ANNO IV. - N. 8. Esce una volta al mese. AGOSTO 1880.
SOMMARIO - S. Gioachino e il Santo Padre Leone XIII - Rapido cenno sulle opere di un Eroe della Chiesa Cattolica - Lettera Americana - Feste -nell'Oratorio di S. Leone a Marsiglia - Una memoranda giornata nel Collegio di Borgo S. Martino - Storia dell'Oratorio di S. Francesco di Sales - La Patagonia e le terre australi del Continente americano - Una biografia promessa - Una lezione salutare - Tre specchi - Avviso - Necrologia - Indulgenze speciali pei Cooperatori Salesiani.
Sanno i nostri lettori che il gloriosamente regnante Sommo Pontefice sortì al fonte battesimale il nome del fortunato Padre della gran Madre di Dio. La Chiesa celebra la festa di S. Gioachino nella prima Domenica dopo l' Assunzione di Maria al Cielo. Laonde in quest' anno il 22 del corrente Agosto è il giorno onomastico del nostro Santo Padre Leone XIII.
Tutti i bravi Cattolici sogliono in questa propizia occasione fare in ossequio del Papa quello, che in simili circostanze affettuosi figliuoli di buona famiglia praticano verso il caro loro genitore. Salesiani e loro Cooperatori, Suore di Maria Ausiliatrice e loro Cooperatrici, nelle dimostrazioni di attaccamento, di devozione, di affetto al Vicario di Cristo, al Capo Supremo della Chiesa, al Maestro infallibile del mondo, non devono mai trovarsi nelle ultime file. Nol furono pel passato, e nol saranno per l' avvenire.
Pertanto in quel giorno in tutte le Case della Pia Società di S. Francesco di Sales, e dell' Istituto delle Suore di Maria Ausiliatrice, avranno luogo speciali pra. tiche di pietà. Noi faremo la Santa Comunione ed altre preghiere per la pro. sperità del Santo Padre Leone XIII, che il buon Dio ci conservi ancora per mol. tissimi anni. Esortiamo caldamente i Coo. peratori e le' Cooperatrici , che, uniti in uno spirito con noi, facciano essi pure altrettanto nelle loro città e villaggi, attirandovi ad un tempo i loro soggetti, conoscenti ed amici.
Giacchè il mondo e l' inferno, giacché i seguaci dell'uno e i satelliti dell'altro oggidì si stringono ad un patto per recarE al Papa offese ed oltraggi, noi da buoni figliuoli uniamoci insieme per consolarle ed amarlo, e invocargli ogni bene dal Cielo. Facciamo come dice lo Spirito Santo : In fatti e in parole onora il Padre tuo, affinchè la benedizione di lui venga sopra di te, e ti accompagni sino alla morte In opere et sermone...honora patrem tuum , ut superveniat tibi benedictio ab eo, et benedictio illius in novissimo maneat (Eccli. III, 9, 10.).
E Voi, Beatissimo Padre, mentre nella nostra pochezza, ma con tutto l'ardore degli affetti, vi desideriamo, e vi preghiamo ogni bene possibile, deh ! vogliatevi degnare di benedirci, come già altre volte faceste, e ce ne trovammo sì bene: benediteci, poichè in mezzo alle tribolazioni della presente vita, dopo la grazia di Dio, la vostra benedizione è il nostro più ambito, il nostro più dolce conforto, perchè è la felicità delle nostre Case : Benedictio patris firmat domos filiorum (Ibid. III, 11).
Il giorno diciannove del corrente agosto si compie il secondo centenario della preziosa morte di un venerando personaggio, che insieme col nostro s. Francesco di Sales, con s. Vincenzo de' Paoli e con innumerevoli altri grandi del secolo XVII, passò in sulla terra siccome un Eroe. Noi intendiamo dire il Venerabile Padre Giovanni Eudes, fondatore della Congregazione di Gesù e Maria, e dell' Ordine delle Suore della Madonna di Carità del Rifugio , da cui ne rampollò quello del Buon Pastore , che crebbe in breve e si fece quale un albero gigante. Ad onore di questo gran Servo di Dio, ed Eroe della Chiesa cattolica , a conforto eziandio ed ammaestramento di molti, daremo qui un rapido cenno sulle principali sue opere , e sulle gravi tribolazioni che gli costarono.
Giovanni Eudes nacque nel 1601 a Ri, villaggio della diocesi di Seez nella bassa Normandia. Fece i suoi primi studii a Caen, diocesi di Bayeux, sotto la direzione dei padri Gesuiti. Fu insignito del Sacerdozio nel 1625, ed aggregatosi tra gli Oratoriani in Parigi se n' ebbe poscia a separare per sante ragioni.
Iddio lo destinò a dare principio e vita ad un' opera, in quel tempo altamente reclamata dai bisogni delle Chiese di Francia. I Padri del Concilio di Trento nel 1563, prima di separarsi, avevano caldamente raccomandata la creazione di Seminarii in tutte le diocesi per la educazione dei giovanetti, inclinati al servizio degli altari. Ma era passato ormai un secolo, e in Francia per difetto d' uomini atti da ciò questi semenzai di sacri ministri non si formavano. Giovanni Eudes fu l' uomo suscitato da Dio ad eseguire il grande progetto.
Il 25 di marzo del 1643, uscito dall' Oratorio, egli con cinque compagni dello stesso spirito gettava le fondamenta, della sua Congregazione, la quale per la circostanza della festa della SS. Annunziata , che ricordava l'unione di Gesù con Maria, volle appunto intitolata da questi dolcissimi nomi. Dal nome del suo fondatore essa venne poi chiamata eziandio la Congregazione degli Eudisti. Duplice erane e ne è tuttora lo scopo : Fondare e dirigere Seminarii per la istruzione e l'educazione degli aspiranti alla sacra milizia ; e dettare Missioni soprattutto nelle città, ove i Vescovi ne facciano dimanda. La prima Casa, che doveva essere siccome il centro della Congregazione e la madre di tutte le altre , fu aperta a Caen, nella diocesi di Bayeux, per consiglio ed appoggio del Vescovo monsignor d'Angennes, che gli fu sempre amico e protettore.
Prima ancora di dare principio a questa Congregazione, il Padre Eudes aveva incominciata un'altra opera pur degna di alto encomio. Nelle sue frequenti Missioni egli trovava ben sovente delle povere giovani, le quali, pianti i loro traviamenti, bramavano di menare per l' avvenire una vita cristiana ed onorata ; ma parecchie pur gli confidavano e lasciavangli temere che, rimanendo nel mondo, o per seduzione o per fame sarebbero ricadute. Pieno di carità per tutte le miserie, specialmente spirituali, il buon Padre cominciò a provvedere ad alcune di quelle infelici col raccomandarle alla cura di pie signore. In fine avute limosine di caritatevoli persone, egli prese ad affitto una casa a Caen , luogo di sua dimora e predilezione, e intorno alla festa dell'Immacolata Concezione dell'anno 1641 aperse il primo Ricovero per le povere penitenti. In appresso alcune zitelle dell'alto e del basso ceto si offersero per la loro assistenza e cultura , e così ebbe incominciamento l'Ordine delle Suore della Madonna di Carità del Rifugio , che tante figlie restaurò nell' onore, restituendole a Dio, alla Chiesa, alla Società.
Abbiamo detto che il Padre Eudes separavasi dalla Congregazione dell' Oratorio per sante ragioni (1). Egli ne usciva per disposizione della divina Provvidenza, che a più alte cose lo chiamava ; e ne usciva pur anche per dovere di coscienza. E da sapersi, che la maggior parte dei membri dell' Oratorio lasciossi ben tosto avvelenare dalla eresia giansenistica allora nascente ; eresia sleale, che non osò mai assalire di fronte la Chiesa, ma le si nascose in seno quale un serpente , dilaniando in modo spietato la madre ed i figli sino a questi ultimi tempi (2). Al Padre Eudes, devotissimo qual era alla Cattedra di Pietro, non reggeva il cuore di vivere insieme a confratelli, che non ottemperavano al Maestro . Supremo, e dopo maturo consiglio se ne divise per non essere a parte della loro mal celata ribellione. « Lo spirito giansenistico , cosi il Rohrbaker, lo spirito giansenistico penetrato nell'Oratorio ne fece uscire uno dei migliori preti. » E questo prete era appunto Giovanni Eudes. Ma da quel giorno cominciarono le sue più gravi tribolazioni. Gli Oratoriani infetti dei principii di Giansenio presero a muovergli una guerra così aspra ed ingiusta, che solamente un Eroe come lui poteva sostenere così a lungo, e così nobilmente. Noi non possiamo tenere dietro a tutti gli assalti dei suoi avversarii ; ma non ci pare inutile l'accennarne alcuni.
Pertanto cominciarono a calunniarlo di essersi appropriato di beni altrui a vantaggio della sua Congregazione ; lo tacciarono di ambizione, di superbia e di spirito d'indipendenza ; intaccarono la sua scienza e quella dei suoi Sacerdoti, dicendola scarsa ed impari all'opera intrapresa. Poscia passarono a criticare la sua Congregazione, chiamandola inutile, e pronosticando che sarebbe presto caduta. E per farla cadere niun mezzo lasciarono intentato. Essi cercarono soprattutto di metterla in sospetto presso ai Vescovi , anzi si provarono persino, ma inutilmente , di suscitarle contro quella di S. Vincenzo de'Paoli. Nè si stettero paghi a spandere male dicerie in mezzo al popolo e rintronarne le orecchie dei Prelati di Francia, ma osarono di farle pervenire al trono di Luigi XIII, e poi di Luigi XIV. Che più ? Eglino le innoltrarono persino al soglio del Papa, a cui dipinsero il Padre Eudes con sì foschi colori, che riuscirono a fargli ritardare per qualche tempo la ricognizione del religioso suo Istituto, e la concessione di varii favori.
Avvenne di più. Per grande sventura della nascente Congregazione venne a morire monsignor d'Angennes, Vescovo di gran cuore e di gran mente, coll' appoggio del quale il P. Eudes aveva aperto in Caen, sua diocesi, la prima Casa o Seminario. A questa disgrazia un'altra se ne aggiunse, e fu che venne a succedere a quel degno Prelato mons. Mole, cui i giansenisti seppero sinistramente impressionare a danno del povero Padre, e dell'opera sua. Non mancò il santo Prete di presentarsi al nuovo Vescovo, ed esporgli la rettitudine delle sue intenzioni ; ma egli nè si convinse , nè si dispose a maggior benevolenza; che anzi adducendo per ragione che la novella Congregazione tendeva a diminuire in diocesi l'autorità episcopale, la volle distrutta. Quindi sebbene nell'anno 1648 Papa Innocenzo X avesse dichiarato che il Seminario di Caen, fondato dal P. Eudes, era stato eretto secondo l' intenzione del Concilio di Trento, e che doveva sussistere nella forma stabilita, ciò nondimeno quel Vescovo nel 1649, appena salì la sede di Bayeux, cominciava a sospendere il Padre Eudes e i suoi Sacerdoti, togliendo loro ogni giurisdizione in diocesi ; e l' anno seguente interdiceva la Cappella del Seminario, ordinava ai Sacerdoti della pretesa Congregazione di demolirne l'altare, e vietava loro ogni funzione persin nella loro Casa, senza suo speciale permesso. Fece altro ancora, e poco appresso, cioè l'anno 1651, approvando in sua diocesi l'Istituto della Madonna di Carità del Rifugio per la cura delle giovani penitenti, egli ne tolse la direzione al P. Eudes, che n'era stato il fondatore! Era questa una nuova e delle più crudeli mortificazioni, che gli potesse dare ; e il sant'uomo l'accettò con invitta rassegnazione , pago che l'opera sua proseguisse alla gloria di Dio, e alla salute delle anime.
Il Padre Eudes pareva vinto. L' altare della Cappella era atterrato, era distrutto; ed egli medesimo viveva sotto il peso di un ingiusto interdetto sul luogo stesso delle sue più eroiche battaglie. Eppure era vincitore; chè Dio non mancava di soccorrerlo ed esaltarlo , come ha promesso di esaltare gli umili, nel mentre che faceva pesare la sua mano vendicatrice sopra chi tentava di opprimerlo. Uno dei suoi più ardenti avversarii veniva colpito da morte improvvisa, il qual fatto porse agli altri buona materia da meditare. Poco dopo anche monsignor Molé era chiamato all'eternità, e così cessava in diocesi la persecuzione contro il Servo di Dio. Nell'anno 1653 il Vescovo successore, Mons. Servien, annullate le passate ordinanze, faceva riaprire il Seminario e la Cappella, e concedeva al Padre Eudes e a' suoi Sacerdoti tutte le facoltà necessarie all' uopo.
Il contegno , che tenne il buon Padre durante queste ed altre infinite tribolazioni, fu un contegno da Santo. Calunniato ed oltraggiato in ciò che aveva di più caro , egli scriveva : « Prego Dio che di tutti i miei calunniatori, o, per dir meglio, di tutti i miei benefattori, faccia dei grandi Santi.»
Essendosi diffuso uno scritto infamante contro di lui e del suo istituto, i suoi amici ed i principali tra i suoi confratelli lo supplicavano di prendere finalmente le più rigorose misure per arrestare il corso di tutti questi disordini, attribuiti ai partigiani del giansenismo. Ma egli rispondeva : « Forse Iddio susciterà qualcheduno che risponderà al libello. Checché ne sia , di tutto cuore abbraccio la croce, che a Dio piacerà di mandarmi, e lo supplico instantemente che perdoni ai miei persecutori. »
Incrollabile fu in ogni evento la sua costanza ; nè lasciossi mai abbattere dalle difficoltà, che talvolta accavalcavansi le une sopra le altre come le onde di un mare adirato. Quando venne inflitta la inqualificabile sospensione, chiuso il suo Seminario, e interdetta la Cappella, egli esortò i suoi confratelli alla sommissione e pazienza ; ma dichiarò tosto che l'ubbidienza passiva, di cui egli ed i suoi facevano prova, non istabiliva punto la decadenza dei loro diritti, soprattutto da quello di provvedersi a tempo e luogo contro l'ordinato, che ad essi attentava, e ne formolava subito una energica protesta. Tutti gli storici sono concordi nell'asserire che il Padre Eudes stette sempre fermo come colonna di bronzo innanzi alle calunnie, che denigravano le sue intenzioni, e agli assalti, che tendevano ad annientare i suoi sforzi per la santificazione delle anime, e pel bene della Chiesa : due nobili fini, per cui lottò strenuamente sino alla morte.
É pur cosa consolante il vedere che mentre alcuni o per ignoranza o per mala fede cotanto si arrabbattavano per levare il buon nome al P. Eudes, e sperderne la Congregazione, egli in quella vece andava di giorno in giorno acquistando l' affetto e la stima di molti, e riscuotendo l'ammirazione di tutti. Ogni assalto contro di lui segnava un progresso dell' opera sua. A mo' d'esempio, quando gli venne chiuso il Seminario di Caen, monsignor Claudio Auvry, Vescovo di Coutances, pochi giorni dopo, e agli otto di Dicembre del 1650, festa dell'Immacolata Concezione della Madre di Dio, lo chiamava a fondarne un'altro nella sua diocesi. Il santo Prete , malgrado la critica posizione in cui si trovava, facendo assegnamento nella intercessione della SS. Vergine , non esitò di accettare l'offertagli impresa. Nè la Vergine Maria lasciò delusa la fiducia in Lei riposta dal suo figlio divoto , imperocchè gli aiuti per la erezione del Seminario furono così copiosi, che in riconoscenza egli ne dedicò la Chiesa in onore del Sacro Cuore di Maria , e le fece porre sul frontone queste parole : Fundavit eam Mater Altissimi: La fondò la Madre dell'Altissimo. Né solamente il Vescovo di sua diocesi, e di quella di Coutances, ma moltissimi altri gli diedero le più alte prove di loro stima e benevolenza. Tutti andavano a gara a chiamarlo presso di loro per dettare Missioni ed aprire e dirigere Seminarii, o fondare asili per le convertite, sotto la direzione delle sue Suore. Cosi fecero tra gli altri Mons. Matignon, Vescovo di Lisieux, così M. Harlay Arcivescovo di Ruen, e poi di Parigi, così Mons. Maupas Vescovo di Evreux, così Mons. De la Vieuville Vescovo di Rennes, e più e più altri che troppo lungo sarebbe il pur nominare. Senza contare i Quaresimali, gli Avventi ed altre simili predicazioni, le sole Missioni date dal P. Eudes, ascendono al numero di centododici ; Missioni che duravano più mesi, e nelle quali ei predicava talora da due a tre volte al giorno. Le chiese più vaste erano sempre ristrette per lui. Bene spesso era obbligato a predicare all' aperto, e furono notate ad una volta sino a trenta e quaranta mila persone ad udirlo. Predicò a Parigi ed a Versailles dinanzi alla famiglia reale, e allo stesso Luigi XIV. Sono quindi incalcolabili le anime confermate nella fede, e rassodate nella pietà ; innumerevoli ed anche strepitose le conversioni da lui operate.
Nè solamente i Prelati furono ammiratori del P. Eudes, ma i più grandi personaggi di Francia , come il Cardinale Richelieu primo ministro , e il Cardinale Mazzarino suo successore; anzi suoi ammiratori furono i due re di quell' epoca Luigi XIII, e il figlio suo Luigi XIV. Ma quello che vale più di tutto si è che tra gli amici, i difensori, i protettori del P. Eudes, tiene il primo posto s. Vincenzo de' Paoli, uomo di sì alti meriti, che non avvi nè lingua nè penna, capace di celebrarli degnamente.
Roma mise poscia il suggello della suprema sua autorità alle opere del P. Eudes. Così fecero Papa Innocenzo X, Clemente X, e Papa Alessandro VII, il quale nell'anno 1666 con apposita Bolla erigeva in Ordine religioso l'Istituto della Madonna del Rifugio per la cura delle penitenti. Fu questa una delle più dolci ricompense che potesse aspettarsi in questa terra il buon Padre, e Dio non gliela negò (1).
Più altre cose avremmo a dire di questo uomo grande, ma ci toccherebbe di prolungare di troppo quest'articolo , e perciò conchiudiamo. La morte sua fu come quella di un soldato, che cade in sulla breccia, e colle armi alla mano. Le parole del suo testamento furono queste: Veni, veni, Domine Jesu. Sentendosi mancare le forze in Caen domandò il SS. Viatico, che volle ricevere in ginocchio sul pavimento della sua cella, sostenuto da due dei suoi Confratelli. Dopo la Estrema Unzione credendo che non avesse più che pochi momenti di vita, i suoi religiosi con molte altre persone si radunarono piangenti intorno al suo letto per riceverne il finale respiro. Alla vista di tante persone che gli erano si care, il moribondo parve riaversi , e gli ultimi suoi istanti li spese a confermarle nei sensi di pietà, nell'amor di Dio e del prossimo, nel distacco dal mondo e nel desiderio del cielo. Cessato di parlare , cessava pur di vivere verso le tre ore pomeridiane del 19 Agosto dell'anno 1680.
Gli oracoli fallaci di certi uomini al tempo del P. Eudes presagivano la presta caduta dei suoi Istituti; ed Invece, dopo 200 anni dalla sua morte , questi continuano a fiorire rigogliosi. Non è egli il caso di ripetere : Mendaces filii hominum in stateris suis ? Cosi Iddio si burla di coloro , che si credono sapienti , e non conoscono le vie della sua Provvidenza, sempre mirabile nei suoi Santi.
Come abbiamo di sopra accennato, di questo Eroe della Chiesa, di questo insigne benefattore dell' umanità , si sta oggi trattando in Roma la causa di Beatificazione , la quale lascia sperare un esito felice. Non solo gli innumerevoli suoi figli e figlie, ma tutte le anime buone fanno voti ardenti, che spunti presto quel giorno avventurato, in cui sia concesso di prostrarsi ai suoi altari, implorarne pubblicamente celesti favori , e come Beato cantargli inni di gloria (1).
(1) L' Oratorio era una Congregazione di ecclesiastici stata consigliata in Parigi dal nostro san Francesco di Sales, e fondata nel 1811 dall' Abate e poscia Cardinale Bèrulle collo scopo di coltivare nella virtù e nelle funzioni ecclesiastiche il giovane clero. In appresso essa deviò dal suo primiero fine prendendo la direzione di Collegi laici, e soprattutto fasciando entrare tra i suoi membri l' eresia dei Giansenisti. Questa Congregazione fu soppressa nel 1790 , e ristabilita a Parigi dall' Abate Pététot nel 1853 sotto il titolo dell' Immacolata Concezione.
(2) Tra gli errori dei Giansenisti vi ha che Gesù Cristo non è morto per tutti qli uomini, e che i Comandamenti ,di Dio sono impossibili agli stessi giusti, che vogliono e si sforzano di adempirli. Dottrina empia e sacrilega, che dissecca la fonte della pietà, toglie ogni slancio alla virtù, e spalanca le porte al vizio, alla indifferenza, alla disperazione. Da questi falsi principii ne derivarono molte funeste conseguenze, tra cui un fatale rigorismo nella direzione delle anime, e l' allontanamento dei fedeli dalla frequenza ai sacramenti soprattutto alla Comunione, che si deplora tuttavia in alcuni luoghi di Francia e ancor del Piemonte.
(1) Da questo sorse l' Ordine della Madonna del Buon Pastore, ed ecco in qual modo. Ciascuna Casa dell'Ordine del Rifugio faceva parte da sè, dipendeva dal Vescovo della diocesi , ed una Superiora non s' ingeriva nella Casa dell'altra, quantunque sempre unite dal vincolo della carità e dall' osservanza delle stesse regole. Ma l'anno 18:35 la Superiora ella Casa di Angers, Suor Maria di santa Eufrasia, religiosa di esimia pietà, e che nella lettura della vita e delle opere del P. Eudes erasi imbevuta appieno del suo zelo apostolico, concepì il disegno di erigere la sua Casa in Generalato. Essa giustamente pensava che una Casa di tal fatta, come unico centro, si sarebbe trovata più libera ad aprire nuove case, avrebbe potuto conservare più facilmente l'unità di spirito e di direzione in tutti gli stabilimenti , propagare maggiormente la gloria di Dio e la salute delle anime. Pertanto coll' appoggio del Vescovo della città ella ne umiliò domanda a Papa Gregorio XVI, il quale udito il consulto dei Cardinali ne esaudì la supplica, e con suo Breve in data del 3 aprile di quell' anno stesso 1835 costituiva un nuovo Ordine sotto il nome della Madonna di Carità del Buon Pastore, con Generalato ad Angers. Questa disposizione produsse ottimi risultati. Nel corso di 200 anni, cioè dal 1666 sino al 1866 l' ordine del Rifugio non aveva potuto fondare che 23 case; e invece dall' anno 1835 sino ad oggi, fiale a dire nello spazio di soli 45 anni, l'Ordine del Con. Pastore per mezzo della sua Madre Generale ne aperse ben oltre a 130. In faccia a Dio i due Ordini non ne formano che un solo ; e le Suore di entrambi si man-" tengono sempre in buona relazione, considerandosi a buon diritto figlie dello stesso padre, Giovanni Eudes.
(1) Chi desidera una compiuta notizia intorno al venerabile P. Eudes veda l' opera del Cav. C. De Montzey intitolata : Il Padre Eudes Missionario Apostolico e le sue instituzioni, sua vita e storia delle sue opere. Versione dal francese, Torino, Tipografia V. Vercellino 1870. Si vende eziandio nella Libreria Salesiana di Torino al prezzo di Lire 2.
La Reverenda Direttrice delle scuole femminili di S. Carlos in Buenos-Ayres a nome eziandio delle altre Suore di Maria Ausiliatrice scriveva a D. Bosco in occasione del suo onomastico una lunga lettera, della quale riportiamo qui i punti principali.
S. Carlos Almagro, 5 Maggio 1880. Rev.m° e dilettissimo Padre in Gesù Cristo,
Siamo nel 1880. Noi povere sue figlie di America speravamo di avere la bella sorte di averla tra noi in quest' anno per festeggiare alla sua presenza il suo giorno onomastico. Ma è invano lo sperare questa grazia, e dobbiamo farne un sacrifizio ed aver pazienza. Ciò nondimeno non possiamo trattenerci dall' augurare alla S. V. mille felicità spirituali e temporali ; molti anni di vita per la salute nostra e d' innumerevoli altre anime. Questi cordialissimi augurii glieli facciamo anche a nome di migliaia di giovanette americane, che frequentano le nostre Case, che l' amano pure come loro padre , dolenti di non poterlo conoscere se non per fama.
Noi l'abbiamo già ringraziata, e nuovamente la ringraziamo del favore che ci ha fatto coll' inviarci in questi luoghi. Quanto bene noi vi potremmo fare se ne fossimo capaci ! quante povere fanciulle salvare ! quante belle gemme incastrare nella nostra corona ! Preghi, o buon Padre, perchè possiamo corrispondere alle grazie ricevute, e non ci perdiamo mai di coraggio. Se non temessimo d' essere indiscrete vorremmo supplicarla che, non potendo venirci a trovare, volesse almeno indirizzarci per iscritto alcune delle sue parole, sempre atte ad infondere nei nostri cuori incoraggiamento al bene, e desiderio della virtù. Lo sappiamo che là S. V. é assediata da continue occupazioni ; tuttavia non possiamo nasconderle questa nostra brama , che speriamo verrà soddisfatta dalla paterna sua bontà.
Non le saranno distare alcune notizie delle cose nostre. Abbiamo buone notizie dalla Patagonia. Le nostre sorelle di colà ci scrivono essere molto contente della loro posizione, e sono liete di poter già fare scuola, ed istruire un buon numero di quelle povere ragazze, e metterle in grado di ricevere i santi Sacramenti.
Le Suore della Bocca hanno più centinaia di fanciulle alla scuola, e il progresso che esse fanno nella virtù ci fa credere che le loro fatiche siano benedette dal Signore. Un buon numero di esse e pur grandicelle furono ammesse alla prima Comunione. Che dolci consolazioni per esse, e per noi ! Sono gioie che il mondo non può dare, e che noi medesime non possiamo esprimere , ma così grandi , che ci compensano abbondantemente dei sacrifizi fatti per amor di Dio e pei bene delle anime. Le figlie del mondo si tengano pure i loro mondani piaceri; noi non muteremo giammai il minimo dei nostri col più grande dei loro.
A Las Piedras si fa pure scuola ; ma il numero delle ragazze non è ancora secondo il nostro desiderio , sebbene superiore a quello dell' anno scorso. A Villa Colon per iscarsità di Suore si tira innanzi alla meglio.
Anche a S. Carlos stentiamo di personale , e non possiamo attendere a tutto il lavoro. Da circa un mese vennero tra noi due Postulanti, le quali danno buone speranze , ma è poca cosa pei presenti nostri bisogni. Queste terre sono sterili di vocazioni religiose, e perciò la preghiamo, o Rev.mo Padre, di voler affrettare la spedizione di altre Suore in nostro aiuto. Che regalo ci farebbe mai, se mandasse ad accompagnarle la nostra Rev.ma e carissima Madre Generale !
Sono alla fine del foglio, e debbo conchiudere. Raccomando alle sue preghiere i miei parenti. Imploro per me e per tutte le Suore Americane la sua paterna benedizione, e con tutto rispetto mi protesto
Di Lei Rev.m° Padre
Obb.ma figlia in Gesù Cristo
Suor MARIa MADDALENA MARTINI.
Nella nostra Casa di Marsiglia, che porta il nome di S. Leone in ossequio al regnante Pontefice Leone XIII, e perché inaugurata due anni sono il 28 di Giugno festa di S. Leone II, fu celebrata sullo scorcio del detto mese una solennità degna di particolare menzione. Ecco quanto ce ne venne scritto da quella Casa.
Marsiglia 30 Giugno 1880.
REV.mo E CARISSIMO D. Bosco,
Sono lieto di poter dare alla S. V. consolanti notizie intorno alle nostre festo. Tutto riuscì a meraviglia.
La Cappella fu benedetta Domenica mattina dal M. R. Sig. Canonico Guiol, nostro sig. Curato di S. Giuseppe, con grandissimo concorso di Cooperatori e Cooperatrici della città. Dopo la sacra cerimonia egli vi celebrò la santa Messa , e distribuì la prima Comunione a 23 fortunati giovanetti del nostro Ospizio.
Poche ore dopo giunse sua Eccellenza Rev.ma Monsignor Vescovo di Marsiglia, che amministrò la Cresima ai primi comunicati. L' egregio ed amato Pastore vi si mostrò affabilissimo e pienamente soddisfatto. Egli parlò per ben tre volte a tutti, e con acconcie parole incoraggiò i nostri benefattori a continuare il loro concorso a quest'Opera, destinata a produrre un gran bene in Francia. Concedette indulgenze ai presenti, e promise una passeggiata ai giovanetti. Alla sera i primi vespri furono solenni.
Al domani poi, festa di S. Leone, venne a dirci la Messa della Comunione il Vicario Generale, che ci rivolse un magnifico fervorino. Il signor Curato di S. Giuseppe cantò la Messa solenne , la nostra banda eseguì varii pezzi di musica dall'orchestra, perché qui non è proibito di usare in chiesa gli strumenti musicali per lodare il Signore. Ogni cosa riuscì di somma edificazione.
Il pranzo ci fu regalato, e il cuoco nostro non ebbe a far altro che distribuire la grazia altrui. Avevamo tra gli invitati parecchi illustri personaggi, tra cui il presidente della Società Beaujour, il sig. Comm. Rostand, il presidente dei Comitati, e il nostro Sig. Curato. Questi alla fine di tavola si alzò e fece un cordialissimo brindisi a D. Bosco e a suoi figli ; ed il sottoscritto gli rispose meglio che seppe. Poscia il Sig. Rostand parlò della circostanza dei tempi; ricordò che noi giungevamo a Marsiglia nel 1878 in momenti di subbugli, e che ciò non ostante l'opera dell'Oratorio ha prosperato. Ella prospererà ancora, diss'egli, malgrado il timore di altri disordini. Paragonò il nostro pranzo alle agapi o conviti di carità dei primi Cristiani. Disse insomma molte e belle cose, che il tempo e lo spazio non mi permettono di riferire.
La Cappella fu elegantemente adornata ; eppure noi non abbiamo fatto la minima spesa. La pietà dei Cooperatori e delle Cooperatrici Marsigliesi pensò e provvide a tutto. E qui giova ricordare che in questa città sbarcarono e vissero s. Lazzaro e le due sue sorelle santa :Marta e santa Maria Maddalena, che dei loro beni sostentavano il Collegio apostolico, e profondevano preziosissimi unguenti ad onor di Gesù . Or bene la fede , la divozione, la carità di quella santa famiglia si sono come trasfuse in questi buoni Cattolici di Marsiglia. Noi lo proviamo tuttodì.
I Comitati istituiti a vantaggio di questa Casa hanno in questa circostanza spiegato uno zelo ammirabile, che continua. La fabbrica progredisce, e vien su come per incanto. Tutti dicono che i Salesiani sono i Beniamini della divina Provvidenza. Preghi per noi, amatissimo Padre, che non ci rendiamo indegni dei celesti favori.
Sono con umile e figliale rispetto
Suo obbl.mo ed affez.m° in Gesù Cristo Sac. GIUSEPPE BOLOGNA.
I Cooperatori e le Cooperatrici conosceranno già il nostro Collegio di Borgo S. Martino sul Monferrato, frequentato oggidì da oltre a 200 giovanetti convittori appartenenti ad oneste famiglie, e da altri 150 del paese , distribuiti parte nelle quattro classi elementari , e parte nelle cinque ginnasiali. É il primo Collegio, a cui diede solido principio l' Oratorio di S. Francesco di Sales. Inaugurato in Mirabello fin dall'anno 1863, venne trasferito in Borgo S. Martino nell'anno 1870 in grandioso palazzo, appartenente già alla nobile famiglia dei Marchesi Scarampi di Villanova, circondato di ameni giardini, da viali ombrosi, da delizioso boschetto. La vicinanza della stazione sulla ferrovia Alessandria-Vercelli, la salubrità del sito, soprattutto dacché con reale decreto vennero abolite le risaie nell' agro Casalese, la istruzione elementare e ginnasiale impartita secondo i programmi governativi, la paterna ed amorevole disciplina con cui vi si governa, tutto questo giovò a far sì, che detto Collegio conservasse sempre il primo seggio tra i nostri Istituti , stimato e frequentato dai vicini e dai lontani. Fra le centinaia di giovani, che vi ebbero l' istruzione e la educazione, molti coprono oggidì importanti uffizi nel mondo, abili avvocati, notai, medici , farmacisti, professori, e sacerdoti zelanti.
Il giorno primo dell' or passato luglio Sua Eccellenza Rev.ma Monsignor Pietro Maria Ferrè Vescovo di Casale si doveva recare in quel Collegio per amministrare la Cresima a parecchi alunni. Prese le dovute intelligenze col veneratissimo Pastore,- D. Bosco colse quella propizia occasione per tenervi la prima Conferenza ai Cooperatori e alle Cooperatrici di quelle parti , presieduti dall' inclito Prelato, che pur li volle infervorare colla eloquente e calda sua parola. Il Sacerdote D. Domenico Belmonte direttore locale ed esperto maestro di musica preparò varii giovanetti ad eseguire canti musicali, ed i professori altri ne addestrarono a rappresentare la celebre commedia latina, intitolata: Phasmatonices, ossia Larvarum victor, che riuscì mirabilmente. Per tutte queste ragioni il primo di luglio fu pei Collegio di Borgo San Martino una memoranda giornata.
Noi intendiamo di dare qui un qualche cenno delle cose principali, persuasi che torneranno giovevoli e gradite a quelli, che non poterono prendervi parte.
LA CONFERENZA. Invito e parole di D. Bosco.
Alcuni giorni innanzi alla Conferenza i Cooperatori e le Cooperatrici dei dintorni vi erano stati invitati dalla lettera seguente.
Ai BENEMERITI SIGNORI COOPERATORI E SIGNORE COOPERATRICI
Giovedì prossimo 1° luglio in questo Collegio di Borgo S. Martino si terrà una Conferenza pei signori Cooperatori e per le signore Cooperatrici di queste parti.
Essendo la prima Conferenza che vi si tiene con qualche solennità, prego V. S. che voglia degnarsi d'intervenirvi, onde raccolti insieme, come membri di una stessa famiglia, possiamo viemeglio infervorarci nell' osservanza del nostro Regolamento a vantaggio e a benessere di tanta gioventù povera ed abbandonata.
Sua Eccellenza Ill.ma e Rev.ma Monsignor PIeTRO MARIA FERRé:, nostro veneratissimo Vescovo, si degnerà di presiedere in persona alla nostra Conferenza ; e il sottoscritto vi esporrà quelle cose, che si giudicheranno della maggior gloria di Dio.
Il Sommo Pontefice concede indulgenza plenaria ai Cooperatori e alle Cooperatrici che vi prenderanno parte.
Nella fiducia di fare o rinnovare in quel giorno la sua personale conoscenza, prego Dio che sparga larghe benedizioni sopra di Lei e sopra tutta la sua famiglia, mentre ho l' onore di potermi professare
Di V. S. Benemerita
Borgo S. Martino, 28 Giugno 1880.
Obb.mo Servitore Sac. GIOVANNI Bosco.
A dire il vero , stante il giorno feriale , e il soffocante calore della stagione , D. Bosco non aspettava di vedersi circondato da una eletta di Cooperatori e Cooperatrici così cospicua e numerosa. Chi per ferrovia, chi per vettura, e chi anche a piedi si portarono ben oltre a 160 persone. Vi si vedevano membri illustri del clero casalese e alessandrino , molti signori e moltissime signore delle vicine città e paesi , non che varii padri e madri ed altri parenti degli allievi.
Alle ore 4 pomeridiane , raccolti tutti nella Cappella del Collegio bellamente adorna, si diede principio alla Conferenza colla lettura di un tratto di vita del nostro Santo, cui tenne dietro il canto di un mottetto, eseguito dai giovani allievi.
Intanto Monsignor Vescovo accompagnato dal clero ascese ancor egli in Cappella, e D. Bosco presa la parola tenne un discorso a guisa di semplice esposizione. Non potendolo recare per intiero, ne daremo alcuni tratti più rilevanti.
« Mi trovavo a Roma, così D. Bosco, mi trovavo a Roma nell' occasione, che l'immortale Pontefice Pio IX, di S. M., riceveva in pubblica udienza i rappresentanti della stampa cattolica, e mi ricordo tuttora il magnifico discorso che egli tenne in quel giorno. Per animare gli scrittori cattolici a combattere vittoriosamente il nemico di Dio e della Chiesa, Pio IX li esortò a stare uniti tra di loro, e portò per esempio il combattimento dei tori nella Spagna. Senza punto approvare quel divertimento, che ricorda la dominazione dei Mori in quel paese, il Santo Padre descrisse il modo, che tengono i combattenti per vincere ed abbattere l' indomita bestia. In una gran piazza, alla vista d' immenso popolo, difeso da uno steccato, si sprigiona il tremendo quadrupede. Il toro aizzato dalle grida, inseguito dai preparati combattenti , spinto dal suo furore, mandando muggiti orrendi corre precipitoso or contro a questo, or contro a quello, e abbassa la testa per infilzarlo colle corna; ma l' addestrato lottatore quando se lo vede da presso dà di volta, e gli caccia nel muso o nel collo uno spiedo o la spada. Ferito così l' infuriato animale si precipita contro ad un altro, e questi alla sua volta gli misura un secondo colpo. Il toro allora nella piena della sua smania mugge disperatamente, gira, volteggia in sull' arena cercando di battere qnanti gli si parano innanzi; ma da ogni parte trova i suoi avversarii, che uniti allo stesso scopo lo attendono a pié fermo ; e chi lo colpisce in un fianco, chi lo percuote nell'altro, l' uno gli getta l'arma sulla testa o nella giogaia, l' altro gli lascia cadere un fendente sulla schiena; così che dopo inutili sforzi la bestia procombe a terra e muore. L' unione dei combattenti, osservò Pio IX, è quella che stanca, vince, abbatte la ferocia del toro. I nemici di Dio e della Chiesa, contro dei quali abbiamo da combattere, sono dalla Sacra Scrittura chiamati col nome di tori: Tauri pingues, lamentava già il reale profeta, obsederunt me (Salm. xxi, 13), uomini inferociti a guisa di tori mi hanno assediato. Lo stesso lamento dobbiamo ripetere noi soprattutto in questi tristissimi tempi. Ma vogliamo abbattere questi nemici e riportarne vittoria? Siamo tutti uniti contro di loro, come una compatta falange; e guardiamoci dal muovere assalti, dallo adoperare la penna o la voce gli uni contro gli altri. - Se queste non furono le identiche parole uscite dalla bocca del grande Pio IX, sono questi per altro i sonsi del suo mirabile discorso.
« Vi ho ricordato questo fatto e queste parole, o benemeriti Cooperatori e Cooperatrici, per farvi ben comprendere il bisogno che vi é oggidì che i buoni cristiani si uniscano tra di loro, a fine di promuovere il bene e combattere il male, perché vis unita fortior, l' unione fa la forza. »
« Fin dall'anno 1841 quando questo povero prete cominciò a radunare giovinetti nei giorni di festa, levandoli dalle vie e dalle piazze per trattenerli in divertimenti onesti, e per istruirli nella nostra Santa Religione , egli sentì il bisogno di aver Cooperatori, che gli porgessero la mano. Quindi fin d'allora molti sacerdoti e laici della città, e in appresso pie signore, accolto il suo invito, a lui si unirono per aiutarlo, gli uni col menargli fanciulli, gli altri coll' assisterli e catechizzarli; le donne poi e le comunità religiose lo aiutarono col rattoppare abiti, fare bucato, e provvedere biancheria ai più bisognosi ed abbandonati. Coll' aiuto di Dio e colla carità di queste persone benevoli , quello , che abbia potuto fare questo Sacerdote , e quello che facciano oggidì i Salesiani voi già lo avete appreso dalla lettura del Bollettino Salesiano, e non occorre qui di ripeterlo. »
« Visto il bene che tante buone persone insieme unite facevano a vantaggio della povera gioventù, si pensò allora d' instituirne una formale Associazione sotto il titolo di Pia Unione dei Cooperatori Salesiani, e farla approvare dal Vicario di Gesù Cristo. Molti Vescovi dopo averla riconosciuta nelle loro diocesi, la raccomandarono poscia alla Santa Sede, e tra quelli che più caldamente la promossero ho il piacere di annoverare Sua Eccellenza Rev.ma Monsignor Pietro Maria Ferré, nostro Veneratissimo Pastore. Il Santo Padre Pio IX, di santa memoria, esaminato il progetto, lo approvò, anzi desiderando che la Pia Unione i prendesse maggior incremento aprì i tesori delle sante indulgenze, come ben sapete. Dall' anno di questa approvazione, 1876, sino ad oggi, i Cooperatori e le Cooperatrici sono cresciuti sino al numero di 30 mila, e vanno aumentando ogni giorno, di mano in mano che la pia Società vien fatta conoscere in mezzo ai fedeli. »
Accennata così l' origine ed il progresso della Pia Unione, D. Bosco diede un breve ragguaglio dello opere Salesiane, il più delle quali devono il loro principio, e il loro proseguimento allo zelo ed alla generosità dei Cooperatori e delle Cooperatrici Salesiane. Essendo notizie già state pubblicate nei passati numeri del Bollettino, le passiamo qui sotto silenzio, per dire invece di quello, che si ha da fare per essere un vero Cooperatore ed una vera Cooperatrice, e quindi poter godere delle grazie singolari concesse dalla Santa Chiesa.
« Primieramente osservo, disse D. Bosco, che per lucrare le indulgenze concesse dal Vicario di Gesù Cristo bisogna adempiere le opere prescritte per l' acquisto delle medesime . Quindi se l' indulgenza è annessa ad una data preghiera, alla visita ad una Chiesa, o alla Confessione e Comunione, é necessario praticare queste opere ; e ciò tanto vale pei Cooperatori quanto pei Terziarii di S. Francesco di Assisi. Ma per acquistare siffatte indulgenze non basta adempiere le opere prescritte, ma è d'uopo ancora far parte della Pia Unione dei Cooperatori secondo lo scopo della medesima.
E che cosa si deve fare per appartenervi?
« Anzitutto bisogna esservi stato ascritto dal Superiore della Congregazione Salesiana oda persona da lui delegata, e non esserne stato escluso in appresso. L' aggregazione generalmente si fa coll'invio del Diploma unito al Regolamento. Oltre a ciò é mestieri praticare opere di carità, secondo lo spirito ed il fine della Pia Unione.
« Ma qui taluno domanderà: É forse necessario praticare tutte e singole le opere di carità notate nel Regolamento ?
« Non é necessario, rispose D. Bosco, praticare tutte e singole le opere di carità registrate nel Regolamento ; neppure è necessario praticarne una o più in un tempo determinato ; ma è necessario e basta praticarne alcuna quando si presenta l'occasione. Ho detto che é necessario praticarne alcuna. Lo scopo della Pia Unione si è di dare alla Congregazione Salesiana degli aiutanti, che si assumano soprattutto una cura speciale della gioventù. Quindi ognun vede che i Cooperatori e le Cooperatrici devono industriarsi di eseguire qualche opera di carità conducente a questo nobile j scopo; altrimenti sarebbe delusa la pia intenzione della Chiesa, che aperse i celesti tesori in loro favore. Una volta poteva bastare l'unirsi insieme nella preghiera ; ma oggidì che sono tanti i mezzi di pervertimento , soprattutto a danno della gioventù di ambo i sessi, è mestieri unirsi nel campo dell'azione ed operare. Ho poi aggiunto che per essere buon Cooperatore e Cooperatrice basta praticare qualche opera di carità quando si presenta l'occasione. E il fare così non deve tornare punto difficile ad un buon cristiano, ad una buona cristiana. E quante belle occasioni se ne presentano! Ora si può dare un buon consiglio ad un fanciullo o ad una ragazza per indirizzarli alla virtù e allontanarli dal vizio ; ora si può suggerire qualche buon mezzo ai genitori, acciocché allevino cristianamente i loro figliuoli, li mandino alla Chiesa, o dovendoli collocare allo studio o al lavoro scelgano buoni collegi, maestri virtuosi. onesti padroni; ora si può dare opera per avere buoni maestri e buone maestre nelle scuole ; ora si può prestare aiuto nel fare il Catechismo in parrocchia ; ora si può regalare , imprestare , diffondere un buon libro, un foglio cattolico, o levarne un cattivo dalle mani altrui ; ora si può concorrere ad eseguire un lavoro, provvedere un abito , cercare un posto, pagare la pensione per far ritirare un giovinetto od una fanciulla povera od abbandonata ; ora si può risparmiare una spesa, mettere in serbo una moneta per dare una limosina, promuovere un'opera, che sia per tornare di gloria a Dio, di onore alla Chiesa, di vantaggio alle anime ; ora si può per lo meno esortaro altri a farlo, e via dicendo. Occasioni di fare del bene od impedire del male non mancano mai. Non ci manchi il buon volere , non ci manchi il coraggio, non ci manchi l'amor di Dio e del prossimo, e noi senza quasi accorgerci, da padri e da madri, da maestri e da maestre, da sacerdoti e da laici , da ricchi e da poveri, saremo Cooperatori e Cooperatrici veraci, impediremo del gran male, faremo del gran bene. »
« Qualcuno mi potrebbe dire: Finché si tratta di fare del bene colla parola, io ci sono ; ma con mezzi materiali non posso , perché sono povero. Chi è povero, disse D. Bosco, faccia da povero. Ma per povero che sia un Cooperatore, se vuole, sarà sempre in grado di concorrere anche materialmente ad un' opera di carità. Era molto povera quella vedova, di cui ci parla il Vangelo ; non aveva che un quattrino, duo minuta; eppure volle ancor essa concorrere al decoro del tempio insieme coi ricchi oblatori, e ne riscosse gli encomii di Gesù Cristo. Del resto vi so dire che vi sono tanti e tante, che decantano le loro miserie quando sono invitati a fare un'opera buona, a vestire un povero orfanello, provvedere una famiglia indigente, ornare una chiesa ; ma quando si tratta di provvedersi un abito od una veste di lusso; quando si tratta di un pranzo, di una partita, di un viaggio di piacere, di una festa da ballo, di una comparsa e simili , oh ! allora bando alla povertà , oh! allora viva la ricchezza. Allora, se il danaro non c'è, si fa comparire ; allora si trova il mezzo di fare la più bella figura del mondo ; allora si sfoggia un lusso superiore alla propria condizione.
« Vi sono poi altri, soggiunse D. Bosco, i quali hanno sempre paura che loro manchi la terra
di sotto ai piedi ; veggono sempre il presente ed il futuro coi più tetri colori. Dessi sono di coloro, i quali, al dire del divin Salvatore, vanno sempre domandando tremebondi : Che mangeremo domani? che beveremo? di che ci copriremo? Quid manducabimus ? aut guid bibemus ? aut quo operiemur ? E così radunano sempre , tesoreggiano sempre, tengono in serbo, e intanto vengono alla morte senza farsi del bene, e lasciano i loro averi alla ingordigia, o alla disputa dei parenti, che in poco tempo se li consumeranno, o se li faranno divorare dagli avvocati e dai procuratori. Non imitate costoro , o miei buoni Cooperatori e pie Cooperatrici ; e affinché non ne seguiate l' esempio ascoltate due osservazioni. »
« Oggidì son molti che mettono danaro alle banche per riscuoterne un interesse. Ma qualsiasi banca, per buona riputazione che goda, lascia sempre il timore di un fallimento. E quanti fallimenti si fanno tuttodì ! quante famiglie si vedono ridotte al verde per una bancarotta ! Ma sia pur sicura una banca ; essa tuttavia non passa per interesse che il 5 od il 6 per cento. Ma io conosco una banca inesauribile , la quale presenta guarentigie tali da rendere impossibile ogni fallimento, la quale passa per interesse non dico il 5, il 10, il 30 , il 50 per cento , ma passa ben anco il cento per uno. E chi é questo così sfondolato banchiere? Egli é Dio, padrone del Cielo e della terra, il quale appunto ha promesso che renderà ora, nunc, in questo tempo, in tempore hoc, il cento per uno a chi dispone dei suoi beni alla sua maggior gloria, a vantaggio dei suoi poverelli. Chi lascierà per me le cose sue, riceverà centies tantum nunc in tempore hoc, ci assicura Gesù Cristo nel Vangelo , et in saeculo futuro vitam aeternam (Marc. x, 30). Riceverà il centuplo nelle benedizioni che Dio manderà alla sua persona, ai suoi beni, ai suoi affari, ai suoi negozi; il centuplo nella pace del cuore ; il centuplo nella concordia della famiglia : il centuplo nelle grazie spirituali in vita ed in morte. Non basta : il Signore tiene ancora riserbato nell' altra vita un premio imperituro, un trono incrollabile, una corona immarcescibile : Et in saeculo futuro vitam aeternam. Ravviviamo adunque la nostra fede, o benemeriti signori , e ' studiamo il modo di assicurarci un sì alto interesse, e un così ricco capitale. »
« La seconda osservazione si é questa: Alcuni credono che il fare limosina sia un consiglio, e non-un precetto ; quindi, purché non si servano in male dei loro averi, si pensano di fare abbastanza per salvarsi. Questo é un inganno fatale, che im- pedisce pur troppo tante opere buone nel mondo, e strascina molte anime alla eterna perdizione, come vi ha già menato il ricco Epulone. É più facile che un camello passi per la cruna di un go, disse Nostro Signor Gesù Cristo, che si salvi un ricco, il quale riponga l' affetto alle sue ric chezze e non si curi dei poverelli. Costui, se vuolsi, non peccherà contro la giustizia, ma peccherà contro la carità ; or che differenza passa tra l' andare all'inferno per aver mancato contro la giustizia, e l'andarvi per aver mancato contro la carità ? Che poi l'aiutare gli indigenti non sia un consiglio, ma un comando, apparisce chiaro dalla divina Scrittura. Non mancheranno poveri nella terra di tua abitazione, diceva già Iddio nell'antica legge ; perciò io ti comando d'aprire la mano al povero ed al bisognoso: Idcirco ego praecipio tibi, ut aperias manum fratri tuo egeno et pauperi (Deut. xv, 11). E il divin Salvatore alla sua volta parlando della limosina usa il verbo al modo imperativo, dicendo : Quod superest, date eleemosynam (Luc. xi, 41.). E per non lasciar alcun dubbio in questo punto egli dichiarò che al dì del giudizio chiamerà al regno eterno coloro, che in sulla terra avranno fatte delle opere di carità, e manderà all'inferno coloro che si saranno ricusati di farne (Matt. xxv). Altra volta disse : Non quegli che avrà detto Domine, Domine, Signore, Signore, entrerà nel regno dei Cieli , ma colui bensì , il quale avrà fatto la volontà del Padre mio, che non si contenta di parole, ma vuole le opere buone (Matt. vir, 21). Quindi é che l'Apostolo s. Giacomo scrive che la stessa fede non giova alla salute, se non è congiunta colle opere, e dice che una fede senza le opere è una fede morta : Fides sine operibus mortua est (Iacob. ii, 20).
« Mi sono fermato a trattare un poco più a lungo questo argomento, non già perché io creda che qualcuno di voi ne abbia bisogno , ma affinché , se gli occorre, se ne valga a cavare certi pregiudizi dal capo altrui. In quanto ai Cooperatori e alle Cooperatrici io esperimento ogni giorno che essi fanno e sanno fare la carità ; e confido che continueranno, mostrandosi così veri seguaci di san Francesco di Sales, che si fece tutto a tutti per guadagnare tutti a Dio, e ripeteva sovente Datemi anime e prendetevi il resto : Da mihi animas, coetera tolle. Voi avete udito, e leggete pure ogni mese, dove va a finire la vostra carità. La speranza, anzi la certezza di giovare a tanti poveri giovanetti , allontanarli dai pericoli del mondo, educarli per Dio, per la Chiesa, pel Cielo, vi deve grandemente consolare e farvi sembrare leggiero ogni sacrifizio. Facciamoci adunque coraggio, e seguiamo l'avviso lasciatoci dal divin Maestro : Coi vostri beni fatevi degli amici, affinché quando veniate meno, alla fine della vostra vita, questi vi ricevano negli eterni tabernacoli: Facite vobis amicos de mammona iniquitatis , ut cum defeceritis recipiant vos in aeterna tabernacula (Luc. xvr, 9). Amici nostri saranno allora tante anime state per mezzo nostro salvate ; amici nostri gli Angeli custodi di quelle anime medesime amici nostri i Santi, ai quali avremo procacciati dei compagni in Cielo; e quello che monta di più. amico nostro sarà Gesù Cristo , che ci assicura di tenere per fatto a se medesimo tutto il bene, che avremo fatto al più piccolo dei suoi discepoli : i Amen dico vobis, quandiu fecistis uni ex his fratribus meis minimis, mihi fecistis (Matt. xxv, 40).
Don Bosco nel terminare la sua esposizione volgeva umile preghiera al Rev.mo Presidente, che volesse consolare la pia Udienza con qualche sua desideratissima parola ; e Sua Eccellenza alzatosi in sulla cattedra tenne un discorsetto così ben concepito, e pronunziato con tanta ardenza di affetto, che fu della Conferenza una splendida corona. Ci duole assai che non ci sia stato possibile il ritenerlo per intiero a memoria. Ci vediamo quindi costretti a riportarlo solamente per sommi capi. Ed eccone i principali concetti.
Spiegando le parole di s. Giacomo accennate da D. Bosco . che fides sine operibus mortua est, i l'esimio oratore cominciò dal dimostrare che la i fede deve essere quale appunto la proclama san Paolo : Fidcs , quae per caritatem operatur (Galat. v, 6). E questa fede operativa, che in sui primordii del Cristianesimo ha salvato il mondo ; ed é questa ancora, che lo ha da salvare.
Ciò premesso, il dotto Prelato descrisse con I brevi ed appropriate parole le perverse massime del mondo odierno, che danno morte agli individui, alle famiglie, alla società, ritornandola al paganesimo ; svelò le arti ora aperte, ora nascoste, con cui le diaboliche sétte attentano a distruggere quanto vi ha di buono, di pio, di santo tra il popolo cristiano ; mostrò il guasto già operato e che si va facendo ogni dì più spaventevole. « Tutto ciò Í che ricorda Iddio e la sua legge, ei disse; tutto ciò che ricorda Cristo e la sua Chiesa ; tutto ciò che riflette la vita immortale e le sue conseguenze va man mano scomparendo di mezzo alla società. Dia Dio che fa? Iddio, che, giusta l'espressione della Scrittura, scherza in sulla terra , ludit in orbe terrarum , suscita oggidì come per incanto una Istituzione , che piena di fede e di carità fassi quale argine potente alle irrompenti massime, che adducono rovina e morte ; una Istituzione che, sposando in bell' accordo la semplicità della colomba colla prudenza del serpente, si organizza in modo da eludere le arti nemiche; una Istituzione, che in bel modo ricostruisce e conserva quello, che mano nemica già distrusse o vuol distruggere. Iddio insomma nella sua sapienza e bontà tra tanti altri mezzi di preservazione e di salute suscitò la pia Società dei Salesiani e dei loro Cooperatori, che colle opere loro costituiscono una perfetta antitesi alle opere del mondo insano. Il mondo distrugge, disse Sua Eccellenza, e i Salesiani edificano ; il mondo disperde, e i Salesiani raccolgono : il mondo diffonde libri e fogli cattivi, ed i Salesiani ne spandono dei buoni ; il mondo si serve della scuola e della istruzione per cacciare Iddio dalle menti e dai cuori giovanili, ed i Salesiani se ne servono per introdurvelo e farvelo regnare; il mondo nelle sue officine, nelle sue fabbriche perverte gli operai, li allontana dalla Chiesa e dalle pratiche di religione, ne forma le reclute, le terne dei settarii . dei comunisti , dei petrolieri, ed i Salesiani aprono dei laboratorii di arti e mestieri per creare operai cristiani, operai onesti, operai paghi del loro stato, e capaci di essere un giorno la felicità della loro famiglia, fedeli a Dio, alla Chiesa, alla patria.
« Due compiti nobilissimi, proseguì a dire Sua Eccellenza, due compiti nobilissimi, ha soprattutto di mira l'Istituto Salesiano: La coltura della gioventù e la conversione degli infedeli.
« Ognun vede che quelli, i quali oggi sono fanciulli, saranno tra poco uomini fatti, saranno capi di famiglia, saranno il nerbo del popolo, saranno il popolo stesso. Quindi per avere famiglie cristiane ed oneste, per avere una popolazione, una società morigerata e savia, è assolutamente necessario che questi fanciulli sieno per tempo informati nei sodi principii della religione e della morale cattolica. Altrimenti che avremo tra poco? Avremo figli ribelli all'autorità paterna ; avremo padri senza fede e senza cuore; avremo lo scandalo e lo scompiglio delle famiglie ; avremo cittadini che ignari o sprezzanti del supremo ed inesorabile sindacato, che li attende al di là della tomba, si abbandoneranno senza. ritegno all'istinto delle malnate passioni, si burleranno della virtù. e pur di riuscire impunemente quaggiù, faranno di ogni erba fascio, nemici della Chiesa, sovvertitori della società, inquilini delle prigioni e delle galere. Sì , quale sarà oggi la educazione della gioventù, tale sarà domani la sorte delle nazioni.
« Nobilissimo compito é quello adunque della retta instituzione della gioventù, oggi soprattutto, che i nemici di Dio cercano di pervertirla nella mente e nel cuore, allontanarla da Gesù Cristo e dalla Chiesa. Ora a questo compito glorioso, come a loro scopo precipuo, attendono per lo appunto i Salesiani con ardore ammirabile, con esito felice. In Italia, in Francia, nella Spagna, in America essi aprono scuole, collegi ed ospizi, e questi per quantunque vasti sono nondimeno sempre ristretti, perché i padri e le madri riponendo in essi piena fiducia vi mandano da tutte parti i figli loro, colla certezza che vi saranno bene istruiti , e, quello che meglio vale, seriamente e cristianamente educati. Per questa guisa ne acquista la scienza ; se ne avvantaggia la fede e la morale ; la Chiesa rannoda le diradate file dei suoi combattenti; la famiglia riceve in suo seno membri, che ne formano il buon esempio ed il sostegno ; e la civile società alla stia volta va formandosi d'individui, che le sono elemento e guarentigia di buon ordine e di saviezza.
«Ma non meno commendevole è il secondo obbietto dei Salesiani : La conversione degli infedeli. Certamente si ha bisogno che una parte di Sacerdoti rimanga tra noi per tenere viva la fede nei già credenti; ma é pur necessario che altri ancora portino la luce del Vangelo a coloro, che giacciono tuttora nell' ombra di morte. Se così non si facesse, come si avvererebbe la promessa del divin Padre al Figlio suo : Io ti darò le nazioni per tua eredità, e per tua possessione i confini della terra ? Come si avvererebbero le parole di Gesù Cristo : E sarà predicato questo Vangelo per tutta la terra, e fra tutte le nazioni? Et praedicabitur hoc evangelium regni in universo orbe, in testimonium omnibus gentibus ? Quindi é che fin dai primordii della Chiesa vi furono sempre dei prodi, che raccolsero le parole di Gesù Cristo : Euntes , docete omnes gentes, che camminarono sulle orme gloriose dei primi Apostoli, si diffusero tra le barbare nazioni, vi fecero udire la buona novella , v' inalberarono il vessillo della croce, vi estesero il regno di Dio, distruggendo quello di Satana. Ora tra questi novelli campioni di Cristo si schierarono anche i Salesiani. Come un giovane nel pieno vigore di sue forze sente il bisogno di uscire dal cerchio di sua nascita e spaziare più al largo , così l' Istituto Salesiano benedetto da Dio e dal suo Vicario in terra, pieno di vita e di ardore giovanile varca ben tosto i confini di Torino, che gli diede la, culla, poi del Piemonte, poi dell' Italia, poi dell'Europa ; valica il grande Oceano, si porta nel nuovo mondo, penetra nella remota Patagonia, rimasta finora ribelle ad ogni incivilimento, e pianta le sue tende in un campo vasto quasi come l'Europa. Immense tribù selvagge colà si raggirano ignare tuttora di Chi le ha create e redente, e i Salesiani attendono oggidì ad evangelizzarle, incivilirle, salvarle. Quello che ne sarà, Iddio solo il conosce ; ma noi abbiamo motivo di ammirare e di sperare ; ammirare cotanto slancio ; sperarne frutti abbondanti.
« Laonde io non debbo chiudere il mio dire senza raccomandare questa pia Società alla benevolenza, alla carità di quanti mi ascoltano. Sì, porgiamole la mano, come ne pregò il suo fondatore, affinché la nostra fede sia una fede viva ed operante per la carità ; sosteniamola colle nostre buone opere, affinché per mezzo dei suoi Cooperatori e delle sue Cooperatrici possa estendersi vie meglio e prosperare; sosteniamola a fine di concorrere ancor noi alla salvezza di tanta povera gioventù, sopra cui poggia il benessere della presente e delle future generazioni ; sosteniamola ancora, affinché dal seno delle stesse nostre famiglie possiamo avere il vanto di partecipare alla conversione di tanti infedeli, dilatare il regno di Cristo in sulla terra, ben meritare della Chiesa e della civile società, e procacciarci un eterno guiderdone. »
La funzione religiosa si chiuse col Tantum Ergo cantato in musica, e colla benedizione del SS. Sacramento, impartita da Sua Eccellenza Reverendissima. Poco dopo Monsignore, fra i più vivi applausi e i più rispettosi ossequii, ripartiva per Casale, chiamatovi da gravi affari.
Prima però che si uscisse di Cappella i Cooperatori e le Cooperatrici furono invitati a prendere parte alle cantate che avrebbero eseguite, e al trattenimento che avrebbero dato i musici e comici del Collegio. Quasi tutti tennero l'invito: così che la sala del teatrino era piena di gente , quantunque ne fossero esclusi i giovani allievi.
Per amore di brevità ci limitiamo a dire che le cantate del Figlio della Provvirenza e del Picicolo Spazzacamino, furono eseguite con tanta espressione di affetto da due belle vocine, che si sarebbe desiderato che non finissero mai. Non meno graziosa si fu l'Ultima sera del Carnovale.
Quella poi che riscosse soprattutto gli applausi degli intelligenti fu la rappresentazione della commedia latina , la cui riuscita superò la comune aspettazione. Te ne rimanevi davvero all' udire quei giovanetti a recitare versi plautoniani con tanta disinvoltura, con un gestire sì naturale, da sembrare che parlassero non già una lingua morta, ma la lingua della madre. Tra gli altri spettatori trovavasi presente un degno Sacerdote casalese, il quale nell' anno 1870 nel Collegio Clementino nella città di Roma , aveva avuta la sorte di assistere alla rappresentazione della stessa commedia insieme col Cardinale Gioachino Pecci, ora nostro Santissimo Padre. Or quel Sacerdote, durante la rappresentazione , diceva a parecchi: « Mi pare di essere tornato indietro di dieci anni, e di trovarmi nuovamente nel Collegio Clementino. Con che precisione, con che franchezza recitano mai questi giovanetti ! Se il Cardinal Pecci si trovasse tra noi in questa sera rivolgerebbe loro gli stessi encomii, dati già agli alunni del Collegio Clementino. »
La mentovata rappresentazione avrà certamente costato fatica ai giovani comici, sia per mandare a memoria tanti versi, sia per intenderne il senso ; ma ciò non sarà per essi senza un grande profitto; anzi siamo sicuri che ne proveranno giovamento in tutto il corso dei loro studii.
Alle nove e mezzo di sera tutto era terminato, e i forestieri quali per vapore, quali in vettura, e quali a piedi rifacevano la loro via, portando a casa loro le care impressioni della memoranda giornata trascorsa nel Collegio di Borgo S. Martino.
Principio della guerra per l'indipendenza italiana - Effervescenza pericolosa - Mezzi di preservazione - Musica e passeggiate - Funzione al Santuario della Consolata - Visita ai santi Sepolcri - La lavanda dei piedi - Il dialogo - La festa di S. Luigi - Prima muta di spirituali esercizi - Nuove lodi e premiazioni alle scuole serali - Altre rimostranze contro l'Oratorio - Decreto di Monsignor Fransoni.
Nel mese di Marzo del 1848 Re Carlo Alberto giudicava di muovere guerra all'Austria, e il 23 dello stesso mese alla testa di un prode esercito passava il Ticino per liberare il Lombardo-Veneto, come si diceva, dal giogo degli stranieri. Non é da noi l' apprezzare in questo luogo un siffatto avvenimento, che cagionava immensi disastri al Piemonte, e finiva col privare della corona il magnanimo Principe , e rapire all' Oratorio un augusto protettore. Noi non faremo parola nè porteremo giudizio sui politici rivolgimenti, se non quando riguardino più da presso , e tocchino le cose nostre.
Ma qui non possiamo tacere che la guerra dell' italiana indipendenza eccitò persin nei giovanetti tale una effervescenza ed esaltamento , che senza un qualche rimedio poteva farsi pericoloso per molti di essi. Di altro allora più non si pensava che alla guerra , di guerra si parlava , di guerra si scriveva, di guerra si cantava nelle case, nei teatri e nelle piazze, e saremmo per dire che ancor dormendo di guerra si sognava. I fanciulli medesimi tant' alti parevano divenuti altrettanti Balilla , e sì prodi soldati da trapassare colla punta della spada due Austriaci ad un colpo (1). Voi li avreste veduti, finita la scuola o liberi appena dalla bottega o dalla fabbrica, armati di un bastone, unirsi a frotte in questo o in quell'altro luogo, eleggersi un capo, costituirsi in drappelli, esercitarsi alle manovre , armeggiare tra loro, e in fine venire a battaglia una schiera contro l'altra. Né le battagliuole erano sempre innocue ; imperocché ora per imperizia ed ora per troppo ardor bellicoso si davano e si ricevevano delle bastonate solenni, degne di miglior causa. Soprattutto poi nei giorni di festa le piazze, i viali e le adiacenze della città parevamo tramutarsi in piccoli campi di guerra. Per l'opposto in quasi tutte le parrocchie le classi di Catechismo si diradavano , e talune restavano come deserte. Non era moralmente possibile che in mezzo a tanta dissipazione anche i giovani dell'Oratorio non venissero a soffrire detrimento nella loro condotta. Per verità parecchi nella festa mancavano dalle sacre funzioni; altri v' intervenivano a malincuore; molti vi si mostravano annoiati e disattenti ; la frequenza poi alla Confessione e alla Comunione veniva ridotta a minimi termini.
Ad impedire questo malessere religioso e morale, che minacciava i giovani dell'Oratorio, era d'uopo che la industriosa carità e lo zelo di Don Bosco trovassero dei mezzi efficaci. Nè questi si fecero molto aspettare. Pertanto acconciandosi alle esigenze dei tempi, in tutto ciò che non era contrario alla religione e al buon costume, egli non esitò di permettere ai giovani che facessero ancor essi nel cortile dell' Oratorio le loro manovre, anzi trovò modo di avere una buona quantità di fucili senza canne con appositi bastoni. Appose per altro la condizione che non si dispensassero delle busse, come facevasi tra Piemontesi ed Austriaci, e che al suono del campanello pel Catechismo ognuno deponesse le armi e si portasse in Chiesa. Diede ancor principio a parecchi altri giuochi di ginnastica meno pericolosi ; provvide boccie, piastrelle e via dicendo. Faceva ripetere più volte il divertimento della pignatta, e la corsa nel sacco, e rappresentare eziandio oneste commediole e piacevoli farse. Insomma nulla risparmiò, affinchè tutti, chi in un modo e chi in un altro, avessero agio di trastullarsi nell'Oratorio, assistiti sempre e paternamente sorvegliati.
Potente mezzo di preservazione si fu anche la scuola di canto. Alle lezioni di musica vocale Don Bosco vi aggiunse quelle di piano-forte e di organo, non che per molti la musica istrumentale, che suscitò un grande entusiasmo. Per questo egli si vide costretto a fare più volte da maestro in materie, nelle quali, come diceva , aveva ancora da essere allievo ; ma il buon volere suppliva a tutto. Mentre si attendeva ad organizzare la banda, e addestrare alcuni giovani a strimpellare sul piano per far guaire l' organo a suo tempo, la musica vocale si perfezionava. Quindi preparati per benino i cori ed esercitate alcune graziose vocine, D. Bosco cominciò a menarci a cantare nelle pubbliche chiese di Torino in occasione del mese di Maria e di altre funzioni, a cui tutti i giovani prendevano parte. Questo ci attirava e legava sempre più all'Oratorio e faceva del bene altresì tra il divoto popolo. Imperocché l'essersi fino allora udito sempre sulle orchestre voci robusto e d'uomini adulti faceva sì, che i canti a solo, i duetti e i cori di voci fanciullesche risvegliassero tra i fedeli l' idea del canto degli angioletti, e toccassero più sensibilmente le fibre del cuore umano ; e perciò non era raro il caso di vedere in quelle funzioni uomini e donne a versare lagrime di consolazione. Per la qual cosa da tutte parti si parlava della nostra musica , la si ambiva, la si cercava per le feste e solennità ; e quindi con grande giubilo dei giovani si cantò più volte non solamente a Torino, come alla chiesa del Corpus Domini e della Consolata, ma in appresso si andò eziandio a Moncalieri, Rivoli, Chieri e in più altri paesi circonvicini. L'esimio canonico Luigi Nasi e il sac. D. Michelangelo Chiatellino erano per lo più i due fidi accompagnatori della nostra nascente società filarmonica. Colla loro perizia musicale essi la toglievano dal rischio di far dei fiaschi, le facevano fare la più bella figura del mondo, e le procacciavano sperticate lodi.
Tra le altre una bella festicciuola abbiamo fatta in quell'anno al vicino Santuario della Consolata. Vi ci siamo recati dall' Oratorio processionalmente. Il canto per via e la musica in chiesa trassero gran folla di gente appiè di Maria Consolatrice. Si celebrò la messa , si fece da molti la santa Comunione. In fine D. Bosco ci tenne un breve discorso, in cui parlò delle amabilità di Maria, infervorandoci ad amarla. « Maria, ci diceva egli tra molte altre cose, Maria é la creatura più amata e la più amante. L'ama Iddio Padre, l'ama Gesù suo divin Figliuolo, l'ama lo Spirito Santo, l'amano gli Angeli, l'amano i Santi, l'amano tutti i cuori ben fatti. Questo medesimo Santuario è una prova lampante del come in questa città sia sempre stata amata Maria. Ella poi ama noi coll'amore di una madre ; e se ama tutti i cristiani in genere, porta un amore più tenero alla gioventù. Maria fa come il divin suo Figlio Gesù, il quale voleva tanto bene ai fanciulli, che li avrebbe sempre voluti presso di sè a fargli corona. Se Gesù diceva agli Apostoli: Lasciate che i fanciulli mi vengano a trovare, Maria va pure ripetendo a sua volta : Chi è piccolo venga da me Si quis est parvulus veniat ad me. E soprattutto col 'suo amore dolcissimo, che Ella si mostra la Consolatrice degli afflitti : Consolatrix afflictorum. Rendiamole adunque il contraccambio, amiamola ancor noi, miei cari figliuoli ; e per amor suo fuggiamo il peccato. A ricordo poi di ! questa divota visita lasciamo qui appiè di Maria il nostro povero cuore, e preghiamola che lo accetti e ce lo conservi sempre puro ed immacolato; facciamo sì, che all' ombra del suo manto noi possiamo vivere contenti e morire consolati. »
Usciti di chiesa ed entrati nei claustri ci vedemmo imbandita dai benevoli Padri Oblati di Maria, che amministravano il Santuario, una stupenda colazione, e in breve tempo ce la consumammo con un appetito non meno stupendo.
La settimana, in cui la Chiesa ricorda ai fedeli le angustie e i dolori del nostro divin Salvatore , la Settimana Santa , porse anche occasione ad infervorarci nella pietà. Il Giovedì noi, facemmo in processione la visita ai santi sepolcri. Andando da una chiesa all' altra della città cantavamo lodi in musica, e giovanetti di ogni età e condizione , tratti dal nostro canto e dal nostro esempio, vincendo ogni rispetto umano, si univano alle nostre file con un trasporto di gioia. Giunti sul luogo, dopo alcuni minuti d' adorazione, le voci più belle, con una espressione la più commovente, cantavano la Passione o qualche mottetto fattoci da D. Bosco appositamente imparare. A quelle dolenti armonie molte persone non potevano trattenere le lagrime, e da una chiesa ci seguivano in un'altra per piangere di nuovo.
In sul cader di quel giorno si fece per la prima volta nella Cappella dell' Oratorio la funzione del j Lavabo, ossia della lavanda dei piedi alla presenza di moltissimi giovani. A tal uopo ne furono scelti dodici, rappresentanti i dodici Apostoli. Disposti in giro nel presbitero si cantò il tratto di Vangelo prescritto dalla Chiesa ; poscia D. Bosco cinto di un pannolino s'inginocchiò dinanzi ad ognuno, e lavò loro i piedi , come fece il divin Salvatore ai discepoli suoi nell' ultima cena, li asciugò e baciò con umiltà profonda. Mentre ciò si compieva i cantori tra le altre facevano risuonare queste parole del rito: Ubi caritas et amor, Deus ibi est : dov'è carità ed amore, vi è Dio. E quest'altre : Cessent iurgia maligna, cessent lites ; et in medio nostri sit Christus Deus.,vale a dire : Cessino le maligne contese, cessino le liti ; e in mezzo di noi regni Gesù Cristo Dio. Un morale discorso, che tenne dietro , spiegò il significato e segnalò gli ammaestramenti della sacra cerimonia, una delle più atte ad educare ed informare i giovani cuori alle due principali virtù del Cristianesimo, quali sono l'umiltà e la carità.
Dopo la funzione i giovani Apostoli si assisero a frugal cena con D. Bosco, che li volle servire di propria mano. In ultimo, fatto loro un graziosa regaluccio, egli li rimandò a casa ricolmi di gioia. Questa sacra cerimonia prosegue a praticarsi tutti gli anni nell'Oratorio con molta edificazione.
Ma per impedire le assenze domenicali dall'Oratorio un altro mezzo posero in opera D. Bosco e il teol. Borelli. Oltre al distribuire sovente dei piccoli doni ai giovani più frequenti al Catechismo e ai meno indevoti, come sarebbero imagini, medaglie, e talora frutta e dolci , eglino cominciarono a fare l'istruzione o la predica della sera sotto forma di dialogo. Il buon Teologo mescolato tra di noi faceva da penitente o da scolaro, ed usciva di tratto in tratto in domande e risposte così lepide, che ci tenevano attenti e ci facevano ridere, nel mentre che D. Bosco dalla cattedra istruiva e moralizzava secondo il bisogno. Questa maniera d'istruzione fu sempre per noi cosa desideratissima, e bastava che si dicesse che la domenica vegnente vi sarebbe stato il dialogo, perchè la Cappella si riempisse di giovani. Da quel tempo invalse l'usanza di fare il dialogo nel tempo del carnevale, a fine di togliere più facilmente i giovani dal pericolo di correre dietro alle vanità e ai divertimenti del mondo.
La festa poi di S. Luigi fu celebrata con una pompa singolare, e pareva che i tempi così reclamassero. In quell' anno i giovani erano assai di spesso attirati ad assistere a feste, o, per meglio dire, a dimostrazioni civili, che di tratto in tratto avevano luogo in città per celebrare le vittorie di Carlo Alberto, vittorie che non tardarono a mutarsi in disfatte. Mentre adunque il mondo sfoggiava in magnificenze, e attirava gente dietro ai suoi spettacoli, sembrava utile, se non necessario, il contrapporre la grandezza delle feste religiose, per meglio guadagnare alla Chiesa le menti ed i cuori dei fedeli , soprattutto della inesperta gioventù.
La solennità venne annunziata molto tempo innanzi; le si fecero precedere le solite sei domeniche con apposite pratiche di pietà ; si prepararono musiche per quanto poteronsi squisite; si mandarono inviti ai benefattori dell' Oratorio e ai loro conoscenti ed amici. La sera della vigilia e al mattino della festa collo sparo dei mortaretti se ne risvegliò la memoria nei vicini e nei lontani. D. Bosco , il Teol. Borelli e parecchi Sacerdoti loro aiutanti ebbero molto lavoro , e gustarono dolci consolazioni pel gran numero di giovani, che si accostarono ai Santi Sacramenti. Nelle ore pomeridiane ci ricorda che nell' Oratorio si versò una sì gran calca di gioventù, che la Cappella non ne capì che una parte.
La processione soprattutto fu una cosa degna di particolare menzione. La via Cottolengo , che si percorreva, è lunga; eppure i primi giovani delle due file n' erano ormai alla metà, e gli ultimi colla statua del Santo uscivano appena dalla cinta dell' Oratorio. Malgrado tanta gente, ogni cosa si compié con ordine e tranquillità. Le guardie civiche assistevano più per decoro che per imporre , e la banda musicale alternava i suoi concerti al canto dei giovanetti.
Una cosa molto edificante fu notata in quella circostanza. A fianco della statua si vedevano due ragguardevoli personaggi, i quali levarono poscia alto grido di sé per tutta Italia, ed uno per tutta Europa. Tenevano essi da una mano il cereo acceso, e dall' altra il Giovane Provveduto, cantando coi sacri ministri l' inno Infensus hostis gloriae, in onore di S. Luigi. E chi erano questi due personaggi ? Erano nientemeno che il Marchese Gustavo, e il Conte Camillo Cavour.
Questi due fratelli non avevano tardato a convincersi che certi timori manifestati dal Marchese loro padre nei primordii del nostro Oratorio non avevano fondamento (1). Quindi vedendo che Don Bosco aveva avuta l' abilità e la costanza di superare tutte le fattegli opposizioni, e tirare innanzi l' opera sua raccogliendo da tutte le parti di Torino giovani vagabondi e pericolanti, erano divenuti suoi ammiratori. Eglino venivano sovente a fargli visita per incoraggiarlo all'ardua impresa. Nell' Oratorio poi non facevasi una festa di qualche importanza, a cui non prendessero parte. Tanto l' uno quanto l' altro si dilettavano di stare contemplando tanti giovanetti insieme raccolti, concordi nei loro trastulli , istruiti , assistiti , bene trattati, tolti per siffatta guisa dalla via del disonore , e allontanati dalla porta della prigione. A quella vista il Conte Camillo fu più volte udito a pronunziare queste parole : «Che bella ed utile opera è mai questa ! Sarebbe davvero desiderabile che ve ne fosse almeno una per ogni città. Così molti giovani eviterebbero la prigione, ed il Governo non ispenderebbe tanti denari per mantenere fannulloni nelle carceri, ed avrebbe in quella vece molti sudditi morigerati, che con un' arte o mestiere camperebbero onoratamente la vita, e gioverebbero a se stessi e alla società. »
Forse qualcuno farà le maraviglie che i due Cavour praticassero così nel nostro Oratorio e manifestassero di cotali sentimenti. Noi ci limitiamo ad osservare che in quel tempo essi mostravansi altamente Cattolici. Soprattutto Gustavo lo si vedeva sovente nelle chiese di Torino ad accostarsi alla santa Comunione con un contegno molto edificante ; anzi fu per varii anni uno dei più valorosi scrittori dell' Armonia, che cominciò ad uscire per la prima volta il 4 di luglio di quell' anno stesso. Il medesimo Camillo l' anno 1850 fu visto nella Chiesa della SS. Annunziata a ricevere la Comunione dalla mano del Teologo Fantini, eletto poscia Vescovo di Fossano. Se ìn appresso cangiarono ambidue, lo si deve alle idee politiche, da cui lasciaronsi riempiere il capo.
Ma una cosa stava molto a cuore a D. Bosco, ed era di avere un discreto numero di giovani ben fondati nella virtù, i quali fossero come sale e luce in mezzo agli altri ; e cercò modo di formarseli. A questo fine egli stabilì di tenere una muta di Esercizi spirituali. Ne fece parola con quelli che gli parvero meglio disposti ; coi suoi consigli li aiutò ad ottenere dai parenti o dai padroni una settimana di libertà per quest' uopo, e così ne raccolse una piccola schiera. Preparate le cose, che occorrevano, e previe le dovute intelligenze coi reverendi predicatori, che furono il signor Giuseppe Gliemone ora canonico di Rivoli e il T. D. Borelli, la sera di una domenica di Luglio si diede principio ai primi santi Esercizi, che terminarono al mattino della domenica consecutiva colla Comunione, e coi ricordi di perseveranza. 1 giovani esercitandi si fermavano tutto il giorno all'Oratorio, vi udivano mattino e sera le meditazioni e le istruzioni, mangiavano con D, Bosco, ma non essendovi letti per tutti, nella sera una parte si recava alla propria casa pel riposo. I predicatori scelti da D. Bosco parevano fatti appositamente per noi ; quindi le verità , gli insegnamenti, le massime, gli esempi, e i fatti edificanti, che ci vennero esposti, non potevano essere meglio adattati alla condizione nostra, e meglio attirare la nostra attenzione. Col divino aiuto varii giovani riformarono affatto la loro vita , e cominciarono a tenere una condotta così esemplare, che fu gran bene per loro e per tutto l'Oratorio. In appresso alcuni si fecero e sono tuttora buoni religiosi ; gli altri rimasero nel secolo, ma vivendo sempre da savii cristiani, come fanno i superstiti, che la discrezione non ci permette di qui nominare.
Un lepido episodio ci occorre qui alla mente. Un buon giovanetto desideroso di fare la sua confessione generale colla maggior precisione che fosse possibile si aveva scritti i suoi peccati. Fosse scrupolo o fosse realtà, fatto sta ed è che ne aveva riempiuto un piccolo quaderno, coll'intenzione di mandarli poscia a memoria o leggerli appiè del confessore. Ma, non si sa come, al sabbato egli perdette il volumetto delle ingloriose sue gesta. Tocca e ritocca, cerca e ricerca per ogni parte, ma il manoscritto non si trova. Allora il povero ragazzo cade nella desolazione ; si sente a gonfiare il cuore, e giù un pianto dirotto. Per buona ventura, ma all'insaputa di tutti, il quadernetto era stato trovato da D. Bosco. - Intanto vedendolo singhiozzare a quel modo, alcuni compagni, dopo averlo inutilmente tempestato che loro ne dicesse il perché, lo condussero a D. Bosco - Che cosa hai, mio caro Giacomino? gli domandò questi ; hai male ? hai dispiaceri ? ti hanno dato ? e intanto paternamente lo accarezzava per fargli rallentare il pianto. Il buon ragazzo asciugatesi un tantino le lagrime, e preso un po' di lena, rispose : Ho perduto i peccati ! A queste parole i compagni diedero in uno scroscio di risa, e Don Bosco, che aveva tosto capito, facetamente soggiunse : - Te felice, se hai perduto i peccati, e te felicissimo se non li trovi più ; perché senza peccati andrai di certo in Paradiso. - Ma quel buon figliuolo credendo di non essere stato inteso riprese : ho smarrito il quaderno dove li aveva scritti : - Allora D. Bosco, tratto di tasca il gran segreto, sta tranquillo, disse, mio caro, che i tuoi peccati sono caduti in buone mani ; eccoli qua. - A quella vista il poveretto rasserenò la fronte, e sorridendo conchiuse : - Se avessi saputo che li aveva trovati lei, invece di piangere mi sarei messo a ridere : stasera poi andandomi a confessare le avrei detto : Padre, io mi accuso di tutti i peccati che lei ha trovati e che tiene in tasca.
Intanto con queste ed altre amorevoli industrie l'Oratorio, anche in mezzo ai trambusti di quel tempo, si conservava in fiore, frequentato sempre da più centinaia di giovani.
Intorno a quel tempo le nostre scuole serali ebbero nuove lodi e premiazioni. Il Municipio di Torino, invitato da D. Bosco, mandava in deputazione a nuovamente visitarle il cav. Pietro Ropolo , il comm. Capello, detto Moncalvo, ed il comm. Giuseppe Duprè. Quei signori esaminarono i giovani delle varie classi intorno alla lettura, alla scrittura, grammatica, lingua italiana e francese, aritmetica, sistema metrico, geografia, storia e disegno ; assistettero eziandio alla esecuzione di alcuni pezzi di musica; fecero encomii a maestri e scolari, e se ne partirono molto soddisfatti. L' esito della favorevole loro relazione in pieno Consiglio si fu un premio di lire mille decretato alle nostre scuole.
La Direzione dell'Opera Pia : La mendicità istruita, che, come altrove dicemmo , aveva sul nostro esempio introdotte nel suo Istituto le scuole serali e di musica, venne eziandio, nella persona dell'egregio cav. Gonella, a farci una seconda visita ; e in segno di gradimento e di benemerenza ci assegnò un altro grazioso premio.
Questi sussidii e lodi producevano due buoni effetti : mettevano D. Bosco in grado di fare a pro delle scuole le occorrenti spese per l' affitto del locale, per lumi, libri, carta , penne e simili ; e nel tempo stesso erano un incoraggiamento pei giovani che le frequentavano. Vedendo essi per siffatta guisa comprovato dall' autorità l' insegnamento che loro s'impartiva, e rimunerati i sacrifizi dei loro maestri, soprattutto di D. Bosco , promotore ed anima di tanto bene, sentivansi vie più eccitati ad approfittarne.
Circa quel tempo alcuni Paroci , tra cui quel di Borgodora, del Carmine e di Sant' Agostino, mossero nuovi lamenti presso all'Arcivescovo, perchè negli Oratorii di S. Francesco di Sales e di S. Luigi si tenessero funzioni religiose e si amministrassero i santi Sacramenti. Monsignor Fransoni, viste infondate quelle rimostranze , per togliere loro qualsiasi futuro pretesto , emanò un formale decreto, con cui rinnovava la facoltà di compiere negli Oratorii qualsiasi funzione religiosa solita a farsi nelle parrocchie ; e pei Sacramenti non solo concedeva di amministrarli liberamente, ma che i giovani vi potessero eziandio soddisfare al precetto pasquale. « Le Cappelle degli Oratorii, diceva il savio Arcivescovo, saranno le Parrocchie di quei fanciulli che li frequentano. » Adducendo poscia la ragione di sue concessioni, aggiungeva : « Stante la circostanza che molti giovani sono forestieri, e che gli altri tutti sono per natura volubili ed incostanti, senza gli Oratorii che in bel modo ve li attirino, molti non andrebbero in chiesa, e così crescerebbero ignoranti e discoli. »
(1) Balilla è il nome di un giovanetto genovese che nel 1747 gridando: « È tempo di finirla », sollevò il popolo contro i Tedeschi, che opprimevano Genova, e li fe' cacciare ignominiosamente
(1) Ci venne poc' anzi a notizia un fatterello, di cui vogliamo prendere qui nota a fine d' inserirlo a suo posto in una ristampa di questa Storia. - Adunque il Marchese Cavour (padre), avendo veduto una volta D. Bosco nei prati così detti della Cittadella seduto per terra tra un circolo dì giovinetti, a cui cercava in bel modo di fare entrare in capo qualche buon pensiero di religione e di morale, domandò : Ma chi è mai quel prete in mezzo a quei monelli ? - É D. Bosco. gli fu risposto - O egli è un pazzo, soggiunse il povero Marchese, oppure un uomo da essere condotto in Senato; - e voleva dire degno di essere messo nelle prigioni del palazzo chiamato tuttora il Senato. Con queste idee stravolte non fa più stupire che egli abbia fatto e detto quello che i nostri lettori già conoscono. Di qui si vede quanto i giudizi degli uomini siano diversi da quelli di Dio, e come sia vera quella sentenza di s. Paolo: Sapientia huius mundi stultitia est apud Deum (1a Cor. III., 19).
CAPO IV. Ulteriori investigazioni della Patagonia.
Dopo di Magellano la Patagonia per molto tempo non fu più esplorata. La Spagna vi avrebbe voluto mettere degli stabilimenti in varii punti, ma la difficoltà di approdare nei suoi porti e la poca sicurezza da essi offerta fecero sì, che gli Europei rinunciassero a stanziarsi sulle sue coste. Nel 1578 gli Inglesi ricomparvero bensì sul suolo di questo paese, fino allora esclusivamente esplorato dai navigatori Spagnuoli, ma visitati molti punti si ritirarono disgustati dall'inospitalità delle terre, e non lasciarono segno di sé. Tuttavia le fantastiche descrizioni di alcuni altri viaggiatori, i quali assicuravano trovarsi in Patagonia città considerevoli, edilizi magnifici, e, quel che é di più, immense ricchezze, decisero il governo Spagnuolo a tentare nuovamente di porvi uno stabilimento.
Nel 1582 pertanto un assai gran numero di Spagnuoli sbarcarono sulla parte Orientale della penisola di Brunswik, che è la punta più meridionale del continente Americano, nello stretto di Magellano. Questi avventurieri comandati da Sarmiento e da Diego Flores per cominciare l' opera della civilizzazione gettarono le prime fondamenta d'una città, che chiamarono S. Felipe, ossia S. Filippo. Fu allora solamente che s'accorsero che questa terra era sterile ed inospitale. - I viveri, che si erano portati seco, ben presto consumarono, ed il freddo cominciò a farsi sentire nel modo più terribile. Sarmiento risolse di andare in cerca di provvigione nelle colonie del Nord ; s'imbarcò, fece più volte naufragio e finì per esser fatto prigioniero. Frattanto i 400 sfortunati coloni , che attendevano il suo ritorno, morirono di fame , di freddo o sotto le armi dei Patagoni. Ridotti a 25 presero il partito di cercarsi per terra un luogo più propizio. Partirono ed il solo che non li volle seguire non li vide più ritornare. Esso poi fu trovato circa 4 anni dopo sulle rovine della città nascente da navi europee, che passarono per colà. Il luogo dove perirono quegli avventurieri si chiama tuttora « Porto della Fame. »
Dopo tale sventurato successo si sospesero per alcuni anni le avventuriere spedizioni ; ma poi e gli Inglesi, e gli Olandesi, e gli Spagnuoli stessi. e più tardi anche i Francesi, continuarono i viaggi di esplorazione. I viaggiatori più celebri volsero a quelle terre i lor desiderii, si approdò in ogni punto delle coste , lo stretto di Magellano venne studiato palmo per palmo. Altri navigarono attorno alla Terra del Fuoco, e trovarono altri passaggi per andare dall'Atlantico nel Pacifico ; ma l'interno delle terre restò sempre inesplorato, perchè nessuno si fermava nella Patagonia se non per alcuni giorni, onde visitarne le coste e avere qualche notizia da esagerare ai suoi compatriotti.
I buoni successi che in appresso i Gesuiti ottennero nel Paraguay e nel Perù in fatto di colonizzazione, inspirarono alla Spagna l'idea di far colonizzare nello stesso modo le terre Patagoniche. L' incarico venne affidato a due Padri di quella medesima Compagnia, i Reverendi Quiroga e Cardiel, affinché visitassero i luoghi e riferissero sulla possibilità di colonizzare la Patagonia. Partirono i detti Padri nel 1745, e tentarono la fondazione di uno stabilimento , ma senza buon risultato ; anzi il rapporto che ne fecero non fu tale da incoraggiare per l' avvenire simili prove.
Tuttavia dopochè l'inglese Talkuer , il quale aveva vissuto lungo tempo nelle Pampas, pubblicò una descrizione delle terre Magellaniche, la Spagna, spaventata dall' intenzione manifestata dall'Inghilterra di mettere essa stabilimenti nelle terre australi dell' America , risolse sul serio di voler fortificare alcuni punti principali del littorale Patagone e di crearvi colonie.
Lo stabilimento di S. Giuseppe fu , in conseguenza di ciò, fondato nel 1779, ma una grande epidemia sforzò i coloni a rifugiarsi a Montevideo. Nello stesso anno ebbe luogo una prova più fortunata di. colonizzazione nel luogo, ove sorge oggidì il villaggio di Carmen o Carmine a qualche lega dalla foce del Rio Negro.
Mirabile tratto della divina Provvidenza ! Precisamente 100 anni dopo, e forse nello stesso mese, i Salesiani ponevano dimora fissa, e aprivano ospizio in questo medesimo luogo.
Nel 1780 un' altra prova di, colonizzazione fu tentata al porto S. Giuliano : si costrusse un forte con alcune case e si diede a questo luogo il nome di Florida Bianca. Il porto Deseato vide quasi nello stesso tempo cominciare un altro stabilimento. Questi varii sforzi, -i quali indicano chiaramente il progetto d'assicurare il possesso della Patagonia alla corona di Spagna, non ebbero successi guari soddisfacenti , essendosi dovuto dopo un paio d' anni abbandonare quasi affatto la colossale intrapresa.
Ma pare sorta per quelle terre l' aurora di giorni più felici. Quello che non poterono conseguire i Governi, poichè guidati in quelle terre da materiali interessi , speriamo che sarà ottenuto dalla Religione Cattolica spintavi dalla carità di Gesù Cristo, e dall' unico desiderio della salute delle anime, redente dal suo preziosissimo Sangue.
Nel Bollettino di Settembre dell'anno 1878 in una nota ad un articolo intitolato : Industrie e riflessi di un buon parroco, noi promettevamo di tessere una breve biografia di un sacerdote zelantissimo del benessere dei giovanetti. Eccoci finalmente a tenere la data parola. In altrettanti capitoli, quanti occorreranno, noi verremo pùbblicando intorno a questo degno ecclesiastico, quello che crediamo più conforme al nostro scopo, e che potrà servire di regola e di esempio ai nostri Cooperatori e alle nostre Cooperatrici, perchè possano viemeglio aiutarci nel nobile compito di educare e di istruire per Dio, per la Chiesa, per la famiglia, per la civile società, tanta gioventù povera ed abbandonata.
I.
D. Gaudenzio - Sua prima età -- Vita di famiglia Un tesoro di madre - Il modello dei compagni.
Più d'uno nel leggere il titolo di questo racconto, a cui mettiamo mano, con animo confidente e sereno, andrà fantasticando non sappiamo quanti e quali giudizii , più o meno diversi. É un romanzo, che ci vuol dare il Bollettino Salesiano?
E un racconto vero o ricavato dal vero, ed esposto sotto altro aspetto, per farsi leggere ? Chi è questo D. Gaudenzio, che col solo suo nome ci allarga il cuore, e ci promette qualche ora felice, in questi giorni tanto pieni di angoscia e di timore? - Statti in pace, lettor mio : non opprimermi più con tante domande, che io ti dirò subito, chi é questo caro D. Gaudenzio, che, ora per la prima volta, compare in queste pagine , e che ti promette di volersi fare tuo buon amico, molte volte consigliero , sempre ilare e giocondo compagno, per quanto gli basterà la vita, e Dio lo conserverà su questo povero mondo.
Egli vive tuttavia, e vorrei dire che mangia, beve e veste panni; se non volessi invece aggiungerti, che cerca di far del bene al suo prossimo, e di compiere il meno male possibile la sua missione di Sacerdote e di Parroco.
Veramente la piccola terricciuola di *** può dirsi benedetta da Dio , perché da circa 30 anni se lo gode padre e pastore. Dal dì, che egli é arrivato in mezzo a' suoi figli, non ci fu un momento di malumore, la luna dì miele, che spuntò in quel giorno avventurato, non patì alcuna fase , non si oscurò di alcuna anche più piccola nuvola, non tramontò mai più. Non che ci siano mai state occasioni di pena : non che tutte le cose siano sempre riuscite a seconda del suo desiderio ; e che il nemico del bene non abbia mai cercato di disturbarlo dalla sua calma e dalle sue opere di carità ; che anzi sovente, e lo vedremo in corso del racconto , venne prima l'indifferenza , poi la meraviglia , finalmente anche la calunnia contro quell'anima bella ; ma non fu mai che egli perdesse la sua giovialità, la sua serenità di anima e di mente.
Quello che la serafica s. Teresa raccomandava alle sue figlie spirituali : Niente ti turbi, era la divisa, l'arma di famiglia del nostro caro D. Gaudenzio. Fu appunto per questa sua costante tranquillità , e per un fare piuttosto allegro e gioviale, che adoperava nel conversare e alcune volte nel suo predicare , che fece sì , che prima qualcuno, e poi tutti i suoi figliuoli lo chiamarono col bel nome di D. Gaudenzio, invece del proprio, che era D. Matteo. E sovente, principalmente in sui principii, capitando qualche suo amico o conoscente, volendo andare alla canonica, e pigliando lingua del dove e del come stava D. Matteo, il popoletto faceva spallucce, scrollava la testa, rispondendo di non sapere chi si fosse questo Don Matteo. Se insistendo dicevano, che tale era il nome del loro spettabile parroco, allora con un tal sorriso di compassione rispondevano: ma Lei, signore , doveva dire D. Gaudenzio , perchè così appunto è detto il nostro pastore. Anche i parenti suoi dovettero adottare, per questo loro savio figliuolo, il nomignolo di Gaudenzio, e rispettare la voce del popolo, che non mai in altra occasione era più la voce di Dio.
Ora volendo dire di lui in nodo abbastanza, ampio, e venire poi a raccontare le sue mirabili azioni nella vigna del Signore, ci vediamo obbligati a rifarci un poco più avanti, ed esporre anche qualche piccola cosa de' suoi primi anni.
Era D. Gaudenzio il secondo dei figliuoli del signor Francesco che nel suo paesello esercitava l' arte del medico. La mamma era una di quelle buone donne cristiane, che mettono il loro vanto principale nel considerare un vero e santo dovere verso Dio l' educare alla pietà la figliuolanza. Essa volle fosse per loro tutta consacrata la sua vita, ricordandosi che dipendeva dalla prima impressione ed educazione, per fare de' suoi figli o angeli di Dio, o tizzoni d'inferno. Quindi assai tempo passava con loro , né mai che li affidasse con leggerezza ad altre mani. Sapeva che la pianta tale sarà adulta , quale fu educata nel principio. E perciò i suoi figli crescevano a meraviglia, di consolazione ai parenti, e di ammirazione a tutto il paese. Era bello specialmente nei giorni di festa vedere questa famiglia, dopo le funzioni di Chiesa, riunita insieme, uscire a fare una passeggiata fuori per la campagna a respirare l'aria più libera e pura. Li precedevano i bambini in allegra e chiassosa brigata, e dietro sorridenti e lieti i fortunati genitori. Quanti s'incontravano per via salutavano con rispetto il sig. Dottore , il quale rispondeva col maggior garbo a tutti, fossero agiati o poveri. In queste piccole passeggiate , se la buona comitiva s'incontrava in qualche poveretto , non si lasciava senza soccorso. Ma si sapeva fare con carità e grazia. Era il Matteuccio destinato all'opera santa. La mamma lo chiamava a sé, gli metteva tra mano l'elemosina, e poi gli diceva : Ecco , carino mio , un povero uomo che Dio ci manda a soccorrere. Va , gli consegnerai il soldo, raccomandandogli di pregare Dio per noi. Ed il fanciulletto sapeva compiere l' incarico con il più bel garbo che mai. E quante benedizioni si auguravano da tutti a questa santa famiglia ! Alcune volte poi il papà, come medico, non condotto, ma volontario e per beneficenza, accorrendo al letto del povero, voleva con sé il piccolo Matteo , affinchè alla vista di tante miserie si educasse il cuore a delicati sensi della carità cristiana. Quando alla sera ritornava a casa da queste visite fatte col padre, si vedeva mesto e persin lacrimoso. Avrebbe voluto aiutare quei miseretti, e s'accorgeva che non ne aveva i mezzi. Il suo borsellino privato era troppo scarso per il bisogno e per la volontà del cuore. Fu udito più volte a dire alla mamma, che venisse in suo soccorso, compensando con volontarie privazioni quanto gli era concesso. La signora Nannina , che così era chiamata quel tesoro di madre , giubilava in se stessa per tali sentimenti del suo Matteo, e gli lasciava abbondante limosina per i suoi poveri ammalati. Al loro letto era veramente l'angelo del conforto ! Se poi s'incontrava in poveri fanciulli, in orfanelli... oh ! allora erano moltissime lacrime, che accompagnavano l'aiuto materiale. E ripensando alla disgrazia di costoro, faceva preghiere di riconoscenza a Dio, per avergli data e conservata una madre sì buona e sì caritatevole.
Intanto che alla scuola della mamma si educava alla pietà ed alla religione , non si trascuravano gli studi, che dovevano un giorno aprirgli una via nella società, e dargli agio a riuscire utile a sé ed al suo prossimo, come vedeva farsi da suo padre. Così passarono i primi anni della puerizia. Quando poi dovette consegnarsi alla cura di altri maestri, non si credette la buona signora dispensata di tenergli su l'occhio. Anzi il suo cuore tremava di santo timore, che il suo caro figliuolo non avesse a perdere in un momento il frutto di tante cure e di tanta sollecitudine. Essa perciò lo accompagnava alla scuola, ed essa pure ve lo andava a prendere ; e più volte con precauzione e premura lo interrogava sulle lezioni udite nella scuola, adoperandosi che queste riuscissero per lui utili alla mente e al cuore ; ed invigilando che non s' infiltrasse nell'animo suo il veleno di cattiva dottrina.
Ed esso crescendo negli anni e negli studi non cessava di crescere anche in virtù. Nella scuola era sempre il modello dei compagni. Il maestro, uomo veramente degno di questo nome, non finiva di lodarlo e di proporlo per esempio agli altri allievi. Un giorno che un compagno, perché corretto dal maestro, disse una bestemmia, il povero Matteuccio fu per ismarrire dal dolore. Versò amarissime lacrime, e ritornato a casa manifestò l'immensa sua pena alla mamma. Prima però aveva, con santa risolutezza e coraggio, già rimproverato il compagno con queste virtuose parole Caro amico, che ti ha fatto il Signore , da strapazzarlo così ? Queste semplici ed infuocate parole, il tono della voce e le lacrime che le accompagnarono, fecero buonissima impressione nel cuore dell'amico, che gli promise che non avrebbe mai più offeso il Signore in quel modo. Altra volta sentì una parola sconveniente , e sebbene chi la pronunziò fosse più alto di lui , non si tenne dal dirgli che un giovinetto cristiano non deve mai parlare così. Per le quali cose i suoi compagni oltre al venerarlo come savio, ed ammirarlo per il suo ingegno svegliato, stavano bene in guardia per non offenderlo, e non meritarsi i suoi giusti e sapienti rimproveri.
Esponiamo ai nostri Cooperatori e soprattutto alle Cooperatrici, madri e figlie, un fatto lagrimevole avvenuto in Roma nel mese passato, che e una salutare lezione sulla vanità del mondo !
Una zitella per nome Adele Paolini, di bassa condizione, dovette alla sua sfolgorante bellezza i favori di alcuni ricchi, che andandone perduti, le prodigavano denari e mezzi di passarsela allegramente. Era nota in Roma, dove la si vedeva in eleganti carozze , e scioccamente corteggiata. La madre invece di allontanarla da questi pericoli le teneva bordone.
La sera del 16 luglio ella stava acconciandosi in casa per uscirsene ai divertimenti, quando un signore, che era con lei, urtò col capo una lampada sospesa, che cadde, versando il petrolio sull'abito della Paolini, e gli diede fuoco.
In un batter d' occhio la povera figlia é involta dalle fiamme ; si precipita a terra urlando ; la madre e quel signore si gettono a spegnerle il fuoco di dosso, ma non riescono che a scottar se stessi. Intanto il fuoco si appiglia alle tende e dalle tende al soffitto. Si grida : Aiuto ! aiuto ! ma il caso vuole che il portone sia chiuso e i vicini non possano accorrere. Dopo troppo lunga aspettazione, un uomo sfonda coll' ascia la porta; arrivano i pompieri, si domano le fiamme, si manda per una carrozza per trasportar all' ospedale la povera Adele; la carrozza non si trova, ed il capitano dei pompieri l' adagia sopra un materasso e ve la fa portare così da quattro uomini.
I medici riconoscono tosto la gravità del caso. L'inferma, rinvenuta da uno svenimento, domanda se vi è pericolo della vita: - Ditelo francamente, diss' ella. Se devo morire , fatemi chiamare un sacerdote, perché voglio confessarmi prima di comparire al tribunale di Dio. - Si confessò presso la mezzanotte , e poi cominciò l'agonia, e alle quattro e mezza del mattino spirava tra gli spasimi più atroci.
Il cadavere della giovane infelice aveva preso un aspetto orribile. La faccia da tanti idolatrata era completamente nera ; la bocca contratta , le mani orribili ; la pelle si staccava come se fosse un guanto. Parecchi medici e studenti vi stavano intorno. Quantunque tal fatta di persone siano abituate a contemplare cadaveri, tuttavia leggevasi sul loro volto un' espressione d'orrore misto a pietà. Adele Paolini non aveva che 23 anni.
Questo fatto porge materia a meditare sulle vanità delle mondane bellezze , e sulla follia di coloro che vi corrono dietro. Cosa vana é la bellezza, disse lo Spirito Santo ; Vana est pulchritudo : la donna, che teme il Signore, sarà lodata Mulier timens Dominum ipsa laudabitur. Sono queste le buone massime da scolpirsi nella mente e nei cuori di tutti e specialmente della gioventù.
In un libro che ha per titolo : Tesoro di racconti istruttivi ed edificanti (1) ricaviamo il racconto seguente, che ci pare assai degno di essere conosciuto, e che farà del bene.
Una giovinetta di pii sentimenti, ma che a quando a quando dava luogo a pensieri un po' vani, scriveva un dì a sua madre : « Madre mia. io sarei vaga d' aver uno specchio ; esso é un oggetto per poco indispensabile , e più d' una volta mi dolgo di non averlo. Io riposo adunque sulla tua bontà ed affetto, alquanto impaziente (tel confesso con sincerità) che mi mandi questo piccolo oggetto utilissimo. » La dimane ricevette la giovinetta dalla sua madre questa risposta
« Mia cara figlia, non solo io ti manderò lo specchio che mi chiedi, ma in cambio d' uno solo, ne riceverai tre. » - Tre?... disse la giovinetta interrompendo la sua lettura. Che vuol dire questo ? E continuando a leggere vide queste linee: « Nel primo specchio vedrai ciò che tu sei; nel secondo ciò che sarai; nel terzo ciò che devi essere. » La giovane rimase trasecolata; finito che ebbe di leggere, entrò in mille congetture, ma non ne cavava niente; le convenne dunque aspettare, e l' aspettare è ben noioso a sedici anni ! Ella contava i giorni , le ore, i minuti che passarono fra la ricevuta della lettera e l' invio annunziatole. Finalmente , dopo tre giorni lunghi, che le parvero tre secoli, giunse un pacco diretto alla giovinetta. Avutolo, lo portò via correndo, e restata sola, si mise ad aprirlo. Un primo piego ben involto , avente il numero primo, le saltò tosto agli occhi ; ella l' aperse con delicatezza. Il cuore le martellava; cha vedeva ella ? Eccolo, un modesto ma fedele specchio che , secondo la promessa della madre , le mostrò ciò ch'ella era, la sua giovinezza, le sue grazie, e i vezzi della primavera della vita. - Che bontà è quella di mia madre! disse la figlia ; e nella sua gioia, nella sua schietta riconoscenza , diede un bacio allo specchio. - Ma che poteva contenere il secondo piego che pareva più grosso , e più pesante ? Ella ansiosa l' aperse , e trovò una testa da morto ; altro specchio non men fedele di ciò ch' ella sarebbe un giorno. La vista di tal oggetto era atta a condurre a gravi riflessioni ; la giovinetta cominciò a capire la lezione che voleva darle sua madre, ed ella più a lungo guardò il secondo specchio che il primo. - Restava il terzo pacchetto; si capisce che dopo il secondo, la figlia dové alquanto peritarsi ad aprirlo : intanto pensò fra sé che non poteva contenere un oggetto più spaventevole , e si mise a scioglierlo. Die' un grido di gioia, trovando sotto una finissima stoffa una deliziosa statuetta rappresentante Maria Immacolata. Ecco ciò che debbo essere , gridò ella, e ciò che sarò, colla grazia di Dio. - E s' inginocchiò e pregò a lungo. Io non so se dei tre specchi il primo fosse spesso consultato ; ma il secondo ed il terzo furono sempre sotto gli occhi della giovinetta ; e quando nell' anima sua stava per piombare il terrore alla vista del secondo specchio, ella levava gli occhi al terzo, e vi attingeva il coraggio, la speranza e la gioia.
(1) Il libro è vendibile presso Luigi Liverani libraio a Faenza al prezzo di Lire 2 50
Siamo venuti a sapere che taluno facendosi credere amico, od incaricato di D. Bosco, si presentò in qualche paese a Cooperatori e Cooperatrici, e ne ricevette offerte da consegnarci. Affinché niuno per l'avvenire abbia ad essere tratto in inganno da qualche scroccone, avvertiamo che noi non abbiamo incaricato né incarichiamo persona a ricevere limosine in siffatta guisa. I Cooperatori e le Cooperatrici sanno il mezzo di usare per farci tenere la loro carità; essi o ce la spediscono direttamente per lettera assicurata o per vaglia postale, o si servono del proprio Parroco, dei Capi o Decurioni, o di altra persona loro conoscente e sicura.
E poiché ci si porge occasione avvertiamo altresì che, occorrendo di spedire biglietti di banca, li affidino a lettere appositamente assicurate e non in lettere semplicemente affrancate, poiché é già avvenuto che queste si siano smarrite colle somme unite. Il mezzo più sicuro é sempre il vaglia postale, conservando lo scontrino per ogni evento.
Lo spazio non ci permette di pubblicare cenni biografici dei Cooperatori e delle Cooperatrici, che di mese in mese vengono chiamati a miglior vita; ma questa volta il merito e la convenienza ci consigliano a fare una eccezione. Ecco quanto ci i scrivono dal nostro Ospizio di Sampierdarena
« Un buon Cooperatore abbiamo perduto nel mese di luglio ! É questi il sig. Francesco Vassallo di f Genova, il quale nella notte del 10 luglio con una placidissima morte chiuse una vita tutta impie- gata nell'esercizio delle cristiane virtù. Fervente Cattolico non ebbe mai rossore di mostrarsi tale, e di professare anche in pubblico la propria re- ligione : ottimo padre di famiglia, tutte rivolse le sue cure all'educazione de'suoi figli, che ben cor- risposero all'amore ed alle sollecite premure del- l' amato genitore ; uomo giusto ed onesto, ammi- nistrò i beni d' una ricca e nobile famiglia genovese come fossero suoi proprii e se ne meritò la stima e piena confidenza. Uomo dotato di delicato sen- tire e di cuor largo s'inteneriva facilmente al racconto delle altrui sofferenze, e non permetteva che alcun poverello da lui si partisse a mani vuote. Non gli fu mai proposta alcuna opera di carità senza che lo si trovasse subito disposto a pren- dervi parte secondo le proprie forze. Parco nelle spese non ebbe mai di mira di accumular ric- chezze, bensì di poter meglio largheggiare in limosine.
« Non sì tosto conobbe la nostra pia Associazione volle esservi ascritto, e fino alla sua morte coo- però efficacemente a tutte le opere Salesiane. Fra queste prediligeva l' avviamento dei giovanetti alla carriera ecclesiastica per sopperire un poco alla tanto lamentata scarsità di sacerdoti. Leggeva con particolare interesse ciò che si va pubblicando sul Bollettino intorno alle missioni di Patagonia, e per averne merito faceva ogni anno la sua offerta.
« E tanto bene operava senza ostentazione, anzi delle sue opere di carità non voleva altro testimonio che Dio. Lui fortunato che intera ne avrà ricevuta la mercede in Cielo ! Tuttavia preghiamo per l' eterno riposo dell' anima sua
« A suoi figli desolati per tanta perdita sia di conforto il pensare quanti sono quelli che si associano al loro dolore , e quanti nella morte del padre loro piangono la perdita d' un insigne benefattore, d' un secondo padre. »
Ogni Cooperatore può acquistare Indulgenza plenaria una volta al giorno, da applicarsi alle anime del Purgatorio, recitando la terza parte del Rosario di Maria Vergine avanti al SS. Sacramento, e non potendo avanti al divin Sacramento, recitandola innanzi al Crocefisso.
Indulgenza plenaria ogni volta che si accosta alla santa Comunione.
Può altresì lucrare moltissime Indulgenze plenarie nel corso del giorno mediante la recita di sei Pater, Ave e Gloria, secondo la mente del Sommo Pontefice. E queste indulgenze applicabili alle anime purganti, le può acquistare toties quoties, ossia tutte le volte che recita i suddetti Pater, Ave e Gloria in qualunque luogo senza bisogno di Confessione e Comunione, purché sia in grazia di Dio.
Oltre a queste un'altra Plenaria ne può guadagnare ogni domenica, e nei giorni qui sotto notati, purché confessato negli otto giorni, e comunicato visiti una qualche chiesa, pregandovi secondo l'intenzione del Sommo Pontefice.
Accade talora che il Bollettino, il quale ricorda indulgenze da lucrarsi fin dai primi giorni del mese, sia distribuito dopo che questi sono trascorsi. Affinché ognuno possa conoscere per tempo i giorni, a cui é annessa una indulgenza, e goderne a suo bell' agio, noteremo per lo innanzi le indulgenze un mese per l' altro. Per questa volta daremo quelle di Agosto e di Settembre.
15. Assunzione di Maria Vergine al Cielo. 16. S. Rocco.
24. S. Bartolomeo Apostolo. 25 S. Luigi Re di Francia.
4. S. Rosa di Viterbo.
7. Patrocinio della SS. Vergine.
8. Natività di Maria.
12. Nome di Maria.
17. Stimmate di S. Francesco d'Assisi.
18. S. Giuseppe da Copertino.
19. Festa dei 7 dolori di Maria.
21. S. Matteo Apostolo ed Evangelista. 24. Beata Vergine della Mercede.
Con permesso dell'Aut. Eccl. - FERRARI GIUSEPPE gerente respons. Tip. di San Vincenzo de' Paoli. Sampierdarena 1880.