BS 1880s|1884|Bollettino Salesiano Novembre 1884

ANNO VIII. N. 11.   Esce una volta al mese.   NOVEMBRE 1884

BOLLETTINO SALESIANO

Direzione nell'Oratorio Salesiano. - Via Cottolengo, N. 32. TORINO

SOMMARIO. - Ringraziamento di D. Bosco - La missione della Patagonia ed il nuovo vescovo Mons. Giovanni Cagliero - La Chiesa Cattolica e la Carità - I Protestanti ed il colera - Oratorio Salesiano della Spezia -Conversione-Apostasia, matrimonio, morte d'una principessa tedesca - Lettera argentina - Il Sacro Cuore di Gesù - Avviso per la lotteria - Festa della santa infanzia - Pellegrinaggio spirituale a Lourdes - L'educatorio di S. Teresa in Chieri - Conservatorio delle vergini in Trecastagni - Un grande Italiano onorato nell'anniversario della sua morte - Casa famiglia per giovani studenti - Roma e il Papato.

RINGRAZIAMENTO DI D. BOSCO.

D. Giovanni Bosco ringrazia cordialmente i Signori Cooperatori e le Signore Cooperatrici delle preghiere pubbliche e private che nella loro carità innalzarono per la sua guarigione.

All' efficacia di queste preghiere egli attribuisce l'aver ottenuto da Dio e dalla Vergine SS. di poter riprendere una parte delle sue antiche occupazioni. Quindi, per testificare la sua riconoscenza, nel giorno della Presentazione di M. V., 21 Novembre, celebrerà la S. Messa ed unitamente coi suoi giovanetti pregherà il Signore che li benedica, li prosperi e, in questi giorni di calamità e di malore, tenga lontano da loro ogni disgrazia.

LA MISSIONE DELLA PATAGONIA ED IL NUOVO VESCOVO MONSIGNOR GIOVANNI CAGLIERO

La Sacra Congregazione di Propaganda Fide fin dal novembre dello scorso anno ha fondato un Pro-Vicariato apostolico della Patagonia Settentrionale e centrale ed una Prefettura Apostolica per la Patagonia Meridionale e per le Terre del Fuoco.

Il Santo Padre, nella udienza del 20 novembre stesso, approvando le determinazioni di Propaganda e affidando i nuovi distretti alla Congregazione Salesiana, eleggeva a Pro-Vicario Apostolico il Teologo Giovanni Cagliero , a Prefetto Apostolico il Sac. Giuseppe Fagnano, distinti Missionarii Salesiani. - Ora dobbiamo pubblicare un nuovo tratto di Pontificia benevolenza accordato dal Santo Padre al reverend.mo D. Giovanni Bosco ed al suo Istituto nella udienza del 5 corrente. L'egregio Teologo Giovanni Cagliero, uno dei primi Missionarii esploratori delle selvaggie regioni della Patagonia , ha ricevuto la nomina episcopale e fregiato della episcopale consacrazione, ripartirà fra non molto per la sua diletta Missione. Sarà accompagnato da una eletta schiera di Missionarii Salesiani che vanno con lui a raggiungere i loro confratelli per condividere con essi le gloriose ed ardue fatiche dell'Apostolato. Quando verrà fissata la partenza ci faremo un dovere di notificarlo ai nostri Cooperatori e alle nostre cooperatrici . La carità colla quale essi provvedono allo nostre Missioni sarà resa ad essi centuplicata da quel Dio di misericordia che è fatto uomo per salvare le anime che perivano.

Il nuovo Vescovo Monsignor Giovanni Cagliero è conterraneo di D. Bosco, essendo nato nell'avventurato Castelnuovo d'Asti, che diè i natali a D. Giuseppe Cafasso , patriarca del clero piemontese , a D. Giovanni Bosco ed a Monsignor Giambattista Bertagna Vescovo Coadiutore dell' Em° Card. Arcivescovo di Torino. Appena il venerando D, Bosco gettò le prime fondamenta della Congregazione Salesiana, che Monsignor Cagliero se gli diede per figlio, e come tale fu sempre il suo abito, ed ora è la sua consolazione.

LA CHIESA CATTOLICA e la Carità.

Mirabile è lo spettacolo che diede sempre ed ora dà al mondo intiero la Chiesa cattolica coll'ardente zelo e la magnanima carità dei suoi sacerdoti e delle sue monache nell'assistere i colpiti dal morbo pestilenziale. Marsiglia, Tolone, Spezia, Napoli, Busca, Genova, Pancalieri , provarono in questi giorni quanto sia potente lo spirito benefico della Chiesa nello accendere e spronare alle opere eroiche i suoi ministri e le sue vergini. Dio è carità e questa carità improntando di speciale sigillo la fronte del Clero cattolico, dimostra in quale campo si trovi la vera Chiesa essendo in questa la carità.

Non vi è paese dove il cholera non abbia fatto la sua sinistra apparizione dal quale non sia esaltata la caritatevole ed indefessa opera del prete e della suora per recare alle popolazioni da quello colpite ogni sorta di materiale e morale sollievo. Da tutti, anche dai meno favorevoli al cattolicismo ed al Clero si enumerano con parole di riconoscenza le opportune lettere pastorali dei Vescovi e le loro generose elargizioni, le caritatevoli esibizioni degli Ordini religiosi, le considerevoli raccolte di sussidii dovute per lo più allo zelo operoso dei parroci, e l'opera benefica ed instancabile che i ministri della Chiesa han prestato e stanno ancor prestando, col danaro, colla persona stessa dappertutto dove se ne presenta il bisogno.

Noi qui non vogliamo ripetere i fatti che tutti sanno: solamente ci contentiamo di notare come l'ammirando spettacolo strappò i plausi di quel giornalismo stesso che ha la sventura di essere nemico della Chiesa cattolica. Di questi plausi prendiamo nota nelle colonne del nostro periodico, poichè la carità fu ben evidente se riuscì a strappare da queste penne inni che alcune volte riuscirono veramente sublimi.

Il Clero in generale.

Il Corriere della Sera di Milano esclama

« Onore al Clero!

» È dovere d' imparzialità il constatarlo : in mezzo all'arruffio prodotto da arbitrarie ed illegali disposizioni di autorità che pare abbiano quasi smarrito il ben dell'intelletto ; nella gara di ordini e d'ingiunzioni cervellotiche, date a casaccio, inefficaci per la tutela della salute e rovinose per gl'interessi dei cittadini , vi sono pure autorità, le quali con calma , con discernimento , serenamente tranquille e perspicaci, hanno fatto sentire la loro parola ai loro subalterni e si sono rese benemerite del Governo e del paese , ai quali la paura folle, lo sgomento irragionevole hanno preso la mano.

» Queste autorità, bisogna dirlo ad onore del vero, sono le autorità ecclesiastiche; sono i Vescovi e gli Arcivescovi , che nelle loro Pastorali hanno opportunamente dato istruzioni ai parrochi, ai curati, al Clero in genere, ingiungendo loro di raccomandare la pulizia, l'igiene, le pronte chiamate dei medici nel caso d'indisposizioni sospette; la fiducia nei medici stessi. Vescovi ed altre autorità religiose hanno raccomandato ai loro dipendenti d'adoperarsi a sollievo del popolo , coadiuvando l'opera delle autorità e bandendo le diffidenze ed i pregiudizi dell'ignoranza , disperdendo le suggestioni dei tristi sobillatori.

» Nè, per quanto si sappia, vi sono stati parrochi od altri inferiori che a queste ingiunzioni della superiore autorità ecclesiastica abbiano risposto... come i Senise ed altri della stessa farina hanno, indirettamente , risposto alla prima circolare Morana. Proprio no. Da quanto si annuncia da ogni parte, « gli uomini dalla chierica, » per dirla con una frase del Fanfulla, hanno serbato la testa a posto e si sono con zelo adoperati a sollievo delle popolazioni colpite dal morbo, sbalordite dalla paura, desolate dall'abbandono, dalla prudente ritirata di molti, che avevano sacrosanto dovere di restare al loro posto nell'ora della prova, con una parte di quello zelo col quale non avranno mai mancato di assistere a cento banchetti, a cento inaugurazioni.

» Dal pergamo e dall'altare, in chiesa e al letto del malato , la parola di preti e di parrochi ha consigliato la fiducia nei medici; ha provvidenzialmente denunziato i malati; ha sfidato l'ira delle folle esasperate per la paura degli untori , degli avvelenatori - i medici !... Che più? Molti ecclesiastici hanno dovuto tranquillare i malati , ed infondere in loro la fiducia nei medicamenti, bevendone una parte, poiché i malati stessi li ricusavano ostinatamente , credendoli destinati a dar loro, invece della salute, la morte più sollecita.

» E diciamolo pure. Se molte autorità - e prefetti, e sindaci, e assessori, ed altri consimili funzionari - si fossero mostrati pari al loro cómpito, e, invece di visite più o meno autentiche , fossero realmente andati nei luoghi infetti, e avessero proceduto colla calma, della quale hanno dato prova « gli uomini dalla chierica, » molti guai si sarebbero risparmiati ! »

Il Prete.

Il Capitan Fracassa , dopo aver accennato all'anarchia che in questo momento dominava in gran parte d'Italia, prosegue coll'ira di chi vede il trionfo della religione nel trionfo della carità , ed è agitato da passioni politiche.

« Di fronte a questi governanti che non sanno più farsi ubbidire, sorge in questi tempi di prova una grande , austera , terribile (sic) figura : il prete.

» Vedetelo : esso entra animoso nella partita suprema, e come posta vi mette la sua vita.

» Che importa il morire a costoro che lavorano per l'avvenire e a guarentigia di questo hanno un passato di diciannove secoli?

» Alla mollezza, alle paure essi oppongono un'azione disciplinata, intelligente, instancabile. Non possono stendere cordoni e disporre quarantene , perché non hanno la potestà civile, ma accorrono ai letti dei malati , soccorrendo , confortando , ai morenti additando il cielo. Nel frattempo, sindaci e sotto-prefetti scappano, e alla circolare Morana, che vieta le quarantene comunali , qualche Municipio risponde collocando a guardia dei suoi confini i carabinieri...

» Il prete ripiglia l'antico suo posto dominatore, non già per colpi di Stato, né per leggi o decreti ; esso occupa tranquillamente gli uffici che l'inerte Governo lascia vuoti.

» Dove si giungerà in questo modo?

» Il dove già si prevede   

» Ecco : il contadino infermiccio , moribondo , rantola sul rozzo giaciglio , egualmente tribolato dal morbo e dalla fame. Due uomini entrano nella sua casupola.

» L'uno, l'esattore, viene ad avvertirlo che domanì quel tugurio sarà venduto all'incanto, perché non si sono pagate tre lire d'imposta...

» L'altro uomo è un prete. Reca parole consolanti, promesse divine; reca qualche soccorso, che è riuscito a strappare ai ricchi del luogo. Se altro non può, lascia al malato qualche buono per le cucine economiche istituite dal circolo clericale ; il disgraziato mangerà un po' di carne, un po' di brodo.

» E voi pretendereste che egli ami l'esattore e maledica il prete? Disingannatevi ; Cristo lo ha detto, anche il Samaritano diventa fratello quando nutre il famelico e unge le piaghe al ferito.

» Se il contadino crederà più al prete che a voi, voi ne avete la colpa ; voi che lo avete spogliato e abbandonato, mentre il sacerdote gli ricordava, se non altro , qualche cosa che rende uguali i ricchi e i poveri : la morte , e dopo la morte... chi sa?

E dopo la morte, diciamo noi , l'inferno pei cattivi e il paradiso per chi muore in grazia di Dio. »

La Suora.

Il Fanfulla , che pure è avvezzo allo scherno, esce nelle seguenti magnifiche lodi:

« In un convoglio diretto a Napoli si vedevano, due giorni fa, biancheggiare le candide tese, simbolo di qualche cosa di alato, d'una piccola schiera di suore.

» Venivano da Assisi, la patria del sublime poverello : e avevano chiesto in grazia, e subito ottenuto , di correre là dove la morte mieteva e miete tante vittime umane.

» Come il morbo che tanto c'impensierisce, così la carità à contagiosa : e l'esempio delle suore di Assisi sarà imitato, è già imitato da altre.

» Tutta la milizia si risveglia: lasciano i preti per un momento l'altare, e fanno altare e calvario alla santa missione il letto del coleroso. Depone il mitrato Arcivescovo di Napoli la porpora, e se in tanta gravità di mali si reputasse opportuno affidare a lui la direzione suprema dei dolorosi ospizi, dove tanta parte di popolo geme fra gli strazi e muore fra le torture, forse l'immortale storico della peste lombarda non sdegnerebbe di avere scritte anche per lui queste parole « Animava e regolava ogni cosa ; sedava i tumulti, faceva ragione alle querele, minacciava, puniva, riprendeva, confortava, asciugava e spargeva lacrime. »

» Il cardinale Sanfelice, arcivescovo di Napoli, merita già un posto d'onore accanto a Federigo Borromeo

» La battaglia, come il fuoco , purifica ; e in questo accendersi di carità che infiamma il sacerdozio, in questo bello e commovente apostolato di cui gli episodi modesti, ma gloriosi , si svolgono in ogni ospedale, in ogni lazzaretto, stavo per dire in ogni casa dove il fatal morbo penetra, il consolatore degli afflitti obbedisce serenamente alla voce del dovere. Accorrono i Vescovi, i preti, le suore dove c'è da alleviare una fisica sofferenza, c'è una parola di conforto e di consolazione da porgere.

» Prendiamone esempio tutti...

» Noi così detti forti, noi che facciamo pompa della nostra esosa virilità, voltiamo commossi uno sguardo a queste donne sublimi che lasciarono gli agi della casa , che rinunziarono volontarie (sublime sacrifizio fra tutti) alla soave carezza materna, e che da ogni punto d'Italia domandano di poter correre nei lazzaretti.

» Sono giovani quasi tutte, e la delicatezza della fibra muliebre l'hanno già agguerrita e martellata nei luridi noviziati degli ospedali, dove noi entriamo arricciando il naso.

» Quelle loro mani gentili si piegano ora ai servizi più immondi, asciugano il sudore agli agonizzanti , apprestano i farmachi a chi combatte ancora fra la morte e la vita. Vanno rapide , silenziose, senza far rumore, da un letto all'altro, da una corsia all'altra ; prevengono i desiderii ed i bisogni, aiutano medici ed infermieri, fanno da cuoche e da farmaciste, provvedono a tutto, pensano a tutto.

» Perchè è un fatto che le suore sono negli spedali il raggio ricreatore del sole, sono il simbolo della speranza , sono la vita dello spirito , anco se l'abnegazione sublime sia impotente a salvare la vita del corpo. Esse hanno quel non so che di etereo e di sorvolante, quella dolcezza di movimenti, quella voce melodiosa , quell'acutezza che si rivela nei più minuti espedienti che occorre prendere ad ogni momento , nella dolente casa della malattia e della morte.

» Non dimenticherò mai una parola uscita un giorno dalle labbra d'una gentildonna, che visitava una corsia di ammalate nello spedale.

» Una cara bambina, convalescente dopo una lunga malattia, aveva ricevuto da quella signora qualche grazioso balocco, e ringraziandola con effusione, diceva che le avrebbe voluto quasi tanto bene quanto ne voleva a suora Giuseppa. Poi domandò, con accento di domestichezza infantile

» - Ma tu , che sai tante cose, mi sai dire perchè le suore di carità non si sentono mai camminare e, sono sempre dappertutto ?

» - È facile, bambina mia - rispose la signora, dopo aver pensato un momento - non si sentono camminare, perchè son gli angioli che le portano e le sorreggono.

» Gli occhi della malata s'illuminarono di gioioso stupore, e la buona signora non sospettò mai d'aver detto una cosa poeticamente vera e di sublime bellezza. »

Il Vescovo.

Il Bersagliere, giornale pentarchico e anti-clericale , così scrive intorno ai prodigi di carità in Napoli del cardinale San Felice.

« Voi state girando per osservare tutte quelle miserie , gli occhi s'impregnano di lagrime , la vista rifugge da uno spettacolo che vi desola, voi state sul punto di voltare le spalle e fuggire per non vedere più tanta desolazione, quando una forza ignota a voi stesso , costringe a fermarvi. Che cosa è ? Tutta quella povera gente , quegli sventurati corrono, si dirigono a un punto, dove è arrivata una carrozza , dalla quale scende un uomo, intorno al quale tutti si affollano ; e quell'uomo conforta, soccorre, benedice.

» A tal vista voi correte pure, e ammìrate e osservate attentamente quell'uomo che subito riconoscete pel nostro Cardinale Arcivescovo ! Oh ! le lagrime vi salgono di nuovo agli occhi , ma non sono più le lagrime di prima, che vi costringevano a fuggire ; sono lagrime che vi costringono a rimanere e ammirare lo zelo, l'amore, la carità di questo angelo in umana carne. La carità è la sua parola prediletta, e la carità si vede scolpita nel suo petto , la carità si vede dipinta nel suo volto, la carità lo fa camminare, la carità gli dà forza. Ed egli entra in un tugurio, benedice, amministra il Sacramento della Cresima a qualche ammalato, lascia un soccorso, consola con la sua parola inspiratagli dalla carità, benedice di nuovo ed esce di lì... Ma credete voi che si metta in carrozza per tornare al suo palazzo ?

» No, uscito da quel primo tugurio , entra in un altro e poi in un altro ; e dopo visitati questi tugurii corre ad un ospedale, e di lì ad un altro ospedale, e tutto questo per carità.

» I tempi di S. Carlo Borromeo si rinnovano! »

Il Papa.

Mettiamo da parte questi giornali. Parliamo del Vicario di Gesù Cristo, del Padre di tutti i fedeli.

In mezzo a tanti miracoli d'eroismo cattolico il Sommo Pontefice , obbligato dalla forza degli avvenimenti a star chiuso in Vaticano, mentre applaudiva e benediceva allo slancio generoso di quelle anime elette che, dopo Dio, solo esso può dire essere sue, piangeva sulla sventura delle popolazioni a lui tanto care, e sentivasi pur tratto dal suo nobile cuore a dividere coi figli suoi il pericolo ed i meriti. Esso con molte migliaia di lire ha soccorsi nelle varie città un numero grande di infelici. Ma ciò non gli bastava. Quindi, meditato un grande progetto , così scriveva al cardinale Ludovico Jacobini, segretario di Stato.

« Signor Cardinale,

» Il terribile flagello del morbo asiatico che prima apparve nella vicina nazione francese, come già si temeva, ha colpito anche molte parti dell'Italia settentrionale e meridionale : e se quasi per tutto ha serpeggiato e serpeggia tuttora lentamente, nella popolosa città di Napoli semina stragi e rovine.

» La Provvidenza fino a questo giorno ha ricoperto di una speciale protezione la città di Roma, campandola dal flagello. Della quale misericordia Noi coi sentimenti dell'animo profondamente riconoscente e devoto abbiamo reso e continuamente rendiamo umilissime grazie alla bontà divina : e con tutto il fervore del Nostro spirito innalziamo ogni dì al Padre delle misericordie la voce e le mani supplichevoli , affinché , per l' intercessione potente della Gran Vergine e dei gloriosi Protettori, storni dalla Nostra Roma il flagello e la salvi.

» Ma pur troppo e per le molte iniquità che muovono a sdegno la divina giustizia, e per la vicinanza dei luoghi invasi dal morbo non siamo senza timore per questa Nostra Città che Noi amiamo con affetto speciale : nè Ci è possibile rimanercene indifferenti di fronte al pericolo. Quindi Ci rivolgiamo a Lei, signor Cardinale, con questa lettera, per comunicarle su tal proposito le Nostre intenzioni e per commettere a Lei la cura di mandarle ad effetto.

» Sappiamo che con lodevole premura e con saggio accorgimento si sono già presi da chi amministra la pubblica cosa molti ed opportuni provvedimenti affinchè l'invasione del temuto morbo , qualora avvenisse , non cogliesse la città alla sprovvista.

» Ma Noi altresì, desiderosi di trovarci preparati al soccorso del nostro diletto popolo di Roma, abbiamo stabilito di aprire, allestire e mantenere a tutte Nostre spese un ampio spedale nelle vicinanze del Vaticano, dove Ci sia facile dì accedere anche personalmente per visitare e confortare i malati. Questo spedale sarà aperto a vantaggio principalmente dei Rioni a Noi più vicini di Borgo e di Trastevere.- L'Amministrazione di esso vogliamo sia affidata al Nostro Maggiordomo, e la direzione ai due distintissimi periti dell'arte salutare che Ci assistono , il pref. Alessandro Ceccarelli e il dottor Ruggero Valentini : i quali , conformandosi alle norme già opportunamente stabilite, potranno associarsi anche altri, ove ne sia d'uopo, nell'assistenza dei colerosi.

» A tale scopo, quantunque difficili siano le presenti condizioni Nostre, pure, fiduciosi nella Provvidenza e nella generosità del mondo cattolico , abbiamo già stanziato la somma di un milione.

» Sarà sua cura, signor Cardinale, di far sì che con la maggior possibile sollecitudine e nella più utile e soddisfacente maniera abbia effetto questa Nostra volontà, ispirataci da quella carità cristiana che sull'esempio del Divino Maestro giunge anche a dare la vita a vantaggio dei proprii fratelli.

» Che se poi, il che Dio tenga sempre lontano, il flagello anche tra noi si propagasse e si aggravasse, Ci riserviamo di disporre all'uopo anche del Nostro Pontificio Palazzo del Laterano in quella misura che sarà possibile ed opportuna.

» Riceva intanto a pegno dei sincerissimo affetto che abbiamo per Lei la Nostra Apostolica benedizione.

» Dal Vaticano, 10 settembre 1884. « Leo PP. XIII. »

I veri seguaci di Gesù Cristo.

A questa esposizione dei trionfi della carità quali osservazioni aggiungeremo noi? Una sola. La parola di Gesù Cristo ! - « Nessuno ha maggiore carità di colui che dà la vita per i suoi amici. » E S. Giovanni Evangelista nella prima sua lettera quasi a commento aggiunge ; « Da questo abbiamo conosciuto la carità di Dio, perchè Egli ha posto la sua vita per noi ; e noi pur dobbiamo porre la vita per i fratelli. »

Ora io domando : in questi giorni dolorosi chi fu l'amico vero de' suoi fratelli? Nella parrocchia di S. Chiaffredo in quel di Busca, il curato D. Giuseppe Bianchi, colpito violentemente dal cholera, moriva, mentre con zelo assisteva gli infermi. Cessava pur di vivere in conseguenza del morbo contratto assistendo i suoi fedeli lo zelante missionario D. Bartolomeo Tonello, parroco di Castelletto di Busca. Alla Spezia tre ministri dell'altare morivano pel loro zelo infaticabile. A Napoli ben settantotto sacerdoti cadevano ammalati di cholera compiendo il sacro loro ministero a fianco dei colerosi per confortarli nell'ora dell'estrema dipartita, e sedici di essi soccombevano vittime della carità.

L' egregia Discussione denunziava alla venerazione del popolo italiano i nomi di questi eroi , ed aggiungeva : « Queste anime sante e benedette ora raggianti innanzi al trono di Dio, implorano la Divina Misericordia perchè salvi la travagliata Napoli dal nefasto morbo di cui essi furono vittime. Il Clero napoletano, che si ispira nel coraggio veramente angelico del suo pio Cardinale Arcivescovo San Felice , è superbo di additare in questi suoi fratelli morti sul campo del sacro ministero un incitamento maggiore a perseverare nel divino loro ufficio. Sia requie a questi gloriosi sacerdoti defunti. »

L'esercito delle Vergini consecrate a Dio ebbe pure le sue eroine morte per la carità, e il telegrafo ne diede la nuova a tutto il mondo , mentre i sindaci si prestavano a dare a quelle salme benedette speciali funebri onori e sepoltura a parte. Fra queste soccombettero la Superiora delle Suore di Carità all'Ospedale delle Maddalene a Napoli ed a Castelnuovo Garfagnano suor Ignazia Mettraux , superiora delle stesse suore. Di quest'ultima scriveva un giornale di quella città : « Era scesa dalle aspre vette della Savoia , per darci a conoscere le virtù degli angeli ; ed ora, abbandonate le spoglie mortali, volò in cielo per placare lo sdegno dell'Altissimo. Addio, o anima generosa. »

Conclusione.

Sono splendide come il sole queste opere di carità, e il Clero e le Suore, cessato il pericolo, continueranno indefessi nella loro missione divina, ma in modo meno patente agli occhi del mondo , benchè non meno efficace ; e il mondo, ossia coloro che appartengono a quel mondo pel quale Gesù Cristo non pregava, dimenticheranno facilmente i loro inni e riprenderanno la guerra contro i benefattori dell'umanità. Noi però non dobbiamo meravigliarcene. Le persecuzioni , gli insulti , le calunnie debbono anzi riuscire a conforto dei credenti, perchè sono una perenne conferma della Divinità di nostra Religione, essendo un avveramento continuo della profezia di Gesù Cristo. - Se il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato me. Se voi foste cosa del mondo, il mondo amerebbe una cosa sua : ma perché non siete del mondo, ma io vi ho eletti di mezzo al mondo, per questo il mondo vi odia. Ricordatevi di quella parola che vi dissi « Non si dà servo maggiore del suo padrone. Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi , se (malignando) hanno osservata la mia parola, osserveranno anche la vostra. Ma tutto questo lo faranno a voi a causa del nome mio; perchè non conoscono Colui che mi ha mandato... Vi ho detto queste cose affinchè, venuto quel tempo, vi ricordiate che io ve le ho dette » (IOAN., XV, xvi).

Il Clero cattolico, memore di questa solenne profezia , sicuro dei suoi futuri destini e dell'aiuto e presenza di Gesù Cristo sino alla fine dei secoli , cammina per una via segnata da continue battaglie che sono continui trionfi. Esso , come or ne diede prova solenne , soffre , piange sui traviati, e amando porge loro la mano per guidarli al cielo, ricordando il precetto di Gesù Cristo : « Amate i vostri nemici, fate del bene a coloro che vi odiano, e pregate per coloro che vi perseguitano e vi calunniano. Affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli, il quale fa che si levi il suo sole sopra i buoni e sopra i cattivi e manda la pioggia pei giusti e per gli iniqui » (MATT. V).

I PROTESTANTI E IL COLERA.

Molto opportunamente l' Osservatore Cattolico rammenta i seguenti fatti

« Nell'Annuario Napolitano del 1880, a pagina 328 , troviamo in Napoli una Chiesa evangelica metodista a S. Anna di Palazzo, che ha per ministro il rev. Jones , ai Bianchi Nuovi e a Magnacavallo una Chiesa evangelica valdese che ha per ministro Pons ; nella piazza del Plebiscito una Chiesa evangelica battista indipendente ed il conte Osvald Papengouth ne è il proprietario. Poi altre Chiese evangeliche battiste a Largo San Domenico ed alla salita Museo Nazionale coi reverendi ministri Colombo Giuseppe e Landels Guglielmo ; una Chiesa cristiana libera col rev. Luigi Cocchi ministro ; una Chiesa metodista episcopale in istrada Magnacavallo col rev. Ravi Vincenzo ed una Chiesa evangelica metodista inglese, vico Tiratoio a Sant'Anna di Palazzo, che ha per ministro il rev. Gomez. Ed una Chiesa anglicana a vico San Pasquale, che ha per ministro il rever. Baiff, ed una Chiesa francese , via Carlo Poerio , col rev. Peter , ed una Chiesa scozzese vico Capella, col rev. Gordon Gray , ecc. Ma di tutti costoro e delle loro chiese, dopo che è scoppiato il colera, non si parla più. Eppure era questo il momento di provare la loro carità evangelica, giacchè evangelici si chiamano. Che sia avvenuto a Napoli ciò che avvenne nel 1543 in Ginevra e nel 1831 in Dublino?

» Nei registri del Consiglio di stato della Repubblica di Ginevra si legge la seguente dichiarazione che i ministri protestanti fecero al Consiglio il 15 Luglio 1543 : « Sarebbe nostro dovere di recarci al letto degli appestati, ma nessuno di noi ha bastante coraggio per farlo ; epperciò preghiamo il Consiglio a perdonare questa debolezza non avendoci Dio data la grazia di affrontare il pericolo col necessario coraggio ». E poiché in Dublino imperversò il colera e si videro i ministri protestanti fuggenti in fretta e i preti cattolici portare perfino sulle braccia gl'infermi agli ospedali e i morti al sepolcro, l' Arcivescovo protestante Whately, per giustificare se medesimo e i ministri, con lettera del 4 maggio 1832, dichiarò che i principii dell'anglicanismo non esigevano da loro che mettessero a repentaglio la propria vita per soccorrere l' altrui. Questa lettera scandalosa venne tradotta in tutte le lingue per dimostrare che il protestantesimo non conosce la carità ».

Qualcuno interrogherà: Che cosa fanno dunque i Protestanti in questi tempi calamitosi ? - Noi risponderemo che essi hanno altra impresa per le mani ove la vita non corre pericolo.

Alcune persone che visitarono l' Esposizione di Torino ci hanno rimessi opuscoli che tutti i giorni ricevevano nell'entrare a visitarla. Sono opuscoletti bianchi con una figura nel mezzo, e per ingannar meglio , portano l' indicazione di Roma , Società editrice di pubblicazioni popolari, oppure Tipografia popolare. Eccone alcuni titoli : - Voi, io o qualsiasi altra persona - Riscattato col sangue - Il pedaggio pagato - La storia di Giuseppe - Il tentato Suicidio ecc.

Questi opuscoli sono diffusi dai protestanti. Cominciano sempre con una parabola od un racconto, col quale si viene ad esaltare il beneficio della Redenzione. Il veleno sta qui, che mentre la verità si è che noi dobbiamo guadagnarci il paradiso per la via apertaci dal Signore , colle opere nostre vivificate dai meriti del Signor Nostro Gesù Cristo, essi invece insegnano che a nulla contano le opere nostre, ma che ci salviamo colla SOLA fede nel Redentore.

Da ciò discende poi la comoda ed orrenda dottrina di Lutero : Crede firmiter et pecca fortiter, che messa in pratica cangerebbe il mondo in letamaío di ciacchi, ed in una boscaglia di uominibelve.

ORATORIO SALESIANO DELLA SPEZIA.

Desiderosi di soddisfare alle ansiose domande di molti amici, ci affrettiamo a pubblicare la seguente lettera

VEN.MO SIG. D. RUA,

Avendo il morbo pestilenziale cessato di desolare questa povera città , colgo il primo momento di respiro per darle una notizia che le riuscirà carissima. - Nessuno di noi fu colpito dal cholera. - La Vergine SS. Ausiliatrice ci ha difesi col materno suo manto.

Quali giorni dolorosi però abbiamo passati noi in mezzo alla strage che la morte menava tutt'intorno alla nostra casa! Di quanti dolori, di quante miserie , di quante lagrime , di quante agonie fummo spettatori ! Ad ogni levar di sole presentavisi alla mente l'idea che forse non ne avremmo più visto il tramonto, ed al cadere della luce il cuore rimaneva oppresso per tante vite che avevamo viste a spegnersi. Tuttavia non ci mancò il coraggio, e anche senza il cordone militare non avremmo abbandonato il nostro posto.

I tempi di pubbliche sventure sono anche i tempi di grandi misericordie, e quindi il sacro ministero ci diede molto da lavorare , come la S. V. può facilmente immaginarsi.. Le funzioni di Chiesa più frequenti , l'indefessa assistenza religiosa di giorno e di notte al capezzale dei poveri colerosi , l' assiduità al confessionale assiepato sempre dai penitenti , non ci lasciava un istante di requie. Ma la carità di Gesù Cristo, la compassione per l'aggravarsi di tanti mali sui nostri fratelli, l'ammirabile esempio di abnegazione che ci dava il ff. di parroco canonico D. Giovanni Battista dei Baroni D. Isengard, e tutto il Clero, ci erano di conforto e di stimolo in questa opera divina. In mezzo a tanta sventura non ci mancarono tuttavia grandi consolazioni, e potrei narrarle varii episodii che sarebbero di molta edificazione, se avessi tempo per metterli in carta.

Intanto la ringrazio infinitamente per le preghiere che hanno fatte per noi. Ringrazii pure D. Bosco dei consigli, degli aiuti, che ci ha mandati per animarci e spronarci nell'adempimento generoso dei nostri doveri. Gli baci la mano in nome nostro, rinnovandogli i sensi della nostra inalterabile devozione.

Il Signore conservi la S. V., della quale mi sottoscrivo

Spezia, 6 ottobre 1884.

Affmo in Gesù Cristo

D. LEVERATTO G.

CONVERSIONE

Nell' Unità Cattolica del 20 luglio 1884 si leggeva

« Il Principe Enrico di Hanan, della famiglia di Assia, si è convertito al Cattolicismo. La Gazzetta di Assia aveva scritto che scopo di questa conversione del Principe era d'agevolare il suo matrimonio con una delle figlie della regina Isabella. Ora il principe ha pubblicato la seguente dichiarazione : « Io non ho avuto bisogno di consiglio de' miei per passare alla religione Cattolica. Per contrario, io ho celato loro questa mia risoluzione fino all'ultima ora, per non mettermi da me stesso degli ostacoli inutili. Dico inutili , giacché nulla al mondo mi avrebbe potuto trattenere dall' abbracciare la religione di S. Elisabetta, alla quale mi sentiva inchinato dopo averla lungamente studiata. »

Il 5 settembre lo stesso giornale annunciava

« Il Principe di Hanan, figlio del defunto Principe d'Assia, dopo essersi convertito alla religione Cattolica durante la sua dimora a Parigi, ha risoluto di ritirarsi in un monastero di Benedettini per compiervi gli studi di Teologia. »

Apostasia, matrimonio, morte d'una principessa tedesca.

Alcuni giornali esteri , or son due mesi avevano il seguente dispaccio

« Berlino, 12 agosto. La conversione della contessa Ellinor di Henckel Donnersmarck, che apostatò dal cattolicismo per poter unirsi in matrimonio col principe di Carolath Beuthen, ha commosso vivamente il mondo cattolico in Germania, che non novera molte famiglie tanto ricche e di sì gran fede come gli Henckel. L'atto della giovane contessa, il cui fratello si segnalò fra i più zelanti membri del Centro cattolico nel Reichstag, si spiega per la circostanza che il suo fidanzato ha fatto divorzio, e siccome il divorzio non è ammesso a Roma, la giovane coppia avrebbe dovuto rinunziare al matrimonio religioso, se non avesse abbracciato la religione del suo futuro consorte. »

Negli stessi giornali si leggeva alquanto tempo dopo un altro telegramma da Berlino, 25 agosto, così concepito

« Una dolorosa notizia ha colpito di dolore la nostra aristocrazia. La giovane e bella contessa Ellinor di Henckel Donnesmarck , fidanzata del principe Carolath Beuthen, è morta improvvisamente nel castello di Polnisch Krawarn. È noto che la contessa recentemente si era convertita al protestantesimo. Alcuni giornali avevano canzonato il dolore dei cattolici per la defezione di essa ; possono ora mettere in canzone il loro dolore ancora più grande. » Il fatto è terribile ! Cadere nelle mani del Dio vivente dopo averlo rinnegato !

LETTERA ARGENTINA

16 ottobre 1884.

MIO VENERATISSIMO PADRE D. Bosco,

Ho ancora una promessa da compiere, e sebbene l'umiltà vorrebbe che io tacessi di certe cose , pure l'obbedienza la vince , e sono qui per compiere quanto promisi.

Di' a tutti i nostri benemeriti Cooperatori e Cooperatrici, mi diceva Ella in quei brevi momenti che ho avuto il bene di passare con lei al mio ritorno dall'America, di' a tutti, per mezzo del Bollettino Salesiano, quanti frutti di vita eterna producano le loro generose largizioni e in modo particolare parla loro del Collegio di San Nicolas, così poco conosciuto ai nostri Cooperatori dell'Italia e dell'Europa.

Carissimo Padre, ho ripensato le sue parole, le ho più volte meditate durante questi miei lunghi viaggi, e sebbene mi ripugnasse in sul principio il dovere impostomi, pure adesso, a mente calma, riconosco che ha tutte le ragioni. Il Collegio di S. Nicolas de los Arrojos fu il primo fondato in quelle remote regioni dell'America del Sud ; là si piantarono le prime tende Salesiane, là i suoi figli sparsero i primi sudori e raccolsero ben anco i primi frutti... e là sono già nove anni che essi coltivano la vigna del Signore. Eppure pochissimo si scrisse di S. Nicolas, e son certo che ben pochi dei nostri Cooperatori ne sanno l'esistenza, mentre Buenos-Aires , Montevideo, Rio Janeiro , la Patagonia , ecc. , ecc. sono nomi molto noti perchè ripetuti.

Vengo adunque all'argomento , e sarò breve quanto mi sarà possibile. Non dirò nulla della fondazione del Collegio, nè dei suoi principi , dei suoi primi trionfi, delle prime prove e persecuzioni sostenute; credo che tutto sia stato scritto nei primi anni ; dirò bensì, che mai decadde nella stima generale che i nostri ebbero fin da principio, malgrado la guerra che in differenti circostanze loro si mosse dai cattivi ; la qual cosa non deve recare maraviglia , se si riflette che nemici del prete ve n'ha in tutte le parti, in un secolo così calamitoso. In questo tempo si aumentò di molto il fabbricato , si aumentarono le scuole, i cortili di ricreazione , secondo le necessità ; e presentemente ogni locale è ben disposto, ed il Collego di S. Nicolas è capace di un centinaio di alunni interni, senza contare i semi-convittori e gli esterni che sono sempre i più numerosi , specialmente nelle classi inferiori. E ben vero, e questa è una mia opinione , e come opinione privata potrebbe essere errata, è ben vero, dico, che il Collegio S. Nicolas non fu mai fiorentissimo, perché si trova in circostanze tali che non poteva esserlo, e non potrà esserlo mai; ma è però sempre vero che si sostenne anche di fronte ai collegi che si fondarono in anni successivi col fine unico di privarci dei ragazzi che frequentavano le nostre scuole; e che si fece del gran bene a quella povera gioventù, che, mandata ogni anno per imparare la scienza profana , vi imparava eziandio la scienza della virtù e della religione, tanto più importante, quanto più negletta. Quanti poveri giovani dovranno un giorno benedire quei maestri dalle cui labbra impararono a conoscere Iddio che non conoscevano ancora, ed i comandamenti del Decalogo, dei quali non avevano nozione alcuna ! Quanti di loro ameranno la nostra santa religione, e con nobile e santo ardire la difenderanno nell'ora della persecuzione , mentre forse senza i Salesiani non l'avrebbero mai conosciuta, e forse anche l'avrebbero sprezzata e combattuta colle armi degli empi, l'insulto, la beffa, il sarcasmo ! In quest'anno poi si è fatto più vasto il nostro campo, e le dirò il come. Era da molto tempo conosciuta la necessità di fondare in S. Nicolas un Oratorio festivo per attendere al bene spirituale di tanta povera gioventù, la quale, perchè priva di mezzi materiali, o perché trattenuta in famiglia dai parenti, affine di sollevare col lavoro la loro indigenza, non poteva accorrere alle nostre scuole, e viveva perciò ignorante di ogni scienza, principalmente della più importante, la divina. La necessità di quest'Oratorio si faceva sentire ogni dì più ; ma la distanza che ci separava dal caseggiato, la strettezza del sito, e più ancora la scarsità del personale, erano difficoltà quasi insormontabili. Ma adesso la distanza disparve perché abbiamo a pochi passi la stazione della ferrovia ; quindi accorrono in gran numero i giovani per sollazzarsi. Il personale fu accresciuto di molto, si provvide anche al locale; quindi l'impianto dell'Oratorio non poteva più protrarsi. Fu il nostro amatissimo superiore P. Costamagna che in una sua visita troncò ogni difficoltà, e che suscitò l'entusiasmo tra i nostri ; e fu il mio carissimo direttore P. Tomatis che si adoperò con tutta la sua buona volontà, perché fosse messo in pratica il piano proposto dal superiore. Fin dalla prima domenica, poco meno di una cinquantina di giovani di ogni età , di ogni condizione, accorse al Collegio, alcuni tratti dalla novità , altri dalla curiosità , altri ancora condotti dai proprii parenti. Il Signore benedì la buona volontà dei superiori, e quei loro primi sforzi ; ed ogni domenica che passava, cresceva pure il numero dei ragazzi ; così che prima che io partissi in agosto, erano più di settanta gli ascritti e gli assidui all'Oratorio Salesiano ; numero che adesso, mercé lo zelo e costanza dei catechisti, e le attrattive che si preparavano, avrà certamente toccato il centinaio.

O carissimo D. Bosco, quanta ragione avevano i superiori di credere assolutamente necessaria la fondazione di quell'Oratorio ! Io li ho visti quei poveri giovani interrogati dal catechista, p. es., chi è Dio, quanti Dei vi fossero, chi li avesse messi al mondo, ecc., ecc., ed essi, se più timidi, abbassare la fronte vergognati e nulla dire, perché nulla sapevano; oppure, se più franchi, dire strafalcioni che avrebbero strappato le risa al più serio uomo del mondo , se non si avesse dovuto versare lagrime su tanta ignoranza. Poveretti! E che colpa ne hanno essi se nessuno mai pensò, nè provvide al loro bene, perchè l'ignoranza di molti parenti è uguale o maggiore dei loro figli? Che colpa ne hanno quei poveri giovani braccianti che, obbligati a passare in una bottega tutta intiera la settimana, e molti anche la domenica, non potevano frequentare le scuole municipali dove loro si sarebbe insegnato un po' di catechismo ? Poveri giovani, condannati forse ad ascoltare continuamente bestemmie, o discorsi immorali ! Adesso, è a sperarsi, non sarà più così ; le famiglie di S. Nicolas presto avranno i loro figliuoli più obbedienti e meno dissipati, perchè l'Oratorio festivo li avrà fatti più virtuosi e più cristiani.

Altro campo , pieno di spine si , ma che produsse già copiosi frutti, è la prigione che a pochi passi sta di fronte al Collegio. Da sei anni, credo, uno dei nostri sacerdoti, il P. Galbussera, è maestro instancabile di quei poveri disgraziati ; e devo aggiungere che è questo un benefizio insigne che il Governo della nazione Argentina concede generosamente a chi ha avuto la disgrazia di cadere nel delitto. La nessuna istruzione , la mancanza quasi assoluta di religione nella gente della campagna è forse la causa principale dei continui furti, aggressioni ed omicidii che sì commettono in queste regioni. Quindi non mancano mai numerosi prigionieri nelle carceri dello Stato. Perciò il Municipio di S. Nicolas offrì ai Salesiani la religiosa istruzione nella carcere pubblica, ed essi accettarono di gran cuore , per il bene che si sarebbe potuto fare; e le loro speranze non restarono deluse.

« Carissimo D. Bosco, le scriveva pochi giorni fa lo stesso P. Galbussera in quella lettera che Ella volle che io leggessi, e che fu la prima inspirazione di questa relazione; carissimo D. Bosco, le mie più grandi consolazioni io le trovo nella carcere pubblica dove faccio scuola ogni mattina. Molti di questi uomini sono gente di sangue, che hanno grandi delitti sulla coscienza , eppure mi vogliono un gran bene. Soffrono se una qualche volta mi trovo nell'impossibilità di andare alla prigione per fare loro la scuola. Desiderano assai che io loro parli di religione , detestano il male che han fatto, e tutti vengono alla conclusione che se furono ladri o assassini , si fu perchè non conoscevano il gran male che facevano ; ed io son certo che è così. Se qualcuno di loro ricupera la libertà, non manca mai di venire al Collegio per dirmi almeno un grazie per il bene che da me ha ricevuto , quasi benedicendo il tempo passato nella prigione, perchè in essa potè imparare quei doveri di buon cristiano e di buon cittadino che non avrebbe mai imparato altrove. Se poi vengono trasportati in altre prigioni, allora mi scrivono lettere , nelle quali esprimono sentimenti così delicati e cristiani che mi commovono. Lo ripeto, le mie più grandi consolazioni io le trovo nella prigione. »

Ed è tutto verissimo, o caro D. Bosco ; ed io pure li ho visti quegli uomini, prima di ritornare alle loro famiglie, stringere con effusione e baciare con tenerezza quella mano che aveva con

tanta pazienza e carità sgombrato gli errori dalla loro mente, e guarito le piaghe del loro cuore. Ho visto pure quelle lettere , e mi pareva impossibile, se non ne fossi stato certo, che fossero scritte da una mano che già aveva col pugnale squarciato il petto di un suo nemico, e le avesse dettato un cuore già quasi totalmente guasto dai vizi. Eppure è così; sono questi i prodigi che sa fare la nostra santa religione ; e di tutto ne sia lodato il Signore.

Il bel giardino però dove si raccolgono e fiori e frutti i più abbondanti, è la numerosa colonia italiana che frequenta la nostra chiesa. Non potrei dirle qui il numero fisso delle famiglie che la compongono ; quello che posso dire si è che tutte sono schiettamente cristiane. Tra quei popolani havvi una fede che quasi potrebbe dirsi dei primi tempi del cristianesimo ; una religione che tutta la malizia e le burle degli empi non possono in nessun modo menomare , ma che al contrario cresce ogni dì più. Religione pratica, lo dirò con venia dei molti Italiani là emigrati, in generale ve n'ha poca, ma ve n'ha molta tra i nostri Genovesi che formano la colonia di S. Nicolas. E mi è sommamente caro dar qui questo pubblico testimonio della fermezza di quei cari nostri compatrioti , che, in mezzo alla depravazione quasi generale, sanno tenersi saldi nei loro principii santi della lor credenza ; che sanno amare il Signore, dove il Signore è dai più sconosciuto o disprezzato, e che si tengono la loro fede come il più caro tesoro del loro cuore , e il più prezioso patrimonio per i loro figli. É là , o caro D. Bosco, è tra di loro dove si parla molto di lei, dove si prega molto per lei, dove vi sono cuori che davvero l'amano, cuori generosi che sanno all'uopo fare grandi sacrifizi pecuniari, quando si tratta di aiutare D. Bosco nelle sue grandi e molteplici imprese. Sono essi veri Cooperatori salesiani, sono essi che ci aiutano, essi che all'uopo ci difendono, essi che ci appoggiano in tutte le nostre imprese. Accorrono assiduamente alle pratiche di pietà che hanno luogo nella nostra cappella ; alla S. Messa, alle prediche, ai vespri, alla benedizione ; frequentano con una divozione che incanta i SS. Sacramenti della Confessione e della Comunione; breve, sono essi la nostra più grande consolazione , perchè vediamo nei loro rapidi progressi nella perfezione cristiana, che il Signore benedice le nostre fatiche, e che fa crescere quei germi di virtù che la mano salesiana getta nei loro cuori. Oh quanto li ho amati e li amo e li amano tutti i Salesiani di S. Nicolas quei cari nostri Cooperatori! E quanto ci hanno amati e ci amano essi ! Che il Signore li benedica , e che mi perdonino questo sfogo del mio cuore , che son certo offenderà la loro generosa modestia. Ma per parlare di loro, io doveva parlare così ; era una necessità per me, ed ho compito un dovere.

Con un'altra colonia si sono messi in relazione i Salesiani di S. Nicolas, ed è la colonia Irlandese, assai numerosa nei dintorni della città. Già fin dal principio di quest'anno si cominciò a visitare questa colonia, confessando gli ammalati , festeggiando solennemente il giorno del loro Patrono S. Patrizio con messa in musica e panegirico in inglese; celebrando la S. Messa nelle loro estancias convertite in cappelle, ecc., ecc.

Queste relazioni non sono ancora intime, ma ho tutto a credere che si stringeranno molto più forti non appena il nostro Patrizio O'Grady sarà prete, e potrà dedicarsi, se non esclusivamente, almeno in modo particolare , al bene spirituale dei suoi compatrioti che già l'amano tanto. Anche Mons. Pietro Ceccarelli , degno parroco di S. Nicolas, trova un aiuto nei Salesiani del Collegio ; anche le Suore della Misericordia hanno l'assistenza che abbisognano.

Ecco quanto ho creduto bene dover scrivere per obbedire a lei, amatissimo Padre, e per dire ai nostri Cooperatori di Europa che cosa facciano i Salesiani di S. Nicolas.

Mi benedica , carissimo D. Bosco , e mi abbia sempre per il

Suo aff.mo figlio in Gesù Cristo P. EVASIO RABaGLIATI.

IL SACRO CUORE DI GESÙ.

Abbiano riportato nel Bollettino antecedente la relazione di una festa e di una accademia religiosa celebrata ad onore del Sacro Cuore di Gesù nel Collegio di Alassio. Quei buoni allievi avevano stabilito di testificare il loro affetto a questo sacratissimo Cuore col donare una vasca di marmo per l'acqua benedetta al tempio che D. Bosco va costruendo in Roma al Castro Pretorio. E così fecero nell'occasione di questa festa. Non sarebbe da desiderarsi che altri Collegi ed Istituti seguissero questo nobile esempio con qualche. dono anche piccolo, ma avente lo stesso fine? Non sarebbe da proporsi ai Cattolici padri di famiglia che con una simile offerta mettessero sotto la cara protezione di questo amabilissimo Cuore quei loro figli che mandano agli studi? Quanto vantaggio ne riporterebbero i Collegi e i giovanetti studenti se questo Sacro Cuore prendesse possesso delle loro anime e fosse sempre in cima ai loro pensieri, oggetto dei loro affetti e dei loro studi? Quante benedizioni scenderebbero dal cielo a rendere felici le famiglie e la società tenendo lontano quel soffio d'incredulità che oggi giorno spira glaciale in tante scuole, sulle anime ardenti della gioventù !

Contro questo spirito del male che vorrebbe escluso Gesù Cristo dall'insegnamento, il Professore D. Nespoli lesse un forbito ed erudito discorso nella sopradetta accademia di Alassio. Noi lo pubblìchiamo certi di far cosa gradita ai nostri lettori.

Gesù Cristo, la scuola e gli studi.

Perchè Gesù Cristo non è più nominato nelle scuole, nelle scuole nostre, nelle scuole che pur si dicono di cristiani ? Bisogna confessarlo , miei fratelli : mentre a Gesù Cristo si fa una guerra atroce dai suoi nemici, e questi si vantano di prender il nome dai loro maestri di empietà , Gesù Cristo è abbandonato dai suoi, e questi hanno persin vergogna di nominarlo. Gesù Cristo è esigliato dalle scuole , se pure non vi è insultato, calpestata la sua dottrina , vilipesa la sua religione , che pure è l'unica, la sola che sia fondata sulla verità. Gesù Cristo anche i buoni non lo ricevono, o a stento e come per grazia, nelle scuole. Temono forse di mescolare le cose sacre alle profane ? Ma perché allora dicono che la scuola è come un luogo santo, un secondo santuario , santuario della verità? Che Severino Boezio potesse scrivere il suo trattato De Trinitate e che poi nel De Consolatione Philosophae non parlasse mai , e neppur nominasse Gesù Cristo, arrivo a intenderlo: il suo era ancora un secolo di contrasto tra la civiltà, l'arte, la letteratura pagana e cristiana ; e secondo che si seguiva l' inspirazione de' vecchi modelli, o di quelli del cristianesimo, un uomo solo parea due. Ma dopo cessato tale contrasto tra le due civiltà, dopo solenni esempi di grandi , anzi di sommi ingegni i quali additarono che la civiltà nostra, la civiltà cristiana risulta da due correnti , l'una , grande e copiosa , della Bibbia, del Vangelo, della dottrina di Gesù Cristo, e l'altra, minore e purificata, delle sparse e frammentarie verità degli antichi popoli pagani, verità galleggianti in un mare tempestoso di errori; e che per questo la letteratura nostra , la letteratura cristiana deve essere l'espressione di questo ordine nuovo di cose, ritrarre cioè nella sostanza non meno che nella forma esterna, e nel colorito, dalla Bibbia, dal Vangelo, dalla dottrina di Cristo in proporzione più grande, e in minore dagli scrittori pagani ; e dopo che questi sommi ci mostrarono come fare questo contemperamento , e che questo era il solo modo conveniente ai tempi ; il vedere ancora molti insegnare e scrivere, come se Gesù Cristo non esistesse, come se letteratura e religione siano due ordini di cose tra loro separate, fa pietà, fa fremere e piangere. Per chi nella letteratura non vede se non un modo convenzionale di esprimersi, un repertorio di frasi vane e sonanti , per uno che disgiunge il pensiero dalla forma , questa pietà , questo fremito e questo piangere parrà per lo meno inopportuno. Lo credo , ma non per colui che in essa ravvisa una delle più sublimi missioni che Dio abbia dato agli uomini, una missione sacra, sacerdotale, quale è quella di essere fra i proprii fratelli luce di verità , eco della divina parola , inspiratrice dei nobili sentimenti. Perché dunque bandire dalla letteratura, dalla istruzione, dalla scuola Colui da cui è ogni sapienza, ogni scienza, ogni verità ? Perché separare la religione dalla istruzione classica, la lettura degli scrittori sacri da quella degli scrittori pagani ? Perchè restringere Gesù Cristo nelle chiese? Perchè considerare la nostra religione solo come un complesso di pratiche, e non anche come una grande istituzione, un gran fatto, il più grande avvenimento che la storia ricordi , come una vasta scienza, un perfetto corso di dottrina? E questa società non sarà lecito a me mostrarla in iscuola, paragonarne le leggi, la forma, la costituzione divina e immortale con quella terrena delle società fondate dall'uomo? Perchè questa scienza, questa dottrina non la potrò io almeno confrontare con quella degli uomini , con quella di Platone, di Cicerone? Diviso è adunque, griderò con la indignazione dell'apostolo Paolo , diviso è adunque Cristo? Si, è diviso pur troppo e questa divisione, questa separazione, questo dimezzare è quello che ci alleva nelle scuole uomini dimezzati, incompiuti, incerti ; è quello che dà la semiscienza, la scienza vana, terrena, inutile, non la vera , la cristiana , quella insegnata da Cristo, predicata da Paolo e dagli altri Apostoli, consacrata col loro sangue , col sangue dei martiri, svolta dai Padri e Dottori della Chiesa, dai Santi. Cristo è dimezzato , cioè non è conosciuto interamente ; non si conosce o non si riconosce il suo dominio in tutto e su tutto. Cristo deve regnare non solo in chiesa, ma anche fuori, nella vita sociale, nella vita domestica, nella vita individuale, nel cuore e nella mente, in tutto. Ma per ottener questo, per volere che l'istruzione che nelle scuole si imparte, non sia leggera, presuntuosa e più di danno che di bene, bisogna fermarsi in mente questa verità : che Gesù Cristo è il centro di tutto e di tutti. Per esso e in esso furono, dice l'apostolo Paolo, create tutte le cose ; esso è avanti a tutte le cose, le quali, come in lui furono create, in lui sussistono. Quoniam in ipso condita sunt universa in coelis et in terra omnia in ipso et per ipsum creata sunt. Et ipse est ante omnes, et omnia in ipso constant. Egli è , continua l'Apostolo Paolo, il primogenito d'ogni creatura, il Principio, quel Principio in cui, come scriveva Mosè e come spiegano i Padri della Chiesa Dio Padre creò il cielo e la terra. E come Gesù Cristo è il principio , così anche è il fine di tutto. Tutto viene da lui , si rimane in lui e a lui ritorna. Ego , così Gesù Cristo parla nella Apocalisse, principium et finis. Egli è l'erede di tutte le cose, affinchè, conchiude l'Apostolo Paolo , in omnibus sit ipse primatum tenens. Omnia et in omnibus Christus. (1)

Da queste solenni parole dell'Apostolo Paolo si vede come la materia e lo spirito, la natura e la storia , l'individuo e la società , la Chiesa e le nazioni , l'industria e la civiltà , la letteratura e il dogma, la scienza e l'arte, il volere e l'intendere , l'Angelo e Satana sono per il Sacramento o mistero di Cristo, come è detto nei Libri Santi il Verbo incarnato, la seconda Persona della Santissima Trinità discesa in terra a umanarsi. Gesù Cristo è il centro, l'unità, l'armonia, il significato di tutto l'universo ; senza di lui non vi è che disordine, divisione, ignoranza, corruzione : senza di lui niente si intende, laddove tutto l'universo per lui si intende e si spiega, « perchè tutto o è segno di Cristo, o sospiro a Cristo, e Cristo è la verità e la ragione di tutto. » (V. Fornari, Vita di Gesù Cristo. Proemio).

Questo è quanto è incluso nelle parole dell'Apostolo Paolo ; e le parole di Paolo trovano la loro conferma in tutto il Vecchio Testamento, nei libri di Mosè, nei Profeti, nei Salmi ; e le parole di Paolo trovano la loro conferma nelle tradizioni, nella civiltà, nella letteratura di tutti i popoli.

Cristo si rivela nella natura : e la natura è segno, è simbolo di Cristo. Così, quando io vedo il seme, caduto in terra e mortificato, risorgere nella spiga e un sacrificio precedere sempre alla gloria, e alla gioia il dolore, io vedo allora Cristo , e l' abbassamento della divinità , e la passione del crocifisso, e l' infinito onore del risorto (V. Fornari Idem).

Cristo mi è rivelato dalla storia , non dico solo dalla Storia Santa, tanto sublime e tanto disprezzata dalla semiscienza moderna e che pure è il fondamento di tutte le storie , e l'unica storia dove tutto è verità, ma Cristo mi è anco rivelato dalla storia profana dei popoli. Per Cristo , dice Paolo, furono creati i secoli (Heb. 1, 2), cioè tutte le vicende e gli avvenimenti di tutti i tempi e di tutti i luoghì mirano a Cristo, a Cristo tendono tutte le nazioni, che, secondo la profezia di Davide, sono sua eredità (Ps. Il). Ninive, Babilonia, la Grecia , Roma erano una preparazione al regno di Cristo ; lo volle rivelato Iddio medesimo nei Libri Santi per Daniel Profeta. Tutta la civiltà, o meglio coltura pagana, non solo di Grecia e di Roma, ma di Egitto , India e Persia erano uno sforzo supremo della umanità a Cristo ; e tutta la letteratura pagana io la concepisco come l'espressione di questo affannoso tendere dell'umanità, sedente nelle tenebre, a Cristo, vero oriente dall' alto. Questo sforzo fu vano , è vero ma dimostra sempre come l'uomo voleva andare a Cristo , ma non poteva. Quindi deduco l'insufficienza della civiltà, della filosofia, della letteratura pagana ; imparo a non venerarla ciecamente, a non stimarla come l'estrema perfezione; imparo ad amar Cristo che, somma bontà, vedendo che l'uomo a lui non poteva andare, discese esso all'uomo ; imparo a conoscere come la sua dottrina è la vera, l'unica completa. E l'avere uno scrittore pagano meglio sentito ed espresso questo bisogno di Cristo, questa necessità di elevare a Dio la decaduta umanità , per me è il criterio per giudicare di sua grandezza ed eccellenza , e non la dizione pura, non la forma splendida , non la frase vibrata, non i periodi ben architettati, non le retoriche figure : cose tutte le quali , a chi ben mira, deducono ogni lor pregio dall'avere sentito l'autore profondamente e fortemente. Quindi io stimo ed amo Eschilo, che nel Prometeo dipingendomi un Dio il quale , per voler del Dio. supremo, soffre confitto e quasi crocifisso da duro supplizio e soffre per amor degli uomini, mi ricorda il mio dolce Salvatore. Stimo ed amo Sofocle che in Edipo, il quale, dopo una serie fatale di sventure e di delitti , trova finalmente pace nella riconciliazione con la Divinità , mi dipinge lo stato infelicissimo della umanità, che travolta in abissi di miserie e di delitti trova pur la sua salute in Cristo. Stimo ed amo quell' anima meditabonda e affettuosa di Virgilio, che raccogliendo le sparse tradizioni e le speranze ognor più vive di tutti i popoli in un vicino e aspettato Liberatore desiderava di poterlo co' suoi occhi vedere e celebrarlo con più alti carmi. Stimo ed amo e credo non solo grandi, ma grandissimi Platone e il suo maestro Socrate, che meglio di tutti espressero il sospiro a Cristo con quel dolce ed insieme affannoso grido : Quando , quando mai arriverà quel Maestro divino , che c' insegni la vera preghiera, il vero sacrifizio, a Dio piacente (Alc. II, sub. fin.) e che nel formarsi l'ideale del perfetto giusto dicevano, senza sapere che la loro era una profezia, che tale sarebbe uno il quale tutta la sua vìta impiegasse nel beneficare gli uomini, ma da questi venisse odiato, calunniato, e infine crocifisso (De Rep.). E coi nominati io stimo ed amo anche Pindaro, Tacito, Cicerone , ma in quanto mi dimostrano il tendere a Cristo. Per me questi scrittori sono grandi, ma al loro tempo, nel loro posto ; non gli togliamo dal loro vero posto , che diventerebbero ben piccoli e meschini. Io gli studierò questi scrittori, ma per apprezzare il merito di esser nato cristiano e ringraziarne Dio. Capirò così come la loro grandezza non sta nella forma, nelle parole, nelle frasi, ma nell'esser stati uomini del loro tempo e del loro paese , nell' averne espresso i sentimenti , gli usi, la religione : sta nell'aver afferrato qualche verità, o nell'averla presentita ; ma che questa è tutta e intiera nella dottrina di Gesù Cristo. Intenderò come uno scrittore ai dì nostri , per esser utile, deve fare come fecer quelli , esser cioè uomo del proprio tempo, della propria nazione, e non greco o romano ; esprimere la propria religione , i proprii usi , costumi , affetti e sentimenti e non la religione di Omero e di Aristofane, non gli usi, i costumi di Atene e di Roma, non gli affetti e i sentimenti pagani. Questa è la sola, la vera imitazione degli scrittori di Grecia e di Roma , così si diventa utile al proprio paese, così fece Dante e un altro, (e lo credo il solo da Dante ai giorni nostri,) Alessandro Manzoni, i quali congiunsero lo studio della Bibbia e del Vangelo con quello degli scrittori classici del paganesimo, e da quello derivarono nelle loro opere la corrente maggiore non solo per la sostanza, ma anche per la forma, per la espressione. Imperocchè è un mentitore, è un traditore colui che vi dice che la Bibbia , che il Vangelo , che i Padri e Dottori della Chiesa sono barbari per la forma ; che hanno grandi idee, grandi concetti, e non più. Posto anche che non avesser altro , e che altro loro mancherebbe ? non sarebbe già questo una stimolo a studiarli ? E il mondo fu forse rinnovato da Platone, da Aristotele, da Cicerone , da Seneca, o non piuttosto da questi giganti del libero pensiero cristiano , che , perchè santi , sono da tanti meno stimati ? (1). Ma non è vero che manchi loro la forma , la vera forma , conveniente ai loro concetti, la forma cristiana , solo l' idolatria della forma pagana potè muovere tali accuse , solo la falsa scienza , che solo quanto è dotto con le espressioni di Cicerone crede ben detto , potè far credere e inculcare opinione si torta nelle tenere menti dei giovani e in questo modo tradirli , sotto colore di istruirli. A questi venditori di parole , come gli chiamava Agostino, dolente di aver imparato nelle loro scuole a stimare più Giove che Cristo, più Giunone che Maria SS., a questi pagani rinati chiederà Iddio ragione di tante menti stravolte, di tanti ingegni soffocati, di tanti che nelle loro scuole impararono a credere che l'istruzione è fine a sé stessa, che si studia sol per sapere mentre la scuola è ordinata non a fare dei saputi, non dei poeti di occasione ma a fare degli uomini di carattere , de' buoni cittadini , de' buoni cristiani.

Colui pertanto che studia la natura , studia la storia, la letteratura, senza vedervi Cristo, senza vedervi il disegno di Dio, tremi per sè stesso e guardi se per caso non tiene una via falsa: si ricordi di quella massima di Bacone, che lo studio superficiale, la scienza leggera non lascia veder Dio, allontana da Dio, dove la profonda e vera dottrina a Dio conduce. E quando un giovane, studiando i classici pagani , si sente diminuire l'affetto alla pietà cristiana, a Cristo, creda che i suoi studi non sono retti :,e quando un giovane, studiando la storia antica dell'Oriente , di Grecia e di Roma, non conosce il disegno, rivelato nei libri santi, che Dio ebbe nello suscitare quei grandi imperi , sappia che non conosce che la superficie della storia, non l'intimo significato che è Cristo.

A Cristo pertanto miri il nostro pensiero , il cuor nostro, a Cristo miri la vita nostra, a Cristo tendano i nostri studi. La divisa nostra sia quel motto di Paolo : - Christus omnia et in omnibus - cristiani nel cuore e nella mente - nei concetti e anche nella espressione - bando al paganesimo nei pensieri - bando al paganesimo nella forma, che per noi cristiani è convenzione, ipocrisia, falsità. Studiamo pure a fondo la natura e la storia esse così studiate ci renderanno testimonianza dî Cristo. Ai giudei , che con diffidenza lo ascoltavano, Cristo rispondeva : « Scrutate le scritture sono esse che rendono testimonianza a me. »

E noi, che se per religione siamo , come dice Paolo Apostolo, innestati agli Ebrei, per la discendenza siamo figliuoli dei popoli pagani, accostiamoci con animo sincero, puro e umile allo studio delle Scritture non solo, ma degli scrittori pagani. Se nelle prime troveremo disvelatamente e senza mescolanza di errori Gesù Cristo, nei secondi anche troveremo tali vestigi, che, ben seguiti , ci condurranno ugualmente a Cristo. Con questi criterii studiarono i primi cristiani, fecero scuola i primi cristiani, scrissero i primi cristiani : così sorse la celebre scuola cristiana di Alessandria , diretta da Pantenio; così sorse la vigorosa, e semplice letteratura dei Padri greci e latini del III e IV secolo : letteratura così grande e profonda, che i tiranni, che sostenevano il morente paganesimo, ne ebber paura e cercarono soffocarla. Ma i cristiani, dice Gregorio di Nazianzo , eran pronti a perder tutto e la roba e la vita, ma non la loro letteratura. Certo che Giuliano l'Apostata non si adombrerebbe, se vivesse, delle scuole nostre , al vedervi con professorale serietà spiegate le fole mitologiche, e taciuti gli esempi di Cristo, della Vergine, dei Santi. Così non fecero i primi cristiani, così non fecero i Padri della Chiesa. Essi riguardavano le lettere profane precisamente come una rivelazione naturale del Cristo fra i gentili, le riguardavano come una introduzione alla dottrina della Bibbia e del Vangelo : questa dovea fornire la materia, la sostanza, i frutti ; quelle doveano al più dare qualche foglia, qualche ornamento. Così pensarono Clemente Alessandrino e S. Basilio Magno tra i greci, S. Gerolamo, e S. Agostino tra i Padri latini. E queste dottrine essi le aveano attinte dall'Apostolo Pietro, il quale , vicino a morte, scrivendo ai cristiani la sua ultima lettera, si consolava di aver nella sua vita studiato e spiegato non le dotte favole, ma la potenza e la presenza di Gesù Cristo. Le aveano apprese dall'Apostolo Paolo, che non voleva che il suo discepolo Timoteo attendesse alle stolte e impure favole , degne solo di vecchie, e alle interminabili genealogie delle false divinità. Non erano dunque, come pure si vorrebbe far credere da alcuni , prudenti più secondo la prudenza del mondo, che quella dei figliuoli di Dio , non erano dunque troppo severi e stretti nel loro pensare i Padri della Chiesa essi ben sapevano, e tanti, come Agostino , avevano, per propria esperienza, provato il danno che proviene dal separare le lettere profane da Cristo, dal non raddrizzare, completare le massime degli scrittori pagani, con la dottrina di Cristo.

A Cristo pertanto, lo ripeterò di nuovo, a Cristo la nostra mente, il nostro cuore, la nostra vita, i nostri studi - guerra al nemico di Cristo, al paganesimo. E in questa guerra giovani e vecchi, letterati e idioti, sacerdoti e cittadini, tutti abbiamo il dovere di combattere ; la guerra è ben definita - o per Cristo o contro di Cristo - non vi è via di mezzo - bisogna scegliere, e fin d'ora che siamo ancor seduti sui banchi della scuola - scegliere ora, per entrare freschi e ben scegliere fin da giovani, dai primi anni, scegliere addestrati nel combattimento - che ci darà, secondo la scelta, la morte o la vita, Satana o Cristo.

(1) Colos. I, 15, 16, 17. 18; II. 10; III. 11; Apoc. I, 5, 8; Haebr. I, 2; 1 Cor. XV, 10, 20; I, 30; Eph. 1, 23.

(1) GIBRON, (Stor. della dee. dell'imp. rom.) dice come S. Bernardo è scrittore grande per quanto glielo permetteva la qualità di santo.

AVVISO

Per la lotteria a beneficio della Chiesa ed Ospizio consacrato al Sacro Cuore di Gesù in Roma.

Le spese enormi sempre crescenti per l'erezione di questo sacro e caritatevole edificio ci spingono a porgere umile preghiera ai nostri Cooperatori e alle nostre Cooperatrici, che hanno ricevuti i biglietti della lotteria, acciocchè abbiano la bontà di adoperarsi a procurarne lo spaccio fra i conoscenti, ed amici che trovano disposti a secondare le intenzioni del Sommo Pontefice. Nello stesso tempo li supplichiamo a volerci spedire i valori raccolti accìocche si possano proseguire senza interromperli i lavori incominciati. Il Sacro Cuore di Gesù saprà ricompensare chi con tanto zelo promuove la sua gloria e i fanciulli raccolti nell'Ospizio, colle loro preghiere , otterranno dal Signore perenni grazie per i loro Benefattori e per le loro Benefattrici.

FESTA DELLA SANTA INFANZIA.

Riceviamo da Nichelino la breve descrizione della festicciola dell'Opera della S. Infanzia che dovevasi celebrare in Luglio, e venne trasportata nella 3a domenica di ottobre pel pericolo del Cholera. Noi ben volentieri la pubblichiamo.

« Domenica 19 ottobre ebbe luogo in questo paese la solenne funzione della S. Infanzia. Verso le tre pomeridiane un centinaio e più di fanciulli d'ogni condizione, nei loro più belli abiti festivi, radunati nel locale dell'Asilo infantile partivano alla volta della Chiesa parrocchiale disposti a due , a due. Quattro di questi sorreggendo il Simulacro del Divin Infante seguivano gli altri, ed entrati in Chiesa lo deposero vicino alla balaustra in luogo destinato. I bambini parte occupavano il mezzo della Chiesa, parte rimasero fuori della soglia. Cominciò la funzione col dialogo. Quella porzione di fanciulli rimasti fuor della porta rappresentanti i chinesi, domandavano con voci flebili e piangenti aiuto....! aiuto....! a cui rispondevano dall'interno della Chiesa li rappresentanti i cristiani : venite... siam fratelli...: Finito questo dialogo ed aperta la porta tutti entraron cantando in Chiesa. I fedeli accorsi erano in grandissimo numero e si videro persone commosse sino alle lacrime.

Quindi il Reverendissimo D. Betti Giuseppe dell'Oratorio Salesiano , dotato di quello squisito sentore che fa sue le sventure altrui, parlò della S. Infanzia. È impossibile descrivere la emozione provata dal popolo al sentire quei fatti orribili che succedono in quelle lontane regioni di cui l'oratore ne fu già testimonio oculare e di cui ne dovrà fra poco nuovamente esserlo, fatti che riempiono i cuori ben fatti di una santa indignazione. Tutti pendevano dal suo labro al punto da non poter trattenere il pianto. Finita la predica mentre si eseguiva da quelle infantili bocche l' inno della S. Infanzia, quattro fanciulle si diedero a girare per la divota adunanza onde ricevere le offerte che furono abbondanti. Dopo ciò si impartì la Benedizione del SS. Sacramento. Il Tantum Ergo del Teol. Cagliero fu cantato dalli stessi fanciullini i quali chiusero la commovente funzione con un' ultimo cantico di ringraziamento al Signore. Poscia in ordine rientrarono nel medesimo locale dell'Asilo dove venne loro data una piccola refezione. Così ebbe termine la pia festa e sia ad majorem Dei gloriam et ad salutem animarum.

Se tutto procedette con precisione , decoro e pietà è dovuto alle Rev. Suore di Maria Ausiliatrice che organizzarono e diressero questa festa in onor di Gesù Bambino. »

PELLEGRINAGGIO SPIRITUALE A LOURDES

Il Pellegrinaggio Spirituale a Lourdes di preghiere alla Vergine Immacolata per la Chiesa e Del S. P. Leone XIII è riuscito totalmente splendido da superare ogni umana previsione.

Dai luoghi , ove la notizia di esso era giunta , ci arrivano lettere che narrano la gara ed il fervore dei cattolici di ogni condizione nel pregare la Vergine Immacolata secondo l' intenzione del loro amato e Venerato Pontefice Leone XIlI.

La notizia poi che il S. Padre si sarebbe unito in ispirito a tanti suoi figli celebrando la S. Messa la mattina del 24 festa di Nostra Signora della Mercede ha destato dovunque un vero entusiasmo.

La mattina del 24 il R. P. Corrére Superiore dei Missionari dell'Immacolata, che hanno in custodia la Basilica e la Grotta delle Apparizioni, telegrafava alla Commissione promotrice di Bologna : - « Concorso prodigioso , feste splendidissime ».

Il 25 corrente il R. P. Sempé Superiore generale dell'Ordine che si era recato appositamente a Lourdes, trasmetteva alla Commissione suddetta il seguente telegramma che riproduciamo tradotto nella nostra lingua

« Il Pellegrinaggio Spirituale del 24 sarà uno degli avvenimenti più memorabili di Lourdes.

« Ci sono giunte migliaia e migliaia di lettere di adesione da ogni parte. Erano qui presenti diecimila pellegrini di Mende, Tours , Evreux , Vannes , Lorient , Libourne ecc. Assistevano i Vescovi di Tarbes e di Mende. Il Vescovo di Mende presiedeva e con eloquenza ispirata predicò alle moltitudini obbedienza alla parola del Papa, e tutti giurarono fedeltà al Pontefice e alla Chiesa. Le processioni di giorno e quelle della notte colle fiaccole furono immense, magnifiche.

Le preghiere furono ferventissime alla Grotta e non mai interrotte. Ebbero luogo diverse guarigioni istantanee e straordinarie che svegliarono entusiasmo di gratitudine a Dio, alla Vergine e « al S. Padre, benedicendo tutti questa bella manifestazione ispirata e promossa dalla pietà dei cattolici d'Italia.

« SEMPÈ, miss. »

L'EDUCATORIO DI SANTA TERESA IN CHIERI ed un caro incoraggiamento.

Riceviamo da un Cooperatore salesiano di Torino la lettera , che qui pubblichiamo di buon grado

Molto Reverendo Signore,

Leggendo nell'ultimo numero del Bollettino Salesiano pel mese di ottobre l'enumerazione ed il programma degli Istituti di D. Bosco, vi feci su alcune mie riflessioni , le quali ora mi prendo la libertà di esporre alla S. V. Mentre sono molto conosciuti e ricercati gli istituti maschili di Don Bosco, pare a me che non lo siano abbastanza quelli per le fanciulle da lui fondati e diretti dalle Figlie di Maria Ausiliatrice. La causa n'è forse l'essere questi fondati da pochi anni ; ma credo a più forte ragione perchè non sì fecero sufficientemente conoscere dalla stampa cattolica e dal Bollettino Salesiano medesimo ; e si sa che ai nostri giorni le cose anche ottime, se non son fatte pubbliche, restano ignorate , mentre trionfano e si fanno strada le nulle ed ancor le cattive, perché pubblicate ai quattro venti da chi v'ha interesse.

Eppure quanto è necessario che siano conosciuti e stimati quegli istituti, che rispondono così bene ai bisogni del tempo ! L'educazione delle fanciulle è divenuta un punto capitale ai dì nostri, per le maggiori esigenze della vita civile, e particolarmente perché i tristi, già quasi padroni della gioventù maschile, mirano ora con più accanimento e doppiezza ad impadronirsi della gioventù femminile, e scassinare così le basi della famiglia e della società.

Come Cooperatore salesiano deve starmi a cuore l'incremento di ogni opera salesiana : come padre di famiglia debbo la più viva riconoscenza a chi educa civilmente e cristianamente la famiglia come cittadino devo cercare il bene e la vera civiltà cristiana della mia patria. Come tale trovai, e ne ringrazio il Signore, negli istituti femminili di D. Bosco il mio ideale, e le mie speranze non furono deluse. Conosco varii di questi istituti di D. Bosco a Nizza Monferrato ed a Bordighera: so che altri sono aperti in Sicilia: ma io debbo speciale riconoscenza a quello sotto il titolo di Santa Teresa aperto nella bella e cospicua città di Chieri. Qui si educa la gioventù femminile come il bisogno del tempo richiede. Qui si mira a dare una istruzione compiuta , si educa le fanciulle ad una virtù soda e veramente cristiana ; si istruisce e si educa la fanciulla in tutto quello che forma il complesso di una vita cristiana e casalinga, in modo da rendere alle famiglie figliuole ben addestrate ai lavori domestici e capaci di tenere in assetto una casa ; fanciulle che possano riuscire buone e saggie madri di famiglia. Il mio cuore di padre gode nel poter rendere questa testimonianza , e vorrei che simili istituti si moltiplicassero ; vorrei che i padri e le madri di famiglia provassero per loro esperienza la sincerità del mio asserto ; e quindi faccio voti perché l'Istituto di Chieri in particolare possa procurare a molti quelle consolazioni che procacciò a me stesso ed alla mia consorte.

Mi perdoni la mia libertà, e raccomandandomi alle sue preghiere, mi segno

Di V. S.

Umilissimo e riconoscentissimo

GALVAGNO GIUSEPPE. Torino, 7 Ottobre 1884.

NB. Mentre porgiamo i più vivi ringraziamenti a chi ebbe la bontà di esprimerci questi sentimenti, facciamo notare che in quest'anno l'istituto di Chieri venne ampliato e reso capace ad accogliervi un maggior numero di fanciulle. La pensione ordinaria è di lire 24 mensili, e l'insegnamento abbraccia le 4 classi elementari. Chi ne desiderasse il programma, si rivolga alla Direttrice dell'Istituto di S. Teresa in Chieri od al Direttore dell'Oratorio di S. Francesco di Sales in Torino.

CONSERVATORIO DELLE VERGINI IN TRECASTAGNI diretto dalle Figlie di Maria Ausiliatrice.

Per accondiscendere al desiderio di alcuni illustri Cooperatori salesiani della Sicilia, i quali vorrebbero fosse maggiormente conosciuto nella loro isola questo educatorio diretto dalle nostre Suore, pubblichiamo il seguente

Programma.

In Trecastagni è aperta una casa di educazione per fanciulle, in grandioso locale situato in deliziosa e saluberrima posizione.

Lo scopo è di dare l' insegnamento morale e scientifico in modo che lasci nulla a desiderare per una giovanetta di onesta e cristiana famiglia.

Insegnamento.

L'insegnamento è dato da maestre approvate dal Governo. Esso abbraccia le quattro classi elementari. vale a dire corso di lingua italiana, calligrafia, aritmetica, sistema metrico e tenuta dei libri per uso domestico. La declamazione, la ginnastica ed uno speciale esercizio nello stile epistolare fanno eziandio parte dell'insegnamento. Si dànno pure lezioni di lingua francese e di pianoforte, ma a richiesta e a carico dei parenti delle allieve.

La religione e la moralità essendo ritenute come parti fondamentali della buona educazione , sarà dato l'insegnamento religioso sul Catechismo e sulla Storia Sacra.

Al termine di ogni anno scolastico si dà l'esame finale colla distribuzione dei premii e delle menzioni onorevoli.

Nel convitto ciascuna allieva fa uso della lingua italiana.

Lavori domestici,

I lavori domestici consistono nel fare gli abiti proprii, secondo la condizione delle allieve, lavori a maglia, calze, camicie, rappezzare, soppressare, ricamare e tutti i lavori più ordinari d'una onesta famiglia.

Per avvezzare le fanciulle alle occupazioni casalinghe, le maggiori di anni dodici fanno per turno il servizio del refettorio, per quanto è conciliabile cogli altri loro doveri.

La gestione dei lavori è tutta a carico ed a favore dell'Istituto.

Condizioni generali di accettazione.

1. Ogni allieva nel suo ingresso deve esser munita della fede di Battesimo, certificato di vaccinazione o di sofferto vaiuolo, ed aver compiuta l'età di anni 6.

2. La casa è aperta tutto l'anno. Se i parenti lo desiderano, e se le alunne lo meritano per lodevole condotta disciplinare , si concedono alle allieve alcuni giorni di vacanza tra settembre ed ottobre, ma per tal tempo non si fa riduzioni sulla pensione. Fuori di questo tempo e fuori del caso di malattia, non si permette alle allieve di uscire coi loro parenti. Possono i parenti , o chi per essi, venire a visitare le loro figlie ogni settimana.

Queste visite sono concedete più spesso in caso di malattia.

3. Ogni trimestre i parenti ricevono informazioni della sanità, condotta morale e del profitto fatto dalle allieve nelle rispettive classi.

4. Il Collegio s'incarica di fare bucato mediante L. 2,50 al mese.

5. Per medico e chirurgo , soppressatura , inchiostro, lume e caloriferi per l'inverno provvede l'Istituto, ma per questo si corrispondono in principio dell'anno lire 20. Di queste spese nulla si restituisce a chi stesse nell'Istituto anche solo piccola parte dell'anno.

Le altre spese accessorie, come sono libri, carta, posta, medicinali, vestiario , viaggi e simili sono a carico dei parenti.

6. La pensione deve pagarsi a trimestri anticipati. Il mese cominciato si paga metà : oltrepassata la metà si paga intiero.

7. Le allieve non possono tener danaro presso di sè per minuti piaceri, ma avendone dai loro parenti lo devono depositare presso la Direttrice, che ne farà loro regolare distribuzione.

Condizioni speciali.

Le alunne pensionanti sono divise in tre classi rispetto al vitto.

Classe 1a

Pensione di L. 400 annue.

Due sorelle L. 700.

A colazione - Pane, latte e caffè o frutta. A pranzo - Tre piatti , cioè pasta , una pietanza di carne ed una verdura o uova, pane a piacimento, vino, frutta.

Carne ogni giorno tranne i dì vietati. A merenda - Pane e frutta.

A cena - Un piatto, pane a piacimento, vino, frutta.

Classe 2a

Pensione di L. 300 annuo. Due sorelle L. 500.

A colazione - Pane, latte e caffè o frutta. A pranzo - Due piatti , cioè pasta , carne o pesce o uova, pane a piacimento, vino, frutta. Carne non meno di tre volte la settimana. A merenda - Pane.

A cena - Un piatto, pane a piacimento, vino, frutta.

Classe 3a.

Pensione annua L. 200 annue. Due sorelle L. 350.

A colazione - Pane e frutta.

A pranzo - Due piatti, cioè pasta , una pietanza di carne o pesce o uova, pane a piacimento, vino.

Carne due volte la settimana. A merenda - Pane.

A cena - Un piatto e pane a piacìmento. NB. La 3a sorella di ogni classe pagherebbe L. 50 meno della 2a.

Avvertenza.

Le domande si possono fare al Signor Presidente della Fidecommissaria Cav. Dep. Giuseppe Bonaiuto od alla Direttrice del Conservatorio, la quale darà eziandio le opportune norme riguardanti il corredo.

UN GRANDE ITALIANO ONORATO nell'anniversario della sua morte

Sotto questo titolo, nel giorno di S. Francesco d'Assisi l' Unità Cattolica pubblicava il seguente articolo

« Oggi, festa di quel grande italiano, di quell'eroe del cristianesimo che fu S. Francesco d'Assisi, siamo lieti di annunciare una recentissima pubblicazione fatta in suo onore. Essa porta per titolo

La democrazia cristiana e la ristorazione sociale secondo lo spirito di S. Francesco d'Assisi. Esordisce con un confronto fra la falsa e la vera democrazia appoggiandosi al magistrale discorso , tenuto nel 1883 sull'importante argomento dall'eminentissimo cardinale Gaetano Alimonda nel Congresso Francescano di Napoli, ed alle parole dell'illustre P. Lodovico da Casoria, il quale non esitava a così parlare del Terz'ordine Serafico : « Il Terz' Ordine laicale di S. Francesco è la vera democrazia cristiana che creò e santificò i sommi Italiani e fuse in uno le menti ed i cuori della nazione fecondò le più grandi glorie d'Italia, ed accese l'amore della fede e della patria, quell' amore che fece leoni i prodi di Pontida e partorì i trionfi di Legnano e di Lepanto. »

Il libro si divide in due parti. Nella prima furono diligentemente raccolti i molteplici discorsi,. Encicliche, Lettere ecc. del Santo Padre Leone XIII intorno a S. Francesco d'Assisi ed alle sue Istituzioni ammirabili e massime intorno al Terz'Ordine. E nella seconda, con copiosissime citazioni e memorie, si commentano le auguste parole del Supremo Gerarca, toccando degli uomini insigni che onorarono le serafiche divise, e mettendo in luce le glorie ed il bene immenso che non solo in Italia ma in tutta la cattolicità apportò per il corso di circa sette secoli, e continua ad apportare lo spirito del Serafico d'Assisi, del perfetto imitatore di Nostro Signore Gesù Cristo, che avvicinando le diverse classi sociali in Santa armonia, ricondusse, secondo l'espressione di Leone XIII, « gli animi alla libertà, alla fraternità, all' eguaglianza : non quali va sognando assurdamente la setta massonica, ma quale Gesù Cristo recò al mondo, e Francesco ravvivò. Questa pubblicazione è utile a tutti i ceti di persone. E noi facciamo voti che si diffonda largamente in mezzo al popolo.

Il prezzo , sebbene il libro raggiunga quasi le 200 pagine, è mitissimo, cioè di 30 centesimi la copia. Vendibile alla Tipografia Salesiana di Torino e presso i principali librai. - Una consimile pubblicazione in lingua francese, ma più copiosa, col titolo: Les splendeurs de l'Ordre Franciscain et la restauration sociale, trovasi vendibile, presso le Librerie Salesiane, al prezzo di 50 cent. Si vendono pure separatamente, l'Enciclica Auspicato concessum e la Costituzione Misericors Dei Filius, al prezzo di cent. 5. ed il Cerimoniale del Terz'Ordine a cent. 10.

(Unità Cattolica, 4 ottobre 1884.)

CASA FAMIGLIA PER GIOVANI STUDENTI.

Egli è con piacere che annunzìamo che questa utilissima istituzione entra nel suo quarto anno di vita.

La morte immatura del suo fondatore presidente cav. ing. Carlo Peretti, aveva messa in forse la sua esistenza, ma i suoi colleghi nella pia intrapresa vollero onorare la sua memoria sforzandosi di tenere in vita questa opera a lui si cara e nello stesso tempo di tanto aiuto alle famiglie cristiane. Che l'opera dia buoni frutti lo provarono gli esami di chiusura dello scorso anno scolastico, ove specialmente gli studenti della Università riportarono splendidi voti, i quali mentre fanno fede della loro buona volontà negli studi tornano pure ad onore della istituzione presso cui dimorano.

Le famiglie cristiane che avessero figli allievi dei corsi superiori liceali, tecnici od universitarii sanno di poterli affidare alla Casa famiglia, ove per l'ammissione si ricerca ottimi attestati di moralità e promessa di voler praticare la religione.

Per informazioni dirigere la domanda alla Direzione della Casa famiglia per studenti. Piazza S. Giulia, 36 Torino.

Con permesso dell'Aut. Eccl. FERRARI GIUSEPPE gerente respons. Tip. San Vincenzo de' Paoli, Sampierdarena 1884.

ROMA E IL PAPATO

DI

AUGUSTO NICOLAS

UNICA VERSIONE ITALIANA APPROVATA DALL'AUTORE

S. Pier d'Arena, Tipografia e Libreria S. Vincenza: Torino Libreria Salesiana 1884.

Un elegante volume in-16° grande di pag. 20 lire 1,70.