ANNO XII - N. 3. Esce una volta al mese. MARZO 1888
DIREZIONE nell'Oratorio Salesiano - Via Cottolengo, N. 32, TORINO
Sommario: - D. Bosco: - Ultimi momenti di D. Bosco - La Salma di D. Bosco esposta nella sua stanza - Annunzi della morte di D. Bosco - Gli antichi allievi - La Cappella ardente I giovani alunni - Il Popolo - L'addio ai figli - Lettera dell'E.mo Card. Alimonda - La Messa solenne di suffragio. - Pergamena collocata nella cassa mortuaria di D. Bosco - Il trasporto funebre - Le esequie - Leone XIII e D. Bosco - L' Arcivescovo di Vercelli e D. Bosco - La partenza dei Missionari.
Quante opere portentose, quanti affetti i più vivi, quante speranze le più care sono compendiate in questo nome! E ora Don Bosco non è più sulla terra, D. Bosco è scomparso di mezzo a noi! - D. Bosco è morto! - Fu questa la parola che fu mormorata tra i singhiozzi alle 4 3/4 del mattino del 31 gennaio intorno al suo povero letto, che fu ripetuta sommessamente nelle camerate dei giovani, che incominciavano a destarsi dal sonno, che come un lampo si diffuse per tutta Torino, stracciando mille cuori, che sulle ali del telegrafo recò in tutte le Case Salesiane, in ogni regione del mondo la notizia : - Questa mattina alle ore 4,45 l'anima di D. Bosco volava in paradiso. -
L'alba del 31 gennaio aveva dissipato l'ultimo lembo di quell'illusione che ancora ci bendava gli occhi. Sì! l'amore ci fece illusione fin quasi all'ultimo istante. Perchè noi l'amavamo come si ama il sorriso della fanciullezza, le speranze della gioventù , i sostegni, i beni dell'età matura. Era per noi quanto di più grande, di nobile, di affettuoso, di generoso potesse trovarsi sulla terra. Non vi era un istante della nostra vita che non portasse un ricordo della sua affezione per noi. Un giornale a noi contrario nei principii ci chiamava i così detti, figli di D. Bosco. Sì ! l'amor nostro per lui era cento volte più vivo che l'amore di un figlio verso il padre, perchè a lui centinaia di migliaia di fanciulli erano debitori di ciò che i genitori non avevano loro saputo o potuto dare.
Noi speravamo che, come altre volte così questa, si fosse potuto riavere dalla malattia, almeno in modo da rimanere su questa terra ancora qualche anno; e non avevamo capito ciò che a chiare note ci aveva più volte ripetuto. L'anno scorso più volte entrò in discorso sulla necessità di affrettare l'acquisto di un terreno al campo santo per luogo di sua sepoltura, e faceva iniziare trattative col Municipio: e siccome la cosa andava per le lunghe : - Guarda, diceva scherzando coll'Economo della Pia Società, se non ti affretti, quando io sarò morto, mi farò portare nella tua camera ! Pensaci
E altre volte: Non mettermi in un terreno prezzolato. Trovami il posto in una delle tante nostre case. Fu esso che volle a tutti i costi che si consecrasse nel passato maggio la chiesa del Sacro Cuore in Roma, e quando si opponeva esservi ancora da fare lavori che richiedevano un anno intero e altre mille difficoltà, esso, immobile nel suo parere, esclamava: - Sia pure; ma la chiesa deve essere consecrata per maggio. - E diede la ragione, non intesa allora, di questa insistenza, dicendo all'Economo : Fa presto a finire quella chiesa, se vuoi che io la veda ancora; se non fai presto, non la vedrò più! - Recatosi a Roma e andato a visitare una comunità religiosa , chiesto della sua benedizione: - Si, ve la do, rispondeva, purchè mi promettiate di pregare per me quando sarò morto ! - È in questa occasione che chiedeva al Sommo Pontefice l'indulgenza plenaria in articulo mortis per sè e per cento altri da lucrarsi coll'uniformità perfetta al volere di Dio.
Si parlava sovente del suo giubileo sacerdotale nel 1891, ed esso s'intratteneva volentieri coi conoscenti ed amici su questo argomento , ma più volte disse in privato ai suoi più intimi - Voi vi illudete! - E andato a visitare una piissima insigne benefattrice delle Opere Salesiane, che era agli estremi della malattia, della quale santamente morì, le disse : - Ah, signora contessa! Lei mi manca di parola! mi aveva promesso di regalare i giovani dell'Oratorio di due vitelli perchè potessero aver lauta pietanza nel giorno del mio giubileo sacerdotale. Lei manca di parola e mancherò ancor io! - In ultimo , un mese prima dell'Immacolata, andato a consolare un prete della Casa gravemente infermo e munito degli ultimi Sacramenti, gli disse: Fatti coraggio. Non tocca a te questa volta; vi è un altro che deve prendere il tuo posto. Quel prete guarì, ed egli fu il primo a morire nella casa; e fu posto nel letto stesso ove allora giaceva quel sacerdote, poichè il suo essendo troppo incommodo per il servizio degli infermieri, fu mutato con questo.
Ma anche senza le sue parole il continuo deperimento delle sue forze era un avviso della fine non lontana dei suoi giorni. Benchè si occupasse instancabilmente a progettare e far eseguire nuovi disegni, volesse assistere a tutte le deliberazioni, leggesse e postillasse e anche riscontrasse tutte le innumerevoli lettere che gli giungevano, ritenesse sempre la direzione immediata di tutta la Pia Società Salesiana e dei Collegi, fosse anima di ogni cosa , pure era ridotto al punto che il celebre professore di medicina Combal, dell'Università di Montpellier, visitatolo con diligenza per più di un'ora a Marsiglia, aveva dovuto dire : - Se ne raccontino pure cose meravigliose di D. Bosco: per me il più grande miracolo si è che egli viva ancora, mentre à così distrutto. É come un vestito logoro dall'uso che per conservarlo ancora per qualche tempo bisogna chiuderlo in una guardaroba! -
Infatti nel 1885 incominciava a non potere più camminare senza formarsi un contrappeso colle braccia conserte dietro alle spalle : nel 1886, curvandosi sempre più, dovette usare di un bastoncello; nel 1887 bisognò che si appoggiasse a qualcuno che le sorreggeva, per fare qualche passo; e finalmente negli ultimi due giorni che stette fuori di letto, non potendo più assolutamente tenersi ritto sulla persona , volle essere spinto sovra un seggiolone a ruote nella stanza da pranzo per essere fino all'ultimo istante in mezzo ai maggiorenti della sua Pia Società. Il soldato veterano cadeva senza deporre le armi, poiché , anche in letto, anche in mezzo ai più gravi dolori, continuava a pensare, ad ordinare, a consigliare, a prevedere quanto poteva tornare a vantaggio di tutti.
Avremmo voluto presentare ai nostri Cooperatori e Cooperatrici il quadro intiero e tanto commovente e di edificazione degli ultimi istanti del nostro carissimo Don Bosco. Ma siccome essi hanno vivo desiderio, e moltissimi ce lo hanno espresso per lettera, di conoscere minutamente e le parole e le sofferenze, e le virtù del loro amico e padre, noi abbiamo preparato il diario degli ultimi due mesi di sua vita, con quella diligenza e veracità che è un dovere per noi e un bisogno per tutti i nostri confratelli. Ma restandoci ancora a raccogliere alcune memorie e non di poca importanza, pubblicheremo quel Diario nel prossimo Bollettino. In questo parleremo solamente della sua morte e di tutto ciò che si riferisce ai suoi funerali.
31 gennaio 1888 !
All' 1 e tre quarti D. Bosco entra in agonia. D. Rua si mette la stola e ripiglia le preghiere degli agonizzanti che aveva già incominciate e sospese due ore innanzi. Sono chiamati in fretta gli altri Superiori e la camera si riempie ìn un attimo di una trentina fra sacerdoti, chierici, e laici. Tutti sono in ginocchio. Sopraggiunge Monsignor Cagliero, a cui D. Rua cede la stola per passare alla destra di D. Bosco. Quindi chinatosi all'orecchio del caro Padre : - Don Bosco, gli disse con voce soffocata dal dolore, siamo qui noi, i suoi figli. Le domandiamo perdono di tutti i dispiaceri che per causa nostra ha dovuto soffrire, e per segno di perdono e di paterna benevolenza ci dia ancora una volta la sua benedizione. Io le condurrò la mano e pronuncierò la formola della benedizione. - Scena commovente e straziante ad un tempo. Tutte le fronti si curvano a terra, e D. Rua, facendo forza all'animo trambasciato, pronunciando le parole di benedizione, alza la destra paralizzata di Don Bosco e invoca la protezione di Maria Ausiliatrice sui Salesiani presenti e su gli altri assenti o sparsi nelle varie regioni della terra.
Alle tre antimeridiane giungeva da Roma il seguente dispaccio : - Santo Padre imparte di cuore benedizione apostolica a D. Bosco gravemente infermo. Card. Rampolla.
Monsignore aveva già letto il Proficiscere. Alle 4 1/2 la campana di Maria Ausiliatrice suonava l'Ave Maria, e tutti i radunati in quella stanza recitarono l'Angelus. D. Bonetti susurrò all'orecchio di Don Bosco la giaculatoria che giorni prima aveva ripetuta : - Viva Maria! - Il rantolo, che mestamente si faceva udire da circa un'ora e mezzo, cessò. Per qualche istante il respiro di D. Bosco divenne libero e tranquillo , ma ad un tratto venne a mancare : - D. Bosco muore! - esclamò D. Belmonte. Coloro, che stanchi si erano seduti per riposarsi alquanto, corsero vicini al letto... emise tre respiri a breve intervallo... Egli realmente moriva! Mons. Cagliero vestito di stola gli suggeriva alcune giaculatorie : Gesù, Giuseppe, Maria vi dono il mio cuore e l'anima mia!... Gesù, Giuseppe, Maria assistetemi nell'ultima agonia... Gesù, Giuseppe, Maria spiri in pace con voi l'anima mia...
D. Rua egli altri Superiori, Direttori, sacerdoti, chierici e laici, formando corona agonizzavano ancor essi di dolore insieme col padre, che ci lasciava in terra per rivederci nel cielo ! D. Bosco era morto !.. e Mons. Cagliero intuonava sospirando il Subvenite sancti Dei, occurrite angeli Domini,.. suscipientes animam eius... Suscipiat te Christus qui vocavit te... E benedicendone il sacro cadavere pregavagli da Dio la requie eterna. La stola che indossava Monsignore fu allora messa al collo del venerato estinto e nelle sue mani congiunte fu posto il crocifisso che tante volte aveva baciato. Erano le 4 e 45. Egli contava 72 anni e 5 mesi e mezzo di età.
Tutti s'inginocchiarono per recitare il Deprofundis, alternato da sospiri, gemiti, singhiozzi.
Quella camera fino alle 10 è piena di Salesiani che pregano , sciogliendosi in lagrime. I giovani al mattino nella Messa della comunione recitano il rosario da morto, alle 10 si canta solennemente la Messa funebre e tutte le Messe private sono celebrate in suffragio dell'anima di Don Bosco. Alla sera l'ufficio dei defunti è cantato nella chiesa di Maria Ausiliatrice.
Alle ore 10 antim. D. Sala e l'infermiere, assistiti, diretti e coadiuvati dai medici Albertotti e Bonelli, che vollero fino all'ultimo testificare l'amore vivissimo che nutrivano per l'amico estinto, lavarono il suo corpo, lo vestirono e, rasagli la barba da Enria, lo collocarono sovra un seggiolone. Il fotografo Deasti ed il pittore Rollini ne prendono la fotografia da seduto. L'avevano già ritratto prima quando giaceva ancora sul letto nella posizione in cui era spirato. Fu permesso di fotografarlo per la ragione che i Superiori non acconsentirono che fosse presa la maschera, loro dolendo di vedere intonacata di gesso la faccia del loro amatissimo Padre. Per lo stesso rispetto rifiutaronsi all'idea di imbalsamarlo. Uno degli stessi medici aveva detto; - Conosco D. Bosco da molti anni; ho tanto rispetto al suo corpo che non mi sentirei di profanarlo coll'imbalsamazione. Alle 2 pomeridiane era già largamente diffusa in città la dolorosa notizia di questa morte e produsse impressione generale e profonda. Molte botteghe e negozi si chiudono colla scritta : Chiuso per la morte di Don Bosco. La gente dolente e mesta e i più cogli occhi bagnati di pianto già si affollano in portieria e domandano di vedere la salma di D. Bosco. Stante il poco spazio del luogo dove è posto, ciò non si concede che alle persone più conosciute.
Il cadavere, rivestito degli abiti sacerdotali, con pianeta violacea a fiorami d'oro, col crocifisso in mano, col capo coperto della berretta, era assiso sulla poltrona in un corridoio retrostante alla cappella privata, ove negli ultimi tempi D. Bosco celebrava la santa Messa. Non un lineamento del viso era alterato. Se non fosse il pallore di morte che contrastava col paonazzo dei paramenti, si direbbe che D. Bosco dorma placidamente allegrato da una celeste visione. In quella stanza si succedono gli amanti figli di D. Bosco, che, pregando l'eterno riposo al loro Padre , baciano la sua mano e la bagnano di pianto. Stuoli di sacerdoti, patrizii in gran numero, matrone devote sono eziandio ammesse a vederlo. A tutti pare che davvero il defunto dorma, e camminano a lenti passi sulla punta dei piedi, e postisi essi pure in ginocchio , posano istintivamente le labbra sulle sue mani che diresti del più puro alabastro. In quella stanza nessuno prova ribrezzo , ma resta preso da un sentimento di riverenza e devozione. Verso le ore 6 veniva pure una schiera di Suore di Maria Ausiliatrice per baciare la mano del santo loro Fondatore e Padre anche a nome di tutte le loro consorelle lontane. Finché durò un po' di luce, il mesto pellegrinaggio non fu interrotto.
Intanto per Torino in tutte le vie sono comprati a ruba i giornali che annunziano la morte e parlano delle opere meravigliose di D. Bosco nella sua lunga ed operosa vita. Così i suoi ritratti e le sue biografie.
L'ottimo Corriere Nazionale dovette fare tre edizioni che furono di un tratto esaurite, e i primi cenni sulla sua morte si leggevano ad alta voce sulle piazze e per le vie. Il nome di Don Bosco volava di bocca in bocca, e molti prorompevano in dirotto pianto.
Alle 10 di notte, radunatosi il Capitolo Superiore della Pia Società , prometteva che se la Madonna faceva la grazia che l'Autorità civile concedesse di seppellire D. Bosco sotto la chiesa, di Maria Ausiliatrice o almeno nella nostra Casa di Valsalice, si sarebbero di quest'anno o al più . presto possibile incominciati i lavori per la decorazione del suo Santuario , opera che stava sommamente a cuore al compianto Don Bosco. Egli infatti aveva già dato ordine di fare gli studi opportuni.
D. Michele Rua, vicario di Don Bosco, non ostante il dolore che straziavagli l'anima, padro neggiando coll'idea del dovere ogni sentimento dell'anima, avea già spedito il mesto annunzio per telegramma, prima al S. Padre, al Cardinale Alimonda, e quindi alle case d'America, d' Inghilterra, di Spagna, di Francia, d'Austria e d'Italia, e ad un certo numero di benefattori. Intanto stendeva e faceva stampare la seguente circolare:
Ai Salesiani, alle Figlie di Maria Ausiliatrice, ai Cooperatori e alle Cooperatrici Salesiane.
Coll' angoscia nel cuore, cogli occhi gonfi dal pianto, con mano tremante vi do l'annunzio più doloroso, che io abbia mai dato, o possa ancor dare in vita mia; vi annunzio che il nostro carissimo Padre in Gesù Cristo, il nostro fondatore, l'amico, il consigliere, la guida della nostra vita, è morto. Ahi! parola che trapassa l' anima, che trafigge il cuore da parte a parte, che apre la vena ad un profluvio di lagrime !
Le private e pubbliche preghiere innalzate al Cielo per la sua conservazione hanno ritardato al nostro cuore questo colpo, questa ferita, questa piaga amarissima; ma non valsero a risparmiarcela, come avevamo sperato.
Nulla ci conforta in questi istanti fuorché il pensiero che così volle Iddio , il quale infinitamente buono nulla fa che non sia giusto , sapiente e santo. Quindi rassegnati chiniamo riverenti la fronte e adoriamo i suoi alti consigli.
Per ora non occorre che io vi dica come Don Bosco ha fatto la morte del giusto, calma e serena, munito per tempo di tutti i conforti della religione, benedetto più volte dal Vicario di Gesù Cristo , visitato con insigne pietà da prelati ed incliti personaggi ecclesiastici e laici , nostrani ed esteri , assistito con amore figliale dai suoi alunni, curato con affetto e perizia singolare da celebri dottori. Neppure vi dirò qui delle sue virtù e delle opere sue , ché il tempo stringe e il cuore non regge.
Pel momento vi notifico solo che, ancor pochi giorni sono, Don Bosco disse, che l' opera sua non avrebbe sofferto per la sua morte, perché affidata alla bontà di Dio , perché protetta dalla valida intercessione di Maria Ausiliatrice, perché sostenuta dalla Carità dei Cooperatori e Cooperatrici, che avrebbero continuato a favorirla.
Dal canto nostro possiamo aggiungere ancora che abbiamo la più grande fiducia che sarà così, perché D. Bosco dal Cielo , ove fondatamente lo speriamo già accolto in gloria, ci farà ora più che mai da amorosissimo padre, e presso il trono di Gesù Cristo e della Divina sua Madre eserciterà più efficacemente la sua carità verso di noi, e più abbondanti ci farà piovere le celesti benedizioni.
Incaricato di tenerne le veci, farò del mio meglio per corrispondere alla comune aspettazione. Coadiuvato dall' opera e dai consigli dei miei confratelli, son certo che la Pia Società di San Francesco di Sales, sostenuta dal braccio di Dio, assistita dalla protezione di Maria Ausiliatrice , confortata dalla carità dei benemeriti Cooperatori
Salesiani e delle benemerite Cooperatrici, continuerà le opere dal suo esimio e compianto Fondatore iniziate, specialmente per la coltura della gioventù povera ed abbandonata e le estere missioni.
Ancora un pensiero. Ad esempio del glorioso nostro Patrono S. Francesco di Sales, più volte D. Bosco, udendo o leggendo certe espressioni, che le persone benevoli usavano inverso di lui, ebbe a manifestare il timore che dopo sua morte, creduto non bisognevole di suffragi, lo si lasciasse in purgatorio. Pertanto , giusta il suo desiderio, e per debito di figliale affetto, raccomando a tutti che vogliano tosto far calde preghiere in suffragio dell'anima sua, ben conoscendo che il Signore saprà a chi applicarne l'efficacia.
Salesiani, Figlie di Maria Ausiliatrice , Cooperatori e Coperatrici, giovanetti e giovanette alla nostra cura affidati, noi non abbiamo più il nostro buon padre in terra: ma lo rivedremo in Cielo , se faremo tesoro dei suoi consigli e ne seguiremo fedelmente le virtuose pedate.
Credetemi anche nel dolore e nelle pene
Torino, li 31 Gennaio 1888.
Vostro aff.mo Confratello ed Amico
SAC. MICHELE RUA.
N.B. Il Venerando D. BOSCO mori il giorno 31 di Gennaio alle ore 4 3/4 antimeridiane. La sepoltura avrà luogo giovedì 2 Febbraio, alle ore 3 pom., e la messa funebre alle ore 9 1/2 del mattino, nella Chiesa di Maria Ausiliatrice.
Gli annunzi di morte spediti dalla pia Società Salesiana agli istituti e Case di Don Bosco, agli amici e benefattori dell'opera furono 53 MILA, cioè : 32 mila in italiano, 13 mila in francese e 8 mila in ispagnuolo.
Dopo i Superiori e quelli che appartengono alla famiglia Salesiana, nessuno poteva sentire maggiormente questa perdita quanto coloro che Don Bosco aveva chiamati per i primi col nome di figli. Gli anni non avevano cancellati gli antichi affetti, come lo dimostra la seguente lettera
COMITATO DEGLI ANTICHI ALLIEVI DELL'ORATORIO PER LE DIMOSTRAZIONI AL REV. SIG. D. BOSCO.
LUTTUOSO ANNUNZIO.
Torino, 31 Gennaio 1888.
Caro Amico,
Un'immensa sciagura ha oggi colpito l'Oratorio di S. Francesco di Sales e le numerose Case d'educazione da esso dipendenti. Il suo fondatore e capo, l'amico della gioventù, l'apostolo della religione e della carità, l'amatissimo nostro Padre D. GIOVANNI BOSCO, non è più! Egli rese stamane alle ore 4,40 la sua bell' anima al Signore, munito di tutti i conforti della Religione e benedetto dal Santo Padre Leone XIII.
Quantunque prevedessimo già da tempo le irreparabili conseguenze della sua malferma salute, tuttavia sentiamo ora più che mai la gravità della perdita subìta. E ben lo attestano le lagrime de' suoi figli, il dolore degli amici., il compianto della cittadinanza...
Nelle ultime ore di quella preziosissima esistenza noi eravamo andati a baciare per l'ultima volta all'amato Padre la mano benedetta, e quasi a dargli a nome degli antichi allievi l' estremo addio in questa vita; ma la sua lingua erasi già fatta muta, il suo occhio non ravvisava più alcuno. Era in principio dell' agonia. Quale strazio, quale angoscia nel ripartire da quella camera dove ci aveva le tante volte accolto col sorriso della benevolenza!... O D. Bosco, D. Bosco!...
Caro amico, tu sai quanto noi avremmo desiderato di festeggiare la Messa d'oro del Rev.mo Sig. D. Bosco, che doveva ricorrere fra pochi anni, e come di cuore glielo augurassimo. Ma il Signore dispose altrimenti: sia fatta la sua santa volontà. Non possiamo almen ora, benchè morto, dargli una prova della nostra affezione e della nostra riconoscenza?
Il Comitato degli antichi allievi dell' Oratorio per le dimostrazioni a D. Bosco, previo accordo coi Superiori della Casa, deliberò d'invitare tutti i compagni Sacerdoti e Secolari residenti in Torino e nei dintorni a trovarsi alla sepoltura che avrà luogo giovedì 2 febbraio alle ore 3 1/2 pomeridiane, e di esortare sì i vicini che i lontani a fargli tenere una piccola offerta, non però inferiore ad una lira, per sopperire alla spesa delle torcie occorrenti e per procurare al più presto nella Chiesa di Maria Ausiliatrice un solenne funerale alla memoria del gran Padre D. Bosco.
Sarebbe desiderabile che coloro i quali sono insigniti di qualche onorificenza governativa intervenissero alla sepoltura fregiati colle loro decorazioni. La nostra riunione sarà nel parlatorio grande dell'Istituto. Apposite norme regoleranno le precedenze nello sfilare del funebre corteo; ma noi procederemo ancora per ordine d' anzianità.
Non crediamo che occorra di più per eccitarti a dare quest' ultimo tributo d'affetto al defunto nostro Padre. Gli amici lontani potranno servirsi dei francobolli postali per l'invio della loro offerta; e quando sarà accertato il giorno del funerale li faremo avvisati.
Sii compiacente di recitare una divota preghiera per l' anima del non mai abbastanza rimpianto D. Bosco, e di gradire i nostri cordiali saluti.
Pel Comitato
GASTINI CARLO.
ALASIA MATTEO Segretario.
I GIOVANI ALUNNI.
Era stata parata a lutto la prima chiesa interna, dedicata a S. Francesco di Sales, quella cara chiesuola edificata da D. Bosco nel 1850 e nella quale aveva continuato il suo apostolato di carità, di beneficenza e di amore verso la gioventù povera ed abbandonata, incominciato nel 1841. Qui dal suo appartamento venne trasportata la salma alle ore sei antimeridiane del 1 febbraio, con accompagnamento di preti e di chierici portanti ceri accesi e recitandosi il miserere. Don Bonetti recitava le preghiere del Rituale, e Don Sala dirigevane il trasporto.
Nella stessa ora tutte le persone dell'Oratorio assistevano nella chiesa di Maria Ausiliatrice ad una Messa solenne di requiem in canto fermo, celebrata da Don Belmonte , preceduta dalla recita del Rosario e conclusa colla comunione generale.
Quindi tutti i giovani e gli operai vennero ammessi a visitare le spoglie mortali del loro benefattore. Le tenebre mattutine posavano ancora pel bruno ambiente, tutto coperto da ampie gramaglie, che velavano anche l'altare. Sull'altare campeggiava una croce. Ai piedi di questa, che dell'estinto fu l'unica speme in vita , Egli era posto assiso sovra di un palco. Intorno a lui ardevano molti ceri. Erano circa trenta ore dacchè era spirato, e la morte non aveva ancora impresso sul suo volto alcuna traccia.
Le turbe dei giovani si accalcavano fra le ristrette pareti e fissavano gli occhi lagrimosi là in alto , ove nella sua posa di dormiente , colla testa leggermente inclinata dal lato sinistro, col sembiante calmo , composto e quasi sorridente , cogli occhi semichiusi fissi nell'immagine di Gesù crocifisso che stringeva divotamente colle mani giunte, riposava D. Bosco. - Era il nostro Padre! - ripetevano concordi quei mille cuori colpiti da tanta sventura. Quante memorie, quanti palpiti soavi, quanti teneri pensieri agitavano le menti ed i cuori dei figli di D. Bosco in quell'istante.
Avvezzi dalla gratitudine degli alunni anziani a conoscere le peripezie della vita meravigliosa di D. Bosco, i presenti a quell'atto di pietà filiale rammentavano quanto in quelle mura disadorne il loro Padre avesse lavorato per anni ed anni con carità e perseveranza incessante. Lo rivedevano col memore pensiero addestrarsi ai più umili come ai più difficili uffizi per la educazione religiosa, intellettuale e materiale dei suoi figli, e vincere ostacoli potenti ed accaniti con quella calma serena nella quale ora riposava dopo mezzo secolo di fatiche. Fra quelle mura aveva concepito il disegno, effettuandolo, di tante opere meravigliose ed istituzioni molteplici che ora riempiono di sè il mondo intero. Dal pulpito di quella chiesuola, ove predicò costantemente dal 1850 al 1868, pareva ancora di udire quella sua potente parola che affascinava e traeva al bene , strappando le lagrime e i generosi proponimenti dalle turbe infantili che lo ascoltavano. Sembrava che occupasse ancora il suo confessionale dietro a quell'altare e di vedere intorno tutti i giorni inginocchiati le centinaia di giovanetti, che a lui e solo a lui volevano confidare i loro segreti. Chi potrà numerare le migliaia che risuscitò alla grazia di Dio colla sua prudente, affettuosa, celestiale carità? In quel mattino era ben dolorosa la sua mancanza, e ci sentivamo spinti a dirgli un'ultima parola all'orecchio come se ci avesse ascoltati. Era seduto a quell'altare ove per tanti anni celebrò la santa Messa con quella divozione così semplice, mentre era così profonda, così tenera. mentre nulla appariva di straordinario; così fiduciosa che tutto otteneva, ma senza che nulla, apparisse dei doni meravigliosi che da essa ritraeva.
Ma i più vecchi della casa ricordavano eziandio, come testimoni, ciò cha narrava il N. 6 del Bollettino Salesiano l' anno 1881. Una volta D. Bosco nel 1848 trovandosi con molti giovani sopra un mucchio o monticello di terra coll'accento del profeta aveva detto : - Un giorno o l'altro in questo sito medesimo, sorgerà l'altare, di una Chiesa, presso al quale voi farete la S. Comunione e canterete le lodi del Signore. E la parola di D. Bosco pochi anni dopo si era avverata. Ed ora in quel sito medesimo ricompariva Don Bosco morto, ma pur circondato da' suoi giovinetti.
Disse bene il Corriere Nazionale Sentivamo tutta la grandezza di quell'uomo, potente come un sovrano, benefico come un Vincenzo de' Paoli, dolce come un Francesco di Sales, pio come un Alfonso de' Liguori. Si sentiva in quel lutto profondo per tanta perdita un solo bisogno, un unico sollievo, quello della preghiera. Perciò, divisi per classi e per laboratorii, i giovani si alternavano in tutto il giorno ai piedi dell'altare di Maria Ausiliatrice per la recita del Rosario, e alla sera alle 5, radunatasi la comunità nel Santuario , cantava solennemente l'ufficio dei defunti; benché a dir vero i testimoni delle virtù dell'estinto provassero un invincibile trasporto a pregare non solamente per il riposo del venerando uomo, ma a pregare lui stesso, perchè facesse discendere dal luogo della gloria le celesti benedizioni sull'Istituto e sugli individui da lui tanto e tutti e sempre amati. E avvennero delle scene commoventi, tali da ricordare le leggende meravigliose dipinte nelle vite dei Santi.
IL POPOLO.
La piccola chiesa di S. Francesco fu aperta al pubblico alle otto del mattino. Sembrava che l'intera Torino si riversasse all'Oratorio per vedere la salma di D. Bosco. Da piazza Milano per tutto il corso Regina Margherita, e da via Dora Grossa per l'ampio viale di Valdocco che sbocca nel corso Regina Margherita era un accorrere continuo di popolo. La piazza di Maria Ausiliatrice era tutto il giorno gremita di carrozze. - Andiamo da D. Bosco! - si dicevano l'un l'altro. Il popolo, sempre efficace e conciso ne' suoi giudizi, come già battezzava il Cottolengo, dal fondatore, quel complesso d'istituzioni caritative che sorgano a fianco degli Istituti Salesiani, diede a questi il nome di D. Bosco. E dice bene, perché questa chiesa - oratorio - scuola - officina - ospizio - ricovero -- tutte queste istituzioni insieme riunite non possono avere altro nome che quello dell'uomo che ne concepiva e ne svolgeva il disegno. D. Bosco e il Cottolengo! Due uomini che racchiudono una storia di beneficenze incomparabili e di sacrifizi eroici.
La folla cresceva ad ogni istante. Una frotta di venditori di giornali andava spacciando a migliaia gli esemplari dell'Unità Cattolica e del Corriere Nazionale che narravano di D. Bosco ed erano ornati del suo ritratto. Quella ressa, quella folla, quella calca, quell'urtarsi , pigiarsi , quell'ansia, quell' affanno, la bramosia di vedere, la spontaneità del dolore. l'abbondanza di lagrime. l'assieme di tutto ciò sapeva veramente di prodigioso. I giornali dissero che le persone venute a visitare la salma superarono la cifra di quaranta mila.
Ciò prevedendo l'esimio comm. Voli, sindaco della città, aveva scritto una nobilissima lettera ai Superiori della Casa, mettendo a loro disposizione gli agenti per l'interno e l'esterno della chiesa. E in questi tre giorni il servizio dei carabinieri, delle guardie di questura e di quelle municipali fu non solo superiore ad ogni elogio, ma fu quello di uomini di cuore che compievano una missione di carità.
E nell'interno dell'Oratorio che cosa avveniva? Negli stalli disposti nel presbitero della chiesa di S. Francesco vi sono molti sacerdoti che vanno salmodiando l'ufficio dei defunti. Ai preti dell'Oratorio si frammischiano quelli della città e a questi si succede nella mesta preghiera il Clero del Cottolengo mandato dal cuore gentile del Superiore della Piccola Casa, can. Bosso. Nei due altari laterali si seguono senza interruzione le Messe espiatorie fino a mezzo giorno. Nei pochi panchi in mezzo si vedono i veterani dell'Oratorio che non si possono distaccare da quel luogo.
Intanto un continuo sfilare di masse di popolo che entrando pel cancello sull'angolo della designata via Caselle esce per la portieria. A stento si può circolare nei cortili.
Nei diversi periodi della giornata si sono agevolmente potute osservare le diverse classi dei visitatori. Dalla mattina fino poco dopo le dieci era il piccolo commercio che veniva a salutare la salma dell'amato estinto. Dalle undici in poi i legni dell'aristocrazia si arrestavano innanzi al modesto ingresso che conduce alla cappella interna; ed i più specchiati casati di Torino venivano a portare il tributo di loro affetto e di loro ammirazione a pie' della salma di quest'uomo venerato ; dalle due in poi si avvicenda il grande commercio, il foro e la borghesia agiata ed impiegati governativi in buon dato.
La folla si pigiava, si accalcava nella chiesuola che a tanta gente era angusta. Signori e popolani si accostavano con pietà riverente a contemplare la salma. Tutti volevano baciare la mano a D. Bosco, ma la balaustrata lo vietava. Molti si raccomandavano ad un buon sacerdote e gli davano medaglie, immagini, corone, fazzoletti, libri di devozione perché accostasse questi oggetti a quel cadavere e li deponesse per un istante su quelle sacre mani. Da tutte parti si piange e tutti escono dalla chiesa commossi, addolorati, cogli occhi rigonfi. Abbiamo visto uomini di elevata intelligenza, provati ai contrasti della vita ed al fastigio della gloria passare inchinando quelle venerande spoglie e mormorando: - È un santo! - Vi furono cuori generosi che in questo istante pensarono di soccorrere gli orfanelli di D. Bosco, e fra i vari atti di carità segnalata è da notarsi un biglietto anonimo chiuso in una busta da lettera con graziosa elemosina , ritrovato tra le pieghe delle vesti del cadavere con queste poche parole : - Caro D. Bosco, preghi per me.
Verso le quattro pomeridiane aumentando ognora la popolazione, nè accennando a scemare di numero, si dovette aprire la gran porta dell'Oratorio per evitare una maggior confusione. Solo verso le otto si chiusero le entrate, e molti pii visitatori giunti sul tardi da diversi paesi del Piemonte, avendo già trovata chiusa la chiesa, insistettero presso il Superiore e ottennero che loro fosse riaperta per potere rimirare l'ultima volta le sembianze di D. Bosco tuttora intatte, piacevoli come di chi continua il suo placido sonno sempre allegrato da dolci sogni.
Senza numero furono quei pietosi che bramavano di visitare le povere stanze che abitava D. Bosco, ma non tutti si poterono ammettere in quelli angusti locali. Vari preti si dovettero mettere a ragionare colla gente e a stento riuscirono a persuaderla. Si concesse solamente a coloro che non venivano a frotte, e tale concessione si ritenne come un grande favore ed un privilegio speciale.
In tutto il giorno eziandio la gran chiesa di Maria Ausiliatrice fu stipata di popolo che veniva a pregare pace a D. Bosco, e specialmente nell'ora della benedizione col SS. Sacramento, che impartivasi alle 7 1/2 di sera.
Un telegramma da Genova dell'Eminentissimo Cardinale Alimonda chiuse questo giorno di dolore e pietà ad un tempo. Egli esprimeva il suo vivissimo desiderio di recarsi a Torino pel giorno seguente. Ma non era possibile che le condizioni del suo animo angosciato per la perdita del caro amico gli permettessero di prendere parte alla sepoltura.
Tra quante funzioni vennero fatte in questi giorni, l'addio dato in questa sera dai figli di Don Bosco alla salma del loro padre è stata la più commovente e mesta.
Verso le ore 9 tutti i giovani dell'Oratorio si portarono nella chiesa dove era esposto il cadavere, e, prostrati a terra, recitarono le preghiere della sera loro insegnate dal venerato defunto.
In mezzo a solenne silenzio, si alzò D. Fran cesia, mentre tutti gli altri erano rimasti in ginocchio, e rivolse a quelle centinaia di giovani un discorsetto che strappava lagrime di tenerezza e d'amore.
-Vedete qui il nostro caro padre con quella calma, quella tranquillità, quel sorriso che gli sfiora sul labbro? Ei pare che voglia parlarvi , e voi quasi attendete che egli si alzi e vi rivolga la parola. Ma egli pur troppo non può ripetervi quei santi ammaestramenti che tante volte ci ha dati: egli più non può parlarci. I superiori perciò mandarono me a far le sue veci. Ma che vi dirò io da questo luogo ove D. Bosco tanto fece per voi? Non farò altro che ripetervi l'ultima parola che egli vi lasciò. Interrogato quale ricordo volesse lasciare ai suoi giovani , rispose: « Dite ai giovani che io li attendo tutti in Paradiso ».
Per la chiesa era un raccoglimento così grande, così intimo, così profondo, che pareva di sentire l'alito affannoso di quei poveri giovani.
E Don Bosco, nella serenità della morte , pareva benedirli per sempre.
Dato l'avviso a ciascuna classe di ritirarsi nel proprio dormitorio, a stento si potè condurle , poiché tutti i giovani, come non avessero ascoltato, stavano stretti, immobili , lagrimosi a contemplare per l'ultima volta il loro D. Bosco.
A temperare il nostro dolore ci perveniva la preziosissima lettera del nostro amatissimo Arcivescovo che tanto amava Don Bosco e tanto da lui era venerato e riamato.
MOLTO REV.DO E CARIssIMo D. RUA,
È inutile che io le dica quanto amara mi sia riuscita la notizia recatami dal suo telegramma! Il venerato e caro mio D. Giovanni non ha voluto aspettarmi, perché una volta ancora baciassi la sacra sua mano e mi raccomandassi alla sua intercessione appresso Dio! Uniformiamoci alla volontà del Signore!
Presento a V. S. M. R. e carissima e per mezzo di Lei a tutta la Congregazione Salesiana le mie vivissime condoglianze, nell'atto che prometto unire le mie preghiere alle tante che da ogni parte d'Italia e del mondo saranno offerte pel riposo dell' anima eletta del loro Fondatore. Benché abbiamo grandi ragioni di credere che Egli abbia già colto la palma delle sue virtù , delle immense sue fatiche per la gloria di Dio.
La abbraccio nel Signore , mio caro D. Rua , e benedico a Lei ed a' suoi confratelli, raffermandomi
Di V. S. M. R. e carissima Genova, S. Francesco d'Albaro, 31-1-88.
Affezionatissimo in G. C.
(Firm. all'orig.) + GAETANO Card. Arciv.
Per tutta la notte avevano vegliata la salma sacerdoti, chierici e laici cooperatori salesiani. Verso l'alba del 2 di febbraio, il cadavere venne deposto nella triplice cassa funebre, rivestito dei suoi paramenti sacri.
La prima cassa è di legno di quercia con borchie, maniglie e ornati in bronzo dorato. Sul coperchio posa una gran croce. La seconda cassa è di piombo, la terza è foderata di seta gialla a fiocchetti azzurri.
Si sarebbe dovuto chiudere e sigillare definitivamente il feretro, ma si chiuse solo provvisoriamente per dare la consolazione ai molti confratelli ed ai Direttori delle case di Francia che stavano per giungere, di poter rimirare ancora una volta le sembianze del loro carissimo Padre.
Verso le 8 1/2 il viale Regina Margherita, che da piazza Milano per la via più breve conduce a Maria Ausiliatrice, era stipato da una folla immensa, interminabile. Nella via Cottolengo le guardie municipali, quelle di questura ed i carabinieri si affaticano di porre una diga leggiera alla folla irrompente, che ad ogni istante aumenta e si accalca.
Alla porta dell'Oratorio i carabinieri, pigiati essi pure, cercavano di aprire un po' di passaggio agli amici di D. Bosco, ai Cooperatori ed alle Cooperatrici Salesiane.
Fino alla porta dell'Oratorio le carrozze non possono giungere.
Sull'ingresso del Santuario, adorno di gran festoni a lutto con frange in oro , leggonsi in un bel quadro queste semplici parole a lettere cubitali
A DON BOSCO PREGANO LA PACE DEI GIUSTI I SUOI FIGLI DOLENTI.
Nella prima corte dell'Oratorio si vede una quantita di signori in veste da viaggio colla loro borsa a tracollo e poco oltre molti sacerdoti commisti ai buoni Salesiani. I primi sono Francesi, parte giunti col treno di Modane e di Susa , parte pellegrini giunti a Genova, con molti della Svizzera e dell'Irlanda di ritorno da Roma, che vollero deviare dal loro itinerario desiderosi di prender parte alla sepoltura di D. Bosco.
Tutti quei sacerdoti appartengono al clero torinese che vengono a mescolare le loro lagrime a quelle dei Salesiani, sul volto dei quali è ritratta l'ambascia del cuore.
La parte della Chiesa riservata al pubblico è già occupata fin dalla mattina.
In mezzo, e propriamente sotto alla cupola, si eleva il catafalco , coperto da un ampio padiglione bianco e nero. Una gran croce di argento signoreggia l' altare maggiore , tutto parato a corrotto.
Nel corno dell'Evangelo è la cattedra episcopale essa pure coperta di gramaglia, ma senza baldacchino. La desolazione dei cuori è ritratta dal funebre apparato.
Il silenzio è profondo. Si sente al di fuori un vago romorío; è la gente che si accalca, si urta e fa ressa; ma non si ode un grido. La porta massima della chiesa è spalancata : si vede la piazza gremita di persone per assistere di là alla santa Messa, non essendovi spazio sgombro nel luogo sacro.
I banchi intorno al catafalco vanno riempiendosi di molti invitati, di un gran numero di signore e delle Figlie di Maria Ausiliatrice.
Si ode d'un tratto un lontano salmodiare. Si apre una porta laterale , spuntano alcuni ceri accesi, poi sacerdoti che portano la bara, in cui riposa il Padre di tanti poveri orfanelli, e che è tosto deposta entro al catafalco.
Alle nove e mezzo sei soli ceri ardono all'altare maggiore, e cento e cento intorno al catafalco, che vedesi adorno dello stemma della Congregazione dei Salesiani , e di molte corone di fiori deposte dalla pietà dei devoti.
Si avanza il Clero in lungo ordine, ed ultimo Monsignor Giovanni Cagliero vestito degli abiti sacerdotali e la mitra bianca in capo.
L'ambascia del venerando Apostolo della Patagonia traspare dal suo viso, e sembra che ei pure vada ripetendo fra le sue orazioni: Anche io ho perduto il padre!
Appena l'orchestra intuonò il Requiem, tutti gli occhi si velarono di lagrime.
Oh! Monsignor Cagliero ! Quando tu giovane sacerdote nel 1862 scrivevi le note di questa tua Messa funebre così solenne, commovente, artistica, non pensavi che sarebbe stata cantata, te presente e pontefice, pel riposo dell'anima del tuo caro Don Bosco. Gli stessi cantori sentivano la potenza dei tuoi affetti e si udivano chiaramente le note uscire dai loro petti mescolate coi singhiozzi.
Alle 11 1/2 terminava il Libera me, Domine.
Una singolare idea si affacciò alla nostra mente nel tempo del sacro rito. D. Bosco da più anni nel chiedere ciò che poteva essere vantaggioso alla Pia Società da lui fondata, soleva esprimere, il desiderio di poter cantare il Nunc dimittis servum tuum, Domine , secundum verbum tuum in pace; per avere lasciata compiuta quell'Opera alla quale si era accinto nel Nome del Signore. Ed il suo funerale avea luogo precisamente in quel giorno nel quale tanti secoli fa il Nunc dimittis era stato cantato la prima volta dal vecchio Simeone.
Alle ore 2, prima che le umane spoglie del Rev.mo D. Giovanni Bosco si chiudessero definitivamente nella cassa mortuaria, alla presenza dei dottori cav. Giovanni Albertotti e Tommaso Bestenti, fu letto e poi collocato entro a boccetta di vetro il seguente verbale sottoscritto dai due mentovati medici e da parecchi Superiori dei Salesiani, testimoni oculari del fatto. La boccetta colla pergamena fu riposta presso ai piedi della salma.
« I sottoscritti fanno fede che in questo fe retro sono composte le umane spoglie del sacerdote D. Giovanni Bosco, fondatore della Congregazione di S. Francesco di Sales, delle Figlie di Maria Ausiliatrice e dei Cooperatori e Cooperatrici Salesiane. Nacque in Castelnuovo d'Asti il 15 agosto del 1815 da Francesco e da Margherita Occhiena, e morì in seguito a mielite lenta, come risulta dalla scheda di consegna fatta al Municipio e sottoscritta dal medico curante dott. Albertotti, in Torino nell'Oratorio di S. Francesco di Sales, il 31 gennaio 1888, alle ore 4 3/4 antimeridiane, pochi minuti dopo il suono dell' Ave Maria, che parve la voce della Vergine Ausiliatrice che lo chiamasse al cielo, sulla fine del X anno del glorioso pontificato del sapientissimo Papa Leone XIII, governando l' Archidiocesi di Torino l' E.mo cardinale Gaetano Alimonda e regnando Umberto I di Savoia, nostro Sovrano. - Delle opere per carità e zelo ammirande, delle varie istituzioni, delle grandi ed eroiche virtù, della vita di questo illustre Estinto e del compianto generale, che eccitò tra il popolo la sua morte, dirà a suo tempo la storia.
« Il cadavere indossa la sottana, ed è rivestito dei sacri paramenti violacei , come nell' atto di celebrare la santa Messa. Nel feretro, insieme con questa pergamena, dentro un'astuccio di vetro sono pure state poste tre medaglie di Maria Ausiliatrice , ed altra medaglia d' argento commemorante il Giubileo sacerdotale di Leone XIII.
« Ossa dolorosamente compiante e bagnate di tante lacrime, riposate in pace sino al giorno in cui lo squillo dell'angelica tromba chiamerà ancor voi alla eterna gloria, e lo spirito che già vi animò sia a noi propizio dall'alto de' cieli, dove fondatamente speriamo che già si trovi a bearsi in Dio ed in Maria, che tanto amò, e nella quale ebbe sempre riposta la più grande fiducia.
« Torino, 2 febbraio 1888 ».
(Seguitano le firme).
Per l' ultima volta i pochi che presero parte a questa mesta cerimonia contemplarono quelle care sembianze e baciarono quella destra benedetta che era perfettamente flessibile. Quindi fu messo il coperchio e saldato.
Addio, sante spoglie di D. Bosco, voi scomparite per sempre. Con voi scompare l'astro della beneficenza, l'apostolo dei giovani, il padre del popolo. Con voi si seppellisce. quello sguardo dolcissimo che convertiva, quella voce armoniosa che favellando evangelizzava , quella mano che alzandosi benediceva, quel piede che camminando evangelizzava la pace.
Addio, spoglie venerate. Voi scendete sotterra, ma a noi rimane la grand'anima di D. Bosco aleggiante ne' suoi istituti e viva e parlante nei suoi esempi.
La folla cominciò a riversarsi nelle vie e pei corsi che sono innanzi alla Chiesa di Maria Ausiliatrice poco prima le ore 2 pomeridiane. Tutte le tramvie sono prese d'assalto ; le vetture pubbliche, quelle patronali, i cocchi eleganti conducevano stormi di signori e di signore sul luogo della sepoltura,
Già dal mezzogiorno, molti negozi della città erano stati chiusi in segno di lutto; alle ore 3 cessò anche il lavoro in parecchi laboratorii e in alcune manifatture.
Chi sa quante persone erano accorse a questo funerale, al cui confronto nessun altro regge ? Diciamo centomila e forse erano di più. Per tutta la lunghezza di via Cottolengo , per i corsi Principe Oddone e Regina Margherita, per la via Ariosto due strette file di popolo attendevano il corteo che sfilava lentamente. Ogni fila era composte di tre, quattro, sei altre file di persone. Dai balconi assistevano altre centinaia di persone; sugli alberi, sui fanali erano aggrappati quei vivaci figli del popolo che di tutto sanno far gazzarra, e che pure nel solenne raccoglimento di quell'istante tenevano un contegno riverente.
D. Bosco in una sua memoria manoscritta raccomandava la modestia dei funerali, ed esprimeva il desiderio che i suoi figli ne seguissero la spoglia all'estrema dimora. Ma era possibile imporre tale desiderio a cuori che traboccavano di affetto?
Verso le ore 3 1/2 le campane della chiesa di Maria Ausiliatrice diedero i primi rintocchi per l'avviamento del corteo. Una fitta moltitudine si stringeva nella piazza e nelle vie adiacenti. Per aprire il passaggio le guardie della questura fecero avanzare una carrozza, e così la gente fece un po' di spazio.
Andavano innanzi le Figlie di Maria della parrocchia di S. Donato e quelle di S. Gioachino, seguite da alcune Suore di Maria Ausiliatrice e dalle fanciulle dell'Istituto di S. Teresa in Chieri e varie giovani degli Oratorii festivi. Poi venivano numerosissime le signore Cooperatrici Salesiane. Le donne del popolo erano associate colle dame nel pio tributo di venerazione.
Seguivano gli alunni dell'Oratorio Salesiano e della Casa di S. Giovanni Evangelista, divisi per classe se studenti, per laboratorio se artigiani; venivano i coadiutori delle altre Case Salesiane e gli antichi alunni di D. Bosco. Tra questi ultimi notammo professori, giornalisti, musici, maestri, scrittori , artisti, capi di fabbrica, tutte le classi sociali insomma. Era un omaggio significantissimo di venerazione e di gratitudine all'uomo che aveva dato a tutti il pane dell'intelligenza e del corpo e li aveva avviati tutti per la strada del lavoro onorato e proficuo.
La banda dell'Oratorio Salesiano eseguiva tratto tratto marcie funebri. La seguiva la propria bandiera.
Preceduto dal suddiacono colla croce inastata e coperta dal velo bruno, veniva quindi il Clero, cioè : i frati minori dell'Ospizio di Sant'Antonio, i chierici Salesiani, i Sacerdoti per anzianità (questi erano numerosissimi), una quarantina di Parroci di Torino e di fuori, parecchi Canonicì e le LL. EE. RR. i Monsignori Cagliero Vescovo di Magido, Leto Vescovo di Samaria, Bertagna Vescovo di Cafarnao, i quali indossavano i piviali neri con mitra bianca circondati dai loro diaconi, suddiaconi e preti assistenti.
Il feretro era portato a spalle da otto Sacerdoti Salesiani. Parecchi Sacerdoti francesi ed italiani avevano sollecitato l'onore di potere portare la salma, ma i Salesiani li pregarono a lasciare loro intiero quest'onore.
La cassa era ricoperta della coltre funebre. V'erano deposte le insegne sacerdotali velate di gramaglia e le due medaglie d'oro date all'illustre estinto dalla Società Geografica di Lione e dall'Accademia di Barcellona , per le insigni benemerenze del grande Apostolo della gioventù.
Al passaggio del feretro , tutti si scoprivano riverentemente il capo, molti s'inginocchiavano; e mormoravano le parole mille volte udite in questi giorni: - Era un santo! -
Accanto al feretro alcuni sacerdoti portavano le corone di fiori offerte dal Capitolo Salesiano.
Questo seguiva immediatamente la salma. Il Rev.mo D. Rua, sfatto dalle dolorose impressioni di questi giorni , procedeva tra i reverendi D. Durando e D. Sala, a capo chino, raccolto nel suo immenso dolore. Ad essi tre tenevano dietro gli altri quattro membri del Capitolo Superiore. Venivano in seguito: numerosissimo stuolo di sacerdoti, tra cui una rappresentanza della Curia Arcivescovile e del Convitto della Consolata; poi i sacerdoti della Compagnia di S. Tommaso, poi i chierici del Seminario, poi i rappresentanti di tutti gli Ordini religiosi di Torino e i rappresentanti del Collegio degli Artigianelli e della stampa, cioè di parecchi giornali di Torino, di Milano, di Genova, di Roma, d' Ivrea, ecc.; il conte di Viancino , presidente dell' Opera dei Congressi Cattolici; i rappresentanti dell' Unione Conservatrice; altri illustri signori dell'aristocrazia; il Consiglio Centrale dell'Unione Cattolica operaia dì Torino con bandiera, l'Unione degli Aspiranti Operai Cattolici con vessillo, la Gioventù Cattolica con il suo Orifiamma, l'Unione del Coraggio Cattolico con lo stendardo e poi le rappresentanze di molte Società cattoliche operaie con bandiera , tra cui ricordiamo quelle di Saluggia, Chieri, Orbassano, Asti, Santena, Nizza Monferrato, ecc. Dieci bandiere abbrunate sventolano su quella fitta retroguardia che procedeva non in ordine di fila, ma occupando la via nella sua larghezza e stendendosi in sul principio per il tratto dall'arco della ferrovia fino quasi all'angolo dell'Oratorio. A rendere onore al grande educatore della gioventù intervennero pure illustri professori e benemeriti direttori di istituti. Erano tra questi il comm. teol. coll. Giuseppe Parato rettore del Collegio nazionale ed il commendatore Giovanni Scavia.
Fra i rappresentanti esteri ci vengono segnalati : un rappresentante del Movimento Cattolico del Chilì; il signor Jules Auffrav, della Défense di Parigi ; l'ab. J. Romanet , delegato dai professori del Petit Séminaire di Pont de Beauvoisin in Savoia.
Né qui finiva lo stuolo. Tutte quelle rappresentanze erano fiancheggiate da due lunghe file di servi in livrea recanti le armi delle primarie case patrizie di Torino, e tra essi alcuni valletti del Municipio; e dopo venivano parecchie centinaia di persone divote, che recitavano piamente la corona del Rosario.
Per potersi fare un concetto della lunghezza del corteo, composto di circa 5 mila persone, basti il dire che mentre le Figlie di Maria rientravano in Chiesa, le ultime persone che seguivano il feretro non s'erano ancora mosse dal corso Principe Oddone.
Mai si vide in Torino un concorso di gente così numeroso e spontanee. D. Bosco, figlio dei popolo, benefattore del popolo, ebbe dal popolo la più grande e imponente dimostrazione di riverenza e d'affetto che si possa immaginare.
Lo splendore di questo funerale non può essere raggiunto che dalla stessa sua semplicità.
Tutti i componenti il corteo erano figli, alunni, ammiratori di Don Bosco, mossi a questa funzione non da desiderio di comparsa o da semplice obbligo di riverenza, ma da immenso sentimento di gratitudine, da vivo slancio di pietà e di amore.
Era mirabile e commovente il contegno di quelle migliaia di fanciulli e di giovanetti, incedenti per le vie a capo scoperto, cogli occhi mesti e col labbro aperto a preghiera. L'aria frizzante non li disturbava; il loro pensiero era Don Bosco che conducevano trionfalmente all'eterno riposo!
Non fu sepoltura, fu un trionfo. Portavansi a seppellire le spoglie di quel grande, ma egli - l'amato Don Bosco - era più vivo che mai nella venerazione della moltitudine, nell'ossequio alla sua memoria, nella grandezza delle sue istituzioni. Quel morto sopravvive in centinaia e j migliaia di sacerdoti, di suore, di fanciulli, di operai, che continueranno le tradizioni delle sue virtù evangeliche.
I canti funebri non avevano neppur essi la mesta cadenza che stringe il cuore e invoglia al pianto; quelle note salivano in alto, nell'aria limpida, tra i raggi del sole fulgente, e ritornavano al cuore raddolcite dalla certezza che quell'anima godeva in cielo il trionfo che sulla terra gli rendeva la pietà dei viventi.
Infatti un signore d'aspetto autorevole, avvicinatosi ad un sacerdote salesiano, gli domandò
- che cosa è questo?
- E il funerale di un prete!
- Un funerale? Dica, dica pure : è un'apoteosi.
- Non era conveniente che io lo dicessi, ma era ciò che andava pensando.
Una scena di bellezza ineffabile accadeva in fondo a via Ariosto, innanzi alla statua del venerabile Cottolengo, la quale nella nicchia posta sopra gli archi del viadotto è in atto di mostrare il cielo ad un povero vecchio e ad un giovanetto che stanno a' suoi fianchi. Ai piedi della statua si aprono due finestrelle e a diritta sono allineate le finestre di una camerata. Ed ecco mentre il feretro in questo punto si fermava pel cambio dei portatori, affacciarsi da tutte le aperture le testoline deì bambini ivi ricoverati , le quali col loro movimento sembravano dar vita alla statua indicante in quel momento il cielo, a Colui che aveva seguiti i suoi gloriosi esempi.
Charitas Christi urget nos.
Il popolo è buono ed ha cuore riconoscente. Esso lo dimostrava colla dignità del suo contegno.
E vero che l' egregio cav. Ferrari capo della pulizia municipale e il comandante le guardie di pubblica sicurezza avevano presi tutti i provvedimenti atti a mantenere l'ordine; è vero che degno di grande elogio fu il servizio prestato dalle guardie e dagli agenti municipali che seppero con modi urbani contenere e regolare quell' immensa moltitudine : ma è pur vero ciò che andavano ripetendo i carabinieri: E una meraviglia , non un inconveniente: basta una parola per essere obbediti. Ah si vede che l'affetto, col desiderio che ogni cosa procedesse bene per l'onore del defunto, ha radunato qui il popolo. Una simile assemblea radunata per altri fini non sarebbe possibile dominarla ! - Infatti appena il feretro uscì di chiesa questa fu invasa dagli spettatori, desiderosi di avere i primi posti alle esequie. Era un giusto desiderio, eppure tutta quella gente all'invito delle guardie sgombrò interamente e ritornò sulla piazza.
Lo spettacolo del rientrare del feretro in chiesa fu di un'imponenza indescrivibile. Erano vicine le ore sei. La piazza non era che un continuato selciato di teste fino al Corso Regina Margherita. I due tratti di via Cottolengo quanto poteva spingersi lo sguardo a destra ed a sinistra, incominciando dai due lati sporgenti dell'edifizio dell'Oratorio, erano gremiti di popolo. Gli elmi di una fila continua di guardie municipali schierate innanzi alla folla luccicavano ai tanti ceri. Lo spazio della strada innanzi alla Chiesa era perfettamente libero. I giovani dell'Oratorio eransi accalcati dentro al recinto posto innanzi alla Chiesa. Dal cancello alla porta stavano due file di uomini con torcie accese. In chiesa entrarono le figlie di Maria bianco vestite e si collocarono nel cappellone a destra e il clero avanzandosi si schierava da una parte e dall'altra del Catafalco, nel presbitero e nel coro, bastando esso solo ad occupare grande spazio.
Quando il feretro si volse per entrare, la musica dell' Oratorio posta di fronte alla chiesa eseguiva una marcia funebre, le campane suonavano a lutto; eppure quell'armonia e quel suono non erano intesi all'orecchio, tanto l'occhio era colpito dallo straordinario spettacolo. Dalla chiesa usciva la luce di mille faci; sembrava fosse scomparso il nero delle gramaglie sotto il riverbero dei raggi che si confondevano rifrangendosi dalle frangia indorate.
- E l'entrata in paradiso ! - Udimmo a ripetere da più di uno. Monsignor Leto e Mons. Cagliero l'uno in in cornu Epistolae l'altro in cornu Evangeli dell'altar maggiore stavano in piedi tra
i loro sacerdoti assistenti e colle bianche mitre in testa. Mons. Bertagna attendeva il feretro sui gradini della balaustra e questo fu deposto innanzi a lui. Le rappresentanze si fermarono in fondo alla chiesa colle loro bandiere.
Ma data l' assoluzione alla salma dall' Ill.mo e Rev. Mons. Bertagna accadde nuovo e più edificante spettacolo. Il popolo si precipitò sul feretro per baciarlo come si baciano le cose sante. Le corone di fiori che avevano circondate quelle spoglie mortali furono fatte a pezzi e così sarebbe avvenuto del drappo funebre e della stessa cassa se in tutta fretta non si fosse provveduto per servizio d'ordine.
La cassà fu quindi trasportata nella chiesa di S. Francesco in attesa della tumulazione.
Ma quali furono le impressioni lasciate da questo giorno memorabile? Rientrata in casa tutta la comunità, una pace, una gioia profonda invase tutti i cuori. Coloro che avevano pianto ancora in quel mattino, si sentirono tranquilli, come se D. Bosco non fosse morto : come se ancora si trovasse in mezzo ai suoi figli.
- Che bella festa ! più d'uno andava esclamando: e chi sulle prime erasi meravigliato di simile esclamazione conchiudeva esso pure : - Fu una bella festa! - Era un ripetersi a vicenda le parole argute e amorevoli udite dalle labbra di D. Bosco, un narrare i più cari tratti della sua vita, con un sorridere, con un senso di contentezza quale difficilmente si può dire a parole. Il lutto era cessato. Tutti sentivano che D. Bosco viveva e che non era lontano.
All'indomani 3 febbraio una lettera, indirizzata da Sua Eminenza Rev.ma il cardinale Mariano Rampolla a D. Michele Rua, vicario generale della Congregazione Salesiana, poneva corona alla nostra misteriosa tranquillità con parole che erano state suggerite dallo stesso Vicario di Gesù Cristo.
« Ill.mo Signore,
« La perdita del Sacerdote D. Giovanni Bosco, che godeva la stima, l' affetto e l' ammirazione universale per le Opere di cristiana carità da lui fondate, per lo zelo onde erasi studiato mai sempre di promuovere il bene delle anime, e per quanto aveva egli fatto perché il nome santissimo di Dio risuonasse e fosse venerato in ogni più remoto angolo della terra, la perdita di quest'Apostolo forma un vuoto, di cui si duole la Chiesa, e con essa debbono meritamente dolersene i suoi figli, che lo ebbero Padre affettuosissimo ed esempio di ogni più bella virtù.
« E posso io dire che, sull'animo della Santità di Nostro Signore, il tristissimo caso ha prodotto una impressione tanto più dolorosa, quanto maggiori erano la benevolenza, che portava al benemerito sacerdote, e il pregio, nel quale ha sempre avuto le molte sue Opere, feconde di santi e salutari frutti. E, rivolgendosi
alla misericordia e bontà divina, la prega di darne alla di lui anima benedetta largo premio nella celeste gloria.
• A tutta poi la Società Salesiana impartiva di cuore l'apostolica benedizione, tenendo per fermo che le sarà di sollievo nell'afflizione, da cui è oppressa, e di stimolo a proseguire nella santa impresa che ha densa ereditato dal defunto, e che formò oggetto delle sue instancabili cure durante i lunghi anni della mortale carriera.
« Associandomi poi ai sentimenti di animo del Santo Padre, auguro a lei ogni bene, e me le dichiaro, con sensi di stima,
« Di V. S. Ill.ma
« Roma, 2 febbraio 1888,
A ff.mo per servirla
M. Card. RAMPOLLA.
Tra i più insigni benefattori delle molteplici Opere del compianto nostro Don Bosco primeggiò sempre la illustre famiglia Fissore, di Torino. Nell'ultima malattia, che poi ce lo doveva rapire, il signor comm. prof. Giuseppe Fissore prestò l'opera sua con interesse più unico che raro. Ora, che la dolorosa perdita ha lasciato dall'afflizione oppressi i Salesiani, Sua Eccellenza Rev.ma Monsignor Celestino Fissore, Arcivescovo degnissimo di Vercelli e fratello al sullodato signor Commendatore, si affrettò con particolare benevolenza a consolarli, scrivendo al sig. Don Michele Rua, successore di Don Bosco, una stupenda lettera, che noi siamo fortunati di poter riprodurre qui per intero:
« Vercelli, 7 febbraio 1888. « Rev.mo signor Vicario,
« Non ho parole per esprimere il dolore con cui ho appreso la perdita dell'ottimo D. Bosco. La notizia non mi tornò inaspettata, ma l'animo mio non fu meno straziato. Io fui dei primi a conoscere i saggi di sode virtù sacerdotali che diede il compianto fin da quando studiava nel Convitto ecclesiastico di San Francesco d'Assisi. Ebbi sempre occasione di vederne progressivamente lo sviluppo nella vita privata e pubblica, ed oso mettermi pure fra i primi a deplorarne il vuoto che lascia in terra, ma a crederlo già premiato subito dal Signore.
« Ella, signor Vicario della Congregazione Salesiana, che gli fu sempre ai fianchi, ne prese lo spirito e ne divise le apostoliche fatiche e sollecitudini, si conforti per la protezione dall'alto che Don Bosco le compartirà alla direzione dell'immensa famiglia, alla prosecuzione delle Opere di Carità.
« Abbiasi la espressione de' miei sentimenti per Don Bosco, per Lei, per tutti i Salesiani e Cooperatori. Io unirò per tutti le mie preghiere.
« Mi pregio dichiararmi con profonda affettuosa stima
Di V. S. Rev.ma
« Dev.mo servitore
+ CELESTINO Arcivescovo.
« Rev.mo Sig. D. Rua Michele, Vicario della Congregazione Salesiana TORINO. »
A questa lettera faceva seguito, due giorni dopo, un biglietto, recato dalla signora damigella Antonia, sorella a S. E. Rev.ma, con le seguenti parole anche di pugno dell'istesso Rev.mo Monsignor Celestino Fissore, Arcivescovo di Vercelli
« Al Rev.mo signor D. Rua Michele, Vicario della Congregazione Salesiana, in soccorso dei bisogni che questa possa avere nella dolorosa circostanza della perdita dell'egregio suo fondatore Don Giovanni Bosco, offre l'obolo suo in L. 1000. Lire mille. »
Qui non è più d'uopo di commento : il fatto parla abbastanza eloquentemente da sé. E quell'anima benedetta di D. Bosco, dal trono di Dio, alla cui beatifica visione sua Eccellenza Rev.ma confida con tutti i buoni che già sia stata ammessa, impetrerà certo un cumulo di benedizioni per Lui e per tutti i suoi cari, e la vastissima Archidiocesi che è affidata al suo zelo apostolico. Ma gli orfanelli del compianto Don Bosco non dimenticheranno mai un atto di così insigne carità.
Non dubitiamo di dire che sia questo il mezzo più efficace per suffragare l'anima di D. Bosco, beneficando cioè quegli innumerevoli giovanetti, che egli amava tanto, e per cui consacrò tutta la sua vita.
Raccomandiamo alla carità dei nostri buoni Cooperatori sei nostri missionarii che partiranno per le Missioni d'America in questo stesso mese di marzo. Questa spedizione fu l'ultima impresa stabilita da D. Bosco, fu l'ultima sua disposizione, della quale incaricava Mons. Cagliero. L' aiuto di Maria SS., lo spirito ardente di D. Bosco, la cooperazione generosa dei nostri benefattori non mancherà, ne siamo certi, a questi nostri coraggiosi confratelli, e il regno di Dio dilatato sulla terra, sarà il più bel monumento che si possa innalzare alla memoria benedetta del caro Don Bosco.
SACERDOTE DON GIOVANNI BOSCO
NATO IN CASTELNUOVO D'ASTI IL 15 AGOSTO 1815,
Morto in Torino il 31 di Gennaio 1888,
E SEPOLTO NEL COLLEGIO SALESIANO DELLE MISSIONI ESTERE IN VALSALICE PRESSO TORINO.