L'ENCICLICA SUL S. ROSARIO . . . . pag. 245 DON Bosco VIVENTE NEL CUORE DE' SUOI FIGLI , » 249 IL Nuovo ARCIVESCOVO DI NAPOLI all'Oratorio di Valdocco in Torino » 253
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Ai Venerabili Fratelli - Patriarchi, Primati, Arcivescovi, Vescovi - Ed altri Ordinari - Aventi pace e comunione - Colla Sede Apostolica - LEONE PP. XIII.
Venerabili Fratelli. Salute ed Apostolica Benedizione.
QVANTO rilevi al bene privato e pubblico il fomentar di continuo ed il promuovere ogni giorno più il culto verso l'augustissima Vergine Maria, ognuno di leggieri comprende , se si consideri il grado eccelso di dignità e di gloria, a cui Iddio l'ebbe innalzata. Fin dall'eternità Egli la predestinava ad esser Madre del Verbo Incarnato; onde fra tutte le cose più belle nel triplice ordine di natura, di grazia e di gloria, cotanto la distinse, che a buon dritto la Chiesa le fa proprie quelle parole: « Io sono la primogenita dell'Altissimo fra tutte le creature » (Eccli. XXIV, 5). Quando poi incominciò il corso dei secoli, allora essa fu data come pegno di pace e di salute ai nostri progenitori, ed in essi a tutta la loro infelice posterità. - E l'Unigenito Figliuol di Dio anch'egli onorò grandemente la sua Madre Santissima. Giacchè nella sua vita privata pel ministero di lei volle compiere i suoi due primi miracoli, l'uno nell'ordine di grazia, quando al saluto di Maria esultò l'infante nel grembo di Elisabetta, l'altro nell'ordine di natura, quando alle nozze di Cana convertì l'acqua in vino : giunto poi al termine della sua vita pubblica, nell'atto di fare e suggellare col divin Sangue il nuovo Testamento, la raccomandò al suo diletto Apostolo con quei dolcissimi accenti: « Ecco la madre tua » (Io. XIX, 27 ). Noi pertanto, che, sebbene indegnamente, pur teniamo qui sulla terra il luogo e le veci di Gesù Cristo, Figliuol di Dio, non resteremo mai dal celebrare le lodi di sì gran Madre, finchè Ci basti la vita. E poichè questa per la grave età vediamo ornai appressarsi al suo termine, non possiamo a meno di non ripetere a tutti e singoli i Nostri figli in Gesù Cristo le sue ultime parole, lasciateci come in testamento mentre pendeva dalla Croce: « Ecco la madre tua ». E ben Ci sentiremmo felici se le Nostre raccomandazioni producessero questo frutto, che cioè ogni fedele abbia a cuore la divozione a Maria, tenendola fra le cose sue più dilette, in guisa che di ciascuno possa dirsi ciò che di sè scrisse San Giovanni: « Il discepolo l'accolse tra i suoi oggetti più cari » (Ib).
Avvicinandosi pertanto il mese d'ottobre, neppur quest'anno vogliamo defraudarvi, Venerabili Fratelli, della Nostra parola, per raccomandare di nuovo, quanto più possiamo, a tutti i cattolici la pratica del Rosario, a vantaggio proprio e della Chiesa cotanto travagliata. La qual pratica sul tramonto di questo secolo ha preso per divina provvidenza uno sviluppo ammirabile a ravvivare la illanguidita pietà nei fedeli, come ne fanno fede templi magnifici e santuarii divenuti celebri per il culto alla Madre di Dio. - Dopo d'aver dedicato a questa divina Madre il mese di maggio co' suoi fiori, consecriamole tutti con affetto di singolare pietà anche il mese d'ottobre, che è il mese dei frutti. E ben si conviene offrire l'uno e l'altro mese dell'anno a Colei che dice di sè: « I miei fiori sono frutti d'onore e di onestà » (Eccli. XXIV, 23,).
Lo spirito di associazione, fondato nell'indole della natura umana, non fu forse mai tanto vivo ed universale quanto ai dì nostri. E ciò è sommamente lodevole, se non fosse che questa nobilissima tendenza naturale spesso è rivolta a mal fine, mentre insieme congiurano gli empi, adunati in società di vario genere, « contro il Signore ed il suo Cristo » (Ps. II, 2.). Tuttavia è bello il vedere, e Ci gode l'animo il ricordarlo, come anche in mezzo ai cattolici vadano ogni giorno crescendo pie associazioni, come siano ben compatte e come tutti stiano uniti e stretti col vincolo dell'amore cristiano, in guisa da parer non solo, ma da essere in realtà quasi fratelli. Giacche, tolta di mezzo la carità di Cristo, nessuno può vantare il nome e la gloria di fratello, come già energicamente argomentava Tertulliano con queste parole: « Siamo vostri fratelli, per diritto di natura, che è madre comune, sebbene voi siate appena uomini, perchè cattivi fratelli. Ma quanto meglio si addice il nome e la dignità di fratelli a coloro che riconoscono per padre comune Iddio, che si sono imbevuti dello stesso spirito di santità, che, quantunque nati nell'ignoranza, pure sono adesso illuminati e nudriti della stessa verità » ? (Apolog. c. XXXIX).
È poi molteplice la maniera, onde i cattolici. s'accolgono in siffatte utilissime adunanze, che chiamansi circoli, casse rurali, ricreatori festivi, giardini d'infanzia, associazioni e con altri nomi somiglianti, tutte volte a santissimo scopo. Certamente tali riunioni, se si guardi il nome, la forma ed anche il fine proprio ed immediato di ciascheduna, son nuove, ma nella sostanza sono antichissime, giacchè ne appariscono le tracce fin dai primordi del Cristianesimo.
Più tardi poi tali società ebbero leggi particolari, e, distinte con proprie divise, arricchite di privilegi, ordinate al culto divino nei templi, o destinate ad opere pie spirituali e corporali, vennero, secondo i tempi, chiamate con nomi diversi, e crebbero così, che, massime in Italia, non avvi città, castello o parrocchia, che non n'abbia molte od una almeno.
Or fra queste associazioni Noi non dubitiamo punto di dare nobilissimo posto alla Confraternita, che dal Santissimo Rosario tien nome. Imperocchè, ove se ne riguardi l'origine, è antichissima, fondata, com'è fama, dallo stesso Patriarca S. Domenico; ove se ne considerino i privilegi n'è ricchissima per la munificenza dei nostri Predecessori.
Forma e quasi anima di tale sodalizio è il Rosario Mariano, della cui efficacia abbiamo altre volte distesamente parlato. Tuttavia la forza e la virtù dello stesso Rosario, considerato dalla Confraternita che da quello si appella, crescono a dismisura. E per verità, tutti sanno quanto bisogno abbiam noi di pregare, non già per mutare i divini decreti, ma., come dice S. Gregorio, « perchè gli uomini dimandando meritino di ricevere quanto Iddio onnipotente ha loro dall'eternità destinato di donare » (Dialog. I, 1, c. 8) ed aggiunge S. Agostino che « chi sa ben pregare, sa anche ben vivere » (In Ps. CXVIII).
Ma allora la preghiera riveste una forza nuova ad impetrare il celeste soccorso, quando è pubblica, costante ed unanime fra molti, che quasi formino un solo coro di oranti. La qual cosa è manifestissima dagli Atti Apostolici, dove è detto che i discepoli di Cristo stavano ad aspettare lo Spirito Santo promesso « perseverando unanimi nell'orazione » (I, 14). D'una siffatta preghiera è certissimo il frutto. E ciò appunto si avvera tra i confratelli del Rosario. Imperocchè, come è efficacissima la preghiera che si fa dai Sacerdoti colla recita del divino Ufficio, perchè pubblica e continua, così nella debita proporzione, è pubblica, assidua ed unanime la preghiera tra i confratelli del Rosario, detto perciò da alcuni Romani Pontefici anche « Salterio della Vergine ».
Perchè poi le pubbliche preghiere sono, come abbiam detto, molto più eccellenti che le private ed hanno ad impetrare una forza maggiore, perciò la Confraternita del sacro Rosario fu anche chiamata dagli scrittori ecclesiastici « milizia pregante, arrolata dal Patriarca Domenico sotto la bandiera della divina Madre », di quella cioè che le Sacre Scritture e i fasti della Chiesa salutano vincitrice del demonio e di tutte le eresie. Dì fatti il Rosario Mariano lega insieme quanti v'hanno dato il nome, coane fratelli e soldati, formandone così quasi un fortissimo esercito, armato di tutto punto, per respingere gli assalti dei nostri nemici interni ed esterni. Per la qual cosa gli ascritti a tal Confraternita possono a buon diritto appropriarsi quelle parole di S. Cipriano : « La nostra preghiera è pubblica e comune, e quando preghiamo, non preghiamo per uno solo, ma per tutto il popolo, perchè quanti siamo formiamo una cosa sola » (De orat. dom.).
Del resto anche gli annali ecclesiastici attestano la forza e l'efficacia di tale preghiera, mentre ricordano la rotta toccata ai Turchi nelle acque di Lepanto, e le splendidissime vittorie riportate contro i medesimi nel passato secolo e a Temeswar in Pannonia e presso l'isola di Corfù. Del primo fatto resta monumento perenne la festa della Madonna della Vittoria, istituìta da Gregorio XIII, consecrata poi e resa universale da Clemente XI, sotto il titolo del Rosario.
Dall'essere poi questa milizia pregante raccolta sotto il vessillo della divina Madre, le deriva nuovo valore e nuova gloria, come in modo chiaro apparisce dal ripetersi spesso nel rito del Rosario la salutazione angelica dopo l'orazione domenicale. Ed è tanto lungi dal vero, che tal maniera di pregare detragga punto alla dignità di Dio, quasi potesse sembrare doversi aver più fiducia nel patrocinio di Maria che nella divina potenza, che anzi piuttosto non avvi altra cosa, la quale valga a renderci Iddio più propizio. C'insegna infatti la dottrina cattolica che noi dobbiamo pregare non solamente Iddio, ma anche i Santi (Conc. Trid. sess. XXV.), quantunque in diversa maniera, cioè Iddio come fonte d'ogni bene, gli altri come intercessori. « In due maniere, così S. Tommaso, si può pregare alcuno, o perchè egli ci dia quanto si domanda, o solo perchè interceda. Nel primo modo Iddio soltanto si prega, perchè tutte le nostre orazioni hanno da essere indirizzate a conseguire la grazia e la gloria, dei quali beni solo Iddio è autore, com'è scritto nel salmo LXXXIII, 12: Il Signore dà la grazia e la gloria. Ma nell'altro modo preghiamo anche gli Angeli ed i Santi, non perchè Iddio conosca per loro mezzo le nostre suppliche, ma perchè queste ottengano il loro effetto per l'intercessione e i meriti di essi. Onde leggiamo nell'Apocalissi, VIII, 4, che le orazioni dei Santi salgono al cospetto di Dio sulle mani degli Angeli come fumo d'incenso (S. th. 2.a 2.ae, q. LXXXIII, a. IV).
Or bene chi mai vorrà contendere all'augusta Madre di Dio, sovra tutti i beati abitatori, la palma nell'impetrare ? Chi più chiaramente di lei vede nell'eterno Verbo le nostre angustie, i nostri bisogni? Chi meglio di lei tiene e volge le chiavi del cuore di Dio? Chi al pari di lei ha viscere di materna pietà?. Ond'è che mentre in diversa maniera ci raccomandiamo ai Santi e a Dio, giacchè alla Santissima Trinità chiediamo che abbia misericordia di noi, ai Santi invece che preghino per noi » (S. th. ib.); la Chiesa quasi accomuna alla Vergine la formula di preghiera che si fa a Dio, e a lei si volge come a Dio, supplicandola: « Abbi misericordia dei peccatori ». Ben fanno adunque i confratelli del Rosario quando intrecciano insieme quasi serti di rose tanti ossequii e tante preci a Maria. Imperocchè dinanzi a Dio Ella è « tanto grande e tanto vale, che chi vuol grazie e a lei non ricorre, sua desianza vuol volar senz'ali. »
Nè è da passarsi sotto silenzio un'altra lode della Confraternita di cui parliamo, ed è che quante volte colla recita del Rosario Mariano andiam meditando i misteri di nostra salute, altrettante emuliamo quasi gli ufficii già commessi alla milizia degli Angeli. Furono essi che nei tempi preordinati da Dio annunziarono quei misteri, nei quali ebbero gran parte ed ai quali instancabili cooperarono; atteggiati nel volto ora di gaudio, ora di dolore, ora a mo' d'esultanti nella gloria del trionfo. È Gabriele mandato alla Vergine ad annunziarle l'Incarnazione del Verbo; sono gli Angeli che con cantici accompagnano nella capanna betlemitica la nascita del Salvatore; è un Angelo che avvisa Giuseppe di trafugarsi col Bambino in Egitto; un Angelo nell'orto con pietosì accenti conforta Gesù agonizzante in un sudore di sangue; gli Angeli che manifestano alle donne che Gesù è risorto, vincitor della morte; gli Angeli annunziano che egli è asceso al cielo e che verrà di là un'altra volta, accompagnato dalle schiere angeliche, per associare ad esse le anime degli eletti, e trarre tutti seco ai cori celesti, « sovra dei quali è esaltata la Santa Madre di Dio. »
Pertanto ai confratelli del Rosario, che praticano con fervore sì pia devozione, possono ben convenire le parole di Paolo Apostolo ai novelli discepoli di Cristo: « Voi vi siete avvicinati al monte di Sion, alla città del Dio vivente, alla Gerusalemme celeste, popolata da un'infinita moltitudine di Angeli » (Heb. XII, 22). Or bene qual cosa avvi di più eccellente e di più soave che contemplare e pregare cogli Angeli ? Come non debbono sperare ed aver fiducia di dovere un dì godere in cielo della beatissima compagnia degli Angeli coloro che qui sulla terra parteciparono in certa qual guisa al loro ministero ?
Per tali ragioni i Romani Pontefici colmarono sempre di alti encomii questa Mariana Associazione; e fra gli altri Innocenzo VIII la chiama « Confraternita devotissima » (Splendor paternae gloriae, die 26 februarii 1491.); S. Pio V afferma che mercè di lei « i cristiani furono come per incanto migliorati, che si dileguarono le tenebre dell'eresia, e apparve la luce della fede cattolica (Consueverunt RR. PP., dio 17 septembris 1569); Sisto V, osservando quanto tale istituzione fosse utile alla religione, se ne mostrò sempre amantissimo; ed altri molti o l'arricchirono di particolari. e copiosissime indulgenze, o la presero sotto la loro singolare protezione, ascrivendosi anch'essi e dandole segui di peculiare benevolenza.
Mossi all'esempio de' Nostri Predecessori, anche Noi caldamente vi esortiamo e scongiuriamo, Venerabili Fratelli, come già più volte abbiam fatto, ad aver cura speciale di questa santa milizia, acciò s'adunino da ogni parte, e, mercè il vostro zelo, crescano ogni di più le devote schiere. Per opera vostra e di quelli fra il vostro Clero, che hanno cura di anime, vegga il popolo e ben. comprenda di quanta efficacia sia e di quanto vantaggio per l'eterna salute l'essere ascritti a questa Confraternita.
E tanto più insistiamo in tale raccomandazione, in quanto che a' dì nostri è sorta nuovamente in fiore quella bellissima manifestazione di pietà verso la Madre Santissima, ch'è il Rosario, così detto perpetuo. Noi di buon grado l'abbian benedetto, e sommamente desideriamo che anche voi con tutto l'ardore diate opera al suo incremento. Perocchè nutriamo viva fiducia essere di grande efficacia lodi e preghiere, che, uscendo dall'intimo dei cuori, risuonino pur sempre sulle labbra di una grande moltitudine, e per le diverse plaghe dell'orbe dì e notte alter nandosi, uniscano insieme l'armonia delle voci alla meditazione delle cose celesti.
E questi cantici e suppliche incessanti furono già da molti secoli prefigurati in quelle ispirate parole, colle quali Ozia inneggiando esaltava Giuditta: « Tu, o figlia, sei benedetta dal Signore Iddio eccelso fra tutte le donne sulla terra perchè oggi ha così magnificato il tuo nome, che le tue lodi non cadranno mai dalla bocca degli uomini ». Al quale augurio tutto il popolo d'Israele tenne dietro acclamando: Così sia, così sire » (Iudith. XIII, 23, 25, 26.).
Come auspicio intanto de' celesti favori e come pegno della Nostra paterna benevolenza impartiamo a voi, Venerabili Fratelli, al clero e a tutto il popolo alle vostre cure affidato, con tutto l'affetto l'Apostolica Benedizione.
Dato a Roma presso S. Pietro, il 12 settembre 1897, anno vigesimo del nostro Pontificato.
LEONE PP. XIII.
ANCHE in quest'anno a' 15 di agosto, festa di Maria SS.ma Assunta in cielo, aveva luogo nel nostro Oratorio di Torino la funzione scolastica tradizionale della premiazione. Una volta questa funzione era onorata, diremmo anzi, resa amabile dalla presenza di D. Bosco. Ora la fu dal degno di lui successore D. Rua, che ne evocò molto opportunamente il nome e la memoria. Oh! si, Don Bosco vive e vivrà sempre ne' nostri cuori.
Disse il discorso d'occasione il Prof. D. Cerruti, Direttore degli studi. e delle scuole salesiane, pigliando per tema: Quintiliano, Vittorino da Feltre e D. Bosco nella storia dell'educazíone. E poichè questo discorso, oltre a' pregi storici e letterarii, contiene pure insegnamenti importantissimi per gli educatori, noi crediamo far cosa grata riportandolo integralmente, ora soprattutto che si riaprono Collegi e Scuole.
TRE grandi figure brillano di sovrana luce nella storia dell' educazione Quintiliano, Vittorino da Feltre e Don Bosco.
Quintiliano, nativo di Spagna e vissuto a Roma dal 42 al 118 dopo G. C., non fu educatore, ma pedagogista; egli scrisse intorno a materie educativo-didattiche. Il prìmo de' suoi XII libri De Institutione Oratoria, senza essere un trattato di pedagogia nel senso odierno della parola, ci presenta innanzi quanto vi ha di più buono e di più utile nella pedagogia antica. Gl'insegnamenti educativo-didattici di Quintiliano conservano, dopo oltre 18 secoli, una freschezza maravigliosa, un'impronta, direi, di attualità, per cui si direbbero scritti or ora e per l'età nostra, tanto che Quintiliano, anzichè il più illustre pedagogista dell'evo antico, potrebbe chiamarsi, sotto un certo rispetto, pedagogista universale.
Educatore invece e non pedagogista, chè di pedagogia nulla scrisse, fu Vittorino Rambaldoni, comunemente chiamato Vittorino da Feltre dal luogo di origine.
Vissuto dal 1377 al 1446, egli è là a provare quanta potenza educativo-didattica chiudesse in sè l'epoca sua, quel medio evo cioè troppo mal apprezzato, perchè troppo poco conosciuto. Egli raccolse ne' suoi insegnamenti quanto di più saggio e di grande erasi fino allora detto ed operato intorno al magistero dell'educazione, ben degno perciò di quell'aureola d' immortalità, onde i posteri, di qualsiasi partito e di qualsiasi scuola, circondarono la fronte dell'educatore Feltrese.
Pedagogista e nello stesso tempo educatore fu D. Bosco, vera gloria del secolo XIX, come quegli che di educazione scrisse e le sapienti massime pedagogiche da lui scritte ed insegnate praticò egli stesso con efficacia e successo maraviglioso.
Or bene fra questi, diciamo pure, tre grandi genii, che ci offre la storia della pedagogia, antica, medioevale e moderna, corrono tali punti di contatto, di rassomiglianza, direi anzi di medesimezza d'intendimenti, di metodo e di fine nella scienza ed arte dell'educare, che si direbbero contemporanei, o per lo meno, plasmati sullo stesso stampo in ciò che riguarda i principii fondamentali della pedagogia e il metodo da osservare nella educazione fisica, intellettuale e morale della gioventù. È proprio vero che i genii s'incontrano!!
A prova di quanto dico, vi presenterò oggi, o cari giovani, alcuni soltanto - chè di più non sarebbe concesso nè dalla brevità del tempo, nè dalla discrezione medesima - alcuni, dico, di questi punti di contatto che di Quintiliano, Vittorino da Feltre e D. Bosco formano come una cosa sola nel campo dell'educazione e dell'istruzione. Avremo così motivo, educatori ed educandi, di benedire ogni dì più a quella mirabile legge di continuità, con cui la Divina Provvidenza regola le cose di quaggiù, e di ringraziarla quest'amorosa Provvidenza d'averci dato in D. Bosco non solo il padre tenerissimo e il sacerdote pio ed illuminato, ma ancora il modello del pedagogista e dell'educatore.
Qual'è la prima cura, il primo dovere di un educatore, di un maestro nell'atto di dar principio all'adempimento della sua nobilissima missione? Studiare, dice Quintiliano, studiare profondamente l'indole particolare de' giovani che gli sono affidati, e in conformità di essa indole regolare il suo operare, chè gli uni son lenti e vanno acconciamente stimolati, gli altri sono impetuosi e abbisognano prudentemente di freno; gli uni agita una vivacità prepotente, gli altri opprime il torpore; a questi fa bene un po' di timore, quelli, e sono i più, non si muovono e non progrediscono se l'incoraggiamento non li anima, li avviva; taluni abbondano di genio, i più vanno innanzi a forza di applicazione e di fatica; negli uni domina una fantasia addirittura sfasciata, negli altri una precocità ed un eccesso di concentramento che minaccia di farne de' filosofi sbagliati innanzi tempo. Eppure sono tutti educabili , continua Quintiliano; tutti sono suscettibili di raggiungere il fine loro assegnato dalla natura, così generale come particolare, purchè trovino chi li comprenda, chi sappia temperare ed equilibrare, senza mai nè soffocare, nè compassare; chi quella varietà pressochè infinita d'indoli, di temperamenti, di caratteri, d'ingegni indirizzi con intelletto d'amore a quella unità di fine e d'intenti, a cui tutti sono chiamati. Ordinariamente - sono sue sapienti parole - nell'opera dell' educazione manca più l'arte che la natura, più la cura che l'ingegno, il quale è innato nell'uomo, come il volare per gli uccelli, il correre pei cavalli e simili. Ne è prova la stessa etimologia della parola ingenium, quasi in nobis genitum. Dunque bando al pessimismo; il maestro si animi anzi tutto e si sollevi a grandi speranze.
Così pure la pensava e così praticava Vittorino da Feltre. Prima sua cura infatti era quella di conoscere ben addentro l'indole e la particolar disposizione de' suoi alunni. La natura - diceva egli - ha distribuito variamente i suoi doni; a nessuno diede tutto, a pochi molto; ma a tutti concesse di potersi applicare con più o meno felice risultato ad una parte dello scibile usano. Il punto capitale e decisivo per la riuscita di un giovane sta nel conoscere per sè e coll'aiuto de' suoi educatori a qual parte lo pieghi la natura.
E che altro faceva Don Bosco ? Avuto a sè un giovinetto, egli ne scrutava l'indole, le disposizioni, le tendenze particolari, penetrando con quel suo sguardo, così pieno d'amabilità e d' intelligenza, fino a' pìù riposti sentimenti dell'animo del suo nuovo alunno, senza mai scoraggiarsi dinanzi alle dìfficoltà che presenta il magistero dell'educatore. E quel ch'egli praticava, insegnava pure agli altri con le parole e con gli scritti. I giovanetti, scrisse egli nel nostro Regolamento delle Case, sogliono manifestare uno di questi caratteri diversi: indole buona, ordinaria, difficile, cattiva; ma tutti sono educabili. Nostro dovere è quindi, seguita egli, di trovare i mezzi che valgano a conciliare questi caratteri diversi per fare del bene a tutti, senza che gli uni siano di danno agli altrì.
E quell' ordinare che egli fa ai maestri, che i più idioti della classe siano oggetto delle loro sollecitudini incoraggiando sempre, e non avvilendo mai, non lo si direbbe una ripetizione di quanto insegnò Quintiliano intorno a quel natural ingegno, onde tutti, più o meno, siamo forniti, e di quello che praticava Vittorino da Feltre, che nessuno mai allontanò dalla sua scuola per incapacità intellettuale ?
Ma quanto sono belle, di quanta sapienza pedagogica risplendono le poche e così sugose pagine di Don Bosco sul sistema o metodo di educazione della gioventù, che a giudizio suo e di tutti i ben pensanti vuol essere preventivo, non repressivo ! Certo Don Bosco ha con esso risolto trionfalmente il problema così difficile per un educatore, qual è quello di conciliare la severità nel mantenimento dell'ordine e della disciplina, senza cui non si dà profitto alcuno nè morale , nè intellettuale, con la carità paziente e benigna dei modi, che sola può sottomettere le menti ed espugnare i cuori. Orbene le stesse, stessissime cose insegnarono Quintiliano e Vittorino da Feltre. Lungi il battere, scrive il primo di essi, lungi il battere che è cosa da schiavo e atta solo ad indurire il cuore; il maestro s'adoperi invece a formare i suoi alunni con una vigilanza continua, con un' assistenza dolce e severa ad un tempo, che pigliando il giusto mezzo fra la lassezza ed il rigore, impedisca possibilmente il male, senza che occorra di doverlo poscia reprimere. E il Feltrese , alla sua volta, non abbandonava mai i suoi alunni nè di giorno, nè di notte, anzi per quanto gli era possibile, li assisteva co' suoi proprii occhi. La maggior parte delle mancanze preveniva egli con la vigilanza, giacchè niuno ignora, diceva egli, che la solitudine è pe' giovani forte incitamento alla colpa.
Ma la qualità principe, la qualità assolutamente indispensabile ad un educatore, è l' onestà morale. Guai se essa manchi! Il Collegio, la scuola si convertiranno in un covo d' iniquità, in un pandemonio. Ed anche qui è bello vedere il gentile Quintiliano procedere di pieno accordo coi cattolici Vittorino da Feltre e D. Bosco; è consolante il contemplare la ragione rischiarata da quel lume del suo volto, onde ci segnò il Dio della natura, associarsi, formar anzi una sola e medesima cosa colla ragione illuminata da quella fede, che in noi infuse il Dio della grazia, che è pure il Dio della natura, Dio cioè ad un tempo della natura e della grazia. - Non è buon oratore, proclama infatti e sapientemente Quintiliano, non è buon oratore se non l' uomo dabbene. E guidato da questo sacrosanto principio, egli vuole che si ponga la massima cura nella scelta dei precettori, esigendo che questi sieno per prima cosa di buoni costumi; quindi dotti, o almeno non presuntuosi; nulla, aggiunge egli saggiamente, nulla essendo più detestabile della mezza scienza, o meglio di quel saccentume, che, pigliando la maschera della scienza, pretende imporre altrui le sue goffaggini. Non vi pare, o cari giovani, di sentire in questo linguaggio il nostro buon padre Don Bosco, che l'onestà morale, la moralità richiedeva, come condizione sine qua non, da educatori e da educandi , e lo studente superbo dichiarò senz'altro uno stupido ignorante ? Nè altrimenti operò Vittorino da Feltre, il quale non ammetteva ne' suoi Collegi che maestri religiosi e costumati; anzi con un rigore che parrebbe soverchio a chi non sa quanto sia facile e fatale un' impressione contagiosa nell' animo dei giovani, negava pur l'entrata alle persone che non gli erano ben conosciute. E questo spirito di morigeratezza e di docilità egli esigeva da tutti senza umani riguardi, tanto che precettore de' figli del Duca Gonzaga di Mantova riuscì a piegarne a costumatezza ed umiltà il primogenito Ludovico, che su questi due punti lasciava sulle prime molto a desiderare. Non fa quindi maraviglia se alla Giocosa (così chiamavasi dalle bellezze di natura e di arte, che ne ornavano il luogo, l'Istituto educativo assegnato dal Gonzaga per iscuóla a Vittorino), se alla Giocosa, dico, si accorresse numerosi e avidi di sapere non solo da ogni parte d'Italia, ma dalla Francia, dalla Germania, da' Paesi Bassi e dalla Grecia stessa, press'a poco come ora si esce d' Italia a fine, dicono, di perfezionarsi negli studi.
Vi ha però un punto dell'opera educativa, in cui Vittorino da Feltre e Don Bosco rimangono essi soli, ed è quello della pietà cristiana, come mezzo, come fattore massimo di educazione; punto a cui naturalmente non poteva arrivare il senno pedagogico di Quintiliano, non illuminato dal raggio della fede. E qui è mirabile, è sorprendente la rassomiglianza di questi due grandi educatori. Vittorino, che ama Maria SS. di tenerissimo affetto e a Lei consacra fin da' suoi primi anni la santa purità, che conservò inviolabilmente fino alla morte; Vittorino che ascolta ogni giorno la Messa, si accosta spesso alla S. Eucaristia, e buon tratto di tempo, prima di cominciar le occupazioni giornaliere, passa nella preghiera e nella lettura della S. Scrittura e de' Cantici della Chiesa; Vittorino, che non tralascia mai ne' dì festivi di ascoltar la parola di Dio ed in essi giorni particolarmente moltiplica le opere di carità, che formavano l'esercizio quotidiano della sua vita; Vittorino, che con calde parole e con sermoncini pieni di fede raccomanda a' suoi allievi la frequenza a' SS. Sacramenti e su di essi fonda il suo edifizio educativo, qual maraviglioso riscontro non presenta egli, o cari giovani, col nostro D. Bosco! Sì, con D. Bosco tenerissimo di Maria Ausiliatrice, osservatore delicatissimo e costante della bella virtù, prete modello all' altare, sul pulpito, al confessionale; con D. Bosco portento di carità e di fede, che la frequenza a' SS. Sacramenti predica e promuove con un ardore, con uno zelo vivissimo ad un tempo e prudente, e proclama e scrive a tutti e dappertutto non potersi dare vera educazione, se questa non è avvalorata, sorretta dalla frequenza alla S. Comunione. Certo saranno sempre Vittorino da Feltre e D. Bosco splendidi modelli, l'uno dell'educatore laico, l'altro dell'educatore prete Dalla Giocosa di Vittorino, dice l' Andres, come dal cavallo troiano, uscirono e si sparsero per tutto il mondo uomini segnalatissimi nelle scienze, nelle lettere, nelle armi. Alla scuola di D. Bosco si formarono e da essa partirono pel vecchio e pel nuovo mondo uomini illustri in ogni ramo di discipline e per ogni genere di carriere sociali. Perfino le onoranze funebri, il cordoglio de' contemporanei e la venerazione de' posteri dovevano associare questi due grandi educatori. Il Platina, scolaro dell'Ognibene, che fu alla sua volta alunno di Vittorino da Feltre, scrive che la morte del Feltrese « non fu dolore e danno d'una città sola (Mantova) quantunque grandissimo, ma di tutta Italia e Grecia, i cui figliuoli e i cui studi presso di lui onorato asilo rinvenivano, » Quindi, conchiude egli con parole d'un affetto, di un dolore sentitissimo, « quindi chi ha un resto di cortesia e un cuor umano, si dorrà del proprio e del danno altrui, e piangerà in Vittorino il padre della scienza e dell'erudizione, il cultore degli ingegni, il mantenitore de' buoni costumi, il difensore degl'infelici, l'asilo della pietà, del pudore, della for tezza, della severità, della fede, il santuario della virtù e delle scienze, il sostegno e l'ornamento del secolo nostro. »
E noi non vedemmo forse alla morte di D. Bosco rinnovarsi lo stesso cordoglio, gli stessi sentimenti di ammirazione, di stima e d'affetto verso l'illustre estinto? Non vedemmo noi non Torino soltanto, ma l'umanità tutta quanta dell'uno e dell'altro mondo come percossa, attonita allo sparir d'un tanto raggio? Perchè, o cari giovani, siate santamente orgogliosi di esser figli di D. Bosco; abbiatelo caro questo titolo e non disonoratelo mai con la cattiva condotta. Verrà giorno che alla glorificazione di D. Bosco, qual degno servo di Dio, voi vedrete accoppiata quella di Don Bosco, modello degli educatori, ed un monumento davvero aere perennius ricorderà eternamente all'umanità riconoscente colui che seppe sapientemente accogliere e bellamente armonizzare in un mirabile insieme il fiore della pedagogia antica pagana e l'essenza della nuova cristianocattolica, la sapienza teoretica di Quintiliano e l'assennatezza educativa pratica di Vittorino da Feltre, il Vangelo, in una parola, e quanto vi ha di legittimo nell'eredità dello spirito umano.
IL 4 scorso settembre il novello Arcivescovo di Napoli, S. E. R.ma Mons. Sarnelli, onorava la nostra Casa-madre di Torino di una sua prima e preziosissima visita.
Il degno successore del Card. Sanfelice, che aveva già conosciuti i Salesiani nella sua antica diocesi dì Castellamare di Stabia, dove fu sempre per i nostri Confratelli dell'Istituto S. Michele padre e fratello generosissimo, cerca tutte le occasioni per dimostrare quanto altamente apprezzi le Opere nostre. Quindi, venuto a Milano per prender parte ai lavori dell'ultimo Congresso Cattolico, non potò non volare sino a Torino per visitare la culla della Famiglia Salesiana e la tomba dell'indimenticabile nostro Padre e Fondatore.
Monsignore visitò minutamente la chiesa, le scuole, i laboratori dell'Oratorio, accompagnato dal veneratissimo nostro Superiore Don Rua, al quale espresse la sua ammirazione per l' opera prodigiosa creata dal cuore di Don Bosco e proseguita dal suo successore.
Dopo il pranzo S. E. R.ma venne ossequiato da varii distinti personaggi del laicato e clero torinese, coi quali volle recarsi a visitare le chiese ed i monumenti della città.
Infine si recò a Valsalice presso la tomba di Don Bosco, dove l'illustre Prelato si degnò tenere un'affettuosa conferenza ai nostri Confratelli colà raccolti. Gli insegnamenti sublimi e l' unzione del suo dire fecero in tutti profonda impressione.
Noi esprimiamo qui pubblicamente all'Eccellentissimo Prelato i sensi del nostro grato animo e della nostra profonda venerazione.
SUL cominciare dell'anno scolastico ricordiamo ai nostri lettori la somma necessità di dare alla gioventù un sodo insegnamento religìoso. Chi può s'adoperi con zelo ad istruirla nei Catechismi parrocchiali, neglì Oratorii festivi e nelle Scuole sia pubbliche, sia private. E chi non può adempìere quest'uffizio, ed ha mezzi pecunìarii, ovvero autorità ed influenza, promuova la istituzìone di nuove Scuole di Relìgìone e specìalmente di Conferenze apologetiche in favore degli studenti delle classi superiori lìceali ed universitarie, i quali trovansi in maggior pericolo di perdere la fede.
Torino in ciò può servire di esempio. Le scuole, fondate dal compianto Arcivescovo Mons. Riccardi, sono fiorentissime e frequentate da un grandissimo numero di allievi, non pure del corso elementare, tecnico e ginnasiale, ma sì ancora da molti studenti del Liceo, pei quali nell'anno ultimo scorso già eranvi tre scuole in tre diverse sezioni della città, ed ì quali divenutì studenti dell'Università, continueranno, speriamo, a frequentare queste salutarì cattedre, dove avranno apposite conferenze di apologetìca cristiana necessaria a premunirli contro glì errori del nostro tempo incredulo.
A questo scopo noì raccomandiamo nuovamente l'opera del Teol. Francesco Paglia La Ragione guida alla fede, gìà adottata in molti Istituti, Collegi, Semìnari e Licei anche pubblici.
L'autore ebbe cura di farne un Compendìo, che può servire agli allievi di testo, mentre l'opera maggiore può giovare ai professori di guida nello svolgere le loro lezioni o conferenze.
A mostrare come la doppia opera da noi suggerita sia opportunissima ai presenti bisogni della gioventù studiosa valga il giudizio profferitone dalla competente Civiltà Cattolica.
Pel I° Volume (di pag. XXIV-880 a L. 4,00) e relativo Compendìo (di pag. 212 a L. 1,00) così scriveva questo campione dei periodici italiani nel suo numero del 6 giugno 1896:
La Religione si può insegnare con doppio metodo ; o cominciando assolutamente dal fatto storico dell'Inviato di Dio Gesù Cristo e dalla sua rivelazione ; ovvero da quel che la ragione stessa ci detta quanto alla Religione. Nel primo metodo, la ragione serve di riprova a quello che c'insegna l'Inviato di Dio ; nel secondo la ragione è di guida alla rivelazione di Gesù Cristo. L'autore dell'opera qui annunciata segue questo secondo metodo, che è buono anch'esso. E senz'altro diciamo che questa prima parte della sua opera è eccellente. L'erudito Salesiano ha raccolto in questo primo volume (l' istesso dicasi in proporzione del Compendio) tutto quanto è stato insegnato dai filosofi su Dio, il Mondo, l'Uomo e la Religione naturale. E colla verità v'è la confutazione degli errori dei tempi nostri, necessarissimi a conoscersi dai giovani studiosi, per es. sulla così detta trasformazione della specie, sull'origine scimmiatica dell'uomo, e simili. Il tutto è trattato con pienezza di cognizione, con ordine e chiarezza, e come il volume grande è più acconcio al maestro (essendo ivi la materia svolta con tutta l'ampiezza), così il Compendio è un ottimo manuale per gli scolari. L'autore cita nella prefazione un nostro articolo sull'insegnamento religioso; e noi godiamo fargli sapere, che questa prima parte del suo lavoro incarna molto bene il nostro concetto.
Pel II Volume (di pag. XVI-1028 a L. 4,50) e relativo Compendìo (di pag. 240 a L. 1,00) nel numero 3 ottobre 1896 aggiungeva quanto segue
Il teologo Francesco Paglia compie e, a nostro senno, assai bene, con questo secondo volume, un corso d'istruzione apologetica, pieno, ampio ed acconcissimo ai giovani delle scuole superiori. Anche in questo secondo volume, più poderoso per mole del primo (già da noi annunziato), abbiamo osservate le stesse qualità d'ordine, di chiarezza, di forza nel ragionare e specialmente di un'ampiezza, non vacua, ma robusta, di tutte le prove storiche della divinità della Religione cristiana. Il solerte autore insieme col volume grande ha pubblicato il suo Compendio, come fece del primo, per comodità degli scolari. Per i maestri però e tutti coloro, anche tra gli studenti, che (punti dal desiderio di vedere sciolto il problema religioso, che affatica le menti umane) volessero dissetarsi, troveranno in quel volume di che soddisfare la nobile brama. Le parti che lo compongono sono queste Rivelazione in genere (possibilità e conoscibilità dei miracolo), Rivelazione Mosaica, Rivelazione Cristiana (genuinità ed integrità dei Vangeli), Divinità di Gesù Cristo ed Eccellenza della cristiana dottrina. Molto ben trattati sono i due punti essenziali, e a' nostri tempi necessarissimi, cioè : la genuinità ed integrità dei Vangeli, e le prove della divina missione di Gesù Cristo e della sua divinità. - Notiamo una sola cosa, cioè la brevità di ciò che riguarda la Chiesa e la sua costituzione. Ci pare che, posta l'ampiezza data dall'autore a tutto il corso, il trattato della chiesa richiederebbe un terzo volume, se pur non si voglia dire che ìl corso riguarda la sola apologetica strettamente presa, come sembra essere stato il disegno dell'autore.
N. B. - Chi ha già aquistato il Vol. 1° a L. 4,00, potrà aquistare il II a L. 3,60, rivolgendosi alla Libreria Salesiana Editrice di Torino, presentando all'uopo la tessera di riconoscimento inserita in principio del 1° volume acquistato.
Fin dal 1895 in questa gentil cittadina, per opera di quel zelantissimo Mons. Roberto Calai Marioni, i Salesiani avevano aperto un Oratorio festivo per la gioventù abbandonata. Ma questo non era sufficiente per allontanare da tanti pericoli quei poveri giovani ; epperò quel munificentissimo Prelato stabilì di far sorgere - donando egli stesso il terreno adatto - sulla collina detta il Pincio, un grandioso fabbricato per il nuova Istituto Salesiano. Però il giorno della Natività di Maria SS., presenti tutte le Autorità civili e religiose della città, dal sullodato Mons. Calai fu benedetta e fatta la posa della pietra angolare dell'erigendo Istituto. Fungevano da padrino e madrina il Nobil Uomo Cav. Francesco Cajani e la Nobil Donna Clementina Cajani in Santarelli. Pronunciarono parole di circostanza il Sindaco Sig. Guerrieri, il padrino Cav. Cajani, il Sig. Anderlini Alfonso. Ed il Teol. Arturo Conelli , Direttore dell'Istituto Leonino di Orvieto, che vi rappresentava il Superiore Maggiore, commosso della spontanea manifestazione della cittadinanza gualdese nella solenne funzione , ringraziò di cuore tutti gl'intervenuti, dimostrando che, quando si tratta dell' educazione ed istruzione della gioventù uno solo deve essere il pensiero di tutti, una la mente, di strappare cioè tanti teneri cuori dall'irreligione e dal vizio. La sua parola improntata di nobili sentimenti religiosi , ha lasciato traccio profonde negli astanti e in tutti i visi si leggeva un'insolita consolazione. Era forse la speranza che nutrivano tanti genitori , parenti ed amici di vedere i giovanetti sapientemente educati ed istruiti... era fors' anco un presentimento che tanta gioventù sarà rapita al male per guidarla nel retto sentiero della virtù e dell'onestà... Faccia Iddio che i figli di D. Bosco possano ben presto realizzare sì nobili aspirazioni !
COLOMBIA
Tre mesi di Missione nella Provincia di Uribe (Piani di San Martin). (Relazione di D. Ernesto Briata)
R.MO ED AMATISSIMO PADRE,
San Martin, 10 Giugno 1897.
Mi è di somma consolazione il potere di nuovo inviarle confortanti notizie della seconda missione compiuta, durante gli scorsi mesi, nella Provincia di Uribe. L'anno scorso, come la S. V. R.ma avrà appreso dalla mia relazione del 30 scorso gennaio, causa le febbri palustri, dovetti limitarmi ai centri più importanti di quest'estesissima provincia: quest'anno però, grazie a Dio, si potè fare qualche cosa di più per la maggior gloria di Dio e pel bene delle anime.
Nuova residenza a Villavicencio - Visita di tutte le aziende - Santander - Porto Crevaux - La « dauta » - La Mariana - Il caucho - La « Ilusion ».
Terminati nella nostra casa di Bogotà i santi spirituali Esercizi, mi posi subito in cammino per la mia missione, e dopo un breve soggiorno a Villavicencio, dove si è aperta una nuova residenza con un prete, D. Tommaso Tallone e due Chierici, e a San Martin, senza punto sostare a San Juan de Arama e a Guéjar, il 1° marzo scorso, con José mio unico compagno di viaggio, arrivai felicemente al solitario e lontanissimo Uribe.
Da quella buona gente fui ricevuto, come l'anno scorso, con ogni dimostrazione di affetto e di gratitudine. Le autorità locali, il maestro e la maestra di scuola coi loro alunni e moltissimi altri mi aspettavano all'entrata del paese per darmi il ben venuto. Tutti erano fuor di sè per la contentezza nel vedermi di nuovo in mezzo a loro, ed andavano a gara in dimostrarmi coi fatti e colle parole la loro felicità. Quanto buon cuore e che ottime disposizioni posizioni per il bene presso tutti questi abitanti ! Se ci fosse un Sacerdote stabile, in pochi anni diverrebbe questa una popolazione eminentemente religiosa.
Ma io non poteva dedicare a loro tutte le mie cure, perchè aveva stabilito di visitare le principali aziende che la Compagnia Herrera y Uribe tiene aperte in quella provincia. Perciò, dietro cortese invito del Sig. Lorenzo Plazas, sopraintendente dell'azienda di Santander, colà mi recai a dare un po' di missione a quegli operai. Quest'azienda dista da Uribe ben sei leghe ed in certe epoche dà lavoro a più di cento operai, senza contare le donne ed i fanciulli. La coltivazione del cacao, della canna da zucchero, del banano, ecc., è la principale occupazione di questi operai; però non è neppure trascurata la pastorizia. Con somma consolazione di quei buoni coloni mi fermai due giorni, dando comodità di poter assistere alla santa Messa ed alle altre funzioni religiose.
A quattro ore da Santander nella direzione di N. O. a S. O. scorre il non piccolo fiume Guayavero, sulle cui sponde v'è il Puerto Crevaux, così denominato in memoria del celebre viaggiatore ed esploratore francese J. Crevaux che per il primo, colà imbarcatosi, navigò il Guayavero, da lui nei suoi scritti chiamato Lesseps. Questo fiume, unendosi poscia col Duda, col Guejar e coll'Ariari viene a formare il Guaviare, grande tributario del Rio delle Amazzoni. Ora, avendo saputo che a Puerto Crevaux, lontana da ogni umana dimora, viveva una famiglia composta di quattro individui, marito e moglie con due figliuoletti, mi recai a visitarla e consolarla. Là ebbi occasione di vedere per la prima volta una piccola danta od anta, come sogliono chiamarla. È un quadrupede pachidermo, della grossezza di un muletto, dal colore oscuro con striscie bianche. Manca pressochè di coda ed il naso termina in una specie di proboscide. Dicono che la sua carne sia assai squisita, ma non ho ancora avuto il bene di farne la prova.
Ritornato a Santander, mi recai a La Mariana, altra azienda forse più importante della prima, gentilmente invitato dai Sigg. Fricout e Fabrini, sopraintendenti di essa. Celebrai la S. Messa a più di cento operai in una specie di capanna aperta da tutti i lati e bellamente adornata con foglie di palma, con fiori e frutti silvestri.
Quivi, oltre al cacao, alla canna da zucchero, ai mais, si coltiva pure il così detto caucho. Il caucho è una pianta, dalla quale per incisione si estrae una specie di resina o gomma lattiginosa, che, pel suo facile indurimento, è assai ricercata sui mercati d' Europa. Alla Mariana ve ne sono più di 50.000 piante.
Nell' azienda denominata La Ilusion, che sembra piuttosto un villaggio, mi fermai tre giorni. Dessa è situata sulla sponda destra del basso Duda a 35 km. da Uribe. Quivi vi sono grandissimi pascoli, ed annualmente si coltivano ben 80.000 piante di cacao, zucchero, mais e tabacco.
In luogo decentemente preparato celebrai due volte la S. Messa, predicai, ed amministrai il Battesimo a 15 bambini. Fui sempre trattato squisitamente dal Sig. D. Juan Manuel, nipote dell'Arcivescovo di Bogotà.
La Settimana Santa In Uribe - Vantaggio dell'Istruzione religiosa - Ritorno a San Martin.
Ritornai quindi ad Uribe per compiere ivi le solenni funzioni della Settimana Santa, che si avvicinava a grandi passi. In Uribe non si erano mai fatto simili funzioni, e quindi mancavano persino le cose più indispensabili. Che fare? Senza perdermi d'animo, la Domenica di Passione espongo al popolo radunato il mio pensiero, determino le cose che erano assolutamente necessarie per le funzioni, e faccio appello al cuore di tutti, perchè vogliano venirmi in aiuto. Detto fatto; tutto Uribe, senza distinzione di persone, risponde all'appello ognuno va a gara nell'offrire il suo obolo e l'opera sua con tale un entusiasmo, che nella settimana ebbi tutto l'occorrente. Lo slancio generoso di questi abitanti mi fece parere più lieve il lavoro immenso della Settimana Santa. Si fece tutto secondo il cerimoniale, e quantunque dovessi fare da celebrante, da cantore, da accolito ed alle volte anche da sacrestano, riuscì tutto a meraviglia, con sommo frutto della popolazione. Le Comunioni tutti i giorni erano numerose, ed al giovedì santo ebbi per di più la consolazione somma di ben 25 prime Comunioni. Venne gente da tutte le aziende o colonie e persino da tre giorni di distanza per assistere a queste funzioni, dimodochè il paese in quei giorni era pieno di più di 2000 persone.
Non si ebbe a deplorare alcun disordine, non ostante che in questo paese per l'addietro fossero all'ordine del giorno le ubbriachezze, le risse e gli scandali d'ogni genere. Anche questo è frutto dell'istruzione religiosa impartita a questa buona gente, che ha solo bisogno di esser istruita per vlver bene. Durante questo tempo vi furono ben 300 S. Comunioni, più 26 che si accostarono per la prima volta; portai solennemente il Viatico a cinque ammalati, e ad undici amministrai l'Estrema Unzione. Benedissi inoltre 4 ornatrimonii e battezzai 69 bambini.
Terminate appena le feste pasquali, m'incamminai con José alla volta di San Martin, perchè, incominciando la stagione delle pioggie, più tardi avrei trovato le strade impraticabili. lnfinite furono le avventure di questo ritorno; più volte andai a rischio di perdermi negli inestricabili labirinti delle selve, o di esser travolto dalle onde furiose dei fiumi che si dovettero guadare; ma la protezione speciale della nostra buona Mamma Ausiliatrice non ci venne mai meno.
Ci fermammo in più luoghi, come a Las Pailas, a La Concepcion, a La Guadualeja, - al Guejar ed a S. Juan de Arama, luoghi tutti dove mi fu dato far di nuovo non poco bene.
Così il 26 scorso maggio arrivai a S. Martin, dove mi trovo presentemente.
Ed ora, Rev.mo° Sig. D. Rua, raccomandandolo quanto so e posso questo vasto campo di missione, che attende ansiosamente operai capaci di lavorarlo, la prego a voler benedire tutti i suoi figli di queste lontanissime regioni ed in modo speciale chi si reputa fortunato potersi sottoscrivere
Suo Dev.mo ed Obbl.mo Figlio
Sac. ERNESTO BRIATA.
Progressi del Cattolicismo nel Chubut.
(Lett. di D. Bernardo Vacchina)
CAR.mo E REV.mo SIG. DIRETTORE,
Rawson, 2 Luglio 1897.
Ho visto con piacere che il Bollettino del p. p. maggio s'interessa per questa Missione e ne divide le care speranze d'un avvenire più lusinghiero per la nostra santa Religione in questo Territorio. Ne la ringrazio di cuore, e mi pare di poterla assicurare che vi hanno fondati motivi di lodar Dio e rallegrarci.
La Signora del Territorio - Forti motivi di speranze - Chiusura dei mese del S. Cuore e nuove consolazioni.
È un fatto ben consolante e significativo che la Santa Madre di Dio va facendosi, colle sue chiese e cappelle, amorosa Signora del vastissimo Territorio della Patagonia Centrale, fino a ieri dominato dall'eresia inglese o dalla barbarie degli indigeni. E così che abbiamo all'Est, in Rawson, il classico tempio principale della Missione, dedicato a Maria Addolorata, ed il recente santuarietto di Maria Ausiliatrice. Un po' più in là, al Nord-Ovest, nel cuore del protestantesimo chubutino, Nostra Signora di Lujan; Santa Maria degli Indii nel centro del Territorio sul fiume Chubut; all'Ovest, alle falde della Cordigliera, quasi sui confini del Chili, di nuovo Maria Ausiliatrice che sta erigendosi un'altra modesta dimora.
Considerando che tutto ciò è lavorìo di neanche due anni e con mezzi intieramente e straordinariamente somministrati dalla Divina Provvidenza, bisogna ben presagire avvenimenti speciali in favore del Cattolicismo, se non si vuol supporre che Iddio si edifica Case per lasciarle poi solitarie e deserte.
Del resto, anime pie e cuori innocenti pregano da molto tempo per i fratelli separati e traviati, e l'orazione, si sa, è onnipotente sul Cuore Divino. Gli esempi di specchiata virtù cristiana non mancano: discendono luminosi dall'alto delle nostre civili Autorità e s'ìmpongono tra fedeli e dissidenti. La beneficenza cattolica, in pieno vigore, raccoglie sotto la sua ombra salutare molte miserie umane. Chi può resistere contro il fuoco divino della carità l! Di fatti, gli stessi protestanti ne cercano la soave luce ed il santo calore: di questi giorni stessi un padre, angustiato per i traviamenti d'una figlia, fin dalla lontana Colonia 16 Ottobre, la vuol mandare alle nostre Suore, perchè la aiutino a rinsavire ; e questo fatto ripetuto parecchie volte da altri genitori protestanti e dove essi fanno, come suol dirsi, la pioggia ed il bel tempo, qualche cosa vorrà pure significare.
Si aggiunga ancora che i nostri sfortunati fratelli non sono apostati spudorati, avvinti all'errore da sordido interesse o da vizii più vergognosi : son nati e cresciuti nell' eresia, succhiandola dallo stesso seno materno : l'educazione loro fu un impasto di anticattolicismo, confermato, alimentato ed ingigantito da esempi d'empietà di certi cattolici troppo indifferenti, se non del tutto irreligiosi o rinnegati ; circostanze queste che dicono certamente in loro favore e ce li fanno supporre in certa buona fede, mentre Iddio stesso ne terrà conto nel tribunale delle sue misericordie. Oh non ci si tolga la dolce consolazione di dir bene e sperar meglio dei cari nostri fratelli separati ! Potessimo avere la bella sorte di vedere la nostra S. Fede scrivere sulle immortali sue pagine anche questo trionfo! Cerchiamo d'affrettarlo coi nostri voti più ardenti; e lei, Sig. Direttore, ci aiuti colle sue preghiere e coll'attiva e feconda propaganda del sempre graditissimo Bollettino. Volesse Iddio che ogni lettore del medesimo elevasse anche solamente una breve, ma fervida preghiera a questo fine !
Negli ultimi giorni di giugno, per conclusione del mese dedicato al Sacro Cuore, si tennero le Quarant'Ore. Vi fu vero slancio in tutti. E d'aver prestato culto sì solenne a Gesù Sacramentato, misconosciuto e bestemmiato dall'eresie de' dintorni, fummo in modo stragrande ricompensati; giacchè il caro nostro Salvatore nell'Augusto Sacramento sta volta ha attirato a sè altro Autorità, che erano rimaste indifferenti anche dopo i chiari esempi del caro nostro amico il Governatore. E fu assai commovente lo spettacolo d'un nostro bravo alunno nel guidare magistralmente alla santa Comunione il fortunato suo genitore già schierato sotto le bandiere di nefanda setta. Frutto delicato e delizioso, assai raro per certo in questo deserto della Patagonia, ma che basta per eccitarci a magnificare la divina misericordia e darci maggior lena nell'ardua fatica.
Avvicinamento degli lndii - Altri ospiti e nuovi Battesimi - Aumento di ricoverati e di spese - Fiducia In Dio.
Anche per rispetto agli Indii Pampas e Manzaneros le cose vanno meglio: con frequenza ci chiamano fra le loro tribù, ci affidano i figli, ci visitano nella Casa della Missione e son docili al S. Vangelo. Al presente è nostro gradito ospite il vecchio Capitanejo cristiano Chagallo con tutti i suoi. L'indusse a visitarci il nostro alunno e suo nipote Juan Lucanen Esperanza: ci lascierà in casa per l'educazione nove fanciulli, mentre ora stiamo addottrinando dieci adulti, a cui amministreremo, insieme coi loro bambini, il S. Battesimo cogli altri Sacramenti necessarii. Poveretti ! Si mostrano grati e contenti, ancorchè non ci venga fatto dare loro gran cosa. Se ne andranno via dopo un paio di settimane. Buon per noi che il Sig. Governatore ci venne in aiuto con carne salata e la Conferenza di San Vincenzo con una buona pezza di cotone, altrimenti non avremmo proprio potuto tenerli in casa.
Sono anche arrivati or ora due altri Indii per mettere due fanciulli da noi e ci portano lettere di un tal Sig. Brunt, protestante, che raccomanda due fanciulle indie, che condurrà egli personalmente alle Suore di Maria Ausiliatrice alla fine del p. v. agosto.
I fanciulli Indii nella Casa della Missione sono presentemente una trentina. Coi raccomandati dal Sig. Brunt ed altri sette che ci devono venire da Quichaure, dove si trovano i buoni fratelli Mulahal, arriveremo ai quaranta. Sappiamo inoltre che il Cacico della pampa Sac-Mata ne tiene preparati parecchi altri per quando ci recheremo a prenderli. E lo contenteremo presto, andando, coi mezzi che riceveremo dal Governatore, appena cessati i rigori della stagione, che in quest'anno è capricciosa e rigida quanto mai.
Ma intanto aumentano le spese ed i debiti per la Casa, ed ora passiamo per penurie proprio eccezionali. Le provvigioni, fatte nel p. p. marzo per un anno, sono scomparse e le bocche aumentano, quotidianamente, tanto da parer la nostra povera Casa quella della comune Provvidenza. Deus providebit ! mi dico ognora per farmi coraggio; ma, se di notte mi sveglio, la mente corre ai debiti; di giorno penso che è necessario provvedere e con urgenza, ed i mezzi non compaiono. È una pena, un cruccio continuo, reso più sensibile dal dover lesinare il pane a questi nostri poverini affamati e dal vederli paonazzi e martellare. i denti dal freddo.
Bastassero almeno le spese per la vita ! Bisogna pensare ad ingrandire i locali, perchè lasciare i giovani ammucchiati com'ora, è pericoloso in tutti i sensi. Lo stesso passa per le Suore di Maria Ausiliatrice ed in maggior proporzione. Domine, Domine, ad adiuvandum nos festina ! In te, Domine, speravi non confundar in aeternum !
Voglia pertanto, carissimo Sig. Direttore, raccomandarci ai nostri generosi Benefattori: il nobile loro sacrifizio consolerà la Chiesa di nuovi figli, darà alla società virtuosi membri, al Cielo, speriamo, maggior numero di abitatori, e Dio li ricompenserà generosamente della loro carità. Così lo desideriamo e preghiamo loro da Dio.
Ci abbia ognora presenti nelle sue preci, di cui tanto abbisogniamo, e gradisca i cordiali rispetti di questo suo
Aff.mo Confratello
Sac. BERNARDO VACCHINA.
PATAGONIA SETTENTRIONALE
In cerca di soccorsi. (Lettera di D. Domenico Milanesio)
REv.mo Sig. D. RUA,
Temuco, 10 Maggio 1897.
Mi trovo ai piedi delle maestose Cordigliere, in procinto di valicarle per ritornare alla mia Missione di Junin de los Andes, dove mi sta aspettando il nostro caro D. Augusto Crestanello, mandato da Mons. Cagliero per unirsi e dividere meco l'opera del suo apostolico zelo in favore della fede e della civiltà degli abitanti del Territorio del Neuquen. Stava costui da tre anni in Roca con D. Stefenelli ; ed ora, ricevuto ordine di rimontare fino a Junin, vi si è tosto recato col giovane mio catechista Stefano Guzinan, e dandomene il fausto annunzio, mi rende pur noto ch'egli è venuto ricco di santa povertà, vale a dire privo di ogni cosa necessaria alla vita. Oh! cara ed indivisibile compagna dei Missionari Salesiani! Tu sei la caparra più sicura del premio loro riserbato in cielo ! Beati pauperes spiritu, quoniam ipsorum est regnum coelorum. - Io pure l'anno scorso, in questa stessa Missione, passai circa due mesi con due soli scudi in tasca, che cercava di conservare, perchè costituivano l'unica mia risorsa per un prossimo viaggetto a Buenos Aires. - Ma come faceva a tirar innanzi? - Presto detto : si camminava a vapore, cioè facendo pouf, pouf, vale a dire contraendo debiti, i quali crebbero in tal maniera, che mi obbligarono a recarmi in fretta alla metropoli in cerca di soccorsi.
Un viaggetto non troppo piacevole, ma proficuo. - Visita alle Case dell' Argentina. - Gli Oratorii festivi. - Uno sguardo alla
Patagonia.
Questo viaggetto misura nientemeno che 300 leghe, vale a dire 900 miglia, e dovendosi fare coi mezzi di trasporto proprii di questi deserti, v'impiegai ben venticinque giorni. Venticinque giorni in groppa ad un cavallo o ad un asino, attraverso a vallate immense senz'incontrare che raramente abitazioni umane, o sopra altissime montagne, dove tocca sovente dormire sul nudo suolo, talvolta coperto di alta neve, molestati da venti furiosi, pioggie dirotte e freddo intenso, col conforto di cibi grossolani e bevande salate, amare e spesso limacciose.... non sono poi la cosa più piacevole di questo mondo. Eppure di tanto in tanto si è a ciò costretti, sia per ottenere dai fedeli dei grossi centri gli aiuti di maggior urgenza per la Missione, sia per trattare di presenza coi Superiori e Confratelli di ciò che più importa per lo sviluppo di essa, sia anche per fare gli Esercizi Spirituali e ritemprare lo spirito a lavorare con maggior ardore alla gloria di Dio ed alla salute delle anime.
In Buenos Aires ho tenuto conferenze nelle principali chiese, ho bussato alla porta di varii Signori, e, ad onor del vero, debbo dire che sono riuscito ad avere almeno il necessario per saldare il debito contratto per la nuova Missione di Junin. Le Signore poi di questa capitale quali novelle Tabite sono andate a gara nel fornirmi di un buon corredo di vestiarii pei poverelli della Patagonia. Che il Signore le benedica e renda loro il cento per uno di quanto hanno fatto pei poveri Patagoni !
Di passaggio ho avuto la consolazione di vedere la maggior parte delle Case Salesiane della Repubblica Argentina. In tutte ho ammirato una grande pietà e lo spirito del nostro venerato Fondatore fiorire in tutta la sua pienezza.
La Casa di S. Carlo in Almagro (Buenos Aires) va aumentando ogni anno i suoi edifizi : attualmente può albergare da 400 a 500 giovani ; ma sento che le domande di accettazione sono tante, che debbono rispondere negativamente a più di due terzi. È questa come la nostra Casa-Madre, dove noi troviamo sempre buona accoglienza, trattamento e cortesia piucchè fraterna e l'esempio più perfetto dell'osservanza delle nostre sante Regole.
La Casa della S. Famiglia in Bernal, poco distante da Buenos Aires, e che ha due soli anni di esistenza, promette assai bene : già conta 80 giovanotti tra aspiranti ed ascritti, i quali formano la nostra più cara speranza, perché tutti con vocazione ecclesiastica. Tra non molti anni di qui uscirà senza dubbio un bel numero di Sacerdoti che andranno ad aumentare le file ed il bene dei Missionari Salesiani in queste vastissime plaghe.
Uno stuolo di bravi giovanotti si allevano pure nella Colonia Agricola di Uribelarrea, dove coi lavori ben organizzati del campo si alternano l'istruzione elementare e complementare e le pratiche della più soda pietà cristiana.
Ogni Collegio Salesiano , ogni Istituto delle Suore di M. A. di questa Repubblica è rigurgitante di alunni. E gli stessi Oratorii festivi presentano l'aspetto di un formicolaio di giovanetti gioviali ed allegri, i quali, passando il giorno del Signore tra pratiche di pietà ed onesti divertimenti, si restituiscono alla sera alle proprie famiglie col cuore contento e puro da ogni macchia di peccato. Tali sono gli Oratorii annessi alle Case della Boca in Buenos Aires, di Bahia Bianca, di Rosario, di S. Nicolas de los Arroyos, di Mendoza, e specialmente quelli di S. Francesco di Sales e di S. Caterina nella stessa capitale, il primo dei quali conta ogni domenica un migliaio di giovanetti e l'altro un mezzo migliaio, e sono per noi ciò che era l'Oratorio di Valdocco ai tempi di D. Bosco, fornendoci ogni anno un bel numero di vocazioni ecclesiastiche e religiose.
Per completare il breve quadro dell' opera nostra nella Repubblica Argentina dovrei toccare della Pampa e della Patagonia. E a questo proposito mi raggiunse di questi giorni una lettera dell'amatissimo nostro Vicario Apostolico Mons. Cagliero, che mi annunzia con giubilo l'apertura di tre nuove residenze fattesi nell'anno testè decorso. Di modo che presentemente si contano 21 Case nella Patagonia e Pampa Centrale : di queste 13 di Salesiani e 8 di Suore di Maria Ausiliatrice. Il personale consta di un Vescovo, 32 Sacerdoti, una decina di Chierici, 20 e più Confratelli che fanno da Capi d'arte e da Catechisti, e 67 Suore di Maria Ausiliatrice.
A prima vista questo personale sembrerebbe assai considerevole; ma se si osserva che la Patagonia e la Pampa Centrale dànno una superficie, secondo le geografie, di 1.012.000 km. q., allora parrebbe anzi assai scarso, non arrivando neanco ad un terzo di quanto si richiederebbe.
E però alla Patagonia debbono ancora rivolgere il loro cuore i novelli generosi Leviti e Suore di Maria Ausiliatrice, che desiderano guadagnare anime a Dio ed acquistare un più bel posto in Paradiso. Alla Patagonia debbono ancora rivolgere la loro carità i benemeriti Cooperatori e Cooperatrici Salesiane, per aiutarci in un'opera così santa e di sommo gradimento al Signore. Alla Patagonia fissino il loro sguardo tutti i buoni cristiani nell'innalzare a Dio le loro fervide preci, acciocche ci sia dato di poter distruggere in queste plaghe l'impero di Satana ed inalberarvi la Croce, il caro vessillo di nostra Redenzione. È questa la supplica che di gran cuore inviamo a tutti i nostri fratelli d'Europa non solo, ma di tutto l'orbe cattolico.
La traversata al Chili. - Un cenno di quelle Case Salesiane. - Scarsità di clero. - Un'opera che vi provvede. - Necessità di sostenerla.
Per evitare la lunga e disastrosa traversata di 300 leghe a cavallo, col consenso del mio Superiore Mons. Cagliero, feci ritorno alla Missione di Junin per la via ferrata che da Buenos Aires tocca Mendoza, e quindi, attraversando la Cordigliera, arriva alle Ande nel Chilì in tre soli giorni.
Questa ferrovia non è ancora terminata: nella parte più culminante della Cordigliera vi è un tratto di circa 60 miglia che si fanno a cavallo, e, per coloro che han danari, anche in carrozza.
A Mendoza mi fermai a dettare gli Esercizi Spirituali alle Suore di Maria Ausiliatrice ed ai nostri cari Confratelli. Poi, via direttamente pel Chili.
E qui non posso tralasciare di far un cenno anche delle Case Salesiane di questa Repubblica, che sono pressoche dimenticate dalla carità europea, quantunque ne abbiano sommo bisogno. Oh! voglia il Signore convertire in istrumenti di carità e di misericordia a beneficio di queste altre Opere Salesiane quanti leggeranno queste mie poche linee!
La Pia Società Salesiana attualmente possiede nel Chili ben 11 Case, senza contare quelle di Puntarenas, dell'isola Dawson e della Terra del Fuoco, pure appartenenti alla Repubblica Chilena. Le Suore di Maria Ausiliatrice ne hanno 3: le altre 8 sono di Salesiani.
La Casa di Concezione alberga 200 interni, studenti ed artigiani. A Talca, oltre gli interni, studenti ed artigiani, v'è l'Oratorio festivo con cappella e cortile separati, frequentato da 200 e più giovanetti, la chiesa pubblica di S. Giovanni di Dio, e due altre Cappellanie, che alle volte diventano tre. Nella capitale, Santiago, v'è la Casa detta del Patrocinio di S. Giuseppe con quasi 200 alunni studenti, e l'altra del Carmine, detta anche della Gratitudine, con quasi altrettanti artigianelli, l'Oratorio festivo frequentato da qualche centinaio di esterni ed una grandiosa chiesa pubblica, ín cui ogni giorno si celebrano tre Messe, si predica ogni domenica e giorno festivo e si amministrano i SS. Sacramenti. Quest'ultima è la Casa centrale, ove attualmente. risiede l'Ecc.mo Mons. Costamagna quale Vicario Generale per le Case Salesiane sparse nelle varie Repubbliche del Pacifico.
E per non dilungarmi a parlare di tutte le altre, accennerò solo alla Casa di Macul nelle vicinanze di Santiago, che contiene una trentina di ottimi giovani, studenti di latino, filosofia e teologia, che aspirano al Sacerdozio e ad arruolarsi nell'esercito de' Figli di D. Bosco.
Grande è la scarsità del clero secolare e regolare nel Chilì, e molte anime vanno perdute per mancanza di Sacerdoti. Le statistiche europeo ci dànno in media un Sacerdote ogni 350 anime. Nel Chili, nell'Archidiocesi di Santiago, ve n'è appena uno ogni 2000 anime; nella Diocesi di Concezione sono ancora più scarsi.... uno ogni 5000. Si calcola quindi che in alcune Parrocchie del Sud di questa Repubblica, le quali contano 30 o 40 mila anime sparse in una estensione immensa e con un solo Sacerdote, appena 10 su 100 possono ricevere i Sacramenti in punto di morte, e di questi 10 non tutti certamente possono aver la felicità del Santo Viatico che li accompagni all'eterna dimora. E si noti che i 90, che muoiono senza i conforti di N. S. Religione, non sono nè eretici, nè nemici ostinati della Chiesa, ma buoni credenti che bramerebbero quasi tutti di avere al capezzale un zelante ministro di Dio.
Laboratorii Salesiani di Concezione (Chilì).
È però s'immagini di quanta utilità sia per tornare la nostra fondazione di Macul. Senonchè io credo sia questa la Casa Salesiana più povera che esista in tutto il mondo. Essa non ha fondi, nè mezzo veruno di sostentamento : gravita intieramente sulle Case di Santiago, Talca e Concezione, le quali riconoscendo i vantaggi immensi che più tardi ne proveranno, si fanno solidarie e s'obbligano a pagare mensilmente per essa quella tangente che loro viene indicata ed imposta dell'Ispettore. Ma questa è una barbarità ! Le poverette, che già debbono pensare a mantenere un gran numero di orfani e di poverelli, si trovano cariche di debiti fino ai capelli. La Gratitudine, Casa per gli artigianelli, ha col Banco e con alcuni privati il debito di 244.790 franchi in oro; quella di Concezione 130.000 fr.; e quella di Talca 93.000. E siccome il Banco non fa elemosina, supponendo che si abbia a pagare solamente l'interesse del 10 %, vi sarà ogni anno l'aumento di 24.000 fr. per la prima, di 13.000 per la seconda e di 9.000 per la terza.
Opera quindi di grande benemerenza sarebbe quella di sgravare di tanti debiti queste Case chilene, acciocche più speditamente possano concorrere al mantenimento ed alla prosperità di quella di Macul; oppure prendersi a carico il sostentamento di quest'ultima, per liberare di tal peso quelle, che sono già accasciate e curve sotto i proprii. Chi sa che la Provvidenza non abbia a suscitare qualche anima generosa, che stenda la, sua mano pietosa e benefica per aiutare quest'opera diretta ed aumentare il Clero nel Chili e cooperare per tal modo alla salvazione di maggior numero di anime, che d'altronde si perderebbero eternamente? Io lo spero; ed in tal caso pregherei queste benemerite persone a volersi mettere in relazione con Lei, Rev.mo Sig. D. Rua, per conoscere il mezzo più facile e sicuro onde far pervenire fino a queste Case le proprie elemosine.
Perdoni, Rev.mo Padre, la mia baldanza, mi scusi del nuovo disturbo che confido le recherà questa mia, mi raccomandi al Signore ed alla Vergine Ausiliatrice e mi creda sempre
Suo Aff.mo Figlio
Sac. DOMENICO MILANESIO. URUGUAY
In favore degli Italiani emigrati.
IN data 16 luglio scorso, il Sacerdote D. Giovanni Beraldi, addetto al Collegio Convitto Don Bosco in Paysandù, scriveva al Rev.mo Sig. D. Rua le seguenti consolanti notizie:
« Io mi trovo sempre di residenza nel Porto di Paysandù, nel nostro Collegio D. Bosco. Sono ormai otto anni che lavoriamo in pro delle anime e qualche cosa di bene si va facendo in mezzo a questa popolazione, composta in massima parte di Italiani e specialmente di Genovesi. Già fa piacere vedere ogni mattina numerose Sante Comunioni, ed alla Domenica è commovente lo spettacolo di numerosi stuoli di pii giovanetti e fanciulle che unitamente ai loro genitori si accostano al Banchetto Eucaristico per cibarsi del Pane dei forti... Presentemente poi abbiamo 100 giovani esterni che frequentano le nostre scuole : altri 200 circa frequentano l'Oratorio festivo, ed inoltre abbiamo la cura spirituale di questa popolazione del Porto e di altre sulla sponda del fiume Uruguay.
» Una cosa lasciava molto a desiderare ed era a nostra Cappella ancora in rustico e non finita per mancanza di mezzi. Pregammo Maria Ausiliatrice, nostra buona Madre, a volerci aiutare, e confidati in Lei incominciammo i lavori di restaurazione. Non fu vana la nostra fiducia in Maria in poco tempo si raccolsero abbondanti offerte, di modo che, ad opera finita, ci rimase solo un piccolo debito che speriamo di poter presto saldare. Ma intanto la Cappella, prima cotanto rustica ed indecente, si è trasformata come in un piccolo santuario , dove Gesù Sacramentato è amato, visitato ed adorato da centinaia e centinaia di cuori....
» Il 28 scorso aprile volli incominciare a pormi in Missione per la campagna, e mi recai in prima alla bella e ricca città di Salto, dove fui ricevuto ed ospitato dal Parroco il Rev.mo D. Crisanto Lopez. Al mattino seguente dopo celebrata la S. Messa, partii per l'ultimo paesello della Repubblica Uruguay chiamato Santa Rosa. Quivi arrivai dopo sei ore di ferrovia, e mi fermai più giorni onde dare a tutti comodità di compiere il precetto pasquale, essendo il Parroco assente per malattia. Preparai alla 1a Comunione alcuni giovani e giovanette ed amministrai gli ultimi Sacramenti ad un povero moribondo abbandonato, che trovai coricato sopra due nude tavole in una capanna lungo la sponda sinistra dell'Uruguay.
In questo frattempo, essendo venuto a sapere che a sei leghe di distanza, in un punto chiamato Zanja-Honda vi era una Colonia di Italiani, da loro pure mi portai per visitarli e consolarli. Mi fece pena in vederli nuotare nella miseria, ma più di tutto mi amareggiò il loro stato morale. Molti hanno già perduta la fede e vivono all'Americana, come dicono qui, e quelli che ancora continuano fedeli a Dio sono in pericolo di corrompersi ben presto, perchè non hanno nè Chiesa, nè Sacerdote e si trovano proprio « pel mondo spersi ». Quante povere madri cogli occhi bagnati di lagrime deploravano la rovina dei loro figli!.... Quanti piangevano e sospiravano la patria diletta! Quanti giovani e giovanette abbandonati ad un doloroso avvenire ! Io non poteva reggere a tanto miserie; mi sforzava di non mostrarmi commosso, ma il mio cuore era straziato dal dolore e le lagrime sgorgavano dagli occhi. - Poveri Italiani, diceva fra me, una volta cotanto felici e rispettati, ecco a che stato vi siete ridotti allontanandovi da Cristo e dalla sua Chiesa!... - Diedi a tutti comodità di ricevere i SS. Sacramenti : preparai i fanciulli e le fanciulle alla la Comunione ed amministrai quarantadue Battesimi.
» Il giorno 15 di maggio m'avviai verso Belen, altro paesello sopra la costa levante del fiume Uruguay. Il viaggio fu molto cattivo ed il demonio fece tutti gli sforzi per impedirmelo e con furiosi temporali e con precipizii inevitabili ; ma il valido patrocinio di Maria Ausiliatrice, nella cui novena ci trovavamo, mi preservò miracolosamente da ogni insidia. Oh ! quanto è buona questa nostra potente Ausiliatrice ! Arrivato a Belen, volli subito celebrare la S. Messa in ringraziamento di una tanto mirabile protezione. Ivi mi fermai otto giorni, dando a tutta la popolazione comodità di compiere i doveri del buon cristiano. Tutti erano felici ed in festa, e prima che partissi mi pregarono di benedire il nuovo Cimitero. Fu una funzione commovente , cui prese parte tutta quella popolazione di quasi 2000 persone.... Povera gente, quanta pena mi fai nel saperti lassù senza Sacerdote, senza Sacramenti e senza parola di Dio!
» Ritornato a Santa Rosa per la Pentecoste, avrei voluto ancor recarmi in Missione in altri centri, ma le forze rivoluzionarie, che da alcuni mesi combattono contro quelle del Governo, me lo impedirono. Quindi dovetti far ritorno a Paysandù a lavorare coi miei Confratelli ed a pregare Iddio per la pace e concordia dell'infelice Uruguay. »
ALI MARINA (SICILIA)
Una bella e simpatica festa ebbe luogo lo scorso agosto nell'Oratorio festivo di questa città per la solenne benedizione della bandiera che la Compagnia di S. Giuseppe, da poco tempo fondata, mercè la generosa cooperazione di parecchi signori del paese, ha potuto acquistare.
Ben 80 soci, fra adulti e giovani, componenti la detta Compagnia, e parecchi Membri Onorarii di essa, fra cui il Sindaco stesso del paese, raccolti ai piedi dell'altare di Maria SS. Ausiliatrice, il giorno dell'Assunta ascoltarono con ineffabile gioia un forbito discorso, col quale il Direttore del Collegio Salesiano di Messina veniva esortando tutti alla costanza nell'operare il bene, alla fuga del rispetto umano, alla vigilante custodia della nostra santa Fede, al coraggio nel superare ogni ostacolo e vincere ogni difficoltà, suggerendo all'uopo i mezzi più opportuni compendiati in queste parole: Preghiera, lavoro, sacrificio.
Fu quindi solennemente benedetta la nuova bandiera, sopra cui è dipinta l'effigie di S. Giuseppe; ed all'indomani, festa del glorioso S. Rocco, nella Parrocchia a lui dedicata, accompagnato da tutti i Giuseppini e Luigini dell'Oratorio, l'amato vessillo fece la sua prima solenne comparsa. La chiesa era gremita di gente; l'ordine e la compostezza però inappuntabile fu in tutti, perchè commossi nel vedere una sì cara funzione, durante la quale numerosissime furono pure le S. Comunioni. Alla sera si diede nel cortile dell'Oratorio un ben riuscito trattenimento musico-letterario, e questa festa lasciò in tutti i cittadini intervenuti perenne e soave ricordo. Ne sia lode a S. Giuseppe ed a quei nostri buoni Confratelli e Cooperatori.
D. LUIGI PROF. ALEMANNI da Lodi.
QUESTO zelante Sacerdote, Vice-Direttore dei nostri Cooperatori della città di Lodi, venne rapito alla terra il 28 scorso agosto, lasciando profondamente addolorati quanti lo conoscevano.
« Egli, giovane d'anni, maturo però di senno, Professore nel Seminario vescovile , Direttore del giornale il Cittadino, Consigliere comunale nella sua città, prete di fede e di opere buone, amico schietto e discreto, era di quelli che si incontrano e non si dimenticano più, perché destano un vivo interesse nell'animo e presentano i più seni argomenti a presagire di loro ottimamente. Teneva anche il posto di Vicepresidente del Comitato diocesano laudense, e non è a dir quanto si adoperasse nell'azione cattolica, quanto zelasse il ritorno dei laicato alla Chiesa e promovesse l'amore e la devozione al Sommo Pontefice.
Egli conosceva la necessità dei tempi nostri e vi adattava i mezzi di propaganda della verità e di opposizione all'errore, che sono richiesti dalle forme di lotta imposte dagli avversari della religione e della società. Amabile di parola e di tratto, sorridente, usava della dolcezza e dignità sua non per confermare nel male l'errante, ma per indurlo alla rettitudine del pensiero e della condotta; come l' uomo intransigente, l' uomo di carattere, l'uomo che seriamente compie la propria missione, è sempre caro e simpatico quanto più sta lontano dall'opportunismo molle e ignaro della via che deve battere - così D. Luigi Alemanni nella sua fermezza era attraente e altamente stimato. Tutto in lui veniva legato, come da un vincolo d'oro, dalla pietà verso Dio e verso Maria, la pietà che lo rendeva Sacerdote esemplare.
» L'anima tua buona e bella, o Don Luigi, goda la pace di Cristo. Ci ricorda a Dio e intercedi che possiamo noi anche nella sua grazia raggiungerti in cielo, poiche è la morte nelle braccia di Cristo che è invidiabile, non già la vita che ogni dì si fa greve (1). »
SERAFINA MEDA NATA PIGLIA di Sanico (Casalmonferrato).
MORIVA in Sanico il 14 luglio scorso, a soli 34 anni di vita e dopo due lunghi di cruda malattia. Benchè di non elevata condizione e accasata in una famiglia patriarcale sì, ma di semplici contadini, pure aveva un'intelligenza così fine, un sentire così delicato e generoso da potere gareggiare con qualunque gentildonna. La sua virtù, il suo zelo ed apostolato si spiegò sopratutto verso le Opere Salesiane, delle quali fu sempre attiva zelatrice presso quei di Sanico e paesi vicini. La sua operosità si attirava la stima universale, perchè, fedele al Regolamento dei Cooperatori nostri, esercitava pure a bene di quelli del suo paese tutte le opere di carità suggerite ed inculcate. Quindi non è a meravigliare che la sua morte sia stata pianta da tutti e che un vero trionfo siano riusciti i suoi funerali. Sulla sua tomba noi deponiamo, unito alle nostre quotidiane preci, questo semplice fiore, sicuri del resto che ora gode di già il premio meritatosi colla sua carità, colla sua pazienza e modestia. Voglia il Signore, dietro preghiera di questa santa donna, farne sorgere altre nei paesi tutti a maggior sua gloria ed a bene delle anime!
ANNIVERSARIA COMMEMORAZIONE di D. Francesco Agosta.
Morsasco, 30 Agosto 1897. IL giorno 25 del corrente mese si fece in questa mia Parrocchia solenne commemorazione del non mai abbastanza compianto D. Francesco Agosta, vero modello di zelo sacerdotale ed intrepido Missionario della Patagonia, gloria non meno di Morsasco, che della Pia Società Salesiana. La mesta funzione riuscì compitissima. Questo mio caro popolo, appena sentì i lugubri rintocchi delle campane che lo invitavano alla funebre cerimonia, accorse numeroso, preceduto da eletto Clero, e vi assistette coi sensi della più profonda commozione. Il Rev. D. Marenco, inviatoci gentilmente dal Sig. D. Rua, elogiò con tanta unzione e maestria le virtù del defunto, che commosse fino alle lagrime, e mentre accrebbe in tutti la stima e la venerazione che già si aveva verso il defunto, destò pure la più alta ammirazione verso cotesta provvidenziale Istituzione Salesiana, la quale sa dare alla Chiesa sì distinti campioni. Egli ci mostrò questo Sacerdote Missionario vero soldato di Cristo, secondo l'esortazione di S. Paolo a Timoteo, nell'abbracciare e far sua con santo entusiasmo la causa di Dio e delle anime; soldato nell'affrontare i disagi e le privazioni sul campo della Missione; soldato nel dare la vita per Gesù Cristo a trentatrè anni. Le sue parole ascoltate con religioso trasporto non andranno perdute, e per me vorrei che altri sorgessero a seguire l'esempio del nostro D. Agosta.
In questa circostanza fu distribuito e accolto con somma riconoscenza da tutte le famiglie un pio ricordo-ritratto del defunto , che il Signor D. Rua con gentile e delicato pensiero volle regalarci, ed il quale certo farà sì che la memoria del zelantissimo Missionario, e, diciamo pure, primo Martire Salesiano della Patagonia, resti indelebilmente scolpita nell'animo di questi buoni parrocchiani, i quali vanno gloriosi di possedere un sì illustre compatriota.
Di tutto sia lode a Dio e grazie infinite al Sig. D. Rua, e per l'oratore inviatoci e pel prezioso dono che si compiacque farci, da parte di tutti questi miei cari parrocchiani e specialmente da parte mia e da parte dei desolati genitori dell'amatissimo D. Agosta.
SaC. STEFANO FERRARIS Prevosto
IN MEMORIA DI MAURIZIO DUFOUR.
LA mattina del 16 p. p. settembre, nella Chiesa parrocchiale di S. Gaetano in San Pier d'Arena, i Figli di Don Bosco vollero mostrare la loro riconoscenza al defunto Commendatore Maurizio Dufour colla solenne celebrazione della Messa di Requiem di trigesima.
Non descriviamo nè il semplice, ma correttissimo addobbo della chiesa, nè il ricco catafalco sollevantesi maestoso in mezzo ai doppieri accesi, nè l'esecuzione corretta della commovente Messa funebre di Mons. Cagliero.
Ci contentiamo di notare che molte furono le persone accorse, oltre i membri della casa Dufour. Tra queste vanno segnate i Parroci delle Parrocchie limitrofe e della Val Polcevera, la Società Operaia di S. Martino, di S. Vincenzo de' Paoli, il Comitato Parrocchiale di S. Gaetano, l'Istituto detto delle Pietrine, quello di S. Anna, quello della Provvidenza, le Suore di Carità e di Maria Ausiliatrice.
Fu una novella dimostrazione di quanto fosse stimato ed amato il buon Dufour, e prova chiara del bene che egli fece, dei benefici ch' egli largì mentre viveva.
Per la mesta circostanza erano state preparate le seguenti epigrafi
Sulla facciata della chiesa
A Maurizio Dufour - Commendatore di S. Gregorio Magno - Cam. Seg. di C. S. di S. S. Leone XIII - Professore accademico - In tempi difficili - Esempio raro di virtù fortezza cristiana - Strenuo campione dell'azione cattolica - Pio caritatevole laborioso - Gloria dell'arte italiana - Morto il 17 agosto 1897 - Pregate - Requie eterna.
Ai quattro lati del catafalco
1. Non cercò ricchezze - Il suo censo - Profuse diede ai poveri - Ora possiede - 11 regno dei cieli.
2. Non sedette - Sulla cattedra dell'errore - Meditò- Coll'esempio colla parola - Insegnò la legge di Dio - L'eterna verità - L'accolse nel suo seno.
3. Mansueto - Umile di cuore - Amici e nemici l'acclamano - Dio - Lo guardò lo esaltò.
4. Col potente ingegno - Al decoro della casa di Dio - L'arte rivolse - Nella Casa del Celeste Padre - In eterno - Gloria, splendore - Lo circondano.
Alla Cappella di Maria Ausiliatrice
Maurizio Dufour - Le decorazioni di questa Cappella - Dedicata - A Maria Ausiliatrice - Con gusto artistico disegnò - Con cura premurosa assistè - Pegno di filiale amore - Alla Gran Madre Celeste.
Oh ! voglia il Signore concedere alla terra molti di simili uomini !
(1) Osservatore Cattolico di Milano.
Pregò, persistette nella preghiera e fu esaudita.
Il giorno 19 febbraio del corrente anno mio padre, impiegato come guardiano nelle lagune da pesca, disgraziatamente precipitò dalla botola d' una soffitta del suo appostamento , lontanissimo di bei chilometri dalla città. I pochi compagni accorsi, constatato che egli erasi offesa una coscia in modo allarmante, privi di. qualunque sia pur precaria medicatura, non poterono far di meglio che collocarlo in barca e trasportarlo a Comacchio. Inutile accennare quanto i disagi del lungo viaggio rincrudissero gli spasimi dell' infelice. Niuno poi potrebbe immaginare il nostro doloroso stupore quando, ignari di tutto, ce lo vedemmo recare in casa in quello stato.
Il medico, chiamato d' urgenza, non potè simularci la gravità della disgrazia. Iniziò una cura assidua, paziente, affettuosa. Non si risparmiavano spese, malgrado la nostra povera condizione. Ma volgevano ormai due mesi, dacchè l' infermo teneva il letto, nè ancora dava segni di miglioramento. Ormai le trepidazioni si accumulavano alle angoscie, chè non sapevamo più in qual modo sopperire ad ulteriori spese: quando fortuna volle che persone, presso le quali mi trovavo a servizio, mi suggerissero d'invocare l' aiuto di Maria SS. Ausiliatrice, la Madonna di Don Bosco.
Non esitai ad accettare il consiglio, ed oh! quanto ne sono contenta. Il primo sabato, dacchè aveva iniziato un corso di preghiere, supplicando acciò la Madonna degnasse affrettare la guarigione di mio padre, tornata a casa dal servizio, fui. spontaneamente chiamata da lui che sentiva il bisogno di dirmi come si trovasse un po' sollevato !
Questa consolante notizia, dalla quale intravidi evidente l' intervento di Maria SS. Ausiliatrice, mi indusse a maggiori speranze: persistetti nella preghiera e fui .esaudita ! Il miglioramento progredì a vista d' occhio. Ora mio padre, dopo lunga convalescenza, si è completamente ristabilito e già ha ripreso il suo servizio nelle lagune.
Avevo promesso alla Madonna che, quando fossi stata esaudita, avrei fatta celebrare una Messa nel suo tempio in Torino ed avrei annunziata la grazia nel Bollettino Salesiano. Ed ora che i miei risparmi mi vi hanno posto in grado, adempio la mia promessa, ripetendo le espressioni della più viva riconoscenza a Maria, vera Ausiliatrice di quanti abbisognano di conforto in questa valle di affanni e di pianto.
Comacchio, 5 Giugno 1897.
ANTONIETTA FELETTI.
Guarigione prodigiosa.
Il giovane Giovanni Scardo di Lonigo Veneto fu chiamato alle armi in Torino nel mese di gennaio. Il giorno 15 dello stesso mese, mentre faceva gli esercizi cogli altri militari, gli cadde il fucile dalla mano e svenne.
Immediatamente lo portarono all' ospedale militare, ed i medici esaminatolo constatarono inguaribile la sua malattia, anzi gli diedero pochi giorni di vita, essendo colpito da endocardite e reumatismo articolare. Gli fecero amministrare i SS. Sacramenti, ormai era in fin di vita. I suoi genitori erano disperati; mandarono a Torino una signora di loro conoscenza, certa Veronica Parisato, che si portò subito al letto dell'infermo. Vedutolo in quello stato disse : « Qui ci vuole un miracolo di Maria SS. Ausiliatrice ! » Piena di fiducia in Colei ch' è l'Aiuto dei Cristiani, gli pose al collo una medaglia, e recatasi all'Oratorio di D. Bosco, fece fare una novena e celebrare una Messa. Indi pregò il Rev m° Sig. D. Rua di mandare la benedizione al suo povero infermo. Oh prodigio ! Il giorno stesso, alla vista di tutti i medici che l'avevano spedito e della Suora assistente, il giovane cominciò a migliorare, ed in pochi giorni si alzò da letto perfettamente guarito. Esso, i suoi genitori e la pia signora Veronica alzano a Maria i più vivi ringraziamenti e ripetono esultanti: Viva Maria Ausiliatrice !
Torino, 23 Giugno 1897.
ELISA LANZERINI.
Buon consiglio e mìglior effetto.
Consigliata da persona religiosa a far ricorso nel mio male a Maria Ausiliatrice, ne ho sperimentato il benefico effetto.
Malata fin dal novembre del 1894 da ulcere perforante allo stomaco, che mi costringeva a vivere (per sentir meno la fierezza dei dolori) con dieta lattea, mai trovando modo di poter cominciare a mangiare : nel giugno dell'anno scorso il mio stato di salute andò peggiorando tanto, che credei esser giunta agli estremi di vita. Dolori fortissimi mi si diramavano in tutte le membra e mi costringevano ad un continuo riposo. I medici non si pronunziavano sulla diagnosi, perchè anch'essi non sapevano che cosa pensare a tanto furore di male. Consigliarono di farmi visitare da qualche celebrità medica, per avere più esatto giudizio sulla malattia e così dietro nuovi suggerimenti e prescrizioni si sarebbero regolati. Ma il pensiero di andar lontana in sì cattivo stato, l'abbattimento morale in cui, per varie ragioni, mi trovava, non mi fecero pensare ad altro che a rivolgermi con fiducia a Maria Ausiliatrice, perchè Ella sola, vera medicina del mondo, poteva guarirmi. In quei giorni di spasimo il mio cuore era rivolto sempre alla Vergine Benedetta, le mie labbra pronunziavano spesso una fervida preghiera e la medaglia della Vergine, che spesso avevo fra le mani, ricoprivo di baci.
Nella foga del dolore promisi a Maria che, qualora mi avesse guarita, io avrei per riconoscenza fatta pubblicare la grazia sul Bollettino Salesiano ed avrei mandato al suo santuario un'offerta. Vero prodigio ! col quale, sebbene immeritevole, pure la Vergine Santa si degnò esaudirmi. I dolori delle membra cominciarono subito a diminuire, il mio stomaco, che da ben venti mesi ricusava il cibo, cominciò a sopportarlo senza risentire fastidio, sicchè ogni giorno miglioravo e guadagnavo in forze, indi potei nuovamente applicarmi allo studio.
Trascorsero i mesi, o meglio è trascorso ora un anno, e la mia salute, creduta incurabile, volge di bene in meglio, tanto che da più mesi posso dirmi veramente tornata in florida salute.
Da Te, o Madre Augusta, riconosco la grazia segnalata e non mi basterebbe la vita per tutto giorno ringraziarti. Tu veramente sei la speranza di chi fervidamente t' invoca, l'Aiuto possente dei Cristiani; e se tu fosti con me prodiga di grazie, non lo sarai meno con chi ha ancora bisogno del tuo aiuto. Fa, o Madre mia, echeggiare spesso le tue misericordie e favori, e soccorri il debole che t'implora, l'allontanato da Dio, l'esule, l' infermo, il moribondo Veglia, o Madre amorosa, su tutti e colla tua destra onnipossente soccorri a chi di cuore t' invoca. Maria., Auxilium Christianorum, ora pro nobis !
Orvieto, 1 Luglio 1897.
VINCENZINA BARLOZZETTI
Come Maria Ausiliatrice protegge gli alunni dei Collegi in cui è in fiore la sua divozione.
Come è mai buona la Madonna di D. Bosco! Mentre stava nella Cappella del Collegio, di cui sono convittore, addobbando per la festa di S. Luigi, e mentre appunto adattava un festone nel presbiterio, caso volle che la scala su cui stava, non so per quale incidente, scivolasse, cosicchè, mancandole di sopra un appoggio, con grande impeto mi stramazzò a terra. Caddi sul vivo sasso, e come caddi rimasi fuori dei sensi. Accorsi i Superiori, vedendo che non dava più segno di vita, desolatissimi mi credettero perduto, ed uno di essi mi diede prontamente l'assoluzione.
Ma Maria vegliava alla mia salute. Nell'atto di cadere io l'aveva invocata: in quell' istante l'invocarono pure i miei buoni Superiori: ed Essa veniva in mio aiuto facendomi riacquistare i sensi , sì che mi rialzai tosto da me solo come se niente fosse avvenuto. Umanamente parlando, considerato il modo con cui sono caduto ed il luogo, avrei dovuto sfracellarmi la testa o rompermi le gambe, o altro di grave. Niente di tutto questo; solo riportai due piccole fratture alle mani, cose di pochi giorni; e tutto fu finito. Chi non potrà ammirare in ciò l' intervento di Maria?
Pieno adunque di riconoscenza verso sì buona Mamma, rendo pubblica la grazia per mezzo del Bollettino Salesiano, colla speranza che Maria Ausiliatrice mi vorrà eziandio proteggere in tutti i momenti della mia vita.
Torino - Scuole Apostoliche, 28 Luglio 1897. LUIGI BALLABIO.
Oh! quanto è buona Maria !
Lo scorso inverno la nostra cara figlia, Novizia delle RR. Orsoline di Miasino (Provincia di Novara), si trovava così mal ferma di salute, che temeva fortemente di non poter arrivare a far professione in quell' Istituto. Leggendo nel Bollettino Salesiano le tanto meravigliose guarigioni ottenute da Maria Ausiliatrice, a Lei raccomandammo pure la nostra cara inferma; la quale, mercè il potente aiuto di questa Santa Vergine, potè acquistare tanto di salute, da essere ammessa ai votì, con sua grande consolazione, il giorno stesso dell' Epifania di N. S. - Senonche, il giorno 15 dello scorso giugno venne di nuovo colpita da seria malattia, tanto che il medico le dava nessuna speranza di guarigione, salvo miracolo; anzi le notizie ci giungevano ogni giorno più allarmanti ; la povera nostra figlia già si trovava all' estremo passaggio. Allora ricordandoci noi della prima grazia ricevuta da Maria, di cuore e con maggior fiducia nuovamente gliela raccomandammo, facendole promessa di rendere pubblica la novella grazia, se ce l'otteneva. Nel tempo stesso facemmo celebrare una Messa all'altare di Maria SS. Ausiliatrice, e ci raccomandammo pure alle preghiere dei figli di D. Bosco. Il giorno 19 luglìo la cara nostra figlia ricuperò la sanità; ed ecco in qual modo
« Il giorno 19 (così scrive essa stessa) dopo aver passata la notte come al solito, assistita da una Suora che andava disponendomi al gran passaggio, il Rev. Direttore di questa Comunità mi portò la S. Comunione sotto forma di Viatico; da quel momento cominciai a sentirmi un po' sollevata, senza però potermi muovere da letto e ben lungi dal pensiero della grazia che stava per ricevere. Giunsero finalmente le undici e mezzo; sentii suonare la campanella del pranzo, e la caritatevole Suora si assentò per breve tempo dal mio capezzale ; ed ecco, in quel punto mi sentii da invisibile mano aiutata e spinta fuori del letto ; feci un salto, e come se deposto avessi un grave peso, mi sentii libera da ogni male; io ero guarita, senza sentirmi il più lieve incomodo, neppure di debolezza; ma, piena di brio e forza , indossai le sacre lane, e tutta sola stavo per uscire dall' infermeria saltellando di gioia; quando mi venne incontro la Suora infermiera, la quale tutta spaventata credendomi nell' eccesso di gagliarda febbre, mi voleva ricondurre a letto; ma poi, vedendomi così risoluta e piena di brio, mi accompagnò al Refettorio. Lascio pensare a voi quale fu la sorpresa e la commozione di tutte le Religiose : dapprima esse mi credevano, come già la Suora infermiera, in una alterazione di mente, e non potevano credere a ciò che vedevano : anzi la Superiora mi ordinò di ritornare in letto, sino all' arrivo del Dottore. Questi venne , e dopo accurata visita , disse che io ero guarita; però credette bene di ordinarmi ancora un po' di riposo per qualche giorno. » Fin qui la graziata stessa. Noi non aggiungiamo più nulla; solo diremo, che in quel giorno, festa di S. Vincenzo de' Paoli, nel monastero delle Orsoline si terminava la terza novena alla Vergine di Pompei ed in quel giorno stesso noi in famiglia terminavamo la nostra fervida novena a Maria SS. Ausiliatrice. Da questa Vergine potente adunque noi riconosciamo la miracolosa guarigione; e però a Lei innalziamo fervide azioni di grazie, ripetendo dal fondo del cuore : Evviva sempre Maria SS. Ausiliatrice !
Cuneo, 30 Luglio 1897.
G. RATTI e Famiglia.
Maria ci ha scongiurato il pericolo.
Da parecchi anni il Signore ha sottoposta la mia famiglia alle più amare e dure prove. Grazie all' aiuto di Dio però sinora non ci venne meno la rassegnazione e la pazienza. Quest'aiuto ci è stato evidentemente ed il fatto che sto per narrare ne è l'ultima prova. Dopo molte e molte contrarietà e traversie, io sperava già di averne avute abbastanza e mi sperava un po' di tregua, quando al contrario era imminente un colpo così fatale da precipitarci nella più completa ed umiliante rovina. Sembrava inevitabile la catastrofe. Oh io non so descrivere le angustie e gli affanni di quei; giorni ! Il pensiero dell' avvenire mi stava davanti come un orrido spettro, a cui doveva ineluttabilmente camminare incontro e mi terrorizzava giorno e notte. Non sapevo davvero, a qual mezzo appigliarmi, quando per caso mi capitò fra le mani un libretto della Tipografia Salesiana che portava questo titolo Corona di Grazie di Maria SS. Ausiliatrice. La pregai con divozione e con fiducia, e La scongiurai di voler allontanare dalla nostra famiglia un calice tanto amaro, promettendole di far pubblicare la grazia quando l' avessi ottenuta. Oh sìa benedetta la cara Madonna! Viva Maria SS. Ausiliatrice ! Ella, buona, cara, pietosa, amabile e potente, mi ha ottenuta la grazia ed io adempio alla promessa fatta. Quelle nubi nere, dense, orride, gravi di tempesta, che prima coprivano il mio orizzonte, si sono ora dileguate; è cessato quel balenar sinistro; quel rombo cupo del tuono è cessato. Io levo in alto lo sguardo e vedo il sereno ed in mezzo al sereno con l'occhio della fede vedo Maria SS. Ausiliatrice che mi sorride.
Mondovì-Carassone, 30 Luglio 1897.
GIOVANNA MARCHISIO.
Maria esaudisce chi la prega con viva fede.
Il giorno 3 dello scorso marzo la mia unica bambina di anni 5 1/2 fu assalita da una forte febbre che andò crescendo a dismisura. Io, che nutro viva fede in Maria Ausiliatrice, feci scrivere da mio marito al Rev.m° Signor D. Rua, pregandolo a celebrare una S. Messa all'Altare di Maria Aiuto dei Cristiani e di far pregare per la guarigione della nostra cara figliuola. Esposi intanto il quadro di sì potente Madre nella camera della piccola malata ed a' suoi piedi sfogava il mio dolore in compagnia di mio marito, de' miei parenti ed amici, promettendo, se otteneva la salute alla cara sofferente, di far pubblicare la grazia e mandare un' offerta al suo santuario di Torino. Il male andava crescendo, la febbre era già a 40 gradi e 3/10; tre valenti dottori dichiararono ben difficile la guarigione, perchè oltre alla polmonite e neufrite, aveva tutti i sintomi della menengite. Gli occhi fissi, invetriati, continui vomiti, ì denti chiusi, non si poteva più farle trangugiare una goccia di acqua. Il giorno 6 poi, verso mezzogiorno, fu assalita da una convulsione sì forte, che il dottor curante, che era presente, preso a parte mio marito, gli disse si rassegnasse che, se si ripetesse simile accesso, la poverina doveva rendere l'ultimo anelito. Oltremodo amareggiato a tale annunzio, mio marito fece chiamare un pio Sacerdote perchè l'assistesse in sì duro cimento, ed io intanto, sentendo suonare mezzogiorno, mi prostrai in ginocchio ed in compagnia di tutti quelli che erano accorsi attorno al letto recitai con viva fede l'Angelus Domini, feci tre croci colla lingua per terra, e colle più calde lagrime fissai gli occhi a Maria, pregandola a ravvivare la fede e degnarsi esaudire le preghiere che si facevano e in pubblico e in privato da tante buone persone, che avevano preso parte al nostro dolore. Venne poscia il buon Sacerdote, la benedisse, e, grazie a Dio, le convulsioni non si ripeterono più ; però continuò l'abbattimento, ed in quello stato stette ancora quasi due giorni. Vennero poscia i medici, che l'avevano lasciata senza speranza di riaverla, e con loro grande meraviglia dissero che la bimba li aveva minchionati, che era fuori di pericolo e che quello era un vero miracolo. Sia lode alla Vergine Ausiliatrice, che si degnò esaudire le nostre suppliche, non lasciando alla nostra figliuola nessuna conseguenza di si terribile malattia.
Mentre mi reco a dovere di attestare quanto sopra, piena di gratìtudine mando la tenue offerta in riconoscenza di sì segnalata grazia. A me s'unisce pure mio marito nel ringraziare Maria di sì grande favore. Voglia la Vergine SS. benedirci ancora nelle anime nostre, mentre noi promettiamo di confidare sempre nella sua misericordiosa protezione.
Casal-Cermelli (Alessandria), 9 Agosto 1897. I Coniugi
MARINA CERMELLI-BODRATTI LUIGI CERMELLI.
Tributo di amore e riconoscenza a Maria Ausiliatrice.
Nel mattino del 3 agosto si sollevò un terribile temporale: le striscie del fulmine, il frequente rumoreggiar del tuono, e l' atmosfera pesante, tutto era indizio di guai gravissimi Difatti, una madre con due figlie, l'una sui 20 anni, l'altra sui 17, e la nuora con 3 bambini dall'aia in tutta fretta fuggono in cucina; ma in men che nol dico, tutti sono stramazzati per terra quasi senza respiro e come fuori di sè per lo spavento. Il fulmine, passando per il caminetto, era entrato in quella stanza. Fece molti guasti nel piano superiore, maggiori ancora nella cucina, buttando ogni cosa per terra; e quelle persone tutte e sette furono salve... sì furono salve per miracolo... solamente lo spavento e l'affanno regnò in loro per buon tratto di tempo.
Tutti coloro che si portarono sul luogo, che parlarono con dette persone e osservarono attentamente ogni cosa, vennero alla medesima conclusione, che furono scampate per un miracolo: esse lo attribuiscono ad una grazia singolarissima di Maria Ausiliatrice, verso la quale praticano costante e tenera divozione.
Per questo sono stato pregato dalla suddetta famiglia a rivolgermi a cotesta Direzione, perchè se ne faccia cenno sul Bollettino Salesiano e così si venga sempre più a conoscere la potenza e la bontà della Madonna di D. Bosco. Per debito della più viva riconoscenza a Maria Ausiliatrice fanno l'offerta di lire dieci, nella più viva speranza che voglia gradirla e continuare su tutta la famiglia la sua materna protezione.
Castellinaldo d'Alba, 14 Agosto 1897. ToMMASo Vico Arcip. Viva Maria Ausiliatrice !
Quanto è buona la Madonna ! Quanto è pietosa verso coloro che l'invocano con fiducia! La bontà e la pietà del suo Cuore ben l'ho io sperimentata in due speciali grazie che Ella mi concesse, una delle quali si è la grazia incomparabile di potermi fare religiosa.
Già da quattro anni mi sentiva chiamata a vita più perfetta, a dare un addio al mondo con tutte le sue pompe, ma mille difficoltà mi impedivano di corrispondervi. La prolungata dimora in mezzo ad un secolo corrotto e corrompitore era per me un martirio. Ma che fare? Maria vegliava su di me!
Era il giorno 24 maggio del 1894, giorno consacrato ad onorare la Vergine SS. sotto il titolo di Aiuto dei Cristiani, quand'io trovandomi oltremodo afflitta, andai a prostrarmi davanti ad un'immagine di Maria. Fu allora, che sentii risuonarmi nell'intimo del cuore una voce soave che mi disse: - Oggi è la festa della Madonna, se ti raccomandassi a Lei... Essa è tanto buona, che certamente ti esaudirà. Nessuno di coloro che hanno fatto ricorso a Lei è stato abbandonato... Quanti debbono a Maria la grazia della vocazione religiosa!... Pregala con fiducia e sarai consolata. - Non esitai un istante. Subito accolsi quella voce come un'ispirazione del Cielo. Quindi con tutto l'ardore del mio cuore supplicai la Vergine Immacolata che volesse ottenermi questa grazia, promettendole di farla pubblicare nel Bollettino Salesiano. Maria accolse benigna i miei voti, e, nel dicembre dell'anno seguente mi otteneva di essere accettata nell'Istituto delle Figlie della Misericordia, dove ebbi l'avventurata sorte di vestire il santo abito religioso.
Come potrò io meschinella ringraziare abbastanza questa buona Madre ? Ancorchè avessi le lingue di tutti gli uomini che sono stati, sono e saranno, non potrò giammai lusingarmi di poter fare un ringraziamento pari alla grandezza del benefizio e favore che ho ricevuto. Non mi rimane altro che invitare tutte le creature dell'universo a cantare con me : - Viva Maria Ausiliatrice ! Viva la Consolatrice degli afflitti ! Viva la Dispensiera delle Divine Misericordie !
Savona, dal Conservatorio delle Figlie della Misericordia, 16 Agosto 1897.
Suor MARIA FELICITA
Quanto è potente Maria !
Da parecchio tempo mi si erano fitte in mente delle idee stranissime, causate, si diceva dai medici, da debolezza; il mio morale era orribilmente ammalato ; non sentivo dolori, no, ma ogni genere di pensiero sempre mi s'affollava alla mente, di modo che non avevo pace nè giorno nè notte. Quando dal mio Signor Parroco mi venne suggerito di raccomandarmi al potente aiuto di Maria Ausiliatrice; feci dire una Messa, e a Lei con fede ricorsi, benchè il mio cuore indifferente non provasse quella soddisfazione che si prova pregando con fiducia; ed ecco che Maria volse su me il suo sguardo pietoso ed io ben presto mi trovai sanata. Oh! grazie sian rese a Maria SS. Ausiliatrice, che volle così conipensare una creatura indegna. Mentre rendo pubblica la mia riconoscenza, adempio alla promessa fatta, unendo a questa mia la misera somma di L. 10.
Paderna, 18 Agosto 1897.
ROSINA BERTELLI.
Caselle d'Isola della Scala (VERoNA). - Angelo Zecchetto, ringraziando Maria SS. Ausiliatrice d'averlo salvato da una grave malattia, e dal pericolo di perdere la vita, adempie alla promessa fatta di un'offerta di lire 20, e intanto prega caldamente questa Vergine potentissima a volerlo tener sempre sotto la sua valida protezione.
Collesalvetti (PISa). - Verso la fine del luglio scorso (così scrive il Sac. Andrea Torchio del Collegio S. Quirico) si doveva risolvere un affare scolastico che mi stava molto a cuore e che io vedeva assai difficile. In tal pericolo mi rivolsi a Maria Ausiliatrice mettendo tutta la buona riuscita nelle mani di Lei, con promessa di farlo pubblicare sul Bollettino, se riusciva bene. L'affare andò meglio di quello che io mi aspettava; perciò ora sento l'obbligo di adempiere la promessa fatta a gloria di Maria Ausiliatrice.
Motta S. Lucia (CATANZARO). - Carmelo Anania, Cooperatore Salesiano, raccomandatosi a Maria Ausiliatrice, perchè lo guarisse da una febbre ostinata, con promessa di pubblicare la grazia, fu esaudito.
Parabiago (MILANO). - Una famiglia a mezzo del Sac. Giovanni Pozzi spedì L 8 per la celebrazione d'una Messa a Maria Ausiliatrice per grazia ricevuta.
Pombia Novarese. - Già abbandonato dai medici nell'aprile scorso, Stefano Beluzzi, affetto da punta-polmonite, versava in gravissimo pericolo. Una sua pia parente ad ottenerne l'insperata guarigione diè principio ad una fervorosa novena a Maria SS. Ausiliatrice e fece promessa dell'offerta di L. 5. Preso l'infermo da forte tosse e convulsioni e crescendo il pericolo, gli furono anministrati i SS. Sacramenti, mentre la divota persona, continuando le sue preci, rinnovò la promessa per doppia offerta. La Madonna ascoltò le incessanti preghiere, e nel terzo dì della novena il caro ammalato diede segno di miglioramento ed in pochi giorni fu guarito a consolazione di tutti i suoi parenti e a maggior gloria di Maria, che non è mai invocata invano.
S. Pietro del Comelico (CADORE). - Pietro Pradetto di Alessandro, per la guarigione istantanea della moglie e di altre persone della famiglia, ricorrendo a Maria SS. Ausiliatrice offre L. 12 per sei S. Messe.
Trinità (MONDOVI'). - Il Sac. Dott. M. Vattasso ci scrive in data 6 settembre : « Mia sorella Caterina nello scorso febbraio si ammalò gravemente, sicche si facevano tristi previsioni sulla sua salute. Furono impiegati invano, durante tre mesi, i rimedi più svariati, finchè raccomandatasi fiduciosamente a Maria SS. Ausiliatrice, incominciò una nuova e lunga cura. Non fu d'uopo terminarla, perchè fin da principio essa si sentì grandemente sollevata, ed ora è, si può dire, in ottime condizioni di salute. Ne sia ringraziata la Vergine benedetta, conforto e salute degli infermi ! »
Villafalletto (CuNeo). - Il giorno 8 maggio , sacro alla festività di S. Michele Arcangelo, il ch. Michele Cominola fu assalito da un forte reumatismo artritico nelle gambe, che lo tormentò più di un mese. Trovando vana ogni cura e comprendendo la gravità del male, ricorse con fiducia alla Santissima Vergine, e per la sua intercessione il morbo, quasi repentinamente sparì. Siano dunque rese grazie infinite all'Ausiliatrice dei Cristiani, ed in eterno sia benedetto il suo santo nome ! Riconoscente a Maria della grazia segnalata da Lei ricevuta manda lire due per la celebrazione di una Messa di ringraziamento nel suo santuario in Valdocco.
Ottennero pure grazie segnalatissime da Maria Ausiliatrice e, pieni di riconoscenza, inviarono offerte al suo santuario di Torino o per la celebrazione di S. Messe di ringraziamento o per le Missioni Salesiane o per le altre Opere di D. Bosco, i seguenti:
Angelo Bonetti, Torino. - Giovanni Caseli, Piossasco. - Domenico Raineri, Rossano. - Margherita Danera, Cherasco. - Carolina Martini, Albizzano. - Cristina Palestri, Casalcermelli. - Domenica Vignolo, Villafranca. - Maddalena Canale, Genova. - Margherita Bo, S. Damiano d'Asti. - Margherita Cornero, Viarigi - Enrichetta Polla, Valdichieri. - Francesco Davico, Settimo Torinese. - Maria Pamparato, Torino. - R. M., Saluzzo, con offerta di L. 25. - Felicita Camogli, Monterosso. - Teresa Beltrami, Candia. - Domenico Alocco, Bra. - Giuseppe Oddenino, Villanova. - A. G., Bra, con offerta di L. 50. - Amalia Corrado, Castelrosso. - Laura Masoero, Susa. - Belli Cav. Enrico, La Loggia. - Giovanni Bailetto, Romano Canavese. - Luigia Suppo, Villardora. - Ernesto Bacio, S. Salvatore. - Catterina Ristatoro, Saluzzo. - Angelo Arrigoni, Potenza. - Catterina Chiosso, Pralormo. - Luigi Peirano, Grugliasco. - Francesca Raziano, Pobieto. - Delfina Brusco, Serravalle Langhe. - Giovanni Bagnasco, Saluggia. - Domenico Ghiberti, Chivasso. - Maria Cortassa, Carmagnola. - Giuliana Ferreri, Torino. - Antonio Nicola, Vay. - Ch. Giuseppe Quaglia, Alba. - Gertrude Sandri, Torino. - Carlo Berrone, Rosignano. - Rosa Mileto, Silarengo. - Giovanni Sterpone, Torino. - Chierico F. Polsino, Somano d'Alba. - F. Fernando, Torino. - Ed. M. e Ped. E. C. offrono L. 40 in ringraziamento per grazia spirituale ricevuta a bene del proprio paese di M. S. - Matilde Grasso, Pontedecimo. - Giuseppina Guardi, piva, a nome di una madre di famiglia. - Clara Maneglia, Alice Superiore. - Domenica Baralis, Cardè. - Anna Odone, Ovada. - Antonietta Ved. Malfatto, Ristagno. - Antonia Patri in. Mazzi, Samardenchia. -Adelina Devegri, Acquata Scrivia. - N. N. per ottenuta guarigione d'una bambina dopo averle applicata la medaglia di Maria Ausiliatrice. - Benedetta Panizzon, Monte di Mulo. - Luigi Danese, Greenland Farmer Duval Co. Florida (S. U. d'America) a nome di certa Sig.ra Losco. - Gaetano Causo Giuiusa, Mazzari o, per la guarigione di sua sorella. - Giuseppe Cavezzali, presso l'istituto Salesiano di Alassio: - Carolina Molesini, Soling. - Catterina Debiassi, Crescentino. - I coniugi Francesco ed Anna Cavaliere, Borgo S. Bernardo di Carmagnola. - Una Cooperatrice Salesiana. - Petronilla Caccia-Scacchi, Maestra, Maccio. - Felicita Bognone Ved. Calvi, Mede. - Una madre consolata dalla guarigione di sua figlia, Sassello. - I genitori M. F. M. M, di Cavalletta (Savigliano) per la guarigione del loro bimbo, dopo avergli appesa una medaglia di Maria Ausiliatrice e fatta una novena a questa tenerissima Madre. - Sac. Francesco Mirabella, .Termini. - Giannina Mattoni-Stoppini, Lecco, con tenue offerta e piccolo ex-voto d'argento da appendere al quadro di Maria Ausiliatrice. - N. N. di S. Giorgio Canavese, con L. 150 per due grazie ricevute dalla nostra potente Ausiliatrice. - N. N. di Novara con offerta di L. 10. -Una pia persona, per grazia ottenuta protesta eterna riconoscenza e perenne fiducia in Maria Ausiliatrice. - Serafini Bognone, Rivera. - Luigi Fantini, Caporale nelle R. Guardie di Finanza, Timau.-Cattèrina Riccardi per la guarigione di suo figlio. - Suor Angiolina Vallarino - Augiolina B. V., Torino. - Anna Turri-Miratici, Lezzo Atestino (Padova). - Angela Marchisio, Busca. - Raffaella Bacile, Catania, con offerta di L. 5 a mezzo del Sac. Giovanni Parato. - Sig ra Leron Ildegarda Romagnani-Govoni, Bologna, con L. 3 a mezzo del Suc. Carlo M. Viglietti. -Giovanni Lauvergnac, Gemona. - Lucia Giacchello Carmagnola. - Antonio Carrara, S. Michele Extra. - N. N., Borgomasinn, per aver ricevuta una grazia singolarissima proprio nel giorno di Maria Ausiliatrice offre L. 20. - M. A. G. C. di C. - Giuseppina Fedeli, Caponago. - Maria Fiori ved. Soardi, Presaghe. - Vittoria Durando, Torino. - Sac. Filippo Travaglio, Loreto di Canale. - Teresa Poro-Jardini, S. Vittoria d'Alba, - Adelaide Usseglio n. Lovera, Gran dubbi one. - Agostino Calcagno, Arenzano. - Carlo Fronzuto detto Balivo, Orsara Bormt.ida. - Carolina Baravalle. Torino. - Annetta Monaco, Castaldo. - Pietro Mazzola, C,norgnè. - Isabella Vicini, Saluzzo. - Valentino Valentini, Vercelli. - Giovanni Delpiano. Torino. Michele Giordano, Villan.ova,. - Carlo Angelino, Montanaro. - Michelangelo Ghione. Chivasso. - Teresa Martigny-Bovini, Talamello. - Giovanni Leddi, Voghera. - T. Castagnola, Larragne. - D. Abramo Ghilardi, Leffe. - Margherita Denario, Riva di Chieri.. - Rosa Ganglio, La Loggia. - Amalia Garrone. Ceva. con offerta di L. 100 per due grazie segnalatissime. - Teresa Agostino e Pietro Canalis, Carmagnola. - Metilde Binello. Antignano d'Asti, - Michele Manco. Cardè. - Giuditta Mairotti, Acigliano. - Giuseppe Resino, S. Damiano d' Asti. - Giuseppe Beasi, Carte dio.-Lorenzo Fasva e Giuseppe Giuliano, Castelrosso - Teresa ed Angela Demichelis. - Teresa Beola. So , Sebastiano. - Maria Gelino, San Salvatore. - Lungi Figino, Palazzolo Vercellese. - Lorenzo Bracco. Veroungo. - Catterina Martinengn. Vinovn. - Luigina Brisichelli, Colombine. - Gerolamo Marchisio. Caramagna. - N. N. con offerta di L. 10. - Giuseppe Laccarelli con offerta di L. 5. - Una pia persona di Lenta (Novara) con offerta di L. 100.
UN OTTIMO ED INDIVISIBILE COMPAGNO
Carissimi amici,
Voi , che con amore studiate la edificante storia del popolo di Dio, conoscete senza dubbio la bella, la nobile figura del santo vecchio Tobia. Aveva costui un unico figliuolo, cui portava tenerissimo affetto ed al quale, tra le altre raccomandazioni, andava pia sovente ripetendo questa : « Fuggi, o mio caro figliuolo, la compagnia dei malvagi, non ti associare mai con loro , ma prendi sempre consiglio dai buoni e sapienti; temi il Signore e guardati da ogni peccato ».
Un bel giorno, volendolo mandare a Ragas per riscuotere la ingente somma di dieci talenti d'argento lasciati in imprestito ad un certo Gabelo, siccome Tobiolo non conosceva la via che là conducesse e poi perchè più sicuro fosse nel suo cammino : « Va - gli disse il buon padre - cal cali un uomo, ma che sia fedele, il quale non solo ti mostri la via, ma ti faccia eziandio buona compagnia nel lungo viaggio e sano e salvo a noi ti riconduca con allegrezza e Tobiolo esce di casa , e subito s'imbatte in un giovane di bell' aspetto, che aveva l' apparenza d'essere sulle mosse per viaggiare. Salutatolo ed interrogatolo , sente ch' egli conosce assai bene la via della Media e lo stesso Gabelo dimorante in Ragas. Se ne conviene tosto col vecchio Tobia, il quale, benedicendoli, li lascia partire entrambi nel nome del Signore.
Ma chi è mai questo giovine, a cui il santo vecchio Tobia con tanta sicurtà affida il sua diletto figliuolo ? Attendete un istante.
Egli si accompagna con Tobiolo, vegliando giorno e notte alla sua salute e trattando come propri gli interessi del suo caro protetto. Alla prima fermata invero, sulle rive del fiume Tigri, lo salva da un mostruoso pesce, che contro di lui s'era avventato per divorarlo. Anzi, fattogli coraggio, gli ordina di prendere l'immane cetaceo, sventrarlo e tenerne in serbo il cuore il fiele ed il fegato come salutari medicamenti. Gli fa conoscere come con essi il Signore ha stabilito di liberare la figlia di Raguele, suo parente, da un terribile demonio e ridonare la vista al vecchio genitore; come il fatto ha dimostrato. Gli riscuote i dieci talenti da Gabelo gli ottiene la mano della giovane Sara, e ricolmo di ogni sorta di beni , sano e salvo lo riconduce al padre suo, riempiendo di indicibile consolazione due desolate famiglie.
Per ben sette giorni si festeggiano i fausti avvenimenti da tutta la parentela, rimanendo fra loro il giovine compagno, che era stato per loro vero Azaria - nome che si era dato in sul principio - vale a dire vero soccorso di Dio.
In capo ai sette giorni il vecchio Tobia e l'avventurato figliuolo pensano qual mercede abbiano a dare ad un così insigne benefattore; e, dolenti di non poterlo rimunerare degnamente, lo supplicano a voler accettare la metà di quanto hanno recato dal viaggio. Allora cosi egli si manifesta : « Benedite il Dio del cielo e date a lui lode dinnanzi a tutti i viventi, perché ha usato con voi di sua misericordia... E buona l'orazione col digiuno e l'elemosina più che il raccogliere tesori; poiché l'elemosina libera dalla morte , purga i peccati e fa trovare misericordia e la vita eterna. Quei che commettono il peccato e l'iniquità sono nemici dell'anima loro. Ora é tempo che io vi manifesti la verità. Quando tu , o Tobia, pregavi piangendo e seppellivi i morti, e, lasciando il tuo pranzo, nascondevi di giorno i morti in casa tua e di notte li seppellivi, io presentava al Signore la tua orazione. E poichè tu eri caro a Dio, fu necessario che la tentazione ti provasse. Ed ora il Signore mi ha mandato a guarirti e a liberare dal demonio Sara, moglie del tuo figliuolo. Imperocchè io sono l'Angelo Raffaele, uno dei sette che stiamo dinnanzi al Signore ».
Sentendo tali cose tutti si conturbano e tremando si prostrano colla faccia per terra. Ma l'Angelo continua : « Pace a voi, non temete. Quando io era in vostra compagnia, vi era, per volere di Dio; pareva ch'io mangiassi e bevessi con voi ma lo mi nutro di un cibo invisibile e di una bevanda che gli uomini non possono vedere. Ora è tempo che io ritorni a Colui che mi ha mandato; voi benedite il Signore e raccontate tutte le sue meraviglie ». E così dicendo scomparve dagli occhi loro; ed essi, prostrati a terra, per tre ore benedissero Iddio, e quindi sorgendo raccontarono le cose ammirabili che Dio loro aveva fatte.
Udiste, miei cari ?t Ebbene, sappiate che le stupende cose che Iddio ha operato con Tobia per mezzo di Raffaele, le opera pur con ciascheduno di noi per mezzo del nostro buon Angelo Custode.
Questo indivisibile nostro compagno giorno e notte veglia attentissimo sopra di noi, seguendoci ovunque noi andiamo. Ci protegge contro i nostri nemici, ci libera dai pericoli; ci suggerisce buoni consigli , sante inspirazioni; offre a Dio le nostre preghiere e le nostre buone opere; prega anch'egli incessantemente per noi; ci rialza nelle cadute, ci consola nelle disgrazie, ci rianima negli scoraggiamenti; egli mai non si dà pace fino a tanto che non ci abbia introdotti nella eterna città de' unti, la vera patria nostra.
Oh ! adunque, giovani cari, amiamolo il nostro buon Angelo Custode, rispettiamolo e professiamogli tenera devozione. Amiamolo, ricordandoci sovente di lui e fedelmente adempiendo i suoi voleri ; rispettiamolo, non permettendoci mai alcuno cosa che gli possa recar dispiacere; siamogli devoti, coll'invocare ognora il suo valido patrocinio. Così a noi pure sarà dato, come al giovane Tobia, , di provare anche sensibilmente i mirabili effetti della società di quest'ottimo ed indivisibile compagno de' nostri giorni.
Vostro Aff.mo Amico Don GIULIVO.
LE SUORE DI MARIA AUSILIATRICE a Falicetto
L'egregio Sig. Antonio Riberi, Vice-Cancelliere al Tribunale di Saluzzo, ci scrive quanto segue
« Sui primi di agosto scorso in Falicetto (Cuneo) ebbe luogo il primo saggio dato dai bimbi dell'Asilo infantile, diretto dalle benemerito Suore di Maria Ausiliatrice.
» Al mattino l'infaticabile Parroco D. Reynaudi, memore del detto ab Iove principium, con delicato pensiero celebrò Messa solenne pei benefattori e benefattrici dell'Asilo , e non tralasciò di tenere un appropriato sermoncino , rivolgendo loro parole di ringraziamento, tratteggiando mirabilmente l'opera efficacissima delle Suore, che attesero con costante zelo all'educazione dell'infanzia loro affidata, e terminando coll'invocare la valida cooperazione di tutti, perche il pio Istituto prosperi ognor più a beneficio dell'intera popolazione.
» Dopo in apposito locale, convenientemente addobbato, convennero oltre ai componenti il Consiglio d'amministrazione dell'Asilo, il Sindaco del capoluogo di Verzuolo Cav. Maggiore Galfrè Natale, il Parroco, il Segretario Cav. Giriodi ed un'eletta schiera di signori e signore. Il risultato ottenuto fu uno dei più lusinghieri, come ne fecero eloquente testimonianza i discorsi applauditissimi pronunciati con rara facondia dall' attivissimo Sig. Presidente Alessandro None e dall'amatissimo Sindaco di Verzuolo, i quali espressero la loro alta soddisfazione alle RR. Suore pei sorprendente profitto riscontrato nei bimbi nel volgere di pochi mesi, e le additarono alla pubblica benemerenza. Lo svariatissimo saggio apprestatoci suscitò unanimi applausi. Infine rallegrata dall'armonioso suono del pianoforte, seguì la distribuzione dei premi, consegnati con parole di incoraggiamento dai presenti.
» Di sì felice esito, dopo Dio, meritano un vivo grazie le Patrone, che tanto si adoprarono per questa festa, ed in ispecie la provetta Maestra Pernici, che, secondata dal suo marito, con slancio si dimostrò superiore ad ogni elogio per la sua ammirabile intraprendenza.
» Come a corone dell' opera, ebbe ancor luogo un'appetitosa refezione alla piccola schiera infantile, cui tutti andarono a gara nell' usare cortesie.
» Questo saggio finale dell' Asilo infantile segna un'era di progresso per Falicetto, e noi preghiamo Iddio che prosperi ognor più quest' opera santa »..
Il 15 dello scorso agosto il M. Rev. Rettore del Collegio d'Ascona tenne una conferenza sulle Opere Salesiane ai Cooperatori ed alle Cooperatrici di PRATO VALLEMAGGIA (Canton Ticino) e paesi circonvicini.
Nonostante il tempo addirittura pessimo, il concorso fu numeroso e superiore ad ogni aspettazione. Il conferenziere fu felicissimo: egli seppe colla sua calda ed elegante parola mettere in mostra in tutta la loro bellezza ed utilità sociale le istituzioni salesiane.
Aprì la conferenza con uno splendido ritratto del venerando nostro Padre, il quale, intesi i mali dei nostri tempi, si adoperò con tutte le sue forze ad applicarvi i rimedi opportuni. Parlò più diffusamente degli Oratori festivi, dei Collegi, degli Ospizi, delle Scuole tipografiche e delle Missioni salesiane.
Commoventissima fu la pittura dei pericoli di pervertimento che incontrano nei giorni di festa i giovani studenti ed artigiani, che vivono nelle grandi città, pericoli che inspirarono a D. Bosco gli Oratori festivi. Verissima la descrizione dei mali che producono nella società i libri malvagi, a diminuirei quali D. Bosco impiantò le sue Tipografie, sempre in moto per la diffusione di buoni libri destinati alla gioventù ed al popolo. Caldo e delicato l'appello alla carità di tutti i Cooperatori , perciò vengano in aiuto agli Ospizi di D. Bosco, che raccolgono giovani poveri per avviarli ad un'arte o mestiere, strappandoli cosi da certe officine, che sono vere scuole di mal costume, d'irreligione e di massime antisociali.
Infine chiuse la conferenza accennando alle Missioni Salesiane, che, benedette da Dio ed inaffiate dal sangue di Mons. Lasagna, continuano, mercè l'obolo dei Cooperatori, a fare un bene immenso ai popoli selvaggi.
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- Anche a CaSTELLO TESINO in VALSUGANA
(Trento) nello stesso mese ebbe luogo un' altra conferenza tenuta dal M. R. D. Giov. Mazza, Salesiano. Con parola facile e penetrante egli seppe eccitare in tutti i presenti ammirazione ed affetto per le Opere di D. Bosco. Egli erasi recato lassù per accompagnare il nostro confratello Don Antonio Sordo di Castello Tesino, il quale per la prima volta andava in patria a celebrare il Santo Sacrifizio. Quindi le parole del conferenziere, sotto l'impressione e la letizia della solennità, tornarono assai commoventi e fruttuose.
Nel compilare l'elenco dei Cooperatori defunti pel Bollettino di Settembre, ci venne di notarvi pure il nome dell' Ing. Giovanni Bertola di Chieri, mentre vive e veste panni.
Come significammo a voce al Sig. Ingegnere, deploriamo l'errore involontario e dichiariamo che nessun scherzo di sacristia come qualcuno insinuava, fu causa di detto errore, il quale ebbe origine puramente da uno scambio materiale di operazione sull'indirizzo avvenuto per la distrazione di un impiegato.
Facciamo all'Egregio Ingegnere i pia vivi augurii di vita lunga e prospera. L'incidente, come non diminuisce punto la gratitudine dei Salesiani verso di questo loro Cooperatore, così speriamo non raffredderà nemmeno la benevolenza sua verso le Opere di D. Bosco.