ANNO IV. N. 11. Esce una volta al mese. NOVEMBRE 1880.
- Direzione nell'Oratorio Salesiano. - Via Cottolengo, N. 32, TORINO -
SOMMARIO - Applicazione e moralità di una favola - Festa del catechismo a Roma - Norme per promuovere il catechismo - Relazione di D. Antonio Espinoza intorno ad una Missione in Patagonia - Lettera Patagonica - Storia dell'Oratorio di S. Francesco di Sales - Bibliografia - Grazia di Maria Ausiliatrice - Grazia ottenuta per intercessione del Santo Padre Pio IX - La Patagonia e le Terre australi del Continente americano - Nuovo presidente della repubblica Argentina - Avviso ai Cooperatori-Indulgenze speciali pei Cooperatori.
Gli antichi per insegnare con profitto solevano raccontare leggiadre e morali favolette, con cui istruivano e dilettavano ad un tempo. Una di queste ci sovviene di aver letta, la quale nell'aprirsi di un nuovo anno scolastico ci porge il destro di fare un'applicazione e trarre una moralità, che ci pare opportuna. Eccola pertanto.
La volpe, andando per un bosco, trovò un mulo. Non avendone mai veduti, n'ebbe paura e fuggì. Fuggendo incontrò il lupo, al quale, interrogata, disse aver trovata una bestia nuovissima, e non saperne il nome. Il lupo rispose: Andiamo a vedere. Giunti sul luogo, al lupo parve quella una bestia vieppiù nuova. Essendo ambidue curiosi di saperne il nome, la volpe gliel dimandò. Rispose il mulo: Certo il mio nome non l'ho bene a mente; ma se tu sai leggere, io lo tengo scritto nel piè destro di dietro. Ciò udito, me lassa! rispose la volpe, chè io non so leggere ; chè molto lo saprei volentieri. Disse allora il lupo: Lascia fare a me, ché a leggere so ben io. Pertanto il mulo gli mostrò il piè diritto, sicchè i chiodi parevano lettere. Disse il lupo: Io non le veggo bene. Riprese il mulo : Fatti più dappresso, perchè sono minute. Il lupo babbeo si fece più sotto e guardava fiso. Allora il mulo maligno e ingannatore trasse, e diegli un calcio sì forte nel capo, che lo stese morto. Ciò veduto, la volpe se ne andò e disse Davvero! Ogni uomo che sa lettere non é savio. Così là favola.
La volpe può di leggieri rappresentare ai giorni nostri chi non sa di lettere, ma è fornito di un buon criterio, e soprattutto di quella prudenza che viene da Dio e dalla Religione, la quale consiglia e guida saviamente in tutti i casi della vita. Al lupo, che si picca del suo sapere, possono rassomigliarsi coloro, che paghi della scienza profana punto non si curano nè di Dio nè di Religione, e quindi senza una scorta sicura finiscono per divenire le vittime dei tristi, e perdersi nel tempo e nell'eternità. Il mulo poi raffigura assai bene quei malvagi, i quali, giurata guerra a Cristo e alla sua Chiesa, diffondono nel mondo libri e fogli empi ed immorali , aprono scuole, piantano cattedre di pestilenza, e seminano per ogni dove inganno, rovina e morte.
A noi, che consacriamo la vita ad istruire i figli del popolo in cento e più case nell'antico e nel nuovo mondo; a noi, che coll'aiuto dei nostri Cooperatori e Cooperatrici ogni mese spargiamo nelle città e campagne a cento mila e cento fogli e libri d'istruzione; a noi, ripetiamo, non garba punto la morale, che dall'anzidetta favola, troppo generalizzando, ne trasse la volpe; ma con tutti i dotti antichi e moderni dichiariamo ancor noi che è assai meglio essere un ignorante ma pio, che non un dotto ma empio; è assai meglio conoscere anche solo il Catechismo cattolico, che non, coll'ignoranza di questo, possedere tutte le scienze del mondo. Imperocchè la sola terrena sapienza, sia pure la più sublime e profonda, come quella di Atene e della Roma pagana, lascia cadere l'uomo nell'imo di tutte le depravazioni, e caduto non vale a risollevarlo; la sapienza invece del Catechismo della Chiesa cattolica anche da sola lo trattiene, o lo rimette nella via della giustizia e dell'onore, lo rende onesto e morigerato, utile a sè stesso, alla famiglia, alla patria. Di ciò è mallevadrice la storia di diciannove secoli cristiani, in un colla quotidiana esperienza. Perciò si studino pure e s'imparino scienze ed arti, ma prima di tutto si studii e si impari la scienza di Dio, e l'arte del buon Cristiano. Senza di questo il mondo ricadrà nelle antiche aberrazioni, ricadrà nell'abisso.
Oggidi questa scienza ed arte nella scuola più poco s' insegna e ancor meno si pratica. Orbene quale spettacolo ci presenta la civile società ? Il più desolante e spaventoso. Oh! davvero, che alla vista di tanti delitti in questo secolo chiamato il secolo dei lumi, si sarebbe tentati di sentenziare colla volpe: Ogni uomo che sa lettere non è savio. Ma no, il male non viene dalle lettere, ma da ben altre cagioni, la precipua delle quali si è la mancanza d'istruzione e ili educazione religiosa nella gioventù.
Cooperatori e Cooperatrici , e voi tutti, cui è dato di trattare con giovani o dell' uno o dell'altro sesso, cogliete tutte le propizie occasioni per instillare nelle tenere menti le verità del Catechismo, impreziosite dal sangue di Gesù Cristo. É questa la diga più valida e più potente da opporre alla fiumana di tanti delitti, che irrompe e dilaga a rovina ; è questo il mezzo sicuro ed infallibile per cessare tanti morali disordini, vuotare o almeno scemare le prigioni, ristorare la famiglia, formare una società costumata e tranquilla.
Maestri e Maestre, cui la Provvidenza affida in quest'anno la coltura della prima età, ricordate che la legge Casati, 13 Novembre 1859, la quale regge la pubblica istruzione nel nostro Stato, è tuttora in vigore, e che non può essere nè abolita nè autorevolmente interpretata fuorchè dal Re e dalle due Camere. Ora questa legge nel suo articolo 315 prescrive l' insegnamento religioso nelle scuole elementari inferiori e superiori. Il Re Umberto I alla sua volta dimostrò ancor esso il suo avviso favorevole a questo proposito, poichè il 6 giugno 1878 con suo decreto annullava la illegale deliberazione del Consiglio scolastico di Genova, che aveva approvato l' abolizione del Catechismo nelle scuole, pur decretata da quel Municipio. Institutori e Institutrici, pubblici e privati, insegnate adunque la Religione ai vostri alunni e alle vostre alunne. Così prescrive la legge, cosi decreta il Sovrano, cui devono piegare il capo Consigli Scolastici, Provveditori, Ispettori, Municipii e Delegati.
Padri e madri, a voi soprattutto incombe l'obbligo di mostrare il più vivo interesse che i figli vostri imparino il Catechismo. Se sono scolari informatevi di quando in quando se lo sanno, e fatevelo eziandio recitare in casa. Qualora aveste la sventura di trovarvi in paese, nelle cui scuole questo importante insegnamento o non s'impartisca o venga trascurato, in questo caso protestate, poichè ne avete il diritto ; e frattanto fate voi da maestri, assegnando ai figli e alle figlie vostre una o più lezioni di Catechismo per settimana. Questo fate parimenti se la figliuolanza, per qualsiasi cagione, invece della scuola debba frequentare la bottega o la campagna. Non mancate ad un tempo di mandarli o condurli al Catechismo in chiesa, ove si faccia. Ma nell'un caso o nell' altro non vi rincresca di aggiungere stimolo col fare loro un regalo, col fissare un premio, quando sappiano a memoria in tutto od in parte il Catechismo della Diocesi.
Nè vi entri in capo che questo sia per voi una spesa sprecata; che anzi sarà un largo guadagno. Imperocchè le verità della fede, per simili eccitamenti bene imparate nella tenera età, non tarderanno ad esercitare il loro benefico influsso sulla morale condotta della vostra prole ; quindi il figliuolo divenuto giovinotto e uomo fatto sarà alieno dal giuoco, dalle partite e dai bagordi; la figlia crescerà amante del ritiro, contenta del suo stato, e non punto ambiziosa ; e cosi o non mai, o ben di rado vi accadrà di gettare danaro per assecondarne i capricci. Altrimenti di quali disordini non farassi capace un figlio sul fiore de' suoi anni senza il freno della Religione? Di quali e quante frascherie non lascierassi riempire il capo una giovinetta, non informata per tempo alle massime del Vangelo ? Ben lo sanno tanti genitori, che da una figliuolanza irreligiosa ed immorale ebbero depauperata la casa, amareggiata la vita, e talora una morte precoce, consunti da dispiaceri e angustie crudeli.
E tu finalmente, Gioventù diletta, tu fa da senno. Secondo la condizione tua, attendi a dirozzare la mente o collo studio o coll'apprendimento di un'arte, onde campare onoratamente la vita; ma fa per tempo, in cuor tuo, tesoro delle sante verità della Religione cattolica; amala ed apprezzala come il più ambito retaggio dei Padri tuoi ; osservane i salutari precetti con franchezza ed amore. Chi sa a quali vicende andrà forse soggetta la tua vita ! Ti farà buon viso la fortuna ? E tu, se religiosa e timorata di Dio, non ne abuserai a tuo ed altrui danno; che anzi servendotene in bene diverrai guida al cieco, sostegno al debole, padre all'orfanello, e acquisterai nome di benefica, benedetta in vita ed in morte da Dio e dagli uomini. Sarai sfortunata ? E allora la Religione, che ti fu compagna ed amica nei verdi tuoi anni, additandoti una vita immortale al di là della tomba, ti sarà quaggiù di sollievo e di conforto, ti renderà esempio di rassegnazione e di fortezza, ti allevierà nelle pene, ti asciugherà i sudori della morte, e ti schiuderà il Soggiorno dei Beati, dove ti attende una indefettibile gioia.
Amabile Gioventù, ma inesperta e troppo facile alla seduzione, si, ascolta la voce della vera amicizia. Deh ! ti guarda da coloro, che cercano di allontanarti da Dio e dalla Chiesa ; da coloro, che attentano alla tua fede e al tuo pudore. Non ti vinca curiosità di leggere i loro fogli; rigetta sdegnosamente i loro doni; fuggi, non ti appressare ; poichè costoro sicut equus et mulus non farebbero che calpestarti e darti la morte.
Sullo scorcio del mese di Settembre si celebrò in Roma, nella chiesa di Santa Maria sopra Minerva, una festa delle più care e simpatiche.
Anzitutto si ha da sapere che in quella metropoli del mondo cattolico , per opera soprattutto e per lo zelo efficace del Santo Padre Leone XIII, sorgono e si mantengono molte scuole private per la gioventù di ambo i sessi, affidate a maestri e a maestre di buono spirito, che colla istruzione profana impartiscono di gran cuore e sodamente l'istruzione religiosa, base e colonna di ogni buona educazione. Nel corso dell'anno scolastico circa 140 giovanetti di queste scuole edificanti sonosi distinti tra gli altri per lo studio della Dottrina Cristiana, ed erano riusciti vincitori di un premio.
Or bene, a più splendida lode di quei cari fanciulli, e a maggiore eccitamento di tutti, dall'apposito Comitato fu deciso che la premiazione si facesse in modo pubblico e solenne. Pertanto il 29 di detto mese, giorno sacro all' Arcangelo S. Michele, che già fecit victoriam in Cielo, il magnifico tempio dei Padri Domenicani era splendidamente addobbato. Presiedevano alla funzione personaggi ragguardevolissimi, e in capo ai quali lo stesso Cardinal Vicario. La folla era stragrande ; la gioia raggiante su tutti i volti. Fu davvero la festa del Catechismo, gioconda, ordinata, solenne. Sua Eccellenza Rev.ma Mons. Sallua Arcivescovo di Calcedonia tenne un nobilissimo discorso sul vantaggio del Catechismo , ascoltato dall' immenso uditorio con profondo rispetto.
Venutosi poi all' atto della premiazione, tra generali applausi fu proclamato Imperatore della Dottrina Cristiana un cotal giovinetto di 11 anni, per nome Giovanni Lucchetti, della parrocchia di Santa Maria in Trastevere. Agli altri fanciulli vennero conferite altre onorifiche dignità e premi , secondo il constatato merito di ciascuno. Alcuni giorni dopo la solennità, il Santo Padre degnavasi inoltre di ammettere alla sua presenza il piccolo Imperatore , accompagnato dai condiscepoli Mischini Giona e Perotti Augusto , primi Principi, non che da altri che negli esami ebbero la carica di Deputato, di Camerlengo e di Segretario. Sua Santità li accolse con grande amorevolezza, ebbe per tutti felicissime parole, e infine impartì loro l' apostolica benedizione.
Applaudiamo di vivo cuore ai valorosi giovanetti Romani, che meritarono sì splendida corona; applaudiamo a coloro eziandio, che promòssero la bella festa, dando così un nobile esempio, il quale se fosse imitato nelle scuole , nei Collegi , nelle parrocchie, si verrebbe a porgere alla gioventù un valido stimolo nello studio e nell' apprendimento del Catechismo cattolico.
Dagli Atti della prima adunanza regionale, tenutasi nei giorni 11 e 12 dicembre 1878 in Torino dal Comitato Piemontese per l' opera dei Congressi Cattolici, ci piace di riprodurre un estratto riguardante il Catechismo. Quello che ivi si dice dei Comitati e della Compagnia della Dottrina Cristiana, i Cooperatori lo applichino a sè stessi, e sotto la guida dei loro Decurioni, Capi e Direttori potranno fare un gran bene.
« L' opera del Catechismo, così nei citati Atti, deve appoggiarsi ai Comitati Parrocchiali, Diocesani e Regionale. Questi Comitati hanno in ordine al Catechismo un triplice campo d' azione. La parrocchia, la famiglia, e la scuola. Quanto alla Parrocchia l' azione dei laici deve restringersi a coadiuvare quanto è più possibile lo zelo
dei Reverendi Parroci. In molti luoghi già esiste la Società o Compagnia della Dottrina Cristiana. Dove manca, si promuova; dove esiste, le si accresca vita e vigore. Si procuri che siano molti quelli, che si prestino per fare i Catechismi ai ragazzi e alle ragazze. Sarebbe utilissimo che ad ogni catechismo potessero trovarsi due catechisti, uno per la spiegazione e l'altro per badare alla disciplina ; ma per ciò occorre buon numero di zelanti persone, che si prestino per l'importantissima opera di catechizzare i fanciulli. Conviene poi dare il maggior possibile splendore alla premiazione dei fanciulli più diligenti. Ed a ciò possono concorrere grandemente i laici , sia fornendo al Parroco danaro ed oggetti, sia intervenendo numerevoli e con solennità alla funzione. Eguale solennità è opportunissima per le funzioni della prima Comunione dei fanciulli.
« Quanto all' azione del Comitato nelle famiglie, vi hanno mezzi indiretti , come è appunto l' attrattiva dei doni e la pubblicità e solennità data alla premiazione ecc. , e mezzi diretti , che richiedono molto tatto , prudenza e circospezione. Avuto l' elenco dei fanciulli, che frequentano il Catechismo parrocchiale, non sarà difficile formare quello delle famiglie, i cui ragazzi non vanno al Catechismo. Allora bisogna trovar modo di avvicinare amichevolmente quelle famiglie, conoscere quelle persone che vi sono ben viste, e far loro dire da queste una buona parola , invitarle alle funzioni di premiazione ; usare insomma tutte quelle industrie che la carità suggerisce: tra cui è utilissima quella degli Oratorii festivi, ove col divertimento i fanciulli trovano altresì la salute dell'anima.
« Finalmente l'azione del Comitato riguardo alla Scuola è doppia : 1° Conviene promuovere a tutto potere quelle scuole private, dove s'insegna a dovere e con serietà il Catcehismo; 2° Riguardo alle scuole pubbliche, dalle quali pur troppo l'andazzo dei tempi tende a bandire il Catechismo , non v' ha che un mezzo per assicurarvelo, ed è di concorrere numerosi e concordi alle elezioni municipali per avere buoni Consiglieri. Nè giova illuderci, se in parecchie città ed in molti comuni di campagna l' insegnamento religioso è ancora impartito, imperocchè la tendenza è di bandirlo, e tosto o tardi vi si giungerà, se i Cattolici non se ne preoccupano per tempo, con efficacia e costanza....
« Fin qui abbiamo parlato del cómpito del Comitato della Parrocchia. Il Comitato diocesano ha un campo assai più vasto. Nelle città , ove la divisione per Parrocchie è meno sentita , è di somma importanza promuovere quelle opere, le quali, più che la divisione parrocchiale, considerano i bisogni generali. E fra esse annoveriamo principalmente le Conferenze catechistiche per soli uomini, i Catechismi fatti con un certo apparato esteriore pei giovanetti dell'aristocrazia e dell'alta borghesia, le solenni premiazioni fatte dopo esami, a cui concorrono come a bella gara i giovanetti già premiati nelle diverse Parrocchie, gli Esercizi Spirituali in apparecchio alla prima Comunione, e via discorrendo. »
L'Eccellentissimo Arcivescovo di Buenos-Ayres nella graziosa lettera che scriveva a D. Bosco, in occasione della morte del compianto D. Bodrato, da noi pubblicata nel numero precedente , tra le altre cose diceva : « La S. V. si sarà rallegrata per le notizie , che le ho fatto pervenire , della Missione di Patagonia. » Con queste parole l'esimio Pastore alludeva alla relazione , che D. Antonio Espinoza, suo Vicario Generale, colà mandato in sul principio dell'anno in Missione straordinaria, gliene faceva per iscritto dopo il suo ritorno. Noi crediamo ben fatto arricchire il nostro periodico di questo documento ufficiale.
All' Eccell.mO Monsignor FEDERICO ANEYROS degnissimo Arcivescovo di Buenos-Ayres.
Incaricato dall'Eccellenza Vostra Reverend.'n0 della Missione nelle Terre Australi di questa Archidiocesi, rendo conto di essa a V. E. R.ma
Il giorno 16 di gennaio dell'anno corrente partii, dal porto della Bocca del Rio Chuelo, sul vapore Santa Rosa, in compagnia di quattro Sacerdoti Salesiani, un giovane loro allievo, e quattro Suore dell' Istituto di Maria Ausiliatrice , e dopo un viaggio regolare, giungemmo in Patagones il 20 dello stesso mese.
Premesso un triduo di preparazione, cominciai in Patagones ad amministrare il Sacramento della Confermazione, in virtù della facoltà, che dietro domanda di V. E. Rev.ma, mi era stata conferita dal Nostro Santissimo Padre, Leone XIII.
A cagion dell'estate (1) una gran parte della popolazione trovavasi dispersa nelle isole e nel campo, e perciò determinai di recarmi a visitare alcune isole , e poscia le popolazioni situate sul territorio nazionale della costa del Rio Negro , fino al Rio Nauquén, onde dar tempo di ritornare alle famiglie che stavano in campagna.
Invero, dopochè ebbi installato in Patagones il nuovo Curato Salesiano D. Giuseppe Fagnano, ne partii col Molto Reverendo D. Emilio Rizzo , il 4 di febbraio , e demmo una missione di otto giorni alla popolazione chiamata Guardia Mitre. Indi continuammo il nostro viaggio , fermandoci qualche giorno in ciascuna popolazione delle spiaggie del Rio Negro, cioè nella nuova e vecchia colonia Conesa, Choele-Choel, e Fiscomanocò, a cento cinquanta leghe all'ovest di Patagones, quasi già nel rio Nauquén. Vi ci fermammo una settimana, facendo quattro ore di Catechismo al giorno, e amministrando i Sacramenti. Benedissi pure le bandiere del 5° e 7° di Cavalleria di linea, il Cimitero e la Croce , che è finora la più avanzata nel deserto.
Il martedì della settimana di Passione , 16 di marzo, ritornammo a Patagones, ove celebrammo la Settimana Santa con solennità non mai vista colà, poichè non eranvi mai stati quattro Sacerdoti. Vi distribuimmo in tal modo l'orario , che terminati gli uffizi presso una popolazione , attraversavamo il Rio Negro, per andarli a celebrare presso di un'altra ; di modo che tanto Patagones, quanto Viedma, capitale della Patagonia, ebbero una solennissima Settimana Santa.
Finito questo, andai a visitare la parte popolata della Patagonia, insieme col medesimo D. Rizzo, e facemmo circa cento leghe tra andata e ritorno, traendo la nostra attenzione il gran numero di uomini maggiori d'età, che si accostavano ai santi Sacramenti. Tra questi vuolsi fare singolare menzione di un Indiano per nascita, ma cristiano, di Chico, per nome Casildo, schiavo della rispettabile famiglia dei Crespo , ed al quale nel censimento fattosi quest' anno in Patagonia, si attribuiscono cento cinque anni di vita, Ebbi il piacere di dargli la Cresima.
Questa Missione in Patagonia ci occupò tre settimane, e ritornammo a Viedma il 21 di aprile. Là giunti, mi occupai dell'erezione della nuova Parrocchia, ed il 24 di detto mese eressi, in nome di V. E. Rev.ma la prima parrocchia, che mai abbia esistito in Patagonia , nominando primo Curato Vicario il Molto Reverendo Salesiano D. Emilio Rizzo. Il giorno seguente si cantò la Messa ed un solenne Te Deum di ringraziamento, con l'assistenza di tutte le autorità , presiedute dal signor Governatore della Patagonia , D. Alvaro Barros, il quale per dimostrare il suo aggradimento e il pregio in cui teneva il nuovo Curato, lo nominò municipale, affidandogli la Direzione di tutte le scuole della Patagonia, incarico che fino a quel giorno aveva disimpegnato il ministro protestante di residenza colà.
Nei giorni appresso coi diversi Curati percorsi ambo le rive del Rio Negro per nove leghe, che separano Patagones e Viedma dalla foce del Rio stesso, amministrando i santi Sacramenti ai loro fedeli.
Con queste escursioni fu terminata la mia Missione sulle due rive del Rio Negro, e quindi il 6 di maggio partii da Patagones col mentovato Don Emilio Rizzo dirigendomi a Bahia Bianca, dietro la scorta del maggior D. Ramon Perez , il quale ci colmò di gentilezze in quella traversata di 75 leghe in mezzo ad un vero deserto.
Giungemmo a Bahia Bianca l' undici di maggio con una dirotta pioggia , e diedi principio alla visita canonica ed alla missione nella solennità di Pentecoste, 16 maggio.
Questa missione, che durò 10 giorni , fu frequentatissima. Di 1500 anime, quali conta la popolazione, si accostarono circa 1000 a ricevere i santi Sacramenti.
Terminate le nostre fatiche tra quel popolo, ritornò il Curato della Patagonia alla sua parrocchia, ed io mi diedi a visitare la campagna di Bahia Bianca, in compagnia del sig. Curato Don Enrico Levantini, e dei Reverendi vicini D. Angelo Inarcos e D. Pietro Ugoni , che ci prestarono preziosi servizi, conducendoci volontariamente per le cinquanta leghe che percorremmo , a fine di amministrare i santi Sacramenti ai contadini, che non avevano potuto venire alla Chiesa.
Il 15 giugno segnò il nostro ritorno a Bahia Bianca , e il 19 dello stesso m' imbarcai per questa capitale in una nave a vela, per non aver avuto altro mezzo di trasporto. Rimisi piede in questa città il 29 giugno , dopo cinque mesi e mezzo dalla mia partenza.
In si lungo tempo, oltre a 400 leghe di viaggio di mare, ne abbiamo fatte circa 500 per terra, sempre a cavallo, se si eccettuano le 50 leghe per la campagna di Bahia Bianca, dormendo talvolta, senz' altro tetto, che il cielo. Avemmo la consolazione di celebrare, quasi tutti i giorni, il santo sacrifizio della Messa , sull'altare portatile, che avevamo con noi, ed amministrammo il battesimo a 566 persone, la Cresima a 3741, e benedicemmo 89 matrimonii, come V. E. vedrà dalla qui unita tavola sinottica.
Può V. E. Rev.ma esser soddisfatta per aver messo in opera tutti i mezzi possibili per il bene spirituale di quei suoi lontani figliuoli , poichè , nelle più che 500 leghe di territorio da noi percorso , non abbiamo incontrato nè capanna , nè tenda, che non visitassimo in suo nome.
Rimangono ora colà tre Sacerdoti Salesiani ed un Catechista loro coadiutore , e quattro Suore di Maria Ausiliatrice, per continuare il bene incominciato, e conservar la fede in tanti cuori, che la ricevettero per la prima volta. Tuttavia sono ben pochi, per la immensa zona di terreno, sopra cui ha da stendersi la loro azione benefica, e sgraziatamente non possono per ora accrescere il personale per l'assoluta mancanza di soggetti.
Nonostante tutte le fatiche incredibili dell' E. V. Rev,' per ottenere che l'eccellentissimo Governo Nazionale continuasse l'assegno mensile per le missioni , finora non si potè ottenere un centesimo, e così al mio partire, i Salesiani avevano già dovuto contrarre un debito di più che 6,000 pesos, per soddisfare alle prime necessità della vita, tanto per sè che per le Suore.
L'avvenire di questa Missione dipende dal pronto invio di persone ; e poichè il Governo Nazionale non presta aiuto, V. E. Rev.ma giudichi se non sia il momento di far ricorso alla carità dei fedeli, affinchè non muoia una Missione , da cui si può aspettare tanto bene.
Nonostante questa infelice situazione , i Salesiani continuano a ricevere ragazzi nei Collegi , aperti da loro in Patagones e in Viedma, l'antica Mercedes della Patagonia, e le Suore hanno più di trenta ragazze nel loro Collegio di Santa Lucia delle Indie in Patagones; ma queste occupazioni, del resto assolutamente necessarie in tali centri di popolazioni, loro impediscono di scorrere la campagna. Sarebbe necessario proporzionar loro i mezzi per tener missionarii stabili, od almeno, per ora , se ciò non è possibile , Sacerdoti che visitino con qualche frequenza le popolazioni di Fiscomanocó , a 150 leghe da Patagones, ad 80 da Choele-Choel, a 20 da Guardia Mitre, a 7 da San Zavier, e a 40 da Conesa, dove sono fino a 700 Indii dell'antica tribù di Catriel , bramosi di esser istruiti nella cristiana religione. Nel passaggio potemmo istruire sufficientemente tre principali Cacichi e loro famiglie, cui demmo il battesimo, cresimammo, ed abbiamo uniti in matrimonio ; ma è doloroso il pensiero che tante fatiche sono al punto di perdersi per mancanza di persone, che proseguano l'opera del missionario fra quelli Indii, si ben disposti alla vita cristiana. La nuova parrocchia della Patagonia manca di tutto, nè può sperare di provvedersi coll'aiuto de'suoi buoni, ma poveri fedeli. Di questa scarsezza di mezzi si risente eziandio la povera parocchia di Bahia Blanca. Privato il Curato del sussidio già accordatogli dall'Eccellentissimo Governo Nazionale, e della pensione che gli concedeva il Governatore della provincia, trovasi talvolta senza mezzi da far fronte alle prime necessità della vita.
Non terminerò questa relazione senza compiere un atto di rigorosa giustizia verso i Reverendi Salesiani e il Curato di Bahia Blanca , ai quali è dovuto il bene fatto in questa Missione, e senza tributare il mio più vivo ringraziamento a loro, ed a tutte le autorità civili , militari e marittime, ai nostri compatriotti ed agli stranieri, che niuno eccettuato, ci hanno albergato generosamente, e colmati di attenzioni nella nostra lunga e penosa spedizione. Voglia il nostro buon Dio ricompensarli di tanta carità.
Tal' è, Eccellentissimo Monsignore , la breve relazione delle fatiche della nostra Missione. Dio volesse, fossero accette a V. E. Rev.'na, cui più che ad ogni altro si pregano da Dio nostro Signore benedizioni di vita eterna, e da noi, e dai buoni abitanti di quelle remote contrade.
Dio guardi V. E. Rev.ma
Buenos-Ayres, 5 Luglio 1880.
(1) Il mese di Gennaio, che per noi è il cuore dell' inverno, per l'America del Sud è il forte dell'estate
Battesimi, Cresime, Matrimonii fatti dal Procuratore e Vicario Generale D. Antonio Espinoza, in compagnia dei Reverendi Salesiani, D. Giuseppe Fagnano, Curato di Carmen di Patagones, D. Emilio Rizzo, Curato di Viedma, nella Patagonia , e del sig. Curato di Bahia Bianca, Don Enrico Levantini.
Nella parrocchia del Tribunale di Pace di Carmen di Patagones
Battesimi 16, Matrimonii 15, Cresime 1036.
Nella parrocchia di Mercedes di Patagonia, Tribunale di Pace di Viedma, Governo della Patagonia e territorio nazionale sopra il Rio Negro:
Battesimi 450, Matrimonii 46, Cresime 1677.
Nella parrocchia e Tribunale di Pace di Mercedes di Bahia Bianca
Battesimi 70, Matrimonii 28, Cresime 1028. Totale : Battesimi 566, Cresime 3741, Matrimonii 89.
Abbiamo ricevuto poc' anzi dalla Patagonia la seguente lettera, scrittaci dal sac. D. Giuseppe Fagnano, capo della Missione Salesiana, stabilitasi in Patagonia sul principio dell'anno corrente.
Patagones, 5 settembre 1880. CaRIssImo D. Bosco,
Da questi ultimi confini della terra già le scrissi più volte ; ma temo che, per causa degli sconvolgimenti politici, succeduti quest' anno tra di noi, le mie lettere siano andate smarrite. Ora pertanto rompo nuovamente il silenzio, e le mando questa mia, fiducioso che le pervenga. Essa le darà un breve ragguaglio di quel poco, che abbiamo fatto in questi mesi, e del molto che vi sarebbe da fare.
In Patagones io mi trovo con D. Chiara e il catechista Luciani. Don Rizzo trovasi in Viedma, ossia Mercedes di Patagonia, in faccia a Patagones. Con noi esercitano pure la loro carità quattro Suore di Maria Ausiliatrice.
La scuola che vi abbiamo aperta è frequentata da 48 giovanetti, e quella delle Suore da circa 40 fanciulle. Oltre a questa occupazione e alla coltura del popolo. attendiamo all'istruzione dei figli e delle figlie degli Indiani, che vengono in paese o per motivo di commercio, o per mettersi a servizio. Nell' occasione che lo zelante ed intrepido D. Antonio Espinoza fu qui sul principio di quest'anno per amministrare la Cresima con facoltà straordinaria del Santo Padre, venne pur conferito il battesimo a più centinaia di persone. Or dopo la partenza di Monsig. Espinoza ben cento nuovi cristiani furono aggiunti all' ovile di Gesù Cristo, sicchè cominciansi a vedere più copiosi i frutti della santa Missione.
Ma affinehè questi vadano ognor crescendo sono da promuoversi più altre opere e in più altri siti. Io le dirò le cose principali, perchè la S. V. possa conoscere meglio il bisogno e provvederci d'aiuto.
Primieramente sarebbe da stabilirsi qui un Ospizio pei poveri figli degli Indiani, i quali li manderebbero volentieri per impararvi un'arte o mestiere, e a leggere e scrivere. Un altro parimenti ne occorrerebbe per le ragazze. In questo caso colla istruzione continuata noi potremmo facilmente renderli cristiani, ed anche capaci ad aiutarci nella conversione dei loro parenti.
Un'altra opera, che frutterebbe immenso guadagno di anime, si è la evangelizzazione dei selvaggi, che abitano lungo le rive del gran fiume Negro.
Vi è pure una colonia sul fiume Ciubut a duecento chilometri al sud del Rio Negro, interamente composta d' Inglesi del paese di Galles, Protestanti tutti, eccetto una quarantina che sono Cattolici. Colà si portano gli Indiani per vendere cuoi, pelli e lane, e per comperare zucchero, mate e liquori. Vi si potrebbe fare molto bene, soprattutto per l'occasione propizia di poter trattare cogli Indigeni, i quali pei loro commercio vi accorrono da molte parti frequenti e numerosi.
Altro punto eziandio importante da prendersi di mira è la Terra del Fuoco, abitata da migliaia di selvaggi, tra i quali pur troppo si trovano già varii missionarii protestanti, che hanno casa centrale nelle isole Maluine. Presto vi sarà un vapore che farà viaggi periodici tra BuenosAyres-Patagones-Ciubut-Santa Cruz, che é presso allo stretto di Magellano.
Questi mi paiono i luoghi principali , ove poterci fissare con molta speranza di buon esito, per la conversione di questi popoli infelici, ed anche per impedire che gli eretici menino guasto in queste povere anime.
Presentemente si sta studiando d'accordo col Governo Argentino un progetto di colonizzare gli Indiani ; sarebbe il mezzo più acconcio per ridurli a popolo cristiano e civile. Ma di questo le parlerò un'altra volta.
Ecco, caro D. Bosco, quel poco che abbiamo fatto finora, ed il moltissimo che vi sarebbe da fare. Se la S. V. ci mandasse almeno dieci Salesiani e altrettante Suore di Maria Ausiliatrice, noi potremmo dar vita a grandi opere. Ce li mandi, o buon Padre , affinché tanta messe per mancanza di operai non vada perduta. So bene la grande difficoltà che si frappone. Anime coraggiose, che verrebbero in nostro aiuto, non mancano, e la S. V. ne troverebbe molte tra i suoi figli e tra le sue figlie ; ma difettano i mezzi necessarli per le spese occorrenti. Questa difficoltà noi speravamo di poterla superare , se il nostro Governo avesse mantenuta la promessa fattaci di passarci un annuo sussidio per questa Missione; ma i rivolgimenti passati glielo hanno impedito, e non sappiamo quando e se arriverà ad accordarcelo.
Che cosa fare adunque ! A bisogni estremi, estremi rimedii. Noi di qui ci adopreremo a provvedere i mezzi di mantenimento, e perciò siamo pronti a digiunare, a restringere il nostro scarso vitto, a fare risparmii di ogni genere, a mettere insomma in disparte quanto possiamo, per dividerlo insieme coi nostri fratelli e colle nostre sorelle, che attendiamo ansiosamente. Ma Lei, signor D. Bosco, faccia appello alla carità dei Cattolici di Europa, perché l'aiutino almeno a pagare il viaggio fin qui ai nuovi Missionarii, e noi speriamo di vederci esauditi. Ecché ? Sarebbe egli vero che si possa raccogliere tra i cattivi tanto danaro per impiantare in ogni dove opere inique e distruggitrici della fede e della morale , e che poi non se ne trovi tra i buoni per rassodare un'opera di tanta importanza per la religione e per la civiltà, quale si è questa nuova Missione della Patagonia ? Sarà egli vero che in mezzo a tante buone persone di ambo i sessi non si possano trovare i mezzi per salvare queste povere anime redente dal sangue di un Dio ? E dovremo noi vedere da una parte i Protestanti ad elargire ingenti somme per inviare missionari ad innalzare in questi deserti il vessillo dell'eresia, e dall'altro lato mirare i Cattolici a conservare negli scrigni il loro danaro, e rifiutarsi dal consacrarne una parte per diffondere la verità, o farla almeno camminare di fianco all'errore ? Se ciò avvenisse, noi poveri Missionari Cattolici ci sentiremmo coprire la faccia di rossore , e venir meno il coraggio. Ma no, questo non avverrà. Quello che abbiamo fatto finora, lo abbiamo fatto perché aiutati dalla carità cattolica ; e quello che faremo, il faremo ancora coll' appoggio della medesima.
Lei, sig. D. Bosco, la invochi a nome di questi infelici popoli ; la invochi a nome dei suoi figli sparsi in queste ultime plaghe della terra, e Dio ci aiuterà.
Mi usi poi la carità, caro D. Bosco, di scrivermi due righe, o farmele scrivere in nome suo. Lontani circa 8 mila miglia dalla patria, ella può ben immaginare la dolce consolazione, che ci arreca una letterina di chi tanto ci ama, ed al quale portiamo si grande amore.
Addio, caro D. Bosco. Chi sa se potrò ancora baciarle una volta la mano? Tanto lontano, e in proeinto di allontanarmene ancora di più per la mia Missione, temo di non rivederla mai più. Questo riflesso talora mi affligge ; ma tosto mi conforto pensando che giorno verrà, in cui mi sarà dato di rivederla in Cielo e per sempre.
Accolga i rispetti miei e quelli de' suoi figli e figlie, qui residenti, che godono tutti buona salute.
Le Suore le scriveranno anche esse. Di loro debbo dire che lavorano con un coraggio virile, e sono amatissime dal popolo.
Preghi per noi , o carissimo Padre, e faccia pregare ; e noi dal canto nostro le promettiamo che, occorrendo, ad esempio del compianto nostro D. Bodrato, per Dio e per le anime daremo la vita.
Suo aff.mo figlio in Gesù e Maria
Sac. GIUSEPPE FAGNaNO.
Opera del danaro di S. Pietro - L'obolo degli artigianelli - Discorso di un giovanetto - Inno a Pio IX - Parole del Marchese Cavour - Sentimenti del Papa - Lettera del Nunzio Apostolico - Offerta dei giovani dell'Oratorio di S. Luigi - Battaglia di Novara - Abdicazione di Carlo Alberto - Una lettera di questo principe.
Al Papa, come a Padre di 300 milioni di Cattolici sparsi sulla faccia della terra, anzi come a Maestro di tutti i popoli, tocca di provvedere ad innumerevoli bisogni spirituali e temporali (1). Per tacere di altri, egli deve provvedere a molte sacre Congregazioni di Cardinali e di Prelati, delle quali si serve per discutere e disbrigare gli affari risguardanti a tutta la Cristianità ; provvedere al mantenimento dei rappresentanti presso ai Governi del mondo a protezione dei rispettivi fedeli loro sudditi ; provvedere all'invio e sostentamento dei Missionarii nelle varie parti della terra, dove ancor non si conosce il vero Dio, nè si gode il benefizio della divina Redenzione e della cristiana civiltà ; provvedere insomma a cento, a mille necessità, che troppo lungo sarebbe il qui enumerare.
Il Papa Pio IX, essendo stato costretto ad esulare da Roma e privato di ogni suo avere, si trovò nella impossibilità di sopperire a tutte queste spese con grave danno delle anime. Il Re di Napoli Ferdinando II gli dava bensì in Gaeta larga e generosa ospitalità ; ma quel Principe non avrebbe potuto sobbarcarsi a tutti gli aggravii richiesti pel buon governo della Chiesa universale ; nè per altra parte pareva conveniente che il peso pel decoroso mantenimento dello stesso Pontefice gravitasse sopra di uno Stato solo. Il perchè appena venne rilegata questa condizione di cose, i Vescovi di Francia e poi del resto della Chiesa cattolica fecero ricorso alla carità dei fedeli, e li esortarono che come amorose pecorelle sovvenissero con elargizioni al Supremo loro Pastore. La fede e la pietà cristiana risposero ben tosto all' appello dei Prelati, e in breve tempo eccitossi in ogni ceto di persone una nobile gara in favore del Papa. Alla Francia vennero ad unirsi la Spagna, il Belgio, la Germania e in appresso sin le Americhe, l'India, la Cina ed altre remotissime parti dell'Orbe cattolico. Per questa guisa ebbe origine l'Opera del così detto Denaro di S. Pietro in questi ultimi tempi, la quale mentre somministra al Sommo Pontefice i mezzi opportuni per tenere relazione con tutti i popoli del mondo, per far sentire l' influenza benefica dell'alto suo apostolato sino agli ultimi confini della terra, e per correre in aiuto agli immensi bisogni spirituali e temporali di tutta la famiglia cattolica, serve eziandio di splendida manifestazione di fede e di amore alla Sede di Pietro.
L'Italia nostra, quantunque in quest'anno, 1849, fosse pressochè tutta sconvolta dalle orde massoniche , non poteva rimanersi dal concorrere ad un'Opera cotanto egregia. Il Piemonte soprattutto gareggiò colle altre provincie sorelle, e porse una non dubbia prova del suo inalterabile attaccamento al Vicario di Gesù Cristo. In Torino poi, fin dal principio del mese di febbraio, alcuni pii e zelanti Cattolici, ecclesiastici e laici, si costituirono in Comitato allo scopo di promuovere tra i fedeli, e radunare spontanee offerte da deporsi ai piedi del Sommo Pio. Il Comitato promotore era composto di questi ragguardevoli personaggi Marchese Gustavo Cavour : Marchese Lodovico Pallavicini-Mossi, Senatore del Regno ; Marchese Birago di Vische ; Marchese Fabio Invrea ; Teologo Guglielmo Audisio ; Teologo Avvocato Cerutti e il Teologo Valinotti Canonico. Molti altri buoni signori promuovevano pure nelle famiglie quest'Opera medesima, e tra gli altri il Conte Camillo di Cavour , fratello del Marchese Gustavo.
Conosciutasi nei nostri paesi la strettezza ed i bisogni, in cui si trovava l'esule Pio IX, i fedeli si recarono ad onore di correre in suo aiuto, e non solo i ricchi, ma i poveri eziandio vi contribuirono, offrendo il frutto delle loro fatiche e il risparmio dello scarso lor vivere. In quell'occasione ancor noi, stimando alta ventura il poter dare un segno di venerazione al Capo della Chiesa, ci privammo volentieri di ciò che ci era quasi necessario alla vita , e facemmo una colletta da mettersi nelle auguste sue mani. Il Comitato promotore invitato da Don Bosco fu compiacente di mandare al nostro Oratorio due dei suoi illustri membri per riceverla in persona. I due delegati erano il Canonico Valinotti e il Marchese di Cavour. Tra i nostri documenti abbiamo trovato copia del discorso letto in quella circostanza da un giovinetto nostro compagno ; ed era concepito in questi termini.
ILLUSTRISSIMI SIGNORI,
« Appena giunse tra noi la nuova dolorosa che il Santo Padre trovasi nelle strettezze, ne fummo profondamente commossi. Cresceva vie più il nostro dolore al riflettere che la nostra posizione ci impedisce di corrispondere all'inaspettato bisogno. Ciò non di meno desiderosi di dare un segno di stima e di figliale venerazione verso il Capo della Cattolica Religione, verso il comune nostro Padre, il Successore di S. Pietro, il Vicario di Gesù Cristo, abbiamo fatto i nostri sforzi : abbiamo unito l'obolo del povero. Sono trentatre lire che noi abbiamo raccolto ; somma di poco momento per la sublimissima sua destinazione , ma che ci farà degni di benigno compatimento, qualora si consideri l' età nostra e la nostra condizione di artigianelli e di poveri figli di famiglia.
« Signori, noi sappiamo che il vostro cuore è buono, e che perciò vorrete gradire la tenue nostra offerta, accertandovi che la nostra volontà farebbe di più , se la impossibilità non glielo impedisse.
« Che se mai, continuava il nostro amico, che se mai le nostre parole potessero in questo momento essere intese dal Santo Padre, tutti prostrati ai piedi suoi vorremmo ad una voce esclamare così Beatissimo Padre, è questo il più fortunato momento di nostra vita : noi siamo un ceto di giovanetti, i quali riputiamo a nostra più grande ventura il poter dare un segno di venerazione a Vostra Santità. Ci protestiamo vostri affezionatissimi figli; e malgrado gli sforzi dei malevoli per allontanarci dall' unità cattolica, noi riconoscendo nella Santità Vostra il Successore di san Pietro, il Vicario di Gesù Cristo, a cui chi non è unito va eternamente perduto, e nell'intima persuasione che niuno da Voi disgiunto può appartenere alla vera Chiesa, dichiariamo di voler vivere e morire sempre uniti a questa Chiesa, di cui Voi siete Capo visibile, offrendoci pronti a spendere ogni nostro avere , ogni sostanza e la vita medesima, per mostrarci degni figli di un si tenero Padre.
Il nostro piccolo oratore conchiudeva il suo dire così: «Voi intanto, o Signori, gradite queste semplici si, ma sincere espressioni del nostro cuore, e la grande vostra. bontà supplisca alla insufficienza nostra. »
Finite queste parole, un drappello di giovani con voce argentina cantava a Pio IX l'inno seguente, che loro aveva fatto imparare l'operoso Teologo Giacinto Carpano.
Siccome in Gerosolima
I perfidi Giudei
Il Signor nostro accolsero Fra canti e fra trofei, Poi crudelmente in croce Dannatolo a morir Godean fargli atroce Lenta agonia soffrir ;
Ahi! così pur di perfidi Un stuol scelesto e rio L'anima santa e angelica Amareggiò di Pio; Ier d'armonie leggiadre Tutto echeggiava il ciel, Oggi quel caro Padre Abbeveran di fiel.
Pur non temiamo - Sbattere La nave tua celeste, O Santo Padre, possono Del mondo le tempeste ; Ma disse a Te l'Eterno: Per affondarla invan
Con gli empi e con l'inferno Congiurerà Satan.
Superbo è chi ti giudica,
Chi ti condanna insano, Niun sulla terra uguagliasi Al tuo poter sovrano, Dio sol, Dio sol t'impera ; Quai figli innanzi a Te Piegano la fronte altera Imperatori e Re.
La nostra offerta accompagnata dal riferito discorso e dal nostro canto toccarono sì al vivo il cuore dei membri del Comitato, che ne rimasero altamente commossi. Essi ci volsero alcune fervide parole di lode e di eccitamento, e fattisi rimettere copia di tutto, nel licenziarsi da noi dissero : « Questi generosi sentimenti meritano di venire a notizia del Santo Padre, e lo verranno. »
Intanto il Marchese Cavour, essendo in quel tempo collaboratore del giornale cattolico L'Armonia, dava contezza del fatto, pubblicando in lode del nostro Oratorio un importante articolo, che crediamo pregio dell'opera il qui presentare ai nostri lettori.
« Nel più povero, così il Cavour, nel più povero dei sobborghi di questa metropoli, abitato quasi esclusivamente da operai, che campano col prodotto delle loro giornaliere fatiche, e che trovansi spesso ridotti a vera miseria in seguito ad una infermità od a mancanza di lavoro, sorge da qualche anno una di quelle opere di beneficenza, di cui lo spirito cattolico è sorgente inesausta. Un zelante Sacerdote ansioso del bene delle anime si è consacrato intieramente al pietoso uffizio di strappare al vizio, all'ozio e all' ignoranza quel gran numero di fanciulli, i quali abitanti in quei contorni per le strettezze o l'incuria dei genitori crescevano pur troppo sprovvisti di religiosa e civile coltura. Questo ecclesiastico , che ha nome D. Bosco, prese a pigione alcune casuccie ed un piccolo recinto, si è recato ad abitare in quel sito, e vi ha aperto un piccolo Oratorio sotto l'invocazione del gran Vescovo di Ginevra, s. Francesco di Sales. Egli ha cercato di attirarvi quei poveri giovani, che dapprima trovavansi negletti e derelitti ; nel semplice e modesto Oratorio egli distribuisce loro quella istruzione, che sopra tutte le altre discipline è sola necessaria, l'istruzione religiosa ; egli li accostuma a praticare i loro doveri, ad esercitare il vero culto di Dio, a convivere amichevolmente e socievolmente l'uno coll'altro. Accanto all'Oratorio si trovano scuole, in cui s insegnano a quella gioventù i primi elementi delle lettere e del calcolo ; vi è pure l'accennato recinto, in cui i giovanetti nei giorni festivi e nelle ore di ricreazione si sollevano con giuochi innocui e con innocenti trastulli, passando quel tempo nell' onesta allegria , che tanto giova alla sanità del corpo e della mente, specialmente in quella tenera età. In mezzo ad essi trovasi ognor D. Bosco, il quale è costantemente ad essi maestro, compagno, esemplare ed amico.
• Si vedono solitamente nei giorni festivi da quattrocento giovanetti riuniti in quel sito, che non presentando all'esteriore verun'apparenza, rimane da molti inosservato, mentre il bene che vi si fa è immenso. Tutti quei ragazzi, i più dei quali sarebbero cresciuti nell'ignavia e nel vizio, s'incamminano alla virtù e al lavoro. Infatti il loro zelante precettore ed amico cerca per essi con tutto impegno qualche onesto artiere, che consenta di accettarli presso di sè a tirocinio dell'arte sua ; e l'essere un ragazzo proposto da D. Bosco, come un suo alunno, presenta ai padroni di bottega una guarentigia di moralità, che gli rende facili ad accoglierlo presso di loro, onde avviarlo nell'esercizio della propria professione. Così da quel semenzaio di onesti operai escono ogni anno in buon numero adolescenti, che sono in caso di provvedere ai proprii bisogni, e che conserveranno, giova sperarlo, nel lungo decorso della loro vita l'abito di quella moralità, a cui i loro teneri anni furono informati.
• Aggiungiamo ancora che, trovandosi spesso fra quei poveri giovani chi per la morte o la rovina dei proprii genitori cade in assoluto abbandono, parecchi di questi vengono anche ricoverati in alcune camere esistenti in quelle povere casuccie sovraccennate , e vi ricevono pure il loro sostentamento pel tempo del loro tirocinio, finché col frutto del loro sudore possano essi medesimi mantenersi.
• In questo albergo di beneficenza recavansi il giorno dell'Annunziata due membri del Comitato dell'Opera del Danaro di s. Pietro, colà chiamati dal benemerito fondatore di quell' Oratorio. Trattavasi di ricevere un' oblazione, che quei buoni ed esemplari giovanetti avevano disegnato di fare per l'opera medesima. Edotti essi dei luttuosi eventi di Roma, e dell'essere il Padre comune dei fedeli ridotto alla condizione di esule, vollero spontaneamente concorrere col loro obolo ad ingrossare quel tributo di figliale venerazione, che a Torino si vuol raccogliere per deporlo ai piedi del Vicario di Cristo.
• Entrati i delegati del Comitato nel modesto recinto, ove tanto bene si va compiendo, essi vennero dal Direttore accolti colla più squisita cortesia ; quindi non senza viva commozione del loro cuore essi si videro accerchiati da quei ragazzi, che in aria festiva loro fecero bella e lieta corona.
• Due di questi tosto si avanzarono, e mentre l'uno sopra di un desco presentava i trentatre franchi raccolti in mezzo a loro, l'altro pronunziava un semplice, ma ben sentito discorso, di cui presenteremo uno squarcio ai nostri lettori...»
Qui l' illustre scrittore riporta una parte del discorso sopra riferito e poi prosegue
• Una soave e dolce commozione si faceva sentire nell'animo dei delegati nell'udire queste parole, pronunziate con aria intelligente e con voce esprimente l'affetto da un ragazzino, il quale porta le secchie di calcina e i mattoni pel servizio dei muratori, ma nondimeno mostra di provare veramente sensi così nobili e generosi. Essi risposero alcune brevi parole dichiarando a quei giovanetti, che si gloriavano di averli socii in un atto, che è una professione di quella fede cattolica, che tanto sublima l'uomo in qualunque stato e condizione egli si trovi. Richiesero quindi il giovane oratore di una copia del di lui discorso, e quella copia fu in seguito consegnata al Nunzio Apostolico, che ne mostrò singolare gradimento, e si protestò di volerla inviare al Cardinale ProSegretario di Stato del Sommo Pontefice , come testimonianza di sensi, che riescono altamente commendabili, se si riflette alla posizione e agli antecedenti di coloro che li manifestarono.
• Noi poi dal canto nostro abbiamo creduto dovere alquanto dilungarci nel recare alla cognizione del pubblico un fatto, che ci sembra degno di essere altamente commendato » (1).
Così conchiudeva il Marchese di Cavour la sua relazione sulla povera, ma affettuosa nostra offerta, che inviata a Gaeta tornò al Santo Padre di sommo gradimento. Persone che raccolsero le sue espressioni riferirono la cosa con queste parole : « L'offerta di trentatre lire fatta da giovanetti, e le espressioni semplici e sincere che l'accompagnavano commossero il tenero cuore di Pio IX. Prese egli la somma e lo scritto che le andava unito, ne fece egli stesso un pacco, vi scrisse sopra la provenienza, e disse che voleva farne un uso particolare. Quindi dava ordine a Sua Eminenza il Cardinale Antonelli di scrivere una lettera al Nunzio in Torino, onde venisse partecipata agli offerenti la pontificia soddisfazione. Difatto poco dopo Mons. Antonucci indirizzava a D. Bosco una lettera di questo tenore.
MOLTO REVERENDO SIGNORE,
• Rassegnando a Sua Santità per mezzo dell'Eminentissimo Cardinale Antonelli Pro-Segretario di Stato un'altra somma del Danaro di san Pietro, rimessami dagli Ill.mi Signori D'Invrea e Cavour in nome del Comitato stabilitosi a tale oggetto in questa città di Torino, mi permisi di far rilevare, tra le altre, l'oblazione dei suoi giovinetti in lire trentatre, non che il sentimento che espressero nel consegnarli al Comitato anzidetto.
« La prelodata Eminenza Sua riscontrandomi in proposito in data del 18 del mese scorso si compiace apprendermi, che una dolce emozione si è destata nell'animo del Santo Padre all' affettuosa e candida offerta di poveri artigianelli, ed alle parole di tenera divozione, onde vollero accompagnarla.
« La prego perciò di far loro conoscere quanto mai sia stata accetta al Santo Padre tale oblazione, ritenendola preziosissima perché offerta dal povero, e quanto sia lieto di vederli così per tempo nudrire sentimenti di ossequio sincero verso il Vicario di Gesù Cristo, presagio non dubbio delle massime di Religione impresse nella loro mente.
« A pegno pertanto di paterna benevolenza Sua Santità comparte di tutto cuore a Lei e a ciascuno dei giovanetti suoi alunni l' apostolica Benedizione, nel mentre che io coi sensi di distinta stima e sincero attaccamento ho il bene di rassegnarmi
Torino, il 2 Maggio 1849.
A. B. Arcivescovo di Tarso Nunzio Apostolico. »
Ognuno può di leggieri immaginarsi la contentezza, da cui fu compreso il nostro cuore alla lettura di questo scritto, che ci dava a vedere come il Papa tra le immense sollecitudini pel governo di tutta la Chiesa, e in mezzo alle pene e ai travagli del suo esiglio, aveva avuta l'alta degnazione di volgere un pensiero alla nostra pochezza. Quindi un raggio della più viva gioia brillò in quel momento sulla nostra fronte, e un grido fragoroso di Viva Pio IX echeggiò ripetutamente in tutto il nostro Oratorio.
Diremo a suo tempo l'uso che il Santo Padre si degnò di fare della nostra offerta , porgendoci occasione di celebrare una solennità memoranda.
La mentovata nostra offerta con l'ultima parte del recitato discorso venne eziandio registrata nella Storia Ecclesiastica dell' abate Rohrbacher , dove l'autore, dopo aver raccontato alcuni slanci commoventi di povera gente verso il bisognoso Pontefice, fa precedere queste parole al fatto che ci riguarda. « .... Più grande ancora , egli scrive, è il fatto di certi giovani poverissimi e artigiani di professione , che economizzando ogni giorno qualche soldo pervennero a mettere insieme la piccola somma di trentatre franchi, e la mandarono ai capi dell'associazione con una lettera da intenerire » (1).
Somma uguale alla nostra e accompagnata quasi dalle stesse circostanze veniva pur raccolta nell'Oratorio di S. Luigi Gonzaga, dove quali cooperatori di D. Bosco si prestavano parecchi esemplari Sacerdoti Torinesi. A questo proposito ci piace di riprodurre parte di un articolo, che in quell'anno stesso vedeva la luce nel N° 53 del citato periodico.
• Un dotto e pio collaboratore , nel N° 40 di questo giornale, ha già richiamata l'attenzione del pubblico sull' Oratorio di S. Francesco di Sales, fondato in Torino dall'egregio Sacerdote D. Bosco, che animato dalla più perfetta carità dedicò tutto se stesso alla istruzione ed educazione dei poverelli. L'utilità di quest'ottimo istituto non tardò a farsi conoscere, ed umili, savi, santi Sacerdoti non mancarono di unirsi al fondatore per propagarne l'idea; fondarono nuove case ; raccolsero intorno a sè i poveri fanciulli e adulti, e preparano così alla società migliori uomini, sollevandola di molti altri, che incamminati per una via sinistra danno poca speranza del loro avvenire.
« Santa missione ! nell'esercizio della quale il Sacerdote é coronato di tutto lo splendore del suo carattere, ed imita più dappresso il nostro Redentore, il quale davagli questo esempio, compiacendosi di stare in mezzo ai fanciulli, e si lagnava se alcuno avesse cercato di allontanarli da Lui.
« Sono cari a tutti i buoni per questo motivo i nomi del T. Vola, T. Borelli, T. Carpano e di D. Ponte, i quali circondati nei giorni festivi da più centinaia di questi ragazzi li educano religiosamente e civilmente in una piccola casa dell'istituto presso la villa reale, il Valentino.
« Invitati a raccogliere dalle mani di quei buoni giovanetti le offerte, che vollero spontanei tributare all'esule Pontefico abbiamo provata la più soave delle commozioni, ed ammirato l' ordine e la docilità, che osservano quei ragazzi nelle loro ricreazioni coi Superiori. Gradita una tale offerta sarà per certo al Beatissimo Padre , e la Benedizione di Lui scendendo su di essi farà si, che crescano in virtù e sapienza.
« Visitino i democratici questi luoghi, dove la pietà cristiana opera incessantemente la RIFORMA della società ; venano questi Sacerdoti che rinunziarono ad ogni lusinghiera speranza della vita, che tutto sacrificano per dare alla società migliori cittadini, ed imparino che non le ciance, ma le opere giovano; e vedendo quanto paziente e difficile sia la missione dell'Educatore del popolo sappiano profittarne. » Fin qui l'Armonia di quei giorni.
Intanto il ventisei di marzo, all' indomani del dì, nel quale noi davamo nell'Oratorio un sincero attestato della devozion nostra all'augusto Esule di Gaeta , pubblicavasi in Torino un ferale annunzio, che ci arrecava un cordoglio indicibile, e a parecchi traeva le lagrime. Il Re Carlo Alberto alla testa di oltre a cento mila uomini era rientrato in campagna contro gli Austriaci per allontanarli dall'Italia. Tutto faceva sperare che la guerra avrebbe avuto pel magnanimo Principe un esito felice ; ma dopo alcuni fatti d' arme sul Ticino i Tedeschi, o per tradimento o per incuria del generale Girolamo Ramorino, che doveva stare a difesa di un passo di questo fiume, riuscirono a tragittarlo, e così, tramezzato l'esercito Piemontese, capitanati dal maresciallo Radetzky, marciarono contro al suo maggior nerbo vicino a Novara. Quivi il 23 di detto mese i due eserciti vennero ad una battaglia campale presso un borgo chiamato la Bicocca. Si fecero da ambe le parti prodigi di valore ; ma in sulla sera la vittoria, stata sino allora disputata, rimase agli Austriaci.
Durante il fiero combattimento il valoroso Principe stava impavidamente esposto al pericolo per animare i suoi. Vedute poi fallite tutte le sue speranze, e conosciuta la necessità di una sospensione d' armi, egli, per facilitare al suo popolo una più onorevole pace, volle consumare la sua carriera con un nuovo sacrifizio. Quindi in quella sera stessa, circondato da' suoi due figliuoli, Vittorio Emanuele e Ferdinando, non che da'suoi aiutanti di campo, abdicava alla corona in favore del suo primogenito, che prendeva il nome di Vittorio Emanuele II. Dopo questo atto, egli abbracciò e baciò ad uno ad uno gli astanti, li ringraziò dei servigi resi a lui e allo Stato, e dopo la mezzanotte partì da Novara, accompagnato da due soli domestici. In capo a pochi giorni si seppe che era giunto in Oporto. città marittima del Portogallo, da lui scelta pel luogo del suo volontario esiglio. Ivi aggravato dal peso della sventura e dall'incrudire di un'antica malattia, Carlo Alberto, munito dei conforti della nostra santa Religione, cessava di vivere il 28 luglio dell'anno stesso.
Noi non possiamo nascondere che tutti questi eventi ci addolorarono profondamente. Senza entrare né portare giudizio sopra fatti politici, di cui punto non c'intendevamo, era cosa naturale e pur doverosa che noi stimassimo ed amassimo un Sovrano, che più volte ci aveva beneficati e protetti, allora soprattutto quando il Vicario di Torino e la Ragioneria minacciavano la chiusura del nostro Oratorio ; Sovrano, che dal canto suo nutriva egregi sentimenti di cristiana pietà.
Una non dubbia prova dell'amor suo alla Religione cattolica venne testé alla pubblica luce, ed é una lettera che Agli, non degenere dagli Avi suoi, scriveva a Pio IX dalla città di Alessandria, in data del 10 di settembre dell' anno 1848 (1). Eccone alcuni tratti, che svelano appieno l'animo di quel Re.
SANTISSIMO PADRE,
« I tempi sono divenuti malvagi assai , o Padre Santo. Noi siamo veramente provati dai castighi e dalla collera di Dio. Oh! quante volte io avrei desiderato di aprire a Vostra Santità il mio cuore, di confidarle le mie crudeli afflizioni Ma avrei accresciute le pene sue proprie. Ora però siamo giunti ad un punto così desolante per la Religione, che non posso tralasciare di parlarne a Vostra Santità....
« Nemmeno la guerra ha potuto salvare il nostro paese, dando agli spiriti direzione più saggia. Vostra Santità avrà saputo quanto si é fatto presso noi contro la Religione e contro gli Ordini religiosi, mentre io era lontano da Torino. Il mio cuore ne è straziato ! Padre Santo, il male è sì grande, che a ripararlo i mezzi umani non bastano ; ci occorerrebbe qualche grande grazia del Signore, giacché questo male è generale, e senza un miracolo di Dio non vi è nulla a sperare quaggiù.
« Sono convinto di aver fatto tutto quanto ho potuto per il bene della Religione e dei miei popoli ; ma ora non mi sento più assolutamente disposto a fare il Re, e non aspetto che la fine della guerra ed il momento nel quale sia sottoscritta la pace, per abdicare e ritirarmi in un lontano paese a terminarvi i miei di nella oscurità e nella pietà.
« Rinnovando a Vostra Santità le espressioni della vivissima mia riconoscenza, la supplico di accordarmi la sua santa benedizione; le bacio i piedi e col sentimento della massima venerazione sono, o Beatissimo Padre,
Di Vostra Santità
Umil.°nO obbl.mo Servo e Figlio CARLO ALBERTO. »
Un sovrano adunque, che si mostrava animato da cotali sentimenti di religione e di bontà, non poteva non essere venerato dai suoi sudditi fedeli e dai suoi beneficati, tra i quali andavamo alteri di annoverarci ancor noi. Quindi dopo la disgrazia toccata a Pio IX, niun'altra cotanto ci afflisse quanto quella, che si aggravò sopra questo Principe sfortunato.
(1) Secondo i ragguagli più precisi e recenti che si conoscono oggidì, la popolazione del globo è di un bilione, quattrocento cinquantacinque milioni, novecento venti tre mila, e cinquecento (1, 455, 923, 500). Essa è distribuita per le varie parti della terra nella seguente proporzione
Europa 315, 929, 000.
Asia 834, 707, 000.
Africa 205, 679, 000.
America . 95, 495, 500.
Australia e Polinesia. 4, 031, 000.
Regioni polari 0, 082, 000.
Di tanti uomini, che abitano la faccia della terra . appena un quinto si trova nella vera Religione, che è la Cattolica. Oh ! imperscrutabili giudizi di Dio
(1) Vedi N° 40 dell'Armonia, anno 1849.
(1) V. vol. XV, edizione sesta italiana,lib. 91, p. 558.
(1) V. l'Aurora di Roma, N° 229, 7 ottobre 1880.
DEL Sac. TEOL. GIULIO BARBERIS.
Molti sono i libri in cui viene travisata la storia con grave danno della fede e dei buoni costumi. Perciò ci crediamo in dovere di raccomandare ai nostri Cooperatori e Cooperatrici la diffusione della Storia Antica-Greca del sac. Teol. GIULIO BaRBERis, come quella che va scevra da ogni pericolo. E un' operetta pregevole sia pel metodo con cui è trattata la materia, sia per la bontà della lingua, sia soprattutto per la sodezza dei buoni principii. Vagii rinomati periodici d'Italia tra cui l'Unità Cattolica di Torino, l'Apologista di Mondovì, l'Istitutore di Torino, e Scienza e Fede di Napoli ne fecero già alti e ben meritati encomii. Serve per libro di testo a coloro, che frequentano la quarta classe ginnasiale, i quali devono istudiarla per soddisfare ai programmi governativi; serve eziandio per tutti quelli, che vogliono istruirsi nella storia antica con diletto e con profitto. Si vende nella Libreria Salesiana in Torino a L. 1, 40.
LA FAVOLA Al SERVIGI DELLA VERITÀ.
Abbiamo di sopra annunziato un buon libro di Storia, e qui ci gode l' animo di annunziarne un altro non meno buono , nel suo genere , di favola. Se quello ha più importanza assoluta per la materia, questo ne hn la parte sua di relativa. per la maniera onde sopperisce ad un bisogno delle scuole,e ripara ai gravi inconvenienti, che da molti di siffatti libri derivano alla moralità dei giovanetti studiosi. Il professore Fabre dottore in Lettere e solerte insegnante governativo , vista la difficoltà di spiegar i classici, specialmente poeti, nelle scuole, senza porre in mano ai discenti un qualche libro di Mitologia , e d' altro canto vedendo che essi libri o sono voluminosi troppo epperò cari, o piccolissimi epperò insufficienti , o tradotti spesso male, o ridotti con poca esattezza da lavori stranieri, o, cosa assai peggiore, quasi tutti cosparsi di espressioni poco oneste o di sconce vignette illustrative, compilò con diligenza grande e con scelta giudiziosa un bel Dizionarietto Mitologico di pagine 176 a doppia colonna , del quale vagii giornali educativi italiani, ed alcuni di Francia portarono giudizio molto favorevole. Ci limitiamo qui a far cenno dell'elogio del Revisore Ecclesiastico Canonico Cavaliere Augusto Berta, e di quello del compianto filologo P. Fanfani. Il primo fra l'altre cose dice « che egli non può non rendere la debita testimonianza di lode al giovane autore per la squisita delicatezza con cui seppe esporre , senza venir meno al suo compito istruttivo, le materie non sempre per loro natura delicate, fra cui dovette necessariamente aggirarsi... ; e il secondo dice : « E' un libro condotto con tutta diligenza e opportunissimo nelle scuole. »
A tali giudizi ci associamo volentierissimo anche noi, invitando quanti son capi d'Istituto, Professori di Lettere italiane e latine , e padri di famiglia, amanti della sana istruzione dei loro alunni e dipendenti, a provvedersi il Dizionarietto Mitologico del Fabre, ove in bella forma, piccola mole, e prezzo modesto troveranno abbondantissima copia di mitologica istruzione.
Vendesi alla Libreria Salesiana , via Cottolengo, n. 32, Torino, al prezzo di L. 1, 20.
Dal mese di Giugno in qua abbiamo ricevuto un numero sterminato di racconti di nuove e pur segnalate grazie, ottenute dai divoti fedeli di varie diocesi d'Italia e di Francia per intercessione di Maria Ausiliatrice, venerata in modo speciale nella Chiesa a Lei dedicata in Torino, presso la nostra Casa di S. Francesco di Sales. Quantunque sia nostra intenzione di pubblicarne a suo tempo un nuovo fascicolo, diamo tuttavia contezza di una riferitaci poc'anzi da un buon parroco della diocesi di Tortona , protestando di non darle altra autorità che l' umana.
Retorbido 11 Ottobre 1880
REV.MO e CAR.` D. Bosco,
Se ogni cristiano potrebbe nascondere quei fatti che tornano ad onore suo, è però in dovere di rendere note quelle cose, che possono ridondare a maggior gloria di Dio e de' suoi servi , e principalmente della madre di G. C. , Maria Santissima. Ecco perché io m' accingo a descriverle una grazia segnalatissima, ottenuta nel maggio scorso per intercessione di Maria Ausiliatrice da un mio parrocchiano.
Certo Matti Angelo , padre di numerosa ed ottima famiglia, s' infermò gravemente di febbre tifoidea. Il medico curante, che disperava della di lui guarigione, consigliò la famiglia a chiamare altri medici, onde non gravitasse sopra di lui solo la responsabilità, come egli disse. Vennero da Voghera due distinti dottori fisici , i quali crollarono il capo , e dissero, che il caso era molto grave. Questa frase, uscita da loro più volte, prova che avevano una ben languida speranza di guarigione. Appena dopo il consulto fui chiamato a confessarlo , e compii il mio dovere. Allora feci una calda esortazione alla moglie dell' infermo ed agli altri della famiglia, onde collocassero la loro fiducia in Maria Ausiliatrice , di cui correva la festa all' indomani, e suggerii che incominciassero subito una novena. Consigliai in pari tempo alla moglie un voto di offerta alla Chiesa di costì, se otteneva la grazia. Più tardi dopo il vespero (era la domenica) ritornai dall'ammalato, e trovatolo aggravatissimo lo persuasi a ricevere il SS. Viatico in quella sera istessa. Ritornando alla chiesa a quelli, che mi chiedevano dello stato dell' infermo , io rispondeva che dai tetti in giù io non aveva più alcuna speranza, ma che aveva posto in Maria Ausiliatrice ogni fiducia: vedremo se Essa vorrà esaudirci. E Maria ci esaudì in modo sorprendente.
L' indomani, 24 Maggio, festa di Maria Ausiliatrice, appena celebrata la' Messa andai dall'infermo, e con mia soddisfazione lo trovai tutto cambiato in volto e senza febbre. Seppi da lui medesimo, che quando bevette quell'acqua, in cui io aveva purificato le dita dopo averlo comunicato, egli provò un interno sensibile ristoro. Aveva dormito tutto la notte e non provava più alcun male. Era quindi impossibile il non riconoscere l'intervento di Maria Ausiliatrice, e feci proseguire la novena in ringraziamento della grazia ricevuta. Lo visitai alla sera del giorno stesso, lo visitai al domani, ed egli sempre affatto libero da ogni male. Il mercoledì poi lo trovai alzato di letto e in piena convalescenza.
Ecco quanto he creduto mio dovere di notificarle ad onore e gloria di Dio, e perchè tra i fedeli vada sempre più crescendo la fiducia in Maria Ausiliatrice. Sta scritto di Maria : Qui elucidant me vitam aeternam habebunt : quelli che mi onorano avranno la vita eterna. Perciò spero che Maria vorrà avere la bontà di tenermi conto di questo poco che ho scritto di Lei, e mi farà provare il suo potente patrocinio in vita ed in morte. Sia sempre lodato Gesù Cristo e la sua Santissima Madre.
Ora più non mi rimane che raccomandarmi alle sue valide preghiere, ed a quelle di tutta la numerosa sua famiglia. Gradisca intanto i miei più rispettosi ed affettuosi ossequii, e mi tenga per
Suo dev."'° ed a/fez."t° Servo e Coop.re Prevosto D. Luigi BERRI.
per intercessione del Santo Padre Pio IX Dal periodico il Divin Salvatore di Roma riportiamo volentieri il fatto seguente ad onore dell' immortale Pio IX di Santa Memoria.
REVERENDISSIMO PADRE,
Spedisco alla V. R. la relazione seguente. Mi sembra ch'essa porti tutti i caratteri del sopran - naturale. Le verranno fornite quelle testimonianze che crederà opportune. Ciò sarebbe per noi una vera gioia, contribuire alla gloria del nostro amatissimo Pio IX.
Lodovica Parisot, d'anni 38, era presa da una paralisi generale cagionata da una malattia della midolla spinale. Guarita per la prima volta , cadde di nuovo in uno stato assai più grave nel Novembre 1868. Da questo tempo in poi non poté più, per così dire, abbandonare il letto. Fu portata allo spedale di Santa Regina verso il fine del 1869. Venne curata per circa sei mesi. L'arte avendo esaurito le sue risorse, compresivi i mezzi violenti, i medici l' abbandonavano intieramente.
In questo punto, cioè verso la metà del 1870, l'inferma mangiava alquanto, quantunque il vomito fosse frequente.
- Sul suo letto occupavasi in qualche lavoretto d' ago.
- Tre anni passarono in tale stato.
- Verso il 1874 la paralisi si manifestò universale ; le braccia e le gambe in completo torpore ; impossibile alcun movimento; i vomiti seguivano subito dopo il poco pasto, che prendeva l'ammalata.
Ora ecco in quale stato veramente incredibile passò gli anni 1875, 1876, 1877 e parte del 1878.
La parte inferiore del corpo del tutto senza vita. Le unghie dei piedi intatte durante tale spazio di tempo furono ritrovate tali e quali : i piedi e le gambe affatto contorte.
Nello spazio di tre anni niun' egestione. Un fatto sì straordinario non potè non attrarre l'attenzione delle infermiere, delle Suore e dei medici, che finivano per dire si sarebbe più tardi venuto in cognizione di secreti ancora sconosciuti, che spiegherebbero il fenomeno. Quelli domandarono di fare l' autopsia del cadavere morta che fosse Lodovica ; ciò che assai agognavano al punto di vista della loro curiosità.
La malata era divenuta cieca. Aveva la mascella contratta. Da un lato della bocca s'introduceva per mezzo di un cannello qualche poco di alimento liquido, che rigettava quasi subito.
Durante questo stato di cose i medici facevano le supposizioni le più inverosimili , cioè ch' ella prendesse il cibo di nascosto ecc. ecc. cose tutte naturalmente impossibili.
La vita ancora si manifestava da violenti dolori della schiena, specialmente se si voleva muovere. L' udito rimase sottilissimo fino alle ultime settimane. La parola e l' intelligenza non furono mai attaccate. Le mani incredibilmente attrappite.
Così stavano le cose quando il giovedì 16 maggio 1878, la Superiora delle Suore di S. Vincenzo de' Paoli propose d' incominciare una novena ad onore di Pio IX, per domandare, mediante la sua intercessione, alla Madonna il fine d'un simile stato, un soccorso, quantunque si stesse la povera Ludovica assai vicina a morire.
Ma bisogna dire che la Superiora, la quale secondo me è una santa da fare miracoli , andò a gettarsi ai piedi della B. Vergine e dirle con accento che Dio sempre ascolta : - O Maria, mia buona madre, per la gloria del vostro servo Pio IX, non ardisco domandarvi la guarigione di questa figliuola, ma pure... pure...!!!
La novena consisteva nel dire un Pater , Ave, il Memorare per tre volte, 0 Maria concepita senza peccato ecc. e nove volte: Pio IX pregate per essa.
Il venerdì 17, la malata poté fare la S. Comunione, che da lungo tempo le era stata negata a causa dei vomiti. - La mattina si passò bene , al pomeriggio vi fu aggravamento repentino del male e si credé essere all' agonia. Sabato 18 fu agli estremi. Si vegliò durante la notte attendendo l' ultimo respiro.
Nella domenica 19, la tapina volle cambiare il letto, operazione che da tre anni erasi resa impossibile, e di cui l' inferma non sapeva soffrire neppure il pensiero a cagione delle sofferenze, che il più piccolo toccamento le produceva nella parte superiore del corpo, talmente che si era dovuto anche rinunciare a muovere tampoco il suo letto ordinario.
Innanzi a tal desiderio della malata le Suore cercavano qualche ripiego per non contrariarla.
Ma persistendo il desio, mentre le Suore erano in cappella, l' infermiera prese la malata , il cui peso era insignificante, e la cambiò di letto senza veruna difficoltà né dolori. - La Superiora le' mostra di sgridare, indi volta l'attenzione a Pio IX, in cui ella aveva gran fiducia, appose alle membra malate alcuni pezzi delle vesti del Santo Pontefice. La notte dalla Domenica al lunedì fu buona (da molto tempo ogni pena era svanita). Il lunedì 20 a mattina, l'inferma domandò della zuppa che inghiottì con avidità. D' allora in poi nessun vomito. Il martedì 21 mangiò carne ; le mani cominciarono a muoversi ; mercoledì 22 l' inferma poté l'arsi il segno della croce. Mangiò da sé. - Gli occhi s' aprirono d' innanzi alla fotografia di Pio IX che le si teneva avanti.
Naturalmente le preghiere continuavano ardenti e incoraggiate. - Giovedì 23 mangiò molto. E per la prima volta da tre anni ricominciarono le egestioni. Il venerdì 24 l'inferma s' alza, si mette le calze e fa qualche passo con qualche titubanza. Sabato 25, chiusura della novena , le si portò la Santissima Comunione con qualche solennità. La giornata fu eccellente, l' inferma rimase lungamente in piedi. Domenica 26 s'incominciò una novena di ringraziamento (naturalmente veniva festeggiato Pio IX). La malata fece la sua toeletta per bene affin di andare in cappella, e poté quindi assistere ai vesperi ed al mese mariano.
Col lunedì 27 prese il suo tenore di vita che dura ancora da un anno e più.
Fu presa per infermiera della casa : la debolezza diminuì, e dopo qualche giorno poté disimpegnare tutti i servigi ordinarii d' una fantesca.
Ecco, mio carissimo padre, la cosa in abbozzo. Il giorno 25 maggio scorso, giorno dell'anniversario, mi si parlò di questo avvenimento. Ho voluto mi si raccontasse per disteso; e glielo spedisco.
Tra due medici, l' uno afferma categoricamente che vi ha intervento divino , l' altro considera l' inferma con uno stupore superstizioso , avendo prognosticato che ciò non sarebbe per durare. L certamente un onesto uomo , ma come tanti altri attribuisce la cosa a ragioni occulte.
Al presente ho d' innanzi a me la malata che sta benissimo. E una buona figliuola , semplice , pia , precisa nelle sue risposte e pronta nell' adempire i suoi doveri.
Se V. R. giudicherà seria tal cosa metto a disposizione tutte le indicazioni possibili. Non mancheranno testimoni degni veramente di fede.
Gradisca ecc.
firmato
T. FAGes. O. P.
CAPO VI. Continua la storia dello stabilimento di Carmen.
La violenza e la tirannia riescono sovente a danno di chi le usa. Così fu dei soldati Argentini in Carmen, che ben tosto s'avvidero non potersi ritrarre dal paese conquistato, che stenti e miseria. Disertato il villaggio dagli abitanti impauriti, abbandonata l'agricoltura, qual mezzo di sostentamento sarebbe rimasto per avvenire al presidio dei vincitori? Il comandante accortosi del grave pericolo, si ritirò a Buenos-Ayres, lasciando a sostituirlo uno de' suoi soggetti.
Intanto gli sfortunati abitatori di quella terra, costretti dall'indigenza, si diedero al commercio cogli Indiani, fino allora tanto abborrito ; e fuvvi così uno scambio attivissimo di pellicce e di tessuti rceati dai selvaggi, e pagati con utensili ed oggetti d' ogni sorta , che i Carminesi avevano potuto involare alla rapina dei loro nemici. A questo modo, in poco tempo la popolazione si venne di nuovo raccogliendo in paese, e riacquistò una certa qual floridezza. Ma sopraggiunse ben presto un nuovo disastro , che rimise a repentaglio l'esistenza della colonia. I soldati , che guardavano la terra pel Governo Argentino , si ribellarono al governatore, e lo trucidarono; quindi, rivoltisi contro gli ufficiali , incrudelirono su di essi, abbandonandosi al sangue con selvaggia sfrenatezza , finché alcune schiere, mandate da Buenos-Ayres, li costrinsero a fuggire fra gli Incas, dove continuarono la loro vita scapestrata e sanguinaria.
Tuttavia, con' una laboriosità commerciale instancabile ed assidua, il paese di Carmen risollevossi ancora da questa scossa, e pervenne a così fiorente prosperità, che si videro in poco tempo accumulare e crescere ricchezze straordinarie, sebbene basate sul mal acquisto di bestiami, che i selvaggi, per ingordigia di compenso, andavano predando nei paesi limitrofi. Né Dio permise che potessero a lungo e tranquillamente godere di questa fortuna, giacché un ufficiale Argentino, chiamato Pincheira, insieme colla maggior parte dei suoi soldati, abbandonò l'esercito, ed associatosi coi selvaggi ordinò una compagnia di circa trecento nomini , coi quali diedesi i ad infestare le terre circostanti, recando gravissimo impaccio al commercio, e derubando i più ricchi possedimenti. Accadde inoltre che la guerra fra Buenos-Ayres ed il Brasile facesse accorrere al paese di Carmen, tenuto come terra fuor di I contesa, una moltitudine di gente, in gran parte venturiera, e carica di bottino predato per mare e per terra, sui Brasiliani. Questi , irritati di veder accogliersi in quella colonia gli oggetti, che erano stati lor tolti , stabilirono di impadro- nirsene , ed a quest' uopo inviarono alcune navi cariche di soldati, che scesi a terra vennero alla volta di Carmen. Ma la lunghezza del cammino, l'ardore del sole estivo e la mancanza d' acqua affransero le forze dei Brasiliani, che abbattutisi coi nemici furono intieramente sconfitti. Molti di essi, fra i quali il loro generale , rimasero sul campo; gli altri colle loro navi furono fatti prigioni.
Un anno dopo questa lotta si vedevano ancora le pianure del Carmine coperte di ossa sparse, e gli uccelli di rapina che si disputavano i brani di carne seccati al sole. Erano i resti dei cadaveri Brasiliani , che i vincitori non avevano giudicati degni dell' onore della sepoltura. Pare dei resto, che tale fosse il costume degli Americani, dopo una guerra accannita ; uso che si mantenne in varie regioni ancora, ove è già penetrata la civiltà. I campi di battaglia, dopo il conflitto, presentano l'aspetto di cimiteri sconvolti, spettacolo atto ad inspirare trista riflessione sulle violente agitazioni, alle quali buona parte della società americana è tuttavia in preda.
Intanto i Brasiliani, fatti prigioni nel combattimento del Carmine, furono, per paura d'ingombro, mandati a Buenos-Ayres a piedi, nella sta- i gione più calda dell'anno , e sotto la condotta di barbari ufficiali. Quei disgraziati percorsero oltre a trecento leghe, per deserti aridi ed ardenti, divorati dalla sete, sottomessi alle più dure privazioni, ed ai trattamenti più disumani. Un gran numero amori nel cammino, altri sfiniti per la fatica, o indeboliti da malattie , non poterono seguire i loro compagni, e vennero abbandonati in quelle pianure inospitali. Questi barbari trattamenti ci fanno vedere le terribili conseguenze delle passioni politiche e di nazionalità in cuori, cui la religione non freni e non riduca a miti sentimenti colla carità cristiana.
La prosperità del Carmine, che era smisuratamente cresciuta col frequente, affluire dei corsari e dei forestieri, doveva necessariamente ricadere, quando questi venissero a mancare.
Conchiusa di fatto la pace del 3 ottobre 1828, tra il Brasile e Buenos-Ayres , la colonia ricominciò a decadere, e le si presentò un'era novella di calamità e di ruina. Gli Indigeni ripresero il corso delle loro devastazioni , ed il terrore che sparsero per lungo tempo sopra le due rive del Rio Negro fu tale, che un gran numero degli abitanti del Carmine andò a cercare nei dintorni di Buenos-Ayres la tranquillità, che non potevano più godere nelle vicinanze degli Incas e dei Patagoni. Circa il 1840 , questo stabilimento , che ebbe tante vicende di benessere e di avversità, si trovava nelle più deplorevoli circostanze. E anzi a temere la completa ruina di questa colonia, se il Governo di Buenos-Ayres non si dà premura di provvedervi, finché riesce possibile ; poiché anche ai nostri giorni il Carmine va man mano perdendo quel po' di prosperità, che gli era rimasta, ed il commercio vi si spegne quasi affatto.
Venendo Carmen a decadere interamente, scrive il La Croix, i selvaggi della Patagonia , ormai sicuri dal contatto dei forestieri, campeggeranno insolentemente nella dimora dell'uomo civile , e sospenderanno gli arnesi dei loro cavalli alle pareti delle case cittadine. La distruzione della colonia di Carmen sarà una vera perdita ai navigatori e commercianti di Buenos-Ayres ; essa renderà inoltre assai difficile ogni altro stabilimento in quelle regioni.
I provvedimenti che il citato autore crede necessari alla conservazione della colonia di Carmen, e perciò al vantaggio commerciale della Repubblica Argentina , oltreché pericolosi ed impossibili ad usarsi senza spargimento di sangue, e senza contraccambiare ai selvaggi quel terrore istesso, che essi inspirano agli abitanti delle loro regioni, non varrebbero di per sé che a mantenere un punto commerciale d'importanza assai limitato e ristretto, nel mentre che costringerebbero a star sempre in sull'armi fra mille pericoli e travagli. Ma a chi considera la causa dell' umanità , a chi si solleva dalla gretta idea di razza, di paese e di gente, e ravvisa in ogni uomo, in ogni famiglia, in ogni popolo un diritto naturale, indistruttibile alla giustizia, alla felicità cui aspira l'umana creatura, il risultato dei mezzi sanguinarii può riuscire tutt'altro che soddisfacente. Con questi mezzi si dovrebbe vedere un' intera razza di esseri ragionevoli al par di noi , esclusa per sempre dal consorzio de'suoi simili, coi quali non verrebbe ad avere altra relazione che di odio e d'inimicizia perenne. Eppure quei selvaggi, che a giudizio del senno profano, non sarebbero che nemici pericolosi da combattersi', fiere crudeli da domarsi o distruggersi, o esseri incompatibili colla moderna civiltà , da ricacciarsi fra le gole rocciose delle Cordigliere o sugli eterni ghiacciai del mar polare , innanzi allo spirito infinitamente misericordioso e benigno del Dio Salvatore, sono anime preziose , che da una malvagità passata, rese forse meritevoli dell'abbiettezza, in cui ora si giacciono, son tuttavia suscettibili di un risorgimento morale, e d'una santa aspirazione al felice avvenire, che serba il Signore dei popoli ai suoi veri adoratori.
L'ora di questo risorgimento avventurato pare ormai segnata da Colui, che tutto guida con peso e misura, soavità e fortezza. In questi giorni di misericordia, si rileva in quei selvaggi un' inclinazione misteriosa , eppur forte ed espansiva, ad abbracciare relazioni fraterne co' ministri del Dio vivente ; una docilità consolante nell' ascoltarne la parola di salute , e un vivo desiderio di entrare nel gregge di Gesù Cristo.
Forse il luogo più acconcio , non solo a cominciare, ma a tener viva e rendere efficace l'opera della missione nelle desolate ed immense regioni della Patagonia , si è appunto il villaggio di Carmen, dove i Patagoni mantengono tuttavia una traccia di commercio, e che può dirsi perciò il passo d' incontro fra il mondo civile, e gli ultimi resti della barbarie umana. I Salesiani colà approdati sul principio del corrente anno , confidenti nell'onnipotenza di Dio, nell' intercessione della Celeste Ausiliatrice , avvalorati dalle preghiere dei buoni , ed aiutati dai soccorsi dei Cooperatori, dopo lunghi stenti e ripetute prove, riuscirono già a stabilire due scuole, una pei ragazzi, e l'altra diretta dalle Suore di Maria Ausiliatrice, per le giovanette. Fra poco s'impianteranno due ospizi di carità pei figli e per le figlie degli Indigeni , e così sempre più vivido Parassi il raggio della speranza di potere , come diceva il grande Pio IX, civilizzare e salvare la Patagonia per mezzo dei Patagoni.
Il telegrafo recò la notizia che il generale Rocca venne eletto Presidente della Repubblica Argentina. Il generale Giulio Rocca, d' origine italiano, era da tempo preconizzato a si grande carica, e la sua nomina fu accolta con molta soddisfazione. Ha 38 anni circa di età, possiede vaste cognizioni militari e politiche, e diede sempre prove di grande patriottismo. E insieme con lui che l'anno scorso i Missionari Salesiani e l'egregio dottore Antonio Espinoza si avanzarono pel deserto dei Pampas sino alle sponde del Rio Negro, sulle porte della Patagonia.
Arrivano non di rado all' uffizio del Bollettino lettere di Cooperatori con reclami, ora per numeri loro non pervenuti, ora per inesattezza di nome, cognome, titoli e luogo di dimora sulla fascetta dell' indirizzo. Varie sono le cause che diedero origine a questi dispiacevoli inconvenienti; non ultima delle quali si è la scrittura poco intelligibile, con cui ci furono consegnate alcune liste di nuovi associati.
A fine di evitare per l' avvenire cotali inconvenienti, preghiamo i Cooperatori a volercene avvertire con semplice cartolina postale o con doppia, se bramano risposta, e se la cosa dipende da noi, e non dagli uffizi di posta, vi porremo rimedio al più presto possibile. Li preghiamo altresì di volerci indicare l'ultimo uffizio postale, donde ricevono il Bollettino, e di scrivere quanto riguarda all' indirizzo con carattere chiaro e intelligibile.
Noi accettiamo poi con rispetto e con riconoscenza tutte quelle ragionevoli osservazioni e suggerimenti, che ci volessero favorire i nostri zelanti Cooperatori e massime i Capi e Decurioni, per la regolare trasmissione del periodico, e pel maggiore sviluppo di questa Pia Associazione, affinché si possa sempre meglio conseguire il fine, per cui fu instituita ed approvata dalla Santa Sede.
Ogni Cooperatore può acquistare Indulgenza plenaria una volta al giorno, da applicarsi alle anime del Purgatorio, recitando la terza parte del Rosario di Maria Vergine avanti al SS. Sacramento, e non potendo avanti al divin Sacramento, recitandola innanzi al Crocefisso.
Indulgenza plenaria ogni volta che si accosta alla santa Comunione.
Può altresì lucrare moltissime Indulgenze plenarie nel corso del giorno mediante la recita di sei Pater, Ave e Gloria, secondo la mente del Sommo Pontefice. E queste indulgenze applicabili alle anime purganti, le può acquistare toties quoties, ossia tutte le volte che recita i suddetti Pater, Ave e Gloria in qualunque luogo senza bisogno di Confessione e Comunione, purché sia in grazia di Dio.
Oltre a queste, un'altra Plenaria ne può guadagnare ogni domenica, e _ nei giorni qui sotto notati, purchè confessato negli otto giorni, e comunicato visiti una qualche chiesa, pregandovi secondo l'intenzione del Sommo Pontefice.
3. S. Francesco Zaverio, apostolo delle Indie.
8. Immacolata Concezione di Maria Vergine. 16. Primo giorno della Novena del SS. Natale. 21. S. Tommaso Apostolo.
24. Ultimo giorno della Novena e vigilia di Natale. 25. Natività di N. S. G. C. 27. S. Giovanni Apostolo ed Evangelista.
Con permesso dell'Aut. Eccl. - FERRARI GIUSEPPE gerente respons.
Tip. di San Vincenzo de' Paoli. Sampierdarena 1880.