ANNO XII - N. 9. Esce una volta al mese. SETTEMBRE 1888
DIREZIONE nell'Oratorio Salesiano - Via Cottolengo, N. 32, TORINO
Sommario - Il Santo Padre e il Pellegrinaggio del Clero italiano al SS. Cuore di Gesù in Roma - Le Anime purganti e il Giubileo del Santo Padre - Gli ultimi giorni dell'anno scolastico nell'Oratorio di S. Francesco di Sales, Torino - Ove trovare un vero ritratto di D. Bosco ? - Solenne distribuzione dei premi nell'Oratorio Festivo di S. Francesco di Sales -Grazia di Maria Ausiliatrice - Solenne Benedizione delle campane e prima festa di M. Ausiliatrice a Vallecrosia (Bordighera) - Conferenza tenuta in Chieri da D. Fagnano - Festa del SS. Cuore a Battersea (Ovest-Londra) - Il Collegio Salesiano di Buenos Aires - Collegi Salesiani - Spedizione dei Missionari Salesiani a Quito (seguito) - Funerali per D. Bosco.
Il S. Padre Leone XIII, per dare un contrassegno della sua sovrana approvazione e pontificia benevolenza ai sacerdoti, i quali prenderanno parte al pellegrinaggio del Clero italiano a Roma, ha aperto a loro benefizio i tesori spirituali della Chiesa con istraordinaria munificenza. Pubblicando i favori amplissimi, che Sua Santità si compiacque accordare ai pellegrini, noi esprimiamo la fiducia che saranno moltissimi i sacerdoti i quali vorranno approfittarne. La dimostrazione sarà tanto più imponente, quanto più essa è animata dallo spirito di fede, che c'insegna a ricorrere al Cuore Sacratissimo di Gesù, fonte di ogni nostra speranza, ed a venerare nel Papa il Vicario di Gesù Cristo e il Capo augusto della Chiesa cattolica. Tutti coloro, i quali vorranno prender parte al pellegrinaggio, procurino entro il mese di agosto dare il loro nome agli incaricati diocesani ed al Comitato centrale in Torino. Ecco il ricorso umiliato a Sua Santità e il rescritto ottenutone
Beatissimo Padre,
I sacerdoti nominati da Sua Eminenza Rev.ma il Cardinale Alimonda, Arcivescovo di Torino, quali membri del Comitato centrale per l'organizzazione del pellegrinaggio del Clero italiano a Roma nel settembre 1888 all'unico scopo di ringraziare il SS.
Cuore di Gesù dello straordinario beneficio concesso all'Italia e al mondo tutto col felicissimo Giubileo di Vostra Santità, umilmente pregano e supplicano Vostra Beatitudine a voler concedere alcuni particolari favori spirituali per tutti gli ecclesiastici, che aderendo al loro appello, pubblicato nello scorso giugno e diramato in tutte le diocesi d'Italia, verranno a Roma nel prossimo settembre pel solenne triduo di ringraziamento al SS. Cuore di Gesù nel suo tempio monumentale all'Esquilino. 1° Indulgenza di sette anni ed altrettante quarantene per ogni giorno, in cui interverranno alle funzioni stabilite nel programma. 2° Indulgenza plenaria da lucrarsi nel giorno della chiusa del Triduo, venerdì 28 settembre, da tutti i pellegrini ecclesiastici che fossero intervenuti alle funzioni tutti i tre giorni. 3° La facoltà dell'altare privilegiato personale ad biennium cominciando dal 1° ottobre 1888 per tutti i sacerdoti pellegrini. 4° La facoltà a tutti i sacerdoti pellegrini che hanno cura di anime, come parrochi, curati, rettori di chiese o superiori di Congregazioni religiose o Confraternite o pii istituti, ecc., ecc., dipendenti dall'Ordinario diocesano, di poter dare per una volta nella loro chiesa o Cappella la solenne benedizione papale, dopo aver nelle medesime fatto fare dal 1° ottobre al 31 dicembre 1888 un Triduo di ringraziamento al SS. Cuore di Gesù pel concesso bene tizio del Giubileo sacerdotale di Vostra Santità. Che della grazia, ecc.
Ex Audientia SS.mi - 18 iulii 1888. - SS.mus D. N. Leo PP. XIII benigne annuit pro gratia in omnibus iuxta preces, servatis servandis (1).
Datum Romae, ex Aedibus Vaticanis, 21 iulii 1888.
Anticamera Pontificia)
FRANCISCUS DELLA VOLPE Magister Admissionum SS.mi.
Recognita authenticitate Apostolici Rescripti diei 21 iulii curr. anni, supramemoratas indulgentias et gratias publicari permittimus. -
Dat. Taurini, die 28 iulii 1888.
+ CAIETANUS Cardinalis Archiep.
Al pellegrinaggio possono prender parte sacerdoti di ogni ordine ed i chierici seminaristi, i quali formeranno una sezione a parte, e sono chiamati a fruire delle suddette indulgenze e favori spirituali in quanto ne sono capaci. Sappiamo che un buon numero di Seminari sarà rappresentato all'udienza pontificia, ma speriamo che giungeranno altre adesioni al Rev.m° canonico Leopoldo Ponzone, rettore del Seminario di Savona, al quale debbonsi perciò esclusivamente rivolgere i superiori dei Seminari od altri, a cui spetta.
(1) Questa clausola indica che la benedizione al popolo debba impartirsi col Crocifisso ed in giorno stabilito, col consenso dell'Ordinario diocesano.
Il Santo Padre nella sua gran carità, dopo di aver concesso tanti favori a quanti presero parte al suo Giubileo sacerdotale, cercando di raddrizzare nelle nostre menti la cognizione della verità, a fine di impedire le aberrazioni della volontà, non dimentica quelli tra i suoi figli, che già passarono di questa vita ed ancora aspettano di entrare nel regno della gloria.
Noi dovremmo averli sempre presenti i cari defunti, che vissero con noi, coi quali avemmo altra volta vincoli di affetto, come quelli che al presente gli uni agli altri ci legano. Ma siccome è troppo facile che ci dimentichiamo anche delle persone più care ed a cui siamo maggiormente debitori , alla nostra dimenticanza e durezza di cuore supplisce con materna carità la Chiesa.
Il Sommo Pontefice Leone XIII con Lettera Enciclica data il giorno di Pasqua, manifestava il suo desiderio che all'esultanza del suo Giubileo sacerdotale dovessero pure partecipare le anime, che ci sono così strettamente unite, della Chiesa purgante. Tutto serve nella gran mente del Pontefice per alzare i nostri cuori al cielo.
Nella solennità del suo Giubileo aperse il Papa i tesori delle sante indulgenze a vantaggio del popolo cristiano, e diede alla Chiesa militante in terra ed a quella trionfante in cielo nuovo motivo di gioia nelle solenni Beatificazioni e Canonizzazione di santi celebrati; ma conveniva che questa letizia si facesse anche sentire alle anime che nel Purgatorio espiano le loro colpe prima di entrare al possesso della gloria celeste.
Ha perciò stabilito il Papa che in tutte le chiese cattedrali nell'ultima domenica di settembre si celebri dai Patriarchi, Arcivescovi e Vescovi colla maggior possibile solennità una messa speciale pei defunti, secondo il rito assegnato per la commemorazione di tutti i fedeli. Lo stesso desidera Egli che si faccia in tutte le chiese collegiate e parrocchiali, così dei secolari come dei regolari ed anche da tutti i sacerdoti, purché non si ometta la celebrazione della messa del giorno ove ce ne sia l'obbligazione.
Ad eccitare poi maggiormente in questo giorno la pietà verso i defunti, concede a tutti i fedeli confessati e comunicati l'indulgenza plenaria pei defunti, ed ai sacerdoti che celebreranno secondo che si è detto, concede l' altare privilegiato.
Così mentre la nostra divozione sarà utile alle anime purganti, soddisfacciamo ad un bisogno del nostro cuore, pregando per i cari nostri morti.
nell' Oratorio di S. Francesco di Sales. .
I giovanetti della 3a e 4a ginnasiale si erano uniti per eseguire un caro progetto dettato dal cuore. Raccolta tra di loro una discreta somma comprarono una bella corona mortuaria di metallo ed il 2 agosto si recarono a Valsalice per deporla sulla tomba di D. Bosco. Quasi fosse ancor vivo il loro benefattore e padre, andavano a pigliar da lui commiato prima di recarsi alle patrie dimore per le autunnali vacanze. Lungo la via i popolani si arrestavano per veder circa 150 giovani preceduti da due loro compagni portanti la corona ed esclamavano : - Hanno ragione! Bravi questi buoni figliuoli! D. Bosco. non potrà fare a meno di aiutarli anche adesso dal paradiso! - Giunti a Valsalice s'inginocchiarono tutti innanzi alla tomba e a quella i professori delle due classi a nome dei loro alunni, appesero la corona dopo la recita di alcune preghiere. Quindi il loro Catechista D. Stefano Trione dichiarò come i giovani offrendo quella corona intendessero offrire a D. Bosco gli affetti loro più teneri e più costanti e rinnovare sulla sua tomba quei propositi che lui vivo avevano fatto di mantenersi sempre fermi nella via del bene e di studiare a tutt'uomo per essere un giorno veramente utili a sé, alla patria ed alla religione. Il Teol. Giulio Barberis, direttore di quella casa disse poche ma vibrate parole, il cui tenore era questo : - Giovani! qui sull'urna che racchiude le spoglie dell' amato nostro Padre proponiamo di onorar sempre, colla nostra vita, il nome di colui che tanto fece per nostro vantaggio. Giovani ! Facciamo che la gente che ci guarda abbia a dire con amore e rispetto Oh come splende nei figli la virtù del Padre ! Ingrato, o giovani, sarebbe colui che dimentico di tanti belli insegnamenti datigli con pazienza ed amore da un Padre così buono ed affettuoso, si desse al vizio, ed offuscasse così lo splendore di quel nome che noi non possiamo pronunziare senza sentire destarci nell'anima i più soavi affetti. -
I giovani si allontanarono dalla tomba volgendo a quella uno sguardo lagrimoso quasi dicendo : - Oh buon Padre, addio.
La corona è di considerevoli dimensioni fatta a similitudine di fogliami di lauro, di rose e altri fiori sovrapposti. Nel mezzo avvi un piccolo quadro con una cornice indorata che racchiude scritto sulla pergamena questo sonetto:
A D. GIOVANNI BOSCO
GLI ALUNNI
DELLA 3a E 4a GINNASIALE
Amato Padre, i figli tuoi dolenti,
Innanzi di tornare al patrio tetto, Ti porgono devoti e riverenti
Un tenue pegno del lor grande affetto.
Tu, che nel ciel tra le beate genti
Ai gaudi del Signor già, fosti eletto, Le calde preci accogli e i voti ardenti Di noi, dolce tua speme e tuo diletto.
Or noi quinci partiam, ma tu ne guida Nell'incerto cammino della vita,
E in mezzo al turbo d'un etade infida.
Amara, dolorosa è la partita,
Ma per l'affetto, che nel cuor s'annida, L'alma fia teco eternalmente unita.
Torino, Oratorio Salesiano, 2 agosto 1888.
Il giorno 14 poi tutte le classi, l'una dietro all'altra, circa 400 giovani, si recavano a Valsalice per recitare tutti insieme una preghiera, in suffragio della grand'Anima; e la sera del giorno 15, festa di Maria SS.ma Assunta in Cielo, si faceva solenne, benché privata, la distribuzione dei premi. Negli anni scorsi si festeggiava in questo giorno eziandio il compleanno di D. Bosco, ma quest'anno il solo suo ritratto dominava l'assemblea. Il Prof. D. Francesco Cerruti fece il discorso di circostanza. Dopo di aver dimostrato con erudizione ed eloquenza che tutti gli antichi imperi furono tratti a rovina dall'istruzione separata dalla educazione religiosa, così continuava
« E a' giorni nostri, in cui si grida al dovere, all'onnipotenza, all'infallibilità, poco meno, dell'istruzione, quali ne sono i risultati? Ce lo dicono le relazioni annuali de' Procuratori del Re e dei Proc. Generali, relazioni sconfortanti quante altre mai, come quelle che ci offrono un quadro spaventoso di delitti, che vanno ogni dì crescendo, contro le persone e contro le proprietà. E si che l'istruzione si allarga, le scuole si rimpinzano di alunni e la cifra degli analfabeti si va ogni dì più assottigliando. Ma pur troppo avviene fra noi quello che già osservava succedere in Francia il Moreau, ispettore generale delle carceri: Il progresso dei delitti, scriveva egli anni sono al Ministro dell'Interno e lo provava coll'eloquenza tremenda delle cifre, è in ragion diretta col progresso dell'insegnamento, e là dove è più istruzione (ben inteso senza Religione) , sono anche in maggior numero i delitti. Avviene quello che notava il D'Angeville nella statistica morale della Francia quando scriveva che i trentadue dipartimenti più istruiti son quelli che danno maggior numero di delitti contro le persone e le proprietà, mentre gli altri cinquantatré meno istruiti ne danno relativamente assai meno.
» E che dunque? Dovremo conchiuderne che l'istruzione, che la scienza è un male? No mai; sarebbe questa non solo un'assurdità, ma una bestemmia. L'intelletto è creazione di Dio, e Dio lo creò, non perché poltrisse, ma perché anch'esso al pari delle altre facoltà avesse il suo sviluppo ed esercitasse la sua attività a perfezionamento dell'uomo individuo e a benefizio dell'uomo sociale. La scienza, dice S. Tommaso, la scienza che è il termine, l'oggetto dell'intelletto, è un dono di Dio, ed è a questo dono, che corrisponde la terza beatitudine. (1-2 q. CXIX, 3, 3.um) Si propaghi pure adunque l'istruzione, si popoli la scuola; la religione di G. C. non solo non teme, ma incuora, ma benedice alle pacifiche conquiste del sapere. Sono i pipistrelli che han paura della luce del sole. Ma l'istruzione s'informi alla religione, come figlia alla madre; ma la scuola sia santuario, non tana.
» I quali sentimenti non so dove meglio potessero esternarsi che qui, qui in quest'Oratorio, dove tutto parla ancora di D. Bosco, di quel D. Bosco che comprese così presto e così potentemente così l'eccellenza intrinseca, come l'importanza sociale della scuola santificata dalla Religione, e questa scuola così santificata lavorò tutta la vita a far conoscere e propagare ? Caro il nostro D. Bosco! Primo egli instituisce in Piemonte le scuole serali e festive pe' suoi poveri artigiani, ma le sue scuole cominciano da Dio e finiscono in Dio, ché Dio è il principio e il .fine, l'alfa e l'omega di tutte le aspirazioni di D. Bosco. Ama la ginnastica e la promuove con ardore; ne dà egli stesso l'esempio; ma la sua ginnastica libera, schietta, senza pastoie, è moralissima, anzi è nelle sue mani uno strumento potente di moralità. Insegna la Geografia, scrive di Storia, ma la sua Geografia, la sua Storia, schietta, candida, bella come l'anima sua, è un inno in prosa della grandezza e della bontà di Dio. Siamo al 1848, sta per uscire la legge, che mette in vigore il sistema decimale. Poveri artigiani, povera gente di campagna, come farete a cavarvi d'imbarazzo in questo passaggio dal sistema antico al sistema moderno, dalle misure vecchie alle misure nuove? Ma state tranquilli; D. Bosco ha pensato per voi e ci ha pensato molto per tempo, poiché il suo trattatello sul sistema metrico decimale previene di un anno e mezzo la promulgazione della legge. Ma anche qui è sempre la carità che anima, che muove le sue azioni; mira a provvedere ai bisogni reali della vita, non alla vanità, non all'interesse. Così si avvera in lui, in lui D. Bosco, la sentenza del più gran genio dell'umanità, San Tommaso, che cioè la scienza è un dono, ma questo dono lo posseggono solo quei che hanno carità. Donum scientiae est in omnibus habentibus charitatem (2-2 q. IX, 1, 2.um).
» Voi adunque, cari giovani, attendete pure allo studio, attendete alle arti; siate studenti, siate artigiani, è tutt'uno, perché lo studio è lavoro e tutti siete figli di D. Bosco. Ma dallo studio, ma dal lavoro non disgiungete mai Dio, G. C., la Madonna, tutto quello insomma che forma la gloria e la consolazione di noi cattolici.
» Così faceva, così insegnava D. Bosco. »
Distribuiti i premi alle classi degli studenti ed ai migliori artigiani di ciascun laboratorio ed a coloro che avevano fatto maggior profitto nelle scuole serali; dopo che vennero suonati e cantati varii pezzi di musica, D. Rua parlò. Ricordò i motivi imperituri di riconoscenza che legavano i giovani alla benedetta memoria di D. Bosco, ringraziò tutti i Superiori dell'Oratorio per la cooperazione efficace prestatagli nell'educare ed ìstruire tanta gioventù, lodò la condotta degli alunni della quale dichiarossi molto contento, ed invitò a gridare unanimi: VIVA D. BOSCO! Così si fece; e dopo un'Evviva al Direttore D. Belmonte si sciolse l'accademia col grido entusiastico: VIVA D. RUA
L'affetto grandissimo da cui il nostro Padre fu circondato in vita si manifesta oggi nella brama, che si ha di conservarne la cara ricordanza; onde da molti amici e Cooperatori ed ammiratori del nostro compianto D. Bosco ci vien fatta spesso tale domanda.
E non a torto; poiché i nostri Superiori dovettero vincere non poche difficoltà per contentare la viva brama, che essi i primi avevano, di ottenere un ritratto che ne presentasse al vivo le sembianze. Ora hanno la consolazione di esservi riusciti.
Il ritratto che ci rappresenta D. Bosco, quanto più possono fedelmente la tela e la memore riconoscenza, condotto a termine da mano maestra, si conserva, esposto in bella luce, in quella cameretta, che il nostro Padre dilettissimo abitò, tanto tempo e in cui il Signore, per mezzo di. lui, compì tante meraviglie.
D. Bosco vi è ritratto assiso, in grandezza. naturale, colla berretta in capo, le mani congiunte sul petto, il volto sorridente di quel sorriso dolce, affettuoso e penetrante che rapiva, le anime.
Chi n'è dunque l'autore?
Circa trent'anni or sono, D. Bosco, allora ancor pieno di vita, aveva accolto nel numero de' suoi figli un povero orfanello, in cui ravvisò tosto una singolare vocazione per la pittura. Con quelle premure solerti che un padre non avrebbe avute maggiori, coltivò quei germi di talento, e vedendo il suo piccolo Giotto svolgersi e profittare di giorno in giorno, lo incoraggì e gli pro-curò il modo di far carriera.
Il ragazzo lo secondò fedelmente riportando ognora i primi premi e le lodi di quanti illustri maestri in pittura l'ebbero allievo : ed in pochi anni l'orfanello di D. Bosco era un valente pittore.
Il suo nome è Rollini.
Diamo qui di lui qualche cenno di più, per farlo meglio conoscere ai nostri lettori.
All'Esposizione italiana del 1884 riscosse il plauso dei visitatori il Castello e borgo medioevale, sorto come per incanto a risuscitare e mostrarci in tutto il suo splendore il medioevo del XV secolo. Per compiere l'illusione non vi fu dimenticato alcun particolare di quell'età passata, sopratutto nell'interno del castello, ove le pitture delle pareti, sul gusto dell'epoca, furono ammirate da tutti gl'intelligenti. Esse sono opera del nostro Rollini, il piccolo artista sbucciato all'Oratorio di D. Bosco.
Del resto è già noto per altri non men pregiati lavori, con somma maestria condotti da lui nei begli affreschi e quadri della nostra Chiesa di S. Giovanni Evangelista di Torino, nella decorazione del Santuario di Cussanio presso Fossano, del duomo di Pinerolo, ed in modo particolare per il classico quadro di Maria Ausilia trice eseguito per la nostra Chiesa monumentale del Sacro Cuore a Roma, ove riscosse le lodi dei migliorì artisti dell'eterna Città, ed ancora per numerosi altri quadri di genere religioso e profano, in cui è pur valente, acquistati sempre dagli amatori con vera ambizione.
Ciò vale a spiegare perchè egli fu scelto a ritrarre sulla tela le venerate sembianze del nostro Don Bosco. Questo quadro mentre è un capo lavoro d'arte in se stesso, forma pure un tesoro di famiglia, di quella famiglia nel cui seno crebbe e si formò il nostro pittore.
Senza dubbio un artista è inspirato quando può contemplare nel suo cuore e nella propria mente l'ideale da riprodurre : onde leggesi di quegli antichi monaci, che prima di maneggiare il pennello attingevano nella infuocata preghiera e nella meditazione prolungata il secreto di quelle tele piene di rivelazione ancor più che di genio.
Rollini ci ha evocato quel D. Bosco ch'egli conobbe lunghi anni. Egli che da D. Bosco fu cresciuto ed educato ci ha fatto rivivere sulla tela il maestro, l'istitutore, l'educatore, il padre, quale gl'inspirarono la verità e l'affetto.
Vi si vede proprio D. Bosco in quell'atteggiamento dignitoso, semplice e raccolto, e che dinota una costante unione con Dio: quella posa favorita delle mani e della testa, lo sguardo penetrante e dolce, quell'aria di affettuosa bontà che allargava i cuori e vi lasciava un'impressione indelebile, tutto insomma D. Bosco nei minimi dettagli d'una fisonomia, in cui la grazia aveva stampata una potente e soave sua impronta.
Rollini non ha ritratto D. Bosco come un modello ordinario; ma richiamando uno ad uno i ricordi della propria fanciullezza e gioventù, ne tolse l'insieme di questa figura sì grande, di sì svariati aspetti, sì difficile a indovinarsi, e tuttavia da lui rendutaci con mirabile felicità di espressione.
Il lavoro del Rollini è pieno si che tutti coloro che conobbero D. Bosco, al solo vedere questa bellissima tela, dall'ammirazione sono costretti di prorompere in queste parole : E desso.
Sappiamo di antichi affezionati allievi, che commossi alle lacrime, colpiti dalla straordinaria somiglianza e precisione ebbero a dire: Non gli manca che la parola.
Per l'avvenire adunque non avremo più la dolorosa sorpresa ancor di quest'ultimi giorni provata alla vista di certi pretesi ritratti di Don Bosco, d'una rassomiglianza più che dubbia e peggio eseguiti.
Questo pericolo sarà evitato grazie alle misure prese.
Il ritratto di Rollini è d'ora in avanti il solo riconosciuto autentico dalla Società Salesiana. La fotografia l'ha riprodotto fedelmente e con rara perfezione ; e in tutti i formati, dal più piccolo, biglietto visita, al più grande , Panneau. Sono vendibili nella nostra Libreria a profitto dei nostri orfanelli.
Dando questi cenni abbiamo creduto far cosa grata ai Cooperatori e Benefattori del nostro compianto D. Bosco, ai quali il medesimo dal suo letto di morte rivolgeva pure come a' suoi figli i suoi ultimi pensieri e la suprema sua benedizione.
Il giorno 12 del mese di agosto ebbe luogo nell'Oratorio festivo di San Francesco di Sales in questa città la solenne distribuzione dei premi. I locali benissimo adornati di trofei e bandiere presentavano allo sguardo uno spettacolo incantevole, ed in fondo al cortile sorgeva un elegante -padiglione, nel mezzo del quale campeggiava artisticamente dipinta la serena e dolce sembianza del venerato e compianto Fondatore dei Salesiani. Nell'interno del padiglione all'ingresso, e di prospetto al quadro del venerando Don Bosco leggevasi la seguente epigrafe
IL TUO SPIRITO IMMORTALE DON BOSCO NON CESSI DI ALEGGIARE FRA LE GIOVANI SCHIERE DI QUESTO ORATORIO INIZIO E COMPENDIO DELLA SUBLIME EPOPEA SOSTENUTA DALLA FEDE DI CRISTO ALLA CARITÀ DEL VANGELO INSPIRATA FATTA DALL'AMORE NE' DUE MONDI ETERNA
In fondo poi e sopra il palco dei Superiori colpiva lo sguardo la seguente altra
AL REVERENDISSIMO SACERDOTE MICHELE RUA DEGNO SUCCESSORE DI DON BOSCO EDUCATO AL MEDESIMO AMORE VERSO LA GIOVENTU'
La solennità fu presieduta da D. Rua Superiore generale della Congregazione Salesiana, ed onorata dalla presenza dei più insigni ecclesiastici della Congregazione stessa.
Dopo alcune parole di circostanza i giovani appartenenti alla scuola di canto dello stesso Oratorio diedero un breve saggio del loro profitto e del loro studio nell'arte, e furono stupendamente assecondati dai loro compagni della scuola di musica.
In varii componimenti poetici, in bel modo declamati, si distinsero pure alcuni fanciulli, che commemorarono la dolce e santa memoria del compianto loro padre Don Bosco, e ringraziarono la loro insigne benefattrice l'esimia signora Magliano, che con splendidi donì si compiacque provare l' amore che ella porta a questo Oratorio.
Il sig. D. Michele Rua esortava infine i giovanetti ad amare il loro Oratorio, a perseverare nella frequenza, perché così potevano, ricevendo una sana educazione religiosa, riuscire nell' avvenire buoni cristiani e buoni cittadini.
Le belle e commoventi sue parole furono coperte da entusiastici applausi e riscossero l'unanime approvazione dei genitori e parenti dei fanciulli, che sono convinti del grande amore che nutre verso di loro l'ottimo e pio Superiore della Congregazione.
ILL.MO e REVERENDO SIGNORE,
Le invio questo mio scritto, spinta dal desiderio di far conoscere sempre più la bontà del Cuor dolcissimo di Gesù, e la tenerezza del Cuor materno della gran Vergine Maria.
Ecco di che si tratta: Un giovane di circa diciott'anni (età molto pericolosa), orfano della madre ed abbandonato dal padre suo, venne liberato due volte dalla morte, ma da tal morte che tutti dicono essere un vero miracolo, se ancora si trova in vita, dopo i due casi avvenutigli. E un mistero per tutti, ma io so il motivo.
Sappia adunque che io, zia materna di questo giovane, l'ho messo sotto la protezione di Maria Ausiliatrice raccomandandolo più volte alle preghiere del defunto D. Bosco ed a quelle dei giovani di codest' Oratorio. Ecco il motivo del miracolo.
Ne sia adunque ringraziato il Signore, la Vergine Benedetta ed il defunto e compianto D. Bosco, a cui sempre raccomandava questo nipote, e son certa che per le sue preghiere ottenni tal grazia.
Ora desidererei, se crede bene, pubblicare questo straordinario favore sul Bollettino Salesiano, a cui appartengo anch'io come cooperatrice, affinché tutti conoscano la potenza della gran Vergine.
Ora questo mio nipote si trova ancora inchiodato in un letto, spasimando assai per il tristo caso avvenutogli, ma voglia il Signore in questa occasione aprirgli gli occhi non solo del corpo, ma quelli dell'intelligenza, affinché come un S. Ignazio, che nella malattia fece meditazioni, e quindi si santificò, così anch'egli possa salvare l'anima sua che tanto mi sta a cuore.
A questo fine prego la S. V. lll.ma e Rev.da a pregare e far pregare nuovamente i giovani di codest'Oratorio per la sua conversione.
In riconoscenza della grazia ricevuta le invio nuovamente una elemosina, supplicandola di benedire me, il mio nipote e tutti gli altri parenti.
Colla speranza di essere esaudita mi sottoscrivo
D. S. V. Ill.ma e Rev.da
Dev. ed umile serva
Maestra e Cooperatrice Salesiana
A. M.
S... 23 luglio 1888
e prima festa di Maria Ausiliatrice celebrata nella nuova Chiesa a Lei dedicata nei Piani di Vallecrosía presso Bordighera.
Piani di Vallecrosia, 3 luglio 1883.
Rev. mo ed Amatissimo Sig. D. Rua,
Due giorni che saranno mai sempre di lieta ricordanza per questa Casa Salesiana e pei cattolici di questi ameni Piani, sono il 3 e 10 dello scorso giugno. Il primo per la solenne benedizione delle nuove Campane, il secondo per la festa solenne di Maria Ausiliatrice.
Gliene darò un breve cenno colla speranza di farle cosa gradita.
Alle ore 4 pom. del giorno 3 giungeva da Ventimiglia S. E. Rev. ma Mon. Tommaso dei Marchesi Reggio nostro veneratissimo vescovo, accompagnato dai RR.mi Can. Teol. Cav. Don Giovanni Antonio Cassini e D. Callisto Amalberti Cerimoniere vescovile e Prof. in Seminario.
Si erano preparati per quel giorno 25 giovanetti e 30 giovanette alla S. Cresima. Terminati i Vespri, la prelodata S. E. Rev.ma si recò presso i cresimandi disposti in bell'ordine in due file di banchi, e cominciando dai ragazzi ne interrogò parecchi intorno al Sacramento che stava per conferir loro, regalando di immagini gli uni e di crocifissi le altre.
Terminata la sacra funzione, rivolse ai cresimandi ed all'affollato popolo un bel discorso, nel quale parlò della necessità della fede, e delle buone opere che la devono accompagnare.
Impartita la benedizione col SS. Sacramento, invìtò il numerosissimo popolo a prendere parte alla benedizione delle campane che è una delle più importanti e solenni della Chiesa. Recatosi sulla piazzetta del tempio, ove stavano sospese le nuove campane coi ceppi ornati ed inghirlandati di fiori, prese posto sotto piccolo padiglione parato a festa. Rimpetto a S. E. Rev.ma stavano il Priore della festa, il Sig. Covelli Dottor Fabrizio, medico condotto di Vallecrosia e molto benevolo a questa Casa; i Sigg. Padrini e le Sigg. Madrine, cioè : il Sig. Domenico Porro di Ventimiglia e la damigella Adelina Oviglio di Bordighera per la 1a campana; il Sig. Onetti Dott. Giovanni Battista da S. Remo e la Sig. Filippina Aprosio per la 2'; il M. Rev. D. Nicolao Cibrario e la Sig. Marietta Gerola per la 3a.
Dopo una suonata della banda di Vallecrosia, diretta dall'egregio maestro Sig. Marcenaro Emmanuele, si diede principio alla solenne benedizione. Venutosi alla consacrazione ed imposizione dei nomi, si imposero alla 1a quelli di Maria Ausiliatrice e di Bernardino in memoria del fu Angelo Bernardino Aprosio nostro benefattore; alla 2a quelli di Giuseppe, Maria, Filippo in riconoscenza alle signore Maria e Filippina Aprosio, madre e figlia, già chiamata la prima all'eterno riposo ed entrambe nostre insigni benefattrici; alla 3` quelli di Maria, Nicolao, Giovanni Evangelista in memoria dell'amatissimo e compianto nostro Padre e Fondatore D. Giovanni Bosco, il quale volle pur dettare le iscrizioni apposte ad ognuna di esse. E sono: per la 1a « O Maria, vere auxilium Christianorum, tu cunctas haereses sola interemisti in universo mundo. » Per la 2' « S. Joseph, protege nos in proelio, et mortis hora suscipe. » Per la 3a « A peste, fame et bello, et a flagello terraemotus, libera nos, Domine. »
Terminata la sacra cerimonia col tratto del Vangelo cantato dal M. Rev. D. Emanuele Olivari amministratore della Parrocchia di Vallecrosia, la banda continuò a rallegrare la popolazione colle sue sinfonie. Alcuni fuochi di bengala, ed alcuni razzi terminarono quella giornata.
Le dette Campane uscirono dalla rinomata e premiata fonderia del Sig. Giuseppe Mazzola di cotesta illustre città di Torino. Si innalzarono sul campanile il giorno 5 e furono collocate sopra colonne di ghisa con castello in ferro, in vista dei pericoli del terremoto, e ciò portò una spesa ben rilevante e maggiore di quella, che dapprima erasi calcolata.
In quest'occasione ho ammirato l'instancabile zelo del veneratissimo nostro Pastore, e la sua benevolenza verso la nostra Pia Società, ché non curando né il caldo della stagione, né la fatica delle due funzioni consecutive, accettò di buon grado l'invito fattogli. Iddio Lo conservi per molti anni ancora all'amore ed alla venerazione de 'suoi figli.
La solennità di Maria SS. Ausiliatrice poi , celebrata il giorno 10, riuscì di soddisfazione generale. Essa venne annunziata dal suono giulivo delle nuove campane il giorno innanzi. Bellissimo fu il tempo, ed anch'esso contribuì a renderla più lieta. La Messa della Comunione generale fu commovente pel buon numero di giovanetti e giovanette, che per la prima volta si accostavano alla mensa degli Angeli. Per la messa solenne si-eseguì quella del Capitani.
Alle 4 pom. ebbe luogo l'accettazione di un numeroso drappello di giovanette, una trentina, alla pia Congregazione delle Figlie di Maria. Cantati i Vespri, si fece la processione colla bella e magnifica statua di Maria Ausiliatrice, alla quale questa religiosa popolazione professa speciale divozione.
La banda musicale di Vallecrosia graziosamente si offerse per renderla più decorosa. Si abbia i nostri più vivi ringraziamenti. Vi prese parte numerosissimo popolo, accorso dalle città di Ventimiglia, di Bordighera e dai circonvicini paesi. Rientrata la processione in Chiesa, salì il pulpito il M. R. P. Meli della Compagnia di Gesù e tenne una animata conferenza ai Sigg. Cooperatori ed alle Sigg. Cooperatrici eccitandoli alle opere di cristiana carità per sostenere quelle del compianto nostro Padre D. Bosco, e in particolar modo questa, destinata a far gran bene ai cattolicì di questi dintorni e specialmente alla povera gioventù d'ambo i sessi.
Cantato il Tantum Ergo in musica, s'impartì la benedizione col SS. Sacramento. - La festa ebbe fine coi fuochi d'artifizio e l'illuminazione di parecchie case.
La fede e la divozione verso Maria SS. Aus. regna nel cuore di questa cattolica popolazione, malgrado gli sforzi e le arti che usano gli emissari dell'eresia valdese per distruggerla. Una prova di questa sua fede e divozione la diede nel giorno della festa, che fu la prima celebrata in onore di Lei in questa novella Chiesa, essendo essa stata benedetta solennemente ed aperta al divin culto il giorno 18 Dicembre dell'anno passato , dal M. Rev. D. Giacinto Maccario di S. Biagio, delegato dalla sullodata S. E. Reverendissima.
Essa è opera dell'illustre architetto della Città di Nizza marittima, il Sig. Vincenzo Levrot, Cav. dell'Ordine di S. Gregorio Magno. Ne fece il disegno e ne curò con intelligenza l'esecuzione, cui affidò al Sig. Marcenaro Emanuele, ed è riuscita elegante e divota, e lo diverrà assai più, quando sarà ultimato il coro.
La S. V. Rev.ma ben sa come egli è persona grandemente benemerita della Pia nostra Società, ed uno dei più insigni benefattori della Casa di Nizza.
Sa altresì che egli aveva una predilezione e venerazione particolare pel compianto nostro Fondatore D. Bosco, il quale a sua volta nutriva verso di Lui affetto e riconoscenza, e lo considerava, e meritamente, come uno de' suoi più cari e benemeriti Cooperatori. Un desiderio di D. Bosco era per Lui un comando. Fu appunto così quando si trattò di affidargli i lavori di questa Chiesa, ai quali si dedicò con tutto l'animo senza tener conto né dei sacrifizi che avrebbe dovuto fare, né dei continui disturbi che gli avrebbero cagionato, pur di far cosa voluta da Dio e desiderata da D. Bosco.
Il Signore che non lascia senza ricompensa neanco un bicchier d'acqua data al poverello per amor suo, ricompensi largamente la sua carità e gli conceda lunga serie di anni ancora, ricolmandolo delle più elette benedizioni.
Tutti i Salesiani poi gli serberanno eterna riconoscenza, e questa Casa lo annovererà essa pure fra i suoi più insigni benefattori.
Serberanno pure riconoscenza a tutti i benemeriti Cooperatori e Cooperatrici, nonché a tutti i benefattori, i quali colle loro offerte aiutarono il lacrimato D. Bosco in questa santa opera, destinata a procurare, ora e nei tempi avvenire, la gloria di Dio e la salvezza delle anime, mediante sopratutto la cristiana e civile educazione della povera gioventù d'ambo i sessi, esposta, ai nostri giorni, a tanti pericoli di perdere il dono della fede e la purezza dei costumi.
Ma, come già ho accennato, l'opera non è peranco compiuta. Rimane a terminare il coro e la facciata, e presentemente non è possibile continuare i lavori, ed Ella Sig. D. Rua, ben sa le nostre strettezze. A motivo dei gravissimi danni arrecati dal terremoto del 23 febbraio dell'anno, scorso, questa casa, per ripararli, ha dovuto contrarre gravi debiti che rimangono tuttavia in parte a soddisfarsi. Confido però in Dio, la cui provvidenza finora non venne mai meno. Confido altresì nel potente aiuto di Maria Ausiliatrice e nella generosità dei nostri benefattori, i quali, ne son sicuro, vorranno per amor di Maria continuare a venire in aiuto al degnissimo successore e continuatore delle opere di D. Bosco, affinché si possa condurre a termine questa, che è di tanta necessità per la popolazione sparsa in questi Piani.
Le persone facoltose non mancano, perciò preghi la S. V. Rev.ma, e faccia pregare cotesti giovanetti dell'Oratorio, affinchè Iddio inspiri a qualche anima generosa il pensiero di fare per amor di Dio e per la salvezza delle anime qualche sacrifizio, privandosi d'una parte di quelle ricchezze, di cui Dio le ha largamente fornite e che alla morte dovranno pure abbandonare,
Ecco, amatissimo Sig. D. Rua, di quanto ho creduto bene ragguagliarla. Preghi intanto la Vergine Ausiliatrice pei bisogni spirituali e temporali di questa casa, pei nostri cari benefattori e per questa popolazione , affinchè si mantenga sempre ferma nella fede cattolica e costante nella divozione a Maria SS.
Benedica il suo
Aff.mo in Gesù Cristo D. LUIGI PORTa.
Da Chieri, 18 luglio 1888
Domenica 15 luglio, nella chiesa di S. Filippo, fu tenuta una conferenza ai Cooperatori Salesiani e ai cittadini di Chieri da Don Fagnano , Prefetto apostolico della Patagonia meridionale e della Terra del Fuoco, venuto a Torino per affari della sua Missione. Premessa la consueta lettura e cantati bellissimi mottetti, montò il pulpito D. Fagnano. Disse della Patagonia e delle Terre del Fuoco. Distinta in tre parti la Patagonia, settentrionale cioè, media e meridionale, fece noto come la meridionale colla Terra del Fuoco e le Isole Malvine, apparteneva alla sua Prefettura apostolica. Se sono selvaggi, soggiunse, gl'Indi della parte meridionale, barbari quelli della media, pressochè nello stato bestiale sono i Patagoni meridionali e quelli della Terra del Fuoco. Circa un secolo fa tre zelanti Padri della Compagnia di Gesù tentarono di civilizzare quegli infelici: vi sparsero dei semi nella valle di Mom zanas , composero una grammatica della lingua locale, ma poi crudelmente furono trucidati. Iddio destinava questo campo ai Salesiani, ed esso, avutane la Missione dall'anima grande di D. Bosco, percorse quelle regioni in tutti i sensi. Quasi nudi sono quei selvaggi, sebbene in un clima freddissimo, le donne trattate quasi bestie da soma, gli uomini dediti alla ubbriachezza, alla caccia e ai furti, distruggendo, ammazzando senza misericordiale tribù rivali che ad essi si oppongono.
Vivono senza case, senza capanne, all'aperto, e i membri delle singole famiglie dormono ammonticchiati insieme coi cani, talvolta coperti da mezzo metro di neve caduta la notte. Dipinse la loro infelicissima condizione da muover a compassione verso quei disgraziati l'intero uditorio; parlò dei barbari loro costumi, dello stato di abbrutimento in cui si trovano , della mancanza quasi completa di idee religiose, in una parola vivono quasi come bestie. Gli sforzi da lui usati per avvicinarsi a loro, per farsi intendere colla mimica, per renderseli favorevoli, furono indìcibili, ma riuscirono; ed ora prima di partire, domanda l'aiuto dei Cooperatori per la sua Missione. S. E. Rev.ma mons. Cavriani, arcivescovo di Adana, residente a Chieri, che presiedeva la Conferenza, in facile discorso lodò l'istituzione di D. Bosco come una meravigliosa opera suscitata da Dio pei bisogni de' nostri tempi in pro della Chiesa e della società, e raccomandò a tutti di aiutare le sue istituzioni, dirette ora dal degno suo successore D. Michele Rua, tutto pieno dello spirito e della mente di D. Bosco. Si fece la colletta che superò ogni ragionevole aspettazione. Cantati alcuni mottetti, si diede la benedizione col Santissimo Sacramento accompagnata dal Tantum ergo in musica, e così ebbe fine quella pia riunione, lasciando contenti i buoni Chieresi, che mostrarono vivo desiderio che si rinnovasse spesso una sì commovente funzione.
Leggiamo nel N. 14 del Weekly Herald di Londra
Chiesa del Sacro Cuore, Battersea-Ovest. -. Domenica, 10 giugno, si è celebrata la festa titolare di questa Chiesa salesiana con grande solennità e divozione. La messa solenne fu cantata dal Molto Rev.do sac. Guglielmo Connolly,, assistito dai RR. sacerdoti salesiani Don Mackiernan e Macey.
Il Rev.mo Padre Francesco O. S. F. O. recitò un commoventissimo discorso sulla festa che si celebrava. La sera il M. Rev. Guglielmo Linnett parlo con molta eloquenza della bontà e misericordia del S. Cuore di Gesù nelle manifestazioni del suo amore verso tutti gli uomini , ma specialmente verso quei disgraziati cristiani, che in contraccambio a tanto amore lo ingiuriano e lo insultano.
La Messa ed il Tantum ergo, composizioni di S. E. Rev.ma Mons. Cagliero V. A. della Patagonia e membro della Società Salesiana, furono eseguiti con ammirabile successo dai cantori della chiesa.
Leggiamo nell'ottimo giornale genovese L'Eco d'Italia N. 182 dell'8 agosto le seguenti linee: Buenos Aires, 4 luglio.
Oggi S. E. il signor Presidente della Repubblica Argentina si è improvvisamente recato a fare una visita all'Istituto Salesiano, Collegio artes y oficios in Almagro. Fu vivamente colpito dai grandi e rapidi progressi fattì da questo grandioso stabilimento educativo, che tutti gli anni è obbligato ad aumentare i suoi locali per lo straordinario numero degli allievi studenti ed operai che vi affluiscono. Fu estremamente meravigliato della spaziosità dei laboratori, della somma intelligenza con che vengono diretti e del gran profitto che in ogni arte traggono gli apprendisti. Si dimostrò non meno soddisfatto ed ammirato delle scuole Salesiane tanto pel sistema dell'insegnamento, quanto per la somma intelligenza e zelo con cui viene svolto. Gli scolari, lindi, educati e franchi, risposero prontamente a tutte le domande che loro vennero fatte dal Presidente, il quale, come ben di dovere, non fu scarso di elogi per l'illustre ed infaticabile Direttore D. Costamagna e per tutti gli altri superiori. S. E. nell'accomiatarsi fece chiaramente capire come ben si augurerebbe che tutti gli stabilimenti educativi della capitale a questo si assomigliassero.
Le famiglie, le quali hanno figli da mettere in educazione, bramano di conoscere gli Istituti, che porgono loro comodità e sicurezza per collocarveli a suo tempo. Per la qual cosa noi diamo qui breve cenno di alcuni Collegi Salesiani in Italia, nei quali si fa quanto occorre per guarantire moralità, scienza e sanità, e ai quali i nostri Cooperatori o Cooperatrici possono indirizzare con tranquillità di coscienza quei giovanetti, che intendessero di percorrere la carriera degli studi.
Oltre l'Oratorio di S. Francesco di Sales in Torino, l'Ospizio di S. Vincenzo de' Paoli in Sampierdarena, l'Ospizio della Croce in Lucca, quello di S. Paolo alla Spezia, la Colonia Agricola di Mogliano Veneto, l'Ospizio di Maria Immacolata a Firenze , quello di San Benigno Canavese e quello di San Francesco di Sales a Faenza ; vi sono i Collegi di Borgo San Martino, di Penango, di Lanzo Torinese, di Varazze, di Alassio, di Este, di Magliano-Sabino, e di Randazzo in Sicilia.
In questi Collegi l'insegnamento comprende il corso Elementare e Ginnasiale, ed è impartito da maestri e professori patentati, e secondo i programmi governativi. Nel Collegio di Alassio vi è pure il corso Liceale.
Borgo S. Martino è un paesello della diocesi di Casale Monferrato, sulla linea di AlessandriaVercelli, con stazione a pochi passi dal Collegio.
Penango è pur esso della Diocesi Casalese, posto sopra amena collina presso Moncalvo, colla stazione propria sulla linea Asti-Mortara.
Lanzo dista dodici miglia da Torino, a piè delle Alpi, e vi si va per ferrovia con più corse al giorno.
Varazze, Diocesi di Savona, trovasi sulla linea Genova-Ventimiglia, e si arriva da Genova in un'ora e mezza di ferrovia.
Alassio, Diocesi di Albenga, trovasi sulla stessa linea Genova-Ventimiglia.
Este, città del Veneto, si trova sulla linea ferroviaria di Padova-Bologna.
Magliano-Sabino è sulla ferrovia Roma-Firenze, colla stazione a Borghetto, a due ore dalla Capitale del mondo cattolico.
Randazzo, posta sopra un ameno altipiano del monte Etna, è come un centro della rete e delle vie provinciali di Messina, Catania, Nicosia, Mistretta. La stazione ferroviaria più vicina a Randazzo è quella di Piedimonte sulla linea Messina Catania.
In quasi tutti questi Collegi vi sono due gradi di pensione. La prima varia da L. 33 a 40 mensili; la seconda da L. 24 a 30.
Per avere i relativi programmi, e per le domande di accettazione bisogna dirigersi ai Direttori dei singoli Collegi, oppure al Sac. Rua Michele, Rettore della Congregazione Salesiana, via Cottolengo, n. 32, Torino.
Oltre ai Collegi pei giovanetti, vi sono pure sei Educatorii per le fanciulle, il primo nella città di Chieri sotto il titolo di Santa Teresa, il secondo ìn Nizza Monferrato sotto il nome della Madonna delle grazie, il terzo al Torrione di Bordighera, e il quarto, il quinto, il sesto nelle ridenti saluberrime colline circostanti l'Etna, a Bronte, a Mascali , e a Trecastagne in Sicilia , diretti dalle Suore di Maria Ausiliatrice.
Scopo di queste Case di educazione si è di dare l'insegnamento scientifico e morale in modo, che lasci nulla a desiderare per una giovanetta di onesta e cristiana famiglia, cioè arricchirne la mente di utili cognizioni, educarne il cuore a sode e cristiane virtù, addestrarla ai lavori femminili, e informarla a quei principì di civiltà, che sono richiesti dalla sua condizione.
L'insegnamento è dato da maestre legalmente approvato. Esso abbraccia le 4 classi elementari, vale a dire : corso di lingua italiana, calligrafia, aritmetica, sistema metrico, e tenuta dei libri per uso domestico. La declamazione ed uno speciale esercizio nello stile epistolare fanno eziandio parte dell'insegnamento. Si danno pure lezioni di disegno, di lingua francese e di piano forte; ma a richiesta e a carico delle allieve.
I lavori femminili consistono nel fare abiti proprii, secondo la condizione delle allieve, lavori a maglia, calze, camicie, rappezzare, soppressare, far merletto e tutti i lavori più ordinarii di una onesta famiglia.
La pensione mensile è di lire 24, e si paga a trimestri anticipati.
Le domande di accettazione e dei programmi si possono fare alla rispettiva Direttrice, od anche al Sacerdote D. Michele Rua, Rettore della Congregazione Salesiana, in Torino.
La città di Nizza Monferrato è una delle principali stazioni della ferrovia tra Alessandria e Cavallermaggiore.
Quella di Chieri ha comunicazione diretta colla ferrovia Torino-Chieri, e con le linee Torino-Alessandria, Torino-Cuneo, Torino-Savona con fermata a Troffarello.
Quella di Bordighera è sullo stradale della marina che da Ventimiglia conduce a Bordighera, luogo ameno e di dolce soggiorno agli Inglesi nella rigida stagione d'inverno.
Se la cristiana educazione dei ragazzi è ai giorni nostri di massima importanza, non di minor momento si è la buona istituzione delle fanciulle. Una figlia saggiamente istruita e cristianamente educata riesce una benedizione, un angelo, un sostegno, una sorgente di prosperità e di pace per una famiglia ; guai invece se la giovinetta crescerà incolta ed ignorante, peggio poi se verrà guasta nelle idee e corrotta nel cuore! Non vi è male peggiore che una donna cattiva.
Lo scopo precipuo dei Salesiani essendo quello della cristiana educazione della gioventù, noi verremmo meno ad una parte del nostro dovere, se non inculcassimo ai nostri Cooperatori e Cooperatrici di aver massima cura delle fanciulle delle proprie famiglie, e di quante altre sono in loro potere.
Perciò cogliamo di buon grado questa propizia occasione per raccomandar loro i sopraddetti Instituti di Chieri e di Nizza, di Bordighera-Torrione, e ai Siciliani quello di Bronte, Mascali e Trecastagne. Se qualcuno avesse giovanette da collocare in Casa di educazione, oppure gli venisse il destro di porgere a qualche famiglia un opportuno consiglio, veda di approfittare di questi Educatorii, e farà un'opera da vero Cooperatore Salesiano.
Verso le 11 del mattino del 12 gennaio discendemmo a terra. Mi presentai al Governatore della Provincia , il quale già avea istruzione dal Supremo Governo di aiutarci in tutti i nostri bisogni, ed egli compì l'ordine mostrandosi qual'è, uomo gentile, compito. Ci provvide in fretta di tutto il necessario , perché alle 4 di sera dovevamo imbarcarci sul vaporino di fiume. Non ci fermammo a Guayaquil maggior tempo per molte ragioni , ma principalmente per iscappare dalla febbre gialla, che in quei giorni decimava la popolazione.
Delizioso è quel tratto di viaggio in vaporino, per i magnifici panorami che ad ogni tratto si presentano alla vista; ma noi li abbiamo goduti poco , sia per la stanchezza che sentivamo , sia per le zanzare ed altri animaletti che ci perseguitavano. Il dimane per tempo siamo giunti alla città di Babahoyo o Bodegas, termine del nostro viaggio per acqua. Ci presentammo tosto al signor Parroco, il quale ci permise di celebrare la s. Messa nella chiesa parrocchiale, e volle che ci fermassimo con lui fino a tanto che trovassimo, mule e cavalli per seguire il viaggio. Abbiamo dovuto aspettar qui due giorni per allestire il tutto e finalmente, recitate in chiesa le orazioni dei viandanti, inforcammo le nostre mule ed in nomine Domini ci dirigemmo verso le Ande il giorno 15 gennaio alle 9 del mattino.
Qui incomincia la poesia!
Eravamo otto persone a cavallo, otto poveri Salesiani, che dopo 40 giorni di penoso viaggio andavano all'incontro di altri mille pericoli e disagi, però allegri, ancorché stanchi, e confidenti nel Signore.
Ci accompagnavano quattro uomini semi-indigeni, erano los arrieros, ossia i padroni delle bestie. Io temeva molto per i confratelli, che non pratici di cavalcare, mi sembrava già di vederli gittati a terra dalla bestia. Temeva ancora ci sorprendessero le pioggie, ma anche in questo volle il buon Dio favorirci. Allegri e scherzando, continuavamo il cammino a passo, a trotto ed anche di galoppo; ma dopo qualche ora, passò quasi a tutti la voglia di ridere ed incominciò a regnare un malinconico silenzio, interrotto dal rumore monotono dei passi delle mule e dalla voce degli arrieros, aita, sita, che sollecitavano alla corsa le bestie. La strada incominciava a perdere la forma di tale; poteva chiamarsi con più proprietà canale; difatti incominciammo a calpestare pantano , ed il suolo non era che una successione di fossi pieni d'acqua fangosa. Verso mezzogiorno, giunti ad un mucchio di casette in bruttissimo stato, facemmo sosta , per gettare qualche cosa nello stomaco: ma... non v' erano provviste ! Abbiamo fatto passare nell'acqua calda alcune uova; sorbitele con gusto , saltammo in groppa e... via. La questione si facea già un po' seria e la fame e la stanchezza grande ci lasciava addòsso un certo languore. Abbiamo resistito fino a Playos, paesello che consiste in tre o quattro casuccie ed Hótel o Casa Posada.
Deo gratias! Sul far della notte, dunque, siamo entrati in questo Hótel mondiale; non guardavamo alla qualità degli alimenti... erano buonissimi e conditi... da un eccellente appetito. Rifocillati, si pensò al riposo, ma non v'erano che tre letti! Ci adattammo a dormire in terra e le assicuro che nessuno ebbe bisogno che gli cantassero la nanna per addormentarsi. Alla mattina per tempo, ancorché sentissimo le ossa un po' addolorate, ci allestimmo e continuammo tosto il nostro viaggio. Il cammino, al principio buono, ci si presentò più innanzi pessimo. _
Abbiamo costeggiato per più ore un torrente di limpide acque, il rio Cristal, e qui si incominciò la compra del terreno. Passavamo in mezzo ad una oscura foresta, fitta fitta di piante d'ogni specie, e da noi in maggior parte sconosciute. V' erano alberi altissimi , dai cui rami pendevano lunghi fili, che a noi nel principio sembravano di telegrafo ; osservatili bene, li giudicai radici di piante parassite che in gran numero si alimentano sopra questi mostruosi alberi. Non cessavamo poi d'ammirare piante di bananos, di cacaos ecc. cariche di fiori e di frutti. Che vegetazione! Non ne ho mai visto di così rigogliosa e variata nemmeno nel Brasile. Cammin facendo ci siamo trovati come in un tunnel oscuro , formato dall' intreccio dei rami degli alberi che si chiudevano sopra del nostro capo facendo volta; io credetti che la retta via era smarrita.
Poveri noi! La strada consisteva in una successione di fossi pieni di fango e le disgraziate mule sudate e sbuffando appena potevano tirare fuori le zampe! Ai fossi s' aggiungevano' altri inciampi maggiori ; grandi sassi, tronchi d'albero, laghi attraversavano il nostro cammino... Ci raccomandammo alla Mamma Ausiliatrice, ma proprio di cuore. Dissi che in questo giorno s'incominciò a comprar terreno, frase americana, che indica cadere da cavallo. Ebbene, mentre noi tutti eravamo intenti a guidare bene la mula, a tenerle le redini tirate o molli, secondo che v'era da saltare, discendere o salire, sento dietro di me un grido e poi un rumore come di corpo che cade dall' alto volgo indietro la cavalcatura, e vedo là, lontano, sotto quella oscura galleria il povero D. Santinelli nel fango! Inorridii al vedere la mula calpestare il suo corpo. Ma anche qui, con una gran confidenza in Dio e nella cara Maria Ausiliatrice: - Si alzi, gli dissi, e venga presto che le ho fermato la bestia. - D. Santinelli tutto imbrattato si alzò, si scosse ed incominciò a correre verso me. - Si è fatto male? gli domandai.
- Nulla, rispose; le zampe della mula batterono sulla sottana, ma non toccarono le carni.
- Oh! ne sia ringraziato il Cielo !
Pare che questo genere di salti sia andato a genio al nostro D. Santinelli, perché, per ben tre volte, precipitò involontariamente di sella. Ma, grazie al buon Dio, nessuna di queste gli recò il minimo danno.
Verso le 10 ant. si giunse ad un mucchio di cascine (Ceibas), ove pensammo rifocillarci. Non v'era né pane, né carne, né altro da mangiare, fuorché uova crude: ordinai ad una donna che facesse scaldar acqua; vi gittai dentro le uova e ce le sorbimmo saporitamente, estinguendo poi la sete con acqua benché sporca e succo di canna di zucchero.
- Avanti, dissi, seguitiamo il cammino, fratelli, adesso che la macchina è provvista di carbone... avanti!.. - E camminando, camminando verso la una pom. potemmo giungere a Balsapamba, paesello ai piedi del monte Tornearo, abitato da numerosi e buoni Indi. Povera gente ! L'abitazione più bella è, credo, la chiesuola formata di paglia e fango. Uomini e fanciulli ci correvano attorno dimandando medagliette, e le madri, inginocchiandosi innanzi a noi, ci presentavano i loro bimbi dicendo : Padre, dia una benedizione a questo piccolino. Invocammo di cuore sopra di loro mille benedizioni del Cielo, ed avremmo voluto fermarci un po' con questa brava gente, ma urgeva ascendere presto il monte per non lasciarci cogliere dalla notte in luogo foresto e disabitato.
Oh caro Padre ! Se avesse visto i suoi figli salire su per quell' orrido sentiero pieno di pericoli ! Frane scoscese , precipizi sì spaventevoli si aprivano ad ogni istante sotto i nostri piedi che ci facevano tremare le carni addosso. Ad ogni pericolo, che non erano pochi, alzavamo la mente a Dio, ci raccomandavamo a Lui e la cara giaculatoria, Maria Auxilium Christianorum, ora pro nobis, usciva di frequente dal cuore e dalle labbra di tutti.
Tra le grazie segnalate concesseci in questo tratto di viaggio, degne di menzione sono quelle che ricevettero il capo d'arte Maffeo e D. Mattana. Stando noi oltre la metà del monte in un passo molto pericoloso ove le mule doveano girare una costa sopra un orrendo precipizio, la bestia di Maffeo sdrucciolò con le gambe posteriori verso la frana fangosa ! Fu un momento terribile! La povera mula si tenne ferma con le gambe davanti sul sentiero e, facendo uno sforzo supremo, si alzò e guadagnò la strada, liberando di tal modo il cavaliere e se stessa da una morte sicura. Oh! viva Maria Ausiliatrice !
Più innanzi D. Mattana rotolò a terra, fermandosi sul sentiero e senza farsi male alcuno : in quel sito, cadendo malamente, oltre il pericolo grande di rompersi qualche membro, poteva anch'egli sdrucciolare giù pel burrone senza fondo; ma il Signore volle mostrarci evidentemente che vegliava sopra di noi.
Giunti alla vetta del Torneado , credevamo avesse termine la salita, ma ci accorgemmo invece che eravamo ancora al principio. Si scopri là in distanza un mucchio di casuccie ed i nostri arrieros ci dissero essere il paesello di Puzo, dove avremmo pernottato. - Benissimo, soggiunsi, abbiamo troppo bisogno di mangiare e di riposare.
Erano le 4 di sera quando discendevamo dalle mule con le ossa come slogate e lo stomaco illanguidito. Ma, poveri noi ! qui ci si preparavano altri contrattempi : la Casa Posada o locanda, era chiusa!
Come fare? Dove passar la notte? - Qua , qua , Padre, mi grida un uomo ebrio : venga qua, e sarà ben trattato.- Non l'ascoltai; però una persona dall'aspetto più decente degli altri mi disse, che la casa di quell'uomo era l'unico luogo ove avremmo potuto pernottare meno disagiatamente che altrove. Giuocoforza fu dunque accettare l'invito.
Degno, per altro, d'una descrizione ben dettagliata è questo nostro nuovo alloggio. Il palazzo consiste in istecche piantate nel suolo alla primitiva : ha tetto di paglia e due stanze, la cui tramezza è pure di rustici tronchi. Una di queste dovea essere per noi ; l'altra era cucina, dormitorio ecc. per i padroni di casa. Entriamo nel nostro appartamento: era ammobigliato... cioè trovammo che avea ai lati due rialti di canne coperti, l'uno con stuoia sucida e sdruscita, l'altro con una vecchia pelle di bue puzzolente, ove formicolavano certi animaletti... V'era inoltre un cassone pieno di tarli e, sparsi qua e là sul pavimento naturale , sacchi vecchi, stracci, avanzi di frutta, patate, banane ecc. Non v'erano finestre. e non ve n'era bisogno, perché tra l'una e l'altra stecca, non solo potea passar aria e luce, ma anche la mano ed il braccio intiero.
Tutte queste cose ci andava indicando il pa-
drone come per darcene possesso, e c'invitò poi gentilmente a sedere su quei resti di museo fino a tanto che ci fosse preparata la cena.
- Non vogliamo grandi cose, sa, gli dissi ; prepari un po' di carne bollita ed un altro po' di arrosto e basta.
- Padre, non abbiamo carne. - Avete uova?
- Come no, Padre!
- Scaldi acqua e porti uova. - Bene, bene, Padre. - Ma fate presto.
- Sì. rispose, vado a prender acqua. - E dove?
- Là al ruscello, Padre.
Misericordia! Doveva ancora fare un viaggio fino alla valle per attingere acqua! Tuttavia se ne potè poi trovare un poco e la mandammo a far scaldare.
Intanto di fuori si ammucchiava gente ed incominciavano a fare uno schiamazzo che assordava. Erano arrieros che pensavano passar la notte con noi: erano torme di Indi, di donne e ragazzi che volevano la benedizione de los Padrecitos com' essi dicevano, e con essa qualche medaglia, immagine o rosario.
Stanchi, famelici, in mezzo a quella moltitudine. a quell'andirivieni, non sapevamo più che fare: l'acqua calda non arrivava!
- Fratelli, dissi, tiriamo dentro il palazzo i nostri bauli e procuriamo d'aggiustare i letti.
Detto, fatto : indicai a ciascuno il luogo misurato ove riposare e tosto ingannammo la fame ed il tempo con un solerte ed allegro lavoro. Chi strascinava bauli, chi scuoteva la pelle di bue, chi puliva la stuoia... in poco tempo abbiam assettato quel canile e tutto era in ordine.
Ci giunse una zucca piena d'acqua. sporca e si fece tosto un po' di brodo con una gallina che avevamo fatto uccidere prima: altro pollo si arrostì e verso le 7 potemmo rifocillarci.
Era degno d'essere visto come ciascun di noi seduto sui bauli, sui tavolacci di canna, con un pezzo di carne in mano, senza piatti, senza forchette, attaccava ai denti la sua porzione di carne e tirava , tirava... Regnava profondo silenzio e solo s'udiva lo stridor dentium.
Rallegrato così lo stomaco, si sentì bisogno di dar riposo alle ossa; recitammo le nostre orazioni e ciascuno si adagiò sul letto che s'avea preparato. Questo era o un baule, o la cassa, o il rialto di canne.
Prima però di poterci aggiustare dovemmo impegnare una lotta a sangue contro una chioccia che pretendeva occupare, con la turba dei pulcini, il posto nostro : scacciata molte volte, ritornava, passando , non per la porta, ma per le fessure della nostra abitazione. Cani e gatti abbaiavano e miagolavano teneramente di fuori vicini allo steccato , mossi dal desio di venir a rosicchiare le ossa che lasciammo per terra.
Per chiudere poi in qualche modo il passo all'aria, che incomìnciava a farsi sentire fresca, tendemmo alle pareti mantelline e quanti stracci avevamo, e così, al lume d'un cerino nostro, in mezzo a mille facezie ed alle più saporite risate, ci siam rannicchiati sui nostri molli cubili, aspettando che venisse il sonno.
Mentre io stava già per addormentarmi, sento alle mie spalle un rumore strano e muoversi le stecche cui mi appoggiava. Alzo la testa e: - Quien va! grido. Mi si risponde con un grugnito ! Ho capito, dissi tra me; è un porco che viene a fregarsi contro questi pali; poverino, forse glì abbiamo preso il posto !
Si dormi tutto il resto della notte saporitamente.
(Continua).
Modena: I Cooperatori Salesiani di questa città nel primo giorno di marzo dovendo tenere la solita annuale Conferenza, pensarono cambiarla in una funebre commemorazione in suffragio del venerando Don Bosco, a loro ed altrui edificazione. In tal giorno pertanto nella chiesa della B. V. detta del Paradiso, ornata a lutto con molto buon gusto, previo il canto dell'Ufzio dei Morti, vi fu la Messa di requie celebrata dal M. R. P. Enrico Siccardi dell' Ordine dei Predicatori, parroco di San Domenico, nella cui giurisdizione è la chiesa in discorso, dopo la quale il M. R. Parroco di Sant'Agnese lesse un lungo discorso sulla vita di Don Bosco, nel quale applicando a lui le parole di s. Paolo Charitas Christi urget nos, ed: Omnia possum in eo qui me confortat, lo mostrò un vero eroe di questo secolo, pensiero che era pure espresso nella bellissima iscrizione del professore can. Masinelli, posta nella fronte della chiesa, ove si diceva D. Bosco l'Apostolo del secolo XIX nello scoprire i grandi bisogni dell'epoca ed apprestarvi i più opportuni rimedi, coll'erigere dalle fondamenta sontuosi templi, col fondare istituti religiosi, coll'aprir scuole ed asili, coll' inviare a genti straniere maestri di vera civiltà. - Si chiudeva la mesta funzione colla parafrasi del salmo- De profundis, cantato dagli allievi della scuola di musica sacra.
Pandino : I Cooperatori fecero un gran funerale nella chiesa prepositale per mezzo di offerte. Furono anche molte le comunioni fra quei divoti.
Pantellaria (Isola): Si fece un solenne funerale con molto concorso di popolo e di Cooperatori, dolenti della grave perdita, e con la speranza di avere un protettore di più in paradiso.
(Continua).