ANNO IV. - N. 7. Esce una volta al mese. LUGLIO 1880.
Direzione nell'Oratorio Salesiano. - Via Cottolengo, N. 32, TORINO -
SOMMARIO - Motivi di conforto -Avviso - La Missione Salesiana della Patagonia - Lettera americana - Il Cardinale Gaetano Alimonda e la cooperazione dei laici - I Cooperatori Salesiani nell'isola di Malta - Conferenza ai Cooperatori Salesiani di Torino - Conferenza alle Cooperatrici Salesiane di Torino - Funzioni edificanti nell'Oratorio di S. Teresa - Onorevole ritrattazione - Memoria sull'abbazia di Fruttuaria in S. Benigno Canavese - Conferenza dei Cooperatoii Salesiani tenuta in S. Benigno Canavese - Bibliografia - Storia dell'Oratorio di S. Francesco di Sales - Notizie religiose - Indulgenze speciali pei Cooperatori Salesiani.
Stava nell'orto degli Olivi in preda ad ineffabili angustie e pene il Divin Salvatore, quando il Padre suo Celeste, mossone a pietà, gli manda un angelo dal Cielo a confortarlo : Apparuit illi Angelus de coelo confortans eum (Luc. XXII. 43). Or, -se di sollievo e conforto ebbe mestieri la stessa umanità di Gesù Cristo, quanto maggiormente ne abbisognerà la fralezza dei suoi seguaci! Quindi è che, se il Signore ne' sùoi imperscrutabili disegni permette che i suoi servi bevano come il Figlio suo al calice delle amarezze, Egli per altro nella sua misericordia li viene pur confortando tratto tratto di consolazioni celesti.
Ed oh ! quanti motivi di conforto non hanno oggidì gli stessi Salesiani ! Noi vogliamo qui accennarne alcuni di volo ai nostri Cooperatori e Cooperatrici, e perchè ne partecipino ancor essi, e perchè con noi uniti ne ringrazino il Signore.
Motivo di conforto sono le preziose parole, colle quali ben di spesso Vescovi, Cardinali, e lo stesso Sommo Pontefice approvano, benedicono, encomiano gli sforzi dei Salesiani e dei loro Cooperatori pel benessere di tanta povera gioventù. Motivo di conforto le mille e più domande di aprire o dirigere nuove Missioni, Case, Ospizi, Collegi, Orfanotrofii, pervenute non solo dalla nostra Italia, ma dalla Francia, dalla Spagna, dal Portogallo, dall' Inghilterra , dall' Austria, dall' Egitto , dalle Indie , dall' America , dall' Oceania , da tutte insomma le cinque parti del mondo. Motivo di conforto è il vedere le case di Francia, come quelle di Nizza e di Marsiglia, pel favore di caritatevoli persone, rapidamente allargarsi, riempirsi a centinaia di poveri giovinetti, che già in pericolo di percorrere la via del disonore e del delitto, vi sono invece educati saviamente , e ridonati così alla società buoni cristiani e cittadini onorati. Motivo di conforto si è la felice riuscita di tanti giovani stati istruiti nelle case Salesiane. Motivo di conforto la viva riconoscenza , la profonda gratitudine, che migliaia di loro nutrono verso di colui, che li raccolse nei suoi Ospizi, ve li mantenne accattando per essi, li ammaestrò in un' arte o mestiere, li avviò per la carriera degli studi, li collocò all'onor del mondo. Essi ne diedero poc' anzi una splendida prova il 24 Giugno, nell' occasione della festa di San Giovanni, giorno onomastico di D. Bosco. Molti sebbene già pubblici impiegati , o padri di famiglia , od ecclesiastici illustri, pur nondimeno, nella detta circostanza, o per iscritto, o a viva voce , o con regali, non mancarono di esternare la piena dei loro affetti verso l' amico di loro giovinezza, promettendo di mostrarsi sempre ed in ogni luogo suoi figli affettuosi (1).
Motivo di conforto sono la Chiesa e le scuole di Maria Ausiliatrice in Valle Crosia, il cui innalzamento, per le offerte dei fedeli, progredisce con tanta celerità, che da principio non avremmo osato riprometterci noi medesimi. Motivo di conforto è il tempio di S. Giovanni Evangelista , giudicato fin d'ora uno dei primi Monumenti sacri di Torino, e ben acconcio a perpetuare tra i posteri la memoria dell'immortale Pio IX, che ancor vivente ne fu il promotore principale. I lavori a compiersi per la sua interna decorazione sono ancor molti, è vero ; tua non passa giorno che non giungano limosine a tale uopo ; anzi varie persone desiderose di lasciarvi un segno di esimia pietà verso Dio, e di alta stima ed ammirazione verso il grande Pontefice, si assunsero generosamente la spesa di alcune opere importanti, come sono l'altar maggiore a doppia mensa, i due altari laterali, la porta maggiore con emblemi spettanti all'angelico Pio IX, e di altre più o meno costose. Questi esempi noi speriamo che saranno da altri imitati, e che nel prossimo anno, inaugurando al divin culto questo sacro edilizio , noi metteremo il colmo alla nostra consolazione, che sarà partecipata da tutti coloro, che ci saranno stati benevoli del loro soccorso.
Motivo di conforto si è il continuo affluire di ragazzi agli Oratorii festivi. Per non dire di tutti, in quello di S. Francesco di Sales in
I Torino, non sono meno di 500 giovani dai 10 ai 20 anni, i quali invece di andare a scorrazzare per le vie, pei prati, pei viali della città, o a dare il disonesto spettacolo dei pubblici bagni nei vicini fiumi della Dora e del Po, vi si portano a divertirsi cogli innocenti giuochi della ginnastica , ad assistere alla santa Messa, accostarsi ai Sacramenti , istruirsi nel Catechismo, ascoltare la predica, a ricevere lezioni di declamazione e di canto. Il giorno 4 del corrente Luglio vi si celebrò il terzo centenario della prima Comunione di S. Luigi Gonzaga compatrono dell'Oratorio, e la Chiesa interna di S. Francesco, capace di 800 e più persone, era piena zeppa di giovanetti della città, la gran parte poveri artigiani (1). Fu uno spettacolo consolantissimo, che riscosse la più alta meraviglia del sig. Luigi Bettina nostro zelante Cooperatore da Buttrio d'Udine, venuto tra noi fin dai confini dell' Austria per assistere alla centenaria solennità, e farvi da Priore. E ciò, che avviene in quello di San Francesco , succede in tutti gli altri Oratorii d'Italia, di Francia, d'America, tanto maschili quanto femminili.
Or chi può calcolare i giovanetti e le fanciulle, che con questo mezzo si allontanano dalla via di perdizione ? E non è questo per noi un motivo del più dolce conforto, che fa dimenticare affatto ogni disgusto ed ogni pena cagionataci, non tanto dalla fatica, quanto dalla umana malevolenza , e dalla satanica invidia ?
Motivo di conforto sono eziandio le quotidiane relazioni di grazie ottenute da innumerevoli persone, in ogni città e paese, per intercessione di Maria Ausiliatrice, venerata nel suo Santuario di Valdocco in Torino, capo e centro delle case Salesiane. Motivo di conforto le preziose notizie che ci giungono dai nostri Confratelli dell' America , e sopratutto dai missionari della Patagonia, che offerse finalmente a Dio e alla Chiesa le sue primizie, mercè la conversione e il battesimo di più migliaia dei suoi abitanti. Nè va taciuta la consolazione , che ci arrecò sullo scorcio del passato Giugno l'annunzio che in Buenos-Ayres fu posto fine alla guerra civile insorta tra le truppe del Governo provinciale , e quelle del Governo nazionale a causa della elezione del Presidente della Repubblica Argentina ; guerra che poneva a cimento la esistenza delle molte nostre case di colà, e sopratutto esponeva ad evidente pericolo la vita degli amati nostri fratelli e figli, che trovavansi tra due fuochi, e in sul campo delle battaglie.
Ecco accennati per sommi capi alcuni degli innumerevoli motivi di conforto, che ci sono presagio di ben altri ancora, che attendiamo dalla divina misericordia.
Or ritornando al tratto del Vangelo, d'onde prendemmo le mosse per iscrivere questo articolo, ricordiamo che il divin Redentore, dopo il conforto dell'angelico messaggero, diede bando ad ogni timore, e rivolto ai discepoli disse: Surgite, eamus ; sorgete e andiamo; ecco che si avvicinano i nostri nemici. Se prima Egli mostrò affanno, tristezza e paura, dopo esternò un coraggio ed una fortezza sovrumana sino agli estremi aneliti.
Valgano i segni di benevolenza, che ci va prodigando il pietoso Iddio , valgano ad infonderci in petto un indicibile coraggio nel lavorare per Lui, sicchè non mai ci sgomentino , nè ci arrestino nell' arduo cammino, nè la malevolenza, nè la ingratitudine, nè le accuse, nè le calunnie, nè le minaccie, nè le fatiche, nè la fame, nè la sete, nè la spada, nè la croce, nè la morte medesima.
Intanto vogliate , o diletti Cooperatori e Cooperatrici , vogliate unire le vostre preghiere , e le vostre voci, alle preghiere e alle voci nostre, e sciogliere con noi un rendimento di grazie degno di Colui, che si compiace di farsi chiamare : Deus totius consolationis : il Dio «di ogni conso- lazione. Il cuore nostro ci dice che questa gratitudine ci aprirà ben presto la vena di altre consolazioni dolcissime, di cui vi daremo contezza a tempo opportuno.
(1) Noi vorremmo come l'anno scorso descrivere la cordialissima dimostrazione di stima e di affetto data a D. Bosco nella suddetta occasione del suo onomastico; dire dei graziosi componimenti lettigli in varie lingue e forme; dei sublimi canti, sposati agli armoniosi concerti della banda musicale, coi quali centinaia di voci espressero i sentimenti di più migliaia di cuori riconoscenti e grati; dei preziosi doni offerti dai giovanetti educati nei varii Collegi Salesiani, non che dai primi giovani dell'Oratorio di S. Francesco, a D. Bosco sempre affezionatissimi; del regalo di un magnifico quadro in calcografia rappresentante la Madonna della reggia di Napoli di Raffaello, inviato dall'ottimo prevosto di Penango D. Giuseppe Garavelli; dei vani sacri indumenti, lavorati gli uni dalle Suore di Maria Ausiliatrice, gli altri dalle Religiose del Buon Pastore di Torino ; vorremmo eziandio riferire le due parlate fatte da D. Bosco in quella circostanza, e più altre cose; ma per tutto questo ci manca il tempo e lo spazio. Ci limitiamo quindi a riprodurre parte di un articoletto, che ne pubblicava il Corriere di Torino nel suo N° del 27 del passato Giugno.
« .... Contrapponiamo, così l'ottimo Corriere, un breve cenno sui festeggiamenti fatti a D. Bosco dai suoi giovani nella sera della vigilia e nel giorno della festa di S. Giovanni Battista suo onomastico. Mercoledì a sera, 23 , si convocarono tutti i giovani nel cortile della casa. Sopra un palco elegantemente addobbato stava il Rev. D. Bosco circondato da un'eletta di signori e signore, e dalle principali persone dell'istituto. La banda musicale suonò varii pezzi egregiamente, alcuni giovani lessero svariati e briosi componimenti in lingue diverse, e negl'intervalli le masse corali dell'Oratorio eseguirono stupende composizioni di celebrati maestri. Alla fine, commosso di così belle testimonianze, D. Bosco si alzò e prese la parola non per magnificare le sue opere veramente grandi al cospetto di Dio e degli uomini, ma per confessarsi debole strumento della misericordia del Signore, e finì per paragonarsi alla cicala, che non fa che stormire e adunare d'attorno a sè altre cicale e dar fiato alle loro garrule grida. E non si appose male, chè la sera seguente, replicatasi la festicciuola, il paragone della cicala fu soggetto ad un bel discorso di un ottimo sacerdote e di un grazioso dialogo fra tre fanciulli. In questa sera si aggiunsero le vedute, illuminate a fuoco di bengala, di ben 38 case di D. Bosco (e non vi erano tutte), ove fiorisce il suo istituto, locchè suscitò grandi applausi. Vennero pure eseguiti varii cori, tra cui una stupenda cantata parte in italiano, parte in francese e parte in spagnuolo.
Fu una festa di famiglia ordinata e stupenda, fu una cordiale ed affettuosa dimostrazione di rispetto e di riconoscenza. »
(1) Sulla porta della Chiesa si leggeva questa iscrizione :
O ANGELICO S. LUIGI CELESTE NOSTRO PATRONO ACCOGLI SOTTO IL TUO MANTO I GIOVANI
DI QUEST'ORATORIO CHE OGGI FESTEGGIANO IL TERZO CENTENARIO DELLA TUA PRIMA
COMUNIONE..
Per secondare il desiderio di molte zitelle maestre di scuola, nonchè di pie signore, le quali amerebbero passare alcuni giorni di sacro ritiro spirituale per attendere al bene dell' anima loro, annunziamo con premura che in quest'anno, come nell'anno passato, sarà data una speciale muta di Esercizi spirituali per tali persone nel Conservatorio della Madonna delle Grazie , diretto dalle Suore di Maria SS. Ausiliatrice in Nizza Monferrato.
Gli Esercizi comincieranno la sera del 13 del prossimo Agosto e termineranno la mattina del 22.
La pensione é fissata in L. 20, (si fa una eccezione per le Maestre, la cui quota sarà di L. 15). L'aria salubre e di campagna, il sito amenissimo e solitario sono nello stesso tempo un sollievo per lo spirito affaticato e bisognevole di riposo.
Si prega di farne pervenire la domanda con sollecitudine, e non più tardi dell' otto Agosto, alla Superiora dell'Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice in Nizza Monferrato, o al Sacerdote Giovanni Bosco, via Cottolengo, N. 32, Torino.
NB. Nizza Monferrato è Stazione della Ferrovia Alessan- dria-Cavallermaggiore.
I nostri lettori già conobbero per mezzo di ui nostro articolo estratto dal cattolico giornale L'America del Sud , che si stampa in Buenos-Ayres Capitale della Repubblica Argentina, il viaggio dei Missionarii Salesiani per la lontana e sel- vaggia Patagonia. Ora dallo stesso giornale ricaviamo una compiuta corrispondenza, che parla dei primi frutti delle loro apostoliche escursioni sulle sponde del Rio Negro.
Guardia Mitre, 14 Febbraio, 1880. ILL.MO SIGNOR DIRETTORE,
Come le aveva promesso partendo da Buenos- Ayres , eccomi a darle ragguaglio della nostra Missione. Giunti a Carmen di Patagonia nostro primo pensiero fu di preparare i grandi ed i piccoli a ricevere il Sacramento della S. Cresima , amministrata per la prima volta in queste terre Australi, per delegazione straordinaria di Leone XIII, da Monsignor Antonio Espinoza, Vicario Generale dell' Arcidiocesi di Buenos-Ayres.
Il concorso alla Missione nelle due colonie, uniche che si possano chiamare paesi, di Carmen e di Mercedes o Viedma, che siedono una di fronte all' altra sulle sponde del maestoso Rio Negro, fu tale che superò di molto la nostra aspettazione. Più di un migliaio ricevettero i SS. Sacramenti della Confessione e Comunione, ed ottocento quello della Confermazione. E vi sarebbe stato un concorso maggiore ancora, se il vaiuolo ed il morbo Boa non avesse decimata la popolazione, ed obbligato molti a rifugiarsi nelle isole o ad internarsi nel Campo.
Il Direttore della Missione Salesiana D. Giuseppe Fagnano eletto or ora Parroco di questo paese e di tutte le colonie e tribù indiane situate tra il Rio Colorado e Rio Negro, nell'atto che riceveva il nuovo Iuez de Paz nella Cappella provvisoria, recitò alla presenza di molto popolo un discorso di occasione, conchiudendo che i Missionarii Salesiani non avrebbero avuto altro fine che di far loro del bene, e che vi erano venuti con il mandato e l'Apostolica Benedizione dell'immortale Pio IX e del glorioso regnante Leone XIII.
Le Suore di Maria Ausiliatrico, gloria del loro sesso e della Religione, hanno pur esse aperto il loro Colegio de las Indias, e fanno già scuola a un buon numero di fanciulle indigene ed indiane.
Il 4 del corrente Monsignor Espinoza, accompagnato dal signor D. Antonio Espillo e dal signor D. Rizzo ed altri di scorta, tra cui un Indio, per trasportare alcune provvigioni e l'altare portatile, fece una escursione apostolica sino alla colonia Conesa. Di lì al Potrero Grande e poi al Campo Grande, e finalmente a Guardia Mitre! Fu un cammino di 120 leghe lungo il fiume patagonico tra stenti, disagi di cavalcatura, con piogge torrenziali e colpi di sole tropicale. Le nostre fatiche furono però abbondantemente ricompensate, imperocché ricevettero la S. Cresima circa due mila persone, tra quali molti Indii battezzati l'anno scorso nel viaggio di esplorazione, che fecero Monsignor Espinoza con D. Costamagna e D. Luigi Botta Salesiani. Si benedirono moltissimi matrimonii, e si battezzarono circa 350 Indii la maggior parte adulti.
Mancando la Chiesa, ci servimmo di un grande capannone, il cui tappeto formavano buon numero di quillangos composti di pelle di guanaco o cervo patagonico.
Con nostro giubilo e sorpresa trovammo quivi il capitano Rodolfo Kratzenstein con 30 soldati , i quali ritornavano dal dare la caccia ad una Indiata, però senza alcun risultato per essersi riparata verso il Rio Colorado.
Ebbimo parimenti la grande consolazione di avere tra noi il Capitanejo Payleman , venuto espressamente dalla sua Chacra per istruirsi nella fede cristiana e ricevere il Santo Battesimo - Tanta fortuna la deve alla sua moglie per nome Rosario Pilla cristiana del Chilì e già sua schiava.
Dopo vennero i figli a seguire il bel esempio del padre, e quindi tutto il resto della sua numerosa servitù insieme a sei altre famiglie indigene.
Poveri Indii ! Quale commovente spettacolo il vederli venire da molte leghe lontano per istruirsi , ricevere il Santo Battesimo , la Confermazione , la Santa Comunione , e finalmente volere benedette le loro famiglie con il vincolo assoluto della unione Sacramentale
La loro docilità e semplicità fanno presagire che saranno buoni cristiani.
Da Guarria Mitre continuammo il disastroso cammino per una ventina di leghe ancora verso alle Cordigliere, e dove si incontrano i grandi fiumi Limay e Neuquen , che formano appunto il famoso Rio Negro.
Visitammo le ancor selvagge colonie di Choele-Choel y Fiscomenocò amministrando il Santo Battesimo a molti, ed a molti altri la S. Conferinazione. Tra il Limay ed il Neuquen sonosi rifugiati moltissime tribù indiane, ed oh! potessimoo avere aiuto per tentarne la conversione e salvezza ! Ma dobbiamo arrestarci per ora e ritornare indietro dall'altra parte della sponda del Rio Negro , fermarci alquanto alla colonia Conesa , dove sonovi circa 800 Indii dell' antica tribù del Cacicco Catriel, visitare gli Indiì Linares della colonia San lavier, per quindi raggiungere i nostri cari compagni di missione, che hanno stabile dimora in Carmen di Patagones. Il clima di questa parte della Patagonia è salubre assai; l'acqua del fiume é saporita e ricca di salsapariglia; ma il calore é soffocante e a migliaia di milioni sono le zanzare (mosquitos), che hanno tutte un'ardentissima sete di sangue selvaggio e cristiano , e guai ai mal capitati che sono assaliti a piedi ed a cavallo, di giorno e di notte! Ma tutto è niente quando si spera di portare alla fede e alla civiltà cristiana questi poveri Patagoni , selvaggi sì, ma pur sempre cari a Gesù Cristo , per la cui salvezza soffrì ben più crude prove e martirii
Raccomandi, Ill. R. signor Direttore, alle preghiere dei suoi molti lettori la Salesiana Missione, questi numerosissimi neofiti, e specialmente l'ossequentissimo ed affez.mo suo, CORRISPONDENTE.
Ricevemmo nel mese di maggio da Villa Colon la lettera seguente, che la mancanza di spazio c' impedì di far prima conoscere ai nostri Cooperatori e Cooperatrici.
Collegio Pio, 3 aprile, 1880. Mio veneratissimo Padre,
Ho differito finora a scriverle colla speranza di avere qualche giorno più libero, a fine di poterla ragguagliare a mio bell' agio di quanto riguarda a' suoi figli che lavorano nell'Uruguai; ma questo benedetto giorno non arriverebbe mai. Il lavoro ci cresce tra le mani, e ci affoga ogni giorno più ; quindi, se non voglio che il mio silenzio diventi colpevole, devo fare come posso e comunicarle in fretta, a più riprese, e con disordine, ciò che il cuore suo paterno tanto desidera.
Anzitutto per soddisfare alla paterna tenerezza con cui ci ama , le dirò che tutti i suoi diletti figli e tutte le sue buone figlie , che ha inviato alle lontane spiaggie dell' Uruguai per estendere il regno di Nostro Signor Gesù Cristo , godono di buona salute , tranne la povera Suor Virginia Magone, che da cinque mesi va lentamente consumando, e si avvicina a grandi passi al termine di sue fatiche. Io non vidi mai in mia vita un'anima, che guardasse di fronte la morte con tanta serenità e con tanta allegrezza. Ho visto co' miei occhi che non é punto un'esagerazione, figlia dell'entusiasmo religioso, quella del Profeta che esclamava : Laetatus sum in his quae dicta sunt mihi; in domum Domini ibimus. Questa bell'anima è sempre allegra, sempre tranquilla, parla a tutti ridendo di sua sicurissima morte , chiede e si incarica per tutte di fare poi in Paradiso tante commissioni a S. Giuseppe, a Maria Ausiliatrice , a Gesù Cristo. Tutte le volte che vengo accompagnato in quella benedetta stanza ne esco trasecolato. Un giorno vedendo che colle sue scarne mani lavorava attorno a candidissimi gigli - che fate, mia figlia? le dimandai - Oh bella ! rispose: vedo che il male si fa minaccioso , ed io mi affretto a fare alcuni fiori, che ella avrà la bontà di farmi mettere sul feretro, quando mi portino a seppellire. - Io dovetti torcere altrove la faccia per nascondere le lacrime, che avrebbero potuto scandolezzare quella bell' anima, che pur mel diceva ridendo e scherzando, coll' espansione di una sposa , che si lavorasse colle sue mani il serto nuziale. Mi trattengo un poco su queste circostanze, perché il saperle farà del bene a molti irresoluti, come adesso ne fa a me. Poiché , mi perdoni se oso dirglielo, quando ricevetti l'invito di partire per le Missioni , io infermiccio come era, dissi subito tra me, oh ! perché me n'andrò io a morire solo e sconsolato, lungi mille leghe dal mio venerato padre D. Bosco, e dal santuario della mia dilettissima Madre Maria Ausiliatrice ? Or bene, non solamente non sono ancor morto , ma ad onta de' miei incomodi spero di lavorare ancor molto a maggior gloria di Dio; e di più ho visto che Maria Ausiliatrice ci accompagna dovunque , Madre premurosa in vita, sollecita e affettuosissima in punto di morte, quasi voglia compensarci così del sacrifizio che abbiamo fatto di lasciare l' Italia, per venire a far conoscere e a far amare suo figlio Gesù in questi lontanissimi paesi. Oh ! chi non invidierebbe la sorte di Suor Virginia ? Io la invidio e la spero. Anch'io son figlio di Maria Ausiliatrice e di D. Bosco, e quando venga la mia ora anch'io ho diritto di sperare una morte tranquilla nelle braccia di Gesù e di Maria.
Ma non é questo il momento di parlare d'agonia e di morte, mentre abbiamo bisogno di vita e di vigore per lavorare nell'immenso campo che Iddio ci ha aperto. Sono tanti i bisogni spirituali di questo paese, che per quanto ci sforziamo di stendere la mano e di abbracciare più di quel che possiamo, tuttavia ci trafigge l'animo di dolore il dovere ancor lasciare tanto campo al demonio, che fa impunemente stragi spaventose in tutti e dappertutto. Ma ciò che più mi stringe il cuore é il vedere la povera gioventù caduta nelle mani di tanti , che ne sono la rovina e la perdizione. Poiché le sette massoniche , essendo riuscite ad impadronirsi dell'Istruzione, vi hanno importato sistemi così spudoratamente materialisti, che fa rabbrividire il vedere innocenti bambini iniziati dai loro maestri medesimi nei più vergognosi misteri della degradata natura, e questo sotto l' aspetto di promuovere la scienza ed il progresso ! ! Neppur le fanciulle si risparmiano, cosicché in omaggio ai programmi dissennati e diabolici anch'esse debbono sacrificare sui banchi delle scuole la verecondia ed il pudore , questi cari fiori dell'innocenza che fanno della terra un Paradiso. Son sicuro che il Cuor di Gesù ne sanguina di angoscia infinita, e non potrà che mirare con gioia lo zelo e l'affanno del povero Don Bosco , che a forza di sacrifizii e di stenti spedisce a bei drappelli i suoi figli e le sue figlie per disputare a Satanasso tante belle anime, che pur son fatte pel Paradiso.
Le ho parlato a preferenza della misera condizione della gioventù, perché essa fu e sarà sempre l' oggetto di nostra predilezione e di nostre più care fatiche ; ma con questo non vorrei che credesse molto migliore la condizione degli adulti. La mancanza di pastori, di buona istruzione, e di buona stampa ha fatto sì, che le sette invadessero ogni angolo ed ogni famiglia. Di modo che bisogna ora riconquistare il terreno palmo a palmo , e se il Signore non ci pone visibilmente la mano, la conversione dell'intero paese sarà cosa di molti anni. Nondimeno le assicuro che le speranze sono assai belle. Da quattro anni in qua ci e un gran risveglio pel bene. Giunsero i Salesiani di D. Bosco, si aumentarono i Cappuccini, il Clero nazionale pigliò vigore e notevole accrescimento. I Gesuiti, sempre intrepidi e sempre fermi al fuoco, accorsero da pochi mesi ; hanno aperto un Seminario e lavorano indefessamente alla testa del movimento cristiano. Sventuratamente sono molto pochi, e non possono estendersi, perché hanno contro di loro la trista barriera dei vecchi pregiudizii di un mondo insano, che potrebbero scoppiar da un giorno all' altro e sepellirli in una catastrofe. Le sette si avvidero dell' attitudine risoluta de' servi di Dio in questo paese , e con tutte le armi che posseggono hanno ingaggiato battaglia. Il Collegio Pio é un' opera troppo importante per non meritare pel primo i colpi più gagliardi d'un nemico così feroce e sleale qual'è il demonio. Il giornalismo nella sua maggioranza ci buttò fango e sozzure sul capo , i settarii ci tesero insidie da ogni parte; ma tutto fin ora fu indarno. Il Collegio prospera a dispetto di tutti i demonii , ed il regno di G. C. si estende. In tre anni abbiamo impiantato cinque case, cinque centri, dove Gesù Cristo si vede ogni dì attorniato da nuovi adoratori, che aumentano a vista d' occhio.
La parrocchia di Las Piedras ha due Sacerdoti dei nostri, che lavorano e sudano in pro delle anime. Il popolo accorre da ogni parte alla predicazione, od il frutto che se ne coglie è più che lusinghiero. Per dargliene una prova le dirò che la mattina del 19 di marzo vi fu una Comunione generale di oltre a 500 persone adulte, che vollero così onorare la festa della Vergine Addolorata e di S. Giuseppe. Di più ancora ve n' ebbero la mattina del Giovedì Santo, tra cui molti uomini. Così pure il collegio femminile di Las Piedras, diretto dalle nostre Suore di Maria Ausiliatrice , aumenta e fiorisce. Si eresse la Cappella interna dove si adora Gesù Sacramentato ; e si dovette già pensare a nuove costruzioni per poter soddisfare al crescente numero di allieve. Attigua alla Parrocchia vi é un'antica Cappella che era già passata in mano del fisco, e potei ottenerla dal governo per mutare l' edifizio in scuole parrocchiali, reclamate da molte famiglie e da un indicibile bisogno.
Anche le Suore di Villa Colon, trovandosi a disagio nella prima casa d'affitto, si traslocarono poco fa in una bella casettina in mezzo ad un vasto terreno comprato per loro. Ma adesso bisogna edificarvi scuole e Cappella per ricevere allieve o farvi maggior bene ; e qui pure nuove costruzioni e nuove spese! In Montevideo poi, sostenuti dalle conferenze di S. Vincenzo de' Paoli abbiam le scuole esterne, frequentate da circa 300 allievi, che aumenterebbero a mille se il locale lo permettesse. Quindi vi sono già progetti in aria d'impiantare uno stabilimento di maggiore importanza e capacità, a fine di poter raccogliere i fanciulli più esposti ai pericoli, e più abbandonati , gittare cioé i principii di uno stabilimento di carità, che possa essere un giorno quello che sono l' Ospizio di Sampierdarena, quel di Nizza, quel di Marsiglia, quel di Buenos-Ayres, fratelli minori di quel gigante, che è l'Oratorio di S. Francesco in Torino. Ma le assicuro che, dinanzi all' idea di tante spese, di tanti fastidii, dopo tanti sudori per le opere impiantate e non finite di pagare , la mente retrocede spaventata ! Eppure come si può essere spettatori indifferenti di tante stragi , di tante depravazioni nella gioventù abbandonata di questo paese? Vi sono i buoni che da ogni parte mi stimolano; ho visto anime pie a piangere persino su tante miserie della patria loro ; non mancano anche alcuni cuori generosi, che ci sostengono con grosse largizioni, ma le opere che abbiamo tra mano ci opprimono e temo di avventurarmi ad altre imprese. Ci vorrebbe l' ardire e la fede incrollabile di D. Bosco , ed allora le difficoltà sparirebbero , ma per noi indegni suoi figli Oh caro padre, ci aiuti, ci consigli , ci sostenga nell' ardua missione che ci ha affidata.
Più di ogni altra cosa la supplico che ci mandi nuovi fratelli in aiuto. So che queste spedizioni le costano care , ma i Cooperatori Salesiani, che le sostennero finora , quando sappiano e quando veggano l' immenso frutto della loro carità, non esiteranno un momento a raddoppiare le loro offerte. É merito loro tutto quello che si fa e che si farà ancora in questi lontanissimi paesi. Gesù Cristo così guerreggiato in Europa, acquistando un compenso di fedeli adoratori in queste lontane spiaggie , con occhio benigno guarderà i nostri generosi benefattori, con cuore amorosissimo veglierà su di loro e sulle loro famiglie ! Oh lo dica a tutti i Cooperatori Salesiani, i loro sacrifizii finora hanno fruttato un' immensa gloria a Cristo ed alla sua Chiesa. E necessario che non si estingua né si diminuisca la carità loro. Ora più che mai é tempo di portare oltre il labaro, il vessillo della Croce, che deve guidare i nostri passi a nuove conquiste e a maggiori trionfi.
Ho scarabocchiato in più volte queste notizie nei ritagli di tempo, che mi rimanevano liberi dalle giornaliere occupazioni. Mi condoni perciò la pessima calligrafia ; chiami a suo interprete il carissimo D. Cagliero , e veda di capire almeno che di qui l'amiamo tutti, tutti la salutiamo con immenso affetto e riverenza , chiedendole la paterna benedizione.
Tanti saluti a D. Rua, D. Cagliero, D. Durando, D. Bonetti, D. Lazzero, D. Berto ecc. e Lei non si dimentichi mai del
Suo affez.mo figlio
D. LUIGI LASAGNA.
Tempo fa in occasione di una radunanza dei cattolici genovesi, l'Eminentissimo Cardinale Gaetano Alimonda mandava da Roma un affettuoso saluto alla sua Genova in una lettera, indirizzata a cotesti valorosi giovani cattolici. Crediamo utile ai nostri Cooperatori il mettere sott'occhio le belle parole, colle quali il degnissimo Porporato eccita i laici alla difesa della nostra SS. Religione.
« Ho sentito, egli scrive, ho sentito nel mondo una voce , ho sentito ripeterla anche dai buoni , e questa è che i giovani cattolici vogliono farla da preti, parlare e insegnare al popolo come se preti fossero. Io vi conosco, o giovani, e so quanto nel vostro fervore religioso andate ossequenti all'autorità ecclesiastica, sicchè volete in ogni grave cosa attendere agli ordini suoi. Soldati fedeli alla santa bandiera siete e sarete , non è vero? Del resto, io mi scandolezzai di quello scandalo, che nel mondo si levò. Io dissi rispondendo : Nil sub sole novum. I laici, sieno vecchi o giovani, non tardarono nella Chiesa ad occuparsi rispettosamente delle appartenenze religiose, e fu una grande misericordia di Dio. Ermas, leroteo , Atenagora, Giustino, Clemente di Alessandria, Arnobio, Lattanzio, Taziano , Enea di Gaza, Boezio, Marcellino, i due Procopii, Cassiodoro, Eginardo, Stefano di Colonia, Nitardo ed altri infiniti di questa schiera erano semplici laici ; ma, come se appunto sacerdoti fossero, parlavano , scrivevano volumi, operavano apertamente in pro della Religione ; essi combattevano la gran battaglia de' primi secoli, che era di far trionfare la croce contro agli assalti del paganesimo ; essi dei loro petti facevano scudo all'osteggiato santuario ; essi, benedetti dal clero e sorretti miracolosamente dalla Provvidenza, tornavano illustri campioni della fede. Oh , volesse il cielo, miei diletti giovani, che nelle vostre file si ripristinasse la virtù di quei prodi ! Volesse il cielo che in molti di voi io potessi salutar redivivi gli Atenagora con le loro Apologie del cristianesimo, i Clementi di Alessandria con le loro Esortazioni ai pagani, i Lattanzi con le loro Istituzioni divine! Potessi in voi rivedere i loro generosi sudori versati per Gesù Cristo! Bacerei anche, se le vedessi, le piaghe dei Giustini, filosofi e martiri, affinchè mi fosse pur concesso di mirare vinto dalla Chiesa l'osceno conflitto datole dalla nostra età, il quale tende a sostituire l' ateismo alla fede, le sette alla Chiesa , Satana a Dio.
« E ci é bisogno di questo intrepido e vivo intervento dei laici cattolici nelle pubbliche occorrenze della Chiesa : Nihil sub sole novum. La Chiesa nel suo nascere difettava di preti , e Dio suscitava i valorosi laici per sopperire al bisogno. Ed ora ? I preti novellamente scarseggiano : l' educazione femminiera e scredente spegne le vocazioni ecclesiastiche ; ed i pochi , incamminati al sacerdozio, s'intoppano in barriere crudeli che li trattengono : Dio chiama costoro al santuario, e i Governi li spingono nella caserma. Ecco che la Chiesa, già depauperata de' suoi ministri, da inconsolabile vedova si lamenta. Venite, o laici, ascendete sin dove vi è permesso di entrare, supplite al vuoto dei leviti , consolate la vedovanza della nostra comune Madre. La necessità del lavoro é stringente, e voi adoperatevi di gran lena. La Provvidenza vi manda ; e noi Sacerdoti, noi Vescovi, noi fratelli maggiori, stendiamo la destra a voi, che siete i nostri minori fratelli, vi rivolgiamo il saluto di re Alessandro a Gionata, chiamando ciascuno dei vostri col nome di amico: Aptus es ut sis amicus noster. »
Queste preziose parole che l' Eminentissimo Alimonda volgeva ai giovani cattolici di Genova, noi le indirizziamo ai nostri Cooperatori. Sì, venite, o fratelli, in nostro aiuto. A petto del gran lavoro, noi Salesiani siamo pochissimi. La nostra voce, la nostra mano non può giungere dappertutto, ove si trova un fanciullo, od una fanciulla da istruire, da ricoverare, da salvare nell'anima e nel corpo. Sì, venite in nostro aiuto, e fate voi nelle famiglie, nelle parrocchie, nelle scuole quello che noi non possiamo. Noi abbiamo chiese da fabbricare, ospizii di carità da erigere, missioni da provvedere. Ci mancano mezzi materiali, ci mancano persone. Venite, o Cooperatori e Cooperatrici, venite in nostro soccorso secondo il vostro potere ; e allora malgrado la nostra pochezza noi faremo del bene assai, tergeremo molte lagrime nel mondo , consoleremo la Chiesa , salveremo anime innumerevoli, e così ci procaccieremo da Dio il centuplo in questa vita , una morte tranquilla, una corona immarcescibile.
Da sette anni si pubblica in Malta, isola del Mediterraneo soggetta all' Inghilterra, un eccellente periodico bimensile intitolato: L' Eco di Nazareth, sacro all'amore della Regina del Cielo. Venutoci poc'anzi tra mano il N° 6 del 20 marzo dell'anno corrente, vi abbiamo letto con piacere un articolo sui Cooperatori Salesiani. Stimiamo bene di riferirlo, sia per conservarlo come tesoro nelle colonne del nostro Bollettino, sia per fare conoscere di quanta utilità sia giudicata anche nelle altre nazioni la Pia Unione dei Cooperatori e delle Cooperatrici.
« Ci gode l'animo, così il citato periodico, di essere oggi in grado di intrattenere brevemente i nostri lettori di un'Opera eccellente sorta nel nostro secolo e, come tutte le opere benedette da Dio, già diffusa pel mondo, già vivente vita rigogliosa, e producente frutti non indifferenti per la gloria del Signore, e il vero bene della società. Alludiamo all'Opera degli Oratorii Salesiani, fondata nel 1841 dal Sacerdote Giovanni Bosco, e approvata dalla Chiesa come Congregazione Religiosa. Dell' utilità di quest'Opera, delle sue fatiche apostoliche, e dello zelo dei suoi membri qui non intendiamo parlare, avendo in mente di attirare l'attenzione di chi legge sopra un aiuto pratico che le pie persone possono, volendo, recare a tale santa Opera. Solo ci basterà notare, che la giovane Congregazione, non contenta di operare il bene in Italia ove nacque, e nel rimanente d' Europa , varcò l'Oceano e si propagò perfino in America , specialmente nella Repubblica Argentina e nell' Uruguay.
« Si fu nel 1875 che il primo drappello di Missionarii Salesiani partì pel Nuovo Mondo : un altro drappello ve lo segui l'anno seguente , ed un terzo nel 1877. Dipoi lasciarono l' Italia per evangelizzare la Patagonia altri Religiosi , con Suore di Maria Ausiliatrice. Se non che lo spazio ci vieta di pur accennare alle fatiche apostoliche di questi banditori del Vangelo, dei loro sforzi coronati da felice successo per incivilire la Patagonia, finora barbara e ribelle ad ogni civiltà, e di tutto ciò che con edificazione degli abitanti delle città americane hanno operato i figli e le figlie di D. Bosco. Forse di ciò potremo occuparci altra volta.
« Qui solo vogliamo richiamare l' attenzione sull'aiuto efficace che si può dare a questa santa Opera, col divenire, come dicono, Cooperatore Salesiano. Con questo titolo si designano quelle persone, anche secolari, che formanti come un Terz' Ordine della Congregazione Salesiana, pur rimanendo nelle loro famiglie , e nulla tralasciando di loro occupazioni, cooperano, come meglio possono, a quanto fa la Congregazione a vantaggio dei prossimi, non omettendo di far bene a se stesse col menare una vita, per quanto si può, simile a quella di chi vive in comunità religiosa.
« L' Istituzione di questi Cooperatori fu approvata dal Sommo Pontefice Pio IX, con Breve del 9 maggio 1876, nel quale loro accorda molti privilegi ed Indulgenze, fra le quali tutte quelle che possono lucrare i Terziarii di S. Francesco d'Assisi. Dopo il quale Breve pontificio i Cooperatori si sono aumentati d'assai presso che dapertutto specialmente perché, per essere annoverato fra essi, oltre l' età di 16 anni compiuti, si richiede ben poco, tranne la buona volontà di cooperare alla meglio allo scopo della Congregazione Salesiana. E questa cooperazione si può fare col promuovere catechismi, esercizi spirituali, scuole cattoliche, buona stampa, vocazioni allo stato ecclesiastico , coltura spirituale della gioventù e specialmente dei ragazzi del popolo, più esposti ai pericoli dell' anima. Né é ultima cooperazione quella della preghiera, così efficace presso Dio, e l'altra di somministrare mezzi materiali, indispensabili pur troppo in questo mondo per operare il bene nella maggior parte dei casi.
« Noi qui facciamo punto , invitando chi ha zelo per la gloria di Dio, e premura pel bene spirituale dei proprii fratelli , a volersi associare all'Opera della Congregazione Salesiana, divenendone Cooperatore. Chi desidera tale ufficio, o maggiori schiarimenti su quanto abbiamo appena accennato, si rivolga al Direttore delle Figlie di Maria nella chiesa di Santa Barbara in questa città, il quale é anche Cooperatore Salesiano. Presso lo stesso si può pure abbonarsi al Bollettino Salesiano, eccellente periodico mensile, che si occupa quasi esclusivamente dell' Opera dei Salesiani. Siamo persuasi , che si fa cosa ottima aiutando quest' Opera eccellente , e perciò vivamente raccomandiamo a tutti di farlo. »
Secondo la fatta promessa, diamo un breve ragguaglio delle due Conferenze tenute ai Cooperatori e alle Cooperatrici di Torino durante la novena di Maria Ausiliatrice, cominciando da quella dei Cooperatori.
Dopo la solita introduzione di lettura e di canto, D. Bosco, salito in pulpito, esordì col dare un'appropriata spiegazione dei vocaboli operatore e cooperatore, dicendo che operatore è quegli che dirige un'opera, un'impresa qualunque, e cooperatore colui che lavora nella stessa impresa, ma sotto la direzione del capo. Mostrò che per quanta attività , forza di mente e buon volere possegga un capo qualunque , a pochissimo riesce , se non é coadiuvato da altre persone, le quali disimpegnino con lui questa e quell' altra parte dell' impresa. Chiarì la sua asserzione colla similitudine di un oratorio festivo, frequentato da tre o quattro cento ragazzi. Chi lo dirige ne é il capo, ne é l' operatore; ma che potrebbe fare da solo, sebbene intelligente e pieno di zelo pei giovanetti ? Rovinerebbe la sua salute e non otterrebbe ordine né in chiesa né fuori. Ben altrimenti avverrà se egli è aiutato e rinforzato da altre persone. Di queste, secondo le varie attitudini, alcune insegnano ai giovani il catechismo, altre dirigono le sacre funzioni, questi danno lezioni di canto, queglino fanno da sorveglianti nella ricreazione , chi ammaestra nella declamazione di utili e piacevoli commediole , chi dirige i giuochi di ginnastica , chi insomma disimpegna un altro uffizio dietro l' indirizzo del capo; e per questo modo l'opera, che sarebbe mal riuscita fin dal nascere, così ordinata prospera invece , si rinforza e produce consolantissimi frutti. Avviene come in una macchina : quando tutte le ruote secondarie seguono il movimento della ruota maestra, questa tira innanzi e fa molto lavoro. Da ciò conchiuse che D. Bosco da sé solo nulla avrebbe fatto, ma col soccorso dei Cooperatori molte opere poterono incominciarsi e condursi avanti alla maggior gloria di Dio e al bene delle anime. E non senza ragione, e certamente scorto da lume celeste, il grande pontefice Pio IX approvò ampiamente ed arricchì di straordinarie indulgenze la pia unione dei Cooperatori Salesiani. Questa nuovamente benedetta dal sapientissimo suo successore Leone XIII aumentò nei suoi membri e nelle sue opere.
Ciò premesso, cominciò ad esporre le opere intraprese dallo scorso anno a questi giorni. Le riepilogò in tre capi principali: istituti d'educazione aperti a bene della gioventù; fabbriche di chiese per opporre un argine alla propaganda protestante; e missioni già iniziate fra gli Indi della Patagonia, oltre all' incremento delle opere già avviate.
Fra i nuovi Istituti annoverò il Collegio di Randazzo nella provincia di Catania in Sicilia , frequentato da più centinaia di giovanetti interni ed esterni , che vi hanno l' istruzione elementare e ginnasiale insieme con una civile e cristiana educazione. - In Cremona vennero aperte al pubblico le quattro classi elementari che sono al presente frequentate da trecento scolari esterni , oltre ad un Oratorio festivo fioritissimo. - In una parte del palazzo vescovile della città di Brindisi nella terra d'Otranto, punto importantissimo e porto di mare, s'iniziò un' Oratorio festivo colle scuole serali e festive, e si spera d'aprire fra non molto un Ospizio pei giovani abbandonati con laboratorii di arti e mestieri. - Alcune Suore di Maria Ausiliatrice assunsero la direzione e l' istruzione dì un Orfanotrofio femminile nella città di Catania.
Non potendo l'Oratorio di S. Francesco di Sales in Torino contenere tutti i poveri giovanetti raccomandati, s'aperse in S. Benigno Canavese nella diocesi d' Ivrea un Ospizio succursale, già abitato da un centinaio di artigianelli coi loro assistenti.
Venne poi a parlare delle fabbriche o incominciate o alacremente continuate pel culto di Dio. Parlando della Chiesa di S. Giovanni Evangelista in Torino, disse delle difficoltà gravissime che fecero sorgere i protestanti per opporsi alla sua erezione, vinte però col divino aiuto dopo quattordici anni di dispiaceri, litigi, e dispendii assai gravi. La Chiesa si trova già a bel punto ; tra poco il pittore porrà mano a decorarla, e a Dio piacendo nel prossimo anno sarà inaugurata al divino servizio. Anche la Chiesa di Valle-Crosia progredisce rapidamente. Toccò poi di volo varie altre fabbriche di collegi , istituti e chiese di Francia e di America, e si fermò a discorrere più a lungo delle Missioni della Patagonia. Le notizie più importanti vengono date da varie lettere, che vedono la luce in questo medesimo foglio , e quindi a scanso di ripetizioni le passiamo qui sotto silenzio.
Raccomandando infine queste Opere alle preghiere e alla carità dei Cooperatori, D.Bosco ricordò loro le divine promesse, l'acquisto delle sante Indulgenze, e terminò colle parole di S. Agostino:
Animam salvasti, animam tuam predestinasti; facendo rilevare che adoperandoci a salvare le anime altrui, mettiamo al sicuro l'anima nostra.
Il giorno 22 Maggio all' ora stabilita s' era raccolto nella chiesetta dell' Oratorio esterno di S. Francesco di Sales un numero considerevole di Cooperatrici Salesiane. Erano circa trecento accorse da ogni punto della città di Torino, ed anche dai dintorni.
Premessa la lettura di un tratto di vita del Santo , D. Bosco diede principio alla conferenza coll' esprimere la sua consolazione alla vista del bel numero di Cooperatrici presenti : quindi fece noto che come ai Cooperatori avea parlato delle opere intraprese nel corso dell'anno dai Salesiani, così alle Cooperatrici terrebbe parola di quanto avevano fatto le Suore di Maria Ausiliatrice a pro delle giovanette. Accennò di passaggio come in quest'anno Iddio benedisse così largamente le fatiche dei Salesiani e delle Suore, che il numero dei giovani e delle ragazze, che ricevono oggidì l' educazione nei vani collegi ed ospizi, non che l'istruzione religiosa negli Oratorii festivi e scuole serali, da 40 mila era asceso alla confortante cifra di circa 60 mila. Fatto poi un brevissimo riassunto storico degli Oratorii maschili in Torino e del bene che recano alla gioventù, passò a parlare dell' origine degli Oratorii femminili. Se da un lato recava indicibile consolazione il vedere il miglioramento nei costumi di tanti giovanetti per mezzo degli Oratorii , dall'altra parte ogni cuore ben nato rimanea oltremodo dolente nel vedere un numero considerevole di ragazze d' ogni età, che dissipate ed irreligiose facevano temere assai sul loro avvenire. Ma come rimediarvi? Molti genitori non ci pensavano punto , l'azione caritatevole di qualche buona persona isolata a poco giovava, e il sacerdote per molte ragioni non poteva prestare in tutta la sua estensione l'opera sua.
Si pregò, si pensò e si trovò necessaria l'istituzione di una pia società di donne, le quali consecrandosi a Dio avessero per iscopo di farsi maestre, sorelle e madri a tante povere fanciulle. D. Bosco, preso consiglio dall'immortale Pio IX, istituì una Congregazione di pie zitelle, che ponendo sotto il valido patrocinio della Vergine, la quale si venera nel Santuario di Valdocco in Torino, chiamò col nome di Suore di Maria Ausiliatrice. Nel 1873 un buon sacerdote, per nome D. Pestarino , donò a questo scopo un suo stabile a Mornese nella diocesi d' Acqui, e là si die' principio al novello Istituto, che in poco tempo annoverò più centinaia di Suore. Allora col loro mezzo si cominciò nel luogo stesso l' Oratorio festivo col metodo de' Salesiani, e la prova riuscì egregiamente. Dopo quella di Mornese s' apersero altre case ed altri Oratorii, che in breve tempo divennero fiorenti.
Ma ancora non s'era tentata la prova in Torino, dove maggiore e più imperioso si sentiva il bisogno. Di fronte all'Oratorio di S. Francesco di Sales eravi una casa, divenuta uno spaventoso trabocchetto all'incauta gioventù. D. Bosco pensava al modo di poterla distruggere, convertendo in casa di Dio ciò che pria era la sede del diavolo. Diede forte impulso a mettere in opera questo progetto una viva istanza di alcune povere figlie abbandonate, che presentatesi a lui lo richiesero di aiuto per uscire dal loro misero stato ; molte madri insistevano colle lagrime agli occhi. D. Bosco le consolò con buone promesse. Si pregò molto Iddio, s'interpose l' intercessione di Maria Ausiliatrice, ed infine si poté comperare da una terza persona la detta casa dal padrone venuto in bisogno di venderla. Quando si venne a conoscere si scatenò una guerra atroce contro D. Bosco, si soffersero dispiaceri d' ogni genere ; ma tutto passò. La casa si riattò ad abitazione delle Suore, si eresse una cappella, e finalmente nel 1876 si aperse il tanto desiderato Oratorio festivo. Esso fu ben tosto frequentato da molte ragazze, ed al presente chi lo visitasse nella domenica ve ne scorgerebbe un 400 vispe ed allegre, che si trastullano e divertono onestamente nel cortile colle Suore, attendendo nel tempo prescritto alle pratiche di religione con piena soddisfazione delle loro famiglie. Quello che si fece e si fa a Torino, si praticò e pratica a Chieri in una casa lasciataci da un caritatevole signore. Colà si apersero scuole gratuite per le fanciulle che amano di frequentarle; si aperse eziandio un educatorio pelle figlie di civile condizione, e, quello che maggiormente importa, si diede incremento ad un Oratorio festivo, frequentato oggidì da oltre a settecento giovinette della città.
Quanto si fece a Mornese, a Torino, a Chieri, si esegui in molti altri luoghi , e presentemente per grazia di Dio 27 case hanno dischiuse le porte della virtù , dello studio e del lavoro , alla gioventù femminile, e circa 300 sono le Suore di Maria Ausiliatrice, che o già vi lavorano assiduamente o vi si stanno preparando. Ma le Suore di Maria Ausiliatrice non si limitarono all'Italia, ma penetrarono anche in Francia, dove fondarono una colonia agricola allo scopo di raccogliere le giovani contadine più abbandonate, di istruirle nell'arte campestre, e metterle per questa guisa in grado di proseguire quello stato di vita più confacente alla loro condizione, affinché non siano costrette a cercare servizio in città con tanto pericolo 1 dell'anima loro e con danno eziandio della campagna. Nella colonia agricola esse hanno qualche ora d'istruzione letteraria, imparano i lavori di famiglia, e il resto del giorno sono occupate nei prati e nei campi. Le Suore insegnano ed assistono. Né qui j ristette l' opera loro. Esse si recarono in America, ed in Buenos-Ayres e in Montevideo apersero scuole ed Oratorii festivi con grande vantaggio delle giovanette americane.
Ma non basta ancora. Le medesime Suore entrarono coi Salesiani nella barbara Patagonia, affrontando con un coraggio e una intrepidezza superiore al loro sesso molti pericoli e disagi, ed ora hanno aperte scuole ed ospizi a Carmen de Patagones per le fanciulle indiane. Più altre cose, disse ancora D. Bosco, che per brevità taciamo.
Ma come mai D. Bosco potrà provvedere a spese così ingenti e condurre avanti imprese cotanto vaste ed importanti? Se la cosa si guarda umanamente, è assolutamente impossibile ; ma appoggiato alla divina e inesauribile Provvidenza di Dio, e veggendo il bisogno immenso di strappare dalle unghie infernali, tante anime, va egli innanzi fidente e sicuro. Egli confida nell' aiuto dei Cooperatori e delle Cooperatrici. E qui D. Bosco con efficaci parole eccitò tutte le pie uditrici ad assisterlo colle loro elemosine, richiamando alla mente i beni promessi dal Signore in questa vita , e la eterna ricompensa nell'altra. Ringraziò della carità che gli avevano usata pel passato, e a tutte si raccomandò di non venirgli meno in avvenire.
Finito il discorso, che fu udito con una profonda attenzione, si fece la colletta prescritta, e cantato il Tantum Ergo dagli alunni dell'Oratorio, si dié la benedizione col SS. Sacramento. Le signore Cooperatrici partirono piamente commosse e altamente infervorate nel bene.
Una Cooperatrice Salesiana di Chieri ci mandò tempo fa una lunga relazione intorno al mese di Maria, celebratosi nel nostro Oratorio festivo di Santa Teresa , frequentato come dicemmo da oltre a 700 giovinette di quella città. Non potendola pubblicare per intiero, ne diamo qui un riassunto.
E da premettersi che quasi tutte le giovinette Chieresi sono attaccatissime a quell'Oratorio. Soprattutto nel giorno festivo appena sono in libertà vi accorrono tosto, sia per assistere al Catechismo, all'istruzione, alla predica ed altre funzioni, sia per divertirsi tra di loro insieme colle Suore di Maria Ausiliatrice loro maestre, lungi dai pericoli del mondo e dallo sguardo dei profani.
Ora avvicinandosi il Mese di Maria, le più adulte di esse domandarono che questo si celebrasse eziandio nella loro cappella , con apposita predicazione e pratiche di pietà. D. Bosco fece osservare che il Direttore non potendosi fermare in Chieri, perché occupato nella casa di Torino, e dovendo perciò andare e venire ogni giorno, si sarebbe dovuto fare pel viaggio una spesa rilevante. Ma elleno risposero che alla spesa avrebbero provveduto esse medesime, pur di avere la comodità di onorare degnamente la lor Madre celeste. La pia domanda fu quindi esaudita, non senza grande sacrifizio di tempo e di persona per parte nostra.
Siccome nelle chiese della città si celebrava il mese di maggio in sulla sera, così giudicossi ben fatto di celebrarlo all' Oratorio in sul mattino , prima che le giovinette avessero a recarsi al lavoro nelle fabbriche, a cui sono addette.
Pertanto ogni mattina verso le 4 1/2 un 400 giovinette si trovavano nella cappella di Santa Teresa ; vi ascoltavano la Messa, udivano la predica per loro adattata , e quelle , a cui il tempo lo permetteva, assistevano eziandio alla Benedizione del SS. Sacramento. Nelle prediche si prese a spiegare qual fosse la vera divozione secondo la Filotea di san Francesco di Sales; e se ne ottennero frutti consolantissimi. Ognuno può immaginarsi il sacrifizio che far dovevano tante povère fanciulle nell'alzarsi così per tempo al mattino; eppure il fecero con una perseveranza ammirabile ; anzi inoltrandosi il mese, il numero delle accorrenti, invece di scemare, accrebbe sino a 500. Quello che più edificava era il vedere come dopo la predica molte domandavano di confessarsi , ed ogni mattino un 100 e talvolta anche un 200 si accostavano alla mensa degli Angeli con tale raccoglimento, che maggiore non si sarebbe potuto desiderare da giovanette di una vivacità straordinaria.
Ma la cosa più consolante fu la chiusura del Mese Mariano. Per alcune ragioni si credette bene di trasportarla alla prima domenica di giugno, ed unirvi-ad un tempo la solennità di Maria Ausiliatrice. Perché la festa riuscisse più onorifica alla Madre Celeste, e più vantaggiosa alle sue figlie, si fece precedere da una novena con acconcia predicazione in stilla sera dopo le giornaliere fatiche. Le prediche ebbero per iscopo d'istruire convenientemente le giovinette sulla Confessione e Comunione, e intorno ai mezzi da usarsi a fine di perseverare nella via della virtù. Mediante questa preparazione la festa ebbe per isplendida corona la Comunione di oltre a 700 zitelle. Fu uno spettacolo commoventissimo, che trasse le lagrime a parecchie madri di famiglia, le quali ebbero a dire: « Questo Oratorio é per noi e per le nostre figlie una benedizione del Cielo. »
La Messa solenne fu musicata da un drappello di cantori venuti dall' Oratorio Salesiano di Torino. Musicati furono eziandio alla sera il Magnificat, le Litanie e il Tantum Ergo, prima della Benedizione col Venerabile.
Dopo le sacre funzioni ebbe luogo la rapprosentazione di una graziosa commediola. Si trovavano presenti non solamente le giovanette dell'Oratorio, ma molte madri di famiglia e signore della città, invitate appositamente. Le savie alunne dell' annesso Educatorio , addestrate dalle Suore di Maria Ausiliatrice, declamarono egregiamente la parte loro assegnata, rallegrando le numerose spettatrici, e riscuotendone applausi replicati.
In sull'imbrunire tutta la Casa comparve illuminata. In mezzo al balcone si leggevano in grandi caratteri, formati da lumi di vario colore, le parole : Viva Maria Ausiliatrice! A contemplare la bella illuminazione ritornarono dopo cena le giovinette dell' Oratorio, ma accompagnate dalla madre o da qualche donna assennata. Si fecero partire globi areostatici ; si cantarono lodi a Maria ; fu insomma una splendida festa , chiusa da una serata magnifica.
La pia relatrice conchiude facendo voti che Don Bosco metta presto mano alla costruzione di una chiesa, capace di contenere tutte le ragazze che frequentano l'Oratorio , poiché l'attuale cappella, che serviva da principio, oggi più non serve, e si é costretti , durante le sacre funzioni, a trattenere nelle scuole un duecento fanciulle. Noi abbiamo la più grande fiducia di poter esaudire questi voti in un tempo non lontano. Spetta alle giovinette dell'Oratorio l' affrettare questo tempo colle loro preghiere e colla savia loro condotta; tocca eziandio ai Cooperatori e alle Cooperatrici di Chieri il prepararcene la via col loro concorso materiale e morale. In quanto a noi siamo di avviso che l'Oratorio di Santa Teresa abbia da avere una sorte consimile a quella dell' Oratorio di S. Francesco di Sales. Imperciocchè avendo avuto, e avendo tuttora comune la guerra, perché non avranno pur comune la vittoria ?
Ai giorni nostri vi sono degli individui, i quali o per malizia o per ignoranza usano la penna contro ad istituzioni e a persone innocue , anzi desiderose, di far del bene a tutti e del male a nessuno. E cosa deplorabile ; imperocché la calunnia, come dice lo Spirito Santo , conturba e scoraggia lo stesso sapiente: calumnia conturbat sapientem et perdet robur corris illius (Eccl. VII, 8). Quanti lasciarono a mezzo bellissime ed utilissime imprese, perché oppressi dalle calunnie, e corriposti colle ingratitudini ! Solo chi é forte della fortezza di Dio, e lavora per Lui, non si perde d'animo per la malevolenza degli uomini, né si arresta dal ben fare.
Ma se è cosa umana l'errare, è pure onorevole e nobile il ritrattarsi, e consolare coloro che abbiamo ingiustamente amareggiati. E tanto fece uno di coloro, che l'anno passato pubblicò alcuni articoli contro il nostro Istituto. Tempo fa egli per lettera a D. Bosco domandava scusa dì quell'aberrazione, e ritrattava quanto aveva pubblicato a suo carico. Ragioni, che tutti comprenderanno, suggerirono di tacere il suo nome ; ma essendoci venuta tra mano quella lettera, e scorgendo che l'autore dà licenza di farne un cenno su qualche giornale cattolico, noi crediamo bene di pubblicare la lettera stessa che é del seguente tenore
Abbiategrasso li 21 Dicembre 1879. Riveritissimo Sig. D. Bosco,
Sento l'obbligo di indirizzarle queste due righe, affine di consolare quel suo cuore, cui tanti sconsigliatamente amareggiano in questi giorni. Pur troppo, mesi fa in un giornale di questa sua Torino, ho scritto due articoli a carico dell'Istituto, cui V. S. Rev.ma dirige con tanto zelo e carità.
Ritratto privatamente quanto allora impudentemente ho vergato colla mia penna, e qualora lo credesse, ne dia pure un pubblico cenno su quel giornale cattolico che meglio penserà.
Colgo l' occasione per baciarle rispettosamente la mano, e mi dico intanto
Della S. V. R.
Dev.m Servo P. B.
Fra le più vetuste ed insigni Abbazie del Piemonte e fra le più rinomate d'Italia per certo annoverare si deve quella di Fruttuaria in S. Benigno Canavese. Veniva essa fondata nel 1003 da S. Guglielmo figliuolo di Roberto Conte di Volpiano e di Perinzia, sorella d'Arduino, Marchese d' Ivrea e Re d'Italia, cugino della celebre Adelaide di Susa, Contessa di Torino. Detta Abbazia venne fondata in un podere paterno detto Fruttuaria, presso il villaggio chiamato Vigisulfo, non lungi da una selva detta Gerulfia tra l' Orco ed il Mallone.
Oltre il re Arduino concorse pure a fondarla Ottone Guglielmo Conte di Borgogna, che da alcuni si crede padre di Umberto I di Savoja, e parente anche di S. Guglielmo, donando al nuovo monastero alcuni villaggi, che possedeva tra il Po e la Dora Baltea.
Guglielmo essendo non solo di santi costumi fornito, ma d'ingegno svegliato, studioso ed intraprendente , venne in fama tra li sommi Italiani di quel tempo , tenuto in gran pregio dai Pontefici e dai Sovrani. Esso stesso esperto in architettura diede il disegno di questa reale basilica e dell'ampio monastero annesso, con cortile circondato da doppio ordine di portici. Si vuole che S. Carlo Borromeo, visitata la Badia Fruttuariense, prendesse norma da questi cortili nell' erigere i seminarii prescritti dal Concilio Tridentino. Frutto delle sue molte cognizioni acquistate ne' suoi viaggi in Francia e in Italia, si fu questo, d'introdurre cioè nei monasteri retti da lui, scuole per allievi interni ed esterni , scuole di agricoltura e d'altre arti. Egli instituì in essi società di monaci artìsti , che si applicavano alle arti belle , all' architettura , pittura , scultura e musica.
Guglielmo solo ristorò e fabbricò oltre quaranta Badie in Italia, Francia e Inghilterra, e spedì in molti luoghi i suoi monaci artisti , onde sorsero quelle numerose cattedrali di Francia, d'Allemagna e d'Italia, che tuttora formano l'ammirazione di tutti. Da ciò si vede che dal Piemonte partì la scintilla della moderna civilizzazione , e se ne deve riconoscere per padre Guglielmo di Volpiano, fondatore dell'Abbazia di S. Benigno di Fruttuaria.
La santità , la dottrina e la dolcezza dei modi di Guglielmo attirò presso di lui molti religiosi di vita esemplare , e le scuole per l' educazione dei fanciulli , l' esercizio di carità verso i poverelli, l'ospitalità verso tutti, fecero si che insigni personaggi vi si ricoverassero. I Pontefici, gl'imperatori , i re , i conti di Savoja , i marchesi di Monferrato, e molti altri principi ed ecclesiastici andarono a gara nel dotare ampiamente la Badia di villaggi, di castelli, di beni e di ricchezze, assoggettandole altre Chiese e monasteri.
Questa medesima Abbazia decaduta coll'andar del tempo venne, colle terre soggette, in dominio della S. Sede, che le tenne sino alla fine del secolo scorso. Erano chiamate in Piemonte le terre Papaline. Il Cardinale poi delle Lanze accanto all'antica Abazia fondò un magnifico palazzo, e al posto dell'antica Chiesa un'altra ne edificò sontuosissima, che tiene il posto tra le più belle del Piemonte. Quella Chiesa serve ora di parrocchiale al paese.
E il palazzo ? II palazzo dichiarato monumento di storia patria venne ceduto l'anno scorso in uso a D. Bosco, perché vi fondasse qualche opera a benefizio della gioventù. Secondo questo scopo ivi stanno già raccolti oltre a 100 giovanetti, che attendono a varii mestieri, come di sarto, calzolaio, muratore, falegname, fabbro-ferraio , legatore da libri e via dicendo. Fra non molto vi si aprirà pure una Tipografia.
Nel mentovato Istituto il 4 del passato Giugno si tenne da D. Bosco una conferenza ai Cooperatori e Cooperatrici.
Quantunque il tempo fosse piovoso, pure si raccolse un discreto numero di Cooperatori e Cooperatrici sì laici che ecclesìastici, a capo dei quali si distingueva il Parroco di S. Benigno, ancor vegeto all'età di 83 anni.
D. Bosco esternato il piacere di trovarsi per la prima volta in mezzo a loro, ricordò le indulgenze che acquistavano facendo parte della pia società dei Cooperatori. Mostrò come, seguendone fedelmente le regole, s'ha campo di vivere da religiosi restando nel secolo. Imperocché questa pia associazione non è altro in sostanza che un terz'ordine alla somiglianza degli antichi, ma adatto ai bisogni dei tempi che corrono. Ed infatti non si sente ogni dì ripetere ai quattro venti : Lavoro, Istru.z ione, Umanità? Ed ecco che, pel concorso che prestano i Cooperatori e le Cooperatrici , i Salesiani aprono in molte città laboratorii d'ogni genere, e colonie agricole nelle campagne per addestrare al lavoro giovanetti e fanciulli; fondano collegi maschili e femminili, scuole diurne, serali e festive,oratorii con ricreazioni domenicali per dirozzare le menti giovanili, e arricchirle di utili cognizioni; dischiudono a centinaia e a migliaia di orfani ed abbandonati figliuoli ospizi, orfanotrofi e patronati, recando la luce del Vangelo e della civiltà agli stessi barbari della Patagonia, adoperandosi a fare in guisa, che l'Umanità non sia soltanto una parola, ma una realtà.
Ma come potrebbero i Salesiani tirare avanti queste opere senza il soccorso dei Cooperatori? Questi colle loro preghiere , colla unanime loro assistenza, e cogli aiuti pecuniari sono come altrettante braccia, che lavorano col Capo e colle altre membra della Congregazione Salesiana.
In altra epoca bastava riunirsi insieme a sante pratiche di pietà, e la società ancora piena di fede seguiva la voce de' suoi pastori. Ora i tempi si sono cangiati, e quindi oltre al ferventemente pregare , conviene lavorare ed indefessamente lavorare, se non vogliamo assistere alla intera rovina della presente generazione.
Additò quale opera particolare la istruzione religiosa della gioventù. Un Cooperatore ed una Cooperatrice possono fare un gran bene sia coi consigli, sia colle loro limosine, ma più di tutto col prestarsi al parroco nel mandare giovani al catechismo. Il catechismo cattolico cogli oratorii festivi è l' unica tavola di salvezza per la povera gioventù nel pervertimento della società. I Parrochi, i Sacerdoti, sebbene zelanti, non possono trovarsi dappertutto; hanno quindi bisogno che altri li aiuti nell' esercizio di questo santo ministero del catechizzare i parvoli ; hanno bisogno che altri li facciano venire alla Chiesa ; ne esortino i genitori,a mandarli ; hanno bisogno che alcuno ne governi, ne istruisca le varie classi con paterna carità, affinché il catechismo si faccia con ordine e con profitto. Ecco adunque un campo fertilissimo, dove abbondante é la messe , consolanti e sicuri i frutti. Ricordò a comune esempio come in un villaggio di 6000 anime, solo 40 erano i fanciulli che intervenivano alla cristiana dottrina. I Cooperatori Salesiani s' animarono di santo zelo per rimediare a un male sì grande, e, sotto la guida del parroco, tanto fecero, che in breve ne intervennero più di 400 e alla Pasqua ben 700 s'accostarono alla santa confessione, fra cui 400 d'ambo i sessi ricevettero per la prima volta la santa Comunione. Non é a dire il contento del parroco , dei Cooperatori , e la piena consolazione di tutti i parrocchiani.
Parlò pure di altre opere di carità che possono facilmente esercitarsi dai Cooperatori , come rimettere in pace qualche famiglia, ricondurre nel retto cammino qualche traviato fratello, procurare un appoggio a chi è privo di mezzi ; ma esortò caldamente a far tutto con quella dolcezza, carità e prudenza che devono essere le tre virtù principali, che caratterizzano il vero Cooperatore Salesiano. Finì col raccomandare alla carità di tutti il nuovo Ospizio , perché possa prosperare pieno di vita e di forza a benefizio di tanti abbandonati fanciulli.
Noi cogliamo questa propizia occasione per raccomandare questa nuova casa di beneficenza alla carità dei Cooperatori e delle Cooperatrici Canavesi, non che di tutta la diocesi di Ivrea, e nutriamo fiducia che essi non mancheranno di sostenerla ora soprattutto che è ne' suoi primordii, e si trova in grandi strettezze.
LA FEDE CATTOLICA.
E questo il titolo di un' opera pregevolissima, uscita recentemente in Roma dalla libreria religiosa di Antonio Saraceni. In essa l'egregio autore, che è il Canonico Lodovico Schuller, Sacerdote Romano, e Segretario di S. E. il Cardinale Martinelli, dopo una istruzione preliminare sulla necessità di studiare il Catechismo, vien trattando della fede, della sua definizione, della sua necessità e delle sue proprietà.
Dimostrando che la fede deve essere ferma, egli in altrettanti paragrafi discorre dei principali motivi di credibilità, quali sono : le profezie , la santità della fede, la sapienza della fede, i miracoli, i martiri, la propagazione della fede, la durata della fede. Tutti questi punti vi sono svolti con molta copia di erudizione , e, quello che più importa, con tanta chiarezza di espressione, e sì grande dovizia di fatti e di esempi, tratti dal ricchissimo erario della storia, che tutta l'opera, venendo a congiungere in bell' accordo l' utile al dolce, diventa per ogni verso commendevolissima. Quindi i Catechisti vi trovano in pronto `tutto il materiale necessario per formare con poca o niuna fatica le migliori lezioni di catechismo , e le più stupende istruzioni parrocchiali ; e gli stessi secolari vi possono attingere di per sè gli argomenti incrollabili, che mettono fuori di ogni dubbio la Divinità di nostra Santissima Religione , tanto osteggiata specialmente in questi tristissimi tempi. All' opera v'ha pure unito un Compendio utile pei giovani.
Avendo scorso brevemente il mentovato libro, non ci peritiamo di assicurare che chiunque ne farà acquisto se ne troverà pienamente soddisfatto.
Il volume di 500 pagine in-16° si spedisce franco a chi manderà al Sig. Antonio Saraceni un vaglia di L. 3,50, Via dell'Università, N. 13. Roma.
Il Compendio si vende anche separatamente a Cent. 50.
DELLA VERA RELIGIONE ossia spiegazione del IX articolo della Fede.
Ecco il fascicolo delle nostre Letture Cattoliche pei mesi di Giugno e di Luglio. Porta una preziosa appendice intrecciata di bellissimi fatti e di
testimonianze importanti, atte a far concepire la più alta stima della Religione Cattolica, ed abborrire le sétte protestanti. La lettura di questo opuscoletto è un contraveleno potente alle insane dottrine, che le sétte ereticali si arrabbattano di spandere oggidì in Italia, specialmente in Roma, contro la Chiesa Cattolica. Per la qual cosa noi raccomandiamo vivamente la lettura di questo fascicolo , e preghiamo i nostri Cooperatori e le Cooperatrici a zelarne la diffusione tra il popolo cristiano.
Si vende nelle Librerie Salesiane di Torino, San Pier d'Arena, e Nizza Marittima, al prezzo di Cent. 30.
Il 1848 - Effetti della libertà mal concepita - Vili attentati contro D. Bosco - Compera e vendita - Aumento dell' Ospizio - Maniera di vita dei primi ricoverati - Il pranzo di D. Bosco - I mestieri - Il lepido cuoco - Il Padre adottivo.
Narrato l'esordio dell'Oratorio di S. Luigi Gonzaga, ritorniamo a quello di S. Francesco di Sales, ed entriamo nell'anno 1848, che diede principio a grandi avvenimenti.
Re Carlo Alberto dopo aver date le civili riforme, dopo aver concessa l'emancipazione ai Valdesi ed agli Israeliti, elargiva il 4 marzo di quell'anno stesso la così detta Costituzione o Statuto, col quale tutti i regnicoli si dichiarano eguali dinanzi alla legge, e tra le altre libertà si proclama quella della stampa. Di qui molti credendo che la Costituzione desse la facoltà di far bene o male a capriccio, e confondendo facilmente la libertà colla licenza, si facevano lecito quello che non era, soprattutto in cose di Religione. Serviva a dar voga a questo errore la famosa emancipazione , sulla quale appoggiati moltissimi stoltamente opinavano che non vi fosse più alcuna distinzione tra Cattolici ed eretici , e che tutte le religioni fossero egualmente buone e gradite a Dio, come se bianco e nero, dolce ed amaro, luce e tenebre, verità ed errore, lode e vitupero fosse una medesima cosa. Di peggio: I protestanti ed altri settarii abusando delle concesse libertà presero ben tosto a spacciare favole contro la Chiesa Cattolica, inventare e pubblicare storielle infamanti contro i Vescovi, i Sacerdoti ed i Religiosi, nulla risparmiando per metterli in discredito e in uggia presso il popolo. Per queste ed altre cause, che troppo lungo sarebbe l' enumerare , successe che in capo a poco tempo una buona parte del basso popolo fosse così pervertita nelle idee, e sì male impressionata, che un Ministro di Dio non era più sicuro per le vie della stessa civilissima Torino.
Ad insulti, a minaccie, anzi ad esecrandi attentati fu fatto segno particolarmente il nostro D. Bosco. Molti fatti avremmo in pronto da raccontare a questo proposito, ma desiderando di seguire, per quanto ci è possibile, l'ordine cronologico, ci limitiamo per ora al fatto seguente, che, fin dall' esordire delle mal concepite libertà, pose a repentaglio la vita di lui, e quindi la esistenza del nostro Oratorio.
A pochi metri dalla nostra Cappella, verso mezza notte , sorgeva in allora un basso muriccio , che la separava dagli orti e dai prati di Valdocco, i quali si estendono tuttavia sino alla destra sponda della Dora , seminati di fabbriche , case e palazzi. Or bene nella primavera di quell'anno, una domenica a sera, i giovani dell'Oratorio erano già tutti raccolti nelle rispettive classi di Catechismo, e D. Bosco istruiva i più adulti in coro. Egli stava spiegando loro l' immensa carità di Gesù Cristo nel farsi uomo, patire e morire per noi , quando un furfante , armato di archibugio carico a palla, spinto non sappiamo da quale spirito malefico , appostatosi dietro al mentovato muriccio, appunta l' arma alla finestra del coro , e spara nello stomaco a D. Bosco ; ma, la Dio mercé, il colpo andò fallito. Il proiettile veloce come il baleno gli passa tra il braccio e le coste, gli straccia la veste, e va a percuotere nel muro della Cappella, facendovi un largo guasto. Questo fatto sacrilego destò uno spavento indescrivibile in tutti i giovani, eccetto in D. Bosco, il quale sorridendo disse: Se la Madonna non gli faceva sbagliare la battuta mi avrebbe colpito davvero, ma colui è un cattivo musico. Poi guardandosi la veste forata soggiunse : Oh ! povera mia veste ! mi rincresce per te, che sei l'unica mia risorsa. Questa giovialità di D. Bosco, e il vederlo sano e salvo da quel vile attentato , ci rinfrancò tutti. Molti stringendoglisi attorno singhiozzavano e piangevano di consolazione ; altri gli bagnavano le mani di caldissime lagrime; tutti poi colla più grande espansione del cuore ringraziammo Iddio pietoso di avercelo così mirabilmente conservato.
Nel corso di questa istoria noi avremo occasione di narrare più altri iniqui attentati contro la vita di D. Bosco, allora soprattutto quando egli incominciò a scrivere le Letture Cattoliche, e a confutare gli errori dei protestanti. Noi toccheremo con mano, che se questo amico e padre della gioventù è tuttora superstite , lo dobbiamo intieramente a Dio, che ha sempre vegliato sopra di lui in modo affatto provvidenziale, e lo ha difeso e protetto più volte anche maravigliosamente.
Intanto crescendo ogni dì più i pericoli di pervertimento tra gli incauti giovanetti, D. Bosco, il Teol. Borelli e i loro aiutanti crebbero altresì di ardore e di zelo per loro vantaggio. D. Bosco vide allora più che mai il bisogno di ricoverarne un numero maggiore nell'incominciato Ospizio, e di vie meglio assicurare l'opera dell'Oratorio festivo. Per tale effetto cercò di comperare tutta la casa Pinardi ; ma non gli riuscì, perché quel signore domandava nientemeno che sessanta mila lire, prezzo davvero esorbitante. In quel frattempo essendo venuta in vendita la casa Moretta, D. Bosco l'acquistò coll'intenzione di trasportarvi l'Oratorio e allargarvi l' Ospizio. Fatto il contratto e sborsatone il prezzo , si diede mano a riattare i membri secondo il bisogno. Ma dopo alcuni esperimenti si venne a constatare che i muri, per materia cattiva e peggiore costruzione, non reggevano ai lavori, e fu giuoco forza di soprassedere. Poco di poi D. Bosco vendette la casa suddetta con notabile vantaggio, ricomperandola in questi ultimi anni per farne l'abitazione delle Suore di Maria Ausiliatrice e l'Oratorio festivo per le ragazze , e soprattutto per togliere di là peccati e scandali , come si dirà a suo tempo. Col danaro ricavatone egli acquistò invece una giornata di terreno (38 are), che é quel sito medesimo, dove, dopo altre rivendite e ricompere, sorgono oggidì la Chiesa di Maria Ausiliatrice e i laboratorii degli artigiani coll'annesso cortile.
Visto di non poter avere sì presto una casa sicura, dove meglio rassodare e ingrandire il suo Istituto, D. Bosco si rassegnò, aspettando tempo migliore. Intanto di mano in mano che scadevano gli affitti egli appigionava dal signor Pinardi le camere e loro adiacenze a prezzo eziandio elevato per non avere disdette. Per questo mezzo egli rendeva ognor più tranquilla la vicinanza dell'Oratorio , togliendogli le pericolose soggezioni , e portava sino a 30 i giovanetti ricoverati, scelti tra i più abbandonati e pericolanti.
Or non sarà discaro che diciamo quale fosse la maniera di vita dei primi ospitati. Al mattino alzati di letto più o meno di buon'ora, secondo la stagione, e fatta pulizia, noi discendevamo in Cappella, ascoltavamo la Messa di D. Bosco, recitando durante la medesima le orazioni e la terza parte del Rosario. Alcuni di maggior pietà facevano anche la santa Comunione. Affinché tutti avessero comodità di compiere questo atto solenne , D. Bosco o alla sera o al mattino per tempo prestavasi di buon grado ad ascoltare le confessioni di coloro, che desiderassero di riconciliarsi. Questo si pratica tuttora nell'Oratorio, con immenso vantaggio spirituale e conforto dei giovanetti.
Terminata la Messa, ognuno si recava in città presso il rispettivo padrone , lavorando chi da sarto, chi da calzolaio, chi da, falegname, legatore, muratore, e via dicendo, perchè non si ebbero i laboratorii interni se non nel 1856. A mezzodì tornavamo a casa pel pranzo. Allora ciascuno, dato di piglio ad una scodella o ad un pentolino di terra cotta, si accostava al pajuolo, e la buona mamma Margherita, e talora lo stesso D. Bosco colla mestola alla mano ci distribuiva la minestra. Questa era per lo più riso e patate, e più sovente castagne bianche cotte insieme con farina di meliga , che formava come una poltiglia, manicaretto per noi ghiottissimo. Anche la polenta la si metteva nella scodella : ma in quel caso o la si spruzzava di cacio gratuggiato, o la si aspergeva con qualche intingolo, lasciandovi scorrere talvolta un pezzettino di salciccia o di merluzzo cotto, soprattutto nelle principali solennità. Romantico era poi il nostro refettorio. Dispersi qua e colà nel cortile, seduti quale sopra un trave, quale sopra un sasso, questi sulla scala, quegli sulla nuda terra, davamo fondo a quel ben di Dio, che ci somministrava la industriosa carità di D. Bosco. E per bere? Scaturiva presso di noi una sorgente di acqua freschissima, e quella, senza costo di spesa, era la nostra botte e la nostra cantina.
Pranzato che si aveva, ciascuno lavava la sua scodella, e la riponeva in luogo sicuro. Ognuno era poi il custode del suo cucchiajo. Perdutolo, se lo doveva provvedere a sue spese; quindi lo si guardava gelosamente. A questo fine , non avendosi in refettorio cassetto a parte, ciascuno per lo più se lo metteva in saccoccia. Al qual proposito accadde una volta un episodio, che riscosse le risa più saporite. Un certo C. Paolo , nostro compagno, andando a scuola in città, lasciossi tra i suoi condiscepoli cadere di tasca il celebre arnese. A quella vista fu unanime l'esclamazione : Oh ! un cucchiajo! e tutti si diedero a ridere e a celiare a spese di lui. Il giovane Paolo, come se il portare il cucchiajo fosse la cosa più naturale ed ovvia del mondo, senza scomporsi rispose : Oh ! bella! Volete che io venga a scuola senza cucchiajo ? Ciò detto, con tutta gravità lo raccoglie e lo rimette in tasca meglio assicurato.
Ad un' ora e mezza si ritornava al lavoro. La sera rientrati in casa si cenava da tutti, mangiando di bel nuovo una scodella od un pentolino di minestra.
Fin qui non abbiamo parlato del pane. Si ha da sapere che in quel principio D. Bosco, invece di somministrarcelo a tavola, distribuiva a ciascuno 25 centesimi , affinché se lo provvedesse giorno per giorno. Con questa somma quotidiana, ognuno al mattino uscendo in città si comperava quel tanto di pane, che gli occorreva. Quei di buona bocca provvedevansi pane inferigno o biscotto da soldato ; i più delicati tendevano al pan buffetto. Chiunque per altro sapeva regolarsi ne aveva non solamente a sufficienza, ma in quei tempi di cuccagna, essendo le derrate a buonissimo prezzo, poteva ancora risparmiare un soldo per comperarsi un po' di pietanza. In questa guisa noi imparavamo a nostre spese a divenire buoni massai, e savii economi. E ne avevano bisogno. Si figuri il lettore che uno di quei nostri compagni era arrivato al punto da vendere il materasso per otto soldi. Fortuna volle che D. Bosco venisse a saperlo. Egli fece ben tosto rescindere il contratto, dando al venditore una buona lezione di economia, e al compratore, di giustizia.
Durante la nostra cena si raccoglievano presso di noi molti giovanetti, che frequentavano l'Oratorio festivo,e ad una cert'ora incominciava la scuola serale. Il nostro D. Bosco, come altrove dicemmo, vigilava sulle varie classi, e nel mentre stesso faceva scuola di musica. Talora, non avendo potuto cenare prima, assisteva ed insegnava mangiando. Quindi l'avreste veduto col boccone tra i denti correggere questo che leggeva male , addestrare a far conti quell'altro, che ignorava la tavola pittagorica, e dare il tono ai cantori, che solfeggiando sbagliavano la nota.
La scuola si faceva tutte le sere. Si eccettuava il sabbato, affinché ognuno avesse comodità di andarsi a confessare.
Finita la scuola , che durava circa un' ora , i giovani esterni recavansi alle rispettive case, e noi raccolti recitavamo insieme con D. Bosco le nostre orazioni. Augurata poscia la buona notte a colui che ci faceva da padre, e ricevutone un grazioso contraccambio, andavamo in cerca del nostro letto, che il sonno, la stanchezza e soprattutto la gioia del cuore ci rendevano molto soffice e come sprimacciato , quantunque non fosse per lo più che un saccone pieno di foglie o di paglia.
Avendo parlato del nostro vitto, è pregio dell'opera che aggiungiamo alcune parole sul pranzo di D. Bosco. La sua mensa era tanto frugale, che niuno dei suoi colleghi , i quali fecero la prova di vivere qualche giorno con lui, vi poté resistere ed assuefarvisi. La minestra nostra era la minestra sua. Aveva di più una pietanza; ma la madre per ordine suo gliela faceva alla Domenica, e servivagli per pranzo e cena sino al giovedì sera. Al venerdì ne confezionava una seconda di magro, e con questa si terminava la settimana. La famosa pietanza era generalmente una torta, e bastava farla riscaldare perché fosse tosto preparata. Talora d'estate diveniva un po' rancida ; ma D. Bosco non ci badava, e figurandosi che sua madre l'avesse cospersa con un po' di aceto , egli se la mangiava collo stesso appetito. Questo fu l'apprestamento di tavola di Don Bosco sino a quando egli cominciò ad avere con sè chierici e Sacerdoti , i quali per istudio ed occupazioni ebbero bisogno di un vitto più adattato e. sostanzioso.
Ci piace altresì di qui accennare i varii mestieri che D. Bosco esercitava in quei tempi. Anzitutto mentre gli artigiani stavano occupati in città, egli in casa in date ore del giorno faceva da maestro ad alcuni giovani di Torino, che mostravano maggior attitudine allo studio, e lo venivano aiutando nell' Oratorio festivo e nella scuola serale. Con un metodo tutto suo, e con una pazienza più unica che rara, egli in poco tempo li rese capaci ad intraprendere onorate carriere, o a condurre egregiamente i negozii di loro famiglia.
Non basta : oltre le frequenti visite alle carceri della città e all'ospedale del Cottolengo, oltre le confessioni che lungo la settimana andava ad ascoltare in varii Istituti di Torino, oltre allo scrivere libri ad uso della gioventù e del popolo, egli attendeva in casa a più altre occupazioni. Non potendosi fidare di prendersi gente di servigio, fa cevano ogni lavoro domestico egli e sua madre. Quindi per risparmiare spese di sartoria, e così provvedere ai molti bisogni dei suoi ricoverati , D. Bosco tagliava e cuciva i calzoni, le mutande e i giubbetti, e ne faceva le richieste riparazioni. Altre volte per sollevare la madre spaccava legna, accendeva il fuoco, scopava le camere, sgranellava i fagiuoli e pelava le patate.
Quello poi che più ci rapiva all' ammirazione era il vederlo cinto di un grembiale , e fare da cuoco. Allora noi mangiavamo con maggior appetito. Ci pareva davvero che la minestra e la polenta fatta da D. Bosco avesse un sapore squisito, e c' invitava a domandarne più volte. Servivano di gradita pietanza le amorevoli facezie che ci rivolgeva. - « To', mio caro, diceva all'uno, mangia con appetito, perchè l' ho fatta io - Fa onore al cuoco , e mangiane molto, ripeteva all' altro - Ti vorrei anche dare un pezzo di carne , soggiungeva ad un terzo ; non ne ho ; ma lascia fare da me... Appena troveremo un bue senza padrone, voglio che stiamo allegri. Con queste ed altre simili lepidezze, di cui D. Bosco era ed é tuttora fecondo, ci condiva così bene il pranzo e la cena, da farci dimenticare ogni companatico.
D. Bosco s'intratteneva sempre volontieri con noi, per cogliere il destro d'indirizzarci un consiglio , una parola amica , un avviso, un incoraggiamento. In questa guisa mentre ci educava il cuore , e migliorava la nostra condotta, egli ci faceva passare allegramente la vita. Quindi, sebbene la maggior parte di noi fossimo poveri orfanelli, nondimeno pareva a tutti di trovarci tra le delizie della famiglia. Tanta era la bontà del nostro padre adottivo !
La potenza di un Pater Noster. - Federico Soulié, uno dei celebri romanzieri francesi, stava sul punto di morire. Educato al di fuori di qualunque principio di religione, senza aver mai imparato una parola di orazione, l' infelice scrittore non pensava all' anima sua. Una Suora di carità stava inginocchiata a' piè del suo letto, e recitava il santo Rosario. Alcune lagrime sgorgavano da' suoi occhi. L'infermo solleva la testa. - Che dite voi in quel modo, mia Suora ? Padre nostro, che sei ne' cieli, ecc. Quanto è bella ! ripetetela ancora ! - E la Suora cominciò da capo. - E magnifica ! Voglio impararla con voi. - E come un fanciullo l' apprende dalle labbra di sua madre, così Federico. Soulié imparò parola per parola l'orazione domenicale dalle labbra di quell'angelo di carità. Quest' uomo che aveva bestemmiato, che aveva cercato di attraversare il regno di Dio sulla terra, ripetè con tenerezza : Sia santificato il tuo nome... venga il regno tuo... Egli morì nella pace del pentimento, dopo essersi riconciliato con Dio, mormorando queste confortanti e soavi parole. - Così nella Semaine du Fidéle.
Un martire del segreto della confessione. - La Reichszeitunq di Donn fa il seguente racconto : Un venti anni fa, il sacerdote Kobylowìcs, curato di Oratow presso Kiew, nella Russia, fu arrestato sotto l' accusa di assassinio. Un fittaiolo del luogo era stato ucciso con un colpo di fucile. Il maestro del comune, organista della parocchia, denunziò il curato e invitò il giudice d'istruzione ad operare una perquisizione in sagrestia e in chiesa : e vi si trovò il fucile del curato di fresco scaricato. Costui dopo essere stato scomunicato da Mons. Borowski, vescovo di Zestomir, fu condannato ai lavori forzati a vita e morì al bagno. Durante il processo non cessò dal dichiararsi innocente.
Qualche settimana fa l' organista denunziatore è pur morto. Nei suoi ultimi momenti, ha fatto venire l' autorità giudiziaria e l' autorità comunale e ha confessato che esso aveva assassinato il fittaiolo per sposarne la vedova. Per deludere ogni sospetto, s' era servito del fucile del curato, che aveva rubato e poi messo in sagrestia, perché vi fosse scoperto dal giudice istruttore. Ha aggiunto che, per impedire al curato di dare alcuna indicazione alla giustizia , era andato a confessarsi da lui, raccontandogli quanto aveva fatto. Da quel momento il curato, tenuto al silenzio dal segreto della confessione, e fedele al suo dovere, era divenuto la vittima di un ipocrita infame.
Dopo la rivelazione dell' organista agonizzante, l' autorità di Oratow ha telegrafato a Pietroburgo per domandare che l' abate Kobylowics fosse subito messo in libertà. Fu risposto , esser morto da parecchi mesi !
L' eroico prete aveva portato nel sepolcro il segreto della confessione.
Ogni Cooperatore può acquistare Indulgenza plenaria una volta al giorno, da applicarsi alle anime del Purgatorio, recitando la terza parte del Rosario di Maria Vergine avanti al SS. Sacramento, e non potendo avanti al divin Sacramento, recitandola innanzi al Crocefisso.
Indulgenza plenaria ogni volta che si accosta alla santa Comunione.
Può altresì lucrare moltissime Indulgenze plenarie nel corso del giorno mediante la recita di sei Pater, Ave e Gloria, secondo la mente del Sommo Pontefice. E queste indulgenze applicabili alle anime purganti, le può acquistare toties quoties, ossia tutte le volte che recita i suddetti Pater, Ave e Gloria in qualunque luogo senza bisogno di Confessione e Comunione, purché sia in grazia di Dio.
Oltre a queste un'altra Plenaria ne può guadagnare ogni domenica, e nei giorni qui sotto notati, purché confessato negli otto giorni, e comunicato visiti una qualche chiesa, pregandovi secondo l'intenzione del Sommo Pontefice.
2. Visitazione di Maria Vergine.
8. Santa Elisabetta, regina di Portogallo.
14. S. Bonaventura vescovo, cardinale e dottore di Santa Chiesa.
25. S. Giacomo Apostolo.
26. Sant'Anna, madre di Maria SS.
Con permesso dell'Aut. Eccl. - FERRARI GIUSEPPE gerente respons.
Tip. di San Vincenzo de' Paoli. Sampierdarena 1880.