BS 1900s|1902|Bollettino Salesiano Ottobre 1902

Anno XXVI.   Ottobre 1902.   N. 10.

BOLLETTINO SALESIANO

SOMMARIO - I libri di testo per le scuole. , . pag. 289 L'opera di protezione della giovine    290

L'opera di D. Bosco nella Patagonia    292

I nostri biricchini    293 Pagina intima . . 394 Missioni -Matto Grosso: Da Cuyabà alle rive del vorticoso Araguaya - Brasile del Nord : Una nuova colonia agricola a Sergipe - Giamaica (Grandi Antille) notizie su questa Missione   . 297 Notizie compendiate (Avigliana - Baraquilla - Cagliari - Nizza Monferrato - Guayaquil - Mendoza - Monastero Vasco - Sanluri - Piazza Armerina - San Paolo - Troia    305

La staffetta scolastica    312

Grazie di Maria Ausiliatrice   ,    313

Le nozze d'oro delle Letture Cattoliche    317 Guarigione da tubercolosi polmonare . 319 Illustrazioni: Adunanza dei Direttori diocesani, pag. 295 - La Madonna dei Laghi Avigliana, 306 - Comm. Merello, 307 - Comm Picínelli sindaco di Cagliari, 309 - Chiesa e Scuole di Nizza Monferrato, 311.

IMPORTANTISSIMO I libri di testo per le Scuole Elementari, Complementari, Normali, Ginnasiali e Liceali

LA scelta dei libri di testo per le scuole è indubitatamente una delle cose che maggiormente preoccupano gli educatori in genere, i padri di famiglia in ispecie. Trovare un libro ben fatto, il quale risponda pienamente alle esigenze dei programmi e- delle disposizioni governative, e nello stesso tempo nulla contenga che disdica sotto l'aspetto morale e religioso, sicchè il giovane allievo possa adoperarlo senza, pericolo alcuno, è cosa ad un tempo delicata, difficile ed importante. Nell'intento di provvedere a questo bisogno universalmente sentito, il Congresso Salesiano di Bologna fece voto che i Figli di D. Bosco dessero in tempo la maggior pubblicìtà possibile all'elenco dei libri di testo, che unitamente al programma scolastico sogliono diramare ogni anno per le loro Scuole Liceali, Ginnasiali, Normali, Complementari ed Elementari.

In ossequio a questi voti, calorosamente espressi da Eccellentissimi Vescovi e da altri illustri personaggi del Clero e del Laicato, noi tenendo innanzi le norme sopra indicate, abbiamo compilato anche per p. v. 1902-903 un elenco di libri di testo, sufficientemente abbondante, sì di edizione nostra come di edizione altrui, per le Scuole Liceali, Ginnasiali, Normali, Complementari ed Elementari. Ed ora questo elenco manderemo gratuitamente ai nostri buoni Cooperatori che ce ne faranno domanda. Essi avranno la bontà di esaminarlo, e di sceglierne quei libri che loro paressero interessare, scrivendo per le relative commissioni di acquisto alle Librerie Salesiano che si pongono a loro disposizione.

L'OPERA DI PROTEZIONE DELLA GIOVINE

NELLA recente adunanza dei direttori salesiani venne fatto parola del lavoro che spetta oggi alla donna cristiana, la quale non voglia chiudersi in sè stessa e veda che attorno a lei innumerevoli anime si perdono.

Raccolti sotto il. nome benedetto di D. Bosco, i Salesiani inscrissero nel programma della loro adunanza i Comitati femminili. Non può invero da quella fornace d'amore che è il cuore di D. Bosco restar fuori la donna: ed anche a lei, come a tutti, apre D. Bosco vasti campi di lavoro. Salvare la gioventù era sogno e voto di quel santo; le donne cristiane che portano il suo nome diano dunque tutto il loro cuore, tutta l'anima loro alla salvezza della gioventù, specialmente alla gioventù del loro sesso, alla quale quella dell'altro sesso, a torto detto forte, tende tante insidie.

Troppo è noto che le povere giovinette, le fanciulle stesse sono sempre sull'orlo di qualche precipizio. La scuola non più religiosa, l'officina, dove si raccolgono giovani di ogni fatta, di sovente depravate sino in fondo all'anima ; il laboratorio, il quale colle veglie eccessivamente protratte e coll'orario irregolare mette le giovani sole, la sera, per la via, alla balìa quindi degli scapestrati che non mancheranno di seguirle; le feste pubbliche coi balli e mille altre disoneste attrattive; i circoli di ricreazione frequentati da libertini, dove la piaga si fa licenza, e dove sotto le più innocenti apparenze l'onore si lascia addirittura sulla soglia; e i giovani maleducati e dissoluti che a loro, anche passanti modeste e raccolte, volgon parole che suonano onta e che sono scuola di vizi ; e i muri, le edicole, le vetrine adorne con quanto di più scurrile e sconcio seppe produrre il disegno, l'incisione, la fotografia, e con quanto fango seppe il giornale pornografico ed immorale condensare nelle sue colonne e nelle sue illustrazioni, tutto questo costituisce un'insidia continua, ininterrotta, spesso inavvertita, ma sempre fatale, che alla giovinetta attraversa la via, e che la fa certamente cadere se l'angiolo materno non veglia e la grazia del Signore non assiste.

Aggiungete a questo la infame tratta delle bianche, quella vergogna incredibile del nostro secolo, per la quale persone inique e senza coscienza, per il vile lucro non esitano ad ingannare tante povere giovani, promettendo loro o direttamente, o per mezzo di inviti o stampe, o dei giornali delle collocazioni in paese lontano, e poi quando le hanno in loro mano le condannano, dopo mille torture e strazii all'onta suprema, e popolano con esse le case dell'infamia; e con questo avrete il quadro di ciò che la vile cupidigia di piacere e di denaro sa escogitare per perdere tante povere disgraziate!

Dinanzi a questo quadro resti insensibile, se può, la cooperatrice salesiana, la donna di D. Bosco ! Non le dice il cuore che il suo posto e là, accanto alle ragazze insidiate e tradite, per difenderle, per salvarle, per risollevarle, cadute? Quale opera per lei più adatta ed insieme più consolante che quella di protezione delle giovani ?

A favore della giovine, nel volger dei tempi sono state ideate istituzioni corrispondenti ai vari bisogni. Tuttavia, mai come ai nostri giorni tanto si rallentarono i rimedi delle famiglie, mai tanto le giovani furono date in balìa delle più terribili occasioni di perdersi: è dunque giusto che ai bisogni nuovi o agli antichi fatti più potenti corrispondano e nuove istituzioni, e maggiore energia da parte della donna cristiana. Queste opere di custodia e di salvezza femminile hanno o possono avere innumerevoli forme: uffici di collocamento onesti e con sicure informazioni su case di asilo per le ragazze sole che devono trattenersi qualche tempo nelle città ; case, famiglie per le operaie e commesse ; circoli, ricreatori, scuole, ritrovi serali o domenicali dove, miste le ragazze colle loro protettrici, nell'intimità si effonde l'animo, si narrano segreti, si danno consigli e conforti, si ama e si insegna ad amare; segretariati per le ragazze e le loro famiglie; assistenza alle viaggiatrici sole, nelle stazioni, nelle fermate durante i viaggi; patronati operai, opere di riabilitazione delle cadute, e via dicendo; ecco altrettante istituzioni che servono ad allontanare le giovani dai pericoli e a risollevarle se sventuratamente si persero. E nell'odierna facilità di traslocarsi, per cui le ragazze facilmente viaggiano o cambiano sede (nel qual caso il pericolo loro cresce a dismisura) quanto vantaggio nel mettere fra loro in relazione le istituzioni di diverse città, e, se occorre, di diverse nazioni, tantochè la giovine lasciando il suo paese possa dappertutto trovare la medesima assistenza come nel suo, e non sia abbandonata mai fino al luogo della sua destinazione, e quindi la protezione della giovine si faccia addirittura internazionale, ed acquisti quel carattere di universalità che hanno tutte le opere veramente cattoliche!

Ebbene: vi è un'opera la quale si intitola appunto della protezione delle giovani e che serve a curare ed eccitare la fondazione di quante istituzioni possano occorrere a vantaggio della giovine, varie a seconda dei luoghi e delle circostanze, e che essendo internazionale, può collegare insieme quelle dei vari paesi, creando una catena di assistenza che accompagna la giovine dovunque essa vada. Essa è la Association catholique internazionale pour la protection de la jeune fille, sorta a Friburgo in Svizzera (dove ne risiede la direzione) nel 1897 e benedetta dal S. Padre Leone XIII; opera che, modellata su una analoga protestante allora esistente da 25 anni, poté profittare dell'assistenza di quella e copiarne le pratica organizzazione che qui non è il caso di descrivere.

Quest'opera ha già fatto in quest'anno il suo ingresso in Italia, prima a Torino, poi a Milano ed in altre città minori, mentre altre, anche delle maggiori, vanno preparandosi ad attuarla.

Le donne di D. Bosco, le Cooperatrici Salesiane che tutte sono innamorate della Virtù del Santo di Valdocco ed hanno l'anima riboccante di amore per la gioventù, non esitino ad entrare nell'agone. Si organizzino, o, se organizzate, si rivolgano ai loro direttori per accettare fra le loro opere questa di protezione della giovine che è destinata a salvare la più cara parte della società. Facendo poi adesione al Comitato centrale di Friburgo esse, oltre a partecipare del bene che si fa in tutta l'Associazione, potranno concorrere a realizzare quell'assistenza senza limitazione di confini o di frontiere, di cui dianzi si parlava.

Donne cristiane, donne buone e pietose che amate le vostre figliuole, le vostre sorelle, abbiate compassione delle figlie e delle sorelle di tante altre povere donne, che si perdono miseramente fate quello che senza dubbio vi suggerisce il cuore.

Donne cristiane, in nome di D. Bosco, salvate le povere giovani!...

Chi voglia notizie sull'opera accennata pud averle scrivendo alla Direzione di questo Bollettino, che, a seconda delle città, penserà a mettere gli scriventi in relazione coi più prossimi comitati esistenti.

L'opera di D. Bosco nella Patagonia

Nell'occasione in cui il nostro caro Missionario D. Milanesio, dopo 25 anni di penoso ministerio nell'America, di cui 22 nella Patagonia, venne tra noi, inviato da Monsignor Cagliero, Superiore di quella Missione, allo scopo di questuare limosine dettando conferenze nelle città e villaggi di campagna dell'Italia (e se occorre in altri paesi di Europa) a favore delle varie Case Salesiane stabilite nella Patagonia, crediamo far cosa gradita ai nostri cari benefattori pubblicando il resoconto che egli stesso ci fa. E' vero che l'Opera di D. Bosco nella Patagonia è già conosciuta dai nostri Cooperatori; tuttavia desiderosi di farla conoscere meglio, a tanti buoni cattolici, che sarebbero disposti ad aiutarci se ne avessero una idea più esatta, siamo tentati a credere che sarà di qualche utilità a tutti quelli che hanno tempo e comodità di leggerla attentamente.

La Missione Salesiana nella Patagonia e Terra del Fuoco è Opera di D. Bosco, e fu fondata quella sul principio dell' anno 1880 e questa nel 1885. Comprende un Vicariato ed una Prefettura. Il Vicario è Monsignor Giovanni Cagliero, che governa il suo Vicariato fin dal 1885, il Prefetto è Mons. Giuseppe Fagnano, la cui creazione data dallo stesso anno.

Più tardi i Salesiani, a petizione del Vescovo della Plata, si fecero carico del territorio della Pampa e di una parte del sud della Provincia della Plata sotto la immediata giurisdizione del suo Vescovo. Vi fondarono varie Case, di cui la principale è quella di Bahia Blanca città importante della Repubblica Argentina e porto di mare.

La Missione Salesiana estende pertanto la sua azione benefica nella Patagonia, Terra del Fuoco, territorio della Pampa, del Neuquen, e sopra una parte della provincia della Plata, comprendendo una superficie di circa 1.213.000 km. q. essendo grande quattro volte più che l'Italia.

Il personale impiegato pel bene spirituale e temporale di quelle anime, che sommano a circa 130,000 è il seguente: 60 sacerdoti, 26 accoliti, 74 confratelli, 150 suore di Maria Ausiliatrice e circa 100 persone di ambi i sessi pagati e che prestano la loro opera benefica in favore di quella Missione.

I Salesiani nel breve periodo di 22 anni hanno fondato 31 residenze per le Missioni, cioè 18 .pei Missionari e 13 per le suore di Maria Ausiliatrice. In quasi tutte queste residenze vi è una scuola dove i Salesiani istruiscono i ragazzi nelle lettere e nella religione, mentre le suore fanno lo stesso in favore delle figlie. E qui giova ricordare le 31 tra Chiese pubbliche e Cappello private, erette da loro al culto cattolico. Di più fondarono un ospedale in Viedma (Casa Madre), il quale si trova ben provvisto di medicine e che fa un bene immenso ai paesi di Viedma e di Patagones e a tutta la vasta campagna di quei dintorni. Ricchi e poveri sono curati con gran carità da un medico salesiano e da altri medici del luogo e assistiti dalle suore di Maria Ausiliatrice. In Viedma vi sono pure due orfanotrofi, uno pei maschi e l'altro per le femmine: gli uni e le altre vengono istruiti nelle scuole di arti e mestieri compatibili col proprio sesso. In due punti della Terra del Fuoco, cioè nell'isola Dawson e al Capo Peña si raccolgono centinaia di famiglie indigene e vengono istruite nella fede e nella vita civile.

Ma un punto importante di questa Missione e che non conviene perdere di vista si è l'azione dei zelanti Missionari, che sono quasi sempre in giro visitando non solamente le tribù indigene nelle loro capanne, ma altresì i civilizzati nelle loro ville, borgate e case isolato della campagna, portando loro, per dire così , sul limitare della propria casa, la parola di Dio, i Sacramenti, e tutti gli aiuti spirituali del loro sacro ministero. Difficil cosa immaginare i disagi, le sofferenze e i pericoli cui vanno incontro questi nostri Missionari, per la gloria di Dio e pel bene delle anime. Ma tutto si soffre da coloro che hanno avuto il coraggio di abbandonare padre, madre, fratelli e patria per amor del regno dei cieli.

Dacchè i nostri Salesiani si stabilirono nella Patagonia, senza tener conto degli interminabili viaggi dei Missionari attraverso la Pampa e delle loro fatiche per condurre a Dio tante anime colla predicazione, ottennero i seguenti risultati, secondo le cifre del segretario di Monsignor Cagliero Vicario e Superiore di quella Missione. Questi dati sono il- più bel testimonio degli abbondanti frutti riportati, mediante la, grazia di Dio; e sono 47,000 battesimi di cui circa 15,000 sono di indigeni; 5,000 matrimoni, 15,000 cresime, 400,000. Comunioni di persone del popolo e 600.000 tra pupilli e pupille, fanciulli e ragazze che frequentano gli Oratori festivi nelle differenti Case. Qui è da notare che non sono compresi i battesimi, matrimoni, cresime e Comunioni della Terra del Fuoco per non averne i dati.

Per quanto queste cifre siano consolanti non sono ancora quali si vorrebbero, se si avesse un personale, più numeroso e maggiori mezzi. È certo che il bene si farà a misura che aumenteranno i mezzi e le limosine. Epperciò ho fiducia che tutti vorranno aiutare l'Opera di Don Bosco, affinchè si dilati sempre più il regno di Gesù Cristo.

**

L'innondazione fenomenale dell'anno 1899, che non trova esempi nei tempi passati, venute a sterilizzare in gran parte le nostre fatiche. Alcune case restarono assai danneggiate, mentre altre furono completamente distrutte. Duecento mila lire sarebbero poco per rifarcì dei danni sofferti. Ed ecco qui, o cari Benefattori, un altro motivo che deve animare la vostra carità a venire in nostro aiuto.

Di più vi sono nella Patagonia dei punti già popolati e per la grande lontananza non si possono visitare che rarissime volte. In questi luoghi gli infedeli non possono essere istruiti nè battezzati; i cristiani poi vivono e muoiono senza Sacramenti e senza l'assistenza del prete. Altre duecento mila lire sarebbero appena sufficienti per stabilire le residenze più necessarie. Ma come fare senza i mezzi necessari? Fiducioso faccio appello al vostro buon cuore, e da voi attendo valido appoggio nel compimento di tanto bene.

Sac. MILANESIO DOMENICO.

I NOSTRI BIRICCHINI(1)

Oh felicissima

Quella tal gente Che tira a vivere Piacevolmente!

Quando le rondini Garrule, a stuolo Nell'etra incrociano I gridi, e il volo,

E si rincorrono In mille guise Fra quelle libere Aure sorrise;

O quando un nucleo Di cani abbaia, Che senza tregua Giostran per l'aja,

Che destreggiandosi, Vengon e vanno, Corrono, ansimano, Ne mai ristanno,

E al parapiglia Ultratenaci Van trastullandosi Con morsi o baci ;

Vi è là il quissimile Dei ghirigori Dei follettissimi Degli Oratori,

Che irrefrenabili,

A rompicollo, Sprizzati l'elettrico Fin dal midollo.

Son là,... e direbbesi Cara marmaglia

Che abbia la fregola Di dar battaglia.

Prima è bonaccia,... Poi la disfida,... Ecco già squillano Le prime grida.

Gli araldi avanzano; Quindi prudenti Calar nel circolo I combattenti.

Gli uni sogguardano E batton l'anca; Altri si sbandano

A dritta e a manca ;

Comincia il mescersi, Il viavai, E il tafferuglio Ingrossa assai;

Quando, qual folgore Un bricconcello Scatta per fendere l'altrui mantello.

Ma l'altro svoltola,

E gracchia, e strilla, E sfugge. e scivola Come un'anguilla.

Tornano in linea Tutti; e s'appresta Già la rivincita; Eccoli in resta.

L'un nella mischia S'alza, s'abbassa, Rallenta, spingesi Entro la massa;

Un altro strepita Siccome un Trace; Un terzo scarica Dei pugni in pace;

È tutto un correre, Un tramestio,

Un chiasso, un ilare Diavolio,

Mentre i scoiattoli Quattro quattrotto, Balzano, strisciano, Guizzan di sotto.

So poi pericola Qualche giubbetto, O alcun scudiscia Col fazzoletto,

Ratto, fulmineo Piomba il censore; Ma spesso, il misero Sconta l'ardore,

Chè nell'accorrere Per l'altrui caso, Anch'egli sdrucciola Sconciando il naso.

Oh, ma se il fluido Lor bolle in seno, Chi può, corbezzoli, Tenerli a freno?

Non è già stimolo Biricchinesco,

Nè la cornaggine Del far manesco;

Mainò; è l'esubero

Di giovinezza

Che sdossa il carico Della cavezza;

È il zinzo d'impeto Che si palesa In ogni minima

Lor gesta o impresa:

Se, verbi grazia,

Si refeziona,

Non v'è l'imbroglio Della poltrona:

Ma v'è ginnastica, Ma v'è battaglia ; Le due mandibole Fan da tenaglia,

E vanno all'aere Addirittura

Talor dei briccichi Di dentatura.

Sia dunque venia Ai giovinotti

Se fiamma insolita Li fa dirotti,

Se in essi il palpito Baldo, giulivo, Appar sinonimo D'argento vivo.

A barra libera, A barra rotta,

Rifiuterebbero Dessi la lotta?

Chi non desidera Lanciarsi avante Sovra il centrifugo Passo volante?

Perchè smascellano

A crepatesta,

Se a qualche chierico Straccian la vesta,!

E chi resistere

Può al dolce incanto D'un velocipide Che ruoti accanto?

La palla capita

A lor di sotto ; Perchè a respingerla Son sette od otto?

Bella, piacevole

La baraonda

Di questi quaccheri Tanto gioconda,

Dove alle guancia Brillasi le rose, Dove le braccia Tornan gloriose!

Dove dall'orbita Sprizzan sinceri Due bellissimi Occhioni neri!

Dove nell'anima

De' cari figli Ancor germogliano I prischi gigli!

Oh felicissima Cotesta gente, Che tira a vivere Giovanilmente !

Ma quei che mettono Tutto a soqquadro, Son superuomini D'un miglior quadro.

Quei che qualifichi La ragazzaglia, Fanno il rovescio Della medaglia.

Essi ad un semplice Cenno del dito, (Locchè significa Gioco finito)

Presto rincasano Entro alle celle, In quota immagine Di pecorelle.

Non più l'elettrico! Non più faville Che metamorfosi Nelle pupille !

Or già dimentichi Di corse e ludi, L'uno si crogiola Nei dotti studi ;

Altri addimostrasi Il cavaliere Della meccanica E del mestiere.

Essi i precipui Nell'arte bella D'esser d'esempio Nella cappella;

Essi i prototipi D'ogni virtù, Onde si pregia La gioventù.

Cose che, cattera! Costan non poco ;

Star fermi al tavolo?... Star fermi al foco?

Chiuder le soglie D'un alveare? Frenare i passeri Pronti a squagliare.

Oh! Pria lievissime Parean l'ali, Che discioglieano Voli geniali;

Or, fatte plumbee, Stringono al suolo, S3 ch'è impossibile Levarsi a volo.

Ma, dopo Domine, Chi adunque fa Sì bei miracoli Di carità?

Chi appresta al discolo L'alma potenza Che lo fa arcangelo Di provvidenza ?

Ah! questi apostoli Sì, li conosco:

E so che il principe Loro, è Don Bosco.

« Servite Donino Sempre in letizia! Poi scapricciatevi, Pure a dovizia! »

Ah ! se dall'oasi Dove è beato Potesse ci scendere A noi da lato,

E uscire un zinzolo Fuor de l'avello, Direbbe in musica Il ritornello:

« Oh felicissima Cotesta gente, Che tira a vivere Cristianamente! »

Avv. CARLO BIANCHETTI.

(1) I nostri più vivi ringraziamenti all'illustre avv. Carlo Bianchetti che ci fece regalo di questo squisitissimno gioiello poetico, da lui stesso declamato ,con arte inarrivabile nella solenne accademia tenutasi in occasione del Congresso degli Oratori festivi.

PAGINA INTIMA

I.

IV Adunanza dei direttori e zelatori dei nostri Cooperatori.

Quest'importante convegno si tenne nei giorni 4 e 5 dello scorso settembre negli ameni ed eleganti locali di Valsalice, presso la monumentale tomba di D. Bosco. Quantunque indetto in modo privato, pure il concorso dei nostri direttori diocesani, e principali zelatori fu assai consolante. Tra questi ci piace ricordare S. E. Mons. Morganti, Vescovo di Bobbio, Mons. Balestrino di Genova, Mons. Mariani di Pavia, Mons. Negroni d'Acqui, Mons. Alcese Abate, parroco di Sampierdarena, il prof. D. Simonetti di Biella, il teol. Muriana, curato di S. Teresa in Torino, il can. Trombini, il prof. Bettazzi, il cav. Navarotto, direttore del Berico di Vicenza, can. Buscaglia di Biella, can. Becchi di Savona, can. Neri di Arezzo, can. Savio di Saluzzo, parroco Salamano di Vercelli, parroco Bellono di Ivrea, can. Dominici di Oneglia, Don Ghigo di Casale, can. Tallandini di Bagnacavallo, teol. Gius. Pellegrino di Carmagnola, D. Rigoli, prevosto di Somma Lombardo, can. Biglia di Cuneo, D. Giordano, curato di Mondovì, can. Codebò di Bobbio, D. Gay, prevosto di Asti, D. Cotignoli di Bagnacavallo, can. Verquera di Susa, D. A. Anzini di Locarno (Svizzera), più vari Ispettori e Direttori Salesiani d'America e d'Europa.

Nello svolgimento dei vari punti del programma, lasciata da parte la retorica, si adottò il sistema della pura pratica. Notevole l'incremento della Pia Unione dei Cooperatori e del suo periodico, il Bollettino Salesiano, il quale ha presentemente una tiratura mensile di 234.000 copie ripartite in sette lingue. Si parlò pure della diffusione degli altri periodici salesiani, specie del Don Bosco di Milano, che dovrebbe essere l'amico di tutti i maestri ed educatori; del Secolo del Sacro Cuore di Bologna ; del Cristoforo Colombo per gli emigrati all'Argentina l'Italiano in America per gli emigrati a NewYork, ecc. Tutti questi giornali, che van sempre crescendo di numero e di copie, giovano efficacemente alla propaganda dell'Opera e producono immenso bene nello famiglie.

Destò l'entusiasmo il più cordiale il discorso del prof. Bettazzi stilla protezione della giovine e contro la tratta delle bianche. La parola matematicamente sobria e cristianamente fervida del valente e pio professore scuote gli animi, specie quando descrive l'abuso che ancor si fa delle povere fanciulle, che inesperte si avventurano nel mare magno delle grandi città in cerca di lavoro. - Se fosse possibile, dice, far accompagnare da una donna fidata e zelante la povera giovinetta dal momento che lascia la casa fino al luogo d'un onesto collocamento, quanto bene si farebbe ! Ebbene, questo che parrebbe un sogno, s'effettua per una catena di relazioni che l'opera stabilisce, e fa trovare alle stazioni delle buone donne con un nastro bianco-giallo per divisa, le quali, veri angeli custodi, appressano le incaute giovanette e le guidano colle loro informazioni in modo che non possano esser vittima delle megere , che pur troppo, nonostante gli sforzi di tutte le nazioni civili, ancora esistono e sanno mille arti diaboliche per trascinarle alla perdizione.

Interessante fu pure il discorso del teol. Muriana che disse in modo convincente della necessità delle scuole di religione, le quali accogliendo i giovanetti dei ginnasi e dei licei, li istruiscono nella religione, colmando una lacuna e combattendo i pregiudizi, che pur troppo si diffondono dalle cattedre medesimo donde dovrebbe partire la parola della morale e della religione

Anche Mons. Morganti onora più volte l'adunanza della sua parola tutta fatta d'osservazioni pratiche e di reminiscenze del bene operato a Milano per mezzo dei Salesiani. Spiega specialmente con quali criteri sia scritto il Don Bosco, che tende a diffondere tra gli insegnanti le massime e lo spirito dell'educazione cristiana conformemente ai pensieri dei più grandi educatori cattolici di tutti i tempi, di cui riproduce e commenta le opere. Parla pure dell'Opera di S. Agostino per la preservazione dei giovani pericolanti e la conversione dei traviati. -È un'affermazione, dice, del sopranaturale in mezzo ai guasti immensi del naturalismo, perchè essa tende ad implorare da Dio quello che non si può più sperare dagli uomini.

Il prof. D. Simonetti rallegra pure di quando in quando, con argute osservazioni, l'assemblea, parlando dell'eccellenza dell'opera educativa che si compie coi periodici salesiani ed encomiando il lavoro che si vien facendo per discernere i libri di testo scolastici buoni da quelli infarciti di errori e di stranezze.

Il cav. Navarotto, mentre loda l'Opera salesiana, desidera che il periodico, che ne riflette il movimento generale, prosegua in quella via di miglioramenti, per cui si è messo e che è necessaria per renderlo più accetto e gradito all'occhio degli stessi nostri avversari. Propone pure che si faccia meglio conoscere per mezzo dei giornali quanto vanno operando per gli emigranti italiani all'estero. D. Rua, a questo proposito, raccomanda la Missione Italiana di Zurigo, dove si sta costruendo una chiesa per i nostri emigrati, ma scarseggiano i mezzi.

Questi i punti più salienti dell'adunanza, per tacere di tante altre piccole osservazioni e cose intime che saranno solo registrate nel resoconto generale per potersene servire a tempo opportuno. Così pure tacciamo della schietta allegria, che regnò in tutto il tempo, degli episodi comici, dei brindisi all'agape finale, del gruppo fotografico, che riproduciamo, ecc. Non possiamo però non accennare all'intervento di S. E. il Card. Arcivescovo di Torino, il quale volle chiudere l'adunanza con un felicissimo pensiero. Con parola elevata e tenerissima tratteggiò lo spirito ammirabile del Salesio, e rivolgendo il discorso a certi nuovi ardimenti, ai quali si vorrebbe informata l'azione cattolica, conchiuse : - No, la Chiesa non ha bisogno di audaci, ma di umili e di santi che facciano rivivere lo spirito di S. Francesco di Sales.

II. Per l'Obolo di S. Pietro.

Consolantissimo è stato il movimento suscitato nei nostri Collegi ed Istituti per la sottoscrizione voluta dal nostro veneratissimo Rettor Maggiore per l'Obolo di S. Pietro quale omaggio al Papa pel suo Pontificale Giubileo.

Noi abbiano già pubblicato nel mese di luglio scorso un 1° elenco ed ora ne diamo un secondo, assai più numeroso, ed in pari tempo preghiamo i direttori e le direttrici, che non ci hanno ancora ritornate le schede loro inviate, a volercele far avere al più presto. E vero che la presentazione dell'Album e dell'Obolo al Santo Padre sarà fatta solo in occasione delle prossinie feste natalizie, ma occorre assolutamente chc tutte le schede siano ritornate per i primi di novembre al più tardi.

2° elenco

Serralunga d'Alba: Asilo Infantile Ferrero (68) - Mogliano Veneto: Collegio Astori (191) - Orvieto: Collegio Leonino (76) ; Oratorio Festivo (151) - Alì Marina: Collegio M.a Ausiliatrice (235) -Torino: Ospizio S. Giov. Evangelista (188) - Oran: Figlie di Maria Ausiliatrice (84) - San Benigno Canavese: Oratorio Salesiano (204); Oratorio Festivo e Scuole Comunali (192) - Torino: Oratorio S. Angela Merici (518) - Gattico: Oratorio S. Cuore (84) - Perosa Argentina: Figlie di M.a Ausiliatrice (202) - Rapallo : Oratorio Salesiano (116) - Busca : Oratorio Madonna del Rosario (201) - Lanusei: Collegio Convitto S. Eusebio (47) - Este: Collegio Manfredini (152) Pedara: Istituto S. Giuseppe (66) - Livorno: Oratorio S. Cuore (108) - Lugo: Oratorio San Giuseppe (79) - Alessandria d'Egitto: Istituto D. Bosco (202) - Bologna: Istituto della B. V. di S. Luca (234) - Roma: Ospizio S. Cuore di Gesù (445) ; Oratorio e Scuole del S. Cuore (289) - Grignasco: Convitto Operaio (100) - Mathi Torinese: Cartiera Salesiana (34) - Bordighera Torrione: Oratorio M.a Ausiliatrice (118) - Falicetto di Verzuolo: Asilo Infantile (110) - Trevi: Collegio S. Francesco d'Assisi (76) - Berceto di Parma: Oratorio Festivo (284) - Mathi Torinese: Oratorio S. G. F. (167) - Ensenada: Scuola e Oratorio N S. della Mercede (134) ; Oratorio Festivo di M.a Ausiliatrice (102) - La Paz: Collegio D. Bosco (161) - Villa Colon: Collegio Pio IX (209); Collegio M.a Ausiliatrice (118) - Sarrià Barcellona: Collegio S. Dorotea (316) - Montevideo: Collegio S. Cuore di Gesù (115) - Dawson: Missione Salesiana (75) - Paysandù: Collegio del SS. Rosario (109); Collegìo M."° Ausiliatrice (122) ; Asilo Infantile (50) - Pontestura: Oratorio S. Giuseppe (118) - Gioia de' Marsi: Istituto M.a Ausiliatrice (431) - Trento: Orfanotrofio Maschile (75) - Borgo Cornalesa: Oratorio Femminile (71) - Legnago: Istituto San Davide (100) - Intra: Convitto Operaio femminile (97) - Livorno Toscana: Oratorio S. Francesco (115) - Sondrio : Istituto Salesiano (26) - Artena: Scuole Comunali e Oratorio Festivo (118) - Ancona: Istituto della S. Famiglia (31) - Marsala: Oratorio M.a Ausiliatrice (118); Casa Divina Provvidenza (119,1 - Intra: Istituto M$ Ausiliatrice (78) - Nizza Monferrato: Istituto N. S. delle Grazie (137) - Nazaret: Casa Salesiana (40) - Collesalvetti : Collegio S. Quirico (118) - Monleone : Istituto S. Gaetano (10 ) - Gattinara: Asilo Infantile Patriarca (300) - Bertolla: Asilo Infantile e Oratorio Festivo (141) - Ascoli Piceno: Istituto Cantalamessa (66) - S. Ambrogio di Torino: Oratorio M.a Ausiliatrice (1.84) - Borghetto-Borbera: Oratorio dell'Immacolata (85) - Cannero: Convitto Operaio (98) ; Oratorio Festivo (29) - Trofarello : Casa S. Teresa (42) - Roma: Noviziato Figlie di M.a Ausiliatrice (318) - Genazzano : Scuole Comunali (134) - Roma: Istituto M.a Ausiliatrice (371) - Desenzano sul Lago: Oratorio Salesiano (250) - Hechtel: Istituto S. Luigi Gonzaga (53) - Faenza: Istituto S. Francesco di Sales (319) - Castellamare Stabia: Istituto S. Michele (206) - Trino Vercellese : Oratorio S. Cuore di Gesù (219) - Cardano al Campo: Asilo infantile (200) -Lugagnano d'Arda : Asilo Sacra Famiglia (147) - Barcellona-Sicilia: Scuola Munafò (M - Modica Alta: Oratorio M.a Ausiliatrice (62) - Mongardino: Oratorio e Scuole M.a Ausiliatrice 314) - Cannobbio: Oratorio S. Giuseppe (151) - S. Giusto Canavese : Oratorio Festivo Maria Ausiliatrice (151) - Macul: Collegio Salesiano (52) - Buenos Ayres : Oratorio Fest. e Collegio S. Francesco (954) - Talca: Collegio del Salvatore (225) - Bahia Blanca: Collegio M.a Ausiliatrice (515) - Las Piedras : Collegio S. Josè (191) - Montevideo : Scuole e Oratorio femminile (268) - Gorizia: Convitto S. Luigi (90); Oratorio Festivo (118) - Alessandria (Italia) : Istituto M.a Ausiliatrice (318) - Bronte (Sicilia): Collegio Maria (321) - Lingotto: Oratorio M.a Ausiliatrice (77) - Varazze: Collegio Convitto Civico (280 - Scandeluzza: Asilo Infantile (84) - Valsalice-Torino: Seminario Missioni (78) - Pavia : Oratorio Salesiano (141) - Moncrivello Ver.: Istituto S. Rosa (50) - Rosignano Monf.: Istituto M.a Ausiliatrice (41) - Liegi: Figlie di M.a Ausiliatrice (101) - Tigliole d'Asti: Asilo Infantile (254) - Cremisan: Ospizio San Luigi Gonzaga (37): S. Marzano: Asilo Infantile Balestra X34) - Martinetto-Torino: Scuole Apostoliche (205) - Spezia: Collegio S. Paolo (641) - Lisbona: Officina S. Giuseppe (62); S. Cuore di Gesù (28) - Molino del Conte: Oratorio M.a Ausiliatrice (96) - Castellanza: Oratorio Maria Ausiliatrice (118) - Montaldo Bormida: Asilo Infantile (108) - Conegliano: Istituto Immacolata (187) - Castano I°: Oratorio Femminile (636) - Sampìerdarena s Ospizio S. Vincenzo de' Paoli (308) ; Oratorio Fest. S. Gaetano (518) - Vizzini : Oratorio e Asilo Infantile (361)..Nizza Monf.: Oratorio Festivo (218) - Terranova Sicula : Casa Salesiana (84) - Giaveno Educatorio M.a Ausiliatrice (61) - Somarate Oratorio S. Cuore (234).

MISSIONI

MATTO GROSSO

Da Cuyabà alle rive del vorticoso Araguaya.

(Continuazione e fine della relazione di D. A. Malan*)

Uragano provvidenziale - Covo di ladri - E gli indi? - La tribù più feroce - Pozzo avvelenato - Coraggio d'una domestica.

IL nostro ritorno era fissato per il 26 settembre, ma un violento uragano, assai comune nei paesi caldi, ci obbligò a rimandare la nostra partenza. La Provvidenza così disponeva per il maggior bene delle anime, perciò poco dopo vediamo, con nostra grande meraviglia, arrivare alle nostre tende, un prete in compagnia di varie persone. Era il Missionario francese P. Carlo Bourel , da sette anni nelle foreste del Rio Claro, diocesi di Goyaz e che da due anni non aveva mai più incontrato altro sacerdote per confessarsi. Ci disse che la sua parrocchia era il covo dei ladri e degli assassini, non solo dello Stato di Goyaz ma di tutto il Brasile. Quante sofferenze e privazioni non ebbe mai a soffrire! Il breve tempo passato insieme fu per lui un'ora di paradiso; ma venne l'ora della partenza e fu dolorosissima per lui e per gli abitanti delle due sponde, giacchè noi abbiamo attraversato il fiume e siamo stati i primi Salesiani a mettere il piede sulle terre Goyanesi. Celebrata una sol Messa, perchè scarsi di vino, diamo l'addio al popolo di Registro, al fiume Araguaya, a quelle regioni, ove lo spirito religioso si sente annientato sotto il peso d'immensi lavori apostolici, ma soddisfatto di compiere la volontà di Dio. Quanto bene si potrebbe fare in mezzo a questo popolazioni d'una semplicità veramente patriarcale, se i ricchi del nuovo e vecchio continente concorressero col loro obolo a mantenere diversi preti !

La mia missione era pressochè terminata aveva esplorato le regioni frequentato dagli indi, scelto il posto della nostra colonia del Sacro Cuore, determinato il luogo ove costrurre i futuri fabbricati, e fatto un po' di bene alle famiglie civilizzate sparse qua e là e dedite unicamente alle cure della vita materiale... Ma gli indi ? perchè ho tardato finora a parlar di loro? Perchè la loro è una triste pagina che voleva serbar per ultima; ed ora è giunto il momento di narrare gli ultimi tristi avvenimenti , tutte le particolarità delle tragedie orribili cui presero parte attiva e passiva civilizzati ed indi, buone famiglie cristiane e mostri di traditori, i Boròrós ladri ed assassini di ottime popolazioni che si dedicavano ai pacifici lavori dei campi !... La mia mano trema al solo pensiero di descrivere i luttuosi fatti che si succedono incessantemente in queste regioni che ora attraversiamo, perchè forse nel momento stesso in cui tranquillamente sto scrivendo questa pagina, forse, dico, le guardie dei postì avvanzati della linea telegrafica, cadono sotto i colpi di scure o dei coltelli maneggiati dalle vigorose braccia degli indi ; forse in questo momento stesso molte di quelle cascine ove abbiamo ricevuto una cordiale ospitalità sono assediate da selvaggi pieni di ferocia, e parecchie forse già in preda delle fiamme. E chi sa a quante orribili torturo saranno già stati sottoposti quelli cui ho amministrato i Sacramenti ! Gli uni forse barbaramente trucidati e gli altri, al confronto dei primi più felici, trapassati da freccie avvelenate in modo da morire pressochè instantaneamente... Ma perchè queste supposizioni? L'avvenire appartiene a Dio: lasciamolo dunque nelle sue mani e contentiamoci di registrare un fatto recente raccontatoci in tutte le sue particolarità, dalle vittime sfuggito all'orribile tranello. Basta la semplice narrazione per riempire d'orrore ogni cuore bennato. Premetto primieramente una cosa degna di considerazione. In quasi tutti i luoghi dove ci siamo fermati durante il nostro viaggio, cominciando da Caprino Branco fino a Registro, s'incontrano numerose croci o cumoli di pietre indicanti le sepolture dei civilizzati assassinati dai Bororós. Da Barreiro a Registro, tragitto di sole 20 ore, il sig. Pietro Fernandes, mi indicò dodici posti dove i Bororos attaccarono, o i militari, o le guardie della linea telegrafica o i semplici contadini.

Fin dai primi anni della scoperta del Matto Grosso, la terribile tribù dei Coroados fu sempre temuta dagli arditi esploratori Paulisti, sì per il numero considerevole dei loro terribili e feroci guerrieri, come per la loro propensione alla vendetta e al tradimento verso quelli che li beneficano. Questa tribù era schivata persino dalle truppe del Governo. Contro di essa e per vendicare i deboli si formarono più d'una volta poderosi battagiioni, più d'un governatore tentò di sof locare nel sangue gli istinti feroci e sanguinari di quella tribù; tutto finora fu vano; i Boròròs esistono ancora e sfidano sempre le palle e le sciabole dei soldati.

Secondo l'opinione generale, gli ultimi attacchi sono una vendetta o rivincita dello spaventevole delitto commesso nel 1890 da un massaio di Goyaz. Quel mostro avendo radunati quasi 200 indi li menò ad un pozzo, nelle cui acque, egli, con una perversità inaudita, aveva gettato gran quantità di veleno. I disgraziati indi, attirati dalla limpidezza e freschezza dell'acqua bevvero a sazietà e perirono tutti. Per vendicarsi di così orribile ed inumano delitto, stimmatizzato dalla stampa tutta del Brasile, gli indi alla lor volta trucidarono a tradimento tutti i civilizzati che non potevano resistere ai loro attacchi. In questi assalti improvvisi perirono intiere famiglie e numerosissime cascine diventarono preda delle fiamme. Non vi è sicurezza nemmeno per i contadini e lavoranti quantunque soccorrano generosamente gli indi. Alcuni mesi prima del nostro arrivo ad Araguaya, la famiglia del sig. Emanuele Ignacio fu completamente distrutta, ad eccezione d'una domestica la quale scampò alla carneficina mercè il suo sangue freddo. Essa, che erasi recata al fiume per attingere acqua, nel ritorno ode in vicinanza alla casa, strazianti gemiti. Affretta il passo ed oh! quale orrendo spettacolo si para dinanzi ai suoi occhi appena entrata in casa! Stesi per terra cadaveri tutti mutilati e pressochè irriconoscibili: quello vicino all'entrata era del suo padrone, un buon vecchio che colla sua barba bianca e lunga sembrava un patriarca e gli altri quelli dei figli, uomini robusti che avrebbero venduto cara la lor vita se non fossero stati sorpresi a tradimento, e le donne con i bimbi ancor lattanti. Cosa era accaduto ? Un nucleo di indi, forse già da molto tempo in agguato nella foresta, avevano approfittato del momento in cui tutti dormivano per assalire la cascina e le dipendenze del rispettabile sig. Ignacio. Lo sventurato vecchio venne strappato dalla sua rete ed ucciso a colpi di mazza; le altre vittime furono saettate o trapassate a parte a parte con enormi coltellacci. Gli indi dopo la carneficina si diedero al saccheggio della casa e la domestica potè entrarvi inosservata. Si dice e si crede generalmente che il negro non è coraggioso; se è vero vi sono delle eccezioni; quella povera donna era negra e tuttavia mostrò un coraggio eroico. Alla vista del raccapricciante spettacolo, essa non si perdette di coraggio, ma attraversando mille pericoli e mettendosi a rischio di una morte atroce se scoperta, si reca al luogo dove il padrone soleva custodire il suo fucile, si siede per terra, lo prende e lo scarica contro gli indi i quali, temendo l'arma da fuoco quanto la morte, si danno a precipitosa fuga attraverso la foresta.

La cascina Clarismondo - Il rifiuto d'una zapadura - Assalito a tradimento - Coraggio eroico - Vendetta brutale - Crudeltà inaudita - Timori d'un assalto generale - Necessità di preghiere ed aiuti.

Pure in quei paraggi il sig. Clarismondo possiede una cascina, nella quale già da parecchi anni viveva tranquillo e felice. Egli era sovente visitato dagli indi, che accontentava ogni volta con ogni ben di Dio. Un giorno si vede, come al solito, attorniato da un numero considerevole di Bororós, i quali, dopo aver mangiato a sazietà e fatti numerosi brindisi ed auguri, domandano ancora una zapadura, pezzo di zucchero nerastro in forma di mattonella. Il sig. Clarismondo, che aveva loro dato in abbondanza di tutto, credè bene di rifiutare. Questo rifiuto servì di pretesto ai Bororos per mettere in esecuzione i loro disegni già prestabiliti. Scambiatesi alcune parole si slanciano due a due sopra le quattordici persone della famiglia. Tre dei più vigorosi prendono di mira il sig. Clarismondo il quale, ferito in una gamba, riceve un colpo di randello al di sopra dell'orecchio ed una profonda ferita al costato che gli sfiora il polmone destro. Benchè indebolito dalla perdita del sangue pure cerca difendersi: l'istinto della conservazione e il desiderio della vendetta gli danno nuove forze con un vigoroso calcio getta a terra uno dei suoi aggressori, poi cavando egli stesso dalla sua ferita il ferro omicida, se ne serve per sventrare il suo secondo assalitore, mentre il terzo sen fugge per i corridoi della casa. Poi, sforzandosi con la sinistra di chiudere la sua ferita e con la destra brandendo il coltello, egli pazzo per il dolore e orribilmente macchiato di sangue dalla testa ai piedi, si precipita per soccorrere la sua vecchia madre ed i fratellini che stanno per soccombere sotto i colpi delle poderose mazze degli indi. Uccide un altro indio, ne ferisce un quarto e alla sua volta cade dissanguato e senza forze. Ma la stessa caduta lo fa rinvenire: con la vista intorbidita e gli occhi insanguinati guarda attorno, ma non vede neppur più uno degli assassini di sua famiglia: gli indi, giudicando immortale quello spettro vermiglio che li decimava, erano tutti fuggiti. Il disgraziato Clarismondo si ferma e trovato macchinalmente un sacchetto di sale lo scioglie in alcuni litri d'acqua colla quale lava le sue ferite. Ma che è avvenuto della madre e dei fratelli? Sono tutti orribilmente massacrati : un fanciullo di 10 anni ha il cranio aperto e le cervella sparse al suolo; un innocente bambino giace nel focolare coperto di cenere con le gengive rivoltate in un modo orribile: il secondogenito ha le gambe rotte e la vecchia madre la testa trasformata in orribile piaga. Clarismondo che ha sofferto meno degli altri, tenendo sempre una mano sulla sanguinosa sua ferita, coll'altra lava le piaghe della madre, ritira dalla cenere il bambino tutto scottato, raccoglie la testa frantumata del suo fratello già morto, in una parola, con un coraggio inaudito, passa dall'uno all'altro dei tredici membri della sua famiglia, dimentica i suoi patimenti per sollevare i suoi cari e con l'energica sua volontà li salva pressochè tutti insieme con lui, giacche per miracolo la terribile ferita del petto aveva appena sfiorato le parti vitali. Vorrei che quanti leggono il racconto di questa orribile tragedia avessero da poterla ascoltare, al par di me, dalla bocca stessa delle vittime e toccare le loro ferite non ancor intieramente cicatrizzate per farsi un'idea esatta dell'orrore che si prova al solo ricordo di questa scena di sangue, nella quale soltanto un potente amore ha potuto vincere nemici superiori per numero e per ignobile tradimento. Tutto questo mi fu raccontato minutamente dal sig. Clarismondo, persona distintissima, d'aspetto imponente, che mi presentò i suoi compagni d'infortunio. Tutti si unirono a me per offrire in quei luoghi l'incruento Sacrifizio del Martire del Golgota, in ringraziamento della vita ridonata ai principali membri della famiglia, ed anche per impetrare da Dio un raggio della sua misericordia sugli infelici selvaggi sedenti tuttora nell'ombra di morte.

Ancora una pagina nera prima di terminare questa lunga relazione. Il suo cuore, o buon Padre, ne sarà penetrato di dolore, però è necessario che dica tutto; è un dovere penoso, ma sacro, perché Lei deve conoscere quanto hanno bisogno di esser aiutati e guadagnati a Gesù Cristo quei miseri indi, certo più dìsgraziati che colpevoli. La vendetta, cui gli indi, perchè ignorano la legge del perdono, si consacrano anima e corpo, non regna soltanto nei cuori di questi poveri delle tenebre, ma, passione terribile, invade pure i civilizzati e li rende feroci al pari delle belve. Così avvenne in questo caso sono cose orribili a narrarsi, ma vere. Appena la famiglia del sig. Clarismondo fu in istato di sopportare le fatiche di un viaggio, si affrettò a fuggire lontano lontano da quei luoghi; ma per questo, Clarismondo non depose il pensiero della vendetta. Chiesto invano soccorso al governo, egli raduna sedici uomini di un coraggio a tutta prova e armati sino ai denti si slanciano nella foresta sulle rive del Barreiro al fine di rintracciare gli indi che avevano barbaramente assalito la famiglia Clarismondo. In breve scoprono le orme recenti di due selvaggi che erano usciti a pescare sul fiume; li inseguono e arrivano in una notte oscura ad un villaggio di diciotto ranchos. Una torcia semispenta annunzia che gli indi dormono tutti tranquillamente ed essi pure attendono il mattino. Ai primi albori cheti cheti si avvicinano al villaggio : veggono un Boròro, tutto intento a rianimare col suo fiato il fuoco semispento: uno degli assalitori alza il fucile, lo spiana, una palla trapassa il petto del povero indio, il quale cade morto emettendo un rauco ahi che risuona tristemente in mezzo a quella ridente natura. Svegliati di soprasalto dalla detonazione della temuta arma, i poveri indi si precipitano fuori delle loro capanne, ma ripetute scariche di fucile riempiono tosto il suolo di cadaveri. Il sangue scorre da tutte le parti, i civilizzati, ebbri di sangue e di vendetta, non risparmiano alcuno : quelli che erano riusciti a nascondersi sulle alte piante, scoperti, divengono un bersaglio vivente ed i loro corpi cadono con sinistro fragore pesantemente al suolo ridotti per l'altezza ad una massa informe... In questo assalto ed in un altro, pressochè identico più di cento indi, uomini e donne, vecchi e giovani furono spietatamente massacrati. I compagni di Clarismondo, lordi di sangue e avidi di carneficina, penetrano, passando sui cadaveri dei Borórós, nel villaggio e principiano la visita di tutti i ranchos. In uno trovano stesa a terra, quasi fosse morta, una donna con un bambino in braccio. Uno degli assalitori le dà un colpo di coltello cagionandole una profonda ferita e mentre essa, per il dolore, non sa più mantenersi nella sua cadaverica immobilità, un colpo di fucile mette termine ai suoi giorni. Non è neppure risparmiato da quei crudeli l'innocente fanciullo che viene trucidato a coltellate...

Ecco, veneratissimo Padre, narrate in modo assai minore del vero, le scene capitate pochi mesi fa, rinnovate poche settimane or sono e che forse si rinnovano mentre scrivo queste righe. Da tutto ciò potrà comprendere perchè nella mia lunga escursione non m'imbattei neppur in un indio. Tutti i Borórós, resi furiosi per la morte dei loro compagni, si sono ritirati nelle regioni lontane ed impenetrabili ove con attività febbrile impiegano i giorni e le notti a fabbricare archi, frecce, randelli, mazze, ed ogni specie d'armi che loro possano tornare utili per l'attacco o per la difesa. Gli abitanti di quei luoghi che vivono distanti venti, trenta e fino cinquanta chilometri dagli altri centri sono pieni di terrore perchè temono l'assalto dell'intera tribù : molti sono già fuggiti e gli altri si preparano a fare altrettanto. L'ultimo telegramma che ricevetti da Barreiro è assai eloquente e significativo: appena ieri, esso dice, la guardia Magalhaes fu perseguitata dagli indi e la sua posizione è fortemente scossa. - Fernandes. - I timori d'un assalto generale della tribù non son dunque vani : che Dio e la Vergine Ausiliatrice ci proteggano e difendano !

Terminando questa mia relazione dell'escursione da Cuyabà all'Araguaya, La supplico, sig. D. Rua, con tutto il fervore di un cuore salesiano, di una preghiera specialissima per la missione del Matto Grosso. Oh! sì, preghi la Vergine Ausiliatrice, invochi il S. Cuore di Gesù perchè ci guidino e sostengano nella difficile intrapresa che stiamo per cominciare con grande ardore. Spero che ci manderà il personale necessario per arrivare ad un risultato soddisfacente.

Quando riceverà la presente, già da molto tempo una spedizione di Missionari e di suore di Maria Ausiliatrice, diretta dall'intrepido D. Giovanni Balzola, sarà in cammino alla volta della futura colonia del S. Cuore. Abbiamo dunque bisogno che il buon Dio ci difenda da ogni pericolo sì del corpo come dell'anima. Una preghiera per questi missionari; e quando avrà occasione di indirizzarsi ai nostri Cooperatori d'Europa e specialmente a quelli della nostra amata e sempre generosa Francia, dica loro di cooperare ai nostri innumerevoli bisogni, venendoci in aiuto per sostenere gli apostoli di questa nascente missione, per vestire ed alimentare i poveri indi Bororos, che vogliamo guadagnare alla civiltà e sopratutto alla divozione ed all'amore dei SS. Cuori di Gesù e Maria. Dica a quanti ci aiuteranno con piccole o generose offerte che i Salesiani del Matto Grosso hanno un ricordo speciale nelle loro preghiere e che un giorno avranno parte alle promesse del divin Missionario Gesù, promesse che rapirono il cuore di Zaccheo e lo fecero largheggiare coi poveri e miseri di questa terra.

Benedica, amatissimo Padre, tutti i suoi figli affezionatissimi di questa Missione ed in particolare il suo

Cuyabà, 28 ottobre 1901.

Aff m° figlio in G. M. Sac. ANTONIO MALAN.

BRASILE DEL NORD

Una nuova colonia agricola a Sergipe.

(Lettera di D. Lorenzo Giordano)

MOLTO RE V. ED AMATISSIMO PADRE, Bahia, 12 aprile 1902.

Sono in ritardo a dar le notizie da Lei ansiosamente aspettate sulla fondazione della Casa in Sergipe. Diverse ne furono le cause e non ultima fa una prostrazione di forze, effetto dello stesso viaggio.

Partimmo, il carissimo confratello D. Luigi Pasquale ed io, ai 2 marzo da Bahia giungendo ad Aracajú con sei giorni di viaggio. Preferimmo la via di terra a quella di mare quantunque più lunga e più difficile, sia per conoscere l'interno del paese come per visitare diversi Cooperatori e fare nuovi acquisti. Il Signore poi disponeva di noi per il trionfo di sue grazie in molte anime.

Il viaggio fu bello, consolante e svariato. Fu bello, perchè il tempo ci fu favorevole e dappertutto fummo ricevuti con segni di venerazione e di affetto,, con quella cordiale ospitalità che forma la nota caratteristica del popolo Brasiliano, a Timbò dal Rev. D. Felice Ferreira de Carvalho; a Itabaianinha in casa del Maggiore Ernesto Campos, degno fratello del Presidente, in Buquim presso il capitano Leonidas Carvalho Fontes; a S. Cristoforo dal Rev. Parroco D. Florencio da Silva. In Aracajù poi fummo accolti e trattati con vera bontà paterna dall'illustre Presidente M. Olympio Campos nello stesso palazzo governativo.

Fu consolante. Abbiamo avuto la comodità di celebrare ogni giorno. In Timbo ed in Buquin, malgrado l'ora mattutina delle due e mezzo e le tre in giorni feriali, assistette alle nostre Messe numeroso popolo. In Itabaianinha, ove ci fermammo in aspettativa di cavalli e di guida, passammo buona parte del mattino in confessionale, essendo il primo venerdì del mese, per assecondare i pii desiderii dello zelante vicario D. Jonatas Giuseppe Gonçalves, e dei molti divoti del Sacro Cuore, preparando così una bella Comunione generale per la Messa delle undici.

Fu svariato. Chi non ha viaggiato in groppa a cavalli od a mule per paesi nuovi, ammirando le bellezze della natura sempre varie col variare dei panorami, ora montando in colline, ora discendendo in profonde valli, attraversando immensi altipiani, passando per foreste, per fiumi,... non può farsi un'idea di quello che noi sperimentammo. È poi bello, in sui primi albori del giorno o verso il tramonto del sole, l'udire il gorgheggiare di migliaia di uccelli che svolazzano in frotte sul capo e talora vi corrono tra i piedi, così mansi e domestici sono non essendo inseguiti da cacciatori, lavadeiros, canarini, periquitos (piccoli papagalli) cardinali ed altri dai vivi colori e dalle penne svariatissime. A dare poi una nota più svariata ancora, non è raro avere qualche incontro poco amabile. Verbi gratia, c'imbattemmo sui confini di Sergipe (lasciando Cachoeira) in una piccola Giboia di due metri e più di lunghezza che ci attraversava il cammino sul nostro passaggio con un portamento ondeggiante e maestoso da obbligarci a fermare il passo ai cavalli per non incomodarla. Pensando che questi serpenti, quando più grandiceili, stringono nelle loro spire un buon vitello, gli fanno scricchiolare le ossa e se lo assorbono come un sorbetto !... non lo nego no, anzi lo affermo col poeta « via per l'ossa correr m'intesi e per le gote il ghiaccio ».

Lo Stato di Sergipe, di forma quasi triangolare, è il più piccolo in territorio, ma gode della maggior intensità di popolazione tra gli Stati Uniti del Brasile. La cultura del tabacco e del cotone costituisce la ricchezza principale del paese; la mandioca poi, il riso la canna da zucchero e molti cereali crescono in abbondanza. Fra i legnami per costruzione ve ne sono dei preziosi come il sucupira, il pau ferro, il cedro, la peroba, il genipapeiro.

Il clima nel littorale e sulle rive dei fiumi, che straripano sempre nella stagione piovosa, è umido e poco salubre, ma nella zona interiore, principalmente negli altipiani e sulle colline, è secco ed il calore non è eccessivo, oscillando la temperatura fra i 21 ed i 32 gradi.

Aracajù è la città principale e può dirsi una capitale in miniatura. Essa ha dei punti di contatto con Venezia. È collocata tra due mari, di acqua davanti e di arena alle spalle e fin dentro le porte della città; gode di una tranquillità invidiabile e sorse anch' essa quasi per incanto. Interessante è la storia della sua fondazione. Era capitale di Sergipe fino all'anno 1855 S. Cristoforo, cittadina situata sul declivio di due colline a due leghe circa dal mare con clima delizioso, acque abbondanti, ostentando certa ricchezza di edifizi, di Chiese e di Conventi.

Per uno di quegli atti di volontà ferrea di un uomo, si cambiò la capitale. Il Presidente D. Ignazio Gioachino Barbosa ottenne per una legge del 17 marzo di quell'anno che l'assemblea dei deputati funzionasse in una villa a cinque leghe da S. Cristoforo presso il mare. Rimaneva paralizzato ogni movimento nella capitale antica e sorgeva la nuova conservando il nome primitivo del luogo stesso Aracaju, ricco di alberi di cajus (quasi nostre pesche) tra i quali si era eretto un altare (ara) secondo vuolsi derivare il nome Aracajú.

Il punto è più strategico per il tempo di guerra e più commerciale in tempo di pace, trovandosi nell'imboccatura del fiume Cotinguipa navigabile per 35 kil. verso la sorgente e che potrebbe ricevere i vapori transatlantici, se non li impedissero di approdare i banchi di arena mobili nella costa del mare. I vapori di diverse Compagnie Brasiliane danno grande animazione al porto.

Piccola ma bellina è la città con quel bell'ordine delle sue vie, colle case variopinte e di un sol piano. Stupenda è la vista che offre al navigante che se le avvicina. Bella è la grande piazza dove sorgono in bella mostra i palazzi del Presidente, delle Camere, del Municipio, e della Scuola Normale. La Chiesa vi campeggia nel bel mezzo, avendo, come ben merita, il posto d'onore nella città come il sentimento religioso ha il posto d'onore nel cuore dei Sergipani. Anche l'edificio del nuovo Ospedale sull'alto di una collina attira i nostri sguardi e pare c'inviti a fargli una visita ben ricompensata colla vista della città sottostante presa come a volo, oltre il piacere intimo di esercitare la carità verso i poveri ammalati.

Vi sono diverse fabbriche e fra tutte primeggia quella di tessuti del Signor Colonello Giuseppe Augusto Cesare Ferras nostro ottimo Cooperatore. Sempre abbastanza animate sono le vie più commerciali e nel giorno di mercato vi si vede un concorso straordinario. Che vita animata a mille doppi non vi sarà quando si creeranno mezzi di comunicazione e di trasporto che leghino la capitale coll' interno ! Per ora non esistono in Sergipe strade di ferro, nè tramwais nè omnibus e neppure vetture pubbliche o private. Si va bellamente a piedi, od a cavallo, oppure in carri di buoi, a scelta dei passeggeri. La tranquillità della città, notte e giorno, non è interrotta che dagli esercizi militari di una compagnia di soldati o dalle armoniose note della rispettiva banda. I cittadini sono oltremodo cortesi di modi e semplici di costumi.

Dopo un giorno di riposo fummo col Signor Presidente e con diversi signori, percorrendo a cavallo alcune proprietà giudicate più opportune per la fondazione di una Scuola di agricoltura. La scelta cadde su di un immenso terreno situato quasi a mezzo cammino tra l'antica e la nuova capitale, appartenente allo stesso Presidente.

Magnifica è la sua posizione, correndogli a lato per tre chilometri il rio Pitanga, ricco di eccellenti acque ed essendo bagnato all'estremo confine dal rio Poxim. Il terreno diviso in colline, altipiani e valli è in gran parte fertile, prestandosi a variato piantagioni di alberi fruttiferi, di vigneti, di canna a zucchero con pascoli per armenti, giardini, orti, conservando una estensione rispettabile in foreste. Il Presidente si giudicò felice di cedere per l'Opera tutte le benefattorie, cioè, la casa edificata in parte, la cinta in fili di ferro, le piantagioni di 5,000 piedi di alberi fruttiferi e buona parte del bestiame.

Abbiamo battezzato la nuova Casa col nome di S. Giuseppe, per metterla sotto la protezione del grande Custode del Divino Artigianello Gesù, anche essendo stata fondata durante il mese consacrato alla sua divozione e per riconoscenza al Rev. ed amatissimo Don Giuseppe Lazzero che tanto lavorò e lavora per le Case del Brasile del Nord. Facemmo l'inaugurazione il 19 di marzo. celebrando l'umile scrivente la prima Messa nella Cappellini provvisoria, e se vi mancò la folla nella Tebaide (tal era e tale sarà ancora il nome della proprietà) vi furono persone che, per la loro posizione e per la cooperazione all'Opera nascente, riempievano per sè soli l'edifizio in quel giorno. Erano il sìgnor Presidente, il Prefetto della capitale D. Manuel de Carvalho Nobre, il capo polizia D. Manuele Teixeira , il Colonello Terenzio Pampaio e diversi signori e signore delle due capitali.

Come piccolo segno di nostra eterna gratitudine offerimmo, quel di stesso, a Mons. Olympio Campos fondatore della 1a Casa Salesiana in Sergipe una oleografia, ritratto di D. Bosco. Dio permise, ad intorbidare le delizie di quella modesta, ma cordialissima festa che il signor Presidente di ritorno ad Aracajù cadesse ammalato. Felicemente era cosa passeggiera ed a capo di pochi giorni lo rivedemmo pieno di vita e di attività ultimare gli affari relativi all'Opera.

Nella domenica di Risurrezione alle 5 pomeridiane ebbe luogo la Conferenza Salesiana, annunziata in antecedenza ed onorata dalla presenza del signor Presidente, del Rev. Vicario Foraneo, Canonico Manuele Raimondo Mello (antico mio conoscente di San Paolo) e di tutte le Autorità Civili e Militari. Un coro di signore e la banda militare diedero nuovo brio alla solennità, attraendo immenso popolo. La voce dell'umile conferenziere era rauca e chioccia, ma trovò facilmente la via del cuore: l'argomento « Scuola Agricola Salesiana di S. Giuseppe » era per se stesso eloquente e poi era benissimo disposto l'uditorio.

Già regnava una santa emulazione. Un signore diede diverse pezze di panno; un gruppo di signore si assunsero il nobile compito di preparare per venti ragazzi il necessario pel dormitorio, refettorio, vestiti ecc. A riprodurre le scene commoventi dei Pastori al Presepio non mancarono buone persone che vennero ad offrirci uova, frutta ecc. Il ricco ed il povero mostrarono la loro simpatia all'Opera di D. Bosco che Dio aveva suscitato a benefizio, non saprei dire, se più dei ricchi o dei poveri.

Il 4 io ripartiva per Bahia col cuore commosso pei segni di bontà ricevuti e pieno di speranze di rivedere presto l'umile pianticella lasciata in embrione crescere, fiorire e dar copiosi frutti. Abbracciai il caro Valle, che a quei giorni ci aveva raggiunti nella Tebaida, ed il carissimo D. Luigi Pasquale che mi volle accompagnare fino a S. Cristoforo. Il mattino seguente al chiarore incerto e mesto della luna attraversava in canoa il fiume Vasa-Carrir giungendo poco dopo l'aurora a Porto da Varsea dove m'aspettava una guida con cavalli. La stessa sera giungevamo a Estancia ridente cittadina con porto di mare a due leghe distante. Mi diede ospitalità il Rev. Canonico Vittorino Correa da Silva Pontes, non permettendo che io partissi se non dopo pranzo in una eccellente canoa con tre rematori. Un poco a remo e molto a vela navigammo fino a Cachoeira da Abbadia sul Porto-Real, fiume povero di acqua dolce. Arrivato dopo la mezzanotte fui accolto dal Colonello Orazio Nimes, ed al mattino prima di riprendere a cavallo la via di Bahia, potei celebrare la S. Messa. Felice coincidenza! Era il 1.° venerdì del mese. La prima e l'ultima Messa in Sergipe erano celebrate nel primo venerdì di marzo e di aprile, quasi a cominciare ed a finire la mia piccola missione sotto la protezione del S. Cuore di Gesù !

Oh voglia il Divino Cuore di Gesù esaudire le preghiere di questo suo ultimo divoto, benedicendo l'Opera Salesiana nel simpatico Stato di Sergipe ! Voglia Gesù inspirare al Rev. Sig. D. Rua ed ai RR. Superiori del Capitolo vivo interesse per quest'Opera incipiente ed ai Confratelli di Europa vivissimo desiderio di correre al nostro soccorso)

Quante istanze mi fecero i Cooperatori e Cooperatrici perchè io supplicassi V. R. a mandare buon personale di Salesiani per aprire un collegio o almeno un esternato nella capitale; perchè supplicassi V. R. a mandare numeroso stuolo di Figlie di Maria Ausiliatrice per prender cura di ragazze ricche e povere e ad assumersi la direzione dell'Ospedale, promettendo il loro valido concorso !

E ne hanno troppo ragione!... In tutto Sergipe non vi è per ora una sola Religiosa e di Religiosi vi sono due Salesiani!

Giunto a notte oscura a Timbò in casa del Rev. D. Felice Ferreira rividi con piacere i RR. Monsignori Antonio Eliziario Machiedo e Zacarias Lopez dos Santos zelantissimi Cooperatori Salesiani convalescenti entrambi, con sensibile miglioramento, grazie le buone arie di quei luoghi e le cure del Rev. Cappellano di Esplanada presso Timbò.

Il dì seguente lo passava in treno e sul crepuscolo arrivava alla magnifica baia do Salvador (la Bahia per eccellenza del Brasile) rivale di quella di Rio Janeiro in grandezza e bellezza, costeggiandola per ben mezz'ora di ferrovia. Verso le sette, accolto a suon di musica mi trovava fra i miei carissimi confratelli e biricchini del Liceo del Salvatore.

Benedica, Rev.m° ed Amat.m° Padre, i Confratelli, i Benefattori ed i giovani di Sergipe e di Bahia, non dimenticando quelli di Pernambuco, tutti felici di chiamarsi suoi, e benedica di un modo particolare chi è felicissimo di sottoscriversi

Di V. R.

Aff.mo ed Ubb.mo figlio

D. RENZO GIORDANO.

GIAMAICA (Grandi Antille)

Notizie su questa nuova Missione Salesiana. (Da una corrispondenza di Eugenio Tedeschi.)

Montego-Bay, 7 giugno 1902. La perla delle Antille.

La Giamaica fu detta la perla delle Antille, la terra degli incanti, dell'eterna primavera, il giardino di Armida così stupendamente decantato dal nostro Torquato, e non ebbero torto. Il suo verde ammanto che mai spoglia, la ricchezza fenomenale del suo suolo, le sue stupende piantagioni di banani, di caffè, di zucchero. i suoi aromatici pimenti (pepe), le sue noci moscate, i suoi alberi da tingere, i suoi cocchi dalla chioma superba e dal buonissimo frutto, il suo cielo così splendido, le sue notti così dolci e serene, la conformazione del suo suolo tutto un altipiano di colli, di piccole valli e valloni sfogati verso il mare, le ottennero un tale appellativo che non ha ancora perduto. Ora però l'isola è povera, gli europei la abbandonarono, le grandi aziende giaciono inerti, circondate da terreni che arricchirono lo passate generazioni; sulle grandi fabbriche di zucchero diroccate cresce l'erba silvestre e lo spinoso arbusto; intorno al crollante fumaiolo giaciono tubi di ghisa, enormi pentoloni, ruote, bracci trasmissori, volanti e pompe spezzate; quel camino sembra un gigante ritto sui ruderi del suo diroccato castello con le armi spezzate e sparse al suolo. Il Leopardi se vedesse la Giamaica canterebbe ancora : « qual fato o qual possanza valse a spogliarti il manto e l'auree bende? » Ne domandai qualche schiarimento a Mons. Gordon nostro Vescovo e mi disse che dieci anni fa la Giamaica godeva ancora di una ricchezza invidiabile, ma poi, causa le enormi tasse governative, le grandi industrie ed il commercio decaddero quasi totalmente. Il fatto è che l'europeo la abbandonò, che le grandi proprietà sono lasciate alla mercè della natura e si raccoglie quello che si può: oso dire che due terzi dell'isola al presento rendono nulla.

La popolazione è 98 % negra o creola trasportatavi dall'Africa al tempo del grande Las Casas come mi si affermò. È di bellissima conformazione, alta, robusta, di temperamento vivace; fattezze che rammentano il camita molto alla lontana, toltone il colore che è un bel nero quasi avorio nei creoli invece il colore è un arancione sopra fattezze caucasiche. Il negro, come dissi, è forte, resiste al lavoro, si accontenta di poco ed è molto fratellevole. Il suo difetto principale è l'ambizione del vestire; quando esce di casa sembra un signore, le sue vesti sono bianche come la neve, stirate, lucenti che sembrano allor allora levate dallo store: molti anche portano belle scarpe all'ultimo modello, i più però vanno eternamente scalzi. Non sono ricchi e nemmeno del tutto poveri: tutti hanno piccole proprietà o proprie od in affitto dove coltivano con somma cura caffè, zucche dolci, patate dolci , granturco , piselli, alberi del pane , cocchi , cavoli ecc. ecc. Le loro abitazioni sono capanne o piccole casette di un solo piano levate su quattro piedestalli in pietra o mattone, ovvero su piantoni di legno. Hanno una paura terribile dell'umidità e della febbre contro la quale usano sughi o decotti di moltissime erbe e piante di cui l'isola è ricchissima. La loro moralità lascia molto a desiderare. Osservano il riposo domenicale da buoni protestanti; vanno alla chiesa e non bestemmiano affatto. Una domenica sera andando a passeggio col sig. D. Deahan sulla riva del mare, arrivammo ad una terricciuola di poche e miserabili capanne, lontane da ogni centro (dove immancabilmente c'è la chiesa) e vedemmo allo svolto della strada sopra un ponte un gran circolo bianco in mezzo a cui un uomo predicava a voce alta: ci avvicinammo; erano negri che facevano le loro religiose funzioni a cielo aperto. È incredibile il numero delle sette e delle chiese protestanti; ve ne sono ad ogni passo e si sono divise il popolo negro come un branco di pecore.

Difficoltà del Missionario.

La conversione sarà quanto mai difficile, tanto per i costumi come per l'idea fattasi della religione che per loro consiste solo in fare qualche atto esterno. L'Esercito della salvezza pianta la sua chiesa in una strada, in una piazza qualunque. Un uomo suona la sua tromba e chiama il popolo che si accoccola intorno intorno, poi a suono di tamburo, di qualche flauto e di qualche tromba cantano, si esaltano, si inebriano di fanatico ardore. Vicino alla casa nostra il tamburone non cessò di battere tutta la notte ed il giorno di Natale. Il prete protestante si accontenta solo di andar in chiesa alla domenica; di fare il suo predicozzo e di percepire la sua prebenda: accompagna alla sepoltura i defunti sopra i quali recita alcune brevissime preci. Morì una donna cattolica, ed una vecchierella avvisò che se non andava il prete cattolico ci sarebbe venuto il protestante. D. Deahan volle che io lo accompagnassi. Mentre si aspettava l'ora di condurla alla sepoltura, arrivò l'avviso che il prete cattolico non poteva funzionare nel cimitero perchè protestante. Infatti il ministro protestante venne a levare la morta di casa, la precedette in vettura a due cavalli al cimitero e sulla sua tomba recitò preci protestanti. Prima però che la defunta uscisse di casa D. Deahan la benedisse ed invocò sopra di lei le misericordie del Signore col rituale cattolico. Oh! i cattolici non hanno chiese nè cimiteri! È ben sfortunata qui la nostra santa religione! I negri distanti dai grandi centri sepelliscono i loro morti dove loro capita meglio, a pochi passi dalla casa, a piedi di un albero in mezzo a qualche boschetto. Un giorno girando per la proprietà, sentii vicino ad una casa il colpo del piccone fendere rapidamente il suolo sassoso, ed alcune voci di uomini che riconobbi perchè lavoravano il giorno avanti sulla proprietà, ed a quell'ora già vi dovevano essere. Curioso di saper il motivo di quella mancanza mi avvicinai : otto o dieci uomini scavavano a vicenda una fossa a piedi di un grande albero, in mezzo a piante di caffè, a pochi passi da una capanna. Appena mi videro, mi salutarono col solito good morning ed io ricambiato il saluto, domandai che facevano e perchè non andavano al lavoro : mi risposero « Quando un uomo muore nella contrada, tutti gli uomini si radunano a scavargli la fossa e non si dipar tono finchè non sia sotterrato. Stetti là per vedere il modo che tenevano. Quando uno era stanco, cedeva il piccone ad un secondo, questi a sua volta ad un terzo e via via di cambio in cambio finchè la fossa raggiungesse la voluta profondità. Avevano eletto il così detto maestro di cerimonia, il quale con una frusta in mano dirigeva il lavoro, sferzando chi non faceva il suo dovere: tutto però senza alcun sentimento di pietà, ridendo e sghignazzando del loro meglio. Il padre stesso rideva e fumava mentre ad alcuni passi il suo figliuolo giaceva morto su miserabilissimo letto. Siccome la cosa andava troppo in lungo, e stomacato anche di tanta irriverenza pei morti, mi partii di là compiangendo quei poveri negri protestanti.

Dopo alcuni giorni ripassai là vicino e vidi due palme di cocco distese sul miserabile tumulo di cui ben presto, sotto la sferza delle torrenziali pioggie, scomparirà ogni memoria. Tutto ciò tollera il protestantesimo.

Attraverso l'isola.

Mi feci una idea dell'isola e dei suoi abitanti in un viaggio di più di cento miglia che ho dovuto fare il mese scorso. Partii alla sera del martedì col negro carrettiere della nostra colonia. È un omiciattolo di mezzana altezza, naso un po' schiacciato, labbra un po' tumide, occhio nero lucente, ha una orribile ferita in mezzo alla fronte che data dai suoi primi anni giovanili , causata da una caduta dall'asino : è allegro e parla in modo che difficilmente si capisce. Prima di uscire dalla proprietà gli chiesi se aveva fatto il segno di croce: mi disse di non conoscerlo : io lo rifeci anche per lui. A quattro miglia lontano cominciarono le contrarietà : passando per una strada profonda, oscura e stretta incontrammo un misero asinello con due ceste che ci lasciò libera quasi tutta la strada, ma sì! il nostro mulo di sinistra s'impaurì, cominciò a sprangar calci alla malora e gettandosi di fianco sforzò talmente la stanga destra che si spezzò come una stecca di vetro. Fermo di botto, e salto a terra ; il mio negro fa lo stesso e constatiamo che la stanga è tenuta ancora al posto da due lamine di ferro che fermano il traverso del bilancino. Il mio uomo che d'ora innanzi chiamerò col suo nome di Barret, protesta che è meglio tornare a casa : io protesto per il no e infatti monto in calesse, lo faccio salire e via. Aveva fatto un'imprudenza? Temeva di sì; perciò visto per caso una canna di bambù sulla strada, saltai di nuovo a terra e con quella legai fortemente la stanga rotta ed assicuratomi che per allora poteva proseguire, tirai avanti sferzando le mule che trovavano resistenze quasi ad ogni cento metri per l'ascendere delle colline. La notte intanto era caduta, notte tropicale, carica di rugiada quieta, serena, rinfrescata dalla brezza marina ; notte piena d'incanti attraverso le colline verdi ; in quel silenzio misterioso, che parla così eloquentemente all'anima, io ne era entusìasmato : arrivammo sull'altipiano verso le due dopo mezzanotte, il mare non era lontano, e vidi come un grosso lume che mi parve per l'illusione ottica campeggiare alto sulla spiaggia come un faro. Chiesi al mio negro: What is dhat?: che cosa è quella? - Star, star, mi rispose: (è una stella). Ne rimasi stupito : brillava come una luna e credo fosse la stella polare. È un fatto che qui le stelle si vedono meglio che non in Italia ed appaiono più grandi. Verso le sette rinfrescammo i muli e poi di nuovo in marcia. Il sole era già sorto, ci batteva in faccia; ardeva, ci acciecava : quello però era un zuccherino. Verso mezzogiorno l'aria era infuocata, il sole allo zenit pioveva torrenti di vampe ardenti : le mule stanche dopo 18 ore di corsa si fermavano di botto ad ogni momento, rompendo qualche fornimento che si riparava con corde : io mi sentiva mancare ed il negro protestava che bisognava fermarsi sulla strada per riposare le bestie e far loro mangiare l'erba che cresce abbondante sulle sponde. Io non cedeva, voleva andare avanti, non so nemmeno io il perche, ma fu una provvidenza. Arrivai ad una borgatella composta di alcune capanne situate lungo la via, e di una casa civile con adiacenti fabbricati che dinotavano l'abitazione di un ricco signore. A fianco del cortile torreggiava uno stupendo albero di cotone, dalla larga chioma: lo guardai con un desiderio infinito di riposarmi alquanto alla sua ombra. Fermai il veicolo, ed ordinai a Baret di andare a domandare ospitalità. Dopo un cinque minuti ecco il padrone. È un giovane dai capelli biondi , dall'occhio azzurro, aitante nella persona, franco e spedito, che mi porge subito la mano e mi rivolge il solito complimento : Come state?

- Abbastanza bene e vi prego di lasciarmi riposare alquanto all'ombra di quell'albero che intanto manderò le bestie a mangiar un po' d'erba sulla strada. Io vengo da Reading dalla proprietà del Vescovo, sono italiano.

- Come da Reading?

- Sì.

- È cattolico allora, oh! ma sia il benvenuto. Io pure sono cattolico. Venga, venga in casa darò ordine per l'uomo e per le bestie. E senz'altro mi prende pel braccio e su in sala, mi dà un rinfresco, mi offre da fumare, che gentilmente non accetto e poi mi tempesta di domande che io non respiravo. Ero stanco morto e la mia testa mi dondolava sul collo come una zucca: gli occhi non volevano stare aperti offesi dal sole. Gli domandai in grazia che ani lasciasse riposare un poco sul sofà. Scattò dalla sedia, corse in altra stanza e dopo un po' ricomparve dicendomi che il letto era pronto. Come sono curiosi questi inglesi!

Accettai pregandolo di svegliarmi alle 15. - Sì, sì, rispose, alle 15 in punto - e fu proprio puntuale più che un servo. Alle 15 un brusco movimento mi cavò dai miei sogni dorati. Mi vestii alla meglio e via in sala dove mi aspettava la sua buona signora con una bambinetta di forse 5 anni, loro figlia. Per finire, dopo preso il The mi accomiatai augurando loro le benedizioni del cielo.

Volevo passare la notte a S. Annis che è una bella cittadina, ma siccome era ancora giorno alto proseguii fino a tarda sera. Eravamo in collina e non si trovavano case: ero assai impensierito, non volendo passare nuovamente la notte a ciel sereno, mezzo ubbriaco (come dicono in Giamaica) dall'ardore del sole: ed era assolutamente necessario far riposare le povere mula che tiravano da 24 ore. Un vociare di pavoni ed un gridare di galline faraone mi fece accorto che presso ci doveva essere un abitato. Infatti più innanzi vidi in mezzo ad un magnifico prato biancheggiare una casa signorile. Dissi a Baret di andare a chiedere ospitalità. Egli nicchiava, ma vedendomi risoluto ubbidì. Dopo una mezz'ora ritornò dicendomi : Yes. Con questo yes egli compendiava tutto: ma io voleva dormire, mangiare e mandare le bestie al pascolo e sperava che la Provvidenza mi avrebbe aiutato : perciò mi drizzai alla villa, trovai quel signore molto gentile, mi accordò tutto che chiedeva, ma non aveva letto per me. Mi mandò una buona cena ed io benedicendo il Signore mi gettai sulla coperta da viaggio e dormii finche l'aurora colle rosee dita non aprì lo splendido oriente. Attaccato le mule e fatti i convenevoli verso il signore mi misi in via.

(Continua.)

Notizie compendiate

AVIGLIANA. - Le feste della Madonna dei Laghi. - I solenni festeggiamenti per il cinquantenario della terza incoronazione della taumaturga Immagine della Madonna dei Laghi in Avigliana, compiutasi il 22 agosto 1852, hanno superato l'aspettazione di tutti : l'addobbo del Santuario, il triduo solenne, la maestà delle sacre funzioni, e sopra tutto la musica raccolta e divota, il concorso dei fedeli e la loro frequenza ai SS. Sacramenti furono le note caratteristiche.

Sabato mattina, 2 agosto, alle ore 9, accompagnato dal R.mo canonico Gastaldi, giungeva al Santuario Sua Eminenza Rev.m`a il sig. Card. Agostino Richelmy, ricevuto dal prof. D. Giovanni Francesia, rappresentante del Superiore Generale dei Salesiani, fra il giubilo del popolo e le armonie della banda dell'Oratorio Salesiano di Torino. Alla Messa solenne, accompagnata da buona musica di alcuni valenti Aviglianesi, Sua Eminenza, che assisteva in cappa, salì il pulpito, e col linguaggio di un angelo disse stupendamente della Madonna degli Angeli, commovendo tutto l'uditorio. Infine impartì solennemente la benedizione col SS. Sacramento.

All'agape, offerta gentilmente dal Rettore del Santuario, facevano corona a Sua Eminenza il prof. D. Francesia, i Parroci di Avigliana, il Padre Chiaudano, direttore dell'Istituto Sociale di Torino, molti Parroci dei dintorni e parecchi Sacerdoti con altre benemerite persone. La sera, durante il bel panegirico recitato dal prof. Francesia, la Madonna volle rallegrare i suoi divoti, mandando un po' di pioggia tanto sospirata, che non impedì la gaia illuminazione delle adiacenze del Santuario; durante la quale giungeva il Rev.mo Don Michele Rua, Superiore Generale dei Salesiani, in compagnia del Sac. Don Domenico Milanesio, l'intrepido Apostolo della Patagonia.

La domenica, 3 agosto, il concorso dei fedeli fu ancor maggiore. Di buon mattino venne ordinatissima e numerosa la processione della parrocchia di San Giovanni di Avigliana, guidata dallo stesso zelantissimo Prevosto, il Teol. D. Luigi Giorda. Verso le 7 1/2, accolto dalla banda salesiana e dallo stesso signor D. Rua, arrivava Sua Eccellenza Mons. Giovanni Battista Rossi, Vescovo di Pinerolo, che rese più splendide tutte le sacre funzioni, ed al Vangelo della Messa solenne trattò con arte singolare della cara Madonna dei Laghi in un modo nuovo, originale, indovinatissimo, fra l'attenzione più viva dell'uditorio.

In quel giorno anche la musica vocale fu della nostra scuola di canto dell'Oratorio di Torino. Cantò Messa il Rev.mo D. Michele Rua, il quale, dopo i vespri, rivolse al popolo una tenera allocuzione. Rievocando le feste centenarie del 1852 di cui egli, giovane ancora, aveva udito l'eco solenne, passando appunto di quei giorni insieme con D. Bosco per Avigliana, narrò le ultime vicende del Santuario e con quella riconoscenza che nel suo cuore è così profonda, ricordò commosso i generosi benefattori defunti, invitando tutti alla funzione da Requiem, che si sarebbe celebrata il giorno dopo.

All'indomani,, dopo la Messa da Requiem cantata dai musici dell'Oratorio in canto gregoriano con vera grazia e delicatezza di colorito, un'onda di cantici devoti, solenne, grandiosa, salutava le sponde dei Laghi. Erano le popolazioni di Trana, Sangano e Bruino, guidate dai loro RR. Parroci e Sacerdoti (più di 1500 persone) che venivano in pellegrinaggio al Santuario. Celebrò per loro il Cav. Giacomo Motta, Priore di Trana, il quale tenne uno di quei discorsi pieni di sì alti concetti ed in vesto così pulita e popolare, come egli sa fare con tanta eleganza. Anche il Prevosto di Sangano, prima d'impartire la benedizione col Venerabile, disse ai fedeli delle tre parrocchie acconce e belle parole.

Queste fute durate un mese intero senza mai scemare di pompa e di religioso entusiasmo, formeranno, senza dubbio, una pagina gloriosa nella storia di quel Santuario.

Avigliana corse ogni sera a venerare la sua cara Madonna ; ed era pur bello il vedere, a tutto le ore del giorno, un continuo succedersi di forestieri, e, a quando a quando, di suore, di educandati e di collegi, convenuti ai laghi per una saluberrima gita e nel tempo stesso per ossequiare la Vergine durante il solenne cinquantenario. Nelle domeniche poi, si ripetè devoto e continuo, il dolce spettacolo di sacre processioni, guidate da zelantissimi Parroci; delle quali ricorderemo ancora quella solennissima della Vicarìa di Santa Maria nel giorno dell'Assunzione e le altre non meno imponenti di Orbassano, Rivalta, Beano, e Buttigliera Alta. Meritano anche particolar ricordo la buona popolazione di Alivellatore e l'Oratorio Festivo Femminile di Giaveno.

Il giorno 31 agosto fu uno spettacolo addirittura imponente. È noto che il Santuario dei Laghi, fu, per ben due secoli e mezzo, in custodia dei RR. PP. Cappucini. La notizia che il Rev.mo P. Otravio da Saliceto, Ministro Provinciale del Piemonte, aveva accolto con gioia l'invito fattogli dai Salesiani, di venire a celebrare tutte le funzioni di chiusura con i suoi confratelli, nativi di Avigliana, bastò ad attirare al Santuario tanta gente, quanta se n'era vista nel primo periodo dei festeggiamenti. E chi non bramava di evocare i più dolci ricordi, nel rivedere ancora una volta innanzi alla cara Signora dei Laghi quegli ottimi religiosi? Celebrò la messa della comunione generale P. Ferdinando: il R. P. Luigi cantò la messa solenne e il R. Padre Antonio fece il discorso: ai vespri funzionò anche P. Ernesto e il Rev.mo Padre Provinciale pose la più bella corona a tante care funzioni con un ammirabile discorso, affettuoso e commovente.

A notte , la compagnia drammatica dell'Oratorio festivo di S. Francesco di Sales, diede a benefizio del Santuario un bellissimo trattenimento in un vasto salone - il più vasto dì Avigliana ; - il quale però, grazie all'attività prodigiosa di alcune Signore, vere Cooperatrici Salesiane, ancorché fosse stato quattro volte tanto, non avrebbe egualmente potuto contenere quanti erano accorsi per presenziare lo spettacolo.

BARANQUILLA (COLOMBIA). - Ci scrivono : «Da appena pochi mesi s'è iniziata questa Casa, ma mercè il buon cuore e la generosità di persone amiche, si potè già celebrare una bella festa di Maria Ausiliatrice. Solenne e frequentatissimo il mese dell'Ausiliatrice con tutte le sere rosario, predica e benedizione. Il dì della festa numerosa Comunione generale : buona musica eseguita da alcuno signorine, con accompagnamento di scelta orchestra. Nel pomeriggio tenne la conferenza salesiana il Parroco della Chiesa matrice di questa città D. Pietro Rebollo. Bella la processione della nostra Madonna cui seguì poscia la benedizione col Santissimo. Un grazie di cuore a quanti cooperarono alla buona riuscita di questa festa, specie alla signora Elena Alvarado, nata Salcedo e alla signora Elena Ferraus nata Castet. »

CAGLIARI (SARDEGNA). - La visita di Don Rua. - Il 17 dello scorso giugno il nostro Superiore, ritornando da Lanusei, dove erasi recato per l'inaugurazione del nostro Collegio, sostò pure a Cagliari e furono tante e sì cordiali le accoglienze avute che noi verremmo meno al dover nostro se non le registrassimo a titolo di gratitudine e di comune edificazione. Pressochè sempre lasciamo la parola all'ottimo giornale locale La Sardegna Cattolica. - Ricevuto alla stazione da una folla numerosa di sacerdoti, signore, signori e rappresentanze, Don Rua, colla affabilità che gli attira tutti i cuori, volle tutti conoscere, a tutti rivolse la parola e ci volle del buono e del bello per farlo salire nella carrozza che lo condusse al Seminario; la quale carrozza per gentile condiscendenza del Capo stazione fu introdotta nel recinto interno.

Nell'atrio del Seminario erano schierati i giovanetti del Circolo dei Figli di Gesù di Castello, di San Luigi di Villanova e di Stampace coi loro vessilli, i seminaristi e le Cooperatrici Salesiane. Appena Don Rua discese dalla carrozza, un formidabile argentino evviva lo accolse; quei cari biricchini erano al colmo dell'entusiasmo, e non c'era verso di farli smettere. Don Rua era proprio nel suo centro, in mezzo ai fanciulli ed ai giovanetti, che andava accarezzando amorevolmente. S. E. Mons. Arcivescovo discese incontro all'ospite, col Rev. Capitolo ; Monsignore lo abbracciò e gli presentò il Vicario Generale e gli altri Rev.mi Canonici, i quali gli baciarono la mano.

Dopo aver accompagnato l'Arcivescovo nel suo appartamento, Don Rua ridiscese e ricevette nel parlatorio le Cooperatrici ; volle tutte conoscerle, a ciascuna rivolse la parola, rallegrandole con qualche barzelletta.

Il 18 D. Rua, alle 7,30, celebrò la Messa ai Cooperatori e Cooperatrici nella Chiesa di S. Antonio, dinanzi al dolce simulacro dell'Ausiliatrice. Alle 10,30 precise tenne l'annunziata conferenza pure nella Chiesa di S. Antonio gremita di pubblico sceltissimo. Dopo la conferenza, accompagnato da Mons. Arcivescovo, dal Rev.mo Capitolo, dai Sacerdoti e da molto popolo, ritornò in Seminario, dove verso le ore 16 tenne una conferenza a' Seminaristi. È facile immaginare con quanta deferenza i giovani chierici ascoltarono la parola del buon padre, e con quale entusiasmo la accolsero. Del resto questo entusiasmo per l'uomo di Dio ha invaso tutti coloro che in questi giorni hanno avuto la fortuna di avvicinare

Don Rua ; non v'è alcuno che non abbia collocato in fondo al cuore la figura del venerando Sacerdote e che non serbi di lui incancellabile ricordo; fenomeno questo che si direbbe strano so non si sapesse da quale fonte esso provenga.

Alle ore 17,15 S. E. Mons. Arcivescovo e Don Rua accompagnati dai rispettivi segretari , da. Mons. Decano, dal Teol. Piu, e dal Rev. Migoni entravano nel Santuario di Bonaria ricevuti dalla religiosa famiglia dei Mercedari.

Saliti al presbiterio S. E. intonò il Santo Rosario, dopo il quale Don Rua, appressatosi alla balaustra, parlò ai fedeli che in discreto numero si erano recati al Santuario ; parlò di Maria, che deve tórre gli ostacoli che si frappongono perchè anche nella nostra città sorgano le Opere salesiane, se ciò è nei divini voleri. Indi indossati i sacri indumenti, assistito dal guardiano. dei Mercedari e da un altro frate dello stesso Ordine, impartirla benedizione col Venerabile; dopo di che, lasciato il Santuario con S. E. ritornarono in Seminario per l'accademia, la quale fu degno coronamento delle feste che i buoni Cagliaritani vollero tributare a D. Rua nel suo breve soggiorno in mezzo di loro. All'ora stabilita la sala era talmente gremita che buona parte degli invitati dovettero rimanere nell'andito che divide l'aula teologica dall'Oratorio. I primi posti erano occupati da Mons. Arcivescovo, dal Sindaco cav. Piccinelli, dal Provveditore cav. Pili, dal prof. Gaetano Desogus, ecc., ecc.

« Non possiamo dare, dice il giornale locale, una completa relazione dell'accademia, che riuscì veramente degna della circostanza, nè riandare tutto quanto il programma che fu svolto con puntualità ed esattezza esemplare. Tutti gli oratori ed esecutori furono caldamente applauditi; piacquero i bei discorsi del Teol. Mario Piu, del prof. Teol. Coll. Paolo Manca, del Teol. prof. Giuseppe Miglior; piacquero i versi del Perra, del Saddi, dell'Argiolas, e quelli latini scritti dal prof. Soro; come piacque tutta la parte musicale diligentemente eseguita sotto la direzione del signor Ugo Piroddi. Particolare menzione dob biamo fare del discorso di un antico allievo di Don Bosco, che ci procurò una gradita sorpresa. Il signor Eligio Berra ci si è palesato pensatore e scrittore elevato, gagliardo. Nel suo discorso, una vera e completa apologia dell'Opera salesiana, l'intelletto ed il cuore si unirono in bell'accordo...

» Terminata l'accademia, diremo così ufficiale, abbiamo goduto un'appendice fuori programma, coi discorsi di Mons. Arcivescovo, di Don. Rua e del Sindaco Piccinelli, il quale e col suo intervento e colle sue belle parole dimostrò che il rappresentante della città di Cagliari divide l'ammirazione dei suoi concittadini per le Opere Salesiane e per il venerando Successore di Don Bosco ».

NIZZA MONFERRATO. - Solenne benedizione della nuova Chiesa dell'Oratorio festivo femminile. - Il 1° giugno si celebrava in questa nostra città una simpatica festa. Mercè le industrie delle Figlie di Maria Ausiliatrice, si vide finalmente costretta l'elegantissima ed ampia Cappella destinata alle fanciulle che a centinaia si raccolgono ogni domenica all'Oratorio della Madonna delle Grazie. Dio solo fu testimonio delle difficoltà incalcolabili sormontato e degli immensi sacrifizi compiutisi per raccogliere, siam per dire, soldo a soldo, il denaro occorrente per le spese di fabbricazione. Ma finalmente la Chiesa sorse, bella, devota, spaziosa quale la seppe ideare il genio artistico dell'ing. cav. Giuseppe Massardo da Genova.

In alto sopra l'altare di marmo grandeggia una bellissima statua del S. Cuore, dono del M. R. Don Giuseppe Ravazzano, economo del Seminario di Tortona. La decorazione del presbiterio e della statua sono opera del cav. Rodolfo Gambini, già tanto noto pei suoi artistici lavori eseguiti in moltee chiese del nostro Piemonte e della Lombardia.

Al nuovo tempietto mancava ancora la solenne benedizione di rito, e per questa ci onorava di sua augusta presenza in detto giorno 1° giugno S. E. Mons. Disma Marchese, Vescovo della diocesi, assistito nell'atto solenne dal Rev. Clero della città. Erano presenti alla cerimonia degnissimi signori e signore, fra cui distinguiamo l'egregio Avv. Robuffo colla sua consorte padrini della festa, molto popolo devoto e una turba di fanciulle dell' Oratorio, le quali all'aspetto ridente e festoso oltre all'usato, dimostravano la soddisfazione di aver finalmente una Chiesa loro propria. Dopo la benedizione di rito davasi principio alla Messa solenne assistita pontificalmente da S. E., mentre noi gustavamo, colla presenza di Gesù che prendeva per la prima volta possesso di quel nuovo centro di grazie, le note del Gounod e di altri classici autori riprodotte con arte mirabile dalle convittrici. Terminata la sacra funzione, Mons. Vescovo degnossi apparire fra il suo popolo devoto ed ossequente e tra una folla giovanile, beata di avvicinare l'amato Pastore, che con paterna bontà e con effusione di cuore benediceva il diletto gregge, mentre non isdegnava avviarsi ad inaugurare il banco di beneficenza ed il pozzo di S. Patrizio.

La nuova Chiesa fu tutto il giorno visitata con devoto contegno da una moltitudine di persone e quando suonò l'ora di Vespro essa era letteralmente stipata, non lasciando più luogo a coloro che, sotto i portici, nel giardino e nel cortile prospiciente, facevano ressa per entrarvi. S. E. dopo il vespro e prima d'impartire la benedizione col SS. Sacramento, in una felicissima allocuzione, esaltò il vantaggio degli Oratori festivi, di cui proclamò l'opportunità, specialmente ai giorni nostri, ed esortò quanti erano presenti a favorirne lo sviluppo con tutte le forze di cui potevano disporre.

L'accademia musico-letteraria della sera, dedicata a S. E. e svolta nel salone del teatrino riservato all'Oratorio festivo, fu riuscitissima sotto ogni aspetto, ed inaugurata colla lettura d'un telegramma portante la preziosissima benedizione del S. Padre all'Istituto, alle alunne ed ai bene fattori. Fu poi presentata a Monsignore un'artistica pergamena-dedica, dettata. dal Sac. Professore Cerruti ed eseguita per l'occasione nell'Istituto. Bello ed attraente il discorso in versi del chiarissimo Prof. D. Francesia, il quale, prendendo argomento dall'inaugurazione della Chiesa e delle nuove scuole ad essa annesse, provò come ogni istruzione per riuscire efficace e completa non deve disgiungersi dal tempio, cioè dai principi vitali della nostra augusta e santa Religione. Applauditissimi pure i vari canti di scelti autori, i concerti e le declamazioni, che affascinarono il scelto uditorio per ben due ore. All'uscir dal teatrino una ricca illuminazione avvolgeva in luci multicolori ed a disegni svariatissimi la Chiesa ed il nuovo edifizio scolastico.

Il dì seguente, durante la S. Messa celebrata nuovamente da S. E. nella nostra nuova Chiesa, il banchetto eucaristico fu coronato da un bel numero di bambine bianco, vestite che per, la prima volta si disponevano ad accogliere tra i mistici fiori dell'innocenza, dell'amore e dell'affetto il Diletto che fra i gigli si pasce. Quali momenti: di ineffabili emozioni ! La parola del Pastore che sapientemente precedette l'atto augusto, il più solenne della vita per quelle bimbe avventurate; il contegno devotissimo di altre innumeri fanciulle che presero pur parte alla sacra mensa, i suoni ed i canti soavi e pieni di superne ispirazioni, ci fecero gustare le gioie del Tabor e desiderare con più ardenza ed efficacia i Tabernacoli eterni.

Per gentile generosità delle Signore componenti il Comitato che aveva prestato efficace cooperazione onde fornire gli oggetti necessari al banco di beneficenza ed al pozzo di S. Patrizio, si preparò nell'ombreggiato cortile dell'Oratorio una lunga fila di tavole su cui si servì un'abbondante colazione alle fanciulle che avevano partecipato alla cara funzione mattinale, e furono fatte segno a speciali riguardi e dimostrazioni le bimbe fortunate che festeggiavano il dì della loro prima Comunione. L'affluenza del buon popolo nicese alla nuova Chiesa, al pozzo di S. Patrizio ed al banco di beneficenza fu continua e protratta fino a sera, in cui S. E. diede ancora solennemente la benedizione col SS. Sacramento. Verso le 19 Monsignore fra le acclamazioni più grate e cordiali saliva sulla carrozza che gentilmente aveagli messa a disposizione il sig. Rapetti dell'Albergo S. Marco e dirigevasi alla stazione, portando seco l'ossequente affetto di quanti l'avevano per avventura avvicinato.

Il salone del teatrino intanto affollavasi della più distinta cittadinanza per assistere ad un trattenimento dato a benefizio della nuova Chiesa. Il programma fu vario ed elegante. Un meritato elogio alle buone attrici dell'Oratorio ed un vivo applauso allo convittrici, che pur riserbandosi interamente la parte musicale, anche nel teatrino seppero di tempo in tempo sostenere nobilmente la loro parte.

Ed ora che le gioconde feste son trascorse, lasciando nel cuore di tutti indelebile e santo ricordo, ci sia lecito innalzare al Cuore SS. di Gesù che trovò nel fiorente Istituto un nuovo trono d'amore, il voto fervido dei nostri cuori. Oh si degni il benedetto Salvatore, che traeva a sè per benedirli i pargoli della Palestina, spandere copiose le sue grazie più elette sulla giovane generazione che gli si affolla a' piedi nel suolo benedetto che l'accoglie nei giorni festivi; faccia uscire dalla fortunata falange le anime invitte, futuro decoro della religione, della società e delle famiglie, le quali attendano alla formazione delle generazioni venture, foggiate sulla donna forte dei libri santi, che è presagio di vera grandezza e prosperità agli individui ed alle nazioni.

GUAYAQUIL (EQUATORE). - La nostra Casa detta la Filantropica progredisce di bene in meglio. Conta già quaranta alunni interni, tutti di buono spirito e di ottime speranze, e circa 600 esterni. Tutti fecero il mese di Maggio con grande divozione e per il triduo della festa giunse fra noi il nostro amatissimo D. Albera. Volle predicare egli stesso il triduo e funzionare il dì della solennità. I giovani eseguirono una Messa in canto gregoriano.

MENDOZA (ARGENTINA). - La scuola Vinicola D. BOSCO di S. Isidoro. Il nostro confratello D. Montaldo Severino scrive sul Cristoforo Colombo di Rosario: « Il viaggiatore che abbandona le fertili pianure delle provincie litorali e s'inoltra nelle pressochè aride steppe dell'Ovest sente uno schianto al cuore e si domanda ansioso a se stesso se arriverà un giorno in cui l'aratro dell'agricoltore fenderà quelle vergini terre e l'acqua benefica inaffierà quelle arse e sterili zolle. Sólamente all'avvicinarsi alle gigantesche Ande sentesi l'animo rinascere a vita novella ; vaste praterie ed estesi vigneti danno a conoscere che la mano solerte dell'uomo cambiò quelle arenose regioni in giulivi e fruttiferi giardini.

» Mentre l'animo s'imbeve in tali pensieri e la locomotiva fra dense nubi di fumo, sbuffi spaventosi e acuti fischi divora le distanze, si arriva alla bella e desiderata città di Mendoza. Non è mia intenzione allungarmi nel descrivere nè il clima, nè la città, né l'aspetto di queste campagne; solo dirò che i Salesiani stabilirono in questa città l'anno 1892 un fiorente Collegio, impartendo annualmente l'educazione morale, religiosa e scientifica a più di 300 alunnni con grande soddisfazione di tutta la cittadinanza.

» Non ostante questo, era sempre lor vivo desiderio aprire nella campagna una scuola agricola che rispondesse alle esigenze speciali di questa provincia, chiamata con ragione Terra del vino. La divina Provvidenza, come in tutte le Opere Salesiane, venne in loro soccorso. Una ricca signora, Lucila de Bembal, offerse l'anno 1899 quaranta ettari di terreno, siti a sette leghe di distanza dalla città e limitrofi colla stazione Rodeo del Medio del Gran Oest Argentino.

» Una così generosa e spontanea offerta colmò a usura i voti dei Superiori che immediatamente accorsero sul luogo e lavorarono indefessamente per poter quanto prima aprire una scuola vinicola destinata a incamminare la gioventù nella coltivazione della vite, vita di questa provincia. Prima di giungere a questa importante scuola, l'occhio rimane colpito a lunga distanza da un elevato edifizio che signoreggia le adiacenti campagne. È desso un magnifico tempio in costruzione che, una volta terminato, sarà degno di figurare in qualunque città della Repubblica. La medesima signora che dava una prova così grande di generosità e carità cristiana verso i Salesiani e la gioventù argentina, volle dare una irrefragabile prova di divozione alla Vergine Ausiliatrice erigendole a sue spese un santuario grandioso che dominerà tutti i dintorni.

» Tutto il terreno della scuola vinicola che si stende all'ombra del santuario abbraccia circa quaranta ettari tutti coltivati. Otto di essi sono piantati di verdi olivi, che rallegrano la vista in questi giorni d'inverno colla verdura delle lor foglie. Il loro frutto, eccellente e di ottima classe, va soggetto a una infermità chiamata mosquilla, che loro toglie la metà del valore, quantunque non pregiudichi alla loro bontà e sapore, Altri 22 ettari sono occupati da lungi filari di viti, presentemente appassite e morte, ma che fra poco si rivestiranno di verdi pampani e daranno più tardi ubertosi frutti. Nei dieci ettari rimanenti fanno già capolino tenere viticelle testè piantate, tutte di scelta qualità.

» Per poter ritrarre il dovuto profitto da tutto questo ben di Dio, sempre colla cooperazione dei nostri benefattori, già si costrusse una grande Bodega (cantina), si sono provviste varie tine, botti, barili, torchi, pompe, infine tutto il più urgente per la necessità del momento. Mancano ancora le abitazioni per alloggiare sì i ragazzi, come il personale indispensabile per la loro educazione. Ed anche a questo si diede di mano. Tra pochi mesi saranno pronte varie sale atte ad albergare tanti poverelli che ivi troveranno il pane dell'anima e del corpo.

» Per tal modo un numero grande di ragazzi, grazie alla generosità della gran Cooperatrice, la signora Lucila, e di altri buoni cattolici, e grazie ai sudori dei figli di D. Bosco, potranno crescere buoni e onorati cristiani, ed al medesimo tempo intelligenti coltivatori della vigna, ricchezza principale di questa provincia. »

MONASTERO VASCO (MoNDovì) - La signora Matilde Turco ci scrive: « Soave come un profumo di paradiso e rapida come una meteora passò fra noi la festa di Maria SS. Ausiliatrice e per la prima volta ci parve aperta, sebben di lontano assai, una porticina del maestoso Santuario di Torino colle affascinanti attrattive delle conferenze sulle opere Salesiane e della grandiosità delle sacre funzioni. La gradita sorpresa la dobbiamo al nostro amatissimo Vicario, che da poco tempo ci raccoglie attorno a sè in piccolo numero di Cooperatrici e Cooperatori Salesiani. Egli fece rivivere la grande figura dell'uomo apostolico; meglio, ci fece conoscere quel Don Bosco, di cui soltanto vagamente avevamo udito già grandi cose, senza averlo potuto vedere e che volossene già al Cielo, quando io mi cullava an cura nei lieti sogni della età innocente. Lo presentò dapprima nelle sconsolanti difficoltà dei primi tempi del suo Oratorio, perseguitato ferocemente dai suoi nemici e quasi abbandonato dagli stessi amici.

» Poi lo seguimmo animato di smisurata confidenza in Dio e nella Vergine SS. nei veloci progressi dell'Opera sua. Il nostro pensiero, a rapidi voli, fu allora trasportato lontano, assai lontano dai paraggi di Valdocco, prima per l'Italia, poi per la Spagna e per la Francia e per tutti gli angoli della terra, ove a poco a poco sorsero delle Case Salesiane per l'educazione della gioventù povera, per il sollievo dei miserabili e per l'evangelizzazione degli ignoranti. Una rapida corsa attraverso le Missioni della Patagonia, che ha gli abitanti selvaggi dal volto truce e deforme e dall'animo diffidente e crudele ; poi eccoci nella desolata valle di Agua de Dios, nella Colombia, dove languono più migliaia di lebbrosi, consolati la prima volta dal D. Michele Unia conterazzano e amico intimo del nostro Parroco.

» Le lodi di Maria Aiuto dei Cristiani, sotto la cui protezione fioriscono e giganteggiano tante opere, oh quanto risuonarono dolci, gradite nella nostra Chiesa ed affascinanti nei nostri cuori ! Accoppiate allo sfarzo dei lumi, alle melodie dell'organo ed ai Sacri Mottetti eseguiti con arte finamente squisita dalla scuola di canto delle Figlio di Maria intrecciarono una ghirlanda superbamente bella alla nostra Madre Celeste. Ai profumi di quella noi unimmo i caldi voti del nostro cuore e la nostra preghiera schietta, pura e piena di fiducia. »

SANLURI (SARDEGNA). - La visita di Don Rua. - Il 18 giugno D. Rua partiva da Cagliari alla volta di Sanluri per visitare l'Asilo affidato da pochi mesi alle Figlie di Maria Ausiliatrice. Era accompagnato dal Rev.mo Mons. Ingheo, dai canonici Ledda, Cruccas, dal Teol. Più, ecc. Tanta era la calca di popolo che affollava la chiesa all'arrivo di D. Rua, che si stentò non poco a poter arrivare al presbitero. Dopo di aver assistito alla santa Messa celebrata con accompagnamento d'organo dal Rettore Mercu, si andò all'Asilo dove impazienti l'attendevano le buone Suore e tutte le loro allieve. L'Asilo era messo a festa, ornato di fiori e di bandiere; all'ingresso si leggeva Padre, con esultanza ti riceviamo. Sopra nel gran salone, in un elegante padiglione, era il ritratto di Don Bosco, poi nelle pareti striscio di carta che a grandi caratteri portavano scritto : Viva Don Bosco - Viva Don Rua - Gaudio, Benedizioni - Sempre memorando sarà per noi questo giorno. E là le solite scene: le ragazze che acclamano a Don Rua, Don Rua che si ferma, sorride, accarezza, alza le sue scarne braccia per riuscire a far sentire la sua voce e grida : Viva Mons. Ingheo, Viva Don Bosco, Viva Sanluri.

Dopo che il buon Padre si fu riposato alquanto, furono introdotti alla sua presenza uno straordinario numero di Cooperatori e Cooperatrici di Mogoro e San Gavino, venuti in pellegrinaggio a Sanluri per vedere Don Rua. Il Rev. Pietre Mura, vice-parroco di Mogoro, lesse un bell'indirizzo al quale il Rev.mo Don Rua rispose con quella dolcezza e tenerezza che ruba i cuori. Si pranzò all'Asilo ed oltre ai già nominati sacerdoti vi presero parto il sindaco signor Antonio Zurru, il pretore avv. Efisio Schivo ed il signor Pillesu. Sulla fine Don Rua si alzò e complimentò Monsignor Ingheo per la soddisfazione che ora prova il suo cuore per veder realizzato il suo desiderio di lasciare al suo paese natio questo Asilo per ricordo; si dichiarò pieno di volontà per corrispondere anche alle altre domande che gli sono state rivolte specie per una colonia agricola e terminò coll'augurare molti anni di vita all'illustre Prelato. Le sue parole furono più volte interrotte da vivissimi applausi e seguito da altre bellissime che ne pronunciarono il Rev.mo Mons. Ingheo molto commosso, il sindaco e il Vicario.

Dopo pranzo abbiamo. avuto la prima prova solenne della valentia ed attività straordinarie delle buone Figlie di Maria Ausiliatrice che da un mese sono a Sanluri. Sono quattro e in sì breve tempo furono capaci di far apprendere alle ragazze tante belle cose. Lesse per primo un discorso la direttrice che commosse assai e poi vari dialoghi, canti e poesie. Dopo la recita Mons. Vescovo e Don Rua distribuirono i dolci a tutti i bambini e coi dolci carezze e sorrisi.

Alle 18 Don Rua tenne l'annunciata conferenza. Ci parlò di Don Bosco, di questo santo prete che egli avvicinò così intimamente, ci raccontò vari miracoli da lui operati, ci descrisse le sue opere, ci manifestò il modo con cui le principiò, le continuò, le compì e conchiuse, augurandosi che anche a Sanluri vengano a conoscersi e ad apprezzarsi le sue opere e siano molti quelli che ne diventino Cooperatori. La chiesa era quasi gremita, nonostante molti siano già occupati nella raccolta dei cereali, e la conferenza fu ascoltata con religioso silenzio, sebbene fatta in italiano. Dopo la conferenza Mons. Ingheo impartì al popolo la santa benedizione.

PIAZZA ARMERINA. - L'Istituto Baronetta Carmela Trigona di Geracci, che abbraccia un laboratorio per tutte le fanciulle della città, le scuole elementari e l'asilo infantile, conta appena 8 mesi d'esistenza, ma pieno di quella vita, la quale non suole essere frutto che di molti anni di lavoro. E' affidato alle Figlie di Maria Ausiliatrice che vi lavorano con vera abnegazione. Del bene fatto se n'è avuta, fra le tante, una cara manifestazione il giorno della B. V. Assunta quando si videro Suore e fanciulle nella Cattedrale per farvi la Comunione generale. Era una scena commovente. In capo, vicino la balaustra dell'altare maggiore, in genuflessori distinti stavano le bambine della prima Comunione in candidissimo velo, con in testa una corona di fiori ; le altre, in due ale, si stendevano lungo la navata di mezzo. Cantarono in principio della Messa una laude alla Madonna, indi un mottetto d'occasione, in fine le Litanie Lauretane, alternandole a divote preghiere. Quanta soavità, tenerezza, armonia c'era in quel canto! Celebrò la Messa il Decano D. Vincenzo Versano, che non seppe porgere l'Immacolato Agnello senza pronunziare un fervorino tutto unzione. E quelle tenere creature vi si avvicinarono colle mani giunte, col volto raggiante di serenità e di gioia, con quella compostezza che non procede se non da un sentimento di pietà profonda. - Nella vasta Chiesa c'era un gran numero di fedeli: le benedizioni sulla pia Fondatrice, sull'ottimo Mons. Vescovo, D. Mariano Palermo, suo esecutore testamentario, su quanti cooperano e sulle benemerite Suore piovvero spontanee, e vi han fatto eco le benedizioni di tutta la città che sempre più apprezza l'importanza dell'opera.

Intanto non va risparmiata una lode al Salesiano Don M. Argeo Mancini che, venuto a pre dicare la novella dell'Assunta. nella quale diede prova di soda dottrina, di pietà e di zelo, assicurò con efficace aiuto la migliore preparazione alle giovinette.

S. PAOLO (BRASILE). - Festa del S. Cuore di Gesù. - La nostra Casa di S. Paolo, non ultima al certo della Ispettoria sud del Brasile, vanta oltre ad un considerevole numero di alunni interni ed esterni, un Santuario splendido e monumentale sorto quasi per miracolo per la generosità del buon popolo Paulista e che dal Vescovo di questa diocesi, allora Mons. Lino Deodato de Carvalho si volle dedicato al Divin Cuore di Gesù

Non parleremo dei suoi pregi artistici, della sua riuscitissima torre sulla facciata, della statua gigante del Redentore, che la sormonta: già altre volte si parlò di questo nelle colonne del Bollettino; solo ora vogliamo chiamare l'attenzione sullo splendore delle sacre funzioni che vi si celebrano, e in particolare della grandiosa festa del Sacro Cuore celebrata il 6 di giugno preceduta da una devota novena, con speciali funzioni tanto al mattino che alla sera. La festa non avrebbe potuto aver esito migliore. Prova ne siano le 3000 Comunioni che furono distribuite durante la novena; e le 2000 del giorno della festa. Frutti sì consolanti, si devono in gran parte alla predicazione, che in circostanza tanto solenne non poteva essere meglio scelta : di quei giorni onorarono la nostra modesta tribuna i migliori oratori sacri di questa Capitale. Esordì la novena il Reverendissimo Canonico Araujo Marcondes, e negli altri giorni seguenti predicarono i Rev.mi Canonico Duarte Leopoldo, can. dr. Pereira de Barros, M. dr. Camillo Passalaqua, P. Giovanili Carvalho, d. Michelo Druse, priore dei Benedettini, can. Antonio Reimào, can. Agnello de Moraes, e il can. Ezechia da Fonteura.

Il giorno della solennità alle ore 7 vi fu la Messa della comunità, letta dal Rev.mo D. Carlo Peretto. 1 giovani apparvero in Chiesa alteri della loro nuova uniforme, che vestivano per la prima volta. La. Comunione fu veramente generale sia dei nostri ragazzi, come dei membri della Guardia d'Onore e del numero straordinario di fedeli che vi assistevano. Alla Messa solenne, celebrata dal Rev.mo can. Augusto Cavalheiro, con assistenza pontificale dell'amato nostro Arcivescovo Mons. Antonio Candido do Alvarenga, cui facevan corona il Capitolo Metropolitano ed i chierici del Seminario - si eseguì per la prima volta qui in S. Paolo (e probabilmente nel Brasile) la Messa Benedicamus Domino del maestro D. Lorenzo Perosi. Fu un vero avvenimento artistico musicale, essendo qui riputatissima la fama del valente compositore Italiano. Il gran parlare che se ne fece anche prima dai giornali locali, la fama del Perosi, ed inoltre la stima grandissima di cui meritamente gode questa Schola Cantorum, attirò in quel giorno, sebbene non festivo, un numero straordinario di intelligenti, tutta la nobiltà di S. Paolo e inoltre i rappresentanti del Presidente dello Stato, della camera, delle comunità religiose, cui era stato preparato un luogo riservato. Un giornale locale parlando di questa Messa così si esprimeva: « Che udirono quelli che assistettero alla festa del S. C. di Gesù? Una musica molto differente da quella che si costuma sentir cantare nelle nostre Chiese. Sembrava che il susurro della brezza che passa attraverso le fronde degli alberi delle nostre maestose foreste, e il rumore delle cascate dei nostri fiumi fossero stati armonizzati da un genio sovrumano per dar lode, gloria, onore a Colui, che è e che sarà!

Al Vangelo predicò l'Ill.mo e Rev.mo dr. P. Francesco de Paula Rodrigues, che parlò mirabilmente dell'opera rigeneratrice di D. Bosco in confronto alla scuola senza Dío. Il Santo Sacrifizio fu chiuso colla Pastorale benedizione del nostro Venerando Pastore, tante affezionato ai figli di D. Bosco, che in tutto quel giorno volle rimanere fra di noi. Visitò i laboratori, proce dendo anche alla benedizione di due nuove macchine tipografiche, ultimo modello, della famosa fabbrica allemana di Leipziz. Si ebbe anche la felice idea di tirare un bel gruppo fotografico di tutti i nostri alunni; cui presero parte tutti i nostri distinti ospiti. Al banchetto poi si brindò alla salute del Papa, del Vescovo diocesano; alla nobile nazione Brasiliana, ai Salesiani che tanto cooperano al suo benessere morale e sociale; alla città di S. Paolo, che in questi anni ha assunto uno sviluppo incredibile, senza mostrare di doversi arrestare così presto.

In sull'imbrunire il Santuario si riempì di un mondo di persone, tanto che i nostri ragazzi si dovettero restringere il più possibile nei loro banchi. Occupò la tribuna il can. Manuel Vicente, degnissimo Vicario generale della diocesi e recentemente dal S. Padre, gloriosamente regnante, onorato del titolo di Protonotario Apostolico. Parlò da pari suo, e basato su concetti scientifici il suo dire commosse, persuase chi l'ascoltò, in tutti lasciando grata impressione.

La Schola Cantorurn disimpegnò colla solita maestria il canto dei mottetti e delle litanie e dopo il Tantum Ergo Monsignore impartì la Trina Benedizione. La funzione si chiuse col canto del Laudate del Grisy. Fuori la banda eseguì scelto programma musicale, fra una generale illuminazione; ancora si udirono gli spari dei razzi confusi al grido dei ragazzi, poi tutto cessò... Nel tempio risuonarono le voci compassate dei ragazzi : erano le preghiere della sera, segnale che la festa era fuggita col tempo e si era ascosa per sempre nel passato. Ma le impressioni di quel bel giorno le abbiamo ancora vive in cuore, ed i benefattori ce lo ricordano come uno dei più belli di questa casa di S. Paolo.

- Ci viene pure comunicato che nello stesso Santuario il 20 luglio scorso ebbe luogo altra straordinaria funzione, cioè la prima Comunione di 300 ragazzi. Non abbiamo alcuna relazione particolare, ma segnaliamo il fatto che è veramente degno di nota e di universale ammirazione.

TROIA (FOGGIA) - In onore dell'Ausiliatrice. - Ci scrivono: « Sentiamo ancora vive nell'animo le dolci impressioni della solenne festa dell'Ausiliatrice, celebrata il 12 scorso giugno nella Chiesa di S. Domenico presso l'Educandato femminile del SS. Rosario, diretto con gran lode dalle Suore di S. Vincenzo de' Paoli. - Fu un vero trionfo di fede e di amore verso la Celeste Ausiliatrice, della Chiesa e del popolo cristiano. Questa festa che per concorde zelo dei Cooperatori e delle Cooperatrici e con l'instancabile lavoro del Cooperatore D. Vincenzo prof. De Santis, da diversi anni si ripete qui con sempre crescente entusiasmo, ci attesta che la divozione alla Vergine, sotto il più splendido dei titoli, è cara a tutti, perchè grandi sono i favori, molte e continue le grazie, che questo popolo devoto impetra da Dio, per la intercessione di Madre sì potente.

Riuscì splendidissima più che gli altri anni per l'intervento del nostro amatissimo Vescovo, Monsignor Paolo Emilio Bergamaschi, zelantissimo apostolo e cooperatore salesiano. Se affollatissima fu la Chiesa sin dalle prime ore del mattino per il gran numero di Messe che si celebrarono senza interruzione, il tempo della maggior calca fu alla Messa solenne, celebrata da S. E. Al canto di soavissimi inni, eseguiti con naturale e sentita espressione da signorine e giovanette dello stesso Istituto, un gran numero di bambine delle nostre scuole municipali, con grande zelo ed amore preparate dalle loro maestre e dal direttore spirituale D. Vincenzo prof. Tricarico al giorno più solenne della vita, avvolte in candidi veli, facevano lieta corona all'Altare di Maria Ausiliatrice, che parea sorridere a quei cuori puri, veri fiori di candore e di innocenza. Monsignore, con quella eloquenza ispirata e scultoria che gli è propria, con sublimi pensieri sull' Eucaristia e sulla Madonna, sollevò le menti e i cuori a ineffabili dolcezze. Poi, assistito dai R.R. Decano D. Raffaele Petrilli e can. D. Domenico Maielli , distribuiva il Pane Eucaristico a quelle care fanciulle, oltre a un numero grandissimo di giovanette della Pia Unione delle Figlie dell'Immacolata e a innumerevoli divoti di ogni classe. - La sera poi il Decano Petrilli, entusiasta di Maria Ausiliatrice e delle Opere salesiane, volle, come nella vigilia, pontificare i vespri solenni, e il valente oratore mariano P. Gennaro Maria Bracale, della Compagnia di Gesù, commosso vivamente della solenne riuscita delle funzioni del mattino, ascese il pergamo e all'affollato uditorio parlò mirabilmente sulla Vergine Ausiliatrice, esortando i Cooperatori e le Cooperatrici a perseverare costanti nel far il bene, specie a salvar dalla corruzione presente la gioventù. La sacra funzione terminava solennissima con la benedizione del SS. Sacramento, e tutti tornarono a casa commossi e lieti per la bella giornata così santamente trascorsa.

La staffetta scolastica

È un ottima periodico che pubblicasi da due anni in Torino, sotto la egregia redazione del valente pedagogista prof. Matteo Miraglia. Nel suo ultimo numero, passando in rassegna i congressi e le conferenze che si tennero durante le vacanze in molte città d'Italia, ricordò pure con belle parole la nostra adunanza di Valsalice. Noi ringraziamo di cuore l'egregio professore, che non si contenta di essere ammiratore delle Opere nostre, ma n'è altresì, e da non pochi anni, zelante cooperatore, e raccomandiamo ai nostri Cooperatori la Staffetta Scolastica, facendo voti essa, ferma nei buoni principii, progredisca ogni anno più a diffondersi tra gli insegnamenti elementari.

Rivolgersi al direttore - Via S. Massimo 38 p. 3 - Torino.

 

GRAZIE Maria Ausiliatrice

Ai devoti di Maria Ausiliatrice. - Simo costretti stretti a rimettere ad altro mese l'elenco dei graziati dalla Madonna. S'assicurino però tutti che un po' per volta accontenteremo i loro giusti desideri.

Maria, se guarisco lo dirò !

Era la mattina dell'11 settembre 1901, allorchè fui colto da un tale abbattimento in tutta la persona, da un malessere sì potente ch'io avea mai provato; eran questi i prodromi della seria malattia che doveva poi sofferire, dichiarata dapprima come gastrite, poi, col crescere della febbre, conosciuto quale tifoide.

La debolezza incorsa nel breve spazio di i giorni, e pel crucio della febbre che spesso superava i 40°, e per la forte inappetenza, anzi avversione a qualsiasi cibo e sostanziosa bevanda, era talmente grande da accrescere i dubbi già suscitati di poter io superare quella crisi. Il medico curante, con sollecitudine paterna, due volte al giorno mi faceva visite accurate, mi ordinava medicine: ma il male mostravasi piuttosto ostinato nel progredire. I Superiori tutti della Casa di Mogli ano Veneto, ove mi trovava, alle amorose cure univano fervorose preghiere, i numerosi confratelli , colà radunati per gli Esercizi Spirituali, facevano altrettanto. Era la notte del 16 settembre, lo sfinimento progressivo si accentuò talmente da credere fosse giunta per me l'ultima ora. In quel terribile momento di agitazione dolorosa invocai Maria Ausiliatrice; volevo recitare l'orazione di San Bernardo, l'incominciai più volte e più volte la troncai: tanto era l'affanno!... Mi contentai allora di ripetere a più riprese : Maria... se guarisco... lo dirò...

Oh! bontà di questa Celeste Madre !... assieme alle cento e cento preci dei miei carissimi confratelli accolse anche la mia. Da quel punto mi sentii sollevato; calmato il delirio; in una parola, provai un tal sollievo che chiaro pareva dirmi: La grazia è fatta, mantieni la promessa. L'apparenza però non. lasciava ciò intravvedere, che anzi il mio stato pareva peggiorasse. Si scrisse alla mia famiglia, nè si tacque il mio pericolo. Il medico sempre più impensieriva, e sentendomi alle sue domande rispondere : « sto meglio » mi fissava con uno sguardo ed un sorriso compassionevole ch'io ben capiva asserir egli il contrario,

Ma la Madonna come aveva sollevato me dal dolore volle pur togliere tutti gli altri dall'afflizione. All'Avemaria dello stesso giorno ritornò il medico e con suo grande stupore constatò non aver io più alcun sintomo di febbre, e maravigliato disse: « Non ha più bisogno di medicine. »

Un telegramma avvisava tosto la mia mamma del repentino miglioramento. La convalescenza però non fu certo breve, poichè, come soventi suole avvenire, questa febbre mi lasciò l'anemia che ho potuto superare felicemente soltanto alla fine del gennaio scorso.

Ora al vedermi del tutto rìstabilito in mezzo a tanti giovanetti che spesse volte mi rammentano le loro preci fatte perch'io guarissi, alla memoria non solo di questa, ma di tante altre grazie ricevute fin da fanciullo, sento imperioso il dovere di compiere la mia promessa, col dire a tutti che la Madonna mi ha guarito. Grazie, infinite grazie, dolcissima Madre! la vita che mi hai conservato fa che la spenda tutta in onorarti.

Comacchio, 18 aprile 1902.

Ch. MEZZETTA GIUSEPPE. Maria m'ha salvato il padre!

Attendeva tranquillamente ai miei studi nel collegio salesiano d'Ivrea, dove Iddio raccogliendomi dal mondo m'aveva ritirato, quando in sullo scorcio del febbraio scorso un telegramma inaspettato mi chiamava, di tutta premura al. letto di mio padre moribondo. Il mio primo pensiero però a tale annunzio fu che inutile era ogni mia andata in famiglia, persuasissimo che papà in quel momento era già spirato. Perche se ne possa conoscere la ragione, dirò che mio padre, nella grave età di oltre 70 anni, era affetto già da 17 mesi dal mal di cuore ed in modo piuttosto allarmante. Sul principio di febbraio il male erasi aggravato d'assai, sopragiungendo per di più una grave bronco-polmonite.

Col doloroso pensiero intanto di non averlo più a vedere, cercai di giungere in famiglia al più presto possibile, dove trovai bensì ancor, vivo il padre, ma oh! in quale stato!... Ai suacennati mali già così terribili per sè, se ne erano aggiunti altri. Il suo corpo era in condizione tale da far allontanare anche le persone più care : solo l'affetto e l'amore di figli poteva avvicinarci a quel letto di dolori. A certi istanti era assalito da frenesia eccitatissima... balzava dal letto, girava furioso per la camera urlando stranamente... voleva por fine ad una vita piena di dolori. Il medico chiamato un'ultima volta a consulto, non diede al caro infermo che poche ore di vita. Il ricordo del caro collegio d'Ivrea mi sorresse in quel terribile istante, ed in luogo di disperare, ricordando la cara immagine di Maria Ausiliatrice che regna sovrana in quella casa, aprii il mio cuore alla più bella speranza, certo che Ella, la potente Madonna di Don Bosco avrebbe salvato il mio genitore.

Scrissi subito al direttore per una Messa all'altare della Madonna, raccomandandomi nello stesso tempo alle preghiere dei miei compagni, mentre nel frattempo prometteva un'offerta al Santuario di Valdocco e la pubblicazione della grazia, se Maria me l'avesse concessa. E Maria fu con me generosissima! Ella vide il grave imbroglio in cui m'avrebbe posto quella morte, e venne in mio soccorso.

Solo due giorni dopo la promessa fatta, come per incanto mio padre ricupera a poco a poco un piena lucidità di mente, cessa l'affanno, scompare dalla sua bocca quella schiuma liquida che tanto nauseava. Il cuore batte tranquillo, i bronchi non l'irritano più; riacquista la parola ed è in piena coscienza di quanto dice. Il fatto così straordinario ed improvviso ci pare incredibile tanto da crederlo un ultimo sforzo foriero di morte. Si chiama in tutta fretta il medico , il quale non fa altro che constatare, con grande sua meraviglia, un ottimo stato di salute. La grazia era ottenuta, ed il padre da quel giorno cominciò sempre a migliorare, tanto che oggi gode florida salute. Pieno di viva riconoscenza per sì segnalato favore, adempio oggi il mio voto, fiducioso che Maria non cesserà di stendere la sua materna protezione su di me e sulla mia famiglia.

Ivrea, 4 aprile 1902.

Ch. CALLETTI PIETRO.

Quanto sei potente, o Maria!

Da più di dieci anni mi trovava affetta da malattia penosissima, per la quale aveva già consultato tutti i più celebri medici di Torino senza provarne il benché menomo sollievo; anzi andai tanto peggiorando che ero ridotta a non poter più uscir di casa senza sentirmi svenire. Qualunque riunione mi era vietata, e per poter assistere alle funzioni di chiesa era costretta a cercare chiesuole appartate, od a rimanermi presso le porte per essere soccorsa all'assalirmi del mio male. Anche le preghiere morivano sulle mie labbra, perchè spesso raccomandatami a Dio, vedevo infruttuose le mie domande: ogni luce era spenta nel mio cuore, neanche più la fede mi sorreggeva, e talvolta ho desiderato persino la morte come rimedio e fine a tanti patimenti. Quando un giorno mi capitò fra mani un opuscoletto dove trovai narrati con tutta semplicità i prodigi operati dalla potenza della Madonna di D. Bosco. Mi balenò al cuore ancora un barlume di speranza, ed essendo di Pasqua m'accostai ai Sacramenti, quindi mi recai in Valdocco al Santuario dell'Ausiliatrice. Pregai per avere qualche sollievo ai miei mali, promettendo di dar pubblicità alla cosa, se avessi ottenuto quanto domandavo, senza per nulla sperare una guarigione completa. Quella stessa mattìna feci ritorno a casa a piedi senza che mi prendesse male. Mi sentii rianimare a poco a poco; le crisi dimìnuirono di frequenza e d'intensità; non ebbi più bisogno di ricorrere nè ai medici né alle medicine. Il trovarmi tra la folla cessò di spaventarmi; potei intraprendere lunghissime passeggiate ed ascensioni di montagna; il mio organismo riprese vigore, ed ora ricordo quelle ore di spasimo e di angoscia, e mi pare siano state sopportate da altra persona, tanto mi sento cambiata, ritornata al mio primiero stato di salute. Tutte le persone di mia famiglia possono far fede di quanto asserisco. A chi dunque attibuire tanto benessere, se non alla potente Ausiliatrice dei Cristiani? Oh! possa il mio esempio sollevare tanti sofferenti ed attestare al mondo intero quanto sia grande la potenza della Madonna di D. Bosco !

Torino, 23 maggio 1902.

LAURA BERSEZIO-CHIAPUSSI. Maria salva l'onore della mia famiglia.

Il mio buon papà da più anni era stato nominato presidente del banco agricolo operaio sorto nel nostro paese, che già dava a sperare ottimi risultati, quando un bel giorno del 1899 si sparse rapida la notizia che il direttore con altro impiegato, fatto bottino di quanto di meglio si poteva trovare, era scomparso per ignoti lidi, lasciando noi tutti in piena costernazione. Da quel momento ebbero principio tutte le nostre vessazioni, e le nostre tribolazioni che nel lungo periodo di tre anni cagionarono al mio buon papà umiliazioni e dolori ineffabili. Finalmente ai 23 dello scorso aprile doveva aver luogo lo svolgimento del processo; ed io non potendomi capacitare di vedere mio padre, buono, innocente, egli che per una lunga serie d'anni era stato lustro e decoro della provincia intera, sedere sul banco degli accusati e forse anche essere condannato, ravvivai la mia fede, mi rivolsi con fiducia a Maria Ausiliatrice, certa che Ella nella sua bontà avrebbe impedito altre umiliazioni più dolorose a tutta la mia famiglia. Il processo aveva termine il 1° maggio, primo giorno del mese dedicato alla potente Regina del Cielo, e proprio in quel giorno doveva compiersi il miracolo della potenza della Madonna di D. Bosco. Ed infatti non era ancora tramontato il sole che mi giungeva la lieta novella che l'amato mio genitore veniva dal tribunale restituito in quella stima ed in quella riputazione che presso tutti da tempo godeva. Confusa per tanta grazia, umilio ai tuoi piedi, o benedetta Ausiliatrice, i miei più fervidi ringraziamenti, protestandoti ognora e sempre con fervorosa devozione tutta la mia riconoscenza e la mia gratitudine.

Eboli, 8 maggio 1902.

MARIA TERESA D'URSO. Soccorso insperato.

Maria SS. Ausiliatrice sia sempre benedetta, amata, lodata, invocata e ringraziata da tutti! Ringraziando con tutta la riconoscenza dell'anima questa buona Madre, a sua gloria, e per vieppiù confermare nel popolo cristiano la sua devozione, dirò come Maria Ausiliatrice mi aiutò per trovare il luogo dove esercitare la mia industria. Io e la mia famiglia, non potendo rinnovare l'affitto del luogo dove ci trovavamo, ci siamo rivolti alla Madonna Ausiliatrice, ed abbiamo fatto pregare, con grande fiducia nel suo valido soccorso. Essa ci ottenne dal Signore non solo un altro sito da noi desiderato, per cui potemmo ritornare anche nel nostro paese natio; ma ci fece pure trovare i mezzi per incamminare gli affari in modo così favorevole e sorprendente, che umanamente sarebbe stato una temerità lo sperare. Ne sia adunque ringraziata la Madonna Ausiliatrice che, volle esaudirci, non tanto per le nostre povere preghiere, quanto per quelle di tante buone anime che col loro caritatevole aiuto supplirono alla nostra deficienza.

Ed ora, o Vergine benedetta, continuaci sempre la tua protezione, sii sempre il nostro potentissimo aiuto in ogni nostro bisogno.

Gorgo al Monticano (Treviso) 1902.

TOMMASI EDOARDO. Da morte a vita!

Ci prostrammo a' tuoi piedi. nell'ora dell'afflizione e del dolore, e tu benigna ed amorevole esaudisti le nostre suppliche, mi ridonasti la vita. In preda ad un terribile male che non perdona, e a cui pur troppo avrei dovuto pagare inesorabile tributo, la mia vita andavasi consumando lentamente e crudelmente. Spedita ed abbandonata dai medici, costretta a passare ben sei lunghi mesi su d'un misero giaciglio, priva di tutti i conforti umani, oh qual situazione dolorosa pel cuore d'una madre !

E il male cresceva, cresceva, l'arte medica erasi dichiarata inabile a salvarmi, la paralisi prendeva forza con rapidità fulminea, ed a me non restava che attendere la morte, morte certa ed inesorabile che mi avrebbe strappata all'amore di sei innocenti creature.

Chi avrebbe protetto i miei innocenti pargoli? Chi dato ad essi il pane della vita Dopo circa tre mesi di continua agonia, dopo aver lottato con tutte le mie forze contro il morbo micidiale, d'improvviso mi sorge in cuore la speranza! Maria Ausiliatrice mi deve salvare e conservare pe' mìei figli. Chiamo intorno al letto il desolato mio consorte, i figli che si struggono in lagrime e raccolte le poche forze che ancor rimanevanmi in quell'ora che credevasi l'ultima di mia vita, dico loro di incominciare uno novena alla taumaturga Madonna di Don Bosco, promettendo di far noto sul Bollettino Salesiano la grazia, qualora l'avessi ottenuta. La speranza che non mi aveva mai abbandonata durante la mìa penosa malattia, divenne allora certezza, ed io ero sicura di ottenere mediante, l'ausilio potente di Maria, la tanto sospirata e necessaria salute. Non avevo più che un desiderio, sentire parlare dell'Ausiliatrice, non potevo più innalzare che un voto, vivere poi miei diletti figli. E la Madonna, sempre benigna, sempre pietosa, sempre pronta a soccorrere chi in Lei confida, ridonò a me la salute, a mio marito il lavoro, alla mia famiglia la gioia.

Continua, o Maria, te ne prego, la materna tua protezione su di noi, attira a te i cuori di tutti i miei cari, mentre che profondamente e sentitamente riconoscente vorrei invitare tutti gli afflitti a ricorrere a Te che non hai mai rigettato ed abbandonato alcuno.

Bettona, 2 luglio 1902.

FAUSTINA CORSI.

Baldissero Torinese. - O Maria ! Benedetto colui che con fede T'invoca! La mia cara ed unica bimba fu colpita tempo fa da inesplicabile malessere che la faceva deperire di giorno in giorno e lentamente la traeva al sepolcro. Non sapevamo più a qual partito appigliarci allorche ci ricordammo per buona sorte della miracolosa Madonna di Don Bosco che tante grazie imparte a' suoi devoti; a Lei facemmo ricorso e la nostra fiducia non restò delusa. Demmo tosto principio ad una novena in suo onore e nel medesimo tempo, consigliati da una pietosa persona, ponemmo addosso alla piccina un'immagine dell'Ausiliatrice. Ed ecco che sulla sera di quel medesimo dì la bambina fu assalita da tosse così violenta che la costrinse a rigettare e negli sforzi del vomito le uscì di gola un guscio di noce che da tre mesi la tormentava ed era l'unica cagione del suo malore. Ora pieni d'imperitura gratitudine verso la Vergine benedetta, inviamo una tenue offerta al suo Santuario di Valdocco colla pre ghiera di pubblicare la grazia a maggior gloria di Maria che in modo sì prodigioso ci restituì la nostra diletta figliuola.

10 giúgno 1902.

QUAGLIA TERESA.

Chieri. - Mi rivolsi con fiducia alla Vergine Ausiliatrice dimandandole ad un tempo quattro grazie per alcuni miei parenti, promettendo di far celebrare una Messa nel suo Santuario qualora le avessi ottenute. Ora avendone già ottenute tre, contro ogni mia aspettazione, adempio la mia promessa con la, certezza che a tempo opportuno l'Ausiliatrice mi farà pure la quarta, grazia. Siano dunque rese vive grazie a questa benigna Madre che nulla sa negare a chi in Lei pienamente confida quando non torni a danno delle anime nostre.

15 agosto 1902.

APRA' LUIGIA.

Genzano (ROMA). - La festa di Pasqua fu per la mia famiglia giorno di desolazione e di pianto. Immobile sul suo letto fra i crudeli dolori d'una polmonite violentissima era il mio amato Augusto, il figlio mio prediletto, disperato ed omai abbandonato dal medico, che ai primi sintomi della vicina morte, licenziandosi, m'aveva passato il cuore dicendomi che la scienza sua su quell'ombra di corpo non avrebbe più avuto potere. Povero mio Augusto! E la rassegnazione sua, frutto delle angeliche virtù, che adornavano la sua anima nonché consolarmi accrescevano in me il dolore e l'amarezza crudele del distacco. E fu Dio che m'inviò in quei momenti d'ambascia un devoto di Maria SS. Ausiliatrice. Egli mi gettò nell'animo il benefico raggio della speranza scoprendomi un rimedio infallibile: la novena alla Madonna di Don Bosco. Al termine della novena il mio Augusto era fuori d'ogni pericolo e lasciava quel letto di martiri che aveva minacciato di coprire il suo cadavere. Grazie a te, o Maria SS. Ausiliatrice.

31 maggio 1902.

VITELLI FRANCESCO.

Rossiglione. - I sottoscritti coniugi offrono a Maria SS. Ausiliatrice un anello d'oro per la guarigione ottenuta del loro figliuoletto Angelo. Nato con una cronica indisposizione agli occhi, quest'anno l'infermità fece tali progressi da far temere la perdita totale della vista, anzi della vita stessa. È più facile immaginare che descrivere l'angustia dei genitori. Senza mezzi per farlo curare, inquieti di doverlo affidare ad un lontano ospedale oftalmico, trepidanti per l'esistenza del loro Angioletto, misero la loro causa nelle mani di Maria Ausiliatrice e incominciarono una novena. In quei giorni passò un signore, da essi considerato come lo strumento delle misericordie di Maria, il quale, visto il fanciullo, indicò caritatevolmente come avrebbero potuto ottenere che si facesse l'operazione necessaria. Seguirono il consiglio dell'ignoto signore, trovarono di fatto quanto desideravano , l'assistenza gratuita del dottore del paese, la generosa opera di un insigne oculista di Genova e in pochi giorni Angelo fu fuori di pericolo e i genitori consolati vanno ripetendo : quanto sono ammirabili le vie della Provvidenza di Dio e della bontà di Maria SS.!

Agosto 1902.

Coniugi OTTONELLO.

Lugo. Aveva da pochi giorni fatto ritorno all'amato mio collegio quando fui colta da febbre che fu ben presto seguita dal tifo. A tutta prima si contava sulla mia piuttosto robusta costituzione per vincere il male, quando ad un tratto mi aggravai e il dottor curante nonchè il consulente, chiamato in fretta dai miei genitori ch'erano accorsi al mio capezzale , dichiararono non esserci più alcuna speranza per me e che una catastrofe era imminente Ma questa non la permise Maria, perchè le mie buone suore per me ricorsero alla Celeste loro Madre. Mi fecero amministrare tutti i conforti di N. S. Religione e più volte ricevei la benedizione speciale della Madonna facendomi promettere che, ove fossi guarita io stessa mi sarei recata al Santuario di Torino a ringraziare la Madonna di D. Bosco e avrei fatto inserire la grazia ricevuta nel Bollettino Salesiano. Così si pregava da tutti e contro ogni speranza si pregava ! Nè la comune fiducia, sebbene messa a dura prova dalla foga del male che ognor più minacciava togliermi quel soffio di vita che ancor restavami, venne delusa... Trascorsero i giorni, e finalmente uno no spuntò in cui i medici mi dichiararono fuori pericolo, non nascondendo essi medesimi che dovevasi riconoscere nel fatto una piano superiore all'umana potenza.

Compii in collegio la mia convalescenza, ed ora pienamente ristabilita non mi rimane che studiarmi di corrispondere a tanto favore serbandomi vera devota di Maria !

Si renda adunque di pubblica ragione questa grazia, affinche si conosca una volta di più quanto sia efficace l'intercessione di Maria SS. Ausiliatrice.

29 aprile 1902.

IDA CALDERONI.

Pegognaga (MANTOVA). - Profondi rancori suscitati da diversità di opinioni religiose tenevano da tempo divisa la mia famiglia. Il tentato furto dell'eredità materna a mio figlio minorenne rincrudelì le relazioni e gli attriti : venni diseredato io stesso e cacciato di casa coll'apparato della pubblica forza. Unico delitto era la troppa religiosità ; e tutto era così ipocritamente celato e con tali artifici protetto, che mi trovai nel disonore e nei debiti. Ma la fede costante nella Madonna di Don Bosco mi vendicò e dopo sette anni di lotte odiose siamo restituiti il figlio ed io nei nostri diritti naturali. Compreso della più profonda riconoscenza verso sì buona Madre, intendo che tale grazia sia fatta pubblica non solo come attestato di gratitudine personale, ma sì anche perche siffatta rivendicazione segna un vero trionfo della causa cattolica.

23 maggio 1902.

PICCAGLI PIETRO E FIGLIO.

Santiago (Chilì). - Ci trovavamo sul bastimento Liguria al centro del mar Pacifico, quando scatenatasi una terribile burrasca ci fece perdere ogni speranza di toccare il porto e rivedere la cara terra natia. In sì crudele frangente invocammo di cuore Maria Ausiliatrice, con promessa di far pubblicare la grazia sul Bollettino salesiano se fossimo scampati dall' imminente naufragio. Viva Maria Ausiliatrice, la sempre cara Madonna di Don Bosco ! Mentre a poca distanza da noi vedevamo affondare senza potere dare aiuto, il bastimento tedesco Tanis con tutto l'equipaggio, la bonaccia tornò sui tremendi ed irosi flutti, e noi fummo salvi.

Giugno 1901.

Sac. LUIGI COSTAMAGNA.

Le nozze d'oro delle LETTURE CATTOLICHE

Sardà y Salvany lasciò scritto: « Se al demonio fosse dato incarnarsi in alcun modo degno della sua malvagità e del suo odio contro Dio ed il genere umano, s'incarnerebbe in un libro o giornale cattivo.» Se la stampa è una gran leva nell'ordine del bene, nelle mani degli emissarii di Satana è una mina di sfacelo sociale, è lo stesso satanismo. Essa dapprima governata e tutelata dall'egida della legge e più ancora dalla intransigenza della coscienza dei reggenti la cosa pubblica, contenendosi entro i giusti suoi termini, rispondeva al nobile suo mandato; ma da quando, or fa mezzo secolo, per la tristezza dei tempi fu sguinzagliata, degenerò nell'impudenza e nell'abuso.

La reazione contro l'incoercibile sua irruenza riusciva tanto improba quanto è improbo affrontare lo furie d'averno, che vi manticavano d'ogni lor possa. E D. Bosco, che non pago di deplorare siccome altri, si era sobbarcato al salvataggio, ebbe a risentirne il cozzo. Or, come gradisce, dopo una impalmata vittoria, riandarne i cimenti, gli attacchi, le lotte sostenute, così in un'impresa che tanto onore e merito irradia sull'intrepido istitutore delle Letture Cattoliche, è caro scorrere le durate prove e peripezie nel loro stabilimento. Attingiamo ancora dalla fonte più genuina, dai Cinque lustri di D. Bonetti, che per buona ventura ce ne ha trasmesso i particolari più interessanti e preziosi.

Sempre devoto ed ossequente al suo Arcivescovo D. Bosco, compilato un programma di associazione, lo sottopose a Mons. Luigi Fransoni tuttavia esiliato in Lione, e l'egregio Prelato non solo approvò, ma lodò altamente il provvido pensiero. Pertanto D. Bosco avendo preparato alcuni fascicoli, prima di metterli in pubblico li presentò alla Curia Arcivescovile di Torino per la debita revisione; ma, fatto singolare! Niuno volle assumersi l'uffizio di Revisore e mettervi come tale la propria firma. Adducevano per ragione essere affare pericoloso in quei giorni lanciarsi in battaglia contro i protestanti e framassoni, che per disfarsi dei loro avversarii si facevano lecito qualsiasi arma. In prova del che ricordavano l'assassinio del Conte Pellegrino Rossi, di Monsignor Palma e dell'Abate Ximenes, direttore del giornale Il labaro di Roma, e di altri molti difensori della verità, pugnalati in quel tempo.

Nè per una parte avevano tutto il torto a temere così; poichè quello che poco dopo accadde nella stessa Torino all'intrepido direttore dell'Armonia di allora, il Teologo Giacomo Margotti (aggredito la sera del 28 gennaio 1856 e poi provvidenzialmente scampato fino al 6 maggio 1886) diede a divedere ciò che da certi settarii poteva aspettarsi un cattolico scrittore. Tuttavia dopo alcuni riflessi di D. Bosco il Canonico Giuseppe Zappata si compiacque di arrendersi alle sue domande, e prese a rivedere il manoscritto; ma ne aveva letto appena un mezzo fascicolo, quando, tutto atterrito, fattolo chiamare a sè, gli ritornò il quaderno dicendo: « Si riprenda il suo lavoro. Ella piglia di fronte e sfida i nemici. In quanto a me non giudico di sottoscrivermi ed entrare in lizza, perche sono ancor troppo recenti i fatti dell'Abate Ximenes e di Mons. Palma, ed io non voglio mettere a cimento la mia vita.

Che fare adunque? D'accordo con Monsignor Vicario Generale, D. Bosco espose la cosa all'Arcivescovo, il quale dal suo esilio non cessava di porgergli ogni più possibile aiuto. Saputo pertanto queste difficoltà, lo zelante prelato inviò a Don Bosco una lettera per Mons. Luigi Moreno,. Vescovo d'Ivrea. Con quella l'esimio Arcivescovo. pregava il suo suffraganeo a voler prendere la divisata pubblicazione di D. Bosco sotto il suo patrocinio , assisterla colla revisione, favorirla colla sua autorità ; e Mons. Moreno vi si prestò di buonissimo grado. A quest'uopo delegò l'Avvocato Pinoli suo Vicario Generale per rivedere i fascicoli da pubblicarsi, permettendogli tuttavia di tacere il proprio nome nella sottoscrizione. Avuto questo appoggio, il nostro D. Bosco diramò il programma in moltissime parti, e ne raccolse parecchie migliaia di associati. Quindi nel mese di detto anno 1853 mandava fuori il primo fascicolo del suo Cattolico Istruito, che fu pei protestanti quello che in un combattimento è il cannone a mitraglia (importante ed utilissimo libro che rivide poi la luce nel 1882 ampliato dal suo Autore, che gli diede per titolo Il Cattolico nel secolo).

Le Letture Cattoliche appena furono come assaggiate contentarono il gusto di tutti, e di mano in mano che ne uscivano i fascicoli, gli associati se li divoravano. Di qui le ire dei protestanti si sollevarono come un incendio. Essi provaronsi a combatterle sui loro giornali e colle Letture Evangeliche; ma era impossibile competere colla verità e colla inarrivabile semplicità di stile e chiarezza di D. Bosco: quindi presso i loro adepti facevano una pessima figura.

Allora coll'intento di far desistere Don Bosco dall'opera sua, si appigliarono alla disputa con lui, persuasi che a quattr'occhi lo avrebbero o convinto o svergognato. Pertanto presero a recarsi all'Oratorio ora in due, ora in parecchi insieme, per iniziare discussioni religiose. - Una volta tra l'altre, intervenne un saporito episodio. Presentatisi a lui il ministro De Sanctis e il ministro Meille con due altri principali residenti in Torino, uno di costoro non volendosi arrendere disse: « Il testo latino ed italiano non basta; bisogna andare alla fonte genuina: bisogna confutare il testo greco. » A queste parole D. Bosco dà tosto di piglio alla Sacra Bibbia stampata in greco, ed « ecco , disse a colui, ecco, signore, il testo greco; consulti pure e vi troverà il pieno accordo col testo latino ed italiano. ». Quel poverino che sapeva meno il greco che il chinese, non osando confessare la propria ignoranza, tolse con gran sussiego il libro, e si pose a sfogliarlo da capo a fondo, fingendo di cercare il passo in questione. Ma che? Il caso volle che egli prendesse il libro a capo volto. D. Bosco, che se n'era accorto, lo lasciò sfogliare per un buon pezzo, e poi accostatoglisi : « Scusi, amico, gli disse, ella non trova la citazione perchè tiene il libro a rovescio; lo volti così; » e glielo pose in mano pel suo verso. Come si rimanesse colui, è più facile l'immaginare che il dirsi. Fattosi rosso in faccia come un gambero cotto, gettò il libro sul tavolo, e così fu terminata la disputa. - D. Bosco però li accoglieva sempre con tutta carità, senza mai dare a divedere di essere stanco di loro, ma dall'amabilità del tratto non disgiungeva la fermezza nel sostenere la dottrina; e da quelle conversazioni stesse trasse argomenti per compilare i fascicoli delle prime annate delle Letture Cattoliche.

Da queste ed altre simili prove i protestanti si avvidero che colla persuasione indarno si lusingavano di far desistere D. Bosco dalle sue pubblicazioni contro la loro setta. Perciò risolvettero di ricorrere ad un altro mezzo, che credevano più efficace: ricorsero cioè alla compera e poi alle minaccie. Era dunque una domenica mattina dell'agosto 1853, verso le ore 11, quando si presentarono nell'Ospizio due signori, domandando di parlare con Don Bosco. Quantunque stanco per aver poc'anzi detto Messa e predicato, egli li fece tosto andare in sua camera, pronto ai loro cenni... Dopo i primi convenevoli, uno di quei due signori, che doveva essere un ministro valdese, prese a dire così:

Ministro. - Lei, sig. Teologo, ha sortito dalla natura un gran dono, quello cioè di farsi capire e farsi leggere dal popolo; perciò noi siamo a pregarla che voglia impiegare questo prezioso talento in cose utili alla scienza, alle arti, al commercio.

D. Bosco. - Veramente, secondo le mie deboli forze, ho fatto finora quello che lei mi suggerisce ; ho pubblicato un compendio di Storia Sacra, di Storia Ecclesiastica, un opuscoletto sul Sistema metrico decimale e più altre operette, che l'applauso, con cui furono accolte, mi fa arguire che non fossero inutili. Ora il mio pensiero è rivolto alle Letture Cattoliche, di cui intendo di occuparmi con tutto l'animo, perchè le giudico appunto di sommo vantaggio alla gioventù ed al popolo.

M. -- Sarebbe assai meglio che Lei si applicasse a comporre qualche operetta per le scuole, come p. es. un libro di Storia antica, un Trattatello di geografia, di fisica, di geometria, e non di Letture Cattoliche.

D. B. - E perchè non di queste Letture ?

M. - Perchè quello che vi si tratta è una materia già fritta e rifritta le tante volte e da molti.

D. B. - È vero; questa materia fu già trattata da molti, ma in grossi volumi di erudizione, che fanno pei dotti e non pel basso popolo, a cui mirano di proposito i piccoli e semplici opuscoletti delle Letture Cattoliche.

M. - Ma questo lavoro non Le reca alcun vantaggio; al contrario, se Lei attendesse alle opere che Le proponiamo, procaccerebbe anche un bene materiale al meraviglioso Istituto che la Divina Provvidenza Le ha affidato. Prenda adunque; qui vi è un'offerta (erano 4 biglietti da mille franchi), e non sarà l'ultima, chè Le promettiamo che ne avrà delle altre ed anche maggiori.

D. B. - Per qual ragione tanto denaro?

M. - Per intraprendere le opere proposte, e per coadiuvare questo suo Istituto.

D. B. - Mi scusino le loro Signorie, se restituisco questo loro denaro. Per ora io non posso attendere ad altro lavoro scientifico, se non a quello che concerne le letture Cattoliche.

M. - Ma se questo è un lavoro inutile.

D. B. - Se è un lavoro inutile, che importa ad essi? Se è un lavoro inutile, a che questa somma per impedirlo?

M. - La S. V. non bada all'azione che fa; con questo rifiuto Lei cagiona un grave danno al suo Istituto, ed espone la sua persona a certe conseguenze, a certi pericoli...

D. B. - Miei Signori, capisco quello che con queste parole vogliono significarmi ; ma dichiaro loro alto e tondo, che per amor della verità io non temo alcuno. Facendomi Sacerdote mi sono consacrato al bene della Chiesa Cattolica e alla salute delle anime, particolarmente della gioventù. A quest'uopo ho incominciato, e intendo di continuare la pubblicazione delle Letture Cattoliche, e... di promuoverla con tutte le mie forze.

M. - Lei fa male, soggiunsero quelle due faccio sinistre, con voce ed aria alterata, alzandosi in piedi. Lei fa male e ci offende. Epperciò chi sa che ne sarà di Lei?... Se uscisse di casa, sarebbe Ella ancora sicuro di rientrarvi?

Quei due sciagurati pronunziarono queste parole con un tono così minaccioso, che i giovani, tra cui Giuseppe Buzzetti e Giovanni Cagliero, ora Vicario Apostolico della Patagonia, i quali (stante l'ora già alquanto avanzata e per un sinistro sentore che ispiravano quei due sconosciuti) avevano avuto l'accortezza di porsi in guardia, ebbero timore che facessero del male a D. Bosco, e mossero l'uscio per dare ad intendere che vi era gente pronta ad entrare al primo segno. Ma il nostro buon Padre per nulla atterrito rispose a coloro e disse: « Ben vedo che le SS. LL. non conoscono i Preti cattolici ; poiche altrimenti non si abbasserebbero a queste minaccie. Sappiano adunque che i Sacerdoti della Chiesa Cattolica, finchè sono in vita, lavorano volentieri per Dio; e se mai nel compiere il proprio dovere ne dovessero soccombere, riguarderebbero la morte per la più grande delle fortune, per la massima gloria. Cessino adunque dalle loro minacce, chè io me ne rido. »

Da queste coraggiose parole di D. Bosco quei due eretici parvero così irritati, che fattiglisi più da presso, stavano per mettergli le mani addosso. A quella vista egli prese prudentemente la sedia in mano e soggiunse : « Se volessi adoperare la forza, ben mi sentirei di far loro provare quanto costi cara la violazione di domicilio di un libero cittadino; ma no : la forza del Sacerdote sta nella pazienza e nel perdono; ma è tempo di finirla. Partano dunque di qua. » Così parlando aprì l'uscio della camera, e vedutovi il giovane Buzzetti: «Conduci, gli disse, questi due signori sino al cancello: essi non sono guari pratici della scala. »

A questa intimazione quei due si guardarono l'un l'altro, e dicendo a D. Bosco: « Ci rivedremo in un momento più opportuno », se ne uscirono col volto infiammato e cogli occhi scintillanti di sdegno.

GUARIGIONE DA TUBERCOLOSI POLMONARE che merita di essere conosciuta

Da parrechi anni il dott. Antonio Maggiorani di Roma, figlio del celebre clinico Professore Carlo Maggiorani, ha introdotta una nuova cura della tubercolosi polmonare, che egli chiama razionale, e non a torto, perchè risponde alle esigenze della medicina razionale.

Questa cura, pel momento almeno, è quella che dà i migliori risultati, anzi dirò di più quella che dà delle vere ed assolute guarigioni, che resistono agli anni ed alla vita di lavoro manuale : mentre dalle altre, più che dello guarigioni si hanno dei miglioramenti. È con questo sistema di cura che il Maggiorani ha tratte dall'Ospedale di S. Spirito di Roma (dalle sale Flaiani delle tubercolose) cinque tubercolose guarite e che si mantengono tali. Queste malate che nel 1899 fecero regolarmente la sua cura in dette sale per tre o quattro mesi, uscite dall'Ospedale benchè abbiano dovuto attendere a guadagnarsi da vivere colle proprie braccia, pure non sono ricadute ammalate perchè perfettamente guarite, mentre le altre 75, che a quell'epoca erano in dette sale curate coi comuni mezzi sono tutte morte, e se talune sono uscite migliorate, sono poi tornate all'Ospedale per lasciarvi la vita,

Ora il nostro confratello Don Pietro Labò verso la metà dell'anno passato ammalò per tubercolosi con emoldisi; nella estate (in agosto) l'esame dei sputi fatto dal D. Aldo Albaiquez al Gabinetto di Patologia e Clinica Propedeutica dell'Università di Napoli dette il risultato di distruzioni polmonali, per modo che ai confratelli fu dichiarato che difficilmente il Labò avrebbe veduto il nuovo anno.

Verso la metà del dicembre passato, ripetuto l'esame dei sputi al Laboratorio Municipale batterologico di Roma e constatata larga copia di bacilli di Koch e di bacilli concomitanti; constatata dal sig. Dottor Teti, nostro medico a Roma l'esistenza dei segni fisici della tubercolosi in ambedue i polmoni, la febbre serotina, i sudori notturni, l'esaurimento delle forze muscolari, il dimagrimento morale, si cominciò la cura del Maggiorani con inalazioni e nebrilizzazioni antibacillari, non che coll'idro-elettroterapia (bagno idro-elettrico fatto nella camera stessa dell'ammalato a giorni alterni) ed il risultato sullo stato generale fu pronto ed ottimo, perchè soltanto dopo un paio di settimane la febbre era scomparsa, scomparsi i sudori notturni, tornate in parte, le forze sollevato il morale ; i sputi però presentavano sempre larga copia di bacilli e molti diplococchi e streptococchi.

E da notare che coi primi sputi del 12 dicembre mandati al Laboratorio Municipale, dopo colà stesso essere stati attraversati per più ore dell'aria medicata del diamagnetageno (1) (la stessa aria medicata che il Labò inspirava nell'inalatore del Maggiorani) fu iniettata una cavia dallo stesso Direttore del Laboratorio, e questa cavia era perfettamente sana quando dopo tre mesi non vi erano più bacilli tubercolari nei sputi del Labò : ciò che prova l'antibacillarità pei bacilli di Koch dell'aria che si inspira allorchè è passata per vario tempo a traverso il diamagnetogeno: laddove le cavie iniettate coi sputi stessi non medicati sono tutte morte tubercolose.

In seguito furono per tre mesi esaminati di tempo in tempo i sputi del Labò e furono sempre trovati positivi poi bacilli Koch, però detti bacilli andavano diminuendo iu numero come diminuivano i bacilli concomitanti quelli di Koch, e nello stesso tempo si aveva il miglioramento in tutti i sintomi della malattia la tosse quasi scomparsa, i sputi diminuiti ed attenuate le forze ed il peso del corpo, tornato allo stato normale, rialzato completamente : finchè dopo tre mesi dal primo esame, ossia poco dopo la metà di marzo si ebbe la completa scomparsa dei bacilli di Koch e degli altri mimonganismi con sputi perfettamente normali.

Al certo il fatto della guarigione del nostro confratello Don Labò non avrebbe molta importanza se non fosse corroborato da molte altre guarigioni le quali hanno richiamata la nostra attenzione sulla cura del Maggiorani. Senza dire delle cinque tubercolose tratte dall'Ospedale di Santo Spirito che appunto perchè tratte da detto Ospedale, dove naturalmente non vi sono condizioni favorevoli ad una buona cura della tubercolosi, ed è quindi fatto importantissimo, vi sono molte guarigioni di soggetti che giudicati insanabili per tubercolosi da distinti medici sono guariti da cinque, sette, ed otto anni e che ora attendono al lavoro manuale senza più ricordarsi di essere stati ammalati di mal sottile.

Il Dott. Maggiorani coi tipi delle Scuole Salesiane ha pubblicata una nota preventiva sulla cura razionale della tubercolosi da lui introdotta, che verrà inviata a chi spedisce soli cinquanta centesimi.

Benchè sia una nota preventiva pure in essa è indicata, oltre alla ragione scientifica della cura, la parte che riguarda praticamente il metodo da seguire e sono riportate una dozzina di storie di ammalati guariti da anni ed anni coi nomi dei medici che li giudicarono prima insanabili.

Detta memoria si trova in tutte le nostre librerie.

(1) Così chiama il Maggiorani il liquido che mette nel suo inalatore pel quale passa l'aria che il soggetto inspira e che rende detta aria antibacillare pei bacilli tubercolari.