Anno LI. OTTOBRE 1927 Numero 10.
PERIODICO MENSILE PER I COOPERATORI DELLE OPERE E MISSIONI DI DON BOSCO
SOMMARIO: Seguiamo il Maestro (Per una santa crociata). - Intorno allo studio per l'insegnamento del catechismo. - La grande giornata missionaria. - Azione Salesiani: Convegno salesiano a Torino (Valsalice). Scuola Agricola Missionaria Salesiana di Cumiana. - Il Beato Cottolengo (Centenario d'una data memoranda). - La morte del Missionario Sales. Don Giovanni Balzola. - Anime riconoscenti al Ven. Don Bosco. - Nel VI anniversario della morte di Don Albera. - Il Col. De Pinedo e i missionari cattolici. - Dalle nostre Missioni: Giappone: Visita del rappresentante di Don Rinaldi. - Gran Ciaco (Paraguay): Aurora di civiltà cristiana. - Cina: Nel vortice. - Il Culto di Maria Ausiliatrice: Apostoli della devozione a M. Ausiliatrice. - Grazie di M. Ausiliatrice. - Una raccomandazione di Pio XI. - Notizie dalle nostre Case: Torino (Valsalice) - Corumbà - Betlemme - Cachoeira do Campo - Uruguay. - Necrologio..
Per una santa crociata.
Per mezzo del« Bollettino Salesiano » - raccomanda il Ven. Don Bosco - s'inviteranno i Cooperatori e le Cooperatrici a fare il Catechismo ai fanciulli...
Questa paterna esortazione, opportunissima pel tempo della Quaresima, dedicato, come ognuno sa, alla spiegazione della Dottrina Cristiana in preparazione del grande Precetto Pasquale, è sempre utile e doverosa specialmente all'aprirsi di ogni anno scolastico.
Divina semenza.
Don Bosco incominciò la sua Opera con il catechismo, e possiamo dire che spese tutta la sua vita a dispensare questo prodigioso alimento a centinaia e migliaia di piccoli e grandi affamati, che a lui ricorrevano o che in lui s'imbattevano.
Il primo alunno di Don Bosco fu un catechizzando.
- Vai al catechismo ? - chiese Don Bosco a Bartolomeo Garelli.
- Non oso, - rispose il ragazzo. - Perchè ?
- Perchè i più piccoli ne sanno più di me. Ho vergogna...
- Se ti facessi io stesso un catechismo a parte, verresti?
- Sì. -
In questo modo il Ven. Don Bosco gettava la prima pietra del suo futuro edificio.
A Valdocco, un po' più tardi il Servo di Dio, nel nome di Dio e della Vergine Santa, scavava con le sue mani il primo solco, per gettarvi le prime manciate di quella Divina semenza, che doveva trasformare in un incantevole giardino quel campo arido e abbandonato.
L'agricoltore semina, il Signore dà incremento. La stessa dottrina, uscita un giorno dalle labbra divine di Gesù e sparsa a piene mani sui campi di Galilea per la rinascita e la completa rigenerazione degli uomini, fu per Don Bosco il pane quotidiano da distribuirsi alle anime dei suoi giovinetti, che voleva preparare per la via del Cielo.
Di questo dolce pane si nutrì egli stesso fanciullo. Crescendo negli anni, sempre più ne fece abbondante provvista, e lo spezzò e lo distribuì in casa e per via, a chi lo voleva e a chi lo rifiutava, predicando, senza stancarsi mai, con la parola, con gli scritti, i suoi miracolosi e meravigliosi effetti e .per la vita presente e per la vita futura.
Di questo santo cibo nutrì i figliuoli della sua prima famiglia; per esso la sua famiglia crebbe e prosperò moltiplicandosi e stendendosi in ogni terra e fra ogni popolo.
La massa ben lievitata fermenta e si prepara a diventare pane di vita. Il lievito ce lo ha dato Gesù, insegnandoci a servircene: la sua dottrina, il suo Vangelo, ecco il lievito. Chi insegna il Catechismo, predica l'Evangelo. Altissimo ministero, nobilissima missione.
Don Bosco vuole che tutti i suoi Cooperatori siano non solo ottimi cristiani, ma zelanti maestri della dottrina cristiana.
Che cosa di più opportuno, di più utile si può fare per il regno di Dio sulla terra che aprire le menti alle celesti verità ? L'istruzione - chi non lo sa? è nulla senza l'educazione, e l'educazione è nulla senza la Religione.
Don Bosco ha poggiato il suo sistema educativo sulla religione, e il suo sistema ha trionfato.
Così fu fin dal principio dell'Oratorio, così è ora.
In tutte le pubbliche scuole di fanciulli oggi è obbligatorio il catechismo: ottima cosa. Nelle Case di Don Bosco si è sempre fatto così. E con l'insegnamento, la pratica della religione. Se no a che servirebbe la scuola ? A chi osservava: troppo catechismo, troppe preghiere, il Servo di Dio sorrideva bonariamente e... tirava diritto.
Vuoi i frutti? Prepara il campo. Vuoi l'edificio ? Getta le fondamenta.
Studiate Don Bosco, e imparerete come si fa a edificare: di dove si deve incominciare e fin dove si può arrivare.
Piccolo catechista.
Si può dire che Don Bosco imparò fin da bambino a costruire il suo edificio. Il disegno l'aveva fisso in mente. A nove anni vide e sentì in sogno ciò che si voleva da lui. Si spaventò, pianse. E poi che fece? S'incamminò per la strada segnata dall'alto.
Incominciò a prepararsi, per insegnare. Il piccolo Bosco dei Becchi fu, si può dire, subito maestro. Imparava dalla mamma, e insegnava ai compagni della borgata ciò che aveva appreso.
I genitori sono i primi, i veri, i più autorevoli maestri. La mamma, che sorregge il braccio della sua tenera creaturina, e l'aiuta a tracciare il primo segno di croce, ha il diritto e il dovere di aprire la via e su quella incamminare il suo piccolo viandante che dà i primi passi verso i suoi eterni destini.
Mamma Margherita fu la prima e la migliore maestra del suo Giovanni. E che cosa gl'insegnava? Ciò che sapeva, ciò che può sapere una buona madre, che non ha studiato nei libri, ma che possiede i due più grandi tesori: la fede e l'amore. Giovanni imparava e insegnava a sua volta ai compagni, rivelando così fin da fanciullo uno spiccato spirito evangelizzatore.
Per ottenere dei buoni frutti non basta insegnare, bisogna essere convinti di ciò che s'insegna, e praticare ciò di cui si è convinti.
La scuola dei fatti ci vuole, la scuola dell'esempio.
Mamma Margherita educava i figliuoli a questa scuola. Giovanni, il figlio predestinato, ricopiava la madre. Ai compagni non solo ripeteva le belle cose udite in famiglia, ma dava gli esempi di una condotta esemplare.
Bosco ebbe come primi maestri la madre e il sacerdote: dopo la culla, subito la chiesa. Giovanni andava volentieri alla chiesa, che fu la sua migliore scuola. Prese tanto amore al catechismo, che lo leggeva e lo studiava per istrada, in casa, in mezzo ai campi.
Di Don Bosco si legge (1) che, servitore alla cascina La Moglia occupava il suo tempo leggendo e pregando, all'aria aperta, mentre guardava le mucche.
Certuni non potevano credere ai loro occhi. I suoi padroni vollero assicurarsi, e più volte lo sorpresero nell'atto di leggere il suo catechismo. Bosco studiava continuamente questo prezioso libretto, benchè fosse già molto istruito nella dottrina cristiana, ed alternava la lettura con la preghiera.
Bosco faceva di più.
Dicono le Memorie:
Giovanni, alla Moglia, come ai Becchi, colle sue belle maniere e coi suoi giuochi (due attrattive irresistibili per i ragazzi) incominciò ad attirare a sè i pochi fanciulli della borgata, i quali gli divennero tosto amicissimi.
Nell'inverno, quando non si poteva lavorare in campagna, nelle giornate piovose, ogni domenica e festa, Bosco radunava i suoi amici. Salivano sul fienile, si disponevano in semicerchio, e Giovanni seduto sopra un mucchio di fieno più alto, loro faceva il catechismo, ripetendo ai compagni le cose belle udite in casa da Mamma Margherita o in chiesa dal buon Cappellano.
Nella bella stagione e nelle giornate di sole, le radunanze si facevano sotto un gelso o in qualche angolo quieto e ombreggiato.
Bello, commovente spettacolo. Bosco, il futuro grande apostolo dei giovani, s'incamminava così, inconsapevolmente, per un impulso irresistibile dell'anima sua fanciulla, su quella via che la Provvidenza gli aveva scelto e che doveva condurlo tant'alto e tanto lontano.
Grazioso catechismo.
Trovata la via, dati i primi passi, vinte le prime asprezze, Giovanni si spinse innanzi decisamente, risoluto di fare cammino. Le sue tappe sono segnate da profonde impronte di giovanile apostolato. Dovunque si ferma, egli pianta la sua tenda e chiama gli amici a raccolta, come un buon missionario, per intrattenerli e catechizzarli.
Studente, a Chieri, esercita un fascino magico sui compagni di scuola che si trascina dietro con la sua bontà e generosità. E non mancano le più belle vittorie: guida i discoli sulla retta via, converte Giona l'ebreo.
Sacerdote, a Torino, entra decisamente in campo. L'arma per combattere la buona battaglia è sempre la stessa: il catechismo. Se si vuole capire Don Bosco, se si vuole avere la vera fisonomia del Servo di Dio, bisogna immaginarlo circondato da' suoi giovani, col catechismo alla mano.
A Valdocco, fissato l'Oratorio, Don Bosco diede un mirabile sviluppo all'insegnamento della dottrina cristiana. L'Oratorio incominciò col catechismo: da questa scuola germogliarono le altre che s'innestarono sul tronco fecondo per vi vere, sì, una vita propria, ma alimentata dai succhi della pianta materna. Gli artigiani, gli studenti d'ogni paese, vennero dopo i birichini di Torino, a Valdocco. Prima il prato, con le radunanze fes†ive dove s'insegnava il catechismo, poi la scuola serale, poi le scuole classiche e professionali nelle quali, con la religione, s'insegnano le lettere, le scienze e le arti. Il primo maestro fu Don Bosco; il primo libro spiegato fu il catechismo. In principio per la scuola si faceva a meno anche delle aule. Bastava il prato, il piccolo orto, un canto ombreggiato.
Le aule andava a cercarle fuori.
Non contento d'occuparsi dei monelli della strada - leggiamo nelle « Memorie Biografiche del Servo di Dio » - Don Bosco visitava ogni settimana varie scuole pubbliche, nelle quali era obbligatorio l'in segnamento del Catechismo, secondo gli ordinamenti di Re Carlo Felice (23 luglio 1822).
Tra gl'insegnanti delle scuole pubbliche della città Don Bosco contava degli amici, i quali ben volentieri gli aprivano le aule. Con grazioso catechismo ragionato esercitava la sua missione educatrice ora nelle classi dei buoni figli del La Salle, ora in quelle di Porta Palazzo e di S. Francesco da Paola, ora nel Collegio di Portanuova e altrove. Volentieri sostituiva un Professore di Religione, assente e infermo, e offriva la sua opera in quegli istituti privati, ove l'istruzione religiosa non era regolarmente impartita.
Era sempre una festa - continuano le «Memorie» - la sua apparizione in una scuola. Le sue parole attraenti, le sue maniere affettuose tutte candore e semplicità lo rendevano padrone del cuore dei ragazzi.
Don Bosco aveva dunque un segreto per farsi ascoltare e per far gustare la sua scuola di religione: faceva un grazioso catechismo. Non si può dire di più, non si può dire di meglio. In queste due semplici parole c'è tutto un programma d'insegnamento della religione. La dottrina cristiana è una vivanda delicatissima: bisogna saperla cucinare, condire; è un cibo nutrientissimo: non bisogna ingozzare chi lo riceve; è un piatto finissimo: bisogna farlo apprezzare, presentandolo con bel garbo.
C'è una frequente lagnanza in chi ha l'obbligo d'insegnare: i ragazzi non stanno volentieri alla scuola di catechismo. Sovente questo è vero. Le cause? L'esperienza dimostra che la causa del disagio non è sempre negli allievi. Se il maestro per esempio dimostra sforzo nell'insegnare (specialmente la religione), gli allievi non si sforzeranno certo di stare attenti. Se n maestro (è possibile questo?) fa l'annoiato, i ragazzi sbadiglieranno. Se il maestro è inetto (può capitare), baldoria. Se non è convinto (di ciò che insegna), lascerà il campo che trova, sterile e infecondo forse più di prima. Se è un maestro poco esemplare (Dio non lo permetta!) nella pratica dei doveri religiosi, predicherà al vento. L'insegnante ideale di religione, come lo richiede l'alto ufficio che esercita, deve essere istruito, convinto e praticante. E poi deve fare un grazioso catechismo: portare cioè alla scuola di religione belle maniere, affetto agli allievi, attrattive, incoraggiamenti, come faceva Don Bosco: metterci insomma tutta l'anima in ciò che più che una scuola è un apostolato. E i ragazzi verranno, e staranno volentieri ad ascoltare e approfitteranno.
Il modello.
- Non vengono! - si ripete qua e là.
Se non vengono, bisogna chiamarli, cercarli. I genitori hanno l'obbligo di mandare i figliuoli alla chiesa, all'Oratorio, al catechismo e di vigilare che non si perdano per istrada, cosa tanto frequente.
Don Bosco nei primi tempi del suo Oratorio, seguendo l'esempio di S. Francesco di Sales, mandava un ragazzo a girare nei dintorni, scotendo un grosso campanello come richiamo. I ragazzi della strada correvano dietro al campanaro e lo seguivano fino all'Oratorio spiacenti d'una cosa sola, di non avere cioè ciascuno un buon campanello per fare concerto.
Questo è troppo, vero ? Bisogna compatire il povero Don Bosco il quale allora non aveva ancora nè campanili, nè campane.
Suppliva come meglio poteva.
In quegli anni Don Bosco fu visto sovente salire su per le scale di case e palazzi in costruzione, passeggiare sui ponti, intrattenersi cogli impresari, chiamare attorno a sè i garzoni e invitarli al catechismo. La gente si fermava a guardare:
- È matto quel prete? Che fa lassù?
È un impresario quel prete ?
Chi conosceva Don Bosco avrebbe potuto rispondere:
- Sì, è un impresario che ha per le mani un certo progetto, un certo edificio... Vedrete. -
Don Bosco visitava i proprietari, i capi degli stabilimenti per pregarli di lasciare liberi gli apprendisti e i garzoni pel catechismo. E molti ascoltavano l'invito. Presso all'Oratorio, a Valdocco, vi erano alcune povere case, raccolte attorno a un rustico cortilone. Le donne s'indugiavano sui ballatoi interni a cucire, a fare quattro chiacchiere fra buone vicine.
Compariva Don Bosco:
- Olà, donne, avete figliuoli da vendere ?
- Oh, Don Bosco! Non sono merce da negozio i nostri figli...
- Pel Signore, pel Signore.
- Abbiamo capito: sì, li manderemo all'Oratorio. -
E Don Bosco se ne partiva contento per quella promessa caduta dal balcone come una manna dal cielo.
Non di rado il Servo di Dio riceveva sgarbi, rispostacce, affronti da certi giovinastri piazzatoli. Non si spaventava per questo; non volgeva le spalle. Soffriva, ritornava alla carica, due, tre, quattro volte, fino a battaglia finita, che segnava sovente una strepitosa vittoria.
E così l'Oratorio si riempiva. Specialmente alla domenica, nel pomeriggio, il concorso dei giovani era imponente. Il cortile gremito; in chiesa, pigiati come acciughe.
Bisognò aumentare il numero dei catechis†i, sdoppiare le classi.
Don Bosco invitava per fare il catechismo anche persone molto ragguardevoli, amici della sua Opera, ai quali affidava i più grandicelli. Il conte Carlo Cays, il marchese Frassati, del patriziato torinese, furono sempre di grande aiuto a Don Bosco nell'opera dei catechismi; il loro nome è rimasto col nome di altri laici ed ecclesiastici illustri, in benedizione presso i figli di Don Bosco.
Il catechismo si faceva in cappella, in sagrestia, nelle stanze attigue, in cortile, nell'orto davanti alla casa. Don Bosco, che si riserbava i più discoli, andava a sedersi in mezzo al campo, dove ora sorge il Santuario di Maria Ausiliatrice e là insegnava...
In quaresima il catechismo all'Oratorio si faceva ogni giorno. Per comodità degli apprendisti delle officine e dei commessi di negozio si teneva una lezione dalla mezza a un'ora, di ogni pomeriggio.
I risultati ottenuti, con un crescendo confortante, furono di grande stimolo per Don Bosco, allora solo e senza mezzi, a continuare nella sua santa impresa. Chi conosce l'opera degli oratori festivi, come si è radicata e sviluppata anche solo in Torino, chi considera come l'esempio di Don Bosco sia poi s†ato seguito ovunque con grandissimi vantaggi per la preparazione religiosa e morale dei giovanetti, può dire se il Ven. Servo di Dio abbia indovinato a gettare come pietra fondamentale del suo edificio il piccolo libro d'oro della sua fanciullezza, il libro santo che contiene la dottrina di Gesù: il catechismo.
I Cooperatori di Don Bosco possono gloriarsi di un tanto maestro. Chi non vorrà seguirlo ?
(1) LEMOYNE. Memorie Biografiche.'
« È molto più facile trovare un predicatore dalla parola facile ed affascinante, che non un catechista il quale sappia lodevolmente assolvere il suo compito.
« Chi dunque ha avuto dalla natura svegliatezza d'ingegno e facilità di eloquio, non dimentichi che non potrà mai insegnare con frutto la dottrina cristiana ai fanciulli ed al popolo, senza avervi premesso un lungo studio ed una seria preparazione.
« Si troverebbe in errore chi credesse di trattare questo argomento alla leggera per l'imperizia ed ottusità d'ingegno dell'uditorio : per contrario, quanto l'uditorio è più rozzo ed ignorante, tanto più è necessario uno studio particolare per abbassarsi alla sua capacità e rendere intelligibili quelle altissime verità che tanto agli ignoranti, come ai sapienti, sono assolutamente necessarie per conseguire l'eterna beatitudine ».
(Da una lettera del Card. Prefetto della S. Congregazione dei Seminari).
Il Santo Padre ha disposto che ogni anno, in tutto il mondo cattolico abbia luogo una speciale Giornata Missionaria per un maggiore incremento alla Pontificia Opera della Propagazione della Fede tanto cara al suo cuore paterno.
Il Card. Van Rossum, Prefet†o della S. Congregazione « De Propaganda Fide », così la raccomanda.
La Giornata Missionaria, che il Santo Padre Pio XI ha stabilito per tutto il mondo cattolico nella penultima Domenica di Ottobre, è quanto di più provvidenziale poteva disporre la Santa Sede, per intensificare quel movimento che la Pontificia Opera della Propagazione della Fede va svolgendo da un capo all'altro dell'Italia.
Non si poteva infatti preparar meglio gli animi dei fedeli alla Festa di Cristo Re, che chiamando a raccolta i cattolici tutti perchè cooperino più efficacemente alla conversione degli infedeli nel momento in cui le Missioni ne hanno maggiore bisogno.
È la vera festa della apostolicità, la grande giornata della Cattolicità; perchè la Chiesa è Madre di tutti, per tutti i tempi,
in tutti i Paesi fino agli estremi confini del mondo.
Nessuno deve restare indifferente ma tutti devono essere servi della prima ora, sicuri che nessun lavoro sarà così abbondantemente retribuito come questo che ha per iscopo di portar dentro al Regno di Cristo tutte le anime dal Suo sangue redente.
A far parte di questa nobile gara come saranno primi gli Eccellentissimi Vescovi, i Pastori d'anime, i Direttori Diocesani, così non saranno ultimi i Seminari, le Associazioni Cattoliche, le Confraternite e Congregazioni, tutti gli Istituti pubblici e privati, perchè dalla più grande opera di fede e di civiltà nessuno deve restare assente.
Primo e principale impegno sia quello di pregare il Signore della messe, offrendo a questo scopo specialmente la Santa Comunione; si promuovano quindi le iscrizioni alla Pontificia Opera, in maniera che sia questa la tessera migliore in mano dei veri cattolici; finalmente si raccolgano con ogni miglior modo abbondanti e generose le offerte che tutte dovranno essere trasmesse alla Pontificia Opera della Propagazione della Fede, che il Papa ha dichiarato: «L'Organo della stessa Apostolica Sede per la raccolta da tutte le parti del mondo delle offerte dei fedeli e la distribuzione di esse a tutte le Missioni Cattoliche ».
NORME PRATICHE per la "Giornata Missionaria".
1) La « Giornata Missionaria » è stata ordinata dal Santo Padre per un più efficace impulso alla Pontificia Opera della Propagazione della Fede; essa deve avere luogo ogni anno e in tutto il mondo cattolico nella penultima Domenica di Ottobre, che in quest'anno ricorre nel giorno 23 di detto mese.
2) E obbligatoria per tutte le Diocesi, Parrocchie ed Istituti ; pertanto i sacerdoti e i religiosi tutti si facciano premura di prepararla convenientemente, dando importanza soprattutto alla predicazione ed alla preghiera privata e pubblica.
3) Durante la giornata si promuovano le iscrizioni all'Opera o in forma di Soci Ordinari (L. 2,6o all'anno), o di Soci Speciali (L. 26 all'anno), o di Soci perpetui (L. 2oo per una volta tanto), o di suffragio per le anime purganti (L. 1oo per una volta tanto).
4) Si raccolgano offerte durante la celebrazione delle Sante Messe, Prediche e a mezzo di appositi incaricati alle porte delle chiese e in altri luoghi adatti. Tali offerte vanno esclusivamente a favore della « Propagazione della Fede ».
Pertanto i RR. Parroci, Rettori di chiese, Capi di istituti, ecc. favoriranno spedirle subito o al Direttore Diocesano, il quale ce le trasmetterà poi con cortese sollecitudine, o, direttamente, a questo Ufficio Centrale in Roma, che ne farà l'elenco in omaggio al Santo Padre.
5) La « Giornata della Propagazione della Fede » non sopprime le altre feste missionarie diocesane e parrocchiali, e deve essere una affermazione mondiale di fede e di cristiana carità.
6) La Presidenza della Pontificia Opera farà pervenire in tempo utile il materiale di propaganda agli interessati, perchè essi se ne valgano per eccitare lo zelo dei cattolici a pregare molto e a dare generosamente l'obolo della carità per la conversione degli infedeli.
7) Un'apposita cartolina a stampa, unita ai fogli di propaganda dell'Opera, dovrà essere riempita da ogni Parroco, Rettore di chiesa e Superiore di istituto e spedita all'Ufficio Centrale della Propagazione della Fede: Roma - Piazza Mignanelli, 22; perchè si possa fare un resoconto del contributo morale e finanziario che l'Italia ha dato nella «Giornata ».
Convegno salesiano a Torino-Valsalice.
Nei giorni 27, 28, 29 agosto si tenne a Valsalice presso la tomba del Ven. Don Bosco un interessante Convegno di 13o direttori dei principali Oratori Salesiani d'Europa sotto la presidenza del Superiore Generale don Filippo Rinaldi.
Parteciparono al riuscitissimo Congresso i membri del Capitolo Superiore, parecchi Ispettori salesiani e S. Ecc. Rev.ma Monsignor Ernesto Coppo, Vicario Apostolico del Kimberley (Australia), il quale non solo onorò con la sua presenza tutte le riunioni, ma vi portò un prezioso contributo di esperienza prendendo viva parte alle interessanti discussioni.
L'Oratorio Festivo Salesiano di Don Bosco, istituito per la gioventù, sia studiosa che operaia, sia dei piccoli che dei grandi centri, vi fu trattato in tutta l'ampiezza del proprio programma, con le svariate compagnie religiose e circoli, con le scuole di musica, il teatro, lo sport, ecc., con le Unioni dei padri di famiglia e degli ex allievi, con i comitati di patronato e simili.
Ormai non si dà più Oratorio Festivo Salesiano che non sia anche quotidiano, con il dopo-scuola, il dopo-officina e gradatamente, a seconda dei luoghi, con tutte le suddette organizzazioni; in modo che esso sia in grado di provvedere largamente all'istruzione e alla formazione cristiana della gioventù che lo frequenta fino negli anni più maturi. È un vero poema di opere che specialmente in certi quartieri operai delle grandi città può esercitare una missione altamente provvidenziale.
Da Torino, che conta ben sette Oratori festivi di Don Bosco, a Madrid, ove ve ne sono due, uno con due mila giovani e l'altro con ottocento, a Siviglia, Barcellona, Lisbona, Marsiglia, Parigi, Londra, Liegi, Cracovia, Varsavia, Monaco di Baviera, Vienna, Budapest, ecc., è †utta una magnifica rete di queste apostoliche e simpatiche oasi ove la gioventù si affolla giocondamente e vi trova salvamento.
Il Ven. Don Bosco iniziò l'opera sua con l'Oratorio festivo; Don Bosco e i suoi successori vollero numerosi, fiorenti gli Oratori festivi. E perchè? Perchè, come soleva ripetere il Ven. Don Bosco, gli Oratori sono il mezzo più potente per la rigenerazione d'una città e d'un paese; perchè, come ebbe ad affermare un suo Cooperatore gli Oratori festivi sono vivai dove i virgulti si raddrizzano e teneramente frondeggiano, sono luoghi di palestra fisica e morale e di virtù, ove armonizzano l'altare e la ginnastica, la pietà e l'allegria, la devozione e la forza muscolare.
I Cooperatori, le Cooperatrici di Don Bosco non mancheranno di appoggiare e sostenere quest'opera così provvidenziale e così cara al cuore del Venerabile Fondatore e de' suoi Successori.
CASSETTA-CAPPELLA a cui si apporrà in una larga il nome della persona o delle persone offerenti.
Cassetta in legno con Tabernacolo L. 350 Piviale e velo omerale . » 26o 2 pianete a doppio indritto e stola » 300 Camice, cingolo e rocchetto » 653 tovaglie di tela lino » 30 Piccola biancheria per la S. Messa » 25 Pietra sacra » 20 Calice coppa d'argento » 90 Pisside e teca pel SS. Sacramento » 67 Raggio per la Benedizione » 70 Turibolo e navicella » 75 Vasetto per Olio Santo » 33 Crocifisso, candellieri, ampolline » 20 Aspersorio, scatola ostie, cartegloria » 25 Messalino e porta messale » 50
Lampadina e campanello » 2o
To†ale L. 1500
Nel prossimo Novembre, negli ampi e moderni locali appositamente costruiti, sarà aperta in Cumiana (Torino) una Scuola Agricola Missionaria destinata ad educare e formare missionari agricoltori salesiani. I giovani che, mossi da santa vocazione, saranno accolti nella nuova Scuola, apprenderanno i precetti della moderna agronomia, con tutte quelle esercitazioni pratiche che dovranno guidarli un giorno ad applicare colla dovuta precisione e ad insegnare agli altri le norme della teoria, piegandole con opportuno adattamento alle diverse circostanze ambientali delle Missioni. Saranno così nobilmente associati al sacerdote missionario nell'opera dell'evangelizzazione, compiendo accanto a lui un efficacissimo e prezioro apostolato di bene. Possono essere accolti gratuitamente giovani dai 14 ai 35 anni.
Le domande devono essere indirizzate al Rev.mo Signor Don Filippo Rinaldi, Superiore Generale dei Salesiani, via Cottolengo, 32 - Torino (109).
È fatta viva raccomandazione e preghiera ai Rev.mi Sig.ri Parroci d'indirizzare sollecitamente a detta Scuola quei giovani che manifestassero desiderio di consacrarsi alle Missioni, lavorando come maestri agricoltori.
NB. - Per i giovani invece che desiderassero di frequentare i corsi di agricoltura per dedicarsi in seguito alla direzione dei propri interessi familiari, raccomandiamo le Scuole Agricole di Lombriasco e Canelli, quest'ultima con particolare indirizzo vinicolo.
Centenario d'una data memoranda.
Il 2 settembre 1827 il Beato Giuseppe Cottolengo, mentre pregava all'altare della »Santa Madonna», nella Chiesa del Corpus Domini di Torino, ebbe la prodigiosa ispirazione di fondare quella che egli volle chiamare la « Piccola Casa della Divina Provvidenza ». Il 17 gennaio 1828 apriva il primo ricovero.
A commemorare il centenario della prima di queste date si celebrarono in Torino grandiose funzioni religiose, chiuse nel pomeriggio della domenica 4 settembre, con un imponentissimo corteo al quale parteciparono l'Em. Cardinal Arcivescovo, il Podestà e il R. Prefetto di Torino, le autorità religiose, civili e militari, tutte le istituzioni cittadine, una massa fittissima di popolo.
Il Corteo partiva dalla Chiesa del Miracolo (Corpus Domini) e recavasi alla « Piccola Casa della Divina Provvidenza » di via Cottolengo, a rendere omaggio al Beato Fondatore, nel luogo stesso in cui Egli, divinamente ispirato e sorretto, dava vita a quella meravigliosa opera di carità che ben può dirsi un miracolo permanente della Divina Provvidenza.
L'Opera del Beato Cottolengo è uno stupendo poema di cari†à. La sola casa madre di Torino conta oltre ottomila ricoverati, la più parte infermi e sventurati.
La « Piccola Casa della Provvidenza » fu definita la grande Casa del dolore, il più grande Museo di miserie umane. Proprio così.
Su tante migliaia d'infelici e sofferenti scende ogni giorno, ogni ora, il conforto della carità di Cristo, il medico divino, venuto per sanare e consolare, presente nei suoi ministri e ne' suoi servi che tutta la loro vita hanno consacrata all'ineffabile ministero della cristiana carità.
Una Congregazione di preti, detta della SS.ma Trinità, i fratelli Vincenzini, i quali indossano pure la talare, i fratelli di S. Antonio e 6 Congregazioni di Suore di vita attiva: le Vincenzine, le Martane, le Pastorelle, le Suore di Maria, le Crocine e le Eliane, tutte con rispettiva regola, abito e programma di opere di carità illuminata e santificata dalla fede, lavorano e pregano nella Piccola Casa, guidati dallo Spirito del loro grande fondatore.
Ciò che più fa meraviglia e forse non è a tutti noto, è un'altra categoria di anime elette che tendono alla più alta perfezione, voglio dire le sette Congregazioni di Suore claustrali, principalmente di vita contemplativa che con alto intuito di fede il Beato Cottolengo volle nel suo magnifico poema, quali canti più belli e più divini: le Suore Suffragine, per il Purgatorio; le Figlie della Pietà, in omaggio alla Passione e Morte di Gesù e a Maria Addolorata; le Carmelitane Scalze; le Taidine Penitenti; le Suore del S. Cuore di Maria, sordomute, che nella loro amata clausura fra l'altro attendono a confezionare lini e paramenti sacri, teche per reliquie, ecc.; le suore del Sacro Cuore di Gesù, che si succedono giorno e notte a pregare il S, Cuore per ottenere il buono spirito in tutti quelli che lavorano nella « Piccola Casa » e infine le Suore Adoratrici Perpetue.
Quale omaggio più grandioso dì fede e di pietà di questa stupenda Opera del Beato Cottolengo potrebbe presentarsi a Dio per ottenere le sue grazie sulla povera umanità? Non è a meravigliare quindi, se la Divina Provvidenza non manca mai all'Opera del Beato Cottolengo.
La Piccola Casa della Divina Provvidenza, l'immensa famiglia dei beneficati del Beato Cottolengo, ha vissuto, con Torino festante nell'entusiasmo più schietto, le solenni giornate della celebrazione centenaria del giorno che segnò l'inizio della grande Opera di beneficenza e di carità.
Noi pure, figli di Don Bosco, memori dell'alta stima, dell'affetto e della venerazione che il Venerabile nostro Fondatore ebbe sempre per il Beato Cottolengo, suo vicino di casa, cui prestò l'opera sua da giovane sacerdote, ci unimmo esultanti, con cuore fraterno, nella solenne celebrazione, che fu soprattutto la festa della carità.
Un telegramma da Manaos (Brasile) del Prefetto Apostolico del Rio Negro, Monsignor Massa, il 21 agosto ci annunziava la morte avvenuta in Barcellos del venerando Don Balzola, l'intrepido missionario del Matto Grosso, l'evangelizzatore, il Padre dei Bororos.
Con Don Balzola scompare una delle figure più spiccatamente apostoliche delle missioni, il vero campione della foresta.
In attesa di ulteriori notizie, ci prepariamo a dire nei prossimi numeri più a lungo di lui e dell'opera sua. Per ora ricordiamo che fin dal 1894 Don Balzola era già lavoratore indefesso nella missione salesiana del Matto Grosso (Brasile) ove fece prodigi di zelo apostolico, affrontando difficoltà e pericoli d'ogni genere per l'evangelizzazione degli, indi Bororos. Dal Matto Grosso passava poi alla missione del Rio Negro (Amazzonas), ove lavorò eroicamente, sfidando climi micidiali e disagi senza nome.
È morto sul campo delle sue fatiche, con le braccia cariche di manipoli, lasciando un grande vuoto in quella difficile missione, di cui egli era validissimo sostegno.
Don Balzola era entra†o tra i figli di Don Bosco come allievo dell'Opera « Maria Ausiliatrice » istituita dal Venerabile stesso per le vocazioni tardive, opera che da più di 50 anni, sia in Italia che all'estero, ha dato e continua a dare eccellentissimi frutti.
La morte di Don Balzola non addolora solamente la pia Società Salesiana a cui apparteneva, ma quanti conobbero da vicino il pio e forte Missionario o ne seguirono da lontano le fatiche, i disagi, le intrepidezze, la tenacia nell'evangelizzare cristianamente e nel civilizzare italianamente lo sconfinato altipiano del Brasile. Degno figlio di Don Bosco, non conobbe che la via del dovere abbracciato con uno slancio indicibile, e si sacrificò fino all'ultimo, trascinando seco nell'invitto apostolato non pochi confratelli che lo imitarono e lo imitano tuttora nel modo più degno in quella lontana plaga.
La memoria di lui ci trovi tutti uniti non solo nel compianto ma anche e specialmente nel suffragio.
Tarcisio Bini.
I Dottori Giuseppe Ortolani e Luigi Cappucci hanno rilasciato da loro sottoscritta (Lugo, 17 giugno 1927) la seguente dichiarazione:
« A richiesta della Famiglia Bini dichiariamo che: TARCISIO BINI di Roberto e di Bosio Maria, di anni 7, dal 29 marzo alla metà di maggio del c. a. f u affetto da grave peritonite, ribelle ad intervento operatorio e risoltasi poi in occlusione intestinale cronica tanto da ridurre il piccolo paziente in condizioni gravissime, come emerse dai vari consulti medici con il Dottor Venturi sig. Renzo da Cotignola, e con il Primario chirurgo del locale Ospedale Civile Prof. Rossi sig. Aurelio.
Dichiariamo inoltre che il giorno 20 aprile c. a., quantunque il Primario chirurgo sopra detto riconoscesse grave lo stato del bambino e quindi non lasciasse sperare in un intervento operatorio, fu sottoposto ad intervento laparatomico. Dopo di che - con meraviglia di tutti - il bambino incominciava a migliorare tanto da ritornare, in men che si dice, allo stato perfetto di salute. In fede
Dott. GIUSEPPE ORTOLANI Dott. LUIGI CAPPUCCI.
Il padre del piccolo graziato ci dà i seguenti particolari:
« Mio figlio Tarcisio, d'anni sette, improvvisamente s'ammalò. Parve da prima, a giudizio del sanitario chiamato a visitarlo, che si trattasse di cosa leggera. Invece purtroppo la malattia si fece rapidamente grave a tal punto da impensierire seriamente coi genitori i quattro medici curanti chiamati a consulto.
Dal 29 marzo a tutta la metà di maggio il piccolo infermo soffrì dolori tremendi per occlusione intestinale cronica aggravata da peritonite ribelle a qualsiasi intervento operatorio.
Lo strazio del piccino è impossibile dirlo. Solo la reliquia del Venerabile Don Bosco postagli in dosso dalle buone Suore Salesiane poteva calmarlo nei momenti più atroci. Le invocazioni a D. Bosco e a Domenico Savio furono il costante grido del piccino durante tutta la malattia.
Spedito ormai dai medici curanti, noi raddoppiammo le preghiere e la fede in Don Bosco, specialmente la notte dal Sabato Santo alla Domenica di Risurrezione. E fu precisamente questa gran fede nostra che strappò a Don Bosco la sospirata grazia. Il medico curante Dottor Cappucci riusciva a determinare il primario dell'Ospedale Civile di Lugo, Professor Rossi, ad intervenire per tentare un'ultima prova su quel corpicino così martoriato. Con un filo di speranza umana ci risolvemmo alla operazione; non mancò però mai in noi la fede nell'intervento divino, per intercessione dei protettori nostri. Infatti il 20 aprile Tarcisio veniva sottoposto felicemente ad intervento laparatomico. In breve migliorava e veniva quindi restituito alla nostra casa, dove si preparava, in rendimento di grazie, alla Prima Comunione. La mattina del 24 maggio 1927 la chiesa delle Figlie di Maria Ausiliatrice accolse festante il nostro figliuoletto che ai piedi della Madonna di Don Bosco, assistito dalle sue Suore e da noi, riceveva per la prima volta il Pane degli Angeli con angelico trasporto «.
(1) Nel parlar del V. D. Bosco, intendiamo sempre protestare solennemente che non vogliano contravvenire in nessun modo alle disposizioni pontificie in proposito, non volendo dare ad alcun fatto un'autorità superiore a quella che merita una semplice testimonianza umana, ne prevenire il giudizio della Chiesa, della quale - sull'esempio di D. Bosco - ci gloriamo d'essere ubbidienti figli.
1921 - 9 ottobre - 1927
Il nome di Don Albera è inseparabile da quelli di Don Bosco e di Don Rua. L'universale sentimento di amore, di venerazione per la sua santità, che trovò la più poderosa espressione nella imponentissima, indimenticabile apoteosi dei funerali di questo Padre buono, mite, sorridente, vera immagine della bontà del Fondatore - è stato, si può dire, la proclamazione ufficiale che la Provvidenza fece di questo sacro trinomio onde la Società Salesiana ebbe origine, perfezionamento e compimento.
Trinomio santo, indissolubile, che l'attuale Rettor Maggiore, il rev.mo Sig. Don Filippo Rinaldi, incideva, il 4 novembre 1921, nella sua qualità di Prefetto Generale, su la lettera mortuaria di Don Albera, con queste scultorie parole:
... Don Rua e Don Albera non devono essere considerati come semplici successori di Don Bosco, ma come i continuatori della sua vita, la quale in loro prosegue e si svolge e giunge fino al suo compimento; e per questo reca conforto al nostro cuore di figli il pensare che Don Albera riposa accanto a Don Rua nella stessa tomba eretta per Don Bosco nel santo ritiro di Valsalice...
Sempre mirabile, la Provvidenza Divina, nell'istituzione delle sue Opere! Sessantotto anni fa, in una giornata d'autunno, un prete di 43 anni e un chierico di 21 incontrano in un paesello del Piemonte un ragazzo tredicenne. Il prete rimane colpito dalle sue fattezze delicate, dalla sua aria dolce e serena, dallo sguardo limpido e vivo, che rivelava purezza angelica e intelligenza non comune... E dopo avergli parlato, com'egli solo sapeva fare, dice al chierico:
- Prenditi questo mio caro amico, e dà gli un po' di esame.
Il prete era Don Bosco, l'Apostolo nato, e, da oltre diciassette anni, anche effettivo, della gioventù; il chierico era Rua Michele, che la Provvidenza aveva donato a Don Bosco, perchè fosse dapprima il suo braccio destro, e poi la mente regolatrice della sua istituzione; il ragazzo era Paolino Albera, che in quel giorno la Provvidenza donava a Don Bosco - per mezzo del Parroco di None, Don Abrate, che gli aveva detto nel presentarglielo: - Prendilo con te! - perchè lo crescesse puro, mite e soave così da diventare poi il cuore dell'Opera sua nel periodo più burrascoso e terribile che doveva attraversare.
In tal guisa, nel paesello di None, la Provvidenza additava a Don Bosco il cuore che avrebbe ripetuto fino all'ultimo palpito ai suoi figli: - Imitiamo Don Bosco! Facciamolo rivivere in noi! È questo l'unico vero monumento che possiamo erigergli!
E quando Don Albera insisterà in tal modo colla voce della paternità, in lui palpiterà realmente il cuore di Don Bosco.!
Da quel provvidenziale incontro, Paolino Albera seguì animosamente Don Bosco e visse nella sua intimità, prediletto tanto che avrebbe potuto far sue le parole dell'Evangelista: - il discepolo che Don Bosco amava! -
Tre anni appresso, nell'occasione di un ritratto, Don Bosco volle che il giovinetto Albera appoggiasse la fronte alla sua, quasi per lasciar intravedere una più intima unione di mente e di cuore con quel giovinetto dodicenne, destinato a trasmetterne i raggi e i palpiti ai figli che Dio gli avrebbe mandati da tutti i punti della terra, negli anni in cui la sua Società, superata la prova del fuoco, sarebbe apparsa nel pieno rigoglio della sua vitalità.
Quel ritratto era una precoce rivelazione, ed ora è per noi un simbolo eloquente. Non sono solo due fronti che si toccano, ma due cuori che si amano, due anime che si sono comprese. E questa intimità continuò e crebbe fino alla morte del santo Fondatore: intimità meravigliosa che non conosceva distanza e che non fu sminuita dalle diuturne separazioni a Borgo S. Martino, a Sampierdarena e in Francia, dove anzi essa fece apparire alle genti Don Albera qual egli era realmente: le petit Don Bosco!
Per tale incessante intimità il cuore di Don Albera si era per così dire trasformato in quello di Don Bosco; e questi dal canto suo continuava a prediligerlo, cosicchè sul letto di morte lo chiamava sovente, lagnandosi di non vederselo accanto!
***
Dopo la morte di Don Bosco, Don Albera fu l'aiuto e il fido consigliere di Don Rua; e questi volle che in nome suo visitasse tutte le Case della Congregazione, preparandole in tal modo un Padre che avrebbe potuto dire di conoscerla palmo a palmo e di aver visto tutti i suoi figli, mirabile esercito accampato in ogni plaga della terra... Egli visitò quasi tutte le Case Salesiane d'Europa e d'Africa; e dal 1900 al 1903 quelle d'America. E passò per tutte le case, non risparmiando fatiche, stenti, lunghi digiuni; affrontando pericoli di fiumi, di precipizi, di animali; attraversando giogaie, torrenti, foreste; ovunque portando l'amabilità del suo sorriso, la signorilità delle sue maniere, la freschezza del suo pensiero, la saggezza del suo consiglio, l'intuizione esatta di ogni bisogno, d'ogni rimedio; lasciando ovunque dietro di sè il profumo del suo fervore, il ricordo delle sue parole e dei suoi esempi, culminanti talora in atti d'eroismo che solo una consumata santità può produrre.
Così in Don Albera andavano avverandosi le meravigliose intuizioni che il Venerabile Don Bosco aveva avute intorno a lui. Nel sogno in cui gli fu mostrato l'avvenire della sua Società, egli vide Paolo Albera che con altri strappava in un campo di grano il loglio per abbruciarlo, ma oltre a questo portava ogni tanto una lucerna in mano, anche in pien meriggio, e nello stesso tempo traeva armonie da uno strumento. Don Bosco stesso ne diede la spiegazione: strappare il loglio significava togliere i cattivi di mezzo ai buoni, il che è l'ufficio dei Superiori; portare la lucerna era dare il buon esempio agli altri lavoratori del campo del Signore, cioè ai sacerdoti; diffondere intorno a sè dolci armonie - cosa che solo Paolo Albera faceva - era segno delle cure speciali che avrebbe usato nel guidare e incoraggiare i sacerdoti, e insieme anche dell'alta dignità a cui Dio lo destinava.
E Don Albera, nei diciotto anni che visse accanto a Don Rua nel delicato ufficio di Direttore Spirituale della Società Salesiana, fece veramente tutto questo. Eccitare, coltivare, regolare lo spirito di pietà in tutti i membri, grandi e piccoli, superiori e alunni, studenti e operai, in ogni individuo, in ogni istituto, in ogni ispettoria, in ogni nazione, colla parola viva, colle lettere private, colle circolari, era cosa che richiedeva cultura, tempo, studio, prudenza, zelo, ma soprattutto bontà inesauribile e carità immensa per saper comprendere, compatire, correggere, consolare, infiammare; colla visione chiara che, una volta che fosse stata ben provvista di energia motrice, la grande macchina dell'organizzazione salesiana avrebbe sviluppato tutta la sua potenzialità, in un movimento ritmico, cos†ante, pacato ed efficace.
Ma Don Albera doveva consolidare e perennare tutto questo grandioso programma, esplicato silenziosamente nei diciotto anni di Direttorato spirituale generale, quale successore di Don Rua. Don Bosco, 33 anni prima, con una frase che tradì il suo riserbo, lo aveva già indicato come il suo secondo successore.
Il 16 agosto del 1910, anniversario della nascita di Don Bosco, l'assemblea generale della Società Salesiana eleggeva, a primo scrutinio, Don Albera a nuovo Rettor Maggiore.
Succedere a Don Rua; succedere a D. Bosco; succedere ad ambedue, morti in fama di santità; prendere il governo di una Società religiosa, divenuta ormai mondiale, ricca di ardimentose imprese, molte delle quali appena iniziate, altre appena abbozzate, altre ancora soltanto concepite; d'una Società che non aveva altre risorse che, la fiducia nella Divina Provvidenza e in Maria Ausiliatrice, la fedele tesoriera di Don Bosco, e che non amministrava altro patrimonio che quello della pubblica carità; mettersi a capo d'una organizzazione, la cui multiforme attività doveva rispondere ai cresciuti bisogni, alle imperiose esigenze, ai nuovi indirizzi sociali del nostro tempo, era cosa che richiedeva una mente e un cuore, una virtù ed un carattere, una cultura e un coraggio, quali ben pochi posseggono, e tra questi pochi non tutti sanno mettere in azione.
Ma Don Albera, che appariva preparata per questo dalla Provvidenza, continuò, eletto Rettor Maggiore, a dirigere, come faceva già da 39 anni, i suoi confratelli e figli più coll'esempio che colla parola, recandosi di nazione in nazione, di casa in casa, e facendosi tutto a tutti con una bontà che conquideva i cuori e li infervorava alla pietà e all'azione. Mons. Olivares, nell'elogio funebre di trigesima che ne fece nella basilica di Maria Ausiliatrice, ha autorevolmente asserito e dimostrato che gli undici anni di governo di Don Albera furono tra i più fecondi di bene per la nostra Società. Fedele alla parola d'ordine di Don Bosco: ci riposeremo in Paradiso! Don Albera lavorò fino all'ultimo respiro; non voleva saperne di prendersi un po' di riposo, neppure negli ultimi mesi, quando il male, con azione lenta, e purtroppo anche visibile, lo andava inesorabilmente minando.
L'ultima sera ancora, a chi gli teneva compagnia dopo cena, parlò a lungo dei suo progetto di aprire almeno quattro altri Oratorii festivi in Torino, e della necessità di aver presto lo Studentato teologico internazionale dei Salesiani più vicino alla Casa-Madre. Infine poneva a se stesso il quesito: - Fabbricare in questi tempi?... - Però, se Dio lo vuole! se la salute delle anime lo richiede! Andiamo avanti: non siamo noi che dobbiamo fare, è Lui! « Ergo vici mundum! »
In quest'ultimo suo colloquio si rivela tutta la perfezione del suo cuore abitualmente unito a Dio, tutto l'ardore del suo zelo per la salvezza delle anime giovanili.
In lui regna sovrano solo un pensiero: il pensiero della gloria di Dio, del bene delle anime, e un abbandono totale alle amabili disposizioni della Provvidenza. Quando s'è arrivati a questo punto nell'ascesa unitiva con Dio, non resta più altro che il volo rapido e sereno dalla terra al cielo!
Questo volo, Don Albera l'ha compiuto sei anni or sono, e di lassù vedrà certo con grande letizia già quasi tutti eseguiti i progetti ch'egli vagheggiava nell'ultima sera del suo mortale pellegrinaggio!
Il ricordo filiale di Don Albera fiorirà sempre bello sul suo sepolcro, là nel romito Valsalice, dove da più tempo fiorisce rigoglioso quello di Don Bosco e di Don Rua.
La tomba di Don Albera, al lato sinistro di quella del Venerabile Don Bosco, è ora trasformata in artistica cappella, sì da potersi dire che un unico sepolcro racchiude in sè i resti mortali di quella triade benedetta che fondò, regolò e perfezionò la Società Salesiana, fino ad assicurarle una piena vitalità per l'avvenire. Nell'unico sepolcro di Valsalice sono religiosamente custoditi i tre tesori più preziosi della Società Salesiana, che un giorno risplenderanno gloriosamente dovunque la santità operosa ha un culto.
Sulle calorose accoglienze fatte al Santa Maria nelle località ove i missionari italiani attendono all'opera di apostolato, un redattore dell'Osservatore Romano ha avuto occasione di intrattenersi col colonnello De Pinedo, il quale ha detto:
« I missionari ed il clero italiano sono stati cordialissimi con me e con l'equipaggio del Santa Maria. Bisogna che io nomini a titolo di gratissimo ricordo, i salesiani. Essi svolgono specialmente nel Brasile un'opera meravigliosa, sia in mezzo alla gioventù, come in mezzo a tutta la popolazione dei nostri emigrati. Ne abbiamo riportata l'impressione più lieta perchè essi ci hanno dato la sensazione di quanto fanno in regioni ancora isolate dai grandi centri civili. Del resto in tutte le località da noi visitate abbiamo trovato in mezzo agli italiani un clero magnifico, dotato delle migliori qualità e perfettamente rispondente alle proprie mansioni di apostolato e di amore. Che dire, ad esempio, di quella chiesetta semplice costruita con l'obolo di poveri pescatori italiani, in San Diego di California, dove per merito di uno zelantissimo sacerdote fioriscono mirabili opere di pietà e di carità? Non dimenticherò mai lo spettacolo dei solenni Te Deum cantati al nostro arrivo in moltissime città. La folla che vi assisteva era inverosimile, quasi tutta italiana. Così a Montevideo, a Buenos Aires, a San Francisco e a Filadelfia, ovunque. Era edificante lo spettacolo di quei nostri fratelli uniti a noi dai vincoli della stessa Patria, della stessa Fede, pregare e invocare da Dio il buon successo della nostra impresa».
Visita del Rappresentante del Sig. Don Rinaldi.
Miyazaki, 9 luglio 1927.
Amatissimo Padre,
E prima di tutto il « grazie » riconoscente dei suoi figli lontani, che Lei nella sua paterna bontà ha voluto consolare colla visita del Suo rappresentante (e quale migliore poteva essere?) nella persona del Rev.mo Don Ricaldone. « È proprio vero che Don Bosco continua ad essere lo spirito animatore di tutta la nostra famiglia; egli continua ad essere il Direttore di tutto, non solo il Padre lontano, ma l'autore di tutto, sempre presente, sempre operante nell'immutata efficacia dei suoi indirizzi, nella meditazione dei suoi esempi ». E queste solenni parole del grande Pontefice delle Missioni, le sentivo risuonarmi all'orecchio quando accompagnavo il suo inviato, e ne toccavo con mano la verità, e nelle lunghe ore di viaggio sognando, mi pareva, di vedere elevarsi più maestosa anche dal remoto Oriente l'amabile figura del nostro Padre Don Bosco, abbracciante nel suo gran cuore tutta questa fiorente gioventù, che incomincia a cantare anch'essa
D. Bosco, D. Bosco! E un canto infinito Che udranno del mondo le mille città!
Non le sembri esagerazione o fantasticheria! Tutti, per questa visita da Lei voluta, abbiamo rivissuto Don Bosco, che era presente, operante nell'immutata efficacia dei suoi indirizzi, nelle molteplici riunioni tenute; era presente nella meditazione dei suoi esempi con la muta dei nostri annuali esercizi; era presente nel rinnovato proposito di lavorare secondo lo spirito della nostra famiglia coll'osservanza esatta delle nostre regole; era presente nello spirito di allegra familiarità nel rivedere il Sig. Don Ricaldone, il nostro caro Ispettore, nel trovarci per un po' di tempo tutti riuniti di nuovo a Miyazaki; nel rivivere per mezzo delle notizie d'Italia coi Superiori, cogli allievi, cogli amici lontani. Gioie purissime, inondanti le anime nostre ed eccitanti ad un migliore lavoro, ad un più coordinato sistema di sforzi, che fanno preludere all'impostazione granitica dell'opera nostra in questa grande e davvero caratteristica nazione.
E sentivamo Don Bosco finalmente nei suoi ricordi, amatissimo Padre, nei suoi eccitamenti, nella preghiera del Pater che più devotamente reciteremo. «Oh sia santificato il tuo nome, o Signore, anche nel Giappone. Venga il tuo regno, o Signore, in queste care anime! ».
***
Ed in secondo luogo che dirle? Brevi notizie di cronaca, che vorrei sapere vivificare, come le opere di ciascuno dei nostri cari confratelli; come erano sentite le espressioni di quanti, cristiani o pagani, parteciparono alla nostra gioia.
Don Ricaldone era atteso. Grandi e piccoli al suo arrivo parlarono della nostra religione, di Don Bosco e delle sue opere. Sbarcato a Kobe, e ospitato cordialmente dai Padri delle Missioni estere di Parigi, che gli procurarono la gradita conoscenza di Mons. Castanier, Vescovo di Osaka, proseguì il viaggio direttamente a Tokio, accolto dalla paterna bontà di S. E. Mons. Giardini, Delegato apostolico, che volle ospite il nostro superiore nella sua sede. La breve permanenza alla Capitale servì al nostro Don Ricaldone a contrarre preziose conoscenze, a far visita ai più importanti istituti, o scuole dello Stato o tenute da Congregazioni religiose, fra cui l'importante istituto « Stella del mattino » dei Frat. Marianisti. E nel ricevimento alla nostra R. Amba sciata, e nella visita al Ven. Arcivescovo di Tokio e dovunque il nostro superiore, nel nome di Don Bosco, trovava porte spalancate, facce sorridenti e desiderose di conoscere Don Bosco, e che formulavano i più fervidi auguri di prosperità dell'opera sua in Giappone. Oh davvero che noi viviamo della rendita del nostro gran Padre! Oh davvero che anche in queste lontane regioni Don Bosco è sempre presente, sempre operante, sempre elevando colla gloria del suo nome i poveri suoi figli.
Don Ricaldone nel vedere tutto questo e nel contemplare coi proprii occhi le bellezze naturali, la prosperità, il febbrile lavoro, l'organizzazione mirabile di questa nazione in ogni ramo di moderna attività sociale, e il movimento consolante verso il Cattolicismo che nettamente viene svolgendosi, era entusiasta e veniva sempre più chiara delineandosi alla mente di tutti la possibilità dell'esplicazione del programma integrale di Don Bosco nel Giappone.
Ma il cuore del suo rappresentante era rivolto ai suoi fratelli del Kiushu, che con non minore ansia d'affetto l'attendevano. La sua parola d'ordine, o amato Padre, era stata: «il mio rappresentante vi veda al lavoro », e tutti, obbedendo a questo suo desiderio, si misero all'opera. Era il lavoro di pochi mesi; era un complesso di assaggi in ogni senso per fondare ambiente, costumi, persone; erano tentativi in piccolo, mi lasci dire così « analisi di laboratorio», sorgenti da circostanze, da idee e più che altro dall'abbandono filiale in quella Provvidenza che in forme diversissime ci ha condotti fino al momento attuale. E questo lavoro per le mani del suo rappresentante, noi presentiamo a Lei, affinchè alla sua volta Lei presentandolo all'Ausiliatrice nostra Madre, ci ottenga quegli aiuti materiali e spirituali di cui abbiamo urgente bisogno.
Qui la penna vorrebbe dirle tutta l'attività di lavoro dei singoli confratelli, dei cristiani, dei pagani stessi con cui si è in relazione, che moltiplicarono la loro buona volontà e la concretarono in opere, che potessero dare al Superiore un'idea meno inadeguata della possibilità delle nostre istituzioni. Il cuore specialmente vorrebbe dirle la consolazione da cui fu inondato nel rivedere il rappresentante del Rettor Maggiore.
Fra i molti momenti inesprimibili della vita, metta pure anche questo. Don Tanguy e Don Piacenza vennero a incontrarci a Moji. Saliti in treno, dimenticando la stanchezza del viaggio, era un vero fuoco di fila di domande, di notizie attese ansiosamente. A mezzanotte eravamo a Nakatsu. O Gesù, tu sai le soavi dolcezze della buona notte udita nella piccola cappella. Tu conosci la preghiera ardente di noi tutti, in quella notte in cui uniti a te offrivamo noi stessi e le anime a noi affidate.
All'indomani, domenica, i pochi cristiani si riuniscono nella cappella; con loro buon numero di pagani, specialmente fanciulli (oltre una quarantina), piccola schiera dell'incipiente oratorio, che qui come a Oita, come a Miyazaki, viene formandosi. Giuochi, canti, gruppi fotografici ci fanno vivere nel mondo proprio dei Salesiani. La visita alla Scuola elementare e quella alla trappa, gentilmente accoltivi dal Superiore P. Gérard; una riunione dei Padri Missionari delle Missioni di Parigi più vicini alla nostra missione per dire loro ancora il grazie riconoscente dei poveri figli di D. Bosco, pone fine alle indimenticabili giornate.
Viene la volta di Oita. I pochi cristiani e i molti pagani amici dell'opera nostra ricevettero Don Ricaldone con canti, suoni, luminarie, e in una ben riuscita accademia in uno di quei giorni vollero dirgli in prosa, in versi, in canti, in danze, tutta la riconoscenza che sentivano per il lavoro già compiuto dai figli di D. Bosco. I già numerosi giovani (in massima parte pagani) vollero preparargli una piccola esposizione dei loro lavori di scuola e di casa, e perfino gli fecero gustare una riuscita gara catechistica. Ma ciò che colmò di gioia il cuore del suo rappresentante fu il battesimo dato ad otto pagani. Oh! come avrà gioito dal cielo il grande Apostolo del Giappone, S. Francesco Saverio, nel vedere proprio in questa città così cara al suo cuore, perpetuarsi pel lavoro dei figli di Don Bosco l'opera di redenzione delle anime.
La visita alle autorità civili, alle principali istituzioni scolastico-educative posero fine ai giorni così ricchi di benedizione passati ad Oita.
La carovana al completo si dirige a Miyazaki. E la venuta del rappresentante di D. Bosco all'attuale centro della missione; è il ritorno dei confratelli alla casa dove hanno passato i primi tempi di vita missionaria, dove vengono a ritemprarsi l'anima con un corso dì spirituali esercizi, dove vengono ad affilare le armi per le battaglie del Signore. E la giocondità della famiglia cristiana di Miyazaki, che all'arrivo del treno, esplode nei caratteristici « banzai » di saluto, e che alla Missione parata a festa, per bocca dei fanciulli, dei padri di famiglia, dei confratelli saluta il rappresentante di D. Bosco e che ai piedi di Gesù Sacramentato, ringrazia, prega pei fratelli di fede e per la conversione delle pecorelle smarrite. Anche a Miyazaki si visitano le autorità, si ammirano le istituzioni educative, ma più si ritemprano le anime nella meditazione, nell'esame di sè, nello studio dei mezzi di coordinare il lavoro presente e futuro.
Alla domenica colla solenne festa del Sacro Cuore, i cristiani vollero anche esternamente dare bella prova della loro fede con numerose comunioni, colla consacrazione delle loro famiglie al Sacro Cuore ed un primo gruppo di fanciulli ricevette dal Signor Don Ricaldone coi formulario di Don Bosco la medaglia che li riconosceva come facienti parte della compagnia di S. Luigi. Pensavo a Don Bosco, che anche in questo modo, presente in mezzo di noi, perpetuava nell'immutata efficacia dei suoi indirizzi il bene della gioventù. A sera i fanciulli e le ragazze con rappresentazioni sceniche, con canti, con danze, con discorsetti vollero dire a Don Ricaldone la loro gioia, la loro riconoscenza. Le nenie giapponesi cantate e accompagnate dai caratteristici strumenti nazionali, s'intrecciavano alle briose e vigorose nostre canzoni italiane e dialettali. Festa di cuori, festa di gioia che venne ripetuta da noi soli nell'intimità familiare in una riunione alla vigilia della festa di San Pietro, onomastico del nostro visitatore, e prima di separarci per ritornare all'usato lavoro. Mentre il treno porta lontano i fra†elli di Nakatsu e Oita, ci dirigiamo a Kagoshima, alla terra ove approdò San Francesco Saverio, per far omaggio agli ottimi PP. Francescani e per dire loro il grazie riconoscente per l'aiuto fraterno che prestano ai figli di Don Bosco. E finalmente alla volta di Nagasaki, la terra dei martiri, la sede della Diocesi. Accolti ed ospi†ati dal cuore paterno di P. Thiry, Vicario generale, visitate le principali istituzioni cattoliche, fatti segno ovunque alle cortesi gentilezze di tante anime buone, venne l'ora della partenza. Mentre a bordo della nave davo col cuore gonfio di commozione un grande abbraccio al suo rappresentante che dicesse a Lei, amato Padre, il grazie di tutti, abbraccio in cui si concretavano aspirazioni, auguri, preghiere, in cui si fondevano coi nostri cuori quelli di tutti gli amici lontani, pensavo a Don Bosco che con la finezza inarrivabile del suo gran cuore dava l'addio ai suoi figli della prima spedizione d'America. Qui certo modalità, circostanze, condizioni diverse, ma negli effetti pratici, sempre Don Bosco presente ed operante. La nave veloce trasportava il nostro padre a Shangai per portare conforto, consiglio ai nostri travagliati confratelli. Il treno correva veloce attraverso alle fertili campagne giapponesi, ormai verdeggianti di riso, trasportando gli ultimi saluti, gli auguri, le preghiere del padre ai confratelli giapponesi. Per tutti
Suo dev.mo figlio
D. VINCENZO CIMATTI.
Aurora di civiltà cristiana.
Il primo passo.
I tentativi lunghi e laboriosi dei figli di Don Bosco per dare una base stabile alla loro Missione tra i Selvaggi del Gran Ciaco del Paraguay sono coronati finalmente dai primi successi.
Nell'impossibilità di fissare in queste sterminate pianure del Ciaco, coperte di boschi e flagellate alternativamente da siccità e da inondazioni spaventevoli, un centro fiorente di vita per le nomadi tribù, si addivenne all'acquisto di un vasto e fertile terreno sulla sponda orientale del fiume Paraguay, a 500 km. al Nord della capitale Asuncion.
Ed ecco sorgere, come per incanto, negli ultimi mesi su di un ampio spazio sottratto alla foresta vergine la modestissima sede della Missione, colla casetta per i tre primi Salesiani, quella per le tre prime Figlie di Maria Ausiliatrice, la Cappellina e la Scuola. Tutte costruzioni di... tronco di palma dei prossimi palmizi, intonacate di fango ed imbiancate di calce.
Come si vede, una vera povertà fran cescana avvolge questo primo passo dell'Opera.
Ma dintorno a tanta povertà materiale comincia ad aleggiare il primo alito di vita religiosa e civile.
Fin dai primi giorni oltre un centinaio di indigeni, vincendo, la riluttanza innata ad abbandonare il loro Ciaco natio, passarono il fiume su fragili barchette (cachiveos) per stabilirsi daccanto alla Missione. È l'avanguardia dell'esercito che verrà.
Contemporaneamente alcune. famiglie di onesti e laboriosi paraguaiai furono invitate a fissare nelle vicinanze la loro dimora, per offrire ai selvaggi come una scuola viva di vita cristiana e di lavoro agricolo. L'avvicinamento reciproco si verifica soprattutto nella comunanza della scuola per i fanciulli e più ancora nella comunanza delle pratiche religiose per tutti.
Vi contribuisce pure assai il sistema educativo di Don Bosco, col suo spirito di schietta familiarità, di dolcezza, di allegria.
L'uomo "vestito di nero".
Ma quante sono ancora le povere anime da convertire disperse nel Gran Ciaco del Paraguay?
Si può supporre la difficoltà di un censo in regioni ancora in gran parte inesplorate. Si parla di trenta, di quaranta mila: ma sono semplici congetture.
Il bisogno li spinge sovente dall'interno delle foreste verso le sponde del fiume Paraguay, dove nuclei più o meno numerosi di popolazione cristiana, impiegata nel taglio del legname o nelle fabbriche di tannino, offrono loro qualche speranza di guadagno o di limosine.
È appunto lì dove i missionari salesiani cercano il contatto nei lunghi pellegrinaggi apostolici, e con qualche regaluccio e più ancora colla dolcezza dei modi fanno la prima conquista dei loro cuori.
Quando arriva l'uomo « vestito di nero» che ha per essi un trattamento così diverso dagli altri, ordinariamente sfruttatori dell'indio, il sorriso sfiora le loro labbra; svaniscono le diffidenze e lo accoglie nel toldo come un amico, come un padre.
La casetta "Don Bosco" in Sastre.
A settecento chilometri, al nord di Asuncion, sul fiume Paraguay, vi è una fabbrica di tannino detta « Sastre », appartenente ad una Società anonima argentina.
I Salesiani vi hanno fondato una seconda base incipiente di attività missionaria, massime per la prossima tribù degli indi Guanàs o Kanaboclié.
Ne visitai lo scorso anno una per una le tolderie disseminate in riva a due riacos (fiumicelli). Ogni toldo è composto di varie famiglie legate da vincoli di parentela.
Le impressioni del primo contatto con essi furono assai promettenti.
Infatti, pochi giorni or sono, ritornando dopo un anno a questi luoghi dal lontano Uruguay, ebbi la gioia di veder
scendere l'acqua battesimale sulla fronte di tutti i membri di un toldo, dalla vecchia trisavola fino ai discendenti della terza generazione.
La solennità di San Pietro e San Paolo, che si celebrava appunto in quel giorno, mi destava durante la cerimonia il ricordo dei primi battesimi del principe degli Apostoli ed il pensiero del suo attuale Successore, Pio XI, il grande propulsore delle Missioni tra gli infedeli.
L'avvenire.
Non è facile pronosticare l'avvenire dell'Opera missionaria salesiana nel Paraguay, tanti sono gli ostacoli di ogni genere che ingombrano la via.
Ma non si tornerà indietro.
I bisogni di queste anime sono troppo urgenti e pare che la Divina Provvidenza abbia disposto di attrarle a sè sotto la bandiera di Don Bosco.
L'uomo di Dio da oltre mezzo secolo, quando ancora nessuno dei suoi figli aveva messo il piede in questo continente, aveva il pensiero e lo sguardo fisso su queste sterminate regioni.
Egli dal cielo ci conforta e con lui la Vergine Ausiliatrice, il cui dolce titolo è pure il titolo della Missione Salesiana nel Gran Ciaco del Paraguay.
Sac. RICCARDO PITTINI
Ispettore Salesiano.
Nel vortice.
Shangai, maggio 1927.
Rev.mo Signor Don Rinaldi,
Abbiamo tardato a darle notizie particolari, nella speranza che questo stato di cose fosse passeggero. Invece la burrasca, che minacciò di travolgerci, non è ancora del tutto sbollita e noi, sballottati fuori di casa nostra, continuiamo a sentirne gli effetti. Le dirà brevemente come si sono svolti i fatti, per quello che riguarda noi direttamente.
Il 21 marzo entrarono i primi soldati sudisti in città. Prima d'allora eranvi stati degli allarmi con seguito di scioperi e violente dimostrazioni in favore dei sudisti, scioperi e dimostrazioni energicamente repressi anche con le fucilazioni.
Nel pomeriggio del 21 i soldati sudisti si precipitarono in città accrescendo il subbuglio delle masse in sciopero e accese contro gl'invasori. Le dimostrazioni si ripetevano violente un po' qua e un po' là in quell'atmosfera sovraccarica di elettricità.
Noi in casa trepidavamo, aspettandoci da un momento all'altro qualche brutta sorpresa. Invece ci lasciarono indisturbati per tutta la settimana.
Il sabato, 26, il nostro Direttore ebbe l'invito, o meglio, l'ordine del signor Console di lasciare con la Comunità la città cinese e riparare in Concessione. Il nostro Superiore pregò il R. Console a permettere di condurre via con noi i nostri giovani. Ci fu concesso; anzi l'ottimo nostro Console assicurò che avrebbe provveduto per il mantenimento dei nostri ricoverati.
Intanto il Console e il Direttore si recarono a bordo della R. Nave «Libia» e col comandante fu combinato che la mattina dopo sarebbe stato inviato un rimorchiatore fino all'altezza della nostra casa per prenderci e trasportarci in Concessione.
Nel ritornare in collegio il nostro Direttore ebbe la felice idea di passare alla parrocchia che si trova in città cinese e che è tenuta dai Padri Gesuiti. Là lo attendeva un urgente e segreto messaggio del Pro Vicario il quale imponeva di ritirarci subito dal collegio poichè si stava preparando (lo si era saputo con certezza) qualche cosa di brutto contro di noi, durante la notte. Il signor Direttore ritornò di volo a casa e diede subito l'ordine di preparare ogni cosa, perchè fra un'ora al più tardi si doveva sgombrare.
I nostri giovani erano in laboratorio, quando furono avvisati di preparare in tutta fretta i loro fagotti. Sorpresi e turbati si disposero a obbedire.
Preparate le nostre poche robe, uscimmo di collegio. Per istrada eravamo fatti segno da alcuni a frizzi, invettive e a canzonature.
Tirammo dritto sopportando pazientemente quel primo tratto di calvario.
Giunti al fiume trovammo pronti tre grossi barconi ch'erano stati noleggiati per noi e un vaporino per rimorchiarli. Appena fummo a posto, prendemmo il largo, dirigendoci verso le Concessioni.
Arrivammo presso il « Libia » ch'era già notte. Lanciammo un grido nell'oscurità: « Italia! Libia! », ripetendolo, finchè non ci fu risposto dalla nave. Ci accostammmo. Il Direttore sali dal Comandante e spiegò la causa di quell'arrivo anticipato, pregandolo a voler disporre che fossimo il più presto possibile condotti a destinazione. Il Comandante, gentilissimo, mise a nostra disposizione i due camions che servivano, a terra, per i marinai.
Illuminati da uno dei riflettori del « Libia » fummo ricondotti a riva. Qui i camions ci caricarono e, celermente, ci trasportarono all'ospedale « Sacro Cuore » diretto dalle Suore Francescane di Maria. E difficile dire con quanta carità ci abbiano trattati quelle ottime religiose. Fummo nuovamente allogati. La nostra permanenza si protrasse per quindici giorni.
Il Direttore nostro nel frattempo aveva fatto una rapida visita al collegio, occupato per metà da soldati, che, a dire il vero, si dimostrarono corretti e riguardosi. Incoraggiato dal loro contegno rassicurante, il Direttore pensò bene di ritirare nuovamente i nostri giovani in collegio. Per noi confratelli fu trovato il posto presso la Casa dei Padri delle Missioni estere di Parigi.
Le cose andavano benino in collegio da parecchi giorni, quando, inaspettati, irruppero nella nostra casa altri soldati ben diversi dai primi, i quali, con prepotenza inaudita fecero man bassa su tutto. Il Direttore si oppose con tutte le sue forze contro quella furia devastatrice e riuscì a limitare il disastro.
La scena brigantesca si ripetè poco dopo, nella notte, per opera di altri soldati della stessa risma venuti a... visitarci.
Non sentendosi più al sicuro, il Direttore credette miglior partito ritirare nuovamente i giovani abbandonando il collegio. E così fu fatto. Ottenuta una piccola abitazione di 5 stanze dal Segretario della Municipalità inglese, ci raccogliemmo colà, confratelli e 35 giovani, e ci restammo parecchi giorni.
Ma la casa era troppo ristretta. Allora si pensò di affittarne un'altra più ampia, tanto più che si presentava una buona occasione. E i mezzi? Noi non eravamo in grado di pagare le spese d'affitto.
Provvide generosamente (la nostra gratitudine sarà eterna!) il Sig. Console, aumentando il sussidio mensile che già ci elargiva.
Ora ci sentiamo un po' più al largo. Abbiamo rimesso come meglio si potè, i laboratori dei sarti, falegnami e calzolai riprendendo così il lavoro forzatamente interrotto. Manchiamo però di molte cose necessarie. Pure tiriamo avanti coraggiosamente, animati dagli esempi che ci ha lasciati il nostro Ven. Padre D. Bosco, e dalla speranza di potere, quando a Dio piacerà, riprendere liberamente il passo sulla via sgombra e sicura. E la quarta tappa forzata che dobbiamo fare noi poveri pellegrinanti.
Siamo ansiosi di avere fra di noi il Visitatore straordinario Don Ricaldone, il quale presentemente si trova nel Tonchino.
Durante questo periodo così critico la Provvidenza non ci ha abbandonati: persone caritatevoli ci hanno prestato i loro aiuti materiali e morali in modo veramente ammirabile. Ricordiamo con profonda gratitudine in primo luogo il R. Console, il quale provvede mensilmente al nostro mantenimento; vengono subito dopo i Comandanti in il e in 2a del « Libia », che si sono prestati per noi e si prestano in modo superiore a ogni encomio. Maria Ausiliatrice compensi tanta bella carità!
Dopo queste poche notizie affrettate voglia gradire i nostri saluti, accompagnati dall'affetto sincero che i figli lontani sentono sempre, ma specialmente nell'ora della sofferenza, per il Padre che per loro trepida, e prega. Ci benedica. Rev.mo
Don FRANCESCO RUFFINO Missionario salesiano.
Apostoli della devozione a Maria Ausiliatrice.
È veramente ammirabile ciò che può fare un'anima accesa dalla fiamma dell'amore a Maria SS. Ausiliatrice.
Si può dire che non vi sia nè chiesa nè cappella della diocesi di Medellin (Colombia), che non abbia un altare, una statua, un quadro della miracolosa Madonna di Don Bosco, per la quale si fanno in tutti i paesi solennissime feste.
Lo strumento di cui si è servita la Vergine Santissima per estendere in modo così mirabile la sua divozione è stato uno zelante Cooperatore Salesiano, degnissimo membro del clero secolare di quella archidiocesi, il Rev.mo D. José Rosendo Lopez, che ben merita d'essere proposto all'ammirazione e all'imitazione di quanti sentono ardere nel loro cuore l'amore a Maria Ausiliatrice.
Siccome il Rev. Don Lopez risiede nel Seminario, così ne approfitta per inculcare questa divozione in tutti i seminaristi, i quali si fanno poi alla loro volta apostoli per diffonderla in tutte le parrocchie. Da una relazione, qui giunta, risulta che nell'anno 1926 si sono celebrate feste in onore di Maria Ausiliatrice in più di 40 paesi della diocesi di Medellin, feste che hanno rivestito caratteri di grande solennità. Mesi e novene predicate, comunioni generali, messe solenni, panegirici, benedizioni di nuovi stendardi, quadri e s†atue, processioni, veglie, luminarie in onore della Santissima Vergine col concorso di popolazioni in massa.
Tutto questo fa pensare a tante e segnalate grazie concesse dalla Madonna a una archidiocesi che così l'ama e l'onora.
L'esempio valga ad animare molte altre buone popolazioni dove è conosciuto il nome di Don Bosco, e gli zelanti sacerdoti che le curano, a fare altrettanto.
Il culto dell'Ausiliatrice farà fiorire le parrocchie, attirerà copiose benedizioni dal cielo sulle famiglie. L'Ausiliatrice ci ha dato Don Bosco. Il Ven. Servo di Dio c'insegna come dobbiamo onorare e amare la sua Madonna.
LE GRAZIE DI MARIA AUSILIATRICE (1)
Di nuovo, grazie, o Maria !
Alla distanza di tre mesi, pieno di riconoscenza, torno a rendere pubbliche grazie a Maria Ausiliatrice, perchè al suo benigno e invocato intervento debbo attribuire il fatto che insieme si verificassero tutte le circostanze più favorevoli all'esito ottimo di una delicata operazione chirurgica a un occhio, il quale, da dodici anni spento, è ora perfettamente restituito alla luce.
Torino - Valsalice, 19 luglio 1927.
Festa di S. Vincenzo de' Paoli.
Sac. PAOLO BARALE Salesiano.
Non si ricorre invano!
Commossa e riconoscente rendo pubbliche grazie alla Vergine Ausiliatrice per avermi fatto sentire, anche stavolta, quanto potente ed efficace sia il suo aiuto a favore di chi l'invoca con fiducia ed amore.
Nel mese di marzo fui colta da improvviso, terribile male. Visitata da vari specialisti di Catania, questi dissero trattarsi di cancro, quindi urgeva l'intervento chirurgico con esito molto dubbio.
Angosciatissima oltre ogni dire, insieme a tutta la mia diletta famiglia, mi rivolsi alla dolce Ausiliatrice ed al Ven. Don Bosco, applicando una sua reliquia sulla parte malata e promettendo di inviare offerta per le Opere e le Missioni Salesiane.
E la Vergine Santa, per intercessione del suo Servo fedele cominciò l'opera sua potente e pietosa.
Quanto fervore, quanta costanza, quante lacrime in tutta la mia diletta famiglia, quante preghiere accompagnate da numerosi sacrifici da parte di tante care orfanelle ed anime buone, per strappare la grazia alla cara Madonna di Don Bosco! E la grazia venne.
In un'ultima visita che doveva precedere la †emuta operazione, lo specialista constatò trattarsi non di cancro, bensì d'una ciste, che con poco dolore mi venne estratta. Così, dopo quindici giorni di permanenza in una casa di salute, felice potei ricongiungermi alla mia diletta famiglia, che mi aspettava, con ansia e con trepidazione.
Fu questa una vera grazia della potente Ausiliatrice, a cui tutti ci eravamo rivolti come ad unico rifugio.
Cesarò, 5-VII-1927.
SERAFINA SCARAVILLI.
Un cinesino graziato.
Il nostro terzo figlio, il piccolo Lino, di mesi sei, si ammalò gravemente. Lo si portò all'ospedale protestante della città, si consultarono i migliori medici del luogo, si usarono tutte le medicine consigliateci, ma ogni cosa fu inutile.
Era ridotto proprio agli estremi; da vari giorni . non prendeva più il latte; aveva già il pallore della morte e gli occhi stravolti.
Nel sommo ed indicibile nostro dolore, ci presentammo al nostro missionario che ci esor†ò a confidare nella potente intercessione di Maria SS. Ausiliatrice, per mezzo del suo devoto servo il Ven. Giov. Bosco.
Alle nove di sera del 4 febbraio 1927 lo portammo alla cappella, dove, davanti alla cara immagine della Madonna, domandammo umilmente la santa benedizione. Sul capo del caro Lino il missionario pose una reliquia di D. Bosco, con l'animo pieno di fiducia noi pregammo Maria Ausiliatrice ed il suo Ven. Servo.
Fu un mutamento improvviso e radicale. Il bambino, da piangere che faceva sempre, si acchetò e si assopì tutta la notte d'un sonno profondo. La dimane era già un altro; prendeva il latte come un sano, ed ogni giorno a vista d'occhio migliorava tanto, che ora, a due mesi di distanza, è più florido d'una volta.
La domenica dopo la grazia ottenuta ci accostammo ai Ss. Sacramenti, per ringraziare la cara Ausiliatrice dei Cristiani, ed oggi pubblichiamo quanto sopra onde rendere pubblica testimonianza della nostra gratitudine a Lei ed al Ven. Giovanni Bosco.
NamYung (Cian Kong-China), 6-Aprile-27.
LEONG ZEFIRINO YEONG LucIA, coniugi.
Visto: Sac. UMBERTO DALMASSO, Salesiano.
Per Lei, salva !
La mia cara nipotina Virginia Bellati fu colpita da un'infezione maligna e progressiva ad una gamba. In breve tempo l'infezione si diffuse per il corpo procurando spasimi atroci alla povera piccina.
Il medico curante ed il Professore dell'Ospedale dopo ripetute visite dissero inutile ogni cura. Alla bambina non si davano più che pochi giorni di vita.
Quale schianto in famiglia!
Ma in un buon punto mi ricordai d'essere Cooperatrice Salesiana. Incominciammo subito la Novena raccomandata da Don Bosco, promettendo un'offerta e la pubblicazione della grazia. E la mia fiducia in sì buona e potente Madre fu subito esaudita. Dopo tre giorni, all'improvviso e con meraviglia dei Dottori curanti, la piccina incominciò a star meglio. Ogni dolore era cessato ed il sorriso della buona Virginia ritornò a portare in famiglia la gioia da tanti giorni sparita, e la riconoscenza e l'amore a te, dolce Ausiliatrice.
Ora la mia cara nipotina è sana, senza alcuna conseguenza del male avuto.
Mando per ciò la mia offerta pregando la Vergine santa a volerci sempre benedire.
Chiari, 31 maggio, 1927.
ARRIGHETTI LACIA ved. SCAVINELLI Cooperatrice Salesiana.
Una famiglia consolala.
Una causa intentata da persona avversa minacciava gravemente gli interessi della mia famiglia; si doveva decidere presso la Corte di Cassazione a Roma. La parte avversaria era potente. A Maria Ausiliatrice affidai la mia buona ragione con perseveranti preghiere, e promettendo un'offerta per l'Opera salesiana e la pubblicazione della grazia sul Bollettino Salesiano. Non fui delusa: la causa riuscì pienamente favorevole; riportando la pace e la serenità nella mia famiglia. Grata a Maria Ausiliatrice, adempio la promessa e invio la prima offerta per le Opere salesiane.
Borgomanero, 2 giugno 1927.
NATALIA RICOTTI.
Ottenero pure grazie da Maria SS. Ausiliatrice e alcuni, pieni di riconoscenza, inviarono offerte per la celebrazione di Sante Messe di ringraziamento, per le Missioni Salesiane, o per altre opere di Don Bosco, i seguenti:
A) - Abramo M., Agazzi C., Alba G., Ambrosiani E., Amenta R., Angeleri C., Angelino C., Aprili Magrini A., Aquilina A., Arduini C., Arrigoni P., Artusi C., Assandro F., Astori C., Attinà M.
B) - Baglioni C., Balbi C., Baldi T., Barbiero P., Barettino C., Bareux C.. Barlotta C., Barzan Dott. L., Bassi I., Batzella A., Beccaria S., Benato V., Benucci A., Berardo G., Berlingieri, Bertarelli L. Ved. Filoni, Bertona A., Bertoni G., Bertossio T., Bianchi M., Bitti-Zizza M., Masetti A., Bo G., Bobba M., Bondonno S., Bonetti M., Bongiovanni B., Bonino V. e figlio, Bordet Maria, Borio A., Boschi G., Bosio T., Bottini P., Bovo G., Bracale I., Brambani C., Breganze A., Brevi G., Brioni E., Brugnatelli A., Bruneri A., Bruno C., Bruno Gavazza M., Buccola M., Buscaglino R., Buscatti F.
C) - C. A., Caffiero N., Cannizzo M., Capani R., Capietto Avalle T., Capomasi M., Cappai I., Caramella A., Carani F., Carbone G., Carcano Baragiola L., Careddu G., Carelli B., Caridi C., Cariolato C., Carminati C., Carra E., Carraro T., Casabona A., Casolari C., Castagno L., Castellana M., Cavalieri C., Cavallo L., Cavazzini Don N., Cazzarolli G., Centazzo A.; Cerri M., Cesana C., Chiarani E., Chiavarino L., Chiavarino M., Cirafici L., Civinini R., Colombina E., Colombo Fam., Corsi A., Cortinovis F., Costa E., Costenaro A., Cravero M., Crosara O., Crudeli G., C. Z.
D) - Dalmasso Sorelle, Dalmasso T., D'Angelo N., Dama Rosa Ved. Nervi; Darbesio M., De Benedetto F., De Falco M., Dell'Agnolo A., Dell'Agnolo F., Della Pietra C., Della Torre L., Del Molin M., De Magda A., De Marchi M., De Paola G., De Sanctis M., D., De Stefano A., Devoto Medioli L., Diana T., Di Lorenzo D., Di Mortillar R., Di Somma A., D'Orazio A.
E) - E. G. M.
F) - Fabris A., Fantoni A., Farfaglia V., Farmeschi P., Ferranti G., Ferrari Formentin C., Ferrari Sacco B., Ferrari Truffi C., Ferrero M., Filippi i., Filetti F., Fiera G. Ved. Billia, Fiorito A., Fiorito I., Fioroni C., Foglia A., Fontana Bergagnin M., Fonte A., Fortina Don P., Fossata T., Fossati B., Fossati F., F. P. E., Franchino G., Francone G., Frigerio M., Frola Ch. L.
G) - Gaburri R., Gallino Francesco fu Secondo (offrì una ca†ena d'oro), Gallo E., GalloMoschetta Sac., Gambino B., Gamenara G., Gandini P., Gangini G., Garelli S., Gaspard P., Gavazzi Don A., Gavosto M., Gazzono, C., Ghellini E., Ghezzi A., Giambanco E., Giambra G., Gianelli M., Giansiracusa I., Giorgini S., Giromini M., Giuriato R., Giusto C., Gonella S.,
G. R., Guantario R., Gugole M., taurini M. di Stanislao.
I) - Zanni C., Interlandi Cav. M., Invernizzi G., Ivaldi F., Ivaldi R., Ivaldi V.
J) - Jans Veronica Ved. Perrod.
L) - Lampis C., Lanata V., Laneri A., Lanzarot†i L., Largura M., Leidi C., Leomagno Sorelle, Leonardi D., Leone F., Leone M., Lenoniani A., Lo Facono V., Lunati Calvo M., Luongo Prof. R., Luschi M.
M) - Macagno D., Maffei I., Maggioni B., Mala†esta D., Una mamma di Foglizzo (che offre lire seicento), Marca D., Marconi E., Marchi L., Martina Caffa E., Martini Morelli A., Martinis I., Maschi Roverano C., Maseroto G., Massa L., Mattei N., Mattio T., Mazzetti A., Mazzucchi F., M. B., Melis M., Metelli G., Miceli F., Michielli Sorelle, Migliore L., Miotti A. M., Mistretta G., M. L., Monti G., Montino L., Morini C., Morlani M., Moro G., Moscatelli G., Munarini S., Muss C.
N) - N. F., N. N. di Bianzè, Breme Lomellina, Chiomonte, Giarratana, Mondovì, Montemagno, Pegazzano, San Giovanni Valdarno, Torino, Navarra G., Negri L., Negruzzi T., Nocelli C., Noro P.
O) - Oddone R., Olivero Sorelle, Orlando G., Ottani R.
P) Pace G., Paganini R., Pagano D., Pagano Cogo T., Pailasso G., Paiolatti V., Paoletto T., Papaleo Bar.ssa R., Parietti T., Pasquino Baldassarre di Aosta, Pasquino M. A., Pastore, Pattone L., Pazzi P., P. C., Pecorari Benassi T., Pegoraro A., Pellegrini M., Peroni A., Perucca T, Pescatori A., Petris M., Pezzi S., P. G. Famiglia, Pittaluga V., Pizzagalli E., Ponzo A. e Famiglia Pollano P., Poratti L., Porcu A., Porrati Callegaris L.. Poslinghel S., Pozzi M., Preda V., Predelli B., Promis T., Provera C., Pucci E.
Q) - Quarati V.
R) - Rabagliati T., Ragazzo Fam., Raminelli Cassi A., Rampinelli E., Ravaschino C., Ravina M., R. C., R. E., Recagni L., Repossi I., Revel G., Ricca C., Riccardina L., Rigolo M., Riva C., Rivolo T., R. M., Roggero Albesiano C., Rossi P., Rossi-T., Rossini L., Rovelli L., Ruga Don I.
S) - Sabatini E., Sacco G., Sachetti M., Saglietti M., Salada A., Saluzzo F., Sandri B., Santanera A., Savini A., Savorani M., Scala Adamini G., Scanu S., Scavarda Verzetti L., Scavia C., Scavino A., Scheller Brunori E., Schilirò A., Scolaro Can. G., Scotti C., Scuderi L., Sella G., Sellan C., Selis M., Serena Fam., Serra Ch.co A., Silvestri G., Spada M., Spagnuolo B., Staffa M.
T) - Tamburelli M., Targhetta M., Tedoldi M., Tempestini I., Thellung Adriano, Tirendi G., T. M. G., Toffanin I., Tollesa Fam., Tonietti I., Tosoligh L., Tozzi Ant. e Ferrara Giov.na di Colle Sannita (offrono lire mille), Tramontini G., Tramutoli G., Treglia C., Trencari C., Trenti M., Treves B., Trosello M., Tucci M.
V) - Vacca Con.gi, Valentini M., Vandoni Bovio C., Vanni E., Varetto Don C., Venturini G., Vernengo A., Verona C., Vicino T., Villa R., Volo M.
Z) - Zambianchi A., Zamboni L., Zamboni M., Zanon P., Zoma G., Zoaldi V., Zorzoli G.
Una raccomandazione del Santo Padre Pio XI.
Procurate di introdurre e di gradatamente estendere la santa consuetudine di pregare il Padrone della messe, perchè mandi operai nella sua vigna, e d'implorare per gli infedeli gli aiuti del lume e della grazia celeste.
Non mancando a nessuno la possibilità della preghiera, tutti hanno in mano loro questo aiuto quasi alimento delle missioni; perciò farete cosa conforme ai nostri desideri, aggiungere, per esempio, al Rosario e ad altre simili preghiere solite a recitarsi nelle parrocchie e nelle altre chiese, qualche preghiera speciale per le Missioni e per la conversione dei pagani alla fede. A questo intento, siano chiamati a cooperare, e si infiammino specialmente i fanciulli; bramiamo cioè che negli asili, negli orfanotrofi, nelle scuole, nei collegi giovanili salga ogni giorno la preghiera al cielo per far discendere su tanti infelici, su tante popolose nazioni pagane la misericordia divina; ad anime pure ed innocenti, che potrà mai ricusare il Padre celeste? D'altra parte, tale usanza dà a sperare che nel tenero cuore dei giovanetti, avvezzatisi a pregare per la salute degli infedeli col primo sbocciare del fiore della carità, possa, con l'aiuto di Dio, insinuarsi il desiderio dell'apostolato, desiderio che coltivato con cura darà forse con l'andar del tempo buoni operai al ministero apostolico.
Sua Eminenza il Cardinale Arcivescovo di Torino al Seminario delle Missioni Estere in Valsalice.
Lo studentato filosofico del Seminario delle Missioni Estere in Valsalice chiuse in modo veramente simpatico il suo anno scolastico.
I chierici, terminati gli esami, si erano occupati nei giorni 18-19-20 luglio di questioni missionarie, e le tre Compagnie del Sacra Cuore di Gesù, di Maria SS. Ausiliatrice, di S. Giuseppe avevano organizzato un congressino, che dopo aver trattato di quanto meglio può contribuire a suscitare, svolgere e accrescere tra loro e nel campo loro affidato, le vocazioni e lo spirito missionario, doveva concludersi il 21 luglio con una solenne festa in onore di San Luigi e un filiale omaggio al loro Direttore, ed agli altri Superiori, secondo le tradizioni salesiane. Ad aggiungere a codesta solennità non soltanto lustro e decoro, ma festevolezza, cordialità, intimità e ad imprimere alla giornata un carattere di spontanea familiarità incomunicabile e indimenticabile, contribuì la visita del nostro amatissimo Arcivescovo, il Cardinale Giuseppe Gamba. Sua Eminenza che con l'usata sua paternità aveva accettato l'invito di venire a trascorrere qualche ora tra i figli di D. Bosco, presso la tomba del Venerabile, si trovò alle 6,3o all'Istituto, accoltovi presso la tomba dal Direttore, dai Superiori e da tutti i chierici, e fatta una breve preghiera sul marmo benedetto si recò in cappella, che, intonata alla massima solennità, accolse devota il Pastore per la Santa Messa. Sua Eminenza celebrò e distribuì la S. Comunione a tutti i chierici e ai pochi liceisti rimasti e rivolse quindi dalla balaustra all'assemblea attentissima, paterne, affettuosissime parole. Traendo l'argomento dalla festa che si celebrava e dal carattere del suo uditorio si soffermò in dolcissima conversazione sull'angelica virtù del Santo di Gonzaga e sulla eccelsa dignità del sacerdozio cattolico, trovando accenti che commossero vivamente i numerosi giovani chierici. A funzione ultimata, Sua Eminenza venne invitata nell'ampia sala di studio parata per la circostanza e qui il Direttore con parole perfettamente consone ai sentimenti che erano in tutti presentò al Pastore dell'Archidiocesi Torinese e all'Augusto discepolo di D. Bosco, tutta la Casa di Valsalice, e cioè i Superiori, i chierici dello studentato filosofico provenienti da sei ispettorie e i giovani liceisti candidati alla maturità classica. Quando un chierico ed un giovane liceista ebbero espresso a nome dei propri compagni i propri sentimenti di filiale rispetto all'Arcivescovo e il Prof. D. Rastello cantato con brevi versi la corrispondenza d'amorosi sensi tra D. Bosco e il suo grande discepolo, Sua Eminenza con parole che erano la traduzione esatta della sua paternità, del suo zelo pastorale, della sua semplicità salesiana, ringraziò tutti e si attardò un tantino con visibile compiacenza sua e di tutti a narrare per quali vie, lui, che D. Bosco traeva fortemente a sè, la Provvidenza aveva condotto ai fastigi della Porpora, donde nascevano maggiori legami per lui, debitore dell'Evangelo a tutti i suoi figlioli, e maggiori motivi di ammirazione per la Congregazione Salesiana. Concluse le sue parole veramente calde di apostolico affetto con la pastorale benedizione. E prima di lasciare l'Istituto volle ripassare a pregare sulla †omba di D. Bosco, dalla quale alzandosi si degnò soddisfare il desiderio di tutti sedendo tra superiori e chierici per un gruppo fotografico. Le due ore trascorse da Sua Eminenza in mezzo ai Salesiani di Valsalice lasciarono in tutti un ricordo incancellabile e un debito di eterna gratitudine.
Mons. Massa Amministratore Apostolico di Corumbà (Brasile).
Mons. Massa, già Prefetto Apostolico del Rio Negro e Rio Uapès (Stato delle Amazzoni), nel Brasile, è stato nominato Amministratore Apostolico della diocesi di Corumbà nello Stato del Matto Grosso, conservando però ancora la sua prima prelatura. Il campo della sua attività viene così quasi raddoppiato.
Mons. Massa è giovane ancora, essendo nato nel 188o. È zelante, abile. Conosce bene il paese. Partito pel Brasile a 20 anni, occupava la carica di Ispettore delle Case salesiane del Matto Grosso da due anni, quando la Propaganda lo nominò Prefetto Apostolico del Rio Negro, il 23 novembre 1920.
Noi chiediamo per Monsignor Massa soprattutto gli aiuti, la protezione del cielo.
BETLEMME (Palestina). Orfanotrofio Cattolico. Scrive il Direttore:
Anche quest'anno raccomando alla ben nota carità dei benefattori delle Opere Salesiane i cento orfanelli raccolti in questo pio Istituto per essere educati cristianamente e convenientemente istruiti in un'arte o mestiere, che a suo tempo valga a procacciare loro un pane onorato.
L'Istituto è opera italiana e, come tale, gode la protezione, dei Rappresentanti d'Italia della quale vi si insegna e parla la lingua.
Non ha redditi fissi, ma vive di quotidiana beneficenza. Conta attualmente 100 allievi tutti, salvo rarissime eccezioni, orfani e abbandonati.
La scelta di costoro è stata fatta tra i più poveri e bisognosi sotto ogni riguardo tanto che nei non pochi anni che dimoreranno nell'ospizio toccherà somministrare loro gratuitamente ricovero, vitto e vestito con quanto esige la loro formazione morale, scientifica e professionale.
Un'opera di tal fatta che, sorta in questa Betlemme ad onore e gloria del Bambino Gesù, i Salesiani di Don Bosco hanno ereditato dal pio suo fondatore il Can. Antonio Belloni, non ha altri mezzi che la libera beneficenza di coloro che sentono pietà dei miseri e armano questa terra benedetta e pur tanto infelice.
Ad essi pertanto è diretto il nostro pressante e caldo appello!
Gli orfanelli beneficati si fanno un dovere di compensare la carità che ricevono pregando per la prosperità dei loro benefattori ogni giorno nella Grotta santificata dalla nascita del Salvatore.
Gesù Bambino ascolta le voci supplichevoli di tanti giovanetti e diffonde in larga copia i suoi favori su chi li benefica.
Una consolante esperienza di lunghi anni ne accerta che quanto è gradito a Dio un ospizio di poveri orfani, accanto alla povera Culla del Redentore, altrettanto sono benedetti coloro che con mano generosa lo soccorrono perchè viva e prosperi.
Vogliano i benemeriti lettori ascoltare la voce del cuore che loro suggerirà di dar la limosina all'orfano che' tende la mano specialmente quest'anno dopo la sciagura che ha colpito l'Orfanotrofio: intendo parlare del terremoto palestinese.
I danni del terremoto all'Orfanotrofio.
La cittadina di Betlemme è fra le poche che non ha avuto nè morti nè feriti nell'ultimo disastroso terremoto che ha seminato tanta rovina nel Paese di Gesù. I danni cagionati però sono gravissimi. Il nostro Orfanotrofio è stato tra i più colpiti. I suoi quattro grandi dormitori, situati al 4° piano, sono inabitabili. L'autorità ci ha imposto di ripararli subito. La nostra grande chiesa pubblica ha delle lesioni profonde. Danneggiato pure è tutto il vasto edifizio. Attualmente si dorme per terra nelle varie aule scolastiche. Il danno del nostro povero Orfanotrofio è di 30.000 lire e più. È una somma ingente per noi, che viviamo giorno per giorno dell'altrui carità, e che siamo già aggravati da forti debiti.
Tra gli Ebrei e i protestanti di tutto il mondo s'è accesa una nobile gara di sottoscrizione per accorrere in aiuto ai poveri terremotati, loro correligionari. Voglio sperare che anche i magnanimi cuori della Patria nostra, sempre generosi nel promuovere ogni opera di beneficenza, si commuoveranno e ricorderanno nella loro carità i poveri figli del Ven. D. Bosco di Betlemme, così duramente provati.
Il Signore tocchi il cuore dei nostri benefattori per le nostre tanto dolorose condizioni.
NB. - Ogni offerta sia indirizzata al Sig. Don Rinaldi - Rettor Maggiore dei Salesiani, Via Cottolengo 32, Torino, per i Salesiani terremotati di Betlemme. Il Direttore dell'Orfanotrofio Cattolico di (Palestina-Gerusalemme) Betlemme.
CACHOEIRA DO CAMPO (Brasile). Scuola Agricola "D. Bosco".
Ci scrivono:
Il Governo brasileno considera la nostra scuola agricola salesiana come modello di tutte le altre dello Stato. Il nuovo governo la predilige in un modo tutto particolare. Basti dire che nello spazio di soli due mesi, ben due volte venne a visitarci il Segretario Generale dell'Agricoltura: la prima volta in occasione dell'inaugurazione di un nuovo ponte (Ponte Don Bosco) che fece costruire a nostra richiesta, la seconda volta in occasione della chiusura dell'anno e della premiazione degli alunni. L'illustre personaggio venne in rappresentanza dello stesso Presidente. Essendo poi i Salesiani andati a ringraziarlo dell'onore straordinario, disse che provava una vera sodisfazione ogni volta che poteva essere loro utile in qualche modo; aggiunse che li considerava benemeriti della patria per il loro lavoro e promise una sua prossima visita. Fu invitato pel 24 maggio, festa di Maria Ausiliatrice.
Il Segretario d'Agricoltura disse ch'era sua intenzione di riunire tutti i direttori di Case Agricole con gli specialisti in agronomia per elaborare un unico programma. Il nostro programma e il sistema sarà certamente tenuto in conto per le deliberazioni che saranno prese.
URUGUAY. Cinquant'anni d'attività salesiana.
I Salesiani dell'Uruguay hanno festeggiato quest'anno le nozze d'oro della loro entrata nella Repubblica.
Il glorioso avvenimento li trovò in un periodo di febbrile e crescente attività.
L'opera iniziata dal compianto Mons. Lasagna ha dato i suoi abbondanti frutti. Questi frutti furono in misura dello zelo e dell'operosità instancabile dei figli di Don Bosco, come pure degli aiuti costanti e generosi prestati dai benemeriti Cooperatori di tutta quella fiorente Repubblica.
Ecco una rapida rassegna delle Opere Salesiane che oggi - dopo 5o anni - prosperano nell'Uruguay.
A Montevideo: 4 scuole - primarie con 9oo allievi esterni; 1 scuola professionale, detta la Casa del ragazzo povero, che conta 200 interni e potrà riceverne fino a 5oo quando saranno costruiti i nuovi laboratori; 2 parrocchie, 3 chiese pubbliche e 10 oratori festivi.
A Villa Colón (10 km. dalla capitale): i collegio secondario con i 5o interni e 2oo esterni; 1 parrocchia, 1 oratorio festivo, 2 osservatori, uno metereologico, l'altro astronomico.
A Manga (17 km. da Montevideo): 1 scuola agricola, la famosa scuola Jakson, nella quale l'anno scorso furono dati gli esami alla presenza dei ministri dell'Agricoltura e dell'Industria, del Direttore dell'Istituto nazionale d'Agronomia, ecc.; i collegio secondario con la casa di formazione dell'Ispettoria (100 interni), 1 oratorio festivo.
Risalendo l'Uruguay, a Mercedes: 1 scuola primaria (200 esterni), una chiesa pubblica, un oratorio festivo.
A Paysandú: 1 collegio secondario (5o interni, 400 esterni), 2 scuole primarie, 2 parrocchie, 2 oratori festivi, un osservatorio.
A Salto: 1 scuola primaria, 1 parrocchia, 1 oratorio festivo.
Nell'interno, a Las Piedras: una scuola primaria, 1 parrocchia, un oratorio festivo.
A Sayago: 1 scuola primaria, 1 parrocchia, 1 oratorio festivo.
Riassumendo: in un paese che ha appena un milione e mezzo d'abitanti, di cui i due terzi concentrati nella capitale, i Figli di Don Bosco sono riusciti, in 5o anni, a impiantare:
3 collegi secondari; 11 scuole elementari; 1 scuola professionale; 1 scuola agricola; 8 parrocchie; 4 chiese pubbliche; 18 oratori festivi.
Le 8 parrocchie comprendono 3oo mila anime; gli oratori festivi una media ciascuno di 500 fanciulli.
A Montevideo tre chiese furono innalzate dai Salesiani; Maria Ausiliatrice, S. Michele e S. Francesco di Sales:
Ancora tre constatazioni confortanti:
Gli Ex-allievi numerosi e ben organizzati, con la loro rivista speciale Don Bosco (7000 abbonati), sono alla testa della Gioventù Cattolica del Paese.
In questo ultimo decennio furono condotte a termine 6 nuove fondazioni.
Le vocazioni sono numerose sul posto. Su 18o Salesiani che lavorano nell'Uruguay, da 13o a 140 sono del paese.
Di fronte a tali risultati c'è da rallegrarsi e da ringraziare il Signore, che non ha lasciato mancare il suo divino aiuto.
Dott. Luigi Amaducci.
Si spense serenamente il 17 luglio u. s. a Borgo a Mozzano (Lucca). Fu uno dei primi allievi dei Collegi Salesiani.
Conobbe personalmente D. Bosco e fu anche testimone di qualche suo miracolo. Conobbe pure Domenico Savio, D. Rua, D. Albera e il Card. Cagliero.
Padre tenero ed affettuoso, modello di educatore, sacrificò se stesso per il bene del prossimo. Morì contento, vedendo i suoi figli, educati alla scuola di D. Bosco, seri e esemplari, compianto da tutta la popolazione.
Gli allievi ed ex allievi di Borgo a Mozzano uniti alla Congregazione Salesiana porgono alla famiglia le più vive e sentite condoglianze.
Comm. Avv. Biagio Natoli.
Volò al Cielo il 9 giugno u. s. in Mazzarino (Prov. di Caltanissetta). Cristiano fervente, passò tutta la sua vita fin nella tarda vecchiaia occupando la sua giornata tra le pratiche di pietà, l'esercizio della professione e lo studio. Competentissimo in materia di legislazione ecclesiastica, profondo nella teologia morale, fu strenuo difensore dei diritti della Chiesa, consigliere saggio di tre Vescovi e dell'intero Clero della Diocesi di Piazza Armerina.
Tra i primi Cooperatori Salesiani, era lieto quando poteva parlare delle Opere del Ven. D. Bosco, e diverse volte nell'anno al nostro Santuario di Torino pervenivano le sue generose offerte.
Nel suo pubblico Ufficio notarile e nella sua casa il posto d'onore era dato ad una bellissima oleografia della nostra potente Ausiliatrice, di cui fu sempre particolarmente devoto.
Sia pace all'anima sua buona!
Mons. Nicola Zucchelli.
Era direttore dei Cooperatori Salesiani di Pisa.
Si spense santamente in Pisa il 26 luglio scorso, in età d'anni 62. Nacque a Peccioli; fece i suoi studi a Volterra e a Pisa, dove fu ordinato sacerdote da Mons. Arcivescovo conte Capponi, che lo ebbe carissimo.
Fu cappellano della chiesa del S. Sepolcro, poi segretario di. S. E. Mons. Tommasi, vescovo di Fiesole, quindi direttore spirituale e per 15 anni direttore del Seminario, infine arciprete della Primaziale di Pisa.
Fu una figura di sacerdote spiccatamente nobile per intelligenza e santità di vita. Saggio educatore, padre amoroso, esplicò un'attività esemplare come studioso e apostolo di carità.
Mons. Zucchelli fu il dolce ministro di Cristo che consacrò la sua vita al bene del prossimo e alla salvezza delle anime. Perciò larga, spontanea, imponente fu la manifestazione di cordoglio di tutta Pisa attorno alla salma del compianto Monsignore, che fu tumulata nello storico e celebre camposanto urbano.
I Salesiani, le Figlie di M. Ausiliatrice dei due Istituti locali, di cui tanta cura si prendeva il benefico Monsignore, portarono il loro tributo di riconoscenza e di preghiere al loro grande benefattore, a nome di tutta la Famiglia Salesiana.
Mons. Zucchelli amava efficacemente l'Opera di D. Bosco. S'impegnò perchè i Salesiani si stabilissero in Pisa; fece le pratiche per l'acquisto della casa; ebbe per loro paterne premure, che non vennero mai meno nei trent'anni da che i Salesiani sono in Pisa.
Per dare una prova particolare del loro affetto memore e riconoscente a colui che fu per tanti anni il loro sostenitore instancabile, padre tenerissimo e consigliere apprezzato, il 7 agosto i Salesiani di Pisa celebrarono un solenne ufficio funebre nella loro chiesa con largo intervento di allievi ed ex allievi dell'Oratorio locale, di Cooperatori e di Cooperatrici, di Figlie di. Maria Ausiliatrice e Patronesse dell'Opera Salesiana.
La memoria di lui rimarrà in benedizione.
Alla famiglia dell'indimenticabile Monsignore e particolarmente al padre novantenne, che ne accolse lagrimando l'estremo respiro, le condoglianze più sentite e l'assicurazione di suffragi e imperituro ricordo.
ASTOLFO Teresina, † Motta di Livenza (Treviso). Azzi Rosetta, † Scartino (Grosseto). BERGOGLIO-GIOVANNINI Maria, † Torino. BIANCHI Pietro, † Albano Laziale (Roma). BizzozERo Carolina ved. ANNONI, † Barlassina. BoNATO Cipriano, † S. Giorgio di Perlena (Vic.). BORELLA Marietta, † Trobaso (Novara). BRIGNOLI Angelina, † Roscia†e (Bergamo). CARRARA Alberto, † Albino (Bergamo). CARRUBA Lucio, † Sutera (Caltanissetta). CASTAGNETTO Alessio Ermenegildo, † Torino. CoMuzzi Don Giuseppe, † Giavons (Udine). DAL LAGO D. Giuseppe Parroco, † Cresole (Vic.). DEMICHELIS Prof. Maria-Pia, † Torino. FALCHETTI Giuseppina, † Caluso (Aosta). FRANCISCONE Teresa, † Alice Castello (Vercelli). GALLOTTI Can. Silvio, † Pallanza (Novara). GATTI Bartolomeo, † Scaldasole (Pavia). GENSANA Lucia, Maestra, † Cuneo.
GERBAUDO Pietro, † Cavallermaggiore (Cuneo). GIORDANO-SCIOLLA Adele, † Torino.
GIRAUDO Margherita, † Cuneo.
GRAZIA Prof. Michele, † Casalbagliano (Aless.). GUATOWSKI Mons. Giovanni, † Warzawa (Pol.). LA DUCA Salvatore, † Roma. LENTI-PITTALUGA Visa, † Alessandria. LEONE Maria ved. ROMANO, † Salemi (Trapani). LOMBARDI Barbara, † Mompiano (Brescia). MAISTRI Vittorio, † Negrar (Verona). MAREGA Teresa, † Gorizia.
MARICONDA Avv. Gaetano, † Serino (Avellino). MERANO Pellegrina, † Chiusavecchia (Imperia). MINELLA Giuseppe, † Desana (Vercelli). MONTALDO Angelo, † Sutera (Caltanissetta). PAUTANI Domenico, † Genzano (Roma). PAUTANO Teol. Luigi, Parroco, † Bra (Cuneo). PETRILLI Dott. Raffaele, † Ornano Grande. QUADRAROLI Mons. Settimio, Vescovo, † Teramo. REVESSI Giuseppina, † Roma. RONZA Teol. D. Giuseppe, † Robbio Lomellina. SANDRONE Pietro, † Carmagnola (Torino). SANTONI Mons. Vincenzo, † Albano Laziale. SAPORITI Giuseppina DELPINO, † Chiavari. SASSI Maria, † Terra del Sole (Forlì). SAVIO Paolo di Giacinto, † Castelnuovo d'Asti. SOBRERO Enrichetta, † Cuneo. STARACE Catello, † Napoli. STUCCHI Cecilia, † Monza (Milano). ToNCATO Rosa, † Bolzano (Vicenza). VARSI Marietta, † Caluso (Aosta).
VENIER Anna, † Gradisca di Sedegliano (Udine). VIANCO Bartolomeo, † Bibiana (Torino). VIANCO Lorenzo, † Bibiana (Torino). VICARI Ing. Mario, † Torino. VILLA Andrea, † Lesmo (Milano).
VINANTE Carlo, † Fonte (Treviso).
VOLA Giuseppe, † S. Stefano Belbo (Cuneo). VoNo Dr. Cav. Francesco, † Soverato (Catanz.).
NB. - I due Istituti beneficati da Mons. Zucchelli e che raccomandiamo sono:
1. - Il Pensionato maschile "Don Bosco" per studenti d'Università e Scuole Medie Superiori - (Pisa, Via dei Mille, 5). Esso ritrae la vita di famiglia e l'educazione morale e civile che vi si imparte, basata sull'insegnamento e sulla pratica della Religione, mira a dare alla Società buoni cristiani, alla Famiglia figli affezionati, alla Patria intelligenti e onesti cittadini. L'opera di Don Bosco in Pisa comprende pure l'Oratorio festivo - Circoli - Chiesa Pubblica - Associazioni - Unione Ex Allievi.
2. - Pensionato " Maria Ausiliatrice" per studentesse Universitarie e Alunne del Corso Medio e Opere annesse ecc., in Via S. Tommaso. E diretto dalle Suore, Figlie di Maria Ausiliatrice, fondate dal Ven. Don Bosco. Il Pensionato ritrae una vita di famiglia ed ha per iscopo di dare alle giovani studentesse un'educazione cristiana e civile.
Rivolgersi per programmi e chiarimenti alle singole Direzioni dei due Istituti.