BS 1920s|1927|Bollettino Salesiano Febbraio 1927

Anno LI.   FEBBRAIO 1927   Numero 2.

BOLLETTINO SALESIANO

PERIODICO MENSILE PER I COOPERATORI DELLE OPERE E MISSIONI DI DON BOSCO

SOMMARIO: Seguiamo il Maestro (Dolce Padre). - Secondo Centenario della Canonizzazione di S. Luigi Gonzaga. - Un ottimo libro (Federico Ozanam di A. Cojazzi). - La vita delle Missioni : Tra i selvaggi kivari (Diario di Mons. Comin). - Azione Salesiana: Appello generale ai Cooperatori - Conferenze - Unione Insegnanti Don Bosco. - Il Culto di Maria Ausiliatrice: Finale (Emilia) - Le Grazie di Maria Ausiliatrice - Tesoro spirituale. - Notizie dalle Case Salesiane: Torino: Istituto Internazionale "Don Bosco" - Trento - Polonia: Solenne ingresso di Mons. A. Hlond - Ungheria - Alessandria d'Egitto - Cairo - Rosario. - Necrologio.

SEGUIAMO IL MAESTRO Dolce Padre.

Il nostro Maestro è il Venerabile Don Bosco: se vogliamo essere suoi veri cooperatori, dobbiamo renderci suoi degni discepoli e suoi fedeli imitatori.

Il Salesiano, il Cooperatore salesiano, che intende esercitare con profitto il santo ministero della carità, cercherà di uniformarsi al Modello, per riprodurlo praticamente in sè e farlo sentire e dominare sugli altri. Nessuno dà ciò che non ha, Don Bosco aveva il cuore ripieno d'inesauribile carità, e perciò molto ha dato in vita e continua a dare dopo morte. Noi dobbiamo avere il cuore di Lui, e possederemo una fonte incalcolabile di beni e di ricchezze senza prezzo per noi e per gli altri.

Bisogna perciò studiarlo, conoscerlo, seguirlo senza perderlo di vista un solo istante; bisogna imbeversi del suo spirito, uniformare la propria condotta a' suoi mirabili esempi.

Egli stesso, il Ven. Don Bosco, ha avuto in vita i modelli: se li è scelti, li ha imitati, li ha proposti all'altrui imitazione, li ha messi a patroni della sua opera e della sua futura innumerevole famiglia.

Chi sono questi modelli ?

Le ragioni di una scelta.

Essendo ancora nel Convitto Ecclesiastico - dicono le MEMORIE - Don Bosco aveva già stabilito in cuor suo di porre tutte le sue opere sotto la protezione dell'Apostolo del Chiablese (S. Francesco di Sales), ma aspettava che pel primo Don Cafasso (oggi Beato) gli manifestasse su questo punto il suo pensiero. E Don Cafasso disse la sua parola. Essendosi trovato, il santo sacerdote, in uno di quei giorni col Teologo Borel, grande amico e benefattore dell'Oratorio, e discorrendo delle difficoltà che Don Bosco incontrava, della pazienza che egli manifestava in ogni sua azione, e della continua prosperità dell'Oratorio, notò che fino allora questo non era stato posto sotto la protezione speciale di un santo patrono. Dopo una breve discussione Don Cafasso nominò S. Francesco di Sales, e il Teol. Borel lodava la proposta. Don Bosco annuì, e tre furono le principali ragioni di questa scelta. Primieramente perchè la marchesa Barolo, per assecondare Don Bosco, pensava di stabilire al Rifugio una congregazione di sacerdoti sotto questo titolo. In secondo luogo perché la parte di ministero, che Don

Bosco aveva preso a esercitare intorno alla gioventù, richiedeva grande calma e mansuetudine e perciò egli voleva mettersi sotto alla speciale protezione di un santo, che fu in questa virtù modello perfetto. Oltre a ciò una terza ragione lo confortava. In quel tempo parecchi errori, specialmente per l'opera del protestantesimo, incominciavano a insinuarsi insidiosamente nei nostri paesi, soprattutto in Torino tra il basso popolo. Orbene, Don Bosco volle con quel mezzo rendersi propizio questo santo, afinchè gli ottenesse dal Cielo attitudine speciale nel guadagnare anime al Signore, lume e conforto a combattere con profitto quegli stessi nemici, dei quali egli; durante la sua vita, aveva così splendidamente trionfato a gloria di Dio e della Chiesa, a vantaggio d'innumerevoli cristiani.

Don Bosco giudicava che lo spirito di S. Francesco di Sales fosse il più adatto ai tempi per l'educazione e l'istruzione popolare. Soleva dire: «il nome di S. Francesco di Sales è caro alla Chiesa e alla Società civile; è il santo della mansuetudine, e la mansuetudine è una virtù che piace a tutti ».

La dolcezza piace indistintamente a tutti, anche e specialmente a quelli che non la praticano, perchè tutti sentono il bisogno d'essere benignamente trattati.

La dolcezza è il profumo della carità, un profumo quasi divino, che penetra nel cuore e lo rende sorgente di felicità.

La dolcezza è il fiore della gentilezza: le anime miti, le anime dolci sono amabili, gentili.

La dolcezza è una virtù che provoca la confidenza, genera l'indulgenza, cementa l'armonia e conserva la pace. Essa è medicina che stagna le più profonde ferite, balsamo che mitiga le pene dei cuori doloranti, forza che domina lo spirito, che soggioga la volontà e conquista le anime.

La mansuetudine, la dolcezza è, infine, la virtù dei santi, la virtù di Gesù, nostro Signore, il quale ha detto a noi e ai santi:

« imparate da me che sono mite e umile di cuore ».

Don Bosco ha dato mirabili prove di questa forza, che fu ed è la base di tutto il suo sistema educativo, sistema il più umano, il più cristiano; sistema fatta per la scuola e per la famiglia, pei maestri e per i genitori; sistema da preferirsi a ogni altro, perchè fondato sulla bontà che è quanto dire sulla carità.

Don Bosco fu maestro e padre de' suoi allievi, ch'egli chiamava « figliuoli ». Il suo sguardo sereno e pieno di tenerezza era il vero e limpido specchio di un animo sinceramente dolce. Gli occhi sono le finestre del cuore. Chi guardava negli occhi Don Bosco, si sentiva vicino suo cuore.

I piccoli.

I ragazzi, incontrandosi con lui, rimanevano soggiogati dal suo paterno sorriso. Gli andavano dietro, ci tenevano a restar ; con lui, a condividere, magari per sempre, il suo pane e il suo lavoro nella povera casa di Valdocco, la casa della carità. I monelli si facevano suoi amici. I capretti (sapeva trovarli e fermarli), sotto la sua mano carezzevole, divenivano agnelli. Quante piccole mani, toccando le sue, su cui cadevano baci e baci di riconoscenza, sentirono la prima stretta materna!

Bisogna ripensare ai primi tempi dell'Oratorio, per formarsi un'idea della forza magica che esercitava la bontà di Don Bosco, quando nei prati di Valdocco cresceva la sterpaglia, e l'Oratorio M , un campo abbandonato, una casa senza cinta, un nido senza ripari. Eppure quel prato, quella casa, quel nido rigurgitavano: i ragazzi vi accorrevano a stormi e vi trovavano la loro casa, il loro mondo.

« Non con le percosse, ma con la mansuetudine li domerai... ». Così la voce del sogno. Il segreto per fare certi miracoli è uno solo: cuore! La bontà è onnipotente. La casa di Don Bosco era il suo cuore. La vecchia tettoia, illuminata dal suo amabile sorriso si trasformava in una reggia. I ragazzi sentono un bisogno estremo d'essere compatiti e amati da chi deve crescerli ed educarli. Essi vanno dove troveranno il dolce alimento per le loro piccole anime: l'amore. I ragazzi sono come i pulcini. Badano forse, i pulcini, se il piatto è nuovo o incrinato, se il pavimento è rotto o levigato, se l' aia è ingombra o spazzata? Non ci badano e si fermano là dove troveranno da beccare. La casa, l'oratorio può essere un palazzo oppure una stamberga: i ragazzi preferiranno sempre la stamberga, se dentro sono sicuri di trovare il cuore di un Don Bosco.

A Valdocco c'era, con Don Bosco, sua madre, mamma Margherita. E fu provvidenziale. L'Oratorio incominciò così con intonazione schiettamente familiare, quell'intonazione caratteristica e simpatica ch'è il vanto più bello e più caro delle Case Salesiane. Mamma Margherita contribuiva, prestando l'opera sua materna, a dare al nuovo ambiente un colorito di semplicità e d'affettuosa intimità, che aveva portato dalla sua casetta dei Becchi. Dove c'è una mamma, c'è una famiglia. Margherita fu la madre di Don Bosco e de' suoi primi orfanelli. L'Oratorio di Valdocco, la culla dell'Opera del Ven. Don Bosco, fu dunque, fin dal suo nascere, di fatto, se non ancora di nome, la Famiglia Salesiana.

Il modello.

Don Bosco, l'abbiamo detto, si era scelto a modello il santo della mansuetudine, San Francesco di Sales. Ne studiava la vita e gli scritti; ne' suoi discorsi ricordava di questo santo ora un detto ora un fatto. Procurava di far conoscere a' suoi giovani specialmente la dolcezza del cuore di lui, che tanti eretici aveva ricondotti alla Chiesa.

Ci descriveva - attesta il fedele cronista di quel tempo, il caro Don Bonetti - S. Francesco di Sales nella sua gioventù, dicendo che il carattere soave e mansueto egli non lo aveva sortito da natura, ma gli era costato grande sacrificio per acquistarlo. Noi a tali dichiarazioni ci formavamo un'idea dell'animo stesso di Don Bosco, il quale - lo confessava francamente - era stato da giovinetto ardente per natura, pronto, energico, insofferente di resistenze.

Eppure noi - conclude Don Bonetti - vedevamo Don Bosco modello di mansuetudine, spirante pace e serenità. Ciò era per noi argomento de' suoi continui atti di virtù, che faceva per dominarsi, qualche volta talmente eroici da riuscire una copia viva e parlante della carità di S. Francesco di Sales.

E preziosa, a questo riguardo, la confessione che Don Bosco fece di se stesso sul punto di decidere della sua vocazione:

« abbraccerò lo stato ecclesiastico, rinuncerò al mondo, mi chiuderò in un chiostro, mi darò allo studio, alla meditazione, e così nella solitudine potrò combattere le passioni, specialmente la superbia, che nel mio cuore hanno messo profonde radici ». Divenuto prete, Don Bosco sentì sempre imperioso il bisogno di perfezionare il suo spirito attingendo a purissime fonti la dolce amabilità che fu l'aureola splendente del suo volto, come i fanciulli da lui amati furono la sua più bella corona.

S. Vincenzo de' Paoli e S. Francesco di Sales, ecco i modelli su cui Don Bosco plasmò il suo spirito e il suo cuore.

Da S. Vincenzo egli trasse la soave affabilità di S. Francesco di Sales, sicché lo spirito di Don Bosco si può stabilire essere quello di S. Francesco, trasfuso dal cuore di S. Vincenzo: spirito di dolcezza, di quella dolcezza cristiana che sa elevarsi su tutte le debolezze umane e compatire e perdonare. E proprio dell'uomo il fallire, come è dei rovi l'avere pungenti spine. Lo spirito ha le sue malattie come le ha il corpo. L'uomo essendo sovente un grande esercizio di pazienza a se stesso, non è strano che eserciti la pazienza degli altri. La dolcezza reprime, soffoca i movimenti della collera e gl'impeti di quel fuoco che turbina nel cuore e sconvolge l'anima; essa si risolve in una grande affabilità, che rassicura chiunque s'avvicina. Il volto sorridente conquista i cuori.

« Dolcezza col prossimo, benchè importuno e noioso... », consiglia S. Francesco di Sales: « andiamo avanti con i nostri compagni di viaggio dolcemente, pacificamente... Forza e risolutezza, ma calma e amorevolezza... ».

Su questi principii il Ven. Don Bosco ha innalzato l'edificio del suo sistema educativo e ha trionfato. Egli soleva dire: « Per fare del bene bisogna avere un po' di coraggio, essere pronti a soffrire qualunque mortificazione, non mortificare mai nessuno, essere sempre amorevole. Con questo sistema gli effetti da me ottenuti furono veramente consolanti, anzi magnifici. Chiunque potrebbe riuscire al pari di me, purchè abbia la disinvoltura e la dolcezza di S. Francesco di Sales ».

Don Bosco ha ottenuto tante belle vittorie perchè ha saputo imitare assai da vicino il suo santo modello e patrono in modo che si può affermare di lui come di S. Francesco (1): « quella sua dolcezza con gli uomini non era che l'espressione di una ferma e sicura energia; raramente un'anima così forte e costante ebbe un aspetto così mansueto e cortese. E questa dolcezza egli insegnò costantemente agli altri con le parole e con gli scritti. Insegnò che l'anima deve progredire e perfezionarsi, seguire la sua austera regola prefissa, senza che il volto si mostri agli altri troppo grave e poco benevolo, senza che i modi siano distratti e scortesi. E così bisogna beneficare le altre anime, ammaestrarle, migliorarle, senza ansie e senza rimproveri, ma con amore fraterno, con persuasione calda, con grande delicatezza ».

1) MILLY DANDOLO. S. Francesco. S. E. I., Torino.

La prova dei fatti.

Lezione a un bambino. - Un giorno Don Bosco si trovava in una famiglia di civile condizione, quando sentì un bambino di cinque anni, che, indispettito perchè gli si era rovesciato il cavalluccio, pronunciò con dispetto il nome di Gesù Cristo. Lo chiamò a sè con dolci maniere, l'invitò a recitare i Comandamenti della legge di Dio, e, come giunse al secondo, l'interruppe e paternamente l'ammonì:

- Sai, figliuolo, cosa vuol dire: « non nominare il nome di Dio invano? ». Vuol dire, mio caro, che non dobbiamo mai nominare Dio, il quale ci vuole tanto bene, senza una giusta ragione e senza divozione, altrimenti commettiamo un peccato, cioè diamo un dispiacere al Signore, e questo specialmente quando proferiamo il suo santo nome con dispetto e con collera, come hai fatto tu adesso... -

Il ragazzino, mortificato, abbassò gli occhi e mormorò:

- Papà lo dice sempre... -

A questa ingenua dichiarazione la madre allibì, il babbo diventò di brace. Con prontezza, però, voltosi al bimbo e accarezzandolo:

- E vero - gli disse - ma ho fatto male. D'ora innanzi non lo dirò più, e voglio che questa sia l'ultima volta anche per te. Va bene? -

E quel Signore smise di bestemmiare.

Dolcezza e disinvoltura. - Don Bosco era stato invitato a pranzo da una famiglia benefattrice. Tra le persone intervenute per fargli onore, due signore, desiderose di udire una sua parola, lo attesero nel salone d'entrata. Erano alquanto scollacciate quelle due signore. Il Servo di Dio, non appena le vide, chinò gli occhi. Poi, subito:

- Scusino - disse - ho sbagliato porta! - e si voltò per andarsene.

- No, Don Bosco, non c'è sbaglio - osservarono premurosamente le due visitatrici: - è qui che è atteso...

- Non può essere!.- ribattè sonoramente il Venerabile: - dove io sono invitato, un prete può entrare liberamente... -

Le signore arrossirono e corsero in cerca di scialli. Compiuta così la toeletta, ritornarono per pregare Don Bosco, il quale era già per le scale, a volerle scusare e a tornare indietro. Don Bosco acconsentì, ed esse durante tutto il pranzo non si tolsero di dosso quegli improvvisati abbigliamenti, benchè, a dire il vero, non fossero proprio dell'ultima moda.

Dolcezza e fermezza. - Per la vita del suo Oratorio il Ven. Don Bosco dovette, fra l'altro, fare molte scale e lunghe anticamere, così, come un poverello che chiede il tozzo, anche quando avrebbe diritto di sedere a mensa.

Valga per tutti il drammatico incontro col signor Provveditore agli Studi di quel tempo, il, Commendatore Selmi. Ne facciamo il nome, poichè, dopo tutto, egli divenne un amico e benefattore di Don Bosco, e quando si è amici di Don Bosco, si ha il diritto di essere presentati e inchinati.

Un momento, però: prima la bufera!

La causa? Questioni scolastiche.

Dopo un'ora e mezza di paziente attesa, Don Bosco è finalmente ammesso all'udienza. Il colloquio si apre con una filza d'invettive che il povero prete raccoglie con animo calmo e viso sereno. Il signor Commendatore, riscaldato, raddoppia la dose. Egli è prevenuto, e, si sa, la prevenzione può fare anche dei bruttissimi scherzi, tanto più se si aggiunge il sospetto e il personale rancore. Questa volta le prevenzioni erano contro i preti in genere e contro del prete Bosco in ispecie.

Cessati i fulmini del signor Selmi, il nostro Don Bosco può finalmente parlare. In piedi, davanti al suo giudice, si difende:

- Creda, signor Commendatore, le cose non stanno precisamente come a lei pare... Forse lei non sa.- Io credo che.. Ecco, mi spiegherò...

E Don Bosco si spiega con tale chiarezza e buona grazia che il Selmi, vinto dalle ragioni e tocco dal tono affabile e amorevole dell'umile sacerdote, si ricrede e si dispone a battere in ritirata.

- Se le cose stanno così - riprende con calma il signor Provveditore Selmi -lei, reverendo, non ha torto... -

E poichè Don Bosco non ha torto, si gettano i ponti, e anch'egli può sedere ed esporre. L'occasione è propizia. Il Servo di Dio fa la storia del suo povero Oratorio, schiera davanti al suo attentissimo interlocutore i suoi mille giovinetti ricoverati, così bisognevoli di... tutto.

L'onesto funzionario, il Commendatore Selmi dico, si convince, si commove e non tarda a lasciar cadere nel cuore di colui che aveva da prima ingiustamente offeso, la consolante parola della riparazione, della stima e dell'amicizia:

- Lei, signor Don Bosco, avrà d'ora innanzi in me un protettore. Domenica verrò a trovarla a Valdocco: verrò con la mia famiglia... - E così fu.

Dolcezza e paterna severità. - Don Bosco diceva, spiegando il suo sistema: dolcezza non sdolcinature; amorevolezza non moìne, non sentimentalismo morboso; affezione, non beniaminismo; affabilità, indulgenza, carità cristiana, quella carità che non può escludere il severe intervento, quando specialmente si tratta d'impedire il male e l'offesa di Dio.

Anche Gesù, così mite e misericordioso, usò parole di fuoco verso gli assassini del gregge (gli Scribi e Farisei), che gli avvelenavano le anime e gli rubavano quelli che a lui accorrevano. « Razza di vipere! », gridava Gesù e alzava lo scudiscio contro i profanatori del Tempio Santo: « fuori di qui! ».

Nell'Oratorio di Valdocco era raccolto e custodito il gregge. Ma, ahimè, nel gregge riusciva a infiltrarsi, in veste d'agnello, qualche lupo insidiatore...

Don Bosco, vigile e amoroso pastore, temeva, tremava.

Una sera (la sera memoranda del 16 settembre 1867) raccolti i suoi giovanetti, dopo la preghiera, così loro parlò:

- Figliuoli, tra di voi vi sono alcuni sciagurati che seminano zizzania e dànno scandali a rovina dei compagni... Per questo io soffro quanto non posso dire. A costoro io dico: che male vi ho fatto? non vi ho amati abbastanza ? non vi ho tenuti, come miei figliuoli? non vi ho dato tutto quello che potevo dare? so io quel che sopporto per salvarvi, miei cari figliuoli... Aver sudato mesi e anni per un giovane e poi... essere costretto a cacciarlo di casa, perchè rovina gli altri... Sì, a cacciarlo! Sappiate che Don Bosco è il più bonomo che vi sia sulla terra: schiamazzate, rompete... saprò sempre compatirvi; ma guai a chi cerca di rovinarmi le anime! Quando un giovane entra nella mia casa - continuó Don Bosco con accento materno - il mio cuore esulta: è un'anima che mi si affida, di cui debbo rendere stretto conto a vostro padre, a vostra madre, a Dio... Questo giovane diventa mio figliuolo, mia corona. Di figliuoli ve ne sono dei buoni (corona di fiori) e dei cattivi (corona di spine), che mi fanno tribolare giorno e notte con le loro continue punture... Ma saranno strappate, recise, rigettate... Alcuni di voi sono indegni dell'ovile, perchè sono dei lupi... Via, fuori dell'ovile... -

Dopo una pausa di profondo e angoscioso silenzio, caddero, tra la folla ammassata e trepidante dei giovani, sei nomi. A ogni nome si udiva uno scoppio di pianto. Raccontarono quelli che furono presenti a questa scena che Don Bosco era, quella sera, commosso fino alle lagrime. La sua voce di condanna aveva tutto l'accoramento, rivelava tutto lo, sforzo, lo strazio di un cuore paterno.

Ma ci voleva l'esempio. Via cinque o sei, ma sia salvo il gregge!

I colpevoli, pentiti, s'aggrapparono alle sue braccia. Non dissero una parola quella sera; non potevano parlare. La disse Lui, il buon padre, la parola del conforto, a ciascuno, prima che andasse a riposo. Ma la decisione, mitigata fin dove fu possibile, ebbe il suo compimento ; e la lezione, dura lezione, servì e come!

Questo caso dove trionfa, per così dire, la severa paterna autorità, non sminuisce affatto la bontà e la dolcezza del nostro

Venerabile Maestro, anzi la completa, perchè la spoglia di quella malintesa indulgenza, la quale non è altro che debolezza, che in certi casi potrebbe essere causa di guai irreparabili. Se il puledro scapestra, stringi il morso, tira le briglie, frenalo, se no, andrai anche tu a rompicollo, se no, finirai con esso nel precipizio.

Il vero discepolo di Don Bosco, l'educatore perfetto, deve inclinare verso della bontà, conciliando (non è cosa sempre facile) la dolcezza con la fermezza e la ben intesa severità.

Secondo Centenario della Canonizzazione di S. Luigi Gonzaga.

Facciamo note ai nostri zelanti Cooperatori, specialmente sacerdoti e maestri addetti alla cura dei giovani, le preziose raccomandazioni che il Superiore Generale, Don Filippo Rinaldi, ha rivolte ai Direttori e Capi d'istituto delle Case Salesiane, perchè sia degnamente celebrato il secondo Centenario della Canonizzazione di S. Luigi Gonzaga, sicuri che sapranno farne tesoro.

In un numero precedente degli Atti - scrive il signor Don Rinaldi - ho già richiamato la vostra attenzione sul secondo Centenario della Canonizzazione di San Luigi Gonzaga che si compirà col 31 dicembre di quest'anno, insistendo sulla necessità di celebrarlo degnamente anche noi Salesiani, non solo come figli devoti della Chiesa, ma in particolare come figli di Don Bosco, e indicandone anche la maniera.

Lasciate adesso ch'io vi rinnovi una calda raccomandazione a questo riguardo. Desidero che l'anno scolastico in cui stiamo per entrare, sia davvero un anno aloisiano per i nostri giovani. A questo deve animarci anche la parola del Santo Padre Pio XI, il quale nella Lettera Apostolica indirizzata in occasione del Centenario suddetto al Generale dei Gesuiti, si degnò di fare espressa menzione del nostro Ven. Padre Don Bosco, quale devoto di San Luigi in questi termini: « E per citare uno solo tra i più recenti educatori e maestri della gioventù, Don Giovanni Bosco, egli non solo fu teneramente devoto di San Luigi, ma tal devozione lasciò in eredità ai suoi figli, e soleva viva-mente inculcare a tutti i fanciulli che prendeva sotto il suo magistero educativo, e tra essi s'innalzò sopra tutti nell'imitazione di San Luigi l'anima candidissima di Domenico Savio, che per sì breve tempo Dio concesse e lasciò all'ammirazione degli uomini sulla terra ».

Il Santo Padre ha ricordato Domenico Savio come esempio del gran frutto che otteneva Don Bosco tra i giovani per mezzo della devozione a San Luigi; ma se ne potrebbero citare molti altri, come Michele Magone e Francesco Besucco, nella vita dei quali appare manifesto il benefico influsso di questa devozione; anzi si può dire che ad essa in gran parte si deve se nell'Oratorio sbocciarono tanti bei fiori di santità angelica.

Già vi dissi l'altra volta quale sia il miglior omaggio che possiamo fare a S. Luigi in questo suo Centenario; rinnovarci e ritemprarci nell'imitazione di Don Bosco, promuovendo questa devozione nel modo e per i fini da lui voluti. Don Bosco propose San Luigi a modello dei suoi giovani sopratutto per animarli a conservare immacolato il bel giglio della purità, usando a tal fine i mezzi che usava il Santo: mortificazione dei sensi, distacco da ogni cosa terrena, frequenza dei Sacramenti. E per incoraggiarli a ciò coi vincoli dell'unione, e fortificarli col vicendevole appoggio morale, fondò la Compagnia di San Luigi, che ebbe l'onore di contare tra i suoi primi soci S. S. Pio IX, il Cardinale Giacomo Antonelli, Mons. Fransoni Arcivescovo di Torino e altri cospicui Prelati.

I nostri buoni Direttori si sforzino di seguire anche in ciò gli esempi paterni; facciano conoscere ai giovani la vita di S. Luigi e anche quella dei nostri santini che emularono le sue virtù; promuovano le pratiche di pietà in suo onore, quali si trovano nel Giovane Provveduto, e consacrino una cura tutta speciale alla Compagnia di San Luigi, per mantenerla nello spirito che le diede Don Bosco, spirito che si rivela nel Regolamento di essa, compilato da lui medesimo.

Oltre a queste cose - che si debbono fare sempre, e non solo quest'anno, come ben comprendete - ve ne suggerisco alcune altre, do farsi per celebrare il Centenario con la dovuta solennità, com'è pur desiderio del S. Padre:

A) Si prepari la celebrazione mediante riunioni dei giovani, nelle quali si tratti di Don Bosco e San Luigi: della vita casta, mortificata di questo Santo, del suo disprezzo per le cose mondane; dell'influenza che la sua devozione ha da esercitare sull'educazione salesiana.

B) Nel tempo che si riterrà più opportuno, si celebri una gran festa, con solenni funzioni in chiesa, e con una bella accademia, non omettendo di far recitare bene il dramma che tratta della vita e vocazione di S. Luigi.

Mi piace qui ricordare che fu questo dramma che diede la spinta decisiva alla vocazione del nostro compianto Mons. Lasagna, come si legge nella sua biografia.

Confido che tutti vi adoprerete con impegno affinchè i festeggiamenti salesiani in onore di S. Luigi Gonzaga abbiano a riuscire tali, da poter degnamente figurare tra quelli che gli verranno tributati dall'intero mondo cattolico. In tal modo vi dimostrerete veri figli di Don Bosco e fedeli continuatori del suo pensiero e delle sue opere.

Termino col darvi la strenna per il 1927:

ONORARE S. LUIGI GONZAGA IMITANDO LE SUE VIRTÙ E INVOCANDOLO DIVOTAMENTE.

Così il Successore del Ven. D. Bosco insiste affinchè abbiano a perdurare e ad accrescersi i frutti della ravvivata divozione a S. Luigi Gonzaga, il santo dei giovani, il santo dei Collegi e degli Oratori salesiani.

L'anno 1926-27, nel pensiero e nel desiderio del Superiore Generale Don Rinaldi, deve essere un anno scolastico salesiano e schiettamente aloisiano. Feste, accademie, commemorazioni, tutto dovrà servire a intensificare la divozione verso il giovane Santo che il Ven. Don Bosco ha scelto come modello fin dagli inizi del suo Oratorio per tutti i suoi giovani.

L'eco delle grandiose feste indette in tutto il mondo cattolico per il II Centenario della canonizzazione di S. Luigi Gonzaga, feste che hanno raggiunto il massimo loro splendore con la celebrazione romana del 31 dicembre 1926, sarà sempre viva in tutti i cuori. I giovani non potranno dimenticare le radiose giornate dell'agosto e settembre scorso vissute a Castiglione delle Stiviere; i giovani si riaccenderanno di zelo e di amore verso il loro Santo Protettore nella visione del trionfo pieno e sfolgorante della sua reliquia trasportata con onori regali dalla città del suo natale alla città della sua morte gloriosa. Da Castiglione a Roma il Capo di S. Luigi fra ghirlande di gigli viaggiò tracciando una scia splendente di luce, raccogliendo omaggi di clero e di popolo, manifestazioni di giubilo e fervide preghiere d'innumerevoli devoti.

L'urna, sorretta con gioia dalle spalle di giovani, portatori, passò trionfalmente fra la folla acclamante e orante di Roma.

In quel giorno il Papa Pio XI, nella severità del rito pontificale, in S. Pietro si inchinava e rendeva omaggio alla purissima e radiosa figura del Giovane Angelico che, a tre secoli di distanza, passava trionfante per le vie della Città Eterna, già testimone delle sue eroiche virtù.

S. Luigi Gonzaga, in compagnia del suo glorioso compagno S. Stanislao Kostka, l'immortale giglio della Polonia, elevato insieme agli onori degli altari era con lui esaltato e glorificato dal popolo festante. In S. Pietro veniva così riconsacrata dal Vicario di Cristo la loro gloria e sanzionata la loro virtù. S. Luigi, S. Stanislao: due giovani che con la loro vita angelica hanno unito la terra al cielo e con la gloria dell'altare il cielo alla terra!

Gli allievi di Don Bosco terranno ben fissi gli sguardi in questi due santi modelli.

Gli allievi di D. Bosco ricorderanno anche e mediteranno le elevate e affettuose parole che il Santo Padre ha rivolte, indirizzandole a tutti i giovani cattolici del mondo, ai giovani cattolici di 25 nazioni raccolti nell'aula delle beatificazioni: « Salvete, flores! ». Salute, o fiori, fiori della vita, fiori dell'età, speranze dei tempi futuri!...:

Amate la purezza, decoro e ornamento dell'età>' giovanile: quando c'è la purezza, fioriscono tutte le altre virtù. Amate la purezza... La purezza alimenta luce alla mente, generosità al cuore, energica all'anima e la salute allo stesso corpo.... Traete esempio da S. Luigi!

Gli allievi di Don Bosco vogliono essere, sugli esempi dei compagni passati (Domenico Savio, Michele Magone, Francesco Besucco e altri) che seppero imitare così da vicino le virtù di San Luigi, fiori di vita, fiori di bontà, fiori di santità.

L'apoteosi romana e Nazionale di S. Luigi Gonzaga - facciamo nostra l'opportunissima conclusione dell'Eco degli Oratori Milanesi - non deve rimanere soltanto un mirabile fatto di cronaca, ma deve segnare l'inizio di generale rifiorimento. Fissando l'occhio nella luminosa figura che tanto luce sparge attorno a sè, i giovani devono comprendere come il vero valore della vita stia non nell'accontentamento degli istinti e delle passioni, ma nell'esercizio costante e devoto della virtù, la sola che possa fare dell'uomo un eroe ed un santo; e devono quindi stringersi attorno al Santo di Castiglione per avere luce e conforto, incitamento ed aiuto nel cammino aspro ma nobile della virtù.

UN OTTIMO LIBRO,

Sac. ANTONIO CoJAZZi. - Federico Ozanam (L'Uomo e l'Apologista). Bel volume di pag. 32o: L. 12 -

Un libro di grande interesse e di vera edificazione è questo su Federico Ozanam scritto dal salesiano Don ANTONIO COJAZZI. Noi lo indichiamo ai fedeli, a tutti i fedeli perchè è un libro pieno di luce, di amor di Dio, d'insegnamenti di vita cristiana e di virile fermezza.

L'Autore ha bandito da queste pagine tutte le astruserie filosofiche ed è venuto a considerare direttamente l'Ozanam nei suoi diversi atteggiamenti di uomo di pensiero e d'uomo di fede e, come tale, di fondatore e animatore di quelle Conferenze di S. Vincenzo che, nate da lui, a poco a poco accesero del fuoco della carità di Cristo, cuore di tutte le terre e di tutte le patrie.

Il libro ha il preciso scopo di presentare al gran pubblico italiano nella sua verità storica e nella sua bellezza interiore la figura di colui che è candidato alla gloria degli altari; di farlo amare dai giovani perchè attraverso l'ammirazione della sua vita che fu un capolavoro di virtù siano tratti a stringersi intorno alle Conferenze di S. Vincenzo ; perchè rifulga la cara dolce figura di Pier Giorgio Frassati che dalle Conferenze di S. Vincenzo attinse luce e ardore per cui brillò, nuovo miracolo cristiano, con l'augurio che il suo esempio di giovane ventiquattrenne guidi i giovani cattolici sulle vie della carità illuminata.

LA VITA DELLE NOSTRE MISSIONI

EQUATORE. (Tra i selvaggi Kivaros).

Una visita alla Missione.

Interessante diario di MONS. DOMENICO ComiN, Vicario Apostolico di Mendez e Gualaquiza.

22 marzo 1926. - Partenza del coadiutore Tettamanzi.

Siccome da parecchi giorni non piove, le strade sono buone. Alle 4 pomeridiane si arriva a Granadillas. La località ha preso questo nome dal frutto saporitissimo delle sue piante, detto granadilla.

Una dolorosa sorpresa: non troviamo più «Mamma Jacoba », la buona vecchia da tutti conosciuta.

Mi viene indicato il luogo, dove riposano i suoi resti mortali. Mamma Jacoba è morta a novant'anni!

Essa aveva visto entrare a Gualaquiza i primi Missionari Salesiani e di tutti sapeva il nome. Era stimata e benvoluta. Fu per me di grande pena il non vedermi più ricevuto in quel luogo dal sorriso bonario della cara vecchietta.

Ora occupa la sua casa una famiglia di Sigsig, la quale ci ha fatto cordialissima accoglienza.

Verso sera alcuni si confessarono per ricevere, il giorno seguente, la Santa Comunione.

Il sacro tempo di Passione mi offrì il tema di una breve predichina, ascoltata cori molta attenzione e, speriamo, con il desiderato frutto.

23 marzo. - Presso Cihuinda vive una buona famigliuola, che ci conosce, e ci riceve festosamente. Tre bambini vengono sorridenti incontro al Vescovo. Portano il cappello ripieno di petali di fiori silvestri. Mi salutano con bel garbo: poi s'avviano davanti a me, come piccoli battistrada, spargendo di fiori il sentiero.

Giunto presso alla loro casa, il babbo mi offre una grossa tazza di latte munto di fresco. Regalo a tutti una medaglia di Maria Ausiliatrice; chiedo premuroso notizie della loro salute, dei loro affari, facendo i migliori auguri di prosperità, e, data la mia benedizione, riprendo fra gl'inchini e i ringraziamenti il mio cammino.

Dopo una breve tappa a Boliche, dove ebbi occasione di constatare la generosità e la straordinaria fede di quella buona gente, continuai le mie peregrinazioni verso Rosario.

Don Bohne e parecchi altri della colonia erano venuti a incontrarmi. Visitai la nuova Cappella, la quale, benchè povera, non è indegna della nostra Santissima Madre.

Partii da Rosario diretto a S. Michele d'Aguacate. In questo tratto di viaggio mi sorprese un forte malore, per cui dovetti pormi a letto. Quel malessere mi durò tutto quel giorno e la notte seguente.

24 marzo. - Sentendomi un po' meglio celebrai la S. Messa nella Chiesina di S. Michele d'Aguacate. Da tutte le parti vennero numerosi coloni a salutare il Vescovo. Verso sera i bambini e le bambine della scoletta tennero una riuscitissima accademia in onore del loro Pastore che veniva a visitarli e a benedirli.

La permanenza stabile del missionario in questi luoghi ha fatto e fa un gran bene.

- Se c'è il sacerdote con noi - mi disse una buona donna - che cosa ci manca ?

25 marzo. - Salito a cavallo per partire alla volta di Gualaquiza, fui circondato da moltissimi coloni, i quali s'erano fermati presso alla residenza del 'Missionario fin dall'arrivo del Vescovo, per potergli parlare, per udirlo e accompagnarlo quando si rimetteva in cammino per un buon tratto di strada.

Così fecero. Si mossero con me. Passato il fiume S. José, si fermarono e s'inginocchiarono per ricevere la benedizione. Rialzatisi, mi augurarono ripetutamente buon viaggio, facendosi promettere che sarei presto ritornato fra di loro. Promisi una prossima visita, aggiungendo che in quella circostanza avrei benedetto la nuova Cappella dedicata al glorioso Patriarca S. Giuseppe. Ripartii fra le acclamazioni.

A quando a quando lungo il sentiero m'imbattevo in viaggiatori che guidavan mule cariche di prodotti, che dalla foresta s'esportano a Sigsig. Graditissimo era per loro l'incontro del Vescovo dal quale ricevevano rispettosamente una buona parola, il saluto e la benedizione.

Nell'ultimo tratto di strada un gruppo di peomes (garzoni) attendevano a tagliare piante e arbusti per rendere sgombro il sentiero che prima non meritava certamente un tale nome. Fu per me una grata sorpresa, giacchè altre volte avevo trovato difficilissimo il passaggio in quei luoghi.

Alla Missione ci aspettavano pel sabato seguente, e quindi la nostra comparsa produsse sorpresa.

La notizia dell'arrivo del Vescovo si sparse subito fra i coloni e cominciarono le visite.

Novità ? Al solito: racconto di lotte e uccisioni tra i selvaggi. Benchè i Kivaros mantengano gelosamente il segreto sulle loro tremende risse e vendette, pure qualche cosa era trapelato.

Ecco l'ultima storia di sangue.

Ciriapa, un feroce Kivaro al quale si attribuiscono parecchi assassinii, sta in agguato per farla finita anche con i parenti e gli amici degli uccisi. Uno degli uccisi dal Ciriapa è Tunaza, amico di Tibirma. Ora Tibirma sa il proposito di Ciriapa, che è quello di sopprimerlo e sta in guardia, si difende, cerca l'occasione per assassinare il rivale.

I due capi, Ciriapa e Tibirma, hanno molti aderenti. O presto o tardi avverrà la strage.

Se si parla coi due selvaggi, pare che non ci sia nulla a temere. I Kivaros sono maestri nel fingere. Sviano l'attenzione per fare il colpo a tradimento.

Difatto il Ciriapa fu già lì lì per lasciarci la pelle.

Il fatto avvenne così. Un giorno gli si presentò un Kivaro, certo Najande, col pretesto di volere trattare di pace fra lui e Tibirma. Un figlio di Ciriapa s'era messo, durante il dialogo, in agguato con lo schioppo carico e pronto ad ogni evento. Najande, che durante la discussione agitava febbrilmente la lancia, approfittò d'un momento opportuno e la ficcò con forza nel petto del Ciriapa. Il figlio di Ciriapa, visto questo, sparò un colpo di fucile contro Najande, il quale, sentendosi ferito, strappò con sforzo la lancia dal petto in cui l'aveva conficcata e fuggì, andando a stramazzare poco lontano nel folto della foresta, dove morì. Ciriapa, soccorso e curato dai suoi, se la cavò ancora a buon mercato, non ostante la profonda ferita e il sangue versato a fiotti.

Ora vive ed è disposto a continuare la sua vitaccia da assassino. Mostra la larga ferita della lancia e se ne gloria.

Così sono questi selvaggi: vendicativi, feroci... Quando finiranno queste stragi ? Come imporsi a questi infelici e domarli?

Il Missionario fa quello che può e con la sua autorità morale riesce a spegnere odii e impedire massacri. Non sempre però. Il missionario interviene ogni volta che può, assoggettandosi a mortificazioni, affrontando pericoli... Basta ciò ?

Un giorno il kivaro Bosco, più d'ogni altro giudizioso, mi chiese:

- Com'è che ci lasciano in balìa di noi stessi?

28 marzo. - Qualche Kivaro venne alla Missione. La presenza del Vescovo è presto saputa dai selvaggi, i quali accorrono per vederlo e chiedergli regali...

I primi ad arrivare, di buon mattino, sono Kayapa, Andrea, Bosco e altri accompagnati dalle rispettive famiglie.

Li osservai in chiesa. Se ne stavano abbastanza quieti. Solo al formarsi della processione delle Palme, invitati i Kivaros a mettersi in ordine dietro ai Cristiani, scoppiarono tutti in una sonora risata. Li richiamai con un serio: « così non si fa! » e tacquero.

Alcuni mostrano di capire che la Casa di Dio merita rispetto, e vi si comportano benino; altri stanno zitti, perchè così fanno i più buoni; qualcuno si fa il segno della Croce e genuflette prima d'uscire dal luogo santo; ma purtroppo siamo ancora lontani, molto lontani dal nostro ideale. Questi poveretti non hanno ancora il palatum cordis per gustare le cose dello spirito.

Ogni volta che vengono alla Missione, la domenica e le feste si rilascia loro il così detto bigliettino di presenza alla Messa e al Catechismo. Con questo biglietto possono avere dal missionario qualche regaluccio: un ago, uno spillo, un po' di filo, uno specchietto, un zufoletto, ecc., quindi si guardano bene dall'allontanarsi senza avere prima ritirato il premio tanto ambito. Con questo mezzo otteniamo che vengano più numerosi e costanti a ricevere un po' d'istruzione religiosa.

A togliere loro . ogni pretesto di non frequentare la Missione, prepariamo nei nostri campi la refezione comune. Le domeniche e feste facciamo bollire la grande pentola ripiena d'ogni... ben di Dio. Soddisfatto il loro stomaco, si fermano volentieri col Missionario che n'approfitta per distribuire, dopo il cibo del corpo, il pane spirituale alle loro anime.

Avvicinai il kivaro Bosco e lo invitai a passeggiare e a discorrere con me. Mi son fatto dire come se la passa con Dio e con gli uomini, e non mancai di raccomandargli di raddrizzare, con buona volontà, tutto ciò che vedevo io e che doveva vedere anche lui, di storto nella sua condotta.

- Mi trovo male! - mi disse accorato: - se potessi... Ma ormai...

- Che cosa ti affligge?

- E venuto da me un mio cognato, e vuole costringermi a lasciar partire con lui le mie figliuole.

- Ma tu sei il padre, e devi dire di no.

- Sta bene. Lui però protesta il suo diritto dicendo che mia moglie è sua sorella e quindi può disporre delle figlie come erede: può ammazzarle anche... E mi minaccia, la bestia!

- Sii uomo, Bosco: le figlie sono tue e guardati bene dal gettarle fra quei lupi. Esse sono cristiane; tu lo sai questo e sai anche quali gravi obblighi t'impone il Signore.

- Sì, lo so. Resisterò fin che potrò. Ma tu aiutami a salvare le mie figlie.

- Il missionario è qui per questo. Puoi dubitare del suo appoggio? - Bosco mi diede un'occhiata piena di riconoscenza.

Ed io pensavo: quando suonerà l'ora di Dio per tanti poveri schiavi della selva? Quando potremo vederli tutti sollevare la loro fronte, illuminata dal raggio divino della fede?

3o marzo. - Due Kivari, armati di schioppo, salgono le scale e mi si presentano risoluti:

- Veniamo da Chuchubleza; siamo qua per visitarti. Che cosa hai portato?

- Ditemi prima: siete voi amici del Ciriapa ?

- Sì, lo siamo, e lo stesso Ciriapa è lì che viene per vederti e salutarti.

Passano pochi istanti e Ciriapa entra, accompagnato da uomini armati e da alcune donne portanti ceste di yuca.

Lo saluto chiamandolo per nome.

- Come, tu mi conosci?

- Ti conosco da molto tempo. Che cosa significa questa grossa cicatrice che ti segna il petto?

- Non lo hai saputo? Quel birbante di Tibirma si servì del Najande per colpirmi a tradimento. Mi ficcò qui, vedi, la lancia, e sarei morto sicuramente se non fosse stata estratta subito. Mi passò da parte a parte. Ma... pagò... Se n'andò con la sua lancia, bagnata del mio sangue, al bosco e là è morto. Mio figlio gli aveva sparato e lo colpì bene.

- Sempre risse, sempre sangue. E quando la finirete di assassinarvi così?

Ciriapa taceva.

- Ben, parliamo d'altro. Chi sono tutti costoro che ti accompagnano?

- Questi è mio figlio; questa è mia moglie; costui è mio amico...

lo capii benissimo. - Ciriapa teme l'assalto di Tibirma e perciò viaggia ben accompagnato.

Il Kivaro che vuole uccidere il suo nemico, aspetta finchè non lo trovi solo. Vuole essere sicuro di fare il colpo, senza che altri possa reagire. Se Najande avesse visto il figlio di Ciriapa col fucile pronto a sparare, non avrebbe vibrato la lancia.

Li salutai uno per uno. E allora si venne alla conclusione che è sempre la stessa pel Kivaro che incontra il missionario.

- A me lo specchio.

- Dammi un amo.

- Dammi questo, dammi quello... -

Accontentai ognuno meglio che potei. E poichè venivano da lontano e sentivano forti gli stimoli della fame, distribuii loro abbondanti banane.

Chungi, risoluto, gridò:

- Non ne voglio di banane, io: non so che farmene.

E le gettava via con disprezzo.

- Perchè fai così ? - gli chiesi severamente.

- A tutti hai dato l'amo; a me e a mio fratello, che vedi là, non l'hai dato. L'amo voglio prima, l'amo darai a mio fratello e poi accetterò le tue banane... -

Credetti bene d'accontentarlo.

I kivari sono qualche volta dei bambinoni...

La comitiva entrò poi in chiesa per la predica e la benedizione. Non si comportarono male. Ne ringraziai il Signore, tanto più perchè ne vidi molti, e fra gli altri lo stesso Ciriapa, prendere l'acqua benedetta e farsi il segno di croce.

31 marzo. - Di buon mattino Ciriapa si dispose con i suoi a ritornare alla capanna. Partì.

Seppi poi che passando presso alla tomba del povero Timaza, ucciso l'anno scorso dal Ciriapa e compagni, gli gettarono delle pietre. Tanto è radicato in questi disgraziati lo spirito di vendetta, che non la perdonano neppure ai morti.

Partiti i selvaggi, incominciai a fare la mia visita ai coloni. È consolante vedere come il numero di essi va aumentando e come attendono con interesse a far produrre la terra, per ricavarne non solamente la canna da zucchero, ma anche caffè, mais, banane, yuca, fagiuoli, ecc. Aumenta così la produzione e si allarga l'esportazione.

In questi giorni fui molto consolato dalla frequenza alla missione di numerosi coloni, i quali vennero per attendere agli Esercizi spirituali in preparazione alla santa Pasqua. Assistettero pure devotamente a tutte le funzioni della Settimana Santa.

Da deplorarsi l'assenza quasi completa dei Kivari.

Abbiamo in casa il kivaretto Gioacchino, nipote del Kayapa. Per occuparlo un po' gli si diede del caffè, perchè scegliesse il già secco dall'altro che ancora non l'era. Il ragazzo si mise al lavoro con molta svogliatezza e pareva che volesse lì per lì troncare la... faticosissima (!) operazione. Me n'accorsi e:

- Coraggio, Gioacchino,- gli dissi - ti darò un bell'amo, quando avrai finito.

- Sta bene - rispose il furbacchiotto - e riprese con un po' più d'energia la cernita del caffè.

Non muovono un dito questi infingardoni, se non hanno la speranza del compenso.

Anche Gioacchino è preso da questo male.

Finita la cernita del caffè, gli presentai il premio promesso.

- No - disse risolutamente - l'amo non lo voglio; dammi invece un gomitolo di filo di bel colore.

Glielo diedi e ne fu contento.

Qualche parola di Dio e dell'anima, brevi orazioni (il Padre Nostro e l'Ave Maria nella loro lingua), il buon esempio dei cristiani migliori, molto affetto che loro si dimostra, l'interesse del missionario per ciò che li riguarda e che essi stimano e desiderano, ecco ciò che si può dire e si può fare per questi poveri infelici, mentre si aspetta che aumentino gli operai sani di corpo e di anima che possano intensificare l'azione di oggi e fare breccia sul cuore del kivaro.

Vennero a trovarmi anche due figli del Tuiza, vecchio kivaro di Cuchipamba, il quale per l'età e gli acciacchi non può muoversi di casa. Così dicono i figli con molta pena.

Tuiza ricevette istruzione cristiana dal gesuita Padre Pozzi a Gualaquiza, ma temo che approfitti poco di sì bella fortuna.

Per mezzo del figlio Antonio gli mandai i miei saluti con dei regali, raccomandandogli di ricordare e di praticare ciò che gli fu insegnato dai missionari, tanto più che ha ormai i piedi su l'orlo della tomba.

Antonio fece bene e devotamente il segno di croce. Io gli raccomandai di ripeterlo ogni giorno prima di uscire di casa e ogni sera prima di mettersi a dormire.

- Non dubitare - mi disse; - così farò.

- E ti guarderai dal prendere parte alle guerre... Sai che il cristiano non può fare del male a' suoi simili e molto meno può dare la morte a' suoi fratelli kivaros.

- Dici bene: non si deve ammazzare nessuno, e quindi fa male Ciriapa che non pensa ad altro che a uccidere... Ci fu chi volle indurmi a lasciare la tranquillità della mia casa per unirmi a chi vuol guerra: risposi che no, che no.

- Sei solo in casa ?

- Sono solo! Ebbi moglie e me l'han portata via... L'han condotta al Pongo.

- Fatti coraggio, Antonio, prendi questi regali e sii buono, sempre buono! -

Antonio prese ogni cosa e se ne andò.

4 aprile. Giorno di Pasqua. - Molti Kivaros vennero alla Missione. Ve ne furono presenti alle due messe.

Anche questo giorno di festa minaccia d'essere funestato da qualche fattaccio. Si conferma la notizia che un gruppo di Kivaros sono partiti verso Mendez con il proposito di uccidere a tradimento uno dei loro. Che il buon Dio sventi il perfido disegno!

In tale giorno ebbe luogo, oltre che una bella manifestazione di stima e affetto al Vescovo da parte dei Salesiani e coloni, la distribuzione di tele e vestiti ai selvaggi più assidui alla Missione.

Stimolati dalla speranza della ricompensa, questi poveri figli della selva continueranno ad avvicinarsi a noi, che cer chiamo tutte le vie per giungere alla conquista delle loro anime. Oggi ancora, purtroppo, dopo tante fatiche e sudori, il kivaro rimane l'animalis homo con i suoi vizi e le sue perverse abitudini: quel poco che fa per accontentare il missionario non è quasi mai frutto di convinzione. Se impara e ripete qualche risposta di catechismo, se recita una brevissima preghiera, se promette (e non mantiene quasi mai la parola data) di non vendicarsi del suo rivale, mira sempre alla rimunerazione materiale.

E che perciò? Dovremo disanimarci? Lascieremo, sfiduciati, questo campo così arido e bisognevole d'essere lavorato? No, no.

Sull'esempio del Ven. Don Bosco, che qui ci ha inviati, continueremo fidenti nell'Ausiliatrice e con sempre più zelo la nostra santa missione. Dopo le fatiche e i sudori spunterà il giorno della messe.

Intanto ringraziamo il Signore di potere in qualche modo (sia pure con mezzi materiali) attirare a noi questi poveri disgraziati figli della foresta.

*

5 aprile. - Partii alla volta di S. Michele d'Aguacate. Vi giunsi verso sera. Molti coloni erano venuti fino al ponte del Rio S. José a incontrarmi. M'invitarono a passare il ponte a cavallo. Questo ponte nell'andata lo trovai così rovinato che dovetti attraversare il fiume a guado. I buoni coloni nel frattempo erano riusciti a ripararlo.

Ed io passai sulla mia cavalcatura, un po' trepidante, a dire il vero, per il fatto che i tavoloni, non essendo ancora inchiodati, si movevano e potevano dar luogo a qualche brutta sorpresa. Avvenne proprio così. In un punto una zampa del cavallo sprofondò in una fessura dell'assito posticcio, e poco mancò non succedesse una grave sciagura. Per fortuna la cosa andò per il meglio e me la cavai senza dolorose conseguenze.

Mi fermai a benedire solennemente la cappelletta dedicata a S. Giuseppe, costruita dal missionario Padre Torka, e quindi mi diressi alla Missione. Provai una grande consolazione nel sentire che durante la Settimana Santa i buoni coloni avevano assistito numerosi agli esercizi che si tennero in preparazione alla Santa Pasqua. Le Comunioni furono assai numerose.

Parecchi di loro, per poter prendere parte alle funzioni, dovevano fare parecchie ore di viaggio per sentieri difficilissimi.

Durante i pochi giorni di permanenza a S. Michele d'Aguacate ebbi anche il conforto d'assistere agli esami semestrali dei bambini e delle bambine della colonia, . ammirando il loro profitto e la loro ottima preparazione, dovuti allo zelo della loro brava maestra.

Prima di lasciare la Missione, benedissi un'altra cappella dedicata alla Vergine del Rosario nella località omonima.

Fu per me una gradita sorpresa e motivo di consolazione il vedere che alla Madonna si era innalzata una modesta ma graziosa cappelletta in cambio dell'altra vecchia e malandata nella quale, per vari anni, avevo dovuto celebrare a malincuore i divini misteri.

RICHIAMIAMO L'ATTENZIONE

Non è sufficiente, scrivendoci per notificare il proprio domicilio, dare i soli numeri della fascetta del "Bollettino", perchè i numeri non corrispondono ai nomi. È INDISPENSABILE che si scriva chiaro il

NOME e il COGNOME con cui si riceve il " Bollettino". Trattandosi dl correzione d'indirizzo bisogna

che ognuno notifichi dove risiedeva prima.

AZIONE SALESIANA

APPELLO GENERALE.

Cooperatori ! Cooperatrici!

Nel compiersi il 1° Cinquantennio dacchè il nostro Ven. Don Bosco istituiva i Cooperatori Salesiani, ricordando il bene grande che questi hanno compiuto sia aiutando direttamente la Società Salesiana nelle sue svariate opere e Missioni, sia ricopiandone lo spirito e imitandone l'azione, quali Terziari del Ven. Don Bosco, l'animo si commuove, e dal profondo del cuore parte il fervido inno di riconoscenza a Dio e alla Vergine SS. Ausiliatrice pel gran bene fatto.

Ma una speciale parola va pure diretta a voi, Benemeriti Cooperatori e Benemerite Cooperatrici, e noi questa parola la prendiamo dallo stesso Ven. Don Bosco nella sua Lettera-Testamento a voi diretta: Se avete aiutato me con tanta bontà e perseveranza, ora vi prego che continuiate ad aiutare il mio Successore dopo la mia morte. Le opere, che col vostro appoggio io ho cominciate, non hanno più bisogno di me, ma continuano ad avere bisogno di voi e di tutti quelli che come voi amano promuovere il bene su questa terra.

A tutti pertanto io le affido e le raccomando.

Ora, considerando lo straordinario sviluppo che hanno preso le Opere e le Missioni Salesiane in questi cinquant'anni, con un crescendo notevolissimo e incessante, osiamo rivolgerci a voi e invitarvi tra l'altro, a tre cose specialmente:

1) In questo fausto Cinquantenario vogliate raddoppiare le vostre preghiere per le Opere e Missioni Salesiane, e intensificate l'azione vostra nel procurarci nuove sante vocazioni; la messe abbonda, e ci vogliono sempre nuovi operai.

2) Aiutateci a far crescere di numero e d'intensità di lavoro la Pia Unione. Ognuno di voi con illuminato zelo ci procuri almeno un nuovo Cooperatore o una nuova Cooperatrice Salesiana, di ottimo spirito e generosità.

3) Ognuno di voi ci faccia la grande carità d'interessare anche altre persone a inviarci una straordinaria offerta per i più urgenti bisogni delle nostre Opere e Missioni Salesiane, le quali invero potrebbero sviluppare maggiormente la loro origine e moltiplicarsi assai di più, se maggiori mezzi venissero in nostro aiuto.

L'insistenza nel chiedere aiuti deve convincere tutti dei bisogni sempre più gravi e urgenti delle Missioni e animarci a gettare nel campo, che sempre più si estende, e che vogliamo far rendere il più che sia possibile, il nostro generoso contributo.

La parte del campo assegnata ai Cooperatori di Don Bosco è ben nota: è una aiuola, l'aiuola prediletta in cui crescono, custodite e vigilate, le tenere pianticelle così care al cuore di Don Bosco: i giovani, i piccoli. Orbene, di piccoli ve ne sono, e quanti, ancora selvaggi, non ancora figliuoli dell'immensa famiglia cristiana.

Tutti i selvaggi, tutti gl'infedeli non sono che dei piccoli esseri, i più piccoli, perchè non ancora nati alla grazia. Il battesimo solo darà il giusto valore, in questo senso, agli anni della loro forse già lunga e tormentosa esistenza. Essi attendono di diventare grandi, d'essere fatti uomini. Il missionario cattolico chiede aiuto, mentre offre la sua vita per dare al mondo degli uomini, alla Chiesa dei cristiani, a noi dei fratelli in Gesù Cristo, a Dio delle anime.

Inviate per le Missioni!

CONFERENZE.

Registriamo con lieto e grato animo la larga e fervida partecipazione di amici - in prima linea i Cooperatori e gli Ex-allievi - alle Conferenze di propaganda salesiana e missionaria tenute lo scorso dicembre dal nostro confratello D. Antonio Fasulo.

La prima ebbe luogo il 2 a Legnago nel Politeama Salieri. All'appello rivolto da un eletto Comitato, di cui facevano parte le autorità religiose e civili, la cittadinanza rispose in modo che la conferenza prese le proporzioni di uno straordinario avvenimento. Prestarono servizio di onore gli ex-allievi salesiani.

Il ciclo, iniziato a Legnago, si svolse sulla riviera del Garda, nel Friuli, e nel Carpigiano, con conferenze: a Riva di Trento nel Teatro del Ricreatorio, a Castello di Brenzone, nella chiesa parrocchiale, a Campione nel Teatro del Cotonificio, a Tolmezzo nel Teatro De Marchi, a Udine nell'Aula Magna dell' Istituto Tecnico e nel Teatro Sociale, a Cividale nel Teatro del Ricreatorio, a Tarcento nel Teatro della Casa del Popolo, a Codroipo nel Teatro dell'Asilo, a Mirandola nel Ricreatorio popolare, a S. Possidonio nel Teatro Varini, a Fossa di Concordia nella chiesa parrocchiale, a Carpi nella chiesa monumentale di S. Nicola dei PP. Francescani.

Nel presentare l'oratore, o a chiusura delle Conferenze, espressero caldi sensi di omaggio a D. Bosco, di plauso e di incoraggiamento per le sue opere: Mons. Emilio Paolazzi, arciprete di Riva di Trento, D. Giacomo Tavernini, parroco di Campione, il Colonnello Della Bianca, comandante il presidio militare di Tolmezzo, Mons. Tonutti, Cancelliere arcivescovile di Udine, D. Camillo De Gaspero, parroco di Tarcento, D. Roberto Maletti, prevosto di Mirandola.

Mentre, a nome del Successore del Ven. Don Bosco, rivolgiamo sentiti ringraziamenti a quanti promossero e favorirono le belle manifestazioni, ci è caro rilevare particolarmente l'attività del Comitato di propaganda salesiana sorto in Udine fra ex-allievi e Cooperatori.

A questo Comitato, di cui sono anima Mons. Angelo Tonutti, Direttore Diocesano dei Cooperatori Salesiani e il Dott. Francesco De Gaspero, Presidente del Circolo D. Bosco, si deve la preparazione delle conferenze tenute nel Friuli e della giornata salesiana celebrata con programma denso a Udine, la domenica 12 dicembre. - Accennammo alle due conferenze tenute nell'Aula Magna dell'Istituto Tecnico e nel Teatro Sociale. - La giornata preceduta da un triduo di devote funzioni nella chiesa dell'Ospedale Civico, dove è venerata Maria Ausiliatrice, fu coronata da un simpatico simposio, in cui fraternizzarono in D. Bosco exallievi e Cooperatori, e da un riuscito trattenimento dato nel Teatro Lelio Michelini dalla Compagnia drammatica dell'istituto Salesiano di Gorizia.

D. Fasulo ritornerà nell' lspettoria Veneta per continuare la buona propaganda, organizzare i Cooperatori e promuovere Convegni di Direttori e Decurioni nei principali nostri centri.

1l favore incontrato in questa prima incursione ci è di lieto augurio che egli potrà espletare felicemente il suo mandato e ci fa sperare che nel Veneto si inizierà con buoni auspici la serie dei Convegni con cui quest'anno sarà ricordato nelle varie regioni d'Italia il primo Cinquantenario della Pia Unione dei Cooperatori Salesiani.

Unione Insegnanti D. Bosco.

Scopo.

Educatori illustri e giovani insegnanti, che del piccolo mondo della scuola han fatto la loro nobile palestra, si sono raccolti attorno al nome dì colui che fu « Maestro N nel più alto e nobile senso della parola.

L'Unione, semplicissima nella struttura e grande per l' importanza della finalità che sb prefigge, è destinata a diffondersi e promette un gran bene.

Il suo programma, più che in articoli, si compendia in quella carità che fu la fiamma e la luce sempre viva dell'immensa opera del Ven. Don Bosco. L'ideale degli aderenti è uno solo: imitare Don Bosco nel suo amore verso i giovani, e precisamente, nel suo metodo preventivo, per svolgere un'azione educativa più intima e più efficace.

La fondazione.

Piccolo seme di pianta rigogliosa, il primo gruppo si formò a Torino nell'aprile del 1922, tra molti insegnanti di scuole superiori, medie, elementari e dei giardini d'infanzia, mirabilmente accostati da un medesimo fine; e incontrò subito ampie simpatie in Italia e all'estero.

La Presidenza provvisoria della mascente Unione costituitasi in Comitato, al quale aderirono le più alte personalità della scuola (R. Università, Provveditorato agli studi, Istituti Superiori, ecc.), raccolse gli educatori della città - circa 16oo tra aderenti e presenti - il giorno io maggio a Valsalice, ove D. Bosco riposa, e dove ebbero cordiale, paterna accoglienza dal Rev.mo Sig. Don Filippo Rinaldi, Rettor Maggiore della Società Salesiana.

Il riuscitissimo convegno diede luogo alla fondazione definitiva dell'Unione; e il giorno 8 dicembre di quello stesso anno se ne approvava il seguente

Statuto.

1. - È costituita in Torino, con sede in Corso Regina Margherita 178, una Unione fra insegnanti: sotto il titolo di « Unione Don Bosco ».

2. - L'Unione è apolitica e non fa, quindi, alcuna distinzione nell'accettazione degl'insegnanti.

3. - L'Unione ha per iscopo la formazione morale e religiosa degli associati; in modo particolare con la conoscenza, e, soprattutto, con la pratica del sistema preventivo nell'assistenza e nella cura degli alunni.

4. - Per essere ammessi a far parte di quest'Unione è necessario mandare l'adesione alla locale Presidenza.

5. - Non vi è obbligo di tassa; alle spese di posta e di cancelleria provvederanno le libere offerte degli aderenti.

6. - L'Unione è retta da un Consiglio nominato, ogni anno, dagli associati. Il numero dei membri non può essere inferiore a cinque, nè superiore a nove, e ciascuno di essi potrà sempre essere rieletto.

Numerose adesioni pervennero già alla nuova

Associazione da tutte le parti d'Italia e dall'Estero, e vanno crescendo in modo sorprendente.

Cose fatte e da farsi.

A conveniente richiamo e a rendere il proposito sempre più forte e illuminato, l'Unione vorrebbe raccogliere gli aderenti tre volte all'anno, per una conferenza sul metodo educativo di Don Bosco, e per uno scambio di idee sui mezzi più convenienti per applicarlo nella propria scuola.

L'Unione ha pure promosso un corso di religione per gli Insegnanti, e sta preparando una serie di Cinematografie morali e storiche, per i fanciulli delle scuole elementari.

Essa ha inoltre dato il suo valido appoggio a parecchie istituzioni a pro dei giovanetti d'ambo i sessi.

Nuove sezioni.

Per costituire una sezione locale dell'Unione basta che un gruppo di volonterosi insegnanti si mettano d'accordo, trovino un locale ove potersi riunire di quando in quando - possibilmente tre volte all'anno - per gli scopi indicati più sopra, e mandino la loro adesione, con la notizia e il recapito della costituita Sezione, alla sede centrale dell'Unione, in Torino (1o9), Corso Regina Margherita, 178.

IL CULTO DI MARIA AUSILIATRICE

FINALE EMILIA.

Solenne consacrazione della Chiesa del Piccolo Seminario dedicata a Maria SS. Ausiliatrice.

Dopo un anno di febbrile lavoro il 7 novembre u. s. si potè finalmente riaprire e consacrare la simpatica chiesetta dedicata alla Madonna del Ven. Don Bosco.

Vescovo consacrante fu Sua Ecc. Mons. Giuseppe Bussolari, Arcivescovo di Modena.

Il mattino del giorno 6 ebbe luogo la bella e commovente funzione della consacrazione. Cantò la prima messa il Rev.mo Can. Ernesto Venturini, grande benefattore della nuova chiesa. Nel pomeriggio ebbero luogo i solenni Vespri Pontificali e Monsignor Arcivescovo impartì la trina Benedizione.

La domenica 7 fu il giorno culminante dei festeggiamenti e si volle in quel giorno onorare anche S. Luigi Gonzaga con messa della comunione generale che fu imponente. Alle 10,3o celebrò la messa in canto il Rev.mo Sig. Don Giuseppe Vespignani, rappresentante del Venerato Rettor Maggiore dei Salesiani.

Nel pomeriggio fu un continuo pellegrinaggio di fedeli accorsi da ogni parte per ammirare l'artistica chiesa e la bella statua di Maria Ausiliatrice avvolta in un nimbo di luce.

Alle ore 16 ebbero luogo i Vespri Pontificali seguiti dal panegirico di S. Luigi e si pose termine all'indimenticabile giornata colla solenne benedizione Eucaristica.

Maria SS. Ausiliatrice benedica i suoi devoti di Finale Emilia e spanda copiose su di essi, e sulle loro famiglie le più elette benedizioni.

LE GRAZIE DI MARIA AUSILIATRICE

Il cento per uno.

Trovandomi in critici momenti finanziari, mi rivolsi al Cuore Sacratissimo di Gesù, dicendo: « Signore, fatemi vedere che le vostre parole sono vere e che davvero rendete il cento per uno ». Presi mille lire, che ancora avevo, e con un atto, che a calcolo umano era stoltezza, le inviai al Rettor Maggiore dei Salesiani con preghiera di destinarle: 500 a una missione dedicata al S. Cuore, e 500 a una missione dedicata a Maria Ausiliatrice, pensando alle parole del Ven. Don Bosco: Volete grazie da Maria SS. Ausiliatrice? Aiutate le Missioni e sicuramente le otterrete.

Ebbene il Signore prontamente mi ha reso il cento per uno!

Potenza della confidenza! Miracolo della fede! Efficacia dell'elemosina a favore della Missioni!

Viva il Sacro Cuore di Gesù e Maria SS. Ausiliatrice, Aiuto dei cristiani, che ha voluto confermare le parole del suo servo fedele, il Venerabile Don Bosco.

Torino, Novembre 1926.

Sac. T. G. B. ex-allievo dei Salesiani..

Sempre grati alla potenza della Nostra Ausiliatrice per la rapidissima miracolosa guarigione di gravi malattie dei figli e del babbo inviamo l'offerta di L. 125, per le Opere Salesiane, nella speranza che la Vergine SS. voglia sempre proteggere la nostra famiglia a Lei consacrata.

Mussomeli, ottobre 1926.

Ing. ONORATO e M. CATERINA Russo.

Non ho mai ricorso invano alla Vergine Ausiliatrice!

Avevo bisogno d'una grazia urgente per la mia famiglia.

Con viva fede di essere esaudito incominciai la novena consigliata dal Ven Don Bosco e prima di giungere al termine di essa già la grazia mi era stata concessa.

Colla più viva gioia e riconoscenza invio offerta per le Missioni Salesiane e prego sia pubblicata la grazia nel Bollettino.

Roma, 24 dicembre 1926.

Prof. G. GIROTTO.

Avevo dovuto lasciare il Seminario perchè affetto da nefrite e da malattia di cuore.

Dopo vari consulti, i medici dichiararono che la malattia era assai grave e decisero di mandarmi all'ospedale.

Il Dottore primario mi disse che tutto dipendeva da sviluppo precoce, ed in fine aggiunse:

« Ne avrà per tutta le vita; non v'è più alcuna speranza ».

Non volli entrare nell'ospedale e mi rassegnai a soffrire. Fortunatamente giunto a casa trovai una copia del Bollettino Salesiano e lessi le meraviglie di Maria Ausiliatrice. Con grande speranza e fede mi rivolsi a Lei, incominciando la novena consigliata dal Ven. Don Bosco e vi aggiunsi anche una preghiera a Lui. Oh bontà infinita di Maria! Al sesto giorno ero esaudito. Ogni malanno era scomparso!

Assicurato dal medico di famiglia della guarigione, fedele al voto fatto, entrai tre mesi or sono nell'Istituto Missionario Salesiano d'Ivrea dove attendo ansioso il giorno di poter andare fra gl'infedeli per portar loro il nome di Maria Ausiliatrice e di Don Bosco.

Ivrea, ottobre 1926.

Ch. A. C. Aspirante Miss. Salesiano,,

Con l'animo pieno di riconoscenza sciolgo la promessa fatta a Maria SS. Ausiliatrice ed al Ven. Don Bosco.

Più volte avevo letto, con commozione intensa, nel Bollettino Salesiano le grazie che la Vergine Santa dispensa ai suoi devoti e perciò, con fede viva, a Lei ed al Venerabile ricorsi nel momento più terribile della mia vita, perchè si degnasse guarire la mia povera sposa colpita contemporaneamente da due malattie.

Fui esaudito ed oggi stesso mia moglie lascia, per la prima volta, il letto e dal dottore è dichiarata fuori di pericolo.

Desidero sia pubblicata la grazia nel caro Bollettino, affinchè tutti vogliano nei momenti critici della vita ricorrere con fede alla cara e potente Madonna Ausiliatrice ed al suo fedel Servo Don Bosco.

Con eterna gratitudine invio la mia offerta.

Semogo, 12 dicembre 1926.

GIOVANNI MARTINELLI e GIACINTA PRADELLA.

Colpita da improvvisa polmonite mi trovai in brev'ora in fin di vita.

Morendo avrei lasciato sei orfanelli tutti in tenera età. Addoloratissima più per la loro sorte che per la mia, feci un'accorata invocazione all'Ausiliatrice ed al Ven. Don Bosco promettendo di far pubblicare la grazia se avessi ottenuta la guarigione.

Fui esaudita prontamente perchè notai un leggero miglioramento che s'andò accentuando sino a completa guarigione.

Mantengo la promessa, facendo pubblicare la grazia, e offro un piccolo obolo per le Opere salesiane colla dolce speranza che l'Ausiliatrice dei Cristiani ed il Ven. Don Bosco continueranno la loro valida protezione su di me e sulla mia famiglia.

Barone, 9 dicembre 1926.

VIGLiocco LuIGIA in GAMERRO.

Ottennero pure grazie da Maria SS. Ausiliatrice e alcuni, pieni di riconoscenza, inviarono offerte per la celebrazione di S. Messe di ringraziamento, per le Missioni Salesiane, o per altre opere di Don Bosco, i seguenti:

A) A. C., Accardi F., Accominotti M., Accornero B., Adriano R., Aimone Q., Alberti R., Alessandrini G., Alessi G., Allizond R., Almerini B., Amaretti S., Ambrosioni M., Anconesi D., Andreoli G., Andreone O., Antonelli A., Antonini G. e P., Aquila B.; Artusio B., Aschieri N:, Atzeni C., Augisi F., Avanzini G., Azzaroni A.

B) - B. A. L., B. C., B. M., Baggiarini C., Bai C., Balbi C., Balbini M., Baldassarri E., Baldizzone d. T., Balla R., Ballarlo M., Balsamo M., Baratta M., Barbano E., Barcellini V., Bardazza F., Bardelli L., Barneschi M., Baroli A. in Maioni, Barone A., Battaglia A., Battellino M., Battisti E. in Quagliariui, Becchini A., Beccio R., Belli A., Bellomo V., Bellorti,G., Belvederesi A. in Testa, Beneducci G., Beretta M., Bernasconi G., Bernerio L., Bernini M., Bernini T., Bertini R. in Rossini, Bertoldo L., Bessi C., Bettarra R., Ridoglio T, Biganzoli d. E., Boglia E. in Vachino, Boglio Cav. G., Boltrini B., Bolla M. in Grattaro.a, Bolla M., Bolletta G., Bombardieri eh. A., Bondonno C., Bonetti T. in Pilloni, Borgialli M., Bosco A., Bosso M., Bottazzi d. L., Bozon L., Brig.tti A., Brontu A., Bronzini F., Bronzini O., Brosio M., Brugnetti C., Bruliarini B., Bruno A. Brirsascm A., Bruno M Ved. Viglietti, Buonincontri C., Buonvicino M., Bursisio A., Busso S.

C) - C. C., Cacciato dott. V., Caffaro D., Campailla M. in Curcio. Campo T., Cannizzo M., Capitani A., Capovani A., Cappello E., Caracciolo A., Caracciolo M., Cardinali P., Carena A., Carlevaris C., Carminati M., Carnevali M., Carosso G., Carradorini A., Carta P. in Sanna, Casalegno A., Casiello M., Cassi S., Castiglione N., Cataldi E., Cattaneo F. in Gagliardi, Cavalli M., Cauli A., Cavallini G., Cavallo L., Cepovani A., Ceppomorelli E., Ceretti M., Cescotta A., Chiereghin S., Cialente B., Ciccardini T., Clemente M., Cocchietti M., Coggiola G., Cogo T. in Pagano, Collarini E., Colò C., Colombo L., Comaschi G., Coniugi Antonino e Ferrari, Contu G., Coppa V., Corsero A., Costamagna F., Covatta G. B., Cracchi A., Crosetto G., Culacciati F., Cullari R., Cuter C.

D) - D. G., Daldone V., Dal Bosco A., Danusso A., Darani S., Dassi A., Danzir A., Davita S., Del Maschio O., De Martin C., De Masi G., De Micheli A., Di Capua A., Di Cicco D. A., Di Cossato T. in Boggio Dolci C. in Palazzi, Doria M., Dulicchio E., Dama P., Durval E. in Vigezzi.

F) - F. C., Faita G., Famiglie Agosteo, Casalegno, Grillo e Lodetto, Fangazio R., Favre D., Favre M., Ferrero R., Finetti M., Floridia O., Fornaseri R., Fortina G., Fossati A., Fraccaroli A., Fracchia A., Fracchia L., Fraccalvieri P., Frati E., Fumagalli M., Fumasoli M.

G) - Gadani G., Gagliano G., Gagliano V., Gaito F., Galli T., Galliani G., Gallo C., Gallo S., Gallone M. in Alberizzi, Gallotti L., Galvagni A., Gambarin M., Gancia L. in Giaccomardo, Garbaccio L. e C., Barbolo M.. Garan A., Garlatti M., Gasperini G., Gatto G. in Gaetano, Gattuso Prof. S., Ghidini M., Giachino M., Giacobbe A., Giaccone C., Giaccosa M., Giannelli d. G., Giannone M., Gilli C., Giromini C., Giustiniani G., Glarey A., Gonzato G., Gorgerino R., Graffeo F., Grilli C., Grillo G., Grimaldi P., Groppi E., Groscavallo M., Grossi C., Grossi E., Grossi M., Guaita O., Guaschino B., Guglieri A., Gulfi M., Gusmani R. Ved. Invernizzi.

I) - Janni S.

J) - Innocente L., Invernizzi rag. G.

L) - L. V. M., Lampugnani E., Lana A., Lana E., Lancinì O., Laurenti A., Leidi C., Lindiri R., Li Volsi F., Lolli M., Lombardi A., Lombardi G., Lombardini C., Lombardo G., Longhi M. in Formenti, Loro F. in Piana, Lovisatti A., Luia P.

M) - M. A. B., M. G., M. P., Macchi E., Maffi A. in Sora, Maggioni B. Magnanelli B., Magnano L., Magni G., Malfatti C., Malincerni E., Malugani M. in Ticazzi, Manara I., Mangini D., Manzini F., Maragliano E., Marchesini I., Marino L., Martinelli G., Martinelli M. Ved. Bertolla, Massa D., Massara F., Massazza M., Massola M. in Borlengo, Mazzucchelli O., Mazzucchi F., Mezzullo M. in D'Abbraccio Migone L., Michich G., Mocci A., Mogavero L., Molteni M., Molteni V., Monchiero M., Mondino C., Monzeglio A., Morabito E., Morassi T., Morerio A., Moretti C., Mortellaro P., Moschetto d. G., Muccio M. in Nocera, Muridula C., Muea Cav. R., Muratore L., Muratori T., Murelli F., Muschitelli d. G., Mutti F., Mutti M., Muzio d. G.

N) -- N. N. di Asigliano Veneto, Avuglione, Bronte, Buffalora, Bulgaro Grasso, Canne, Cetignano, Castelvecchio Modenese, Cavallerleone, Grognardo, Lacchiarella, Londra, Palazzolo Acreide, Perosa Argentina, Poirino, Rapallo, Rivoli, Salbertrand, S. Giorio di Susa, Savigliano, Settimo Torinese, Taranto, Villafranca Piemonte, Villanova d'Asti, Volpiano, N. N. Nuido, N. S. T., Nanni A., Narducci L. in Bonini, Nasi A., Natoli dr. Cav. B., Navone E., Necco L., Neri N., Nicoletti N.

O) - O. M., Oggero M. V. Barale, Olivetti G., Onano A., Orbelli I., Narni O. e Zia, Ottane A., Ottrica V.

P) - P. A., Paccani V., Pachmer F., Palmas A. M., Parenti M., Parroco e popolazione di Pianzano Veneto, Partel T., Pasi M., Passamonti d. V., Passera "M., Patrucco P., Pentenero F. ed M., Perono P., Petroboni F. in Mazza, Pezsato E., Pie Persone di Cerro Tanaro, Pimone VI., Piva F., Pivot M., Plassa R., Porta M. in Ansaldi, Pradella G., Previtera L., Principato F.

Q) - Quero M.

R) - R. T., Raffellini L., Ragozzino I., Papetti L., Reginato A., Riosio G., Revelli M. A., Revelli M., Rimolfi A., Rivara A. in Maregliano, Roasio L. in Giovannini, Robione M., Robustellini O., Rossi G. B., Rossi M., Rossi P., Rotti N.

S) - S. M., Salussolia T., Scavarda M., Scesco E., Scolari L., Solari E., Sorelle Bourgevis, Clerico-Porro, De Giorgis e Renzi, Sorrentino B., Speranza A., Stacchino T., Starola A., Starato A., Suor G. Figlia di M. A.

T) -- Temelin A., Teofili G., Teri M., Tizzani G., Tomatis L., Tosciotti V., Tosi A., Tovazzani C., Travaglini R., Trotta E., Tuena P., Turotti G., Turotti L.

U) - Ubertalli E., Ugazzi E.

V) - Vacca L., Vaglio A., Valente A., Valente C., Vanirii A., Vassallo T., Verde S., Verga A., Viano T., Vigevano A., Viglino S., Vigliocco L. in Gamerro, Vinciguerra A., Vin - drola M., Viola C., Virano M., Vivalda G.. Vola G.

Z) - Zaffaroni T., Zambonin M. Zambrini G., Zamperoni C., Zanetti P., Zerega R. in Ratti, Zola M., Zurini G.

TESORO SPIRITUALE

I Cooperatori Salesiani che, dopo essersi confessati e devotamente comunicati, visiteranno qualche chiesa o cappella pubblica, come pure quelli che vivendo in comunità visiteranno il: loro Oratorio e vi pregheranno secondo l'intenzione del Sommo Pontefice, possono acquistare

L'indulgenza plenaria Ogni mese:

1) Un giorno a scelta nel mese.

2) Il giorno in cui faranno l'esercizio della Buona Morte.

3) Il giorno in cui assisteranno alla Conferenza Salesiana mensile.

Ogni giorno:

Dal 1° Febbraio al 1° Aprile 1927.

2 febbraio Purificazione di Maria SS

22 febbraio Cattedra di S. Pietro in Antiochia. 19 marzo   S. Giuseppe.

25 marzo   Annunziata.

Ricordare anche...

che ogni giorno, con la sola condizione d'essere in grazia di Dio, i Cooperatori Salesiani, che durante il loro lavoro o in mezzo alle loro occupazioni uniranno il loro cuore a Dio per mezze, d'una breve e pia invocazione, possono acquistare:

1. Per una invocazione qualunque, a loro scelta, un'indulgenza plenaria.

2. Per tutte le altre, 400 giorni d'indulgenza, ogni volta.

*

NB. - I Cooperatori, impediti per malattia di portarsi alla chiesa, possono acquistare le indulgenze sopra dette, recitando in casa cinque Pater, Ave e Gloria.

NOTIZIE DALLE CASE SALESIANE

TORINO (Istituto Internazionale " D. Bosco „).

Visite illustri.

La solenne Consacrazione di sei Vescovi Cinesi tenutasi in Roma il 28 ottobre u, s., festa di Cristo Re, ebbe la sua eco nel nostro fiorente Istituto Teologico che accoglie quest'anno 225 chierici salesiani di più di 20 nazioni.

Il giorno 3 dicembre uno dei nuovi Vescovi, S. E. Mons. Simone Tsu S. J., onorava di una sua visita il nostro Istituto.

Egli fu accolto nell'ampia sala di studio. Dopo il saluto di rito, cantato dall'imponente coro dei Chierici, lesse un indirizzo in lingua latina il Dott. D. Eusebio Vismara, professore nell'Istituto, il quale si fece interprete dell'omaggio di tutti i presenti verso l'Episcopato Cinese degnamente rappresentato nella persona di S. E. Mons. Tsu. Monsignore rispose, pure in lingua latina, facendo presenti i bisogni della Chiesa in Cina ed augurandosi che qualcuno dei numerosi futuri Apostoli che lo ascoltavano avesse a seguirlo nella sua patria ove molte anime attendono la luce del regno di Dio.

*

8 Dicembre. - La tradizionale festa salesiana. celebrata solennemente, fu rallegrata dalla presenza di S. E. Mons. Felice Ambrogio Guerra, il quale impartì, dopo i solenni Vespri, la benedizione col SS. Sacramento ed onorò colla sua presenza la nostra accademia.

Un'altra inaspettata, ma non meno gradita visita doveva coronare il nostro omaggio a Maria Immacolata. Pochi minuti prima dell'accademia, accompagnato dall'Economo Generale della Società Salesiana, D. Giraudi, giungeva nel nostro Istituto Mons. Celso Costantini. L'illustre Prelato Delegato Apostolico della Cina non ebbe bisogno di presentazione: la sua figura nobile, simpatica ed universalmente nota s'impone. Egli fu accolto da un caloroso applauso nella sala riccamente addobbata ove, fra lumi e fiori, sorrideva la statua della « Vergine bianca».

Suoni, canti e declamazioni si susseguirono eseguiti con maggior entusiasmo per l'inaspettata fortuna che aveva sortito il nostro « omaggio » alla Vergine Immacolata ». Fu una festa di cuori, tutta salesiana, quale la voleva D. Bosco.

Alla fine prese la parola Mons. Guerra cha illustrò egregiamente il siginificato della solennità nella mente di D. Bosco; e quindi invitò l'illustre ospite a chiudere la festa.

Mons. Costantini salì sorridente la piccola tribuna; si scusò della sua impreparazione a parlare: ma pochi accenti bastarono a convincerci che la sua mente limpida e colta, il suo cuore traboccante non avevano bisogno di preparazione. Ci disse che era desiderio suo e dei nuovi Vescovi Cinesi di venire insieme a « pregare sulle Tomba di D. Bosco» ed a visitare il nostro Istituto. Necessità di cose non aveva permesso l'attuazione del loro desiderio; ed egli veniva a rappresentare tutta l'illustre comitiva. Ci tratteggiò brevemente la situazione attuale della Cina: ci fece sentire una eco del recente Sinodo Cinese ove Maria Immacolata fu dichiarata Patrona: della Cina a schiacciare col suo calcagno il capo del dragone simbolo del culto superstizioso universalmente diffuso in Cina. Ricordò con accento commosso la significativa funzione di Consacrazione dei sei Vescovi Cinesi, primizia della Chiesa cattolica in Cina. « La Cina, esclamò, attraversa ora un periodo di lotta decisivo e fatale: o venire con Cristo o mettersi sulle traccie ignominiose dello Anticristo... La Chiesa cattolica della Cina "invoca con gemiti inenarrabili" (S. Paolo - Rom. VIII, 26) l'assistenza di Cristo e l'aiuto dei suoi generosi Apostoli, i Missionari... Se alcuno nutre in cuore il prezioso seme della vocazione alle Missioni della Cina, ne gioisca e lo coltivi: lo coltivi nella pratica della virtù e della santità: poichè la santità degli apostoli è il mezzo più efficace per convertire i popoli».

L'uditorio rimase ammirato e commosso; e salutò la fine del breve discorso con uno scroscio sincero di applausi.

I due illustri Prelati, ossequiati dai Superiori ed alunni ed accompagnati dal Rev.mo D. Giraudi, lasciarono tosto l'Istituto.

*

* *

9 Gennaio. - S. Eminenza il Card. Giuseppe Gamba onorava per la prima volta, dopo la sua elevazione alla S. Porpora, il fiorentissima Studentato Teologico Internazionale Salesiano di una sua graditissima visita.

Accolto con giubilo, l'amato Pastore conferiva a centocinquanta chierici studenti dell'Istituto gli Ordini Sacri.

Era la prima ordinazione che teneva come Cardinale e, felice combinazione, doveva essere per i figli del Ven. D. Bosco. Ragione questa d'intima e particolare sodisfazione e per gli ordinandi e per tutta la Famiglia Salesiana che tanta gratitudine sente pel suo grande Benefattore.

Dopo la solenne funzione, gli studenti dell'istituto con i loro Superiori, nell'intimità della famiglia, hanno fatto a S. Eminenza un po' di festa, inneggiando con canti e discorsi alla sua altissima dignità e più ancora alla sua paterna bontà.

li Cardinale rispose ringraziando e tessendo un mirabile elogio del Ven. D. Bosco e del compianto D. Rua, rievocandone, con vivezza di colori e accenti di profonda venerazione, le dolci immagini paterne, augurandosi di godere presto della loro desiderata esaltazione agli onori dell'altare e proponendoli ai presenti e futuri sacerdoti salesiani, come incomparabili modelli da studiare e da imitare.

L'augurio e la raccomandazione dell'amatissimo Pastore furono accolti con unanimi consensi ed entusiastici applausi: consensi ed applausi che si tradurranno certamente in opere, a gloria del Ven. D. Bosco e alla fortuna dei suoi prediletti figli.

S. Eminenza si accomiatava lasciando in tutti il grato ricordo del suo amabile sorriso e il dolce conforto della sua pastorale benedizione.

TRENTO. Inaugurazione della Scuola allievi-missionari dell'Istituto Salesiano.

Coll'intervento del Rettor Maggiore dei Salesiani, Don Filippo Rinaldi, e di molti ex-allievi e benefattori dell'Opera Salesiana in Trento si è inaugurata il 3o novembre u. s. la scuola per gli allievi-missionari salesiani.

Aperta a ricordo del primo cinquantenario delle missioni salesiane, essa è frequentata già da 11o allievi, tutti ben animati e disposti alle fatiche dello studio per prepararsi alla grandiosa futura missione.

Per la prima volta il Successore di Don Bosco veniva a Trento e colla sua presenza e colla sua paterna e calda parola ben animò i giovani a tale sublime apostolato.

Trento, baluardo della fede col suo Concilio, Trento che ha già dato tanti missionari a varie Congregazioni religiose, ha così ora un Istituto regolare per la formazione di tanti operai evangelici sotto la bandiera del Ven. D. Bosco.

POLONIA.

Il solenne ingresso del nuovo Primate di Polonia Mons. Hlond, Vescovo Salesiano a Poznan.

L'ingresso di Mons. Augusto Hlond nella sede arcivescovile di Poznan è stato un avvenimento di immenso giubilo per quella città. I cattolici di Poznan ed altri venuti a migliaia dalla provincia hanno preparato al nuovo Pastore un'accoglienza veramente regale. Le vie e le case esano tutte imbandierate ed ornate di fronde e di fiori. Le autorità governative e cittadine, i capi militari ed i dignitari ecclesiastici porsero il loro omaggio al Primate alla stazione d'arrivo e l'accompagnarono in corteo imponente alla chiesa parrocchiale, tra fitte ali di popolo acclamante.

All'ingresso della chiesa parrocchiale porse il saluto a nome del clero Monsignor Stzchel, senatore, esprimendo la più viva gratitudine verso il Santo Padre Pio XI per questa nomina felice. Per la prima volta dopo la restaurazione della Polonia - disse l'oratore - i cuori del popolo possono godere lo spettacolo grandioso dell'entrata del loro Primate nella antica sede sovrana della Polonia.

Dalla chiesa parrocchiale il corteo proseguì alla chiesa cattedrali. Tutti gli astanti ebbero l'impressione di assistere ad uno dei cortei tradizionali dei loro antichi sovrani.

Una selva di bandiere faceva ala al corteo; alle associazioni numerose ed ordinate seguiva in lunga e densa fila il clero, infine incedeva tra i rappresentanti delle autorità il Primate, sotto il baldacchino, fiancheggiato dai Cavalieri di Malta e Nobili di Polonia in alta tenuta.

Fra inni ed acclamazioni incessanti; giunse il Primate alla Cattedrale, dove lo attendevano il Card. Kakowski, Arcivescovo di Varsavia, gli Arcivescovi Twardowski di Leopoli, Teodorowic, Labrzykowski di Vilna, i Vescovi Przezdziecki, Nowak, Tymieniecki, Kubina di Czenstochowa, Fulman di Lublino, Laubitz.

" Ut sint unum „ è il volo del nuovo Pastore.

Letta la Bolla Papale, disse parole di omaggio a nome del Capitolo Mons. Adambski, membro del Senato di Polonia. Egli ricordò gli illustri predecessori di Mons. Hlond nella sede primaziale, tra essi il martire Cardinale Ledochowski, e l'indimenticabile organizzatore delle forze cattoliche Arcivescovo Stablewski, ed illustrò gli onori e i privilegi che spettano all'Arcivescovo di Gniezno e Poznan, come Primate di Polonia.

Seguì la cerimonia dell'oboedientia cleri, dopo di che il Primate salì al pergamo e parlò con cuore commosso e pieno di santo entusiasmo ai fedeli raccolti nella veneranda Cattedrale.

« Vengo, disse, dalla sede vescovile di Kattowitz, la sede più giovane in Polonia, e vengo come figlio della terra di Slesia, a voi, per prendere possesso della più antica residenza vescovile della Polonia. In questo fatto storico si congiungono per disposizione divina la patria del Piasti colla terra che fu culla della nazione polacca. È questo un monito chiaro della Provvidenza all'unità di mente e di cuore che ci deve animare, unità e concordia che ci deve guidare nell'azione, acciocchè, come un giorno da questa regione si diffuse la fede e si raccolsero i cuori polacchi, così anche oggi la santa fede cattolica riunisca tutti i Polacchi in una grande e potente nazione. Mi presento a voi come Vescovo, per grazia di Dio, chiamato dalla Santa Sede Apostolica, in virtù del potere accordato da Cristo alla Chiesa. Mi presento a voi come anello di unione tra il passato e l'avvenire, tra l'antica e la nuova tradizione. Possa questo anello essere forte e resistente, possa esso salvare i tesori del passato che furono benefici alla nazione e tramandarli alle generazioni future. Per attuare queste intenzioni e questi propositi calcolo sulla collaborazione del mio clero, noto per le sue eminenti virtù sacerdotali. A voi, amati diocesani, rivolgo la preghiera e l'invito di assisterci coll'opera vostra zelante ed efficace. Noi tutti, senza eccezione, dobbiamo essere convinti che non esiste altro rinnovamento che quello che ci è garantito da Cristo e dalla sua dottrina; solo questo rinnovamento porterà la nazione polacca a vera grandezza e potenza».

A questo discorso vibrante ed entusiasmante seguì la benedizione del nuovo presule e il canto del Te Deum.

Dopo la funzione il Primate fu accompagnato, pure in corteo solenne, alla residenza arcivescovile, dove accolse gli omaggi di 62 corporazioni diocesane.

Al banchetto che ebbe luogo la sera stessa nel Seminario teologico Mons. Hlond disse calde parole d'omaggio per il Sommo Pontefice e per il Presidente della Repubblica polacca; egli ripetè l'augurio che la Polonia cerchi e trovi la via della sua grandezza in unione alla Chiesa.

"Pax Christi in Regno Christi,, è parola d'ordine anche per lo Stato.

Il Cardinale Kakowski esaltò i meriti e le doti del nuovo Primate ed espresse l'augurio che questi nella sua sede possa essere tutto a tutti, araldo di pace e di giustizia, non della giustizia di questo o di quell'indirizzo politico o nazionale, ma della sola, vera giustizia, la giustizia divina. Possa compiersi il voto, espresso dal Primate nella sua predica. « ut unum sint », che tutti cioè in Polonia si comprendano e si amino e siano uniti in concorde lavoro.

Il Ministro della Giustizia Meysztowicz, che rappresentava il Governo, diede l'assicurazione che il potere dello Stato si darà seria premura di osservare il concordato colla Santa Sede e che anche per il Governo vale e varrà la parola d'ordine: « Pax Christi in regno Christi ».

La giornata memoranda si chiuse con un sontuoso ricevimento nelle magnifiche sale dell'antico castello di residenza dei Re di Polonia; vi presero parte circa 2ooo persone.

Tutti i cattolici di Polonia hanno accolto la nomina del nuovo Primate come un augurio di un più lieto avvenire per la causa delta Chiesa e per il benessere della patria.

UNGHERIA.

Il 17 ottobre, s'ebbe nella casa di Noviziato di Pélifóldszentkereszt la vestizione di 22 novizi per mano di S. E. Mons. Cesare Orsenigo, Nunzio Apostolico di Budapest. La solennità riuscì intima ed indimenticabile per la degnazione di Mons. Nunzio, che volle onorare quella casa salesiana della sua ambita presenza, felice d'essere circondato e festeggiato dai direttori ungheresi presieduti dal nuovo loro Visitatore Don L. Plywaczyk.

ALESSANDRIA D'EGITTO. La visita di S. E. il Maresciallo Cadorna all'istituto D. Bosco.

(Dal Messaggero Egiziano).

L'eletta schiera di giovani dal sorriso della vita sana era in attesa del grande Maresciallo Luigi Cadorna, il quale aveva promesso una visita intima. Qualcuno l'aveva già veduto; l'effigie di lui, del resto, da tempo veniva contemplata nelle sale del parlatorio. Quanti pensieri in quelle menti giovanili! Quanti ricordi di cose udite raccontare!

Compare finalmente l' illustre visitatore l'uomo dal viso austero, ma dal cuore buono. Gli fanno degna corona il Sig. Console Generale, la medaglia d'oro Amilcare Rossi, il Comm. Carlo Grassi, Presidente dei Combattenti, il Comm. Don Rubino, e molti altri signori. Il Direttore ed il Corpo insegnante fanno gli onori di casa.

A salutare il Maresciallo era giunto dalla sua villeggiatura estiva il Delegato Apostolico Monsignor Andrea Cassulo.

La banda suona la marcia reale; i giovinetti interni, i semiconvittori e gli esploratori salutano romanamente. Il Maresciallo si dice felicissimo di trovarsi, anche in Egitto, tra i figli del grande D. Bosco, «tra i pionieri della Religione e della Patria».

Al saluto entusiasta di un allievo rievocante gli episodi più gloriosi della guerra, S. E. il Maresciallo resta vivamente commosso. Cento e cento voci cantano « La leggenda del Piave ».

L'illustre visitatore passa in rivista i giovani e si compiace di vederli così bene disciplinati, dà uno sguardo alla nuova costruzione, appone la sua firma nell'albo d'onore, brinda alla prosperità dell'Istituto e riparte lasciando in tutti il più grato ricordo.

CAIRO (Egitto). La posa della prima pietra dell'erigenda Casa dei Salesiani.

Il desiderio da tanto tempo accarezzato e perseguito lungamente con tenacia, di avere, anche in Cairo, come in altre città dell'Egitto, una casa Salesiana, s'incammina finalmente sulla via della realizzazione.

Il governo egiziano ha voluto, con encomiabile atto di generosità, cedere a prezzo di favore all'Opera Salesiana un appezzamento dì terreno (14.700 mq.) nel quartiere nuovo, che avrà un bell'avvenire, e precisamente sulla strana di Rod-el-Farag.

Il nuovo istituto sarà destinato all'educazione morale e intellettuale della gioventù.

La pietra fondamentale è stata posata il 7 novembre col cerimoniale di uso reso anche più solenne dalla presenza del Maresciallo d'Italia Luigi Cadorna, il quale, con la distinta Dama Marchesa Paternò, moglie di S. E. il ministro d'Italia in Egitto, che fu madrina, si degnò fungere da padrino.

La cerimonia s'iniziò con la Messa al campo celebrata da Don Michelangelo Rubino, superiore della Casa Salesiana al Cairo. Subito dopo, S. E. Mons. Giulio Girard, Vescovo e Vicario Apostolico dei Delta del Nilo, che tanto incoraggiò la fondazione del nuovo istituto, accordando ai Salesiani ampia facoltà di missione nel nuovo quartiere dove non esiste ancora chiesa o scuola, tenne una breve allocuzione dichiarandosi lieto di presenziare la cerimonia per l'inizio di un'opera in cui egli vede l'aiuto della Provvidenza.

Parlò quindi il rev.mo D. Puddu, direttore, della Casa Salesiana di Porto Said, per rispondere a Mons. Vescovo e per ringraziare gl'intervenuti numerosissimi, fra cui figuravano il Superiore dei Missionari di Lione, il Superiore dei Missionari dell'Africa Centrale col Padre Tappi, che non cessò mai d'incoraggiare i Salesiani a stabilirsi in Cairo.

Dopo un breve esordio, Don Puddu espose in sintesi la vita e l'opera di Don Bosco e concluse rivolgendo un reverente saluto al Re, al suo Primo Ministro Benito Mussolini, a S. E. il Ministro d'Italia in Egitto, marchese, Paternò, a Cadorna, alla Medaglia d'Oro Ressi, alle Associazioni italiane di Cairo, e un pensiero di alta devozione a S. S. il Papa e di sentito ringraziamento al Re Fuad e al Governo Egiziano per la loro liberalità verso i Salesiani, alla contessa e contessina Cadorna per il grande onore portato con la loro presenza alla solenne cerimonia. Dopo le felicitazioni all'oratore si svolse la cerimonia della posa della prima pietra. Il Vescovo, Mons. Girard benedisse il masso che scavato dal Grappa, il monte sacro della guerra d'Italia, servirà sulle rive ospitali del grande Nilo a fare da base ad un nuovo edificio salesiano in cui s'insegnerà alla scuola di D. Bosco sai futuri uomini di domani, a sostenere le pacifiche lotte del lavoro e della virtù.

Terminata la cerimonia il comm. Don Michele Rubino prese la parola per ringraziare tutti gl'intervenuti e specialmente gli ospiti cospicui, le autorità egiziane per aver onorato la fausta cerimonia con la loro presenza, la Colonia italiana, augurandosi che l'Opera salesiana in Cairo abbia a svilupparsi e a dare quei frutti che dallo zelo e dall'attività dei figli di Don Bosco è lecito sperare.

Nella cerimonia resero importanti servigi i nostri ex-allievi, già costituitisi in Comitato al Cairo in numero di 15o. Essi moltiplicarono le premure per la buona riuscita della festa e misero anche mano alla borsa.

ROSARIO (Argentina). La giornata del colono.

Un lieto avvenimento, di cui rimarrà grato perenne il ricordo, è la festa celebrata nel Collegio Salesiano d'Arti e Mestieri di Rosario nel « Giorno del Colono », il 17 ottobre, dedicato esclusivamente ai bravi agricoltori italiani delle circostanti colonie.

L'idea di fissare ogni anno una giornata per richiamare in amichevole e famigliare convegno nostri buoni lavoratori a passarvi una giornata di onesta e cristiana allegria è geniale e sommamente lodevole. I Figli di Don Bosco, quelli inviati in terre lontane, hanno, tra gli altri, il mandato di cercare, avvicinare, assistere ed aiutare i propri connazionali emigrati in paesi stranieri, prestandosi con tutti i mezzi possibili per cooperare al loro benessere materiale e spirituale.

Ai primi missionari salesiani, che nel 1879 partivano da Torino per l'America, il Ven. Don Bosco rivolgeva questo paterno invito:

« Vi raccomando con insistenza particolare le dolorosa posizione di molte famiglie italiane, che numerose vivono disperse in quelle città, in quei paesi, in mezzo a quelle campagne. I genitori, i loro figliuoli, poco istruiti nella lingua e nei costumi dei luoghi, lontani dalle scuole e dalle chiese, o non vanno alle pratiche religiose, o, se ci vanno, poco o niente capiscono. Perciò mi scrivono che voi troverete un grande numero di fanciulli e anche di adulti, che vivono nella più deplorevole ignoranza del leggere, dello scrivere e di ogni principio religioso. Andate, cercate questi nostri fratelli, che le sventura o la miseria portò in terra straniera, adoperatevi per far loro conoscere quanto sia grandi la bontà di quel Dio che ad essi vi manda pel bene delle loro anime, per aiutarli a conoscere e a seguire quella strada, che sicura li conduca alla eterna salvezza.

Il missionario salesiano ha fatto e fa di questa raccomandazione un preciso dovere, un punto del suo programma di apostolato civile e religioso. E non si accontenta di passare a visitare i proprii fratelli emigrati, ma li chiama, li invita a quando a quando a condividere il pane e la gioia della propria casa.

Così fanno i bravi Salesiani di Rosario ogni anno, così hanno fatto la domenica 17 ottobre u. s., regalando ai nostri coloni una giornata indimenticabile.

Fin dal mattino - scrive il periodico locale « Cristoforo Colombo » - accorrevano i nostri bravi coloni, non pochi accompagnati dalle loro famiglie, per partecipare all'annuale festa istituita in loro omaggio nel Collegio Salesiano, e tosto si recavano alla cappella per assistere alla S. Messa celebrata dal P. Direttore D. Santolini, durante la quale molti ricevettero la canta Comunione.

Affettuosamente accolti, via via che i cari ospiti aumentavano di numero, si spargevano lieti e festosi in ogni parte del grandioso edificio.

Frattanto convenivano pure molti ex-alunni con il loro Presidente, Signor Morra, Cooperatori Salesiani e spiccate personalità, fra le quali l'egregio e ottimo signor Console d'Italia, che gentilmente volle partecipare alla festa.

Dopo la messa solenne e la bella conferenza del Sig. Ispettore i coloni ascoltarono con vivo interesse il concerto della banda e passarono quindi nell'ampio salone-refettorio imbandierato e convenientemente preparato pei numerosi convitati. Ai brindisi parlarono il P. Direttore per manifestare la sua soddisfazione e riconoscenza, e tre coloni per ringraziare i Salesiani dell'interesse che dimostrano sempre più al bene spirituale e temporale dei coloni, i quali non cesseranno mai di concorrere in quanto possono allo sviluppo di un'opera così benemerita e che fa tanto onore all' Italia e procura tanti vantaggi ai buoni Italiani, i quali, per guadagnarsi la vita e migliorare la loro condizione, devono lavorare lontani dalla patria.

Parlò da ultimo il signor Console italiano ascoltato con vivissima attenzione e un crescendo di approvazioni, di acclamazioni per la nobiltà dei concetti e l'eleganza dell'espressione del suo caldo e vibrante discorso che chiudeva con queste parole:

« Ho ben motivo di dare il mio plauso più cordiale al Padre Santolini, il quale con l'istituire il Giorno del Colono» ha voluto richiamare ogni anno a convegno im questo Collegio voi, bravi agricoltori italiani, che col pertinace e intraprendente lavoro dei campi, con l'onestà della vita e la pratica delle virtù cristiane, mentre assicurate un prospero avvenire a voi e alle vostre famiglie, tenete pure alto l'onore della diletta Patria lontana e concorrete alla sua maggiore grandezza, essendo più che mai certo che sia gl'individui come le famiglie e le nazioni tanto più prosperano e ingrandiscono, quanto più di comune accordo alacremente lavorano e quanto più fedelmente si attengono agli indefettibili insegnamenti di Cristo!... ».

La giornata si chiuse con un riuscitissimo trattenimento teatrale che rallegrò più che mai la numerosa folla degli spettatori.

NECROLOGIO

Conte Carlo Cays di Gilette e Caselette.

Si spegneva, quasi improvvisamente, a Como il 6 novembre u. s., ove, come di consuetudine, erasi recato per celebrare nella soave intimità famigliare la festa del suo onomastico, e munita di tutti i conforti religiosi

L'improvvisa e inaspettata notizia fu appresa con profondo cordoglio dalla falange di amici che a Bologna - sua patria di adozione -innumeri si era conquistati, ma piombò come folgore sui Salesiani di quella città e sulle Associazioni ex-allievi della regione, che nel Conte Carlo Cays non solo amavano il non degenere nipote del veneratissimo avo paterno Don Carlo, il Sacerdote Salesiano esemplare, che, per consiglio di Don Bosco, benchè avanti negli anni, vestì l'abito sacerdotale illustrandolo con santità di opere indimenticate, ma l'amico di tutte le ore, il benefattore provvido e prodigo in ogni necessità, il gentiluomo che dimentico del blasone e della elevata posizione sociale, a tutte le manifestazioni dei giovinetti di Don Bosco soleva e voleva intervenire partecipandovi con quella sorridente semplicità soavissima, che era in Lui dote spiccata e caratteristica invidiata.

Inchiniamoci agli imperscrutabili decreti di Dio, ed innalziamo preci espiatorie perchè, se non l'ha ancora, gli affretti il possesso del bel paradiso e l'incontro coll'avo prediletto e col nostro Don Bosco, del quale fu fervido ammiratore, soprattutto cooperatore validissimo, e doni alla desolata consorte ed ai parenti tutti quella calma fiduciosa, che la Fede assicura e che sola può in qualche modo lenire lo strazio di ore cotanto angosciose.

Rosa Topa ved. Pianesi.

L'anima eletta di questa nostra cooperatrice fu chiamata al premio il 28 giugno u. s.

Rosa Topa fu per molti anni la buona benefattrice dei Salesiani di Macerata verso i quali usava particolari e frequenti tratti di materna e delicata bontà.

Onorava di un culto speciale la Vergine SS., invocandola sotto il titolo di Ausiliatrice o di quello della Misericordia. Ai suoi funerali, che furono un trionfo, partecipò al completo il collegio salesiano.

Di questa nostra insigne benefattrice diremo più ampiamente a suo tempo.