BS 1920s|1927|Bollettino Salesiano Novembre 1927

Anno LI.   NOVEMBRE 1927   Numero 11.

BOLLETTINO SALESIANO

PERIODICO MENSILE PER I COOPERATORI DELLE OPERE E MISSIONI DI DON BOSCO

SOMMARIO: Madre di virtù. - Don Giovanni Balzola. - Stampa salesiana. - Partenza di Missionari Salesiani. - Tesoro Spirituale. - Tra le Opere del Ven. Don Bosco: L'Istituto "Card. Cagliero" di Ivrea. - Resoconto annuale delle Opere Salesiane nella Patagonia e Terra del Fuoco. - Soffi di vita salesiana nel Paraguay e nel Gran Ciaco. - La partecipazione dei Salesiani alla Mostra dell'Espansione Italiana all'Estero. - Tra "Mostre e Congressi". - Dalle nostre Missioni: Rio Negro: L'ora della redenzione. - L'ultima lettera di Don Balzola. - Katanga (Congo Belga). - Per propaganda. - Il Culto di Maria Ausiliatrice: Trionfo di Maria Ausiliatrice nell'Assam. - Grazie di M. Ausiliatrice. - Notizie dalle nostre Case: S. Pier d'Arena. - Cuorgne - Casale - Palermo - Astudillo (Spagna) - Villa Colon (Uruguay) - Arequipa (Perù). - Necrologio.

MADRE DI VIRTU

Parlando di Don Bosco non si può non ricordare la madre, Margherita Occhiena, l'umile campagnuola di Capriglio, la donna forte scelta dalla Provvidenza alla formazione di un apostolo coll'esercitare su di lui l'influenza più salutare e coll'arricchire il suo cuore di affetto alle più elette virtù. A ragione fu detto che Don Bosco, come tanti altri insigni personaggi, deve a sua madre Margherita l'eroismo della carità da lei attinta nei suoi primi anni di vita: onde è naturale che la gloria del figlio si riverberi sulla fronte veneranda di lei, che percorrendo la sua via seguì i fulgidi esempi lasciati dalle madri più illustri che la storia ricordi.

Giova perciò mettere in rilievo come il Signore abbia dato al suo servo umile ed obbediente una madre che concorse saggiamente e con tutte le sue forze a preparare lo straordinario figliuolo ad un'altissima missione di bene.

Nato Giovanni Bosco in uno di quegli « umili casolari - come disse il Card. Maffi al mondo ignoti, dal cielo prediletti come eco e continuazione di Nazaret e Betlemme », si trovò fra le braccia di un angelo di donna, che generosamente l'offerse a Dio, colla promessa di renderlo degno di tutto l'amore divino. Lo guidò fanciullo, ne assecondò le buone inclinazioni, ne coltivò la vocazione religiosa più che tutto coll'esempio delle sue virtù, lo seguì sul campo del lavoro a Torino prendendo parte alle sue fatiche, alle sue ansie, ai suoi dolori, alle sue speranze, sicchè quando l'opera del figlio sacerdote fu incominciata e assicurata, essa, chiudendo in pace e per sempre gli occhi al mondo (25 novembre 1856) ebbe il conforto di poter dire: - Ho la coscienza tranquilla: ho fatto il mio dovere in tutto quello che ho potuto.

Questa donna provvidenziale passò per sentieri difficili, seminati spesso di spine, ma sempre calma, serena, fidente in Dio, forte di quella fortezza che può avere solamente una donna cristiana. Ella sentì tutta la sua dignità di madre e volle essere maestra sapiente del suo grande figliuolo.

Don Bosco fu uomo d'attività e operosità meravigliosa. Donde attinse la virtù del lavoro, se non dall'esempio materno? Margherita era rimasta vedova, con la famiglia da mantenere, col poderetto da coltivare, sola, nella povera casa dei Becchi. Qui s'incomincia a vedere che donna fosse mamma Margherita. - « Uomo nella fatica, Margherita restava donna e si faceva quasi signora nella gentilezza dell'a nimo espressa nella cortesia dei modi ». Si conduceva i figli al campo, e voleva che si occupassero con lei, che attendeva ai lavori più pesanti, come solcare con l'aratro, falciare, trebbiare... « L'ozio è il padre dei vizi », ripeteva sovente la saggia madre ai suoi figliuoli.

Il piccolo Giovanni fa tesoro dell'ammonimento materno. Bimbo, già si occupa con la madre e coi fratelli in leggeri lavori di campagna: scolaretto, a Capriglio, studia, studia anche per la strada per guadagnare tempo; quando conduce la mucca al pascolo, da una mano tiene la corda, dall'altra il libro; seduto sotto un albero, il piccolo pastorello è tutto assorto nei suoi prediletti studi; e, se i compagni lo distraggono, egli li invita a lasciarlo in pace, perchè ha bisogno di studiare molto a fine di divenire prete. Alle scuole di Castelnuovo è segnato a dito come modello nello studio e nella pietà; qui approfitta del suo padrone di casa, per imparare a fare il sarto, a sonare il cembalo e il violino, e a cantare; nell'ore di vacanza va nell'officina del buon Savio, e impara il mestiere del fabbro. Studente a Chieri, trova tempo, in mezzo a' suoi studi nei quali si segnala in modo sorprendente, per imparare il mestiere del falegname, per le ripetizioni ai compagni; chierico nel Seminario, sacerdote nel Convitto, Direttore dell'Oratorio a Torino, è sempre il lavoratore indefesso, la vera immagine di sua madre. E trova tempo per tutto: pei birichini dell'Oratorio e per gli orfanelli dell'Ospizio, per la scuola serale e per le lezioni ai suoi piccoli studenti. Poi esce di casa e cerca altro lavoro; si occupa con industrie sempre nuove e originali, a evangelizzare i garzoni dei barbieri, i vetturini, gli operai che incontra; corre al letto degli infermi, trova clienti fra gli emigrati politici, tra i colerosi, nelle carceri; presta l'opera sua ai parroci, fa il catechismo, predica, scrive dei libri. E siccome il giorno non basta, occupa gran parte della notte. In treno, in vettura, nel frastuono, passeggiando, scrive, medita, corregge bozze, postilla, prende appunti. E tutto questo lavoro è diretto sempre al suo fine principale: spargere la verità, condurre anime a Dio. Non contento di mettere innanzi agli occhi dei suoi giovanetti il sapiente richiamo: « L'ozio è il padre dei vizi », facendolo scrivere a grandi caratteri sui muri della sua Casa, ripeteva sovente: « Lavoro, lavoro, lavoro! ». E morì con questa savia raccomandazione sulle labbra; raccomandazione accolta e praticata con vero entusiasmo dai continuatori della sua grande missione.

L'esempio costante di Mamma Margherita, solita a mettere la religione in tutte le cose, influì grandemente sul figliolo, il quale, fin da piccolo, s'avvezzò a insegnare ad altri ciò che imparava dalla madre. Per questo si serviva di giuochi, di trastulli, di storielle amene, di curiose distrazioni, pur di esercitare sui compagni una buona influenza. Il grazioso ragazzino dal viso ovale, dalla fronte spaziosa e serena, dalle labbra atteggiate al sorriso, attirava come una calamita anche i più indifferenti; e, fattili sedere in semicerchio sotto un albero o sul fienile, o in un angolo della casa, secondo l'occasione, li catechizzava con mille curiose industrie, che formano una delle più belle pagine della sua giovinezza. All'età di nove anni il fanciullo aveva fatto un sogno, in cui la Provvidenza gl'indicava e gli affidava la sua futura missione: quella d'evangelizzare specialmente i fanciulli. Fu allora che mamma Margherita intravvide la vera vocazione del suo Giovanni, e, non badando a sacrifizi, alle opposizioni e persecuzioni del figliastro Antonio, lo indirizzava per la via degli studi. Fu mamma Margherita che, sola, diede la giusta spiegazione sul misterioso significato del sogno: « Chi sa che non abbia a divenire prete! ». E cooperò con tutte le sue forze perchè tale divenisse. Ma quante difficoltà, quanti sacrifizi, quante spine e per la madre e pel figlio, prima del gran giorno!

Degno di nota l'intervento della saggia madre al momento in cui il figliuolo sta per decidere della scelta dello stato.

Mamma Margherita gli disse queste parole d'oro: « Io voglio che tu esanimi il passo che sei per fare, e che poi segua la tua vocazione, qualunque essa sia. In queste cose non c'entro, perchè Dio è prima di tutto. Non prenderti fastidio per me: io da te non voglio niente. Ricordati bene: sono nata e vissuta povera e così voglio morire. Anzi, se ti risolvessi a es sere prete secolare e per tua disgrazia diventassi ricco, io non verrei a farti nemmeno una visita!». Questa raccomandazione sortì il suo effetto: Don Bosco potè maneggiare somme straordinarie, pur rimanendo sempre poverissimo. Egli diceva: «Non voglio lasciare in morte se non la sottana che avrò avuto in dosso ».

Giovanni non entrò nel chiostro, non ostante vi fosse stato ammesso, ma nel Seminario. Così volle la Provvidenza, che ne guidava i passi, e gli metteva ai fianchi un santo consigliere, che l'indirizzasse per la via giusta, il Beato Cafasso.

Don Bosco celebrò la sua prima Messa il 6 giugno 1841. Narrano le sue memorie che in quel giorno memorando, quando il novello sacerdote fu vicino a casa, guardando il luogo del sogno fatto a nove anni, non potè trattenersi dall'esclamare: « Quanto mai sono meravigliosi i disegni della Divina Provvidenza! Dio ha veramente tolto dalla terra un povero fanciullo per collocarlo coi primari del suo popolo ». La sera di quello stesso giorno, mamma Margherita, avuto a tu per tu il figliuolo, così gli parlò: « Sei prete, dici la messa; di qui in avanti sei dunque più vicino a Gesù Cristo. Ricordati però che incominciare a dir messa vuol dire incominciare a patire. Non te ne accorgerai subito, ma a poco a poco vedrai che tua madre ti ha detta la verità. Sono sicura che tutti i giorni pregherai per me, sia ancora viva, o sia già morta: ciò basta. Tu da qui innanzi pensa solamente alla salute delle anime». E, quando al giovane prete fu offerto l'ufficio di precettore in casa d'una nobile famiglia genovese, con un buon stipendio, mamma Margherita esclamò: «Mio figlio in casa di signori?... ». E non lo lasciò andare.

Don Bosco entrò, invece, nel convitto del Clero, a Torino. Di là, mentre attendeva a' suoi studi, usciva col maestro suo Don Cafasso a portar soccorsi e aiuti nelle soffitte, negli ospedali, nelle carceri; in questo modo Don Bosco potè osservare lo spettacolo compassionevole d'una turba di giovani abbandonati, bisognevoli d'una mano che li guidasse: seguì l'impulso del suo cuore, pensò al rimedio: fondò la sua Opera.

E mamma Margherita allora solamente si mosse dalla vecchia casa avita per seguire il figliuolo, e divenire la seconda madre di tanti e tanti diseredati. Vendette il campo, il corredo di sposa. Aiutò a preparare il letto da dormire per il primo povero ragazzo che venne a picchiare alla porta della casetta ospitale in Valdocco: gli diede da cena, e, prima di porlo a letto, proprio essa volle dirgli qualche buona parola per consolarlo, per animarlo a sperare nella Provvidenza di Dio; volle fargli un po' di sermoncino.

Don Bosco fu ancora d'una pazienza esemplare e d'una umiltà veramente evangeliche; anzi, si può dire, che queste virtù furono il fondamento di, tutta la sua vita. Il Servo di Dio fu paziente nelle offese, calmo, indulgente con tutti, ma energico. Proprio come mamma Margherita, che tanta pazienza dovette portare col figliastro Antonio, duro, testardo, scontroso. Ma anche questa, che fu una grossa spina pel cuore della madre, doveva produrre il suo bel fiore nell'anima di Giovanni, il quale osservava e imparava fin d'allora come si debbano prendere e trattare i caratteri più antipatici e perversi.

Mamma Margherita ripeteva sovente ai figliuoli: « Dio vi vede!». « Ricordate che Dio vi vede». Voleva, insomma, che l'idea di Dio predominasse sempre; voleva, e a qualunque costo, che i suoi figliuoli si tenessero lontani da qualunque colpa, anche leggera e la impedissero con tutte le loro forze. E Don Bosco scrisse:

« Io son fatto così; quando vedo l'offesa di Dio, se avessi contro anche un esercito, per impedirla vado avanti e non cedo».

Don Bosco era umile, si gloriava della sua bassa condizione di campagnuolo, confessava schiettamente di non aver titoli accademici, non badava alle lodi, fino al punto di dire: «Tanto mi fa leggere una lettera piena di lodi, come un'altra piena d'insulti. Altro non sono se non quello che sono davanti a Dio ». E lo provava coi fatti. Il Servo di Dio ebbe colloqui confidenziali con Pio IX e Leone XIII; fu amico o in relazione con insigni personaggi, come il Pellico, Rosmini, Manzoni, Tommaseo, Crispi, Camillo Cavour; ebbe delicatissimi incarichi presso governi e monarchi; godette la fiducia di re e di principi; ebbene, ecco qual era il suo sentire: « Il Signore ha voluto esaltare il pastorello dei Becchi; io sarei andato più volentieri al letto di povera gente che a quello dei re». Don Bosco, che aveva commosso al suo passaggio Italia, Francia e Spagna; a cui centinaia e centinaia di dubbiosi e sofferenti si rivolgevano per un consiglio e una benedizione, Don Bosco ch'era stato detto dal Papa stesso « il tesoro d'Italia », a cui si erano proposti titoli e onorificenze, non fu mai udito a pronunciare una parola sola che sonasse carezza al suo amor proprio.

Che dire poi dello spirito di mortificazione? Lo scolaretto di Capriglio e di Castelnuovo, che s'era esercitato alle più dure fatiche, facendo miglia e miglia per andare alla scuola; il ragazzo, che, ancora in tenera età, era uscito dalla sua casa dei Becchi, in una rigida giornata d'inverno, per andare, piccolo pellegrino, in cerca di lavoro; il servitorello di campagna alla cascina Moglia, il garzone di caffè a Chieri, il giovinetto studente, che più volte ebbe a soffrire persino la fame per mancanza di mezzi, divenuto sacerdote, non poteva mancare di dare esempi fulgidi di mortificazione cristiana. E una pagina, anche questa, delle più interessanti della vita del Servo di Dio.

E quanta parte vi ebbe la madre nell'educarlo a questa virtù!

Se Margherita abbandonò la casetta dei Becchi per recarsi ad abitare col figlio a Torino, non vi fu attirata dalla cupidigia di guadagno, ma dall'amore di Dio e delle anime, perchè sapeva quanto fosse gravosa la parte del sacro ministero che Don Bosco aveva preso ad esercitare. Gli volle essere compagna e sostenitrice fino alla morte.

La penuria e lo squallore che regnavano all'Oratorio offrivano a questa generosa donna lo spunto per una facezia piena di significato quando diceva sorridendo al figlio: - A casa fin dal mattino doveva darmi attorno...: ma-qui vedo che potrò stare più tranquilla e con assai meno fastidi. - Così incoraggiava il figlio alle privazioni di quei giorni con l'esempio della sua virtù, ma non mancò di inculcargliela meglio ancora in un'occasione solenne, in punto di morte, dicendogli: - « Cerca la gloria di Dio, ma abbi per base la povertà di fatto». - « Ricordati che questa vita consiste nel patire. I veri godimenti saranno nella vita eterna ».

E Don Bosco che non perdette una parola nè dimenticò l'esempio della madre sua, tutto seppe convertire in utile proprio per la santificazione di se stesso e delle anime altrui. E come la madre, chiuse la santa sua vita, col conforto di poter dire che aveva fatto tutto ciò che aveva potuto.

Di Margherita Bosco, di questa degna madre, resterà eterna memoria in tutte le case e nelle missioni salesiane. Ovunque suonerà benedetto il nome di Don Bosco, benedetto ancora sarà il nome della madre sua. Nè sarà possibile tessere la storia dell'opere meravigliose del Servo di Dio senza intrecciare al racconto un cenno della carità e dell'abnegazione di questa santa donna che con le sue preghiere e coi suoi sudori si industriò prima a plasmare cristianamente il figlio, poi cooperò a far germogliare la semente dalla quale doveva nascere l'albero così gigantesco dell'Opera Salesiana.

DON GIOVANNI BALZOLA

Questo zelante nostro missionario è spirato a Barcellos (Rio Negro, Brasile) il 17 agosto u. s. dopo 34 anni di missione. Era nato a Villamiroglio nel Monferrato e contava appena 66 anni. La sua fibra forte fu consunta dai lunghi disagi e dalle privazioni inevitabili a cui dovette sottostare per il genere di vita abbracciato.

Dalle sue "Memorie"

In un quaderno di preziose «memorie » egli ci ha tracciato alcuni ricordi della sua giovinezza, che volentieri trascriviamo.

« Fin da fanciullo - ha scritto - ho sentito l'inclinazione alla vita religiosa e sacerdotale, ma non mi fu possibile seguirla. Poi venne il servizio militare, finito il quale (1884), sentii in paese il mio parroco a parlare di D. Bosco come di un santo; ma quelle parole non ebbero la forza di spingermi a una decisione.

« Nel novembre di quell'anno venne a Villamiroglio il giovane Annibale Porta, alunno del Collegio di Lanzo, per fare la vestizione chiericale. La funzione, che si svolse solenne durante la messa cantata, mi scosse profondamente e le infuocate parole del parroco, zio del Porta, mi commossero fino alle lagrime. Finita la messa, mi presentai al parroco in sacrestia per dirgli: - Scriva a D. Bosco che anch'io voglio farmi prete.

« Il buon parroco, che pure desiderava questa mia risoluzione, mi rispose: - Ma come?! Ti decidi così all'improvviso senza neppure consultare i tuoi genitori?

- Lei favorisca scrivere... Credo che nessuno si opporrà; in tutti i casi per l'età, posso disporre di me stesso, e sono risoluto a mettermi per questa via.

- Va bene! scriverò dunque a D. Bosco...

« Io non parlai a nessuno della mia decisione eccetto che a mia madre e in confidenza. Ma quando otto giorni dopo il parroco ricevette risposta dal sig. D. Filippo Rinaldi (allora direttore del collegio dei Figli di Maria a S. Giovanni Evangelista in Torino) che gli comunicava per incarico di D. Bosco: - Dica al giovane Giovanni Balzola che se vuole venire, venga subito perchè le scuole sono già incominciate... - allora manifestai al padre e ai fratelli il mio divisamento. Nessuno mi mosse difficoltà; soltanto mi esposero il loro timore che non avessi a resistere al genere di vita che intendevo abbracciare.

« Il 28 novembre, preparato in fretta un poco di corredo, accompagnato da mio padre, partii per Torino. Fui presentato al Direttore in un momento in cui egli passeggiava in cortile circondato da giovanotti con tanto di barba e baffi al pari di me, e fui lietissimo di trovarmi con compagni della mia età. Il direttore mi accolse col suo paterno sorriso e mi fece accompagnare dal prefetto perchè mi segnasse sul registro della Casa: prefetto era D. Unia che poi divenne l'apostolo dei lebbrosi di Colombia. Quel primo giorno passato a S. Giovanni mi impressionò tanto bene che al mattino, appena si presentò mio padre, gli dissi: - Ora potete andarvene tranquillo a casa; io sono contentissimo e resto qui volentieri.

« Passai tre anni di pace nell'Istituto di San Giovanni sotto la saggia direzione di D. Rinaldi, adempiendo alla funzione di domestico del venerando Mons. Basilio Leto e avendo frequenti occasioni di vedere D. Bosco e ricevere la sua santa benedizione.

« La prima funzione solenne che ebbi la fortuna di veder svolgersi nel Santuario di Maria Ausiliatrice, fu quella della consacrazione episcopale di Mons. Giovanni Cagliero, reduce dalla Patagonia. In quel giorno i primi germi della vocazione missionaria si depositarono nel fondo del mio cuore... ».

D. Balzola dopo aver ricordato che vestì l'abito chiericale dalle mani di D. Bosco nel 1887; che nel 1889 ebbe a Valsalice incitamento alla virtù dall'esempio mirabile di D. Andrea Beltrami, suo professore; che poi passò al collegio di Faenza dove fu ordinato sacerdote nel 1892, prosegue: - « La mia vita si orientò definitivamente verso le missioni. D. Luigi Lasagna veniva allora da Leone XIII eletto Vescovo titolare di Tripoli e destinato all'evangelizzazione degli indi .del Brasile e del Paraguay: mi sentii spinto ad accompagnarlo e ne feci domanda al sig. D. Rua. La mia domanda fu accolta e venni nominato "segretario" del nuovo Vescovo».

Missionario.

Cominciò la sua vita missionaria, accompagnando (2 aprile 1893) Mons. Lasagna al Brasile e spingendosi con lui fino a Botugatù nell'intento di trovare la via più propizia per mettersi in contatto cogli indi. Là il buon Vescovo si convinse che per molti motivi la cosa tornava più facile dal lato del Matto Grosso e con Don Balzola e un ristretto numero di personale salpò il lo maggio 1894 da Montevideo per Cuyabà. Arrivato colà Monsignore trattava colle autorità il passaggio della Colonia Teresa Cristina sotto la direzione dei missionari salesiani, e avviate le cose, con D. Balzola ritornava il 19 luglio a Montevideo e in Brasile. In questo viaggio D. Balzola battezzò i primi indi Lenguas condotti a bordo del piroscafo da ottimi cristiani: era il primo atto di ministero che compiva in terra straniera e confessava che la gioia soave provata .nell'offrire al Signore le anime redente di quei miseri indi, lo determinò a votarsi con più generosità alla loro conversione qualunque fosse il sacrifizio che tale opera avrebbe domandato alla sua persona.

Il Signore parve voler appagare il desiderio generoso dell'intrepido missionario.

Alla Colonia Teresa Cristina.

Trovandosi al Brasile, D. Balzola ebbe notizia ai primi di gennaio 1895 che il governo del Mattogrosso l'aveva scelto per la direzione della Colonia Teresa Cristina; senza indugio cedette l'ufficio di segretario e il 15 marzo salpava nuovamente da Montevideo alla volta di Cuyabà, accompagnandovi il nuovo personale che aveva potuto raccogliere. Il 2o maggio con D. Solari, un coadiutore e tre Figlie di M. A. egli partiva per la Colonia per iniziare la vera vita missionaria tra i Bororos, che proseguì quasi ininterrottamente fino al 1915.

I tre anni alla Colonia Teresa Cristina furono certo i più penosi pel nostro D. Balzola, ignaro della lingua, disorientato dai costumi barbari e perversi dei selvaggi, osteggiato dai politicanti che vedevano di mal occhio i sacerdoti alla Colonia, privo delle cose più necessarie in quel recesso tenebroso della selva, coll'assillante preoccupazione di dover provvedere il più essenziale per la vita dei selvaggi da incivilire.

Ma D. Balzola assolse egregiamente il gravoso còmpito. Se egli non ebbe la mente di scienziato per studiare ed analizzare la vita degli indi, aveva però il cuore di un apostolo per prodigare tutte le risorse della sua carità ad alleviare le miserie d'ogni specie che affliggevano quei suoi poveri figli, i quali presero ad amarlo come un padre e ad avere in lui la più leale fiducia. D. Balzola, fidando nell'ascendente che aveva sopra di essi e nell'aiuto del Signore, non ricusò nel 1908 di condurre a Torino per l'Esposizione di Arte Sacra tre giovani bororos, non ancora civilizzati. Quei tre esseri gli diedero forse più noie che consolazioni, ma egli rivelò allora quanta pazienza ed abnegazione racchiudesse in cuore e quanto affetto nutrisse per quelle creature abbrutite. E mentre in Italia egli completava l'opera del suo apostolato disponendo quelle anime a ricevere nel santuario di Maria Ausiliatrice il battesimo, al Brasile la cricca aveva la rivincita inducendo il governo a riprendersi la Colonia.

D. Balzola ne ebbe la notizia sbarcando a Rio de Janeiro e confessò che uno « schianto più terribile» pel suo cuore non poteva avere col veder crollare d'un tratto tutte le migliori speranze.

Raggiungendo Cuyabà, egli non restò in ozio; si diede a percorrere le regioni del sud per incarico dell'Arcivescovo della diocesi predicando e amministrando i Sacramenti a popolazioni che da molti anni non avevano visto un sacerdote.

Tra i feroci Caiabis.

Ritornato a Cuyabà, nel maggio 1900 prese parte ad una spedizione tra i Caiabìs organizzata per tentare la catechesi di quei feroci selvaggi. Il viaggio si svolse per buona parte sulle acque del Rio Paranatinga e per poco non riuscì un disastro. La spedizione percorse dapprima a dorso di mulo la zona da Cuyabà a Mulatera: di là su cinque canoe discese la corrente del Paranatinga. Dopo 7 giorni di viaggio nell'attraversare alcune ràpide, una delle canoe affondò; quella del missionario, il quale fu buttato in acqua con pericolo di affogare e perdette oltre al suo corredo il necessario per la celebrazione della S. Messa, sicchè dovette rimanere privo di questo conforto per tutta la durata del viaggio.

I selvaggi incontrati sulle rive apparvero prepotenti, feroci, inabbordabili: ma essendo per lo più isolati, non incutevano molto timore. Però il 13 luglio la spedizione, ad una svolta del fiume intorno ad una collina, si trovò di fronte ad una moltitudine turbolenta e minacciosa. D. Balzola scese fra i selvaggi per distribuire loro regali e stretta un po' di confidenza si rassegnò a ballare con essi il bacururù, sperando di averli amici. Ma per l'insaziabile ingordigia degli Indi che si spinsero fino a saccheggiare le canoe, l'equipaggio fu costretto a risalire a bordo e prendere la via del ritorno. D. Balzola e i suoi compagni corsero allora un brutto rischio, di essere cioè colpiti dalle freccie avvelenate che i selvaggi lanciarono contro di essi: anzi una freccia colpì il cappello sulla testa del missionario e glielo portò in acqua. L'equipaggio fu più volte sul punto di reagire, ma il missionario trattenne sempre in tempo lo sfogo di una giusta repressione. Ogni giorno continuarono le molestie dei selvaggi e a queste si aggiunsero le febbri dovute alla cattiva e insufficiente alimentazione, consistente in uova di tartarughe.

Dopo 36 giorni di navigazione coll'aiuto di Dio le quattro canoe rientravano a Mulatera; la spedizione non aveva avuto l'esito sperato non essendo riuscita ad allacciare relazioni coi selvaggi che rendessero probabile il ritorno del missionario per l'evangelizzazione. D. Balzola ebbe almeno il conforto di battezzare l'estremo punto toccato fra quelle inesplorate terre col nome di Redenzione - segnato ora sulle carte del Brasile. - Il nome dice tutta l'intenzione del missionario di portare a quei feroci il dono della fede: ma dovette limitarsi a mostrare loro il crocifisso spiegando, più con segni che con parole, chi fosse, e far scrivere sul suo taccuino da un bimbo innocente (guidandone la mano) i nomi di Gesù e di Maria.

Le Colonie fra i Bororos.

L'opera che formerà la più bella gloria del nostro D. Balzola è quella della fondazione delle Colonie tra i Bororos. Dopo un'arditissima esplorazione compiuta con Mons. Malan tra le selve mattogrossensi, il 18 gennaio 19o2, D. Balzola stabiliva a 500 km. da Cuyabà, presso il Rio Barreiro, in piena foresta, la prima colonia del S. Cuore di Gesù. Descrivere i disagi incontrati e l'ansia terribile provata per sette mesi continui nell'attesa dell'incontro coi selvaggi che si tenevano celati nella boscaglia, è superfluo in questi brevi ricordi. Alfine un drappello di Bororos si avvicinò nascostamente alla Missione per uccidere D. Balzola e i suoi compagni: e se essi furono salvi, fu per una speciale protezione di Maria Ausiliatrice che fece comprendere al cacico Gioacchino che i missionari erano gli in viati del Grande Spirito e amici dei selvaggi.

Con questa assicurazione, i Bororos nell'aprile 1903 si presentarono alla Colonia in numero di 130. D. Balzola li accolse con tutta l'effusione del suo cuore ardente e per quattro anni visse la loro vita, con la soddisfazione di vederne poi un buon numero rigenerati dal S. Battesimo. Non è il caso qui di ricordare dettagliatamente l'improba fatica sostenuta dal nostro D. Balzola per convertire alla fede e alla civiltà quelle nature ribelli; diremo solo che la sua costanza e sopratutto la sua fede nella protezione del Signore operarono a poco a poco il miracolo di staccare i Bororos dalle perverse abitudini di cui erano schiavi e avviarli sulla via della civilizzazione cristiana. Fu un gran merito di D. Balzola l'aver fatto pacifici quegli indi che erano prima il terrore di tutti i civili e aver trasformato quelle selve già campo di feroci e sanguinose battaglie in centri, sia pure rudimentali, di civiltà.

Nel 1906, sempre per il bene spirituale e materiale dei suoi indi, D. Balzola fondò la Colonia S. Giuseppe sul Rio Sangradouro e nel 1909 intraprese una visita alle tribù borore che ancora si trovavano disseminate sul S. Lorenzo e suoi affluenti. Potè così condurre a termine il difficile incarico che il governo gli aveva affidato del censimento degli indi Bororos, che nessun altro avrebbe potuto compiere meglio di lui esperto conoscitore dei luoghi e amicissimo degli indi.

Al Rio Negro.

L'affetto vivo che egli aveva pei Bororos gli fece spargere copiose lagrime quando, sul finire del 1914, dovette allontanarsi dal Matto Grosso per andare al Rio Negro a prendere visione della nuova Prefettura Apostolica che la S. Sede intendeva affidare alla Congregazione Salesiana. In sette mesi egli percorse il nuovo campo apostolico risalendo il Rio Negro e i suoi affluenti Uapès, Tiquiè, Issana, ecc. visitando gli indi e i civili disseminati in quella estesa regione. E restò nella nuova missione per 12 anni fondando le varie residenze di S. Gabriel (1916), di Taracuà (1923) e di Barcellos (1924), e compiendo continue escursioni fino ai confini del Venezuela e della Colombia. Quante anime divennero cristiane per lo zelo di D. Balzola, quante ebbero impulso per dirigere la propria vita nella luce di Cristo dalla parola semplice e ardente del buon missionario!

Spossato dai viaggi, dal clima, dalle continue privazioni nel 1925 D. Balzola dovette venire in Italia per rimettersi in salute. E rifattosi alquanto ritornò sul campo del lavoro, dove, per la straordinaria siccità che impedì per qualche tempo la navigazione sul Rio Negro, si raddoppiarono le sue preoccupazioni ed i suoi sacrifizi, ed egli tornò subito a deperire in modo da ridursi a uno scheletro.

Nell'aprile scorso si era recato a Manaos per consultare i medici, e questi gli dichiararono che non poteva più oltre rimanere in quelle terre. Ma D. Balzola preferì ritornare a Barcellos ben sapendo quanto fosse necessaria colà anche l'opera di un povero prete malato: e da Barcellos volò al Cielo.

« D. Balzola - hp scritto il Rettor Maggiore nella lettera-partecipazione della morte alle Case Salesiane - fu un santo missionario che visse sempre alla presenza di Dio e unicamente per la sua gloria ». Quest'elogio fu ben meritato. D. Balzola fu veramente così, e la sua vita tutta spesa pel Signore e per le anime apre il nostro cuore alla speranza che Dio già l'abbia riunito con D. Bosco nella felicità del paradiso.

Stampa Salesiana.

Una delle opere che più stavano a cuore al Ven. Don Bosco e che egli lasciò all'attività dei suoi Salesiani, era quella della buona stampa per la gioventù e il popolo e in modo particolare per le scuole.

Sia in Italia che in molti altri Stati all'estero, essi continuano a dedicare con opportunità e non comune competenza le loro migliori penne e tipografie a questo lavoro, incontrando a quando a quando lusinghieri autorevoli incoraggiamenti.

Recentemente i Salesiani delle Repubbliche del Centro-America, sotto abili direttive del loro Ispettore, Prof. Don Giuseppe Reyneri, pubblicavano dieci nuovi libri di testo per le scuole, cinque di lettura e cinque di materie varie: cioè: una Grammatica, un'Aritmetica, un Trattato di Mineralogia, uno di Agricoltura e un Atlante geografico, tutti in eleganti edizioni e artisticamente illustrati, e li presentavano alla Esposizione didattica nazionale della Repubblica del Salvador, riportandone medaglia d'oro e diploma di onore, con la seguente motivazione:

« .... perchè questi testi sono opere didattiche basate sui più moderni principii pedagogici; perchè il carattere di essi è essenzialmente nazionale; perchè il moderato loro prezzo di vendita fa vedere chiaramente che non si tratta di speculazione; e sopra tutto perchè in essi risplende la più pura morale, nello stesso tempo che un elevato patriottismo vi palpita nelle più belle pagine... ».

Questi stessi libri ebbero inoltre larga diffusione in molte scuole di quelle fiorenti Repubbliche, incontrando ovunque lieta accoglienza, sia per parte degli insegnanti che degli alunni.

Partenza di Missionari Salesiani

La partenza dei Missionari Salesiani ha richiamato il 9 ottobre una folla straordinaria di Torinesi alla Basilica di M. Ausiliatrice per assistere alla commovente funzione, riuscita, anche in quest'anno, assai suggestiva.

Dal pulpito parlò ai Cooperatori Mons. Ernesto Coppo, Vicario Apostolico del Kimberley (Australia) il quale esordì prospettando al numeroso uditorio ciò che occorre ai missionari per poter svolgere con fecondo risultato la loro missione. Aiuti materiali in primo luogo, senza dei quali non possono far nulla, nè fondare scuole nè innalzare cappelle, nè aprire ospizi per l'infanzia abbandonata. Quando si pensa che i missionari partenti sono 165, più una quarantina di Figlie di M. A. e che debbono recarsi in lontanissime regioni, balza agli occhi di tutti quali ingenti spese vi sono solo pel viaggio e quante altre maggiori vi saranno per poter svolgere con frutto il loro apostolato. Ma occorrono anche e sopratutto ai missionari aiuti divini. Essi compiono il supremo sacrifizio lasciando tutto ciò che hanno di più caro sulla terra per diffondere il regno di Dio tra le anime pagane e sanno che la missione che loro affida G. C. ha riscontro in quella compiuta dagli Apostoli nel mondo. con gli stessi disagi e gli stessi pericoli. Consci della necessità assoluta della protezione celeste per un'impresa di tanta importanza, essi si sono raccolti ai piedi di M. A. per implorare la sua assistenza e le sue divine benedizioni. E l'oratore invita il popolo a pregare per i coraggiosi banditori della fede e a cooperare all'opera di Redenzione che essi stanno per intraprendere.

Con vivo calore Mons. Coppo tratteggia le fasi più interessanti dell'evangelizzazione dei paesi del Nord d'Europa e dell'America, mettendo in rilievo tutto ciò che la Chiesa e i suoi intrepidi missionari hanno tatto per la salvezza delle anime nei vari secoli cristiani. E venendo a parlare dello sviluppo preso oggidì dalle missioni, egli rievoca l'ardore apostolico del venerabile D. Bosco, che ispirandosi alle belle parole udite dalla bocca del Beato Cafasso in Murialdo nel 1827: « Colui che abbraccia lo stato ecclesiastico si vende al Signore, e di quanto havvi nel mondo nulla più deve stargli a cuore, se non quello che può tornare a maggior gloria di Dio e a vantaggio delle anime », spese tutta la sua vita nel compiere questa sublime missione e mandò i suoi figli in tutte le parti del mondo per dilatare il regno di Cristo e salvare le anime. Il vescovo missionario invoca su tutti i partenti le benedizioni del cielo perchè compiano questo magnifico programma e rivolge un caloroso appello ai Cooperatori perchè si uniscano ai Missionari e li sostengano nella loro difficile impresa con fervorose preghiere e con generosi aiuti.

Tutta la folla divota che gremisce la basilica è pervasa da intensa commozione allorchè S. Em. il card. Gamba, arcivescovo di Torino, dopo aver impartita la benedizione col Santissimo, intona le preghiere rituali e benedice i Crocifissi. L'Eminentissimo rivolge egli pure un vibrante saluto ai missionari partenti.

« Siamo qui, tutti pieni di ammirazione verso di voi, o carissimi, che, con coraggio apostolico state per salpare verso lontane terre, ove porterete la gloria della religione di Cristo! L'opera vostra è così grande e così altamente meritoria dei Celesti Favori, che noi sentiamo per voi, oltrechè ammirazione, molta invidia... Voi infatti state per prepararvi, attraverso una vita di pericoli e di disagi, una gloria immortale in Cielo; gloria che sarà la sola e la più ambita delle ricompense delle vostre fatiche; che frutteranno tesori di spirituali ricchezze ad infinite creature le quali riceveranno Dio, e - per mani vostre - la Sua Grazia. Le nostre preghiere vi siano di grande conforto nella coraggiosa opera che compirete a gloria di Dio, ed a salvezza delle anime! La Vergine - così ispiratamente invocata dal vostro Vescovo - sia il vostro aiuto; faccia Essa, che tutto può, discendere copiose sopra di voi le grazie del Cielo, e vi aiuti a compiere colla vostra salvezza in terra, la salvezza spirituale di tante anime! ».

» Coraggio, carissimi, il sacrificio vostro è grande, è grandissimo: voi dovete abbandonare la vostra terra ed i vostri cari, ma avete Gesù con voi ed avete perciò tutte le ricchezze, e tutti i tesori di questo mondo; tra poco riceverete pure il Crocefisso che sarà la vostra gloria ed il vostro trionfo, com'è tuttora la vostra grande ed unica aspirazione! ».

Quindi lo stuolo dei missionari partenti si inginocchia, e con essi tutta la folla: e s'ode su tut†i e su tutto l'ispirata parola dell'Eminentissimo che invoca dal Cielo la Benedizione di Dio.

« Vi accompagni la Benedizione di Dio - esclama S. Eminenza - scenda Essa sopra di voi e sparga le sue celesti grazie sul vostro lungo e faticoso cammino terrestre. Sia Essa pegno di quei lumi e di quei tesori celesti che oggi sono per voi, conforto in terra, e che domani per voi saranno felicità eterna in Paradiso! ».

Quindi ad uno ad uno i missionari ricevono dalle. mani dell'Eminentissimo Porporato il Crocifisso e dopo aver baciato l'anello al Principe della Chiesa, ricevono l'abbraccio paterno del sig. Don Rinaldi, Rettore Maggiore, che ad ognuno dei partenti sussurra nell'orecchio e nel cuore la fortificante parola dell'augurio e del conforto. Dopo ogni missionario partente riceve l'abbraccio ed il saluto dei Superiori del Capitolo Superiore, che fanno corona al sig. D. Rinaldi.

La folla non stacca gli occhi dal presbitero, dove si svolge la scena bellissima e, commossa, prega pei generosi missionari

* *

La spedizione missionaria del 1927 conta complessivamente 165 persone tra sacerdoti, chierici, coadiutori e ascritti: di queste 44 già sono partite e le altre 121 partiranno entro gli ultimi mesi dell'anno. A formare questa bella schiera hanno contribuito ben 17 nazioni in varia misura: l'Italia con 92, la Germania con 26, la Spagna con 12, la Polonia con 10, il Belgio con 5, il Brasile e l'Equatore con 3, con due la Francia, l'Argentina, il Messico, la Iugoslavia e con uno la Palestina, l'Egitto, l'Inghilterra, la Lituania e l'Ungheria.

Queste cifre sono eloquenti. I nostri ottimi Cooperatori e le nostre ottime Cooperatrici, meditandole, troveranno in esse uno stimolo a venirci in aiuto per far fronte alle spese veramente forti a cui ci sobbarchiamo per un'opera che mira alla gloria di Dio e alla salvezza delle anime. Il venerato nostro Superiore ringrazia con viva riconoscenza quanti hanno già avuto il delicato pensiero di fargli pervenire offerte a questo fine e confida che l'affetto vivissimo dei Cooperatori e delle Cooperatrici all'Opera di D. Bosco saprà anche in questa grave contingenza fornirgli i soccorsi generosi e indispensabili per le necessità dei missionari partenti e delle Missioni.

L'Indulgenza Plenaria per la recita del S. Rosario dinanzi al Santissimo.

Un Breve Pontificio, in data 4 settembre 1927, concede e in perpetuo e toties quoties l' INDULGENZA PLENARIA a tutti e singoli i fedeli che, pentiti e confessati, e accostandosi alla Santa Comunione nel debito modo, reciteranno devotamente una terza parte del Rosario della B. V. Maria davanti al Sacramento del Sacratissimo Corpo di Cristo, o esposto alla pubblica venerazione, o conservato entro il tabernacolo ».

Il Breve fu letto alla solenne seduta inaugurale del Congresso Eucaristico Nazionale tenutosi in Bologna nel Settembre u. s. La generosa concessione Pontificia, speriamo, renderà sempre più cara la preghiera del S. Rosario ai nostri Cooperatori e alle nostre Cooperatrici.

TESORO SPIRITUALE

I Cooperatori Salesiani, i quali confessati e comunicati divotamente visiteranno qualche chiesa o pubblica cappella, o se viventi in comunità la propria cappella privata, e quivi pregheranno secondo l'intenzione del Sommo Pontefice, possono lucrare l'Indulgenza plenaria (come dal Decreto della Sacra Congregazione delle Indulgenze 2 Ottobre 1904):

L'indulgenza plenaria:

Ogni mese.

1) in un giorno scelto ad arbitrio di ciascuno;

2) nel giorno in cui faranno l'esercizio della Buona Morte;

3) nel giorno in cui si radunino in conferenza.

Dal 1° Novembre al 31 Dicembre nei seguenti giorni.

21. novembre: Presentazione al Tempio della SS. Vergine.

22 novembre: S. Cecilia.

8 dicembre: Immacolata Concezione. 25 dicembre: Natività di N. S. G. C.

Ricordare anche

che ogni giorno, con la sola condizione d'essere in grazia di Dio, i Cooperatori Salesiani, che durante il loro lavoro o in mezzo alle loro occupazioni uniranno il loro cuore a Dio per mezzo d'una breve e pia invocazione, possono acquistare:

1. Per una invocazione qualunque a loro scelta, uri indulgenza plenaria.

2. Per tutte le altre, 400 giorni d'indulgenza, ogni volta.

* *

NB. - I Cooperatori, impediti per malattia di portarsi alla chiesa, possono acquistare le indulgenze sopra dette, recitando in casa cinque Pater, Ave e Gloria.

Tra le Opere del Ven. Don Bosco

L'Istituto Missionario "Cardinal Cagliero di Ivrea.

Ideato e voluto allo scopo di provvedere ai sempre crescenti bisogni delle Missioni Salesiane, l'Istituto porta il nome del primo intrepido Missionario Salesiano, l'Em.mo Card. Cagliero, il grande apostolo, fulgidissima gloria salesiana, il cui nome è da solo un programma, la cui vita è una mirabile epopea di lavoro e di sacrificio.

Furono 56 i giovani che nell'anno 192223, primo dell'Istituto, accorsero generosi. Pochi, come si vede, ma buoni, e desiderosi di raggiungere ad ogni costo l'ideale che radioso loro era brillato dinanzi.

Nell'Istituto si trovarono felici, crebbe in loro l'amore per Don Bosco, l'entusiasmo per le missioni e furono ben degni di essere il piccolo seme che in sì breve volgere di anni doveva svilupparsi e crescere in albero gigantesco.

I chiamati.

Già fin d'allora un numero considerevole di essi usciva dalle file della Gioventù Cattolica Italiana.

Nel 1925 i giovani provenienti dai circoli erano 72. Il Comm. Pericoli ne dava notizia al S. Padre il quale si compiacque vivamente e benedisse di cuore i giovani aspiranti missionari. Comunicando la preziosa degnazione Pontificia, il Comm. Pericoli soggiungeva: « La benedizione del Vicario di Cristo sia a loro tutti di conforto e di sprone. Noi aggiungiamo il nostro bacio fraterno per ognuno di questi compagni che lasciano le nostre file per votarsi con abnegazione sublime al più alto ministero dell'apostolato ».

Ora oltre 15o su 2oo sono i giovani formati nei circoli. Come anche in passato in buon numero si contano tra di essi presidenti (alcuni federali), consiglieri federali, consiglieri, gli elementi migliori insomma della sana gioventù d'Italia, che alle Missioni sentono il bisogno di dare non solo il loro appoggio cordiale, ma se stessi.

Da tutta l'Italia, ma soprattutto dal Piemonte, dalla Lombardia e dal Veneto, i giovani baldi e gagliardi di tutte le età e le condizioni sociali, uniti in un palpito solo di amore e di fede, al grido di angoscia di tanti milioni d'infedeli continuano a rispondere coll'eroico sacrificio dei loro verdi anni, e, rinunziando a tutto ciò che di più caro e di più attraente offre loro la vita, corrono a picchiare alla porta dell'Istituto, vera officina, che temprerà i loro cuori alla lotta per il trionfo di Cristo Re.

Ora, all'incominciare del 6° anno di vita, l'Istituto accoglie oltre 2oo aspiranti; non c'è canto della casa che non sia occupato e la preoccupazione dei Superiori è una sola quella di trovare il modo di poter accettare tutte le domande che piovono da ogni parte.

Il segreto.

Ma come si spiegano tante vocazioni ?

I migliori propagandisti sono i nostra stessi giovani, che, affezionati all'Istituto ed entusiasmati della vita salesiana, sanno portare e far trionfare l'idea missionaria tra i loro compagni ed amici.

In un loro congressino Missionario deliberarono che ognuno prima di partire per le Missioni dovesse cercarsi almeno un compagno da lasciare al suo proprio posto nell'Istituto. E prendono sul serio questo dovere assunto spontaneamente. Non pochi hanno attirato un fratello, chi due, tre, cinque amici e compagni col dipinger loro la bellezza della vita che si conduce nell'Istituto, colla descrizione dello stato infelice di tanti milioni di poveri infedeli, che ancora non conoscono Gesù Cristo.

Ed è per mezzo di questa propaganda così attiva - coadiuvata dallo zelo illuminato di tanti ottimi sacerdoti e cooperatori, a cui noi dobbiamo la riconoscenza più viva, che da certi paesetti sopratutto del Veneto, della Lombardia e del Piemonte corrono a decine i giovani desiderosi di darsi all'apostolato, formando in tal modo nell'Istituto vere piccole colonie di allievi missionari.

E ciò è tanto più meraviglioso se si pensa che non pochi di essi sono già avanzati negli anni, parecchi hanno già prestato il loro servizio militare, altri sono giovanotti che vengono nell'Istituto, dopo di aver superato prove gravissime, con la visione chiara di ciò che li attende, ben consci dei doveri e dei sacrifizi a cui vanno incontro.

Riusciranno tutti ?

Lo studio costituisce sempre per molti (per i più anziani) serie difficoltà. D'altra parte essi prendono tanto amore all'Istituto, tanto affetto ai Superiori, che anche non riuscendo negli studi, si fermano con Don Bosco ugualmente; ed è così che ogni anno, insieme ad una bella schiera di chierici, parte pure un piccolo numero di coadiutori, che mentre prestano il più valido aiuto al Missionario, sono missionari essi pure. I più però con una grande pazienza e ammirabile costanza riescono a coronare il loro ideale con un'ottima riuscita negli studi.

In tre anni ben 1o6 furono i Missionari che l'Istituto ha già dato alla Congregazione, alla Chiesa, alle anime infedeli.

E commovente vedere la serenità con cui compiono il più grande dei sacrifici, dando l'addio a tutto ciò che di più caro hanno sulla terra. Partono giulivi e contenti, con il pensiero rivolto alla mèta che li attende e che stanno per raggiungere, dopo di averla sì ardentemente sognata, sì pazientemente attesa per anni ed anni.

I loro posti sono presto riempiti. Il Signore chiama ed i suoi piccoli apostoli rispondono generosamente. Don Bosco è pronto, con le braccia aperte ad accogliere chi a lui si presenta, a un patto solo, che porti con sè una scintilla di quell'amore alle anime per cui Egli consacrò tutta la sua vita.

Resoconto Annuale dell'Opera Salesiana nella Patagonia e Terra del Fuoco.

L'Ispettore salesiano D. Gaudenzio Manachino, ha inviato a S. E. l'Arcivescovo di Buenos Ayres l'annuale resoconto sul lavoro compiuto dai Salesiani e dalle Figlie di Maria Ausiliatrice nel Sud Argentino. Riportiamo qui i punti più importanti che permettono ai nostri Cooperatori di valutare l'opera che i Figli di D. Bosco svolgono in quelle regioni.

Personale Missionario.

Le nostre Missioni nel Sud Argentino contano attualmente 63 sacerdoti, 56 confratelli coadiutori, e un centinaio di suore Figlie di Maria Ausiliatrice.

Nel nostro Seminario Maggiore abbiamo 64 chierici: nel Seminario Minore 48 aspiranti; nel Preparatorio 44. alunni, ciò che significa un totale di 156 persone. Neppur uno dei nostri seminaristi paga pensione. Le gravissime spese per la formazione di tanto personale sono sostenute quasi per intero dalla carità generosa e instancabile dei nostri benefattori.

Con tutta ragione i missionari della Patagonia debbono ripetere le parole già dirette da Don Bosco ai suoi Cooperatori e Cooperatrici in punto di morte: « Senza la vostra carità, avremmo potuto fare poco o nulla; con essa abbiamo cooperato colla divina grazia a asciugare molte lacrime, a salvare molte anime ».

Educazione morale. - Frutti spirituali.

Nelle nostre « 22 parrocchie » (la Missione dispone pure di 16 cappelle: 10 con residenza e 6 senza residenza) e per mezzo dei nostri Missionari ambulanti, che compiono talora sacrifici eroici, abbiamo potuto amministrare 5512 Battesimi, 3274 Cresime, 267 Estreme Unzioni e centinaia di migliaia di Comunioni.

Al presente non è ancora a mia conoscenza il numero totale di Confessioni e Comunioni di precetto. Finora le Confessioni di precetto sono 9990 e le Comunioni 9609. Si sono benedetti 543 matrimoni.

La Parola di Dio si predica costantemente in tutte le nostre chiese; le istruzioni catechistiche e fervorini raggiungono la cifra di 6024.

Speciale menzione merita la Missione predicata ai carcerati di Ushuaia dai sacerdoti salesiani Luigi Cencio, Giacomo Valente e Federico Torre. Le spese di viaggio furono sostenute dalla signorina Vittoria Aguirre, che, benedetta da centinaia di anime da lei beneficate, lasciò la terra per raccogliere nel cielo gli abbondanti frutti della sua carità.

La benemerita Casa Piccardo regalò, per i carcerati, parecchie migliaia di sigari.

I centenari di San Francesco d'Assisi e San Luigi Gonzaga si celebrarono in tutte le nostre Case di Missione nella miglior forma possibile. Nel Collegio S. Francesco di Sales, casa centrale della Missione, si dedicò ai due grandi santi l'Esposizione Scolastica e di Arti e Mestieri che si fece alla fine dell'anno.

Educazione intellettuale. - Collegi e Orfanotrofi.

Con l'istruzione religiosa i missionari della Patagonia diffondono l'istruzione letteraria e scientifica nelle classi popolari. Da Bahía Bianca a Ushuaia, da Chosmalal a Junín de los Andes aprono i loro collegi ed ospizi agli Argentini e agli stranieri, orgogliosi di unire i loro umili sforzi alla saggia Opera del Governo Nazionale nella formazione di virtuosi cittadini e di ottimi patriotti.

Nelle nostre scuole ricevono il benefizio dell'istruzione 4990 figli del popolo, cioè 2655 fanciulli e 2335 fanciulle. Contando pure i ragazzi e le ragazze che frequentano gli Oratori festivi e Scuole Parrocchiali, la cifra è di 6746.

Visite illustri.

Graditissime visite illustri si ebbero in epoche differenti dal Ministro di Culto e Affari Esteri, Dott. Angelo Gallardo e dal Ministro della Guerra Generale Agostino P. Justo, accompagnato da altri egregi signori, tra i quali vanno ricordati il Dott. Obdulio Siri, ministro di Governo nella Provincia di Buenos Aires; il generale Vernengo; Mons. Dionigi R. Napal, vicario generale dell'armata; il Governatore del Rio Negro, tenente colonnello Leone D. Quaglia, ecc., ecc....

In Bahía Bianca S. E. il Governatore della Provincia di Buenos Aires, Dott. Valentino Vergara, in forma solenne volle onorare con una sua visita i collegi di « La Piedad » e « Don Bosco ». E si disse ben lieto di visitare gli Istituti del più grande Educatore del secolo passato, dove l'amore a Dio è costantemente unito all'amore alla Patria.

L'Ecc.mo Ministro di Giustizia e Pubblica Istruzione, Dott. Antonio Sagarna effettuando un viaggio attraverso i territori del Rio Negro Neuquén e Pampa, si degnò visitare i collegi salesiani ivi stabiliti. Il 2o aprile visitò pure il collegio delle Suore di Maria Ausiliatrice in Viedma, ammirando l'ordine e la pulizia dei vari locali, Prima d'accomiatarsi volle esprimere la sua vivissima sodisfazione, scrivendo sull'albo dei visitatori: « In tre anni e mezzo da che disimpegno le funzioni di Ministro della Pubblica Istruzione e di Giustizia, ho visitato la maggior parte dei collegi delle Suore di Maria Ausiliatrice, sezione femminile dell'apostolica opera del Ven. D. Bosco, e mi è assai grato affermare che essi realizzano magnificamente l'ideale educativo della gioventù argentina, perchè simultaneamente elevano la salute fisica, intellettuale e morale delle future madri, di cui la Patria abbisogna e che reclama. L'allegria, il culto della musica sono i mezzi di cui si servono le benemerite suore, perchè le cristiane virtù risplendano sempre più e siano ognora più feconde ».

Il giorno seguente alle ore 10 visitava il collegio S. Francesco di Sales, accolto dai superiori e salutato dalle note squillanti della banda dei nostri artigiani. Al saluto cordiale che gli diresse il Sig. Direttore, in nome dei Salesiani e degli allievi, S. E. rispose tessendo con calda ammirazione l'elogio del gran Sacerdote, lo spirito del quale egli ben conosceva attraverso i di lui scritti e per aver assistito a numerose conferenze sopra il sistema educativo, profondo e moderno, con il quale egli volle educare la gioventù. E scrisse nel libro delle visite: « Nel collegio San Francesco di Sales, che con grande sodisfazione ho visitato oggi, confermo il pensiero già varie volte da me espresso sopra l'opera educativa dei figli di Don Bosco dopo averli conosciuti da vicino. Essa realizza i più sublimi ideali della Patria Argentina ». Volle pure onorare l'Istituto con una fotografia che porta la seguente dedica: « Al collegio San Francesco di Sales di Viedma, con la espressione della mia più viva simpatia per la sua grande opera educativa ».

Educazione patriottica.

Celebrandosi la data centenaria del 7 di Marzo, i nostri Collegi vi parteciparono col più vivo . entusiasmo. In rappresentazione di Mons. Alberti, celebrò gli uffici religiosi nella chiesa parrocchiale, il Rmo. Sig. Vicario Foraneo di Bahía Bianca, Sac. Dott. Giuseppe Barreiro e gli allievi della Scuola Normale di Fortín Mercedes eseguirono brillantemente la « Missa Pontificalis » a tre voci del M. Perosi ed il « Te Deum » del Card. Cagliero a quattro voci.

In Bariloche. - Quaranta ginnasti del Collegio San Francesco di Sales di Viedna, e quasi tutti orfanelli, parteciparono brillantemente a tutti gli atti commemorativi, che si celebrarono in detta località, ricordando il 46° anniversario della prima Bandiera Argentina issata sopra la collina che si chiamò da quel momento Cerro Vallegas.

Le spese di viaggio da Viedma a Bariloche furono a carico dell'Eccmo. Sig. Governatore del Rio Negro, Tenente Colonnello Leone D. Quaglia.

In Bahia-Bianca.- Organizzato dalla Commissione « Figli di Babia Bianca Pro Centenario », si realizzò un corso di Tiro a segno, nello Stand del Tiro Federale della stessa città, in commemorazione del 99° anniversario della fondazione della medesima. Nel torneo (Sezione Scolastica) conquistò il primo premio un gruppo di allievi del Collegio Salesiano Don Bosco, ottenendo inoltre il primo premio individuale « de campeón de equipos » l'allievo Bartolomeo Ferreyra dello stesso collegio.

Educazione fisica.

Fedeli alle tradizioni ed agli insegnamenti del Ven. Don Bosco, i Missionari della Patagonia dànno all'educazione fisica l'importanza che essa ben si merita: mens sana in corpore sano. Seguendo i consigli dei Medici Direttori, Francesco Pietrafaccia e Domenico Harosteguy, nonchè le preziose indicazioni del Dottor Cesare Vitale, Giudice del Tribunale Correzionale di Buenos Aires, abbiamo stabilito Colonie Marittime Autunnali, in riva all'Atlantico, a benefizio degli orfanelli e minorenni abbandonati che ricevono asilo nei collegi di Viedma e di Rawson. S. E. il Governatore del Rio Negro, provvide generosamente i vestiti per i bagnanti del collegio di Viedma, e vari benefattori i mezzi di trasporto.

Il Giudice Dott. Viale nella sua relazione del 1924-25, dice: « Nelle visite effettuate, mi son fatta l'impressione che le Scuole Salesiane, sodisfano pienamente alle esigenze della legge 10.903, poichè in esse l'educazione dei minorenni, la moralità, l'insegnamento delle arti e mestieri industriali che loro si imparte e che li prepara ad essere uomini utili a se stessi ed alla società, sono un fatto reale, stabile e fecondo. Meritano quindi di essere raccomandate e additate come esempio ».

Ospedali.

Aggiungerò che nei nostri ospedali di Viedma e di Rawson, abbiamo dato alloggio a 707 ammalati e vi passarono 9750 persone non contando in questo numero quelle che frequentarono l'annesso consultorio medico. L'ospedale San Giuseppe di Viedma riceve dal Governo un sussidio annuale di 9700 pesos; l'entrata per pensione d'ammalati ascende a pesos 13.461; le uscite giunsero alla somma di 46.250 pesos. Il suddetto ospedale fu fondato nel 1889; e le sue benemerenze sono giustamente apprezzate da tutti gli abitanti del vasto territorio. Molteplici e gravi ragioni consigliano ora la costruzione di un nuovo e moderno edificio nei dintorni della città e già si sarebbe iniziata la costruzione se si avessero i mezzi necessari. Il preventivo ascende a 300 mila pesos.

L'Ospedale di San Carlo di Bariloche, tanto necessario per quella estesa ed isolata zona delle Ande, fu dovuto chiudere provvisoriamente per mancanza assoluta dei mezzi indispensabili per il suo funzionamento.   (Continua).

Soffio di vita salesiana nel Paraguay e nel Gran Ciaco.

Il pensiero di Don Bosco.

Lo sviluppo incessante dell'Opera nostra nel Paraguay e nel Gran Ciaco limitrofo è l'attuazione del pensiero di Don Bosco, che da oltre mezzo secolo precorreva nelle sue profetiche concezioni le orme dei figli.

Infatti il compianto Mons. Costamagna in una lettera spedita dalle rive del fiume « Colorado », sulla soglia patagonica nel 1878, si lagnava quasi col buon Padre, perchè sempre pensasse al Paraguay e sempre ne parlasse.

I pensieri e le parole dell'uomo di Dio non potevano essere sterili e vane. Noi li vediamo sul posto effondersi di anno in anno in una realtà ognor più ampia e prospera.

Eccone un breve cenno dalle prime origini allo sviluppo presente, tanto più meraviglioso quanto maggiore è la scarsità di mezzi e più numerosi ed ingombranti sono gli ostacoli.

Primi passi.

Primo ad affacciarsi ai bisogni di queste regioni fu Mons. Luigi Lasagna, traversandole nel 1894 in un lungo pellegrinaggio apostolico da Montevideo al Matto Grosso.

Fin d'allora egli si propose la fondazione di un primo Istituto nella capitale Asunción. Ma il proposito fu reciso in fiore dalla catastrofe di Juiz de Fora.

Alcuni mesi dopo la sua tragica morte, avvenuta nel dicembre del 1895, lo attuò il Revmo. Don Giuseppe Gamba, erede dell'ufficio e dell'anima del Vescovo-martire.

L'istituto « Mons Lasagna», dopo sette anni di vita florida, venne chiuso per violenze settarie e rinacque per opera del Sac. Domenico Queirolo sotto la veste più umile e salesiana di un semplice esternato con annesso Oratorio Festivo.

Frattanto un secondo Collegio si apriva a Concepción sul fiume Paraguay a 400 km. verso il nord, come pure alquanto più tardi due istituti delle Figlie di Maria Ausiliatrice nelle stesse città.

Per oltre quattro lustri l'azione salesiana fu circoscritta a queste fondazioni, per l'assoluta mancanza di personale.

Il Rmo. Sig. Don Gamba non lasciò mezzo intentato per suscitare e coltivare vocazioni locali, d'accordo collo spirito della Chiesa. Quando queste maturarono, si pensò ad allargare gli orizzonti dell'opera.

Nel 1920 ci venne affidata la cura spirituale della vasta parrocchia di Concepciòn, e più ancora quella del territorio del Gran Ciaco, tanto per la popolazione cristiana, quanto, e sopratutto, per le numerose tribù selvagge non rischiarate ancora dal più tenue raggio di civiltà.

Nuove risorse di personale consentirono nel 1924 l'apertura in Asunción del fiorente esternato del S. Cuore, mentre il progetto di una Scuola Agricola cominciava l'anno dopo a realizzarsi nella grossa borgata di Ipacarai, non lungi da Asunción, in un sito incantevole ed in una delle zone più agricole del Paraguay.

Attualmente oltre a tre mila giovanetti e giovanette popolano i nostri Collegi e gli Oratori festivi.

Tra gli indi del Ciaco.

Ma un problema più difficile attendeva ancora la sua soluzione: quello dell'apostolato tra i selvaggi del Gran Ciaco.

Solo può misurarne la difficoltà chi conosce la natura aspra del suolo, le alternative spaventose di siccità e d'inondazioni, l'impenetrabilità delle foreste, l'abbondanza di belve, rettili ed insetti di ogni specie e l'abito nomade delle tribù contratto sotto lo stimolo incalzante del clima e dei bisogni della vita.

A ciò si deve aggiungere l'egoismo dei latifondisti stranieri che acquistarono a vil prezzo quasi l'intero Ciaco, speculando sul remoto avvenire.

In tali circostanze una vera opera di civiltà tra i selvaggi non era possibile.

Essa deve investirli sotto tutti gli aspetti, religioso, morale, economico, igienico. Bisogna fare l'uomo nuovo sulla totale distruzione del vecchio. E questo lavoro d'inesauribile pazienza per successive generazioni esige assolutamente la stabilità dell'indio in un posto e la possibilità del lavoro, specialmente agricolo, coll'amore conseguente alla terra ed alla proprietà.

Era dunque necessario l'acquisto di un vasto e fertile terreno, di un campo di concentrazione, nel senso cristiano della parola, per i poveri selvaggi. E l'acquisto si fece con ingente sacrificio pecuniario a 500 km. al nord di Asunción, in riva al fiume Paraguay.

Da pochi mesi l'occupano i Salesiani e le Figlie di Maria Ausiliatrice, scarsi di numero, ma ricchi di zelo apostolico. Ed in pochi mesi nella verginità della foresta è sorto un magnifico centro di vita per oltre duecento anime, in maggioranza selvagge, prima avanguardia dell'esercito che verrà.

È un trionfo a cui non si può pensare senza associarlo al nome del missionario paraguayano Don Emilio Sosa Gaona, che da qualche anno consacra tutto se stesso alla salvezza degli indi del Gran Ciaco.

Contemporaneamente un altro missionario, Don Livio Farina, venuto di recente d'Italia, percorre senza posa con un confratello coadiutore le popolazioni cristiane e le tolderie indie dell'Alto Paraguay fino alle frontiere di Bolivia, recando dovunque il soffio del suo fervido zelo ed un poco anche della sua anima profondamente italiana.

Verso l'avvenire.

Ciò non ostante il già fatto non è ancora l'espressione integra del pensiero di Don Bosco e noi non riposeremo fino ad averla raggiunta.

I figli del popolo attendono una Scuola professionale e questa sorgerà quanto prima annessa al Collegio « Mons. Lasagna » in Asunción.

Urge inoltre una Casa di formazione per gli aspiranti alla vita salesiana, che ora devono recarsi con troppa spesa al lontano Uruguay. Si aprirà accanto alla Scuola agricola « Don Bosco » di Ipacarài, luogo propizio all'uopo per la bellezza del sito, la purezza dell'aria, e la serena tranquillità della campagna.

Finalmente la tribù degli indi Mascoys, Pilagàs, Macàs, Sotiagais e Lenguas, in istato di pieno abbandono nel cuore del Ciaco meridionale, lungo il fiume Pilcomayo, implorano il nostro aiuto di fronte alle sevizie della gente civile ed al pericolo protestante che loro sovrasta dalla prossima Missione anglo-scozzese.

Tra qualche settimana li visiteremo col fermo proposito di creare tra essi e l'opera nostra il primo anello di una catena indissolubile.

Così l'anima salesiana potrà avanzare contemporaneamente su tutti i punti del Gran Ciaco fino a consumarne la conquista nel nome di Don Bosco e della Vergine Ausiliatrice.

Allora il sogno profetico del Padre sarà pienamente avverato.

Asunción del Paraguay, 24 di Luglio.

Sac. RICCARDO PITTINI.

Dio promette ai suoi servi fedeli copiose benedizioni anche nella presente vita. Ven. G. Bosco.

La partecipazione dei Salesiani alla Mostra dell'Espansione Italiana all'estero

Gentilmente invitati dal Touring Club e dalla Camera di Commercio di Milano a partecipare alla Mostra dell'Espansione (che ebbe luogo a Milano dal 5 al 25 settembre), i Salesiani aderirono con riconoscenza ed esposero, nelle quattro salette a loro riservate, quanto riguarda le principali missioni ed opere che essi hanno all'Estero.

Ci pare opportuno darne ora sul Bollettino una sommaria descrizione, in vista dell'ottimo successo che ebbe la mostra.

Sulla scaletta di accesso alle quattro sale semisotterranee erano collocati un busto del cacico Manuel Namuncurà, il fiero patagone convertito dal Cardinal Cagliero quand'era Vicario Apostolico della Patagonia, e una bella statua di un negro del Katanga (1). Due visioni del passato e del presente, che racchiudono l'opera esplicata dalla Congregazione di D. Bosco per recare a popoli diversi il benefizio della fede e della civiltà, dal 1875 ad oggi.

Nella Prima Sala, destinata all'espansione missionaria salesiana in Africa, erano illustrate le missioni del Katanga e della Prefettura Apostolica del Luapula recentemente costituita da Pio XI.

Quadri rappresentanti scene curiose della vita selvaggia e della vita missionaria, collezioni pregevoli di uccelli congolesi, di oggetti indigeni (canestri, ceste, strumenti musicali, sedile di stregone, ecc.) avevano risalto da un espressivo gruppo centrale raffigurante una famiglia indigena in uno dei tanti momenti dell'attività quotidiana.

Due grandi carte geografiche e sette quadri offrivano ai visitatori una visione dei vari campi di lavoro non solo dell'Africa Centrale, ma ancora della regione costiera, dove l'Opera Salesiana svolge la sua benefica azione, cioè Tunisia, Algeria, e Colonia del Capo.

Anche la Seconda Sala, destinata all'espansione in Asia e nell'Australia, presentava un bel colpo d'occhio. Un gruppo di tre statue, rappresentanti una famiglia cinese in perfetto costume, dava colorito alle missioni di Macau, dell'Heung-shan, di Shiu-Chow e di Shangai, rievocate nelle loro svariate opere da splendide fotografie, e a quelle del Giappone che datano solo da tre anni ma sono molto promettenti.

Le Missioni dell'India (Assam, Calcutta, Tanjore), quelle dell'Australia (Kimberley e Melbourne) offrivano una interessante visione di razze diverse nei loro pittoreschi costumi, dell'ambiente così ricco di meraviglie naturali, di ricordi storici e di superstizioni, e del duro lavoro dei missionari per trapiantare su quelle regioni la civiltà cristiana.

La Terza Sala racchiudeva in sintesi mezzo secolo di lavoro svolto dai nostri missionari nell'America Meridionale da quando cioè D. Cagliero nel 1875 partiva da Torino a capo della prima spedizione di missionari fino al presente.

Quattro statue ben modellate, rivestite di pelli e indumenti indigeni, rievocavano al vivo quattro razze diverse di indi: Onas e Fueghini della Patagonia, Lenguas del Paraguay, Kivaros dell'Ecuador, evangelizzate dai missionari di D. Bosco. La vita sociale e cristiana di queste tribù e della tribù dei Bororos del Matto Grosso era messa in evidenza da nitide fotografie e da quadri colorati.

Una grande carta geografica dell'Argentina e paesi limitrofi, girevole come un ampio nastro su lunghi rotoli, fregiata di segni e linee speciali colorati, dava una suggestiva visione dell'opera svolta in cinquant'anni dai missionari in quel primo campo che essi presero a dissodare, coi centri, residenze, stazioni e itinerari percorsi.

La Quarta Sala dedicata al Ven. D. Bosco fondatore dei Salesiani e delle Figlie di Maria Ausiliatrice, si poteva ben denominare la «sala dell'influenza esercitata dall'Opera di Don Bosco nei paesi civili». Cinquantaquattro fotografie, montate all'inglese, erano documento evidente delle numerose opere di bene compiute nell'America e nell'Europa a vantaggio specialmente della gioventù.

Due grandi diagrammi indicavano lo sviluppo sempre crescente degli Istituti di D. Bosco nell'ultimo quarto di secolo. Uno, raffigurante l'Opera Salesiana Missionaria nel mondo, da 6o centri e istituti che erano nel 1900 saliva a 178 nel 1926; l'altro raffigurante l'Opera per la gioventù nei paesi civili, metteva in evidenza che dai 300 istituti del 1900 si era giunti ai 978 del 1926.

E il personale è anche cresciuto in proporzione.

L'aumento costante di quest'opera di Dio, anche negli anni di guerra, fa pensare alla protezione divina che la sostiene e rende più viva l'ammirazione pel grande apostolo italiano dei nostri tempi che ha fatto sentire in ogni parte del mondo civile ed infedele l'efficacia salutare del suo apostolato.

Le parole che D. Bosco scriveva nel testamento ai suoi benefattori « colla vostra carità abbiamo potuto estendere il regno di Dio sino agli ultimi confini della terra » erano leggibili dai visitatori della Mostra e ricordavano loro quanta efficacia ha avuto la carità dei buoni nello sviluppo delle opere salesiane. E le altre parole pure del Venerabile « In fine di vita si raccoglie il frutto delle opere buone » che spiccavano sulle fotografie illustranti l'abnegazione dei missionari tra i lebbrosi fino al sacrificio della propria vita, lasciavano in tutti un ottimo ricordo prospettando nella vera luce la ragione per cui lavorano i missionari e quella per cui i buoni sentono il dovere di sostenere con la loro carità le opere missionarie.

Tra " Mostre e Congressi"

Due nostri confratelli hanno preso parte attiva al X CONGRESSO GEOGRAFICO ITALIANO facendo due importanti comunicazioni:

a) il Prof. D. Tonelli, del Liceo Valsalice, sulla Provenienza dei Bororos orientali.

b) il Sac. De Agostini Alberto sulle sue Esplorazioni nella Patagonia meridionale.

Entrambi riscossero vivissime congratulazioni.

D. De Agostini partecipò inoltre alla MOSTRA DEL PAESAGGIO esponendo le sue bellissime fotografie. La Giurìa gli assegnò all'unanimità il I PREMIO: Medaglia d'oro di S. M. il Re.

Alla SETTIMANA MISSIONARIA di Rho due altri confratelli nostri svolsero con competenza temi di attualità: il Sac. E. Vismara parlò delle Missioni e Missionari e il Sac. A. Mancini trattò del Fenomeno del proselitismo musulmano nelle terre infedeli.

(1) Questa e le altre statue sono opera del Cav. Cerini di Torino.

DALLE NOSTRE MISSIONI

RIO NEGRO

L'ora della redenzione.

Relazione di D. Antonio Giacone, Missionario Salesiano.

Taracuà, Febbraio 1927.

Rev.mo Sig. Don Rinaldi,

Di ritorno da una piccola escursione di circa 2o giorni compiuta lungo il Rio Waupés e Papory alla frontiera colombiana, le scrivo non tanto per descriverle il mio viaggio che fu, grazie a Dio, ottimo sotto ogni aspetto, ma per dirle, a base di fatti ed episodi, che pare sia giunta l'ora della redenzione per i poveri selvaggi sparsi in queste impenetrabili foreste, e che per conseguenza, sarebbero provvidenziali dei rinforzi per accelerare l'avvento di Dio in tante e tante anime che attendono la salvezza.

La casa del diavolo.

Le racconterò subito un fatto che segna un buon passo nell'evangelizzazione di queste tribù: intendo dire la distruzione che, con l'aiuto di un gruppo di indi e dei ragazzi, abbiamo potuto compiere della grande (m. 20X40) e vecchia maloca di Taracuà.

Lei sa, rev.mo Padre, che per l'indio la maloca è cucina, dormitorio, refettorio, stanza di lavoro, luogo di riunione all'epoca delle pioggie, sala da ballo nelle grandi solennità. E il luogo dove l'indio nasce, vive e muore; è il suo mondo.

La maloca è anche, come soleva dire lo zelante Don Balzola, la casa del diavolo, perchè nella maloca si fanno le orgie infernali, si macchinano le vendette più atroci contro i bianchi e contro gli indi, nella maloca si tramandano i vizi, di padre in figlio.

Ebbene: ora questo mondo dell'indio, questa casa del diavolo qui in Taracuà non esiste più; l'abbiamo schiantata e sostituita con un discreto numero di casupole dal tetto di foglie di palma e dalle pareti di fango. Gli indi non si mostrano offesi per la distruzione della maloca, anzi ne sono contenti, perchè hanno compreso la grande utilità per ogni famiglia di poter avere la propria casetta, il proprio focolare domestico, specialmente per evitare i contatti infettivi in caso d'epidemia.

E così la prima maloca dei Tucanos non esiste più!

Arrivato a Urubucuara, fra gli indi Tarianos, con sorpresa trovai pronta una bella casetta per il Pai (Padre) accanto alla chiesina, anche questa già ultimata. E l'opera d'un lavoro indefesso di alcuni mesi, sostenuto per rispondere a un desiderio manifestato da Don Marchesi.

I Tarianos sono molto ben disposti a ricevere l'evangelizzazione; lo prova il fatto che prima pensarono di preparare la chiesa e la casa pel missionario e poi le loro abitazioni. Il tuchaua (cacico) mi fece vedere le varie case in costruzione. Tra le altre me ne indicò una mezza abbattuta.

- Perchè gettate giù questa casa ? - gli domandai.

- E la casa del Jurupa-rì (del diavolo) e non la vogliamo più - mi rispose: - adesso vogliamo essere di Dio. Non faremo più i cachirì, i dabucurì, e per questo distruggiamo la casa dove li facevamo.

- Bravi! Fate come vi ha detto il Padre Marchesi e Dio vi benedirà.

I Tucanos di Juquira Rapecuma, a un giorno di distanza dalla frontiera colombiana, sempre sul Rio Waupés, appena terminate una decina di casette nuove, che costruirono per consiglio di Don Marchesi, bruciarono la maloca. In una di esse trovai con sorpresa un modesto altarino, preparato da due ragazzi della nostra missione, quando furono a passare una settimana in famiglia nel mese di settembre.

La messe abbonda. Selvaggetti.

A Yavaraté Cachoeira, sulla frontiera, giunsi alle 7 1/2 di sera, con pioggia. Il cacico (tuchaua), appena seppe del mio ar rivo, fece preparare la stanzetta migliore della sua casa, mandò ad accendere il fuoco per asciugarci i panni inzuppati e ordinò per noi un po' di cena.

Alle 5 del mattino aveva fatto correre la voce del mio imminente arrivo. Alle 6 1/2 incominciai la S. Messa, presenti una settantina di persone. Al catechismo ne contai più di cento. Durante la celebrazione del S. Sacrificio nessuno osava parlare nè ridere; i ragazzi, quasi completamente svestiti, si stringevano talmente all'altare, che a stento potevo muovermi per le sacre cerimonie. Oh, con quanto fervore domandai in quell'ora benedetta a Gesù che li facesse tutti, tutti suoi!

Dopo il catechismo e i battesimi, il cacico, che parla discretamente il portoghese, mi condusse a vedere il luogo scelto da Don Marchesi per una futura residenza. Mentre conversavo, seduto su di un masso, gli indietti che mi seguivano senza perdermi d'occhio mai, confidenzialmente mi circondarono e presero a palparmi le scarpe, a slegarle, e a legarle; a toccare le calze e la veste, a mettermi le mani nelle tasche togliendone il fazzoletto, l'orologio, il crocifisso, meravigliati di tutto. Ed io li lasciava fare. A un punto dissi al cacico:

- Vedi quanta confidenza e libertà hanno i ragazzi con me... credo che quando verranno a stabilirsi qui i missionari, non avranno difficoltà per attirare i giovani.

Il Cacico mi rispose:

- Quando verranno i missionari daremo loro tutti i nostri figli perchè li istruiscano come si fa in Taracuà.

Noti, amatissimo Padre, che solo in Yavaraté Cachoeira vi è quasi un centinaio di fanciulli dai sette ai quattordici anni.

Quante volte uscendo dalle maloche per dirigermi al porto, accompagnato da tutti i selvaggi, mi sentii dire da qualche ragazzo:

- Pai, meemena... (Padre, con te...).

Altri, fermandosi ,davanti alla canoa, aspettavano che dicessi loro:

-Jugkesepe waya! (Entrate nella barca!).

Ma io doveva (e con che pena!) negare loro questo invito, perchè in Taracuà non abbiamo più posto per ricoverarli e personale per accudirli.

Avrei voluto portarli tutti a Taracuà, per toglierli da quell'ambiente corrotto, per vestirli materialmente e spiritualmente, per farli figli di Dio. Come li ho sempre presenti davanti agli occhi e come li porto scolpiti nel mio cuore! Don Bosco affretti il giorno in cui potremo averli tutti nella nostra casa per insegnare loro a conoscere Iddio, a pregarlo e ad amarlo.

A proposito di selvaggetti ecco un episodio assai significativo accaduto a Don Marchesi tre mesi fa, mentre scendeva il Waupés. Dirigendosi una mattina, dopo avere celebrato la S. Messa e fatta il catechismo, al porto accompagnato da un discreto numero di indi Arapacos, trovò accucciati su di una canoa due indietti con l'amaca sotto il braccio.

- Naa waati ? (Dove andate?) - domandò loro.

- Meemena Pai (con te, Padre).

- Ma io non posso portarvi: in Taracuà non c'è più posto. Abbiate pazienza: vi porterò un'altra volta...

- Meemena Pai, meemena... (con te, Padre, con te...) - risposero piangendo, e non vollero discendere. I poverini erano orfani di padre e madre. Grazie a Dio riuscimmo a trovare un posticino anche per loro.

Ecco come si presenta l'evangelizzazione del Waupés.

Nell'alto Papory, dove rarissime volte passò il missionario, gli adulti mi accolsero con molto rispetto e grande venerazione, mentre invece i ragazzi fuggivano quasi sempre. Allora i due indietti catechisti che m'accompagnavano, s'incaricavano di ricondurmeli, e, con poche parole in tucano me li facevano amici. Ho toccato con mano il grande aiuto che possono dare i nostri indietti di Taracuà, perchè la nostra maggiore difficoltà è sempre la difficilissima lingua indigena. I due che avevamo con noi, mentre io preparavo l'altare, raccoglievano i bambini, suggerivano agli uomini e alle donne come dovevano comportarsi durante la S. Messa e il catechismo, e tutto ciò facevano con una disinvoltura e spigliatezza ammirabile. Da notare che uno dei catechisti, un Piratapuya di 12 anni, era entrato da un anno appena nella missione di Taracuà.

" Presto, Padre, vieni qui con noi!".

I Banivas del Rio Isana, i più lontani di questa Prelatura, furono visitati solamente una volta da Mons. Giordano, il quale in quella circostanza, a causa di una inondazione perdette tutto ciò che portava con sè, e, bloccato, dovette per un mese intero fare vita comune coi rematori sopportando disagi e privazioni d'ogni genere.

Questi indi parecchie volte ci hanno mandato ad avvertire che ci desiderano vivamente, che ci aspettano sicuramente. L'ultimo loro messaggio diceva così: « Il Padre si è dimenticato di noi. Sono sette anni che non viene a visitarci e a battezzare i nostri figli... ».

Ma come andarvi? Non è il timore di passare due o più mesi in canoa fra disagi e pericoli che ci trattiene, ma l'inopportunità che resti in casa un solo sacerdote con 65 ragazzi interni e tutto il movimento .della missione sulle spalle.

Purtroppo senza rinforzo di personale non potremo evangelizzare i Banivas del Rio Isana.

E dei selvaggi del Rio Tiquié che cosa le dirò? In quasi tutte le località visitate si lavora alacremente per la costruzione di una cappella e di casette per le famiglie. Queste hanno ormai capito che è tempo d'abbandonare la vita della maloca.

In questi ultimi mesi si è notato, certamente in seguito al lavorio straordinario della grazia di Dio, una tale trasformazione negli indi, che parrebbe incredibile se non ne. constatassimo gli effetti coi nostri stessi occhi. Il missionario non solo è ricevuto dagli indi con rispetto e venerazione, ma è pregato e supplicato insistentemente perchè rimanga fra di loro, con frasi commoventissime. Ecco ciò che dissero a Don Marchesi l'ultima volta che passò a visitarli: « Quero, atiato Pai. Mani Wakemena (Presto, Padre, vieni qui con noi), vieni perchè noi vogliamo vivere con Dio; vieni a dirci la Messa tutti i giorni, come la dici in Taracuà; vieni a prenderti cura dei nostri figli. Vieni, vieni presto!».

Queste parole supplichevoli strapparono le lacrime allo zelante missionario, perchè partivano da cuori selvaggi, ma sinceri, desiderosi di conoscere Dio e vivere secondo la sua santa legge.

Come spiegare ora tanta buona volontà da parte di questi poveri Indi ? Chi ha scosso l'indifferenza religiosa che notavamo in principio ? Saranno certamente le preghiere e le sante Comunioni di molte pie persone, che ci raccomandano al Signore; ma noi l'attribuiamo altresì e in modo speciale ai sacrifici, alle indicibili privazioni e ai meriti di colui che fu il primo eroe e, purtroppo, la prima vittima di questa missione: mons. Lorenzo Giordano.

Sì, le suppliche e le lagrime che abbondanti uscirono da quel cuore fervente di apostolo, specialmente quando celebrava il divino sacrificio, là, sulla spiaggia di Pary-Cachoeira, sul Tiquié, hanno fatto breccia sul cuore di Gesù, affrettando l'ora della redenzione di questi cari selvaggi.

Maria Ausiliatrice che ci ha preceduti e qui condotti vuole per mezzo nostro la loro salvezza. Essa li chiama, li avvince a sè col suo materno sorriso.

Ne vuole una prova ? Pochi mesi fa il cacico di S. Giovanni della Foresta, nell'alto Tiquié, venuto a Taracuà, non volle ritornarsene senza portare con sè un quadro della nostra Ausiliatrice. Ed ora la nostra cara Madre campeggia là nella grande maloca, in attesa d'una cappella, sopra un trono ben diverso dagli altri, poichè invece di candele o lampade accese, ardono giorno e notte parecchi fuochi; invece di ghirlande e mazzi di fiori ed ex voti, l'adornano archi, frecce, maschere e gingilli tanto cari ai figli della foresta.

I selvaggi entrando nella maloca, contemplano estatici le dolci sembianze della nostra Ausiliatrice, e, invece, di una preghiera, che non sanno, le mandano baci secondo il loro costume.

Di fronte a queste schiette e spontanee manifestazioni dei nostri selvaggi cresce la speranza del missionario, che guarda con tanto amore il terreno vergine pronto e germogliare l'abbondante messe.

Il lavoro cresce ogni giorno; il campo s'allarga a perdita d'occhio... Nessuno s'è mai fatto un'idea precisa di questa importantissima missione. E estesissima. Mezzi di comunicazioni ? Uno solo: la canoa dell'indio. Per terra non è quasi mai possibile viaggiare a causa delle frequenti inondazioni. Pensi che per visitare il Rio Tiquié con i suoi affluenti ci vogliono sei mesi!

Per approfittare quindi del provvidenziale movimento che si delinea fra queste tribù, occorrerebbero almeno due sacerdoti, e due coadiutori pel Tiquié, due altri per l'alto Waupés e finalmente ancora due per la missione di Taracuà.

L'avvenire promette; i trionfi di Don Bosco sopra questi selvaggi sono sicuri. Occorrono solamente missionari.

La prego di voler benedire questi suoi figli sepolti nel cuore della foresta, i più bisognosi di tutto, perchè i più lontani dal centro della nostra amata Famiglia Salesiana.

Dev.mo in C. J.

Sac. ANTONIO GIACONE.

L'ultima lettera di D. Balzola.

Mandos, 3o luglio 1927.

Rev.mo ed amatissimo Sig. D. Rinaldi,

Con grande soddisfazione ricevetti la sua da Roma. Sono ormai tre mesi che non le scrivo e ciò è dovuto a varii motivi, in modo speciale alla poca salute per cui, le scrissi, avrei dovuto recarmi a Manaos. Allora mi trovavo proprio in cattive condizioni, ma, grazie a Dio, in venti giorni ho molto migliorato e, quantunque i medici volessero trattenermi ancora, in principio di maggio ritornai a Barcellos.

Alla vigilia della partenza da Manaos arrivò il Sig. Ispettore Don Tirelli, e ci siamo fatto compagnia fino a Barcellos: di là egli proseguì per S. Gabriel e Taracuà. Pochi giorni dopo arrivò il confratello Valerio in nostro aiuto e con lui il medico della missione Dr. Alberti, incaricato della fondazione dell'ospedale di Barcellos. Ci siamo subito messi al lavoro per impiantare una farmacia e curare i malati che non tardarono a giungere da tutte le parti.

Però il dottore, non ancora interamente guarito della malaria, ricadde nella febbre e non ci fu mezzo di poternelo liberare. Il 10 luglio era di ritorno l'Ispettore che si trattenne con noi vari giorni in attesa di un'imbarcazione che lo portasse a Manaos. E quando questa venne, si offrì pure al Dottore la comodità di approfittarne, ma egli non volle allontanarsi dicendo che il suo era un male da nulla. Purtroppo andò aggravandosi e pochi giorni dopo dovetti accompagnarlo a Manaos con un vaporino che impiegò quattro giorni e quattro notti a compiere il tragitto. Il dottore era gravissimo ed io temevo di vedermelo mancare da un momento all'altro. Le preghiere fatte a Maria Ausiliatrice e a Don Bosco ci ottennero la grazia di giungere a Manaos in condizioni discrete; il dottore potè subito essere ricoverato all'Ospedale ed ora è migliorato tanto da ritenersi fuori pericolo.

Amato Padre, vede come va avanti la mia vita. Ho proprio bisogno di aiuti speciali per reggere a tante prove. Mi sento ognora più stanco, ma disposto a far sempre la volontà di Dio in qualunque modo si manifesti.

Don Tirelli le avrà scritto le sue impressioni sul Rio Negro; egli ne rimase molto soddisfatto. Io farò tosto ritorno a Barcellos passando prima in Carvoeiro per la festa di S. Alberto.

Ho trovato qui 31 volumi, droghe, medicine, strumenti, ecc. che per l'ospedale di Barcellos ha regalato il buon protestante americano Dr. Rice Hamilton.

Chiudo, amato Padre; voglia pregare e far pregare per noi che viviamo continuamente in mezzo a prove di tutti i generi, e benedire in modo speciale il

Suo Obbl.mo

Sac. GIOVANNI BALZOLA.

KATANGA (Congo belga)

Kiniama, marzo 1927.

Rev.mo Sig. D. Rinaldi,

Mi rincresce di non poterle inviare più di frequente notizie della nostra missione di Kiniama. E vero che la nostra missione è così piccola e talmente sperduta nelle foreste congolesi che si presenta come un punto impercettibile sulla grande carta delle missioni nelle quali lavorano i Figli di D. Bosco. E poi, le vicende attorno al nostro campo d'azione variano così bruscamente, che le notizie di oggi contrastano con quelle di qualche mese addietro.

L'anno passato, in quest'epoca, avevo 6o moretti interni nella scuola della Missione; oggi nemmeno più uno, da due mesi. La fame, amatissimo Padre, mi ha costretto a prendere la triste decisione di rinviare gli allievi nei loro rispettivi villaggi, dove sentiranno meno il rigore delle privazioni, non già perchè là vi sia abbondanza di viveri, ma perchè così si costuma. Ciascuno corre nella foresta e scopre radici di suo gusto, e se non ne trova oggi, ricomincerà domani.

Quando potrò richiamare i miei ragazzi? Non lo so. Le nuove piantagioni di mais (granturco) che promettevano così bene, sono andate soggette a una grossa inondazione. Da un mese una grande parte dei campi sono sott'acqua; e per andare a cogliere qualche pannocchia di mais che affiora sulla superficie delle acque, bisogna servirsi della piròga indigena.

Già due volte il fiume Kafubu, che scorre a 100 metri davanti alla nostra missione, ci ha riservato tali sorprese, senza contare i due incendi che gli anni precedenti s'erano appiccati ai nostri edifici.

Ma, non ostante questi malanni materiali sempre riparabili, l'opera d'evangelizzazione non s'arresta nella sua marcia in avanti. Tant'è vero che i due sacerdoti i quali lavorano presentemente a catechizzare i loro catecumeni e a formare i loro cristiani non bastano più per tale còmpito.

E così, mentre uno visita i villaggi, impiegando da 4 a settimane di viaggio, l'altro deve provvedere all'andamento regolare del posto della nostra residenza: fare scuola agli indigeni interni, occuparsi dei lavori dei campi, attendere ai clienti giornalieri che vengono a farsi visitare o medicare al nostro dispensario, amministrare i sacramenti e assicurare il servizio religioso, pronto sempre a correre, se chiamato, presso qualche cristiano ammalato che desidera di ricevere gli ultimi sacramenti.

Del resto non è il faticoso lavoro che ci fa sospirare, nè le marce forzate e i frequenti bagni involontari nelle paludi o nei fiumi di questa regione, nè l'attesa prolungata di un sacco di farina o di altri viveri che debbono arrivare da Elisabethville e che furono fermati per via dalle pioggie torrenziali che hanno asportato tutti i ponti - possiamo comodamente nutrirci con pannocchie di gran turco cotte o abbrustolite sulla cenere - ma la prospettiva di non poter compiere tutto il nostro programma di fronte agli indigeni per mancanza di personale missionario. Sovente non ci è possibile andare dai nostri catecumeni, fra cui ve n'è sempre un gruppo, quello scelto per il futuro battesimo, che deve essere maggiormente curato e sorvegliato. E allora si sentono delle frasi come queste: « Padre, voi non venite troppo presso di noi... ». - « Padre, da tre mesi non siete più venuto nel nostro villaggio! ».

E i catechisti che cosa fanno? domanderà qualcuno. Sì, i catechisti! Intanto bisogna dire che non ce n'è certamente d'avanzo. E poi, quelli stessi che abbiamo non possono essere sempre sul posto: essi debbono pure prendersi il tempo per coltivare la loro terra, perchè se non lavorassero, non troverebbero il modo di mantenere le loro famiglie. Di modo che nell'assenza del Padre missionario o del catechista, il catecumeno più fervente e più istruito chiama i fratelli alla preghiera e al catechismo.

E allora che pensare? Forse noi rallentiamo il passo? Forse il coraggio ci abbandona? Ecco il bilancio dell'anno scorso: 84 battesimi, 127 cresime; 12 matrimoni cristiani, 7.400 comunioni.

Ciò significa che, non ostante le difficoltà, si fa cammino. Si comprende che quanto più i cristiani aumentano e il numero dei catecumeni che si preparano al battesimo cresce, tanto più s'allargano i nostri doveri e le nostre responsabilità.

Ecco perchè Kiniama, che non vuole rallentare il passo, ha bisogno di rinforzo di personale. Lei, Rev.mo Padre, può promettere a chi verrà ad aiutarci quello che prometteva Don Bosco ai suoi collaboratori: lavoro (sempre!), pane o l'equivalente, e di più, sport nautico e ciclistico in tutte le sue corse apostoliche. Non occorre metterlo in guardia contro le bestie feroci poichè, quantunque ve ne siano ancora, esse si limitano a rubarci le pecore o a fare strage nei nostri pollai, esponendosi esse stesse naturalmente al pericolo, di lasciarci la pelle.

Mi faccia spedire, signor Don Rinaldi, delle medaglie di Maria Ausiliatrice, non troppo piccole: bisogna che spicchino bene sul petto dei catecumeni, i quali hanno fatto il grave sacrificio di lasciare i loro amuleti e altri ciondoli misteriosi, ed è giusto che siano abbondantemente compensati con belle medaglie di Maria Ausiliatrice.

Durante la Quaresima faremo fare, come ogni anno, gli esercizi spirituali ai nostri cristiani in preparazione alla Santa Pasqua. Verranno molti e anche da lontano. Le sue preghiere li aiuteranno a restare fermamente attaccati a quella fede che essi hanno abbracciata con tanto fervore.

Benedica i lavori della nostra missione come pure il suo dev.mo figlio

Sac. RENATO VAN HEUSDEN.

Per propaganda.

La Società Editrice Internazionale ha sempre pronte le seguenti serie di conferenze, con proiezioni luminose in nero o a colori.

Serie   vedute

1. - FASULO Il sovrannaturale in D. Bosco 8o 2.   »   Valdocco   100

3. -   »   L'opera educativa dei Salesiani   160

4. -

1 Salesiani d'America   100

5. -   »   La Patagonia   100

6. -   »   Le Missioni della Patagonia 1oo

7. -   »   La Patagonia Meridionale e la Terra del Fuoco   100

8. - ». Le Missioni della Patagonia Meridionale e della Terra del Fuoco   100

9. -   »   Il Matto Grosso e la Tribù dei Bororos   100

10. -   »   Le Missioni del Matto Grosso   100

11. -   » La Madonna di Don Bosco

(Chiese e Cappelle)   200

12. -   »   Glorie di Famiglia   100

13. -   »   L'opera educativa delle Figlie di M. Ausiliatrice   12o

14. -   »   Opere di preservazione e di assistenza delle Figlie di Maria Ausiliatrice   120

15. -   *   Le Missioni delle Figlie di Maria Ausiliatrice   16o

Serie vedute 16. - FASULO Le opere di D. Bosco 2oo 17. -   » Savio Domenico   94

NB. - Di ognuna delle 17 serie sopra elencate esiste il relativo libretto-conferenza, che viene ceduto gratis a chi acquista la serie completa delle vedute.

Può offrire altresì i seguenti diapositivi, il cui numero per ogni serie potrà variare, essendo probabili degli aumenti.

Serie   vedute 1. - Vita di Gesù Cristo, con veduté generali della Palestina e riproduzioni di quadri dei migliori Autori) 130 2. - S. Francesco di Sales 98 3. - I Salesiani in Palestina 70 4. - Vicariato del Kimberley (Australia) 25 5. - La Missione dell'Assam (Asia) 100 6. - In Cina 2o 7. - In Africa 15 8. - Nell'Equatore 20 9. - Nella Colombia 30 1o. - Nel Brasile 8o 11. - Nell'America del Sud 40 12. - Nella Terra del Fuoco 50 13. - Nell'India 46 14. - Nel Paraguay   35

Oltre le suddette serie offre ancora le diapositive che seguono ai Signori Clienti, importantissime per il soggetto, preparate su ottimo materiale ed eseguite con vera competenza artistica.

Il Natale, n. 42 vedute - L'infanzia di Gesù, n. 24 - La vita pubblica di Gesù, n. 24 - I miracoli di Gesù, n. 38 - L'apostolato di Gesù, n. 47 - Le parabole del Vangelo, n. 46 - La passione di Gesù, n. 48 - La Via Crucis, n. 28 - La gloria di Gesù, n. 28 - Cristo Re, n. 51 - II simbolo degli Apostoli, n. 26 - I Sacramenti, n. 26 - Quadri della Sacra Bibbia, n. 114 - Vita di Maria SS. (di celebri autori), n. 95 - S. Ignazio di Lojola, n. 81 - S. Luigi Gonzaga, n. 66 - S. Giovanna d'Arco, n. 8i - Manifestazioni del S. Cuore, n. 44 - N. Signora di Lourdes, n. 68 - La Palestina e i luoghi santi, n. 25o - Paesaggi, arte e monumenti sacri e civili delle città d'Italia, (suddivisi per regioni), n. 750 - Antico Egitto, n. 26 - Arte dell'antica Grecia, n. 45

I prezzi di queste ultime serie sono i seguenti: nel formato 8 1/2 x 10: in vetro, L. 2,75 per ciascuna diapositiva in nero, L. 4,75 a colori; in celluloide protetta, L. 3 in nero; L. 5 a colori.

Le richieste alla Società Editrice Internazionale, Corso Regina Margherita, 174, TORINO.

IL CULTO DI MARIA AUSILIATRICE

Trionfo di Maria Ausiliatrice nell'Assam.

Ci comunica un nostro Missionario da Shillong (Assam):

« Se la nostra processione non può mettersi in paragone con quella solennissima di Torino - culla dell'Opera Salesiana - per concorso di popolo, di vescovi e di cardinali, di miriadi di lampadine elettriche, di istituzioni e bande, perchè esiguo il nostro numero, piccola la nostra Madonna, incipiente la nostra banda, certo lo può reggere se si considera la fede e l'amore di questi 2000 cristiani.

Nel percorso, i pagani si fermavano stupiti e con la bocca spalancata ad osservare, i protestanti a commiserare, i maomettani a sogghignare! Ma che importa? Essi, poveri ciechi, non vedevano che una statua, i nostri cuori sentivano una madre.

Lunga fu la sfilata: in capo all'imponente corteo le note della banda si sentivano solo come un'eco lontana. Le diverse comunità e compagnie religiose marciavano con in testa il loro rispettivo stendardo, e si andavano alternando alla recita del rosario, inni sacri, e silenti preghiere.

«Ora pro nobis », ripete la turba devota, fidente. Sembra che mille braccia si levino ploranti al passare di una Sovrana, che una folla desiosa corra verso il virgineo splendore di lei, verso l'ineffabile sua bontà! Tutta la folla palpita in dolcezza d'amore.

E quando il corteo si ferma ai diversi altari eretti per l'occasione lungo il percorso, per ricevere la benedizione dell'Ausiliatrice, lampeggiano sguardi giovanili, si curvano le teste pensose dei vegliardi, cuori ardenti fremono in un acerbo desiderio; segreti sospiri di amore e di dolore, ideali di bene, di purezza, di perfezione... salgono coll'agreste profumo dei fiori, coi vapori dell'incenso, col canto supplichevole!

Ella, intanto, la Grande Pietosa, dal cerchio di stelle tremuli intorno al capo divino, maternamente guarda dall'alto, piovendo dagli occhi pieni di mesta dolcezza, conforti, aiuti, consolazioni...

Presso il trono della Vergine, portata da quattro chierici, facevano scorta di onore i bravi esploratori dell'Orfanotrofio nella loro splendida divisa. Quindi veniva Mons, Mathias, circondato dai Missionari che erano accorsi qui a Shillong per la circostanza e dal gruppo dei Chierici.

Dopo la benedizione al Collegio Femminile Inglese si salì su, a « St. Edmund », collegio Maschile Inglese e si entrò nella nuova, bellissima chiesa proprio in questi giorni ultimata e benedetta in onore dell'Ausiliatrice dei Cristiani. Quindi si proseguì all'Orfanotrofio, donde si ritornò alla chiesa.

La processione durò due buone ore, due ore di trionfo per la nostra cara Ausiliatrice.

Essa avrà certo gradito il nostro riconoscente omaggio e farà scendere su tutta la Missione una pioggia di grazie e di benedizioni. Di ciò abbiamo avuto il segno visibile, perchè, presagio della celeste, un colpo di pioggia terrena ci spruzzò proprio nel rientrare in chiesa.

Noi dal canto nostro vogliamo esser sempre i difensori dei suoi titoli augusti e delle sue singolari prerogative contro qualunque attacco da parte degli eretici e dei cattivi cristiani.

LE GRAZIE DI MARIA AUSILIATRICE (1)

A scioglimento della nostra promessa.

Il 22 aprile u. s. un mio fratello di 18 anni per investimento d'automobile, avvenuto mentre attraversava un crocevia in bicicletta, fu trasportato moribondo all'ospedale dove ebbe subito l'Estrema Unzione. Corsi al suo capezzale. Il povero giovane era senza parola e non riconosceva più nessuno. Il caso era disperato. Una frattura alla base del cranio e una scossa fortissima al sistema nervoso facevano prevedere anche ai dottori prossima la catastrofe.

In uno stato d'animo da non si dire lasciai l'infelice, e dall'ospedale corsi all'altare di Maria Ausiliatrice. A Lei con tutta fiducia mi rivolsi incominciando una novena e promettendo di pubblicare la grazia con offerta se mi avesse restituito il caro fra†ello ormai perduto.

Nei primi tre giorni della novena l'ammalato diede qualche segno di vita, riconobbe la mamma e noi fratelli, ma continuava nel pericolo e in uno stato di delirio spaventoso. Raddoppiai le preghiere e la fiducia nella nostra Madre Celeste, e proprio l'ultimo giorno della Novena i medici dichiararono fuori pericolo l'ammalato.

Il giovane è ora guarito bene.

Grazie, o Maria Ausiliatrice, tenete me e tutti i miei cari sotto la vostra protezione e benediteci.

N. N.

Salvato da Maria Ausiliatrice.

Sacro Cuore di Gesù, confido in Voi! Così aveva esclamato ciascuno di noi abbandonandoci sicuri in Lui malgrado la sentenza terribile, pronunciata dal medico circa la guarigione del nostro carissimo fratello Mario, gravissimamente ammalato a causa di un investimento automobilistico, che gli aveva prodotto la frattura della base cranica con conseguente commozione cerebrale, frattura della clavicola sinistra e contusioni varie, e malgrado l'aggravarsi sensibile delle sue condizioni già gravissime. Per 27 giorni il suo stato ci tenne in un'ansia dolorosa indicibile, finalmente il pericolo di vita cessò, e la guarigione ritenuta umanamente impossibile e da noi invocata con tutta la fede e l'ardore di cui era capace il nostro cuore per intercessione dell'Ausiliatrice diventò possibile, diventò realtà. Il nostro caro fratello dopo circa cinque mesi ha potuto riprendere le sue occupazioni d'ufficio, ed ora si unisce a noi nell'esprimere all'Ausiliatrice tutta la riconoscenza che sentiamo per sì grande grazia.

Rendiamo pubblica la medesima per soddisfare all'obbligo assunto in tale tristissima contingenza, e per concorrere così ad infondere fiducia in quanti soffrono.

Carmagnola, 15-8-1927.

FAMIGLIA RIVOLO.

Guarito dal tifo.

Mio figlio Spirito colpito da tifo fu in breve ridotto in uno stato così grave, da far capire che ogni speranza umana era perduta. Ci rivolgemmo allora fiduciosi alla Madonna di D. Bosco, promettendo a grazia ottenuta, una visita al suo santuario, con una offerta e la pubblicazione della grazia sul Bollettino.

Miracolo della misericordia e della potenza di Maria!

Mio figlio cominciò tosto a migliorare e in breve fu completamente ristabilito, senza risentire affatto le conseguenze che suole lasciare tale malattia.

Riconoscenti adempiamo alla nostra promessa venendo con la famiglia a ringraziare la buona Madre Celeste nel suo Santuario e offrendo lire mille per le opere salesiane.

S. Stefano di Borgomanero, 2 luglio 1927. FORNARA BERNARDINO FRANCESCO

Sempre riconoscente alla Madonna.

Sorpresa, nello scorso aprile, da male assai pericoloso, ben presto si prospettò l'urgenza d'un atto operatorio. In tale frangente, mi raccomandai con filiale fiducia a Maria Ausiliatrice, e promisi un'offerta per le care opere del Ven. D. Bosco, se la Madonna mi avesse salvata.

Protetta da Maria Ausiliatrice, non solo potei sopportare con fortezza l'operazione, ma questa riuscì perfettamente, e ora io posso dirmi risanata.

Con cuore riconoscente adempio la mia promessa e prego di pubblicare la grazia sul « Bollettino Salesiano », a gloria della potente Ausiliatrice.

Nicorvo; giugno 1927.

GIUSEPPINA ZARZOLI.

Ottennero pure grazie da Maria SS. Ausiliatrice e al. coni, pieni di riconoscenza, inviarono offerte per la celebrazione di Sante Messe di ringraziamento, per le Missioni Salesiane, o per altre opere di. Don Bosco, i seguenti:

A) Accornero Capra M., A. D., Ademollo C., Agassi L., Albertinetti R., Albesiano Roggero C., Alciati M., A. M., Ambrosini G., Ambrosio E., Andria A., Anichini A., Anselmo B., Antinucci I., Apendini M., Aquino M., Arcobelli M., Arnaz L., Arneodo Don B., Artese R., Avanzino V.

B) - Baggini G., Baglioni C., Bagot N., Baldi M., Barale D., Basoli F., Bassani L., Bava Zanello A., Bellora M., Beltramini N., Bena G., Beneduci A., Benetti M., Bertoldi M., Bertoni E., Besenval C., Bettarini Z., Biancani Franchi L., Bianco M., Bigatti A., Binaschi M., Blandina M., Blangetti C., B. M. di Bagnarola, Bo C., Boch M., Bodda A., Boggiano L., Bollano D., Bona C., Bonapace G., Bonassi V., Bontempi Marone A., Borghetti E., Borliot E., Bosio Alladanesi L., Bossutto A., Botta Bice e Ester, Botto B., Bovio G., Bracco M., Briacca A., Brochetti V., Bruno E., Brusco Bensi F., Bucci C., Buffatti M.

C) - Cacchiani E., Cagnacci M., Calosso E., Camilotti I., Camponogara Don R., Canonica G., Canteri R., Cappai I., Cappello A., Cardone V., Caretta C., Caridi P., Carlini Sorelle, Carpaneto E., Casertelli L., Casolari F., Casolari I., Casta A., Castagnero M., Castagnetto M., Castello Cav. Prof. L., Casu E., Cavagnada L., Cavagnoli D., Cavallon A., Caviglia F., Cerofolini O., Challancin M., Checchia M., Chiantor A., Ciardelli B., Civalleri M., Coldani G., Colletti G., Colò G., Colognato R., Cominetti M., Conterno Don A., Corda N., Corillo G., Cornago G., Corradini M., Cortese C., Cortesi C., Cosentino C., Cosentino F., Cosentino L., Craviotto M., Cugini M., Curzi A., Cutiposto M.

D) - Daghero E., Dall'Acqua I., D'Ambrosio E., Danusso A., Da Riva G., De Agostini A., De Falco M., De Ferrari R., Deflorian V., Degli Osti Artera T., Degodeney C., Del Bigio I., Delbosco Negro F., Dell'Aglio L., Dell'Aglio M., Del Prete Mons. G. Gius., Del Vivo Mons. Augusto, De Martini F., De Martini M., Demoz M., De Paoli Gino M., De Stefani E., Dibidio R., Di Marco C., Di Marco M., Di Marco V., Divota di M. Ausiliatrice., Doria M., Dotta E., Drago S., Dussone P.

E) - Elli A., E. T. di Crevacuore.

F) - Facchini R., Fambrini B., Fanni D., Farina A., Fattore S., Favole V., Fazio M., Ferrari L., Ferrari S., Ferretti O., Ferrero L., Ferro M., Festini Sorelle, Fiò M., Fiorini A., Fontana S., Formenti B., Fossati O., Fracchia T., Franciscone R., Frau M.

G) - Gabiati F., Gaino P., Galantini R., Gallarati Sorelle, Galli M., Galli T., Gallini A., Gallo M., Gallo V., Gandolfi G., Gangitano G., Garattini F., Garau M., Gardelin E., Garessio G., Garruso G., Gavazzi R., Gazzano Ferraris C., G. B., G. E. G., di Lomello, G. F., Gelatti N., Geremia L., Ghigo M., Giaccaria C., Giaccone C., Gianotti M., Giardini L., Giarola C., Gilli E., Ginocchio E., Giongardi Occhipinti S., Giorgini G., Giovannini G., Giovara M., Giuliani E., Giurato R., Glarey A., G. M. di Faenza, Gola M., Golati N., Gonella A., Graneris A., Grappiolo P., Gregorio Gonella E., Gritti G., Grosso A., Guasti G., Guerrieri C., Guidotti A.

H) - Herin B.

I) - Immordino I., Incontro M., J) - Jacquemode L.

L) - Lago A., Lago N., Laiolo G., Lai-Uras M., Lazzarini P., Leone F., Leonelli Rocchi E., Lissandro L., Lombardi F., Lo Re M., Lo Re T., Lorenzone M., Lorio A., Lo Verde Don C.

M) - Macciotta 0., Malaguti R., Manganaro A., Mannu M., Mantello A., Marabini Bertocchi B., Marchese V., Marchese Virg., Marchetti v., Marino G., Mariotti P., Marletta T., Marras C., Marsura Giacometti G., Martano M., Martello M., Martin L., Martinelli P., Martinetti Matilde Ved. Rossini, Massa T., Massinelli Don P., Mastrocinque E., M. D. B., Mecono G., Medagliani M., Medan M., Meinardi R., Melis O., Menegola R., Menietti A., Micanzi M., Miglino A., Moira M., Morbin M., Morettini P., Moretto D., Mortola T., Moscatelli A., Moschetta A., Mottino M., M. R., Mucci Tosi M., Mufarotto E., Mura Cav. R., Murino F.

N) - N. N. di Bée, di Mirano, di Strona, di Torino, Nardi Frigo M., Navone E., Navone G., Nebuloni I., Nicolato E., Nicoli R., Norero M., Nurchis D.

O) - Olin E., Olmi M., Oneto E., Onnis B., Orlati M.

P) - Pagano R., Pagliotti S., Papa M., Pappone G., Parisi C., Parisi G., Parrilli A., Parussa C., Pateracchi A., Pavesi G., Pedroncini G., Pellanda G., Pellegrini G., Penna Sorelle, Peretti G., Perini F., Pesce I., P. G., Piccardi C. Piemontesi A., Pini P., Piras Secchi M., Pisani B., Pischedda M. I., Pividori T., P. Luigia, P. Maria, Polidori Fam.a, Posati M., Povaletti, Pozzi Gadda M.

Q) - Quartuccio A.

R) - Raffo M., Ragazzoni V., Ramondini L., Razzoli G. B., Rezzara C., Ricca T. Ved. Trucco, Ricco M., Rigola M., Robin L., Rocchietti Sorelle, Romanin M., Romano Ameglio P., Ronchetti M., Ronchino Bux T., Ros E., Rossi G., Rossi M., Rossi P., Rottigni L., Ruffino I., Russo M.

S) - Sabatini V., Salvi Alessio T., Sampirisi C., Sanfilippo S., Sangalli A., Santanchè Don A., Santancini M., Santelli Maiolani R., Santi D., Saracco M., Sarchetti S., Sarotto G., Ved. Pieroni, Sarotto Giovanna Ved. Pierotto, Savio M., S. A. C., Scattovelli A., Scavaronc A., Sedran G., Selva A., Seminara G., Senna Cheribbo M., Settepassi R., Simili M., Simonotti G., Siviero A., Sorrentino M., Spallina F., Squillace A., Stuardi Antonia, Stuardi Antonio, Sulis G., Suor Maria Margherita.

T) - Tabacco C., Tacca G., Tamagnone Fam.a, Tedoldi M., Tessore T., Testa A. M., Tiraboschi ch..S., Tita Corvaia E., Tita E., Titomanlio Can. S., Tizzani E., Tonelli L., Tonini F., Toniolo A., Tosi I., Tosi T., Traini Frisoni M., Trapani A., Turini E., Tua L., Turco M., Turinetti N.,

U) - Uglio G.

V) - Vaia Don G., Valandro T. e Lino, Valcavi D., Valizia S., Valle A., Valle L., Vanara C., Vannella M., Vanzetta R., V. E., Vernazza B., Verzoli M., Villani A., Virdis A., Vitale M.,

Z) - Zana G., Zangaglia G., Zanni M., Zennaro M., Zorcolo Zudda E., Zucca M., Zucca T., Zuccheri M.

NOTIZIE DALLE NOSTRE CASE

SAMPIERDARENA. Il Prefetto di Genova all'esposizione delle Scuole Professionali Salesiane.

Da L'Osservatore Romano del 10 agosto 1927:

Per quanto contenute in una atmosfera di intima familiarità, la cerimonia di inaugurazione dell'Esposizione delle Scuole professionali all'istituto Don Bosco in Sampierdarena assunse una notevole solennità ed importanza per l'intervento e la parola del Prefetto della Provincia Gr. Uff. Porro, che con la sorella donna Emilia ed il nipote volle presenziarvi.

Alle 18 di sabato 6 agosto il Prefetto faceva il suo ingresso nell'Istituto D. Bosco e prendeva posto sul palco eretto in mezzo al vasto cortile. Dinanzi erano schierati gli allievi artigiani dell'Istituto e un buon numero di invitati alla genialissima festa.

Uno dei cinquantadue orfani di guerra ricoverati nell'Istituto lesse un nobile e commovente indirizzo di omaggio al Prefetto che tante prove di affetto diede sempre ai piccoli orfani ed offerse a donna Emilia un mazzo di fiori.

Quindi il direttore dell'Istituto ringraziò il Prefetto dell'atto cortesissimo compiuto intervenendo alla festa famigliare, rilevando come la sua presenza era un plauso ed incitamento all'opera dei bravi giovanetti; scusò le assenze di moltissimi amici dell'Opera Salesiana, che però aderirono ricordando particolarmente l'On. Broccardi, Podestà della grande Genova, e presentò l'oratore ufficiale Perathoner.

Il quale, rilevò l'opera benefica di Don Bosco per la Chiesa, per la Patria e pei figli del popolo in ispecial modo, intrattenendosi poi particolarmente ad illustrare l'importanza delle Scuole professionali che formano i veri artigiani ed artisti sui quali può sperare la Patria nell'opera grandiosa di ricostruzione, di fronte a tutte le nazioni. Il discorso del giovane professore ed ex-allievo dell'Istituto fu applauditissimo.

Quindi il Prefetto rivolse ai superiori e ai giovani elettissime e cordiali parole; disse che intervenendo alla festa attuava un vivo desiderio del suo cuore, per cui non voleva essere ringraziato: egli conosce da moltissimi anni l'Opera grande e santa di D. Bosco, diretta a suscitare e formare ottimi cittadini; quella dei Salesiani è una nobile milizia a servizio della Patria e dei più alti ideali. Rilevando le parole dell'orfano che ricordava l'antico detto, essere dolce e decoroso morire per la Patria, disse che è dovere anche il vivere decorosamente per la Patria e per ciò fare i giovani non avevano che da seguire gli esempi e gli ammaestramenti dei loro superiori, l'ideale religioso e patriottico di Don Bosco.

Quindi il Prefetto aperse le urne del banco di beneficenza, contribuendo generosamente in unione con la sorella; poi si recò ad inaugurare le esposizioni dei lavori professionali delle scuole dei meccanici, sarti, tipografi, calzolai, falegnami ed ebanisti, la scuola di disegno e la Esposizione degli arredi ed indumenti per le missioni salesiane, esternando la sua più viva ammirazione e soddisfazione per i bei lavori compiuti dagli allievi e per il metodo d'insegnamento.

CUORGNÈ (Torino). Esposizione di artigianato.

Quest'anno la Scuola Serale Professionale Salesiana del Collegio « Giusto Morgando » in Cuorgnè (Torino), seguendo il nobile esempio dell'Oratorio Salesiano di Valdocco, organizzò una bella Mostra di artigianato, nella quale oltre a numerosi saggi di Disegno, alcuni dei quali veramente assai pregevoli, dei tre Corsi della Scuola, figuravano svariati lavori eseguiti da parecchi allievi nelle varie officine e botteghe d'Arte, con l'appoggio dei loro capi o padroni in città.

La Mostra s'inaugurò solennemente con l'intervento delle Autorità cittadine.

Dei 18o allievi assidui di detta Scuola, ben 132 esposero lavori, nelle varie Sezioni di fabbrimeccanici, falegnami, fonditori, lavorazione in rame, tipografi, fotografi, ecc., oltre al reparto di agricoltura con saggi d'innesti e di prodotti vari.

Al buon esito di questa prima mostra di Artigianato in Cuorgnè, oltre alla abile preparazione spiegata dalla Direzione del Collegio, e alla paziente cooperazione degli Insegnanti della Scuola e di parecchi Capi-officina del paese, concorsero non poco gl'incoraggiamenti delle Autorità e del Fascio, a cui si era da tempo molto opportunamente fatto appello. Vis unita fortior.

Questa fiorente scuola conta già 2o anni di vita. Vi attendono, oltre al personale salesiano interno del Collegio, anche alcuni abili e volonterosi insegnanti esterni.

Questo tipo di Scuola è di facile attuazione e potrebbe diffondersi presso ogni Collegio, Oratorio o Parrocchia con diverse proporzioni e opportuni adattamenti.

CASALE.

La gita dei Padri di Familia ed ex Allievi del Valentino ai Becchi, casa natale di D. Bosco.

La gita sociale annuale degli Ex-allievi e Padri di Famiglia del Valentino ebbe quest'anno per mèta la casa natia di Don Bosco.

In sette automobili, gentilmente offerte dal cav. Adolfo Baulino, signori Meneghetti, fratelli Pia, sig. Farello, sig. Roggero ed i signori Gobetto, si giunse alle 8 ai Becchi dopo aver visto, passando Mondonio, il monumento a Savio Domenico e la casa dove morì l'angelico discepolo di Don Bosco. Ai Becchi ci attendeva il Rev.mo superiore D. Giuseppe Vespignani, mandato espressamente dal Sig. D. Rinaldi a rappresentarlo e a dare il benvenuto ai cari amici di Casale. Don Vespignani celebrò la Messa assistita da tutti gli intervenuti, rivolse paterne parole di incoraggiamento e di ammonimento, quindi diede la Benedizione col SS. Sacramento. Dopo aver visitato la vetusta povera casetta piena di tanti ricordi, d'aver posato in un bel gruppo fotografico, si discese a Castelnuovo. Visitammo il monumento a Don Bosco, la Parrocchiale, l'Istituto Paterno Salesiano, dove fummo ricevuti fraternamente dal M. R. Direttore.

Quindi si proseguì per Chieri dove visitammo l'Oratorio S. Luigi. Di poi attraverso la collina si giunse a Torino e ci recammo a Valsalice a portare il nostro omaggio di figli devoti alla tomba di Don Bosco. Visitato quel magnifico Istituto, nuovamente in macchina, ci recammo all'Istituto Teologico Internazionale Salesiano alla Crocetta, dove si dedicano agli studi teologici oltre 200 Chierici Salesiani appartenenti a tutte le nazioni del mondo.

Dato un addio alla Crocetta volammo in auto all'ultima tappa: a Maria Ausiliatrice, a Valdocco. Colà avemmo la fortuna di vedere il Sig. D. Rinaldi che giungeva allora allora da Milano. Riveduto il Santuario di Maria Ausiliatrice e le Camere di D. Bosco, riprendemmo il viaggio per Casale dove giungemmo alle 21.

Ci attendeva al Valentino la chiusura della indimenticabile giornata con la cena fraterna all'Oratorio. Chi può dire la sodisfazione provata da tutti nella riuscitissima giornata? Al termine della mensa parlarono il Direttore, Don Bianco, il Cav. D. Sala ed ascoltatissimo il Capitano Notti che espresse le impressioni da lui provate nella memorabile gita riaffermando per sè e per gli altri amici il proposito di essere sempre nella vita orgogliosi di essere allievi di Don Bosco.

PALERMO. Festa di Maria SS. Ausiliatrice.

Anche quest'anno la capitale della Sicilia ha riportato sicuramente il primato nelle manifestazioni di culto a Maria Ausiliatrice. Le quattro case salesiane sono andate a gara nell'esaltare la loro comune Patrona, la loro Celeste Ausiliatrice.

Ma l'incoronamento di queste feste si è realizzato in Sampolo, dove la Vergine SS. da parecchi anni prodiga talmente le sue grazie, da poter dire non esservi famiglia che non registri tratti assai toccanti del materno interessamento di Lei. E sono lì a testimoniare questo fatto consolantissimo quel cumulo di doni preziosi, che pendono al suo altare, quelle continue offerte in danaro, in cera, in tovaglie, in biancheria, in fiori sempre freschi ed olezzanti, anche nell'ardente stagione, quelle tanto frequenti messe cantate di ringraziamento. Oh quanto entusiasmo in questi fedeli! Non contenti perciò essi di celebrare il 24 di ogni mese, non contenti di avere decorato e arricchito di nuovi arredi il suo altare, non contenti di avere celebrato. solennemente la sua festa il 24 Maggio, nell'interno della chiesa, il 13 e 14 agosto, dopo le solennissime, riuscitissime quarantore, han voluto dare una impareggiabile manifestazione di fede, celebrando una di quelle grandiose solennità patronali, corre si sogliono fare qui nell'Isola nostra.

Vespri in musica eseguiti dai RR. PP. Salesiani precedettero la grande solennità: e poi la messa della comunione e la messa cantata in musica eseguita da un coro di signorine, e Infra Missam il panegirico.

Intanto la Madonna - che il popolo chiama spesso « la più bella » - troneggia su di un altare maestoso, in un trionfo di luce irraggiante da cento lampadine elettriche, in un effluvio di gelsomini.

Il più bello, il più commovente della festa, fu la trionfale processione. Per circa 6 ore il simulacro dell'Ausiliatrice trainato su una navicella, cosparsa di angeli e di rose, incedette lentamente tra le preghiere e i canti devoti. Sotto ricchi baldacchini sostava di tratto in tratto la Vergine, sorridente e benedicente, per ricevere l'omaggio della poesia declamata, lo sparo dei fuochi artificiali, l'offerta di qualche dono prezioso, o la tovaglia artisticamente ricamata, o il cerco e il serto dei fiori profumati. La lunghissima via Sampolo era tutta una fantasmagorica galleria di luci multicolori, splendenti alle finestre, ai balconi e alle porte: ed ogni luce era certo simbolo di un palpito divoto di altrettanti cuori per la Regina del Cielo.

ASTUDILLO (Spagna).

Per gli Aspiranti Missionari salesiani di Spagna.

Le Missioni estere hanno preso anche presso di noi tale importanza e sviluppo, che il contributo volontario delle varie ispettorie religiose salesiane non è più sufficiente per riempire i vuoti e per fornire il personale necessario alle nuove fondazioni accettate in questi ultimi sei anni: nel 1920, il Vicariato Apostolico di ShiuChow (Cina); nel 1921, la Prefettura Apostolica dell'Assam (India Inglese); nel 1922, il Vicariato Apostolico di Kimberley (Australia); nel 1925, la Missione dell'Isola Kiou-Siou (Giappone Merid.); nel 1926, la Missione del Ciaco Paraguayo (America del Sud).

D'altra parte il futuro missionario ha bisogno di ricevere una buona formazione un po' speciale. Fisicamente bisogna che si sviluppi in lui la resistenza alla fatica; intellettualmente il suo programma deve essere intonato a una coltura più pratica e a uno studio più accurato delle lingue straniere; moralmente è bene che viva in un'atmosfera a lui più adatta.

Per questo i Salesiani sono stati indotti a fondare alcuni anni fa, case riservate esclusivamente alla formazione degli aspiranti missionari salesiani, in Piemonte, e precisamente a Ivrea, a Penango, a Foglizzo e Cumiana.

Perchè queste case volessero essere e fossero in realtà internazionali, bisognava, per andare incontro ai nuovi e cresciuti bisogni, fare un passo di più: creare, cioè, in ogni paese una casa di formazione del medesimo genere.

Ora è la volta della Spagna.

A Astudillo grossa borgata di 2.3oo abitanti (provincia di Palencia, nord Spagna) è stata fondata, da poco, una di queste case di formazione per aspiranti missionari.

La casa, nuova e costruita all'uopo, s'innalza sulle rovine d'un antico convento. Di questo convento si è conservata la chiesa mozarabica bellissima e che risale a 6oo anni addietro. Tutto il paese (essenzialmente agricolo, popolato, fecondo di vocazioni religiose) situato a mezza strada fra Burgos e Salamanca, è ricco di ricordi storici, di meraviglie d'architettura e di scultura.

Il nuovo istituto riceve studenti futuri sacerdoti e futuri coadiutori. I primi non dovranno avere meno di 14 anni di età e non più di 25; i secondi (aspiranti coadiutori) sono ammessi fino ai 4o anni. La pensione è gratuita.

VILLA COLON (Uruguay). Omaggio Salesiano a Cristoforo Colombo.

I Salesiani dell'Uruguay hanno innalzato a Villa Colon un bellissimo monumento a Cristoforo Colombo, l'ardimentoso navigatore e immortale scopritore dell'America. A Villa Colon, graziosa cittadina presso la capitale, cinquant'anni fa veniva fondata la prima Casa Salesiana.

Cristoforo Colombo è raffigurato ritto su di un grande arco di trionfo, sulla piazza Don Bosco. Ha dietro di sè il grande collegio salesiano Pio IX con il suo santuario di Maria Ausiliatrice e il suo osservatorio nazionale.

La solenne inaugurazione è stata fatta con la partecipazione degli ex allievi dell'Argentina.

Erano presenti fra i principali personaggi e le autorità: il Presidente della Repubblica, Ing. Serrato, il Presidente del Consiglio dei Ministri, l'arcivescovo di Montevideo, Mons. Aragone, il Rettore dell'Accademia, il grande poeta nazionale, Giovanni Zorrillia di San Martino, il Revmo. D. Rota, rappresentante del Superiore Generale dei Salesiani Don Filippo Rinaldi.

Il monumento a Cristoforo Colombo è destinato a perpetuare il ricordo delle grandiose feste cinquantenarie dell'Opera Salesiana nell'Uruguay.

AREQUIPA (Perù). Nuovo centro di vocazioni salesiane.

In una pittoresca valle andina bagnata dal fiume Chili e circondata da una superba catena di montagne, a 2.300 metri sul livello del mare, è situata la Casa di Arequipa, dove si formano i futuri apostoli, che nel nome di Don Bosco dovranno un giorno svolgere la loro azione educativa e missionaria in quella nobile Nazione.

Presentemente sono 14 gli studenti di filosofia, 18 i novizi e circa 14 gli aspiranti. Non è molto sono arrivati a Torino i due primi chierici peruviani per iniziare i loro studi teologici nell'Istituto Internazionale Salesiano della Crocetta.

La casa di Arequipa non è ancora terminata e attende perciò il contributo delle anime generose che valga ad affrettare il compimento dell'opera intrapresa. Le preghiere e i sacrifici di tanti buoni giovani che aspirano a consacrarsi sotto la bandiera del Ven. Don Bosco al bene delle anime, attireranno certamente copiose benedizioni sopra tutti coloro che coopereranno a un'istituzione così provvidenziale.

NECROLOGIO

Dr. Cav. Alfredo Perez.

Morì dopo lunga e penosa malattia sopportata con serafica rassegnazione, in Avola il 28 agosto 1926. Medico insigne, di profonda, vasta e non comune coltura, anima pura e onesta, esempio fulgido di virtù cittadine, dedicò tutta la sua vita alla famiglia e al popolo, che assistè in ogni tempo. Con lui scomparve una nobilissima figura d'uomo benefico, uno scienziato illustre che mise i tesori del suo eletto ingegno a sollievo d'ogni sofferenza, il cittadino esemplare la cui anima candida rifulse dei più eccelsi sentimenti umanitari e patriottici. A lui che fu pietoso Cooperatore delle Opere del Ven. D. Bosco, che sentì e professò altissima la Fede, nel bacio della quale serenamente è spirato, il ricordo e la fervida prece.

Andrea Villa.

Deceduto il 9 agosto in età di anni 76 a Lesmo (Milano).

Si preparava a festeggiare colla numerosa famiglia le sue nozze d'oro, quando un nuovo attacco d'un antico male in pochi giorni lo portò alla tomba.

Padre esemplarissimo e Cooperatore Salesiano, volle educati i suoi 7 figli all'Oratorio di Torino, offrendone due al Signore nella nostra Pia Società.

Alla desolata famiglia e specialmente ai nostri Confratelli D. Giovanni e D. Paolo, missionari salesiani, le più sentite condoglianze; ai buoni Cooperatori la preghiera di copiosi suffragi.

Cav. Uff. Edoardo Talice. Direttore delle Poste di Torino in riposo.

La mattina del 26 agosto, confortato dalla benedizione del Santo Padre, santamente spirava in Torino, in età d'anni 72, lasciando grande rimpianto di sè nella nostra città, dove era noto per le sue virtù religiose e civili.

Ammiratore delle Opere Salesiane le favoriva e seguendone attentamente lo sviluppo, ne parlava con entusiasmo colla larga schiera di amici e conoscenti.

Si gloriava di avere un fratello tra le file dei Salesiani, e curava la sollecita spedizione del Bollettino Salesiano, perchè pensava e talora diceva: « Questo caro periodico porta la Buona Novella, il nome di D. Bosco e d'Italia ai confini della terra ».

Sia pace all'anima sua! All'addolorata famiglia e al nostro confratello Don Emerico vive condoglianze.

Castagnetto Alessio-Ermenegilda.

Passò all'altra vita il 18 febbraio del c. a. a 30 anni di età.

Fu benefattrice delle Opere di D. Bosco, di cui si ricordò in modo particolare alla sua morte.

La sua pietà e carità le avranno certo ottenuto da Maria Ausiliatrice, di cui era divotissima, il premio riservato alle anime generose. Condoglianze al padre più che ottantenne.

Bonato Cipriano.

Si spense serenamente il 24 gennaio c. a. a S. Giorgio di Perlena (Vicenza) in età di 72 anni.

L'integrità della vita, l'operosità costante e generosa per ogni opera di bene, la dedizione completa alla volontà di Dio lo facevano un modello di genitore e di cristiano.

Fu Cooperatore Salesiano. Si diceva fortunato d'avere dato alla Congregazione del Ven. Don Bosco due suoi figli, uno sacerdote e l'altro coadiutore.

Tutta la sua vita, spesa religiosamente, fu irradiata da un grande amore alla Madonna di D. Bosco, dalla quale avrà già, speriamo, ricevuto il premio che i Salesiani e i Cooperatori gli augurano e gli pregano fervidamente da Dio.

Sac. Egidio Boselli. Assistente degli ammalati nell'Ospedale Maggiore di Milano.

È passato all'altra vita nella pace serena del giusto, confortato dalla presenza del fratello prevosto di Alzate, delle sorelle, di tanti buoni amici che l'ebbero sempre carissimo in vita. Il suo letto era circondato anche da Suore, infermieri e infermiere, cui aveva prodigato costanti e paterne cure nel lungo (32 anni) e difficile ministero, compiuto con eroico sacrificio, di assistente dei poveri ammalati anche contagiosi dell'Ospedale Maggiore.

Era Cooperatore di Don Bosco e divoto, per tradizione di famiglia, fin dall'infanzia di Maria Ausiliatrice.

La sua santa morte ha lasciato in tutti la dolce speranza di un valido protettore in cielo.

Don Giuseppe Breviglieri. Parroco di Revere Mantova

Morì in concetto di santità, a soli 41 anni, l'8 marzo di quest'anno.

I poveri, gli ammalati, i giovani ai quali prodigava i tesori del suo cuore di sacerdote, Padre e Maestro, furono sempre i suoi prediletti.

Zelantissimo nell'esercizio del suo ministero sacerdotale, passava le lunghe ore nel confessionale e dinanzi al SS. Sacramento. Sopportò con edificante rassegnazione gli indicibili dolori della sua malattia, durante la quale diede meravigliosi esempi di spirito veramente eletto e di pietà esemplare.

Ai cari Cooperatori, che l'ebbero compagno in vita nel sostenere le opere del comune Padre D. Bosco, raccomandiamo di ricordarlo in morte pregando per l'anima sua.

Astolfo Teresina.

Spirava nel bacio del Signore il 4 marzo u. s. in età d'anni 75, in Motta di Livenza.

Nella sua vita ebbe frequenti e gravissime sofferenze sopportate colla viva fede del giusto, coll'eroica fortezza del martire e colla più perfetta uniformità al divino volere.

Cooperatrice e Zelatrice entusiasta di D. Bosco, aiutò sempre con tutte le sue forze le opere salesiane. I suoi esempi e le sue virtù trovino numerosi imitatori.

Brossa Michele (d'anni 70).

Si spense placidamente nella pace di Cristo l'11 giugno scorso in Poirino.

Fu uomo semplice, retto e timorato di Dio. I fulgidi esempi della sua carità e della saviezza dell'animo suo; la profonda pietà che ogni giorno lo conduceva al servizio della S. Messa e alla Mensa Eucaristica, rimarranno sempre impresse nel cuore di quanti lo conobbero e che ammiravano in lui il modello del cristiano e del cittadino.

Mentre presentiamo le più sentite condoglianze alla famiglia e specialmente al figlio salesiano Don Giovanni, parroco della Basilica del S. Cuore di Roma, raccomandiamo il caro estinto alle comuni preghiere.

Preghiamo anche per:

ABBONATI Maria V. CASALURI,† Napoli (Aosta). AcTIS FOLIzzo Giovanni, + Caluso (Aosta). AGUZZI Don Licurgo † Morro d'Alba (Ancona). AMOROSO Rosario, i Calatafimi (Trapani). AQUILINO Cristina, † Troia (Foggia). ARAGNETTI Can. D. Giovanni, T Masserano. BATTILANA Eufernia, † Sestri Ponente (Genova). BAUci Angela, † Samprugnano (Grosseto). BENEDETTI Francesco, † Nogaredo (Trento). BIGIARETTI Can. Semmen, Arciprete, † Matelica. BIGLINO Anna, t Biglini (Cuneo). BoAsso Angelo in DENICOLAI, † Torino. BOCCALATTE Giovanni, + Rocchetta (Ponte Stura). BONDONNO D. Nicolao, Arciprete, † Locana. BoNoMo Francesco, † Montegiove (Torino). Bossi D. Giovanni, Parroco, † Avenza. BozzoNi Giuseppina SILVA, † Roma. BULSONI Francesco, T Bagnòne (Massa Carrara). BURRO Eugenio, † Torino.

CANZI Sorelle, † Rancate (Milano).

CARTA SULIs Assunta, † Tonara (Nuoro). CASINI Laura v. VENTURI, † Ozzano Emilia. CASTELLI Giuseppe, T Borgo Lavezzaro (Novara). CAVIOLA Lodovico, † Carano (Trento). COTTI Crispino, † Ortogne (Brescia). CONTERIO D. Antonio, † Fornolosa (Torino). COPPIN EliSa CASTELLANI, t Valgatara (Verona). DE ANGELis D. Carmelo, † Palizzi (Reggio Cal.). DE BLASI Maria, † S. Michele Extra (Verona). DEGIOVANNI Luigi, † Vignale (Alessandria). DELLA CASA Eugenia, † Airali Chieri (Torino). DEPIETRO-BRENTANI Bice, † Lugano (Svizzera). DI PIETRO Maria di ANTONINO, † Novara Sicula FALLETTI Ludovina, T Montechiaro d'Asti (Aless.) FRAN PERINI Augusta, † Zurigo (Svizzera). GABRIELLI Ing. Cav. Giovanni, † Frossasco. GALLOTTI D. Silvio, † Arona (Novara). GALUPPO Eugenia ved. CENTELLI, † Padova. GANDOLFI Mons. Giuseppe, † lesi (Ancona). GANDOLFO Elisabetta Veb. MERLO, † S. Lazzaro Reale (Imperia).

GENOVESE D. Nicolò, † Contessa Entellina. INVERNizzI Angela, † Gravellona Lomellina.

LACEDELLI Oliva, † Cortina d'Ampezzo.

LANZA Sebastiano, † Airali Chieri (Torino). LIA Gio. Battista, t Sogno (Bergamo). MAITILASSO Erminia MILETTI, † Troia (Foggia). MARANGONI Alberto, † S. Maria Sclaunicco. MARTINA Clorinda, † Lusernetta (Torino). MAZZUCCHETTI Eugenia, † Biella (Vercelli). MENATTI Cesarina, † Trevisio (Sondrio). MONTI D. Casimiro, Parroco, † Casamicciola. MONTOURI Goffredo, † Fornoli (Lucca). MORGERA Antonio, T Casamicciola (Napoli). Musso Ing. Francesco, † Totino. NEIRA Catterina, † Bosconero (Torino). Nucci D. Salvatore, Parroco, † Collelungo. OLDANO 'l'col. D. Giuseppe, † Casale Monf. OLLIVERO Giovanna, † Piasco (Cuneo). OMBRELLO Laiolo, Maestra, † Bra (Cuneo). PAGLIOTTI Comm. Adolfo, † Cuorgnè (Torino). PALOMBI Can. Enrico, † Terracina (Roma). PARADiso D. Francesco, Arciprete, † S. Giorgio la Molara (Benevento).

PARATORE D. Giuseppe, Parroco, † Basico. PEREGO Giuseppina, † Maggianico (Corno). PETReJO GIACOMETTI Linda, † Udine. PIAGGESCHI Filomena, † Oakland (U. S. A.). PIANO Giovanna, † Forno di Rivara (Torino). N. U. PIAVI Giuseppe, † Ascoli Piceno. POLLERI Emilia, † Genova. QUAGLIA Giuseppe, † Vercelli.

QUESTA Can. D. Giuseppe, † Sostegno (Novara). RACCA Maria, † Sanfrè (Cuneo). RADICE Teresa, † Leffe (Bergamo). RAPPIs Alfredo, † Andorno (Vercelli). RETTAGLIATA Angela, T Moneglia (Genova). RoA D. Carlo, i Mindino-Garessio (Cuneo). ROLLA Catterina, † Montechiaro d'Asti (Aless.). RUSCHENA Angela di MICHELE, † Vignale (Aless). SABATTA Giuseppe, † Casamicciola (Napoli). SACCHETTA Giacomo, † Soarme (Pesaro). SALVINI Prof. Giovanni, † Torino. SALVO D. Filippo Neri, † Novara Sicula (Mess.). SANNA Antonio Ved. SOLINAS, † S. Gavino Monreale (Cagliari).

SARRA Rocco, i Mosellaro (Chieti).

SERENA Maria De BLASI, † Grignano (Novara). ZERRA Domenica, † Poirino (Torino). SNAIDERO D. Antonio, † Codroipo (Udine). SPECCHIA Pasquale, † Maglie (Lecce). SuLIS Avv. Giuseppe Luigi, † Muravera (Gagliari) VALLENZASCA Guglielmona, † Novara. VALLINO Emilio, + Montechiaro d'Asti (Aless.). VANNINI Can. Paolo, † Bolsena (Roma). VOLANTE Gabriella, + Torino. VOLCAN Oliva, + Panchià (Trento). VOLPONI Conte Pietro, † Montefano (Macerata). ZANA Lucia, † Oira (Novara). ZINICOLA Bernardino, † Castellonorato (Roma).