ANNO XII - N. 11. Esce una volta al mese. NOVEMBRE 1888
DIREZIONE nell'Oratorio Salesiano - Via Cottolengo, N. 32, TORINO
Sommario. - i Missionarii. - Il Pellegrinaggio del Clero italiano a Roma e la Messa pei defunti celebrata dal Santo Padre Leone XIII nella Basilica di S. Pietro. - Festa di S. Luigi nell'Oratorio di S. Croce a Lucca. - Grazie ottenute per intercessione di Maria Ausiliatrice. - Gli Operai cattolici di S. Gioachino a D. Bosco. - Letture cattoliche. - I funerali per la morte di D. Bosco.
La seconda spedizione di Missionarii dacché il carissimo D. Bosco è passato all'eternità è pronta alla partenza. Capitanata da Mons. Cagliero, composta di oltre a cinquanta persone, nei primi giorni di dicembre salperà alla volta dell'America del sud. Onore ai generosi! Addio sponde ridenti della bella Italia, addio casolari dei cari parenti. Il Signore ha parlato : Andate ed annunziate all'universo mondo il mio Vangelo, perché voglio che tutti gli uomini siano salvi. E si obbedisce e si parte.
E perchè le imprese del cielo dovranno destare meno entusiasmo che quelle della terra? Perchè la voce del condottiero Divino Gesù Cristo dovrà avere meno incanto e minor forza di quello che l'abbiano avuto nei secoli scorsi la voce dei condottieri che guidavano ad arrischiate e talora ingiuste imprese le loro falangi? Se gloria immortale vien detta conquistare provincie, debellare città , scoprire ignote regioni , che cosa dirassi di chi va per estendere maggiormente il regno di Gesù Cristo sulla terra? Se la sete dell'oro espone gli uomini ad ogni sorta di sacrificii e vien lodato ed ammirato chi riesce ad accumulare caduche ricchezze , perchè non sarà maggiormente celebrato chi anela al conquisto e alla redenzione delle anime, ricchezza inestimabile, immortale, creata dalla vampa di amore che accende il cuore di Dio?
Il mondo è sempre ingiusto nei suoi giudizii, quando si tratta delle cose celesti. Ciò che negli uni chiama nobile ardire , eroismo , legittime aspirazioni , missione di civiltà, negli altri appella disamore dei parenti e della patria, fanatismo.
Ma coraggio, o Missionarii! Chi deve giudicarvi è il Signore. Le sterminate lande della Patagonia, le fredde plaghe della Terra del Fuoco, le maestose e gigantesche catene delle Cordigliere , le infuocate foreste del Brasile attendono ansiosamente di vedere comparire coloro che recano la Buona Novella di salute. Sono migliaia e migliaia di selvaggi , dei quali gli angeli tutelari vi mostrano le tribù , poste sotto la loro custodia , e muovono incontro a voi , perchè affrettiate il passo. Sono migliaia e migliaia d'Italiani, che ogni mese emigrando vanno a disperdersi in quelle lontanissime regioni con pericolo di perdere la fede dei padri , e gli angioli de' loro villaggi, prima di spiccare il volo per seguirli, vi additano dalle vette delle Alpi le navi che in alto mare rapidamente si allontanano, e vi dicano: Voi dovete essere i nostri compagni!
Si disse che la libertà e la scienza è quella che deve rendere felici i popoli, che va ripudiata la fede abbracciata alla croce, che la carità deve cedere il luogo all'amore dell'umanità. Quali parole sacrileghe e vuote di senso ! Per tanti e tanti milioni di creature umane che soffrono di mali fisici e morali , qual consolazione potete dare , se non quella che vien dalla croce, dallo spettacolo di un Dio che tanto ha sofferto per loro? A tanti poveri diseredati , che sulla terra, pure così grande, non hanno un palmo di suolo che loro appartenga ove posare il capo, che menano la loro esistenza fra ogni sorta di privazioni, senza speranza di migliorar la loro condizione, quale conforto si porgerà, se non il pensiero che la vita presente passa come un lampo , che un' eterna patria li attende ove possederanno Dio, il mondo ed ogni sorta di felicità? Alle nazioni barbare, schiave delle proprie passioni, di un brutale despota, ed anche di popoli inciviliti che le tengono come un branco di bruti, quale sollievo si arrecherà, se non insegnando loro che hanno divina origine, che sono figli di Dio, che Dio li ama, che Dio li vede, che Dio sta sempre al loro fianco? Ed è il linguaggio dell'amore che converte; e si vedono ancora oggigiorno le tribù chiedere il battesimo alla semplice esposizione dei fatti del Vangelo, senza altra prova, perchè la prima prova è l'amore.
- Perchè piangete? Sìete convinti delle verità che vi ho raccontato? diceva un Missionario ad una tribù dell'America del Nord, che estatica pendeva dalle sue labbra. - Sì, Veste nera, rispondeva il Cacico a nome di tutti, perchè questa istoria non è possibile che l'abbiano inventata gli uomini: Dio solo poteva amarci tanto.
Inalberate adunque la croce, o cari confratelli, e partite. Dio è con voi: Ecce ego vobiscum sum usque ad consummationem saeculi. Non temete gli ostacoli che potran sorgere. Ego vici mundum ., ha detto Gesù; ed Esso vi precede culla sua potenza , vi accompagna colla sua grazia: Exivit vincens, ut vinceret: uscì vincitore per vincere, si legge nell'Apocalisse. Non temete, nulla vi mancherà , perchè Colui che provvede cibo agli uccelli dell'aria , che si prende cura del fiorellino del campo, non si dimenticherà di voi. Sulle navi , sulle spiaggie , nelle città popolose , nei deserti , sulle cime dei monti, nelle inestricabili foreste avrete con voi l'amico, il padrone, il Re, il Redentore, Iddio, Gesù Cristo in Sacramento. Da esso vi verrà la forza, i lumi, il coraggio, l'aiuto, la consolazione , l'esito delle imprese , la sicurezza dell'eterno trionfo. Che cosa vi mancherà avendo Gesù?
E a voi, o generosi Cooperatori di Don Bosco, diremo ancora: Volete assicurarvi il Paradiso? Cooperate alla salute delle anime colla vostra preghiera, colla vostra elemosina. Fra le opere divine è questa la divinissima. Volete anche la felicità temporale , quanto è possibile su questa terra d'esilio? La pace e la prosperità delle vostre famiglie? Offrite il vostro obolo, perchè i Missionarii possano allargare i confini delle loro Missioni e condurre al Cielo il maggior numero possibile di anime. Dio è padrone di tutto, e saprà rendervi il cento per uno. D. Bosco morente assicurava colla serenità di chi sa di dire il vero: Quelli che desiderano grazie da Maria Ausiliatrice aiutino le nostre Missioni, e saranno sicuri di ottenerle.
e la Messa pei defunti celebrata dal Santo Padre Leone XIII, nella Basilica di S. Pietro.
Chi non va a Roma per vedere e sentire il Papa animato da pensieri e sentimenti religiosi, non può gustare e provare che cosa sia il Vicario di Gesù Cristo, Roma Cattolica e le sue funzioni religiose. Coloro che vi andarono negli ultimi giorni del testé decorso settembre, sono ritornati col cuore ripieno di profonde e soavissime emozioni e coll'anima santamente entusiasmata dopo di aver assistito a tre memorande funzioni cattoliche. Il ricevimento del Clero Italiano in Vaticano, il triduo e la chiusura del pellegrinaggio del medesimo al Tempio del Sacro Cuore di Gesù in Roma e la Messa celebrata dal Sommo Pontefice pei defunti nella Basilica di San Pietro, furono tre dimostrazioni così solenni di fede, di carità e di religiosa pietà, che mai più potranno dimenticarsi in tutta la vita. Persuasi di fare cosa molto utile e assai gradita a tutti i nostri amatissimi Cooperatori e Cooperatrici, abbiamo creduto di farne una succinta relazione.
Il pellegrinaggio, come si sa, era stato progettato da alcuni pii e zelantissimi sacerdoti Torinesi per ringraziare il Sacro Cuore di Gesù d'aver concesso al Grande Pontefice Leone XIII di vedere il suo Anno Giubilare. Appena se ne sparse la notizia, si costituirono comitati diocesani per ricevere le adesioni. Si ottennero benefizi e favori spirituali dal Sommo Pontefice, e le stesse Direzioni ferroviarie concessero grandi ribassi. Moltissimi animati dal santo desiderio di vedere il Vicario di Gesù Cristo , e di sentirne la sua parola, vi diedero il loro nome. Il giorno 22 - 23 - e 24 giunsero a Roma, dove s'era costituito un' apposito Comitato regolatore.
Ricevimento dei Pellegrini in Vaticano.
Il giorno 27 settembre il Santo Padre dava udienza solenne al pellegrinaggio del Clero italiano. Fu spettacolo imponente, commoventissimo. Superavano certo i tre mila i presenti, tra i quali circa 1700 sacerdoti e 300 seminaristi; un migliaio circa di laici; di sacerdoti ve n'era di tutte le diocesi d'Italia. Il Santo Padre entrava nella sala del Concistoro, ora cappella delle Canonizzazioni, al mezzogiorno preciso, accolto dagli applausi e dagli evviva entusiastici di tutti i pellegrini. L'accompagnavano i cardinali Monaco, Ledochowski, Hohenlohe, Alimonda, Masotti, Rampolla, Vannutelli. Schiaffino, Laurenzi, Parocchi, Aloisi-Masella e Bausa, nonché parecchi Vescovi italiani. L'Em.m° Alimonda, appena il Santo Padre fu seduto sul trono, e si furono acquetati gli applausi, lesse il seguente indirizzo:
« Beatissimo Padre,
Che è mai questo Vaticano, il quale in sé riassume gli alti destini della Città Eterna, e sempre sta immobile nel passare dei secoli, invincibile nello scontro delle vicende terrene; mentre, perdurando tale, provvede a tutti i bisogni dei credenti, si presta alle belle novità delle arti e delle industrie, e a lato della tomba di S. Pietro su cui veglia, spira l'aura del risorgimento in faccia alle sbattute generazioni umane?
Spesso noi domandiamo a noi stessi, e non ci acchetiamo ancora.
Sì, che è questo Vaticano, venerato, amato immensamente dagli uni, temuto e odiato dagli altri, a condizione però che gli amanti, non fiaccati alla pressura degli odiatori, non impauriti alle lor minacce, rivolgono al Vaticano gli sguardi come a luogo d'ineffabili dolcezze, come ad arca di salute, ad esso sospirano, esso invocano ed anche si muovono per visitarlo?
É la privilegiata e natural Casa del Vicario di Gesù Cristo.
Il Vaticano dunque è di tanta forza, di tanta maestà, non per i marmi, gli ori e le stupende arti che lo decorano; non è tale nè per Bramante , nè per Michelangelo , né per Raffaele, ma perché vi soggiorna di continuo un novello Pietro, perchè ora, o Santissimo Leone, vi sedete Voi. E i credenti, nel presente anno del vostro Giubileo sacerdotale, appunto si mossero, non a poco numero, bensì a falangi e a moltitudini s'incamminarono a questa volta. Le porte del Vaticano erano aperte, le vostre braccia distese e spalancate: nel chiuderle abbracciaste nella fede di Dio un mondo.
Tra le nazioni ricorrenti al Vaticano chi non vide primeggiare l' Italia? Dalle sue nevose Alpi fino a' suoi vulcani del mezzogiorno, dalle riviere e dal centro arse di cristiano ardere, si levò; e fu quasi una general mossa di romei, prendendo i nuovi romei italiani ad unica meta il vostro trono. Così dovea essere, perchè l'Italia sopra tutte le genti è creatura e discepola del Papato. E voi, o Padre Santo, questo vero confermaste, chè i più focosi sospiri, le più elette benedizioni, le più amorose lacrime (permetteteci di crederlo) versaste in seno-degli Italiani.
Ecco che se gli uomini, i quali hanno perduto Dio, fremono contro alla Cattedra dell' Apostolo, gl'integerrimi e valorosi credenti le si prosternano: la civile società si agita e si trasforma; ma il Papato sta immobile ed invincibile, come la Croce, che è il suo scettro di Re
Stat Crux dum volvitur orbis.
Santissimo Leone,
Il Clero Italiano militò già in larga parte tra le file de' suoi fratelli laici , accompagnando in Roma i pellegrinaggi, cui stavano a capo gli
Arcivescovi e i Vescovi della Penisola. Ma questo, sebben cosa cospicua, non si reputò bastevole. Nel Clero italiano nacque e si radicò il pensiero che l'anno del Vostro Giubileo Sacerdotale, sparso di tanti favori celesti, non si dovesse lasciare correr via senza supplicare Iddio clementissimo che quei tesori di grazie e quelle misericordie si continuassero alle provincie d'Italia.
E ora il Clero è di ritorno in Roma con molti compagni novelli, sotto l'alta protezione di Vescovi , di Arcivescovi e di Cardinali, formante quasi una sola famiglia sacerdotale, a cui spetta in ispecie l' ufficio della religione, il dovere del cristiano ringraziamento. É venuto ad inginocchiarsi nel tempio monumentale del Sacro Cuore di Gesù, ad adorare e invocare, confortato di bella fiducia, che Gesù Cristo, il quale trae a sè ed assorbe nell' amore il suo Vicario, attragga ed assorba esso pure. Onde, ricevendo i palpiti del cuore di Gesù e del cuore del Papa, si troverà santo nella dolcissima compagnia con questo di frutto che, al restituirsi poi alle proprie sedi, alle proprie cure spirituali, le fiamme della santità gli verrà dato di spargere per le diocesi e stringere meglio a Cristo e al Papa i cuori degli Italiani.
Il suo pietoso còmpito, favorito dell'approvazione Vostra, non si adempierà tuttavia interamente, se Voi, o Beatissimo, non vi date l' ultima mano. Il Clero, che vi sta radunato intorno, è avido, come è bisognoso, d'intendere una Vostra parola: si reputa benedetto dal Signore, ma ne avrà una persuasione ferma quando ascolterà il suo Vicario che lo benedice. Oh Papa! Come Cristo ordinava agli Apostoli di andare e di ammaestrar tutte le genti, ditela e ripetetela Voi la cara parola a questi supplici sacerdoti, tanto che vadano con nuovo animo ed ammaestrino le genti d'Italia. Il mondo nei tempi del buon Gesù era corrotto e pagano, e gli Apostoli lo salvarono. La presente Italia ha l'assalto della corruzione anche lei; è tentata di paganesimo: i sacerdoti, rinvigoriti dalla benedizione papale, la salveranno.
Santissimo Leone,
Alla schiera dei sacerdoti Voi scorgete, in parte distinta, accoppiato un drappello di giovani leviti pellegrini. Sono usciti dai Seminarii diocesani della nostra patria.
Fu un altro e grazioso concetto balenato nella mente al zelante Rettore del Seminario vescovile di Savona: lampeggiato appena fuori, quel baleno di concetto corse e si propagò in ogni parte. Venne detto da tutti gl'intelligenti: Se nell'anno giubilare del Santo Padre, ad una coi popoli si commuovono i preti e fanno lor filiale visita al Vaticano, perché al gran movimento della fede e dell'amore non dovran partecipare questi giovani che stanno ai limitari del Sacerdozio? E forse che il Papa non li riceverebbe volentieri?
Ma il Papa fa al modo di Gesù; il quale accoglie così le turbe come i piccini; e quando i piccoli sono trattenuti dagli apostoli , comanda che si lascino: Nolite eos prohibere ad me venire (SAN MATTEO, cap. xix, v. 14).
Sentita correre la lieta voce, i giovani chierici - si scossero, avvamparono di desiderio, chiesero l'andata di Roma, esclamando ai superiori: Eccoci.
Ed ecco di più che duecento seminarii d'Italia una rappresentanza, un'eletta di alunni.
Stanno qui per vedere specchiare a sè dinanzi, così bene incorporata in Voi, la sensibile ombra dei Dio Salvatore. Stanno qui per ossequiare la Vostra augusta persona ed imprimere il bacio al sacro piede, sotto il quale strepita conculcato Satana. Stanno qui per contemplare coi proprii occhi e studiare quel Pontefice Leone, il cui nome per l'universo suona; quel Leone mansueto e formidabile, del quale insiememente si innamora e trema il mondo.
Cari e desiderosi giovani! Deh, fermate sopra di loro i vostri sguardi benigni! Siate loro una provvidenza nuova. Bisogna addestrarli a combattere le battaglie del Signore.
Ed eglino son venuti a conoscere di presenza il Campione supremo, e pigliare i suoi ordini. Sono venuti a meglio imparare come sapientemente si soffra per la causa della giustizia, di quanta gagliardia faccia d'uopo per sostenere la libertà della Chiesa, con quali divine arti si guadagnino a Cristo i peccatori, per quali modi e con quanta pazienza nella palestra dei meriti si incoronino i giusti. Sono venuti per rasciugare alcune delle Vostre lacrime a prezzo delle lacrime loro, per ricevere dalle Vostre mani novelli tesori di fede e di carità; per veder rilucere nella Vostra fronte la stella dell' avvenire cristiano.
Cari giovani! Gli angeli delle Diocesi d'Italia li accompagnarono al Vostro soglio; e Voi, che più intimamente comunicate col Cielo, soffiate ad essi in petto lo spirito dell'Arcangelo san Michele. Giunsero quasi su le ali doi loro Angeli: se ne partano con in mano la spiritual lancia dell'Arcangelo.
La nostra età, che non ce ne è altra per avventura che più grandi doni ricevesse e più ne abusasse , li ha partoriti come in mezzo alla luce e alle ombre; ma questa età medesima, nell'abuso dei beni così fatale, li gravò d'immensi bisogni.
Padre eccelso, illuminateli, guariteli, santificateli Voi. Anche per essi una Vostra parola, anche per essi una Vostra speciale benedizione! Rimandateli al tirocìnio del Seminario pieni della Vostra anima, forti e raffermati nel culto di quella giustizia, che produce in ogni cristiano un eroe, in ogni sacerdote un apostolo, fortezza e giustizia, per cui santamente si vive e con la stessa gioia si muore. »
Terminata la lettura dell' indirizzo , il Papa sorse dal trono e parlò ne' termini seguenti: « Siate i ben venuti anche voi, figli carissimi, che rappresentate quest'oggi dinanzi a Noi il Clero e le crescenti speranze delle Chiese d'Italia.
- Gli alti e nobili sensi che Ella, signor Cardinale , a nome di tutti, Ci ha ora espressi, il numeroso vostro concorso e lo scopo che vi siete prefissi di ringraziamento al Signore per l'anno Nostro giubilare, sono per Noi altrettanti motivi di viva compiacenza e di pienissimo gradimento. Conosciamo la devozione del Clero italiano verso il Pontefice , e l'unione perfetta che regna tra esso, i suoi Vescovi e la Sede Apostolica. - E Noi alla volta Nostra portiamo a questo Clero particolare interesse ed affetto. Verso di esso abbiamo sempre mostrato le più sollecite cure, affinché per la copia di una sana dottrina, per l'integrità della vita, per lo zelo delle anime, per lo spirito del più generoso sacrifizio degnamente corrispondesse alla sua sublime missione. E Noi ardentemente desideriamo che esso ogni dì più si arricchisca e si adorni delle più elette virtù e che il suo ministero interamente consacri al bene del popolo italiano, istruendolo de' suoi doveri, riformandone i costumi , educandolo alle salutari pratiche della religione.
Ma oltre a questi doveri, un altro non meno grave gliene incombe nell'aspra lotta che sostiene la Chiesa all'ora presente; quello cioè di essere e di mostrarsi, di fronte a tutti, costantemente devoto a questa Sede Apostolica, e di propugnarne, come possa meglio, le sacre ragioni. E su ciò intendiamo d'insistere oggi in modo speciale, volendo che sia questo l' ammaestramento precipuo che vi diamo in circostanza così solenne.
Nessuno di voi , dilettissimi figli , ignora con quante arti si tenti oggidì di falsare le idee del popolo italiano intorno alle attuali condizioni del Pontificato; con quali mezzi si cerchi di oscurare anche le più manifeste verità. - Si dice infatti e si ripete al popolo di continuo che al Pontefice è lasciata in Roma ampia e piena libertà , e che ne è rispettata l'autorità e la persona. Ma tutto il mondo sa e vede a quale indegna e intollerabile condizione è egli ridotto; in balìa e potere altrui, segno a dileggi, ludibrio della plebe. - Si osa inoltre affermare che le rivendicazioni del Pontefice sono dettate da spirito di ambizione e da cupidigia di mondana grandezza. Spostata così e rimpiccolita la questione, si argomentano costoro di illudere più facilmente i semplici. -
Ma ben più in alto sono rivolte le Nostre mire: in verità, è la grande causa della libertà e della indipendenza della Chiesa che ora si agita. -
E voi, figli carissimi, anche per altrui ammaestramento, non vi stancate di ripetere altamente che la suprema potestà, di cuì, per divina disposizione, è rivestito il Pontefice, di sua natura non può sottostare a qualsiasi terrena potestà ; e che , per essere veramente libero e indipendente, almeno nel presente ordine di Provvidenza, il Pontefice deve avere una reale sovranità: che infatti questa sovranità a favore di Lui fu dalla stessa Provvidenza per vie mirabili disposta, preparata, costituita, e quindi per lunghi secoli conservata in mezzo alle più svariate e contrarie vicende fino a' dì nostri. Il qual meraviglioso disegno di Provvidenza apparve sempre , più specialmente su Roma, che, prescelta ad essere la sede perpetua del Vicario di Cristo , doveva offerire al Pontefice, in faccia al mondo , le più sicure ed evidenti condizioni di libertà. Così nessuna sovranità al mondo fu della pontificia più legittima nell'origine , più alta e veneranda per lo scopo, più lunga nella durata. - Gli avversari di questa sovranità furono sempre i nemici e i persecutori della Chiesa, e la guerra mossale negli ultimi tempi a tutti è notorio che fu opera principalmente delle sètte congiurate ai danni della Chiesa.
Che nessuno di voi, pertanto, che nessuno dei cattolici si lasci fuorviare , né illudere. Diritti così sacrosanti, poggiati sopra così solide fondamenta, sopravvissuti a tante vicende , connessi coi più grandi e vitali interessi della Chiesa , e della civil società , potranno essere per qualche tempo manomessi e vìolati , ma non oppressi e conculcati per sempre. - Spesso fortunati eventi, favori ed appoggi di potenti sembrano dar piena sicurezza e baldanza ai nemici: ma il corso delle cose umane è sempre nelle mani della Provvidenza di Dio, che lo muta e dirige a sua posta, facendolo servire sempre alla maggior gloria del suo nome e al bene della sua Chiesa.
Nè è da tenere in alcun conto la vieta accusa spesso da Noi recisamente respinta, che cioè, col rivendicare i diritti della Sede Apostolica, Ci mostriamo nemici del bene d'Italia. - Diciamo anzi che, domandando si faccia una volta ragione a quei sacri ed imprescrittibili diritti, Noi, lungi dal mostrarci nemici d'Italia, non facciamo che desiderarne il vero bene; volendo ciò che solo può procacciare alla nazione stabile tranquillità, e alle coscienze pace sicura.
Finalmente, non sappiamo bene a qual fine, recentemente fu detto che dal Vaticano non esce mai per l'Italia una parola amica. - Vana e stolta accusa anche questa. Fu parola amica aver Noi in più incontri ricordato all'Italia le grandezze e i beneficii innumerevoli che le provennero dalla Chiesa e dal Pontificato romano. Fu parola amica averle spesso inculcato di custodire gelosamente e di fedelmente seguire le gloriose tradizioni degli avi suoi. - Fu parola amica averla a tempo messa sull'avviso sui deplorabili ed immanchevoìi danni di cui le sarebbe stata funesta cagione la lotta sleale intrapresa per solo odio di setta contro la divina istituzione del Papato. - E quando, dal dovere costretti, levammo la voce contro leggi ed atti emanati a danno della religione e della Chiesa in Italia, anche quella fu voce amica, perchè intesa a conservarle pura e immacolata, qual prezioso tesoro, l'avita fede.
Ma quale in ricambio è il contegno che si tiene verso di Noi dalla parte avversa? Risponda, per tacer del passato, il nuovo Codice che si discute, e le nuove leggi di persecuzione che si minacciano, dirette a sempre più inceppare la Chiesa, ad allontanare sempre più la sua salutare influenza dalla scuola e da ogni ordine della civil società. - Ebbene Noi, i sacri Pastori, i fedeli, posti in così acerbe distrette, se da una parte col divino aiuto non falliremo giammai ai
Nostri doveri, non cesseremo dall'altra d'innalzare più calde all' Altissimo le Nostre preghiere, affinché, a beneficio d'Italia, a salute degli stessi nostri nemici , non tardi a far risplendere la grandezza delle sue misericordie.
Voi, figli carissimi, ispiratevi sempre a questi sentimenti. E con essi riportate ai vostri paesi anche la specialissima benedizione che, dal fondo del cuore, a pegno dei celesti favori, impartiamo a voi tutti qui presenti, al Clero, alla gioventù avviata al Santuario e a tutto il popolo italiano. »
La parola del Santo Padre era vibrata, energica, eloquente, e appena finì, applausi interminabili accolsero il magnifico discorso. Dopo Egli ammise al bacio del santo piede i membri zelantissimi del Comitato del pellegrinaggio, gli oblatori più insigni del denaro di S. Pietro e alcune rappresentanze; e quando si mosse per uscire, l'udienza, commossa alle lagrime, ruppe in nuove e prolungate acclamazioni - al Papa Re - al Pontefice del Rosario - al Pontefice della scienza - all'amico dell'Italia - al primo degli Italiani - finché la diafana e veneranda figura del sublime vegliardo scomparve affatto dagli occhi dei pellegrini.
Allora si vide una scena commoventissima. Quanti non poterono prima accostarsi al Santo Padre, se ne racconsolarono, prendendo come d'assalto il seggiolone, su cui si era seduto, ricoprendolo di baci affettuosi; spettacolo di una tenerezza infinìta, e che dimostra quanto questo miracolo di Papa sia venerato ed amato. Ritornata la calma, da tutti i cuori eruppe con slancio il cantico Laudate Dominum omnes gentes. Quale spettacolo di fede e di carità ! Si sentiva profondamente nel cuore e si ripeteva da tutte le labbra: Veramente il Papa è il Vicario di Gesù Cristo!
Triduo e chiusura del Pellegrinaggio al Sacro Cuore di Gesù.
I Pellegrini avevano intanto celebrato un Triduo solenne nella Chiesa del Sacro Cuore di Gesù. Questa chiesa, edificata, come è noto, dal non mai abbastanza compianto D. Bosco in conformità ai desiderii di Sua Santità Leone XIII, colle offerte del mondo Cattolico, colla maestà e grandezza dell'edifizio, colla ricchezza dei marmi e degli ornati, tutta spirante un profumo di pietà, di devozione, sembrava che col suo splendore sorridesse nel vedere tanti venerabili sacerdoti ringraziare il sacro Cuore di Gesù, perché avesse rallegrato il mondo colle feste giubilari del Papa.
In ogni giorno del Triduo avea predicato con peculiare unzione e dottrina. il celebre Padre Franco Secondo, inclita glorìa della Compagnia di Gesù. Il dotto predicatore dimostrò come i sacerdoti devono dal Cuore di Gesù imparare lo spirito sacerdotale nella santificazione di se stessi e in quella del prossimo. Furono discorsi maschi e ripieni di pratici ricordi circa i divini ministeri e massime la santa Messa e la predicazione.
Il giorno 28 dalle 10 a mezzogiorno aveva luogo la funzione di chiusura del Pellegrinaggio, e pose compimento alle istruzioni del P. Franco la parola dotta, eloquente, efficacissima di S. E. il Cardinal Parocchi, Vicario di Sua Santità. La chiesa era piena di sacerdoti, e sedevano in presbiterio, in luogo distinto, una diecina di Vescovi. Si cominciò la funzione colla recita del S. Rosario, dopo il quale salì sul pulpito l'Eminentissimo Oratore, che tenne per oltre un'ora attenta, immobile e come affascinata la grande ed eletta udienza. Accenneremo per sommi capi lo stupendo discorso, non pretendendo che di darne una pallida idea. Egli esordì col parlare del Giubileo sacerdotale del Papa, che arrecò allegria alla terra, che tutta si mosse, fino ai Sovrani infedeli, ad onorare il Vicario di Gesù Cristo; allietò il Paradiso, colle nuove canonizzazioni e beatificazioni; e stava per sollevare coi suffragi della prossima domenica le anime del purgatorio. E i sacerdoti pellegrini quale frutto ne ricaveranno? Essi hanno veduto e sentito il Santo Padre, e questo basterebbe per ogni ricordo; ma l'Emo Vicario voleva ancora dir loro, prima che se ne partissero da Roma, poche parole, che egli raggruppò intorno a due testi scritturali ; il primo è il Tu me sequere intimato da Gesù a San Pietro; il secondo, il detto dell'Apostolo S. Paolo: Sentite hoc in vobis quod et in Christo Iesu; il primo testo c'insegna l'unione al Papa; il secondo l'unione al Cuore di Gesù.
Entrò quindi il Cardinale a spiegare in che deve consistere l'unione del Clero col Papa; essa ha da essere: 1° Nelle pene, poichè il Papa soffre, e il Clero deve soffrire cori lui. Egli fece una descrizione patetica, verissima dei patimenti di questo augusto Vegliardo, che le sue sofferenze porta scolpite ancor più nel cuore, che nella ascetica figura e nelle sue parole; muove alle lagrime tale pittura, e fa conoscere la sconvenienza di coronare di rose le membra di un capo circondato di spine e di prendere parte alle gazzarre dei profani, mentre il Padre di tutti piange inconsolabilmente. - 2° Unione nelle dottrine ; e questa vuol essere non solo un rispettoso silenzio dinanzi alle decisioni formali della Santa Sede, ma una piena ed esplicita adesione a' suoi insegnamenti; credere in cuore, e manifestare esternamente la nostra fede, pensando come la pensa il Papa. - 3° Unione nell'azione, perché dovendo noi esser logìci, bisogna che la dottrina del Papa traduciamo in opere, nell'esempio del Papa, del quale, se fossimo figli affettuosi e non soltanto servi, dovremmo tenere per precetti i consigli e i desiderii. Ora è desiderio del Papa, che si sostengano le scuole cattoliche, che si propaghi l'insegnamento del Catechismo, che si attenda a tutte le opere di zelo cattolico; non si badi all'interesse ed all'amor proprio, e si porti nel bene quello stesso ardore, che tanto accende il Vicario di Gesù Cristo.
Ma queste cose sono facili a dirsi; diverranno anche facili a praticarsi, se si adoprerà per mezzo l'unione al Cuore di Gesù. Ricordò l'Eminente Prelato opportunamente l'esempio di San Venceslao, modello dei Re cattolici, di cui quel giorno la Chiesa celebrava la festa; egli visitava di notte, alla neve, la chiesa in cui si conservava il SS. Sacramento; e il servo, che lo seguiva, mettendo i piedi nelle sue orme, non sentiva il freddo, ed era ripieno di celeste consolazione. Proveremo anche noi agevole l'unione al Papa, se metteremo i piedi dove li ha messi Gesù: e perciò Sentite hoc in vobis quod et in Christo Iesu. E in che cosa quest'unione? 1° nei sentimenti: sentite hoc in vobis. Gesù avea la passione delle anime , e questa ha da essere la passione del sacerdote cattolico, l'unica, indomabile passione, quella di salvare le anime, e di farsi vittima per esse. Lo zelante Pastore inveì fortemente contro i ministri di Dio che non si prendono pensiero delle anime; simili al sacerdote del Vangelo, che passò indifferente dinanzi al Samaritano assassinato, e sono veramente cadute nelle mani dei ladroni le povere anime a' nostri giorni; 2° unione nei pensieri: e perciò sia la fede la nostra regola di condotta; 3° unione nelle opere, le quali devono essere vive, perchè fatte da uomini sempre vivi alla grazia; costanti e progressive, ad esempio del grande Leone, che è infaticabile non solo, ma nulla tralascia di quanto può tornare vantaggioso alle anime , e si travaglia pel bene della famiglia , della società, delle scienze, delle lettere, e stante i suoi insegnamenti, a tutti gli ordini di cose ; opere infine fatte secondo il beneplacito di Dio; 4° Unione nella vita interiore, essendo proprio, non dei soli religiosi, ma pur dei sacerdoti, lo studio della perfezione cristiana, contro cui sta la freddezza nelle opere del ministero, e quel fare compassato, che esclude ogni generosità ed eroismo nel servizio di Dio.
Con una stupenda perorazione l'Emm° Porporato conchiuse il suo discorso, esortando i sacerdoti pellegrini, nel tornare alla patria loro, a mantenersi uniti al Cuore di Gesù e al cuore del Papa, ed a rispondere con coraggio ai nemici della Chiesa, che prima o poi ci muoveranno guerra: - Io non temo nessuno, percbè temo Iddio. - Passò in questo dire oltre ad un'ora, e nessuno se ne accorse, tanto teneva rapiti gli uditori la facile, ordinata ed energica parola del Cardinale Vicario; parola che formerà un ricordo indimenticabile dei pellegrini, e che, dove fosse stampata, riuscirebbe un importante vademecum per tutti i sacerdoti, anche non pellegrini, e un manuale breve e praticissimo della vita sacerdotale nei presenti luttuosissimi momenti. (1)
Dopo il discorso si fecero da tutti i pellegrini gli atti di consecrazione, di riparazione e di cooperazione al SS. Cuore di Gesù, letti ad alta voce dallo stesso Emo Oratore; e subito appresso s'intonò dall' Em° Cardinal Alimonia , Presidente effettivo del Pellegrinaggio, l'Inno ambrosiano, seguito a pieno coro da tutta la numerosissima udienza. Colla benedizione del Santissimo Sacramento si pose termine a questa solenne funzione di ringraziamento a Dio pel Giubileo del Santo Padre, funzione che lasciò nel cuore d'ognuno una impressione del più vivo entusiasmo e di un desiderio sincero di seguire il Papa col seguitare il Cuore di Gesù. Imperocchè questo carattere particolare ebbe il presente pellegrinaggio dí sacerdoti, e se ne deve somma lode agli ordinatori del medesimo, che esso non fu ordinato solamente a dimostrazione di devozione al Vicario di Gesù Cristo, ma ancora al miglioramento spirituale dei sacerdoti stessi, i quali andando a Roma a visitarvi col Papa i monumenti più augusti della nostra fede, vi hanno pure appreso, nel tempio stesso dedicato al Sacro Cuore di Gesù, quei doveri sublimi e quella perfezione di santità, che costituisce la forza irresistibile del Clero e che spunta tutto le armi dei nemici della Chiesa. Quando il Clero sarà all'altezza della sua missione, si acqueterà la tempesta della persecuzione, e la Provvidenza condurrà la Chiesa a certo trionfo. Così si facessero tutti i pellegrinaggi, e avessero tutti un così salutare risultato!
La Messa funebre in S. Pietro.
Alla funzione nella Chiesa del Sacro Cuore, tenne dietro una seconda più grande, la Messa espiatoria pro Defunctis, celebrata dal Papa in S. Pietro il 30 settembre. La religiosa pietà che nutre il Sommo Pontefice verso le anime purganti, il vivo desiderio di mandarne un gran numero al cielo, perchè intercedessero presso il trono di Dio a pro' dei gravi bisogni della Chiesa, aveano determinato la sua illuminata sapienza a decretare che il giorno 30 settembre, giorno di Domenica, si facessero per esse in tutto il mondo Cattolico sacrificii, suffragi e preghiere.
E la decretata funzione in San Pietro riuscì quanto si può dire commovente. Nel maestoso tempio Vaticano erano state disposte varie tribune, parte in paonazzo ed oro, di cui due avanti alla statua di S. Pietro, due più grandi ai lati dell'Altare della Confessione, che occupano gli spazii della nave traversa; sotto la loggia detta di S. Elena era quella per i Cappellani Cantori Pontificii; lateralmente all'abside erano le tribune pel Corpo diplomatico, per l'aristocrazia, pei Principi assistenti al soglio, pel Principe Maestro del Sacro Ospizio e per gli invitati. In fondo sulla grande gradinata innanzi alla Cattedra erano pure disposte apposite bancate e sedie per gli invitati muniti di speciali biglietti. Tutto il pubblico occupava il restante della Basilica, a cui si accedeva dal portico di Carlo Magno. Sull'Altare della Confessione, ove il Sommo Pontefice celebrò la S. Messa, ammiravasi una stupenda muta di candelieri in argento, con ceri gialli, a causa della funebre cerimonia. Il paliotto, riccamente ornato a rilievi d'oro, aveva il fondo paonazzo; come pure di ugual colore era ricoperto il faldistorio. La Guardia Palatina d'Onore e la Gendarmeria Pontificia, in uniforme di mezza gala, prestavano il servizio d'onore e di parata. Oltre lo steccato per il passaggio del Corteo pontificio, ve ne erano altri, dalla parte della sacrestia e di Santa Marta, per l'accesso separato alle tribune distinte. Gli Em.mi Cardinali presero il loro posto ai lati dell'altare papale per ricevere il Santo Padre. Alcuni di essi aveano celebrato la Messa pro defunctis dalle 6 1/2 alle 8 1/2 ant. nella Basilica Vaticana, fra i quali gli Em. Monaco La Valletta, Parocchi, Ricci-Paracciani, Rampolla, Laurenzi e Alimonda, che furono assistiti da cerimonieri della Basilica.
Circa le 8 3/4 venne recitato il primo rosario al Requiem, che fu intonato da mons. Sallua, Commissario del Santo Uffizio, e a cui rispose tutta l'immensa moltitudine di gente che si accalcava nella Basilica. Terminato il Rosario, alle ore 9 1/4, prima un rumoroso bisbiglio, poi uno scoppio unanime, fragoroso di applausi annunziò l'ingresso del Santo Padre, che, disceso in portantina da' suoi appartamenti, fece orazione alla Cappella del SS.m° Sacramento; indi in sedia gestatoria, senza flabelli, preceduto dalla sua nobile Corte e seguito dal Capitolo e dal Clero Vaticano, si recò all'altare della Confessione, dove l'attendevano gli E.mi Cardinali. Dopo le preci d'uso si vestì dei sacri indumenti con pianeta violacea, e cominciò la Messa da Requiem, che durò in tutto trentacinque minuti. In religioso contegno rimase tutta la sterminata udienza durante la Messa, ma vi fu un istante in cui il rispetto non poteva essere nè più profondo, né più solenne. Quando il Santo Padre giunse all'elevazione, datosi alle Guardie palatine il comando dell'adorazione, si fece per tutta la Basilica un silenzio così rigoroso, che pareva le trenta o quarantamila persone, che colà si trovavano, ad un tratto, come per prodigio, fossero scomparse e non vi fosse più in tutto il vastissimo tempio anima vivente.
Ognuno adorava nel segreto del cuore suo, e prostrato a terra, quel Gesù, che il suo Vicario avea colla sua parola fatto scendere dal Cieio e teneva nelle sue mani, e con lui pregava dal medesimo pace e requie e giubilo alle sante anime del purgatorio. Quali veli, in quell'istante sublime, non ha squarciato la santa fedo, e quali prodigi di grazia ella ha manifestato a quell'esercito sterminato di credenti! Quel silenzio, quell'adorazione profonda dicevano che si era colà colla fede nel cuore, e che tutta quella moltitudine credeva e pregava... e piangeva. Sì, si piangeva, e bisognava avere il cuore di sasso per non sentirselo commuovere e spezzare: nulla di simile si provò e si proverà mai nelle solennità profane! A crescere, se possibile era, la commozione si aggiunsero i cantori pontificii, che cantarono con angelica armonia prima l'Offertorio e poi il Benedictus qui venit.
Terminata la Messa del Santo Padre, celebrò ad un altro altare Mons. Ungherini, cappellano segreto di Sua Santità, e durante questa Messa, stando il Santo Padre in ginocchio colla corona in mano, si recitò da Mons. Lenti, Vice-Gerente di Roma, un' altra volta la terza parte del Rosario in suffragio dei fedeli defunti. Non si può dire l'effetto di questa preghiera fatta dal Papa, e, col Papa, da un quarantamila persone ad un tempo. Forse mai è avvenuto che si dicesse da sì gran numero di fedeli insieme ed in luogo sì augusto il santo Rosario, e toccava proprio al grande Pontefice del Rosario la consacrazione così solenne di questa efficacissima divozione. Pregare con Leone XIII e pregare Maria SS., pregare dicendo il Rosario, pregare e tanti ad una volta e in luogo così augusto, e pregare pace e riposo alle anime sante del purgatorio, perché esse pure, andando in cielo, partecipino delle gioie del Giubileo, che cosa di più nobile e di più grande, e quale argomento più forte a sperare pel bene della Chiesa?
Finita la seconda Messa, il Papa indossò di nuovo i sacri paramenti violacei, con sopra il manto rubino, e preceduto dalla Croce e candelieri, portati da due canonici della Basilica, ando a sedere sul trono appositamente eretto, innanzi all'altare della Confessione; ove, assistito da due Cardinali diaconi, in cappa e paramenti vìolacei, diede l'assoluzione di rito pei defunti, per la quale s'era precedentemente spiegata sul pavimento una ricca coltre mortuaria. - Dopo l'assoluzione, il Santo Padre, deposti i sacri indumenti, in sedia gestatoria, mosse verso il Palazzo apostolico, e giunto dinanzi alla statua di San Pietro, sostò e diede solennemente la benedizione che fu accolta da acclamazioni festosissime al Santo Pontefice, il quale tra gli applausi ed evviva entusiastici attraversando la Basilica, risalì per la Cappella del Sacramento nei suoi appartamenti. Erano le ore undici.
Si apersero allora le porte del gran tempio , e solo allora si potè giudicare del numero immenso delle persone che aveano assistito alla Messa del Santo Padre, dal vedersi, dalla gradinata di S. Pietro, per la piazza del Vaticano e per la Rusticucci, un oceano sconfinato di teste. Eppure, quanto ordine in sì grande folla! quanto rispetto pel luogo santo! quale fervore di preghiere! La funzione ebbe il carattere del raccoglimento e della preghiera; quanti erano nella Basilica di S. Pietro sentivano il bisogno di pregare, e per la mestizia del rito funebre, e per la presenza del Pontefice del Rosario, e per le dolorosissime circostanze in cui si trova la Chiesa di Gesù Cristo. Ah! tante ferventi preghiere avranno certamente il loro effetto, per la consolazione del Sapientissimo Pontefice e pel trionfo della S. Chiesa!
(1) È vivissimo desiderio di tutti gli Ecclesiastici di poter vedere per le stampe il discorso di S. E. il Cardinal Vicario, per farne un volume solo col libro bellissimo del P. Franco, stampato per questa circostanza, ma giunto troppo tardi a Roma. I pellegrini Ecclesiastici però lo potrebbero avere gratuitamente inviando il loro biglietto di pellegrino e centesimi 50 pel porto al Collegio Pio Americano, Roma.
Il giorno 29 del passato luglio si celebrò con pompa solenne la festa di S. Luigi nell'oratorio di S. Croce in Lucca. A rendere più bella questa cara festa della gioventù intervenne il grande oratore P. Agostino da Montefeltro, il quale, invitato dal M. R. Sig. Direttore, acconsentì ben volentieri a celebrare la Messa della Comunione generale. In questa occasione, a parecchi giovanetti che ricevevano la prima volta il pane degli Angeli il P. Agostino tenne tre discorsini, prima della Messa, prima della Comunione, e dopo la Messa, pieni di tanta soavità, caldi di tanto affetto e con tale impronta di un cuore amante di Dio e zelante il bene delle anime, che commovevano profondamente e facevano gustare quanto è tenero e meraviglioso l'amore di Dio verso di noi. Alle ore 10 si cantò in musica la Messa solenne, ed alle 5 pom., pure in musica i Vespri solenni; dopo i quali in un magnifico panegirico il P. Agostino mostrò S. Luigi nella sua vita innocente e penitente. La sua parola improntata della soavità e della forza della legge di Gesù Cristo, sgorgante con impeto dal cuore come da una fonte sovrabbondante, piena di unzione e di amore, tenne fisso ed immobile il numeroso uditorio della piccola Chiesa, composto in parte da benemeriti Cooperatori e Cooperatrici. Dopo la benedizione col SS. Sacramento vi fu una bella illuminazione, accompagnata da fuochi artificiali e rallegrata dalla banda musicale dell'Oratorio. Il Padre Agostino volle assistere a tutta la festa trattenendosi famigliarmente coi superiori e coi giovani, ai quali, dopo le preghiere della sera, parlò per l'ultima volta, lasciando per ricordo che dovessero sempre fare di simili feste colla pace del cuore e nella grazia di Dio, perché le feste cristiane, dove aleggia lo spirito del Signore, sono le più belle e consolanti.
I.
M. R. SIG. DIRETTORE,
Un po' tardi compio il mio dovere di pregare la S. V. a pubblicare nel Bollettino una grazia ricevuta per intercessione di Maria SS. Ausiliatrice.
Soffrendo io da due mesi forti nevralgie al capo ed ai denti, una sera, che mi trovava molto tormentata, mi raccomandai a Maria SS. promettendole, se riceveva la grazia, dì farla inserire nel Bollettino; fui sull'istante libera del mio male e da quel mese non sentii più dolore di quel genere.
Ne sia ringraziata Maria SS. Ausiliatrice.
Ed anche Lei, R. Sig. Direttore, io ringrazio del favore e mi pregio dichiararmi
Di V. S. R .ma Torino, 5 aprile 1888.
FELICITA M. C.
II.
Rivalta di Torino, 29 aprile 1888.
M° Rdo SIGNOR DIRETTORE,
Mi perdoni, M°. Revd°. Signor Direttore, se ardisco scriverle la presente, per darle la notizia di una grazia ottenuta per intercessione di Maria SS. Ausiliatrice.
Erano trascorsi ormai quindici mesi dacché io sottoscritto era travagliato da una sciatica. Animato io da altri fatti particolari che aveva udito a raccontare ed anche letto nelle Letture Cattoliche, non avendo più speranza nei mezzi umani, ricorsi alla protezione di Maria SS. Ausiliatrice, promettendole un quotidiano tributo di preghiere in suo onore, e di venirla poi a ringraziare di persona appena mi fosse possibile. Ed ecco che, appena fattole una tale promessa, subito provai un notevole miglioramento ; ora poi, trascorsi appena pochi mesi, mi trovo affatto libero dal predetto malanno. Prego V. S. M° Revda a voler rendere di pubblica ragione questa grazia da me ottenuta per intercessione di Maria Ausiliatrice. Intanto colgo quest'occasione per dirmi colla più profonda stima
Della S. V. Mo Rda
Dev°. Servo
C. GIUSEPPE.
III. M. R. SIGNORE,
Con tutta l'effusione del cuore rendo infinite grazie a Maria SS. Ausiliatrice, che, dopo avermi ottenuta la salute che da sedici mesi ne era priva, ora volle darmi una novella prova dell'infinita sua bontà, coll'intercedere per me verso il suo Divin Figlio ed ottenere la guarigione del mio caro bambino di circa tre anni, ridotto quasi agli estremi da forti ed insistenti febbri reumatiche. Ed ora, al vederlo di nuovo vispo ed allegro, il mio cuore, pieno di gioia e di riconoscenza verso sì buona Madre, non può tenersi dal far palesi le grazie insigni ricevute da Lei, onde concorrere colle povere mie parole a glorificare Colei che ben a ragione fu chiamata Consolatrice degli afflitti ed Aiuto dei Cristiani.
Di V. S. R.
Torino, 30 aprile 1888.
LUIGIA M. F.
Gli operai cattolici di S. Gioachino, che aveano per presidente Onorario Don Bosco, pel quale nutrivano una venerazione ed un affetto senza pari, e gliene avevano date prove non poche durante la vita, furono pure dei primi a piangerne amaramente la morte e ad innalzare pubbliche preghiere per la sua bell'anima.
Fin dal mattino, appena spirato D. Bosco, accorsero sollecitamente ad adornare la porta esterna dell'Oratorio Salesiano coi due nuovi e magnifici tappeti mortuari da poco acquistati ed inaugurati in si solenne occasione.
Una numerosa rappresentanza colla ricca bandiera addobbata a lutto, prese pure parte all'imponente processione funebre nel dì della sepoltura, e assistè ai solenni funerali del 2 febbraio e del 1° marzo in Torino nel Santuario di M. SS. Ausiliatrice e a quello celebratosi in S. Benigno Canavese.
Ma questo non bastava e colla valida prestazione del Rev.mo D. Cairola, curato della Parrocchia, cui D. Bosco e la sezione stessa appartengono, fu celebrato nella medesima un solenne funerale. Cantò la Messa il M. R. Cav. D. Pietro Marietti, ed i musici della sezione, coadiuvati da distinti professori di canto, eseguirono la Messa funebre di Mons. Cagliero. Il vasto tempio era parato a lutto, gremito di gente e di rappresentanze di distinte famiglie della Parrocchia. Attorno al ricco catafalco stavano gli Operai e una rappresentanza dell' Oratorio Salesiano colla fronte curva a terra, mesti come intrepidi soldati attorno alla bara del loro valoroso capitano che li aveva guidati alle sante battaglie. Sulla porta del tempio campeggiava la seguente iscrizione
A DON BOSCO GIOVANNI BENEFATTORE DEL POPOLO SUO PRESIDENTE ONORARIO LA SEZIONE OPERaI CATTOLICI DI S. GIOACHINO.
Alcuni giorni dopo questo funerale, cioè il 15 aprile, una nuova rappresentanza della sezione si recava alla tomba di D. Bosco nel Collegio Salesiano di Valsalice, ove, deposta una ricca corona e dette brevi parole di compianto e d'incoraggiamento da un socio, ognuno rinnovò a nome della sezione intiera il santo proposito di aver sempre sotto gli occhi la vita operosa di Don Bosco e di non mai abbandonare quella bandiera unica capace di perfezionare l'operaio e il cristiano, perchè è la bandiera della Religione e del lavoro.
Invitiamo tutti i buoni ad associarsi a questo periodico mensile, che da trentasette anni esce sempre piú ricco di nuova materia, atta ad istruire e dilettare. Fondatore di quest'opera, come si sa, fu D. Bosco, di cara memoria, il quale tanto lavorò a fine di mantenere questa associazione , e con essa porre un argine ai mali che specialmente nel popolo produce la divulgazione dei libri e delle massime dei protestanti. Le non poche lettere di S. S. Pio IX ad incoraggiarlo nell'impresa, le molte Pastorali dei Vescovi che raccomandarono queste Letture, le persecuzioni mossegli in vario tempo, massime da protestanti, ed i quasi quattordicimila associati che ne ricevono i fascicoli provano la bontà del lavoro e non lasciano dubbio sopra il bene che da esse ne deriva. A maggior incitamento aggiungiamo che quel poco di guadagno che può derivare dall'associazione va tutto a beneficio dei tanti Ospizi aperti dal medesimo Sacerdote, per ricoverarvi giovani abbandonati, per educarli alla virtù, dare loro una professione od avviarli allo studio secondo la loro inclinazione e abilità.
Come si vede, a scopo migliore non si potrebbe spendere il denaro, che, oltre alla buona lettura, si aiuta un'opera la più santa, qual è quella che s'indirizza al bene della gioventù sopratutto povera e abbandonata.
LETTURE CATTOLICHE DI TORINO PUBBLICAZIONE PERIODICO-MENSILE 1853 - ANNO XXXVII - 1889. 432 Fascicoli pubblicati al dicembre del 1888. Prezzo della Collezione vendibile : L. 60.
PIANO D'ASSOCIAZIONE.
1. Lo scopo di questa Associazione si è di diffondere libri di stile semplice, dicitura popolare. La materia sarà: istruzioni morali, ameni racconti, storie edificanti, ma che riguardano esclusivamente la Cattolica Religione.
2. In ciascun mese uscirà un fascicolo di circa 180 pagine.
3. Il prezzo d'associazione è di L. 1,25 ogni semestre, e L. 2,25 all'anno per chi vuole i fascicoli franchi di posta. All'uffizio in Torino L. 0,90 per semestre, e L. 1,80 all'anno. Fuori d'Italia L. 8,00 per tutti i paesi componenti l'Unione postale.
4. Per fare tutte le agevolezze possibili a tutte le benemerite persone ecclesiastiche e secolari, che vorranno dar mano a quest'opera di carità, saranno loro spediti i fascicoli franchi di porto per tutte le
parti d'Italia dove sono attivate le ferrovie, e per l'estero sino al confine allo stesso prezzo di L. 0.90 per semestre, e L. 1,80 all'anno, purchè i soci facciano un centro ove si possano indirizzare non meno di 50 fascicoli.
5. Ove si possano spedire insieme per la posta 25 fascicoli, il prezzo d'associazione sarà ridotto a L. 2.
6. Il socio s'intende obbligato per sei mesi, e qualora non intenda continuare è pregato di darne avviso un mese prima.
7. Nelle città e luoghi di provincia, le associazioni si ricevono da persone designate dai rispettivi Ordinarii diocesani, a cui l'opera è in particolar modo raccomandata.
8. In TORINO si ricevono nell'uffizio delle medesime Letture, che trovasi nell'Oratorio di San Francesco di Sales, via Cottolengo N. 32.
9. Attesa la modicità del Prezzo d'Associazione, si prega di spedire i pieghi e le lettere franche di posta.
10. Coloro che vogliono associarsi sono pregati di scrivere chiaramente il loro nome, cognome e titoli, la via ed il numero, il comune o frazione di comune in cui hanno domicilio e la provincia e l'ufficio postale dal quale il comune o frazione dipende. Gli associati poi, per rinnovazione, reclami od altro, sono pregati di unire colla corrispondenza la fascia od indirizzo con cui ricevono mensilmente i fascicoli.
(Continuazione)
Sangenesio (Marche) : Quell' insigne Capitolo della collegiata volle celebrare un solenne sacrifizio di espiazione all'anima cara di D. Bosco, benefattore ed esempio, come ci si scrive, del sacerdote cristiano. Il Can. Giuseppe Salvi, giovane eletto di buone speranze , disse con eloquenza e semplicità la grave perdita fatta, e tessè una breve memoria di quanto fece a benefizio dell'umanità D. Bosco, la cui memoria sarà eterna, come passò i confini del mondo la carità e lo zelo del suo cuore. Il popolo intervenne numeroso ed assistette alla pia cerimonia divoto e commosso. Né di ciò ancora soddisfatti quei caritatevoli signori Canonici e preti vollero applicare la s. Messa in suffragio dell'anima di D. Bosco.
S. Maria del Faro presso Forno (Parma)
Solennissimo funerale con discorso analogo per cura dell'Arcip. D. Lazzaro Toffi. Vi assisteva tutta la Confraternita colla propria divisa; mentre un numero grandissimo di ceri, che ardevano d'attorno al magnifico catafalco eretto in mezzo della chiesa, pareva che dovessero ripetere : Così in cielo e molto più deve splendere la sua bell' anima, così zelante e caritatevole.
S. Mauro : fu tra i primi a celebrare una Messa solenne nella chiesa parrocchiale in suffragio di D. Bosco. Quel zelante prevosto, D. Melica Felice, legato da antichi e speciali vincoli di amicizia al venerato D. Bosco, volle il giorno tre febbraio, con lodevolissimo pensiero, dare al defunto amico questo spontaneo tributo del suo tenero e sincero affetto.
Il suo esempio trovò numerosi imitatori.
S. Pier d'Arena : A S. Gaetano. Bastò il semplice annunzio della funzione funebre per l'anima di D. Bosco, per far sì che da tutte le parti della vicina città e da Genova e dalla Polcevera accorressero persone d'ogni ceto a piangere, a pregare, coi poverelli colà ricoverati , la pace eterna all' apostolo della carità. Una folla varia riempiva le tre navate della chiesa. Raramente la chiesa di S. Gaetano vide affollarsi tante persone quante in quest' occasione. Ne disse l'elogio funebre il nostro confratello Don Carmagnola: « E fu cosa bellissima, dice l'egregio Cittadino di Genova, e non potevasi commemorare più degnamente la santa vita di Don Bosco, ricordarne con esposizione più semplice e forma più eletta i benefizi che le instituzioni del santo sacerdote hanno apportato alle popolazioni d'Italia, di Francia, Spagna, America. Quando siamo usciti avevamo nel cuore un sentimento più lieto che mesto : a vece di un funerale, noi avevamo assistito alla festa della glorificazione d'uno dei più grandi benefattori della società. »
S. Stefano al mare : Nella parrocchia di Terzorio il Rev.do Don Lombardi fece solenni funerali.
Scandaluzza (Monferrato) : Il parroco invitò i fedeli al funerale, che volle fare, e riempì la chiesa. Raccontò a modo di elogio le parti più importanti ed amene della vita faticosa di Don Bosco. Le Figlie di Maria fecero la loro santa Comunione. Intervennero i bambini dell'Asilo, le figlie delle scuole con le loro maestre e bel numero di Cooperatori e Cooperatrici Salesiane.
Scavia (Como) : Il sac. Severino Andreani, decurione salesiano fece un solenne funerale per Don Bosco.
Spezia : Nella chiesa abbaziale di S. Maria si fece gran funerale con l' assistenza pontificale di Mons. Giacinto Rossi Vescovo di Sarzana, il quale pure ne disse l'elogio. Chi ce ne scriveva asseriva : « che mai si vide in quella nuova ed importante città una simile funzione. L' orazione poi come sarà un monumento durevole del raro ingegno e dell' ardentissima carità di Mons. Rossi verso D. Bosco, dev'essere un impegno dei nostri buoni confratelli per corrispondere ai santi suoi desideri e compiere la grande idea che aveva il nostro buon Padre. »
Spilimbergo : Quel Rev.do Arciprete e V. F. fece un funerale col suo popolo in suffragio dell'anima di D. Bosco.
Tolone (Francia): Nella chiesa principale si fecero solenni funerali per Don Bosco, e malgrado l'ora incomoda e la stagione rigida, ci fu gran concorso. Mons. Areiprete fece l'orazione funebre, parlando della carità eroica e feconda del fondatore dei Salesiani, da meritarsi una generosa imitazione ; specialmente perché collocò sulle porte di Tolone per la gioventù povera ed abbandonata due case, una per i figli e l' altra per le figlie. La Navarra e Saint-Cyr.
Torino : Chiesa di Maria Ausiliatrice per opera degli antichi allievi dell' Oratorio. Cantò la Messa il primo prete uscito dalla scuola di D. Bosco, il R.mo Teol. Reviglio, curato di S. Agostino, e ne fece l'orazione funebre con affetto e gran mente il Can. Teol. Ballesio, parroco della Coll. di Moncalieri.
- Nella chiesa di S. Giovanni Evangelista col concorso dei Cooperatori e Cooperatrici Salesiane. Doveva far la solita Conferenza Monsignor Cagliero, ma non avendo potuto esso, fu sostituito dal sac. Bonetti Giovanni. Il numero dei divoti fu grandissimo e funzionò Monsignor Leto vescovo di Samaria.
- S. Agostino: grandioso funerale per iniziativa del prefato Teol. Reviglio. Ne fece l'elogio funebre con sapientissima arte il prof. sacerdote Vincenzo Papa, e presentò D. Bosco nella sua missione riformatrice degli studi, e specialmente delle arti e mestieri. Assisteva pontificalmente Mons. Leto Vescovo di Samaria. Musica egregia, e gli addobbi degli altari, della chiesa e del catafalco erano elegantissimi. Consolante concorso di popolo.
- S. Donato : per iniziativa del R.mo Curato D. Griva fecesi un gran funerale con l' intervento in corpo degli operai ed operaie e figlie di Maria.
- S. Gioachino: prima la parrocchia e poi gli operai cattolici di quella sezione. Molti intervennero, fra cui una squadra dei nostri artigianelli, collocati d'attorno al feretro.
- Gran Madre di Dio : con molto concorso e per bontà di quel R.mo signor Curato D. Piano, si cantò una gran Messa funebre in musica. Si leggevano sulla porta maggiore queste semplici parole
ALL'ANIMA ELETTA DEL SAC. DON BOSCO GIOVANNI IDDIO CONCEDA LA PACE DEI GIUSTI.
Torno (Lago di Como) : Un funerale per cura del parroco D. Baldassare Bernascone.
Tortona : Nella cattedrale e per cura del R.mo Capitolo fu fatto un solennissimo funerale. Assisteva Mons. Vescovo, che fece l' assoluzione al tumulo. Intervennero i chierici del Seminario, molti del Clero, e molti Cooperatori e Cooperatrici.
Trebecco (Pavia) : I Cooperatori fecero cantare una Messa solenne in suffragio del loro padre in G. C. Don Bosco. Gli alunni delle scuole coi loro maestri e maestre intervennero.
Trento : Nella chiesa parrocchiale. di S. Pietro, con intervento di Sua Altezza il Principe Vescovo, del sig. Podestà e di numerosi cittadini. Quei nostri buoni confratelli alla direzione dell'Orfanotrofio, furono molto confortati nel loro dolore con le sincere e cordiali condoglianze che venivano ad essi da ogni parte.
Trezzo-Tinella : Si cantò Messa solenne.
Trieste : Nella chiesa delle Benedettine si cantò messa solenne con molti altri suffragi.
Udine : Funerali per D. Bosco « l' uomo della carità che ha dedicato tutta la sua vita a sollievo degli indigenti, all'educazione della gioventù, alla diffusione della fede anche in mezzo agli infedeli. » Così la Società Cattolica di mutuo soccorso di quella città nel promuovere quel funerale, che fu assai decoroso.
Utrera (Spagna) : Al gran funerale che si celebrò nella nostra chiesa intervenne quanto c'è di più eletto e cospicuo per dignità e condizione sociale in quella città e vicinanze. Ne disse l' elogio funebre il Vescovo di Malaga, prendendo per argomento le parole che Don Bosco lasciò scritte per i suoi cari ed amati figli in G. C.: VI RACCOMANDO DI NON PIANGERE LA MIA MORTE.
Vairo di Palanzano (Parma) : Fu cantata Messa da requiem dal R.do D. Pietro Rossini con l'intervento di molti Cooperatori.
Varazze : Nella chiesa di S. Ambrogio, con l'assistenza di S. Ecc. Rev.ma il Vescovo di Savona, di Mons. Luigi Cerruti Can. di S. M. in Carignano di Genova, della Giunta municipale, e della Pretura. La fabbriceria di quella collegiata non solo proponeva il gran funerale, ma prendeva la seguente deliberazione, che noi qui a titolo di onore e di gratitudine ripetiamo ben volentieri : « I sottoscritti membri della Fabbriceria della chiesa di S. Ambrogio in Varazze, presenti a seduta straordinaria, col cuore pieno di angoscia, a nome anche degli assenti membri, mandano le dovute condoglianze a tutta la Comunità salesiana per la irreparabile perdita del compianto D. Bosco G., apostolo della gioventù e della carità cattolica, ed in segno di gratitudine per i benefizi ricevuti hanno deliberato di fare una modesta funebre funzione a vantaggio dell' anima dell' estinto, il giorno 1° marzo, trigesimo dopo la sua morte. Augurano i sottoscritti che l'opera feconda dei successori dell'amato defunto continui a moltiplicare il bene in questa parrocchiale di S. Ambrogio.
Varazze, 3 febbraio 1888.
CARATTINI G. B. - D. CHINAZZI GIOVANNI. - A. CERRUTI. - MOMBELLO NICCOLÒ. - PAOLO BOZZONE. - A. MOMBELLO. - B. RAMOGNINO. SCHIAPPAPIETRA BARTOLOMEO.»
(Continua)