Anno XXVI. Gennaio 1902 N. 1.
SOMMARIO - TESTO: La festa del nostro Patrono e la prescritta Conferenza pag. 1 Una proposta pol Giubileo Pontificio . . 2 Lettera del Rev. D. Michele Rua ai Cooperatori ed alle Cooperatrici Salesiane .3 Una data preziosa . 7 La prima esposizione delle nostre scuole professionali 9 Il gran giubileo dello Letture Cattoliche di Torino . . . 11 L'Istituto Salesiano di Messina . . 12 Cronaca del movimento Salesiano: - Schio - Corigliano d'Otranto - Ancona - Crusinallo - Novara - Omegna -Jesi - Vigone - Genola- Torino-Gorizia-Buenos Aires - Las Piedras . . . 13 Missioni - Colombia: da Bogotà a Villaviciencio per una sacra Missione - Territorio del Chubut nella Patagonia: nuove consolanti notizie intorno alla nostra Missione sul Rio Colorado 19
Nuovo Pensionato per signore 23
Grazie di Maria Ausiliatrice . 24
Necrologio : D. Michelangelo Chiatellino - Il Prof. Antonio Piazza da Caltanisetta 27
Spigolature agrarie . . 29
Illustrazioni Esposizione di Valsalice: Mobilio da camera eseguito dai falegnami dell'Oratorio di Valdocco in Torino pag. 10 ; Falegnami ebanisti, cancello scuola fabbri ferrai e portene dei falegnami di S. Benigno canavese, 14, 16, 18. - La solenne processione del Rosario promossa dagli italiani di Buenos Aires, 25. - Stanislao Solari, 30.
Appello ai Direttori, Decurioni e Zelatori Salesiani
Ricordiamo alla pietà dei Cooperatori e delle Cooperatrici Salesiane che al 29 del corrente mese cade la festa di S. Francesco di Sales, Patrono della nostra Pia Unione.
Rammentiamo che per detto giorno o ne' seguenti (se pur le circostanze non suggeriscono di trasportarla in altro tempo) il nostro Regolamento prescrive una Conferenza Salesiana ai Cooperatori per animarsi reciprocamente a continuare alacri nell'operare il bene.
Perciò noi supplichiamo ogni Direttore, ogni Decurione, Zelatore e Zelatrice a volersi impegnare per l'adempimento di questo statuto, sia tenendo essi medesimi la Conferenza, sia invitando qualche conferenziere, secondo elce crederanno opportuno per il maggior bene delle anime. Appena fatta la Conferenza, abbiano poi premura di inviare alla direzione del Bollettino un breve cenno, notando eziandio a comune edificazione le offerte raccolte.
Per quanto è possibile non si tralasci mai questa Conferenza, e, se non si può diversamente, si faccia in una qualche domenica invece della solita predica, pregando a tal uopo, se il Parroco non è il direttore dei Cooperatori, a volersi egli stesso gentilmente prestare. I Cooperatori intervenendo alle prescritte Conferenze possono lucrare l'indulgenza plenaria. Il bene che produrrà sarà immenso. Preghiamo adunque e lavoriamo con cristiana e generosa alacrità.
al 31 poi dello stesso mese ricorre il 140 anniversario della morte del nostro Padre e Fondatore D. Bosco, e noi lo celebreremo nella mestizia che suole esser inseparabile dalla dipartita delle persone a noi carissime e che lasciarono profonda e perenne eredità di affetti.
A tutti i nostri Direttori Diocesani, Decurioni, Cooperatori e Cooperatrici Salesiani,
IL 20 del prossimo febbraio il Santo Padre Leone XIII entrerà nel suo 25° anno di pontificato. Dopo S. Pietro solo Pio IX stette per tanto tempo sul trono papale.
I cattolici tutti si preparano - sapientemente organizzati dal Comitato Internazionale per il Pontificio Giubileo sotto la Presidenza di S. E. il Card. Pietro Respighi, Vicario di S. S. - a solennizzare la faustissima ricorrenza e nella libertà e varietà delle manifestazioni si riuniranno fraternamente nelle seguenti opere:
1. Preghiera comune pel Papa;
2. Pellegrinaggio a Roma specialmente nei mesi di marzo, aprile e maggio 1902;
3. Fare l'offerta di un tenue Obolo come tributo di amor figliale e di obbedienza incrollabile al Vicario di Gesù Cristo;
4. Concorrere col sullodato tributo ad umiliare al Santo Padre un dono collettivo che Gli sia messaggio della fratellanza cristiana di tutti i popoli, simbolo della sua triplice divina podestà, un Triregno d'Oro da usare nella solennissima cerimonia. Noi raccomandiamo a tutti i nostri Direttori, Decurioni e Cooperatori e Cooperatrici di agire in conformità del detto Comitato Internazionale.
Ai Direttori tutti dei nostri Oratori festivi, Ospizi, Collegi ed Istituti; Alle Direttrici degli Oratori festivi e degli Educandati femminili affidati alle Figlie di Maria Ausiliatrice facciamo con la benedizione del nostro venerato Superiore il sig. D. Rua LA SEGUENTE PROPOSTA:
A noi tutti - che lavoriamo sempre in mezzo alla gioventù, e che più centinaia di migliaia di giovani e fanciulle raccogliamo pressochè quotidianamente sotto l'immortale bandiera lasciataci in retaggio da D. Bosco - a noi aspetta condurre a' piedi del Papa in questa circostanza la gioventù maschile e femminile lavorando ognuno con cura sollecita a far prendere parte attiva in questa mondiale manifestazione di fede e d'amore al Papa, tutti i giovani o le giovanette affidate alle proprie cure.
Per rendere pratica ed effettuabile questa proposta bisogna primieramente parlare sovente ai giovani di questo avvenimento ed eccitarli a più fervide preghiere per il Sommo Pontefice. Poscia siccome la partecipazione materiale suole lasciare nei cuori giovanili più profonda impressione, così abbiamo ideato di promuovere una grande sottoscrizione di tutti i giovani affidati alle nostre cure e di tutte le fanciulle educate dalle Figlie di Maria Ausiliatrice per la formazione di un Album da presentarsi insieme con l'Obolo di S. Pietro nel prossimo maggio a Leone XIII da un pellegrinaggio giovanile. L'Obolo di S. Pietro della gioventù sarà formato dai dieci centesimi che ciascun giovane e giovanetta offre ai collettori ed alle collettrici nell'atto della sottoscrizione.
Noi stiamo preparando le schede necessarie e le spediremo tosto a tutti i Direttori e le Direttrici degli Oratori, Collegi, Istituti ed Educandati dipendenti dalla nostra Pia Società. Quelli che desiderassero averne un numero maggiore non hanno che a farne richiesta alla Direzione del Bollettino Salesiano, Torino, con semplice biglietto di visita recante le iniziali S. G. P. (Schede Giubileo Pontificio).
Ritorneremo nei mesi seguenti sull'argomento, ma intanto mettiamoci tutti concordi all'opera, e per mezzo nostro tutta la gioventù darà al mondo un nuovo e bello spettacolo di fede ed amore.
Viva il Papa Leone XIII !
Ai Cooperatori ed alle Cooperatrici Salesiane
Benemeriti Cooperatori, Benemerite Cooperatrici,
Niuno può certo immaginare quanto sia caro al mio cuore poter al principio di ogni anno segnalare al vostro zelo ed alla vostra bontà le opere che mercè vostra si sono potute compiere dai miei cari Salesiani nelle varie parti del mondo. L'affetto esuberante che nutro per tutti i benefattori delle opere nostre, mi risveglia ogni giorno al pensiero l'obbligo della riconoscenza e del ringraziamento che mi lega ad essi; riconoscenza che io vi esterno ora a nome di tutti i miei confratelli e giovanetti negli auguri più affettuosi, che lieto sia per voi l'anno testè incominciato, pieno di grazie e di meriti per la vita eterna. Oh sì! ringraziamo Iddio che nella sua bontà ha voluto conservarci in vita, e ricordiamo spesso che questi anni che passano e si succedono ci vengono dati dal Signore perchè li occupiamo in opere buone e meritorie. Con la semplicità pertanto degli scorsi anni mi industrierò di porre sotto i vostri sguardi quanto col divino aiuto e col vostro soccorso abbiamo potuto fare nell'annata ora decorsa, e nello stesso tempo quanto col medesimo aiuto e soccorso ci proponiamo di fare in questo nuovo anno. Ma prima di tutto sento il dovere di sottoporre alla vostra considerazione che ovunque in quest'anno si è continuato a dare alla moltitudine di giovanetti a noi affidati quell'istruzione civile e religiosa che formerà la felicità della loro vita. Sono varie centinaia di migliaia i giovani che nelle varie parti del mondo godono del beneficio della vostra carità presso i figli di Don Bosco, sia pur dimorando nelle loro famiglie col frequentare le nostre scuole diurne e serali, oppure i nostri Oratori festivi. La maggior parte però con l'educazione ha eziandio bisogno di vitto e vestito, cose che per la vostra beneficenza ha ricevuto e tuttora riceve. Oh! quanto ci deve esser caro il pensiero che tanti di questi giovanetti, che forse abbandonati a se stessi sarebbero diventati un giorno gli spostati della umana società, ora crescono buoni e onorati cittadini, e non pochi sono quelli che, prediletti da Dio, abbandonano il mondo per farsi apostoli in mezzo agli stessi compagni, oppure si uniscono alla famiglia salesiana per fare ad altri quanto altri hanno fatto per loro. E ciò mi porge occasione di farvi qui notare che, come il raccogliere e l'educare tanti giovani è cosa solita e continua, così non deve mai venir meno la vostra carità per il bene di essi. Sono favolose, direi, le spese che in complesso ci tocca fare ogni giorno per il nutrimento e senza il vostro soccorso ci sarebbe impossibile proseguire. Il vedere tante nostre case lottare nelle strettezze coi debiti per l'esistenza, mi fa ricordare quanto disse con molta verità il nostro Monsignore Fagnano nella conferenza che tenne a Torino alla partenza dei Missionari: « Molti dicono: i salesiani sono ricchi... Sì, rispondo, sono ricchi di case senza rendita e cariche d'imposte, sono ricchi di giovani poveri ed orfani da istruire e da mantenere, sono ricchi di debiti da pagare, fatti per continuare le opere e sostenere le Missioni loro. »
Questa idea sarebbe fatale alle opere di D. Bosco fondate solo sulla Provvidenza divina, perchè cessando la carità cesserebbero di esistere. E le strettezze finanziarie mi posero in obbligo di farvi un appello speciale con la circolare speditavi nello scorcio dell'anno testè decorso e che qui torno a ricordare alla Vostra carità.
Nell'anno testè decorso, nostra e principale cura fu di consolidare per quanto ci era possibile le case già esistenti, sia nel fornirle di personale, come dei mezzi più adatti al buon andamento di ognuna di esse. E, grazie a Dio, l'opera nostra, non riuscì a vano, poichè dal resoconto generale abbiamo trovato un miglioramento notabile e di piena soddisfazione. Di più, dietro reiterate domande di eminentissimi personaggi mi fu giocoforza accettare nuove Case, la cui apertura era stata promessa sino dagli anni addietro.
In Italia si è inaugurata la Casa di Ancona che col titolo di Istituto della Sacra Famiglia, sarà ricovero di fanciulli per scuole ed arti e mestieri. Un Comitato di generosi Cooperatori con alla testa l'Eminentissimo Card. Manara da qualche anno lavorava per l'erezione dell'Istituto, preoccupato della necessità assoluta di una istituzione che si occupasse della gioventù. Ora l'opera è iniziata e con la benedizione di Dio darà presto i suoi frutti.
A Schio, in quel di Vicenza, mediante la munificenza di Mons. Panciera e dei Benemeriti Signori della città si sono affidate ai figli di Don Bosco l'Oratorio festivo e le scuole diurne e serali a favore dei figli degli operai di quel centro manifatturiero. L'amore della gioventù e l'affetto ai Salesiani fece sviluppare in ogni premurosa cura la carità di quei generosi Cooperatori.
A Corigliano d'Otranto, si è aperta una nuova Colonia agricola mediante la munificenza del signor Barone Corni, che ce ne somministrò i mezzi, dove con un lavoro razionale dei campi si educa la gioventù all'amore della Religione e ad amare quel lavoro che può fare l'Italia nazione eminentemente agricola, grande e prosperosa.
Ad Oswiecim, nella Polonia Austriaca, si è potuto, nell'ottobre scorso, inaugurare la nuova Casa presso la storica Chiesa di S. Giacinto, che un Comitato di generose persone, restaurata la Cappella, che sino al 1894 era rimasta agli ebrei, l'affidava ai Salesiani, i quali vi hanno aperte Scuole per la gioventù e si aggiungeranno le Arti e Mestieri se la Provvidenza continuerà a benedirli in mezzo alle gravi difficoltà in cui si trovano.
E finalmente per soddisfare alla sempre animata carità del Vescovo di Portsmouth in Inghilterra, abbiamo accettato un Ospizio per gli orfani dei marinai e soldati tanto travagliati in questi ultimi tempi nella città di Farnborough. Anzi perchè possiate conoscere l'importanza di questa nuova Casa, mi piace riportarvi un brano della lettera con la quale lo stesso Vescovo annunziava al suo Clero la nuova opera sorta nella sua Diocesi. « Sentiva ogni dì più, egli scrive, la necessità di avere un Ospizio dove si potessero instradare ad un arte o ad un mestiere quei tanti giovanetti abbandonati che sono segno di predilezione pei protestanti a danno della fede cattolica, e più di tutto un Ospizio dove si potessero liberamente mandare tutti gli orfani dei nostri soldati e marinai. M'affidai ai Salesiani che tosto esaudirono la mia domanda facendo acquisto di un terreno da me indicato vicino al campo settentrionale Aldeshot ed in poco tempo poterono innalzare un fabbricato.
» L'unica ricompensa che i Salesiani mi domandano è il permesso di domandare elemosina nella Diocesi, cosa che io ho concessa assai volentieri, persuasissimo che anche voi raccomanderete l'opera loro alla carità del vostro popolo. Quanto a me non trovo parole bastanti per esprimere la mia profonda gratitudine verso questi benemeriti preti per avermi sollevato dalla grande ansietà che mi accompagna nel governo della diocesi. La loro opera avrà esito felice ed io non avrò più dinanzi ai miei occhi il desolante spettacolo di vedere il fiore del mio gregge ricoverato negli Ospizi dei protestanti con certezza della perdita della loro fede e della loro morale. »
Mi piace il dirvi subito che consolanti sono le notizie riguardo alla maggior parte delle Case delle Americhe e delle Missioni. Come già avete conosciuto dal Bollettino Salesiano si tenne nel novembre a Buenos Aires un imponente Congresso di Cooperatori Salesiani. L'occasione del Congresso fu memoranda, perchè inten-
levasi con quello commemorare il Giubileo delle nostre Missioni, compiendosi appunto allora il XXV° anno dal loro inizio. A ricordo della solenne circostanza, si decise e si effettuò l' apertura di Una nuova Casa a Palermo, sobborgo il più necessitoso ed abbandonato di Buenos Aires, giungendo così sino a cento il numero dell Case e Missioni in America nel breve periodo di venticinque anni. E ciò senza contare gli Oratori festivi che anch'essi sommano a buon numero, e solo a Buenos Aires sono più di due mila i fanciulli e le ragazze che alla domenica godono dell'educazione religiosa lontani dai pericoli e dai vizi.
Nell'Equatore poi, a Quito, da dove nel 1896, come tutti ricordate, i nostri furono esiliati, ora cambiati i tempi a poco alla volta si vanno riaprendo i Collegi e le Case chiuse, e si riprende a fare quel bene che per un po' di tempo fu interrotto.
Il bene però che fu interrotto nella Capitale dell'Equatore, nelle Missioni. della stessa Repubblica si continuò a fare, e quello che consola il mio cuore si è che finalmente si è potuto portare la pace tra i Jivaros che trovansi ad oriente delle Ande equatoriane. Da anni ed anni si può dire ferveva l'odio fra le tribù di quegli indi, manifestato da continue uccisioni e stragi, ed ora la pace è sicura e speriamo duratura, poichè vennero a pacificazione ed a riconciliazione ì Cacichi che più erano sitibondi di sangue.
Anche nel Matto Grosso del Brasile il Missionario ha potuto fare nuove esplorazioni tra i selvaggi delle tribù dei Bacairjs e Cajabis che riuscirono felicemente, e si nutre speranza che presto si potrà intraprendere la loro civilizzazione in modo definitivo.
Non punto confortanti però sono le notizie che ci giungono dalla Patagonia e Terra del Fuoco e dalla Colombia. In quest'ultima la guerra civile, che dura da parecchi anni, le malattie, il caro dei viveri e di ogni cosa necessaria alla vita, ridussero nella più desolante condizione i lebbrosi di Agua de Dios. La loro misera situazione ci venne già descritta dal nostro D. Rebagliati nelle lettere che avete letto alcuni mesi sono nel Bollettino. Le Missioni poi della Patagonia e della Terra del Fuoco, massime le prime che stavano per consolidarsi divenendo un fatto compiuto, furono due anni or sono arenate da inondazioni rovinose. Finora non ostante l'industriosa e instancabile opera di Monsignor Cagliero e di Mons. Fagnano non si è potuto riparare chè a metà i danni.
La vostra carità, o miei Cooperatori, abbia di mira specialmente quelle desolate Missioni.
Altra cosa che godo potervi segnalare è l'immenso lavorio che si va facendo a favore degli emigrati Italiani all'estero. Con apposita circolare ai direttori delle Case d'Europa e delle altre parti del mondo, stabilivamo che in ciascuna Casa vi fosse un confratello addetto specialmente agli Italiani, e che nell'insegnamento colle altre lingue venisse impartita regolarmente la lingua italiana. A Zurigo poi nella Svizzera, al primo locale affatto insufficiente e disadatto se n'è sostituito un secondo più ampio e centrale ad esclusivo beneficio degli Italiani. A Briga e Naters, presso il traforo del Senipione, al sacerdote che già vi era, se ne aggiunse un altro a tenere una fiorente scuola pei figli degli Italiani. Anche alcune Figlie di Maria Ausiliatrice apersero l'Asilo infantile e le scuole delle fanciulle.
Ma in America questa cura degl'Italiani si fa anche su più larga scala. A Montevideo ed a Villa Colon sono accettati gratuitamente alle nostre scuole primarie e superiori i figli degli Italiani. In Buenos Aires, oltre alla Chiesa Italiana, ove si funziona e si predica esclusivamente in italiano, abbiamo quattro altri centri, a cui i. nostri emigrati. possono rivolgersi con sicurezza di essere aiutati, indirizzati, o quanto meno confortati, e spesse volte ricoverati. A S. Paolo nel Brasile, nel gran Santuario dedicato al Sacro Cuore di Gesù, si tengono sempre doppie funzioni, una delle quali intieramente in italiano, ed anno per anno si occupano e si trova lavoro per molte centinaia dei nostri emigrati. Il medesimo si opera a Nichteroy, nello Stato di Minas Geraes, e nell'America del Nord a Nuova Yorck ed a San Francisco di California. E questo lavorìo è mio fermo proposito di accrescerlo anno per anno, a proporzione dei mezzi che voi mi somministrerete, o Benemeriti Cooperatori; perchè ci stringono il cuore le loro misere condizioni, e carità di patria e di amor delle anime ci spingono a soccorrerli.
Come compimento di questa prima parte vi ricordo quanto avete letto nel Bollettino di dicembre, come cioè quest'anno si è preparata una nuova spedizione di Salesiani e come essa sia stata numerosissima a causa degli urgenti bisogni che gli stessi Ispettori e direttori, venuti a Torino per il IX Capitolo generale della nostra Società ci hanno fatto constatare. Lo so che ci siamo addossate nuove spese, se si pensa che ciascuno dei cento partiti ci viene a costare più di un migliaio di lire, ma la fiducia in Dio ed in voi, Benemeriti Cooperatori, mi animò a sobbarcarmi a tali sacrifizi.
Senza discendere ad altri particolari intorno ai bisogni delle varie nostre opere, permettetemi che io, assecondando il nuovo e salutare risveglio di ritorno ai campi, cotanto caldeggiato dal venerando Clero, richiami l'attenzione vostra sulle nostre Colonie agricole. L'impedire lo spopolamento delle campagne ed il relativo agglomeramento nelle città, con grande pericolo della fede e dei buoni costumi dei nostri campagnuoli, e il richiamare le popolazioni alla fonte vera del loro benessere economico, saranno i primi vantaggi di questo ritorno ai campi. Ecco quale vorrei fosse il precipuo campo della attività dei figli di D. Bosco, come quello delle cure nella vostra beneficenza in quest'anno.
I Salesiani già da parecchi anni consacrano la loro attività nelle Colonie agricole in Italia ed all'estero, e maggiori certamente saranno i risultati, quando i nostri buoni Cooperatori ci procureranno i mezzi onde fornirci di tutti quelli strumenti che i progressi della agricoltura richiedono.
Le nostre Colonie di Ivrea, Canelli, Marocco Veneto, Corigliano di Otranto in Italia; di Gerona in Spagna; di Beigemal in Palestina; di Arequipa, Cachoeira do Campo, Giammaica, Uribellarrea, Puntarenas, Dawson, ecc. nell'America, sono tutte in grande deficienza di attrezzi agricoli. La Colonia agricola di Ivrea, alla quale sono ammessi giovani adulti e quelle persone che desiderano ritirarsi dal mondo per essere poi di aiuto nelle nostre Colonie, mi sta molto a cuore, perchè ivi si addestrano Salesiani che dovranno dirigere le colonie. Lo studio e la pratica agraria vi si fanno secondo i metodi moderni. La Colonia di Canelli sul Monferrato, di Marocco, presso Mestre nel Veneto, e quella di Corigliano di Otranto nelle Puglie, sono aperte unicamente per giovanetti e allo scopo di promuovere e propagare i migliori sistemi di agricoltura razionale e meritano tutto l'appoggia dei Benemeriti Cooperatori.
E qui parmi anche, opportuno ricordare la Scuola Agraria di Parma, la quale, sorta per iniziativa di quei nostri Confratelli sotto la direzione del solerte direttore Don Baratta e col consiglio ed appoggio del celebre Stanislao Solari,, che ne è lustro e decoro, promette di riuscire luce di progresso agrario e fonte di benessere specialmente per l'Emilia.
Nelle Missioni poi l'agricoltura, insegnata razionalmente dà vita a molte nostre Case. A Gualaquiza nell'Equatore presso i Jivaros, al Matto Grosso, nello Stato di Minas Geraes nel Brasile, nell'Uruguay, nella Repubblica Argentina,, le Colonie agricole contribuirono assai a fare gran bene. Ora poi una vasta Colonia agricola si sta allestendo nell'Isola di Giammaica, una delle grandi Antille. Essa è sotto la dominazione inglese e la maggior parte della popolazione è protestante. Quivi lo zelantissimo Vicario Apostolico Mons. Cordon ideò e preparò i terreni che sono fertilissimi in caffé, cacao, canna da zucchero, cotone ecc. Cotesto santo Vescovo pensò di affidarne la direzione ai Salesiani. Ha già fissato che i giovani i quali verranno da noi educati cristianamente nella Colonia, siano provvisti dell'occorrente, e che arrivati all'età maggiore restino padroni di una parte delle terre di quella vasta Colonia. Si procurerebbero inoltre a loro gli attrezzi agricoli e si fabbricherebbe loro una Casa colonica; così si spera poco per volta di formare colà molti paesi cattolici.
Noi speriamo gran bene da questa istituzione e la raccomandiamo alle preghiere dei nostri Cooperatori affinchè il Signore voglia rendere presto una realtà il desiderio di quel buon Vescovo e voglia far approdare a bene le nostre fatiche.
Io vi prego, che mentre mi aiutate a sostenere le altre opere già esistenti, e delle quali con insistenza già vi parlai in anni andati, mi aiutiate anche a sostenere queste nuove che a maggior gloria di Dio, a bene della povera gioventù e della civile società mi propongo di impiantare e propagare.
Nel por termine a questa mia, mi piace annunziarvi che dal principio di questo anno, il nostro Bollettino si pubblicherà anche in lingua portoghese, tanto desiderato dai nostri Cooperatori del Portogallo e Brasile.
Ed ora sento il bisogno di chiedervi scusa, o Benemeriti Cooperatori e Cooperatrici, se colle mie continue domande abuso della vostra bontà e della vostra pazienza. Sono forzato da una parte a a motivo dei pressanti bisogni dei nostri Istituti e delle nostre Missioni, e sono incoraggiato per altro lato dalle parole così delicate e cristiane che vennero talvolta dette a D. Bosco da vari insigni benefattori. Quando egli li ringraziava degli aiuti che essi davano alle opere nostre: « Non mi ringrazi, interrompevano, tocca a me ringraziare la S. V. Sappia che ogni volta che io diedi qualche cosa per i suoi giovanetti o per le sue Missioni, la Madonna Ausiliatrice me lo ha reso ad usura. »
Ciò non sarebbe altro che l'avverarsi della promessa di Nostro Signore G. C. il quale assicurò che del bene fatto al nostro prossimo si ottiene la ricompensa del centuplo per uno anche durante questa nostra vita mortale.
Ogni giorno noi chiediamo a Dio per intercessione di Maria Ausiliatrice tutte quelle grazie per voi, nostri Benefattori, che Egli sa aver voi maggiormente bisogno, siano spirituali o temporali. Che se non piacesse a Dio di concedere a tutti certe grazie temporali, egli è certo, come diceva D. Bosco, che alla fine della vita si raccoglierà il frutto delle opere buone.
Dal canto .mio io pregherò e farò pregare tutta la famiglia salesiana, affinchè dopo una vita felice abbiate la bella sorte di trovarvi ricchi di meriti all'ora della morte.
Anche voi pregate per me e come io vi assicuro che vi porto sempre in cuore, così voi ricordatevi di chi col più profondo rispetto e con la più viva riconoscenza gode sottoscriversi
Di voi, Benemeriti Cooperatori e Benemerite Cooperatrici,
Oratorio S. Francesco di Sales Torino, 1 gennaio 1902.
Obl.m° Servitore Sac. MICHELE RUA
QUANDO nell'anno 1884, alla vigilia dell' Immacolata , tra il giubilo della nostra famiglia e di tutti i Cooperatori e Cooperatrici, era consacrato Vescovo titolare di Magida, Mons. Giovanni Cagliero, Vicario apostolico della Patagonia, noi gli annunziavamo nel Bollettino che l'avremmo sempre avuto presente agli occhi della mente e del corpo, ed i nostri lettori possono far fede con quanto piacere, e quasi riconoscenza noi prendiamo occasione per narrare le gloriose fatiche di questo intrepido figlio di D. Bosco. Ed ora quasi proviamo una pena di essere stati prevenuti dall'America nel ricordare una data per noi e per tutti veramente preziosa. La data cioè della sua venuta all'Oratorio, cinquant'anni fa! Siccome Egli, il valoroso ed intraprendente apostolo, non ricorda che la fortuna di essere venuto all'Oratorio, guidato quasi per mano dalla bontà di D. Bosco, così vorremmo qui ricordare con quanta generosità Egli corrispose al desiderio del Padre, e con quanta verità Egli abbia meritato di esser salutato in quei lontani paesi, sia per l'amore al bene, sia per la tenacità di proposito, il vero rappresentante di D. Bosco. Ci risuonano ancora all'orecchio le calorose sue parole pronunziate testè al Congresso Salesiano in Buenos-Aires, ricordando tra simpatici applausi le profezie di D. Bosco a suo riguardo, e come Egli seppe rappresentare a quella gente smaniosa di conoscere D. Bosco, il suo gran cuore, la meravigliosa attività, il santissimo zelo.
Ognuno a quel suo fare brioso e solenne avrebbe potuto ripetere col nostro poeta
E se il mondo sapesse il cuor ch'egli ebbe, mendicando la vita a frusto a frusto assai l'onora e più l'onorerebbe.
Ma tra le glorie di D. Bosco c'è anche quella d'aver saputo circondarsi di valent'uomini, che l'intendessero e lo coadiuvassero nelle sante imprese. Le grandi battaglie, diceva un celebre capitano, non si vincono che col genio dei capitani. E Mons. Cagliero fu presto un capitano ai fianchi di D. Bosco. Fin dall'anno 1851 ed al due di novembre, quando Egli entrò all'Oratorio, e trovò un secondo Padre in D. Bosco, qui posò i suoi pensieri, i suoi affetti, la sua vita. Ed ora omai vecchio egli ricorda con riconoscenza a Dio il giorno in cui la Provvidenza lo guidava all'Oratorio di Valdocco. Egli si dice fortunato, e fu... Ma, Monsignore, permetteteci di dire che della vostra fortunata sorte han goduto e godono a migliaia e migliaia i figli da Voi salvati. Chi può vedere le opere vostre compiute solamente in Patagonia e le vostre due residenze capitali di Viedma e Patagones in riva al Rio Negro, deve confessare che il santo zelo di D. Bosco non poteva avere un migliore interprete.
Invitiamo i nostri Cooperatori e Cooperatrici ad unirsi con noi a ringraziar Dio di aver mandato all'Oratorio un santo ed augusto figlio, e di pregare perchè ce lo voglia conservare per tante altre fauste occasioni per mostrargli la nostra riconoscenza ed ammirazione.
Intanto, come si cantava nei nostri primi anni e l'abbiamo sentito a ripetere dal labbro stesso di Monsignore
In caratteri dorati scriveremo in tutti i lati viva eterno questo dì !
Quasi a compimento di quanto si è scritto ci pare che faccia a capello questa lettera che Mons. mandava testè a Don Lazzero con cui aveva passati tanti anni in Europa. D. Lazzero, valente musico, sovente inspirava e reggeva la vena portentosa dell'allora giovane compositore.
Mio CARO D. LAZZERO ,
Prima di intraprendere il lungo viaggio delle Cordigliere ti scrivo, dandoti notizie dei miei cinquant'anni di Oratorio!
Furono festeggiati qui come nozze d'oro da tutti i giovani e Salesiani delle Case Sud Americane !
Il 1 ° di novembre, festa di tutti i Santi, del 1851 veniva accettato da D. Bosco ed il 2 novembre del medesimo anno già mi trovava in Torino! E fu a Torino all'Oratorio che tu hai trovato me, ed io ho trovato te! Quante cose passarono in cinquant'anni!!! quanti fatti, quante note, scritte, cantate! quanta allegria, quanta pace ! quanti insegnamenti del caro papà D. Bosco! quanti giovani, quanti amici e quante emozioni di cara e santa amicizia! quanto bene e quanti benefizii abbiamo ricevuto nel caro Oratorio! quanto bene e quanti benefizii ripartiti in 100 e più mila giovanetti ?
Quanti viaggi in Europa, in America, quante missioni, quante consolazioni e quante peripezie, ma sempre senza fastidii !!!
Adesso tu sei ammalato ed io sono vecchio! ma sempre tutti e due Caporali senza affanni!
Dio ti benedica e ti sollevi nelle tue infermità ed aiuti me a ringiovanire su per le montagne delle Ande e per le steppe del deserto ! Amen.
Aff mo
+ Giov. VEscovo.
B. A. Almagro, 1 novembre 1901.
... Vengono quindi, per ordine di merito, la scuola tipografica di S. Benigno Canavese, con voto di lode alla sua direzione tecnica, e quella di Nizza Marittima che, a giudizio pure dell'Archivio tipografico, costituiscono , con quella di Torino, degli stabilimenti di primo ordine. Della scuola di S. Benigno sono degno di particolare menzione alcune opere eseguite pel noto editore Clausen ; la Dottrina Cristiana. illustrata da 60 quadri in fototipografia; edizione, che pur costituendo un vero miracolo di buon mercato, merita il plauso degli intelligenti per la buona composizione e per la nitidezza delle stampe, eseguite interamente sa lastre stereotipe, a motivo dell'ingente tiratura; il grazioso volumetto dei Novi Uffizi, adorno di tricromie ottimamente tirate; e le Figurine per Album, notevole per riuscitissime fototipografie: lavori tutti con titoli e copertine di buon gusto, di giuste proporzioni e che rappresentano un notevole e continuo progresso.
Nizza a Mare, nella forma più modesta, ha dato una mostra assai interessante del suo valore. L'OEuvre de Don Bosco, dalle pagine chiuse da contorni a fregi di mirabile varietà e riceventi nuova attrattiva dal fondo a reticolato che copre i margini, vagamente frastagliati, a seconda le curve del fregietto, stile rococò, che circonda il fregio stesso, è un vero gioiello ; e l'indiscutibile suo valore artistico fa perdonare facilmente un anacronismo artistico in detti contorni. Souvenir d'un beau jour, e sopratutto Pensées filiales, in puro stile classico, sono degni di particolare encomio, come saggi di stampa. L'Album des travaux de ville -raccolta pratica dei lavori commerciali che ricorrono di frequente in una tipografia- riesce una vera comodità poi clienti e per il tipografo, e meriterebbe di entrare nell'uso delle scuole salesiane che ne ritrarrebbero grande giovamento.
I lavori della Casa di Milano spiccano pel buon gusto nella scelta dei caratteri e dei fregi e nell'accoppiamento delle tinte. Nictheroy si afferma vigorosamente con lavori di una certa importanza editoriale e per l'uniformità dell'indirizzo tecnico seguito: uniformità che non impedì tuttavia di mantenersi decorosamente all'altezza del progresso tipografico. Degne di nota le Leituras Catholicas, malgrado qualche difetto nelle copertine, e lo splendido Ramalhete patriotico, dallé pagine uniformemente inquadrate da un ricco contorno policromo; una composizione inspirata a grande buon gusto e tirata con maestria. La Giuria fa elogi, senza riserve, per le stampe delle fotoincisioni, alle quali nulla si può rimproverare, tanto esse sono riprodotte con calore di vita e di espressione grafica.
Marsiglia pure si presenta con lavori degni di una Casa di primo ordine. Nell'Emilie de Vialar abbiamo una stampa quasi irreprensibile ed una composizione regolare, secondo i precetti tutti dell'arte e per ciò che ha riguardo ai margini e all'armonia dei titoli. Corretta inspirazione e armonico accoppiamento di tinte rendono assai pregevoli alcuni suoi lavoretti in istile moderno, parte in tipografia e parte in litografia.
Sampierdarena si distingue pel buon gusto nei lavori avventizi, in cui è lodevolmente rispettata l'armonia dei vari stili ornamentali. Lodevoli pure i lavori tabellari, malgrado i filetti composti di troppi pezzi. La stampa è condotta con tecnica corretta.
La Giuria riscontra nelle scuole tipografiche di Parma e di Puebla ottimo personale, ma evidente difetto di materiale e di macchinario, quale si richiede dal mutato e progredito stato dell'industria tipografica. Nulla quindi di più opportuno che i Benemeriti Cooperatori di tali città, conoscendo i bisogni di quelle nostre Case, le vogliano aiutare a mettersi in grado di dare una più completa istruzione professionale ai nostri giovani operai, somministrando i mezzi dì provvedersi del materiale deficiente.
Lilla e Puebla hanno presentati buoni saggi di litografia. Alcuni lavori di Puebla, in nero ed in cromo, hanno favorevolmente colpita la Giuria. In queste tre scuole è mirabile e degna di encomio l'industre abilità con cui si ottennero risultati veramente considerevoli, se si pensa alla pochezza dei mezzi disponibili.
Fatto l'esame delle singole Case espositrici, la benemerita Giuria chiude la preziosa sua relazione con suggerimenti improntati a sentimenti di così vivo interesse pel progresso artistico delle nostre scuole tipografiche, che costituiscono per i Salesiani un impegno a doverli seguire ed un dovere di riconoscenza viva e perenne per la benevolenza loro dimostrata.
Nella seconda Sezione - Legatoria da libriotto furono le scuole espositrici , e tutto ebbero una parola di lode per qualche lavoro speciale eseguito con molta cura e grandissima pazienza.
Degne di particolare menzione sono le legatorie di S. Benigno Canavese e dell'Oratorio di S. Francesco di Sales in Torino. La prima si distingue per la sua ricca e svariata raccolta di legature si di lusso, che commerciali, liturgiche e di biblioteca. Ricordiamo le rilegature della Bibbia del Doré, lavoro di precisione e pazienza grande e di molto effetto, malgrado la coperta esterna sia riuscita un po' pesante, causa il massiccio alto rilievo, e si trovi qualche neo nella doratura interna. Non si può tuttavia fare a meno di ammirare il finissimo ed artistico lavoro di cesellatura e miniatura del taglio, riproducente soggetti e fregi tolti dalle decorazioni delle pagine. Bella la Fabiola in pergamena bianca, con fregi e titoli in oro a colori variati. Di effetto, ben ideato ed eseguito il Medagliere della Casa, specialmente per la doratura a mano su vitellino, di difficile esecuzione.
La Casa di Torino ha delle pratiche rilegature di libri di preghiera e liturgiche; buonissime dorature e cesellature a colori. Sono da notare le legature a portafoglio, per la solida esecuzione, e le rilegature in tela, uso premio, cori placche oro a colori, fra cui bellissima quella della Fabiola. Ha pure una serie di buoni dittici. Degna di lode la cucitura, l'eleganza e la solidità dei lavori. Le due rilegature Amatuer di Nizza a Mare, semplici, ma precise ed accurate, fanno lamentare di non poter ammirare altri lavori più importanti di una scuola d'indiscutibile valore.
La Casa di S. Pier d'Arena presenta ottimi libri di preghiera e di biblioteca, e si distingue per la rilegatura solida di un registro e per lavori di cartonaggio. Una eccellente legatura di Messale, con doratura di genere Grolier, offre la Casa di Parma: rincresce che la doratura interna, a pesante roletta, non corrisponda all'elegante esecuzione esterna. Milano ha un bell'Album per disegni di sarti, di molto effetto. Buone legature, per essere scuole principianti, ma che lasciano bene pronosticare del loro avvenire, sono quelle delle Case di Muri (Svizzera) e di Puebla.
La Giuria della terza Sezione - Scuole di Sartoria, - premesse alcune saggie e pratiche osservazioni sul modo di meglio assicurare in avvenire l'esito e facilitare il giudizio della mostra in questa sezione, assegna il primo posto alla scuola di S. Benigno Canavese, e giudica poi degne di particolar menzione quelle di Muri, Bologna e Milano. Esposero pure lavori le Scuole di Nizza a Mare, di S. Pier d'Arena, Valsalice e Tournay (Belgio).
Delle Scuole di Calzoleria, oggetto della quarta Sezione, figurarono dieci all' esposizione: S., Benigno Canavese, Nizza a Mare, Marsiglia, Oratorio Salesiano di Torino, Muri, Bologna, Novara, Mogliano Veneto, Milano, Quito. Quella di S. Benigno, anche qui, primeggia per buona lavorazione, varietà di modelli e taglio accurato : unico difetto, qualche incertezza nell'appiombo degli stivalini sia per uomo, che per signora.
Nizza marittima e Marsiglia spiccano per lavorazione di forma ragionata, buon finisaggio e taglio assai proporzionato: alcuni campioni sono di fattura molto elegante. Torino ha svariati e discreti modelli che sarebbero anche lodevoli, se fosse più accurata la proporzione della forma. Le calzature di Muri rispondono assai bene ai bisogni del Nord. Elegante e moderna la forma della scuola di Bologna. Buoni per solidità di lavorazione i prodotti delle altre case.
Nella quinta Sezione - Falegnami - sono rappresentate le Case di S. Benigno, Torino, Nizza a Mare e Novara. Un mobile a tre corpi, ben disegnato, con le parti di intaglio ben intese; varii mobili da camera con appropriata ornamentazione e specialmente un portone da chiesa, di stile romanico, ben concepito nel disegno, ed ottimamente trattato nell'intaglio, mettono anche in questa sezione, in prima fila la Scuola di San Benigno. La segue subito quella di Torino pel suo mobiglio da camera di buona fattura ed elegante nell'insieme, e per una tavola di stile Luigi XV, di diligente esecuzione, sebbene un po' pesante.
I Fabbri ferrai, nella sesta Sezione, sono rappresentati solo da S. Benigno, Torino e S. Pier d'Arena. Vi sono due cancelli ottimamente costruiti da S. Benigno: assai accurato anche nei più minuti particolari il minore e di buon disegno; sebbene ritenga forme varie di stile nelle parti ornamentali. Correttezza di disegno e discreta esecuzione nei lavori delle altre Case.
(Continua.)
QUAndo il venerato nostro Fondatore Don Bosco, metteva mano a quest'umile pubblicazione, e trovava molte e nuove difficoltà, nessuno si sarebbe aspettato che egli avrebbe avuto la costanza nel faticoso lavoro, e che l'avrebbero accompagnato gli amici ed i cortesi ammiratori. Eppure piacque tanto al Signore l'opera industriosa del suo Servo, e la benedisse, la fece germogliare, piantar profonde radici e resistere non solo all'urto dei venticelli, ma fin anco dei, fulmini. Si sa come i protestanti si studiarono di soffocare fin nel principio questa pubblicazione, e come per loro ogni mezzo era un'arma lecita, pur di liberarsi dall'importuno avversario.
Ed Egli, il buon Padre, d'indole mansueta ed amorevole, era imperterrito contro a quell'infuriare di nemici che diverse volte attentarono anche alla sua vita. Questi cari fascicoli arrivavano aspettati con dolce ansietà, e servivano di ottima ricreazione al popoletto specialmente d'inverno. Già allora, anzi fin da quei tempi veniva su una smania insaziabìle di leggere, ed era provvidenza l'incontro di questo amico. Allora i nostri fascicoli erano di color giallo, e si distinguevano da ogni altra pubblicazione, ed entravano liberamente tra il popolo e tra gli operai. Se ora questi sono la ricerca dei socialisti, protestanti ed eretici di altra forma e nome, in quei tempi erano degli eretici, convenuti in Torino da ogni paese d'Italia; e quando si temeva che in un paese avessero intenzione di andarvi i protestanti a seminare i loro errori, bastava che si fossero diffusi i libretti di D. Bosco per rendere vana ed infruttuosa la loro propaganda. Di qualche fascicolo se ne dovettero fare e distribuire a centinaia di migliaia di copie. Era impossibile misurare il bene che produceva ed il male che impediva.
Noi siamo d'avviso che in gran parte, dopo la grazia di Dio, si deve all'opera assidua, continua di queste care Letture, se la tempesta della propaganda protestante scomparve quasi dal Piemonte.
Quando noi vedevamo le ansie dell'umile servo di Dio, e soffrivamo alle sue pene, ed avremmo quasi voluto che levasse ad altro più grande il suo ingegno ed i suoi studi, ci sentivamo a dire
Il Signore mi ha mandato al popolo, ed è al popolo che si deve pensare !
- Ma questa lotta le toglierà aiuti da benefattori!
- E come ?
Le potrebbero dire che pensi a cercar pane, e non a stampar libretti che le attirino rabbia e vendetta !
- Devo anche pensare ai figli dell'Oratorio!
E noi vedevamo i protestanti mandar qui i loro emissari, attaccar briga religiosa con noi, suscitar questione contro il Papa, contro l'Arcivescovo, contro la Madonna.
E D. Bosco a raccomandarci di pregare che ci avrebbe difesi. Ed ecco a venir fuori le Letture Cattoliche e raccogliere avvisi pei cattolici, che fu come un vero grido di guerra, e cominciò allora la gran lite.
E lavorò nell'umiltà e spesso senza altra ricompensa che quella che Dio regala a coloro che si affaticano per Lui. Ebbe la consolazione di avere gli incoraggiamenti di molti Vescovi, e poi nel 1858 la lode del medesimo Santo Padre Pio IX.
E noi possiamo dire che mentre con questa pubblicazione, egli provvedeva pane e lavoro a molti poveri operai, ad altri somministrava l'occasione di conoscere la verità e di confermarsi nella religione, e ad altri di ritornarvi se mai già se ne era allontanato. Sappiamo di un tale che caduto vittima delle letture empie ed immorali, alla semplice lettura di alcuni dei nostri fascicoletti, ritornò nel seno della Chiesa da cui se ne era staccato.
A quanti altri, noti solo al Signore, saranno state le Letture Cattoliche, lume di grazia e di salute! D. Bosco, morendo, ci lasciò con premura questo suo campo a lavorare, e ci siamo sempre industriati di secondarne lo spirito e mantenerne l'indole e la missione. E ci pare di essere riusciti a contentare i nostri lettori, ed a continuare l'opera benefica del nostro Fondatore.
Di fatto il numero degli assocciatì che per qualche tempo si era mantenuto quasi fermo, dopo la sua dipartita, l'abbiamo veduto sensibilmente crescere ed ottenerne l'approvazione. Molte associazioni, belle, eleganti, buone, sostenute da ottimi scrittori, nacquero, nel corso di cinquant'anni fiorirono, e poi scomparvero. Invece l'opera semplice e tranquilla di D. Bosco, si mantenne sempre rigogliosa, e mercè la benedizìone dei Vescovi e del Papa, andò sempre migliorando, e speriamo che sarà per molto tempo ancora la pia sollecitudine dei figli e di coloro che verranno dopo di essi.
Ma non potrebbe meglio finire questo mirabile corso di cinquant'anni, che col regalare ai suoi associati una Breve vita popolare di D. Bosco. O ! ben venga D. Bosco a ricreare i suoi amici, a raccontarci anche in breve le sue vicende, e sarà il desiderato di quanti ammirano la sua opera e così potranno soddisfare la gran sete che avevano delle sue notizie.
Sono circa cinquecento pagine che si danno come regalo agli Assocciati nuovi ed antichi per due soli mesi dell'anno corrente.
Noi raccomandiamo ai Benemeriti Cooperatori e Zelanti Cooperatrici che si vogliano procurare l'aureo volume, lo leggano e lo facciano leggere, perchè, noi lo speriamo, nello scorrere quelle pagine ameranno sempre più D. Bosco, le sue opere, e si accorgeranno che in tal maniera si meriteranno sempre di più le benedizioni di Dio.
Molti dei nostri Cooperatori ci scrivono chiedendo ansiosamente notizie intorno all'Istituto Salesiano di Messina. Siamo lieti di partecipar loro e a tutti che la lunga e dolorosa vertenza, durata per quasi cinque mesi e che tante apprensioni aveva destato nell'animo dei buoni, ebbe alfine una felice e consolante soluzione.
Un decreto di S. E. il Ministro Nasi, pervenuto a Messina il dì stesso della festa dell'Immacolata, ridonava definitivamente la vita, mediante riapertura legale , alle scuole ginnasiali ed elementari di quel nostro Istituto, che continua perciò il sito cammino educativo-didattico, fatto ora più fiorente, dopo la lotta sostenuta, per importanza intrinseca e per numero di alunni. Noi ne rendiamo grazie anzitutto a Dio, che così apertamente, e, diremmo quasi, visibilmente ci sorresse fra tante pene; poi a quanti ci accompagnarono con la preghiera, col consiglio, con affettuoso interessamento. Un grazie sopratutto di cuore ai genitori e parenti di quei nostri cari allievi, che non solo non si smarrirono fra tanta e si prolungata opposizione, ma ci consolarono con isplendide dimostrazioni di fiducia che noi non dimenticheremo giammai. Dal canto nostro, anzichè perderci in lamenti, querimonie od invettive sul passato, su cui amiamo anzi stendere un velo, ne piglieremo argomento per proseguire vieppiù animosi su quella via di educazione religiosa, morale, intellettuale e civile, che ci fu tracciata dal nostro indimenticabile padre Don Bosco, e che porta scolpite a grandi caratteri le parole: Dio, famiglia, patria.
Italia.
SCHIO - Nuova fondazione. - Il 27 del passato ottobre l'industriale Schio apriva un nuovo asilo ai figli di D. Bosco a beneficio di centinaia di poveri giovanetti, che da anni ed anni aspettavano sì lieto giorno. Per ben quarant'anni l'infaticabile Monsignor D. Francesco Panciera, che ben meritamente si può chiamare un secondo Don Bosco, superando difficoltà d'ogni genere con sacrifizi e spese non indifferenti, sostenne in questa città l'Oratorio di S. Luigi, Oratorio che dai frutti che diede ben si conosce quanto saggiamente e santamente fu diretto. Qual tenero padre veniva amato dai suoi giovanetti, che fatti adulti, colle lagrime agli occhi ricordavano al loro benefattore i benefici ricevuti. Ma per l'avanzata età e per le molte fatiche ed obblighi che specialmente in questi ultimi anni dovette sostenere , lo fecero pensare di provvedere chi lo potesse sostituire ; troppo gli rincresceva dover abbandonare i suoi cari giovani, e fu allora che rivolse lo sguardo ai figli di Don Bosco, perchè in loro vedeva i veri benefattori e padri della gioventù. Egli stesso nel 1891 si recò a Torino ed al Superiore dei Salesiani, il sig. Don Rua, fece vive istanze per aver i Salesiani; ma, amaro disinganno, gli fu risposto che per allora non si poteva. Non si perdette d'animo per questo e per ben altre cinque volte tornò a picchiare e forte nelle parole del Salvatore « Petite et accipietis, pulsate et aperietur vobis»: ottenne finalmente, dopo dieci lunghi anni, il desiderato consenso. Trionfante egli tornò alla sua diletta Schio, ma un'altra difficoltà restava a superare. Il luogo ove teneva l'Oratorio era troppo angusto ed insufficiente ai crescenti bisogni, non sapeva come provvedere altrimenti, quando un'anima santa, un'angelo della carità, figlia di quel grande benefattore dell'operaio il Senatore Alessandro Rossi, offerse a Mons. Panciera, suo cugino, quanto era necessario per innalzare un nuovo istituto ad incremento dell'opera santa del suo cugino ed a maggior vantaggio dei poveri figli della sua natale Schio. In breve si innalzò un bel edifizio con tutte quelle comodità proprie del fine pel quale fu eretto. E nello scorso aprile l'illustre Monsignore ebbe la consolazione di poter commemorare nel nuovo istituto il quarantesimo anniversario del suo diletto Oratorio. L'arrivo dei Salesiani era prossimo; e l'infaticabile Monsignore non si dava riposo per preparare e disporre tutto il meglio possibile. Finalmente il giorno sospirato da cuori sì nobili e generosi giunse, e nella mattina del 27 ottobre accompagnati dal loro amatissimo Ispettore Don Mosè Veronesi e dall'esimio cooperatore il M. Rev. Don Giuseppe Bellin, che gentilmente si recò a Vicenza a porger per primo a nome del Rev.mo Mons. Panciera e clero di Schio i benvenuti ai nuovi arrivati, scendevano alla stazione di Schio quattro Salesiani accolti dall'ill.mo Mons. Panciera, dall'ill.m° Mons. Maggio, Arciprete di Schio, dall'insigne benefattore e direttore dei Cooperatori Salesiani della città il M. Rev. D. Ottavio Ronconi, dall'ill.mo Saccardo e clero e distinti Signori. Il Rev.mo Mons. Panciera condusse i nuovi ospiti direttamente alla loro casa. Ivi, accolti al suono dell'orchestra con maestria diretta dall'illustre Maestro sig. Gaetano Crestano, e dalla numerosa gioventù Scledense, entrarono nella cappella. Il nuovo direttore celebrò la Santa Messa assistita dai Rev.mi Monsignori e Sacerdoti e Nobili Signori : Commendatore Francesco e Gaetano e Barone Giovanni Rossi. Terminata la Messa i nuovi arrivati trattenutisi alcuni momenti cogl'insigni benefattori, furono introdotti dal Rev.mo Mons. Panciera nella sala accademica, ove appena entrati eruppe unanime dai più dei 300 giovanetti ivi radunati un'evviva ai Salesiani. Quelle giovanili voci si sprigionarono poi in un bellissimo inno d'occasione. Delicati pensieri e nobili affetti vennero diretti poi ai Salesiani ; per ultimo parlò Mons. Panciera e commosso fino alle lagrime diede l'addio ai suoi cari giovani, dicendo che braccia ben più robuste delle sue, già omai spossate, vennero ad aiutarlo e rivolgendosi poi ai figli di D. Bosco consegnava piangendo la parte più cara al suo cuore, i cari giovani. Il nuovo direttore diresse allora a Mons. Panciera ed agli insigni benefattori ardenti parole di ringraziamento; e rivolgendosi poi ai giovani li ringraziò ed animò a sempre esser così assidui all'Oratorio e ritornando poi alle parole di Monsignore disse che ben di cuore accettava come figlio dell'obbedienza il pegno prezioso che gli consegnava Mons. Francesco, e che sebbene si vedesse di forze minore, pure confidando nella grazia divina e nella buona volontà dei giovani Scledensi si metteva all'opera fiducioso di poter coadiuvare il meglio possibile il loro benefattore e padre Mons. Panciera. Eruppero allora i giovani, presi da un santo entusiasmo, in un nuovo evviva a Mons. Francesco Panciera ed ai Salesiani, entusiasmo che speriamo mai scemerà e corrisponda così ai sacrifici ed alle fatiche che sì generosamente soffrono per loro chi di vero cuore li ama.
CORIGLIANO D'OTRANTO. - Istituto Agrario S. Nicola. - Ai 16 del novembre dell'anno scorso in Corigliano di Puglia, con l'intervento di Mons. Caporali. Arcivescovo di Otranto, veniva solennemente inaugurato il primo Istituto Agrario di D. Bosco nelle Puglie, che la munificenza del compianto e benemerito Barone Nicola Comi, volle affidare ai figli di D. Bosco. Egli persuasissimo che alla meschina produttività del terreno è da attribuirsi ai giorni nostri il grande malessere economico delle popolazioni e l'annua numerosa emigrazione delle classi rurali, destinava una parte non indifferente del suo avito patrimonio a beneficio di una istituzione esclusivamente agraria, come quella che meglio potrà rispondere all'incremento del nativo paese e promuovere il benessere dei suoi cari concittadini.
E l'Istituto, di cui si benediva la prima pietra solo nell'ottobre del 1899, grazie alla intelligente ed operosa attività del M. R. D. Nicola Donno, veniva solennemente benedetto dall'Arcivescovo Mons. Caporali, alla presenza delle varie autorità locali, del figlio del defunto fondatore, il Barone Mario Comi con tutta la famiglia, del R. M. D. Marenco, quale rappresentante del Superiore dei Salesiani. Dopo la benedizione della vasta Cappella il M. R. D. Salomone Fuso, Arciprete di Corigliano, anima di tutta la festa, leggeva un forbito ed elaborato discorso, elogiando all'anima grande del compianto Barone Comi, che con magnanima determinazione volle ad esecutore della sua grande carità i figli di D. Bosco, e spera che copiosi ed abbondanti saranno i frutti di santificazione e di cristiana civiltà che l'Istituto sarà per portare a tutta Corigliano. Mons. Arcivescovo celebrava poscia la santa Messa dopo la quale, rivolte brevi parole all'affollato concorso di persone, impartiva la solenne benedizione.
Al pranzo gentilmente preparato in un salone dell'Istituto non mancarono i brindisi ed i discorsi auspicanti il prospero avvenire dell'Istituto ed applauditissime furono le sentite parole del Sindaco sig. A. Gervasi sull'Opera Salesiana e sulla munificenza dell'illustre Comi. A tutti rispose Don Marenco a nome di tutti i salesiani ed il suo dire fu tutto un poema carissimo per la casa Comi, per la nuova fondazione, e per l'avvenire della regionale agricoltura, che oggi punta gli occhi alla Casa salesiana di Corigliano come per riceverne sprazzi luminosi e fecondi.
I nostri più fervidi auguri al nascente Istituto, ai giovanetti orfani del popolo Coriglianese, ed una prece all'anima del largo benefattore che dal cielo veglia sulla sua pia e filantropica istituzione.
ANCONA. - Inaugurazione dell'Istituto della Sacra Famiglia.- Anche da questa città capitale delle Marche ci si scrive che furono benedetti i locali destinati a scuole di coloro che frequentano l'Oratorio festivo. Una parte di questi locali medesimi, in attesa che sia edificata la Chiesa, che dovrà essere anche a vantaggio del pubblico, si adopera come Oratorio dei giovanetti. È un principio che consola, che apre il cuore ad una bella speranza, e frena i soverchi desiderii, fino a tanto che non si abbia a vedere alta dal suolo, e coperta quella Chiesa di cui per ora non si scorgono che le fondamenta. Quell'Eminentissimo Cardinale Arcivescovo nel medesimo giorno che si benedissero i primi locali, vi si volle recare colà, e tutto radiante di consolazione trattenersi con famigliarità ce' suoi figli, che frequentano le scuole diurne dei figli di D. Bosco, legalmente approvati per l'insegnamento. È una nuova vita che si diffonde in quel quartiere, ed aspettiamo con ansia quel fausto giorno , in cui i Salesiani potranno estrinsecare tutta la loro vigoria a vantaggio della nostra gioventù.
Anche Sua Eminenza sentiva questo lieto avvenire, e lo annunziava ai giovani come godeva che quel locale fosse eretto per loro. Il suo dire era come quello di un padre che si trattiene coi figliuoletti; e tutto l'uditorio prendeva parte alla sua gioia ed alle sue speranze.
Volle dopo la S. Messa impartire la benedizione, e poi finire per farla da catechista salesiano. Nè altrimenti si potrebbe chiamare , perche, mentre il nuovo direttore D. Perino, celebrava la Messa, lo zelante Pastore faceva recitare le orazioni, ne spiegava il significato, li incoraggiava a pregar bene, ad essere divoti, accompagnandone le preghiere come un assistente. Come ci si godeva!
E noi al vederlo stare colà circondato da giovanetti, che gli mostravano tutta la loro contentezza di averlo in mezzo a loro, pensavamo a ciò che leggevamo nei Cinque Lustri della vita di Don Bosco, e ci pareva di averla viva e vera sotto ai nostri occhi. Che bell'avvenire per la nostra patria, se i giovanetti torneranno al clero, alla pratica della religione, da cui impareranno ad amare Iddio e la sua santa legge ed a diventare onesti e virtuosi cittadini !
CRUSINALLO. - Inaugurazione dell'Istituto S. Giuseppe. - I giorni 9, 10 e 11 p. p. novembre rimarranno indelebili nel cuore e nella memoria dei buoni Crusinallesi per le feste solennissime ch'ebbero luogo in quel popoloso ed industriale borgo del Novarese, inaugurandosi il nuovo Istituto S. Giuseppe, diretto dalle Figlie di Maria Ausiliatrice, il quale porta in sè la vera impronta delle opere del Signore, avendo dovuto lottare contro difficoltà di ogni genere. Ma le difficoltà non scossero per nulla la tempra ferrea di quell'ottimo Arciprete, D. Luigi Lapidari, che, superata la prima lotta di oltre dieci anni, si prepara animoso a fare anche pei giovanetti ciò che con amore di padre ha fatto per le giovanette.
Il nostro venerato Superiore D. Rua volle dargli un segno di particolare deferenza recandosi a Crusinallo per le feste, accompagnato da Mons. Fagnano e da un altro sacerdote salesiano. La paterna bontà di D. Rua si guadagnò subito il cuore di quella popolazione che circondò il Successore di D. Bosco d'ogni più riverente attenzione.
Le feste si svolsero con una solenne accademia di apertura, nell'Istituto S. Giuseppe, la sera del giorno 9 ; con imponenti funzioni nella Chiesa parrocchiale il giorno 10, chiuse col trasporto del caratteristico simulacro di S. Giuseppe dalla Parocchia alla Cappella dell'Istituto: trasporto durato oltre tre ore fra due ali fittissime di operai, plaudenti al loro patrono; e finalmente, il giorno 11, con altre funzioni religiose nell'Istituto ed un breve, ma assai indovinato saggio dell'Asilo infantile. Vorremmo, ma non ci è possibile, ringraziare tutte le ottime persone che tanto si adoperarono per la splendida riuscita delle feste. Non possiamo tuttavia dimenticare, l'illustre signor Sindaco, i RR. Carabinieri, i sigg. Industriali, il Comitato del Banco di beneficenza, la premiata banda di Omegna e in modo particolare i RR. Parroci dei dintorni e il Coadiutore D. Martelli, che circondarono d'ogni attenzione il Successore di Don Bosco. Egli desidera cho per mezzo nostro giunga a tutti il suo riconoscente ringraziamento e l'assicurazione che terrà scopre gradito ricordo dei giorni passati fra i figli del lavoro a Crusinallo.
NOVARA. - Un bell'esempio. - evviva Novara! ci corse spontaneamente sul labbro, quando abbiamo veduto i miracoli di zelo, di operosità e di amore, compiuti da quel Comitato di Patronesse. Erano state ingenti le spese che si eran dovute fare per erigere una Chiesa, monumentale anche per quella cospicua città, per terminare l'Ospizio adattato per molti figli del popolo avviati ad un'arte onde guadaguarsi onestamente il pane, e si stava in pericolo di dover sospendere l'accettazione di tanti poveri orfanelli che battevano a quelle porte, per mancanza di nuovi mezzi e per i gravi debiti che pesano ancora sulle spalle di quei Superiori. Che fare? Dietro suggerimento di ottime persone piene di zelo per le Opere Salesiane, si potè raccogliere un buon nucleo di pie signore che si strinsero in sacra lega, e senza tante promesse vennero subito ai fatti.
Questo metodo spedito ed operativo, ci fa ricordare come D. Bosco vedeva diritto, anche come uomo d'esperienza, quando ci diceva: « Se volete fatti, rivolgetevi alle madri, e poi vedrete! Io lo so e per lunga esperienza. Esse conoscono finamente e cristianamente la carità verso i figli ! » E di fatto quel Comitato si mise subito all'opera, e vedendo come l'indole del paese avrebbe approvata una Fiera di beneficenza ne idearono una che potesse dirsi perfetta sotto ogni riguardo. Per questi figli, esse si sentirono il coraggio di invitare la stessa Maestà del Re, Vittorio Emanuele III. Egli non potè rimanere indifferente, e volendo far conoscere il suo particolare aggradimento, fece arrivare con delicatissime parole del gran Mastro di casa un magnifico quadro. Questo giunse dopo la Fiera, e sarà come mezzo ad altre pie industrie di beneficenza. Intanto quelle zelanti Patronesse a correre qua e là fra le loro conoscenze e raccogliere doni e far giungere inviti per il gran giorno. Il quale accompagnato da un magnifico sole chiamò nei vasti e grandiosi portici di quell'Istituto a migliaia gli acquisitori dei biglietti. Chi avrebbe osato rifiutarsi ? Quelle Signore sapevano farlo con tanta squisitezza di modi, ed eleganza insieme, che tutti ne erano guadagnati. Si videro le autorità civili, le militari, le ecclesiastiche, gli operai, e tutti ammiravano il numero, l'eleganza, il valore dei premii, e pescavano allegramente nelle acque chiare della carità cristiana. Pareva che anche Maria SS. Ausiliatrice benedicesse dal paradiso l'opera loro, perche l'incasso fu proprio consolante. Si calcolò di 5000 lire !
Le stesse Signore Patronesse che giungono ad una settantina furono meravigliate di questo slancio di tutta la cittadinanza, e nell'occasione in cui D. Rua fu a visitarle anche solo di volo, gliene vollero dimostrare tutta la loro ammirazione. « Non siamo state noi, o Signore, ma fu la Madonna medesima che volle questuare per noi. »
Mentre ci sentiamo in dovere di ringraziarle per l'amore che dimostrarono e dimostreranno a vantaggio dell'opera di Novara, non possiamo far a meno che proporre il loro esempio all'altrui imitazione. Maria Ausiliatrice le benedica, e le preghiere dei nostri beneficati scendano feconda rugiada di grazie e di favori celesti nelle loro famiglie. Mai come nel fare del bene ai fanciulli si compie il date et dabitur vobis con una misura colma e compiuta.
OMEGNA. -D. Rua sulla tomba di un Salesiano. - I Cooperatori Salesiani conoscono il nome del nostro confratello, Don Andrea Beltrami, pei numerosi suoi scritti; però non tutti forse sanno che i Salesiani lo considerano come un dei più preziosi doni fatti loro dal Signore. D. Rua - che ne aveva stima come di un santo e che anche per insistenza di lui volle consacrata al Cuor di Gesù la Pia Società Salesiana - trovandosi nello scorso novembre a Crusinallo, poco lungi da. Omegna, si recò sulla tomba di questo suo figliuolo. Sparsa in Omegna la notizia dell'andata di D. Rua al cimitero, una quantità di popolo accorse colà per dimostrare in quale considerazione tenga il caro deposito affidato ad Omegna. E D. Rua mostrò agli Omegnesi come gradisse tale affettuosa cura, parlando con affetto e ammirazione di Don Beltrami; congratulandosi con Omegna per la fortuna grande di possedere le spoglie mortali di chi morì consumato non da lenta malatia, ma da ardente amor del Signore.
JESI (ANCONA.) - Solenne premiazione - Simpatica ed oltre modo ben riuscita fu la festa che si svolse il 25 novembre scorso nell'Istituto di Jesi. Non ostante il tempo piovoso il teatrino dell'Oratorio riccamente preparato per la distribuzione dei premi agli alunni studenti ed artigiani ed ai giovanetti che frequentano l'Oratorio festivo, rigurgitava di gente accorsa ad ammirare i frutti dell'educazione cristiana. Parlò applaudito l'egregio direttore del giornale la Patria di Ancona, il quale inneggiando all'immortale D. Bosco che seppe servirsi di quella classe di persone, che ora si vorrebbe abbattuta, pel benessere di tanti tigli del popolo, si augura che presto possa sorgere anche in Jesi una scuola di agricoltura affine di rialzare le sorti del povero contadino. -
Dopo scelti pezzi di musica eseguiti con perizia dagli alunni della scuola di banda dell'Oratorio festivo, fra i più entusiastici applausi si passò alla premiazione degli studenti e degli artigiani, ed i giovanetti dell'Oratorio festivo si ebbero, grazie alla solerzia e generosità del direttore, dei Buoni per altrettanti vestiti. La festa lasciò in tutti cari ricordi, che propiziati dalla carità dei buoni Jesini, porteranno frutti di benedizioni alla loro ridente ed industriosa città.
VIGONE - Un nostro Missionario nella sua patria. - Ci scrivono di là: Si faceva la festa di San Luigi, e nella sera, mentre al mattino avevamo sentito il panegirico del Santo, comparve sul pulpito di S. Maria del Borgo, l'augusta presenza del nostro compatriota Don Borghino da 25 anni Missionario Salesiano. Erano quindici anni che non si vedeva più, e la sua comparsa ci fu cara come quella, direi, di un'apparizione celeste. Fra tutti coloro che giubilavano alla sua venuta, c'era la veneranda sua madre, che ottuagenaria, rifece il sacrificio di lasciarlo ripartire. Noi la vedevamo con ammirazione ascoltare l'infuocata parola del ministro di Dio, che esponeva per quante difficoltà egli doveva passare prima di far arrivare alla mente ed al cuore a quei rozzi abitatori del deserto l'idea di Gesù Salvatore; come sovente doveva anche rivolgere le sue cure ai nostri emigranti, che corrono in quei paesi lontani in cerca di fortuna, dove i più non trovano che amarezza e sconforti. Anche allora e specialmente per questi giunse consolante la parola del Missionario.
A quella festa c'era pure il Rev. P. Boetto della C. di G. che aveva celebrato al mattino la prima Messa. Al suo pio concittadino seppe rivolgere convenienti parole, e richiamare alla mente come se vivesse ancora S. Luigi, che ripeterebbe il grido dei nostri tempi : Salviamo la Patagonia!
Ai tempi del Santo c'era Francesco Saverio che aveva saputo destare l'Europa alla conquista ed alla salute delle Indie, e che molti e molti valorosi accorrevano a prestare braccio forte al grande Apostolo per la eterna salute di quei paesi. I Missionari Salesiani accorrono là in cerca di tanti fratelli ancor lontani dalla famiglia di Dio, e cercano di fare come un giorno faceva S. Francesco Saverio. Ma ho bisogno di soccorso, e voi me li darete. Essi mi saranno doppiamente sacri. Dirò a loro : Vedete? In patria vi ho raccomandati a' miei fratelli, ho detto del vostro bisogno, e solo perche cristiani come loro, vi hanno soccorsi. Allora sarò doppiamente glorioso di essere di Vigone, di questa terra che mi sa aiutare con tanti suoi sacrifizi ad aiutare le Missioni in mezzo alle Pampas e tra gli abitanti. Queste parole, improntate a tanta carità, fecero la più buona impressione, e le offerte furono copiose.
Noi ammiravano assai più le sue parole, perche sapevamo con quanto sacrifizio ora ripartiva, ormai certo di non più rivedere la sua madre. Dio benedica il Missionario e consoli il cuore di una madre così generosa per la salute delle anime. Ella dice : Mio figlio è là per la fede, e mi basta. Se qui non lo vedrò più, spero di rivederlo in paradiso, e dove non ne sarò mai più separata. Possa il suo esempio destare tante altre madri a fare così generoso sacrifizio pel Signore.
GENOLA. - In memoria di Don Belmonte. - Alla cara e venerata memoria di Don Domenico Belmonte, che fu per tanti anni Prefetto della nostra Pia Società, si volle di certo elevare una Cappella dedicata a Maria Ausiliatrice. Il santo pensiero con l'intervento di molti ammiratori della pietà di D. Belmonte, fu presto messo in esecuzione, e di quest'anno stesso fu benedetta ed aperta al pubblico. Fu scelto il 13 di ottobre, giorno di festa, per la solenne inaugurazione, e la popolazione che vi era concorsa assai nelle spese, si portò quasi tutta con il parroco alla festa a rendere più decorosa la solennità. Anche noi abbiamo voluto prendervi parte, e vi si mandò una deputazione incaricata di rappresentare i Superiori; mentre i nostri giovani cantarono alla Messa ed ai vespri ed alla benedizione, una musica assai bella e piaciuta a quella popolazione.
Disse le lodi di Maria Ausiliatrice, unendovi un po' l'elogio del suo gran divoto D. Domenico Belmonte, il nostro confratello Don Albino Carmagnola. Egli parlò da par sito e da figlio affezionato di D. Belmonte, alla cui sapiente scuola era cresciuto non disadorno predicatore omai conosciuto in tutte le parti d'Italia.
TORINO. - Circolo di studi sociali nell'Oratorio festivo S. Giuseppe. - Abbiamo il piacere di segnalare un nuovo fatto che testimonia la vita sempre prosperosa di uno dei nostri più fiorenti Oratori festivi di Torino. Lo zelo intraprendente del direttore dell'Oratorio S. Giuseppe, D. Attilìo Garlaschi, con lodevole e pratico pensiero, ha aggiunto alle varie sezioni che rendono già così caro a' suoi giovanetti quel ritrovo do menicale, una nuova ed indovinata attrattiva colla fondazione di un Circolo di studi sociali. Per tal modo vennero soddisfatti i vivi desiderii dei giovani studenti che frequentano quell'Oratorio.
La prima adunanza, indotta dalla Commissione provvisoria pel 22 p. p. dicembre, riuscì splendidamente non solo pel numero dei giovani studenti e per le spiccate personalità torinesi che vollero colla loro presenza onorare ed incoraggiare quei buoni giovani ; ma sopratutto per la intonazione seria, schiettamente cattolica, a cui era improntato l'amichevole scambio delle idee per stabilire le norme direttive del Circolo. Con bella e generale affermazione si volle che il nuovo Circolo fosse intitolato a D. Bosco ; la qual cosa consola grandemente e lascia ottimamente pronosticare della nuova istituzione, che risponde ad un vero bisogno per la gioventù studiosa di Torino.
Impero Austro-Ungarico.
GORIZIA. - La visita di D. Rua. - Diretto per la Polonia il nostro veneratissimo Superiore volle nel suo itinerario regalare d'una sua visita i nostri Benemeriti Cooperatori e confratelli di Gorizia, e constatare personalmente lo sviluppo che in sei anni potè avere l'Opera Salesiana in questa città, sì nel Convitto di S. Luigi come nell'Oratorio festivo. Erano ad aspettarlo alla stazione parecchi del clero e del laicato, che furono felici di porgere subito il loro ossequioso saluto al Rettor Maggiore della Società Salesiana. Si montò dipoi nelle carrozze, e con felice pensiero alcuni giovani dell'Oratorio festivo circondarono coi loro velocipedi infiorati la carrozza di Don Rua.
Arrivati al Convitto imbandierato, i novanta allievi nel cortile acclamarono col più vivo entusiasmo il successore di D. Bosco, che entrato in sala vide pronto un numeroso coro con orchestra a dargli coi suoi concenti il benvenuto. Poscia un giovanetto pronunziò a nome dei compagni l'ossequioso e riconoscente saluto; e il direttore D. Scaparone ringraziò Don Rua della sua benevolenza singolare nella visita di Gorizia. Rispose egli con quella parola che gli esce sempre così viva dal cuore ringraziando della bella accoglienza che si fa, disse lui, non già alla sua persona, ma al successore di D. Bosco, di Colui che tanto amò gioventù e per essa sacrificò tutta la sua vita. Ringraziò vivamente tutti i benefattori Salesiani, Cooperatori e Cooperatrici, per l'appoggio efficace dato all'Opera di D. Bosco; e si congratulò schiettamente col coro dei giovanetti cantori e suonatori rilevando il merito del bravo signor Maestro.
Al mattino dopo Don Rua si trovò nella Cappella circondato dai cari giovanetti, che aspettavano ansiosi di assistere alla sua Messa e di ricevere dalle sue mani la SS. Comunione. Ai convittori si erano aggiunti anche gli ex-allievi del Convitto, che vollero partecipare alla stessa sorte, come pure alcuni giovani dell'Oratorio festivo. Commovente la funzione d'arabe le parti ; e più tardi ne seguì un'altra, la professione religiosa di due coadiutori Salesiani, che fecero i loro voti alla presenza degli allievi, in mano del loro Rettore Generale. E D. Rua colse l'occasione per rivolgere di nuovo la sna parola ai giovani con quell'insinuante facondia, con quella soave unzione che avvince le menti ed i cuori.
Di poi, accompagnato da D. Rocca, economo generale e dall'ing. Ravizza di Milano volle visitare le tombe dei Reali di Francia, egli che aveva ben conosciuto il Conte di Chambord; e là pregò coi compagni pel suffragio di quelle anime che tanto amarono la Francia, aggiungendo una preghiera per la salute di quella nazione. Indi si portò al palazzo Arcivescovile, e Sua Eminenza, sebbene alquanto indisposto lo ricevette con soddisfazione, lieto di conost ere di persona il successore di Don Bosco. Sua Eminenza si compiacque pure di esprimere ripetutamente la sua piena contentezza del bene che fanno a Gorizia i Salesiani, sia col Convitto sia coll'Oratorio festivo, augurando insieme uno svilnppo ancor maggiore dell'Opera Salesiana.
Alla modesta agape presero parte tutti i principali benefattori dell'Opera Salesiana, ed ai brindisi D. Rua rispose attribuendo la massima parte del bene che si è fatto in questi sei anni all'opera indefessa dei Cooperatori di Gorizia. Dopo il pranzo ebbe luogo una radunanza indetta nella sala del Convitto vecchio. Giammai la spaziosa sala aveva contenuto tanta gente, un'eletta di Cooperatori e Cooperatrici, venuti anche dal Friuli, per conoscere mi ossequiare il successore di Don Bosco. Quando egli comparve nel cortile fu un uragano di applausi; erano raccolti insieme gli allievi del Convitto e i ragazzi dell'Oratorio festivo. Essendovi pure una rappresentanza del Seminario teologico diocesano, Don Rua rivolse ai chierici la parola animandoli a prepararsi alla loro missione.
Preso posto nella sala, artisticamente addobbata, si diè principio alla accademia,. Dopo l'inno d'occasione, parlò a nome dei Cooperatori e delle Cooperatrici Mons. Alpi, ed il suo dire improntato ad una facondia senza pari, fu tutto un inno a Don Rua, che così bene seppe dimostrarsi successore di Don Bosco e sotto la cui saggia direzione in pochi anni si è triplicata l'Opera Salesiana. Seguirono poi varie declamazioni in lingua latina, italiana e tedesca, che gli allievi eseguirono con simpatica disinvoltura.
Si alzò quindi Don Rua che disse tosto che quanto era stato detto di lui, non era altro che la verità di quanto Don Bosco disse prima della morte. - Io pregherò, se il Signore mi prende nella sua santa grazia, perchè l'opera nostra abbia ad estendersi sempre più a vantaggio delle anime. - Ringraziò vivamente i Cooperatori e le Cooperatrici di tutto l'appoggio morale e materiale che hanno dato all'Opera Salesiana; e li esortò a continuare e crescere sempre più il loro zelo, concorrendo così efficacemente al maggior bene della gioventù. Espresse la stia viva soddisfazione pel rapido sviluppo verificatosi a Gorizia dell'Opera Salesiana, ed è fermamente persuaso che fiorirà sempre più. Vivissimi applausi coprirono l'affettuosa parola di D. Rua. Col canto dell' inno imperiale aveva termine questa simpatica festa,, che in tutti lasciò le più vive impressioni, e la più sincera affezione pel Successore di Don Bosco.
Argentina.
BUENOS AIRES. - Solenne processione alla Chiesa degli Italiani. - Memori dell'affetto e della predilezione che nella nostra patria gode la Vergine del Rosario, i nostri connazionali di Buenos Aires vollero celebrare con tutta la solennità e divozione possibile la festa ad Essa dedicata nella prima domenica di ottobre. Ben riuscite furono le funzioni celebrate al mattino e non pochi furono quelli che si accostarono ai SS. Sacramenti. Ma non si accontentarono di ciò i nostri bravi Italiani e per dare una pubblica dimostrazione della loro fede e divozione alla Vergine Santa, per le due e mezzo del dopo pranzo avevano indetto una processione solenne per le vie principali della città.
Prima ancora dell'ora stabilita una folla immensa di gente si accalcava nei dintorni della Chiesa, mentre la polizia diligente e solerte disponeva vari picchetti di guardie e carabinieri a tutela dell'ordine e della tranquillità pubblica. Eseguiti vari canti dalla Schola Cantorum del Collegio Pio IX si diede principio alla sfilata preceduta dallo stendardo di S. Luigi Gonzaga. La processione era seguita da una doppia fila di fanciulli dell'Oratorio, dallo stendardo dell'Angelo Custode, dell'Immacolata Concezione, e del S. Cuore di Gesù, in mezzo a bimbe e fanciulle bianco vestite, ad una folla di signore, di uomini e sacerdoti. In seguito la banda della scuola di Arti e Mestieri dava lustro alla solennità, e dopo di essa un Crocifisso di incredibili proporzioni a cui rendeva onore una compagnia di Pompieri, che a Buenos Aires forma un corpo di Guardia, preceduta da quattro di essi con l'arma abbassata. In fine dopo la, doppia colonna del clero e dei sacri ministri, in mezzo ad una folla di gente e difeso da un picchetto di Pompieri e di guardie si avanzava il trono della Vergine Mater Misericordiae tra rose e fiori. Il percorso fu lungo e la processione nella sua lunghezza abbracciava vari isolati della città. Mai si vide, a memoria di uomo, in Buenos Aires tanto slancio di amore per la Vergine del Santo Rosario !
Rientrata la processione in Cappella si cantarono i Vespri solenni e Mons. Cagliero impartiva la trina benedizione, mentre dall'orchestra si sprigionavano le melodiche note del Laudate Dominum del Perosi. Non ostante la novità della cosa e l'agglomeramento di migliaia e migliaia di persone di ogni condizione sociale, non si ebbe a lamentare il benche minimo incidente. Un plauso ai nostri bravi Italiani, che anche nelle lontane regioni del mondo americano sanno ricordare e trasfondere in altri le più belle e sante usanze della loro madre patria.
Uruguay.
LAS PIEDRAS. - Per gli Italiani. - I nostri bravi coloni Italiani di Las Piedras assistettero ieri, tre novembre, in massa nel nostro teatrino ad un inaspettato trattenimento. I nostri studenti vollero far loro una bella improvvisata rappresentando in italiano il grandioso dramma in cinque atti - David unto re - del Sac. G. B. Lemoyne. Per dare maggior splendore alla festa fu invitato anche il sig. Niccolò Massa, Regio Console Italiano in Montevideo. Un breve discorsino d'introduzione, dopo aver messo sott'occhio agli spettatori l'argomento del dramma, conchiudeva così: « Tali sono in poche parole i fatti che vogliamo presentare ai vostri sguardi. E ci varremo all'uopo della dolcissima lingua di Dante e di Petrarca, dell'idioma che voi succhiaste col latte materno oltre i mari,
Nel bel paese là dove il si suona.
Se il vostro bel linguaggio perderà sulle nostre labbra molto o poco della sua bellezza ed armonia, vi preghiamo di perdonarcelo e di pensare che nostro scopo fu non tanto d'ostentare i nostri progressi in questa lingua, quanto d'offrirvi una prova di stima e di affetto. Molti legami stringono i figli dell'Uruguay coi bravi coloni Italiani che col loro lavoro, colla loro onoratezza, coi loro esempi di fede tanto onore e tanti vantaggi arrecano alla nostra patria uruguaiana: è giusto perciò che loro manifestiamo la nostra riconoscenza ancorchè sia di un modo così modesto. Inoltre, la lingua italiana è la lingua di D. Bosco, ed i figli si sforzano istintivamente a balbettare la lingua paterna. »
Omettendo di ponderare l'esatta interpretazione che fece risaltare le bellezze di cui il dramma è riboccante, ci limiteremo a rallegrarci con quei bravi giovani per averci fatto risuonare all'orecchio la nostra lingua nativa in tutta la sua dolcezza, malgrado le diverse difficoltà di pronunzia che hanno dovuto sormontare.
Ci consta per altra parte che l'italiano si studia con amore in tutti i corsi dei Collegio S. Isidoro, e varie volte avemmo occasione d'udire come gli studenti si servano spesso di questa lingua anche nelle loro intime conversazioni. Si abbiano perciò il nostro applauso per l'impegno in appagare così bene il desiderio tante volte espresso da D. Rua riguardo allo studio dell'italiano all'estero.
Da Bogotà a Villavicencio per una sacra Missione. R.mo E CARISSm° PADRE,
Bogota, 24 agosto 1901.
COLOMBIA
FINALMENTE dopo due anni e mesi potei uscire da Bogotà, e visitare una delle Case di questa Ispettoria Colombiana. Ai primi di agosto arrivava il direttore della casa di Villavicencio, D. Ernesto Briata, con varie bestie da soma, per condurmi seco, al fine principalissimo di dare una missione in quella popolazione. Nessuno ricorda che colà vi sia stata missione mai, se si eccetua un simulacro di essa data 18 anni fa da un sacerdote Aguilar, che, per essere solo, non potè fare gran cosa.
Nella speranza che in questo frattempo la guerra civile avesse a finire, io mi ero compromesso a dare quella missione durante. il corrente anno; la guerra non finì; D. Briata si dimenticò di questa condizione, e venne senz'altro. Come lasciarlo partire solo? Mi decisi quindi ad accompagnarlo. - É una grande temerità quella che lei commette, Rev.o Padre, mi diceva l'Arcivescovo, al chiedergli la benedizione alla vigilia del viaggio. Si ricordi che siamo in inverno, che le strade debbono essere veramente in pessimo stato; che siamo in guerra e che ieri appena una guerrilla di rivoluzionari sorprese e trucidò quasi tutta la guarnigione del Governo che trovavasi in Usme, che è quasi sulle strade che lei deve fare per andare a Villavicencio. Almeno sia prudente; vada adagio; s'informi prima dei pericoli che vi possono essere, e nel caso torni indietro.
Il giorno 7 agosto si partiva. Eravamo in cinque: noi due, sacerdoti salesiani; un confratello, il caro Prosdocimo Castagnedi che io portava meco perchè mi accompagnasse nell'andata e nel ritorno, e mi attendesse in caso di infermità; un buon sacerdote dell'Archidiocesi, che l'Arcivescovo gentilmente mi concesse perchè ci aiutasse nelle confessioni e poi un ragazzo che si occupasse delle bestie.
Sicuramente per iscarico di coscienza, Don Briata visto che io era risoluto di partire davvero, alla sera prima del viaggio mi parlò chiaro. - Debbo dirle, osservò, che le strade sono veramente brutte; i giorni di bel tempo, che sono come fissi e sicuri in questo mese d'agosto, non sono giunti ancora, e vi sono pericoli tali, che più d'una volta, malgrado sia già veterano nell'andare fra i pericoli, sono stato fortemente tentato di tornare indietro. Come sarà il ritorno, non lo so; ma temo assai che nè il tempo, nè le strade saranno migliori. Spero però che il Signore ci accompagnerà e che nulla ci passerà di sinistro.
Si partiva il giorno 7, verso le otto del mattino. Ciò che mi fece vincere ogni indugio e che mi diè coraggio per intraprendere questo viaggio, fu il sapere che malgrado il cattivo tempo e le più cattive strade, non lasciavano di andare a Villavicencio i negozianti dei paesi vicini ed i soldati che la situazione di guerra obbligava con qualche frequenza a percorrere quella via. Se per amore di patria o di lucro, osservai io, altri vanno, perche non dovremo andare noi a compiere una missione tutta spirituale, per amore di Dio e delle anime ?
Durante una giornata e mezza non si ebbero novità di sorta. I pericoli incominciarono nella metà del secondo giorno e poi nel terzo. Il povero sacerdote che ci accompagnava, fu ad un pelo di tornare indietro una e più volte e l'avrebbe certamente fatto, se avesse trovato per istrada chi l'avesse assecondato e accompagnato nel ritorno. Spaventato dai pericoli non trovandosi sicuro sulla sua mula, su di una strada in molti punti di un metro appena o poco più di larghezza, avendo al fianco sinistro la montagna altissima e a destra il fiume Rionegro, a cento e due cento e più metri di profondità, temendo qualche capogiro al cavaliere, o qualche capriccio alla bestia, volle discendere ed incominciò ad andare a piedi, il che ci obbligò a rallentare sensibilmente la nostra marcia, e non si potè più arrivare fino al punto fissato per passarvi la notte. Peggio che peggio ci toccò nella terza giornata fin dal principio, dopo una notte passata come Dio volle dormendo tutti in terra in una casupola che si trovò a fianco del cammino. Le ultime pioggie avevano fatto franare le montagne in alcune parti, e ci trovammo, di fronte a veri e grossi pericoli. Mettemmo tutti pie' a terra, ed a pie' nudo, coi pantaloni rimboccati fino al ginocchio, colla veste raccolta e legata ai fianchi, per evitarci ogni ingombro, s'incominciò il periglioso tragitto. Il sentiero si era fatto piccolo tanto che appena si trovava posto per il piede; a sinistra le frane, con grosse pietre sopra di noi appena attaccate con un po' di fango, e minacciando rovinare su di noi e cacciarci nell'abisso: a destra il precipizio ; in fondo almeno a cento metri d'altezza, un grosso torrente che muggiva orrendamente, riempendoci tutti d'un vero spavento; e noi per quei due pericoli, uno di sopra ed uno di sotto, su quel sentiero di appena pochi centimetri di larghezza. Con el Credo en la boca dicono qui, coll'atto di contrizione, diremmo noi, nelle bocche e nel cuore si passarono le tre frane che si trovarono da questa parte della montagna e si giunse ai torrente, fatto grosso dalle pioggie recenti. Avevamo commesso una grossa imprudenza, senza pensarlo, nel passaggio delle frane. Si era lasciato che le mule passassero sole una dietro all'altra, senza nessuna precauzione. Ora successe che la prima mula, giunta nel bel mezzo del pericolo, s'arrestò d'improvviso e non volle più seguitare, obbligando a fermarsi tutte le altre. Poi tentò fare un salto sopra se stessa e tornare indietro, il che spaventò quella che la seguiva, che perduto l'equilibrio cominciò a discendere nell'abisso. Fu uno spavento generale. Fortuna volle che la frana tutta di fango e pietre, trattenne alquanto la povera bestia nella sua caduta. Dopo circa 10 metri di discesa, potè fermarsi; allora vuoi per l'istinto della propria conservazione, vuoi perchè animata dalla voce di tutti noi, potè slanciarsi sopra un punto solido, dove Don Briata aveva potuto arrivare per riceverla. Pochi passi più in giù incominciava la caduta perpendicolarmente ed il povero bruto si sarebbe fatto a pezzi. La nostra imprudenza fu nel lasciare le bestie sole in quel passaggio. Le altre persone, meglio avvisate di noi, per passare le bestie prendevano cento precauzioni. Ogni bestia era guidata da due uomini; uno davanti la teneva stretta alle briglie l'altro di dietro, l'afferrava perla coda, per aiutarla così a mantenere l'equilibrio; e cosi si passa, uomini, donne, bestie cariche su quel precipizio, che ha non meno di 70 metri di lunghezza; per chi ha i nervi non bene a posto, sono minuti di vera agonia quelli che si passano in quel tragitto.
Eravamo usciti da Scilla, e ci trovammo in faccia a Cariddi; ecco il torrente, grosso, muggente, infuriato, e senza ponte di sorta. Che fare? Coll'aiuto di persone che dovevano passarlo in senso inverso, si gettarono da una sponda all'altra due piccoli tronchi di albero poi due uomini tenevano stretta in mano una fune uno da una parte, l'altro dell'altra del torrente; altri due tenevano fermi i pali perché non si capovolgessero; e noi, scalzi, con una mano attaccata alla fune, l'altra in alto come per mantenere l'equilibrio, dopo fatto il segno della croce, si passava sull' altro abisso. Le bestie da sella passarono a nuoto e questo ci toccò farlo altre volte prima di giungere a Villavicencio! È un'operazione questa che si fa presto a descrivere, ma per eseguirla, che tempo e che pazienza ci vuole! Nel passaggio di quelle frane e di quel torrente, non si impiegarono meno di due lunghe ore. Siamo appena a cavallo, ed ecco un'al-tra frana nella montagna opposta. Bisogna aver pazienza e ripetere la stessa operazione di prima.
I pericoli più grossi sono passati felicemente; Deo gratias ! e si sferzano le bestie per guadagnare il tempo perduto. D'improvviso si ferma chi ci faceva da guida e grida: non si può seguitare; vi sono molte bestie che vengono in senso contrario; bisogna tornare indietro. Erano 62 fra buoi e vacche che da Villavicencio andavano a Bogotà; il sito dell'incontro era assai pericoloso, la montagna da una parte, l'abisso dall'altra. Che fare Per evitare altra perdita di tempo, messo il pie' a terra ci avvicinammo bene alla roccia, ciascuno col proprio quadrupede afferrato per le briglie, per lasciare libero il passo agli altri quadrupedi che venivano in senso inverso. Ma aspetta che aspetta i buoi non si muovono, i conduttori li animano colla voce e colle frustate, ma nulla di nulla. Finalmente si muove il primo, un animalone che pareva un gigante, ma appena vede noi, si spaventa, vuole indietreggiare, perde l'equilibrio e con fracasso infinito rotola fino al fondo dell'abisso. Tenta miglior sorte il secondo, ma ha la stessa disgrazia del primo; anche questo non si ferma se non nell'abisso a circa duecento metri di profondità. Allora, chi s'intendeva di quelle cose, ci assicura che quelle 62 bestie, avrebbero avuto la stessa sorte, se noi non tornavamo indietro; il che si fece subito perdendo un tempo prezioso.
Ma lasciando di parlare di cento altre peripezie che ci successero in questo viaggio, verso la sera del giorno, circondati da molti cavalieri che erano venuti ad attenderci ad un'ora di distanza fra il suono delle campane e lo sparo di fusette e dei fucili dei soldati che ci attendevano sulla piazza, giungevamo a Villavicencio che più non vedeva da cinque anni. Eravamo ai 9 di agosto. Il giorno 11, domenica, si diè principio alla missione. Che le dirò di questa missione? Che fu riuscitissima e superiore a tutte le speranze. La chiesa nuova, grande, capace di almeno millecinquecento persone, fatta dai nostri Salesiani di quella casa era sempre piena da mattino a sera alle due prediche. Si ebbero non meno di 1300 confessioni ed altrettante Comunioni, lavoro improbo per i 4 sacerdoti che eravamo là se si riflette che erano quasi tutte le confessioni di 8, 10, 20 e 30 anni. Con pochissime eccezioni, che mi assicurarono non arrivano a una dozzina tutta la popolazione di Villavicencio compresi i soldati, ufficiali della guarnigione fecero il loro dovere e ricevettero i santi Sacramenti per guadagnare l'indulgenza del Giubileo. A questo fine si fecero durante la missione le processioni di regola. Come ricordo di questa prima missione fatta in Villavicencio, il giorno dopo si benedisse su di una collina, che domina il paese, una grossa croce di 9 metri di altezza, presente quasi tutta la popolazione. Dopo la benedizione di rubrica, il canto d'un mottetto e poche parole di uno dei sacerdoti, avemmo una bella sorpresa: uno dei presenti, col consenso di Don Briata, sorse a parlare: chiese perdono a tutti della vita scandalosa che aveva menato da anni ed anni; disse che si era già separato dalla rea femmina colla quale conviveva da molto tempo e prometteva solennemente di confessarsi, per incominciare una novella vita. Fece una enorme impressione a tutti tanto più che è uno dei principali di Villavicencio.
Io dovrei adesso parlarle di quella nostra casa, dei cari confratelli che lavorano in quel campo, del gran bene che fecero già colla parrocchia, le scuole, l'Oratorio festivo, della bella chiesa che innalzarono col concorso dei buoni, e di tante belle cose, ma sono cose intime che è meglio che io lasci per le mie relazioni private tanto più che la posta vuol partire, e bisogna che io chiuda questa lettera se non voglio che ritardi la sua partenze per Torino di 15 giorni. Aggiungerò appena che il giorno 20 si ripartiva per la capitale e si rifaceva quella via piena di pericoli e di emozioni; ma come gli angeli tutelari ci avevano accompagnati felicemente nell'andata, così fecero nel ritorno, e ieri sera 23 agosto inaspettati giungevamo a Bogotà. Della guerra, dei lazzaaretti e di tante altre cose, glie ne parlerò in una prossima. Mi benedica con tutti questi suoi tigli della Colombia, e mi creda tutto suo in Corde Jesu.
Devot.m° ed aff.mo figlio SAC. EVASIo REBAGLIATI.
TERRITORIO DEL CHUBUT NELLA PATAGONIA
Nuove consolanti notizie intorno alla nostra Missione sul Rio Colorado.
M. REv. SIG. DIRETTORE,
Fortin Mercedes, 28 settembre 1901.
CREDO fare cosa gradita ai nostri buoni Cooperatori e benemerite Cooperatrici il mandarle una breve relazione di questa Casa perduta nelle foreste e sulla quale l'anno scorso un nostro buon Cooperatore le scrisse una assai bella relazione. Ora prenderò occasione dalle feste che giorni passati abbiamo fatto in onore dell'Augusta Patrona del luogo, che in quest'anno abbiamo cercato solennizzare con maggior divozione al fine di impetrare un poco d'acqua e così scongiurare la siccità, che minacciava, piombare nella miseria centinaia di famiglie.
Non si creda però, sig. direttore, che nelle nostre festicciuole v'intervenga musica, banda, fuochi d'artifizio ed altri fragori, che se altrove sono un mezzo efficace per attrarre la gente, esilarare gli spiriti e comunicare esteriormente la gioia e il contento interiore, in mezzo al deserto non sono punto necessari perchè la religione influisce in tutta la sua potenza senza bisogno di altre esteriorità.
Lontan dal paese più prossimo d'un 150 chilometri è Fortin Mercedes, un'oasi di questa parte settentrionale della Patagonia: il nostro Collegio, una casa di negozio, le officine telegrafiche che mettono in comunicazione Patagones con Bahia Bianca; il fiume Colorado che corre ai piedi della nostra collina ecco la grande città. Dal nostro cortile, un 12 metri sopra la costa del fiume, si domina la pampa fin dove può arrivare l'occhio: lungo la costa qualche casa qua e là: il resto è pianura. Siamo davvero in pieno deserto, lontani da ogni frastuono mondano, ma dove regna la pace, la carità ed il silenzio, rotto di quando in quando nelle ore di ricreazione dai canti e dagli schiamazzi dei nostri alunni.
La festa pertanto riuscì a meraviglia anche senza troppo apparato esterno; ma per seguire un certo ordine e sopratutto per dar a conoscere ai buoni Cooperatori le opere che la Divina Provvidenza compie servendosi dei loro efficaci aiuti materiali e morali, darò loro un'idea più compiuta intorno a questa Casa di Fortin Mercedes.
Trascurando di dire che è una Missione sorta al par delle altre colla carità dei benefattori delle opere di Don Bosco essa va distinta da queste, per fatti speciali che rivelano nella loro semplicità la protezione visibile della Madonna su di essa e quasi un costante prodigio d'esistenza.
Fin dall'anno 1896 si era aperta questa nuova casa, che doveva servire come di residenza al Missionario incaricato di percorrere questa parte superiore della pampa patagonica, bagnata dal Colorado. Ma ben presto vista la importanza del luogo e il bene immenso che si presentava dinanzi, l'amatissimo Monsignor Cagliero stabilì che la residenza diventasse vera Casa di Missione. E fu vera ispirazione di Dio, poichè l'azione del sacerdote e la presenza delle Figlie di Maria Ausiliatrice in Fortin Mercedes, incontrarono corrispondenza e docilità in tutti. E fin dal primo anno da vicino e da lontano affluirono famiglie a visitare la cappella approfittando noi per istruirle, benedire i loro matrimonii, ritenendo in casa i loro figli e figlie per dare loro una educazione cristiana, e incominciare a questo modo a seminare la buona semenza che doveva più tardi estendersi sopra tutta questa campagna. Senza enumerare i battesimi e matrimoni, ricordo che in quel primo anno le Comunioni passarono di 300.
Queste cifre e sopratutto l'entusiasmo e la buona corrispondenza degli abitanti , ci animarono negli anni susseguenti a continuare l'opera, non ostante che critiche circostanze, come le difficoltà di trasporto ed il prezzo assai alto degli alimenti, ci abbiano invecchiati prima di tempo; ma non abbiamo mai ricorso invano alla nostra Madre Celeste, e coll'aiuto suo abbiamo potuto raccogliere in casa nell'anno passato ben 17 fra giovani e ragazze, fra cui alcuni di essi orfani ed abbandonati fino all'entrata in questa Missione.
Quest'anno però avevamo preso la determinazione, d'accordo con il Rmo Superiore, di dedicarci esclusivamente alle Missioni senz'ammettere nel collegio interni , poichè la scarsezza del personale c'impediva di attendere all'una e all'altra cosa. Motivi forti ci obbligarono a ciò, poichè finora non si è mai potuto visitare tutte le estancias della Missione, e la circostanza del Santo Giubileo era più che sufficiente motivo per sacrificare un anno intero a benefizio di tante famiglie. Diffatti da febbraio a maggio si diedero varie missioni di otto a quindici giorni; nel tempo pasquale si visitarono varie di queste tenute pel compimento pasquale ed acquisto del Santo Giubileo, ed oltre ai numerosi Battesimi e 20 Matrimoni, si sono fatte più di 400 Comunioni di adulti. E ciò forse tutto per opera del missionario ? Oh no; ben poco si deve a lui poichè esso non ha neppur tempo di convincere, di consigliare, di pregare. Chi fa da missionario in quelle famiglie è il figlio e sopratutto la figlia che ha passato un anno o due nel Collegio della Missione. E qui per un atto di giustizia, e ad esempio di tanti cooperatori dell'Opera Salesiana, mi faccio un dovere di ricordare una famiglia, che, per non offendere la sua modestia, non voglio nominare, lasciando così intatto tutto il merito del gran bene che fa in queste lontane regioni.
Essa è assai ricca e possiede varie leghe di terreno, dove lavorano più di 20 famiglie di operai e mezzadri. La signora educata in un convento del Sacro Cuore, potè fornirsi d'uno spirito del tutto privilegiato, d'uno zelo che alcuno chiamerebbe eccessivo, ma che manifesta chiaramente la delicatezza de' suoi sentimenti, l'amore intenso alla virtù e al sacrifizio, la carità squisita verso i poveri ed una devozione tenera, ma forte verso il Divin Cuore di Gesù.
Essa è l'anima della fede e della pietà in tutta la sua estancias, e come negli anni passati, così in quest'anno fu essa a disporre le ragazze alla 1a Comunione, a consigliare le famiglie, e preparare ogni anima perchè all'arrivo del Missionario, tutti compissero il precetto pasquale, come appunto si effettuò nella prima settimana dopo Pasqua, avendo fatte 42 Comunioni e benedetti 7 Matrimoni non che varii battesimi.
Quanto è vero che anche nel deserto vi sono anime del Signore! La pia signora poi sta pensando a costruire una cappella al dolcissimo Cuore di Gesù ed allora sarà molto più agevole a noi il compimento del sacro ministerio e sicuramente il Sacro Cuore spargerà sopra la sua ottima famiglia e dipendenti le più elette benedizioni.
Questo progetto di cappella nelle singole estancias stiamo maturando anche noi perchè altri signori di ottimi sentimenti e buoni cooperatori nostri domandarono di avere una cappella nelle loro tenute, persuasi che ridonderà non solo moralmente ma anche materialmente in benefizio de' loro interessi.
Era, come ho detto, nostro divisamento non ammettere interni per quest'anno, per poterci dedicare solo alle Missioni, ed a tempo si avvisò le famiglie di questa nostra risoluzione. Ma l'uomo propone e Dio dispone. Senza darsi per intesi uno dietro l'altro, giorno per giorno ritornarono i nostri cari ragazzi al Collegio, desiderosi di fermarsi con noi. Come resistere a questa manifesta disposizione della Divina Provvidenza? Ecco pertanto rotti i nostri piani, circondati nuovamente da numerosa famiglia alla quale con il pane del corpo procuriamo nutrimento dello spirito infiltrando nei loro cuori l'amore alla virtù ed alle pratiche cristiane. Che fare? Ci toccò interrompere le missioni ed accontentarci di fare quanto si poteva. Ma il soverchio rompe il coperchio, ed ecco che un bel giorno, agli ultimi di agosto, D. Marelli, che da qualche tempo andava deperendo in salute cade infermo. Credo che con tutta ragione si può dire di lui che cadde sul campo di battaglia, perchè non potendo più sostenersi in piedi, svenne nel bel mezzo del cortile circondato dai ragazzi, che atterriti sul momento lo credettero morto. Lo feci portare in letto e dopo le prime cure, rinvenne sì, ma così prostrato che sembrava un cadavere testè uscito dalla tomba. E perchè fosse completo il quadro, gli si manifestò una infiammazione sopra l'arteria del collo, sotto l'orecchio sinistro, che gli produceva un dolore intenso da mantenerlo fuori di sè.
Mandai a cercare d'un dottore che arrivò al secondo giorno, e trovò l'infermo grave. Fortunatamente nel Collegio esiste una piccola farmacia per nostro uso che agevolò di molto al medico il prestar all'infermo la prima cura, la quale se non lo migliorò doveva almeno arrestare il progresso del male e mitigargli un poco il dolore di testa che gli produceva l'infiammazione. Così passarono tre giorni, in aspettativa d'una parola consolante del dottore, ma questi era dubbioso sempre nel pronunciare un giudizio. Alfine il terzo giorno dopo essere scomparsa la febbre, e usati tutti i mezzi che suggeriva la scienza per attutire la infiammazione dell'arteria, il buon dottore, amico di casa, e inspirato solo dalla carità e dal desiderio del bene nostro, ci dichiarò che quella prominenza formata sopra la arteria bisognava tagliarla, ma ch'esso non poteva procedere all'operazione essendo in una posizione molto delicata e pericolosa, per cui dovevasi alimentare sufficientemente il paziente e nel più breve tempo possibile traslocarlo a Buenos Aires, ove solamente poteva essere operato con esito.
Questa dichiarazione la fece a noi due, ed in modo particolare a me ricalcò la cosa, presentandomela con i colori più oscuri fondato sempre sopra il progresso naturale dell'infermità e data la posizione delicata della parte che poteva dar luogo a una emorragia mortale. Viste che le cose minacciavano di diventare gravi, corremmo ai piedi di Gesù, pregammo noi, facemmo pregare i nostri giovanetti. Non ci dimenticammo della nostra cara Madonna, e fiduciosi mettemmo in Lei tutte le nostre speranze.
La mattina seguente con nostra sorpresa e maggior contento osserviamo che tutto il male, riconcentrandosi in un punto, s'era aperto, ed era già uscito durante la notte una quantità di materia. Venne il medico, e davanti a un cambio sì inaspettato della malattia e ad una risoluzione così radicale, dichiarò che l'infermo non presentava più pericolo, e che in quindici o venti giorni terminerebbe la cura.
Ma come le disgrazie non vengono mai sole, ecco che in quello stesso giorno caddi anch'io in letto con una febbre fortissima, e si dovette telegrafare a Monsignor Cagliero per aiuto, il quale inviò D. Carrena, che arrivò proprio alla vigilia del principio della novena in preparazione alla festa della nostra Santa Patrona, Maria Vergine della Mercede. Avevamo prima disposto dar la maggior importanza a questa festa pel motivo del Santo Giubileo e per conseguire la pioggia che da sette mesi aspettavamo inutilmente. Ma le circostanze sopra narrate modificarono i nostri piani, e rimandammo a più tardi l'acquisto del Giubileo.
Ciononostante premessi tre giorni di Santi Esercizi, predicati dal nostro carissimo Don Carrena, il giorno della festa si sono presentati per la prima volta 46 ragazzi e cinque fanciulle al Banchetto Eucaristico, e ben altre 60 Comunioni di anime buone che vennero ad onorare la loro Patrona e ad implorarne la protezione. E la pioggia? Se era grande l'aspettativa di tutti, era anche maggiore la confidenza di Maria Ausiliatrice. E le speranze di tutti non furono deluse, perchè dalla mattina si era coperto il cielo di nubi e proprio al principiar la Messa cantata si scaricò una pioggia torrenziale che durò quasi tutto il giorno. Sia davvero benedetto il Signore che ascolta ed esaudisce le preghiere di tanti innocenti che a Lui ricorrono!
Come ho detto da principio, le nostre festicciuole sono famigliari e tranquille, come sono possibili in questi deserti. Si è sospesa la rappresentazione della Casa della fortuna e l'accademia per causa delle infermità, ma pure il cuore di tutti era pienamente contento e tutti sentivamo in noi amore e riconoscenza a Maria SS. per tante grazie che nello spazio di pochi giorni avevamo ricevuto.
Siano di nuovo rese grazie al Signore ed anche a voi, anime sante che cooperato tanto efficacemente con le preghiere e con l'obolo per la salvezza di tante anime, le quali forse senza il vostro aiuto resterebbero perdute in queste lande selvagge. Iddio ricompensi la vostra generosità e il vostro zelo, vi ricolmi delle suo benedizioni e vi riaccenda di maggior carità e coraggio parche non desistiate dalla vostra cooperazione.
Termino questa mia meschina relazione raccomandando me e tutta la mia Missione alle sue orazioni, e baciandole con tutto il rispetto la mano, mi dico
Suo dev.m° servo e Conf. in J. M. Sac. PIETRO BONACINA.
Oltre a quello di Sassi (TORINO) che abbiamo già annunziato l'anno scorso, si aprirà dalle Figlie di Maria Ausiliatrice un nuovo pensionato per signore di modesta condizione a Giaveno. La posizione bellissima, il clima salubre, i locali spaziosi e sani, tutto contribuisce a renderne apprezzabile il soggiorno.
Per schiarimenti ed accettazione rivolgersi alla R. Suor CATTERINA DAGHERO, Superiora generale delle Figlie di Maria Ausiliatrice-NIZZA MONFERRATO.
Baciata dai pallidi raggi del sole d'autunno, dall'alta cupola del tuo tempio, t'ergi maestosa, o Maria, quale potente Regina sulla brulla e deserta natura.
Da Te protetti e sotto il dorato tuo manto difesi dall'imperversar delle umane bufere, esultano di gioia migliaia e migliaia di cuori infantili, che nella pienezza della loro fede innocente e nel sorriso di lor vita serena, sciolgono perenne il canto della riconescenza, l'inno di pace e d'amore.
E l'accento sonoro della prece casta e fervida, dalla valle dei Martiri sorvolando la vasta metropoli, nel silenzio del verno sepolta, trova un'eco fedele sulla mesta collina dei salici, presso l'urna del Padre che già fu. Oh! allora come esultano di gaudio le quiete ossa, e dal sepolcro unendosi alle voci amorose dei figli, a Te inneggiano, o Vergine Santa, a Te che Lui scegliesti a Padre dell'orfano ed a consolatore dell'afflitto, a Te, o tutta Santa e potente Maria, che negl'imperscrutabili disegni della tua divina misericordia Lui dal gregge del prato natio chiamasti a guida dello erranti Agnella di Cristo. A Te, o Madre cara, che nell'immensità dei tuoi prodigi, dal nome di Lui, nel Tempio a Te sacrato, godi d'essere appellata col dolce titolo di Madonna di Don Bosco.
Deh ! O Maria, continua adunque ad essere la madre nostra, nè si presto s'infranga l'ammirabile vincolo d'amore che per D. Bosco distendesti su tutta la faccia della terra, e nell'aurora dell'anno or ora spuntato, scenda piena di grazie la tua protezione sugl'orfanelli di D. Bosco e dal braccio della tua potenza si compia l'unanime voto che l'urna del Padre riverente la Chiesa muti presto in un altar novello.
Bontà di Maria.
Se ancora sono in vita, lo debbo a Maria SS. Ausiliatrice. Dopo avermi questa buona Madre guarita miracolosamente una mia figliuoletta, ammalata di grave tifo, dopo tante grazie e favori elargiti di continuo alla mia famiglia, quest'anno a me pure ha ridato la vita, con un vero prodigio. Nel bel mese di maggio testè passato, propriamente col giorno che dava principio alla cara novena dell'Ausiliatrice, io venni sorpresa da gravissima malattia, che in breve uri ridusse agli estremi. In molti cuori era oramai spenta ogni speranza sulla mia guarigione; i medici stessi paventavano la mia vicina catastrofe; l'animo mio però, fiducioso e sicuro nella potenza di Maria si sentiva calmo e tranquillo, ed andavo racconsolando e scongiurando i miei cari a continuare con fervore e perseveranza l'efficacissima novena di Don Bosco. Si avvicinava la bella festa dell'Ausiliatrice, e la malattia progrediva sempre in peggio. Tutti, tutti pregavano... perfino in Torino si fece un triduo di suppliche devote, ma sembrava che la Madonna fosse sorda alle comuni preghiere, poichè al 23 maggio, vigilia della festa, mi trovavo aggravata più del solito. Priva dei sensi, e in delirii e vaneggiamenti continui, rifiutavo il minimo nutrimento.... pareva imminente la mia fine... Ma la fede in Maria non venne mai meno nel cuore del mio sposo e delle mie due figlie maggiori ; che anzi con più ardore fecero ressa al cuore generoso di Colei, che si diletta essere invocata col dolce titolo di Maria Auxilium Christianorum. Spedirono tosto l'offerta per la celebrazione di una Messa al suo altare in Torino, promettendo con voto di pubblicare la grazia sul Bollettino, e di recarci poi tutti uniti al suo Santuario, qualora Maria li avesse appieno consolati. E giunse la consolazione, chè la Madonna di Don Bosco aveva ascoltato le comuni preghiere e promesse. Suonava appunto l'Ave Maria della sera, nel giorno dell'Ausiliatrice, allorchè io mi addormentai placidamente, cosa che sino a quel dì mi era stato impossibile, a cagione del vaneggiamento continuo. Dopo un'oretta di riposo mi ridestai, e con tutta calma e tranquillità, chiesi mi si porgesse un qualche nutrimento. Il delirio era totalmente cessato, e la febbre di molto diminuita, con meraviglia degli stessi medici, ed a gioia e conforto di tutta la famiglia, che gridava alla grazia, al miracolo dell'Ausiliatrice. Da quel giorno io continuai a migliorare, ed al termine della terza novena, io mi trovavo completamente guarita. Oh sì, Maria Ausiliatrice mi ha risuscitata, ed a soddisfazione del voto fatto, mi sono recata assieme al mio sposo ed alle mie figlie a Torino, a deporre ai piedi della potente e cara Ausiliatrice, il fiore della più viva riconoscenza e della più tenera gratitudine con un'offerta al suo altare. Grazie, o Vergine dolcissima, della tua valida protezione! Continua a tenere sotto il tuo manto la mia famiglia tutta, sì che un giorno uniti possiamo ringraziarti e lodarti eternamente lassù nel cielo !
Fusignano, 24 maggio 1901.
MARIA BALDI-GAGLIARDI.
Maria conforto delle madri.
Il mio Battistino mi veniva su vegeto e così tranquillo da far invidia alle mamme del vicinato. Io ne andava tutta felice e godeva un mondo nel sentire i buoni pronostici delle amiche. Quando una sera, qualche ora dopo che l'aveva posto a riposo, egli incomincia a strillare disperatamente. Corro da lui, provo a cullarlo ma non tace; lo tolgo in braccio ma non si quieta; gli metto qualche ninnolo tra le mani ed egli lo respinge; avrà fame... avrà sete... le provo tutte, ma sempre inutilmente. Immaginate le pene e lo strazio del mio cuore! Finalmente come Dio volle si calmò e potei rimetterlo a dormire. S'acquietò per tutta la notte e l'intiero giorno seguente, ma la sera dopo alla medesima ora eccoti di nuovo gli strilli ed i medesimi pianti. Pareva che avesse il fuoco nelle viscere tanto si contorceva, e se la prima volta dovetti faticare lunga ora a quietarlo, ora la durai il doppio. Ma passò anche questa. Se non che la terza sera, peggio delle altre due, e così ancora la quarta, la quinta, e una filata di sere che più non terminava, e sempre alla medesima ora, sempre quegli strilli disperati sempre quello strazio al mio cuore. I medici non sapevano darsi ragione della sua malattia, e nell'ultima loro visita non mi lasciarono alcuna speranza di guarigione. Io più non sapeva ciò che mi faceva, piangeva accorata, e nell'amarezza della mia disgrazia più volte pregai persino Iddio a volerselo prendere con sè in paradiso. Ma in buon punto mi son fatta cooperatrice salesiana e ne rendo grazie infinite a Maria SS. Ausiliatrice!
Mi arrivò in famiglia il Bollettino e nel leggere le guarigioni e grazie di ogni specie concesse dalla Madonna Ausiliatrice, mi sentii nascere in cuore una grande fiducia, e con quel trasporto di fede che sa inspirare il dolore, pregai la Vergine Santa a voler essa fare da madre pietosa al mio figliuoletto perchè essa che ne conosceva il male lo poteva sicuramente guarire.
Nel medesimo tempo diedi principio ad una novena di preghiere promettendo di far celebrare una Messa al suo altare in Torino. Oh bontà di Maria ! Non era appena trascorso il primo giorno della novena che scomparirono affatto i sintomi della solita malat tia e pochi dì appresso il mio bambino era pienamente guarito. Grazie adunque, Vergine Ausiliatrice, grazie infinite, e fate che questo bambino, che ora mi avete salvato cresca unicamente per voi, poichè a voi io l'ho consacrato.
Vergano di Novara, 17 novembre 1901.
CERRUTI TERESA.
Quanto sei pietosa, o Maria !
È una famiglia che scrive la quale nel corso di pochi anni perdette già sei figliuoli. Ce ne rimaneva ancora uno decenne il quale formava proprio la nostra consolazione e le nostre speranze. Per un caso accidentale un giorno in sul principiar del mese di ottobre si pose a letto con un malessere in tutto il corpo, che non si sapeva spiegare che cosa fosse. Intanto il male s'aggravò ed in pochi giorni il nostro Anacleto perdette affatto la loquela. Visitato più volte dal dottor Ferraris di questo paese e da lui curato con quante cure suggeriva l'arte medica, si sperava in un qualche miglioramento. Ma non fu così, perchè il nostro bambino peggiorò sempre più tanto che per ben 25 giorni non potè profferir parola. Il male lo aveva preso al cervello e il caso, a detta dello stesso dottor curante, era disperato. Munito pertanto dei SS. Sacramenti il nostro Anacleto già ce lo vedevamo da un momento all'altro rendere l'anima a Dio. Nessuno può immaginare il dolore e l'ambascia del nostro povero cuore e specialmente della mamma che si struggeva in continue lacrime. Tuttavia ci rassegnammo alla volontà di Dio che pareva volesse ancora dalla nostra famiglia questo nuovo sacrifizio. Non ancora però totalmente perdute le speranze, aprimmo l'addolorato nostro cuore alla Madonna di Don Bosco, la scongiurammo con tutta la fiducia dell'anima nostra di non privarci di questo unico figliuoletto promettendole di rendere pubblica la grazia sul Bollettino, se il nostro caro Anacleto fosse ancora guarito. Inviai tosto un'offerta al suo santuario in Torino raccomandandomi per la celebrazione di una Messa all'altare di Maria. Ed ora è coll'animo pieno di riconoscenza, o Vergine Santa, che noi ti ringraziamo perchè mediante il tuo valido patrocinio il nostro Anacleto dopo pochi giorni di convalescenza era pienamente ristabilito.
Cuccaro Monferrato, 24 novembre 1901.
Coniugi SALVINO E CRISTINA NOVELLI
Brugnato (GENOVA). - Mi trovava nella grave circostanza di andare incontro ad un mortale pericolo, quando per evitarlo credei miglior cosa gettarmi giù da un ponte alto quasi nove metri. Appena spiccato il salto, m'accorsi d'uno scoglio su cui inevitabilmente andava a cadere. Visto il pericolo, invocai di cuore la Vergine Ausiliatrice, ed Essa venne pronta in mio soccorso. Stupirono i medici nel vedermi quasi che illeso, senza la minima rottura, senza commozione interna; e tanto più si meravigliarono quando dieci giorni dopo la caduta mi videro ritornare alle solite occupazioni. Riconoscente a Maria offro una piccola offerta al suo Santuario, pregandola ad essere sempre la mia protettrice in vita ed al punto di morte.
15 novembre 1901.
SANTIAGO CALLEGARI.
Colognola ai Colli (VERONA) - Mi stava grandemente a cuore la buona riuscita di un mio affare di grave importanza, quando un giorno dello scorso giugno mi venne dato notizia che la R. Prefettura di Verona con una nuova deliberazione aveva approvato un progetto assai notevole ai miei interessi. Perduta ogni speranza negli uomini, la posi intera nella Madonna di D. Bosco. Scrissi subito a Torino perche si facessero preghiere per me al suo altare, ed intanto esortai le mie scolarine a dar principio ad una novena alla potente Ausiliatrice dei cristiani. Terminata la prima ne incominciai una seconda, ed a metà di questa, come per incanto venni a sapere come la R. Prefettura, dietro giuste osservazioni di pia persona, aveva ritirato quanto aveva già concesso, ordinando che tutto e tutti rimanessero al loro posto. Grazie, o Maria, che anche nelle necessità temporali sei la madre pietosa e benefica di chi con cuore a Te ricorre.
3 agosto 1901.
ROSINA Bovi Maestra Comunale.
Ottennero pure grazie da Maria SS. Ausiliatrice, e pieni di riconoscenza inviarono offerte al Santuario di Torino, o per la celebrazione di S. Messe di ringraziamento, o per le Missioni Salesiane, o per le altre Opere di D. Bosco, i seguenti
A) - Agri (Salerno): Vincenzo Scoles, per grazia ricevuta, L. 2. - Ayas in Valle d'Aosta (Torino): Quei Pierre Joseph, 3 per grazia. - Alcamo (Trapani): Rosalia Spica, 5. - Alice Castello (Novara): Tola Giuseppina, maestra, per ottenuta guarigione, 5. - Aosta: Guichardat Nazarie 5, per il buon andamento di interessi di famiglia. - Aquila: V. D. M., per grazia, 10. - Asti: Sac. Baldi, 10. - Avellino: Sac. Gennaro Maietta, 10.
B) - Bagolino (Brescia): Fusi Pietro 100, per aver ottenute da Maria in modo miracoloso la salute di sua moglie. - Besenello: A. Tambos 9, per ricuperata salute. - Bompietro (Palermo): Pepe Pietro, 7. - Borgomanero (Novara): I bambini Gino e Carletto Beltrami a Maria in segno di ringraziamento, 5; Savoini C., per Messa, 5. - Boves (Cuneo): Martini Catterina 10, pel suo bambino di tre anni guarito da forte polmonite.- Buggerru : Gottini Giovanni per la salute della consorte, 8.
C) - Capriglio: Pomi Giovanni, 10, per grazia così inviataci: « Colpito da flusso di sangue ai primi dell'ottobre scorso, feci voto di far celebrare una Messa a Maria Ausiliatrice. Ottenuta la grazia, riconoscente a Maria adempio il mio voto inviando una piccola offerta per la celebrazione della Messa. » - Carmagnola (Torino): Abrate Giovanni, 2. - Carrara (Massa): Ballero Giuseppe 10, per diverse grazie. - Casaleggio (Novara): Sguazzini Giuseppina 10, per la preservazione di malattie nel suo bestiame. - Castellinaldo (Alba): Sac L. Sibona 9, per la sua parrocchiana Maluio Rosa, li berata da una gravissima malattia, colla consolazione della salute al figlio caduto in un pozzo, mercè l'invocazione a Maria. - Castelnuovo Calcea (Cuneo): Traverso Maria, 6.-Castronovo (Sicilia): Matteo Visci, per la guarigione della consorte da terribile meningite, 5. - Catania : Sturzo Caterina per la buona riuscita d'un affare, e per una persona afflitta consolata da Maria, 5. - Cavaglio d'Agogna: Suor Celestina Mellana per celebrazione di Messe, 5. - Celano (Milano): Angelo Bonaiti per la guarigione miracolosa del fratello, l'unico sostegno della numerosa famiglia. - Centallo: Calandri Marianna 5, con preghiera di Messa. -Cesarea (Vicenza): Ambrosini Ambrogio, 5. - Clrirasso: F. Ornegua 2, per la felice riuscita in esami difficili racomandandosi a Maria. - Cogne (Aosta): Sac. Alexie 10, per una madre di famiglia che da Maria ottenne la guarigione della figlia, - Como: Elisa Coopmans da Joldi,.5. - Conselve: B. T., per grazia, 10. - Cossano (Cuneo): Scaglietta Teresa di Spirito 3, per diverso grazie ricevute in famiglia. - Cossila: E. F., 25, per guarigione da malattia che l'affliggeva da nn anno. - Cremona: Sbernadori Gelsomina, 5; Zamboni Annetta, per la salute della sorella, 2.
D) - Desana-Basalrosso: D. Felice Bollono , 1ú, per grazia. - Desulo (Cagliari): Littarru Pietro, 1. - Dorno (Paria): Perotto Giuseppe, 15, per diverso grazie.
F) - Felino (Parma): Cavatorta Aldobrandina Cotti, per essere stata preservata più volte dalla grande sui suoi vigneti.
G) Genova: Moretto Teresa per la buona riuscita d'un importantissima operazione chirurgica, 10. - Gordona (Sondrio): Tavaschi Natalino, 10.
L) - La Plata (America): Sac. Edvigio Pedrolini 50 pesos, per la ricuperata sanità di una bambina di 3 anni gravemente inferma senza alcuna speranza di guarigione. - Lesmo (Milano): Villa Andrea, per grazia, 5. - Levigliani (Lucca): Neri Luigi fu Biagio, 2. - Lodi: Grossi Giovanni, 15.
M) - Malo (Vicenza): Corrato Silvio, 5, per duo Messe. - Milano : Porta Ambrogio, per grazia, 12, e ci scrive: « Mio fratello di 20 anni un giorno tornando dal lavoro fu assalito da un malessere in tutto il corpo, che si sviluppò ben presto in un'artrite accompagnata da polmoni te e infiammazione intestinale. Esauriti tutti i mezzi suggeriti dall'arte, mi rivolsi con fiducia a Maria Ausiliatrice, ed al penultimo giorno della seconda novena il malato cominciò migliorare ed ora fuori d'ogni pericolo ringrazia con me la Vergine così potente di Don Bosco. » - Montecopiolo (Pesaro): Canghiari Carmine, 5, per grazia.
N) - Negrar (Verona): Zanetti Maria V. Quintarelli, 7, per la guarigione insperata d'una bambina trienne. - Nibbiola : Omodei Annetta 5, pel figlio guarito dal tifo intestinale. - Nzza Monferrato: Giuseppina Martini, 20 pel felice successo dell'esame magistrale. - Novara: Porta Caterina, 3.
O) - Odezzo (Treviso): De Giudici Clotilde, 15,, per la guarigione del tiglio. - Orsara Bormida: D. A. 5, Casimi per pia persona graziata da Maria.
P) - Padova: Ostani Andreetta Elisa, 1. - Paesana (Cuneo): Ginotta Maurina, 5. - Palmanova: A. N. D. G., 25, per avere Maria ridonato agli afflitti genitori l'adorato figiio, da varii mesi travagliato da penosa malattia e dai medici curanti dato incurabile. - Parma: Ch. Norchi Luigi, 20,40 , per grazia. - Pessinotto: Votero Margherita, 5, per la guarigione della figlia. - Piazza Armerina: Gangitano G. 5 perla preservazione dei suoi giardini e vigneti dalla grandine. - Pieve di Zerba (Pavia): Tarabusi Rachele, 5, - Pordenone (Brescia): Endrigo Angela, per guarigione d'un suo carissimo congiunto.
Q) - Quadroni di Manziana. Margherita Ceci 5 per la figlia liberata da tifoide con minaccia di paralisi al cuore. - Quinto (Cant. Ticino): Famiglia Piccoli di Piotta, 20 per guarigione di uno dei suoi nienibri.
R) - Riace (Reggio Calabria): Sac. Salerno Nicola 10 per la signorina Serafina Albaro di Ponziano, guarita da febbre gastrica. - Rimini: Montanari Santa, 1,50, per grazia.- Ronca: Mores. Raffaele Scapinelli, 5 per grazia temporale ottenuta da Maria.
S) - Sampierdarena (Genova): Famiglia Balzano, 10, per grazia. - San Giuliano Vecchio (Alessandria): Menti Anna, 3. - S. Lucia (Vicenza): Dalla-Vecchia Giovanni, 10 per Messe di ringraziamento. - Savignone (Genova): D. Francesco Casesso. 5. - Sca-ndeluzza: Ch. A. Maccagno, per la guarigione da una forte bronchite, mutatasi in pleurite, 5. - Sopracornola (Bergamo): Bonaiti Luigi pel tiglio Poppino scampato da certa morte in una lunghissima malattia.
T) -Tarsogno (Parma): Belli Catterina, per grazia, 2,80. - Torino: Cornagliotti per speciale grazia di viva necessità; Colombero Maria, riconoscente per grazia ricevuta. - Trefiumi (Parma): Famiglia Fartini, 10.
V) - Vallereggia (Genova): Sac. Paolo Strata 5 per la guarigione da perinefrite del Seminarista Risso Luigi. - Variano: Lucia D'Agostina, 4 per Messe di ringraziamento. - Venezia: Zuannich Can. Giuseppe, 9. - Verolengo (Torino): B. A., per grazia, 3. - Vezza d'Alba: Rossano Teresa. 3, per le missioni in ringraziamento a Maria. - Villanova MonferratoM. B., 6, per grazia speciale.
D. Michelangelo Chiatellìno.
Come dal ramo si levan le foglie L'una appresso l'altra...
così partono da questa terra di lacrime i nostri amori. E come la loro separazione ci fa pena al cuore ! come si vorrebbe trattenerli! Queste ed altre simili espressioni penose si affollavano alla memoria quando ci giunse l'annunzio della morte di questo nostro amico e venerando sacerdote. Avevamo imparato a conoscerlo e ad àmarlo tanti anni fa, e mai la sua imagine pietosa ci era più scomparsa. - Il pio sacerdote aveva una di quelle fisionomie, che vedute una volta si fissano e tornano sovente con infinito giubilo del cuore. Egli venne all'Oratorio di Valdocco fin dal suo principio, e mentre studiava la Teologia Morale sotto la disciplina di Don Giuseppe Cafasso, lavorava volontieri in aiuto di Don Bosco. Con lui e per lui faceva la scuola di musica ai nostri giovanetti fin dagli anni 1847-48. Per questi suoi discepoli metteva in musica ora una terzina delle Litanie, ora qualche strofa di lode sacra. Ma l'opera sua maggiore fu certamente una Messa, che prima di quelle che ci regalò Mons. Cagliero, tenne in mezzo a noi il primo posto.
Una circostanza che ci rende più amara la sua perdita, e fa che ne sentiamo più vivo dolore, è che appunto nel 1851, cioè cinquant'anni fa, egli ce l'aveva regalata e noi l'avevamo imparata alla sua scuola ed eseguita con maggior possibile piacere. Quelle sue note omai sono dimenticate, ed il gusto moderno non le avrebbe forse a rimpiangere, ma per noi sarebbero sempre care come quelle che ci richiamerebbero a tempi assai diversi dai presenti. Ma D. Chiatellino, per essere andato subito ad esercitare il suo sacro ministero prima a Casalgrasso e poi a Borgo Cornalese, vicino a Villastellone, e finalmente a Carignano, non potè più regalarci altre sue composizioni. Dovunque andava però egli si faceva subito ammirare per una speciale santità di costumi ed una esattezza nel compiere i suoi doveri. I suoi allievi, perchè, secondo l'indole di quei tempi, ogni sacerdote era quasi sempre anche maestro, lo amavano come un padre, e ne ricavavano vantaggio nel vivere di famiglia e di società. Di quando in quando veniva a trovarci, e portava tra noi la gioia come la vista di un amico e di un padre. Don Bosco se ne serviva, in tempo di vacanze, per alcune predicazioni di esercizi spirituali, e non ne riceveva mai ripulsa. Per anni ed anni la novena del S. Rosario ai Becchi, patria di D. Bosco, era sempre riservata a D. Chiatellino. La sua parola era buona, inspirata alla salute delle anime e riusciva a guadagnarne molte al Signore.
Ma se sapeva guidare altri, molte volte aveva bisogno di essere sorretto e condotto quasi come un bambino. Il Signore lo purificava con gli scrupoli, che sovente lo rendevano inquieto sulla sua vita avvenire, temendo di non salvarsi. Ed era sempre stato di vita corretta ed irreprensibile) Si sottometteva poi alla fine a questa tribolazione, confidando nella misericordia di Dio e nella preghiera dei buoni. Ritiratosi in patria, raccoglieva i giovanetti alla festa, procurava che ne fossero istruiti nelle cose di religione e poi li conduceva alle funzionì della parocchia. Valeva spesso più il pensiero della sua virtù anche per domare la vivacità di quei giovanetti che la sua abilità e sagacia. Tutti lo amavano, tutti lo stimavano, e nessuno avrebbe osato far cosa che gli potesse dispiacere. E così visse fino agli ottant'anni. Nel mese di novembre u. s. colto da male improvviso in Torino, fu portato all'Ospedale di S. Giovanni, non sapendo chi si fosse. Appena si seppe, fu una gara pietosa fra molti di poterlo far accogliere in una camera a parte. Venuto in sè dopo qualche giorno, e poi ristabilitosi da poter resistere il viaggio, si condusse in patria, dove l'angelo della morte lo chiamava al riposo eterno nella mattina del 12 dicembre. La sua morte fu un vero lutto generale, e tutti andarono a gara di accompagnarne la venerata salma alla sepoltura con preghiere e suffragi come per la persona più cara e benedetta. Egli moriva povero, perchè non visse che per gli altri, e cercò di essere accolto in paradiso per mezzo delle elemosine ai poverelli. Lo raccomandiamo alla carità delle preghiere dei nostri Cooperatori, augurando alla nostra patria ed alla Chiesa molti sacerdoti così intemerati e divoti come Don Michelangelo Chiatellino.
Il Prof. Antonio Piazza da Caltanisetta.
Compianto dagli amici e da tutti quelli che ne ammirarono gli illibati costumi e la fede viva, egli cessava di vivere il 3 dicembre scorso in Catania, ove erasi da un po' di tempo recato per la sua debole salute. Cattolico sincero e convinto non bruciò mai il minimo grano d'incenso al rispetto umano, e quantunque insegnante di francese nelle pubbliche scuole, pure dovunque e con chicchessia professava sempre i suoi principii religiosi. Fervente cooperatore salesiano, fu il più zelante amico delle nostre opere e dei nostri Confratelli di Catania, che ora sentono un vuoto nella schiera dei loro generosi ammiratori e benefattori.
Benchè grande sia la nostra fiducia ch'egli godi già del premio dei giusti, lo raccomandiamo tuttavia ai suffragi delle persone pie, perchè se mai egli abbisognasse del nostro soccorso, possa presto godere dell'eterno riposo.
Prima di continuare lo svolgimento delle nostre SPIGOLATURE AGRARIE, ci rechiamo a sommo onore poter pubblicare la lusinghiera adesione all'iniziativa nostra dell'illustre STANISLAO SOLARI, cui l'agricoltura deve il sempre crescente impulso per l'applicazione razionale dei nuovi principi di agraria.
A Lui i nostri umili ringraziamenti e voti; a noi il far tesoro dei preziosi suoi consigli. - Avvertiamo però i nostri lettori che noi, con questa rubrica, non intendiamo fare usi trattato di agraria, ma che solo premettiamo queste nozioni generali per venire poi a parlare, man mano che riceveremo corrispondenze, della rispettiva applicazione e frutto ottenuto nelle nostre colonie.
Reverendissimo Signore,
Ho salutato con esultanza grandissima la nuova rubrica apparsa nell'ultimo Bollettino Salesiano dal titolo Note agrarie, in cui gli esimi scrittori si propongono di cooperare alla diffusione dei nuovi principii di agraria.
Ai molti titoli di benemerenza che i buoni Salesiani hanno già dinanzi alla società intera, essi ne aggiungono uno di nuovo, di massima importanza nell'ora presente. La nuova missione che essi intendono compiere non può non essere apportatrice di frutti consolantissimi. Questo è pure l'augurio ardente del mio cuore. Si abbia, colle più vive congratulazioni pel felice pensiero, l'espressione del mio personale ossequio. Dell'aiuto del mio consiglio, che Ella mi domanda, disponga per quel poco che può valere.
Ho l'onore di rassegnarmele,
Suo devotissimo ed ubbidientissimo Stanislao Solari.
II Degli elementi necessarii allo sviluppo della pianta. (Continuazione ved. Boll. di dicembre).
Riassunto - quantità di elementi richiesti per un quintale di prodotto - Per un raccolto presunto è meglio abbondare - Sotto che forma somministrarli.
NELL'ultimo articolo abbiam cercato, benché di volo, non solamente di ben precisare due verità omai controllate in tutti i modi, ma anche di darne una qualche spiegazione. Riassumendo possiamo ripetere
1° Perchè le piante possano vegetare rigogliose dobbiamo somministrar loro azoto, fosfati, potassa, calce (ed in qualche rarissimo caso anche qualche altrà materia).
2.° Lo sviluppo delle piante è regolato da quello dei quattro elementi ricordati, che nel terreno facciam trovare in quantità relativamente minore.
E probabile ora che ci vengan rivolte le seguenti domande : « In quale quantità e sotto qual forma devonsi somministrare alle piante queste sostanze? Devesi proprio comprare quelle polveri che vengono spac ciate per concimi, oppure l'azoto, i fosfati ecc. vengon somministrati col somministrar letame, avanzi di materie marcite ecc. ? »
Per rispondere a dette domande, in modo da persuadere un tantino, dovrem forse dilungarci un po' ma i lettori ci perdoneranno facilmente. Si tratta di togliere dei pregiudizi radicati profondamente nella testa di molti, i quali non sanno e non vogliono persuadersi che debbasi in agricoltura agire un po' diversamente dal modo con cui agivano i nostri vecchi. E che ? forse perchè i nostri vecchi andavano alla città a piedi, sarà proibito a noi di usare del tramway o del treno ? Per parte nostra tenteremo di essere chiari, ma vorremmo esser seguiti da chi ci legge senza prevenzioni ; come si tentasse di ímparare una cosa nuova e non di sofisticare sulla stessa.
In quale quantità si devono somministrare queste quattro materie? - Gli studi fatti e le esperienze molteplici eseguite sia da professori come da agricoltori autentici, ci portarono alla stessa conclusione e ci diedero in mano il modo di poter stabilire, molto approssimativamente, quanto le piante esportano dal terreno per darci un dato raccolto. Questi risultati furono raccolti in tavole apposite e ridotti ad esprimerci quanto delle dette materie richiedesi perchè possiamo ottenere un quintale di prodotto. Ad es. sappiamo omai con bastante certezza che per produrre un quintale di frumento (seme) la pianta consuma almeno, kg. 2,08 di azoto, 0,82 di fosforo, 0,55 di potassa e 0,06 di calce; come sappiamo pure che la quantità accennata non è sufficiente. Infatti per produrre un quintale di seme la pianta deve crescere e formare circa due quintali tra paglia e lolla (pula), consumando perciò anche l'azoto, il fosforo, la potassa e la calce necessarii per la formazione dei detti due quintali, ossia almeno altri kg. 0,96 d'azoto, 0'46 di fosforo 0,98 di potassa e 0,52 di calce.
Ne risulta quindi che, se vogliamo ad es. ottenere in un ettaro di terreno 20 quint. di frumento (sono cifre raggiunte non solo ma passate e non una sola volta da chi sa far l'agricoltore per davvero e riporteremo a suo tempo i dati necessarii) bisognerà che noi facciamo trovare in questo ettaro nel modo e nei tempi che indicheremo, disponibile per le pianticelle di frumento la quantità di concimi chimici necessaria, per produrre i 20 quintali di seme ed i 40 di paglia e lolla corrispondenti, ossia:
Azoto ...kg. 80 almeno
Acido fosforico (fosfati) . » 25 »
Potassa » 30 »
Calce » 11 »
Non è a caso che abbiam sottolineato la parola almeno, anzi insistiamo (e ritorneremo ad insistere in altro tempo) onde ne sia ben compreso il significato - Allorche si somministrano concimi al terreno non tutto vien assorbito dalle piante, ma in generale una parte di essi discende al basso (nel sottosuolo), trascinata dalle acque filtranti nel terreno, ed una parte non vien subito trovata dalle radici nel 1° anno di concimazione. In alcuni terreni poi, già ornai esausti, i concimi nel primo anno vengono in massima parte assorbiti dal terreno ed a disposizione della povera pianta di essi ne rimane ben piccola parte. Queste verità ci spiegano come in qualche caso pur concimando i terreni con concimi adeguati non si poterono ottenere subito fin dal 1° anno dei raccolti remunerativi, tanto meno quelli corrispondenti alla quantità dei concimi sparsi. A suo tempo daremo alcune formole generali per le varie coltivazioni ; quel che si disse ci par sufficiente per ben comprendere quel che verremo dicendo, e perciò dopo un ultima osservazione terminiamo queste idee generali sugli elementi necessarii allo sviluppo della pianta e sulla quantità in cùi debbonsi somministrare.
L'osservazione è questa: Nessuno di quelli che ci han seguito fin qui, giunti a questo punto si lascino prendere dallo scoraggiamento col dire : ma per comprar tutte queste materie ci vogliono dei capitali che io non ho, perciò farò come potrò al solito... no! ci segua invece fino alla fine dei nostri poveri articoli (e se desidera far più presto comperi qualche buon libro pratico) e speriamo di riuscir ad indicare i mezzi per poter sfatare anche questa difficoltà, che è veramente la più grave.
Alla 2a parte della domanda - sotto che forma somministrar queste materie noi risponderemo - Se si comperano, esse sono già sotto la forma più preferita dalle piante (si stia solo attenti a non lasciarsi ingannare da certi speculatori non troppo onesti) e poi verran dati a suo tempo alcuni consigli generali per certi casi di terreni speciali ecc. Se poi si vogliono somministrar in altro modo servendosi ad es. dello stallatico, del cessino e degli avanzi delle industrie (cosa del resto conveniente sotto tutti i rispetti) la risposta nostra, che sarebbe pure la risposta alla 2a domanda non può esser tanto semplice, verrà dedotta invece da quanto si dirà nel seguente paragrafo, giacchè temiamo di non ruscire a persuadere, se prima non diciamo alcune parole su questi concimi (stallatico, cessino ecc.) che si vorrebbero adoperare.
Alcuni consigli pratici - Prima che il numero di febbraio possa giungere a tutti i nostri lettori, alcuni paesi della nostra cara Italia avran già sentito i primi tepori primaverili ; in alcuni luoghi quindi saran già incominciate le concimazioni adatte per detta stagione. Avviene in questa circostanza che molte volte si mescolino sostanze la cui mescolanza porta perdita di valor concimante, con danno grave di chi dopo la sparge sui proprii campi. Ad evitare questo inconveniente crediamo bene pubblicare una tavola del prof. Romano (Hoepli-Agron. ed Agricol. moderna di Giov. Soldani), in cui sono indicate le mescolanze possibili e quelle invece che son dannose, e farla seguire da alcune note che spieghino il perche del danno. I nostri agricoltori potranno tenerla sott'occhio e regolarsi in modo da usufruire di tutto quanto può recar vantaggio ed evitar quanto può disperdere qualche parte del potere concimante.
(1) No, perchè si avrebbe perdita d'azoto sotto forma ammoniacale.
(2) No, perchè probabilmente si avrebbe la denitrificazione con perdita di azoto se trattasi di perfosfati d'ossa.
(3) No, perchè parte almeno dell'anidride solubile del perfosfato sarebbe allo stato insolubile.
(4) No, perchè i fosfati naturali contengono spesso calce libera che scompone i sali ammoniacali con perdita d'azoto.
(5) No, specialmente se il perfosfato è di ossa o di nero animale o di recente preparazione contenendo iu tal caso eccesso di acido solforico che scompone il nitrato con perdita di azoto.
(6) No, se contiene carbonato di calce o, peggio, calce viva. Parte dell'anidride fosforica solubile passe- rebbe allo stato insolubile.
(7) No, perché l'inconveniente, di cui dianzi, sarebbe maggiore e inevitabile.
(8) No, se il miscuglio non è sparso con sollecitudine. Sì rapprenderebbe in una massa consistente difficile a polverizzarsi.
(9) No, se contiene calce viva, perchè si avrebbe una perdita di ammoniaca. (10) No, perchè si avrebbe perdita di ammoniaca.