70 metri di lunghezza per 30 di larghezza e sorgerà su disegno dell'ingegnere Salesiano Domenico Alpiano, già noto per l'artistico monumento innalzato a Maria Ausil. nella stessa città di Nichteroy.
Dei concimi chimici.
(Vedi Bollettino di febbraio).
Generalità - Concimi fosfatici (Scorie Thomas - Guani - Superfosfati) - Concimi potassici (Cloruro e solfato potassico - Cenere) - Concimi Calcari - Concimi
Azotati (Nitrato di soda - Solfato ammoniacale)
I.
COME abbiamo visto nei passati articoli, è necessario assolutamente onde aver un dato prodotto anticipare al terreno azoto, fosfati, potassa e calce, almeno in quantità proporzionata al raccolto che si vuol ottenere ; d'altra parte abbiam pur visto che il letame e gli altri concimi organici (latrina, cascami d'industria, sovescio ecc.) non sono sufficienti per fare questa anticipazione; che fare adunque? Si cercò se era possibile trovare o comporre certe polveri, certi sali, che contenessero i detti elementi onde in questa maniera, poterli somministrare al terreno in quella quantità che più piaceva. Essendo completamente riuscita la prova, dette materie furono chiamate concimi chimici. Ciascuna di esse però non contiene tutti gli elementi della fertilità come il letame, ma contiene o solo fosfati, o solo azoto, o solo potassa, o solo calce od al più una di dette materie ed un po' di qualche altra, mescolate o combinate con altre utili od almeno non dannose alle piante. Perciò i concimi chimici sono di quattro specie : concimi fosfatici, se contengono in massima parte quella materia che è detta acido fosforico tanto necessaria alle piante ; concimi potassici, se contengono specialmente potassa , concimi calcari se contengono in massima parte calce, e concimi azotati se contengono in quantità discreta l'azoto. Diremo qualche parola per ciascun genere di questi concimi, onde non avvenga che per ignoranza si abbia a spendere, senza ricavare quei prodotti ai quali si ha diritto: aggiungeremo poi in fine qualche regola pratica per la compera e l'uso dei medesimi.
**
I concimi fosfatici, che si vendono in commercio son di due specie ossia fosfati e superfosfati. Questi ultimi sono chiamati anche perfosfati.