ANNO VIII. N. 12. Esce una volta al mese. DICEMBRE 1884
Direzione nell'OratoriO Salesiano. - Via Cottolengo, N. 32. TORINO ,
SOMMARIO. - Riconoscenza ed augurii di felicità - Monsignor Giovanni Cagliero - L'Episcopato - Lettera del Brasile - L'edificante conversione di un settario - I nuovi Programmi scolastici e le pubblicazioni della tipografia Salesiana.
Il Sacerdote D. Giovanni Bosco e i numerosi suoi giovanotti, ricordando con piacere come, l'anno passato, molte benevolo persone abbiano avuto il caritatevole pensiero di mandar loro la strenna, godono di cogliere la propizia occasione delle prossime Feste Natalizio e della Fine dell'anno per augurar loro con viva riconoscenza le più elette benedizioni ed ogni prosperità.
La Comunione, che per privilegio Pontificio faranno nelle loro Chiese nella mezzanotte del Santo Natale, i Salesiani e i loro alunni la indirizzeranno a Dio, affinchè, per i meriti del graziosissimo Gesù Bambino, spanda sopra dei loro Benefattori e Benefattrici l'abbondanza delle sue grazie celesti, e conceda loro un nuovo e felicissimo anno, colla perseveranza nel bene.
Nel pubblico Concistoro del 13 novembre 1884 il nostro carissimo confratello Monsignor Giovanni Cagliero, Provicario della Patagonia settentrionale, veniva proclamato Vescovo titolare di Magida.
Questa sede Vescovile della seconda Pamfilia nell'esarcato di Asia, sotto la Metropoli dì Pirgi fu eretta nel V secolo. Fra i suoi Vescovi fu Afrodisio che intervenne al concilio di Nicea; Macedonio che fu a quello di Calcedonia; Conone che intervenne al quinto concilio generale; Platone che sottoscrisse il sesto concilio ; e Martino che fu al settimo concilio generale. Magida fu città illustre della Caramania, presso l'imboccatura del Saros. Ma al presente è un titolo Vescovile che conferisce la S. Sede. Leone XII conferì questo titolo il 20 marzo 1827, a Mons. Browne, che nel 1829 divenne Vescovo di Kilmore; Gregorio XVI il 22 luglio 1833 lo diede a Mons. Bonaventura Cano-y-Torrente Vicario e procuratore generale in Italia nell'Ordine della Mercede, Consultore del Santo Ufficio; Pio IX nel 1866 a Monsignor Vincenzo Bracco oggidì Patriarca di Gerusalemme ; Leone XIII nel 9 agosto 1883 a Monsignor Bernardino Caldaioli ora nominato Vescovo di Grosseto.
Torneranno graditi ai nostri Lettori alcuni cenni biografici intorno al nostro Vescovo novello.
Monsignor Giovanni Cagliero nacque a Castelnuovo d'Asti nel gennaio del 1838 e perdette il padre nella sua infanzia. Terminate le scuole elementari nel paese, la madre sua interamente ed illimitatamente lo affidò alle cure paterne del Sacerdote D. Giovanni Bosco suo compaesano. Mons. Cagliero entrò nell'Oratorio di S. Francesco di Sales l'anno 1851. Compiuto il ginnasio fu dei primi che vestissero l'abito chiericale per mano del suo benefattore e padre e frequentò le scuole di Filosofia e di Teologia nel venerando Seminario Arcivescovile di Torino. Dotato di grande attività e di svegliato carattere diresse nei primordii dell'Oratorio la sacristia, la musica, la ginnastica ed i catechismi negli Oratorii festivi. Ancor chierico fu dai socii della nascente Congregazione Salesiana eletto a formar parte del Capitolo Superiore. Ricevuto il sacro Presbiterato nel 1862 stabilì fermamente di non lasciare Don Bosco, e quantunque lusingato dalla proposta di lucroso impiego, non cedette, ed a lui tutto si donò.
Compito il corso di morale casistica sotto la disciplina dell'umile ma eruditissimo suo conterraneo Monsignor Giovanni Battista Bertagna, ora degnissimo ausiliare del nostro amatissimo Arcivescovo Cardinale Alimonda, si consacrò al ministero della predicazione contemporaneamente nell' Oratorio, in molti istituti della città, e in varii paesi; spessissimo nei molti Collegi della nostra Congregazione. In questo ufficio acquistossi fama di esimio predicatore popolare. Addottoratosi in sacra Teologia, fu maestro di morale e di ermeneutica e prefetto di sacre cerimonie ai leviti dell' Oratorio. Valente musicista pubblicò applauditissimi canti, oltre un ricchissimo repertorio di musica sacra.
Nel 1875 si offerse al Superiore per capitanare la prima spedizione dei Missionarii Salesiani nell'America del Sud e, nella sua permanenza di due anni colà, fondò cinque case e gettò le basi della vasta Missione presso i selvaggi della Patagonia. Richiamato a Torino, fu incaricato della direzione generale della nascente Congregazione delle figlie di Maria Ausiliatrice. Come visitatore della Congregazione percorse tutta l'Italia trattando a nome del Signor D. Bosco la fondazione di case ed otto ne stabilì nella sola Sicilia. Per lo stesso motivo fu più volte in Francia, visitò il Portogallo, e fece tre viaggi nella Spagna cattivandosi la simpatia di quella nobile nazione e stabilendo la casa di Utrera presso Siviglia e quella di Sarrià presso Barcellona. Attualmente occupava la carica di Direttore Spirituale nel Capitolo Superiore della Congregazione Salesiana.
Un aneddoto - Nell'anno 1851 il giorno di tutti i Santi arrivava a Castelnuovo d'Asti proveniente da Torino un umile Sacerdote per fare il discorso dei Morti. Un giovanetto poco più di 12 anni con febbrile ansia aveva preceduti i compagni in sacrestia alcune ore prima che cominciasse la funzione. Desiderava essere il prescelto ad accompagnare in qualità di chierichetto il predicatore al pulpito. Dopo il discorso il buon prete disceso in sacristia, con aria dolce ed affabile voltosi al suo piccolo inserviente - Sembra, gli disse, che tu abbia qualche cosa a dirmi, ed a manifestarmi qualche tuo ardente desiderio. Non è vero ?
Sì signore, rispose tutto infiammato in volto il giovanetto , voglio proprio dirle una cosa che da tempo mi agita; voglio venire con lei a Torino, continuare gli studi e farmi prete.
- Bene; verrai con me; disse il Sacerdote : il signor Prevosto già di te mi ha parlato ; di' a tua madre che ti accompagni stassera in canonica e ci intenderemo.
Al suono lugubre delle campane che invitavano i fedeli a pregare per i defunti, tra il mesto raccoglimento della popolazione, entrano, nella casa del Parroco la madre ed il figlio -Mia buona Teresa, disse allora scherzando quel caro Sacerdote e padre già di tanti orfanelli, siete venuta a tempo; io già vi attendeva; parliamo adunque del nostro negozio. È vero che volete vendermi il vostro figlio ?
- Oh! venderlo no, esclamò la buona madre, ma se lo gradisce piuttosto glie lo regalo!
- Meglio ancora, rispose il Sacerdote, allora preparategli il suo piccolo fardello. Domani verrà con me ed io gli farò da padre.
La fortunata madre è Teresa Cagliero e il venerando Sacerdote è D. Giovanni Bosco, ed ambidue assisteranno alla consacrazione Episcopale del loro comune figlio Mons. Giovanni Cagliero.
La buona Teresa Cagliero va a compiere presto gli 88 anni della sua vegeta vecchiaia, e il Signore certamente ha voluto conservarla fino a sì tarda età, perchè colla consolazione di vedere il suo Giovanni sublimato a tanto onore, avesse, eziandio su questa terra, il premio che si merita l'aver generosamente secondata la vocazione dell'amato figliuolo.
Quando Mons. Cagliero partì la prima volta per le Missioni d'America essa contava già 80 anni di vita, eppure non esitò un solo istante a fare il sacrifizio , che Dio da lei richiedeva. Con ciò mostravasi sempre fedele a quella massima che ripeteva sovente ai suoi figli quando erano ancor fanciulli : - Abbracciate pure quello stato al quale dal Signore sarete chiamati, vostra madre vi lascia in piena libertà. Essa non porrà il minimo ostacolo alla vostra vocazione. Sia fatta sempre la volontà di Dio!
I bisogni della Missione richiedendo in quest'anno la presenza di Monsignor Cagliero in America i Superiori della Congregazione Salesiana decisero che esso ritornasse nella Patagonia seguito da nuova schiera di Missionarii. Monsignor Cagliero fu a visitare sua madre per darle questa notizia con ogni maggior figliale delicatezza. Allora non poteasi ancora prevedere che sarebbe stato nominato Vescovo. La veneranda madre ascoltò, e quindi nella sua semplicità rispose: So che i predicatori del Vangelo debbono andare ove li chiama la volontà di Dio. Anche Gesù Cristo per predicare abbandonò sua madre Maria Santissima. Esso pure passò il mare, (il mare di Tiberiade). Dunque va, e che Dio ti benedica corte ti benedice tua madre.
Noi diciamo commossi a questa madre veramente cristiana : - Iddio renda a te centuplicata la tua benedizione; chè le anime salvate dal figlio saranno la corona della madre !
Mons. Giovanni Cagliero sarà consacrato Vescovo domenica 7 dicembre dall'Eminentissimo Cardinale Arcivescovo Gaetano Alimonda assistito da S. Eccellenza Mons. Giovanni Battista Bertagna Vescovo ausiliare, e da S. Eccellenza Mons. Emiliano Manacorda Vescovo di Fossano. La sacra funzione avrà luogo nella chiesa di Maria Ausiliatrice in Torino.
Il giorno dopo, festa di Maria SS. Immacolata, Monsignor Cagliero canterà pontificalmente la Messa ed i Vespri, e darà la Benedizione col SS. Sacramento. Questo giorno è per noi doppiamente lieto poichè cade in esso il 43° anniversario della fondazione dell'Oratorio. Che Dio sia benedetto.
La proclamazione di Monsignor Giovanni Cagliero a Vescovo, ci porge una fortunata occasione, per trattare un argomento che ci sta vivo nel cuore. Il mondo dato tutto alle cose materiali non solo non curasi delle cose spirituali, ma le disprezza. Tutto ciò che riguarda la Chiesa è per esso oggetto d' abbominio e i giornali e i libri degli eretici, dei settari e dei cattivi cristiani sono ogni giorno in questo, di abbassare e di coprire col fango dell'insulto le più sacre autorità. Quindi ne avviene che eziandio molti buoni cristiani in mezzo al rumore di tanti maligni assalti si lasciano alquanto intepidire nell' anima quella venerazione, quell'obbedienza, quell'affetto che debbono ai loro Pastori. Perciò noi parleremo dell'ineffabile dignità dell'Episcopato Cattolico sicuri di averne il plauso dei nostri Cooperatori delle nostre Cooperatrici, nei quali tanto viva la fede e tanto ardente l'amore verso la Santa Romana Chiesa. Per maggior chiarezza poniamo alcuni titoli ai paragrafi di questo nostro scritto primo sarà:
Gesù Cristo e i Vescovi.
L'Apostolo S. Giovanni, rapito in estasi in giorno di Domenica ebbe una visione. Vide sette candelabri d'oro, ciascuno dei quali aveva sette bracci sorreggenti altrettante lucerne. In mezzo ai sette candelabri stava un personaggio simile al Figliuol dell'uomo, il quale appressavasi ora ad un candelabro ora ad un altro, curandone con diligenza le lucerne. Era vestito di abito talare ceruleo e cinto il petto con una fascia d'oro. I capelli del suo capo aveva candidi come lana bianca, lucidi e splendenti come la neve. Gli occhi aveva ardenti come fuoco fiammante. I suoi piedi erano simili all'oricalco, quale appare arroventato sfavillante nell' ardente fornace. La sua voce forte , sonora, penetrante come il fragore di molte acque, che precipitano impetuose dall'alto di una cascata; e dalla bocca sua usciva una spada a due tagli. La sua faccia risplendeva come il sole in tutta la forza della sua luce. Quel personaggio rappresentava Gesù Cristo e portava sopra di se questi simboli del sommo sacerdozio, della regale dignità, della eternità, dell'umanità trionfante, dell' efficacia della predicazione evangelica, della giustizia, del suo sdegno contro i nemici della Chiesa, della cura che si prende delle singole diocesi.
Nella destra egli aveva sette stelle. Giovanni veduto che ebbe quel divino aspetto cadde come morto ai suoi piedi per riverenza e per timore. Ma Gesù Cristo pose sopra di lui la mano destra in atto di protezione dicendo: " Non temere. Io sono il primo e l'ultimo, e vivo ma fui morto, ed ecco che sono vivente pei secoli dei secoli ed ho le chiavi della morte e dell'inferno. Scrivi adunque quelle cose che hai vedute... Scrivi il mistero delle sette stelle le quali hai vedute nella mia destra e dei sette candelabri d'oro. Le sette stelle sono i sette angeli delle Chiese e i sette candelabri sono le
sette Chiese: Scrivi all'angelo della Chiesa Efesina. " I Vescovi adunque da Gesù Cristo stesso vengono chiamati STELLE ed ANGELI e sono sostenuti dalla MANO sua. Et eris corona gloriae in manu Domini, et diadema regni in manu Dei tui. - Sarai corona di gloria nella mano del Signore e un diadema reale nella mano del tuo Dio. Così dice Isaía della Chiesa e dei suoi Apostoli e Vescovi (ISAIA, LXII, 3.).
I Vescovi sono Stelle. I.
Le stelle sono poste negli altissimi spazi dei cieli e la dignità Vescovile è tanto eccelsa che in essi Gesù Cristo si disse personificato Chi ascolta voi ascolta me, chi disprezza voi disprezza me, e chi disprezza me Colui sprezza che mi ha mandato (Luc. x, 16). Perciò in essi sta la pienezza del Sacerdozio, sta il carattere indelebile degli Apostoli dei quali sono i successori, dovendo durare il loro ministero fino alla fine dei secoli. Ecce ego vobiscum sum omnibus diebus usque ad consummationem saeculi (MATT. xxviii, 20.). Essi sovrastano per dignità, grado, potestà, sacramento, giurisdizione a tutti i ceti del clero e del popolo cristiano. In essi la cagione, l'origine della continua presenza di Gesù Cristo, vittima immacolata sopra la terra. Hoc facite in meam commemorationem; hoc facite quotiescumque bibetis in meam commemorationem (1 Cor. xi, 24.). Come i cieli narrano la gloria di Dio e l'opera delle sue mani annuncia il firmamento, così i Vescovi nella Chiesa dimostrano come Dio sappia elevare dalla polvere i poverelli per collocarli tra i principi del popolo suo e per mezzo di essi spargere in tutto il mondo le sue benedizioni. Mira, dice S. Giovanni Grisostomo, la dignità del Sacerdote. S'intrattiene sulla terra ma il suo ufficio è trattare negozi celesti. Non l'uomo, non un angelo, non un arcangelo, non una qualsivoglia creatura quantunque grande, non una potenza o virtù per quanto altissima, ma lo stesso Spirito Santo ha istituita questa dignità. Non vos me elegistis sed ego elegi vos (IOAN. XV, 16.). L' onore e la sublimità episcopale non si può rappresentare con verun paragone, continua S. Ambrogio ; se la dirai simile allo splendore dei re ed al diadema dei principi, dirai un paragone infinitamente inferiore alla realtà, come se volessi paragonare il piombo all'oro, perchè sotto la mano del Vescovo che benedice debbono i principi e re piegare le ginocchia e il capo. Per i Vescovi, ripiglia S. Giovanni Grisostomo, noi ci rivestiamo di Gesù Cristo, per essi ci congiungiamo col Figlio di Dio, per essi diventiamo membra dello stesso beato Capo. Perciò i Vescovi non solo debbono per noi riverirsi più che tutte le potestà della terra, ma eziandio più degli stessi nostri parenti.
II.
Le stelle col loro soave splendore sono la guida del pellegrino che cammina fra le tenebre della notte, del pilota che in mezzo alle acque sconfinate dell'Oceano , cerca il porto desiderato. Così i Vescovi fra le tenebre dell'eresia e delle persecuzioni segnano colla loro dottrina agli uomini la via che conduce al Paradiso. Diceva San Paolo ai Vescovi radunati della provincia di Efeso. Badate a voi stessi e a tutto il gregge di cui lo Spirito Santo vi ha costituiti Vescovi, per pascere la Chiesa di Dio acquistata da lui col proprio Sangue. Io so che entreranno tra di voi dei lupi crudeli, che non risparmieranno il gregge; ed anche di mezzo a voi stessi si leveranno su degli uomini ad insegnare cose perverse per trarsi dietro dei discepoli. Per la qual cosa siate vigilanti (Act. xx, 28).
Lo stesso grande Apostolo scriveva a Timoteo. Ti scongiuro innanzi a Dio ed a Gesù Cristo il quale giudicherà i vivi ed i morti, per la venuta e per il regno di lui; predica la parola, insta opportunamente e importunamente, riprendi, supplica, esorta, con ogni pazienza insegnando... Veglia sopra tutte le cose, sopporta tutte le afflizioni, fa l'ufficio di predicatore del Vangelo, adempi il tuo ministero (Tim. iv, 1). Perciò come la stella condusse le primizie dei popoli gentili alla città di Betlemme e loro scoperse coi raggi il presepio di Gesù, così i Vescovi fanno conoscere al mondo la divinità, la dottrina, la legge del suo Salvatore e quindi la via del Cielo. Di tanta maestà è questo loro ufficio che Daniele profetò : Coloro che hanno la scienza rifulgeranno come la luce del firmamento, e quelli che insegnano a molti la giustizia, come stelle per le intere eternità (xii, 3).
III.
Finalmente le stelle splendono di una luce purissima che attrae lo sguardo e l' ammirazione del contemplatore, inspirandogli un sentimento profondo della maestà e potenza di Dio, facendogli comprendere colla costanza dei loro periodici giri l'obbedienza e la sommessione dovuta alle eterne leggi. Così il Vescovo splendente di virtù, col suo esempio attrae i popoli a Dio ; e, colla fermezza nella fede e, col resistere alle passioni sbrigliate del mondo, insegna la perseverante obbedienza alle leggi di Dio e della Chiesa, conforme a quello che del Vescovo dice l'Apostolo: factus forma gregis ex animo; facendosi sinceramente esemplare del gregge.
Fa d'uopo, scrive S. Paolo a Tito, che il Vescovo sia senza colpa come economo di Dio, tenace di quella parola fedele che è secondo la dottrina. In tutte le cose fa vedere te stesso modello del ben fare, nella dottrina, nella purità dei costumi, nella gravità; il discorrere sia sano, irreprensibile, talmente che chi ci sta di contro abbia rossore non avendo nulla onde dir male di noi (I 7). E con ciò ripeteva le parole di Gesù Cristo ai suoi Apostoli: Risplenda la vostra luce dinanzi agli uomini, affinchè veggano le vostre opere buone, e glorifichino il vostro Padre che è nei cieli. Voi siete il sale della terra, voi siete la luce del mondo (MATT. V, 16). Tutti i secoli videro gli sfolgoranti splendori di queste stelle che illuminarono, dal giorno della Pentecoste fino ai giorni nostri, ogni regione della terra. Numeratele se potete. S. Agostino , S. Gregorio , S. Ambrogio, S. Carlo Borromeo, S. Francesco di Sales basterebbero soli a rendere gloriosi i fasti di qualsivoglia più grande impero. Leggete le storie di ogni città e troverete che ognuna di esse conta ne' suoi Vescovi numerosi portenti di santità che riformarono i costumi del popolo. Date uno sguardo riverente ai Prelati che oggigiorno occupano le sedi delle molteplici diocesi e vedrete perpetuati gli esempi ammirabili degli antichi Pastori.
Vescovi sono eziandio Angeli.
Di essi si ponno ripetere le parole dell'Apostolo Pietro : Sono eglino tutti spiriti amministratori che sono mandati al ministero (di servir Dio e far la di lui volontà) in grazia di coloro i quali acquisteranno l'eredità della salute (Hebr. I, 14). Essi infatti, come gli angioli, sono assistenti al trono di Dio dimorante sovra gli altari, per dare a lui tributo di gloria per tutte le creature; come gli angioli sono ambasciatori ai popoli della Divina volontà; come gli angioli in cielo, così essi sulla terra a nome della. Chiesa presentano all'Altissimo le loro suppliche. Ma ciò non basta. Vi è in essi ancora qualche cosa d'immensamente più grande. Sono essi POTENZA, FORTEZZA , MEDICINA di Dio, sono gli Angioli CUSTODI delle anime.
I.
L'Arcangelo Michele, principe della mi.lizia celeste, col significato del suo nome proclama ; QUIS UT DEUS! Chi grande, chi invincibile come Dio ! E col suo grido : Imperet tibi Dominus, sbaragliò il Dragone e le sue legioni. Ai suoi Vescovi pure Gesù Cristo ha data tale potenza; È stata data a me tutta la podestà in cielo ed in terra. Andate adunque per tutto il mondo, istruite tutte le penti, battezzandole nel nome del Padre e del Figliuolo e dello Spirito Santo, insegnando loro di osservare tutto quello che io vi ho comandato. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, chi poi non crederà sarà condannato (MATT. XXVIII, MARCO xvi, 2). E gli Apostoli e i Vescovi si presentarono al mondo pagano colla potenza del Verbo e alzarono la voce. In omnem terram exivit sonus eorum et in fines orbis terrae verba eorum. A questa voce, eco di quella che scuote i deserti e spezza i cedri del Libano , caddero infranti gli idoli della Grecia e di Roma e al loro posto giganteggia vincitrice la Croce. Come le onde del mare spumeggianti si slanciano contro gli scogli, così si elevarono e si elevano continuamente a battaglia contro la verità le sette, le eresie, le congreghe degli uomini maligni, Ma tutte furono e saranno vinte da questa voce. Omai sono quasi due mila anni di continue vittorie. Portae inferi non praevalebunt.
QUIS UT DEUS! È la voce potente dei Vescovi contro quei Cristiani ribelli che calpestano le leggi del Signore. Gesù Cristo
ha detto : Chi non ascolta la Chiesa, abbilo per gentile e pubblicano. In verità vi dico, tutto quello che legherete sovra la terra, sarà legato nel cielo, e tutto quello che sciogliee rete sovra la terra sarà sciolto anche nel cielo (MATT. XVIII, 18). È la formidabile potestà della scomunica, che scaccia dall' ovile di Gesù Cristo i lupi. coperti dalla pelle di agnello , che gli esclude dalla Chiesa privandoli dei tesori di grazie che in essa si trovano. Quest'arma, che Gesù Cristo ha dato ai Vescovi così solennemente e con giuramento, se vien vibrata non falla mai. Gli empi si ridono della scomunica perchè arma spirituale, invisibile; ma la storia è là per narrarci come in ogni secolo Vidi impium superexaltatum et elevatum sicut cedros Libani; et transivi et ecce non erat; et quaesivi eum, et non est inventus locus eius (Psal. xxxvi, 35).
Sta scritto : conculcherai il leone ed il dragone. QUIS UT DEUS! grida il Vescovo agli spiriti delle tenebre colla sua podestà degli esorcismi ; e i demoni tremano e sgominati lasciano la preda, rimanendo liberi gli ossessi. Et dedit eis potestatem ejiciendi dàemonia(MARC. III, 5). Quando i figli di Sceva esorcizzavano gli indemoniati dicendo : Vi scongiuro per quel Gesù predicato da Paolo, il malo spirito rispose : Conosco Gesù e so chi è Paolo ; ma voi chi siete? E malmenò coloro i quali non avevano podestà di pronunciare contro di lui il nome adorabile del Salvatore. Ma al cospetto del Vescovo i demoni sentonsi privi di forza, e di ardire, tentano spezzare invano le misteriose catene che li allacciano, e conoscono che quell'unto del Signore il quale loro intima di ritirarsi, un giorno cogli altri santi siederà giudice eziandio di essi. Angelos iudicabimus (1 Cor. VI, 3).
QUIS UT DEUS! Se Dio nell'antica legge a sè riserbava la scelta dei luoghi destinati al suo culto , ora ai Vescovi ha ceduta questa suprema podestà che rende quei luoghi terribili e li muta in case di Dio e porte del cielo. I Vescovi hanno giurisdizione primaria eziandio sul corpo reale di Gesù Cristo. Spetta ad essi regolare il divin culto, benedire le vesti sacre ad uso del Sacrificio, consacrare le Chiese gli altari, i vasi, i tabernacoli dai quali partirà quel fuoco che Gesù Cristo è venuto ad accendere sovra la terra, quel fuoco che rende i Cristiani così formidabili contro i demoni. Tutte le volte che noi passiamo innanzi ad una Chiesa dovremmo pensare al nostro Vescovo ed esclamare : Hai preparato dinanzi a me una mensa in faccia di quelli che mi perseguitano (Psalm. xxii, 5).
II.
Non dissi ancor tutto. I Vescovi sono chiamati Angeli e l' Arcangelo Gabriele col suo nome vuol dire; forza di Dio. FORTITUDO DEI. Egli fu mandato ad annunziare agli umili l'incarnazione del Verbo eterno acciocchè divenissero potenti, gli uni di cooperare al gran mistero, gli altri di riconoscerlo ed accettarlo. Simile è la missione dei Vescovi. Annunziano agli uomini come Dio, colla sua vocazione, elesse le cose stolte del mondo per confondere i sapienti e le cose deboli del mondo per confondere le forti; e annunziando infondono negli eletti la divina fortezza. Infatti col Sacramento dell' Ordine e col Sacramento della Confermazione imprimono nelle anime un carattere indelebile, e le riempiono coi doni proporzionati dello Spirito Santo. In mezzo alle schiere dei sacerdoti , tra lo splendore dei sacri riti, nell' ora del Sacrifizio solenne, il Vescovo chiama all'altare il giovane suddiacono e gli annunzia solennemente : Non abbiam da lottare con la carne e col sangue, ma coi principi, colle potestà, coi dominanti di questo mondo tenebroso, cogli spiriti maligni dell'aria. E stendendo la destra sopra di lui : Ricevi, gli dice, lo Spirito Santo onde aver forza di resistere al demonio ed alle sue tentazioni. Nel nome del Signore ! Ministra all' altare, porta i vasi sacri, predica, battezza. Rivestito della stola sorge il novello Levita e pronto a seguire il suo Pastore fino al martirio, legge senza arrossire il vangelo al popolo che pende dalle sue labbra. Santo Stefano e S. Lorenzo hanno sbalordito il mondo colla loro fortezza.
Il Vescovo chiama ai piedi dell' altare un Diacono e presentandolo a Dio prega che con tutte le altre virtù gli sia pur concessa la costanza e la fermezza; gli impone le mani; ed unge la sua destra e la sua sinistra coll' olio dei catecumeni. Quindi, porgendogli il calice col vino e coll' acqua, la patena col pane, gli dà il potere di offrire Sacrifizio a Dio per i vivi e per i defunti; stende poscia le mani sul suo capo dicendo: Ricevi lo Spirito Santo. A chi, rimetterai i peccati saranno rimessi, a chi li riterrai saranno ritenuti; e lo Spirito Santo discende. Il Sacramento imprime in quell' animo un carattere che in eterno da nessuna potenza celeste, terrestre, infernale potrà venir scancellato. Dio stesso giammai lo scancellerà.
Il Diacono è divenuto Sacerdote. Egli offre il sacrifizio, benedice, presiede, predica, battezza; e le folle del popolo corrono a lui che dà il pane della vita agli affamati, il pane dei forti ai deboli, a lui che riconduce sul buon sentiero la pecorella smarrita, a lui che con mille altri perpetua l' offerta dell' Ostia monda in ogni luogo fino alla fine dei secoli.
Il Vescovo attende nel Santo dei Santi quel Sacerdote che dal Successore di Pietro gli è indicato come pastore di popoli. I leviti cantano: Quanto sono amabili i tuoi tabernacoli, o Signore degli eserciti! e al nuovo eletto che giura fedeltà alla Chiesa esso dice : Presiedi, giudica, interpreta, consacra, ordina, offrì, battezza, conferma. Quindi stende le mani sopra di lui proferendo la sacra portentosa formola : Ricevi lo Spirito Santo; e coll' olio e col sacro Crisma lo unge come re e profeta. Lo Spirito Santo accende allora nell'anima del consacrato la fortezza delle virtù pastorali. Ecco il buon pastore che è pronto a dar la vita per le sue pecorelle , e le pecorelle chiamate per nome da lui lo seguiranno ; perchè conoscono la sua voce; egli camminerà innanzi ad esse e le menerà ai pascoli della vita. A lui il Vescovo consacrante pone in dito l'anello simbolo del suo sposalizio colla Chiesa; porge il vangelo perchè vada e predichi; dà il baston pastorale simbolo dello scettro del buon pastore, pone sul capo la mitra, perchè come armato dell'elmo dei due testamenti apparisca térribile agli avversarii della verità. Così lo presenta al popolo, e il popolo si prostra al suo passaggio curva la fronte sotto la mano che benedice e riconosce avverata la profezia di Davidde : Constitues eos principes super omnem terram; Tu li costituirai principi sopra tutta la terra (Psalm. XLIV).
Se il Vescovo col Sacramento dell'Ordine crea e fortifica i Pastori, i Principi del nuovo Israello, col Sacramento della Confermazione forma e fortifica le schiere dei soldati di Gesù Cristo. La vita dell'uomo sopra la terra è una continua milizia. Benchè ricevuto il S. Battesimo esso è ancor debole: ha nemici numerosi, instancabili, visibili ed invisibili, interiori ed esteriori. Ha bisogno del Santo Divino Spirito e di tutti i suoi doni per divenire un valoroso combattente. Il Vescovo stende le mani sopra di lui invocando lo Spirito Santo e il Divino Paracleto discende e imprime quell'anima come di un ammirabile ed indelebile suggello. Quindi lo stesso Vescovo con una mistura di olio e di balsamo, da lui benedetta nel giovedì Santo, gli unge la fronte con triplice segno di croce perchè non impallidisca per timore, o arrossisca per rispetto umano; lo percuote leggermente sulla guancia acciocchè intenda che deve essere pronto a, soffrire con invincibile coraggio ogni sorta di contraddizioni pel nome di Gesù Cristo; e sembra dirgli : Ora sorgi, cammina, combatti, trionfa. E milioni di confessori, di vergini, di martiri incedono novelli atleti di fede, di virtù, abbattendo tutti i nemici della loro anima, fatti spettacolo a Dio, agli angioli ed agli uomini per la loro fortezza.
III.
Ma non solo i Vescovi sono angioli di fortezza, sono eziandio medicina di Dio come l' Arcangelo Raffaele MEDICINA DEI. Chi può numerare le umane infermità spirituali e corporali, transitorie ed eterne delle quali è principe e causa il peccato ! Quante volte il Cristiano nel corso della breve sua vita, immemore dei tanti benefizi ricevuti da Dio, strascinato dalla violenza delle proprie passioni, muore alla grazia, ed è vicino a morire per sempre anche alla gloria ! Ma il Vescovo inerente al suo carattere ha la medicina che ridona la vita e la speranza fondata della gloria. Accipite Spiritum Sanctum. Quorum remiseritis peccata remittuntur eis, quorum retinueritis retenta sunt (Ioan. xx, 53). In essi è la podestà e la giurisdizione di assolvere, in essi il potere di concedere colle sacre ordinazioni simile podestà e simile giurisdizione ai semplici sacerdoti. Essi rinnovano spiritualmente i miracoli della risurrezione e i morti dell' anima , che avevano perduto il diritto di essere chiamati figliuoli di Dio, in ogni luogo , mille e mille volte al giorno , e ad ogni istante ritornano alla vita. Nella mano del Vescovo sta la misericordia del Signore che ad esso confida l'esercizio di questo ammirabile suo attributo. Caeci vident, claudi ambulant, leprosi mundantur, mortui resurgunt.
I Vescovi sono MEDICINA DEI. Mirate l'uomo nell'approssimarsi che fa agli ultimi istanti della sua vita. L' orrore della morte vicina, la memoria dei peccati commessi, il dubbio straziante se ne abbia ottenuto il perdono, lo spavento dei giudizi di Dio, la melanconia e gli spasimi cagionati dall'infermità, gli assalti più violenti delle tentazioni, il destarsi più vivo delle ree inclinazioni lo assaltano di siffatta guisa che egli facilmente si lascia andare allo scoraggiamento e fors' anco alla disperazione. E questa l'ora più trista della sua esistenza. Ma in quell' istante nel quale tutti gli amici, e persino i più cari congiunti lo abbandonano, ecco avvicinarsi al suo letto il Sacerdote. Viene per dargli il Sacramento dell'estrema Unzione che è la perfezione e la consumazione della penitenza, la cui virtù propria è di rimettere i peccati. La materia del Sacramento è l'olio benedetto dal Vescovo nel Giovedì Santo. L'uomo di Dio unge i cinque sensi dell'infermo e il tocco di quell'olio condona i peccati ignorati o dimenticati, terge le reliquie delle colpe, solleva, rallegra, conforta, fortifica quel povero cuore oppresso e talora dona la sanità del corpo, se tal beneficio è giovevole all' anima. Che se Dio ha stabilito di chiamare al suo tribunale questo suo esule figlio, la potenza della SS. Trinità invocata dal Vescovo su quest'olio, infonde nell'infermo tale una pace che esso terge le lagrime, respira, confida, sorride e muore abbandonando il suo capo in seno a Gesù.
IV.
Finalmente i Vescovi sono gli angeli . custodi delle Diocesi e delle anime. E scritto nei
salmi: Egli ha commessa di te la cura a' suoi angeli ed eglino in tutte le vie tue saranno tuoi custodi. Ti sosterranno colle loro mani, affinchè sgraziatamente tu non urti col tuo piede nel sasso (Psal. xc, 11). Dio ha pur commessa simile cura ai Vescovi acciocchè con saggi ordinamenti, precetti e leggi dirigessero i fedeli nell'osservanza dei suoi comandamenti, e si tenessero saldamente avvinti al principio ed unità della fede senza la quale non vi è salute. Siate obbedienti ai vostri prelati, scrive san Paolo, e siate ad essi soggetti (imperocchè vegliano essi come dovendo render conto delle anime vostre), affinchè ciò facciano con gaudio e non sospirando. - Obedite praepositis vestris et subiacete eis, ipsi enim pervigilant quasi rationem pro animabus vestris reddituri, ut cum gaudio hoc faciant et non gementes (Hebr. xiii).
Tutti vediamo con quanta vigilanza e carità i Vescovi esercitino questo loro diritto e dovere e tanto più nobilmente, in quanto che per salvare i figli del loro cuore debbono esercitarlo con dolore e sospirando. Lo provano le tante confische di beni, i tanti esilii e le tante carcerazioni di Vescovi di che fu ed è testimone il secolo nostro in ogni parte della terra. Coloro che van macchinando de' vani disegni hanno stabilito : Rompiamo i loro vincoli e rigettiamo lungi da noi il loro giogo (Ps. ii). Stolti! non pensano che giammai cadrà la solenne parola di Dio : Ti darò in tuo retaggio le genti e in tuo dominio gli ultimi confini del mondo. Noi intanto per nostra parte circondiamo di affetto e venerazione i nostri Pastori che con tanta fermezza compiono il loro ufficio. Non dimentichiamo che Paolo perseguitato in Antiochia della Pissidia, in Iconio, in Listri, una notte a Troade vide in visione l'angelo tutelare della Macedonia che presentatosi a lui lo pregava dicendo : Passa nella Macedonia ed aiutaci (Act. xvi); e Paolo passò in quelle regioni. Gli angeli tutelari dell'Africa, dell'Asia, dell'Oceania quante volte avran tese le mani verso i nostri Vescovi dicendo loro ; Passate, aiutateci.
I Vescovi e l'unità della Chiesa.
Finalmente questa ineffabile dignità dell' Episcopato cattolico si desume dall' unità della Chiesa. Nella visione dell' Apocalisse le stelle erano riunite nella destra del Salvatore. Infatti Gesù Cristo morì ut filios Dei qui erant dispersi congregaret in unum - per riunire insieme i figliuoli di Dio che erano dispersi (Joan. xi, 52). Nell'ultima cena Egli pregava il Padre per gli Apostoli: Serva eos in nomine tuo quos dedisti mihi ut sint unum sicut et nos. - Custodisci nel nome tuo quelli che hai a me consegnati affinchè siano una cosa sola come noi (Joan. XVII, 11.). E l' Apostolo Paolo altamente proclama a tutti i fedeli : Un solo corpo e un solo spirito, come siete ancora stati chiamati ad una sola speranza della vostra vocazione. Un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo... Ed Egli (Gesù Cristo) costituì altri Apostoli, altri profeti, altri evangelisti, altri pastori, e dottori, pel perfezionamento dei santi, per la edificazione del corpo di Cristo, fino a tanto che ci riuniamo tutti per l'unità della fede e seguendo la verità nella carità andiamo crescendo in ogni parte in lui che è il capo (cioè Cristo). Da cui tutto il corpo compaginato e commesso per via di tutte le giunture di comunicazione, in virtù della proporzionata operazione sopra di ciaschedun membro, prende l' augmento proprio del corpo per sua perfezione, mediante la carità (Ephes. Iv, 4, 5, 11).
Se la Chiesa adunque è un corpo perfetto bisogna che abbia un capo solo e questo visibile. Ogni Vescovo perciò non è una stella isolata e indipendente nel firmamento, ma un astro che bisogna considerarlo in tutto l' insieme del sistema sidereo regolato da un centro solo, da una legge sola. Allora quale magnificenza di luce non si spiega innanzi agli occhi nostri. Un astro cresce in splendore per la vicinanza di altre stelle; la bellezza dell'ordine rende più vaghi i singoli astri, e i movimenti di tutti coordinati a vicenda formano quell'armonia espressa da Dio a Giobbe con quelle parole : Ubi eras cum me laudarent astra matutina et jubilarent omnes filii Dei (Iob. xXxviii, 7).
Ogni Vescovo non è un angelo isolato, ma sibbene un angelo posto in gerarchia ed ordine fra i cori dei proprii fratelli, quindi la gloria, la magnificenza, la potenza di uno riceve aumento di maestà dalla gloria, dalla magnificenza, dalla potenza di tutti gli altri. I Cherubini visti da S. Isaia erano sulla stessa base del trono di Dio et clamabant alter ad alterum : Sanctus, Sanctus Sanctus Dominus Deus exercituum (ISAI. VI, 3).
Ora il Papa è il capo visibile di questo corpo, è il centro luminoso di questi astri, la mano di Gesù Cristo che li sorregge, la base il fondamento della Chiesa di Dio. Super hanc petram aedificabo Ecclesiam meam (MATT. XVI, 18). In lui sta la pienezza di ogni autorità, da lui emana l'Episcopato. Esso ha le chiavi del regno di Dio ed apre e nessuno può chiudere, chiude e nessuno può aprire. Esso il Primo, il Capo , il Re, il Sommo Sacerdote, il Vicario di Gesù Cristo, Pietro ! Considerando in questo vero punto di vista la Chiesa Cattolica noi scorgiamo nella sua unità nuovo argomento di gloria per l'Episcopato.
I.
Tutti i Vescovi infatti tengono rivolti i loro sguardi al Papa e verso a lui muovono guidando le innumerevoli tribù della terra varie per lingue, costumi, paesi. Et ambulabunt gentes in lumine tuo - alla tua luce cammineranno le genti (IsAI. LX. 3.). Gesù ha detto a Pietro : Pasci le mie agnelle - Pasce oves meas. (JOAN. XXI, 17). E i Vescovi, che sono le agnelle madri dei popoli, inchinando innanzi a Pietro le nobili fronti dànno l'esempio dell'umiltà nell'esaltazione, riproducono in sè Gesù Cristo che fu obbediente fino alla morte. Così i popoli camminano allo splendore della loro obbedienza e si lasciano guidare ai pascoli sicuri. Sono mille i Vescovi sparsi sulla faccia della terra e tutti hanno lo stesso nome sulle labbra, il nome del Papa; un solo pensiero, il pensiero del Papa; una sola norma di operare, la legge del Papa ; una sola parola da bandire, la parola del Papa. Quale differenza tra l'unità dell'Episcopato e la tirannia, rivolta, dissoluzione, confusione che regna negli scismi e nelle eresie. E noi mirando l' ordine mirabile della Chiesa Cattolica dobbiamo esclamare : Tu sei bella come la luna: Pulchra ut Luna.
II.
Tutti i Vescovi obbediscono al Papa perchè lo amano d' amor sviscerato, soffrono con lui, esultano con lui, son con lui nel giorno della persecuzione, son con lui nel giorno del trionfo. Ed ecco la magnificenza dell' amore: Veritatem facientes in Charitate. Gesù comandava agli Apostoli: Mandatum do vobis ut diligatis invicem sicut dilexi vos. - Che vi amiate l'un l'altro come io vi ho amati. Ecco la cagione di quell'amore che stringe il Papa coi Vescovi, i Vescovi fra di loro e i Vescovi coi loro popoli: Pascete il gregge di Dio che da voi dipende governandolo non forzatamente ma di buona voglia secondo Dio (1. PETR. v, 2.). E per questa carità che i popoli si stringono a' loro Pastori e, imparando da essi ad amare il Papa, si vedono nel inondo tanti ammirabili attestati di devozione e di affetto alla Cattedra del Romano Pontefice. I popoli scorgono la verità dove è l' amore. In hoc cognoscent omnes, quia discipuli mei estis, si dilectionem habueritis ad invicem - Da questo conosceranno tutti che siete miei discepoli, se avrete amore l'uno per l'altro (JOAN. xiii, 35). Così per mezzo dei Vescovi si vede adempiuta la preghiera di Gesù Cristo- al Padre: Che siano tutti una cosa sola, come tu sei in me, o Padre, e io in te, che siano anch'essi una sola cosa in noi; onde creda il mondo che tu mi hai mandato. E la gloria che tu desti a me, l'ho io data ad essi: affinchè siano una cosa sola, come una sola cosa siamo noi (JoAN, xvii, 21). Innamorati a tanto fuoco di carità noi esclamiamo guardando i nostri Vescovi : O chiesa, tu sei eletta come il sole per i tuoi splendori; Electa ut Sol.
III.
Mirate in ultimo i Vescovi radunati in concilio, assistiti dallo Spirito Santo. Se due di voi, ha detto Gesù Cristo, si accorderanno sovra la terra a domandare qualsiasi cosa sarà loro concessa dal Padre mio che è nei cieli. Imperocchè dove sono due o tre congregati in nome mio, quivi io sono in mezzo di essi (Matt. xviii, 20). È questa la corona della dignità Episcopale. I Vescovi radunati formano la Chiesa insegnante e partecipano dell'infallibilità data da Dio al suo Vicario. Pietro è il centro donde incessantemente tutto irraggia e dove incessantemente bisogna che tutto ritorni. Ad esso spetta radunare, ad esso confermare i concilii. Ubi Petrus ibi Ecclesia. Mirateli involti nei sacri pallii, assisi sui loro seggi come quei vegliardi visti da S. Giovanni intorno al trono di Dio. In essi sta il fiore della santità e della scienza del mondo intero. Son venuti da ogni parte del mondo, sono di svariatissimi paesi, eppure tengono una sola dottrina. Il Papa presiede. Essi decidono sulle cause di fede e di morale, essi bandiscono leggi generali, essi condannano le sette e le eresie. Il loro voto è sanzionato dal Papa e la loro sentenza è irreformabile. Nessuna potenza terrena può rendere irriti quei decreti e quelle definizioni. La loro autorità è superiore di gran lunga agli stessi angelici Cori i quali assistono ai Concilii come guardie d'onore, poichè la Chiesa Cattolica è la Sposa di Gesù Cristo. I Vescovi non hanno armi ed armati per fare eseguire i loro decreti, ma Dio stesso veglia perchè sieno eseguiti e la sua terribile giustizia è pronta a punire i trasgressori. La Chiesa intima ai fedeli, la vita eterna a chi obbedirà, la morte eterna a chi sarà ribelle. Questa sentenza è la salute di molti. La Chiesa ha parlato ogni questione è finita. I deboli si rinfrancano, gli illusi si ravvedono, gli erranti ritornano ; e un grido immenso di plauso e di giuramento di fedeltà si leva da ogni parte nell'orbe Cattolico. Vi sarà qualche individuo, qualche provincia che non voglia obbedire? Dio col suo braccio potente stritolerà i superbi, scancellerà eziandio la nazione dalla faccia della terra ed eseguirà infallibilmente la sentenza di morte eterna contro gli ostinati. Qui non crediderit condemnabitur. Noi commossi , stupiti al cospetto delle maestose assemblee dei nostri Vescovi dinanzi alle quali caddero sempre sconfitte tutte le eresie, noi applaudiamo alla Chiesa Cattolica terribile come un esercito ordinato a battaglia. Terribilis ut castrorum acies ordinata.
Conclusione
Il Papa ! i vescovi ! il Concillo ! quale capo ! quali principi ! quale podestà ! Ma sovrattutto quale carità, quale unità ! Non cadrà mai dalla memoria lo spettacolo d'amore e di unità dato dai Vescovi al mondo stupefatto nel 1° Luglio 1867. Cinquecento Vescovi erano radunati nella grand' aula sopra il portico di San Pietro in Vaticano. Quando apparve Pio IX quei venerabili prelati con una gioia direi quasi infantile si strinsero intorno a lui. Il Santo Padre procedeva avendo una parola, un sorriso per ciascheduno di quei figli prediletti. Quando ecco tutti i Vescovi cadere in ginocchio ed esclamare ad una voce : Tu es Petrus ! E Pio IX stendeva ambo le mani su quelle fronti canute e sollevava gli occhi al cielo imperlati da lagrime di indescrivibile tenerezza. In quell'istante la voce misteriosa del Principe degli Apostoli dovette far risuonare al cuore di tutti i radunati quelle parole che indirizzava nella prima sua lettera ai Vescovi della Chiesa primitiva : Cum apparuerit princeps pastorum, percipietis immarcescibilem gloriae coronam.-Quando apparirà il principe dei pastori, riceverete corona immarcescibile di gloria (1 Petr. v, 4).
Nictheroy, 29 Luglio 1854.
Viva Gesù e Maria!!
REvmo ED AMAT.MO SAC. D. RUA,
È dai 12 di Marzo che ho la sua lettera sul tavolino del mio uffizio ; tutti i giorni dico di voler rispondere e poi rimando sempre per più tardi. Quante cose sono passate dall'ultima mia lettera sino ad ora! Il demonio ha voluto metterci alla prova, e se non è riuscito a gettarci a terra, ci ha dato però una buona batosta. Ringraziamo la SS. Vergine Ausiliatrice nostra buona Madre, che ci ha tanto visibilmente protetto e mostriamocene per sempre riconoscenti. - Le aveva nell'ultima mia narrato il nostro primo arrivo in Brasile e le prime nostre intraprese dell'Oratorio festivo e della nuova fabbrica. Speravamo allora che ogni cosa avrebbe proceduto prosperamente, ma non avevamo calcolata l' opposizione e le forze dei nemici del bene. Abbiamo vicini i protestanti. L'oratorio non si potè sostenere per opera di alcuni maligni i quali fecero sì che da una Domenica all'altra scomparissero tutti i giovani dei quali un solo continuò a venire. Che fare ? Tentammo vari mezzi per vedere se potevamo riuscire in questa impresa, ma visto essere inutile ogni fatica e studio lasciammo a Dio la cura di premiare la nostra delusa intenzione e di fissare il tempo delle nostre consolazioni. Ci siamo in compenso messi a lavorare con più impegno nella fabbrica per cominciare cogli alunni interni. Si spinsero i lavori ed in principio di Gennaio stava pronta già una parte dell'edifizio capace di 40 o 50 ragazzi. Aprimmo il Collegio con 10 alunni. Tutto prometteva bene. Femmo una festa solennissima di san Francesco di Sales nostro glorioso Protettore. Venne il Vescovo, il Vicario Generale e moltissimi altri benefattori e tutto procedette con ordine ; Messa della Comunione, Messa in musica con panegirico del Santo, il pranzo ed i vespri. Fu una festa che destò l'attenzione del popolo ; i buoni davano lode a Dio per la nostra venuta ; i cattivi per il contrario bestemmiavano e maledivano il nostro arrivo , e giurarono la nostra perdita. Cominciarono a sparlare di noi, poi a criticare il nostro metodo, poi a spargere voce che i giovani stavano male. Dei dieci giovani che avevamo 5 si ritirarono in un solo giorno , due altri il giorno dopo. Irrisioni , satire, calunnie, improperii di ogni genere si lanciavano continuamente su di noi e del nostro collegio. Quando uno di noi aveva da uscire, andava incontro al martirio. Furono giorni di vera persecuzione. Visite sopra visite delle autorità civili e scolastiche le quali mosse da tante dicerie volevano coi loro occhi depurare la verità. Mi parea di essere ai primi tempi dell' Oratorio. Sorprese durante il pranzo, durante la scuola , durante lo studio. Quasi nello stesso tempo si fece un decreto per l'incameramento dei beni dei frati : tal decreto pareva inchiudere ogni sorta di religiosi, cosicchè i pochi benefattori che ancora ci sostenevano credettero prudenziale partito ritirarsi per non fare un' opera vana. Fu questo il punto più terribile per noi , e più pericoloso per la nostra casa. Temevamo da un momento all' altro giungesse l'ordine di sfrattare dal Brasile. Frattanto io procurava di animare il meglio che poteva i Confratelli , e vedendo che dagli uomini nulla si poteva sperare, ricorsi a Colui che tutto può quando vuole, e con grande fervore cominciammo una novena solenne di Via Crucis. Da quel momento si può dire che cambiò di aspetto la cosa. L'autorità civile conobbe la rettitudine delle nostre intenzioni, ed entrarono subito nell'Ospizio varii nuovi giovani. Si burlarono, è vero, ancora di noi vari sconsigliati e ci imprecarono ancora negli ultimi giorni di carnovale , però erano gli ultimi sforzi del nemico ; finiti i quali cedettero e noi acquistammo di nuovo un poco di pace. Si continuò per tutta la quaresima la Via Crucis con il solito fervore e si andò avanti. I benefattori si animarono di nuovo e cominciarono di nuovo ad animarci. Per accenderei di maggior coraggio venne anche D. Lasagna da Montevideo e tutto contribuì a risorgere a nuova vita. Avvicinandosi la festa della nostra buona Madre Maria Ausiliatrice, cercammo di scuotere di nuovo un poco l' apatia di molti. Mandammo numerosi inviti da tutte le parti. Il Vescovo venne per dar maggior prestigio ed assistere alla festa. Si fece la conferenza dei Cooperatori e si celebrò una festa solennissima , coronata di ottimi successi. Presentemente 30 allievi sono in Collegio ; abbiamo cominciato con i falegnami, i sarti ed i calzolai. Ci fu regalata una bella tipografia ed aspettiamo solo alcuni mezzi per metterla in azione. Abbiamo cominciato un'altra fabbrica e finita che sia potremo dar ricetto a circa 80 giovani. Davvero che è un miracolo dei più belli ; una grazia fattaci dalla nostra buona Madre Maria. Ecco qui in succinto , amatissimo Padre , ciò che abbiamo fatto nella prima metà dell'anno. Spero poter fare assai di più in questa seconda parte. Spero tutto in Dio e niente in me, perché mi conosco bene e so che sono buono a niente. A questo fine faccio fare speciali orazioni da' miei giovani e mi raccomando anche a Lei perché faccia pregare e preghi per noi. Fra tutte lo case Salesiane, nessuna, credo, abbisogna tanto di aiuti spirituali e temporali quanto la nostra. Siamo in paese lontano dalle altre case dei Confratelli, circondati da persone nemiche alla nostra santa Religione ; ci è necessaria la protezione divina per poter resistere ed ottenere la vittoria. Così pure abbiamo bisogno di aiuto materiale e personale. Siamo pochi, pochissimi per il lavoro che abbiamo. Almeno almeno tre di più sarebbero necessari per alleggerire un poco i troppo carichi ed attendere dove si deve attendere. M. Cagliero quando verrà con i nuovi missionari? Non potrebbe portarmi qualche soccorso di personale ? Oh ! io mi raccomando a Lei, amatissimo sig. D. Rua ; ascolti le mie suppliche. D. Lasagna stesso mi disse mi rivolgessi a Lei per aiuto poiché esso non me ne poteva dare ; riconosce il mio bisogno , ma non può aiutarmi. Confido adunque nella sua bontà.
Questa casa benché tanto combattuta, è d'un grande avvenire e soddisfa ad una necessità pressantissima in questo paese dove lo strade rigurgitano di ragazzi abbandonati. Oh che miseria ! se vedesse Schianta il cuore vedere andare alla rovina ed alla perdizione tanti poveri giovani che educati cristianamente potrebbero dare ottimi frutti. Non insisto dunque di più, ma conto sopra di un sicuro aiuto tra pochi mesi o tra pochi giorni.
Perdoni, amatissimo Padre, la mia lungaggine, e la cattiva calligrafia. Che vuole ? Scrissi con molta fretta e ad intervalli. Mi perdoni e mi benedica. Saluti tanto per me l' amatissimo nostro Padre D. Bosco. Dal Bollettino abbiamo saputo delle sue notizie ed abbiamo seguitato con vera ansietà le varie fasi della sua malattia. Oh! Iddio ce lo conservi ancora per molto e molto tempo. Faccia il piacere di presentargli i miei ossequii e quelli di tutti i confratelli e dei giovani di questa casa. L' assicuri che ci ricordiamo e preghiamo molto per lui e per tutti gli altri superiori. Mi riverisca tutti i superiori dell'Oratorio, D. Lazzero, D. Durando specialmente.
Gradisca anche Lei i miei più sinceri voti di felicità e benedica chi si professa con tutta la stima e la riconoscenza possibile suo
Obb.mo ed Um.mo Figlio in G. e M
MICHELE BORGHINO.
ESTRATTO DALL'UNITA CATTOLICA 20 SETTEMBRE.
In questi giorni, davanti le Assise di Firenze, fu dibattuto il clamoroso processo pel duello Parrini-De Witt , terminato colla morte del primo , ed ora ci sembra opportuno di far conoscere la genuina storia del come il defunto al capezzale si convertisse perocchè, appena accennata già da qualche giornale, questa conversione può servire di esempio a molti , ed illustra il contenuto nell'ammirabile Enciclica Humanum genus del Santo Padre Leone XIII, a condanna della Massoneria. E noi siamo lieti di pubblicare la relazione del fatto , che ci è stata trasmessa da persona assai fededegna ed informatissima delle cose. Ecco questa relazione
« Firenze, 15 settembre 1384.
» Egregio signor Direttore dell'Unità Cattolica,
» Non le sia discaro far luogo nel suo riputatissimo giornale l' Unità Cattolica alla narrazione che le mando degli ultimi momenti del professore Cesare Parrini , morto per conseguenza d'una grave ferita, riportata nel duello che sostenne a Quarto, presso Firenze, nella villa Torrigiani, il 18 decorso luglio, col signor De Witt, il cui processo per questo caso si viene ora discutendo nel tribunale delle nostre Assise con gran rumore.
» Il Parrini , uomo di svegliato ingegno, di buon cuore e di non comune coltura, occupava un grado elevato nella Massoneria fiorentina, era notorio corrispondente della Gazzetta d'Italia e scrittore del Fieramosca , giornale massonico di questa città. Che il Parrini fosse o volesse apparire consumato nello spirito anticristiano della setta, prova il testamento che fece due anni sono, del quale ecco la copia letterale:
Firenze, li 13 marzo 1882.
Al Venerabile ed ai Fratelli Massoni della R.*. L.*. la Concordia,
Sano di mente e di corpo, questo dì 13 marzo 1882, dichiaro essere mia volontà
1° Che nessun sacerdote, di qualunque siasi culto o rito, entri nella mia camera quando, per avventura, dovessi cadere ammalato a morte ;
2° Che dal letto, ove io sarò morto, non voglio essere messo nè in bara, nè accompagnato al sepolcro da nessuna Congregazione religiosa, Arciconfraternita, prete, ecc., ma soltanto dai miei fratelli, amici e conoscenti;
3° Che sul patrimonio, che sarò per lasciare morendo, siano prelevate lire 500, le quali saranno distribuite come crederà meglio il Venerabile della L.*. Concordia, fra le vedove e gli orfani di Fratelli rimasti privi di mezzi di fortuna ;
4° L'esecuzione di queste mie volontà è affidata all'Oriente della L.*. Concordia, nel cui archivio secreto desidero sia conservata quest'espressione della mia ferma volontà.
CESARE PARRINI.
La mattina del 18 luglio 1884 , prima di andare sul terreno per battersi all' ultimo sangue col signor De Witt , il Parrini scrisse un altro testamento, tutto dispositivo del suo patrimonio, con legati o ricordi a varii amici. Ma in questo secondo nulla era che abolisse , pel caso di sua morte, quanto avea prescritto nel testamento precitato.
E noto come, dopo sedici o più assalti , egli finalmente cadesse mortalmente trafitto. Nell'atto che, steso sopra una materassa, era portato nella casa attigua alla villa Torrigiani per la medicatura, egli disse al medico che gli stava accanto - Bada che quando vi sia pericolo, voglio esserne avvertito, perchè ho gravi faccende da accomodare. -
Due giorni appresso , peggiorando sempre il male, con atroci strazi del povero infermo, tra i chiamati vicino a lui fu un rispettabile signore , di sentimenti cristiani, col quale egli era legato, quasi fin dall'infanzia, in cordiale amicizia. Questo signore, inteso lo stato del Parrini , che già era di disperata guarigione , riconobbe cogli altri amici la necessità di non fargliene più mistero. Si sa che questo ufficio di notificare la gravità del male ad un amico è sempre penoso ; pure il medico lo fece col miglior garbo del mondo.
Il Parrini avea già dichiarato di non voler fare testamento, poiché lo aveva fatto poco innanzi. Quali erano dunque le gravi faccende che egli desiderava accomodare prima della morte? Furono manifeste non appena ebbe udito che il pericolo di morire ci poteva essere. Immantinente , con accento risoluto, disse ad una gentildonna sua conoscenza , che era corsa in quella villa ad assisterlo: - Chiamatemi subito un prete ; voglio il prete. Ve lo promisi , lo sapete , e tengo la parola. Voglio il prete. -
Tutti si allontanarono dal suo letto , intanto che si spediva un espresso a chiamare in tutta fretta il rev. signor don Luigi Miccinesi, vicario spirituale della chiesa parrocchiale di Santa Maria a Quinto. L'ora era ardente, verso il tocco dopo mezzogiorno. E, siccome qualche tempo ci voleva pure per l'espresso a portare la chiamata ed a venire col Vicario, perciò il Parrini, come impaziente di non veder presto il sacerdote arrivare, si sfogava con quel buon signore, vero suo amico, il quale lo confortava , ricordandogli che in ogni caso Dio vedeva la sua buona volontà , e facendogli intendere che un sincero atto di contrizione avrebbe supplito alla impossibilità di avere il ministro del Sacramento delle divine misericordie.
In questo dire entrò il signor Vicario , che il Parrini accolse come un messo del cielo. Trascorsi alcuni istanti, il Vicario, che era rimasto solo con lui si affacciò all'uscio e domandò due testimoni. Quel signore , che non lasciò mai la casa dell'amico, si offerse e fu chiamato l'unico uomo che vi si trovasse allora con lui, ed era un inserviente dello spedale , ricercato perché visitasse ed aiutasse l'infermo.
Alla presenza di questi due, il Vicario lesse una formola di ritrattazione , che abbracciava tutto quello che era necessario, per un uomo il quale si era illaqueato nelle censure ecclesiastiche , avendo dato il nome alla setta ed essendosi battuto in duello , e tanto avea scritto contro la Chiesa e la fede cattolica. Letta la formola , il Parrini, col Crocifisso al petto , dichiarò di fare questa ritrattazione , ed aggiunse : Perdono a tutti, come desidero che Dio perdoni a me. L'atto, firmato dai due testimoni , si conserva in questa Curia arcivescovile. Ciò fatto , si confessò , e si apprestarono le cose necessarie per l'amministrazione del Sacro Viatico. In questo frattempo , il povero infermo , divenuto molto sereno e tranquillo, non faceva altro che abbracciare e baciare il Crocifisso, che si teneva stretto nelle mani, e pregava raccomandandosi con intenso affetto a quel Gesù che riconosceva per unico consolatore ed unica speranza che gli rimanesse al mondo.
Gli fu detto : - Cesare, come mai tu che sei stato quel che sai, ora preghi così pentito il buon Gesù ? - Amico, rispos'egli, in un modo si vedon le cose quando si vive, ed in un altro si vedono in faccia alla morte. - Ricevette il Viatico con tali dimostrazioni di fede a di pietà , che gli astanti piangevano di commozione ; ed un signore d'altra religione, che era fra essi , non poté frenare le lagrime ed i singhiozzi. Prima di dargli l'Estrema Unzione , il Vicario fu consigliato ad aspettare un poco. Questo tempo íl Parrini spese in un tranquillo raccoglimento col Signore, che avea vivo dentro di sè, ripetendo sempre a chiara voce le sante aspirazioni di fede, di speranza e di amorosa contrizione a Dio, e d'invocazione a Maria SS. che il sacerdote gli veniva suggerendo. Non guari dopo fu assalito da una violentissima stretta. Ci fu appena il tempo di dargli l'Estrema Unzione, e, col nome di Gesù in bocca ed il Crocifisso sul petto, il Parrini spirò.
Quando era già cadavere sul letto, entrò nella camera uno dei capi della Massoneria e lo schiaffeggiò. Il che visto da una domestica , la mosse a farne un acerbissimo risentimento. Lo schiaffeggiatore si scusò con dire che questo era il rituale saluto di estremo addio, che i massoni fanno ai fratelli defunti. Risaputasi la cosa, fu invece da altri interpretata come un castigo inflitto dalla setta al defunto, perchè, morendo , l'avea rinnegata, ritornando a Cristo ed alla sua Chiesa.
Certamente questa inaspettata e tutta spontanea conversione di un tale adepto è scottata molto alla Massoneria. La quale però, ad onor del vero, non fu tenace dei legali pretesti , che per fargli un funere scandaloso le dava il primo testamento del Parrini. Al primo punto aveva derogato egli col fatto chiamando da sè il ministro della Chiesa: all'altro i capi della Loggia ebbero il buon senso di rinunziare ; e così il Parrini ottenne esequie religiose ed esemplari, senza nessun contrasto ; e quale in punto di morte si era ridotto alla Chiesa, tale dalla Chiesa fu abbracciato , benedetto e sepolto in terra sacra , all' ombra della Croce di quel Cristo, con cui egli si era così lealmente riconciliato.
Si potrà chiedere come avvenisse una così mirabile mutazione , in un uomo qual era Cesare Parrini, all'età di presso a cinquant'anni. La risposta che può darsi è, che egli , nel fondo del cuore, era diverso da quel che si mostrava ; e dalla fede, succhiata col latte da una madre che ebbe religiosissima , non si separò del tutto , nè mai per intimo convincimento. Cesare Parrini inoltre ebbe animo pietoso verso i poveri, e fece sempre molte e generose carità. Le opere di misericordia attirano la grazia della Misericordia infinita , anche sul capo dei più disgraziati peccatori che le fanno. Cesare Parrini ebbe sempre gran divozione alle anime dei defunti. Si può dire che il Deprofundis fosse l' orazione che , se non unicamente, certo più specialmente recitava. Ogni sera pregava ; e mai non si scordava del Deprofundis. Qualora un amico suo morisse, aveva da lui i suoi Deprofundis. Quel che potessero valere nello stato d'anima e di coscienza in cui egli vivea, Dio solo sa. Ma la buona disposizione del cuore era veduta da Dio, che cerca ogni via per salvare le anime da lui create e redente.
Da ultimo Cesare Parrini amò la Madonna. Con tutto che scrittore di tante empietà nei giornali, con tutto che massone , egli teneva l'imagine di Maria SS. nel cassetto del suo scrittoio , e non ve la teneva a caso. Maria si ricordò di lui nel suo bisogno più estremo, nel punto dal quale dipendeva la sua eternità.
Altre cose potrebbero aggiungersi. Ma basti questa, ch'egli, nell'ultimo periodo della vita, era travagliato da rimorsi. Più volte fu inteso dire ch'egli meditava di lasciar Firenze o ritirarsi altrove per mutar modo di vivere ; giacché, rimanendo in questa città, temeva di essere maltrattato dai vecchi amici. Qual fondamento avesse un tal timore, egli soltanto poteva conoscerlo, giacchè egli soltanto sapeva fino a che punto si stendessero i giuramenti e gli impegni con cui s'era vincolato alla setta. Ma non v'ha dubbio che , dentro se, egli era amaramente pentito di aver legata la libertà della coscienza sua alla tirannia d'una congrega che non dà requie a chiunque tenta sciogliersi da' suoi lacci.
L'esempio del Parrini serva di lezione alla gioventù, tanto insidiata ; e valga di eccitamento a molti e molti infelici , che a malincuore servono la setta, di cui si sono fatti schiavi, per interesse o per rispetto umano. In un modo si vedon le cose mentre si vive, e in un altro in faccia alla morte, disse Cesare Panini moribondo. Ci pensino in tempo, e si persuadano che le braccia della Misericordia eterna sono aperte per ricevere anime anche più perdute che non fosse quella , ora fortunatissima, del Parrini.
Sono testè usciti i Nuovì Programmi per l'insegnamento nei Ginnasi e nei Licei del Regno. Raccomandando essi per lo studio della lingua, della storia e di altre materie, le opere che più rispondono allo scopo che si prefiggono , noi crediamo di far cosa grata ai padri di famiglia ed agli educatori segnalando loro le varie pubblicazioni della Tipografia Salesiana, che perfettamente rispondono al bisogno.
Prima d' ogni altra cosa, i Programmi raccomandano l'insegnamento della lingua italiana, latina e greca; e fin dal primo entrar nella scuola dicono essi, debbono i giovani apprendere che la parola ha pregio solo in quanto è usata a significare cose utili alla professione morale dell'uomo. Se non che, seguono a dire, tra le molte opere che servono all'apprendimento della lingua, riesce assai difficile la scelta, non essendovene forse alcuna che possa essere data intiera ai giovanetti delle prime classi ginnasiali senza pericolo di suscitare in loro idee mal convenienti alla età, e venendo ai particolari raccomandano la Vita del Cellini, dicendo d'essere inutile avvertire che doveva essere letta in edizione purgata, tanto sono delicati in fatto di professione morale dell'uomo.
Lasciando ad altri il far conoscere che senza religione riesce impossibile la professione morale dell'uomo non possiamo fare a meno di lodare sotto questo punto di vista i Programmi Governativi. Noi fin dal 1866 intraprendemmo una scelta di classici latini in edizione purgata, e nel 1869 i classici italiani, incominciando da Dante venendo giù giù fino al Manzoni ed al Pellico, i quali due ultimi, in cose utili alla professione morale dell'uomo, superano forse tutti i passati. Di detti classici scrittori i padri di famiglia e gli educatori possono aver l'elenco nella coperta di questo Bollettino. Ivi troveranno pure delle tre lingue non solo grammatiche e precetti, ma eziandio i Dizionarii in edizione purgata , da togliere ogni pericolo di suscitare nei giovanetti idee malconvenienti all' età loro.
Prescritto l'insegnamento delle tre lingue italiana, latina e greca passano a raccomandare l'insegnamento della storia orientale, greca, romana ed italiana. Qui pure affinchè i giovani apprendano che la storia ha pregio solo in quanto è usata ad esporre cose utili alla professione morale dell'uomo, insistono, affinchè colla storia si lumeggi sinteticamente i progressi della coltura e la grande rivoluzione lentamente avvenuta nelle credenze religiose dell'impero romano nei tre primi secoli dell'era volgare. Essi vogliono pure che gli alunni acquistino alcuni concetti sintetici, ma chiari e ben definiti circa i popoli egizio, assiro, ebreo , fenicio, ecc. Servono quindi a meraviglia la Storia Sacra, d'Italia ed Ecclesiastica del Sacerdote Giovanni Bosco, l'Orientale e Greca del Teol. Giulio Barberis, la Romana e d'Italia del Prof. Terreno, il Sommario di Storia Patria e le Storie del Farini, compendii che presentano un concetto sintetico, chiaro, e ben definito circa i popoli egizio, assiro, ebreo, fenicio, stendendosi specialmente sulla storia del popolo greco e romano , siccome quelli a cui risale in gran parte l'origine della civiltà nostra.
Prescrivono in seguito la Matematica, la Storia Naturale, la Fisica e finalmente la Filosofia, ed all'apprendimento di queste scienze servir possono le Aritmetiche del Sac. G. Bosco e del Cervetti e la Geometria del Bretto e via via, e specialmente il nostro Atlante Zoologico, di cui già abbiamo pubblicato la Prima Parte - L'uomo: e la Seconda : -I Mammiferi : le cui tavole si vendono a L. 1 ciascuna.
Raccomandiamo quindi caldamente ai nostri Signori Cooperatori e Signore Cooperatrici le Pubblicazioni della nostra Tipografia, siccome quelle che sopra tante altre rispondono al fine supremo delle lettere e delle scienze ed insieme ai Nuovi Programmi Governativi , a quello cioè della formazione morale dell'uomo, evitando il pericolo di suscitare nell'età sua di formazione idee mal convenienti.
La Storia Antica Orientale e Greca.
Gli ultimi Programmi ed Istruzioni Governative per l'insegnamento della Storia nei Ginnasii e nei Licei prescrivono lo studio della Storia Orientale e Greca. Essi raccomandano al Professore di far intendere ai discepoli, con opportune notizie circa i costumi, le istituzioni politiche, le arti, le lettere e le scienze, quanta e quale parte spetta al popolo greco nella storia dell'umano incivilimento e come a quello risalga l'origine della civiltà nostra; fanno eziandio giustamente osservare che quando non si fa ciò, i giovani sovente reputano sprecato il tempo impiegato nello studiare le vicende di una gente, la quale non veggono in qual rapporto si trovi colla generazione cui essi stessi appartengono.
La Storia Antica Orientale pubblicata dal Teologo G. Barberis e specialmente quella della Grecia, testé ristampata ed adattata completamente ai recentissimi programmi Coppiniani, serve mirabilmente a tale uopo. Il Professore può far intendere al discepolo quanta e quale parte spetta al popolo greco nella storia dell'umano incivilimento.
Dette Storie vennero dalla stampa assai encomiata e basti per tutta l'encomio dell'Istitutore. Ecco quanto stampa.
È questo un lavoro che si può mettere nelle mani della nostra gioventù, senza tema d'inconvenienti non solo, ma colla certezza che ella ne ritrarrà un utile vero. Il chiaro autore, convinto che scopo della Storia non è solo la nuda esposizione dei fatti, delle epoche e dei luoghi in cui quelli avvennero, ma l' ammaestramento morale del lettore, non tralascia mai quando l'occasione gli si presenta, d'instillare nella sua mente quei principii di sana morale che gli possono servir di norma per camminare diritto il sentiero della vita, onde la Storia deve essere maestra e duce. Amore alla virtù, abborrimento al vizio, ossequio e riverenza ai fini imperscrutabili che la provvidenza divina si propone nella direzione e nella successione degli umani avvenimenti sono pregi che traspirano da ogni pagina e da ogni periodo del libro. I fatti sono bene concatenati gli uni agli altri, di guisa che il filo storico non presenta mai nessun interrompimento. L'esposizione è chiara e facile, motivo per cui lo studioso senza sforzo intende subito quel che legge. A differenza di certi storiografi moderni i quali adoprano l'insegnamento della Storia per fine settario, per fare trionfare l' idea rappresentata dal proprio partito, e per ciò conseguire alterano i fatti, sopprimono circostanze, smozzicano documenti e a forza di stiracchiamenti, di sofismi e sfregi alla logica ed al buon senso, tirano gli avvenimenti ai loro perversi fini, quantunque alle volte ne siano le mille miglia lontani, per non dir contrarii, il nostro erudito autore è assai parco ne' giudizi i quali si presentano sempre calmi, ponderati, inspirati unicamente al trionfo della verità storica da cui niuno scrittore dovrebbe mai allontanarsi. Per lui la storia è la maestra dei buoni costumi, nello stesso tempo che indirizza l'ingegno degli studiosi alla cognizione dei grandi rivolgimenti civili e religiosi degli antichi imperii dell'Asia e della Grecia. A tutto ciò s'aggiunga il corredo di belle carte geografiche, geroglifiche, simboliche eseguite con sufficiente nitidezza, e che aiutano e facilitano di molto l'intelligenza del testo e si avrà un corso di Storia Antica che può riuscire molto vantaggioso ai giovani dei nostri ginnasi, i quali potranno in esso attingere tutte quelle cognizioni che sono richieste per gli esami di licenza.
(Dall'Istitutore, N. 8, An. XXVII, 22 febb. 1870).