ANNO III. - N. 11. Esce una volta al mese NOVEMBRE 1879
Direzione nell'Oratorio Salesiano. - Via Cottolengo, N. 32, TORINO
SOMMARIO - Il Ritorno dei Missionari Salesiani dalla Patagonia -Lettera dell'Arcivescovo di Buenos-Ayres a D. Bosco - Lettera Salesiana - Il Tramonto di un Astro ossia la morte di Monsignor Eugenio Valletti - Notizie sulla giovine ebrea Annetta Bedarida - Grazia ottenuta per intercessione di Maria Ausiliatrice - Storia dell'Oratorio di S. Francesco di Sales - Indulgenze speciali pei Cooperatori Salesiani - Annunzii bibliografici.
Aveva il nostro divin Salvatore inviato i suoi Discepoli a predicare il Vangelo nelle città della Palestina, dando loro consigli e facoltà necessarie all' uopo. Pieni il cuore di santo ardore di far conoscere il loro dolce Maestro, e guadagnargli delle anime, si partirono essi chi per una e chi per un'altra parte, e tanto si fu il frutto delle loro fatiche, che dopo alcun tempo a Lui ritornati gli riferirono con gaudio le cose, che avevano vedute, e le maraviglie, che sorretti dal suo braccio avevano operate. E i Discepoli, dice il Sacro Testo, se ne ritornarono allegramente dicendo: Signore, anche i demonii sono ci, noi soggetti in virtù del tuo nome (1).
Alcun che di consimile avvenne nei passati mesi nella Repubblica Argentina. L'Arcivescovo di Buenos Ayres caldo di zelo per la salute non solo delle pecorelle già raccolte nell'ovile affidatogli dal Supremo Pastore, ma di quelle eziandio, che vanno tuttora vagolando nell'oscurità dell'errore per
balze e dirupi di perdizione, inviava nello scorsa primavera il suo coraggioso Vicario Monsig. Antonio Espinoza, e il Missionario Salesiano D. Giacomo Costamagna col chierico Botta, nelle remote parti dei Pampas e della Patagonia, affinché facessero udire a quei popoli la voce del divino amore, e risplendere ai loro occhi il raggio della celeste verità.
Qualche poco di quanto eglino vi. hanno fatto già lo accennammo nei passati numeri del Bollettino. Qui aggiungiamo, che ritornati sulla fine di Luglio in Buenos Ayres raccontarono all'egregio Prelato quello che in nome suo col divino aiuto avevano in quei luoghi operato ; gli riferirono sopratutto la immensa moltitudine di anime, che attendono di essere chiamate e conservate sulla via della salute. Le parole dei Missionarii non fecero che eccitare vie maggiormente la fiamma, che già ardeva nel gran cuore del buon Pastore, il quale per vedere appagati i suoi voti si rivolse a D. Bosco, implorando da lui il soccorso dei suoi Missionari colla lettera seguente.
(1) Luc. X.
E' finalmente giunto il momento, in cui io Le posso offrire la Missione della Patagonia che le stava cotanto a cuore, come altresì la parrocchia di Patagones che può servire di centro alla Missione. Come Ella avrà già veduto dalle lettere del P. Costamagna, la parrocchia di Patagones comprende; 1° Carmen di Patagones con circa 3500 anime, ed è qui che risiede il paroco che ne ha la cura; 2° la Guardia-Mitre che è situata a circa 17 leghe da Patagones con una popolazione di circa 1000 anime; 3° La colonia Conesa a 34 leghe da Patagones, ove si trovano circa 800 Indi della tribù di Catriel; 4° La nuova popolazione di Choele-Choel a 70 leghe da Patagones con circa 2000 anime tra Cristiani ed Indi. Tutti questi villaggi sono situati sulla riva nord del Rio Negro, che si può facilmente passare, poiché nella sua più grande larghezza non oltrepassa due cuadras (metri 270).
Dirimpetto a Carmen di Patagones, sulla riva sud del Rio Negro, già propriamente nella Patagonia, si trova Mercedes della Patagonia, ove ha sede il governatore di questi territorii. Avvi quivi una chiesa adattata alla popolazione che è di 1500 anime. Ad otto leghe all' incirca da Mercedes si trova la colonia di S. Francesco Saverio, anch' essa sulla riva sud del Rio Negro, perciò terra di Patagonia. Questa colonia è composta di 400 Indi Linares.
Tutti questi villaggi non hanno che un Sacerdote il quale nei giorni festivi, celebrata una messa nel luogo di sua residenza, attraversa il fiume per recarsi a celebrarne una seconda a Mercedes della Patagonia. Come Ella ben vede, è cosa impossibile che un Prete possa bastare al servizio regolare di tutte queste parrocchie, quand' anche avesse un coadiutore; ed egli è con grande mio rammarico che fino ad ora non ho potuto porre rimedio a tanto bisogno a causa dell'assoluta mancanza di Sacerdoti.
I Padri Lazzaristi alcuni anni or sono si presero carico di questa missione, ma il tutto si ridusse ad alcuni preparativi per la casa dei missionari ; dopo di che per mancanza di soggetti la dovettero abbandonare.
A tutti questi guai si aggiungono i tristi effetti della Propaganda protestante, che lavora in questi paesi con tanto maggior successo, in quanto che fino ad ora non si è potuto loro opporre che pochi o nessun rimedio. Per colmo di sventura, questi poveri abitanti di Mercedes hanno un medico che non solamente è protestante, ma è eziandio ministro protestante. Da molti anni egli vi ha una cappella, e le visite agli ammalati sono da lui fatte a condizione che da essi e dai loro sia frequentata la sua chiesa. Vi esiste una sola scuola per i ragazzi, e questa è pure affidata ad un protestante : di guisa che quei disgraziati abitanti sono ridotti alla dura alternativa o di fare senza del medico, o d'indirizzarsi ad un protestante, che non tralascia occasione per fare la propaganda dell'errore ; come pure o di non permettere ai loro figli di andare a quell' unica scuola, ovvero esporli al pericolo delle seduzioni del protestantesimo. Lo stesso dicasi degli Indi Linares della colonia di S. Francesco Saverio, dove medesimamente non vi è che una scuola diretta da un protestante.
Come Ella ben vede, la necessità di missionarii è immensa; il pericolo di pervertimento per questi poveri fedeli privi d'ogni umano soccorso non può essere maggiore; ed il mio cuore, alla vista di tanto male a cui non posso porre rimedio, ne soffre assai più di quanto si possa immaginare.
Per la qual cosa io mi rivolgo a Lei con quella più viva sollecitudine, di cui è capace il cuore di un Prelato, e La scongiuro per le viscere misericordiose di N. S. Gesù Cristo d'affrettarsi a venire in mio aiuto, per soccorrere tante povere anime abbandonate. L'apertura d'una scuola Salesiana in Mercedes farebbe tosto chiudere la scuola protestante; e lo stesso succederebbe nella colonia di S. Francesco Saverio.
La Casa centrale dei missionari si potrebbe stabilire a Carmen di Patagones, ovvero a Mercedes della Patagonia, e da questo centro dirigere le missioni nei villaggi più sopra indicati, come altresì spedirne di qui in tutta la Patagonia, ove migliaia d'infedeli vivono ancora nelle tenebre dell'idolatria.
I missionari avranno fin d' ora a loro disposizione la comoda casa, stata fabbricata a bella posta per la missione a Carmen, quella appunto ove si fermarono il mio Vicario Generale Mons. Espinosa, ed il P. Costamagna, nella recente loro escursione; vi ha inoltre la Canonica o Casa parrocchiale, con un terreno proprio situato tra la chiesa e la casa dei missionari; e di più una antica casetta unita a questa ultima. Tutto questo si trova a Carmen di Patagones.
A Mercedes poi tutto lo spazio adiacente alla chiesa, che è di circa cento varas quadrate (90 metri) all'infuori della chiesa e di una piccola casa del Cacico Linares, è già stata comperata o ceduta dalla Municipalità ai missionari; avvi di più la Casa parrocchiale ed un altro terreno bastantemente ampio nel villaggio stesso di Mercedes, sulla sponda del Rio Negro. Com' è naturale, tutto questo sarà posto a sua disposizione, non appena Ella si sarà incaricata di questa parrocchia e della missione.
Il Governo insiste con ardore perchè io vi mandi tosto dei missionari, e mi ha promesso di ottenere dalle Camere una considerevole somma per sussidio, somma superiore a quella che è ora accordata annualmente, e che incomincierà a decorrere a partire dal 1° gennaio 1880.
Ora supplicandola colle più vive istanze di mandare al più presto i suoi Salesiani, Le unisco una lettera pel Sig. D. Edoardo Calvari agente dell'emigrazione a Genova, affinchè interponga tutti i suoi buoni uffici per ottenere a suoi missionarii il passaggio gratuito fino a noi.
Ella si farà facilmente idea dell' ansietà con cui io sto aspettando la sua risposta, pari in importanza alle necessità che Le ho esposte. Il mio cuore s'allarga sulla speranza che Ella non mi abbandonerà in queste si stringenti circostanze, e che sarà per abbracciare incontanente e con gioia l' incarico di questa missione, si necessaria per la gloria di Dio e per la salute di tante anime, che ora si trovano completamente abbandonate per mancanza di missionari.
Sono persuaso che il Sig. D. Cagliero, che conosce queste regioni e che ne ha toccato con mano gli urgenti bisogni, mi aiuterà in questa santa e laboriosa impresa.
Sono stato soddisfattissimo delle buone notizie avute sul miglioramento della sua vista. Prego caldamente il Signore che voglia conservare in perfetta e lunga salute la S. V., di cui abbiamo tanto bisogno, e nel raccomandarmi alle sue preghiere, mi dichiaro con grande affezione in N. S. G. C.
FEDERICO
Arcivescovo di Buenos Ayres.
Buenos-Ayres 19 Agosto 1519. Mio Carissimo e Ven mo D. Bosco,
Consapevoli dei gravissimi disgusti, che il paterno di Lei cuore dovette soffrire in questi ultimi mesi, noi poveri suoi figli ci sentiamo in dovere di consolarla, sia col protestarle il rispetto e l'amore grande che Le portiamo, o buon Padre, sia col narrarle alcune di quelle cose, che in qualità di Missionari americani facemmo in questi passati giorni.
Quasi contemporaneamente ai menzionati dispiaceri il nostro D. Bodrato riceveva due consolantissime lettere ; una che chiamava i Salesiani per una missione nella città dell' Assunzione del Paraguay, l'altra di Monsignor Giacinto Vera Vescovo di Montevideo, che li voleva con sé a dar una missione al popolo di Las Piedras, dove eravi grande bisogno di una scossa elettrica della divina parola.
E D. Bodrato si risolse ad annuire a quest' ultima richiesta, pensando che Las Piedras è casa nostra, essendone affidata a noi la parrocchia. Per suo ordine mi recai adunque a Montevideo dove già m'aspettava monsignor Vescovo, e tosto per la via ferrata ci portammo in quel paese. Alla stazione già ci attendeva una folla numerosissima, che voleva baciar l' anello a Monsignore e riceverne la pastorale benedizione. Il nostro D. Lasagna, il quale è parroco titolare di Las Piedras, ne aveva gia preparata la popolazione; quindi è che non solo le Confraternite, ma eziandio le autorità civili e tutte le scuole municipali si trovarono pel ricevimento di Monsignore.
In seguito si diè tosto principio alla Missione che doveva durare dodici giorni, e finire colla festa dell'Assunzione di 11I. Vergine. La Madonna che è l'Avvocata delle sante Missioni ci volle benedire e consolare fin dal principio. Infatti la chiesa parrocchiale, che per bellezza e spaziosità potrebbe servire di Cattedrale , si trovava fin dai primi giorni per metà occupata.
Ma come avremmo potuto soddisfare a tutto quel popolo, che è più di 6 mila anime contando quei del campo, essendo due soli a predicare, cioé Monsignor Vescovo ed io? Noi ci armammo di molte braccia forti , voglio dire dei nostri Chierici e delle nostre Suore di Maria Ausiliatrice, che occupandosi dei catechismi ci recarono un poderoso aiuto.
Per ciò che spetta ai ragazzi i Chierici Rota, Chiara , e Baccigalupi si portarono come missionari provetti, e cavarono d'impiccio il nostro P. Beauvoir, che, come sa, é il faciente funzione di parroco in Las Piedras.
Riguardo alle Suore io non mi sarei mai immaginato che ci potessero aiutare cotanto in una missione. Posso dirle senza tema d'errare che non si sarebbe potuto fare il bene, che si é fatto alle donne ed alle ragazze, senza l'intervento delle Suore. Al loro catechismo concorrevano oltre le bimbe anche moltissime Signore del popolo, e pendevano attente dal loro labbro come da quello del predicatore.
L'udienza intanto era cresciuta e nei quattro ultimi giorni la vasta chiesa era zeppa di gente. Si chiamò da Montevideo D. Rizzo ed altri preti, e ci mettemmo tutti in confessionale standovi dal mattino sino alla più tarda notte. Ma eccoti che ad ogni momento ci veniva tra i piedi or un bambino or una bambina di 18, 20, e più anni di età, che non solo non si erano mai confessati , ma non sapevano un ct dei misteri principali. Come avremmo potuto tirare avanti senza l'aiuto dei Catechisti e delle Catechiste ? Quindi é che noi eravamo chiusi nel confessionale , e i detti Chierici e quattro Suore stavano continuamente intenti ad istruire a poca distanza , e ce li mandavano così bene preparati, che a molti venivano già i lagrimoni doppii. Dio ne sia benedetto.
Non posso per altro tacere che una forte spinta a lavorare la ricevevamo da Monsignor Vescovo. Egli ha già i suoi 67 anni suonati, eppure non si troverà forse un misssionario che l'uguagli nel sostenere le fatiche apostoliche. Tolto il tempo del pranzo e della cena, che gli preparavano le nostre Suore, egli stava continuamente occupato ora a confessare ora a predicare , ora a cresimare. È sempre allegro e faceto con tutti, e quanto é zelante e infaticabile nel lavoro, altrettanto é frugale nel cibo. Ogni giorno principiava il suo pranzo ciban- dosi di rapanelli rossi, senza intingolo di sorta, ed a me che lo contrariava pel timore non gli facessero male, rispondeva : « Deje, no mas; la cabra siem- pre tira al monte » (lasci, lasci, la capra sempre tende al monte) alludendo ai monti di Teneriffa nelle Canarie, dov' egli ebbe i natali. Egli ama i Salesiani come le pupille de' suoi occhi, e noi teniamo il suo nome scritto in cuore vicinissimo a quello del nostro D. Bosco.
La santa Missione finì con grande soddisfazione di tutti, e speriamo che il seme gittato vorrà fruttificare e dare il centuplo. Lasciammo solo D. Beauvoir, il quale, temendo giustamente di cadere sotto le sbarre , implora un aiuto , un confratello sacerdote che cammini di pari passo con lui sotto il santo e pesante giogo , ed ha ragione da vendere, poveretto !
Come vede, noi non possiamo mai scriverle senza terminare la lettera coll' antifona : Ci mandi , ci mandi. - Ma che cosa ci ha da mandare ? Danari? - No, perché D. Bosco é povero e noi non siamo scialacquatori ! - Ci mandi Sacerdoti, Catechisti, Suore; ecco tutto. Adesso per esem- pio si apre una nuova casa alla Bocca. E un as- salto che danno le nostre Suore di Maria Ausi- liatrice a quella fortezza di Berlicche. - Ma come faranno, se son tanto poche, ed ognuna deve la- vorare per tre ? Ci mandi dunque, ci mandi aiuto.
Chiudo questa mia presentandole i rispetti affet- tuosi del Vescovo di Montevideo , dei ragazzi di Villa Colon e Montevideani, delle nostre Suore , i D. Bodrato e di tutti i Salesiani, che a me si uni- scono per protestarsi amorosi sempre verso il loro buon Padre, e fedeli esecutori dei savi suoi consigli.
Ci mandi una benedizione, specialmente al po- vero scrivente, che gode di professarsi
Di Lei Affezionatissimo figlio in G. Cristo
D. Giacomo COSTAMAGNA.
ossia La morte di Monsignor EUGENIO GALLETTI.
Una delle più fulgide stelle, che abbiano in questi ultimi tempi ornato il bel Cielo della Chiesa Cattolica , é testé scomparsa dal nostro orizzonte per andare a risplendere nell'altro mondo.
Il 5 dell'or passato ottobre, festa della Madonna del Rosario, spirava la sua bell'anima in Torino, nella Piccola Casa della Divina Provvidenza, Monsignor Eugenio Galletti, Vescovo d'Alba.
La sua morte fu una immensa perdita, e portò il lutto non solo nella sua Diocesi, che lo amava qual padre e lo venerava qual santo, ma in Torino, che nell'anno 1816 gli aveva dato i natali, anzi in ogni persona che lo conobbe.
Valorose penne già si assunsero il glorioso cómpito di tramandare ai posteri i prodigi di carità e di zelo di quest'anima eletta, l' efficacia della sua parola, l'arte mirabile di commuovere i cuori e guadagnarli a Dio, le gloriose gesta del laborioso suo episcopato, e più altre maravigliose azioni. Quindi bramando di riporre ancor noi un fiore sopra la sua tomba, ci limiteremo ad accennare alcuni lodevoli fatti, che più da presso ci riguardano.
Anzitutto è da sapere che Monsignor Galletti fu uno dei più zelanti Cooperatori Salesiani, e prima ancora che l' immortale Pontefice Pio IX arricchisse la nostra Pia Unione di celesti tesori egli già promuoveva e sosteneva le opere Salesiane e colla parola e colla mano.
Ordinato Sacerdote nel 1838 , e fatto Canonico del Corpus Domini nei primordii del nostro Oratorio, egli non tardò a farsene un valido sostegno. In quel tempo D. Bosco, allo scopo di avere aiutanti nella sua difficile impresa, teneva ai Sacerdoti di Torino apposite Conferenze , nelle quali porgeva e spiegava quelle norme, che aveva conosciute più acconcie ed utili nel trattare coi giovanetti, educarli, istruirli, confessarli e via dicendo. Ora a queste adunanze non mancava mai il Canonico Galletti ; e non solamente come un umile discepolo egli pendeva attento dalle labbra di colui, al quale avrebbe potuto fare da maestro, ma poneva pur anche in iscritto quello che ne udiva. Per la qual cosa unendo la propria coll'altrui esperienza , ricca la mente dei tesori della scienza, soprattutto acceso il cuore di un ardente amor di Dio, questo egregio Sacerdote divenne ben presto uno dei più abili cultori di anime, il più ricercato dei predicatori. l' arbitro delle coscienze scienze di parecchie Comunità religiose. Ma quantunque sempre occupatissimo egli trovava ancor tempo per recarsi all'Oratorio di S. Francesco di Sales, confessarvi, fare il catechismo e predicarvi, perché amava la gioventù come una delle porzioni più elette del gregge di Cristo.
Rinunziato poscia generosamente al canonicato, egli si chiuse nella Piccola Casa della Divina Provvidenza, chiamata dal volgo l' Ospizio del Cottolengo. Ivi divenuto il braccio destro del Canonico Luigi Anglesio, ben degno successore del venerabile Cottolengo nel governo di quel prodigioso Istituto, si può dire che il Galletti si dividesse in più parti, non solamente per accorrere a tutti i bisogni della misera umanità colà rappresentata da circa tremila ricoverati, ma per venire anche in aiuto a D. Bosco nella istruzione dei suoi giovanetti. Perciò egli ci predicava tridui, novene, esercizi, ed ogni volta che ne veniva richiesto non ricusava mai di prestarsi a nostro vantaggio, eccetto che ne fosse assolutamente impedito. Né di ciò pago ci soccorreva eziandio con vistose limosine ; e adoperava la grande influenza che godeva in Torino, e la magica e patetica sua parola per procurarcene ancora dalle persone facoltose. Se parecchi dei nostri chierici poveri poterono avere il necessario patrimonio per divenire sacerdoti ne sono pure debitori a Monsignor Galletti.
L'anno 1867, essendo stato creato Vescovo di Alba dalla santità di Pio IX, Monsignor Galletti ci accrebbe ancora il suo affetto e benevolenza, dandocene in ogni occasione le più luminose prove. Mandava spesso all'Oratorio giovani della sua Diocesi ora per impararvi un' arte o mestiere, ora per attendervi allo studio, sottostando alle spese di vitto e vestito col proprio peculio. Quando taluni di questi, terminato il corso di latinità, bramavano di arruolarsi nelle file dei nostri chierici e sacerdoti per consacrarsi all'insegnamento o alle missioni, lungi dall' opporvisi il Vescovo d'Alba ne li lodava e incoraggiava, ben sapendo che l'opera loro avrebbe servito a dare alla Chiesa altri e poi altri soggetti ancora. Essendo venuto a sapere che alcune persone influenti e di sua confidenza avevano troppo facilmente prestato l'orecchio a male dicerie contro di noi, egli ne fu altamente impensierito e addolorato ; perciò informatosi per filo e per segno dei fatti , e conosciuta la falsità delle aceuse, si fece nostro difensore con tanto buon esito, che coloro, i quali vollero persistere ad osteggiare l'Oratorio, dovettero farlo non solo contro ogni giustizia, ma eziandio a dispetto della propria coscienza.
Ma un fatto sopratutto merita di essere qui registrato, il quale basta per sé solo a scoprire quanta bontà albergasse nel gran cuore di Monsignor Galletti verso di noi. Sulla fine dell'anno 1871 D. Bosco cadeva malato di febbre migliare nel Collegio di Varazze presso Savona. Il male , che da prima pareva di poco rilievo, in capo ad alcuni giorni si fece allarmante, e gettò lo sgomento in tutte le nostre case. Monsignor Galletti, avendo ancor egli ricevuta la trista notizia, ne fu come atterrito, e non potendo reggere al pensiero che D. Bosco avesse a soccombere, si gettò in ginocchio e cogli occhi gonfi di lagrime, colle mani levate al Cielo eruppe in queste parole : Signore, se volete una vittima, eccola qui ; ma per pietà risparmiate D. Bosco. Iddio accolse il gran voto, e gradì quel sacrifizio in odore di soavità. Poco dopo Don Bosco si alzò di letto, e malgrado i suoi 64 anni, le gravi occupazioni e gli immensi disturbi tira innanzi in buona salute ; e Monsignor Galletti dopo d'allora cominciò ad essere sorpreso da incomodi, poi assalito da paralisia, e infine cadde nella tomba nell'ancor buona età di anni 63.
Mentre da buon Pastore M. Galletti attendeva alla salute di tutto il gregge si prendeva poi una cura tutta speciale dei fanciulli. Quindi nelle ore del Catechismo tu lo vedevi discendere in duomo, unirsi cogli altri maestri e istruire i piccoli con amore e benevolenza superiori ad ogni encomio. A fine di estendere maggiormente l' istruzione religiosa nella gioventù, richiamò a vita la
Compagnia della Dottrina cristiana. Memore del gran bene che fanno gli Oratorii festivi, ne aprì uno pei giovanetti nel proprio palazzo, e vi predicava egli stesso nel mattino di ogni festa. Eresse pure nel suo Episcopio una scuola festiva per le ragazze povere ; col più grande zelo promosse due compagnie, la compagnia delle Figlie di Maria per le giovinette, e quella di San Luigi pei giovani.
Più altre cose avremmo ancora da manifestare a lode di questo esimio Prelato ; e più non finiremmo, se volessimo poi dire della sua angelica pietà. A prova di questa valga per tutti il fatto seguente. L'anno 1868 nel mese di giugno si fece in Torino la consacrazione della nostra Chiesa di Maria Ausiliatrice. Alle grandiose feste, che durarono una settimana, intervennero parecchi Vescovi, tra cui Monsignor Galletti, il quale l' ultimo giorno pontificò e impartì la solenne benedizione col SS. Sacramento. Or bene, finita la solennità, un forestiero che vi aveva assistito dal primo all'ultimo giorno, si fece ad interrogare un suo compagno e ne uscì questo dialoghetto
- Indovina un poco quale fu la cosa che di queste feste mi ha piaciuta di più.
- Forse, rispose il compagno, la bella immagine di Maria Ausiliatriee, che dall' alto del suo quadro sembra sorridere ai suoi divoti ed invitarli alla confidenza in Lei?
- No.
- Forse il canto dell' antifona Sancta Maria succurre miseris sul gusto del Tu es Petrus, eseguito in Roma nel XVIII centenario di san Pietro ?
- No.
- Forse gli eloquenti discorsi di Monsignor Ferré, di M. Balma, di M. Ghilardi o di M. Gastaldi vescovo di Saluzzo?
- No, no.
Il compagno dopo aver ancor nominato più altre cose, che avevano riscossa la comune ammirazione, non sapendo più che dire - Ma dunque, domandò, qual è quella cosa, che ti piacque di più ? - Ed egli : - La cosa che mi piacque di più, che mi ha profondamente edificato, che mi ha rapito, fu il vedere Monsignor Galletti davanti al SS. Sacramento. Oh ! sì, ora mi pare di avere una qualche idea di un'anima rapita in estasi di amore. Mai più quell'atteggiamento, quegli sguardi, quel trasporto si partiranno dalla mia mente. Monsignor Galletti per me non é più un uomo, ma è un angelo.
Che cosa avrebbe mai detto questo forestiero. se avesse avuta la bella sorte di udirlo a predicare di Gesù prigioniero d'amore sui nostri altari, o l'avesse veduto a celebrare la santa Messa?
Monsignor Galletti il venticinque settembre da Alba si era recato a Torino nella suddetta Casa del Cottolengo, per rifarsi dai suoi malori ; ma pare invece che, presentendo vicina la sua dipartita da questo mondo, sia venuto per morire in quel luogo, che fra tutti eragli sempre stato il più caro. Difatto nel porre il piede sulla soglia di quella casa disse : Vengo a lasciar qui le mie ossa. Dopo alcuni giorni sembrò migliorare.
Il venerdì mattino 3 ottobre celebrò la santa Messa con una divozione più unica che rara. Nel ringraziamento, che più non finiva, si raccomandava l'anima. Sorpreso dal male, come se con avidità lo aspettasse, esclamò : Oh ! Deo gratias ! Raccolto e messo in letto egli in sulla sera entrò in agonia, che gli durò lunga e penosa per due giorni. L'umiltà di quell'anima e la sua fiducia in Dio si manifestarono in quelle ore supreme in modo ammirabile e commovente. Le parole, che fiorivangli spesso in sulle labbra moribonde, erano queste Qui Mariam absolvisti - Et latronem exaudisti - Mihi quoque spem dedisti.
Ci venne riferito che in quegli estremi momenti il venerando Prelato domandò di D. Bosco, il quale trovandosi assente da Torino fu doppiamente addolorato, e per la perdita di un sì grande amico, e per non averlo più potuto vedere.
Noi abbiamo già pregato e fatto pregare in suffragio dell'amato defunto, e sebbene abbiamo la più fondata speranza che la sua bell'anima sia già raccolta in Cielo, tuttavia la raccomandiamo ancura alle preghiere di tutti.
Cooperatori, e Cooperatrici ! Iddio ci va togliendo or qua or là dei grandi amici. Preghiamo che Egli conceda loro il premio per la carità usata a tanti nostri poveri giovanetti ; ma nel tempo stesso supplichiamolo che ci susciti altri benefattori, ripieni dello stesso spirito, affinché col loro aiuto noi possiamo ritrarre a salute tante povere anime, che oggi più che mai battono i sentieri della perdizione.
In questi giorni molti ci domandano notizie intorno alla giovane Ebrea Annetta Bedarida, stata tre mesi ricoverata presso le Suore di Maria Ausiliatrice, allo scopo di farsi cristiana , e della quale nel passato settembre si occuparono alcuni giornali di Torino, Milano e Roma. Non potendo rispondere a ciascuno partitamente, riproduciamo la seguente sua lettera, di cui conserviamo la copia colla sua firma autentica e colla seguente postilla sottoscritta da tre testimoni : « I sottoscritti attestano che la signorina Annetta Bedarida in loro presenza lesse e poi udì ancora a leggere questo scritto, e in seguito dichiarò che i sentimenti ivi contenuti sono i sentimenti del suo cuore, e perciò li approvò francamente e vi appose liberamente la propria firma. » La lettera é indirizzata all'egregio Direttore dell'Unità Cattolica, che la pubblicò il 7 del passato settembre. Ecco l'importante documento, seguito da qualche notizia posteriore.
PREGIATISSIMO SIGNOR DIRETTORE,
« Sento che il giornalismo si é già impossessato di un fatto che mi riguarda. Affinché non accada che si spandano notizie false od inesatte sul conto mio, pregherei la gentilezza della S. V. a voler dar luogo nel suo reputato giornale alla seguente narrazione.
« Io sono una Israelita da Nizza Monferrato. Fin dal maggio dell'anno corrente abbandonai la casa paterna col disegno di farmi cristiana. Questo disegno lo aveva già concepito circa tre anni sono ; ma non sapeva trovare il modo di mandarlo ad effetto. Manifestarlo ai parenti sarebbe stato inutile ed imprudente ; fuggirmi di casa, non osava, per non sapere dove ricoverarmi. Quand'ecco che a Nizza mia patria vengono ad abitare le Suore di Maria Ausiliatrice di Don Bosco, e io, dopo di aver pensato e ripensato, mi gettai nelle loro mani.
« A fine poi di godere la dovuta libertà e prepararmi degnamente a ricevere il battesimo io desiderai di trovarmi lontana dal luogo natio e dai parenti ; quindi venni a Torino presso le medesime Suore, che mi diedero caritatevole ospitalità. I parenti , udita la mia fuga, credendo ad un atto di violenza, denunciarono la cosa al potere giudiziario. Perciò pochi giorni dopo che io abitava in questo luogo, mi si presentò l' ispettore di pubblica sicurezza per interrogarmi, e io gli dichiarai senza ambagi che liberamente e spontaneamente aveva cercato rifugio presso le Monache di Don Bosco , e vi voleva dimorare per farmi cristiana. Dopo di allora per circa tre mesi io fui lasciata abbastanza tranquilla ; ricevetti la visita di alcuni miei parenti e specialmente del mio buon padre, al quale assicurai tutta la mia affezione e le mie preghiere.
« Dopo qualche tempo di cristiana istruzione , io credeva di poter ricevere il battesimo, e lo domandai prima pel 24 giugno e poi pel 15 agosto ; ma il signor teologo Don Cagliero, che con molta carità m'instruiva, mi consigliò ad indugiare ancora, a fine di sempre meglio prepararmi al grande atto.
« In questo frattempo (il 25 agosto) venne a trovarmi mio fratello , e i superiori della casa , che non mi fecero mai neppure la minima pressione ne fisica né morale, mi lasciarono sola con lui per più ore. Fu in quei momenti che io commisi una debolezza. Vedendo mio fratello a piangere ed insistere che io ritornassi a casa, mi sentii commossa , e il mio cuore per un istante mi tradì. Mio fratello, accortosene, colse tosto il destro e mi fece scrivere sopra un foglio alcune linee, che mi dettò egli stesso , da consegnarsi alla pubblica autorità, affinché mi facesse uscire da cotesta casa, come se io vi fossi trattenuta per forza. Io non mancai tuttavia dall'osservargli che egli mi faceva fare una cosa che non andava ; ma lui insistendo , io colla mano tremante scrissi quelle poche linee e glie le lasciai nelle mani senza punto badare alla loro conseguenza ; anzi , per meglio contentarlo , promisi eziandio di uscire con lui. Tanta era la mia commozione e confusione, che quasi più non sapeva quello che mi facessi. Ma il Dio dei Padri miei mi aiutò.
« Erano passati pochi minuti, che io, lasciata libera, rientrai pienamente in me stessa ; conobbi che aveva fatto male, e in faccia allo stesso fratello e a due testimonii , fatti venire appositamente dal professore Don Bonetti, ritrattai quello che aveva fatto, dichiarando che prima di uscire io voleva prendermi un poco più di tempo per riflettervi seriamente. Allora mio fratello si partì disgustato, e col mio scritto alla mano andò dalla pubblica autorità per indurla a farmi uscire dal mio rifugio. Ma fin dal mattino seguente, 26 agosto, io prevenni il colpo, e per evitare nuovi disturbi e sbigottimenti alle povere Monache, uscii dalla loro casa e mi recai ad abitare presso una buona signora che mi fa da madre.
« In quel giorno stesso mio fratello, un cugino, un loro compagno e questore si presentarono alla casa delle Suore, e non trovandomi se n'andarono non senza recare prima gravi disturbi e disgusti a' miei ospiti. Al domani, 27, avvertito, si portò all'Oratorio di S. Francesco di Sales il Procuratore del Re, a cui presentatami dichiarai la mia volontà risoluta e libera di rimanere dove mi trovava, ed a lui mi raccomandava perché tutelasse la mia tranquillità. Il mio interrogatorio fu consegnato in apposito verbale da me sottoscritto. Ciò fatto, il Procuratore se n'andò, convinto che io non subiva pressione alcuna.
« Io credeva che tutto fosse finito ; ma mi era ingannata. Il 3 del corrente, fin dal mattino per tempo, guardie di pubblica sicurezza, le une in divisa, le altre travestite, circondano la mia casa ospitale, e ad un corto punto sento a picchiar la porta da parer che la si voglia sforzare. Non fu aperta ; ma lascio pensare a chiunque quale effetto io ne risentissi. Basta il dire che svegliatami come atterrita, mi assalirono le convulsioni e stentai a rimettermi in calma. Intanto la vista delle guardie appostate , le dicerie della gente bene o male informata attirarono sul luogo più centinaia di persone , e sembrava che si volesse prendere d'assalto la mia abitazione. No di certo, io non mi sarei mai creduto, che per farmi cattolica avessi dovuto vedere di simili cose e provare tante strette al cuore. Ma il ripeto, Dio mi aiutò e mi diede un coraggio che da me non avrei avuto.
« Qui non é ancora il tutto. Erano circa le 9 del mattino quando, all'improvviso, mi vennero innanzi due signori, che si annunziano l' uno pel Prefetto di Torino, l'altro pel Procuratore generale, e mi espongono lo scopo di loro venuta. Vollero essere soli a parlare con me. Raccolte alla meglio le mie forze, e invocato in cuor mio l'aiuto del cielo, non potei trattenermi dal far osservare ai due rappresentanti della pubblica autorità come io aveva già subiti due interrogatorii per la stessa cagione , uno dei quali pochi giorni prima dal Procuratore del Re, e che perciò non sapeva darmi ragione come fosse ancora necessario che io ne subissi un terzo. I due signori, dopo di aver udita la mia volontà , e come io era sempre rimasta libera e tuttora lo fossi , e che lo scritto di alcuni giorni prima mi era stato come strappato dal fratello, senza che io ne potessi prevedere gli effetti, fecero venire alla mia presenza la mia famiglia, cioè il padre, il fratello e la sorella (1).
« Sarebbe troppo lungo se volessi qui riferire tutto quello che si disse da una parte e dall'altra. Quello che mi fece molto specie si fu l'udire dalla bocca del signor Prefetto di Torino l'augurio che egli fece alla mia famiglia, che io ritornassi in seno di lei per calmarne il dolore. In quell'istante mi venne in pensiero che ancor egli fosse un israelita. Debbo però testificare che ambedue quei personaggi mi trattarono con molto bel garbo, soprattutto il Procuratore generale, il quale con savio e pacato ragionamento fece osservare ai miei parenti come io, essendo maggiorenne , godeva dalla legge stessa il diritto di essere lasciata libera nella scelta della mia religione.
« Tuttavia pareva che rincrescesse , specialmente al signor Prefetto, di non potermi distaccare da questa casa ; e , malgrado ch' io avessi protestato e riprotestato che non vi aveva sofferto, né vi si soffriva violenza di sorta, nondimeno egli mi suggerì e cercò di persuadermi che conveniva io ne uscissi e andassi a ricoverarmi in qualche altro Istituto. - Io non ne conosco altri, gli risposi, fuorchè quei di D. Bosco. - Sarà mio impegno di cercargliene uno di suo gusto, per esempio quello delle Figlie dei militari , mi replicò il signor Prefetto - Ma che bisogno di mutare domicilio? Io qui non sono più colle Monache, e non vi è neppur motivo a sospettare che mi voglia far cristiana per consiglio di loro. - Ma qui ella si trova tuttora presso persone che hanno attinenza coll'Istituto di Don Bosco ; e poi la vita che ella deve qui menare non è conforme alla di lei condizione. Io invece saprò trovarle un luogo che le presenti tutte le comodità. Anche i suoi parenti vi aderiscono. Non é egli vero ?domandò poscia rivolto a loro. - Si, rispose mio padre ; anzi sono disposto a pagare la dovuta pensione. - Infine si conchiuse che il Sig. Prefetto avrebbe cercato il sito, o poi me ne avrebbe avvertita. Ora sto aspettando quello che sarà per accadere.
« Ma , prima di terminare questa narrazione , vorrei domandare : - Sotto il nostro Governo una figlia maggiorenne , la quale voglia mutare religione ed abbia più volte dichiarato avanti la pubblica autorità che nella sua deliberazione non subisce violenza alcuna , e si trova liberamente nella casa di un libero cittadino per farsi istruire, questa figlia, dico, ha sì o no il diritto di essere lasciata libera e tranquilla ? Se sì, perchè mai da alcuni giorni in qua altro non si fa che darmi la tortura con interrogatorii l'uno sopra l'altro, come se si volesse prendermi in parole ? Perché volermi indurre a mutar domicilio con tanta insistenza, come se in questo io non fossi libera, mentre ho protestato che sono liberissima ? Perché farmi circondare la casa di guardie quasi per assediarmi ? Alcuni dicono bensì che queste sono poste per tutelare la mia libertà ; ma altri asseriscono invece che aspettano che io esca per rapirmi, e intanto, per timore di un colpo di mano, io non oso neanco più uscire al passeggio come prima faceva. Si vuole far credere che io sia una vittima dei preti e delle monache ; ma, sotto colore di libertà , io sono ormai la vittima di ben altra gente ! Ma pazienza ! Sarà questa una buona preparazione pel mio battesimo.
« Ottimo signore , mi perdoni di questo disturbo ; mentre, nella fiducia di un benigno compatimento , mi professo con tutta stima e gratitudine,
« Di V. S. pregiatissima
« Dev.- serva
« ANNETTA BEDARIDA. » Torino, 4 settembre 1879.
Come aveva manifestato di fare, il Prefetto di Torino cercò un Istituto che ispirasse fiducia ai parenti della giovine Ebrea, e trovatolo nell' antico ghetto presso una certa signora Ferraris Dìrettrice di allieve maestre, con lettera scritta di proprio pugno la invitò a recarvisi, facendole ad un tempo promesse di ampia libertà e di buon trattamento. Anche il Procuratore generale del Re si portò da lei per ben tre volte a pregarla che si decidesse ad uscire dal suo asilo, e per indurvela efficacemente tra le altre cose le disse che rifiutandosi sarebbe forse stata causa di grave danno a D. Bosco ed al suo Istituto. Allora ella, domandato per favore che le lasciassero almeno la scelta del nuovo suo domicilio, e non ottenutolo, il 7 di settembre uscì dalla sua dimora, ed entrò nell'Istituto indicatole dal Prefetto. Colà dopo otto giorni di nobile resistenza, la giovane israelita, per opera di chi l'aveva in custodia, e pel timore che facendosi cristiana avrebbe forse accelerata la morte del vecchio genitore, cedette alle istanze e alle lagrime de' parenti, e promise di rimandare ad altro tempo il ricevimento del Battesimo.
Ultimamente abbiamo saputo da fonte sicura , che la giovane catecumena deplora la presente sua posizione, e mantiene sempre il desiderio di rendersi cristìana. Noi pertanto raccomandiamo quest'anima ai nostri Cooperatori e Cooperatrici, affinchè colle preghiere e con altre buone opere le ottengano la grazia di poter raggiungere quella corona, che Dio le ha posto innanzi e che speriamo le tenga tuttora in serbo.
(1) La famiglia Bedarida è composta del padre, di uno zio, di due fratelli e quattro sorelle; ma in questo luogo la giovane intende di parlare solamente di quelli, che si trovavano presenti in Torino, venuti appositamente da Nizza.
MOLTO REVERENDO D. Bosco,
Fin dalla metà dello scorso Aprile io mi trovava in aspettativa di un impiego, dal quale doveva dipendere la stabile mia posizione sociale; e per quanti sforzi avessi fatti, per quanto potenti raccomandazioni mi avessi procurate, non riusciva a veder mai coronati di felice successo i miei desiderii, i miei voti.
Da Roma, ove mi era stabilito, mi recai da mio fratello in Siena, dove era stato cortesemente invitato. Il medesimo era già consapevole della mia posizione, ed essendo da moltissimi anni associato a coteste tanto benemerite Letture Cattoliche , dopo avermi esortato a rivolgermi con fiducia alla Gran Madre del Salvatore, Auxilium Christianorum, mi porse anche a leggere un libretto delle sullodate Letture, nel quale sono raccolti numerosi prodigi e grazie ottenute da coloro, i quali erano ricorsi pieni di fede a Maria SS. Ausiliatrice.
Confesso che la lettura di quel libricciuolo mi scosse : mi sentìi anch'io spinto a prostrarmi ai piedi della Vergine, onde ottenere per la sua potente intercessione appo Dio, e per il suo affetto verso gli uomini, la grazia cotanto sospirata.
A tal' uopo incominciai una fervorosa Novena e feci solenne promessa di fare due offerte ; la prima per la celebrazione di una Messa di ringraziamento in cotesto Santuario appena ottenuta la grazia; la seconda pel decoro di cotesta Sacra Immagine, quando avessi riscosso il primo stipendio.
E' inutile che Le dica, molto Reverendo Signore, il risultato delle mie preghiere e delle mie istanze.
Al sesto giorno della Novena , e precisamente Sabato 13 corrente, ebbi la consolantissima notizia da Roma che finalmente aveva ottenuto il posto.
Adempio dunque con grato e riconosccnte animo la prima delle promesse fatte , mentre prostrato collo spirito dinanzi a cotesta venerata Immagine di Maria SS. Ausiliatrice, La ringrazio dal profondo del mio cuore , e attendo ansiosamente di adempiere alla seconda promessa con mio grande compiacimcnto.
Sia in eterno benedetta la Gloriosa Vergine Auxilium Christianorum.
Della S. V. Molto Rev.da
Umil.'m° servo GABRIELE DeSIDERI.
Siena 15 Settembre 1879.
Di nuovo il marchese Cavour - La Ragioneria in seduta straordinaria - Un augusto protettore - Un guadagno - La podagra - Guardie civiche - La politica dell'Oratorio - Scuole domenicali e serali - La fabbrica dei maestr: - I primi libri - Storia Sacra - Giovane Provveduto - Sistema metrico -- Onore a chi va.
Quest' anno, in cui l' Oratorio di S. Francesco di Sales subisce varii disturbi, il caso vuole che noi abbiamo a riandarne alcuni passati, non dissimili dai presenti. Valga pertanto questo ricordo a ravvivare la comune fiducia in quel Dio , che con un soffio della sua onnipotenza sa dissipare a tempo e luogo le più minacciose procelle.
Adunque, sebbene nel nostro Oratorio in Valdocco, l'ordine, la disciplina e la tranquillità regnassero in modo da non potersi desiderare di più, tuttavia il marchese Cavour, di cui abbiamo già di sopra parlato, persisteva a chiamare pericolosi i nostri assembramenti, e a volerne la dispersione. Perciò non avendo potuto pie-are Don Bosco alle sue pretese, né fargli proibire da Monsignor Fransoni quell'esercizio del sacro ministero, egli si argomentò di far chiudere l'Oratorio, mediante una formale condanna, pronunziata dalla così detta Ragioneria. Era questa una scelta dei primarii Consiglieri municipali , nelle cui mani concentravansi tutti i poteri della civica amministrazione. Il Capo di essa , detto il Mastro di Ragione , primo Decurione ed anche Vicario di Città, era superìore al sindaco ; e questo Vicario, come dicemmo, era il Cavour.
Pertanto dopo il lavoro di alcune settimane nel preparare gli animi dei Ragionieri, il marchese stabilì di convocarli in seduta straordinaria. Siccome poi non aveva potuto tirare al suo partito il Rev.mo Arcivescovo, uomo altrettanto intrepido nei suoi doveri , quanto zelante del nostro bene, così volle almeno che questi vi si trovasse presente, onde dar poscia ad intendere che la Croce erasi unita colla spada per dare al nostro Oratorio il colpo mortale. Quindi avendo saputo che l'egregio Prelato non era bene in salute, e non avrebbe potuto recarsi al Palazzo di Città, il Vicario convocò la Ragioneria nello stesso Arcivescovado.
Ed ecco nel giorno ed ora stabilita portarsi i detti signori in tutta pompa e solennità in casa dell'Arcivescovo, e prendere posto sui seggi loro preparati. « Quando io vidi, ebbe poi adire ad un amico il buon Pastore , quando io vidi tutti quei magnati a raccogliersi in questa sala, mi parve che si avesse a tenere il giudizio universale. » In quell' assemblea imponente si disputò molto da una parte e dall' altra ; molte cose si dissero sulla convenienza e sconvenienza delle nostre adunanze; e infine, stando la maggioranza dalla parte del Vicario, si conchiuse doversi assolutamente proibire e chiudere l'Oratorio. Quindi l'inganno e la malevolenza avrebbero certamente contro di noi prevalso, se il Cielo non ci avesse preparato una valida difesa.
Iddio, che per far meglio risaltare l'opera dell' Oratorio permetteva che alcuni la contrariassero, non lasciava di suscitarle pur anche degli amici potenti nella stessa Corte reale. Tra questi annoveriamo con profonda gratitudine l' egregio Conte Giuseppe Provana di Collegno, in quei giorni Ministro al controllo generale, ossia delle Finanze, presso al Re Carlo Alberto. Più volte il caritatevole signore aveva dato a D. Bosco sussidii or del suo proprio ed or per parte del Sovrano, cui teneva minutamente informato delle cose nostre. Il Re stesso dal canto suo udivalo con piacere a parlare dell'Oratorio, e quando facevamo qualche speciale solennità leggeva volentieri la relazione che D. Bosco soleva mandargli, od ascoltava quella che l'esimio Conte gli faceva verbalmente. Perciò convinto del gran bene, che facevasi a tanta povera gioventù dei suoi Stati, più volte fece dire a D. Bosco che egli molto stimava la parte di sacro Ministero che si era assunta; paragonavala al lavoro delle missioni straniere ; ed esprimeva il desiderio che in tutte le città e paesi del suo Regno fossero attivate di cosifatte instituzioni.
Né il suo cuore augusto appagavasi di sole parole ; poiché di tratto in tratto spedivaci pur dei soccorsi, e in quell'anno stesso ci aveva fatto tenere per buon capo d'anno trecento lire con queste parole : Pei biricchini di D. Bosco.
Ora con un tale amico e protettore la nostra causa non poteva pericolare. Difatto quando egli venne a sapere che la Ragioneria stava per radunarsi allo scopo di decretare la nostra dispersione , fece a sé chiamare il prefato Conte , che ne era uno dei membri, e lo incaricò di comunicare in quella seduta l'augusta sua volontà con queste parole: « L intenzione del Re che queste adunanze festive siano promosse e protette : Se avvi pericolo di disordini, si studi modo di prevenirli e non altro. »
Per la qual cosa il signor Conte, che aveva assistito in silenzio alla viva discussione dei suoi colleghi, quando vide che si preparava l' ordine del definitivo scioglimento del nostro caro Oratorio, si alzò, e domandato di parlare, compié il suo incarico manifestando la volontà del Principe colle riferite parole. Al ricevere questa sovrana comunicazione è impossibile il dire come ne restassero il Vicario e i suoi partigiani. Ciascuno abbassò il capo e si tacque, e il Cavour sciolse la seduta. Così nel momento in cui tutto sembrava perduto, il Signore faceva toccare con mano che nulla si perdeva, anzi si guadagnava molto, perché alcuni di quei consiglieri, i quali forse malc informati si erano mostrati avversi o indifferentì, divennero dopo di allora nostri amici e benefattori.
Ciò non ostante il Vicario di Torino continuò a mostrarcisi corrucciato. Pertanto fece chiamare D. Bosco al palazzo municipale , e dopo averlo detto un prete ostinato conchiuse il suo discorso con queste benevole parole : « Lei lavorerà con buona intenzione , ma il bene che fa é pieno di pericoli. Io sono obbligato a tutelare la tranquillità pubblica ; perciò manderò a sorvegliare la sua persona e le sue adunanze. Al primo atto, che possa compromettere , io farò disperdere i suoi monelli, e la S. V. mi darà conto di quanto sarà per accadere. »
Il nostro D. Bosco partì dal palazzo di Città con maggior confidenza di prima ; ma pel signor marchese quella fu l'ultima volta che vi si poté recare, perché o per le agitazioni a cui andò soggetto in quei giorni, o per qualche altro malore che già lo travagliasse , il fatto sta che egli fu assalito da una podagra ostinata , la quale dopo molte sofferenze lo condusse alla tomba.
Tuttavia durante quel po' di tempo che rimase in carica egli mandò ogni Domenica alcuni arcieri o guardie civiche a passare con noi la giornata, coll'incarico di assisterci e spiare tutto quello, che in Chiesa e fuori si diceva e faceva. Ma le sentinelle , al vedere come bastasse la parola di un Sacerdote a tenere in ordine una così gran turba di giovani , allo scorgerli divertirsi allegramente e in pace, all'udire le prediche e le istruzioni che loro si facevano, si mostrarono molto edificate, e lungi dal prendere in sospetto le nostre riunioni ne concepirono ben tosto una grande stima. Una di esse ci raccontava in proposito un dialoghetto avvenuto tra lei e il marchese, che è il seguente.
- Ebbene? le dimandò questi un giorno, che cosa avete veduto, che cosa avete udito in mezzo a quella marmaglia?
- Signor marchese , ho veduto un' immensa folla di giovinotti a divertirsi in mille guise , senza una rissa, senza un alterco , e dissi : Oh ! se tutta la gioventù di Torino facesse così ! noi avremmo ben più poco da fare, e le prigioni non sarebbero più tanto frequentate. Ho poi udito in Chiesa delle prediche che mi hanno messo paura, e mi fecero venire la voglia di andarmi a confessare.
- E di politica?
- Di politica non se ne parlò né punto né poco; ed è naturale, perchè quei ragazzi non ne capirebbero un acca. Da quanto potei rilevare parmi che la politica di D. Bosco consista nell' istruire i suoi giovanetti da buoni cristiani; insegnar loro a leggere, scrivere e a far di conto; assisterli che non dicano e non facciano del male in ricreazione ; collocarli al lavoro presso ad onesti padroni ; visitarli lungo la settimana e dar loro buoni consigli; fare insomma quello che dovrebbero fare i loro parenti e non fanno, o perché non possono o perché non vogliono.
- Ma non parlarono di rivoluzione e di guerra ?
- Non se ne fece parola nè in Chiesa né fuori di Chiesa. In quanto a me sono di parere che quei giovinotti sarebbero disposti ed anche capaci di fare rivoluzione e dare battaglia intorno ad una cesta di pagnotte ; anzi sono sicuro che ciascun di loro darebbe prova di tanta prodezza da meritarsi la medaglia d'onore. Fuori di questo caso, signor marchese, non vi è pericolo di sorta.
Questa guardia diceva il vero : questa fu sempre ed é tuttora la politica dell' Oratorio di San Francesco di Sales.
Morto Cavour non vi fu più alcuno del Municipio, che ci abbia cagionato delle molestie sino a questi ultimi tempi, dei quali diremo a suo luogo.
Fin da quando l' Oratorio era ancora al Convitto di S. Francesco di Assisi, D. Bosco aveva conosciuta la necessità di fare ai suoi giovani analfabeti qualche poco di scuola. Certuni di essi, sebbene già inoltrati negli anni, erano nondimeno affetto ignoranti sulle verità della fede. Vedendo che per costoro il solo insegnamento verbale avrebbe portato troppo in lungo la loro istruzione religiosa, egli si provò alla Domenica d'insegnar loro a leggere, a fine di metterli in grado di poter studiare il Catechismo da se stessi ; ma per allora questa scuola per difetto di apposito locale dovette limitarsi a poco. Al Rifugio, e poscia in casa Moretta, come a suo luogo accennammo, le scuole domenicali cominciarono con qualche regolarità ; ma desse presero un grande sviluppo quando ci trasferimmo in Valdocco nel sito dove tuttora ci troviamo.
Per ricavare un pronto e più sentito risultato D. Bosco si atteneva al metodo seguente. Per una Domenica o due egli faceva passare e ripassare l'alfabeto e la relativa sillabazione ; dopo ciò prendeva il piccolo Catechismo della Diocesi, sopra il quale faceva esercitare i suoi scolari sino a tanto che fossero capaci di leggere una o due delle prime dimande e risposte , e queste dava poscia per lezione da studiarsi lungo la settimana. La Domenica successiva si ripeteva la stessa materia , aggiungendo altre dimande e risposte , e così di seguito. Per questa guisa in capo a poche settimane egli ottenne che taluni leggessero e studiassero di per sè intiere pagine della Dottrina Cristiana. Ciò fu di molto giovamento, perché altrimenti i più adulti ed ignoranti avrebbero dovuto passare dei mesi prima di essere abbastanza istruiti per fare la Confessione e la Comunione.
La scuola domenicale riusciva vantaggiosa a molti, ma non bastava, perché non pochi giovani di tardo ingegno dimenticavano nella settimana quello che avevano imparato la Domenica. Per ovviare a questo sconcio, e giovare maggiormente ai suoi giovanetti, D. Bosco promosse assai calorosamente le scuole serali di ogni giorno. Queste per suo zelo ed energia stabilite regolarmente e su più vasta scala, che non erano in casa Moretta, produssero tosto due buoni effetti : Animarono i giovani a intervenirvi con puntualità, a fine di arricchire la mente di utili cognizioni; e nel tempo stesso porsero a D. Bosco maggior agio di tenerli lontani dai pericoli nelle ore di sera , di meglio istruirli nella religione, indirizzarli a Dio e farli buoni cristiani, che era lo scopo precipuo di tutte le sue fatiche.
Ma dove prendeva D. Bosco i maestri per queste scuole e per tanti giovani ? - Egli se li fabbricava, ed ecco in che modo. Tra quelli che frequentavano l'Oratorio, alcuni ve n'erano di molto ingegno, i quali desideravano una istruzione più estesa , a fine di crearsi una migliore posizione nella società. Or bene, D. Bosco si fece una scelta di questi, e somministrò loro in ore adatte gratuito insegnamento di lingua italiana, latina, francese e di aritmetica , ma col patto che essi alla loro volta venissero ad aiutarlo nell' insegnare il Catechismo, e nel fare la scuola domenicale e serale ai loro compagni. La prova, quantunque costasse a D. Bosco fatiche e sudori, riuscì magnificamente. Quei maestrini da prima in numero da otto a dieci crebbero in appresso, e non solamente gli furono di grande aiuto nella istruzione degli altri suoi giovanetti, ma riuscirono ancor essi a prendere nel mondo carriere onorate. In questo modo cominciò nell'Oratorio la categoria degli studenti, che continua ancora oggidì a fornire a Don Bosco maestri, professori ed assistenti pei molti suoi Istituti d'Italia, Francia ed America.
Non sarà discaro ai nostri lettori che noi facciamo qui speciale menzione di alcuni di quei primi nostri maestri, il cui nome ci rimase indelebile nella mente. Tra gli altri fuvvi Giovanni Coriasso, Felice Vergnano, Paolo Delfino, il quale é oggidì professore di corso tecnico. A questi si aggiunsero poscia Antonio e Giovanni Melanotte, Felice e Pietro Ferrero, Giovanni Piola, Vittorio Mogna, Luigi Genta ; senza contare alcuni pii signori della città , come un Giuseppe Gagliardi e Giuseppe Fino chincaglieri, e l' orefice Vittorio Vitner, non che i zelanti Sacerdoti più sopra nominati. Questi ultimi però generalmente non potevano prestarsi che nella predicazione e nel catechizzare gli adulti.
Con questi ed altri consimili aiuti le scuole domenicali e serali presero un avviamento superiore alla comune aspettazione. Fu allora che Don Bosco, avendo terminato di far leggere il piccolo Catechismo, incontrò una grande difficoltà nel trovare un altro libro di testo che ci fosse adattato. Egli esaminò tutte le Storie sacre, che in Piemonte solevansi usare nelle scuole, ma niuna gli pareva soddisfacesse al bisogno. Mancanza di popolarità, stile ricercato, questioni lunghe e fuori di luogo erano i difetti comuni. Molti fatti poi venivano esposti con termini, che potevano suscitare idee inopportune nella mente dei giovani. In oltre quasi tutte trascuravano di far risaltare i punti che devono servire di fondamento alle verità di fede. Lo stesso dicasi delle cose che riguardano al culto esterno, alla Confessione , alla Eucaristia, al Purgatorio e simili.
In vista di ciò che fece D. Bosco ? - Sebbene provasse, come l' udimmo a dire più volte, sebbene provasse una grande apprensione nel dare scritti alle stampe, tuttavia egli si vinse per amor dei suoi giovanetti. Pertanto applicatosi di proposito, una ne compose, che andasse scevra dei mentovati difetti. Ed ecco venire a pubblica luce la Storia Sacra di D. Bosco, ad uso delle scuole. I fatti più importanti della Bibbia vi sono esposti con lingua purgata, in modo facile, con stile chiaro, cosicché i fanciulli non penano punto ad intendere la narrazione e a ritenerla a memoria. Accompagnano il racconto brevi considerazioni morali, adatte alla giovanile età. Segue poi in fine un elenco di nomi di geografia sacra , confrontati coi nomi moderni. In somma tanti e sì rari sono i pregi di questa Storia, che non è a stupire che conti oggidì la duodecima edizione, e sia accolta con molte lodi e divulgatissima nelle scuole.
Un secondo bisogno apparve poco di poi, e fu di un libro per le pratiche di pietà. Erano innumerevoli quelli che correvano per le mani dei fedeli ; ma in generale si prestavano poco ai bisogni dei tempi e della gioventù. Quindi D. Bosco scorgendo per una parte questa mancanza, e per altro lato osservando che l'eresia valdese cominciava ad insinuarsi nei nostri paesi, venne in pensiero di compilare un libro, il quale colle solite preghiere, salmi ed inni contenesse pie considerazioni ad uso dei giovanetti, sode istruzioni sui fondamenti della religione cattolica, sugli errori dei protestanti, sulla vera Chiesa di Gesù Cristo e simili. Egli vi attese adunque con molta alacrità , e così diede fuori il celebre Giovane Provveduto, di cui si fece poc'anzi la ottantesima prima edizione , e che tradotto in parecchie lingue é ormai penetrato in ogni istituto di educazione, in ogni casa di lavoro, in ogni famiglia cristiana , e se ne contano gli esemplari a più milioni (1).
Intanto le nostre scuole andando avanti, come si dice, a gonfie vele, D. Bosco aggiunse alle altre una classe di disegno, di aritmetica e sistema metrico , il quale doveva andare in vigore tra poco. Ma qui occorreva un altro libro, che indarno si sarebbe in allora cercato. Il nostro Direttore e maestro non si smarrì d'animo, e postosi all'opera vi provvide da buon matematico col libretto intitolato : Il sistema metrico decimale ridotto a semplicità, che condotto con molta chiarezza di idee e popolarità fu ricevuto fin d'allora con grandi encomii, ed é portato oggidì alla settima edizione.
Diremo in appresso dei risultati delle scuole domenicali e serali, delle visite che si ebbero, degli encomii e dei premii accordati fin dai loro primordii.
Or conchiudendo questo capo noi domandiamo perdono all' umiltà di D. Bosco, se l' amore del vero, e il dovere di gratitudine ce lo fanno qui segnalare quale Istitutore di queste scuole, sparse oggidì per tutta Italia con grande vantaggio degli individui e delle famiglie, e con alto decoro della nazione, che vede diminuire ogni anno gli analfabeti. L'onore a chi va.
(1) Altre pie operette anonime uscirono pure in quel tempo dalla penna di D. Bosco, e sono: I sette dolori di Maria Vergine in pie considerazioni: Il Divoto dell'Angelo Custode: Esercizio di Divozione alla Misericordia di Dio.
Ogni Cooperatore può acquistare indulgenza plenaria una volta al giorno, da applicarsi alle anime del Purgatorio, recitando la terza parte del Rosario di Maria Vergine avanti al SS. Sacramento, e non potendo avanti al divin Sacramento, recitandola innanzi al Crocefisso.
Indulgenza plenaria ogni volta che si accosta alla santa Comunione.
Può altresì lucrare moltissime indulgenze plenarie nel corso del giorno mediante la recita di sei Pater, Ave e Gloria, secondo la mente del Sommo Pontefice. E queste indulgenze applicabili alle anime purganti, le può acquistare toties quoties, ossia tutte le volte che recita i suddetti Pater, Ave e Gloria in qualunque luogo senza bisogno di Confessione e Comunione, purché sia in grazia di Dio.
Oltre a queste un'altra plenaria ne può guadagnare ogni domenica, e nei giorni qui sotto notati, purché confessato negli otto giorni, e comunicato visiti una qualche chiesa, pregandovi secondo l'intenzione del Sommo Pontefice.
1. Festa d'Ognissanti.
3. Commemorazione di tutti i fedeli defunti. 16. Sant' Agnese di Assisi.
19. Santa Elisabetta di Ungheria.
21. Presentazione di Maria Vergine al Tempio. 26. S. Leonardo da Porto Maurizio. 30. S. Andrea Apostolo.
Il Fabbro di Nazaret modello degli Operai e Patrono della Chiesa; racconto - L'Unità Cattolica riconoscendo l'importanza di questo librone fece il suo articolo di fondo del N° 236. Eccolo.
Un libro quant' altro mai utile, e ai tempi che corrono opportuno, è quello testò uscito dalla Libreria Salesiana di Torino, e scritto da quell'uomo, così giustamente celebre per le sue operette popolari, che si è il signor Francesco Martinengo, prete della Missione. Ora che la così detta questione operaia si presenta in tutta la formidabile sua importanza, e a risolverla si ammonticchiano sistemi sopra sistemi da coloro, che vorrebbero salvare la società dallo sfacelo coi soli mezzi civili, è opera di somma prudenza e di nobilissima carità additare quell'unica via, che a tal mèta abbiamo, quanto sicura, altrettanto facile e piana.
E il Martinengo lo sa fare con tal garbo, che, letto il suo aureo libro, è giuoco forza anche ai libertini il conchiudere : - Ha ragione ! - Il valoroso scrittore prese le mosse dall' impulso dato dall' immortale Pio IX, allorquando con quella sapienza di opportunità, che era dote incontrastata di quel gran Papa, proclamava s. Giuseppe patrono della Chiesa Universale ; e con molta ragione pensò che se la società tanto sì allontana dal socialismo quanto si accosta alla religione, tanto più efficace è ora il ritorno alla religione, quanto più si fa per mezzo del santo Patrono della Chiesa, del modello vero degli operai, s. Giuseppe, sposo castissimo di Maria Vergine.
Egli pertanto narra in istile chiaro e semplice e con lingua pura ed elegante la storia del FABBRO DI NAZARET, modello degli operai ; descrivendo in un modo popolare ed attraente ad un tempo le vicende meste, fortunose e liete di quella vita sempre santa, passata nell' oscurità di una bottega, tra le pene ed i pericoli di viaggi e di fughe, compagno fedele, aiuto e difesa al Figliuol di Dio fatto uomo ed alla divina sua Madre. Il dotto scrittore ha scoperto inesauribili tesori in questa vita così ammirabile, piena dì tanti pratici insegnamenti ; e colla scorta della critica più severa, al lume della teologia, sceverando dalle incerte tradizioni i fatti sicuri, ha dichiarato con tanta verità quel poco che del Padre putativo di Gesù ci lasciò il Vangelo, che il lettore segue con crescente desiderio lo svolgersi di tutta la tela, si trova col santo Fabbro nella sua botteguccia, lo accompagna ne' suoi viaggi, lo compiange ne' suoi dolori, si rallegra ne' suoi gaudii, e, quel che è meglio e cha nessun libro profano può operare, si sente umiliato dinanzi a tanta grandezza , confuso in faccia a tanta santità, e prova il bisogno di emendarsi e di migliorare.
Nè si creda che il Martinengo ci abbia dato puramente una vita di un Santo; egli, ben conoscendo qual sia l'invalso gusto e quanto convenga concedere all' umana debolezza, ha saputo bellamente alla storia del FABBRO DI NAZARET intrecciare tutta la storia di un villaggio salvato dalla divozione di s. Giuseppe ; e in guisa così naturale, che si direbbe l'istruttivo intreccio venire da sè. Ed è su questo traliccio ch'egli seppe ricamare una quantità grande di quelle questioni che ora si agitano ; cosicchè vi trovano il loro posto certi stabilimenti industriali, le scuole atee, le Società operaie, la rnassoneria, i libri cattivi, le Confraternite, gli Ordini religiosi, le dimostrazioni popolari, l' osservanza della Domenica, le sepolture civili, il danaro di s. Pietro, ecc., ecc.
Come tutto cib entri nel racconto è a leggersi; vi è molto da imparare ; le obbiezioni più comuni vi trovano risposte convincenti e perentorie ; ci si diverte assai e vi si ha istruzione abbondante e nobile edificazione. La sua importanza ci ha persuasi oggi di lasciare al prezioso libro questo luogo che sogliamo riserbare alla politica, perchè, come si è letto, è necessario conchiudere che la politica più prudente è oggimai rendere famigliare la vita di s. Giuseppe, e mostrare agli operai il loro vero modello nel FABBRO DI NAZARET !
Edizione illustrata ; un volume di pagine VIII-516 ; L. 4, Legato; L. 5. Edizione economica ; pagine 420; L. 0, 75, Legato; L. I.
compilato dal Prof. Sac.
CELESTINO DURANDO
SECONDA EDIZIONE
DUE GROSSI VOLUMI IN-8° GRANDE
Franco di posta Lire 13,50. Legato in mezza pelle Lire 15. Franco di posta Lire 16, 50.
Con permesso dell'Aut. Eccl. - FERRARI GIUSEPPE gerente respons.
Tip. di San Vincenzo de'Paoli. Sampierdarena 1872.