ANNO III. - N. 7. Esce una volta al mese LUGLIO 1879
Direzione nell'Oratorio Salesiano. - Via Cottolengo, N. 32, TORINO
SOMMARIO - Avviso per la Lotteria - I Valdesi o Evangelici di Vallecrosia e la Casa di Maria Ausiliatrice - Lettera di un Giovane convertito alla Fede cattolica ai Superiori dell' Asilo Evangelico di Vallecrosia - La festa di s. Giovanni nell'Oratorio di S. Francesco di Sales - Lettera Salesiana - Le feste di Maria Consolatrice in Torino - Storia dell'Oratorio di S. Francesco di Sales - Un Vescovo Siciliano nell' Oratorio -Indulgenze speciali pei Cooperatori Salesiani.
Verso la fine di Agosto si farà l'Estrazione della nostra Lotteria; laonde nel prossimo numero del Bollettino daremo l'elenco degli oggetti, e, dopo previo accordo colla R. Prefettura di Torino, pubblicheremo il giorno preciso di detta Estrazione.
Tutto il mese di Luglio e la metà di Agosto sarebbe ancor tempo favorevole per ismerciare biglietti. Perciò preghiamo caldamente quelli, che ne hanno tuttora tra mano, a volerci fare la carità di distribuirli, oppure inviarceli tosto, affinchè noi ne possiamo tentare l' esito tra altre caritatevoli persone.
Da qualche settimana stiamo inviando una lettera a quelli dei benemeriti Cooperatori e Cooperatrici, che ebbero la bontà di ricevere buon numero di biglietti o per sè o per distribuire ad altri, colla quale li preghiamo ' ad usarci la carità di trasmettercene il prodotto, qualora non lo avessero ancora spedito. Avvertiamo che l'invio di questa lettera non ci fu suggerito da mancanza di fiducia verso i caritatevoli nostri benefattori , perchè eravamo e siamo più che persuasi, che tardi o tosto eglino ci avrebbero fatto pervenire ogni cosa; ma ci fu imposto dalle strettezze, in cui presentemente versiamo pei lavori della Chiesa di S. Giovanni, che, stante la buona stagione, progrediscono alacremente. Tuttavia dimandiamo scusa e un benigne compatimento a coloro , ai quali, senza volerlo, avessimo cagionato qualche disturbo, e preghiamo Dio che di tutto li ricompensi.
In questi ultimi mesi ci pervennero molte richieste di ottime persone, che desiderano di far parte alla pia Unione dei Cooperatori e Cooperatrici. Le gravi e quotidiane occupazioni, che ora ci arreca la Lotteria, c' impediscono di loro spedire tostamente i relativi diplomi. Le preghiamo pertanto a voler pazientare sin dopo l' Estrazione, assicurandole che allora saranno esauditi i loro desiderii.
Fra le Case , che per la divina Provvidenza la Pia Società Salesiana tiene aperte in Liguria, quella si è di Maria Ausiliatrice di Vallecrosia presso Bordighera, diocesi di Ventimiglia. Dopo che venne attivata la linea ferroviaria di Genova-Ventimiglia, questo sito, prima di poche abitazioni, prese e continua a farsi assai popolato , e per la sua salubrità divenne eziandio il convegno di molti forestieri. Or appunto in questo luogo i Protestanti, Valdesi od Evangelici, da parecchi anni fondarono un ospizio ed apersero scuole, dove per loro stessa confessione attirano i figli delle famiglie cattoliche. Spaventato dal pericolo che queste correvano di perdere insensibilmente la Fede, il compianto Monsig. Lorenzo Biale, Vescovo di Ventimiglia, pregò D. Bosco che volesse venirgli in aiuto collo stabilire una Casa in quel sito medesimo, aprendovi una Cappella per l'istruzione degli adulti, e le scuole elementari pei fanciulli e per le fanciulle. Giusta il desiderio del vigilantissimo Pastore la Casa fu aperta nel 1876; furono mandati alcuni Sacerdoti e maestri patentati per la scuola dei ragazzi, e alcune Suore di Maria Ausiliatrice per ammaestrare le giovinette. Quantunque stretto e misero fosse e sia tuttora il locale destinato a ciò, tuttavia se ne ottenne l'effetto bramato. Le famiglie cessarono dall' inviare la loro figliuolanza alle scuole Protestanti, e la consegnarono ai maestri e alle maestre Cattoliche.
Gli eretici, che si erano stabiliti in quelle parti allo scopo di far proseliti , vedutesi troncare così le mal concepite speranze, non tardarono a levarne alto lamento prima a voce e poi per iscritto. Ultimamente il sedicente Pastore Evangelico, e il Direttore di quell'Asilo scrissero e divulgarono un libercolo col titolo : Poche parole agli abitanti dei piani di Vallecrosia e villaggi circonvicini. Con questo stampato, sfogando il proprio maltalento, coloro cercano di eccitare quei buoni abitanti contro la Casa di Maria Ausiliatrice, movendole varie accuse. Fra l'altro rimbrottano i Salesiani di aver innalzato in quel luogo il loro Stabilimento di educazione, invece di andarlo ad impiantare in altro campo più adatto ; li accusano di adoperare armi indegne , influenze malefiche, tentativi di perversione contro i fanciulli e fanciulle, che frequentano le scuole Protestanti ; scrivono che i Reverendi loro vicini , se non ne fossero trattenuti dallo Statuto, rinnoverebbero i famosi auto-da-fé, cioè brucierebbero volentieri non solo le bibbie, ma le stesse persone dei dissidenti dalla Romana Chiesa; asseriscono ancora che noi usiamo verso di loro Valdesi in modo, che sarebbe atto ad inspirare orrore ai popoli civili, da farci vergognosamente cacciare da tutte le parti, e via dicendo; così che il libretto ti sembra scritto non già da uomini, che si vantano di professare la legge del Vangelo, e perciò si chiamano Evangelici , ma piuttosto dettato da un discendente dei Crocifissori di Gesù Cristo, o da un seguace di Maometto.
Non è nostra intenzione di rispondere a tutte e singole le accuse contenute in quelle pagine ; tuttavia giacché costoro ce ne porgono occasione soggiungiamo qui alcuni riflessi in proposito.
Anzitutto domandiamo : Voi, signori Valdesi, Evangelici, Luterani, Calviniani, Anglicani , Protestanti insomma , ché ormai siete una cosa sola contro la Chiesa Cattolica , voi perché mai siete venuti a piantare il vostro Asilo in un campo, in un centro Cattolico, qual è Vallecrosia ? Perché mai invece di scegliere queste spiaggie, ove fissare le vostre tende, non avete scelto la valle di Luserna, o le rive del lago di Ginevra, o le sponde del Tamigi, o i sobborghi di Berlino ? Là sareste stati sul vostro terreno , perché tra vostri correligionarii ; in questi piani invece, seminati di famiglie Cattoliche, voi siete stranieri , venutivi davvero con ispirito partigiano , mentre noi vi siamo come in casa nostra , perché tra fratelli Cattolici. Il rimbrotto adunque, che ci fate, noi lo rivolgiamo contro di voi, ed ogni persona onesta ci darà ragione. Ma almeno perché mai non gradite la nostra vicinanza? Perché predicate sempre la tolleranza, e poi vi mostrate così intolleranti da non volerci da presso ? Ah ! il perché si è quel medesimo, per cui un certo individuo, nell'avvicinarsi all'ovile, sente dispetto vedendo il buon pastore o i suoi custodi, vigilanti alla difesa delle pecore. Ecco spiegato l'enigma. Essendo così non vi resta che allontanarvi da cotesti piani, e vi assicuriamo che niuno dei Cattolici piangerà la vostra dipartita. Se ciò non vi garba , rimanete ; ma cessate dal muovere accuse ai dissidenti dalla vostra setta.
Voi chiamate indegne le nostre armi, e parlate d'influenze malefiche. Le nostre armi sono quelle d'un Ministero pacifico e laborioso ; le nostre influenze sono quelle di una carità paziente. I maestri e le maestre Cattoliche prestano il loro servizio agli adulti ed ai fanciulli di cotesta valle, sacrificando per essi comodità e vita. Prediche , catechismi, scuole sono le loro occupazioni di tutta la settimana, anzi di tutta la giornata; e tutto ciò essi fanno senza alcun guadagno, anzi senza paga di sorta ; mangiano un pane il più delle volte offerto loro dalla carità dei fedeli, ed abitano una casetta, che molto ritrae da quella di Nazaret. Or questi buoni abitanti, che hanno senno e cuore, vedendo il gran divario che passa tra la vita di abnegazione del Sacerdote Cattolico, e la vita comoda del Ministro Protestante; vedendo che il Cattolico dà tutto se stesso pel bene delle loro anime, e il Valdese invece cerca quae sua sunt non quae lesu Christi, di quello prendono stima, lo amano, lo ascoltano e si affezionano sempre più alla Religione, che inspira e conforta a quei sacrifizii, e di questo non si curano nè punto nè poco. Ecco adunque, o signori Evangelici, ecco le armi, che adoperano i maestri e le maestre Cattoliche ; ecco il modo col quale esercitano le loro influenze tra mezzo a cotesto popolo. Qual giustizia adunque è la vostra di chiamarle armi indegne, e influenze malefiche ?
Scrivete ancora che i vostri vicini tentano di pervertire i fanciulli. Si , essi tentano di pervertirli a quel modo , che tentava di pervertirli Gesù Cristo , quando in sua vita mortale gridava ai lupi d'allora : «Guai a colui, che darà scandalo ad un bimbo, che crede in me : meglio sarebbe che costui si legasse una pietra da molino al collo, e si gettasse nel profondo del mare »; e di ciò non pago li pervertiva ancora col farli venire a lui da presso, accarezzarli, istruirli e benedirli. Adunque, se non vi piace questo modo di trattare coi giovanetti, aggiustatevela col divin Maestro. Del resto che faccia adamantina avete voi mai ! Chiamate seduttori e corrompitori i maestri e le maestre Cattoliche, perchè ad una giovinetta esterna del vostro Asilo hanno presentata a baciare l'imagine di Colui, che è morto per noi in croce ; ma diteci, di grazia, voi che tra cotesti abitanti Cattolici spandete i vostri libelli pieni di castronerie contro la nostra Religione , che mestiere esercitate voi ?
Non siete invece voi i seduttori e i corrompitori della nostra gioventù, a cui propinate massime tanto evangeliche, quanto lo sono quelle dell'Alcorano ? Invece di accusare di corruzione i vostri vicini, perchè parlano del Crocifisso e della Madonna, sarebbe meglio, anzi doveroso che voi toglieste dalle vostre case di educazione la scandalosa promiscuità dei due sessi, o prendeste le necessarie misure per evitare certi disordini che taciamo, a fine di usare a voi qualche riguardo , e non offendere l' onestà dei nostri lettori.
Nel vostro libello pretendete di dimostrare eziandio che lo spirito, il quale anima tuttora i Reverendi vostri vicini, sarebbe quello di bruciare non solamente la bibbia, ma le stesse vostre persone. In quanto alla vostra bibbia avete ragione. Sì, noi bruciamo volentieri quella bibbia, nella cui versione in lingua volgare il vostro Lutero nella lettera di s. Paolo ai Romani introdusse di suo capo la parola solamente, e così in cambio di far dire dall' Apostolo : Pensiamo giustificarsi l' uomo per la fede , gli fa dire invece : Pensiamo giustificarsi l'uomo solamente per la fede. E perchè questa capricciosa aggiunta ? Per escludere la necessità delle opere buone al conseguimento della salute eterna, e così accreditare il suo fatale errore (1). Sì, noi bruciamo quella bibbia, in cui questo bestemmiator di Dio, questo schernitor di Mosè , questo sparlatore dei santi Apostoli, commise tanti spropositi, depravò tanti passi, che lo stesso protestante Bucero afferma essere la versione di Lutero piena di errori, e Filippo Mornixio pur esso protestante asserisce non essere al mondo traduzione, la quale più si discosti dal testo autentico (2). Sl , questa vostra bibbia noi la bruciamo, e bruciandola non bruciamo punto la parola di Dio, come scioccamente scrivete, perchè la parola di Dio manet in aeternum , ma bruciamo la parola del demonio, che è spirito di menzogna.
In quanto poi alle persone dei dissidenti, il vanto di bruciarli noi lo lasciamo ai discepoli di Pietro Valdo, ai fratelli di quei sette sicarii, i quali, il giorno 9 di aprile dell'anno 1374, in Bricherasio, con una grandine di colpi trucidarono barbaramente il beato Pavonio da Savigliano , perchè predicava contro la vostra dottrina e convertiva gran numero di Valdesi alla Chiesa Cattolica ; la gloria di bruciare le persone dei dissidenti la riserbiamo agli ammiratori di quel Lutero , il quale, dopo di aver coi suoi scritti e sermoni sovvertitori fatto ribellare i contadini contro ai legittimi loro Principi, insisteva poscia perchè non venisse usata loro nè grazia nè riguardo alcuno, e scriveva : « Su, su, Principi, all'armi, ferite, forate ; venuto è il tempo maraviglioso , che un Principe possa guadagnarsi il Paradiso col trucidare villani. » Avvenuta poi la strage dei medesimi per oltre a cento mila, il crudele ne prendeva sopra di sè la risponsabilità scrivendo : «Sono io Martin Lutero, che nella rivolta ho ucciso i contadini , poichè ho dato ordine di ammazzarli. » Sì, lo spirito di rinnovare i famosi auto-da-fè colla persona dei dissidenti lasciamo che animi i discepoli di quel Calvino, il quale sulle pubbliche piazze di Ginevra , dove egli tiranneggiava , faceva innalzare altrettante forche con sopravi queste parole : Per chi parlerà male del signor Calvino; lo spirito di bruciare gli avversarii in fatto di religione lasciamo che informi il bell' animo dei seguaci di questo Nerone evangelico, il quale il giorno 27 di ottobre del 1553 sulla piazza di Ginevra faceva arrostire a lento fuoco Michele Serveto, perchè costui aveva rilevato negli scritti di Calvino diversi svarioni ed errori, e li aveva combattuti (1). Sì, ve lo ripetiamo, agli amici, ai discepoli, agli ammiratori di questi vostri così miti patriarchi noi lasciamo il vanto, la gloria, lo spirito di ammazzare, trucidare , abbruciare i dissidenti. (2)
Voi poi, Valdesi o Barbetti, che accusate i Salesiani vostri vicini di usare modi da inspirare orrore ai popoli civili, e meritare di essere cacciati da tutte le parti, voi nel lanciare questa accusa dovreste arrossire, se di rossore foste capaci. Imperocchè nel corso dei secoli quante volte colle vostre turbolenze , colle vostre ribellioni, colle vostre stragi ed assassinii avete obbligati i nostri Principi, prima a rinchiudervi nella valle di Luserna, e poi a prendere le armi per difendere la tranquillità, le sostanze e la vita dei loro sudditi Cattolici contro di voi ? Ora è il Principe Guglielmo di Acaia che si vede costretto a reprimere i vostri eccessi ; ora il Duca Carlo I ; ora Emanuele Filiberto l'eroe di S. Quintino; ora è Carlo Emanuele il Grande; ora Vittorio Amedeo I ; ora la Principessa reggente Maria Cristina ; ora suo figlio il Duca Carlo Emanuele II, e via dicendo (1). Ed in faccia alla veridica storia, che riverbera una luce così trista sulla vostra condotta , voi , Valdesi , osate scrivere che il modo di agire dei Salesiani e. delle Suore di Maria Ausiliatrice inspira orrore ai popoli civili?
Avremmo altre cose da soggiungere ancora, ma poniam fine a questo articolo, per dare posto alla lettera seguente.
(1) I Cattolici non tardarono a scoprire questa sua aggiunta, e Lutero vedutosi scoperto uscì in queste goffe e superbe parole : « Se il nostro nuovo papista vuol prendersi fastidio della parola solamente, così gli dico alla sfuggita : il Dottor Martin Lutero la vuole ancor ritenere, e dice : papista ed asino è la stessa cosa : sic volo, sic jubeo , sit pro ratione voluntas Questo vocabolo deve rimanere nel mio Nuovo Testamento : dovessero pur divenire furibondi ed impazzati tutti gli asini del Papa non me lo faranno levare. » Che linguaggio edificante pei fedeli, e rispettoso per la Bibbia !
(2) Nella sola versione del Nuovo Testamento fatta da Lutero vennero notati oltre a quattro mila errori o luoghi depravati ! Andatevi dunque a fidare della Bibbia dei Protestanti
(1) Questo Calvino , chiamato meritamente bevitore di sangue umano dallo stesso protestante Galiffe, che ne malediceva la memoria, scriveva ancora il 30 settembre 1561 al marchese del Poët , sostegno dei Protestanti del mezzodì della Francia : « Sovratutto non mancate di vuotare il paese da questi zelanti facchini , che esortano i popoli a stare contro di noi , oscurando la nostra condotta e volendo far passare per sogni la nostra fede. Simili mostri debbono venir soffocati, come ho fatto io nel supplizio di Michele Serveto spagnuolo. » Che spirito benigno eh ! E i suoi discepoli osano accusare di barbarie i Cattolici !
(2) Chi volesse conoscere appieno l'umanità, di Lutero, di Calvino e di simile genia legga la pregevolissima opera : Il Protestantesimo per Pietro Peinetti. - Si vende In Torino alla Libreria Salesiana - Farebbero bene a leggerla anche i Valdesi, che l'anno 1536 fecero lega coi Calviniani, e sono ormai con essi una cosa sola nell'odio contra la Chiesa Cattolica.
(1) Esiste nella biblioteca del Re in Torino un manoscritto sulla condotta dei Valdesi nello Stato Sabaudo. Se costoro verranno ancor fuori con qualche altra accusa sapremo con questo documento rivelare al mondo i graziosi modi, che tennero coi Principi di Savoia e coi popoli civili.
Preg.mo Signor Pastore Evangelico,
Mi venne poc' anzi tra mano un libretto sottoscritto dalla S. V. e dal Signor Direttore di cotesto Asilo, che mi ospitò per cinque anni. In pari tempo ricevo il periodico Le Témoin, da cui veggo che i Valdesi in questi ultimi giorni si occuparono di me e del mio ritorno al seno della sola vera Chiesa di Gesù Cristo. Nel libercolo la S. V. e Direttore asseriscono che i Superiori della Casa di Maria Ausiliatrice in Vallecrosia, approfittando della mia miseria, mi hanno pervertito, come tentarono pur di fare, voi dite, con tre altri giovanetti di cotesto ospizio; nel periodico poi i Valdesi si scatenano contro di me con tanta acrimonia, da mettere sotto dei piedi non solo la carità , ma ogni regola di buona creanza. Alle ingiurie del Témoin non rispondo; rispondo invece ad alcune asserzioni contenute nell' accennato vostro libello.
Primieramente permettetemi di dirvi, che in quelle pagine voi usate delle espressioni e dei titoli, che non mi sembrano permessi da quel Vangelo, che i Valdesi e soci hanno sempre in sulla bocca. In particolare poi accusate, anzi calunniate la condotta dei maestri e maestre della Casa di Maria Ausiliatrice che vi sorge accanto; e io che conosco le cose vostre, e quelle dei vostri vicini, dico che è assai più lodevole la condotta di questi, che non la vostra. I maestri e le maestre Cattoliche di D. Bosco stanno costì in una misera casetta, stentando la vita pel bene del loro prossimo; vi stanno non solo senza stipendio, ma a proprie spese; lavorano a pro delle anime da mane a sera e nei giorni feriali e nei giorni festivi; e voi invece, signor Pastore evangelico, voi, Direttore dell'Asilo Valdese, abitate un bel locale, vi godete il grasso stipendio che vi passa la ricca protestante inglese, la signora Boyc ; e facendo poco o niente, ve la passate allegramente in compagnia della vostra moglie e figliuoli. Agli abitanti di cotesti piani e villaggi circonvicini parmi adunque, che debba riuscire ben poco vantaggiosa e commendevole questa vostra cuccagna.
Voi ancora in una pagina scrivete che le Suore di Maria Ausiliatrice non possono essere abili maestre, perché colla loro professione religiosa hanno, per così dire, rinnegata la famiglia; ma io dimando: Le vostre mogli o dottoresse colla caterva dei loro figliuoli, colle molteplici cure di famiglia, colle esigenze dei loro mariti, sono esse in grado d'insegnar meglio, ed occuparsi con maggior diligenza ed amore al benessere delle figlie del popolo?
Io sono anche in grado di dirvi che voi avete mentito scrivendo che un Prete di cotesta Casa di Maria Ausiliatrice, un giorno avendo veduto a passare nella via una giovinetta colla bibbia alla mano, le mandò contro un ragazzo con incarico di rapirgliela. E pure una menzogna che un'altra volta il Sacerdote Cattolico, avendo incontrato un giovinetto del vostro Asilo, lo abbia richiesto se suo padre avesse le immagini; gli abbia suggerito di fuggire dall'Asilo se non voleva andare all'inferno; che gli abbia insinuato che i suoi Superiori sono gente corrotta. Si, tutte menzogne. E da queste si può arguire il resto del vostro libello, che in sostanza altro non è fuorché un tessuto di spropositi, che fanno ben poco onore alla scienza di chi pretende di essere pastore e maestro evangelico.
Ma lasciamo stare a parte questo argomento, e veniamo a certe proposizioni riguardanti la credenza. Voi scrivete che i miei Superiori approfittando della mia miseria, mi hanno pervertito e fatto un neofito, e io vi dimostrerò che essi mi hanno in quella vece convertito sgombrando dalla mia mente gli errori, che voi mi avevate insegnato. Per non dilungarmi di troppo mi restringo ai punti principali accennati nel vostro libello.
Per modo di esempio, voi scrivete e m'insegnavate che i Cattolici non lasciano leggere la Bibbia ; e invece venuto qui, i miei Superiori mi posero tosto in mano la Bibbia tradotta dal Martini, perché la leggessi e consultassi a mio bell'agio. Facendo io le mie maraviglie essi mi risposero : « Sappi che la Chiesa Cattolica non proibisce già la lettura della Bibbia , come scrivono ed insegnano i Protestanti; quello che fa la Chiesa è questo : Siccome nella Bibbia vi sono delle cose, delle parole, delle espressioni difficili a capirsi, e che qualcuno potrebbe interpretar malamente; così la Chiesa, oltre al vigilare che la traduzione della Bibbia in lingua volgare sia fedele, vuole che sia ancora corredata di note spiegative per fare intendere bene il senso. Quindi tra noi i dotti possono leggere liberamente la Bibbia nella sua lingua originale ebraica, greca e latina; e i meno dotti possono leggerla tradotta in lingua italiana, francese, inglese , spagnuola, tedesca, in somma in tutte le lingue moderne, senza pericolo di prendere abbaglio. » Allora io conobbi che voi, signori Valdesi, mi davate ad intendere una cosa per un'altra; in una parola conobbi che mi avevate ingannato. Ciò nondimeno io non potei trattenermi dal far osservare ai miei maestri Cattolici come voi mi dicevate che la Bibbia è chiara, intelligibile, alla portata di tutti, e che perciò non abbisogna di altra spiegazione; ed essi, fattami cercare la seconda lettera di san Pietro Apostolo , mi fecero leggere al capo III queste parole: « Carissimi... la longanimità del Signor nostro tenete in luogo di salute: conforme anche il carissimo nostro fratello Paolo per la sapienza a lui conceduta vi scrisse, come anche in tutte le epistole, dove parla di questo : nelle quali sono alcune cose difficili a capirsi, le quali gli ignoranti e i poco stabili stravolgono (come anche tutte le altra Scritture) per loro perdizione. » Queste parole mi fecero aprire gli occhi, mi fecero persuaso che la stessa Bibbia dice che essa contiene alcune cose difficili a capirsi, e cose importanti, che malamente interpretate menano alla perdizione. Dunque non è vero che la Bibbia sia alla portata di tutti, e non abbisogni di spiegazioni per capirne bene il senso. Io non sono ancora in grado di trarre da questo punto tutte le conseguenze contro la vostra dottrina circa la regola di fede, e perciò mi limito a farvi una domanda : Perché non mi avete mai fatto ben rilevare queste parole di san Pietro a riguardo delle 14 epistole di san Paolo, che formano una sì gran parte della Bibbia? Dopo ciò io rido al leggere nel vostro libretto che presso di voi anche i bambini possono leggere la Bibbia. Che cime di sapientoni devono essere i bambini Valdesi ! Se è così, prendete un mio consiglio : invece di far loro succhiare il latte dalla madre, fate loro succhiare i fogli delle vostre Bibbie, e vedrete i bei marmocchi che diverranno!
Vengo ad un altro punto. Voi scrivete ancora, come pure m'insegnavate, che i Cattolici adorano le immagini, commettendo così un peccato d'idolatria. Io domandai se ciò fosse vero, e mi fu dimostrato che voi siete calunniatori della Chiesa Cattolica, alla quale affibbiate delle dottrine, che essa non solo non ammette, ma abborrisce e detesta. Per convincermene mi fecero leggere quello, che la Chiesa Cattolica insegna nei suoi Catechismi intorno al culto delle sacre immagini. Leggete ancor voi, e se siete gente di coscienza cesserete dal chiamare idolatri i Cattolici. « Le immagini di Gesù Cristo, così il Catechismo Cattolico, le immagini di Gesù Cristo, della Vergine Madre di Dio e degli altri Santi, sono da onorarsi e venerarsi, non già perché vi sia in esse qualche divinità o qualche virtù , o perché si debba domandar loro qualche favore, o riporre nelle medesime qualche fiducia, come facevano una volta i Gentili, i quali collocavano negli idoli la loro speranza ; ma sono da onorarsi e da venerarsi; perché l'onore e la venerazione che si presta alle immagini si riferisce agli originali, cioè a Gesù Cristo medesimo, o alla Vergine Maria, od ai Santi, che esse ci rappresentano (1). » Avete capito, signor Malan e signor Billour? Questa e non altra è la dottrina e la pratica della Chiesa Cattolica. Come dunque vedete, noi Cattolici non adoriamo le immagini, come voi falsamente scrivete ed insegnate. Noi sappiamo meglio di voi che un solo è il vero Dio, il supremo Signore e l'assoluto Padrone di tutte le cose; perciò a Dio solo e a Gesù Cristo suo divin Figliuolo prestiamo il culto di adorazione. In quanto alle immagini noi non facciamo se non quello che fanno i buoni figliuoli, i sinceri amici , i sudditi fedeli. Non é egli vero che un buon figliuolo, un amico affettuoso onora i ritratti dei suoi genitori e dei suoi amici? Non è egli vero che un suddito fedele onora le immagini del suo Principe? E voi, Valdesi, non fate ancora altrettanto? E se ciò si pratica colle immagini del Re, dei parenti e degli amici senza commettere alcun peccato d'idolatria, perché mai lo commetteremo noi Cattolici , quando onoriamo le immagini di Gesù Cristo, nostro Padre e nostro Re, di Maria, nostra Madre e Regina, dei Santi, nostri fratelli ed amici? Ah ! cessate una volta, poveri Protestanti, cessate una volta dal mostrarvi ridicoli ed irragionevoli; cessate dall'ingannare e pervertire la gente.
Ma voi soggiungete nelle vostre pagine: Iddio ha detto: Non farti scultura, ne immagine alcuna. Si, è vero ; ma badate alle parole che aggiunge il Signore : Per adorarle. Dunque vuol dire che Iddio proibisce di fare delle sculture e delle immagini, come facevano gli idolatri, cioè col fine di adorarle siccome divinità, ma non già proibisce di farle col fine di solo onorarle, e con questo mezzo sollevarci ad onorare gli originali, che esse ci rappresentano. Che questo e non altro sia il volere del Signore, si appalesa chiaramente dalle seguenti parole della Bibbia, che i miei maestri Cattolici mi fecero leggere al capo 26 del Levitico , e sono: « Non vi farete idoli, né statue, dice il Signore, e non alzerete colonne, né pietre insigni nel vostro paese per adorarle. Perocchè io sono il Signore Dio vostro. » Di qui si vede, che, quando si ritiene per nostro unico Iddio il Signore, e non si adorano, non è punto vietato di fare e ritenere delle immagini , come non è proibito di alzare colonne. e pietre insigni nelle nostre città e paesi, ormai seminati di siffatti monumenti. In quella guisa poi che i Protestanti si farebbero ridere alle spalle, se disapprovassero la erezione di colonne e pietre insigni sulle nostre piazze col pretesto che sono proibite dalla Bibbia; così non meno ridicoli si dimostrano nel censurare le statue e le immagini dei Cattolici per lo stesso motivo.
Per convincermi sempre meglio che la cosa è così, e che voi, signori Valdesi, mi tenevate nell'errore, i miei Superiori sempre coll'aiuto della Bibbia mi dimostrarono che Dio medesimo comandò di fare delle sculture e delle immagini ; tanto é vero che queste non sono proibite. Diffatto al capo 25 dell'Esodo si legge che il Signore ordinò a Mosè di fare l'Arca dell'Alleanza, dove collocare le tavole della legge, farle il coperchio detto il Propiziatorio , e poi soggiunse: « Farai anche due Cherubini d'oro dall'una e dall'altra parte del Propiziatorio ; un Cherubino da un lato, e uno dall'altro lato. » Vedete dunque, signor Malan, che Dio, il quale proibisce di fare delle figure per adorarle, comanda poi di farne per onorarle insieme coll' Arca Santa? E se ciò permetteva, anzi comandava agli Ebrei in quel tempo, in cui vi era molto pericolo d'idolatria, lo vorrà egli proibito ai Cristiani, tra cui questo pericolo è lontano le mille miglia ?
Vi è ancora una prova che non voglio nascondervi, perché ha fatto del bene a me, e potrebbe farne anche a voi coll'ispirarvi divozione a Gesù Crocifisso, che ora tanto abborrite. La prova è quella del serpente di bronzo, per ordine di Dio medesimo fatto scolpire da Mosé , ed esporre in mezzo al deserto agli sguardi e alla venerazione del popolo Ebreo. Ecco il fatto e le parole della Bibbia, che voi tenete per unica regola di fede « Il popolo cominciò ad annoiarsi del viaggio e delle fatiche, dice il sacro testo, e parlarono contro Dio e contro Mosè... Per la qual cosa il Signore mandò contro del popolo serpenti , e moltissimi essendo piagati da questi e morendo, andò il popolo da Mosè e disse: Abbiam peccato, perché abbiamo parlato contro il Signore e contro di te: pregalo che allontani da noi i serpenti. E Mosè fece orazione pel popolo, e il Signore gli disse: Fa un serpente di bronzo , e mettilo come segno ; chiunque essendo ferito lo mirerà, avrà vita. Fece adunque Mosè un serpente di bronzo, e lo pose come segno ; e mirandolo quelli, che erano piagati, ricuperavano la sanità (Num. XXI). » Ecco dunque Iddio, che proibisce di fare sculture per adorarle, comandare altre volte di farne perché siano onorate, e servano ad inspirare sentimenti di pietà e divozione. Questo serpente fu dagli Ebrei tenuto in grande venerazione per più di 700 anni, e fu poi distrutto dal pio re Ezechia, perché ai suoi tempi molti di loro alla guisa dei pagani avevano incominciato ad adorarlo come una divinità.
Nel Vangelo Gesù Cristo medesimo parlò di questa immagine, e lungi dal disapprovarne l'uso, l'onore e la venerazione che le venne tributata, Egli insegnò a riconoscere in essa la virtù della Croce, sulla quale doveva essere Egli stesso confitto per la salute di quelli , i quali morsi dall' antico serpente miseramente perivano. Sono queste le parole di Gesù, che si leggono nel Vangelo di san Giovanni al capo III: « Siccome Mosè innalzò nel deserto il serpente, nella stessa guisa fa d'uopo che sia innalzato il Figliuolo dell'uomo, affinché chiunque in lui crede non perisca, ma abbia la vita eterna. » Non ci deve qui far maraviglia il vedere il nostro divin Salvatore paragonato ad un serpente ; questa similitudine , quantunque risvegli in noi una sgradita idea, tuttavia é molto adattata a significare Gesù Cristo, che per la salute nostra si caricò dei nostri peccati, e, sebbene innocentissimo , permise di essere giudicato colpevole, e come tale messo in croce. Del resto , dopo l' applicazione che Gesù Cristo ha fatto a se medesimo di questa istoria, non si può più dubitare che il serpente di bronzo fosse una figura di Gesù Crocifisso. Essendo così, io domando: Se era lecito onorare, e venerare la figura di Gesù Cristo prima che Egli venisse su questa terra, perché non sarà più lecito onorarla . e venerarla dopo che Egli é venuto ? Se non era idolatria allora , perché lo sarà adesso? Signori Valdesi, io vi sfido a darmi una risposta ragionevole, e finché non me la darete, io ho il diritto di dirvi che a torto voi rimproverate noi Cattolici , perché onoriamo, veneriamo, baciamo il Crocifisso; a torto ci accusate d'idolatria; a torto infine voi accusate di seduzione le Suore di Maria Ausiliatrice, perché presentarono un giorno il Crocifisso a baciare ad una ragazza di cotesto vostro Asilo.
Tratterò ancora un punto da voi pur accennato nella famosa vostra pubblicazione. Ivi censurate l'invocare l'intervento di Maria, e date dell'ignorante a chi prega l'augusta Madre di Dio, soggiungendo che così non facevasi ai tempi apostolici. Durante il tempo della mia istruzione Cattolica io ebbi occasione di farmi dilucidare questo punto ancora sulla invocazione dei Santi e della Vergine Maria, e quindi mi trovo costretto a dirvi che eziandio in questa parte io era da voi ingannato, sedotto, pervertito. Prima di tutto vi fo osservare che la Chiesa Cattolica non insegna già che sia cosa necessaria il pregare i Santi, ma solamente che è cosa buona e utile. In secondo luogo dovete sapere che tra noi Cattolici si fa una grande differenza tra il pregare Iddio e Gesù Cristo , e il pregare la Vergine Maria e i Santi del cielo. Noi preghiamo Dio come Padrone, come Sovrano che può fare tutto da sé; e preghiamo la Vergine ed i Santi non già perché ci facciano essi le grazie come Signori e Padroni , ma perché, siccome servi ed amici di Dio, vogliano congiungere le loro preghiere alle nostre, per ottenerci più facilmente da Lui i favori che ci abbisognano. Volete assicurarvi di questa reale differenza? Prendete le così dette Litanie alla mano, che noi Cattolici siamo soliti a cantare in Chiesa e nelle processioni, e voi troverete che quando noi ci volgiamo al Padre, al Figliuolo, allo Spirito Santo, alla Santissima Trinità, diciamo : Miserere nobis, cioè abbi pietà di noi. Lo stesso facciamo con Gesù Cristo dicendo:
Cristo, esaudiscici ; Agnello di Dio, perdonaci, e via dicendo , riguardando Gesù Cristo come nostro Padrone e Signore. Ma quando noi ci rivolgiamo a Maria Vergine ed ai Santi , diciamo invece: Orate pro nobis: Pregate per noi. Lo stesso divario voi noterete osservando il Padre nostro e la Salutazione Angelica, cioè l'Ave Maria. Nel primo noi diciamo : Padre nostro... dacci oggi il nostro pane quotidiano; e nella seconda: Santa Maria Madre di Dio , prega per noi. Per la qual cosa invocando in questa guisa i Santi, noi non facciamo nessuna ingiuria a Dio, quasi che li eguagliassimo a Lui medesimo , né facciamo alcun torto né offesa a Gesù Cristo, come se Egli non fosse il nostro Avvocato , il nostro Mediatore presso il Padre. Imperocchè noi crediamo sempre che Gesù Cristo è la causa prima, formale ed efficace di tutti i nostri beni, e la Vergine stessa ed i Santi nel dimandar grazie per noi si appoggiano ai meriti suoi infiniti. La Chiesa Cattolica esprime ancora questa dottrina nelle suo preghiere, le quali , ancorché vi s'interponga il nome di Maria o di qualche Santo o Santa, terminano sempre con queste parole : Pel Signor nostro Gesù Cristo, che vuol dire : Concedeteci le grazie, o gran Dio, pei meriti di Gesti Cristo vostro Figliuolo e nostro Salvatore. Ecco la dottrina della Chiesa Cattolica, o signori Valdesi. In che cosa merita essa di essere da voi censurata?
Senza addurre ragione alcuna voi vi contentate di declamare che la invocazione dei Santi è contraria alla Bibbia. Or bene , per completare questo punto , io vi rispondo colla Bibbia alla mano che voi siete ingannati o volete ingannare, come pur troppo avete ingannato me. La Bibbia, lungi dal condannare l'invocazione dei Santi, dice invece che Dio stesso talora, per concedere delle grazie a qualche persona, ha voluto essere pregato dai suoi servi fedeli. Aprite il libro di Giobbe, e voi al capo 42 troverete che Dio sdegnato contro i tre amici di questo santo uomo, perché non avevano parlato rettamente , disse loro che, se volevano essere perdonati, si raccomandassero a Giobbe stesso che pregasse per loro. Ecco le parole del sacro testo : « Dopo che il Signore ebbe dette a Giobbe quelle parole, Egli disse ad Elifaz di Theman : Io sono altamente sdegnato contro di te e contro i due tuoi amici, perocché non avete parlato con rettitudine dinanzi a me, come Giobbe mio servo. Prendetevi adunque sette tori e sette arieti, e andate a trovare Giobbe mio servo, e offrite olocausto per voi , e Giobbe mio servo farà orazione per voi ; e in grazia di lui non sarà imputato a voi la vostra stoltezza Andarono dunque... e fecero quanto aveva detto loro il Signore, e si placò il Signore in grazia di Giobbe. » Vedete adunque che la Bibbia non condanna, ma inculca la invocazione dei Santi ?E nel Nuovo Testamento il grande Apostolo Paolo, scrivendo ai Cristiani di Roma, non dice egli loro queste parole: Vi scongiuro, o fratelli, che mi aiutiate dinanzi a Dio col pregare per me? (XV, 30). Or, se questo Apostolo non credeva di far torto a Dio, nè a Gesù Cristo coll'implorare il soccorso e le orazioni dei Cristiani, che ancor militavano in sulla terra, vorrete voi dare ad intendere che noi Cattolici lo offendiamo, quando imploriamo l'intercessione dei Santi che già regnano in Cielo? Voi mi negherete che gli Spiriti beati e le Anime dei defunti preghino per noi. Ebbene, aprite la Bibbia e troverete in Zaccaria profeta al capo primo un Angelo, che prega pel popolo Israelitico, posto in servitù già settant'anni, e dice: « Signore degli eserciti, fino a quando non avrai misericordia di Gerusalemme e delle città di Giuda? E il Signore rispose buone parole, parole di consolazione all'Angelo. » Vedete adunque gli Spiriti beati a pregare per gli uomini ed esserne da Dio esauditi. - Nel Vangelo di san Luca al capo 16 Gesù Cristo ci dice che il ricco Epulone pregava Abramo pei suoi cinque fratelli ancor vivi. Ora , se costui prega per li suoi fratelli, ed è nell'inferno , perché non pregheranno per noi i Santi, che sono in Cielo? Non vedete, signori Protestanti , come errate e come bistrattate la stessa Bibbia a fine di spandere i vostri errori?
Scrivete ancora che ai tempi apostolici niuno sognava d'invocare l'intervento di Maria, e io vi osservo: Se san Paolo invocava l'intervento degli stessi Cristiani né tutti perfetti nè tutti santi, perchè mai egli e gli altri Apostoli e fedeli non avranno invocato l'intervento di Maria, la più perfetta e la più santa delle creature? Se san Paolo non giudicò di fare ingiuria a Gesù Cristo coll'invocare le preghiere dei suoi seguaci, avrà egli creduto di offenderlo coll'invocare le preghiere dell'augusta sua Madre? - Spargete eziandio che voi onorate Maria molto più e molto meglio di noi Cattolici , perchè la onorate alla maniera degli Apostoli; ma voi mentite. Gli Apostoli onoravano Maria come la onorava l'Arcangelo Gabriele, che la salutava rispettosamente piena di grazia, e voi nelle vostre preghiere , nelle vostre pratiche religiose non mai un saluto, non mai una lode volgete alla Benedetta fra tutte le donne. Gli Apostoli onoravano Maria come la onorava santa Elisabetta, che si proclamava felice di riceverla in sua casa e Le faceva gran festa; e voi invece non solo non fate così , ma censurate i Cattolici, perchè Le professano divozione, perchè celebrano solennità ad onore di Lei, perchè si compiaciono di chiamarsi suoi figli adottivi. Gli Apostoli onoravano Maria a quel medo che la onorava quella pia donna , che di mezzo I alle turbe disse a Gesù : Oh Beata Colei, che ti fu e ti fece da Madre ! Maria stessa nel suo Canto Magnifico annunzia che tutte le generazioni la onoreranno col chiamarla Beata; quindi gli Apostoli e i primi fedeli si gloriavano di cominciare la catena di queste divote generazioni; e voi invece, o Valdesi ed Evangelici, voi vi adontate di far parte di queste generazioni, e, se la cosa dipendesse da voi, dareste una mentita alle profetiche parole di Maria. Gli Apostoli onoravano Maria come la onoravano gli sposi di Cana di Galilea, quando nella mancanza del vino alle loro nozze, posero fiducia in Lei, e ne ebbero soccorso; gli Apostoli la onoravano come la onorò lo stesso Gesù, il quale, quantunque non fosse giunta l'ora di far miracoli, pure in quelle nozze operò il suo primo miracolo col cangiare l'acqua in vino, perchè pregatone da Maria; la onoravano gli Apostoli come la onorò suo Figlio medesimo, che pendente in croce la consegnò in custodia al più puro ed affezionato dei suoi discepoli. Voi adunque, Valdesi, Evangelici, Protestanti, lungi dall' onorare Maria alla maniera degli Apostoli, come dite , la disonorate alla guisa degli eretici, scrivendo ed insegnando che non bisogna rivolgersi a Lei per domandar grazie ; voi la disonorate dicendo che coll'invocare l'intervento di Lei nei nostri bisogni si fa ingiuria a Gesù Cristo, nostro Avvocato e Mediatore. Che più? I miei maestri mi assicurano che uno di voi, il signor Gian Ribetti , ministro Valdese in Roma, pochi mesi or sono ebbe l'ardimento di chiamare Maria l'eresia per eccellenza. Orsù adunque, signori Valdesi, è forse questo il modo con cui gli Apostoli onoravano la benedetta Madre di Gesù? E dopo siffatte vostre bestemmie che fanno il giro del mondo, osate ancora scrivere che voi onorate Maria meglio dei Cattolici? Quale sfrontatezza !
Avrei ancora altre cose a dirvi, specialmente sulla intercessione di Maria Vergine ; ma per questa volta può bastare così.
Intanto sarei a pregarvi , o signor Malan, che voleste dare lettura di questo scritto ai miei antichi compagni di cotesto Asilo. Poveri ragazzi ! mi fanno veramente compassione. Ingannati , o, per usare una vostra parola, pervertiti dalla vostra Bibbia corrotta ; ignari della vera dottrina della Chiesa Cattolica, che dipingete loro coi più neri e falsi colori, essi credonsi in sulla via della verità, e invece si trovano in quella dell'errore. Sono ciechi guidati da altri più ciechi , e finiranno per cadere tutti nella fossa. Oh ! se potessi rivederli , quante cose vorrei dir loro per farli partecipi della felicissima mia sorte. Fatelo voi per me, o signor Malan, e chi sa che nostro Signor Gesù Cristo , in vista di questo servigio , non ve ne renda il contraccambio col farvi divenire ancora un buon Pastore.
Torino, 20 giugno 1879.
LEONE COUCOURDA.
(1) Conc. Trid., Sess. 25 de invocatione, ecc.
Chi si fosse trovato il 24 dell'or passato Giugno nell'Oratorio di S. Francesco di Sales in Torine avrebbe assistito ad una festa di famiglia veramente cordiale. Erano i Salesiani e i giovanetti di detto Oratorio, che festeggiavano il Giorno Onomastico di Don Bosco loro Superiore in capo. A loro si unirono gli allievi dei collegi di Valsalice e Lanzo, i giovani dell'Oratorio di S. Luigi, non che le rappresentanze di varii altri Istituti. I Collegi più lontani non avendo potuto prendervi parte mandarono lettere cordialissime, e preziosi regali. Così fecero dall' America non solo i giovanetti , ma eziandio le fanciulle educate dalle Suore di Maria Ausiliatrice in Montevideo. Parecchi antichi allievi dell'Oratorio e studenti ed artigiani, oggidì già impiegati nel mondo, si trovarono pure presenti ad esternare personalmente a Don Bosco i sensi di riconoscenza e di gratitudine, che nel cuor loro col passare degli anni punto non si spegne. Al mattino i giovanetti dell' Oratorio si accostarono ai Santi Sacramenti , ed offersero a Dio la loro Comunione per implorare sopra di D. Bosco le più elette benedizioni. Siccome poi la pietà non è aliena da una modesta allegria , così dopo l'anima si pensò eziandio al corpo. Parecchi Cooperatori e Cooperatrici, che è quanto dire i più insigni benefattori dell' Oratorio , vollero essere lo strumento della divina Provvidenza , e ad onore di D. Bosco mandarono quanto occorreva , onde rallegrare i suoi giovanetti a colazione e a pranzo. Quindi nel mattino all'uscir di Chiesa tutti si ebbero pane e companatico, e a mezzodì varie pietanze, vino e confetti.
Ma la cosa più gradita fu nella sera la presentazione dei regali, la lettura dei componimenti in varie lingue, e il canto dell'inno, composto per la circostanza dal Sac. Giovanni Lemoyne, e musicato dal giovane Giuseppe Dogliani allievo di D. Cagliero , eseguito da duecento giovanetti con accompagnamento della banda. In un angolo del vasto cortile i giovani avevano innalzato un piccolo trono pel re della festa ; dirimpetto sorgeva un palco a piano inclinato pei cantori ; e tutto all'intorno in largo circolo erano disposte a più ordini panche e sedie per circa due mila persone. Un tavolo collocato in mezzo portava i regali : vi si vedeva tra gli altri un ricco piviale di velluto rosso, offerto dagli antichi allievi dell'Oratorio ; un rotolo di damasco per tappezzeria di Chiesa, provveduto dagli allievi presenti ; un magnifico stoIone bianco ricamato in oro dalle Suore di Maria Ausiliatrice , e più altri doni fatti da individui e da comunità religiose. Verso le otto tutti gli spettatori interni ed esterni, Cooperatori e Cooperatrici, Signori e Signore, Sacerdoti, soldati, gendarmi, già alunni di D. Bosco, si trovarono ad occupare un posto. Finalmente Colui, che era l'oggetto di tanta festa, si presenta con una bella corona di rispettabili persone della città , e suo malgrado va a sedere sul trono, preparatogli dall'amore e dall'industria dei suoi figli. Lo accoglie una salva di fragorosi evviva, il rombo dei tamburi, lo squillo delle trombe e, il lieto suono dei musicali strumenti. Dopo il primo sfogo di tanti cuori, si comincia dai giovani la lettura dei loro componimenti in prosa ed in poesia. Chi legge in italiano e latino ; chi in arabo e greco ; questi in francese ed inglese ; queglino in tedesco , spagnuolo e polacco ; così che parevano colà convenuti i rappresentanti di tutte le principali lingue del mondo.
Tra i componimenti degno di particolare menzione fu il mentovato inno del Sac. Lemoyne, il quale ebbe la felice idea di rappresentarvi le quattro Ispettorie, in cui sono divisi oggidì le varie Case Salesiane, cioè Piemonte e Veneto, Francia, Liguria e Romagna, ed America ; non che le quattro opere principali , che riconoscono D. Bosco per fondatore , vale a dire la Pia Società Salesiana, l'Istituto delle Suore dette Figlie di Maria Ausiliatrice, l'Opera di Maria Ausiliatrice per le vocazioni ecclesiastiche dei giovani adulti, e finalmente la Pia Unione dei Cooperatori e delle Cooperatrici. Se teneri furono gli accenti del poeta, non meno soavi riuscirono le note del maestro di musica, che toccarono ogni cuore, e riscossero i più vivi applausi.
Erano oltre le dieci quando D. Bosco, levatosi in piedi, ringraziò i suoi giovanetti della dimostrazione di amore e di gratitudine, che gli avevano dato, cominciata già fin dalla sera innanzi ; ringraziò gli offerenti, i lettori, i musici ; ringraziò i molti forestieri, che avevano avuto la bontà di venire ad onorare e rendere più splendida quella festa di famiglia. Egli assicurò che in quel giorno aveva provato una grande consolazione nell' aver veduto tanti suoi figli, vecchi e giovani, ecclesiastici e secolari , lontani e vicini , a venirgli far corona, a pregare per lui, e a dargli parola di vivere sempre da buoni cristiani e da savii cittadini, per ritrovarsi un giorno tutti raccolti in Cielo ; ma disse che quest' anno la gioia più soave gliela aveva portata una lettera dall'America. E qui con visibile commozione, che moveva i circostanti alle lagrime, D. Bosco annunziò come in quel mattino stesso aveva ricevuta una lettera da D. Costamagna Missionario Salesiano , che di mezzo ai Pampas gli dava le notizie più consolanti per la conversione degli infedeli. Don Bosco alludeva alla lettera seguente
Carrhuè -Deserto dei Pampas, 27 aprile 1579.
Mio carissimo e molto Rev do Padre D. Bosco,
Si ricorda ancora, o carissimo D. Bosco, della principale tra le suppliche, che noi, suoi figli e missionari Salesiani , presentavamo al buon Dio in cotesto tempio di Maria Ausiliatrice, prima di staccarci dalle braccia del nostro amatissimo Padre? Oh! e come non lo ricorderà ! ? Ci pare ancora adesso di udire la soave di lei voce intuonare commossa l'antifona del Benedictus : In viam pacis, e poi seguire con noi il cantico di Zaccaria, e terminarlo con fede ed amore : Illuminare his qui in tenebris et in umbra mortis sedent ! Or bene, rendiamo grazie al buon Dio che cominciò a favorire la supplica dei suoi poveri, inutili servi ! I Salesiani già arrivarono fino agli abitatori del deserto, agli Indi-Pampas, che ancor non conoscevano il lor Redentore; già parlano, già vivono con essi, già loro fanno udire i salutari effetti della Redenzione del buon Gesù. Non è un sogno, ma una realtà da tanto tempo vagheggiata dal gran cuore di D. Bosco. Noi siamo finalmente in Carrhuè, luogo distante circa 400 miglia da Buenos-Ayres, e fra breve saremo in Patagonia sulle sponde del Rio-Negro, distante da Buenos-Ayres circa 1200 miglia , e sempre attraversando il deserto.
Le scrivo questa lettera , ripieno il cuore di contento, e spero sarà questo di forte stimolo ai nostri fratelli Salesiani e Cooperatori, affinché continuino a fare volentieri tutti i sacrifizii proprii della loro vocazione e cooperazione pel bene delle anime.
Abbia adunque la bontà di ascoltare.
Il mercoledì dopo Pasqua Monsignor Espinosa, Vicario generale dell' Arcivescovo, D. Luigi Botta ed io partivamo in via ferrata da Buenos-Ayres, insieme col Ministro della guerra , e molti militari di tutti i gradi per alla volta di Azul, ultimo paese della Repubblica Argentina , passato il quale, principia il gran deserto della Pampa.
Ma che ci ha da fare il Ministro della guerra ed i militari con una Missione tutta di pace? Mio caro D. Bosco, bisogna adattarsi o per amore o per forza! In questa circostanza è d'uopo che la croce vada dietro alla spada, e pazienza! - Il Ministro aveva saputo della nostra Missione, e siccome egli pure doveva andare. al Carrhuè, per portarsi di poi ad estendere il territorio Argentino fino al remoto Rio-Negro, offrì a Monsignor Arcivescovo i suoi servizii, promettendo di j assisterci e difenderci in sì lungo e pericoloso viaggio. - L'Arcivescovo accettò , e noi chinammo il capo, e partimmo in qualità di missionari e cappellani militari allo stesso tempo.
Prima di partire Monsignor Arcivescovo diede l ordine si suonassero le campane in tutte le Chiese di Buenos-Ayres , per invitare il popolo a pregare pel buon esito di questa Missione , tanto pericolosa e di sì grandi speranze al suo bel cuore.
Se a tutto ciò si aggiunge che non solo le Figlie di Maria Ausiliatrice , ma le Religiose di molti altri Monasteri, assistiti dai Salesiani, pregarono e pregano tuttora per noi, Vostra Reverenza capirà come Grappino, o come dicono qui, Mandingan, non poté più impedire la Missione, come aveva fatto l'anno scorso là nelle acque furiose dell'Atlantico, flagellando il vapore Santa Rosa, e mettendoci in pericolo della vita. A suo dispetto noi adesso già siamo in Carrhué, e, coll'aiuto di Dio, fra breve saremo in Patagonia.
Alcuni Preti e Parroci di Buenos-Ayres, e Cooperatori Salesiani , ci accompagnarono fino all'Azul per rendere più festosa la nostra partenza. Nell' Azul fummo ricevuti con tutta cordialità dal signor D. Lezzarraga, Parroco del luogo e Sacerdote molto conosciuto per la sua carità, il quale, dopo d'aver esaurito tutta la sua eloquenza poetica, per dipingere i pericoli a cui andavamo incontro , a fine di farci retrocedere, vedendoci sempre fermi, ci soccorse con ottimi consigli e con alcune provvigioni indispensabili per tale viaggio.
Fermatici un po' di tempo in Azul (nel qual tempo il Ministro partì per aspettarci in Carrhuè), fu dato a ciascheduno dei tre Missionarii un cavallo, ed un carro per tutti, il quale, oltre al trasporto dell'altare, armonium e valigie nostre, ci doveva servire di dormitorio e di sala di ricreazione durante la pioggia e neve, che avremmo avuta nel lungo viaggio ; e senz'altro partimmo.
Nel primo giorno incontrammo sui nostri passi le 40 capanne dei coloni Russo-Alemanni, uomini religiosissimi , venuti l'anno scorso a BuenosAyres per fuggire le indegne persecuzioni, che continuano nei loro paesi; vedemmo eziandio a quando a quando dei toldos o capanne fatte con pelli di animali. Sono Indi-Pampas già quasi inciviliti, che tuttavia non vogliono abbandonare il loro toldo. Essi sono di colore molto bruno, faccia larga e schiacciata, col capo adorno di folti capelli, che nelle donne si dividono in tre grosse treccie, una delle quali pende sul dorso, e due sulle spalle. Passando loro vicino, li salutammo in lor favella, dicendo: Marimari; ed eglino ci risposero: Marimari, padre; cumelecazmi ? Buon giorno, padre ; come sta? Li regalevamo d'una medaglia della Madonna , e tiravamo avanti a traverso il deserto.
Giunta la notte del primo giorno, si fece tappa, e mentre si pensava come soddisfare i latrati della fame, ecco la voce di un buon vecchietto di colonnello , che ci dice : Vengano qua, miei buoni Padri, ché voglio assuefarli dolcemente alla vita del campo; questa notte divideranno la mia cena. E senza altro, fatto accendere il fuoco, vi gittò sopra un pezzo di carne, e -Volto e rivoltolo tra le fiamme ed il fumo, or alzandolo, or lasciandolo riposare sui carboni e cenere, in breve ci ebbe ammannito tale un arrosto, che mai il migliore. Si figuri un pezzaccio di carne tutta annerita, che ancora fa sangue , confettata di cenere e di fumo, dura come il legno, e .supponga che colui che debba digerirla abbia tutti i denti rotti, e non ci sia proprio altro da soddisfare la fame.., che manicheretto eh!? Eppure il colonnello per farci coraggio ci diceva: oh! queste son rose e fiori , più tardi dovremo leccarci le dita, se troveremo un pezzo di carne cavallina arrostita. - E così sia , dicevamo noi. - Ma la profezia del nostro colonnello finora non fu compiuta; ché anzi , egli stesso ed il Ministro della guerra, ed altri ragguardevoli personaggi ci trattano con tutta delicatezza, e se si fa della fame, si fa in comune.
Il secondo mattino del nostro viaggio , eccoti una nuova scena degna d'una particolare descrizione. La trombetta suonava la seconda volta; era il segno della Carneada, parola che significa: preparazione della carne per il viaggio. Ed ecco che alcuni gauchos (indigeni del campo) a cavallo, armati di un laccio corsoio, inseguono alcune vacche, che, accortesi dell'insidia, fuggono a tutta possa. Uno dei gauchos frattanto lancia il laccio alla povera bestia, e tira e tira per farla cadere; ma l'animale, che non ha questa intenzione, dà giravolte rapidissime , e si sforza di svincolarsi ; il gaucho tira più e più, ma del farla cadere non è nulla ; quand'ecco un altro gaucho getta un altro laccio ad una gamba della bestia, ed alla sua volta tira e tira. La povera vacca, che presagisce essere questi lacci forieri della morte, si sbatte, si divincola e mugge disperatamente, facendo ogni sforzo per non soccombere; ma ecco arrivare un terzo gaucho, il quale, afferrandola per la coda, d'un solo colpo l'atterra. Allora i tre gauchos, sguainando i loro coltellacci, si precipitano su' quella poverina, e sgozzarla, squoiarla e squartarla è il negozio di pochi minuti. Povera bestia! diceva io; ma non volevano i soldati che così dicessi. - Che povera bestia!? Poveri noi ! E dovremo morir di fame? E non ce li ha dati Iddio per noi, gli animali ?
Ma voglio andar più per le brevi; del resto questa lettera viene più lunga d'una Quaresima. Nel secondo giorno del viaggio, nell'atto in cui montai a cavallo, fui da questo, ch'era matto più di me, sbalzato e buttato a terra. Cadendo m'offesi il piè sinistro, e dovetti prendere alle buone il carro; ond'è che Monsignor Antonio Espinosa già aveva incominciato l'antifona dell'anno scorso : I suma bin montà! ma fidente nel suo sant'Antonio, e importunandolo santamente che mi ottenesse la guarigione, s'impegnò col catechista Botta nell'assistermi con tutta delicatezza, ed in breve io potei cantare da gallo; anzi, dovetti lodare il Signore, che sa sempre cavare il bene dal male. Imperocehè un Maggiore, mio conoscente, avendomi raggiunto con una volanta o calesse di campagna, mi tolse con lui; e, mentre il viaggio dei miei compagni durò otto giorni, il mio durò solo quattro, e così potei principiare tosto il catechismo agli Indi.
Passo adesso sotto silenzio le impressioni, che ricevetti in questo tragitto, or dalla vista dei torrenti e lagune che molto sovente dovevamo attraversare , or dalla contemplazione di queste pianure vastissime, che par non vogliano mai terminare, e si potrebbero chiamare un immenso piatto verde coperto dalla gran calotta celeste, senza mai incontrare, non dirò un albero, ma un arbusto, un virgulto solo!
Non Le dico, che ogni giorno trovavamo sul nostro cammino fortini di frontiera fatti con zolle di terra, armati di un piccolo cannone ; non Le sto a descrivere il popolo, gli animali volatili e quadrupedi, che in questo deserto scorgevamo , sia di quelli da noi conosciuti, come la volpe, il leone, la pernice, lo struzzo; sia di quelli sconosciuti, come la garra rapidissima nel corso, il cimangoe, il carancio rapace, che cavano gli occhi agli altri volatili , la lechuza , la ciaja , la mulita , ecc. ; e lasciando tutto questo , passo a dirle che feci e non feci in Carrhuè.
E il Carrhuè una stazione nel cuore del deserto Pampa, e linea di frontiera tra la Repubblica Argentina e le tribù degli Indi. Sta situata sopra la sponda di un bellissimo lago di acqua salsa. Compongono la stazione una fortezza (di sola terra), una quarantina di case ed i toldos di due tribù di Indi, che prendono il nome dai loro Cacicchi o Capi. Essi sono Eripaylà e Manuel Grande. Qui giunto, fui molto ben ricevuto dal Colonnello Levalle, il quale si proferse di servirmi di tutto punto; ma non potè effettuare il suo desiderio per le troppe cose, che in quei giorni doveva fare ; ond'è che io, fattomi dare un cavallo, domandai dove stavano gli Indi, ed indicatomi che a 15 minuti fuor del paese, tosto mi vi portai.
Approssimandomi alle loro tolderie , non mancava di sentire un qualche batticuore : come farò? che dirò? a chi parlerò? E come , non sapendo ancora bene a spiegarmi in Indo ? Mentre mi raccomandava al mio buon Angelo tutelare, eccomi venire incontro il figlio del Cacicco Eripaylà, il quale, per mia gran fortuna, sa parlare il castigliano molto bene. Mi ricevette cordialmente, mi condusse da Eripaylà suo padre, facendomi da turcimanno od interprete. Eripaylà mi accolse esso pure con tutta bontà, e mi disse ch'era suo vivo desiderio che tutti si instruissero nella Religione Cattolica e ricevessero il Battesimo; laonde io senz'altro riunii i ragazzi, ed incominciai il catechismo. Con un po' di sforzo e coll'aiuto degli Angioli dei miei catecumeni, ai quali Angeli mi raccomandava, insegnai loro il segno della santa Croce, ed il Mistero dell'Unità e Trinità di Dio, quindi il Mistero dell'Incarnazione, ecc.
Tornai dello stesso giorno per una seconda lezione ; e questa volta Eripaylà volle la facessi sotto il suo gran toldo. Entrando, trovai i sedili preparati; ed indovini un po' che sedili? Cranii e mandibole di asini e di cavalli ! Non vi ha migliore o più nobile sedile, che possa offerire l'Indo-Pampa. Miseria e grande miseria regna sotto le pelli di queste tolderie ! Prima questi selvaggi vivevano di caccia , ed ora se la passano ogni giorno con una piccola piccola razione di carne, che loro passa il governo; e poi! beato chi può trovar qualche uccello... chi no , si contenta di rosicchiare ben bene l'osso e la testa, fosse pur d'un asino. Oh ! quante teste di cavalli si vedono arrostire sul fuoco sotto a questi toldos! Eppure è un cibo ghiottissimo per loro. Non si può negare che non lavorino abbastanza. Le donne Indie tessono sempre, è vero , ma gli uomini in gran parte ammazzano il tempo a pugni.
Andai pure dal Cacicco Manuel Grande , che mi offri un mate (bibita comune nell'America Meridionale), e mi diè ampia licenza di istruire e battezzare. Quindi mi posi all'opera a tutt'uomo, ed in breve toccai con mano che anche questi poveri ragazzi son creature di Dio, anch'essi sono come la cera, che riceve l'impressione che le si dà.
Che contento pel povero mio cuore , udir sul loro labbro la gran parola: Viva Gesù, viva Maria! e quando alle mie interrogazioni : Pilaymi Cristiano geam? Vuoi farti Cristiano ? May, padre! Sì, padre, rispondere. - Chumael; Perchè ? Taiñ pouay Wenumu. Per andare in Paradiso ; - Ma se giubilava per un lato , non poteva non rammaricarmi , pensando che non ci saremmo potuti fermare per molto tempo presso queste infelici creature !
I compagni già arrivano ad aiutarmi , e mentre il catechista Botta insegna loro le orazioni, Monsignor Espinosa tenta d'aggiustare i matrimoni, e già riuscì a disporre alla fede e far celebrare santamente il matrimonio allo stesso figlio del Cacicco Eripaylà.
Amministrammo una cinquantina di battesimi ai ragazzi Indii, ed una ventina ai figli di Cristiani, e Dio volesse che ci potessimo fermare almeno un mese tra questi neofiti! ma il signor Ministro ci prega a volerlo seguire, perchè, ci dice, sono 2000 uomini che intraprendono il viaggio di un mese senza un Prete. Di più, in Rio-Negro vi saranno altri Indii da istruire e battezzare. Monsignor Espinosa è di parere che convenga annuire, ed a noi, quantunque a malincuore, tocca rassegnarci e partire, ma col desiderio vivissimo di ritornarci al più presto.
Nel resto di questo viaggio, che sarà certo di più d'un mese, avremo tempo a pregare, studiare e ripassare i vocaboli della nuova lingua, perché solo il catechista Botta andrà a cavallo; Monsignor Espinosa andrà nella calesse del signor Ministro ed io in quella del Commissario di guerra. E spero che non ci impigriremo nello spirito , perché , quantunque non possiamo celebrar la santa Messa che molto raramente, tuttavia speriamo sostenerci con molte Comunioni spirituali e colla santa meditazione , la quale non solo facciamo in comune, ma eziandio in privato. E gli argomenti li troviamo or nella vastità del deserto, che ci parsa della immensità di Dio, ora nel tanto patire che fanno questi poveri soldati per guadagnare un'effimera gloria mondana, ora in altri ed altri oggetti, che il buon Angelo ci suggerisce.
Seguiteremo dunque il viaggio fidenti in Gesù ed in Maria, e speriamo che supereremo tutto , e freddo e fame, e venti e tempeste, per amor di Dio, affinché se: Euntes, imus et flemus; venientes, veniemus cum exultatione, portantes manipulos nostros.
Carissimo Padre, in altra mia Le dirò più minutamente le impressioni nostre e quelle di questi poveri Indi-Pampas, avute nelle nostre prime e sempre memorabili sacre funzioni, celebrate con religiosa commozione in questa remoto deserto, e sotto non a maestose arcate di Cattedrale, sibbene all'aria aperta od in povera e bassa capanna coperta di pelli.
Preghi per noi ! Oh quanto ne abbisogniamo !
Fino ai primi di giugno non saremo al Rio-Negro. Se Dio vuole , Le scriverò da Patagones. Mi saluti tutti i fratelli e Cooperatori Salesiani.
Suo aff.mo Figlio in Gesù C.
D. GIACOMO COSTAMAGNA.
Il 20 dell'or passato Giugno occorreva il cinquantesimo anniversario dell'incoronazione dell'Immagine di Maria Consolatrice, onorata in Torino nel magnifico ed antichissimo Santuario sotto il titolo della Consolata (1). Con apposta pastorale Sua Eccellenza Rev.°`° Monsig. Gastaldi Arcivescovo di Torino fin dal mese innanzi faceva caldo invito a tutti i suoi diocesani, perché celebrassero questo Cinquantenario con solennissima pompa e con trasporto di divozione. L'invito di quell' Arcivescovo fu docilmente accolto, e i Torinesi nell'onorar Maria si dimostrarono veramente degni dei Padri loro. Si può dire che dagli undici di Giugno, primo giorno della novena, sino al ventisette, ultimo dell'ottava, il Santuario della Consolata fu in tutte le ore ripieno di divoti , prostrati dinanzi all' Immagine taumaturgà. In ogni giorno della novena fu a celebrarvi le sacre funzioni, e a tesservi le glorie di Maria Consalatrice or questo or quell' altro Vescovo della provincia ecclesiastica o di Torino o di Vercelli. Ai Torinesi vennero pure ad unirsi molti forestieri in divoto pellegrinaggio, i quali, dopo aver soddisfatta la loro pietà nel Santuario di Maria Consolatrice, ' portavansi eziandio a spandere il loro cuore in quello di Maria Ausiliatrice, partendo poscia coll'animo pieno di fiducia in questa dolcissima Madre, Conforto ed Aiuto dei Cristiani.
La sera del 19 , vigilia della festa , Torino si mostrò veramente la città di Maria , e ne diede una prova incontestabile con una pressoché generale e stupenda illuminazione. La gigantesca cupola della Chiesa di Maria Ausiliatrice coi suoi lumi a gaz testimoniava ancor essa ai vicini ed ai lontani con quanto trasporto di gioia i Salesiani e i loro giovanetti prendessero parte alla comune esultanza, e al nobile slancio dei Torinesi nell' onorare Maria Consolatrice.
La solennità poi del giorno venti riuscì oltremodo magnifica ; indescrivibile fu . il concorso di gente al Santuario ; pareva che tutto il Piemonte si fosse versato colà. Alla Messa pontificò solennemente Sua Eccellenza Rev.ma Monsignor Celestino Fissore Arcivescovo di Vercelli ; e disse l'Omelia l'Arcivescovo di Torino. Una scelta schiera dei migliori musici Torinesi rallegrava la sacra funzione colle sue melodiose voci. La Messa fu accompagnata eziandio dalla musica strumentale ; e questo prova che Monsignor Lorenzo Gastaldi non ha mai inteso di proibire sulle orchestre e nelle chiese di sua Archidiocesi il suono dei musicali strumenti, come taluno faceva credere.
La processione della sera per le vie della città fu una dimostrazione imponentissima ; fu un vero trionfo dell'Augusta Madre di Dio. Vero è che alcuni scellerati tentarono di sgominare le file dei divoti di Maria ; ma se riuscirono per un istante nel loro malvagio intento tra le timide donne e i giovani Chierici, riuscir non poterono tra i Canonici, i Parroci, e il numeroso stuolo di Sacerdoti veterani. Questi, come già avvezzi alle nemiche insidie, non si lasciarono spaventare da quegli attentati, e furono quale un baluardo, che arrestò il momentaneo disordine , ed impedì che si propagasse sin presso ai 4 Mitrati e alla Statua di Maria Consolatrice (1). Così in pochi minuti si ottenne di ricomporre le file dei Chierici del Seminario, che trovandosi a capo della lunga fila del Clero eransi pure tra i primi scompigliati, e la processione terminò trionfalmente tra le lagrime di consolazione e di gioia. Viva adunque Maria Consolatrice ; viva la sua divota Torino.
(1) Raccontano le istorie come San Massimo , consecrato Vescovo di Torino verso l'anno 415, esponesse alla vene. azione un' immagine della B. Vergine, che vuolsi una di quelle che Sant' Eusebio, Vescovo di Vercelli, nel suo ritorno in Italia aveva portate dalla Palestina , per dove era passato durante il suo esiglio, fattogli soffrire dagli Ariani. Ma questa pittura, dono di quel santo Vescovo, dovette essere sottratta al culto dei fedeli per lo imperversare degli iconoclasti dille quegli eretici cioè , i quali condannavano il culto delle sacre immagini , e le spezzavano e bruciavano.
Più tardi, cioè l'anno 1015, questa immagine fu da Arduino re d' Italia riposta nella Cappella da lui edificata in seguito ad una visione che ebbe nel castello d' Ivrea. Giaceva egli infermo, quando in sullo spuntare dell' aurora , gli apparve la Vergine benedetta , e gli comandò di costruire tre Santuarii: uno a Belmonte , l' altro in Crea di Monferrato, e il terzo a Torino. Ciò detto, disparve. Arduino, trovatosi miracolosamente guarito, diede opera alla santa impresa.
Un'altra tradizione porta che l'immagine di Maria Consolatrice, nelle guerre che desolarono Torino nel secolo undecimo, restò sepolta nelle macerie, finchè un cieco nato di Brianzone del Delfinato, di nome Giovanni Ravacchio, fu avvertito in sogno di andare a cercare quel celeste tesoro. Fattovisi condurre , e giunto a Pozzo di Strada sulla via di Rivoli, gli si dischiusero miracolosamente gli occhi, e lo venne a colpire una vivissima luce, la quale partiva dalla torre di Sant' Andrea. Riconobbe il cieco essere quello il luogo indicatogli da Maria, quando gli apparve in Brianzone, e lo additò a chi lo accompagnava. Ciò fatto, egli viene nuovamente sorpreso dalla sua cecità. Menato in Torino sul luogo, ove si era veduta la gran luce, egli domandò che vi si scavasse e rimovessero i ruderi ammonticchiati; ed ecco che tra le vestigia di una vaga Cappella si rinviene l'immagine di Maria, statavi da gran tem o sepolta. Il primo a vederla fu l'avventurato cieco , che allora riacquistò la vista per non perderla più.
Il gran portento dicesi avvenuto ai 20 di Giugno dell'anno 1101, essendo Mainardo Vescovo di Torino. Allora si rifece la Chiesa di Sant' Andrea, e la Cappella, ed il culto di Maria non patì più alcuna interruzione.
L' Oratorio in un prato - Un giovanetto affamato - Una passeggiata a Soperga - Il Marchese di Cavour e sue minaccie.
Alcuni saranno curiosi di sapere il modo , che noi teniamo nel raccogliere la materia per comporre questa nostra istoria ; ed eccoci ad appagarli. Uno dei primi giovani dell' Oratorio , coll'aiuto di una scrittura appena abbozzata, comincia a mettere in carta quello che sa e che ricorda ; poscia fa correre il suo scritto ad un altro, e questi ad un altro ancora dei suoi più antichi compagni, ciascuno dei quali alla sua volta vi aggiunge quel tanto, che a comune giudizio vi possa mancare. Sorgendo un dubbio si ricorre a qualcuno dei Sacerdoti , che in quei primi tempi venivano ad istruirci , o che praticavano nell' Oratorio ; e quando non possiamo più farne a meno ricorriamo finalmente a D. Bosco medesimo, specialmente per aver alcuni documenti , e certi nomi a noi passati di mente. Con questo metodo noi speriamo di portare nel nostro racconto la verità storica al più alto grado, a cui si possa giungere. Certamente per buone ragioni , già altrove accennate, non possiamo pubblicare ogni cosa , ma ci consola il pensiero di non scrivere nulla né di inesatto, né di esagerato. Data questa spiegazione, proseguiamo il nostro racconto.
Licenziato da casa Moretta, il nostro D. Bosco non si smarrì d'animo, ma accontatosi con certi fratelli Defilippi, affittò da loro un prato in Valdocco , dove attualmente sorge una fonderia di ghisa. In questo prato adunque, cinto da una siepe, che lasciava passare persino i cani, i quali difatto venivano di quando in quando a sporgervi il muso ed unire i loro abbaiamenti ai nostri schiamazzi, noi trasferimmo l' Oratorio in Marzo del 1846. L' ampio firmamento che ci serviva di volta , le rustiche pareti che ci attorniavano , l' allegria, i divertimenti , i canti nostri attirarono ben tosto l'attenzione del pubblico, e il numero dei giovani accrebbe sino a 400. Così di mano in mano, che: gli uomini costringevano D. Bosco a passare da un sito all' altro , Iddio andavagli aumentando la famiglia, e porgevagli modo di fare maggior bene.
Qualcuno ci si farà a domandare : Ma in un prato come potevate praticare le cose di religione? - Rispondiamo che le praticavamo in un modo quasi romantico, o per meglio dire, come le praticavano talora gli Apostoli e i primi Cristiani. Le Confessioni si facevano così : Nei giorni festivi di buon mattino D. Bosco dal vicino Rifugio si portava nel prato delle sue fatiche, dove a poco a poco si radunavano eziandio i giovani. Colà egli si metteva a sedere sopra una riva ed ascoltava la Confessione di quelli , che vi erano venuti a questo fine , mentre altri inginocchiati presso di lui vi si preparavano, o ne facevano il ringraziamento. Mentre questo aveva luogo in un angolo, in altra parte i giovani già confessati stavano in circolo cantarellando qualche lode, o udendo a leggere o a raccontare da un compagno un qualche esempio edificante ; altri poi attendevano ad una modesta ricreazione conversando tra loro, oppure giuocando alle piastrelle, alle boccie, alla palla , o provandosi a camminare sulle stampelle. Ad una cert' ora della mattinata D. Bosco si levava dal suo Confessionale veramente apostolico. Allora uno di noi , non avendo campane , col rombo di un tamburo, che pareva di epoca antidiluviana, ci raccoglieva tutti in mezzo al prato ; un altro imboccando e dando fiato ad una rauca tromba ci imponeva silenzio ; e D. Bosco , presa la parola , indicava la Chiesa, dove si sarebbe andati a udire la Messa, e a fare la santa Comunione. Dopo ciò, tutti ci mettevamo in via con divoto contegno a quella volta, e colà adempivamo al Precetto della Chiesa. Usciti, ciascuno si recava alla propria casa per la colazione e pel pranzo.
Dopo mezzodì, appena ci era possibile , chi da una parte e chi dall'altra della città, tutti ci raccoglievamo nel prato famoso , e davamo cominciamento ai nostri trastulli , sempre assistiti dai nostri angeli visibili. Venuto il tempo, D. Bosco faceva dare dal suo tamburino il noto segnale , ci divideva secondo l'età e l'istruzione in altrettante squadre, e seduti sul verde pavimento ci si faceva una mezz' ora di Catechismo. Dopo cantati alcuni salmi del Vespro , egli stesso o il teologo Borelli, salito sopra una scranna od una panca ci teneva un sermoncino , con cui ci istruiva e dilettava ad un tempo, e che perciò ascoltavamo con grande attenzione. Non potendosi dare la Benedizione col SS. Sacramento si conchiudeva la funzione col canto di una lode alla Vergine Immacolata, invocandola che insieme col divin Figliuolo ci volesse benedire dal Cielo. In seguito si ripigliava la ricreazione e continuavisi animata sino a notte. Quando tutti avevano abbandonato il prato, allora D. Bosco rientrava al Rifugio. Talvolta il povero uomo trovavasi così affranto dalla fatica da non potersi più reggere in piedi , ed era necessario sostenervelo tra due, o portarvelo sulle braccia. Or non aveva egli del singolare questo spettacolo? Non vi pare egli che ritraesse in parte da quello, che davano le pie turbe, ammaestrate e benedette dal Divin Salvatore o sulle rive dei fiumi, o alle falde dei monti, o sulle spiagge del mare ?
Durante la nostra dimora nel prato accadde un episodio, che non crediamo di passare sotto silenzio. La sera di una festa, mentre noi eravamo intenti a ricrearci nel nostro prato correndo, giuocando e schiamazzando, si presentò presso alla siepe un giovanetto in sui 15 anni. Pareva che ei bramasse di varcare il debole riparo, e unirsi con noi, ma non osando ci stava a contemplare con un' aria trista ed oscura. D. Bosco lo vide, e fattosi a lui vicino gli mosse varie domande : Come ti chiami? donde vieni ? che mestiere fai ? Ma il poverino non dava alcuna risposta. D. Bosco venne in sospetto che egli fosse muto e già voleva parlargli coi segni convenzionali, quando tentando una nuova prova , e mettendogli la mano sul capo gli domandò : Che cosa hai, caro mio ? Dimmi : ti senti forse male? Incoraggiato da questi tratti di benevolenza il giovanetto, mettendo fuori una voce che pareva uscire da una vuota caverna, rispose : Ho fame. Questa parola mosse tutti a grande compassione. Si mandò tosto a prendere del pane , e gli si diede il necessario ristoro. Reficiato che fù, D. Bosco facendolo discorrere gli domandò : Non hai parenti ?
Li ho, ma sono lontani. - Che mestiere fai? - Il sellaio, ma perché poco abile fui licenziato dal padrone. - Non te ne sei cercato un altro? - Cercai tutto ieri , ma non avendo conoscenze in questa città non mi riuscì di trovarne alcuno. - Dove hai dormito questa notte ? - Sulla gradinata della Chiesa di San Giovanni. - Sei andato questa mattina a udire la Messa. -.- Sono andato, ma l'ho ascoltata male, perché aveva fame. - Dove eri incamminato quando ti sei presentato qui? - Da alcune ore mi sentiva tentato di andare a commettere qualche furto. - Non hai domandato la limosina a qualcuno ? - Sì, che la domandai , ma vedendomi così giovane tutti mi rimbrottavano dicendo : Sano e robusto qual sei, invece di fare il vagabondo, va a lavorare ; e intanto mi davano niente. - Se commettevi qualche furto ti saresti fatto mettere in prigione. - E appunto questo timore che mi ha parecchie volte trattenuta la mano: ma il Signore ebbe compassione di me , e invece di lasciarmi prendere la strada del disonore , mi guidò a Lei per questa via. - Che pensiero ti occupava la mente, quando ci stavi là ad osservare - Io diceva tra me stesso : Come sono fortunati questi giovanetti ! Contenti ed allegri saltano, corrono, cantano ; e ne sentiva invidia : avrei voluto unirmi con loro, ma non osava. - Verrai d'ora innanzi in questo prato nei giorni di festa ? - Purché Lei me lo permetta ci verrò ben volentieri. - Vieni pure, ché sarai sempre il bene accolto. Intanto questa sera per la tua cena e pel dormire ci penserò io.
Domani poi ti condurrò da un buon padrone , e avrai albergo, lavoro e pane.
E inutile il dire che questo giovane fu poi sempre assiduo all'Oratorio, sino all'anno 1852, quando fu chiamato sotto le armi, e si mantenne affezionatissimo a colui, che colla sua benevolenza e paterna sollecitudine lo avea tratto dal pericolo di una mala vita.
Una domenica di quell'estate il nostro Direttore e Padre ci menò a fare una passeggiata sino alla celebre Basilica di Soperga. Crediamo di fare cosa gradita ai nostri lettori col darne qui una breve descrizione.
Dunque raccoltici in sul mattino nel nostro prato, e condotti prima ad udire la santa Messa, verso le ore 9 noi ci mettemmo in ordine , e a due a due come un reggimento di soldati prendemmo le mosse per alla volta di Soperga. Avevamo con noi la musica strumentale , che consisteva in un vecchio tamburo, una tromba, un violino ed una chitarra scordata : poca cosa davvero , ma che servendo nondimeno a far rumore bastava per noi. Della nostra comitiva chi portava canestri di pane, chi cacio, salame e frutta, e chi altri oggetti necessarii all'uopo. Finché fummo in città da tutti si osservò un moderato silenzio , ma, giunti che fummo al Po cominciammo il cinguettare, le chiacchere , i canti , le grida e gli schiamazzi, da far credere alla gente che andassimo a prendere di assalto la collina.
Fin dalle prime ore del mattino ci avea preceduti il teologo Borelli per dare colà avvisi opportuni, e per fare i convenienti preparativi alla nostra squadra, che ben si prevedeva sarebbe pervenuta in cima del colle assai disposta a divorar pagnotte. Quando fummo ai piedi della salita, ecco un pacifico cavallo bardato a tutto punto , che il buon Sacerdote D. Guglielmetti Parroco di Soperga mandava al nostro capitano. D. Bosco riceveva in pari tempo una letterina del teologo Borelli , che gli diceva : « Venga tranquillo coi cari giovani : la minestra, la pietanza, il vino sono preparati. » D. Bosco allora montò in sella., e fattici venire a lui dintorno ci lesse la mentovata lettera, che riscosse da noi tutti sì alti applausi, e sì replicate grida di gioia, che ne rimase sbalordito non solo il cavaliere, ma ancora il cavallo. Dato così libero sfogo all'interno giubilo, e rotte le file , noi incominciammo la salita, attorniando come guardia d'onore il nostro generale in capo. Cammin facendo gli uni prendevano la bestia per le briglie, gli altri per le orecchie, taluni anche per la coda, questi la palpava, quegli la spingeva; e il mansueto quadrupede sopportava tutto con tanta pazienza, da sembrare non un destriero, ma un asinello.
Intanto tra il riso, gli scherzi, i canti e le conversazioni noi montammo l'erta collina , e giungemmo al Santuario. Perché sudati D. Bosco ci fece tosto raccogliere nel cortile della casa annessa per ripararci dall'aria, e dopo un breve riposo , essendo già preparata la tavola, vi ci dispose. Il teologo Giacomo Audisio, allora Preside dell'Accademia Ecclesiastica, ci regalò buona minestra e pietanza , ed il Parroco vino e frutta , facendo così vedere quanto essi fin d'allora stimassero D. Bosco e l' opera sua. Dopo Dio noi ringraziammo quei nostri cari benefattori , e alle grida di evviva il Preside , evviva il Parroco i nostri musici sposarono il suono dei loro strumenti. Quei benemeriti signori gradirono il nostro buon cuore, ma non poterono non ridere della strana nostra musica, che loro pareva quella medesima, con cui in piazza Castello di Torino i saltimbanchi facevano ballare le scimmie. Comunque sia, la cosa per noi andò molto bene , e ci levammo da mensa più lieti che principi.
Ad una cert'ora D. Bosco ci raccontò l'origine della Basilica consacrata all' Augusta Madre di Dio, ci disse delle tombe reali sottostanti, e dell'Accademia ivi fondata da Carlo Alberto, facendoci così imparare alcuni bei tratti di storia patria. Visitammo poscia la Chiesa , le tombe dei nostri Principi , la sala dei ritratti dei Papi , e salimmo eziandio sulla superba cupola , donde si scorge buona parte del Piemonte, e si contempla con sentimenti di ammirazione la maestosa corona delle Alpi, che colle nevose loro punte sembrano toccare il cielo.
Circa le tre pomeridiane ci siamo radunati nel tempio, dove al suono delle campane a festa era pure intervenuto molto popolo sparso per la collina. Cantato il Vespro, D. Bosco montò in pulpito e tenne un breve discorso. Ci sembra di ricordare che egli parlasse della efficace intercessione di Maria presso Gesù suo divin Figliuolo , e del modo da usare per essere sempre esauditi quando a Lei facciamo ricorso. « Se vi è possibile, egli ci disse , fate prima una visita ed una preghiera dinanzi al SS. Sacramento ; dopo invocate Maria che vi ottenga quella grazia che vi pare utile o necessaria , e state sicuri che questa Madre potente e pietosa o quella grazia medesima, o un'altra equivalente od anche migliore vi otterrà. »
Dopo la predica alcuni di noi salimmo sull'orchestra , e accompagnati da D. Bosco col suono dell'organo cantammo per la Benedizione il Tantum Ergo. In quel tempo non si era soliti a udire in Chiesa giovanetti a cantare in musica. Laonde in quella sera e i membri dell'Accademia, e tutto il popolo accorso, udendo le voci argentine di giovani, che parevano un coro di angioletti dal cielo discesi per lodare Iddio , erano fuori di sè per la maraviglia, e molti ne piangevano di consolazione.
Terminate le sacre funzioni, facemmo partire alcuni globi areostatici, che col rapido loro sollevarsi in alto parevano invitare gli spettatori ad innalzare i loro pensieri e i loro affetti al Signore. Verso le sette , dato un rombo del tamburo ed un soffio alla tomba, il nostro giovanil drappello si raccolse , e dopo nuovi ringraziamenti a chi tanto caritatevolmente ci aveva ospitati in quel giorno , prendemmo a discendere verso la città , or cantando, or gridando, ed or pregando eziandio col recitare il Rosario e le orazioni della sera. Arrivati poscia in Torino , ciascuno di mano in mano che giungeva al sito più vicino alla propria casa usciva dalle file, e riverito D. Bosco si ritirava in famiglia , raccontandovi le care impressioni e le liete rimembranze di quella giornata.
Questa passeggiata fu come il principio, come un anello di una lunga serie di altre molte di simile natura, che D. Bosco in quell' estate e negli anni successivi ci condusse a fare ora in questo ora in quell'altro luogo. Generalmente egli ce le annunziava qualche tempo prima, e ce le proponeva quale un premio, esigendo che noi fossimo puntuali all'Oratorio, diligenti ad imparare il Catechismo, e non alieni dall' accostarci di quando in quando ai santi Sacramenti. Così questo buon Padre di tutto si serviva per attirarci al bene , studiandosi di farci come toccar con mano che il servizio di Dio può andare bellamente unito coll' onesta allegria , avendo detto il real profeta Servite Domino in laetitia.
E indescrivibile l'entusiasmo che in noi suscitavano queste gite e questi divertimenti. Affezionati a cosifatta mescolanza di divozione e di onesti piaceri, ed altamente convinti dell'amore sincero che ci portava D. Bosco, nel vedere la tenera sollecitudine e il vivo interessamento che egli mostrava pel nostro bene, noi ci studiavamo di contraccambiarlo nel miglior modo possibile , e soprattutto lo ubbidivamo con una prontezza ammirabile. Bastava una sua parola, un suo cenno, talora un sguardo solo per far cessare tra noi un diverbio, impedire un disordine, e imporre silenzio a 400 e più lingue giovanili. Una volta tra le altre eravamo tutti affacendati nel correre, giuocare, schiamazzare, quando D. Bosco ebbe bisogno di parlarci : ad un cenno della sua mano noi come in un baleno cessammo da ogni chiasso e divertimento, e fummo a lui dintorno per udirne gli ordini. A questa vista un carabiniere, che ci stava da qualche tempo osservando, non potè trattenersi dallo esclamare : « Se questo Prete fosse un generale d'armata potrebbe combattere contro al più agguerrito esercito del mondo con sicurezza della vittoria. »
Cominciavasi in quei giorni a parlare di sommosse e rivolte popolari in alcune parti d'Italia; quindi questa nostra affezione ed ubbidienza diede nuovamente motivo alla ridicola voce, che D. Bosco coi suoi figli poteva farsi un uomo pericoloso, ed eccitare da un momento all'altro una rivoluzione in città. Tale diceria trovò credenza presso le autorità locali, specialmente presso al Marchese di Cavour, padre dei famosi Camillo e Gustavo , allora Vicario di Torino, che è quanto dire Capo del potere urbano. Questi adunque fece chiamare D. Bosco al Palazzo municipale, e dopo un lungo ragionamento sopra le fole, che correvano riguardo all'Oratorio e al suo Direttore, conchiuse col dire Io sono assicurato che le radunanze dei suoi giovani sono pericolose , e perciò io non posso più tollerarle. Prenda dunque, caro D. Bosco, il mio consiglio, lasci in libertà quei mascalzoni, perché essi, non daranno che dispiaceri a Lei e fastidii alle pubbliche autorità. - D. Bosco rispose : Io non ho altre mire, o signor Marchese, fuorché di migliorare la sorte di questi poveri figli del popolo. Io non domando danaro ; domando soltanto di poterli raccogliere in qualche sito, dove trattenerli in onesti divertimenti , per impedire che vadano girovagando per la città, e intanto istruirli nella Religione e nei buoni costumi. Con questo mezzo io spero di poter diminuire il numero dei discoli, e gli inquilini delle prigioni. - Lei s'inganna, replicò il Marchese, e getterà al vento le sue fatiche. E poi dove troverà i mezzi per pagare pigioni , e sopperire alle spese , che le cagionano questi vagabondi ? Le ripeto adunque che io non posso permetterle più oltre queste adunanze. - I risultati finora ottenuti mi assicurano che io non fatico invano. Molti giovanetti totalmente abbandonati furono già raccolti, liberati da evidente pericolo d'irreligione e d'immoralità, avviati all'apprendimento di un'arte o mestiere presso buoni padroni, con grande vantaggio loro , delle famiglie e della società. I mezzi materiali poi fin qui non mi mancarono : questi sono nelle mani di Dio, il quale è solito a fare molto con poco, anzi a trarre il tutto dal nulla. - Abbia pazienza, signor D. Bosco, mi ubbidisca senz'altro, e mi prometta di sciogliere la sua radunanza. - Conceda questo favore, signor Marchese, non per me, ma pel bene di tanti giovanetti, che forse senza questo Oratorio andrebbero a finire malamente.
Questa nobile resistenza di D. Bosco dispiacque al Marchese, che alquanto adirato soggiunse : Taccia , chè io non sono qui per disputare con Lei. Il suo Oratorio è un disordine , che io voglio e debbo impedire. Ignora Ella forse che ogni assembramento è proibito , ove non sia legittimamente permesso ? - Il mio assembramento , rispose D. Bosco non punto intimidito, non ha scopo politico , ma puramente religioso. Io non fo che insegnare il Catechismo a poveri ragazzi col permesso ed approvazione dell'Arcivescovo. - L'Arcivescovo è egli informato di queste cose ? - Lo è pienamente , perché finora io non ho dato un passo senza il suo consenso. - Se l'Arcivescovo Le dicesse di desistere da questa ridicola impresa non opporrebbe Ella nessuna difficoltà ? - Nessunissima : ho incominciato quest'opera, e l'ho fin qui proseguita col parere del mio Superiore Ecclesiastico, e ad un semplice suo cenno l'abbandonerò issofatto. - Ebbene, Lei vada per ora; e io mi porterò dall' Arcivescovo. Spero che Ella non vorrà ostinarsi agli ordini di Lui ; altrimenti mi vedrò costretto a prendere misure severe.
Così terminò quella conversazione , seguita poscia da altri disturbi non meno disgustosi, che diremo altra volta.
(1) I quattro Mitrati erano l'Arcivescovo di Torino, l'Arcivescovo di Vercelli, il Vescovo di Cuneo, e il Vescovo di Saluzzo.
In questi ultimi giorni abbiamo avuta la bella sorte di ospitare nel nostro Oratorio di Torino Sua Eccellenza Rev.ma Monsignor Gerlando Maria Genuardi, Vescovo di Acireale in Sicilia.
L' esimio Prelato, recatosi a Roma per affari riguardanti la sua Diocesi, si è degnato, malgrado la calda stagione, di prolungare il suo viaggio sino a Torino, per ringraziare personalmente D. Bosco dell'aver accettato di aprire un Collegio Salesiano in Randazzo, cospicua città della sua Diocesi, e per combinarne con lui l'apertura di un altro nella stessa sua città Episcopale.
I giovani lo ricevevano alla porta dell'Istituto col suono della banda musicale, e con tutti quei segni di rispetto, che la nostra povertà ci permetteva.
Monsignor Genuardi passò tre giorni con noi, lasciandoci la più dolce ricordanza e il più vivo desiderio di sè. Nel mese di Marzo egli aveva già data una luminosa prova di sua innata bontà a due de'nostri Sacerdoti recatisi a fargli visita, ricevuti e trattati da lui con segni di affetto straordinario; ma la bella fama, che già ne correva tra noi, ricevette ultimamente la più alta conferma.
Dalla sua incomparabile benevolenza i Salesiani, destinati al nuovo Collegio di Randazzo, sono lieti di essere stati sempre meglio convinti, che in Sicilia essi troveranno in Monsignor Genuardi un amico, un protettore, un padre.
Ogni Cooperatore può acquistare indulgenza plenaria una volta al giorno, da applicarsi alle anime del Purgatorio, recitando la terza parte del Rosario di Maria Vergine avanti al SS. Sacramento, e non potendo avanti al divin Sacramento, recitandola innanzi al Crocifisso.
Indulgenza plenaria ogni volta che si accosta alla santa Comunione.
. Può altresì lucrare moltissime indulgenze plenarie nel corso del giorno mediante la recita di sei Pater, Ave e Gloria, secondo la mente del Sommo Pontefice. E queste indulgenze applicabili alle anime purganti, le può acquistare toties quoties, ossia tutte le volte che recita i suddetti Pater, Ave e Gloria in qualunque luogo, senza bisogno di Confessione e Comunione, purchè sia in grazia di Dio.
Oltre a queste un' altra plenaria ne può guadagnare ogni Domenica, e nei giorni qui sotto notati, purché confessato negli otto giorni, e comunicato, visiti una qualche Chiesa, pregandovi secondo l'intenzione del Sommo Pontefice.
2. Visitazione di Maria Vergine.
8. Santa Elisabetta, regina del Portogallo.
14. S. Bonaventura, vescovo, cardinale e dottore di S. Chiesa.
25. S. Giacomo Apostolo.
26. Sant'Anna, madre di Maria SS.
Con permesso dell'Aut. Eccl. FERRARI GIUSEPPE gerente respons.
Tip, di San Vincenzo de' Paoli. Sampierdarena 1879.