BS 1880s|1880|Bollettino Salesiano Settembre 1880

ANNO IV. N. 9.   Esce una volta al mese.   SETTEMBRE 1880.

BOLLETTINO SALESIANO

Direzione nell'Oratorio Salesiano. - Via Cottolengo, N. 32, TORINO

SOMMARIO. - Morte di un Missionario Salesiano e un suo ricordo - Collegi Salesiani - Educatorii diretti dalle Suore di Maria Ausiliatrice - Notizie sull'Opera di Maria Ausiliatrice - Raccomandazione dell' Opera suddetta - Storia dell' Oratorio di S. Francesco di Sales - La gratitudine filiale a lieta mensa colla bontà paterna - Il Missionario Salesiano - Don Gaudenzio - La Patagonia e le terre australi del Continente americano - Bibliografia, san Gaetano Tiene e il suo istituto - Indulgenze speciali pei Cooperatori Salesiani.

MORTE DI UN MISSIONARIO SALESIANO E UN SUO RICORDO.

Coll'animo tuttora addolorato annunziamo la perdita irreparabile, che abbiamo fatto sul principio del passato agosto. Oppresso da incessante lavoro , consunto da indicibili angustie e pene, cadeva estinto il Sacerdote D. Francesco Bodrato, Superiore e Capo delle nostre Missioni di America. La sua morte quantunque gloriosa come quella di un prode, che cade in sulla breccia e colle armi alla mano, arrecò nondimeno al nostro cuore una ferita profonda. Le sue virtù, 1' ardentissimo zelo , le singolari doti dell'animo, l'avevano reso carissimo non solo ai suoi confratelli, ma eziandio all'Arcivescovo di Buenos-Ayres, al Vescovo di Montevideo, agli altri superiori ecclesiastici , alle autorità governative ed a quanti lo conoscevano. Era il braccio forte delle nostre Missioni ; era il nostro fedelissimo interprete ; era il consigliere, era la guida , era il conforto, era il padre dei nostri fratelli e sorelle di America. La sua morte riuscì per tutti una sventura gravissima.

Già fin dal mese di marzo egli sentivasi spossato di forze per una infiammazione ostinata. Avrebbe dovuto prendersi il necessario cessario riposo e ristoro, ma solito a non risparmiarsi mai , quando si trattava del bene delle anime, egli tirò innanzi nelle sue fatiche come se nulla fosse. Quindi confessore assiduo nella parrocchia della Bocca, di oltre a 25 mila anime; Direttore vigilante dell'Ospizio di S. Carlo, dove teneva raccolti circa 200 poveri artigianelli, la maggior parte italiani ; cercatore provvido dei mezzi per sostentarli; apostolo zelante nell'inviare missionari tra i Pampas e nella Patagonia ; sempre pronto insomma ad accorrere ad ogni bisogno della sofferente umanità, apriva case e scuole, faceva conferenze ai confratelli, predicava al popolo , teneva corrispondenza coi Direttori a lui soggetti e col Superiore in Europa. Per tutte queste ed altre occupazioni , che di continuo lo assediavano, egli ben sovente non solo il giorno , ma buona parte della notte consumava , senza cedere punto al suo malore , che facevasi ognor più allarmante.

In questo frattempo ecco per giunta scoppiare e accendersi la guerra civile in Buenos-Ayres, e fratelli prendere le armi contro a fratelli. Ognuno può immaginare i timori e le angustie di un Superiore, il quale annoverava parecchie case e molti soggetti tra mezzo a due fuochi. Per evitare disastri ei dovette chiudere l' Ospizio di S. Carlo , strapparsi dal seno i suoi cari giovanetti, e rimetterli in balia di se stessi in mezzo ad ogni pericolo. Fu allora che D. Bodrato esclamò: Spiritus quidem promptus est , caro autem infirma , e non potendosi più reggere in piedi, si pose in letto per scendere nella tomba.

Se la immarcessibile sua corona non fosse stata ancora dagli Angeli compiuta ; se la sua dipartita da questo terreno esiglio non fosse stata già immutabilmente decretata da Colui , che è l' arbitro della vita e della morte, noi siamo convinti che la cura dei più rinomati medici della città chiamati tosto a consulto, e che le preghiere e le lagrime di tanti Salesiani , di tante Suore di Maria Ausiliatrice, non che di molte pie persone delle due Repubbliche Argentina ed Uruguayana, dov'era conosciuto ed amato , avrebbero allontanato dal suo capo il colpo supremo. Ma gli alti consigli dell'umana sapienza, ma gli ardenti voti della cristiana pietà , non valsero punto a ritardare al valoroso Missionario l' eterno guiderdone, che le sue opere, i suoi sacrifizi, i suoi dolori, le sue pene gli avevano meritato.

Il 4 agosto adunque nell'atto, che apriva le porte del Cielo ad un'anima eletta e a noi si cara, segnava ad un tempo un gran vuoto tra le nostre file quaggiù , e le gettava per un istante nella costernazione. Per un istante , abbiam detto; chè ben sappiamo , l' esito delle opere nostre non dipendere dall'uomo, ma da Dio; ed Egli, che nei suoi arcani e sempre adorabili consigli ha fatto il vuoto, saprà riempirlo. Non che sperarlo, noi ne andiamo sicuri, e viviamo tranquilli.

Don Bodrato contava 55 anni di vita ; 16 di Congregazione ; ed ormai 4 di Missione, essendone partito il 14 novembre del 1876.

Noi non possiamo porre termine a questo qualunque articolo senza volgere alcune parole ai benevoli nostri Cooperatori e Cooperatrici. Noi li esortiamo anzitutto a mettere in pratica il consiglio del divin Salvatore, che dando uno sguardo ai tanti popoli che stavano aspettando l' annunzio della eterna salute, e paragonandoli ad un campo immenso, ricco di bionda messe, esclamava : La messe invero è molta, ma gli operai son pochi : pregate adunque il Padrone della messe, che mandi operai a raccoglierla : Messis quidem multa, operarii autem pauci : rogate ergo Dominum messis, ut mittat operarios in messem suam (Matt. IX, 35. - Luc. X, 2). Bisogna pur dirlo : mentre oggidì si fa di tutto per ispegnere le vocazioni ecclesiastiche , molti cristiani non si curano punto di pregare Iddio che ne susciti secondo il bisogno. Essi pregheranno bensì per ottenere il perdono dei loro peccati, la pace in famiglia, la conversione di una persona ; lo pregheranno soprattutto per una grazia temporale ; ma non mai o ben di rado gli dicono: « Signore, mandate alla vostra Chiesa dei buoni ministri , che seminino nei nostri cuori la vostra divina parola, ci applichino per mezzo dei Sacramenti i frutti della vostra Santissima Passione, portino la luce del Vangelo alle barbare genti, immerse tuttora nell'ombra di morte, e salvino tante povere anime , che vanno miseramente perdute. » Eppure, osserva a questo proposito un pio scrittore, eppure in quella guisa che l'Eterno Padre volle esser pregato dai Patriarchi e dai Profeti pria di mandare l'Agnello dominatore, il Salvator dell'uman genere, così Egli vuole esser pregato per concedere alla Chiesa buoni Sacerdoti , i quali pei loro ministeri divini continuino sovra la terra l'opera della Redenzione. Eppure come il Figlio di Dio, prosegue il citato autore, vedendo il bisogno che il suo mistico campo aveva di cultori, esortava i discepoli a pregare perchè piacesse al Signore di concederne; così Ei vuole si domandino buoni Sacerdoti, dei quali abbisognano i popoli per essere guidati nelle vie della giustizia e della santità al regno dei cieli. E la santa Chiesa, conservatrice fedele del divino mandato, non solo prega il Signore che le conceda buoni Sacerdoti , ma ben quattro volte all'anno impone ai suoi figli per questo fine il digiuno (1).

Ma alla preghiera deve andare congiunta la cooperazione. E qui, per non dilungarci di troppo, noi ci limitiamo a raccomandare una cosa sola. Qualora i nostri caritatevoli Cooperatori e Cooperatrici avessero parenti o beneficati, i quali mostrassero inclinazione a rendersi preti o missionari, noi li pregheremmo a volerneli secondare con tutto il loro potere.

Un riflesso vogliamo qui soggiungere che ci pare opportuno. Se negli anni passati D. Bosco potè raccogliere dalle vie migliaia di poveri giovani, educarli, istruirli, renderli poscia alle famiglie buoni figli, e alla patria utili cittadini ; se potè dare altresì alle diocesi d'Italia e alle Missioni estere più centinaia di Sacerdoti , il perchè si è che egli ebbe in suo aiuto buoni assistenti e maestri per avviarli alla gloriosa carriera. 1 Se questi aiutanti invece di diminuire si accresceranno, aumenterà eziandio anno per anno il numero degli Ospizi di Carità , il numero dei Collegi e dei Seminarii ; si aumenterà il numero dei giovanetti , che vi si potranno a tal uopo ricoverare ; quindi per legittima conseguenza andrà pure aumentandosi in molte diocesi il numero dei novelli Sacerdoti in servizio delle anime.

Pertanto provvediamo pure alle nostre parrocchie , alle nostre diocesi , ma non dimentichiamo che siamo Cattolici , cioè universali , e non priviamo di aiuto tanti altri nostri colleghi e confratelli ; non togliamo i mezzi di salute a tante altre anime egualmente preziose al cospetto di Dio, perchè ricompre dallo stesso divin Sangue. I parenti soprattutto si guardino dall' impedire il maggior bene spirituale per un mondano interesse. Iddio è padrone di chiamare a sè i loro figliuoli , ed Ei li chiama non già ad acquistare ricchezze od a migliorare la loro sorte , ma per guadagnare anime e procurare ad un maggior numero di esse l'eterna beatitudine. Riflettano che al divin Giudice essi non onori, non comodità, non piaceri, non monete dovranno contare, ma peccati impediti , ma virtù promosse, ma anime salvate.

Pochi mesi or sono il compianto D. Bodrato volgendo il pensiero a tante anime , che andavano perdendosi , ed invocavano pietosamente il suo soccorso , ci scriveva queste parole : « È una cosa che fa pian» gere, il vedere tanti bisogni e non potervi » provvedere. Ci mandi , caro Padre , ci » mandi dei Sacerdoti, ce ne mandi presto, » ce ne mandi molti. Arrivassero pur anche » in varie centinaia insieme, in un sol » giorno sarebbero tutti occupati. »

Accogliamo questi infuocati accenti come un ricordo di quel degno nostro confratello ; esaudiamo i voti di quell' ardente apostolo. Se non tutti sentonsi forti a seguirne da vicino le pedate e passare in America, non importa. Essi resteranno in Europa ad occupare il posto di chi parte, e si adopreranno a formare apostoli per l' antico e pel nuovo mondo. Così stretti tutti ad un patto quali in una , e quali in altra contrada, faremo sventolare in più luoghi il vessillo di Cristo, vi conserveremo e vi chiameremo i popoli all' ombra sua benefica , e nella nostra pochezza concorreremo a fare sì, che spunti più presto il giorno, in cui non vi sia in sulla terra che un solo gregge, come non vi è che un sol Pastore.

(1) Vedi : Le vocazioni allo stato ecclesiastico ecc. pel Sacerdote Almerico Guerra , professore nel Seminario Arcivescovile di Lucca - È questa un' operetta molto ,preziosa, che sarebbe desiderabile che andasse nelle mani di tutti coloro , che hanno il nobile uffizio della educazione dei giovanetti, e a cui sta a cuore il bene della Chiesa, e il vero vantaggio della civile società

COLLEGI SALESIANI.

Le famiglie, le quali hanno figli da mettere in educazione, bramano di conoscere gli Istituti, che porgono loro comodità e sicurezza per collocarveli a suo tempo. Per la qual cosa noi diamo qui breve cenno dei singoli nostri Collegi, dove si fa quanto occorre per garantire agli allievi moralità, scienza e sanità, e ai quali i nostri Cooperatori e Cooperatrici possono indirizzare con tranquillità di coscienza quei giovanetti, che intendessero di percorrere la carriera degli studi.

Oltre l'Oratorio di S. Francesco di Sales in Torino, l'ospizio di S. Vincenzo de' Paoli in Sampierdarena, l'ospizio di S. Pietro in Nizza Marittima e l'ospizio della Croce in Lucca, vi sono i Collegi di Borgo S. Martino, di Lanzo Torinese, di Varazze, di Alassio, di Este, di Magliano-Sabino, di Randazzo in Sicilia, e di Valsalice.

In questi Collegi l'insegnamento comprende il corso Elementare e Ginnasiale, ed è impartito da maestri e professori patentati , e secondo i programmi governativi. Nel Collegio di Alassio e in quello di Valsalice vi è pure il corso Liceale.

Borgo S. Martino è un paesello della Diocesi di Casale Monferrato, sulla linea di AlessandriaVercelli, con stazione a pochi passi dal Collegio.

Lanzo dista dodici miglia da Torino a piè della Alpi , e vi si va per ferrovia con più corse al giorno.

Varazze, Diocesi di Savona, trovasi sulla linea Genova-Ventimiglia , e si arriva da Genova in un'ora e mezza di ferrovia.

Alassio, Diocesi di Albenga, trovasi sulla stessa linea Genova-Ventimiglia.

Este, città del Veneto, si trova sulla linea ferroviaria di Padova-Bologna.

Magliano-Sabino è sulla ferrovia Roma-Firenze colla stazione a Borghetto, a due ore dalia Capitale del mondo Cattolico.

Randazzo, posta sopra un ameno altipiano del monte Etna, è come un centro della rete delle vie provinciali di Messina, Catania, Nicosia, Mistretta. La stazione ferroviaria più vicina a Randazzo è quella di Piedimonte sulla linea Messina-Catania.

Valsalice. Per le persone di signorile condizione v'é pure il Collegio di Valsalice in Torino, distante un quarto d'ora dal ponte di ferro.

In quasi tutti questi Collegi vi sono due gradi di pensione. La prima varia da L. 35 a 40 mensili; la seconda da L. 24 a 30. Ma nel Collegio di Valsalice la pensione è di L. 80 pel corso liceale, 60 pel ginnasiale, 40 per l'elementare.

Per avere i relativi programmi, e per le domande di accettazione, bisogna dirigersi ai Direttori dei singoli Collegi, oppure al Sac. Giovanni Bosco, via Cottolengo, n. 32, Torino.

EDUCATORII diretti dalle Suore di Maria Ausiliatrice.

Oltre ai mentovati Collegi pei giovanetti vi sono pure due Educatorii per le fanciulle, l'uno nella città di Chieri sotto il titolo di Santa Teresa, l'altro in Nizza Monferrato sotto il nome della Madonna delle Grazie.

Lo scopo di queste due Case di educazione si è di dare l' insegnamento scientifico e morale in modo, che lasci nulla a desiderare per una giovanetta di onesta e cristiana famiglia, cioè arricchirne la mente di utili cognizioni , educarne il cuore a sode e cristiane virtù, addestrarla ai lavori femminili, e informarla a quei principii di civiltà, che sono richiesti dalla sua condizione.

L' insegnamento é dato da maestre legalmente approvate. Esso abbraccia le 4 classi elementari, vale a dire, corso di lingua italiana, calligrafia , aritmetica, sistema metrico, e tenuta dei libri per uso domestico. La declamazione, ed uno speciale esercizio nello stile epistolare fanno eziandio parte dell'insegnamento. Si danno pure lezioni di disegno , di lingua francese e di piano forte ; ma a richiesta e a carico dei parenti delle allieve.

I lavori femminili consistono nel fare gli abiti proprii, secondo la condizione delle _allieve, lavori a maglia, calze, camicie, rappezzare, soppressare, far merletto e tutti i lavori più ordinarii di una onesta famiglia.

La pensione mensile è di lire 24, e si paga a trimestri anticipati.

Le domande di accettazione e dei programmi si possono fare alla rispettiva Direttrice, od anche al Sacerdote D. Giov. Bosco, Superiore dell'Oratorio di san Francesco di Sales, Torino.

La città di Nizza Monferrato è una delle principali Stazioni della ferrovia tra Alessandria e Cavallermaggiore.

Quella di Chieri ha comunicazione diretta colla ferrovia Torino-Chieri , e con le linee TorinoAlessandria , Torino-Cuneo , Torino-Savona con fermata a Troffarello.

Se la cristiana educazione dei ragazzi è ai giorni nostri di massima importanza, non di minor momento si é la buona instituzione delle fanciulle. Una figlia saggiamente istruita, e cristianamente educata riesce una benedizione, un angelo, un sostegno, una sorgente di prosperità e di pace per una famiglia. Guai invece se la giovanetta crescerà incolta ed ignorante, peggio poi se verrà guasta nelle idee e corrotta nel cuore ! Non vie male peggiore che una donna cattiva.

Lo scopo precipuo dei Salesiani essendo quelle della cristiana educazione della gioventù, noi verremmo meno ad una parte del nostro dovere, se non inculcassimo ai nostri Cooperatori e Cooperatrici di aver massima cura delle fanciulle delle proprie famiglie , e di quante altre sono in loro potere.

Perciò cogliamo di buon grado questa propizia occasione per raccomandar loro i sopraddetti Instituti di Chieri e di Nizza. Se qualcuno avesse giovanette da collocare in Casa di educazione, oppure gli venisse il destro di porgere a qualche famiglia un opportuno consiglio, veda di approffittare di questi due Educatorii, e farà un'opera da vero Cooperatore Salesiano.

NOTIZIE sull' Opera di Maria Ausiliatrice.

L'esperienza fece conoscere come di dieci fanciulli , che cominciano gli studii con animo di arruolarsi alla milizia di Gesù Cristo , in media appena uno o due giungono al Sacerdozio, mentre dai più grandicelli , che hanno già ponderata e studiata la loro vocazione , sopra dieci se ne hanno otto. Questa osservazione suggerì l' impianto di un'associazione sotto il titolo di Opera di Maria Ausiliatrice, i cui membri si propongono di raccogliere ed aiutare giovani già grandicelli inclinati allo stato ecclesiastico, renderli fermi in questa vocazione, istruirli o farli istruire nelle lettere e negli studi occorrenti per salire poscia al Sacerdozio. I giovani devono essere nell'età dai 16 ai 30 anni, e si preferiscono quelli, che sono sciolti dal servizio militare, oppure hanno qualche probabilità di andarne esenti. Questi giovani prendono il nome di Figli di Maria Ausiliatrice.

L' Opera é totalmente affidata alla pietà dei fedeli, e specialmente alla carità dei nostri Cooperatori e delle nostre Cooperatrici. Ogni socio può concorrere come Oblatore,Corrispondente , Benefattore.

1. Gli Oblatori si obbligano per 10 centesimi al mese, oppure per un franco all'anno. Pei Sacerdoti basta che celebrino una santa Messa, cedendone la limosina a benefizio dell' Opera.

2. I Corrispondenti sono quelli, che in onore dei 12 Apostoli si fanno capi di una o più dodicine di Oblatori, ne raccolgono le offerte indirizzandole al Direttore dell' Opera, che é D. Bosco. I Corrispondenti ricevono con riconoscenza qualunque piccola offerta, fosse anche di un soldo all' anno.

3. Benefattori si appellano quelli, che a piacimento fanno qualche offerta in danaro, od in natura , per es. in commestibili , in biancheria, in libri e simili. Quelli che offrono L. 300 annue possono a loro scelta inviare gratuitamente un allievo all' Istituto. Se poi l' offerta è di L. 800, l' allievo è tenuto per tutto il tempo del corso ginnasiale.

Quest' Opera fu encomiata ed approvata dall'immortale Pontefice Pio IX, di santa memoria, il quale in data del 9 Maggio 1876 elargì molte indulgenze in vita ed in morte a tutti quelli, che vi sono ascritti e che vi si ascriveranno, e tra le altre concesse le indulgenze, che possono guadagnare i Terziarii di S. Francesco d' Assisi, e i Cooperatori Salesiani.

Conosciuta quest' Opera, molti fedeli vi diedero il proprio nome, adempiendone le condizioni. Quindi si poté ben tosto raccogliere da varii paesi un buon numero di giovinotti, desiderosi di consacrarsi al servizio di Dio, mantenerli, istruirli, ed avviarli nella gloriosa carriera.

La Casa destinata per essi fin da principio fu il nostro Ospizio in Sampierdarena, dove mercé scuole appropriate, moltissimi giovani hanno già compiuto il corso di latinità, e vestono già l' abito chiericale. Alcuni di essi sonosi decisi per le Missioni estere ; altri si sono fatti religiosi ; ma la maggior parte sono ritornati nelle rispettive diocesi a popolare i Seminarii quasi deserti. Sono questi fiori eletti, i quali tra poco saranno ottimi frutti, vogliamo dire, Sacerdoti esemplari e zelanti.

Siccome il numero di quelli,, che domandano di entrare tra i Figli di Maria Ausiliatrice , va crescendo ogni giorno, così D. Bosco venne in pensiero di aprire qualche altro asilo nelle Case Salesiane. Le domande di accettazione si faranno a D. Bosco in Torino, o al Sac. Paolo Albera , Direttore dell' Ospizio di S. Vincenzo de' Paoli in Sampierdarena.

Raccomandazione dell' Opera suddetta.

Nel dare l' annunzio dell' apertura di nuove Case pei Figli di Maria Ausiliatrice, non possiamo ommettere di raccomandare quest' Opera alla carità dei Cooperatori e delle Cooperatrici. Essi non ignorano come i sacri ministri vadano ogni anno diminuendo spaventosamente. In certi luoghi sopra venti Sacerdoti, che muoiono, appena due se ne fanno di nuovi per occuparne il posto. Questa deficienza è sentiLa in tutta l'Italia, anzi in tutta Europa ; è sentita nelle Corporazioni religiose, che mancano di postulanti ; è sentita nelle Missioni estere , alcune delle quali sono in procinto di estinguersi, e abbandonare il campo, per la sola ragione che mancano di operai evangelici. E se proseguiamo di questo passo dove andremo a finire? Senza la scienza e la pratica della Religione di Gesù Cristo, le anime non si salvano; senza Religione non si ha virtù , non vi è moralità, che anzi una persona senza Religione diventa tardi o tosto siccome un animale senza ragione , abbandonandosi all' impeto delle malnate passioni. L' esperienza ce lo fa toccar con mano ogni giorno. Ognuno sa, che senza Sacerdoti la Religione né si propaga, né a lungo si conserva; quindi senza Sacerdoti , le nazioni pagane non verrebbero mai a conoscere Gesù Cristo, e le popolazioni cristiane, che lo conoscono e lo adorano, non tarderebbero a perderne l'idea, ed uscire dal suo gregge, tanto più oggidi che i nemici di Dio e della Chiesa, tra cui i Protestanti , colle armi più insidiose e colle arti più perfide le assalgono da ogni parte ; senza Sacerdoti, che col sale della divina parola, e col farmaco dei santi Sacramenti conservino i buoni costumi nei giovani e negli adulti , si spanderebbe dappertutto la corruzione ed il vizio, e la famiglia e la Società ricadrebbero nei disordini più vituperevoli. Senza Sacerdoti si fa tosto necessario ingrandire le prigioni, e fabbricarne delle nuove; ed è questo appunto che il Governo è costretto a fare oggidi , e tra le altre cause vi ha pur questa, che gli va mancando l'aiuto dei Sacerdoti cattolici.

É quindi necessario di pregare il buon Dio, che mandi degli operai nella sua vigna ; ma alle preghiere bisogna unire le opere. Iddio non manca anche oggidì d'inspirare a molti giovani il desiderio di farsi preti ; ma la maggior parte di essi appartengono a famiglie povere , le quali non possono sottostare alle spese , né per collocarli in un Istituto per farvi gli studi , né per costituire il richiesto patrimonio ecclesiastico. Ora, come si provvede a questo bisogno? Come si vince questa difficoltà ? Si provvede, si vince colla carità dei fedeli. I Salesiani sono lieti di consacrare la loro vita, ed istruire gratuitamente quei giovani, che loro sono affidati, ma tocca ai Cattolici il concorrere alle spese nccessarie poi libri e pel mantenimento, perché d' aria non si vive.

Fra tutte le opere di carità e di religione, questa che raccomandiamo, é una delle più segnalate, perché formando dei Sacerdoti quanto bene non si farà nella stessa società civile ! Per la qual cosa s. Vincenzo de' Paoli diceva con tutta ragione : Non si può far opera migliore che contribuire a fare un Prete. Ei diceva il vero, perché un buon prete finché vive è un salvatore di anime. Ora tra le cose divine , scriveva già s. Dionigi Areopagita discepolo di s. Paolo, tra le cose divine, la più divina quella si é di cooperare con Dio a salvare delle anime : Divinorum divinissimum est cooperari Deo in salutem animarum. Un buon Sacerdote può impedire più delitti che non un reggimento di gendarmi.

Moriva testé in Torino una buona signora. Richiesta, nella sua agonia, quale fosse la cosa che più la consolasse, rispose: « Dopo la speranza di essere in grazia di Dio, la cosa, che più mi conforta , si è il pensiero di avere cooperato colle mie limosine a fare un Sacerdote. » Felice quel Cooperatore e quella Cooperatrice , che in quel momento estremo potrà dir lo stesso.

STORIA DELL'ORATORIO DI S, FRANCESCO DI SALES

CAPO XXI.

D. Bosco alla cerca pei merlotti - Contravveleno - La parlatina serale ed i quesiti - Sistema preventivo - Sua applicazione - Suoi vantaggi - Una parola sui castighi.

Attendeva D. Bosco, come sopra dicemmo, alla religiosa e morale cultura dei 700 e più giovani dell' Oratorio di S. Francesco di Sales, ed invigilava sui 500 che frequentavano quello di san Luigi Gonzaga ; ma non perdeva di vista i poveri giovanetti del suo nascente Ospizio ; anzi questi ei riguardava come la pupilla degli occhi suoi , e ne aveva quella cura, che maggiore non ne avrebbe avuta il più sollecito ed affettuoso dei padri. La maggior parte dei suoi ricoverati nulla o ben poco guadagnavano ; quindi egli doveva pensare per mantenerli, calzarli e vestirli. Per la qual cosa voi lo avreste veduto uscire di quando in quando lungo la settimana , portarsi ora presso questa, ora presso quell' altra persona della città, e colle maniere più umili, e col più bel garbo del mondo domandare qualche soccorso per noi. Se incontrato per via gli veniva chiesto dove ne andasse, Vo' alla cerca pe' miei merlotti, rispondeva, e tirava innanzi. Quantunque in quell'anno per causa della guerra , e in appresso per altre sinistre vicende, la nostra famigliuola si trovasse più volte nelle strettezze, tuttavia le industrie di D. Bosco non ci lasciarono mai venir meno il necessario alla vita , nè il quotidiano sussidio dei cinque soldi mai ci mancò.

Ma la sollecitudine più squisita egli ce la usava per le cose dell'anima. I mezzi di pervertimento facevansi ogni giorno più numerosi e funesti ; e per la libertà di stampa si andavano a larga mano spargendo nelle officine e nelle botteghe libri e gazzette perniciosissime. Era poi frequentissimo il caso di udire padroni e domestici, negozianti e commessi , sarti e ciabattini intavolare questioni di religione e di morale, e sputare sentenze come se fossero altrettanti dottori della Sorbona. Perciò la fede ed il buon costume erano posti al più grande cimento. Or D. Bosco , costretto ad inviare i suoi giovinetti in città per impararvi un' arte o mestiere , prendeva anzitutto minute informazioni sull' onestà degli individui, presso cui voleva affidarli , ed occorrendo li toglieva pur anco da un posto per consegnarli ad un altro , che gli presentasse più sicure guarentigie . Oltre di ciò andava spesso a domandare notizie al padrone sui loro portamenti, dando così a divedere come gli stesse a cuore la loro fedeltà al lavoro, e nel tempo stesso come gli premesse che i suoi cari protetti non incontrassero pericoli nè per la moralità, né per la religione. In casa poi egli si fermava con noi il più che gli fosse possibile; in bel modo andava spiando quello che avessimo udito o veduto di male nella giornata ; e poi come un esperto ed amoroso medico ci porgeva tosto il contravveleno, per ispellere dalle nostre menti le mal succhiate massime, e per iscancellare dal nostro cuore le cattive impressioni, che ne avevamo ricevute.

Già fin dal primo anno egli soleva tenerci una parlatina dopo le orazioni della sera; ma se da principio questo egli faceva di rado, e solamente nella vigilia delle feste o in occasione di qualche solennità, in quest'anno invece prese a farlo molto di spesso e pressoché tutte le sere. Nel suo discorsetto, che durava da due a tre minuti, ci esponeva ora un punto di dottrina, ora una verità morale, e ciò col mezzo di qualche esempio, che noi ascoltavamo col massimo piacere. Soprattutto ei mirava a premunirci contra le insane opinioni del giorno, e contra gli errori dei protestanti, che serpeggiavano per Torino. Talora per meglio attirare la nostra attenzione e per iscolpirci più profondamente nell' animo una buona massima, egli ci raccontava un fatto edificante, avvenuto nel giorno, o tolto dalla storia, o dalla vita di un santo. Altre volte ci proponeva un quesito da risolvere, od una domanda, a cui fare adequata risposta ; come per es., che cosa significassero le parole Dio e Gesù Cristo ; che cosa volesse dire peccato ; che paradiso ; perché il Signore avesse dato a ciascuno un' anima sola , e via dicendo. Per lo più egli ci lasciava alcuni giorni di tempo a rispondere. La risposta facevasi sopra un biglietto portante il nome e cognome dell'autore; ed un premiuccio toccava a chi dava nel segno. In questa guisa D. Bosco ci faceva pensare, e intanto apriva a se stesso la via a svilupparci le più utili verità, che non si dimenticavano più.

Da queste e da molte altre industrie, che abbiamo accennato qua e colà nei capitoli precedenti, i nostri lettori avranno già potuto scoprire quale fosse e qual sia tuttora il sistema tenuto da D. Bosco nella educazione della gioventù. Il suo non è il così detto sistema repressivo, ma il sistema preventivo. Questo sistema D. Bosco lo aveva sperimentato di si felice riuscita pel benessere morale dei giovanetti, che cercava d'instillarne la pratica a tutti i suoi aiutanti, catechisti, maestri ed assistenti. In una lettera , che fin dall'agosto del 1846 egli scriveva da Castelnuovo d' Asti al Teol. Borelli in Torino , tra le altre vi leggiamo le seguenti parole , che fanno qui a proposito : « Va bene che N. N. si presti per l'Oratorio ; ma la S. V. stia attenta che egli tratta i figliuoli con molta energia, e so che alcuni furono già disgustati. Ella faccia che l'olio condisca ogni vivanda del nostro Oratorio. » Affinchè poi tutti conoscessero appieno e seguissero il suo paterno sistema , D. Bosco teneva sovente apposite conferenze , alle quali prendevano parte parecchi Sacerdoti di Torino, tra cui il compianto Mons. Eugenio Galletti, Vescovo d' Alba, allora Canonico del Corpus Domini. In fine egli ne scrisse brevemente, dimostrando in che consistano i due sistemi preventivo e repressivo, adducendo le ragioni per cui è da preferirsi il primo, insegnandone la pratica applicazione, e svelandone i grandi vantaggi. Questo utilissimo scritto vide già la luce nel Regolamento per le Case Salesiane ; e noi crediamo di fare cosa gradita ai nostri lettori il qui riprodurlo per loro norma e governo.

« Due sono i sistemi, così D. Bosco, in ogni tempo usati nella educazione della gioventù : Preventivo e Repressivo. Il sistema Repressivo consiste nel far conoscere la legge ai sudditi, e poscia sorvegliare per conoscerne i trasgressori ed infliggere, ove sia d'uopo, il meritato castigo. In questo sistema le parole e l'aspetto del Superiore debbono sempre essere severe e piuttosto minaccevoli, ed egli stesso deve evitare ogni famigliarità coi dipendenti. Oltre a ciò il Direttore per accrescere valore alla sua autorità dovrà trovarsi di rado tra i suoi soggetti , e per lo più solamente quando si tratta di punire e di minacciare. Questo sistema é facile, meno faticoso , e giova specialmente nella milizia, e in generale tra le persone adulte ed assennate, che devono da se stesse essere in grado di sapere e ricordare ciò, che è conforme alle leggi e alle altre prescrizioni.

« Diverso e, direi , opposto é il sistema Preventivo. Esso consiste nel fare conoscere le prescrizioni e i regolamenti di un Istituto, e poi sorvegliare in guisa, che gli allievi abbiano sempre sopra di loro l'occhio del Direttore o degli assistenti, che come padri amorosi parlino , servano di guida ad ogni evento, diano consigli ed amorevolmente correggano, che è quanto dire : Mettere gli allievi nella impossibilità di commettere mancanze. Questo sistema si appoggia tutto sopra la ragione, la religione e l' amorevolezza; perciò esclude ogni castigo violento , e cerca di tenere lontani gli stessi castighi leggeri. Sembra che questo sistema sia preferibile per le seguenti ragioni

« I. L'allievo preventivamente avvisato non resta avvilito per le mancanze commesse , come avviene quando esse vengono deferite al Superiore. Il giovane non si adira per la correzione fatta o pel castigo minacciato od inflitto, perché vi è sempre una parola amichevole, che lo ragiona, e che per lo più riesce a persuaderlo e guadagnargli il cuore, cosicché il colpevole conosce la necessità del castigo e quasi lo desidera.

« II. La ragione più essenziale è la mobilità del giovane, che in un momento dimentica le regole disciplinari e i castighi, che quelle minacciano. Perciò spesso un fanciullo si fa trasgressore di una regola e meritevole di una pena, alle quali nell'istante dell'azione punto non badava, ed avrebbe per certo diversamente operato , se una voce amica l'avesse ammonito.

« III. Il sistema Repressivo potrà impedire disordini, ma difficilmente farà migliori gli animi. Si è osservato che i giovanetti non dimenticano i castigi subiti, e per lo più conservano amarezza con desiderio di scuotere il giogo ed anche di farne vendetta. Sembra talora che non ci badino, ma chi tiene dietro ai loro andamenti conosce che sono terribili le reminiscenze della gioventù. Dimenticano facilmente le punizioni dei genitori, ma assai difficilmente quelle degli educatori. Vi sono fatti di alcuni, che in vecchiaia vendicarono bruttamente certi castighi, toccati giustamente in tempo di loro educazione. Al contrario il sistema Preventivo rende amico l' allievo, che nell' assistente ravvisa un benefattore che lo avverte, vuol farlo buono, liberarlo dai dispiaceri, dai castighi, dal disonore.

« IV. Il sistema Preventivo tratta l'allievo in modo, che l'educatore potrà parlargli sempre col linguaggio del cuore e in tempo della educazione e dopo di essa. Con siffatto sistema l' educatore guadagnandosi il cuore del suo protetto potrà esercitare sopra di lui un grande impero, avvisarlo, consigliarlo ed anche correggerlo allora quando si troverà negli impieghi, negli uffizi e nel commercio.

« Per queste e molte altre ragioni pare che il sistema Preventivo debba preferirsi al Repressivo. »

Dopo ciò D. Bosco passa a dire della sua applicazione e continua così

« La pratica di questo sistema è tutta appoggiata sopra le parole di s. Paolo che dice : Charitas patiens est, benigna est , omnia suffert, omnia sperat, omnia sustinet; ed anche sopra queste altre dirette ai genitori : Padri, non provocate ad ira i vostri figliuoli, affinché non si perdano d'animo. Perciò soltanto il cristiano può con successo applicare il sistema Preventivo. Ragione e Religione sono i mezzi, di cui deve costantemente far uso l'educatore, se vuole ottenere il suo fine. Ecco pertanto le principali regole di applicazione del suddetto sistema.

« I. Il direttore deve essere tutto consacrato ai suoi educandi, né mai assumersi impegni, che lo allontanino dal suo uffizio ; anzi deve trovarsi sempre co' suoi allievi tutte le volte, che non sono obbligatamente legati da qualche occupazione, eccetto che siano da altri debitamente assistiti.

« II. I maestri e gli assistenti devono essere di moralità conosciuta. Studino di evitare come la peste ogni sorta di affezione od amicizie particolari cogli allievi, e si ricordino che il traviamento di un solo può compromettere un Istituto educativo. Si faccia in modo che gli allievi non siano mai soli. Per quanto è possibile gli assistenti li precedano nel sito dove devonsi raccogliere ; si trattengano con loro fino a che siano da altri sorvegliati ; non li lascino mai disoccupati neppure in tempo di ricreazione.

« III. Si dia ampia libertà di saltare, correre, schiamazzare a piacimento. La ginnastica, la musica, la declamazione, il teatrino, le passeggiate sono mezzi efficacissimi per ottenere la disciplina, giovare alla moralità ed alla sanità. Si badi soltanto che sia ben scelta la materia del trattenimento, siano oneste e non pericolose le persone che v'intervengono, e non biasimevoli i discorsi che vi hanno luogo. Fate tutto quello che volete, diceva il grande amico della gioventù s. Filippo Neri, a me basta che non facciate peccati.

« IV. La frequente Confessione e la frequente Comunione sono le colonne, che devono reggere un edifizio educativo, da cui si vuole tenere lontana la minaccia e la sferza. Non mai costringere i giovanetti alla frequenza dei santi Sacramenti, ma soltanto incoraggiarli e porgere loro comodità di approfittarne. In occasione poi di Esercizi Spirituali, tridui, novene, predicazioni e catechismi, si faccia rilevare la bellezza, la grandezza, la santità di quella Religione, che presenta dei mezzi così facili, così utili alla civile società, aula tranquillità del cuore, alla salvezza dell' anima, quali appunto sono i santi Sacramenti. In questa guisa i fanciulli restano spontaneamente invogliati di queste pratiche di pietà , vi si accosteranno con convinzione e con frutto.

« V. Si usi la massima sorveglianza per impedire che nell'Istituto s'introducano compagni e libri cattivi, o persone che facciano mali discorsi. La scelta di un buon portinaio è un tesoro per una casa d'educazione.

« VI. Ogni sera dopo le preghiere comuni, e prima che gli allievi vadano a riposo, il Direttore, o chi per esso, indirizzi alcune affettuose parole in pubblico, dando qualche avviso o consiglio intorno a cose da farsi o da evitarsi ; studii di ricavare le massime da fatti avvenuti in giornata nell'Istituto o fuori ; ma il suo discorso non oltrepassi i cinque minuti. Questo sermoncino ben condotto è come la chiave della moralità e del buon successo della educazione.

« VII. Si tenga lontana la pestifera opinione di taluno, che vorrebbe differire la prima Comunione ad un'età troppo inoltrata, quando per lo più il demonio ha preso possesso del cuore di un giovinetto a danno incalcolabile della sua innocenza. Secondo la disciplina della Chiesa primitiva si solevano dare ai bambini le ostie consacrate, che sopravanzavano dalla Comunione degli adulti. Questo serve a farci conoscere quanto la Chiesa ami che i fanciulli siano ammessi per tempo alla santa Comunione. Quando un giovanetto sa distinguere tra pane e pane, e palesa sufficiente istruzione, non si badi più all' età, e venga il Sovrano celeste a regnare in quell'anima benedetta.

« VIII. Riguardo alla Comunione i catechismi ne raccomandano la frequenza. San Filippo Neri la consigliava ogni otto giorni ed anche più spesso. Il Concilio di Trento dice chiaro che desidera sommamente che ogni fedele cristiano quando va ad ascoltare la santa Messa faccia eziandío la Comunione , non solo spirituale , ma sacramentale , affinchè si ricavi maggior frutto da questo augusto e divino Sacrifizio.

L' utilità di questo sistema di educazione non può sfuggire alla considerazione di una persona assennata ; tuttavia a fine di meglio persuadernela D. Bosco prosegue

« Taluno dirà che questo sistema è difficile in pratica. Osservo che da parte degli allievi riesce assai più facile , più soddisfacente , più vantaggioso. Da parte poi degli educatori racchiude alcune difficoltà , che però restano diminuite , se l'educatore si mette con tutto zelo all'opera sua. L'educatore è un individuo consacrato al bene dei suoi allievi ; perciò deve essere pronto ad affrontare ogni disturbo, ogni fatica, per conseguire il suo fine, che è la civile, morale e scientifica educazione dei suoi alunni. Oltre ai vantaggi sopra esposti aggiungo ancora i seguenti

 «I. L' allievo sarà sempre pieno di rispetto verso l'educatore e ricorderà ognora con piacere la direzione avuta , considerando quali padri e fratelli i suoi maestri e gli altri superiori.

 «Il. Qualunque sia il carattere , l' indole, lo stato morale di un giovanetto all' epoca della sua accettazione, i parenti possono vivere sicuri che il loro figlio non potrà peggiorare, e si può dare per certo che si otterrà sempre qualche miglioramento. Certi fanciulli che erano la desolazione dei parenti, e persino rifiutati dalle case correzionali, coltivati invece secondo i principii di questo sistema, cangiarono indole, mutarono carattere, si diedero ad una vita costumata, e presentemente occupano onorati uffizi nella società, e sono il sostegno della famiglia e il decoro del paese.

« III. Gli allievi che per avventura entrassero in un Istituto con triste abitudini non possono danneggiare i loro compagni. Nè i giovanetti buoni potranno ricevere nocumento da costoro, perchè non avvi nè tempo, nè luogo, nè opportunità, per essere sempre amorevolmente assistiti e protetti. »

Don Bosco conchiude il suo trattatello con una parola sui castighi : « Che regola tenere, egli domanda, nell' infliggere castighi ? E risponde : Se è possibile, non si faccia mai uso dei castighi ; ove poi la necessità chieda repressione, si ritenga quanto segue

 «I. L'educatore tra gli allievi cerchi di farsi amare, se vuol farsi temere. In questo caso la sottrazione di benevolenza è un castigo , ma un castigo che eccita l'emulazione, infonde coraggio e non avvilisce mai.

« II. Presso ai giovanetti è castigo quello che si fa servire per tale. Si è osservato che uno sguardo non amorevole sopra taluni produce maggior effetto, che non farebbe uno schiaffo. La lode per una bell'azione, il biasimo per una colpevole trascuratezza, può servire ottimamente di premio o di castigo.

 «III. Eccettuati rarissimi casi , le correzioni, i castighi non si diano mai in pubblico, ma privatamente e lungi dalla vista dei compagni. Si usi poi la massima prudenza e pazienza per fare che l'allievo comprenda il suo torto colla ragione e colla religione.

• IV. Il dare titoli villani, il percuotere in qualunque modo, il mettere in ginocchio con posizione dolorosa, il tirare le orecchie ed altri atti consimili, debbonsi assolutamente evitare, perchè sono proibiti dalle leggi civili , irritano grandemente i giovani, ed avviliscono lo stesso educatore.

•   V. Il Direttore faccia ben conoscere le regole, i premi ed i castighi stabiliti dalle regole di disciplina , aflinchè l' allievo non si possa scusare dicendo : Non sapevo che ciò fosse comandato o proibito.

• VI. Prima d'infliggere una qualunque punizione si osservi quale grado di colpabilità si trovi nell'allievo, e dove basta l'ammonizione non si usi il rimprovero, e dove questo sia sufficiente non si proceda più oltre.

« VII. Né in parole né in fatti non si castighi mai quando l'animo è agitato; non mai per falli di semplice inavvertenza; non mai troppo sovente. » Sin qui D. Bosco.

Il sopradescritto sistema, tenuto da lui e raccomandato sin dal principio dell' Oratorio e dell'Ospizio, è quello che si studia e si pratica ancora oggidì in tutte le Case Salesiane ; e sappiamo che quelle appunto maggiormente fioriscono e danno buoni frutti, nelle quali il detto sistema è meglio conosciuto e più esattamente eseguito. Sarebbe desiderabile che esso venisse introdotto in tutte le famiglie cristiane , in tutti gli Istituti di educazione pubblici e privati, maschili e femminili. Allora non si tarderebbe ad avere una gioventù più morigerata e pia ; una gioventù, che sarebbe la consolazione delle famiglie, e per la civile società un valido sostegno.

La gratitudine filiale a lieta mensa colla bontà paterna.

Il 24 giugno , giorno onomastico di D. Bosco, i giovani antichi dell'Oratorio di S. Francesco di Sales, che chiameremmo i suoi figli primogeniti, si unirono insieme in Torino, a nome eziandio dei loro compagni lontani, e vennero ad augurargli buona festa e fargli un presente. Se a Don Bosco tornarono gradite le prove di affettuosa riconoscenza di tutti i suoi beneficati, graditissime gli riuscirono quelle dei primi suoi figli. Dopo averneli ringraziati, egli avrebbe bramato di averli in quel giorno a mensa con lui ; ma stante il loro gran numero, ed altre circostanze, non gli fu possibile. Volendo nondimeno rivederli e intrattenersi più a lungo con essi, invitolli per un altro giorno. Siccome tra i primi giovani dell'Oratorio vi sono dei secolari, impiegati tutti i giorni della settimana, salvo la domenica, e dei sacerdoti occupatissimi in questa, e più liberi in quelli, così vennero fissati due giorni , il 25 e il 29 di luglio, e fu partecipato l'invito anche ai lontani, che lo accolsero con figliale trasporto. Il primo convegno era composto soprattutto d'impiegati civili, avvocati , capi di officina , professori , ingegneri , buona parte padri di famiglia ; il secondo era formato quasi tutto di sacerdoti , tra cui alcuni parroci di varie diocesi. Sebbene avessero già varcato il mezzo del cammin della vita, e taluni fossero preoccupati da fastidii e da noie, pure in quel giorno parevano tutti ringiovanire, ricordando chi i suoi giuochi e divertimenti, chi le passeggiate e le feste, e chi le sue più o meno gloriose gesta. Era proprio il caso di ripetere essere cosa gioconda il trovarsi più fratelli insieme , specialmente intorno a colui, che essi chiamavano già e chiamano tuttora loro amatissimo Padre. Ci piace di qui ricordare le cose principali di quei due giorni.

Anzitutto è da notare che sapendo come Don Bosco vive di carità, e come di carità e beneficenza vivono eziandio i giovanetti ricoverati nel suo Oratorio, gli invitati vollero concorrere con una spontanea offerta alla spesa del pranzo. Nel primo giorno, sul fine della mensa, uno dei presenti annunzia che l'Eminentissimo Cardinale Gaetano Alimonda, al quale pochi giorni prima aveva prestato ossequio in Genova , e fatta parola dell'odierna festa, avevalo incaricato di salutare Don Bosco e i suoi commensali. L'annunzio fu accolto con replicati applausi all'Eminentissimo Principe di Santa Chiesa, illustre Cooperatore Salesiano e benefattore delle opere nostre ; e fu da tutti approvata la deliberazione di comunicargli ringraziamenti ed ossequii per mezzo di telegramma.

Dopo ciò fu letto dall'ingegnere Pietro Morino un affettuoso discorso , stato creduto degno della stampa, e di cui fu distribuita copia a ciascuno dei convitati. Segui la declamazione di una graziosa poesia in dialetto piemontese, composta da uno dei più riconoscenti figli di D. Bosco , vale a dire da Carlo Gastini, capo legatore , il quale in ogni simile circostanza trova sempre nella feconda sua mente e nel ricco erario del suo cuore nuovi pensieri da esprimere in lode e in ringraziamento a colui, che orfanello lo accolse, gli fece da padre, e lo rese felice quanto da buon cristiano lo si può essere in questa valle di lagrime. Seguì la lettura di altri componimenti, tennero dietro altri applausi ed evviva, congiunti col concerto della banda musicale , che in quel giorno pareva aver trovato note più armoniose, per rispondere siccome un'eco fedele alle dimostrazioni di affetto di tanti cuori verso D. Bosco.

All' amorevole festicciuola si trovava presente un Cappuccino italiano, residente a Smirne nell'impero Turco. Essendo venuto per alcuni affari a Roma, e trovandosi in quel giorno di passaggio a Torino, aveva fatto visita a D. Bosco. Fu commosso da quella cordiale dimostrazione il buon religioso, e quantunque da molti anni non fosse più usato a parlare la lingua italiana, egli volle nondimeno provarsi ad esprimere quello, che ne sentiva in cuore, e disse : « Benedico il felice pensiero che io ebbi di accettare il grazioso invito, fattomi questa mattina dal vostro Superiore e Padre, e di fermarmi con voi in questa occasione. Il mio cuore è commosso al vedere cogli occhi miei lo spettacolo di amore e di gratitudine , che voi date in questo giorno. Sono 16 anni che io vivo nell'impero Ottomano, ed anche colà lessi e udii a parlare di Don Bosco e dell' opera sua. Ebbi sempre vivo desiderio di fare sua conoscenza ; ed oggi questo desiderio mi viene soddisfatto oltre alla mia aspettazione. Oggi io vedo non solo il fondatore di questo mirabile edifizio , ma le sue prime pietre ; oggi io miro non solo l'albero che ha gettate profonde le sue radici, e distese largamente in sulla terra i suoi rami, ma ne contemplo ancora i primi frutti. Se al dire. del Vangelo dai frutti si conosce l'albero, io dal vostro contegno , dalla vostra gratitudine , dalle protestazioni di affetto e dalle promesse di fedeltà, rilevo che l'Istituto, onde usciste, è un albero buono, è un albero piantato dal Padre celeste, è un albero che dovrebbe distendere le sue radici per tutta la terra. Lode al pietoso Iddio che lo ha piantato, lode all'infaticabile giardiniere che lo ha si bene coltivato ; lode ancora a voi, che siccome frutti da questo albero sebbene da molto tempo spiccati conservate nondimeno in mezzo al mondo lo stesso spirito di pietà e di religione, vi conservate ognora sani e intemerati. Proseguite ad essere tali, e intanto pregate il Signore che conservi ancora a lungo quest'uomo, che chiamate Padre, e dovrebbesi chiamare piuttosto Patriarca; pregate che i suoi figli come voi si moltiplichino a migliaia a migliaia, e si spargano in sulla terra a conforto della Chiesa e a sostegno della società. »

Questa cordiale parlata fu accolta con una salva di fragorosi evviva a D. Bosco, il quale presa la parola disse come egli , nel rivedere tanti suoi antichi figli, provava una gioia inesprimibile ; ricordò i principii dell'Oratorio; la meschinità della casa, l' angustia della cappella , la strettezza del cortile, e fece rilevare come da quell'umile principio, come da una cosa quasi impercettibile, l'Oratorio aveva preso uno sviluppo sorprendente e fattosi un gigante ; i suoi figli da poche centinaia, che erano, sono cresciuti a migliaia , sparsi non solo in Torino , ma in più altre parti , che accennò di volo, dandone tutta la gloria a Dio.

« Io godo assai, egli proseguì, nel sapere che voi vi regolate sempre bene, vivete da buoni cristiani, da cittadini onorati. Taluno di voi nel suo componimento ha notato che vi ebbe qualche ingrato, che se la prese contro il luogo di sua educazione, e ci diede dei dispiaceri ; ma due cose vanno osservate a questo riguardo. La prima si è che gli ingrati non sono dei primi giovani dell'Oratorio; la seconda che non vi terminarono la propria educazione, perchè cacciati via per mala condotta. Del resto poi non dobbiamo maravigliarci di trovare degli ingrati : anche tra i dodici Apostoli ve ne fu uno, quantunque avesse ricevuto per tre anni l' educazione dal Maestro dei maestri, dallo stesso Figliuolo di Dio fatto Uomo. Noi li compiangiamo perché sono infelici ; la nostra vendetta sarà di pregare per loro, perchè rinsaviscano prima della morte. Siamo Salesiani, e come tali dimentichiamo tutto, perdoniamo a tutti, faremo a tutti del bene quanto possiamo e del male a nessuno. Sebbene per altro dobbiamo trattare caritatevolmente con tutti, non dobbiamo tuttavia fare confidenze, nè legare amicizia con coloro , che non sono del nostro spirito. Così useremo ad un tempo la semplicità della colomba e la prudenza del serpente, guardandoci dai traditori e dai tradimenti.

« Ma una cosa più che ogni altra vi raccomando, o miei cari figliuoli, ed è questa: Dovunque vi troviate mostratevi sempre buoni cristiani e nomini probi. Amate, rispettate, praticate la nostra Santa Religione ; quella Religione, colla quale io vi educai e vi preservai dai pericoli e dai guasti del mondo; quella Religione che ci consola nelle pene della vita, ci conforta nelle angustie della morte, ci schiude le porte di una felicità senza confini. Molti di voi hanno già famiglia. Orbene, quella educazione, che voi riceveste nell'Oratorio da D. Bosco , partecipatela ai vostri cari. Così mentre tanti dei vostri compagni, che si portarono persino nell' America in cerca di anime da salvare, si adoprano oggidì a spandere la luce della verità, dove regnano ancora le tenebre, e a versare il sale della vera sapienza, dove padroneggia tuttora la corruttela del vizio, voi farete altrettanto secondo il vostro potere, e così tra tutti propagheremo nel mondo la maggior gloria di Dio, coopereremo alla salute delle anime, a scemare nella società il mal costume e il delitto. Allora voi vi dimostrerete buoni Salesiani, veri figli di D. Bosco, il cui più vivo desiderio si è di popolare il Cielo di anime e disertarne l' inferno, se dato gli fosse. Il lieto banchetto, a cui prendemmo parte in quest'oggi, è terminato ; ma ad un altro io v'invito che non avrà più fine : a nome di Dio e di Maria Ausiliatrice io v' invito al banchetto del Cielo, e prego e supplico che niuno vi manchi. »

Don Bosco parlava con tanto affetto, che molti n' erano commossi. Finito che ebbe, tutti gli si affollarono attorno, rinnovando il dolce spettacolo dei primi anni, in cui, fanciulli, gli si facevano da presso, come pulcini sotto le ali della chioccia.

La rinnovazione della festa.

La festa, come sopra accennammo , fu rinnovata il giovedì seguente , 29 luglio. Vi partecipava una numerosa schiera di sacerdoti, tra cui varii parroci dell' archidiocesi di Torino , stati allievi dell'Oratorio di S. Francesco di Sales. Non pochi venivano pure da molte altre diocesi, come da Mondovì, Acqui, Cuneo, Fossano, Susa, Ivrea, Alessandria , Casale , Novara e fin da Milano, tratti dal desiderio di rivedere colui, che tanto li aveva amati e li ama, e che dopo Dio ha più di ogni altro contribuito a procurar loro la corona sacerdotale. Una iscrizione leggevasi in capo del refettorio, che diceva

FIGLI RICONOSCENTI E PII DA VARIE CITTÀ E PAESI RACCOLTI A LIETA MENSA COL MIGLIORE DEI PADRI.

Queste parole inspirarono un affettuoso sermoncino aduno dei primi e più illustri figli di D. Bosco, al Teol. Felice Reviglio, attuale parroco di Sant'Agostino in Torino. In fine di tavola, dopo la lettura di varii componimenti in prosa ed in poesia, dopo varii brindisi ed augurii a D. Bosco, dopo alcune melodiose suonate della banda musicale, egli alzatosi fece un breve discorso, che riscosse i più vivi applausi. « Io leggo su quel muro , ei disse, una parola che mi commuove, perché corrisponde appieno ai sentimenti del mio cuore. Figli riconoscenti ! Sì, noi lo siamo riconoscenti, e ci è dolce il proclamarlo. Come potremmo noi dimenticare le cure amorose, prodigateci da Don Bosco negli anni della nostra inesperienza e della nostra volubilità giovanile? E ricordando quei tratti di bontà ineffabile, quelle parole affettuose, colle quali ci rinfocava alla virtù, quella pazienza inalterabile con cui tollerava i nostri difetti , quella sollecitudine perseverante con cui attendeva a renderci migliori, quale animo ben fatto non sentirassi compreso da riconoscenza e da gratitudine verso di lui ? No, tra di noi non vi sono ingrati, nè vi saranno. Dal canto mio lo prometto, memore di essergli stato oggetto di sollecitudini più affettuose che qualsiasi altro mio compagno. Ma come dimostreremo noi la nostra riconoscenza e gratitudine ? La dimostreremo col regolarci dappertutto da sacerdoti zelanti ed esemplari, come D. Bosco ci desidera ; lo dimostreremo col far conoscere le sue opere a quelli che le ignorano, col sostenerle secondo il nostro potere, col diffonderle in mezzo al popolo ; lo dimostreremo soprattutto col prendere a tempo e luogo le difese di D. Bosco contro di coloro , che o per ignoranza o per mala fede ne denigrano le intenzioni e ne travisano i fatti, fossero ben anche persone altolocate. Ecco, o buon Padre, i sentimenti, ecco le proteste dei tuoi primi figli, alle quali col divino aiuto non verremo meno giammai. »

Il sig. Curato di Sant' Agostino non avrebbe potuto interpretare meglio di così il cuore dei suoi colleghi ed amici, i quali, finito che egli ebbe di parlare, alzarono un grido di applausi in segno di approvazione e di adesione. Dopo la lettura di una graziosa poesia di D. Ascanio Savio, Rettore del Ritiro del Rifugio; dopo alcune altre parole pronunziate da un altro sacerdote, colle quali ebbe inneggiato alla vera fratellanza, di cui tanti suoi amici davano prova in quel giorno, e dimostrato che per essi il rivedere e l' udire D. Bosco era il non plus ultra delle umane consolazioni, e, come direbbesi in dialetto piemontese, la fin del mond, D. Bosco prese la parola e tenne un discorso così bello ed affettuoso, che solamente un tenerissimo padre saprebbe fare a' figli suoi amatissimi.

« Voi non potete immaginarvi, o miei cari figliuoli, la contentezza che io provo nel rivedervi intorno a me ; nè io stesso saprei esprimervela tutta » - Qui a D. Bosco quasi mancò la parola, e i suoi occhi si bagnarono di lagrime: tutti n'erano commossi. Ripreso forza ei proseguì e Già il sapeva che io vi voleva bene ; ma oggi

il mio cuore me ne dà una prova incontrastabile. Io sono e sarò sempre vostro padre affezionatissimo. Sarebbe mio vivo desiderio di vedervi e parlarvi più di spesso. Ma la maggior parte di voi si porta di rado a Torino, e il più delle volte io mi trovo assente, e non possiamo incontrarci. Spero che d'ora innanzi potremo vederci e parlarci almeno una volta all' anno, perché intendo che si continui questa festa, finchè Dio ci lascierà in vita. Io avrei ora molte cose a dirvi. La principale si è che vi adoperiate a fare tutto il bene possibile alla gioventù delle vostre parrocchie, delle vostre città, dei vostri paesi, delle vostre famiglie. D. Bosco e i suoi Salesiani non possono trovarsi dappertutto , nè fondare scuole ed Oratorii pei fanciulli in tutti i luoghi , dove se ne avrebbe bisogno. Voi , miei amatissimi , che avete in questa Casa medesima ricevuta la prima vostra educazione, vi siete imbevuti dello spirito di s. Francesco di Sales , e avete imparate le regole e le industrie da usarsi pel miglioramento della tenera età, voi dovete supplire secondo le vostre forze, voi dovete venire in aiuto di D. Bosco, a fine di conseguire più facilmente e più largamente il nobile scopo, che si è proposto, il vantaggio cioè della Religione, il benessere della civile società, mediante la coltura della povera gioventù. Non dovete certamente trascurare gli adulti ; ma voi non ignorate come questi, fatte poche eccezioni, non corrispondono oggimai alle nostre cure. Perciò attacchiamoci ai piccoli, allontaniamoli dai pericoli, tiriamoli al Catechismo , invitiamoli ai Sacramenti , conserviamoli, o riconduciamoli alla virtù. Così facendo, vedrete fruttificare il vostro ministero, coopererete a formare buoni cristiani , buone famiglie, buone popolazioni ; e costruirete pei presente e per l'avvenire un argine, una diga alla irreligione, al vizio irrompente. - Ma per riuscire bene coi giovanetti, fatevi un grande studio di usare con essi belle maniere ; fatevi amare e non temere ; mostrate loro e persuadeteli, che desiderate la salute della loro anima ; correggete con pazienza e con carità i loro difetti ; soprattutto astenetevi dal percuoterli ; insomma adoperatevi che, quando vi veggono , vi corrano attorno , e non vi fuggano, come fanno pur troppo in molti paesi, e il più delle volte ne hanno ragione, perchè temono le busse. Forse per alcuni vi sembreranno gettate al vento le vostre fatiche, e sprecati i vostri sudori. Pel momento forse sarà così; ma non lo sarà sempre , neppure per quelli che vi paiono più indocili. Le buone massime, di che opportune et importune li avrete imbevuti ; i tratti di amorevolezza, che avrete loro usato, rimarranno loro impressi nella mente e nel cuore. Verrà tempo in cui il buon seme germoglierà, metterà i suoi fiori, produrrà i suoi frutti. »

Qui D. Bosco in conferma raccontò un fatto accadutogli poche settimane prima. « Sul principio del corrente mese, egli soggiunse, fu visto a raggirarsi intorno alla Chiesa di Maria Ausiliatrice e alla cinta dell' Oratorio un militare ; era un capitano. Egli cercava coll' occhio un sito , che a sua insaputa aveva cangiato di aspetto. Dopo inutili ricerche, domandò ad uno dei nostri che entrava in Casa : Di grazia, saprebbe dirmi dove sia l'Oratorio di D. Bosco? - Eccolo, signore - Possibile ! Ma qui una volta vi era, un campo ; colà una casipola, che minacciava di cadere ; per Chiesa vi era una misera Cappella, che al di fuori non si vedeva. - Ho udito più volte che le cose erano appunto come lei dice ; ma io non ebbi la sorte di vederle. Quello, che le posso assicurare, si è che questo è l'Oratorio così detto di S. Francesco di Sales, o, come lei lo chiama, l'Oratorio di D. Bosco. Se V. S. gradisce di entrarvi, faccia pure a sua posta. - Il capitano v'entra, esamina la casa da una parte e dall'altra, e poi pieno di meraviglia domanda E D. Bosco dove abita? e gli fu additato -Gli si potrebbe parlare ? - Crederei di si ; e mi fu presentato - Appena mi vide esclamò : O Don Bosco, mi conosce ancora? - Non mi rammento di averla veduta mai ? - Eppure mi vide, mi parlò, mi trattò più volte. Non si ricorda più di un certo V"", il quale negli anni 1847, 1848 e 1849, le diede tante noie e fastidii, le fece ripetere tante volte silenzio in Chiesa , che al catechismo lei teneva sempre vicino a sè , perchè non disturbasse i compagni , e che a stento si andava a confessare ? - Altro che mi ricordo ; mi ricordo altresì che sovente udendo il suono del campanello per andare in Chiesa, egli entrava per una porta e ne usciva dall'altra, costringendo D. Bosco a corrergli dietro. - Ebbene io sono quel desso. - Narratomi poscia le principali vicende di circa 30 anni , quanti appunto ne passarono dal 1850 in qua, egli disse : Ma io non ho mai dimenticato né D. Bosco né il suo Oratorio , e giunto poc'anzi a Torino, mi sono fatto premura di venirlo a rivedere. Ora sarei a pregarla, che volesse udire la mia confessione - Di buon grado mi vi sono prestato. Prima poi di licenziarlo gli domandai : Qual è stata la ragione per cui hai domandato di confessarti ? Sapete che cosa mi rispose ! Uditelo : - La vista di D. Bosco mi fece venire in mente le industrie che egli usava per tirarmi al bene, mi ricordò le parole che mi diceva alle orecchie , il desiderio che dimostrava, gl'inviti che mi faceva perchè andassi a confessarmi, e queste rimembranze me ne hanno messo in cuore il desiderio, e mi vi hanno indotto.

« Miei cari figliuoli, continuò D. Bosco, se un soldato tra tanti pericoli del suo mestiere , fra tante male dicerie che avrà udite, conserva nondimeno la memoria delle verità religiose apprese nella sua giovinezza , e venuta la propizia occasione domanda di confessarsi e si confessa , perchè mai ci perderemo noi di coraggio e ci avviliremo, quando nella coltura dei giovanetti non ci vedessimo subito corrisposti ? Seminiamo , e poi imitiamo il contadino, che aspetta con pazienza il tempo della raccolta. Ma vi ripeto, non dimenticate mai la dolcezza dei modi ; guadagnatevi i cuori dei giovani per mezzo dell' amore ; ricordatevi sempre la massima di s. Francesco di Sales : Si prendono più mosche con un piatto di miele, che non con un barile di aceto. »

Di più altre cose discorse D. Bosco, che ci porterebbe troppo in lungo se dovessimo qui riferire. Quello, che non vogliamo tacere, si è che egli in tono di celia annunziò come nella Domenica della SS. Trinità del 1891 avrebbe celebrato il cinquantesimo anno della sua prima Messa; e perciò quantunque negli undici anni , che hanno tuttora da percorrere, avesse ancor tempo a far i dovuti inviti , tuttavia cominciava ad invitare tutti i presenti a pranzo con lui per quella circostanza, pregandoli a non mancare. Anzi presignò gli individui pel servizio religioso : il sig. Teologo D. Reviglio, Curato di S. Agostino , farà da diacono ; D. Vaschetti Vicario Foraneo di Volpiano , da suddiacono ; il Teologo D. Balesio Arciprete e Vicario Foraneo di Moncalieri, da prete assistente ; il Teologo D. Savio Ascanio, Rettore del Rifugio, da cerimoniere ; il resto del servizio sarà fissato a suo tempo.

« Qualora poi, conchiuse D. Bosco , Colui , il quale tiene in mano le chiavi della vita e della morte, in questo frattempo disponesse altrimenti di noi, facciamo in modo , o miei cari figli , di trovarci tutti immancabilmente in Cielo a quelle feste, che non finiranno mai più.

Salutato affettuosamente D. Bosco , e ricevuto chi una parola d'incoraggiamento, chi un consiglio, e chi una commissione, ognuno se ne partiva lietissimo, augurandosi la bella sorte di poter assistere ancora per molti anni ad una festa di sì cara rimembranza.

IL MISSIONARIO SALESIANO.

Nella sopraddetta occasione tra le altre poesie fu pure declamato il seguente Sonetto

Tenera madre al tuo partir dolente, Fratelli, amici, ed i congiunti cari, Ospiti terre, ed un bel ciel ridente, Qui lasci, o pio : in tempestosi mari

Pericoli la vita ; e giorni amari

Là 've ti chiama la tua fede ardente, Ti fian serbati : e tu dai patrii lari Volenteroso accorri prontamente ? -

Altra Madre avrò in ciel possente e pia, Altri fratelli dalla mia parola A Gesù ritornati ed a Maria,

Che nei dolor ci aiuta e ci consola

Viva Don Bosco ! - Ei grida, e fa sua via. E un tuo prodigio, o Fede, e il puoi Tu sola

D. GAUDENZIO

Il.

Fa la sua prima comunione - Come vi si prepara Sorpresa che gli fa il padre - Una poesia.

All'atto solenne si preparò con qualche giorno di ritiro; ed aiutato dal suo paroco, e più dalla pia mamma , volle fare la sua confessione generale. Di che poteva rimproverarsi la sua coscienza? Tuttavia con esame attento e quasi scrupoloso cercò ogni difetto, ogni mancanza, ogni cosa che credesse colpa , e tutto volle farne argomento di confessione. Il giorno che precedette quella bella solennità, che deve lasciare una sì dolce rimembranza per tutta la vita, mentre altri suoi compagni pensavano o all'abito nuovo, o alla festa di famiglia, egli, il buon Matteo, non si occupò che delle grazie, che doveva domandare alla dimane al suo caro e buon Gesù, che veniva a prendere per la prima volta dimora viva e vera nel suo cuore. - Ne' suoi piccoli ricordi vi si leggono belle risoluzioni, che noi non possiamo negarle a chi ci legge.

D' ora in poi coll'aiuto di Dio voglio essere più ubbidiente al papà ed alla mamma ; più diligente nei miei doveri di scuola ; più raccolto nelle preghiere, e sarò lieto quando la mamma me le fa prolungare. Voglio essere più riconoscente al mio buon Angelo Custode, che con tanta carità mi assiste e veglia. Mi guarderò da ogni piccola cosa che possa offenderlo , e rendergli penosa la mia compagnia. A s. Luigi raccomanderò tutto me stesso ; e voglio imitarlo nella sua virtù più bella, qual fu la modestia. Egli ne sia la continua guardia e sicura custodia.

Coi compagni mi regolerò in modo da essere amico di tutti e confidente con nessuno. Quando ho mia madre, di chi ho ancora bisogno? Andrò a confessarmi ogni otto giorni, e a comunicarmi quante volte me lo permetterà il confessore. Ogni giorno farò con attenzione il mio esame di coscienza, e se me la trovassi disturbata da qualche colpa, non dilungherò la mia confessione. Chi oggi non è preparato a morir bene, corre pericolo di morir male domani. Gesù , voglio essere tutto vostro, Voi santificatemi , Voi rendetemi degno di ricevervi nel mio cuore.

Alla vigilia di quel gran giorno, dopo aver fatta la sua confessione, fu visto il buon fanciullo ritornare a casa raggiante quasi di celeste consolazione. Aveva gli occhi rossi , come di chi aveva versate assai lacrime, ma d'aspetto ilare e contento. Il signor Francesco e la signora Nannina erano trasecolati di tanto raccoglimento, e nel loro cuore ne ringraziavano il Signore. Essi pure avevano già disposta la loro coscienza, per potere con lui fare alla dimane la santa comunione. Dopo una cena quasi silenziosa per le forti emozioni di tutti, dopo la recita del santo rosario , mentre si fermarono un istante per l'esame di coscienza, dovevano provare un caso nuovo e commovente.

Il buon Matteo prese quel momento di silenzio per rivolgersi ai suoi cari genitori, inginocchiandosi ai loro piedi, e dire queste parole

Domani il vostro figlio avrà la più bella sorte che possa toccare ad un giovanetto cristiano. Gesù verrà a prendere possesso del mio cuore. Mi parrebbe di essere meno fortunato, se voi, miei amati genitori, non mi deste prima la vostra benedizione, e non mi diceste, di perdonarmi tutte le mancanze commesse verso di voi per l'avanti. Vi prometto, che sarò più buono per l'avvenire e più ubbidiente ai vostri comandi. Non negatemi questo favore. Io sarò più buono, io sarò più buono.

Voleva ancora parlare , ma le lacrime glielo impedirono. Il signor Francesco, commosso senza misura, volle rialzarlo, dirgli che lo perdonava, ma che non faceva più bisogno. Anche lui invece di parlare singhiozzava fortemente , tenendo le mani sul buon Matteuccio, che continuava ad essere in ginocchio. Poi facendosi un estremo sforzo, rivolto al Signore diceva: « Gesù caro, conservatemi sempre così il mio caro figliuolo. » Ci vorrebbe la mano del pittor Raffaello per rappresentare in tutta la sua bellezza quel magnifico quadro di famiglia, degno di essere veduto da tutto il mondo, per far conoscere i vantaggi immensi, che vi cavano i parenti dall'educare alla pietà cristiana i loro figliuoli. - Quella notte fu visitato dalle più belle e differenti immaginazioni. Ora egli già si trovava in chiesa, tutto penetrato in profondo raccoglimento ad aspettare l' ora del Signore. Poi mutandosi la scena, si trovava con suo rammarico lontano lontano. Ora sentiva le soavi melodie dell'organo e le voci argentine dei compagni, che cantavano lodi al padrone, al medico, al consolatore delle anime ; ed ora pareva che Dio nol riconoscesse degno e ve lo allontanasse. Svegliandosi tutto spaventato dolorava, e lacrime copiosissime discendevano dagli occhi del buon Matteo. Rincorandosi nella bontà del Signore e nella sua misericordia , oh, esclamava, il gran momento s'appressa !

E questo momento venne davvero e con infinita gioia dell'animo suo. Vestito di panni bianchi e nuovi, con aspetto più di Angelo che di creatura di questo mondo, accompagnato da' suoi cari genitori, fu tra i primi a trovarsi in chiesa, addobbata in quel dì in modo più elegante e quasi sfarzoso.

In breve tempo la chiesa fu ripiena di giovinetti e di padri che volevano assistere alla fortunata festa, in cui Gesù nella sua bontà veniva ad unirsi ai cuori de' loro figliuoli. Si sentiva l'alitar di una persona, tanto era il religioso silenzio che regnava nel tempio di Dio. Alcuni erano ancora presso ai piedi del confessore, desiderosi di togliere le più piccole imperfezioni commesse o ricordate prima della confessione, o capitate già dopo. Il buon parroco godeva nel suo cuore, vedendo tanta disposizione in quei suoi cari figliuoli, se ne presagiva la più bella riuscita. La fatica durata nella preparazione era appena sentita, osservando come tutto era disposto a meraviglia, e come Dio l' aveva benedetta. - Al nostro caro Matteo preparava Dio ben altre consolazioni. Egli aveva veduto come alcuni, che erano stati ammessi alla prima comunione, vestivano poveri panni, per cui quasi non osavano mostrarsi in mezzo ai compagni, i quali ricantavano quanto il papà e la mamma si fossero data sollecitudine, perchè in quel dì avessero l'abitino nuovo, e in casa si facesse festa con inviti di parenti e di amici. Anche lui, senza pur pensarci o desiderarle, queste cose le aveva vedute. Ma nel suo caritatevole cuore avrebbe voluto che facessero bella figura anche quei poveri, che vedeva tuttavia in abiti o laceri o malandati anzi che no. Giubilò nel suo cuore quando se li vide comparire dappresso con abitini nuovi, e sorridenti e lieti anche loro per quel po' di esterno che si avevano. Era ben lontano dal pensare che tal dono l' aveva fatto il padre suo, e che tutto nel desiderio che il suo Matteuccio ricevesse larga copia di doni dal cielo, aveva usato quella carità. Le campane della parrocchia alla fine tacquero, e il suono grave e maestoso dell'organo annunziava che la Messa doveva cominciare. Fu il parroco che andò all'altare, fu lui che volle celebrare la s. Messa per i suoi cari figliuolini , che per la prima volta si nutrivano delle sacre ed immacolate carni di Gesù. Chi lo avesse veduto in quel momento avrebbe letto nel suo volto la contentezza del cuore. Prima della s. Comunione volle dire due parole ! Pareva Gesù benedetto nel Cenacolo, presso ai suoi cari apostoli.

Le parole che sgorgarono dal suo cuore furono di un effetto meraviglioso. Piangeva di consolazione il buon Pastore, e piangevano pure i padri e le madri. I piccoli figliuoli con gli occhi rivolti verso il loro padre lo seguivano con pietà ne'suoi pensieri, e promettevano a Gesù che gli sarebbero stati sempre fedeli, come ubbidienti e docili ai loro genitori. Il momento solenne è arrivato ! Banco per banco, com'erano stati avvertiti, escono i fanciulli per andare alla sacra mensa. Tutto è ordine, tutto è pietà ! Molti dei parenti fecero coi loro figliuoli la s. Comunione, e fra costoro andarono tra i primi il signor Francesco e la signora Nannina.

La povera donna non aveva che una parola: Signore, conservate il mio caro Matteo tutto per Voi! Se dovesse venire ad offendervi io ve ne faccio intiero sacrifizio, e ve lo faccio oggi che egli è tutto vostro, e che voi siete tutto di lui. - L' Angelo custode raccolse la fervorosa preghiera, e la presentò al trono del Signore, che l'accolse in odore di soavità.

Quando venne il torno del bravo Matteo colle mani cancellate al petto, cogli occhi bassi , coll'anima tutta concentrata in Dio si accostò al sacro altare. Ricevuta l'ostia benedetta, ritornandosi al posto, pareva convertito in un altro. Più di uno sguardo l'osservò e fu preso di meraviglia. Ed egli dopo essersi fermato alquanto a considerare il gran favore ricevuto , passò a ripetere i suoi proponimenti e ad esporre le sue grazie. Pareva che non potesse contenersi in sè dalla gioia, e non faceva che ripetere: Gesù, io vi voglio sempre amare ! Conservatemi lungo tempo papà e mamma : sapete che è merito loro se io non vi offendo di più, ora colle loro raccomandazioni, sempre coi loro buoni esempi. Il tempo fissato pel ringraziamento fini in un baleno, ed egli col papà e colla mamma se ne ritornò a casa. Qui lo aspettava una gioconda sorpresa. Alcuni di quei giovanetti, che lo avevano 'accompagnato al santo altare, erano stati invitati dal signor Francesco a lieto asciolvere col suo Matteo. Anche il parroco doveva trovarsi e rendere più bella colla sua presenza la festa. A lui il primo posto, e poi alla destra il loro Matteo ed alla sinistra il più buono fra i poverelli della parrocchia. Al fondo della tavola, e quasi persone estranee, i signori di casa, desiderosi solo di potersi trovare, come essi dicevano , in mezzo a tanti fiori di paradiso. Oh che lieti discorsi ! Oh che soave agape fu mai quella ! Il buon Matteuccio la ricordò un bel pezzo, e non finiva di ringraziare la carità del suo padre, che aveva saputo compire in modo sì cortese e segreto i desiderii del suo cuore. Al levare della mensa ospitale non mancarono i brindisi, cioè gli augurii che il buon parroco credeva di potere e dover fare per i suoi cari figliuoli che gli facevano corona. Il pio e caritatevole pastore versò copiose lacrime di consolazione per quello che aveva veduto , e disse che era il più bel giorno della mistica unione col suo popolo. Ringraziò i signori di casa per ciò che fecero a' suoi pove ' relli, e augurando loro ogni benedizione di Dio, se ne voleva partire. Ma il fermò il signor Francesco, che anche lui aveva il suo brindisi da fare. Ei lo fece in rima, perchè in gioventù era stato amoroso e valente in tali componimenti. Tirò fuori un foglietto di carta, e ancora con molte correzioni fatte e varie cancellature, in mezzo al silenzio di tutti i suoi piccoli amici , così prese a parlare nella loro persona

Non mai comparve in ciel giorno più bello Da scriversi sui marmi e in fregi d'oro Oggi il divino e mansueto Agnello, Cibo si diede a noi, vita, ristoro! Oh chi potrebbe con mortali detti La letizia ridir dei nostri petti?

O voi, vestiti Cherubin di sole,

Che in eterno gioir con Dio posate, Pronti imparate a noi quelle parole, Che in cielo al suon dell'arpe disposate ; Onde più dolce la vostra preghiera Sale echeggiata d'una in altra sfera.

Voi lo potete... vostra possa è molta...

E mentre invidia oggi si porta a noi, Pregate Dio, che volentier v'ascolta, Che siam costanti nel ben fare, e voi Scriveteci sul fronte, e sovra gli occhi: Son la grazia di Dio, nessun li tocchi.

Caro Gesù, delizia a gioventude, Che ami cotanto sempre e benedici, A' fedeli tuoi figli, a lor virtude

Serba giorni sereni, ore felici:

E scampati dall'onde orrende e felle Sian teco beate col Pastor le Agnelle.

Al finir della quale poesia , recitata con gusto e commozione dal buon padre, invece di fragorosi battimani, non successe che un pio e significante silenzio. Tutti erano penetrati dalle belle parole. dai desiderii del signor Francesco, e più di tutti

il buon Matteo, che levando gli occhi pieni di lacrime verso del padre, disse tante cose che il labbro non avrebbe potuto esprimere. Siccome la festa minacciava di chiudersi in un diluvio universale di lacrime, così fu pronto il parroco, per toglierli dalla commozione, a ripetere quelle ultime parole, che esprimevano così bene il suo pensiero:

E scampati dall'onde orrende e felle

Sien teco beate col Pastor le agnelle.

Stringendo la mano al signor Francesco , cui subito egli in atto di ossequiosa divozione volle baciare, il buon parroco nel congedarsi diceva: La pace del Signore regni sempre in questa casa ed in coloro che la abitano, come siam soliti a dire nel portare il Viatico agli ammalati; grazie poi a Lei che mi augurò di potere in paradiso stare con tutte le mie agnelle ; l'assicuro che dal dì che venni qui a parroco non feci mai altra preghiera. Sì, mio Dio , che siano tutte salve le anime che mi avete affidate, e che con esse possa salvare la mia. - Addio, poi disse rivolto a Matteo ed a' suoi piccoli amici , addio, ricordatevi sempre di questo di del Signore , e pregatelo per me.

Così dicendo si tolse alle amorose premure che gli facevano , che volesse tuttavia fermarsi con loro. Salutati anche i suoi fortunati compagni, il piccolo Matteo si ritirò nella camera sua a riflettere sulle vicende del mattino ed a pregare. Si tolse in mano il foglio dei ricordi e poi stette lungo tempo a leggerli e a meditarli. Nel baciarli li ripose nel suo libro di pietà, e disse, sollevando gli occhi al Cielo : Signore, voglio essere sempre vostro ! In te Domine speravi non confundar in aeternum. - E voi, dolce mia Madre Maria, aiutatemi colla vostra. intercessione a praticare le mie promesse.

LA PATAGONIA e le Terre australi del Continente americano

CAPO V.

Storia dello Stabilimento di Carmen o Patagones.

I varii stabilimenti fondati dagli Spagnuoli nel secolo scorso in Patagonia ebbero tutti cattivo successo e furono miserabilmente distrutti. Quello di Carmen o Patagones fu il solo che si mantenne, malgrado le fortunose vicende a cui andò soggetto.

Francesco Viedura incaricato dalla Spagna di dare a questo stabilimento tutto lo sviluppo e l'importanza , di cui pareva suscettibile, comprò da un Cacico il corso del Rio Negro dall'imboccatura fino a S. Saverio, e seppe così bene attirarsi la confidenza degli indigeni , che ebbe la soddisfazione di vedere questi uomini, così fieri e così gelosi della loro indipendenza, pronti ad aiutarlo alla costruzione del forte, che ben presto servì di riparo agli abitanti fino allora costretti a riparare nelle caverne - Nel 1781 il viceré di Buenos Ayres, cedendo alle sollecitudini del medesimo Viedura, si decise di inviare a Carmen una guernigione di 734 individui, venuti dalle montagne della Gallizia di Spagna. Da questo punto la colonia acquistò una vera e reale importanza.

Nel 1782 il piloto Basilio Villarino fu incaricato di montare il corso del fiume, onde cercare un passaggio al Chili per mezzo del fiume Mendoza, creduto un affluente del Rio Negro. Questa spedizione, sebbene non abbia arrecato vantaggio materiale per la colonia di Carmen , fu tuttavia interessante dal punto di vista geografico.

Tutto riusciva prosperamente nella colonia del Rio Negro, quando Giovanni De-Pietra, nominato nel 1784 comandante di Carmen, ebbe la folle idea di muover guerra alle nazioni indigene, ed attaccò il Cacico, la cui alleanza cogli Spagnuoli aveva fino allora favorito il benessere dello Stabilimento.

Il piccolo esercito del De-Pietra commise in questa malaugurata campagna crudeltà degne dei selvaggi, che ne erano vittime. Tutto ciò che capitava avanti gli occhi degli Spagnuoli fu, senza distinzione di sesso od età, spietatamente massacrato ; ma gli Indigeni non tardarono a prendere la loro rivincita, ed i compagni del De-Pietra dovettero fuggirsene decimati e spaventati a Buenos Ayres.

Fu allora solo che gli Spagnuoli conobbero tutta l' estensione dell' errore, che avevano commesso, poichè questa lotta sanguinosa fu il segnale di ostilità, alle quali nessuna concessione poté metter termine. Ciononostante la Colonia si mantenne, in grazia delle forze che la Spagna vi mandava. Il commercio divenne anzi più attivo , in seguito dell'abbondanza del sale raccolto nei dintorni del villaggio.

Ma non andò a lungo che altra simile imprudenza produsse la distruzione completa della colonia di S. Giuseppe, altra colonia Spagnuola ancora a quel tempo superstite, e mise in nuovo pericolo anche quella di Carmen. Il fatto avvenne in questo modo. I Patagoni cominciavano di nuovo a tenere commercio attivo cogli Stabilimenti Europei, e cercavano ogni modo di rendere ai coloni molti piccoli servizii. Or avvenne che tre soldati di Carmen disertarono e se ne fuggirono presso i Selvaggi. Il comandante richiese di poter cercare e ridurre al dovere i disertori, e a questo scopo offerse grandi ricompense ai Cacichi Patagoni, che se ne incaricassero. Stimolati dalla sete del guadagno due di questi si misero sulle traccie dei fuggiaschi , e dopo qualche tempo ritornarono con due dei soldati Spagnuoli, richiedendo quanto era stato loro promesso. Il Comandante Spagnuolo con la maggior parte de' suoi connazionali , considerando come nulla la parola data ai selvaggi, non fece alcun caso della giusta domanda dei Cacichi. Questi insistettero, ed egli infine per isbarazzarsene disse loro di andarsene a S. Giuseppe, ove il sergente era incaricato di dar loro gli oggetti promessi. I Cacichi fecero questo viaggio, ma trovarono che non solamente il Comandante di quello stabilimento non aveva niente a dar loro, ma che non aveva neppure ricevuto ordine alcuno a questo riguardo. I Cacichi irritati ritornarono al Carmine, e rimproverarono al Comandante d' aver mancato alla fede data. Costui si risentì che gente barbara osasse fargli rimproveri; e li minacciò colla canna e li fece scacciare dal forte. I Cacichi coll' odio in cuore risolvettero di vendicare questa offesa a qualunque costo. Essendo Carmen troppo ben difeso per poterlo attaccare , dissimularono ed attesero il momento favorevole all' esecuzione del loro disegno. Sollevarono molte tribù Patagoniche, e riuniti marciarono alla penisola di S. Giuseppe, ed un giorno di festa mentre tutti gli abitanti del villaggio erano disarmati, e nulla sospettavano di sinistro, li accerchiarono e li massacrarono. Tre Spagnuoli soltanto poterono sfuggire a questa carnificina, e dovettero il loro scampo all' amicizia che avevano per loro alcuni degli Indiani. Lo stabilimento fu interamente distrutto, le case abbruciate , ed il bestiame involato. Contenti i selvaggi del ricco bottino fecero gran festa e non pensarono più a distruggere Carmen, che riconobbe in questo fatto una grazia speciale della Beata Vergine, alla cui protezione si era affidato.

L' anno 1810 e seguenti furono ben funesti per gli abitanti di Carmen. A Buenos Ayres avvenne una rivoluzione per cui queste varie provincie dell'America Meridionale si sottrassero dal giogo della Spagna e si resero indipendenti. Appena trionfato, il partito repubblicano inviò un corpo d'esercito contro Carmen con ordine d'impadronirsi di questo villaggio. La spedizione riuscì a maraviglia , e, quel che é meglio , senza bisogno di sparare un colpo di fucile o di cannone. Ma il delegato del governo di Buenos Ayres abusò della docilità degli abitanti ; praticò i modi di un despota il più intrattabile ; aggravò d' imposte senza pietà tutti quelli che possedevano qualche cosa; rovinò l' agricoltura colle sue contribuzioni, ed oppresse la popolazione in tutte guise. Questa condotta impolitica produsse in quegli abitanti una reazione, per cui s' impadronirono della fortezza, come pure di un vascello da guerra che stanziava nel fiume. Ma il loro trionfo fu di poca durata. Novellamente minacciato da un battaglione Argentino, Carmen si sottomise umilmente, come aveva fatto prima, ma disgraziatamente furono i pacifici abitanti, che dovettero espiare i delitti dei cospiratori. I proprietarii videro uccisi i loro bestiami, le loro case saccheggiate, e devastata la campagna. Questo fu colpo terribile pei coloni , che si videro ridotti alla più grande miseria. Costretti a vivere di caccia, si sparsero per le pianure, e sulle rive del fiume, ove menarono per qualche tempo vita nomade.

BIBLIOGRAFIA

SAN GAETANO TIENE E IL SUO ISTITUTO.

Una delle più grandi figure che ci presenta la Chiesa Cattolica in Italia, in quella grande età di rinnovamento che fu il secolo XVI, è senza dubbio san Gaetano di Tiene , nobile vicentino , ascritto alla romana prelatura, e quindi, dismesso per amore di umiltà ogni uffizio di Corte, ordinato sacerdote e divenuto fondatore di un Ordine religioso celebre assai in Italia e fuori, l' Ordine dei chierici regolari, altrimenti detto dei Teatini. Un egregio sacerdote torinese, Paolo Cappello, al quale già siamo debitori di due belle Vite di S. Francesco di Sales e del Beato Sebastiano Valfrè, di questi giorni ha pubblicato una forbitissima Vita di S. Gaetano, nella quale, con quella purezza di lingua solita ad ammirarsi nelle sue opere, descrive le principali vicende che contrassegnarono l'esistenza di questo grande Apostolo, giustamente per il suo zelo chiamato cacciatore delle anime e riformatore del clero. Il chiarissimo autore divise l' opera sua in quattro libri, nel primo dei quali discorre dei primordii della vita di san Gaetano fino al momento, nel quale si decise a fondare l' Ordine dei chierici regolari ; nel secondo ci espone le origini di questo Istituto ; passa poi nel terzo a descriverci le opere meravigliose di s. Gaetauo in Napoli, dove terminò il corso de' suoi giorni, ed aggiunge nel quarto uno specchietto delle virtù professate in grado eminente dal Santo. La narrazione procede con ricchezza di fatti scelti con grande discernimento , e frammezzata da opportuni ammaestramenti e riflessioni. Il libro riuscirà utile agli stessi sacerdoti, i quali vi troveranno un perfetto modello di ogni virtù ecclesiastica, e sarà utilissimo nei seminarii ed altri istituti di educazione ecclesiastica, pei giovani che vanno avviandosi al santuario. Si vende alla Tipografia Salesiana, via Cottolengo , 32 , Torino , alla Libreria di S. Vincenzo de' Paoli in San Pier d' Arena e dai principali librai, al prezzo di lire 2.

(Dall' Unità Cattolica N° 182, 5 Agosto 1880).

INDULGENZE SPECIALI pei Cooperatori Salesiani.

Ogni Cooperatore può acquistare Indulgenza plenaria una volta al giorno, da applicarsi alle anime del Purgatorio, recitando la terza parte del Rosario di Maria Vergine avanti al SS. Sacramento, e non potendo avanti al divin Sacramento, recitandola innanzi al Crocefisso.

Indulgenza plenaria ogni volta che si accosta alla santa Comunione.

Può altresì lucrare moltissime Indulgenze plenarie nel corso del giorno mediante la recita di sei Pater, Ave e Gloria, secondo la mente del Sommo Pontefice. E queste indulgenze applicabili alle anime purganti, le può acquistare toties quoties, ossia tutte le volte che recita i suddetti Pater, Ave e Gloria in qualunque luogo senza bisogno di Confessione e Comunione, purchè sia in grazia di Dio.

Oltre a queste, un'altra Plenaria ne può guadagnare ogni domenica, e nei giorni qui sotto notati, purchè confessato negli otto giorni, e comunicato visiti una qualche chiesa, pregandovi secondo l'intenzione del Sommo Pontefice.

Mese di Ottobre.

Per la ragione addotta nel N° precedente continuiamo a ricordare le indulgenze un mese per l'altro.

1. Beata Lodovica di Savoia.

2. Santi Angeli Custodi.

3. Solennità del SS. Rosario di Maria Vergine.

4. S. Francesco di Assisi.

8. Santa Brigida.

10. Maternità di Maria Vergine. 17. Purità di Maria SS. 19. S. Pietro di Alcantara. 23. S. Giovanni da Capistrano.

28. Santi Apostoli Simone e Giuda.

Con permesso dell'Aut. Eccl. - FERRARI GIUSEPPE gerente respons.

Tip. di San Vincenzo de'Paoli. Sampierdarena 1880.