Anno LI. SETTEMBRE 1927 Numero 9.
PERIODICO MENSILE PER I COOPERATORI DELLE OPERE E MISSIONI DI DON BOSCO
SOMMARIO: Don Bosco Educatore. - Un ottimo Manuale di canto. - La nuova Scuola Agricola Missionaria di Cumiana. - Azione Salesiana : Decurioni e Salesiani a congresso. - Comitato centrale Patronesse Opere Don Bosco. Torino. - Dalle nostre Missioni: Consolazioni (G. Sak). - Rio Negro: Fra i Bororos (D. Giov. Marchesi). - Il Visitatore straordinario D. Pietro Ricaldone nelle Missioni dell'Assam (Monsignor L. Mathias). - La gioia di essere di Don Bosco (Ch. G. Foglia). - Il Culto di Maria Ausiliatrice: Don Cimalli. - Grazie di Maria Ausiliatrice. - Tesoro spirituale. - Notizie dalle nostre Case : Torino - Novara - Napoli-Tarsia - Napoli -Vomero. - Preghiera indulgenziata per le Sante Missioni. - Necrologio.
Non conferenza, ma confessione.
Un Convegno di omaggio degli Insegnanti a D. Bosco educatore significa il riconoscimento del sano ed efficace contenuto della sua dottrina pedagogica e dei risultati che essa può assicurare, per parte di chi si dedica all'educazione della gioventù.
E questo riconoscimento mi pare conseguenza così indiscutibile del successo straordinario che ha coronato la vita di azione e di sacrificio del Venerabile, e che nei 4o anni decorsi dalla sua morte, per opera della Scuola Salesiana, ha continuato incessantemente a svolgersi, che stimerei inutile trattenere chi mi ascolta per fare opera di persuasione, per confortare una fede, la quale nei fatti ha la sua base sicura.
Non è invece superfluo ricercare se il metodo educativo del Grande Don Bosco si possa applicare con felice risultato anche al di là dei limiti ai quali normalmente si estende; se i principii sui quali si fonda la santa opera di redenzione della fanciullezza priva di guida, abbandonata a sè ed ai peggiori suoi istinti, siano altrettanto sicuri nel guidare all'alto suo fine chi si occupa di insegnamento dedicandosi ad allievi di carattere e condizione diversa.
Se non che la trattazione di un tema così degno in una adunanza dell'Unione degli Insegnanti, che si propongono di imitare il Venerabile nel suo metodo educativo e nel suo amore verso i giovani, richiede due cose che io non posseggo.
Richiede competenza nelle discipline pedagogiche, delle quali io non sono neppure un modesto dilettante, e richiede nobiltà ed interezza di esempio, capacità cioè di porre in atto i principii che si illustrano con le parole, mentre io debbo confessarvi l'opposto, conscio di essere, nella attuazione dei miei doveri di maestro, troppo lontano dagli insegnamenti di quel grande benefattore dell'Umanità che oggi onoriamo.
Ora il Ven. Don Bosco, a cui bastava un rapido esame delle persone che lo av vicinavano per penetrare nell'intimo della loro coscienza, potrebbe forse perdonarmi il difetto di competenza, non quello dell'esempio, che esigeva come condizione assoluta dai suoi collaboratori.
Ed io qui, presso le sue ceneri benedette, che santificano questo luogo di pace, come potrei mentire a me stesso ed a Voi per farmi maestro di una legge così alta che non so degnamente osservare?
Una via sola mi rimane: quella di farvi non una conferenza, ma una confessione: quella di esaminare le ragioni dei miei insuccessi didattici al lume degli insegnamenti semplici ed alti del Venerabile. Anche l'analisi degli errori può essere feconda di utili riflessioni quanto quella dell'esito felice: in ogni caso sarà più sincera, ed è ciò a cui tengo in primissimo luogo.
Cause ed effetti.
Debbo infatti riconoscerlo: l'insegnamento al quale io mi dedico, che è insegnamento di grado universitario, non dà soddisfacenti risultati che per una parte non grande degli allievi ai quali è rivolto.
Una minoranza relativamente cospicua vive lontana dall'ordine intellettuale, nel quale si cerca di orientarla, o per assenza dalla scuola, o per insufficiente partecipazione alla sua attività.
Tutto al più essa si studia di obbedire letteralmente alle prescrizioni scolastiche, preoccupandosi di attuarle con un programma minimo, per non dare allo studio ed al lavoro più dello stretto necessario, quel tanto che basta ad evitare le sanzioni punitive del nostro metodo repressivo.
Si preoccupa esclusivamente degli esami, informandosi da chi li ha già superati, per tentarne con poca fatica la sorte, e in vista soltanto di essi, forma la sua coltura, sopra aride pagine di trattati o schematici riassunti della materia, che non gli dànno alcun serio fondamento di coltura, alcun coordinamento delle nozioni essenziali ai suoi studi, alcun abito al lavoro proficuo, alla indagine personale, alcun progresso vero e duraturo delle sue attitudini.
Questa minoranza, avulsa dalla scuola, che trascura per apatia, ricerca con altrettanta avidità le distrazioni del mondo, fra le quali cerca stordirsi, anche quando deve riconoscere la vanità dei piaceri che tanto predilige.
Sciupate le forze e le energie giovanili, si affaccia alla vita, col solo corredo di una malizia acuita dal desiderio prepotente di procurarsi tutte le soddisfazioni più ambite, e se intima bontà d'animo, o eccezionale concorso di circostanze non ne modifica, attraverso a dure e dolorose prove, la viziosa preparazione alla vita sociale, essa ne costituirà un elemento pericoloso e pervertitore, sebbene mascherato da una correttezza apparente, che la educazione superficiale gli permetterà di simulare.
Non accusatemi, cortesi ascoltatori, di aver tracciato un quadro troppo pessimistico nè di aver esagerato i legami fra l'inadempienza ai doveri della vita di studio e il decadimento morale, poichè non è legame di causa ad effetto, ma di effetti provenienti da cause concomitanti; la scarsa efficienza della Scuola e la incapacità educativa della famiglia di fronte alla azione corrompitrice della Società.
Il semplice programma pedagogico di Don Bosco.
Comincia quindi la mia confessione per quella parte di colpa che nell'assolvere il mio mandato di educatore mi spetta; e mi domando: Quale colpa ho commesso e quali principii di sana pedagogia ho violato?
Non ho io fatto il possibile per compiere quanto generalmente si considera primo dovere di un insegnante? Approfondire lo studio della disciplina affidatami, tenermi al corrente dei suoi progressi, curarne la chiara e ordinata esposizione e giudicare con imparzialità serena?
Consulto le norme semplicissime che il Venerabile dettava ai suoi Collaboratori per la applicazione del suo sistema pedagogico. Vi è scritto:
L'educatore dev'essere tutto consacrato ai suoi educandi, nè mai assumersi impegni che lo allontanino dal suo uffizio, deve trovarsi con essi tutte le volte che non sono legati da qualche occupazione, o debitamente assistiti da altri, non deve lasciarli mai soli nè disoccupati.
Oh per carità non mi si dica che io equivoco, che confondo le norme giustificate e necessarie per un convitto di giovanetti con quelle di una scuola media o superiore; non mi si obietti che un insegnante il quale traducesse in atto un tale programma mancherebbe al suo dovere fondamentale di assicurarsi quel grado elevato di coltura che da lui si richiede; non si insinui che la scuola, così ridotta, perderebbe i caratteri di libera palestra delle iniziative per ridurre tutti gli allievi ad una meschina falsariga, chiudendoli nella stretta cerchia mentale di un educatore inacidito nell'adempimento dei suoi doveri più banali.
Io pure riconosco che il breve, semplice programma pedagogico esposto in quelle poche righe deve essere interpretato con giusta larghezza, ma poichè sono in tema di confessioni debbo dire che l'esperimento da me fatto gli dà interamente ragione.
Ogni qualvolta di fatto le mie forze ed i miei impegni mi consentirono di avvicinare gli allievi fuori della lezione ufficiale, di avere con essi rapporti diretti, personali, per trattenerli sull'argomento dei loro studi, potei notare un forte, rapido risveglio del loro buon volere, e potei avvertire, nello svolgimento delle lezioni stesse, una rispondenza assai migliore alla mia azione, un legame intellettuale più soddisfacente, grazie al quale sentivo che il processo logico del mio ragionamento si svolgeva con lo stesso ritmo nella mente attenta dell'uditorio.
Ciò perchè con l'azione individuale ero riuscito a stimolarne la attività, ad eccitarne l'interesse, ad accrescerne la fiducia, ed io sentivo la numerosa scolaresca in pugno, disposta a concedermi la sua collaborazione attiva al fine verso il quale la Scuola è diretta.
Ma quando in un intervallo più o meno lungo, per difetto di tempo disponibile o di forze adeguate, la mia attività si riduceva allo svolgimento delle lezioni, la fusione degli animi in una volontà unica ed intenta si indeboliva, il pensiero degli allievi seguiva svogliatamente il ritmo della mia esposizione, l'intima consonanza era rotta.
Ed io potei pure riconoscere che in tal caso richiami anche energici sono quasi privi di buoni risultati, poichè, come insegna il Venerabile, l'animo del giovane è sensibile all'ammonimento dell'educatore se questi è riuscito a convincerlo che opera come un suo amico, reagisce invece con intima amarezza, e con desiderio di scuotere il giogo che lo opprime, se il maestro non sa che inasprirlo e minacciarlo.
Mezzi per attuarlo L'abito della carità.
Ma come tradurre in atto un programma che, anche nella sua interpretazione meno stretta, richiede dall'educatore tanta abnegazione, tanto sacrificio di sè al bene della Scuola?
Il Venerabile risponde qui col detto di una sapienza antica, ma non defettibile mai, dando ai Maestri in modo speciale il precetto che S. Paolo enuncia per tutti i Cristiani, il precetto di vestirsi dell'abito della carità per assolvere degnamente il loro ufficio; poichè la carità è benigna e paziente, soffre tutto, perchè spera tutto, è disposta a qualsiasi sacrificio.
Oh! su questo punto davvero dovrebbero essere gravi le mie confessioni, poichè il difetto di questa carità è l'errore che devo rimpiangere tutti i giorni, quello che rende scarsa l'efficacia dell'insegnamento, e che nessun'altra regola, nessun'altra veste, non esclusa quella brillante della competenza e dell'ingegno, può sostituire.
Solo con l'abito della carità il docente può mantenere inalterata la serenità del suo spirito di fronte alle provocazioni talvolta vessatorie alle quali è soggetto, e quindi conservare con la padronanza di sè il dominio sicuro delle irrequiete volontà dei suoi educandi.
Solo con l'abito della carità può in tutte le ore, in tutti i momenti rispondere con ferma dolcezza alle richieste continue, talvolta indiscrete, può correggere senza rigore eccessivo l'atto inconsiderato, può respingere senza sarcasmo provocante la simulazione che eccita lo sdegno.
Ma, lo si noti bene, con l'abito non con la maschera della carità, poichè alla mente del giovane leggera ma perspicace, alla sua pronta sensibilità difficilmente sfugge il vero intimo stato d'animo dell'educatore, e per convincere, persuadere e trascinare il cuore distratto del giovane, volgendolo dai vani ma seducenti piaceri del mondo, alla seria considerazione dei suoi doveri, occorre la convinzione intima profonda vittoriosa di chi gli parla.
La ragione fredda, o peggio la formola convenzionale non sentita, con la quale si tenta invano dissimulare l'interna repulsione dello spirito per mascherarlo di benevolenza, non ha mai conquistato nessuno.
La legge morale: ragione e religione.
Se non che, e qui sta il nocciolo della questione, come potremo assicurarci tanto dominio su noi stessi, far sì che l'abito della carità non ci pesi, che il nostro spirito ne tragga un carattere costante, una capacità di operare secondo i suoi dettami, secondo l'esempio meraviglioso datoci dal Venerabile Don Bosco?
Quale esempio di fatto la sua vita! Azione incessante di ogni ora, di ogni minuto, intesa al suo fine: verso i collaboratori e gli educandi, insegnamenti, confessioni, ammonizioni, incoraggiamenti, consigli; verso la società, dalla quale doveva attingere i mezzi per lo svolgimento della sua opera, una attività complessa, mirabilmente armonica, fatta di paziente ricerca d'ogni occasione favorevole, con lungiveggenza, con intuito quasi soprannaturale, con la potenza persuasiva che procede dalla bontà della causa, dalla purezza delle intenzioni, dalla fede incrollabile nel successo.
«Ma non a tutti è dato godere di così larga abbondanza di doni divini, di così potente attrezzatura del pensiero, dell'affetto, delle opere », come ebbe a dire il Sommo Pontefice, concludendo gli atti per il riconoscimento delle virtù eroiche del Venerabile, « non a tutti è data la stessa misura di grazia, non a tutti è dato seguire quelle vie luminose, eppure quanto di imitabile per tutti in quella vita così generosa e così raccolta! ».
Imitabile, sì, è vero, ma imitabile a condizione di seguire secondo le nostre deboli
forze la via che hanno battuto tutti i Santi; la vigilanza su noi stessi, sulla integrità della nostra coscienza, sull'equilibrio del nostro spirito, condizione assoluta per evitare ogni menomazione della nostra capacità a bene operare, per un intimo, necessario legame, che fa dipendere la fecondità delle azioni dalla pienezza dello spirito, nel quale legame del resto consiste la sanzione umana della legge morale.
Parmi di fatto che, mentre le leggi fisiche si presentano come rigide regolatrici di tutti i fenomeni della natura, la quale attraverso ad esse, appare inflessibilmente soggetta alla volontà onnipotente del Creatore, il cuore umano, nella libertà di volgere con libero arbitrio i suoi affetti sia al bene sia al male, pare sottratto ad ogni sudditanza, sicchè la legge morale potrebbe sembrare una arbitraria soprastruttura che l'uomo ha fabbricato per se stesso.
Ma l'esperienza della vita ci avverte che gli errori di osservanza di questa legge si scontano amaramente; ce lo insegna la storia dei popoli, le cui pagine grondano sangue sparso in espiazione, direi meglio per conseguenza necessaria del falso indirizzo da essi seguito; ce lo insegna la vita di ciascuno, nella quale ognuno sconta amaramente i falli commessi verso la legge morale; ce lo insegna direi quasi il bilancio giornaliero della nostra attività buona, mediocre o dannosa a noi stessi, secondochè l'animo nostro era moralmente preparato, o deficiente.
Sicchè la legge morale appare sotto questo punto di vista il risultato di un accertamento sperimentale, concesso alla nostra ragione, alla nostra meditazione, ma nell'ordine generale dei fenomeni, ma non meno precisa ed inflessibile delle altre leggi, la cui osservanza non può essere violata impunemente, e che si impone con rigore tanto più deciso quanto più alto nella società è il còmpito che ciascuno di noi assolve, quanto più larga è l'attività che noi stessi ci prefiggiamo.
Soltanto con l'osservanza di questa altissima legge il docente può accostarsi all'educando con la fiducia di essere degno interprete del suo mandato, con l'animo capace di elevare al livello che esso ha saputo raggiungere; col cuore e con la mente ben disposti per farsi amare e per convincere, per condurre alla sana, alla feconda, alla vera attività il cuore e la mente del giovane.
Ragione e Religione - scrisse il Venerabile - sono gli strumenti di cui deve far uso l'educatore, insegnarli, egli stesso praticarli, se vuole essere ubbidito ed ottenere il suo fine.
Così soltanto il sistema educativo di Don Bosco riesce pienamente logico; l'avvicinamento intimo confidenziale dell'educatore all'educando, che egli ha posto a fondamento della sua dottrina pedagogica, non può di fatto dare intieri i suoi frutti se il maestro non è in grado di proporre sè come esempio all'allievo.
Egli spiritualmente così perfetto poteva farlo davvero e perciò ricavava dal suo metodo così maravigliosi risultati.
La nota sua risposta alle ripetute istanze del Rettore del Seminario di Montpellier, che insisteva per conoscere il segreto del suo metodo educativo : Ma se nemmeno io lo so! Faccio quello che il Signore mi ispira e le circostanze esigono, nascondeva dunque qualcosa di fondamentale.
Il Venerabile conosceva il segreto del suo successo; ma non voleva dichiararlo per umiltà di Santo.
Un aneddoto significativo.
Ricordo un episodio della vita di Molière.
Il commediografo ritornava un giorno da Hauteuil in battello con Chapelle e Baron, quest'ultimo in età giovanissima. Era con loro un frate, che profittava del loro mezzo di trasporto per recarsi ad un convento. I due scrittori discutevano dei sistemi filosofici di Cartesio e di Gassendi, e, non trovandosi d'accordo, si rivolsero al frate, che ascoltava in un dignitoso raccoglimento, per averlo giudice.
Egli non rispose che con un sobrio cenno di silenzio, e Molière credette di aver presente un dotto monaco, il quale per osservanza alla sua regola, si astenesse dal parlare. Continuando la discussione con Chapelle, il grande innovatore dell'arte comica, fu estremamente cauto ed attento al suo ragionamento.
Raggiunta la sua mèta il religioso ringraziò brevemente della ospitalità accordatagli e pose la sua sporta a terra. Dalla forma della bisaccia Molière riconobbe trattarsi di un frate laico cercatore appartenente ad un Ordine lontano da ogni studio, rise con Chapelle del proprio errore e rivolgendosi al giovanetto Baron -Vedi, gli disse, che cosa può il silenzio, osservato come regola prudenziale e con buon contegno. -
Ho citato questo aneddoto perchè nello scherzoso ammonimento col quale si chiude c'è la ragione che induce molti a raccomandare ai docenti di appartarsi dagli educandi: non fate conoscere, dicono essi, i limiti del vostro sapere, se volete conservare intero il prestigio della vostra posizione.
Io non sono di quest'avviso: preferisco, anche sotto questo punto di vista, l'insegnamento del Venerabile, che vuole l'intimo avvicinamento dell'allievo al maestro, e credo se ne traggano sempre ottimi frutti, anche quando l'allievo è in grado di aver ragione, di correggere qualche inesattezza con la freschezza della sua intuizione perspicace.
L'intimità che ne nasce, il legame di simpatia che avvince l'educando all'educatore, se l'animo di questi è abbastanza alto per non risentirsi e per riconoscere lealmente il suo errore, supera di gran lunga coi buoni suoi effetti la manchevolezza momentanea del docente.
La famiglia della Scuola viene su queste basi morali ed intellettuali cementata.
Sana lietezza, serena allegria, santa libertà.
Ma la Scuola acquistando il carattere di famiglia ha un importante còmpito ancora da assolvere: quello di assicurare la piacevolezza dell'ambiente; di vestire di sana lietezza, di serena allegria la società sulla quale si fonda.
A questo riguardo la Scuola Salesiana è maestra, sia nelle forme intere di educazione dei suoi Collegi, sia in quelle parziali degli Oratorii.
Qui nel romitorio di Valsalice il giardino fiorito, la chiesa festosa di luci e di colori forse anche eccessivi rispetto alle buone regole dell'architettura a cui pare inspirata, esprimono visibilmente questo, carattere che si manifesta nei canti, nei giuochi, nella gioia dei giovanetti ai quali la Scuola Salesiana concede tanta libertà di ricreazione, prescrivendo che ad essa partecipino gli educatori.
E con uniformità di intenti in tutti gli Oratorii sparsi in ogni punto della città, in ogni paese d'Italia, in tante regioni lontane, nelle quali l'Opera di Don Bosco rende cara e stimata la Patria nostra, domina come mezzo educativo la libera ma onesta gioia dei fanciulli adunati.
Gli educatori di ogni indirizzo pedagogico consentono oggi nella opportunità di questo metodo, e le nostre Istituzioni pubbliche per l'insegnamento elementare e medio già si orientano verso questo indirizzo per merito di Amministrazioni, per coraggiosa iniziativa di singoli. Ma ne è ancor lontano l'insegnamento superiore dove un fatto sintomatico dimostra la necessità di un cambiamento di metodo, di una modificazione di ambiente.
La figura del goliardo universitario, che ripete le sue origini dai tempi nei quali i popoli del Centro Europa con la Riforma ed il nostro col dotto Umanesimo affermavano una reazione spiegabile e gettavano le basi di un indirizzo nuovo del pensiero, la figura del goliardo, dico, è tuttora un indice del bisogno che la gioventù sente della gioia come elemento educativo, ma traviata e snaturata costituisce oggi un anacronismo.
È noto come l'ambiente nel quale essa si svolge sia prevalentemente quello proprio della minoranza avulsa dalla Scuola, che nel principio della mia esposizione ho cercato di tratteggiare.
Ambiente adunque di gioia rumorosa non sempre corretta, separato dalla Scuola e che ad essa bisogna ricondurre per vivificare e l'una e l'altra.
Il popolo nostro sotto la guida di un Governo vigoroso e lungiveggente sta rimettendo in pieno valore gli ideali di ogni schiatta sana e forte con l'accordo felice della legge morale e della legge civile.
Troviamo anche nella Scuola Universitaria tale accordo dando allo spirito goliardico il suo posto, ma anche e sopra tutto il suo sano contenuto; che deve significare coscienza del proprio vigore, gioia dignitosa e nobile di possederlo, dovere di adoperarlo ed accrescerlo agli alti scopi della vita civile, agli altissimi della vita spirituale.
L'altissimo dono.
Cortesi ascoltatori, oggi (Ascensione) Cristo Redentore è salito al Cielo, rinnovando ai suoi discepoli, prima di lasciarli, una grande promessa, che il brano degli Atti degli Apostoli, inserito nella Liturgia di questo giorno solenne, registra: La promessa del dono dello Spirito, che in sua assenza li avrebbe sorretti e guidati.
Domandiamo per noi educatori sotto il Patrocinio del Venerabile questo altissimo dono, nel quale deve fidare l'uomo di sana volontà, quando le sue forze sono state tutte impiegate per vincere la prova e l'ausilio potente gli occorre.
Nè ci renda esitanti nella ardita domanda la piccola portata della nostra attività limitata, poichè se modesta è l'azione, grande è lo scopo al quale è diretta; la formazione della mente e del cuore dei giovani, per dare uomini integri alla società futura.
(1) È il magnifico discorso che l'Ing. Mario Panetti, Professore Ordinario di Meccanica applicata alle Macchine e di Costruzioni aeronautiche nel R. Politecnico di Torino, ha pronunciato il 26 maggio presso alla tomba del Venerabile Don Bosco, in occasione dell'adunata degli insegnanti dell'Unione Don Bosco. Mentre ringraziamo l'illustre scienziato d'averci favorito il prezioso documento manoscritto che riproduciamo nella sua integrità, invitiamo i nostri lettori, specialmente gl'insegnanti e gli educatori, a leggere e a meditare le mirabili pagine, che il grande ammiratore di Don Bosco e profondo studioso del suo metodo educativo ci ha regalate.
GIUSEPPE DOGLIANI. - Metodo teorico pratico di canto corale diviso in tre parti con appendice sul canto gregoriano, ad uso delle Scholae Cantorum, delle Scuole Magistrali ed Elementari e degli Istituti d'educazione maschili e femminili. Prezzo L. 15 in Torino, e L. 15,75 nel Regno. Società Editrice Internazionale, Corso Regina Margherita, 174, Torino (1o9).
L'entusiastica accoglienza che venne fatta a questo libro dalla stampa e dai più celebri maestri fin dalla prima edizione, ci dispensa dal rilevarne nuovamente i suoi pregi. Ci compiaciamo quindi col chiarissimo Autore di questa splendida 5a edizione nella quale, per le Scuole Magistrali si ammira pure, fra l'altro, l'ordine e la chiarezza della nuova materia aggiunta secondo i vigenti programmi ministeriali; motivo per cui tornerà agevole agli alunni, confrontando i programmi ivi inseriti, con l'indice, ripartirsi la materia progressivamente per i varii corsi.
Nè è da tacersi il pregio constatato dall'Appendice sul canto gregoriano; come pure la preziosa insistenza sull'educazione della voce, massime per le Scholae Cantorum. Anche per coloro che si dedicano soltanto ad uno strumento, la teoria e la parte pratica della lettura misurata o divisione di questo libro può benissimo servire come grammatica musicale.
Manuale dei Cooperatori Salesiani.
Raccomandiamo vivamente a tutti i Cooperatori e a tutte le Cooperatrici delle Opere Salesiane l'opportunissimo Manuale dei Cooperatori Salesiani, compilato espressamente per loro dal compianto Mons. PASQUALE MORGANTI, Arcivescovo di Ravenna.
Il volume di 400 pagine legato in tela ai Cooperatori sarà inviato franco d'ogni spesa per sole lire cinque. Si può chiedere direttamente alla Società Editrice Internazionale, Corso Regina Margherita, 174, Torino (109).
Domenica, 17 luglio, alle Cascine nuove di Cumiana, con solenne cerimonia, alla quale assistette una massa imponente di popolo, è stata scoperta e benedetta una statua della Vergine Ausiliatrice, collocata in alto sul coronamento d'un grandioso edifizio, che sta per essere ultimato e che sarà la sede di una Scuola agricola missionaria. Tale scuola ha lo scopo di educare e formare missionari agricoltori salesiani, ossia giovani agricoltori, i quali, dopo avere appreso tutte le arti pacifiche della vita, potranno accompagnare il sacerdote missionario ed essergli di aiuto efficace nell'opera del suo apostolato.
Con la fondazione della Scuola agricola missionaria di Cumiana resta completato il programma per la formazione del missionario salesiano sacerdote, artigiano, agricoltore, poichè gli aspiranti al sacerdozio possono essere accolti per i loro studi in uno dei tre fiorenti istituti missionari di IVREA, PENANGO MONFERRATO, FOGLIZZO CANAVESE; gli artigiani, che vogliono essere un giorno capi d'arte fra i giovinetti indigeni, troveranno comodità di formarsi nella scuola professionale di Foglizzo, e finalmente i futuri missionari agricoltori troveranno la loro casa a Cumiana.
La cerimonia di domenica assumeva per questo un alto significato, perciò richiamò molta gente e da Torino e da Pinerolo e da Cumiana come da tanti altri piccoli centri, che accorse ad assistervi come a una festa.
Erano presenti alla cerimonia, fra un larghissimo stuolo di personalità, il Rettor Maggiore Don Rinaldi con parecchi membri del Consiglio Superiore; una notevole rappresentanza d'Ispettori salesiani d'Italia e dell'estero e altri molti sacerdoti. Tra le personalità figuravano: S. E. il Sen. Paolo Boselli col figlio Commendator Silvio e le figlie, S. E. Mons. Bortolomasi, Vescovo di Pinerolo, S. E. il Sen. Facta, il Conte Sen. Rebaudengo, Mons. Edoardo Bottolo, il Vicario foraneo di Piossasco, l'Arciprete di Cumiana e tutte le autorità.
Prestava servizio d'onore la banda dell'Oratorio Salesiano di Torino diretta dal M° Cavalier Dogliani.
Dopo un vibrante saluto rivolto alle autorità da un alunno delle Scuole professionali salesiane, il Sen. Conte Rebaudengo lesse un discorso nobilissimo, accompagnando le sue parole elettissime col cuore, con tutta l'anima.
Riproduciamo alcuni dei punti più salienti del prezioso documento.
Da tempo l'organizzazione salesiana è dotata di istituti particolarmente attrezzati per la preparazione di sacerdoti e suore atti all'ardua, faticosa funzione missionaria. Purtroppo invece mancava finora l'istituto destinato a formare, ai fini delle missioni, buoni capi agricoltori con cognizioni agronomiche larghe e precise applicabili con giusto discernimento in conformità delle speciali esigenze e condizioni sia di terreno, sia di clima, sia di mercato, delle singole missioni. Non è a chi sfugga il danno di una siffatta incresciosa lacuna, che priva i capi delle missioni di preziosi ausiliari, indicatissimi a facilitare l'approvvigionamento delle missioni e quel che più monta, la loro penetrazione tra le popolazioni indigene, vo' dire a dare valido contributo per la loro espansione, la loro efficacia, la loro stabilità. E meno che ad ogni altro poteva tale danno sfuggire all'occhio vigile del Sig. Don Rinaldi, degnissimo Successore di Don Bosco, continuatore del suo zelo, della sua pietà e della sua carità. Egli ardeva dal desiderio di colmare la lamentata lacuna: giunse in questo suo stato d'animo il legato, quanto mai opportuno, delle munifiche sorelle Flandinet all'Istituto delle Missioni, che da me presieduto per benignità di Don Rinaldi, or non è molto, dal Governo Nazionale, restauratore dei valori religiosi e morali, ottenne l'erezione in ente morale. L'Istituto, conscio dei bisogni delle Missioni salesiane, nonchè delle paterne aspirazioni dell'ottimo Rettor Maggiore, ritenne che miglior modo per esso di corrispondere alla sua ragion d'essere e d'interpretare le umanitarie intenzioni delle buone sorelle Flandinet fosse di affidare le «Cascine Nuove», oggetto del legato, al Signor Don Rinaldi, onde qui, per sua cura, avesse sede l'Istituto destinato ad essere, servendosi dei terreni annessi, stati riconosciuti idonei allo scopo, la tanto attesa ed auspicata Scuola Agricola Missionaria.
E Don Rinaldi, lieto che così una nuova gemma si aggiungesse alle molte, che costituiscono il prezioso mosaico dell'Opera Salesiana, accettò con vera sodisfazione l'offerta; e tosto come per incanto sorse l'edificio volto ad accogliere l'Istituto, che fin da quest'autunno comincierà a funzionare.
Fortunata Cumiana che, grazie in primo luogo alla carità lungimirante di due esimie e pie sue concittadine, vede aprirsi sul suo territorio una scuola, che, quale faro luminoso diffonderà tutto all'intorno torrenti di luce ad illuminare i suoi agricoltori sulle migliori pratiche da seguirsi per la cultura più redditizia dei campi, mentre sarà pel bene di tutti i suoi cittadini ardente focolare di preghiere.
E fortunati i giovani che, mossi da santa vocazione, qui converranno. Mentre la loro fede in Dio qui si sarà ribadita, essi apprenderanno coi precetti della moderna agronomia l'applicazione delle scienze al provvedimenti agricoli e quindi tradurranno in pratica le nozioni teoriche man mano che andranno ricevendo e si eserciteranno manualmente nelle varie operazioni culturali. Così gli insegnamenti avuti si imprimeranno indelebilmente nelle loro menti, e quando si troveranno nelle sedi delle rispettive missioni possederanno in alto grado quello spirito pratico, che li guiderà ad applicare colla voluta precisione e senza perniciose esitanze, ed a insegnare agli altri, le norme della teoria, piegandole, ove d'uopo, con opportuno adattamento alle diverse circostanze ambientali.
Siamo qui in terra salesiana. Orbene in qualsivoglia punto del globo siavi traccia della Società, che dal soave Vescovo di Ginevra trae titolo, ivi lo spirito del Venerabile Fondatore è sempre presente e potentemente vibra, spronando all'azione, incuorando al bene. E così lo Spirito di Don Bosco aleggia ora qui framezzo a noi e si allieta di questo nuovo delizioso frutto dei suoi insegnamenti, di questa nuova promettente propaggine attestante che i suoi figli non riposano sugli allori, non sostano nel propagare e perfezionare l' opera sua, e non gli riesce neppure discaro ch'essi non siano indotti da soverchia prudenza a discostarsi dai suoi metodi amministrativi.
Poichè Don Bosco - e anche in ciò deve riconoscersi una delle tante prove eloquenti ch'egli era stato da Dio dotato di una tempra d'apostolo -Don Bosco, insuperabile nell'arte di raccogliere offerte, molto spesso, quando la sua mente e il suo cuore, sempre in ebollizione, gli ispiravano iniziative, la cui attuazione parevagli urgente, non si ristava dal prevenire le offerte, accendendo, oserei dire, quasi temerariamente debiti, e traendo con assoluta fiducia, alimentata dalla preghiera, cambiali sulla Provvidenza, la cui divina bontà al postutto, rivelantesi spesso in sogni singolari, egli aveva coscienza di strettamente seguire.
Anche in ciò i figli suoi si dimostrano suoi fedeli imitatori! Chi miglior conoscitore dei Salesiani delle sante industrie per avere offerte a scopi benefici? E chi più facile nel trovare credito, che concesso ai Salesiani si sa ottimamente riposto, e all'occorrenza avallanti, che sono certi di trovare nell'al di là ampio e duraturo compenso al rischio da essi incontrato?
Nè tutto ciò sia argomento di critica, sia pur benevola, per parte di Voi, Eccellenza, amico carissimo e discepolo prediletto di Quintino Sella, che era ostile ai debiti, propugnatore invece del risparmio per la cui raccolta più agevole creò le Casse Postali, e fautore di severe economie. I Salesiani, ignari di economia politica e ansiosi di dilatare il regno di Cristo in terra, d'istinto conoscono ed applicano bene le leggi sul consumo delle ricchezze: quanto al risparmio, lo apprezzano e lo lodano, ma per esso fanno assegnamento sui loro amici, i quali, affidando poi ad essi il prodotto delle loro economie, sanno di eleggerne a dispensatori Ministri della più illuminata e provvida carità.
E così anche questa costruzione si compie con somma mutuata posta a disposizione dei Salesiani dalla Cassa di Risparmio di Torino, che, istituita per favorire essenzialmente le classi umili, non ignora come sovvenendo i Salesiani porge indiretto ma indefettibile ed efficacissimo aiuto al popolo, assetato di istruzione per le menti e di educazione per i cuori, ma soprattutto bisognoso di essere illuminato sui fondamenti antichi ed immutabili della vera civiltà, che sono i principi e le pratiche cristiane. E il debito, per quanto cospicuo, sarà alle rate stabilite regolarmente e integralmente estinto.
Don Bosco intercederà presso l'Ausiliatrice e questa otterrà dal suo Divin Figlio sante ipirazioni. E si faranno intendere imperiose le vocazioni missionarie nei cuori dei giovani campagnuoli, che fin dal prossimo autunno qui accorreranno numerosi a vivificare quest'ampia casa, per essi costrutta: e pioveranno le offerte dei generosi a fornire ai Salesiani i mezzi materiali necessari alla salutare impresa.
Dopo il discorso del Sen. Rebaudengo, salutato da generali e ripetuti applausi, la signorina Maria Boselli s'avvicinò all'edifizio e, secondo il predisposto, scoprì fra la viva commozione dei presenti la statua dell'Ausiliatrice, che fu subito dopo benedetta secondo il rito, da S. E. Mons. Bortolomasi.
Quindi prese la parola S. E. l'On. Paolo Boselli. Il venerando vegliardo novantenne, dalla mente lucidissima e dalla memoria gagliarda, con voce chiara e improntata a freschezza giovanile così parlò:
Quest'è ora di alta, incantevole, commovente poesia. La incorona quest'ora con raggi di cielo Colei che in cielo Regina, è segno sulla nostra terra d'ogni divina letizia. E la incorona dall'alto di codesta Casa, così ben pensata e disegnata e sorta, quasi prodigio, in men di tre mesi, per zelo di abili costruttori e per sollecito lavoro di artefici capaci.
Quale sia l'ispirazione religiosa e la missione di civiltà che qui oggi si esalta lo dimostrò mirabilmente il Conte Eugenio Rebaudengo, Presidente, auspice, patrono dell'Opera Missionaria Salesiana, con quella sua fede che ogni giorno si trasfonde in benefiche opere, con quella sua eloquenza gagliarda e perspicua, che in altre assemblee attrae e vince e testè elevò il nostro pensiero, testè penetrò, profondamente, negli animi nostri.
Onde al suo dire tutta questa foltissima adunanza si strinse in una unanime idea, ch'è gratitudine e vaticinio: tutti sentirono un medesimo palpito e gli uomini avvezzi alle cure cittadine e all'esercizio degli studi e coloro la cui vita è dedicata al santo lavoro dei campi, santo lavoro, nel quale la rude fatica genera la gloria feconda, nel quale è la conversazione del creato col Creatore.
Il Senatore Rebaudengo va segnalato per un merito ch'è raro assai. Egli è un predicatore che opera. Quando egli diceva quanto sia il merito di chi coopera allo sviluppo dell'Opera Salesiana, egli, senza volerlo, parlava di se stesso, poichè, s'egli è forte oratore, è insieme benefattore illuminato, animatore e generoso. Un solo difetto ebbe l'odierno suo discorso così efficace per le idee, così ricco di fatti esposti con tanta chiarezza e tanto ragionatamente: un solo difetto: egli fu troppo benevolo verso di me. Parlò la di lui amicizia tradizionale e personale. So di non essere di gran lunga pari alle segnalazioni della sua cortesia. Ma poichè la sua fu parola d'affetto, affettuosamente lo ringrazio ed auguro alle buone istituzioni e alla vita del paese nostro cittadini come lui.
A voi, Don Rinaldi, tutte le anime nostre si rivolgono a Voi, messaggero supremo delle ispirazioni di Don Bosco, custode della sua arca santa, moltiplicatore quotidiano dei talenti che il Signore diede a Don Bosco e che ogni giorno fruttificano nelle opere dei figli suoi.
Vi circondano qui Consoci vostri valorosi e pii e giovani educati al bene, solleciti alle abilità del lavoro. Noi salutiamo i Vostri Consoci nel merito delle opere loro: noi salutiamo i vostri giovani nelle speranze e nelle promesse.
E idealmente io qui ravviso e saluto tutti i vostri Consoci che nel nome e alla fede di Don Bosco credono, pregano, operano e soffrono e sentono la voce che non tace mai, seguono la fiamma che mai si spegne: voce e fiamma del Santo Fondatore e Maestro, sempre vivente.
Idealmente qui scorgo le Figlie di Maria Ausiliatrice, le Sorelle dalle angeliche vocazioni, la cui favella aleggia educatrice e consolatrice in tanti istituti presso tutte le genti: e chi sa quante figlie oranti a Maria Ausiliatrice compiono, mentre io parlo, meraviglie di carità in barbare terre fra atroci pericoli e incomparabili sacrifici.
Sorride agli occhi, illumina la mente questa larga distesa di paese che Iddio creò bella e fertile e i popoli resero prospera col lavoro gagliardo e tenace e insigne col loro valore e col loro sangue a schermo del Piemonte, per il fatidico Risorgimento italiano.
Ma io seguo, immaginando, l'amico Rebaudengo dove egli ci trasportò al cominciare del suo discorso. Io ritrovo Don Bosco ai Becchi fanciullo campognuolo e mi sembra ch'egli additi questa casa come il castello della sua prediletta nobiltà: la nobiltà dei campi, del lavoro, delle conquiste cristiane.
Nell'Opera di Don Bosco tutto respira l'aria aperta e sana della campagna: la giocondità della fatica, l'allegria onestamente vivace dopo il lavoro; il canto che idealizza, gli esercizi che invigoriscono lo scherzo ingenuo che affratella.
In Lui, ch'io ebbi la fortuna di conoscere personalmente, prevalevano il gesto, il genio, l'arguzia, la spontaneità della campagna.
Per verità questa festa è supremamente salesiana, secondo il pensiero e il cuore di Don Bosco.
Il Conte Rebaudengo ricordò, introdusse fra noi la figura ritta e vigorosa di Giovanni Cagliero.
Egli pure era figlio della campagna, il piccolo pronto profetato seguace di Don Bosco, l'arbitro delle geniali armonie, l'ardito, ardente, vittorioso apostolo delle barbariche contrade, l'eminentissimo Principe della Chiesa: e come egli rammentava volentieri di essere figlio della campagna, nei suoi vibranti discorsi!
Al riscatto adunque spirituale delle genti separate oggi ancora dalla luce della verità, andrà unita la redenzione produttrice delle loro terre: e le missioni religiose ne riceveranno novella forza, novella virtù di pratica azione e di popolare influenza.
Ciò procederà con larga, sicura efficacia dalla istruzione agraria qui saggiamente voluta e ordinata da Don Rinaldi per la generosità delle benefattrici Flandinet.
Le vostre missioni sono già meravigliose e gloriose, sante, dotte, intrepide, iniziatrici, invitte.
L'ora è propizia per le maggiori conquiste dell'Evangelio e della civiltà.
Ne è segnacolo la bandiera dell'Italia, per volere di Dio e concordia della Nazione, una e vittoriosa: n'è segnacolo nel nome del Re, onde si avvalorano tutte le vite dell'Italia risorta e risorgente; e per l'impulso magnifico del Duce che insegna ai Fascio Littorio tutte le fortune dell'avvenire italiano.
Si effettueranno le promesse di questa memorabile solennità.
Il mio pensiero corre alla visione di tempi che non saranno lontani. Già lo scorgo l'opera rinnovatrice compiuta dagli allievi che muoveranno da questo Istituto a quelle remote, ardue, inospitali contrade dove si protendono i miracoli delle cattoliche missioni.
Già veggo il Sacerdote Salesiano percorrere col rito benedicente quelle terre che le esperte cure salesiane avranno emendate o trasformate.
Veggo attorno a lui i validi cooperatori e al seguito suo una gente varia di colore, d'atteggiamenti, di foggie, che inneggia a Dio e s'allieta per i maggiori doni della terra resa più generosa.
Come nelle nostre campagne, al tornar della primavera, anche in quelle campagne lontane, in quelle terre risorte, risuona il grido: Cristo vive, Cristo regna, Cristo impera.
È il grido, o Signori, preconizzato ed innalzarsi in tutto il mondo, secondo le preghiere di Don Bosco, la fede del popolo italiano, i trionfi dell'immortale civiltà cristiana.
Al Sen. Boselli, vivamente applaudito e complimentato, seguì il sig. Don Rinaldi, il quale disse come la presentazione della Casa Agricola Missionaria non poteva avere maggior fortuna sia per i nobilissimi discorsi pronunciati, come per le persone che si degnarono di presenziare alla manifestazione salesiana. Espresse il suo più vivo ringraziamento a tutti, dalle benemerite signorine Flandinet ai numerosi ammiratori, e concluse così: « Questa casa era una necessità. Essa intende di provvedere a tutte le 28 opere salesiane missionarie il personale che deve sempre rimanere al fianco del sacerdote missionario... Maria Ausiliatrice benedica e ricompensi tutti i nostri benefattori!».
Mons. Bortolomasi, a chiusa della cerimonia, impartì la pastorale benedizione, affermando che per la prima volta egli aveva lanciato la benedizione verso l'alto ad una statua di Maria Ausiliatrice, anzichè ad una pietra fondamentale, come sempre fece per il passato, aggiungendo che
Maria Ausiliatrice è la vera pietra fondamentale delle Opere Salesiane».
L'Ausiliatrice sarà dunque la vigile sentinella di Cumiana, la Protettrice e la Madre dei prediletti suoi figli missionari, che a Cumiana si preparano per predicare un giorno nelle più remote contrade il suo nome e le sue glorie.
consigliata dal Ven. Don Bosco per ottenere grazie e favori da Maria SS. Ausiliatrice.
1) Recitare per nove giorni: Tre Pater, Ave, Gloria al SS. Sacramento con la giaculatoria: Sia lodato e ringraziato ogni momento il Santissimo e Divinissimo Sacramento; tre Salve Regina a Maria SS. Ausiliatrice con la giaculatoria: Maria, Auxilium Christianorum, ora pro nobis.
2) Accostarsi ai SS. Sacramenti.
3) Fare un'offerta secondo le proprie forze per le Opere Salesiane.
4) Aver molta fede in Gesù Sacramentato e in Maria SS. Ausiliatrice.
PREGHIERA DI S. BERNARDO.
Ricordatevi, o piissima Vergine Maria, non essersi mai udito che sia stato abbandonato chi ha ricorso a Voi, implorato il vostro aiuto, chiesto il vostro soccorso. Io, animato da tale confidenza, o Madre Vergine delle Vergini, a Voi ricorro, a Voi vengo, innanzi a Voi, peccatore contrito, mi prostro; non vogliate, o Madre del Verbo, sdegnare le mie preghiere, ma ascoltatemi propizia ed esauditemi. Così sia.
Maria, Auxilium Christianorum, ora pro nobis.
Decurioni Salesiani a congresso.
Nei mesi di giugno e luglio i Decurioni dei Cooperatori Salesiani delle due Ispettorie Piemontesi si sono riuniti a convegno nei vari centri designati dallo zelante organizzatore e relatore salesiano Don Fasulo, dando luogo a confortanti manifestazioni di schietta salesianità, cementando sempre più le volontà in comuni propositi di fattiva cooperazione per aiutare, sostenere ed estendere le Opere del Ven. D. Bosco.
Il Superiore Generele Don Rinaldi, lieto e riconoscente per tanto fervore addimostrato da coloro ch'egli considera i suoi migliori amici e benefattori, ha manifestato a voce e per iscritto, partecipando di presenza, quando potè, alle riunioni, mandando sempre la sua paterna adesione, il suo pieno compiacimento, e qui ripete a tutti la parola fervida del suo ringraziamento, a nome di Don Bosco, nel cui nome avvengono le riunioni e si fanno le pratiche conclusioni.
Le città di Torino, Fossano, Pinerolo, Novara, Alessandria, Asti, Nizza, Casale,
Vercelli, scelte come sede di convegno, hanno richiamato a congresso i rappresentanti di tutte le diocesi piemontesi, i quali su l'esempio dei loro benamati Vescovi numerosi e volonterosi risposero all'appello.
Le brillanti relazioni e animate conversazioni sui vari temi fissati negli ordini del giorno, hanno portato davanti agli uditori quadri vivi e reali di quello che si è fatto e che si vorrebbe fare soprattutto per le Missioni e le vocazioni. Il lavoro compiuto a favore delle Missioni sembra già molto ad alcuni; ma purtroppo, se diamo uno sguardo alle cifre o alle zone tracciate da una carta missionaria, vediamo quale immenso campo esiste su cui non splende ancora la luce del Vangelo.
E per le vocazioni? Paziente, costante, intelligente e amorevole deve essere il lavoro di tutti per cercare e coltivare nuove vocazioni sacerdotali, religiose e missionarie nelle famiglie, nelle scuole, negli istituti educativi, nei circoli e in tutte le istituzioni giovanili; per facilitare agli aspiranti e alle aspiranti allo stato religioso e alle missioni la via per il conseguimento di tale ideale, indirizzandoli ad opportuni istituti. Sono indicati fra gli altri, gli istituti missionari salesiani di Ivrea, Foglizzo, Penango e Cumiana, quest'ultimo inaugurato quest'anno e destinato agli allievi missionari agricoltori.
Si accenna alla consolante fioritura di vocazioni missionarie, mai verificatasi come in questi ultimi anni; si fa però presente che, affinchè si possano raccogliere gli sperati frutti, necessita la più grande cooperazione non solo morale ma anche finanziaria.
Se questa cooperazione non mancherà, anzi sarà intensificata, si potrà dire che i Convegni salesiani, così ben riusciti, hanno dato frutti d'un prezzo inestimabile.
Comitato centrale Patronesse Opere Don Bosco - Torino.
Adunanza generale.
Ebbe luogo il 23 giugno, in occasione della festa onomastica del Veneratissimo Don Rinaldi, al quale furono presentati come omaggio numerosi arredi sacri confezionati durante l'anno nel Laboratorio « Pro Missioni » mercè le offerte delle signore Patronesse.
La segretaria, Contessina Maria Teresa Camerana, rivolse riverenti parole di augurio al Sig. Don Rinaldi a nome del Comitato, facendo voto che sempre sia maggiore la cooperazione delle Signore Patronesse per le Missioni.
Ricordò con mesto pensiero S. A. I. R. la Principessa Laetitia di Savoia Napoleone, presidente onoraria del Comitato, aggiungendo che le Dame Torinesi profondamente fedeli alla Casa di Savoia, si compiacciono che la nostra Augusta Regina si sia degnata di accettare l'alto Patronato del Comitato Centrale. Essendo presente la Patronessa Marchesa Lavinia Scati Grimaldi Cattaneo Adorno, Dama di Palazzo di Sua Maestà la Regina, le fu rivolta la preghiera di essere interprete presso l'Augusta Signora dei sentimenti di devozione e di riconoscenza delle Patronesse di Torino.
È ancora ricordata con particolare rimpianto la defunta Contessa Edmea di Robilant Clary, Presidente del Comitato fin dall'inizio. La veneranda signora aveva una speciale predilezione per le Opere di Don Bosco; era una Dama d'antico stampo, madre esemplare, che sapeva conciliare la dignità della donna cristiana con le esigenze della vita nel mondo e farsi tutta a tutti nell'esercizio di quella bontà e carità ch'è il distintivo della vera e più grande nobiltà.
Un altro mesto ricordo fu per la Baronessa Eleonora Manno di Vonzo, Vice Presidente del Comitato, la quale consacrò tutta la sua vita a Dio, alla famiglia, alle opere buone. Il Signor D. Rinaldi rispose con paterne parole di ringraziamento alle Signore intervenute, rilevando quanto le Missioni abbiano bisogno d'aiuti per il loro consolidamento e per la loro espansione sempre crescente. Si disse lieto che l'adunanza delle Dame Patronesse e l'Esposizione dei Sacri Arredi siansi tenute nella Sala che fu un giorno la prima cappella dell'Oratorio, quando il Ven. Don Bosco iniziò l'opera sua, e che ritornerà cappella per conservare tante care e venerate memorie.
Promise di ricambiare con speciale preghiera non solo gli auguri ma specialmente la benevolenza così efficace delle Dame Patronesse verso le Opere Salesiane.
L'Esposizione dei lavori preparati dalle Signore del Comitato di Torino comprendeva: 3o pianete di vario colore, veli omerali, stole, 2 paramentali completi, parecchi vasi sacri, 2 cassette-cappelle e 4 altarini portatili, due dei quali offerti dal Comitato di Catania e dalle Zelatrici di Modica.
All'Esposizione fu molto ammirata una pianeta con velo omerale ornata di applicazioni d'argento tolte da un ricco vestito della compianta Principessa Laetitia.
Figurava pure alla mostra un reparto speciale di Pinerolo con una cassetta-cappella e vari sacri indumenti di cui va il merito e la lode alla zelante e benemerita Presidente delle Zelatrici pinerolesi, Signora Maria Fava, che, non badando a difficoltà, lavora in modo esemplare per venire in aiuto alle Missioni Salesiane.
Iddio misericordioso ci dà nella vita le rose miste alle spine; ma confortiamoci: quanto più pungenti sono le spine della nostra esistenza, ed altrettanto più belle ed odorose saranno le rose della nostra corona nell'eternità.
Consolazioni.
La Kafubu-Elisabethville, 17-II-1927. Amatissimo Signor D. Rinaldi,
Sono certo che questa mia sarà di dolce conforto al suo cuore, poichè le dirà i consolanti risultati di quattro anni di fatiche de' suoi figliuoli del Katanga.
Il suolo duro, spinoso e deserto, lavorato con fede ed ardore, non ci ha negato i suoi frutti: frutti abbondanti e pieni di promesse. Proprio nei giorni vicini alla festa del nostro glorioso Patrono e Protettore S. Francesco di Sales, abbiamo conquistati 227 nuovi cristiani, quasi tutti della regione che confina - in Africa confinare si dice anche di 5o km, di distanza - con la nostra residenza di La Kafubu, dove abbiamo il nostro piccolo seminario e la nostra scuola agricola. Ecco i fatti.
I catecumeni alla Missione. - Loro preparazione al Battesimo. - "Sono un figliuolo del Buon Dio
Fin dal principio di gennaio abbiamo riunito a La Kafubu i nostri catecumeni veramente maturi per il Battesimo. Ce n'erano di parecchi villaggi, anche assai lontani. Che curioso spettacolo vederli arrivare alla missione in gruppi da 3o a 40, uomini e donne, portandosi dietro non solamente i loro marmocchi, ma anche gli utensili di cucina, e, i più ricchi, il loro letto catanghese consistente in una più o meno rozza stuoia intrecciata! Dovevano rimanere quattro settimane alla missione e quindi pensare a prepararsi essi stessi da mangiare e da dormire. Noi eravamo in grado di concedere loro il tetto per l'abitazione, la legna per la cucina e qualche altra cosa da buttare in pentola; il resto dovevano portarselo con sè o provvederselo sul posto.
Le quattro settimane di soggiorno a La Kafubu furono d'un caldo soffocante. Il Padre Spillinger ne fece delle prediche! Due istruzioni al giorno, d'un'ora e mezza ciascuna, per ripassare la dottrina cristiana. Tra un'istruzione e l'altra il lavoro non cessava; ripetizione delle cerimonie del Battesimo, lezione per insegnare a confessarsi, esortazione a non aver timore del confessionale, prove del modo di presentarsi a ricevere la santa Comunione, spiegazione delle principali cerimonie della Messa e altro ancora. Tutte queste cose erano loro già state dette e ripetute durante il corso dei loro quattro anni d'istruzione, ma era necessario assicurarsi, se avevano ritenuto almeno l'essenziale.
Settimane di preparazione o meglio di ritiro spirituale, che non mancano mai di dare consolanti frutti. Non è raro il caso che la grazia operi lì per lì, durante la predicazione, i suoi sorprendenti effetti sul cuore dell'uno o dell'altro di questi bravi Congolesi. E allora si presentano e dichiarano senz'altro. - Oltre la moglie che tengo presentemente, ne ho avuto un'altra prima.
Si fa una rapida inchiesta:
- E l'altra dove è ora?
- Non lo so.
- Perchè l'hai abbandonata?
- Non sono io; è lei che non mi voleva più.
- Sarà così, perchè tu bevevi troppo... la battevi...
- No, no; sono sempre stato buono con lei. ..
Si continua a indagare. Ma come è difficile che la verità si faccia strada fra certi garbugli di storie mai più udite!
Ad ogni modo siamo arrivati alla vigilia del gran giorno molto ben preparati, avendo potuto togliere tutti gli ostacoli di una certa importanza.
Il buon successo di questa lunga preparazione, io l'attribuisco in parte alla morte innocente di uno dei nostri più cari piccoli catecumeni.
Morsicato da un serpente velenoso, purtroppo il soccorso era arrivato troppo tardi. Sentendosi perduto, pregò il catechista per chè gli conferisse il Battesimo, e, sul letto della sua agonia, in preda a una febbre cocente, mentre sentivasi sfuggire la vita, diceva a' suoi amici: « Dite al Padre che sono morto figlio del buon Dio... Direte a tutti quelli del villaggio che non voglio che si suoni il tam-tam o che si balli dopo la mia morte. Vado al cielo: sono figliuolo del buon Dio! ». E così il caro moretto, felice e sorridente, s'addormentò nella pace del Signore.
Oh! è certo la preghiera di questo piccolo innocente che lassù ha ottenuto da Dio per i suoi fratelli tutte le grazie di conversione, di purificazione, di buoni propositi per l'avvenire di cui noi siamo stati testimoni e attori.
Il Battesimo. - La prima Comunione dei nuovi cristiani. - La solenne rinnovazione dei voti battesimali. - La Cresima.
Nei giorni 27, 28 e 29 gennaio si svolsero le solenni cerimonie tanto attese. Il 27, vi fu il Battesimo degli uomini e dei giovani; il 28 quello delle donne e delle fanciulle; il 29, a sera, per mano del Padre Génicot, quello dei bambini - 37 - sulle braccia delle loro mamme.
Se avesse visto, Sig. Don Rinaldi, la gioia di quei visi, aperti come fiori appena sbocciati alle gioie del Cristianesimo! La grazia del Battesimo rivestiva per quei cuori così semplici un qualche cosa di toccante: dietro ai loro occhi si leggeva la felicità che inondava le loro anime.
Il 29 fu una giornata di profonde emozioni: 185 cristiani novelli si accostarono per la prima volta alla S. Comunione. Vedendoli avanzare verso la Sacra Mensa, passo passo, raccolti, devoti, tutti assorti nel pensiero dell'Ospite Divino che andavano a ricevere, la nostra commozione era sì forte che a stento riuscivamo a frenare le lagrime. Il nostro cuore in quei deliziosi momenti era turbato da un solo pensiero di rimpianto e di tristezza: « Ah! perchè non siamo tre, quattro volte più numerosi? In pochi anni guadagneremmo a Cristo tutta la provincia! Fonderemmo una bella chiesa cristiana nel sud di questo esteso Katanga! ».
Dopo la funzione si fece un abbondante distribuzione di farina, di pesce conservato, di carne, di birra indigena, di sigarette, di tabacco, di cui se ne parlerà chi sa per quanto tempo ancora nelle loro povere capanne.
Alla sera di questo stesso giorno vi fu la rinnovazione delle promesse del Battesimo, del Battesimo appena ricevuto! Raggruppati attorno alla statua di Maria Ausiliatrice, i nostri nuovi cristiani chiamavano il cielo e la terra a testimoni della loro volon†à di servire Iddio secondo la sua legge. Spettacolo semplice, ma pure tanto commovente!
In mezzo di loro ecco si alza il capo Kambikila, battezzato il giorno prima. Si avvicina all'entrata del coro, dove, sopra di un cuscino di seta, il libro degli Evangeli aperto attende il suo giuramento. Alla loro volta tutti i nostri cristiani si alzano. Kambikila stende la mano sul libro santo e gli altri 184 battezzati levano dietro di lui le loro braccia, unendo il loro gesto al suo; e, nel più profondo silenzio dell'assemblea, si ode il capo katanghese pronunciare, a nome di tutti, il suo solenne giuramento: « Noi giuriamo di restare fedeli alla nostra fede! ».
Queste scene non si possono descrivere come si vorrebbe. Bisogna vederle, qui al Congo, contemplarle nella loro affascinante semplicità. Creda, amatissimo Padre, allora si resta compensati di tutte le fatiche che si è potuto sopportare per condurre questi cari neri all'ovile del Buon Pastore.
Il 6 febbraio, dopo una breve settimana passata nei loro diversi villaggi, sono ritornati come al solito carichi dei loro bagagli e della loro batteria di cucina, per ricevere la Cresima.
Non li riconoscevamo più appena arrivarono: per farci onore avevano indossato le belle camicie, i bei calzoni, i bei vestiti insomma che avevamo loro regalato prima che partissero, a nome di tutte le nostre benefattrici d'Europa. E come godevano nel far mostra di tutte quelle meraviglie, girando per la missione! Oh, come avrei voluto vedere qui, a contemplarli, tante anime generose che avevano preparato e inviato quei vestiti ai nostri poveri neri! La sodisfazione che avrebbero provata sarebbe stata tale che m'avrebbe certamente assicurato le mie... provviste future.
Ad ogni modo le nostre buone benefattrici facciano come se fossero state presenti alla festa e pensino ai nostri prossimi battesimi, che non tarderanno molto.
Dopo qualche giorno di riposo il Padre Spillinger ripartì in cerca di nuove pecorelle da preparare per l'ovile. Esse l'attendono da molto tempo: sarà ricevuto a braccia aperte in tutti i villaggi impazienti di vederlo. Quante volte sentirà esclamare: « Ah, finalmente, è venuto anche per noi! ».
Vede, amatissimo Padre, se la messe è matura! Sono sempre i mietitori che mancano. Quelli che lavorano con me sono ammirabili per capacità, attività e zelo, e tutti i giorni ringrazio il Signore d'avermeli messi a fianco. Io però vorrei che fossero almeno triplicati! Mi auguro che cuori generosi abbiano ad ascoltare il mio appello e vengano qui a gustare le grandi gioie che sono la ricompensa sicura di quelli che lavorano all'estensione della famiglia cristiana.
Chiedo per me e per tutti i missionari del Congo la sua paterna benedizione.
GIusEPPE SAK Pref. Apost. dell'Alto Luapuala.
Rev.mo Signor Don Rinaldi,
Sono in compagnia del carissimo Don Balzola. E robusto e forte come anni fa, quando lo incontrai a S. Gabriel.
La sua venuta fra di noi ci ha riempiti di gioia. Il primo giorno era così commosso che non riusciva a parlare. Quando al porto vide gli alunni e gli Indi riversarsi, e sentì levarsi gli evviva, non potè più dire una parola e solo mormorava, commosso e quasi piangente: - Oh, la Provvidenza, la Provvidenza!
Celebrammo con lui la festa del Sacro Cuore. Don Balzola cantò Messa. La sua voce robusta tremava per la commozione. Quell'altare, tre anni fa deserto, era ora circondato dal piccolo Clero; la Cappella stipata di ragazzi, di Indi, che si accalcavano alle porte, alle finestre. Nel discorsetto infra Missam, Don Balzola non poteva fre nare le lagrime. «Tre anni fa, come oggi, eravamo in una capanna: un angolo ristretto era la nostra Cappella; eravamo nel deserto, ed ora... vedete qui - diceva il vecchio missionario - che cosa ha fatto il Sacro Cuore di Gesù! ».
La processione fu un trionfo. Quando le scuole sfilarono cantando inni e recitando preghiere, sbucarono Indi da ogni parte, e, mentre le altre volte stavano solo come spettatori, ora non poterono più resistere allo spettacolo e sfilarono cogli altri. Alcuni erano mezzo nudi, altri trascinavano bambini, alcune mamme li portavano in collo, e non sapendo le orazioni e i canti, ne imitavano il semplice suono unendo le loro voci al coro.
Reverendissimo Padre, un'altra consolazione ho avuta in questi giorni. Ho dovuto lasciare la Missione per andare in cerca di farina di mandioca, il pane dei nostri ragazzi. La siccità aveva chiuso ogni comunicazione e noi consumammo tutta la riserva. Ma non poteva adattarmi a fare un semplice viaggio per provviste; tentai di spingermi su su verso la frontiera Colombiana, fino alle sorgenti dell'importante affluente del Waupes, il Tiquié. Furono 18 giorni di viaggio faticoso e pericoloso, essendo il fiume in piena; passai cinque giorni senza scendere dalla canoa.
Giunsi finalmente all'ultima maloca, visitata dal carissimo Padre Balzola, là dove il poveretto sofferse tanto la fame. Qui incontrai difficoltà gravissime, poichè il fiume si è ridotto ad un canale di pochi metri frastagliato da grossi alberi caduti dalle due sponde. In due giorni con piccole barche e con lavoro di falcetto e di scure potemmo giungere fino alle maloche delle tribù dei Baraj, i terribili e crudeli Barai che un giorno sparsero tanto sangue, in quelle regioni. Là non era ancora passato il Missionario. Tentai di andarci. I miei Indi non vollero accompagnarmi; ne presi perciò altri. Con piccole barche ci spingemmo avanti. Visitammo diverse maloche di una tribù già un poco conosciuta, quella dei Tujucas, che sono più o meno come i nostri Tucanos; vi battezzammo i bambini che ci presentarono, poi entrammo nella regione dei Baròs. Ci dirigemmo alla maloca principale. Era il giorno dopo il grande chachiris; la maloca appariva sporca e disordinata: penne, strumenti, lancie, oggetti di ogni sorta erano sparsi qua e là o accatastati alla rinfusa. Affacciatici alla maloca, le donne coi bambini e i ragazzi si diedero a gridare e fuggirono; gli uomini rimasero seri e taciturni ad osservarci. I miei compagni di viaggio cominciarono a fare la parte loro: mi presentarono, spiegarono il motivo della mia venuta, suscitando in tutti un senso di schietta allegria. I selvaggi cominciarono a stringere la mano; poi potei dir loro alcune parole, e ben presto si fecero amici, prendendosi anche troppo confidenza. La mia persona li interessava assai: la barba, il colletto, la veste, le scarpe, tutto osservavano attentamente, toccando e curiosando come bambini.
Io li guardava sorridendo, lasciandoli fare considerando questo come il partito migliore per attirarli a me.
Il giorno seguente la maloca era piena di Indi, grandi e piccoli. Espresso il desiderio di battezzare i bambini, me ne presentarono una ventina. Non potevo muovermi; mi opprimevano, chi voleva vedere una cosa, chi un'altra della piccola cassettina aperta e dell'altarino improvvisato nella maloca per l'amministrazione del santo Battesimo.
Il tempo passò rapidamente, ed io doveva lasciare quella maloca e quei poveretti, che al vedermi disporre le cose per andarmene si rattristarono non poco.
Il vecchio cacico con grande interesse mi chiese nel suo aspro linguaggio: - Quando verrai ancora qui?
- Presto - risposi.
Sono ben sette le maloche sparse nelle vicinanze e abitate da più di 500 Indi. Dedicai quel luogo a S. Salvatore; appesi alle grandi colonne della maloca le immagini del Sacro Cuore di Gesù e di Maria Ausiliatrice. La porta resta così aperta per poter incominciare l'evangelizzazione di tante povere anime. Lasciai quella maloca sodisfatto. Fu una rapida corsa il ritorno, cosicchè in pochi giorni mi ritrovai in mezzo ai nostri cari confratelli ed Indi.
Il Tiquié è il fiume più promettente per la nostra Missione; è un campo vergine: qui non abita un civilizzato. Sono 9 tribù che hanno inalzato le loro grandi maloche sulle sue sponde. Coll'aiuto del Missionario costruiranno un giorno le loro casette per le famiglie e lasceranno la maloca.
* *
Chiudo questa mia ancora con un ricordo di Monsignor Giordano che noi qui consideriamo e veneriamo come il nostro grande protettore.
Un giorno al Pary Cochoeiro, una delle più maestose cascate di questo fiume, egli incontrò uno stormo di Indietti, che, seduti sulle grandi pietre sparse nel fiume, osservavano curiosamente il buon Missionario il quale col suo sorriso paterno li chiamava per dir loro una buona parola, per dar loro una medaglietta. Essi per timore non si mossero. Allora Monsignore saltando come meglio poteva di sasso in sasso tentò di avvicinarli. I ragazzi si tuffarono nell'acqua e scomparvero tra i gorghi della cascata per ricomparire sugl'enormi macigni sparsi sulla sponda opposta. Monsignor Giordano, che amava tanto i fanciulli, provò una gran pena per questa fuga. Ora invece vedesse come accorrono questi cari Indietti, come s'aggrappano alla povera veste del Missionario, come non l'abbandonano un istante, e quanta tristezza dimostrano nei loro occhi alla nostra partenza!
La ringrazio di cuore dell'appello che ha fatto per la nostra povera Missione così promettente.
Ci raccomandi al Signore e ci benedica.
Dev.mo figlio
D. GIOVANNI MARCHESI Missionario Salesiano.
(Relazione di Mons. L. Mathias, Prefetto Apostolico dell'Assam).
(Giugno 1927).
Calcutta.
Il rappresentante del Superiore Generale Don Filippo Rinaldi arrivò a Bombay il 10 gennaio, con tre chierici. Dopo brevi giorni di permanenza in quella città, partiva per Calcutta, dove noi l'accogliemmo festosamente la mattina del 13 dello stesso mese. Di qui doveva incominciare la sua visita alle Opere Salesiane dell'India, raggruppate in tre importanti centri di attività.
1. Madras e Tanjore (19o6), sotto la giurisdizione del Pradroado.
2. Assam (1922).
3. Calcutta (1925), entrambi sotto la giurisdizione dell'Arcivescovo Mons. Périer della Compagnia di Gesù.
L'Opera Salesiana a Calcutta è assai promettente e abbraccia: la cura della Parrocchia-Cattedrale, la direzione di una delle migliori tipografie della città e una Procura generale per tutte le Missioni nell'India del Nord.
È in progetto l'erezione di un grande istituto scolastico-professionale. Don Ricaldone si mostrò soddisfatto e lieto nel constatare opere così promettenti e bene avviate e tanto fervore di attività per svilupparle ed estenderle sempre di più.
Madras.
Da Calcutta il nostro Visitatore partì con me per Madras, dove arrivammo la mattina del 18. Le accoglienze furono improntate a commovente cordialità. Il caro confratello Don Méderlet non potè trattenere il suo entusiasmo che manifestò con grida di gioia. All'orfanotrofio, che raccoglie fra le sue mura duecento e più giovanetti angloindiani (nel 19o6 i ricoverati erano una dozzina di poveri ragazzi), il ricevimento nella sua semplicità rivestì un'insolita grandiosità. Confratelli e giovani ineggiarono con slancio irrefrenabile a colui che veniva nel nome di Don Bosco a salutarli, a confortarli con gli auguri più belli e la paterna benedizione del Superiore Generale Don Rinaldi.
La visita fu breve, troppo breve per quei cari figliuoli di Madras che non potevano staccarsi dal grande Amico, che loro aveva detto parole così belle e così affettuose.
Don Ricaldone ebbe la consolazione di poter celebrare, prima di partire, la S. Messa sulla tomba dell'Apostolo S. Tommaso, patrono delle nostre opere in India. Lasciò Madras soddisfattissimo, con la promessa di ritornare presto a rivedere quegli orfanelli così buoni e affezionati ai loro benefattori.
Tanjore.
Il campo da 21 anno lavorato dai figli di Don Bosco (Missione, Orfanotrofio, Scuole, altre opere svariate e provvidenziali) trovò i Salesiani, i giovani e la popolazione uniti in una massa imponente per festeggiare trionfalmente, con manifestazioni, una più bella dell'altra, l'arrivo dell'Inviato di Torino.
Anche le Figlie di Maria Ausiliatrice con le loro educande vollero offrire all'Ospite gradito un trattenimento originale e improntato completamente agli usi curiosi del paese. L'Opera delle nostre Suore in Tanjore è fiorente, esse hanno un orfanotrofio con numerose interne, un laboratorio, un ambulatorio, l'opera della S. Infanzia, la scuola esterna e la visita dei villaggi. Alle Figlie di M. Ausiliatrice si unirono, da buone sorelle, le Suore Native, Congregazione fondata a Madras, per festeggiare il rappresentante del Successore di Don Bosco con un riuscitissimo spettacolo in cui tra l'altro le ragazze eseguirono con molta grazia originalissime danze. Don Ricaldone ringraziò rispondendo, con generale sorpresa, in Tamil, che è la lingua del luogo.
Gli orfani, gli studenti (8oo circa), i Cooperatori gareggiarono nel dimostrare la loro riconoscenza e venerazione al Superiore, nel quale sentivano di onorare il grande Padre e Benefattore di tutti, il Ven. Don Bosco.
Da Tanjore facemmo una corsa a un centro importantissimo, di cui si dovrà forse parlare a lungo, più tardi, spingendosi fino a Wellington, dove abbiamo una casetta di riposo per i nostri confratelli del Sud.
Ritornammo a Madras il 6 febbraio per studiare più a fondo la stabilità e i futuri sviluppi della nostra opera in quel centro, e visitare quella incipiente e molto ben avviata delle Suore di M. Ausiliatrice, in un quartiere dei più popolati, che conta già una scuola elementare municipale con 200 allievi (bambini e bambine) e un oratorio festivo assai promettente.
Visitammo la scuola: ci furono canti e graziosi complimenti ai quali Don Ricaldone rispose in un inglese impeccabile.
Il Rev.mo Sig. Vicario Generale della Diocesi di Mylapore fu di una gentilezza veramente squisita: mise a nostra disposizione la sua automobile, perchè potessimo visitare i luoghi dove, secondo la tradizione, l'Apostolo S. Tommaso visse e trovò rifugio. Il sig. Vicario fu tanto cortese che volle egli stesso accompagnarci per farci visitare alcuni luoghi interessanti per la storia del cattolicesimo in India.
Prese le necessarie deliberazioni per l'avvenire delle nostre opere del Sud-India e per un loro maggiore e libero sviluppo, ripartimmo alla volta di Calcutta. Di qui passammo nell'Assam facendo una prima tappa a Shillong.
Shillong
Arrivammo il 17 febbraio e fummo accolti nella Casa del Noviziato con entusiasmo indescrivibile.
Nei giorni seguenti vi furono funzioni solenni religiose a Our Lady's House, nella Parrocchia e a S. Antonio; riunioni e accademie con fiorite di dialoghi, canti, poesie con cui s'inneggiò a Don Bosco, centro di tutte le più belle manifestazioni, al suo Successore, al suo Rappresentante, trattenimenti e conferenze ai Cooperatori che diedero occasione al Superiore di rivolgere calde parole di paterno incitamento soprattutto al fervore e allo spirito missionario.
Si fece visita anche alle altre Comunità Religiose.
Jowai.
Il 2 marzo ci trovammo a Jowai, il centro missionario più importante dopo Shillong e più difficile per il grande numero delle sette protestanti, in rotta tra di loro, ma sempre pronte a unirsi, quando si tratti di combattere il nemico comune, la Chiesa Cattolica.
Lo zelante Don Farina, sempre sulle difese e spesso, contro sua voglia, alle prese cogli avversari, ci accolse con fraterna espansione. S'inaugurò un nuovo salone frutto di non leggeri sacrifici, che servirà da chiesa, finchè non si abbiano i mezzi per costruirne una.
Le Suore di Maria Ausiliatrice che si trovano in Jowai dal marzo 1926, incontrarono non pochi ostacoli nella loro missione e ancora presentemente debbono lottare contro lo spirito settario che non le lascia in pace. Abitano una povera casa, dove hanno impiantato alla meglio un orfanotrofio, un laboratorio e un ambulatorio. Esse vanno inoltre a fare scuola nei villaggi vicini, e visitano i paesi portando ovunque in nome di Dio la parola di pace e di conforto.
Le altre residenze.
A Raliang Don Mazzetti ci preparò un ricevimento a base di bombe e di campane. Il giorno seguente, festa solenne, chiusa con la riunione dei capi del distretto. Da Raliang ci recammo a Nongbah, luogo che ci ricorda sempre l'indimenticabile Don Deponti, caduto sulla breccia, e che ora veglia dal cielo quella sempre più fiorente cristianità.
Ritornati per breve ora a Shillong, ripartimmo per visitare i centri sparsi nella pianura del Brahmaputra.
A Badarpur il nostro arrivo fu una festa per l'infaticabile Don Tormo, il quale, da solo, con il semplice aiuto d'un confratello coadiutore, tiene due parrocchie: la chiesa per gli indigeni e un'altra bella chiesa ultimata l'anno scorso nel quartiere ferroviario. Don Tormo si reca pure sovente a visitare i coloni e gli operai cattolici ai giardini di Tea. Colpisce in questa località il borgo cattolico indigeno. Tutti i nostri vivono raggruppati, riconosciuti come cattolici, stimati e per nulla disturbati dai numerosi maomettani che li circondario. È la cristianità più antica della Missione, che ricorda ancora la venuta dei Portoghesi, giacchè molti portano ancora i loro nomi.
Il 15 marzo lasciammo Badarpur per raggiungere Haflong.
Haflong, situato sui monti (cachar hills) è la stazione climatica più salubre dopo Shillong. Smontati dal treno, avemmo una gradita sorpresa: il nostro caro Don Raygasse ci attendeva con un enorme... elefante. Dalla stazione al paese vi sono tre quarti d'ora o poco più di salita faticosa, che si fa generalmente a piedi o a cavallo. Si pensò una volta tanto di fare l'erta su l'elefante. A mezzo di funi ci arrampicammo in quattro sul groppone, ove erano pronti due larghi sedili. Una punzecchiata e... avanti in cammino.
Non era cosa ordinaria vedere quattro venerandi Padri missionari viaggiare sul dorso d'un elefante; fummo perciò oggetto di non poca meraviglia lungo la strada e specialmente all'arrivo ad Haflong dove eravamo attesi da una discreta folla di curiosi e dagli amici dell'opera nostra. Haflong diventerà un centro importante per la nostra Missione. Per ora vi abbiamo una scuola per ragazze anglo-indiane tenuta dalle Suore di Nostra Signora delle Missioni. Il Padre missionario fa da cappellano, cura i cristiani del paese, si reca a visitare le varie località vicine alla linea ferroviaria, dove le occasioni non mancano per fare un po' di bene.
Sarebbe nostra intenzione d'iniziare il più presto una casa per i Figli di Maria istituzione ancora sconosciuta in India. Ma e i mezzi?
Da Haflong ritornammo a Shillong, per ripartire il 19 marzo alla volta di Laitkynsew, dove avrebbe avuto luogo una grande adunata di cristiani, una specie di congresso, o, come si dice qui, la grande Jingiashem (1).
Gli ultimi giorni a Shillong. - Partenza pel Siam.
Visitate tutte le residenze missionarie, la grande jingiashem di Shillong chiuse degnamente il ciclo delle feste che il popolo celebrò in onore dello straordinario Visitatore.
Alla sera del 24 con solenne funzione si aprì in chiesa il congresso. Durante i due giorni seguenti continuò l'affluenza dei cristiani che venivano dai paesi circostanti. Si potè così svolgere nelle varie adunanze, un buon programma di istruzione religiosa adatto alla vita pratica dei vecchi e dei nuovi cristiani.
L'ultimo giorno vi fu grande festa, chiusa dal Superiore con un magistrale discorso in khasi e dalla rappresentazione dell'operetta
Refugium peccatorum » del nostro D. Cimatti.
In questa occasione, uno dei nostri bravi novizi indigeni ebbe la fortuna di ricevere dalle mani stesse di Don Ricaldone l'abito chiericale, e, per la prima volta in Assam, tre degli studenti teologi del nostro Seminario-Noviziato, ricevettero gli Ordini Minori per mano del sottoscritto.
Il 2 aprile Don Ricaldone lasciava Shillong, dove l'amore dei figli avrebbe voluto trattenerlo per sempre.
Ci fermammo a Gauhati. I nostri buoni orfanelli Hindi della pianura del Brahmaputra seppero dimostrare tutto il loro affetto all'amato Superiore. La squadra ginnastica, nella sua nuova divisa, diede un bellissimo saggio.
Le Figlie di Maria Ausilitrice, che hanno in Gauhati un orfanotrofio, un laboratorio, scuola e ambulatorio, cooperarono con le loro fanciulle a rendere anche più solenne la festa d'addio.
Il giorno 6 partimmo per Calcutta, dove, il 10, c'imbarcammo per il Siam.
Sia ringraziato mille volte il veneratissimo nostro Superiore Don Rinaldi di averci mandato il suo rappresentante a studiare la vita della nostra missione, i bisogni più urgenti, le difficoltà, i mezzi più atti e i rimedi più efficaci, per ottenere il maggior rendimento di questo campo così esteso e così fertile aperto ai volonterosi Figli del Ven. Don Bosco.
Shillong, 14 giugno 1927.
Mons. L. MATHIAS Pref. Apostolico dell'Assam.
(1) Della visita fatta al distretto di Laitkynsew ne parla lungamente il "Bollettino„ dello scorso giugno (pag. 17o e seguenti).
Il chierico salesiano Giuseppe Foglia così scriveva al parroco di Diano d'Alba, da Shillong (Assam), nello scorso aprile.
Monsignore veneratissimo,
Perdoni il lungo silenzio. La penna taceva, è vero, ma non il cuore. Desideravo comunicarle una lieta notizia, ma a fatto compiuto, e così ritardai.
Oggi però la buona notizia posso dargliela, ed è questa: sabato, 26 marzo, nella parrocchia di Shillong, rigurgitante di popolo, ebbero luogo le prime ordinazioni qui in Assam. Tre erano gli ordinandi, e fra questi il sottoscritto.
Ricevemmo la S. Tonsura e i quattro Ordini Minori. Immagini la gioia che in quel momento incancellabile inondò l'anima dei tre fortunati!
Ah, Monsignore, quanto mi sento in dovere di ringraziarla ancora una volta del grande benefizio che mi ha fatto togliendomi al mondo e indirizzandomi ai figli del Ven. D. Bosco! Come provo la realtà di quelle parole raccolte dalla sua bocca un bel mattino là nel suo giardinetto, durante le vacanze del 1917: « Pino, tu sei felice, ma più ancora lo sarai in seguito. Più andrai avanti, e più conoscerai quale grazia specialissima ti abbia fatto la Madonna scegliendoti quale figlio del grande Don Bosco! ». Queste parole non le ho mai dimenticate perchè sono troppo vere, e troppo chiara ne è la quotidiana realtà.
Fui contento, lo sono tuttora, e sono convinto che questa mia contentezza non cesserà mai e si muterà un giorno in felicità eterna con Don Bosco in Paradiso. Grazie, Monsignore amatissimo, grazie, e preghi perch'io possa diventare e conservarmi poi sempre un degno figlio di Don Bosco. Dal canto mio non cesserò di ricordarla ogni giorno nelle mie povere orazioni.
La prego a volermi considerare sempre qual figlio affezionato e devoto.
Shillong, 2-IV-27.
Umil.mo ed obb.mo figlio in C. J. Ch. Gius. FOGLIA.
Ci scrive D. Cimatti da Miyazaki (Giappone):
Il mese di maggio, mese dei fiori e della giocondità della natura, fu il mese della Madonna di Don Bosco anche qui da noi, nel lontano Giappone. Alla presenza di un buon numero dei nostri cristiani, su un ben riuscito hatemonio giapponese a sfondo dorato, apparve finalmente la dolce immagine dell'Ausiliatrice nostra. È la prima volta che ufficialmente la Vergine Santa entra gloriosa regina in questa nobile e grande nazione; è la prima volta che la Madre Celeste incoronata e con lo scettro in mano sorride anche a questi suoi figli, mostrando Gesù benedetto, che giubilante allarga le sue braccia, invitando i buoni Giapponesi a Lui. Don Bosco dal Cielo con la falange dei Salesiani che gli stanno vicino, avrà certo detto alla sua Madonna: « O Maria, ancora una gemma alla tua corona! Uno stuolo di anime, che ti vogliono ancora conoscere, amare! ».
Che cosa sarà passato nell'animo di quanti hanno assistito alla commovente funzione? Non so; è così difficile leggere sul volto del Giapponese! Ma, mentre in un sussulto di commozione, benedicevo la bella immagine, mentre mi sforzavo colle parole ci far capire il cuore di Don Bosco verso Maria Ausiliatrice, mentre tentavo sull'armonium le melodie più vibranti d'amore a Maria, i nostri cuori pregavano e consacravano all'Ausiliatrice le anime a noi affidate. Mi pareva che la nostra Madonna allargando il suo manto come nei sogni del nostro Ven. Padre, invitasse i Giapponesi: « O figli, venite, ecco la vostra Madre!».
E Maria dall'alto, tra ceri e fiori, sorrideva ai suoi figli, ai nostri ragazzi, future nostre speranze, che giocondamente cantavano: « In questo bel mese ti vogliamo incoronare dei fiori più vaghi, o madre cara, vogliamo cantare in tuo onore le canzoni più belle, come te le cantano gli angeli in cielo. Ave, o Maria! ».
La Madonna vuol proprio farsi conoscere e sentire. Oh, si potessero raccontare fin dal principio gli intimi movimenti di grazia già efficacemente suscitati da Maria in queste povere anime abbandonate, i forti richiami al bene, provocati da Lei in coscienze fredde, apatiche, attraverso a una lettera del missionario, ad una visita, ad un saluto, accompagnati sempre dalla immagine, dalla medaglia, dalla benedizione di Maria Ausiliatrice! E più tardi verrà il resto; si moltiplicheranno le guarigioni spirituali e anche le materiali; e la grande Condottiera, che si intona così bene cogli ideali battaglieri di questo popolo, condurrà con Don Bosco, per mezzo dei fanciulli, innumerevoli anime a salvamento.
L'immagine di Maria è già in tutte le famiglie cristiane. Si propaghi adunque presto, dappertutto, e con l'immagine, la conoscenza e l'amore.
LE GRAZIE DI MARIA AUSILIATRICE (1)
"Causa nostrae letitiae".
Una signorina pagana, desiderosa di farsi cattolica, veniva ogni giorno alla Missione per pregare e per le lezioni di catechismo che studiava con ardore. Un bel giorno con le lagrime agli occhi ci annunzia che il padre, sotto la pressione del Bonzo Buddista, le ha proibito assolutamente di venire alla Missione. La si esorta a pregare e ad attendere con fiducia. Intanto al mattino presto o alla sera tardi arriva quasi di corsa per fare una visita al SS. Sacramento e in fretta riparte. Avvicinandosi la festa di Maria Ausiliatrice le viene consigliata la novena raccomandata da Don Bosco.
O bontà di Maria Ausiliatrice! La sera della festa viene contenta ad annunziare che il padre le aveva dato il permesso di venire liberamente alla Missione e riconoscente a Maria offre L. 6o per le Opere Salesiane.
Nakatsu (Giappone), 10 giugno 1927.
D. PIACENZA
Missionario Salesiano.
Viva Maria SS. Ausiliatrice ed il Ven. Don Bosco!
Il 21 gennaio u. s. fattomi visitare dal Prof. Ricchi di Bologna, specialista per le malattie degli occhi, mi sentii dire che si trattava di cosa gravissima all'occhio sinistro. In tanta angustia cominciai subito la Novena consigliata dal Ven. Don Bosco promettendo una offerta per le Missioni Salesiane e di far pubblicare la grazia sul Bollettino Salesiano, se fosse scongiurata l'operazione. Il giorno dopo il Prof. Bietti, primario oculista dell'ospedale di S. Orsola, in una visita accuratissima che mi fece si pronunziò con queste precise parole: - Lei ha un tumore all'occhio sinistro, l'operazione è urgentissima, gravissimo il caso.
Come rimanessi io a questa sentenza è facile immaginarlo. Rinnovai subito la promessa fatta il giorno prima e promisi cinquecento lire per le Missioni Salesiane, se l'operazione fosse riuscita bene.
Fui operato di sarcoma all'occhio sinistro il giorno consacrato a Maria Ausiliatrice e cioè il 24 gennaio, raccomandandomi fervorosamente a questa buona Madre ed al Ven. Don Bosco.
Bontà di Maria! L'emorragia che si temeva non venne, e due giorni dopo fui dichiarato fuori di pericolo. Nel bel mese dedicato alla Madonna adempio la mia promessa inviando L. 5oo per le Missioni Salesiane e mi raccomando alle preghiere dei buoni figli di Don Bosco perchè Maria SS. Ausiliatrice ed il Ven. Don Bosco mi assistano sempre in vita ed in morte.
In fede.
12 maggio 1927.
Don ERNESTO Rizzi, Coop. Sai. Caselle di S. Lazzaro di Savena (Bol.).
Ai primi di maggio dell'anno scorso un nostro figlio, dopo alcuni mesi di malattia, era ridotto in condizioni gravissime.
Giudicato il caso pressochè disperato anche da un valente professore chiamato a consulto, senza umana speranza e con lo strazio nel cuore, ci rivolgemmo a Colei che si chiama la Salute degli infermi.
Fatta celebrare la S. Messa nel suo Santuario in Torino e fatta una fervorosa novena assieme al caro ammalato, il nostro cuore si riaprì alla speranza.
Un lieve miglioramento nelle condizioni generali rese possibile un intervento chirurgico prima assolutamente escluso. L'esito, malgrado le disastrosissime condizioni dell'infermo, superò ogni previsione dei medici ed ogni nostra speranza e la convalescenza iniziatasi più tardi, ebbe decorso così rapido e felice da far meravigliare lo stesso chirurgo operante, il quale non nascose che un rimettersi così straordinariamente rapido aveva del miracoloso.
La Madonna ci aveva esauditi!
Ora che il nostro caro, guarito, è tornato nel primiero stato di floridezza, sciogliamo la promessa fatta di pubblicarne la grazia ricevuta, umiliando alla Vergine SS. l'omaggio della nostra perenne gratitudine.
Padova, maggio 1927.
Famiglia VENUTI.
Una mia sorella nell'uscire di casa per recarsi alla chiesa cadde e battè fortemente la testa sul selciato. Chiamato il dottore non volle pronunziarsi sulla gravità del male, perchè temeva si fosse prodotta la frattura del cranio. La povera inferma venne affidata alla bontà materna di Maria Ausiliatrice che ebbe pietà di noi e l'ammalata dopo essere stata due giorni e due notti senza parlare e senza prendere cibo cominciò a dar segno di vita ed a migliorare ed ora è perfettamente guarita.
Invio la mia offerta in onore della Madonna del Ven. Don.Bosco colla speranza che Essa mi continuerà la sua assistenza.
Lucca, 27-2-1927.
GIORGETTI PAOLINA.
Ottennero pure grazie da Maria SS. Ausiliatrice e alcuni, pieni di riconoscenza, inviarono offerte per la celebrazione di Sante Messe di ringraziamento, per le Missioni Salesiane, o per altre opere di Don Bosco, i seguenti:
A) - A. B. di Gorizia, Achille e Carolina, A. M. di Torino, Adami M., Agosto L., Aguglia C., Albanese P., Alciati M., Alessi S., Alladio C., Allegra M., Alliod S., Alpini G., Alunni della 5a classe di Cozzo Lomellina, Andriani I., Andreucci Don P., Anfossi Scarrone T., Angela di Biella, Angelini G., Ansaldi Giraudo A., Anselmini A., Antonucci I., Arbore R., Arena Vinciguerra C., Argiolas Anna e Rosina, Arnaldi C., Arrighetti L. ved. Scavinelli, Audino R., Aversa A., Aymonod G.
B) - B. B., Baderaz C., Bai M., Baietta S., Baldassarri G., Baldi Dott. F., Baldini E., Baldizzone Don T., Baldizzone Suor A., Ballor D., Ballotta Serra M., Balma E., Balocco Andreone G., Balsamo M., B. M., Baracco T., Baragiotti C., Barbati C., Barbera F., Barberis F., Barberis I., Barberis M., Barberis T., Barbero E., Barbero M., Barbero P., Barge G., Barletti L., Barmasse A., Barnabò A., Baroli Maioni A., Baron Sasso M., Barresi Balsamo R., Barth T., Battaglia Prof. A., Battini O., Battista D., Bauchero S., Baudin O., Bazzicca M., Belelli L., Bellotti E., Bellotti M., Bellugi A., Beltramelli L., Benaglio L., Benedetto G., Benvenuto C., Bergamini M., Bergoni A., Bernard G. L., Bernareggi E., Bernini Don A., Bernini Z., Bernotti M., Berra L., Berrino M., Bertazzo M., Bertelli F., Bertola D., Bertoli L., Bertolino M., Bertonasco N., Bertolini T., Bertuetti S., Besazza R., Bethaz A., Bethaz M., Betti L., Bia M., Biamonti C., Bianchi A., Bianchi E., Bianchi I., Biancu Teol. G., Biava M., Bicceri B., Biffarella M., Biffi L., Bigani L., Bigatti I., Bignami R., Binda G., Binello M., Binetti Barehi D., Bini T., Bo T., Boanelli G., Bodrati G., Boglianico F., Boglione M., Bolla M., Bonetti Fratelli, Bonetti L., Bonfadini A., Bongiovanni D., Bongiovanni F., Boninsegna E., Bonino T., Bonizzoni Don A., Bono L., Bonola Coniugi, Borra Giuseppe, Bortolani A., Bortolotti M,. Bottigliengo A., Bot D., Bovio A., Branda C., Briata M., Brigatti E., Brunetti F., Brustolon B., Bruzzone M., Burti G., Busello Settili C., Bussa Ghidella M., Bussolini A., Buvotti A., Buzzini P., Buzzone G.
C) - Cabras F., Caccagni F., Cagnacci L., Caldara Vitali M., Calosso P., Caltran O., Calvi P., Camarra A., Campagna Don A., Campailla Curcio M., Canneva M., Cantarello R., Cantone Vola M., Cantù E., Canuto P., Capizzi D. B., Capoani A., Cappai I., Cappellari R., Cappellari T., Cappello A., Cappello C., Capra A., Caprasecca N., Caputo G., Carabini G., Caracciolo F., Carbonero A., Cardinali P., Cardini F., Carnetti G., Carpene A., Carozzo P., Carrara M., Carrara P., Carta Sanna P., Casanova L., Casarotta I., C. M., Casazza Mapelli C., Casiello M., Casolo C., Cassi S., Cassini P., Castellani R., Castello L., Castiglioni A., Castiglione N., Castrucci Croce A., Cataldi E., Catanoso M., Cattaneo Bazzi Lina e Consorte, Cauchi R., Causella F., Cavaliere M., Cavalieri D., Cavaliero M., Cavallo L., Cavallotto G., Cavanna G., Cavigiolio F., Cazani A., Cebrelh M., Celada C., Celoria T., Cenni M., Cerani Macerandi M., Cerato A., Cericola M., Ceroni M., Cerutti Gattoni G., Cerutti Bandi M., Cesaretti I., Cha C., Cerchi A., Chiapello A., Chiappero D., Chiappori R., Chiari L., Chiesa L., Chiesurini V., Chini D., Chiola G., Christille L., Ciancio M., Ciapponi R., Cicardini T., Ciccarelli L., Ciceri M., Cini D., Cini V., Cipolla C., Ciravegna M., Ciriani S., Cirotti Don G., Cis T., Claser M. Clemente M., Clerico Porro R., Cocciolo A., Codoletto M., Coggiola G., Coggiola M., Cogo Pagano T., Colla A., Colla M., Colla S., Collarini E., Colò C., Colombani A., Colombi G., Colombo E., Colombo Fam., Colombo G., Colombo I., Colombo L., Colussi D., Comaschi G., Comba B., Comelli M., Como R., Comotto M., Compà G., Concu Mtirgia T., Conti C., Contino F., Cooperatrice di Torino, Corazza C., Corti M., Corti Carnevale E., Cossetti M., Cotiè A., Covatta Giov. Batt., Covili A., Crandi C., Cravero Insegnante, Crosiglia E., Crotta T., Cuaz S., Cucchietti G., Cucinotta M., Culasso A., Culasso P., Cuminetti B., Cunico Sorelle, Curioni Piotti G., Cutri F. M.
D) - Dagnino T., D'Agord G., Dalla Pozza M., Dalla Vecchia L., Dall'Orto Don B., Dal Maistro G., Damiani A., d'Angelo R., Damusso M., De-Agostini M., De-Angeli E., De-Battisti G., De-Bonis G., Decaroli M., De Ferrari M., De-Filippi N., Degrussa L., Del Forno Gandolfo Maria, Del Grande G., Dellachà Giulietta, De Lorenzi, Bressan G., Dell'Oro M., Delprato T., De Marco A., Di Mitri E., De Santis M., De Santis N., Destefanis F., Diana P., Di Giorgio G., Di Maria S., di Mattia E., Di Mauro G., Di Rienzo A., Di Stefano Caruso C., Donegana C., Donelli Cremonti C., Dorigatti B., Dotzo C., Dulicchio Fam.a, Dupont Don G., Duretto P., Durigon T.
E) - Echerle A., Elegir P., Eurione V.
F) - F. D. di Ururi, Fabris A., Fabris Dottoressa E., Facen M., Fael E., Falcione E., Falconer G., Falletti Ing. E., Fangazio R., Favaro T., Fedrizzi A., Fenoglio A., Ferrari-Coniugi, Ferrari N., Ferrari V., Ferrero R., Ferretti O., Ferri G., Ferro P., Festa Bordon J., Figini A., Figus R., Finetti M., Fiorasi M., Fiore A., Fiumana V., Floridia O., Foco M., Formenti, Formentin G., Formigoni B., Fornasati E., Fornasieri M., Fornara C., Fornara Bernardino di Borgomanero, Fortuna G., Fortunati E., Forzani G., Fossati A., Fossati O., Fraccalvieri P., Fracchia Adele, Fracchia O., Fragale A., Francese L., Franceschetti R., Franchini A., Francia G., Franco G., Fraschini C., Frassato A., Frea P., Freglio Coniugi, Fulani C. M., Fugazzi I., Fulle C., Fumasoli M.
G) - G. C. di Costigliole d'Asti, G. C. di Susa, G. M. di Poirino, Gabbiani A., GalloMoschetta Sac., Gallo V., Garavini R., Garbatti M., Gavinelli G., Gelatti U., Gemme E., Genardini T., Ghiglione I., Giardina M., Giangrasso S., Gigo C., Gioia F., Giorcelli Don C., Giordano F., Giovanetti G., Giovannini A., Givone R., Giuccioli A., Gonella G., Grattarola M., Grazia O., Grillo E., Groppi C., Grugnetti C., Guarnaschelli E., Gucciardi Don G., Guerra T., Guglielmetto M., Guidetti A., Giudici L., di Vilmaggiore.
I) - Ianni C., Imberti E. K) - Kirn Fam.a.
L) - L. M. C. di Santu Lussurgiu, L. E. di Aosta, Laiolo G., Lana A., Lana Parato S., Lancini C., La Ferla A., Laterza A., Lanza L., Leccisi Licci P., Lemut C. A., Leone B., Leone G., Leong Z., Leporati L., Leveque J., Linich N., Littardi L., Locatelli S., Loddi F., Lolli M., Longato A., Lomonaco M., Lo Savio S., Lovatto L., Lo Verde Don L., Lunardi R.
M) - Malferzini A., Malugani R., Marchetti C., Marconi M., Marcuzzi A., Marengo O., Mariconi A., Marietti I., Marinoni D. A., Marletta E., Marongiu G. A., Marseglia A., Martella L., Martelli Bedeschi D., Martellotti V., Martinengo M., Marzorati A., Masserano C., Massidda P., Mathine R., Mattiello M., Mazzetti Fam.a, Meini B., Menghini L., Merlo C., Merlo F., Merlo M., Michelangeli M., Mignone C., Milani C., Milano C., Minotti Lucchi M., Minotti R., Mucci Tosi M., Mugetti G., Mundula L., Mura M., Musso A., Muzzitelli L., Muzzo G., Mo G., Maggi C., Moiso R., Molinari M., Molo M., Monaco Parino G., Montagnoli M., Mora G., Moraschi Coppo Gius.na, Morello M., Moreno G., Morctta M., Mori Gabrielli I., Morici Can. C., Moricciani A., Morino A., Mozzoni M.
N) - N. N. di Borgio Verezzi, Cossato, Massa, Mombello Torinese, Palazzolo, Palermo, Santulussurgiu e di Torino. Nanni-Fam.a, Nè E., Negri M., Negri S., Nicolello R., Nicrosini G., Nocelli Ing. C., Novarino T., Novelli G., Novelli M.
O) - Obcrti M., Oddi F., Oliara B., Oliveri L., Olla Don L., Omarini C., Oneto P., Orlandi B., Orsenigo B., Orru A.
P) - Paccani V., Paderi D., Palladino M., Pane R., Parodi Conte C., Pascut A., Pasquino A., Pavia V., P. D. di Gropello Cairoli, P. T. di Vigevano, Peira G., Peiretti M., Peli M., Pellanda D., Pellizzari A., Penna M., Perelli A., Peruzzini O., Piana-Fam.a, Picchio D., Picco S., Poggi E., Possessi F., Priod V., Pugliesi Sorelle.
Q) - Quaglierini E., Quistapace C.
R) - Raimondi F., Ramasco Olga di Sagliano Micca, Rapostelli S., Rebaudengo C., Recalcati Coniugi, Recchia I., Riggio A., Rigotti N., Riportella L.., Rivolo Fam.a, Rocca R., Rodilosso C., Rolfo A., Romanin M., Roncagli Don L., Ronchetti G., Roner T., Rossi T., Rossi V., Ruta ch.co Salvatore.
S) - Saite C., Saitta S., Samperi A., Sanguineti C., Sauna F., Sauna S., Santuz A., Sasso M., Savin B., Savin V., Savoia R., Scaratti G., Scravilli S., Scolari Suor D., Simonetti M., Sintoni Liverani I., Soldano A., Soldano Oliva C., Sorelle C. di R..., Sorrentino Messina C., Spreafico P., S. S. Vita, Suppo I., Surra E.
T) - Tamborino A., Tartaglino M., Tasca M., Tedoldi M., Tessa T., Testore G., Testuzza G., Ticozzi V., Togni A., Tonetto C., T. P. di Modigliana, Traverso Lina e Gina, Trementini R., Treppo C., Trincucci A.
U) - Ursella Domenica.
V) - V. Maria di Milano, Valerio Carbone R., Veltroni L., Venneri F. ed E., Venturelli Dott. G., Venturi Micanzi L., Venturi G., Vernazza C., Veronesi Sorelle, Viale M., Vicino T., Vigano V., Villareale R., Vinai M., Vincenti A., Viotti G. B., Visconti A., Visentin E., Vitali L., Voglino V., Volpi C., Volpi D., V. C. Coop. Salesiana.
Y) - Yeong L.
Z) - Zamboni M., Zambonin M., Zatta M., Zattini R., Zavattaro L., Zelaschi Fam.a, Zenoni D. F., Zenoni M., Zerboni Bianchi A., Zoppa Balbo M., Zorzoli G., Zovetto Don C., Zimino E.
ALTARINI PORTATILI a cui si apporrà in una targa il nome della persona offerente.
Cassetta in legno L.. 16o Pianeta a doppio indritto drappo oro e seta viola » 200 Camice, cingolo, rocchetto » 65 3 tovaglie e piccola biancheria per la Santa Messa » 40 Pietra sacra » 20 Calice coppa d'argento » 90 Teca per il SS. Sacramento » 25 Patena e piattino per ampolline » 25 Vasetto per Olio Santo » 33 Crocifisso, candelieri, ampolline » 25 Aspersorio, scatola ostie, cartegloria » 32 Rituale » 30 Messalino e porta messale » 55
Totale L. 8o0
AMBULATORIO MISSIONARIO.
Letto L. 35o Armadio, ferri chirurgici, pacchi medicazione » 6.75 Tavolo » 100 Porta irrigatore e barattoli » 200 Lavabo, sedia, sgabello, secchi » 225 Armadio farmaceutico e medicinali» 300 Sterilizzatrice per strumenti e garze » 300
Totale L. 2150
I Cooperatori Salesiani, i quali confessati e comunicati divotamente visiteranno qualche chiesa o pubblica cappella, o se viventi in comunità la propria cappella privata, e quivi prcgheranno secondo l'intenzione del Sommo Pontefice, possono lucrare l'Indulgenza plenaria (come dal Decreto della Sacra Congregazione delle Indulgenze 2 Ottobre 1904):
L'indulgenza plenaria Ogni mese:
1) in un giorno scelto ad arbitrio di ciascuno; 2) nel giorno in cui faranno l'esercizio della Buona Morte;
3) nel giorno in cui si radunino in conferenza.
Dal 1° settembre al 31 ottobre nei seguenti giorni:
8 settembre. Natività di Maria SS.
12 » Il Nome di Maria.
14 » Esaltazione della Santa Croce.
15 » I sette dolori di Maria SS.
29 » S. Michele Arcangelo.
7 ottobre. La Madonna del Santo Rosario. 11 » Maternità di Maria Santissima.
16 » Purità di Maria Vergine.
Ricordare anche
che ogni giorno, con la sola condizione d'essere in grazia di Dio, i Cooperatori Salesiani, che durante il loro lavoro o in mezzo alle loro occupazioni uniranno il loro cuore a Dio per mezzo d'una breve e pia invocazione, possono acquistare:
1. Per una invocazione qualunque, a loro scelta, un'indulgenza plenaria.
2. Per tutte le altre, 400 giorni d'indulgenza, ogni volta.
NB. - I Coopcratori, impediti per malattia di portarsi alla chiesa, possono acquistare le indulgenze sopra dette, recitando in casa cinque Pater, Ave e Gloria.
TORINO Oratorio di S. Paolo. Festa di S. Paolo.
Il grande Apostolo delle genti a Torino ha un borgo veramcnte suo. Il popoloso quartiere, che oramai per eleganza e regolarità di vie, di corsi, di piazze è all'altezza di Torino, non si contenta più come di cosa esteriore del nome di Paolo di Tarso, ma va modellando la propria anima su quella di lui e assumendo perciò la fisionomia d'una comunità cristiana, alla quale il grande convertito di Damasco potrebbe dire e scrivere con ottimi risultati la sua parola ardente di apostolo di Gesù.
L'oratorio di S. Paolo, dove si respira fresca e genuina l'aria dei prati di Valdocco ha il grande merito di questo consolantissimo avvenimento spirituale. Il nostro oratorio, la nostra casa, la nostra chiesa, come si esprimono ingenuamente i borghigiani senza punto sospettare che rinnovano scene proprie degli Atti degli Apostoli, sono lo strumento in mano di Dio per fare di D. Bosco un grande alleato di S. Paolo. Perchè in quell'ampio isolato che è tra via Luserna, Corso Racconigi, Via Vigone, Via Verzuolo, tutti sono in casa propria, dai Padri di famiglia ai minuscoli delle prime classi di catechismo, e tutti sentono di essere di S. Paolo e di D. Bosco come il Direttore: la distinzione tra Salesiani e oratoriani è impercettibile: la moltidudine di quelli che avevan creduto formavano un sol cuore e un'anima sola (Atti, IV, 32). Così da questo clima spirituale è sbocciata senza grande fatica la commovente manifestazione che al suo santo Patrono il borgo di S. Paolo tributò il 26 giugno.
Ci fu, come preparazione, un intensificarsi nel triduo preccdente, del lavorìo metodico, impercettibile ai profani, di tante forze saggiamente organizzate nel nostro oratorio, e, cosa più visibile, una predicazione chc si studiò di avvicinare l'anima di S. Paolo a quella dei suoi borghigiani: i risultati - è Dio che fa crescere (1 Cor., III, 7) - a giudicarli da quanto fu manifesto all'esterno, furono magnifici. Grandissimo il concorso alle funzioni nella nostra chiesa di Gesù Adolescente: la domenica, pochi minuti prima che cominciasse a sfilare la processione, il Direttore non sapeva esattamente quale fosse la chiesa: se il cortile, tutt'altro che angusto, formicolante di giovani e di uomini, o la chiesa lettcralmente gremita di gente che colla fiaccola in mano attendcva l'ordine della sfilata. Per la prima volta S. Paolo fu condotto attraverso le vie e i corsi dcl suo borgo. Lo spettacolo non poteva augurarsi migliore nè per concorso di popolo, nè per l'ordine nè per quel consenso spirituale che si potè nettamente cogliere dal contegno di tutti, nè per quel non so che di pacatamente fantastico che rispondeva così bene alle legittime esigenze del sentimento dei Torinesi di S. Paolo: fanciulle, donne, ragazzi; poi uomini, uomini, uomini e ancora uomini in una fantasmagoria di luci bianche, verdi, scarlatte: queste ultime fitte dietro la statua del santo e le più ardenti nel testimoniare la propria fede. La sfilata cominciata alle 20.30 ebbe termine allc 22.3o: e siccome la chiesa era assolutamente incapace di tanta gente, divenne chiesa l'ampio cortile dove, davanti a Gesù Sacramentato, dopo ardenti parole rivolte a tutti dal celebrante, tutti recitarono ad alta voce il Credo: poi fino alla mezzanotte fu un brulicare di gente a spogliare il nostro banco di beneficenza e a indugiarsi su le dolci impressioni.
Proprio bisognava esclamare: Come sono belle le nostre tende, o S. Paolo, o Don Bosco! Meglio un giorno solo nel vostro vestibolo, che mille lontano da voi!
NOVARA.
La posa della prima pietra delle nuove scuole professionali salesiane.
La cerimonia, semplice nella sua brevità ma molto significativa pel concorso di autorità e di popolo, si è svolta la sera del 2 luglio u. s. nel vasto cortile dell'Istituto Salesiano.
Erano presenti il nostro Superiore Generale D. Rinaldi, l'Ecc.mo Mons. Giuseppe Castelli, il rappresentante del Sig. Prefetto (assente da Novara per improvvisi e imprevisti impegni), il Podestà, parecchi monsignori, sacerdoti e personalità cittadine.
Presenziarono pure al completo le Dame Patronesse dell'Opera Salesiana in Novara. Numerosi i cooperatori e le cooperatrici, fittissima la folla.
Il sig. Podestà, Comm. Filippo OddoneMazza, all'aprirsi della cerimonia, tenne un discorso denso di concetti e vibrante di emozioni, inneggiando alla memoria del Ven. Don Bosco e alla grandezza della sua Opera. Ringraziò i Salesiani del bene che vanno compiendo in Novara ed esortò i Novaresi a dare tutto l'ap poggio morale e materiale a un'istituzione che vive di una vita così rigogliosa e promettente a vantaggio soprattutto della gioventù.
Mons. Castelli benedisse la prima pietra. Poi, spiegando il significato della cerimonia, formulò i più lieti auspici per la nuova opera che sorgerà fra breve allo scopo di preparare alla società e alla chiesa un numero sempre maggiore di operai laboriosi e onesti, pienamente coscienti dei loro doveri civili e religiosi.
Chiuse la cerimonia D. Rinaldi ringraziando cordialmente tutti i presenti. Il Successore di Don Bosco si compiacque dcllo sviluppo preso dall'Opera Salesiana in Novara in questi ultimi tempi e ne attribuì il merito prima a Dio e poi a tutti i benefattori novaresi, coll'appoggio dei quah i Salesiani hanno potuto dare incremento sempre maggiore alle loro opere di bene. Si augurò che tali aiuti aumentino ora sopratutto che un nuovo edificio imporrà non lievi sacrifici ai Salesiani, che nulla posseggono e tutto dànno per il bene dei loro giovani educandi, con la speranza che tutto abbia da riuscire secondo il comune desiderio a gloria di Dio e a vantaggio di tanta gioventù bisognosa.
NAPOLI-TARSIA.
La Pia Casa dei Sordomuti diretta dai Salesiani.
La Pia Casa dei Sordomuti diretta dai Salesiani ha indetto, quest'anno, il primo convegno de' suoi ex allievi sordomuti, benedetto e incoraggiato paternamente da S. Em.za il Card. Alessio Ascalesi, patrono dell'Opera. La riunione è pienamente riuscita c si ripeterà certamente ogni anno con sempre maggior concorso dei numerosi beneficati, che nella Pia Casa imparano alla scuola di Don Bosco a guadagnarsi la vita affrontandone coraggiosamente tutte le difficoltà, sopportandone con fortezza e fierezza cristiana i pesi e le prove.
Oltre il convegno ebbe luogo la solenne premiazione scolastica che ha assunto, quest'anno, una importanza speciale, poichè per la prima volta gli esami di lavoro erano stati fatti alla presenza di esperti maestri d'arte della città, e quelli di studio sotto la presidenza dell'Ispettore Scolastico Cav. Uff. Prof. Luigi Falciatore, quale rappresentante del R. Provveditore agli Studi Prof. Aldo Finzi.
Dopo la premiazione i presenti passarono a visitare e ad ammirare la bella Mostra dei lavori escguiti dai sordomuti e dalle sordomute.
Il buon Dio prosperi c benedica la Pia Casa dei Sordomuti, la quale è certamente più vicina al cuore di Don bosco e del suo Successore, come più vicini al cuore paterno sono sempre i figliuoli più bisognevoli di aiuto e conforto perchè più colpiti dalla sventura.
NAPOLI-VOMERO. Una lapide in ricordo del Prof. Tito Sicca
Il ricordo delle persone che seppero lasciare un'impronta di bene lungo la loro vita, modelli agli altri nel compimento del dovere, riesce sempre commovente e serve di stimolo per superare le difficoltà che s'oppongono al bene operare.
Attratti dal fascino che esercitava in vita il Prof. Tito Sicca, il quale fu l'apostolo nello sviluppo dell'opera salesiana oratoriana al Vomero, accorseso numerosissimi giovani, amici, cooperatori, cooperatrici, ex allievi, autorità, parenti per prendere parte alla commemorazione di lui, alla sua glorificazione, premio della sua laboriosità nascosta e umile. Ai numerosissimi convenuti che gremivano l'ampio cortile dell'Istituto Salesiano, alle autorità tutte - tra le quali si notavano il Rev.mo Sig. Galimberti, Vicario generalc della Diocesi, in rappresentanza di Sua E. il Card. Ascalesi, il R. Provveditore agli Studi per la Campania e vari Presidi, Direttori e Professori degl'Istituti Regi della città - e alle numerose rappresentanze di Ordini Religiosi maschili e femminili e di Organizzazioni Cattoliche disse parole di ammirazione fraterna l'Avv. Fervolino, Presidente della Federazione Diocesana della Gioventù Cattolica, il quale ricordò gli Amori alimentati nel cuore del compianto professore: la scuola, l'oratorio e la gioventù cattolica organizzata, la quale partecipò con i suoi vessilli, con le sue bandiere abbrunate alla glorificazione di uno dei migliori suoi rappresentanti.
Il Salesiano D. Stile, dopo aver letto le numerosissime adesioni, ricorda con parola commossa la vita del Prof. Sicca: la bontà ingenua della sua fanciullezza, l'amore allo studio, premiato dal conferimento a lui di varie borse e dal conseguimento della laurea in matematica col massimo dei punti, il suo affetto per tutto ciò che poteva innalzare l'animo suo e dei giovani dell'Oratorio, del Circolo e della Sezione Sportiva del Vomero, alle pure gioie dello spirito, di una vita giovanile vissuta cristianamente. Egli seppe giovarsi di tutte le manifestazioni, di tutte le sue attività molteplici: ginnastica, sport, declamazione, teatrino, musica per attirare i giovani all'Oratorio, al Circolo, per animarli al bene, per renderli migliori. Insegnante nelle pubbliche scuole seppe, in tempi diversi dai nostri, portare nell'insegnamento un alito di fede, di purezza, farsi amare dai giovani, che in lui riconoscevano l'insegnante dotto ed amavano l'amico. Egli dimostrò che il metodo educativo del Ven. Don Bosco può essere attuato anche nei pubblici Istituti quando l'educatore sente in sè la sua missione e alimenta il suo spirito alle sorgenti pure della fede, al contatto con Dio. Ricordò come il Prof. Sicca, seppe conciliare, nell'insegnamento e nella sua vita, la Scienza con la Fede, dimostrando come Don Bosco realmente possa essere additato a tutti gli Insegnanti come modello di educatore.
Don Stile con verità esclama che come Don Bosco ebbe il modello dei suoi giovani in Domenico Savio, così le Opere Giovanili Salesiane del Mezzogiorno d'Italia ebbero il loro modello nel Prof. Tito Sicca.
La commozione generale dei presenti fu aumentata dall'improvvisa apparizione di S. Em. il Cardinale Ascalesi, il quale, superando difficoltà di orari, volle partecipare almeno all'ultima parte della solenne commemorazione. Alla presenza di Sua Eminenza, della madre e dei congiunti del compianto Prof. Sicca, che commossi assistettero alla glorificazione del loro caro, delle autorità e di tutti i convenuti, fu scoperta l'artistica lapide con medaglione, murata nella parete del circolo. A caratteri di oro è scritto:
«Al Prof. Tito Sicca - che dello spirito di Don Bosco - tutta animò la sua vita - e fu tra i giovani - compagno amico fratello - questa memoria - tributo di amore esempio di virtù - Giugno 1927 ».
La solenne adunata si sciolse lasciando i cuori commossi, rattristati di una bontà scomparsa, ma viva ed efficace nel ricordo e negli esempi di bene.
Preghiera indulgenziata per le Sante Missioni.
Amabilissimo Signor nostro Gesù Cristo, che al prezzo del vostro preziosissimo Sangue avete redento il mondo, volgete misericordioso lo sguardo sulla povera umanità che in così gran parte giace ancora immersa nelle tenebre dell'errore e nell'ombra della morte, e fate su di essa risplendere tutta intera la luce della verità. Moltiplicate, o Signore, gli apostoli del vostro Evangelo, infervorate, fecondate, benedite con la vostra grazia il loro zelo e le loro fatiche, affinchè tutti gl'infedeli per loro mezzo Vi conoscano e si convertano a Voi, loro Creatore e Redentore. Richiamate gli erranti al vostro ovile, i ribelli al seno della vostra unica e vera Chiesa, affrettate, o amabilissimo Salvatore, l'auspicato avvento del vostro regno sulla terra, traete al vostro Cuore dolcissimo tutti gli uomini, affinchè tutti possano partecipare degl'incomparabili benefici della vostra Redenzione nell'eterna felicità del Paradiso. Amen.
Abate Carmela ved. Lazzaro.
Rendeva la sua bell'anima a Dio la sera del 17 marzo in età d'anni 54 a Catania S. Francesco, confortata dai SS. Sacramenti e assistita amorevolmente da' suoi figliuoli, di cui due Salesiani. Fu zelante cooperatrice di Don Bosco. Suffraghiamola con le nostre preghiere.
Bartolomeo Ceva.
Uno dei primi Cooperatori Salesiani fatti da Don Bosco, fu benemerito delle opere sue e specialmente della chiesa di S. Giovanni Evangelista in Torino. Morì a Torino il 5 marzo u. s.
Condoglianze alla vedova e ai figli.
Lorenzo Fagnano.
Morì, il degnissimo fratello del compianto nostro Mons. Fagnano, il 25 marzo scorso in Ancona. Fu ex allievo e fervente Cooperatore di Don Bosco che, speriamo, avrà già riveduto in cielo.
Ecc.mo Mons. Francesco Isola.
Resse e governò la diocesi di Concordia per ben 22 anni. Era nato a Montenars (Udine) l'11 dicembre 185o.
Mente eletta, cuore di apostolo, lasciò profonde tracce del suo zelo, che esplicò in svariate opere di carità e beneficenza. Non dimenticò mai Don Bosco, di cui si compiaceva d'essere non solo ammiratore, ma Cooperatore. Preghiamo per l'anima dello zelante Pastore.
Antonio Irmici.
Si spense serenamente in Sansevero di Foggia il 28 febbraio u. s. nella veneranda età d'anni 81. Fu cristiano e padre esemplare, tutto dedito alla famiglia e alla chiesa del Carmine che arricchì di sacre suppellettili. A' suoi imponenti funerali prese parte anche il circolo « Don Bosco ».
Sincere condoglianze alla famigha e specialmente al figlio Can.co Vincenzo, nostro ottimo Cooperatore.
Don Ghigo Ermenegildo.
Parroco di Andonno (Cuneo), nei 34 anni di ministero sacerdotale, non ostante le gravi sofferenze che abitualmente lo tribolavano, dispiegò grande e indefesso zelo per i suoi parrocchiani, per tutte le opere missionarie e particolarmente per le Opere di D. Bosco, quale decurione dei Cooperatori Salesiani. Spirò santamente l'11 febbraio u. s. Preghiamo per lui.
Dott. Rosario Palermo.
Una malattia fulminea troncò la preziosa vita di questo nostro ottimo Cooperatore, che fu esempio costante di fede e di attività.
Spirò alla vigilia della festa di S. Giuseppe, in Maletto, fra le braccia dei suoi addoloratissimi figli, quattro dei quali nostri affezionati ex allievi.
Alla famiglia così provata da tale perdita, le nostre sentite condoglianze.
Vallino Orsola.
Chiuse la sua vita di lavoro e di cristiano apostolato in Saluggia, dove da tanti anni era apprezzata insegnante municipale. Donna di retto sentire, fervente cattolica, era per le sue allieve maestra e madre! Fino all'ultimo si adoprò nel fare il catechismo in parrocchia. Fu sempre fra le prime per qualsiasi opera di carità, specialmente per quellc del Ven. Don Bosco. Pace all'anima sua!
AcTis GROSSO Giovanni, † Rodallo (Aosta). ALFERO, † Carrù (Cuneo). AMBROGIO Giorgio, † Bibiana (Torino). ASTORRI D. AMOS Vincenzo, † Piacenza. BARBERIS PELLEGRINO Matilde, † Torino. BARBERO Ved., † Racconigi (Cuneo).
Bisio Rosa in BRUNENGO, † Isola del Cantone (Genova).
BOSETTI Don Egidio, + Milano. BOTTO Don Pietro, † Bioglio (Novara). CASTRUCCI CAMPANARI March. Maria, † Alvito (Frosinone).
CAVATORTA Aldobrandina in COTTI, † Madregolo (Parma).
CERRINA Don Luigi, + Odalengo Grande (Aless.). DANESI Maria ASSALINI, † Ospitaletto (Brescia). DEMONTIS BANDINI Giuseppina, † Lula (Sassari). FAVIA Giuseppe, † Bari. FERRANTE TETI Angelina, † Alvito (Frosinone). GENTILE Maria e CESIDIA,. † Alvito (Frosinone). GIVONETTI Battista, † Zimone (Vercelli). MASOERO Giovanni, + Castagnole Lanze (Cuneo). PITTORE Clementina Ved. TULLIO, † Alvito (Frosinone).
POLO Luigi, † Ampezzo (Udine).
PREDA Maddalena Ved. PEDRAGLIO, † Milano. RENZI Maria GRAZIA, † Alvito (Frosinone). SAGUTO Maria, † Alimena (Palermo). STIGNANI Cleotea Ved. GuGGI, † Torino. STRACQUADAINI Francesca Ved. INCRETA, + Vittoria (Siracusa).
VERLICCHI MALFERRARI Maria, † Lugo (Ravenna).
VILLA Marietta, † Calco Inf. (Como). ZENNARO Mons. Francesco, + Chioggia (Venezia).