ANNO XXXIV N. 6. Torino, Via Cottolengo 32. GIUGNO 1910.
PERIODICO DELLA PIA UNIONE DEI COOPERATORI SALESIANI DI D. BOSCO
SOMMARIO: I tre grandi doni del Cuor di Gesù 169 Una preghiera 170 IN MEMORIA DI D. RUA:
Chi era D. Rua? - III. Dal 1888 al 1910 171
Onoranze funebri: A Torino: a Maria Ausiliatrice; a S. Giovanni; in Valsalice; nel Seminario Metropolitano . 177
Commemorazioni civili: Il Comitato di Torino per le onoranze giubilari - L'8 maggio a Valsalice - A Genova - Altrove 181
Echi della Stampa: Un grande italiano; Un degno Sacerdote; Un Sovrano della bontà . 184
DALLE MISSIONI: Mozambico: Quattro battesimi e la Missione della Moscellia - Cina e Giappone: Quanto son pochi i cattolici! 186
Tesoro spirituale 189
IL CULTO DI MARIA SS. AUSILIATRICE: La solennità titolare nel Santuario di Valdocco - Grazie e favori 190
NOTE E CORRISPONDENZE: Riverente omaggio -
Tra gli Emigrati - Notizie varie: Italia, all'Estero - Necrologio e Cooperatori defunti . . . 195
Non è per anco spenta negli animi nostri l'eco di quell'apoteosi di popolo, di quel plebiscito di affetto, venerazione e stima, con cui il mondo intero, senza distinzione di partitì, volle onorare la non mai abbastanza lagrimata dipartita dell'umile e grande successore di D. Bosco, del nostro Superiore e Padre D. Rua. Ci pare ancor di vederlo, di sentirlo fra di noi... Sopratutto ci stanno presenti que' tre preziosi ricordi, che, già datici da D. Bosco sul letto di morte, Don Rua faceva proprii e ci lasciava qual retaggio del padre e suo, dodici giorni prima della morte, innanzi di ricevere ìn forma solenne il SS. Viatico, cioè amore a Gesù Sacramentato, divozione a Maria Ausiliatrice e grande affettuosa ubbidienza a' Pastori della Chiesa, e segnatamente al Capo de' Pastori, al Papa.
Or che significano questi tre ricordi?
Che contengono essi se non i tre grandi doni del Cuor di Gesù, l'Eucaristia, la Madonna e il Papa?
Come dal cuor dell'uomo deriva, nel cuor dell'uomo risiede tutta quanta la vita nostra, fisica, intellettuale e morale, così nel Cuore di Gesù, Dio e Uomo, sta e da esso hanno origine tutte quelle grandi e benefiche operazioni che l'individuo, la famìglia, la socìetà intera rialzarono dall'abiezione, nobilitarono e portarono a nuovi, non prima conosciuti ideali. Sì, o benemeriti Cooperatori e benemerite Cooperatrici, se noi abbiamo la fortuna di possedere la divinissima fra le divine cose e del pane degli Angeli cibare, confortar l'anima nostra ; se ci è dato affisarci nella più pura delle Vergini e nella più tenera delle Madri, e da Maria attingere lume, guida e conforto fra le turbinose vicende della vita; se brilla sul nostro capo la stella polare del Papato , che guida, dirige, assicura i nostri passi, e la nostra fede rischiara e ritempra, noi lo dobbiamo al Cuor di Gesù, che di questi tre sublimi doni è la fonte, la causa, l'autore, l'anima, la vita.
Approfittiamo dunque della ricorrenza del mese, che la Chiesa dedicò in particolar modo ad onorare il Cuor di Gesù, per ringraziarlo questo Cuore adorabilissimo di questi grandi doni, per rianimare, rinvigorire in noi, con frequenti fervorose comunioni, la fede nella SS. Eucaristia, l'amore a Maria Ausiliatrice e la devozione, l'ossequio illimitato al Vicario di Gesù Cristo.
Il cuore è nell'uomo quel che il sole è nell'universo, cioè illumina e scalda. Or bene accostiamolo il nostro cuore al Cuor di Gesù per averne lume alla mente e santo ardore di affetti. Il mese di Giugno ci si porge particolarmente propizio. Il mese del Sacro Cuore, disse e ripete frequentemente Pio X, che questo mese arricchì di straordinarii favori spirituali, deve essere nella Chiesa una sacra missione che, universalmente rinnovala ogni anno, ristauri ogni cosa in Cristo; sì, universalmente, cioè in ogni luogo , in ogni ceto di persone , in ogni grado della società. Individui, famiglie, officine, scuole, collegi, comunità religiose; tutti debbono ispirarsi a questo santo e salutare desiderio del Pontefice, tutti debbono adoperarsi perchè questo mese sia apportatore di grazie e di benedizioni. Ogni difficoltà sia superata, ogni energia spiegata, ogni sacrifizio compiuto, pur di riuscìre a quest'intento così nobile e così vantaggioso. E nel nostro interesse.
Pax in Christo, incideva il fossore delle Catacombe sulla tomba del martire, del Confessore della fede, aggiungendovi, se era vescovo o prete digniore : gemma sacerdotum. Pace invochiamo noi dal Cuor di Gesù in questo mese sopratutto , pace per noi individualmente, per le famiglie, per le nazioni, per la società intera; pace, ideale sovrano delle nostre anime, sospiro de' nostrii cuori; ma pace in Cristo, chè ogni altra sarebbe effimera, insoddisfacente, incompleta; quella pace cioè portata dal Figlio di Dio agli uomini di buona volontà e che colà sul monte delle Beatitudini impreziosì un giorno, rese sublimemente bello il più grande statuto sociale, che sia mai apparso nella storia dell'umanità.
Senza G. Cristo, scrisse un poderoso ingegno tedesco (1), la storia dell'universo riesce un edifizio senza fondamento, un enigma incomprensibile, un labirinto senza via di uscita, un grande ammasso di rovine, frammenti di un monumento indecifrabile, una tragedia dell'umanità senza scioglimento.
Andiamo dunque a Gesù, andiamo al suo Cuore; in esso troveremo la base e la spiegazione della vita, la serenità dell'animo, la temperanza nella gioia, la forza nel dolore, l'eroismo nel sacrifizio.
(1) Schlegel - Filosofa della storia.
È desiderio di tutti che la cara memoria del primo Successore di D. Bosco possa giungere ai posteri, quale oggi è in noi, viva e parlante.
Per questo i salesiani, i parenti, gli amici e gli ammiratori dell'indimenticabile estinto sono pregati di annotare quanto stimano degno di memoria intorno la sua vita, le sue parole, le sue opere; e di inviare i loro appunti, redatti in qualsiasi lingua, in fogli liberi da corrispondenza e fermati, al Sig.
D. Filippo Rinaldi, Via Cottolengo, 32 - Torino.
Saranno ricevute con la più viva riconoscenza anche poche linee, contenenti un fatto o un motto degno di essere rilevato, e riusciranno particolarmente preziose le memorie degli antichi suoi condiscepoli od ex-allievi, ed i giudizi di chi l'abbia frequentato ed esaminato durante la vita.
Facciamo pubblicamente questa preghiera, perchè contiamo assai sull'affetto di molti egregi cooperatori e di molte zelanti cooperatrici per una raccolta di memorie, la quale ove non si compisse ora, non potrebbe più riuscire veramente completa.
Mossi dall'affetto che ci unisce e ci unirà sempre alla memoria del 1° Successore di D. Bosco, e dalla profonda riconoscenza che sentiamo per quanti si unirono a noi nel renderle omaggio, iniziamo la pubblicazione di queste pagine, ove - dopo aver completato il profilo dell'indimenticabile Estinto al quale il 24 corr. speravamo di sciogliere l'inno più fervido della più tenera riconoscenza! - diremo delle commemorazioni civili tenutesi in suo omaggio e delle funebri onoranze a lui tributate in ogni parte.
E dover nostro il farlo, sia per mostrare in quanta stima Egli era tenuto, sia per manifestare a tanti amici, ammiratori e benefattori delle Opere di Don Bosco la nostra gratitudine.
A caratteri d'oro vorremmo scrivere i nomi dei promotori delle singole dimostrazioni: degli Eminentissimi Cardinali, Arcivescovi e Vescovi che ebbero la bontà di dir l'elogio funebre, o di pontificare o assistere alle messe di suffragio, o di concedere speciali indulgenze a quelli che vi presero parte - dei Direttori Diocesani, che con apposite circolari vollero direttamente partecipare ai Cooperatori la luttuosa notizia, raccomandando preghiere e promuovendo suffragi - dei rev.mi Parroci che nella mesta circostanza parlarono di D. Rua e di Don Bosco dal pulpito delle loro chiese - di quei numerosi sacerdoti che ex affectu applicarono la S. Messa pel defunto - degli scrittori e di tutti i giornali e periodici che resero spontaneo omaggio alle virtù ed all'operosità del compianto Sacerdote - di quanti insomma ebbero un senso di profondo rimpianto per la sua scomparsa.
QUANDO uno sguardo all'ultima parte della sua vita, ai 22 anni in cui tenne a direzione delle Opere Salesiane, chi non vede la difficoltà di ritrarre le molteplici opere sue? Tuttavia non possiamo dispensarcene (1).
Il Successore di D. Bosco.
Tre settimane dopo la morte di D. Bosco - il 21 febbraio 1888 - D. Rua veniva ricevuto in udienza da Leone XIII.
- Don Rua! - gli disse il grande Pontefice non appena se lo vide comparire davanti - voi siete il Successore di Don Bosco! Mi condolgo con voi per la perdita che avete fatta, ma mi rallegro perchè Bosco era un santo e dal Cielo non mancherà di assistervi!
Il saluto di Leone XIII sintetizza l'opera di D. Rua: - egli fu il « Successore di D. Bosco »!
« Incaricato di tenerne le veci (umilmente egli scriveva il 31 gennaio 1888), farò del mio meglio per corrispondere alla comune aspettazione. Coadiuvato dall'opera e dai consigli dei miei confratelli, son certo che la Pia Società di San Francesco di Sales, sostenuta dal braccio di Dio. assistita dalla protezione di Maria Ausiliatrice, confortata dalla carità dei benemeriti Cooperatori Salesiani e dalle benemerite Cooperatrici, continuerà le opere dal suo esimio e compianto Fondatore iniziate, specialmente per la coltura della gioventù povera ed abbandonata e le estere missioni ».
E così fu realmente ; e, dopo Dio, la miglior lode ne va data a D. Rua.
« Ho visto un miracolo - diceva un Cooperatore di Nizza Marittima nel febbraio del 189o, a proposito della visita fatta da D. Rua a quella città - ho visto un miracolo: Don Bosco risuscitato!
D. Rua non è solamente successore di Don Bosco, è un altro lui stesso; la stessa dolcezza, la stessa umiltà, la stessa semplicità, la stessa grandezza d'animo, la stessa gioia che irraggia intorno a lui.
» Tutto è miracolo nella vita e nelle opere di D. Bosco; ma questa perpetuità di Lui stesso in D. Rua mi sembra il più grande di tutti i miracoli. Quali sono i grandi uomini ed eziandio i grandi santi, che han potuto darsi un successore simile a se stessi? »
Suo eroico programma.
E tale egli apparve agli occhi di tutti.
D. Bosco gli aveva detto: « Faremo sempre a metà»; ma egli non fa solo a metà con lui, gli dona tutto se stesso, la mente, il cuore, le forze, e tutta la vita. Egli ha due grandi affetti : Dio e D. Bosco, in cui ha scorto un fedel servo di Dio! Quindi il suo programma è: « Tutto per D. Bosco e con D. Bosco! »
Egli aveva sortito una tempra d'acciaio, un ingegno eletto, e tutto un complesso di mirabili energie, per cui avrebbe potuto compiere cose grandi di propria iniziativa e con propria impronta. Se si fosse dedicato agli studi classici sarebbe riuscito un dotto, già alla R. Università di Torino aveva dato saggio di rara versatilità nelle lingue, non escluso l'ebraico; e se si fosse consacrato al ministero pastorale, con una bontà di cuore che conosceva tutte le finezze paterne, col suo zelo di apostolo e quello spirito di soave umiltà che era l'aroma di ogni suo pensiero, di ogni sua parola e di ogni sua azione, avrebbe fatto, come si dice, rapida ed ammirata carriera.
Invece preferì di sacrificare talmente se stesso, da parer che non avesse nè pensieri, ne aspirazioni, nè persona propria; perchè dopo essersi diligentemente plasmato su D. Bosco, tutto si consumò nel proseguirne l'opera con meravigliosa fedeltà d'imitazione e quella stessa genialità d'intenti che avrebbe avuto quel grande Apostolo. Anche se eccitava a virtù le numerose schiere giovanili che festanti gli si affollavano intorno, od ai suoi confratelli assegnava il campo del lavoro e additava i mezzi più acconci per far del bene, o spronava a carità i suoi Cooperatori ed ammiratori, non diceva mai: « Io vorrei, io vi dico, io vi consiglio... », ma sempre e poi sempre: « D. Bosco c'insegnava, D. Bosco voleva, Don Bosco diceva! ».
Tutto a tutti.
Eroica generosità questa, cui Dio accordò una singolare ricompensa: per Don Rua Don Bosco visse ancora 22 anni, e di vita vera, senza contraffazioni, senza restrizioni, senza incertezze!
Quella carità, ampia e meravigliosa, che aveva fatto tutto a tutti D. Bosco in vita, continuò a farlo tutto a tutti dopo la morte: chè non fu nè coartato nè stazionario lo spirito con cui Don Rua giunse a ricopiarlo; ma fu spirito largo, intraprendente e progressista.
Sotto di lui gli Oratori festivi si arricchirono di palestre e di circoli sociali, sicchè essi divennero più efficacemente la culla delle future generazioni cristiane ; le scuole professionali, prima ancora che fossero oggetto di provvedimenti di legge da parte dei governi, ebbero programmi didattici teorico-pratici di una saggezza incontestabile; ai corsi di studi classici, ne aggiunse altri d'indirizzo tecnico e commerciale ; a lato dei collegi volle i pensionati; e migliaia e migliaia di poveri emigrati videro in nuovi lidi ed in altre terre straniere correre a loro incontro i figli di D. Bosco col patrio linguaggio sulle labbra e il fuoco della carità di Gesù Cristo nel cuore.
Nè lasciò senza conforto i figli del dolore. Alle schiere felici dei giovani osannanti alla Vergine di Valdocco, aggiungendone altre in ogni parte del inondo, non ne escluse le più dolenti, poichè anche fra le verdi capanne di Agua de Dios ove vivevano pressochè abbandonati migliaia di lebbrosi, mandò i figli di D. Bosco che accanto alla chiesa fecero sorgere l'oratorio festivo, e così le membra tumefatte e purulenti di quegli infelici appresero anch'esse a trarre dai musicali strumenti liete armonie; armonie che, unite a quelle spirituali, ricondussero sul labbro di quelle turbe quotidianamente morenti il sorriso da lungo tempo ramingo!
« Pietà pei poverelli ».
La sua carità non conobbe limiti, perchè il suo cuore era quotidianamente a contatto con ogni sorta di miserie.
Un giorno, narrava egli stesso il 1° febbraio 1890 in pubblica conferenza, nel breve spazio di circa due ore ebbe ad assistere a quattro scene dolorosissime.
Eran le 9 del mattino; ed aveva appena finito di celebrare la S. Messa, che gli si presenta nella sacrestia di Maria Ausiliatrice una povera donna con quattro figliuoletti smunti e cenciosi; il maggiore poteva avere dieci anni. La poveretta s'inginocchia ai suoi piedi e gli narra come l'influenza l'ha resa vedova e piombata nella miseria, con quattro figliuoli, e colle lagrime agli occhi lo supplica a volergliene ricoverare qualcuno nei suoi Ospizi.
Di lì a un poco, appena salito in camera, ecco presentarglisi un uomo sui trentacinque anni a pregarlo della stessa cosa. Gli è morto il fratello ed ha lasciata nella miseria la moglie con due figli. Benchè egli abbia numerosa figliuolanza, a costo di qualunque sacrifizio è pronto a raccogliere in sua famiglia la vedova cognata con un bambino; ma non è proprio in grado di prendersi anche il nipotino maggiore ; prega pertanto D. Rua a volerlo egli accettare nelle Case Salesiane.
Non aveva costui discese le scale, che gli si presenta un terzo. E un giovanotto sui ventidue anni, rimasto orfano con un fratello di quattordici. Egli viene a raccomandarsi a Don Rua perchè voglia provvedere al povero fratello che ancor non sa alcun mestiere.
Partito costui, ne giunge un quarto. È un giovane di diciott'anni, sparuto della persona e sofferente per mancanza di cibo, che domanda pane e lavoro.
« E Don Rua (egli diceva) che farà? Li rimanderà tutti senza consolarli? Il suo cuore non può reggere a tante sventure. Sa che la Divina Provvidenza, benchè qualche volta si sia fatta sospirare, pure nelle estreme necessità non gli è mai venuta meno. E però ingrandisce gli Ospizi esistenti, altri ne innalza, e stende la mano ai Cooperatori ed alle Cooperatrici Salesiane e chiede pietà. Chiede pietà pei poverelli e dice:
- Miei buoni Cooperatori, parecchie migliaia di poveri giovani chiedono a voi l'elemosina per mezzo nostro. Essi son orfani, son miseri, deh! soccorreteli. L'elemosina vi otterrà il perdono dei peccati, prospererà i vostri affari temporali e vi assicurerà un posto glorioso nella beata eternità ».
Opere compiute.
Che fece infatti?
Alla morte di D. Bosco la Pia Società Salesiana contava 64 Case sparse in Italia, nel Trentino, in Francia, Spagna, ed, oltre l'Oceano, nell'Argentina, nell'Uruguay, nel Chilì e nel Brasile. Le missioni fra i popoli selvaggi erano limitate alla Patagonia e alla Terra del Fuoco.
D. Rua nei 22 anni di suo governo portò a 341 le varie fondazioni salesiane, moltiplicandole negli Stati su ricordati ed estendendole, nel 1889 al Cantora Ticino; nel 1890 alla Colombia; nel 1891 nel Belgio, nell'Algeria e nella Palestina; nel 1892 nel Messico; 1894 nel Portogallo, nel Venezuela e nel Perù; nel 1895 in Austria, in Tunisia e in Bolivia; nel 1896 in Egitto, alla Colonia del Capo, nel Paraguay e nel Nord America; nel 1897 nel Salvador; nel 1898 nelle Antille; nel 1903 in Turchia; nel 19o6 nelle Indie Inglesi e nella Cina; nel 1907 e 19o8 al Mozambico nell'Africa Orientale, nella Repubblica di CostaRica e in quelle di Honduras e di Panamà.
Alle Missioni della Patagonia, che sotto il suo governo ebbero il maggiore sviluppo conquistando definitivamente quelle immense zone alla civiltà ed alla Religione, aggiunse quelle tra gli Jivaros di Méndez e Gualaquiza nell'Equatore e quella dei Bororos nello Stato del Matto Grosso del Brasile che vanta già fiorenti Colonie, le quali all'Esposizione Nazionale di Rio Janeiro del 1908 conseguirono le massime onorificenze.
Come vi riuscì ?
Questo successo di espansione meravigliosa è da ascriversi non solo al carattere impresso da D. Bosco all'Opera Salesiana in ordine ai bisogni speciali dei luoghi e dell'età presente, ma anche alle rare virtù del suo Successore.
Non diremo dell'eroismo della sua fede per cui procedeva sereno e costante anche in mezzo alle difficoltà ed alle più fiere contraddizioni, lo dirà la storia; ma non possiamo tacere dell'operosità sua piuttosto unica che rara, di quel soave eccitamento al bene che ispirava a tutti la sua presenza, della luce meravigliosa dei suoi esempi e della tenerezza del suo cuore di padre.
Sua attività.
Al mattino, alle 4.3o d'estate, alle 5 d'inverno, invariabilmente egli era in piedi. Attendeva alla meditazione in comune, poi tornava in camera e lavorava indefessamente fino alle 8. Alle 8.15 diceva la S. Messa, quindi si sdigiunava e subito dopo ritornava in camera ove fin dopo il mezzodì attendeva alle udienze.
Erano ammiratori, benefattori e cooperatrici zelanti ed anche povera gente del popolo, bramosi tutti di una benedizione, di un conforto, d'un consiglio.
Alle 14 ritornava al lavoro, chiuso in camera fino alle 19, o in città presso questa o quella famiglia, ove la sua visita era sempre un regalo e mai un perditempo; poiché, dopo brevi convenevoli - era cosa saputa - egli passava in una camera solo soletto, e là cavata di tasca la voluminosa corrispondenza, leggeva, postillava e scriveva fino a sera. Nel congedarsi aveva sempre un'amabile parola di riconoscenza e di saluto; e frettoloso se ne tornava all'Oratorio, ove s'intratteneva coi Superiori della Casa o con questo o quello dei segretari, finchè giungeva l'ora di cena. E quasi siffatta ammirabile tenacia di lavoro non bastasse, anche nei pochi passi che dava dopo pranzo e dopo cena sotto il porticato, aveva sempre alcuno al fianco, con cui trattava di cose importanti; ben di rado, e per brevissimo tempo, anche in quelle ore passeggiava unicamente per sollievo.
La sera poi, dopo aver recitato il rosario passeggiando lentamente sotto i portici dell'Oratorio, risaliva in camera e s'indugiava regolarmente al tavolo fin verso le 11. Non diciamo delle notti insonni!... quante volte il povero divano, composto a lettuccio, non era tocco menomamente!
I viaggi.
Tanta operosità non lo costringeva fra le pareti dell'umile stanzetta, ove conveniva gente di ogni parte e donde partivano per tutto il mondo efficaci impulsi a far del bene; ma quasi ogni anno egli intraprendeva lunghissimi viaggi, ora per incoraggiare i suoi figli, ora per sollecitare soccorsi, sempre per trovar nuovi mezzi di diffondere le idee e lo spirito di Don Bosco.
Queste lunghe escursioni apostoliche si spinsero ripetutamente oltre la penisola. Nel 1890 percorse la Spagna, la Francia, il Belgio, l'Inghilterra; nel 1891 la Francia e la Svizzera; nel 1894 la Germania, il Belgio e l'Olanda; nel 1895 la Palestina; nel 1899 la Francia, la Spagna, il Portogallo e l'Algeria; nel 1900 la Sicilia e la Tunisia; nel 1904 la Polonia, la Svizzera e il Belgio; nel 19o6 l'Inghilterra, la Francia, la Spagna, il Portogallo e Malta; finchè nel 1908 compiè un lunghissimo viaggio in Austria, in Turchia, in Palestina e nell'Egitto; per non accennare ai ripetuti viaggi compiuti in Italia, ultimo dei quali fu quello a Ronfa sul finire del 19o8 per la
Consacrazione del Tempio Monumentale da lui eretto al Testaccio ed offerto a Papa Pio X quale Omaggio-ricordo del suo Giubileo Sacerdotale.
Ogni viaggio era un trionfo per l'entusiasmo con cui egli era accolto, avvicinato ed ascoltato; ma era anche una serie ininterrotta di enormi fatiche - prediche, discorsi, udienze, visiteche avrebbero stancato lo zelo più acceso, ed abbattuto la fibra più resistente.
« In ogni casa - così una lettera di chi gli fu compagno nel 1899 -- è ricevuto con vero trasporto, con affetto, e sto per dire con divozione, non solo dai Confratelli ed alunni, ma anche dagli esterni, specialmente Cooperatori. A Sarrià, a S. Vincent, a Bejar, i Municipi, il popolo con il Clero vennero ad incontrarlo. I Vescovi di Santander e di Salamanca, gli Scolopii di Saragozza ed i Carmelitani di Alba di Tormes, i Gesuiti di Bilbao e di Salamanca gli diedero tali dimostrazioni di stima, che mai le maggiori. E poi dovunque viene con premura circondato da persone che vogliono consigli, da giornalisti che chiedono una parola, da infermi che vogliono una benedizione. Sarebbe lungo dire tutto. Qui mi limito a dire che si ripetono i fatti di D. Bosco, compreso quello di veder tagliati i panni addosso al povero sig. Don Rua! ».
L'uomo di Dio.
Certo la sua figura benedicente resterà in molti occhi «come un segno dell'invisibile, come una ragione sentita di credere. A prima vista - scrisse egregiamente un'illustre Cooperatrice di Firenze, la nobil donna Marianna Mazzei - lo sguardo esitava quasi scontento, poichè nessuna-qualità inaspettata lo aveva colpito, all'infuori della troppo apparente caducità di quel corpo rifinito. Forse incontrandolo per la via, sconosciuto, molti ebbero per lui la compassione di chi sentendosi forte e credendosi fortunato, dice - Pover'uomo! - e lascia passare.
» Ma per coloro che incontrandolo gli parlarono non fu così; al suo linguaggio non eravamo abituati. La sua semplicità destava il nostro interessamento, via, evitando la modestia sua e dei suoi l'apparato che potesse suggestionarci, ci limitavamo da prima ad ascoltare con curiosità intellettuale le sue parole sempre di carità, spesso di fede. La espressione però di questa fede direi quasi naturale e positiva a poco a poco insinuava nei nostri cuori un senso nuovo di realtà, la quiete della evidenza, e, prima che ce ne fossimo accorti, l'attenzione era divenuta venerazione. Ci sorprendevamo dell'indifferenza con cui si era incontrato quell'uomo, ci si pentiva del primo giudizio esteriore. Quel che gli occhi non vedevano, l'anima a un tratto lo avea riconosciuto, consolata della sorte toccatale, e guardava fisso per vedere quanto più poteva; sgomenta di sè e del misterioso bagliore intravisto pensava : Quest'uomo è di Dio! ».
Cuore di padre.
« È tutto di Dio! » andavano ripetendo più degli altri, poichè lo conoscevano meglio, i suoi figli, che lo circondavano di un affetto e di una riverenza profonda, sentita, ineffabile. Ed egli pure quanto ci amava
« Il nostro carissimo D. Bosco - ci scriveva umilmente - aveva chiesto nella sua ordinazione sacerdotale l'efficacia della parola, ed il fruttuosissimo suo apostolato provò averlo il Signore esaudito. Io, indegno suo Successore, so di non avere meritata. una grazia sì bella, ma vi supplico, o figli carissimi, di ottenermela sia con fervorose preghiere, sia collo scolpire nella memoria e col praticare le raccomandazioni che io vi vengo man mano facendo a viva voce e per iscritto ».
E le sue raccomandazioni eran quelle di Don Bosco, sempre improntate a squisita carità paterna.
In una lettera diretta ai Salesiani di Buenos Aires nell'aprile del 1888: -- « La grande carità, diceva, che informava il cuore del nostro diletto Don Bosco, di santa e viva memoria, avvivò coll'esempio e colla parola la scintilla d'amore che Iddio benedetto aveva posto nel mio, ed io crebbi elettrizzato dall'amor suo per cui, se succedendogli non potei ereditare le grandi virtù del nostro Santo Fondatore, l'amor suo pe' suoi figli spirituali, oh! quello sì, sento che il Signore me lo concesse! Tutti i giorni, tutti gli istanti del giorno io li consacro a voi ed è giusto, dal momento che piacque al Signore di affidarvi alle mie sollecitudini paterne. Epperciò io prego per voi, penso a voi, agisco per voi come una madre per l'unigenito suo. Una sola cosa chiedo a voi per mia ricompensa: fatevi tutti santi e grandi santi ».
Come si poteva essere indifferenti a siffatto linguaggio?
La predica dell'esempio.
All'attraente dolcezza delle sue parole il buon Padre univa lo splendore dei suoi esempi. Basti citare l'amor suo alla povertà.
« Leggendo la storia della nostra Pia Società - ci diceva - noi dobbiano esclamare : Digitus Dei est hic. In ogni vicenda prospera ed avversa, noi ravvisiamo ad ogni istante la mano della Provvidenza, che guidava D. Bosco e guida ora i suoi figli e che con tenerezza materna provvede ad ogni nostro bisogno ».
Ma soggiungeva:
« Se ciò da un lato deve ispirarci somma fiducia che l'assistenza divina non ci verrà mai meno, deve pure d'altro lato farci riflettere sull'uso che noi facciamo di quei mezzi che la Provvidenza ci pone tra mano. Non dimentichiamo che Don Bosco ci promise la sua protezione dal cielo, fino a tanto che sarebbe stata in onore fra noi la Povertà! ».
E non eran solo parole: di lui si ripeteva da tutti quello che si disse di D. Bosco:
« Povera sarà sempre la sua veste, povera la sua camera » e benchè « a cento e a mille, di chiese e di istituti ammirati popolerà la terra, Egli si riconoscerà e sarà contento di essere strumento della Provvidenza - ma per sè non chiederà, non vorrà nulla - l'ultimo posto, l'ultima veste, l'ultimo pane gli basteranno ».
Un giorno egli saliva speditamente la strada di Valsalice, leggendo com'era solito, quando viaggiava o camminava da solo, parte della copiosa corrispondenza, allorchè posando a caso l'occhio a terra vede polveroso e abbandonato in mezzo alla via un tozzo di pane. Che fa? si china, lo raccoglie e credendosi proprio solo, scossane alquanto la polvere, se ne ciba, oseremmo dire, devotamente.
Un signore che, inosservato, gli era quasi alle spalle, visto quell'atto, rallentò il passo temendo di offendere, ove fosse scorto, l'umile e mortificato sacerdote; ma, curioso più che mai di sapere chi fosse, continuò a tenerlo d'occhio e come l'ebbe visto entrare nel nostro Collegio delle Missioni di Valsalice, affrettò il passo e suonò anch'egli il medesimo campanello per chiedere in bel modo al portinaio chi fosse quel prete entrato poc'anzi.
Quel bravo signore stupì nel sentire che era D. Rua, il Successore di D. Bosco, il padre di tante migliaia d'orfanelli... e ne concepì tale stima, quantunque non l'avesse prima d'allora in altro modo conosciuto, che divenne un nostro benefattore.
Fiori e spine.
Con siffatti propositi e con tale tenor di vita Don Rua riuscì ad estendere anche la venerazione del nome di D. Bosco in tutta la terra.
I Sommi Pontefici ed i primi Pastori della Chiesa andarono a gara per attestargli in mille guise la loro benevolenza. Parli l'eco festosa dei Congressi Salesiani tenutisi a Bologna, a Buenos Aires, a Torino, a Lima, a Milano ed a Santiago nel Chilì; si ricordi il breve « Societati vestrae » del 18 settembre 1893 con cui Leone XIII gli dichiarava l'augusta sua compiacenza per lo sviluppo ed i benefici frutti prodotti dalle opere di Don Bosco; e si rilegga la splendida lettera « Si consentanea meritis »del 17 agosto 1904, nella quale il Regnante Pontefice Pio X giungeva a far voti che « ovunque o si viva dello spirito del Fondatore dei Salesiani o se ne coltivi l'amore ».
Dolci conforti al cuore dell'incomparabile Successore di D. Bosco furon pure le commemorazioni solenni con cui nel 1891 si celebrò il 1° Cinquantenario della fondazione dell'Opera salesiana e nel 1898 il 1° decennio della morte di D. Bosco; nonchè i memorandi trionfi della Pontificia Incoronazione di Maria SS. Ausiliatrice nel 1903 e dell'introduzione della Causa di Beatificazione di D. Bosco nel 1907.
Care soddisfazioni al suo cuore furono anche l'aver potuto nei 1905 accogliere nei vari istituti oltre cento piccoli calabresi, rimasti orfani pel terremoto, e l'aver riaperto le soglie di varie case ad altri orfanelli del tremendo disastro siculo calabro del 28 dicembre 19o8, fra il plauso e l'ammirazione universale.
Nè gli mancarono pegni eloquenti di ammirazione e di riconoscenza da parte del mondo civile. Tacendo di fatti strettamente individuali (come quello di Malta che nel 1900 volle intitolata dal suo nome una via, e di Castelnuovo d'Asti che nel cinquantenario della sua vestizione chiericale lo proclamava con onorifico decreto suo cittadino onorario) care a lui erano oltremodo le ripetute istanze di città, di ministri di stato e d'intere nazioni, invocanti l'apertura di nuove case salesiane, e le splendide testimonianze dei trionfali successi conseguiti dall'Opera di Don Bosco in cento concorsi; ad esempio nell'Esposizione internazionale e d'arte sacra di Torino nel 1898 in cui le fu aggiudicato il premio proposto per « l'Istituzione cristiana che meglio provvede al bisogno delle classi operaie » e nell'Esposizione Internazionale di Milano del 1906, in cui, nella Mostra degli Italiani all'Estero, conseguì il Gran Premio con medaglia d'Oro.
Però anche in mezzo a tanto eroismo di virtù, di carità e di abnegazione, non gli mancarono le spine; e spina dolorosissima al suo cuore fu la tempesta di fango, proditoriamente sollevata nel luglio del 1907, pochi giorni dopo l'introduzione della Causa di Beatificazione di D. Bosco, il cui decreto fu baciato dal vecchio venerando non senza lacrime.
« Voi non potete immaginare - egli scriveva poi ai Cooperatori - il male che tali calunnie hanno fatto anche all'Estero, specie fra tante Colonie di nostri connazionali che all'ombra. degli Istituti e delle Missioni Salesiane si sentivano orgogliosi di essere figli d'Italia... Quando ricordo le liete e festose accoglienze, descritte nelle lettere dei nostri Missionari, ripetutesi le mille volte all'apparire di uno di loro fra le disperse e lontane fattorie popolate di nostri connazionali, unicamente per la gioia di poter in me :o alla solitudine e fra i non rari disinganni della nuova patria attingere dal labbro di un sacerdote salesiano loro compatriota i balsami soavi della Religione ed ogni miglior consiglio negli stessi affari temporali, e penso che là pure forse sarà arrivata l'eco delle voci calunniose ma non la voce della verità e della riparazione, credete proprio che mi sento piangere il cuore ».
Questa, oseremmo dire, fu tale amarezza, che ebbe forse ad affrettargli la morte.
Un pio ricordo.
Nè crediamo che possa dirsi aliena da tale spina la pietà e la divozione con cui, recatosi in Terrasanta nel 1908, egli s'indugiò in quei luoghi benedetti, compiendo un vero pellegrinaggio.
Contrariamente alle sue imprescindibili usanze quella volta volle e cercò di fermarsi, ed anche di piegare a destra e a sinistra, per visitare i più celebri santuari e pregarvi a lungo. Nonostante la salute già scossa, dopo di aver compiuto le funzioni della Settimana Santa nell'Orfanotrofio di Betlemme, ogni dì recavasi a Gerusalemme per assistere alle sacre funzioni compiute nella Chiesa del S. Sepolcro, ed il Venerdi Santo volle anche associarsi alla carovana dei fedeli che sotto la guida di un Padre Francescano compie annualmente l'esercizio della Via Crucis per le vie di Gerusalemme rifacendo più che è possibile la stessa via dolorosa percorsa dal Divin Redentore.
Noi conoscevamo la sua pietà, la sua fede, la sua ardente divozione, chè bastava vederlo raccolto in preghiera nel nostro santuario; ma quando dalle lettere di chi l'accompagnava udimmo gli edificanti esempi di lui che, anche a costo di fatiche e disagi incredibili, voleva pregare su ogni zolla recante impresso un ricordo divino dopo averne avidamente bevuto dal labbro dei religiosi custodi le dolci rimembranze, di lui che nel solcare le onde del lago di Genezareth gustava con sentimento di venerazione di quelle acque ed in santo raccoglimento ne fissava avidamente le sponde quasi a scorgervi la turba o gli apostoli seguenti il Redentore, ci sentimmo in cuore un triste presentimento:
« Don Rua si prepara a morire! »
La morte.
Questo presentimento si fece più vivo sul finir di quell'anno medesimo, quando, infermo già per varici, volle tuttavia recarsi a Roma e di là spingersì fino a Napolì e Caserta e poi toccare, fra altre città, Loreto, così cara al suo cuore!
Quest'esterna fioritura di pietà, la quale sebbene in lui profondissima non aveva mai avuto espansioni appariscenti, al pari della sua tenerezza
paterna, che di giorno in giorno andava ognor più manifestandosi, fu notata da molti e non senza commozione.
Tuttavia si sperava che potesse giungere almeno alla sua Messa d'Oro. L'anno scorso, il 29 luglio, appunto il primo giorno dell'anno del suo Giubileo Sacerdotale, mentre sedeva a mensa con tutti i Superiori e con tutti i giovani dell'Oratorio, nessuno avrebbe detto che non ne avrebbe veduto il compimento, anche perchè nell'eroismo della sua virtù e della sua delicatezza paterna dissimulava le sue sofferenze.
- La mano mi comincia a far sciopero! disse scherzevolmente a due signore che lo avevan pregato di porre la sua firma sotto un'immagine pochi dì prima che si mettesse definitivamente a letto nell'ultima malattia ; la mano mi comincia a far sciopero!... ma posando il polso della destra tremante sopra la sinistra distesa a sostegno scrisse sorridendo e le mandò piamente soddisfatte.
Ma venne l'ora in cui tutte le speranze di ritenerlo si dileguarono, e questo fu il 6 aprile u. s. nel momento in cui se ne tornò al Creatore!
Tutti ne piansero la perdita, come avevano pianto quella di D. Bosco, che gli aveva detto: - Don Dosco e Rua faranno sempre a metà! - e fecero a metà anche nel riposo del sepolcro in Valsalice!
Oh! come il cuore di migliaia e migliaia di figli, di ammiratori e di beneficati uniranno sempre in un medesimo palpito riconoscente la loro memoria, e gli annali della carità e della civiltà egualmente scritti a caratteri d'oro additeranno alle venture generazioni i loro nomi... così voglia Iddio affrettare al Maestro l'onore dei beati ed un giorno collocare accanto a lui l'umile ma gloriosi figura del suo prediletto Discepolo e Successore!
A corona di queste rapide note biografiche ed a comprendere l'espansione data da D. Rua all'Opera di D. Bosco, ci piace soggiungere come la Pia Società Salesiana, oggi - pur non contando le enormi somme a lei occorrenti per le Missioni Estere e per tante altre opere di civiltà e di religione - spenda annualmente oltre due milioni solo pel mantenimento e per l'educazione di giovani orfani od abbandonati.
Ciò diciamo anche per ricordare ai caritatevoli nostri Benefattori ed alle nostre esimie Benefattrici, che se D. Rua è morto continuano però le Opere sue, le quali in questi paesi sopratutto abbisognano del loro appoggio generoso. Le offerte siano indirizzate al Sac. Filippo Rinaldi, Via Cottolengo, 32, Torino.
Abbiamo ricevuto la relazione di solenni onoranze funebri rese alla memoria di Don Rua: I) In Italia:
a Milano, Venezia, Bologna, Firenze, Modena, Novara, Verona, Pisa, Spezia, Biella, Savona, Massa Carrara, S. Pier d'Arena, Mogliano Veneto, Conegliano Veneto, Loreto, Palermo, Catania, Messina, Ivrea, Chioggia, Faenza, Roma-Testaccio, Vigevano, Piani di Vallecrosia, Parma, Marsala, Ferrara, Nizza Monferrato, Mirabello Monferrato, Schio, Trino Vercellese, Re d'Ossola, Casteggio, Fossano, Cavour, Omegna, Reitano, Reggio Emilia, S. Ambrogio di Torino, Coassolo S. Pietro, Lanzo Torinese, S. Benigno Canavese, Castelnuovo d'Asti, Caltanisetta, Genazzano di Roma, Varazze, Cesarò, S. Stefano di Magra, Caluso, Licata, Acqui, Alassio, Foglizzo Canavese, Borgia in Calabria, Cavaglià Biellese, Somma Lombardo, Pedara, S. Vito al Tagliamento, Lenta, Cavaglio d'Agogna, Aeitrezza, Lombriasco, Vigonovo di Udine, Campione sul Garda, S. Giusto Canavese, Villadossola, Falicetto, Arignano, Cassolnovo, Gravellona-Toce, Porosa Argentina, Borgo Cornalense, S. Giorgio Canavese, Civitavecchia, Trofarello, Pavia, Casola di Cabella, Ortona a Mare, Palagonia, Lu Monferrato, Genzano di Roma, Acireale, Biancavilla, Vicenza, Bronte, Cassoonovo Siculo, Lercora, Varese, Noto, Pernate, Petralia Soprana, Piazza Armerina, Gattinara, S. Cataldo, S. Caterina Villarmosa, S. Gregorio di Catania, Sciava, Siracusa, Spada fora S. Martino, Valguarnera, Villarosa, Scandeluzza, Iseo, Alessandria, Borgomasino, Chieri, Alvito, Adernò, Moncrivello, Intra, Borgosesia, Cuorgnè, Randazzo, Diano d'Alba, Celle Enomondo. Cadignano, Sanluri, Santulussurgiu, Villacidro, Riesi.
2) All'Estero:
a Gerusalemme, Scutari d'Albania, Alessandria d'Egitto e Smirne in Oriente; Nizza Marittima; Madrid, Valencia, Utrera, Cadice, Cordoba, Vigo, Carmona, Malaga, Barcelona e Sevilla nella Spagna; Angra do Heroismo, Braga, Oporto e Lisbona nel Portogallo; Londra; S. Paulo, Campinas, Lorena, Nictheroy, Rio Janeiro nel Brasile; S. Isidro, Mendoza, Rosario, Buenos Aires, Patagones, Viedma nell'Argentina; Lima, nel Perù ; Santiago, Valparaíso, Concepción e Valdivia nel Chili; Bogold, Agua de Dios in Colombia; S. Tecla nel Salvador; Tegucigalpa in Honduras; Messico; New York e San Francisco di California.
Questo mese ci limitiamo a dire dei funerali celebratisi a Torino; degli altri diremo nei prossimi numeri.
I) - A TORINO I solenni funerali di trigesima a Maria Ausiliatrice.
Si celebrarono il 10 maggio. Elegantissimo l'addobbo funereo del Santuario, reso imponente dal riflesso delle mille lampade elettriche e dei ceri del tumulo sorgente sotto la cupola dinanzi all'altar maggiore. Il quadro di Maria Ausiliatrice era stato coperto di un drappo argenteo tempestato di stelle e sormontato da una gran croce nera, con fregi argentati. Sulla porta si leggeva questa epigrafe del prof. D. Gio. Battista Francesia :
A Don Michele Rua - Prediletto figlio di Don Bosco - invochiamo riconoscenti - la Pace degli eletti - con solenni suffragi.
Alle dieci, quando erano già entrati nel Santuario il comm. Rinaudo pel Sindaco, il cav. Scrimaglia pel Prefetto, il conte Miglioretti di S. Sebastiano, consigliere comunale per le Opere Pie, il comm. Pulciano, sostituto procuratore generale ed altri numerosi personaggi, accompagnati dalla dama di Corte contessa Faà di Bruno, dal gentiluomo Conte Balbo e dall'ufficiale d'ordinanza ten. Morisani, giunsero le LL. AA. RR. il Principe Tommaso di Savoia e la Principessa Maria Isabella di Baviera, Duchi di Genova. Le LL. AA. RR. vennero accolte dai rev.mi Don Rinaldi, prefetto generale, e D. Albera; dal senatore barone Manno, presidente del Comitato per le onoranze a Don Rua, attorniato dal marchese di Rovasenda, dal cav. Bersanino, dal barone Cavalchini Garofoli, dal cav. Anselmo Poma; e pel Comitato delle Dame Patronesse, dalla contessa di Gropello di Bray, dalla baronessa Manno Cordero di Vonzo, dalla contessa Amalia Capello, dalla contessa Barbaroux Sciolla e dalla contessa Solaro del Borgo Morra di Lavriano.
Il Pontificale.
Non appena gli Angusti Principi ebbero preso posto in corno evangelii accanto il presbitero, si die' principio alla solennissima cerimonia.
Pontificò S. E. Rev.ma Mons. Giuseppe Gamba Vescovo di Novara, con assistenza dell'Em.mo Card. Agostino Richelmy, nostro Arcivescovo. In presbiterio insieme con S. E. Rev.ma Mons. Vincenzo Tasso, Vescovo d'Aosta, si notavano i canonici della Metropolitana Michele Sorasio arcidiacono, Gabriele Bossi e Francesco Maffei, Mons. Federico Gauthier, curato del Corpus Domini, ed altri distinti ecclesiastici.
L'imponente massa corale della Schola Can-
torum, diretta dal M° Cav. Dogliani, eseguì con mirabile affiatamento ed intonazione le splendide pagine di musica polifonica di Anerio, Palestrina e Griesbacher. All'organo sedeva il M° D. Giovanni Pagella.
Davanti il tumulo eran raccolte varie bandiere di Società Cattoliche intervenute alla mesta funzione; e attorno in appositi banchi stavano i membri del Capitolo Superiore della nostra Pia Società con molti Ispettori e Direttori, e i nipoti e i parenti ; in corno epistolae numerose rappresentanze di Autorità cittadine e del Comitato dei Festeggiamenti ; e nell'ampio spazio riservato, molte spiccate personalità, fra cui ìl conte Provana di Collegno, gentiluomo di Corte di S. M. la Regina Madre, il canonico Gallo, cappellano della Principessa Laetitia, il conte Callori di Vignale, l'avv. cav. Maggiorino Capello, Mons. Muriana, il cav. Enrico Balbo, il prof. Ferrua, l'avv. Rollè, l'avv. Sartorio, il cav. Zappata, il coram. avv. Bianchetti, il cav. Giuseppe Demaria, il prof. Battistini, il dott. cav. Nota, il cav. Vaccarino, il cav. avv. Benelli direttore della « Generala », il conte Luigi Caissotti di Chiusano; nonchè la Direzione e il Corpo insegnante del Collegio S. Giuseppe con una squadra di venti alunni in uniforme, speciali delegati dell'Unione ex-Allievi Salesiani di Lombardia, del Circolo Don Bosco di S. Pier d'Arena e del Circolo D. Bosco di Messina, e molti parroci della città e dell'Archidiocesi e di altre città e paesi, e le rappresentanze di tutti gli Ordini religiosi di Torino. Da apposita tribuna assisteva un'eletta schiera di benefattrici, fra cui la contessa Di Sambuy vedova del sen. conte Ernesto, la contessa Rebaudengo, la contessa di Pamparato, la contessa Balbo di Donato, la contessa Schiari, la contessa di Cigliè, ecc., ecc.
Il discorso.
Prima dell'assoluzione Sua Eminenza salì il pergamo e disse l'elogio funebre.
Sul motto scritturale in silentio et in spe erit fortitudo vestra, l'Em.mo Porporato illustrò la vita di Don Rua, intessuta di modestia evangelica e di sovrumani ardimenti.
Non possiamo dispensarci dall'offrire ai lettori questi splendidi tratti.
« Ed è egli possibile - chiedeva l'em.mo Oratore - discorrere di silenzio e di quiete mentre è parola della Congregazione Salesiana la quale, nata ieri, ha ormai riempito il mondo del suo nome e delle sue gesta?
» Non sono essi i figli di Don Bosco che amano l'aggirarsi fra le moltitudini, il correre solleciti dove più vivo è il movimento, il levar per ogni dove strepito santo? E non è del pari inopportuno soffermarsi a lodare le bellezze dello sperare, dov'è dato raccogliere i frutti di una messe sommamente copiosa ed eletta?
» Non so che rispondere per conquidere direttamente e pienamente tale obbiezione pregiudiziale; ma io non credo di dover ritrattare il motto citato dianzi nel considerare il mite aspetto e la missione provvidenziale di Don Michele Rua, ed una voce mi dice al cuore che voi, uditori, convenite con meco in una medesima sentenza: In silentio et in spe.
E venendo a narrare la vita di Michele Rua studente e chierico, ne lumeggiò le doti singolari che in lui si accoppiavano nonostante l'apparente contrasto.
« Non fu il Rua per ordine di tempo il primo tra i figli di D. Bosco, non il primo chierico, non il primo prete; ma s'io non erro, ben presto egli fu il primo nella sua mente, il primo nel suo cuore.
Tutti sappiamo come fu ammirabile nel fondatore della Società Salesiana l'accoppiamento di due doti, che a primo aspetto paiono fra loro affatto inconciliabili : attività prodigiosa e lentezza costante. Or vide Don Bosco nella singolare sua perspicacia come nessuno meglio di Don Rua era atto ad apprendere l'arte difficile di una tale unione; e insieme è a credere che Iddio stesso si degnasse a lui rivelare in qualche modo che Rua e non altri doveva essere la pietra angolare del nuovo edilizio...
» Non è cosa facile dire delle virtù del nostro Padre fin dagli anni del suo primo tirocinio: purezza illibata, umiltà profonda, obbedienza spinta all'eroismo, spirito continuo di abnegazione e sagrifizio: ecco le doti che concordemente in lui ammirarono superiori e confratelli, amici e discepoli. Per poco poi non è superfluo il soggiungere che tutte queste virtù in lui traevano vita ed incremento da una pietà tenerissima, ch'egli nutriva per le pratiche tutte della nostra santa religione, e specialmente verso Gesù Sacramentato e la Divina Sua Madre...
» Ma non ci è duopo fermarci davvantaggio sul periodo giovanile della vita di D. Rua. Direste che in lui la virilità abbia percorsi gli anni. Non era ancora sacerdote, e tale riluceva in lui una gravità di modi, tale una maturità di condotta, che con voce unanime egli veniva designato a direttore spirituale della Congregazione nascente. E come appena ebbe salito l'altare ad immolare la Vittima Divina, la paternità spirituale si disegnò sul suo volto; e, pure in lui rimanendo la più piena e perfetta sudditanza verso il Venerabile Fondatore, agli occhi degli stessi coetanei egli parve come circondato dall'aureola dell'autorità, rivestito di una maestà quasi senile. Egli era un altro Don Bosco: tale infatti il riguardavano i giovani del Collegio di Mirabello, dove non ancora trentenne egli seppe con senno preclarissimo e con dolcezza mirabile tutte sostenere le parti difficili di un ottimo superiore.
» Ritornato all'Oratorio di Torino dopo la morte del primo Prefetto D. Vittorio Alasonatti, egli incominciò ad essere il vero ausiliario, il braccio destro del Fondatore, non solo nel reggimento di questa o di quella casa, nel disimpegno dell'uno o dell'altro negozio, ma nella direzione piena di tutta l'Opera Salesiana. O se vuolsi, Don Rua fu l'ombra di D. Bosco, finch'egli visse; e tale appellazione torna tanto più opportuna, quanto più per la medesima vengono designate insieme la unione continua strettissima e la sollecitudine costante di nascondere se stesso per lumeggiare la figura del Padre. Don Rua taceva ed operava; nulla di se presumendo, tutto egli sperava da quella Provvidenza, che fra le molte calamità spirituali del secolo decimonono avea suscitato nel nostro Piemonte il grande amico e protettore della fanciullezza....»
Passando a dire del periodo più importante, l'Eminentissimo scultoriamente continuava
« Che alla morte di Don Bosco i buoni Salesiani con voce unanime, e con cuore ardente, abbiano voluto D. Rua Rettore supremo della Congregazione e continuatore delle opere del padre non è meraviglia; ma che D. Rua più di ogni altro addolorato per l'amara perdita potesse con animo tranquillo assumere il grave peso, e quello che è ben più, sapesse portare il medesimo per ventidue anni con incremento continuo della Società e delle sue opere senza smentire un istante la fiducia in lui riposta ed anzi diffondendo a sè dintorno raggi sempre più potenti di luce benefica e di salito amore, non è cosa, di cui l'intelletto umano rimanendo nel puro campo della ragione naturale sappia dare spiegazione adeguata.
» Io sento il bisogno di ricordare un'altra volta le parole del Profeta, e di studiare illuminato dalla fede il senso arcano delle stesse: In silenzio et in spe erit fortitudo vestra.
» Ella è singolare l'analogia che s'incontra, giusta l'insegnamento della filologia, fra il silenzio e quella bellezza che è frutto di un paziente lavoro di ripulimento; quasi con identico vocabolo si esprime nella lingua dei Greci il tacere e l'adoperarsi per rendere un qualche oggetto lucido e smagliante. Or pare a me sia quì giusto motivo di riflessione profonda. Non è facile la virtù del silenzio; ad avere la stessa in modo che torni caro al Signore ed utile al conseguimento del vero bene è necessario lungo studio e non piccolo sforzo; ci è d'uopo pulire e ripulire l'animo nostro; torna indispensabile vincere le passioni, rinunziare ai movimenti della natura e atterrare l'amor proprio per lasciar libero il campo al trionfo della fede e della carità cristiana; nè per vero egli è a credere nella sola parsimonia delle parole consista la virtù del silenzio, la quale si estende in quella vece ad ogni manifestazione esteriore.
» Similmente... per quella fiducia che è fonte di fortezza e conduce alla vittoria, noli è solo ad intendersi l'aspettazione di un bene futuro, ma piuttosto è proprio della stessa l'infondere nell'animo con una calma preziosa un'ammirabile energia. La speranza cristiana, ove ricevuta in un cuore spoglio di sè stesso, è madre alle opere più egregie; per lei si sprigiona dal fondo dell'animo il detto illustre dell'Apostolo : omnia possum i eo, qui ma confortat.
» Molti e molti fra noi, uditori dilettissimi, hanno certamente avvicinato Don Rua, e molti ancora, io penso, hanno cercato di penetrare attraverso alla gracilità quasi diafana della persona la sua rasente ed il suo cuore. Chi ha potuto in lui scoprire pure anco un principio solo di vanità ed ambizione, anco un lieve rnovìmento di impazienza e di improntitudine? Non mancarono davvero dattorno a lui e gli incitamenti alla compiacenza e le occasioni più atte a destare sensi di lui giusto dolore e di un ragionevole risentimento.
» Per una parte noi contempliamo quasi estatici una serie di successi, per altra parte in taluni tempi e in alcuni luoghi specialmente, o per opera dell'umana malizia, o forsanco, così permettendo l'Altissimo, per le astuzie di Satana tale si vide un accanimento contro la Società Salesiana, che gli stessi profani non guasti dai pregiudizi dell'empietà, a mala pena potevano frenare lo sdegno. Ma Don Rua non si smentì un istante; imperturbabile fra i vortici della gloria come tra le spire della persecuzione egli seppe tacere ed operare, nascondendo silenziosamente se stesso nelle pieghe della modestia cristiana e insieme guidando imperterrito il timone della nave a lui affidato.
» Interrogato un pio discepolo di D. Bosco qualcosa egli credesse potersi scrivere a lode del suo successore, nulla v'ha di più facile, rispondeva e nulla v'ha di più difficile dell'elogio di D. Rua. I giorni di lui furori l'uno simile all'altro; dire di tino è dire di tutti; ma qui sta l'opera malagevole, dire convenientemente della umiltà profonda e dello zelo ardente di un tanto Sacerdote; quella attirava sopra di lui tutta l'abbondanza delle divine grazie e benedizioni; questo faceva sì che non cadesse in terra pur briciolo dei favori del Cielo...
»...Altri qui dica delle benemerenze acquistate dal nostro buon Padre nel campo della civiltà e in ordine alla diffusione della bella lingua della nostra Penisola, e per riguardo ancora alle glorie tutte del nome italiano: io non ignoro come la patria e l'intera Società Civile hanno debiti molti verso la Congregazione Salesiana e il compianto suo capo; e ben io potrei soggiungere che l'arte, la scienza, la cultura popolare, insieme colle industrie e coi lavori dei campi come delle officine, meritamente vogliono essere chiamate a convegno, ove è parola di intessere un serto di lodi ai figli di D. Bosco e di Don Rua
E, ritraendone la moral fisionomia, l'Eminentissimo soggiungeva
»... Maestro incomparabile così nello scrivere come nel discorrere (e sono invero mirabili la mole e il fascino della sua corrispondenza epistolare) Egli fu anco più valente nella scuola dell'esempio. Pure fuggendo con cura ogni singolarità che potesse attirare sopra di lui uno sguardo indiscreto, nella pietà più tenera, nell'osservanza più esatta di ogni regola, nell'attenzione continua ad evitare ogni menomo difetto, nella distribuzione scrupolosa delle ore e dei singoli istanti, nello stu dio incessante di proseguire nelle vie del bene, egli riuscì oggetto di ammirazione e di dolce ammonimento a quanti furono testimoni del suo vivere, e in modo speciale a quelli che nella sua Congregazione più ebbero il bene di rimanere al suo fianco; pur esse facevano per lui quelle parole di Paolo, che mai uscirono dalle sue labbra, ma cui inconsciamente pronunziava ogni suo fatto: imitatores mei estote, sicut et ego Christi.
„ La Messa di Don Rua, la meditazione di Don Rua, la lettura spirituale, la visita al SS. Sacramento e insieme il conversare di Don Rua, il breve suo riposo, quell'abbraccio tenero ch'egli dava specialmente ai figli partenti per le regioni remote; le correzioni stesse di Don Rua, i suoi rimproveri; tutto, tutto era scuola di virtù; e l'insegnamento era desiderato, era amato, era ricordato pur nei luoghi lontani, e non rimaneva senza frutto. Oh! perchè tale scuola fu chiusa per sempre ?»
La elegante orazione durò circa un'ora e fu ascoltata con viva commozione.
Sceso dal pergamo, l'Eminentissimo vestì gli abiti pontificali, e recatosi processionalmente al tumulo, cantò le preci dell'assoluzione.
L'indimenticabile cerimonia finì a mezzogiorno e un quarto.
A S. Giovanni Evangelista.
Il 12 aprile nella Chiesa di San Giovanni Evangelista al Corso Vittorio Emanuele, totalmente parata a lutto, si celebrarono i solenni funerali di settima. Sulla porta del tempio si leggeva la seguente iscrizione, dettata dal prof. D. Alberto Caviglia:
Don Michele Rua - successore di Don Bosco - perpetuò le virtù di quel grande -- operò, estese i già vasti disegni - congiungendo in divina carità - la gioventù la patria la Chiesa - A lui pregano eterna pace - Confratelli alunni benefattori - dell'Istituto San Giovanni Evangelista.
Celebrò, commosso fino alle lacrime, il venerando Can. G. Battista Anfossi, condiscepolo dell'estinto; assistevano accanto il tumulo alcuni parenti di Don Rua, il rev.mo D. Albera del Capitolo Superiore, Don Francesia, e le rappresentanze dell'Oratorio di Valdocco, del Seminario di Valsalice e delle Scuole Apostoliche del Martinetto. Distinguevansi, nell'onda immensa di popolo che gremiva la chiesa, le pie associazioni esistenti nella medesima: le Figlie dell'Addolorata e le Ancelle del S. Cuore.
I confratelli e gli alunni del Collegio eseguirono squisitamente la e Missa tertia » dell'Haller e la e Sequentia » e le esequie del Pagella.
In Valsalice.
Il 9 viaggio, giorno trigesimo della tumulazione dell'amatissimo Padre, il Seminario delle Missioni Estere in Valsalice che si onora di averne la tomba, offerse per l'anima sua solenni suffragi. Cantò messa il rev.mo Don Filippo Rinaldi, il quale rivolse ai chierici alunni un'acconcia allocuzione. La schola cantorum, diretta dal maestro prof. D. Vincenzo Cimatti, eseguì la messa in perfetto gregoriano.
Ai SS. Martiri.
Per iniziativa dello stesso affezionato condiscepolo di D. Rua, che durante la malattia aveva promosso nella stessa chiesa un solennissimo triduo di preghiere per implorarne la guarigione, vennero celebrati il 12 maggio imponenti suffragi. Il tempio era interamente parato a lutto; nel mezzo si ergeva un grande catafalco, circondato da una folla divota. Celebrò il rev.mo D. Piano, Curato della Gran Madre, con assistenza pontificale di S. Ecc. Rev.ma Mons. Luigi Spandre, Vescovo di Asti. Il Can. Giacinto Ballesio, Prevosto e Vicario Foraneo di Moncalieri, condiscepolo dell'Estinto, disse un breve ma splendido elogio. Egli non parlò « dell'epopea salesiana, non dell'opera apostolica, moderatrice e mondiale del caro e compianto Don Rua » ma essendo stato allievo dell'Oratorio dal 1857 al 1864 ed avendo visto « l'età eroica, l'infanzia e la prima giovinezza della Società Salesiana » con rapidi tocchi fe' rivivere nella sua vita intima « il chierico Rua, Don Rua, il primo, il più grande dei figli di D. Bosco ».
La schola cantorum dell'Oratorio Salesiano di Valdocco ripetè la stessa messa che aveva eseguito due giorni prima nel Santuario di Maria Ausiliatrice.
Nel Ven. Seminario Metropolitano.
I Chierici Seminaristi, ex-allievi di Istituti Salesiani, vollero dare anch'essi una splendida prova di affetto e di riconoscenza all'indimenticabile Successore di D. Bosco. Trascriviamo da una lettera di un di loro, il diacono Giuseppe Matta.
e Il giorno 7 di maggio nella cappella del Seminario Metropolitano di Torino, veniva celebrato un solenne funerale di trigesima in suffragio dell'anima eletta di Don Rua.
» Officiò il Teol. D. Vincenzo Gili antico allievo, e la schola cantorum locale eseguì classiche melodie sotto la direzione del maestro Teol. Giuliano Squassino.
Fu veramente edificante lo slancio e l'entusiasmo con cui indistintamente concorsero tutti i Seminaristi, affinché riuscisse il più solenne possibile l'affettuoso omaggio reso alla Memoria di Don Rua; segno della profonda venerazione che i chierici nutrivano pel Venerato Successore di Don Bosco, di ammirazione per l'Opera sua, e di sentita riconoscenza e gratitudine per la preziosa benedizione che il sig. Don Rua loro inviava dal letto della sua agonia, la vigilia del suo beato transito, facendosi reggere la stanca mano dal venerando Don Francesia. »
(Continua).
Il Comitato Torinese per le onoranze a D. Rua.
Il 25 aprile nella sede del Circolo « Giovanni Bosco » si radunava il Comitato Torinese per le giubilari onoranze a D. Rua. Il Presidente, Sen. Barone Antonio Manno, parlò della grave perdita che Torino e l'Italia avevano fatto nella persona del venerando Successore di Don Bosco, e domandò se in seguito a tale perdita il Comitato dovesse sciogliersi. In seguito a lunga e serena discussione il medesimo deliberò di restare in carica per coadiuvare i Salesiani nell'Esposizione delle Scuole Professionali che secondo l'ordinamento delle Case Salesiane si deve tenere ogni sei anni, e stabilì di farsi iniziatore di un'opera permanente che ricordi le virtù e i meriti di Don Rua. L'attuazione di questa bella idea senza dubbio sarà condivisa da tutti gli ammiratori del compianto sacerdote e dell'Opera Salesiana.
TORINO. - L'8 maggio a Valsalice.
Commovente e solenne - nonostante il vento che infuriò tutto il giorno - riuscì la Commemorazione promossa dal Circolo « Giovanni Bosco » che la sera stessa del 7 aprile aveva nella propria sede sociale commemorato l'Estinto.
« Per avere una novella prova della venerazione che i Torinesi portarono e portano tuttora a Don Rua -- scriveva la Stampa del 9 maggio - bastava trovarsi ieri lungo la salita di Valsalice, e più specialmente nell'interno del vasto Seminario delle Missioni estere. Già nel mattino, ma specialmente nel pomeriggio, centinaia e migliaia di persone si diedero convegno sulla tomba del compianto sacerdote per tributargli un mesto tributo di affetto. Alle ore 16, poi, alcune migliaia di antichi allievi e di cooperatori dei Salesiani erano raccolti nel cortile inferiore dell'istituto, davanti alla tomba di Don Rua, dove ebbe luogo una imponente commemorazione del Successore di Don Bosco.
» La cerimonia era presieduta dal senatore barone Antonio Manno, cui facevano corona Don Rinaldi e Don Albera del Consiglio Superiore dei Salesiani, i consiglieri comunali Fino, Corsi e Gribaudi, il sostituto procuratore generale presso la Corte d'Appello, comm. Pulciano e, sparsi qua e là tra la folla, membri dell'aristocrazia, del clero, del laicato cattolico, e sopratutto una folla di popolo, confusa alle rappresentanze di molte Associazioni di antichi allievi dei Collegi Salesiani.
» L'oratore ufficiale (che doveva essere l'avv. Guido Miglioli, consigliere provinciale di Cremona ed ex-allievo del Collegio Salesiano di Borgo San Martino), trattenuto a letto da una indisposizione, venne sostituito dai consiglieri comunali prof. Gribaudi e avv. Fino, i quali parlarono di Don Rua con tanto affetto e con tanto entusiasmo da strappare le lagrime a più d'uno dei presenti.
» Nessuno ha riportato l'impressione che si trattasse di una commemorazione sulla tomba di un defunto: l'ambiente dava l'idea che si fosse trattato di una festa, di un'apoteosi. E lo fu infatti ».
Parlò pel primo l'illustre barone senatore Antonio Manno, a nome del Comitato Torinese promotore dei Festeggiamenti per l'iniziato Giubileo Sacerdotale di D. Rua, recando alla memoria del degno Successore di Don Bosco l'omaggio riverente che avrebbe voluto tributargli se fosse rimasto in vita. Rilevò con nobilissime frasi come sia piaciuto a Dio di dare a lui in Cielo l'onore e il premio per cinquant'anni di lavoro indefesso; e soggiunse che gli uomini di cuore non lo dimenticano, ma son lieti e superbi di proclamarsi ammiratori ed amici dell'opera sua.
Com'ebbe l'avv. Battù comunicato varie adesioni - fra cui applauditissima quella di Mons. Morganti, Arcivescovo di Ravenna - salì alla tribuna il consigliere comunale Prof. Piero Gribaudi. « Il Circolo « Giovanni Bosco » - egli disse - rappresenta oggi in questo luogo l'enorme falange degli allievi e dei figli di Don Bosco e di Don Rua che sono sparsi in tutto il mondo e che in tutte le classi sociali, in tutte le carriere, negli uffici pubblici, nell'insegnamento, nell'esercito, nella magistratura, fanno onore ai loro educatori e si gloriano di aver passato i più begli anni della loro giovinezza nei collegi e negli istituti salesiani e. E parlò dello spirito democratico che animò sempre l'opera di Don Bosco e di Don Rua, della cura che questi ebbe per le scuole professionali e per gli oratorii festivi e della sua abnegazione meravigliosa, diretta continuamente al bene degli umili, per cui la sua morte fu oggetto di universale rimpianto; ed il suo nome è e sarà sempre benedetto in tutti i punti della terra, ove in qualche modo potè giungere l'eco della sua voce paterna e il palpito del suo cuore riboccante di carità. Agli ex-allievi ricordò il dovere che hanno di diffondere ovunque lo spirito di Don Bosco e di Don Rua, che è spirito veramente cristiano, cioè spirito di amore e di abnegazione per tutti i deboli e per tutti gli umili. e A nome - conchiuse - delle migliaia e migliaia di ex-allievi dei collegi salesiani non solo dell'Italia, ma di tutta l'Europa e del mondo intero, noi ex-allievi di Torino, promettiamo sulla vostra tomba, o Don Rua, di dimostrarci sempre fedeli seguaci degli insegnamenti che abbiamo ricevuto nei collegi salesiani. Tutto dobbiamo all'opera vostra, e noi, non ingrati discepoli, vi offriamo i nostri cuori e la nostra vita ».
A sostituire l'avv. Miglioli parlò l'avvocato Fino. Egli esordi dicendo di parlare a nome di tutti gli assenti, di coloro che vorrebbero partecipare alla cerimonia, ma sparsi per l'Italia, pel mondo tutto, non potevano parteciparvi che in ispirito. E con elettissima frase, vibrante d'affetto e di commozione, fiorita di immagini forti e superbe, rievocò la figura soave, cara, indimenticabile di D. Rua e l'opera sua di pietà, di amore, di bene; esaltò l'immagine di lui, morto come un patriarca dell'antica legge, dopo aver passata la vita beneficando: e disse di lui pacificatore sociale, educatore e maestro d'apostolato, dopo esser stato l'allievo primo e migliore di Don Bosco. Ricordò il pellegrinaggio francese guidato a Roma dal sig. Le Mire e quelli guidati da Leone Harmel, che vollero prima passare per « l'anticamera italiana della cristianità » a ricevere in Torino e in Valsalice la benedizione del Successore di Don Bosco ed i suoi paterni consigli. Chiuse con un'alata apostrofe all'amico ed al padre dell'operaio, che ha preparata alla società una generazione di cristiani e di cittadini sicuri, coscienti ed intemerati, che sapranno benemeritare della religione e della patria, e meritare la benedizione di D. Rua ancora dal Cielo.
Salì ultimo alla tribuna, rilevando che il metodo educativo di Don Bosco e di Don Rua precorse le ultime conquiste della scienza giuridica, l'avv. De-Lauso, il quale ringraziò gli intervenuti a nome dei nipoti e dei parenti dell'estinto, sebbene, egli disse, la famiglia di Don Rua sia formata di tutti i Salesiani e di tutti coloro che nel mondo intero lo amano e lo ricordano.
Brevi parole aggiunse in fine, con caldo affetto di ex-allievo, il rev.mo Mons. Muriana, Curato di S. Teresa, dicendo vivacemente dello sviluppo dato all'Opera di Don Bosco dal suo degno Successore.
L'egregia commemorazione - alla quale intervennero anche larghe rappresentanze degli Oratori S. Luigi, S. Giuseppe e D. Bosco in Valsalice e dei Circoli Auxilium, Michele Rua, Card. Massaia con fanfara, Card. Richelmy, Vittorio Amedeo II, Savio Domenico, e delle Scuole Professionali di S. Benigno Canavese, il cui corpo musicale eseguì scelti pezzi - si chiuse con la benedizione del SS. Sacramento impartita nell'annessa chiesa di S. Francesco di Sales dal prelodato Monsignore.
GENOVA. - Al Palazzo Ducale.
Il magnifico salone del palazzo ducale, la sera del 12 maggio presentava un aspetto imponente pel largo ed eletto concorso di intervenuti ad ascoltare la commemorazione pronunziata dal Marchese Crispolti. Erano presenti il consigliere della Corte d'Appello cav. Pittatore in rappresentanza del Primo Presidente, l'assessore Boggiano, l'assessore Mangini in rappresentanza del Sindaco, il marchese Pallavicini, i Salesiani di Sampierdarena, l'avv. Rissetti, il comm. Corsanego Merli, il cav. Massucco, l'Economo dell'Intendenza in rappresentanza dell'Intendente, il dott. Buffa, l'avv. Viani, i giovani del Circolo B. Carlo Spinola e Fascio Universitario, promotori della commemorazione ed uno stuolo infinito di gentili signore e signorine.
Il marchese Crispolti, accompagnato alla tribuna dagli avv. Parodi e Cappa, parlò oltre un'ora e un quarto colla sua abituale sciolta ed elegante parola, acquistando subito le simpatie dell'affollato uditorio.
Premesse brevi parole sulla vita di Don Bosco e di Don Rua entrò a parlare della loro opera esaminandola sotto il triplice aspetto di protezione dei giovani, di conquista alla fede delle terre selvaggie, e di tutela degli emigrati all'estero; ricorda come l'opera salesiana si sia sempre ispirata alle più pure idealità della fede, sorretta e vivificata dalla preghiera, e in esse trovi il segreto per il quale vive e progredisce più e sopra di ogni altra istituzione che pur si sia proposti gli stessi nobili scopi ; espone una breve statistica delle case, delle chiese fondate dai Salesiani, dei giovani che le frequentano, dei sacerdoti e delle suore che prestano in esse l'opera loro.
« Don Rua santo, egli conchiude, è stato posto in Valsalice, che fa parte dello stesso gruppo di colline a cui appartiene Superga. E come a Superga, egli dice, al maggior tempio eretto a memoria di vittorie italiane, noi andremo a trarre coraggio se la patria ci chiamasse, Dio non voglia, a difesa contro il nemico, così a Valsalice trarremo ad ispirarci al culto delle opere buone di alta civiltà e di carità cristiana che trovarono in Don Rua l'apostolo più fervente! »
Applausi intensi coronarono lo splendido discorso del facondo oratore, che la sera seguente ripeteva la stessa conferenza nella città di Chiavari.
MILANO - Al Circolo Popolare Cattolico S. Pietro in Sala. - Si tenne la domenica 22 maggio e « riuscì - scrive l'Unione di Milano - assai imponente. Intervennero, con numerose rappresentanze e con bandiere l'oratorio del Fopponino ed il ricreatorio San Francesco d'Assisi una rappresentanza dei rev. padri Cappuccini, don Saluzzo.
il prevosto locale e monsignore Francesco Stefano Coppel della Congregazione dei Salesiani di Annecy, vescovo di Nagpur nelle Indie; aveva aderito anche mons. Viganò. Presentato dal presidente Mario Ramelli, il prof. Don Stefano Trione, tenne il discorso commemorativo. Premesso l'amore del compianto don Rua pei cattolici milanesi che gli furono larghi di aiuti, l'oratore tratteggiò la grande figura di lui; ne descrisse la integerrima vita, le grandi opere ideate e condotte a termine, l'estimazione che godeva nel mondo ed enumerò il gran bene da lui fatto. Accenna al plebiscito seguito alla morte del santo sacerdote, chiude assai applaudito congratulandosi della iniziativa del Circolo confidando nella benevolenza dei cattolici milanesi per l'opera dei salesiani.
» Dopo appropriate parole del prevosto e dell'assistente ecclesiastico, monsignor Coppel rivolge il suo saluto al Circolo unendosi alla commemorazione... ».
TARANTO - Presso i PP. Carmelitani. - La sera del 21 aprile in una sala della casa parrocchiale dei PP. Carmelitani al Borgo il solerte incaricato dell'Unione Popolare, P. Stanislao Cola, disse « dell'opportunità di una commemorazione dell'uomo illustre e venerando, di cui tutto il mondo pianse la perdita ». Parlò quindi il rev. P. Giuseppe Frascella, Carmelitano, la cui bella e dotta conferenza fu un'apoteosi dell'Opera salesiana. Infine si recitò il De profundis. Intervennero buon numero dei soci dell' « Unione popolare » e molti ammiratori dell'estinto.
VARESE - All'Unione Cattolica Varesina. - La sera dell' 11 maggio, nel salone dell'Unione Cattolica pronunziò un forbito discorso il parroco Don Maddalena, il quale illustrò le virtù, l'azione e lo spirito di sacrifizio e di abnegazione di Don Rua. L'oratore fu vivamente e calorosamente applaudito. Fu inviato un telegramma ai Salesiani di Milano, riaffermante la devozione e l'affetto alla famiglia salesiana.
CASTEGGIO - Il 21 maggio. - Alla solenne funzione funebre celebratasi la mattina nella parrocchiale, per iniziativa di un gruppo di. ex-allievi con a capo quell'infaticabile arciprete teol. Don Carlo Testone, seguì un'animatissima commemorazione diretta in special modo a rendere omaggio alla memoria di D. Rua col fondare una nuova associazione di ex-allievi. Tenne il discorso di circostanza l'avv. P. Battù del Momento di Torino, e parlarono pure ascoltatissimi il Dott. Nassano, il rev. D. Corana, il sig. Berra direttore del Giorno di Voghera, il prof. D. Giov. Battista Rinaldi direttore del Collegio di Borgo S. Martino ed il reverendo D. Carrera parroco di Lungavilla.
SPEZIA - Al Circolo S. Luigi. - La domenica dopo la morte (10 aprile) l'avv. Paolo Boracchia commemorò solennemente D. Rua nei locali del Circolo S. Luigi, innanzi a numerosi soci. Dopo aver rievocati alcuni ricordi personali, l'oratore rilevò come D. Rua sia riuscito a tener desto e ad accrescere intorno all'opera di Don Bosco quell'interesse e quell'entusiasmo che si poteva pensare fosse tributato alla persona del Fondatore e ad applicare, nelle esigenze di circostanze nuove, quegli stessi principi che avevano servito di norma per il passato. Disse come i Salesiani « negli oratorii, nei collegi, nelle scuole professionali, nelle missioni, nei lazzaretti dei lebbrosi, nei segretariati per gli emigranti, svolgano un'opera mirabile di fede, di democrazia, di civiltà, di patriottismo, offrendo la più convincente prova della fecondità del cristianesimo nella società moderna, e di tutta questa azione ha dimostrato D. Rua ispiratore ardente, organizzatore tenace ».
« Pensiamo guardando all'estero - ha detto l'oratore - al bene che l'opera salesiana compie a vantaggio di tanti emigrati, e come italiani e come credenti ne sentiremo la più viva compiacenza. Migliaia e migliaia di contadini e di operai salpano annualmente dai nostri porti in cerca di lavoro. Erranti in regioni straniere, fra nuove usanze dimenticano ben presto la lingua e la religione del loro paese. Sbattuti su lidi stranieri, come resti di un naufragio, perdono la conoscenza della propria dignità, della propria patria, e, senza patria e senza tempio, vengono assorbiti dal paese che li accoglie, se pure non finiscono col diventare gli elementi pericolosi dei bassi fondi delle metropoli americane. A questi i salesiani offrono in gran parte un indirizzo e un lavoro ».
Terminò, fra generali applausi, ricordando che a Valsalice, dove insieme a quella di D. Bosco giace la salma del suo fedele successore, guarderanno con affetto riconoscente quanti in una delle case salesiane sparse per il mondo hanno passato giorni di gioia pura nei loro anni giovanili, e vi troveranno forza per conservare, attraverso le asperità della via, la fiamma di un ideale di virtù e di bontà.
Simiglianti commemorazioni si tennero in altri Circoli annessi e non annessi ad Oratorii Salesiani.
Ad es. a Chioggia, in seno al Circolo S. Giusto, l'oratore, dopo aver tratteggiata la figura di Don Rua come grande educatore, toccò per sommi capi le virtù dell'uomo presentandolo come sacerdote e patriota, ed in fine rivolse ai soci calde esortazioni a battere costantemente e senza rispetto umano la via del patriottismo vero e del più schietto sentimento cattolico.
A Lucca, la scuola serale « Matteo Civitali » commemorò nel proprio oratorio l'amatissimo nostro Superiore. Assistevano moltissimi alunni, gli assistenti e la Direzione. Il sacerdote Ferdinando Simonetti, vice-direttore della scuola, illustrò eloquentemente l'opera benefica del caro estinto. Venne quindi inviato alla Direzione Generale delle Opere Salesiane un telegramma di condoglianze.
E qui, se volessimo registrare anche le commemorazioni compiutesi in seno a molte società e in varie adunanze cattoliche, tenutesi in quei giorni di universale rimpianto, non la finiremmo brevemente.
Ricordiamo commossi le nobili parole dette al Consiglio direttivo dall'Unione Pro Schola Libera di Torino e quelle proferite al Congresso giovanile Toscano tenutosi in Siena e al Convegno diocesano di attività e studii sociali di Aci Reale, mentre dal più profondo del cuore a tutti rinnoviamo i più vivi ringraziamenti.
Allo splendido serto di lodi, intrecciato lo scorso mese con passi di giornali italiani, ameremmo aggiungerne un altro, spigolato dalla stampa estera dei due mondi; ma lo spazio non ce lo consente. Dobbiam quindi limitarci a pochi periodi di due grandi giornali italiani di Buenos Aires, non sospetti di clericalismo, e ad una bella pagina di un'opera su Don Rua, pubblicata da quel brillante scrittore fiorentino che è il prof. Eliseo Battaglia.
Un grande italiano.
Il telegrafo ci annunzia che dopo una lunga dolorosa alternativa fra la vita e la morte Don Rua è morto
La sua vita fu ammirevole per operosità, pietà, amore degli umili. Nessuna asprezza nel suo carattere, nessuna intolleranza nello svolgimento dell'opera sua benefica, ispirata a sentimenti di religione e di patria.
Durante il suo Rettorato la corporazione dei Salesiani ebbe un incremento prodigioso. Tutto il bene operato dal sodalizio si rifonde in lui come a centro direttivo di azione; tutti i fanciulli - e sono centinaia di migliaia - educati negli Oratorii e nei Collegi Salesiani lo chiamano loro Padre; perfino la barbaria nomade dell'estrema Patagonia e delle foreste vergini d'America guarda a lui come ad apostolo di civiltà...
La morte di Don Rua è un lutto per tutti quegli italiani che, spogli di ogni spirito settario, riconoscono e tengono in alto concetto l'opera che la Società dei Salesiani compie con un alto pensiero di elevazione morale del popolo e con uno schietto sentimento di patriottismo.
Con la morte di Don Rua l'Italia non chiude certo il libro d'oro dei suoi figli benemeriti e gloriosi, ma è fuor di dubbio che con Don Rua la patria nostra ha perduto uno dei più eletti rappresentanti di quella fede sincera e operosa che smuove le montagne e opera miracoli.
Amici ed ammiratori di tutti coloro che fanno seriamente il bene e cooperano al benessere e alla dignità morale delle classi umili, da queste colonne noi presentiamo le nostre sincere condoglianze al Sacerdote D. Giuseppe Vespignani ed a tutti i Salesiani dell'Argentina.
(La Patria degli Italiani di Buenos Aires, del 7 aprile).
Un degno sacerdote.
Dopo una lunga alternativa di speranze e di timori è morto D. Michele Rua, Rettore dei Salesiani in Torino. La figura di Don Rua, così popolare e simpatica nel inondo cattolico, è ricordata in questi momenti in ogni plaga della terra, ove entrò, con la croce di Cristo, la propaganda religiosa da lui fervidamente inspirata e diretta.
I cattolici prendono ufficialmente il lutto e propiziano dal cielo le benedizioni all'anima del pio Sacerdote che s'avanza alla volta del Paradiso; noi che viviamo in altro mondo, fra altri ambienti e con principi diversi, ci inchiniamo ugualmente dinanzi alla tomba del valoroso e devoto soldato di Cristo.
Continuatore delle tradizioni di Don Bosco, che lo aveva preceduto nella direzione dei Salesiani, D. Michele Rua ha dato prova agli umani del sacrifizio costante della sua intelligenza e della sua attività per il trionfo del principio cristiano, e per rinsaldare ogni giorno più le basi della organizzazione dei Salesiani, benefica istituzione la cui importanza in ogni plaga del mondo cattolico sarebbe vano il disconoscere.
Don Michele Rua ottenne la massima simpatia per la grande modestia, per la semplicità primitiva della sua vita, esclusivamente dedicata all'esercizio della sua missione.
Non fasti, non onori, non lusso. Egli viveva modestissimo fra i modesti, in una cameretta al secondo piano dell'immenso edifizio del Collegio Salesiano, ove non era altra cosa che non ricordasse al sacerdote il benefico e pietoso programma di tutta la sua esistenza.
Non abbiano i dati necessarii per tessere una dettagliata nota biografica dell'estinto e della sua operosità veramente straordinaria; però, mentre il suo nome passa alla storia e la sua tomba si schiude in mezzo alle preci della collettività cattolica, che rimpiange a ragione la perdita d'uno fra i più stintati e valorosi suoi membri, ci piace di scrivere, con convinta tranquillità di coscienza che D. Michele Rua fu veramente un degno ministro di Dio.
(Dal Giornale d'Italia di Buenos Aires, del 7 aprile) .
UN SOVRANO DELLA BONTÀ.
Nacque umile, ed umile visse. L'aureola della sua regalità cominciò ad illuminarlo, quasi lucente aurora del giorno immortale che spuntava per Lui, sul suo letto di morte; e l'avvolse poi di tutto il suo splendore quando fredda, pallida salma, chiusa nel feretro, passò come un sovrano trionfatore per le vie di Torino, alto sopra il livello comune degli uomini, principi o popolani, operai o scienziati, che s'inclinarono riverenti al suo passare, e scoprirono il capo in ultimo saluto.
E sovrano fu veramente Don Michele Rua Rettore Maggiore della Pia Società Salesiana , sovrano delle anime; un regno questo che non ha limiti di frontiere, nè confini segnati dalla Natura o dalla Politica, ma che, immenso come il mondo, tutto lo comprende; un regno su cui questi sovrani ideali, che tratto tratto appariscono eletti, inviati, consacrati da Dio stesso, imperialmente dominano con la potenza, unica ma irresistibile, della bontà. Re senza scettro, senza corona, senza spada, essi sono incontestabilmente più grandi, più forti di tutti i re della Terra, perchè parlano ai cuori buoni; e tutti i cuori buoni, liberi e pronti, rispondono, obbediscono senza nessuna costrinzione di legge, senza nessuna minaccia di pena al rifiuto. Parlano questi Sovrani della Bontà una dolce parola d'amore, e chiedono sagrifizi di cose
e di vita; chiedono, anche a fragili deboli creature femminee, eroismi quasi si direbbero impossibili; spingono giovani anime ad ardimenti che sembrano follie, impongono a piccoli drappelli di donne nate anche talune fra gli agi ed il lusso di famiglie signorili, a piccole schiere di uomini armati solo di una piccola croce infissa sul petto, di marciare, affrontando rischi, pericoli d'ogni genere, il martirio, la morte, alla pacifica conquista di popolazioni selvagge, feroci, antropofaghe, conquista che spaventerebbe un esercito. E vanno gli umili eroi, attraverso gli oceani, i deserti, le foreste sterminate e compiono le imprese magnifiche non indotti da mire di lucro, d'ambizione, di potenza mondana, non sorretti dal miraggio della gloria per il loro nome, ma per acquistare anime a Dio, e così rendere popoli barbari partecipi della luce della civiltà cristiana. Il loro grido di guerra nella marcia terribile, ma pur gioconda e cara ad essi e che finisce sempre vittoriosa, come la loro preghiera più intensa nel raccoglimento intimo o nel momento della lotta spirituale e del pericolo, è questo grido che va dal loro cuore a Dio: e Da mihi animas, caetera tolle; Dammi le anime, o Signore, e prenditi tutto il resto! » Parole sublimi, che quasi motto araldico racchiudente in sè tutto un programma di vita e d'azione per il bene, splendono a lettere d'oro nella bianca bandiera immacolata che tengono spiegata al vento, senza abbassarla giammai per calcolato interesse, per furia d'assalti nemici, questi Sovrani della Bontà, si chiamino essi attraverso i secoli e le vicende umane, Benedetto da Norcia, Francesco d'Assisi, Vincenzo de' Paoli, Francesco di Sales, e giù giù fino ai tempi nostri, il Cottolengo, Fra Lodovico da Casoria, D. Bosco; ultimo di tutti, D. Michele Rua...
Il mondo si commosse alla sua morte più che non si commoverebbe per quella del più potente monarca della Terra, che lascia gli animi stupiti forse ma freddi. Agli umili, ai semplici, a coloro che vivono di pene e di lavoro aspro incessante, a coloro che appena si affacciano dalla barbarie alle soglie della civiltà, trattivi da mano ardita ma benevola in nome del Cristo, o spintivi dalla forza spietata delle armi, che importa se un uomo dagli splendori del trono scende fra le tenebre del sepolcro? Questa potenza di commozione universale in alto e in basso, la dànno soltanto coloro dai quali, in un modo o nell'altro, direttamente o indirettamente, l'umanità ha risentito l'influsso del bene che da essi emanava...
Ai funerali dei re accorre la folla, mossa dalla curiosità dello spettacolo imponente di fasto e di pompa, che si prepara ed attira; va perchè la stessa folla è spettacolo a sè stessa, va per un bisogno degli occhi: a quello di Don Rua accorse per un bisogno del cuore, per dare appagamento a quel desiderio intimo, innato, inavvertito spesso da quasi tutti, ma che a volte si risveglia infrenabile, di rendere omaggio alla grandezza dell'umana natura che si è riversata in qualche anima eccelsa per mezzo della manifestazione più possente e splendente, quella della Bontà, quella cioè che più la riaccosta alla divina origine sua.
E i popoli più lo sentono questo desiderio e più vi si abbandonano, quando queste anime sorgono dalle sue umili schiere, in cui pur sono dei nascosti tesori di bontà i quali darebbero tutte le loro sane e forti energie per il bene comune, se la malvagità di molti non li comprimesse, non li disperdesse per i loro biechi fini, e se l'inerzia fatale dei più non li rendesse inutili col non prestare aiuto efficace per farli emergere, fruttificare sotto il caldo, vivida sole dell'amore ai più poveri, ai più bisognosi di pane e di educazione, ai quali poi la Società, spesso ingiusta, chiede conto di aberrazioni, di misfatti, non curandosi di ricercar se essa stessa ne sia la più responsabile per l'abbandono materiale e morale in cui ha lasciato quei miseri.
Dalle schiere più umili del popolo sono sorti quasi tutti i più insigni benefattori dell'umanità in ogni tempo, come ai tempi nostri son sorti Don Bosco e Don Rua. E il popolo minuto ha sentito pulsare nelle proprie vene il loro sangue, ha sentito il battito del loro cuore battere all'unissono col proprio; li ha sentiti parlare col proprio linguaggio mentre pure elevavano il suo cuore, la sua intelligenza con idee, con sentimenti che lo nobilitavano dandogli le visioni d'orizzonti vasti, nuovi e puri, abbuiati prima e ristretti nella breve ed anche pur troppo! lurida, turpe cerchia delle sue stamberghe. Ha sentito che uno spirito di fratellanza tenera veniva da essi a lui, come un soffio tepido di primavera, il quale passa sui tronchi e gli sterpi brulli, aridi e li vivifica e li abbellisce di gemme promettitrici poi di fiori e di frutti; ha visto che essi, questi Eroi, questi Sovrani della Bontà si toglievano le vesti di dosso, il pane di bocca per darli a lui, ai figlioletti suoi che avevano freddo e fame; e questo popolo minuto, che si sentì aiutato ed amato, corse ad essi con slancio, si gettò nelle loro braccia mentre vivevano, e quando la Morte, ancella di Dio e a noi sorella, ne guidò l'anima su per le vie del Cielo, in lacrime ne baciò la spoglia, come se, nel distacco da essa, venisse a mancargli qualche cosa della sua propria vitalità per il cessare di quella corrispondenza diretta di cuore a cuore, di sguardo a sguardo, di sorriso a sorriso, e nell'ultimo addio, sul limitare del sepolcro, sentì che aveva perduto un padre!
ELISEO BATTAGLIA (1).
(1) Un Sovrano della bontà (D. Michele Rua) - 1910 ditta G. B. Paravia e Comp.
MOZAMBICO
Quattro battesimi e la missione della Moscellia.
(Lettera del Sac. Giovanni Barilari).
Mozambico, 7 febbraio 1910. REV.MO ED AMAT .MO SIG. D. RUA,
PoICHè fu a visitarci il nostro Ispettore D. Pietro Cogliolo, il quale le trasmise ampie notizie nostre, per qualche mese mi sono dispensato dall'inviarle direttamente una qualsiasi relazione. Non creda, amato Padre, che ce ne sia mancato il pensiero e il desiderio, tutt'altro! ma fin quando saremo così pochi in un campo così vasto di lavoro, non potremo mai giungere a tutto. Creda pure che allorquando leggiamo nel Bollettino la relazione delle numerosissime spedizioni annuali di nuovi Missionari per le Americhe e per altre regioni, noi proviamo un po' d'invidia, e preghiamo con più ardore il Padrone della Messe che mandi qualche nuovo operaio anche in questa vigna!
Testè abbiamo celebrato, colla maggior pompa che ci fu possibile, la festa del nostro Patrono. Premesso un triduo di preparazione con brevi sermoncini sulle virtù del Santo, spuntò il 30 gennaio, giorno stabilito per la festa.
Alle 7 vi fu messa con comunione generale; alle 9.30 messa cantata con panegirico detto dal nostro caro D. Recalcati. La festa fu resa più solenne dal battesimo di quattro dei nostri moretti. Son sicuro che S. Francesco, il grande apostolo e missionario del Chiablese, in quell'istante ci avrà sorrìso dal Cielo. Faccia Iddio che essi perseverino nella fede e conservino illibata la stola dell'innocenza battesimale fino alla morte.
Sono appena pochi mesi che si è aperta la missione della Moscellia alle sponde del fiume Monapo ed abbiamo da ringraziare il Signore per il progresso che ha già fatto in sì breve tempo. Già si sono costrutte le Palhotas o baracche, si è già coltivato un bel pezzo di terreno, parte ad ,ortaggi europei più confacenti con questo clima, parte a piantagioni indigene per aver qualcosa da sfamare i moretti che si avvicineranno alla missione, poichè, mi si permetta l'espressione, qui più che altrove la fede entra molte volte per la bocca.
Amatissimo sig. D. Rua! si avvicina infine il fausto ed auspicato giorno del suo giubileo sacerdotale! Permetta che anche i suoi figli, giovinetti e cooperatori dell'Africa Orientale s'uniscano in ispirito alla festa del comun Padre e faccian eco al coro universale di auguri è di voti per la sua prosperità e per la sua conservazione al nostro amore; ed ella, amato Padre, nella sua messa d'oro si ricordi anche di noi ed in special modo del
suo Aff.mo figlio in G. C.
Sac. BARILARI GIOVANNI
Missionario Salesiano.
CINA E GIAPPONE
Quanto son pochi i Cattolici !
(Lettera dell'Ispettore D. Pietro Cogliolo).
Yokohama, 29 marzo 1910. REV.MO SIG. D. Rua,
DOMANI partirò dal Giappone per San Francisco di California, New-York e l'Italia. Oh! quanto sospiro di rivedere i venerati Superiori e di prostrarmi ai piedi della nostra madre Maria SS. Ausiliatrice per ringraziarla della speciale protezione accordatami durante questo mio lungo e non sempre gradito peregrinare !
Se ben ricordo, le scrissi l'ultima volta poco prima di porre piede in suolo cinese.
Il Direttore della nostra casa di Macao mi aspettava ad Hong-Kong, e fummo entrambi felici di rivederci : Don Versiglia nell'incontrarsi finalmente con un confratello, venuto dall'Europa a nome di D. Rua, ed io soavemente commosso nel riabbracciare i primi Salesiani Missionari in Cina. Ci recammo alla sede della Missione Cattolica, tenuta con zelo e frutto consolante dai Missionari Italiani di S. Calogero di Milano.
Ed è certamente doveroso tributare a questi buoni Missionari l'omaggio della nostra gratitudine poichè fin dall'arrivo dei Salesiani in Cina, essi si mostrarono veri fratelli prestando all'opera nostra ogni sorta di aiuto. Il Vicario Apostolico di Hong-Kong è Mgr. Domenico Pozzoni, un vero apostolo, stimato da tutti per le sue non comuni virtù.
Macao, la bella città portoghese, che una volta era l'emporio di tutto il commercio europeo in Cina, e dove sbarcarono tanti valorosi Missionari, dista da Hong-Kong circa 4 ore di battello, gita piacevole ed interessante, poichè prima si attraversa la splendida e vastissima baia di Hong-Kong, poscia si costeggiano le numerose isolette sparse lungo il littorale.
Al molo ci attendevano oltre i confratelli e gli alunni con la loro banda, varii amici dell'opera nostra, fra i quali Mons. Vicario Generale, il Decano del Capitolo, varii Parroci, i PP. Gesuiti, ecc. ecc... Mons. Vescovo, D. Joào Paolino d'Azevedo e Castro, s'era degnato d'inviarmi incontro ad Hong-Kong il suo Segretario.
L'Opera Salesiana in Cina conta appena quattro anni d'esistenza, ma ha fatto molto in questo tempo. I confratelli, specialmente i sacerdoti, s'imposero subito il dovere dello studio del Cinese, ed è consolante il loro profitto. Ornai essi possono confessare ed anche predicare in detta lingua, il che non sempre riesce facile anche dopo molti anni.
I nostri alunni, tutti Cinesi, sono vispi, intelligenti, affezionati ai loro Superiori, ed in generale è edificante la loro pietà. Sono distribuiti in quattro laboratori: sarti, calzolai, stampatori e legatori. La loro musica istrumentale, all'europea, è molto apprezzata e sovente è invitata anche da corporazioni non cristiane ne' paesi e nelle città vicine a Macao.
Ed omai era tempo che a quest'opera, iniziata con amore dal prelodato Mons. D. Joào Paolino d'Azevedo e Castro. si desse una più stabile ed adatta dimora, e si studiasse anche la possibilità di aprire un campo di lavoro allo zelo dei futuri missionari. Con l'aiuto di Dio e con tutta la buona volontà dell'eminente Prelato, spero non tarderemo a vedere quanto è desiderabile pel bene di tante anime prive ancora della luce del Vangelo. Quando si considera che la Cina ha più di 400 milioni di abitanti e che di questi appena poco più di un milione sono cattolici, si resta profondamente commossi ed addolorati.
Eppure i Missionari non sono pochi, e tutti lavorano con alacrità e sacrifizio da anni, anzi da secoli, per strappare questo popolo immenso dalla schiavitù di Satana!
Tre sono principalmente le religioni dominanti nell'Impero Cinese: il Confucianismo, il Taoismo, il Buddismo.
Il Confucianismo, più che una religione, è un sistema di filosofia morale, nell'insieme commendevole, attinto alla unica e vera sorgente della verità, vo' dire, oltrecchè alla legge naturale, anche a quella da Dio stesso rivelata e proposta all'umanità.
Il Taoismo ha più di religione che il Confucianismo. Tao originalmente non ha una traduzione precisa, ma s'avvicina alla parola greca logos. Il suo fondatore Lao-tze intese stabilire un culto ad un unico e vero Dio; i secoli invece lo trasformarono e lo resero un vero culto idolatrico.
L'altra religione è il Buddismo importato da Ceylan, e rapidamente diffusosi in sì vasta parte del mondo.
Ma il culto più caro ai Cinesi, comune pure ai Giapponesi, è quello pe' loro antenati. In loro onore e per averli propizi nelle loro private e pubbliche imprese, fanno sacrifizi che ripetono più volte al giorno, bruciando incensi ed aromi e facendo mille prostrazioni innanzi alle tavolette portanti i nomi dei loro cari. E il missionario trova una somma difficoltà appunto in questo : a tutto s'inducono fuorché ad abbandonare queste pratiche superstiziose ed idolatriche.
Ad ogni modo è certo che questo è il momento più favorevole all'opera degli operai evangelici.
La Cina entra anch'essa nell'éra della civiltà moderna ed ora non si hanno a temere persecuzioni. L'avidità ed il bisogno d'istruirsi fa loro desiderare scuole per l'istruzione intellettuale e professionale, e quelle dei Missionari sono sempre le preferite.
Se si ritarda, avverrà in Cina quello che pur troppo è accaduto nel Giappone. Tra venti o trent'anni il Missionario difficilmente potrà fondare scuole e centri d'educazione e valersi di questo mezzo per influire cristianamente sull'anima cinese. Allora anche l'Impero Celeste si sarà in gran parte trasformato, ed avrà le sue scuole primarie numerosissime affidate ad una falange di maestri indigeni; avrà le scuole secondarie e le Università, ove insegneranno quei giovani che numerosi fanno già i loro studi nelle principali Università d'Europa e degli Stati Uniti. Oh! si avesse una falange d'intelligenti e zelanti apostoli da opporre a quella dei così detti missionari protestanti, sopratutto Americani, i quali ricchi di mezzi pecuniari vanno ogni giorno più diffondendo l'eresia!
E del Giappone che dirò? Arrivato a Yokohama il 2o marzo, dopo aver toccato Nagasaki e Kobe, vi passai dieci giorni, impiegati nel fare varie conoscenze, prendere informazioni e conoscere almeno alla sfuggita questo paese che ornai rivaleggia con le più prospere e potenti contrade del mondo.
A Nagasaki e dintorni si trova il maggior numero di cattolici, 45.000. Sono in gran parte i discendenti dei primi cristiani del tempo di San Francesco Saverio e di tanti altri santi missionari. A Nagasaki morirono per la fede di Gesù Cristo molti religiosi europei, fra cui il B. Carlo Spinola, genovese, e numerosi cristiani indigeni. Kobe è il porto più commerciale del Giappone, sempre affollato da navi di ogni nazione e tonnellaggio, e difeso con moderne ed ardite opere di costruzione. Da Kobe parte la ferrovia centrale del Giappone che in 12 ore mette a Tokio, la capitale. Io preferii il viaggio di mare, benchè un po' più lungo.
Yokohama è fra le principali e più interessanti città giapponesi. Conta circa mezzo milione di abitanti, industriosi, affabili e dal vestire pulito ed elegante, qualità proprie del resto a tutti i Giapponesi.
Curiose ed interessanti le piccole case e le botteghe giapponesi, costrutte in maggior parte in legno. Bella e quanto mai decente la foggia di vestire nell'uno e nell'altro sesso, ove invano cercheresti le invenzioni di una moda sregolata e leggiera, meno ancora l'immodestia del nudo, ornai sì in voga in altre contrade.
Ed è questo appunto che ho notato in India, nella Cina e nel Giappone. Sono popoli pagani, poco civilizzati, si dice... ma frattanto l'immoralità pubblica, le oscenità troppo manifeste, le parolaccie, i frizzi immorali, la mancanza di rispetto a' vecchi, ai fisicamente deformi, ai ministri di qualunque religione, sono finora cose sconosciute. Forse la vecchia civiltà europea riuscirà un giorno ad arrecare anche a questi popoli i ritrovati della sua scuola senza Dio, senza religione, senza morale ; ed allora cadrà quella forma di naturale e semplice bellezza, quel pudore esterno che sono certamente doti sommamente ammirabili in popoli privi ancora della luce del Vangelo. Ed eccomi, veneratissimo Padre, a finire questa lettera che incominciai a scrivere a Yokohama, e finisco a 28° 53 di latitudine e 175°34 di longitudine nell'Oceano Pacifico.
A Tokio, la gran capitale del Giappone, che dista appena un'ora di ferrovia da Yokohama, passai quattro giorni. La sua popolazione è di circa 2 milioni di abitanti. La sua superficie, più vasta che quella di Parigi, è omai attraversata in tutta le direzioni dall'elettrico, e vi si notano il movimento, la grandezza e la ricchezza delle grandi capitali europee.
Vi sono 4 parrocchie, ma pochi collegi per l'uno e per l'altro sesso. Le Missioni Cattoliche nel Giappone sono quasi esclusivamente tenute dalla Società delle Missioni Estere di Parigi, cui riusci stabilirsi nell'Impero del Mikado dopo le crudeli persecuzioni contro i Cristiani e mantenere almeno quanto i precedenti apostoli avevano fatto di bene.
I PP. Gesuiti, le Dame del S. Cuore ed altri pochi Istituti religiosi in questi ultimi anni entrarono nel Giappone. Ed io prego il Signore affinchè i Figli di S. Ignazio ai quali va dato l'onore d'esser stati i primi ad evangelizzare il Giappone e ad accrescere in pochi anni il numero de' convertiti sino a 30o e più mila, ritornati ora al loro antico campo di fatiche, rinnovino le gesta gloriose di S. Francesco Saverio e de' suoi primi compagni.
Il Giappone conta 5o milioni di abitanti; ma i cattolici or non arrivano a 7o mila!.... Le persecuzioni che durarono fin verso il 1870 decimarono e dispersero il frutto di parecchi secoli di lavoro indefesso.
Oh! come esce spontaneo dal cuore l'adveniat regnum tuum! oh sì, voglia il Signore provvedere la sua vigna di numerosi ed arditi operai! Il Giappone, dotato dal Creatore di molti e pregevoli doni, abitato da una popolazione intelligente, sobria, laboriosa e dal cuore ben fatto, li aspetta e loro promette messe abbondante.
A bordo del Manchuria, il 6 aprile.
Posdomani il vapore Manchuria farà breve sosta ad Honolulu (Isole Hawaii) ed il 15 arriverà a San Francisco di California. Questa mia mi precederà, spero, di alcuni giorni. Pel ritorno ho scelto la via del Pacifico e degli Stati Uniti, perchè più breve di una settimana almeno, di quella dell'Oceano Indiano e Canale di Suez. Mi accompagna un ragazzetto indiano di Tanjore che viene qual rappresentante dei nostri alunni dell'India e del Giappone alle sue Feste giubilari.
Pregustando il piacere di poterla presto rivedere, le invio l'espressione della mia più profonda venerazione, e baciandole la mano, mi professo
Di Lei, amatissimo Padre,
Dev.mo ed Ubb.mo
SaC. PIETRO COGLIOLO.
I Cooperatori Salesiani, possono lucrare l'indulgenza Plenaria:
dal 10 giugno al 10 luglio:
1) il 24 giugno, Natività di S. Giovanni Battista; 2) il 30 giugno, commemorazione di S. Paolo Apostolo.
3) il 2 luglio, Visitazione di Maria Vergine: 4) il 4 luglio, festa del Preziosissimo Sangue.
La Solennità Titolare NEL SANTUARIO DI VALDOCCO
ANCHE nella permanente mestizia per la morte di D. Rua, splendide e confortanti riuscirono le sacre funzioni di tutto il mese di preparazione alla festa della nostra Celeste Regina. Il Salesiano D. Brezza, mattino e sera, dispensò con affetto la divina parola; ed al principio della novena a lui si aggiunse un altro confratello, il prof. Don Albino Carmagnola, che predicò nella solennissima funzione serale.
Coll'affluenza e col fervore dei Torinesi, che andò gradatamente crescendo di giorno in giorno e fin dalla metà di maggio toccò il colmo, andò mirabilmente gareggiando la pietà dei nostri giovanetti e il concorso dei forestieri. Fra questi, a titolo di speciale encomio, ci piace ricordare i 300 pellegrini di Bollate (prov. di Milano) che insieme col loro Prevosto vennero con edificante pietà, a sciogliere il voto della riconoscenza per grazia ottenuta.
Ai giorni festivi apportarono una special nota di solennità le diligentissime esecuzioni musicali di varie Scholae Cantorum, poichè si aggiunsero in nobile gara alla nostra quelle del Seminario delle Missioni Estere in Valsalice, del S. Cuor di Maria, delle Scuole Apostoliche al Martinetto, delle Scuole Professionali di S. Benigno Canavese e della Casa S. Michele di Foglizzo. Quest'ultima eseguì la messa solenne il dì anniversario della Pontificia Incoronazione, che si distinse dagli altri giorni anche per un numero più grande di sante Comunioni.
LA VIGILIA.
La Conferenza ai Cooperatori. - I primi Vespri.
Nonostante il tempo cattivo grande fu l'animazione nei pressi del Santuario fin dalle prime ore del mattino. La messa delle 7.30 fu celebrata da S. E. Rev.ma Mons. Costanzo Castrale, Vescovo titolare di Gaza e Vicario Generale dell'Archidiocesi. Nel pomeriggio, alle 4, il predicatore D. Albino Carmagnola tenne la conferenza ai Cooperatori. Esordì col dire che essendo la prima volta in cui i Cooperatori si radunavano nel Santuario dopo la morte di D. Rua, il pensiero di tutti non poteva far a meno di volare al degno Successore di D. Bosco, cui Dio volle affrettare il premio di tante opere buone. Enumerò poscia i motivi di conforto che la Divina Provvidenza, con delicatezza materna, aveva riserbato ai Salesiani nella dolorosissima perdita
« Ed ora, dimandò, che cosa sarà della Pia Società Salesiana? »
« È la stessa domanda, rispose, che si fece alla morte di Don Bosco. Anche allora vi furono dei profeti di sventura che dissero: « L'Opera di Don Bosco verrà a perire! » ed invece appunto allora cominciò ad avere più grande sviluppo. E non poteva essere altrimenti; poichè un'opera voluta da Dio, non può essere da lui abbandonata. Inoltre, novello Elia, nel dipartirsi da noi, Don Bosco lasciava a D. Rua il suo manto, cioè il suo spirito, ed è per tal guisa che le Opere Salesiane, non solo si mantennero, ma vennero centuplicandosi.
» Quello che avvenne dopo la morte di Don Bosco giova sperare che avvenga anche dopo la morte di Don Rua. Questi, allorché nell'ultima infermità fu esortato a pregare per la sua conservazione
» - Oh! disse, non è il caso di dire come San
Martino si adhuc!... Ci sono tanti capitani che possono fare al mio posto!
» Un'altra ragione per cui possiani dire che dopo la morte di D. Rua l'Opera Salesiana continuerà, è che voi, o benemeriti Cooperatori e zelanti Cooperatrici, le continuerete senza dubbio il vostro appoggio materiale colle offerte, il vostro appoggio morale coll'affezione, il vostro appoggio spirituale colla preghiera. Oggi più che mai si vede il bisogno di salvare la gioventù, insidiata in tante guise, di diffondere il regno di Gesù Cristo fra i popoli selvaggi, e di procurare nuove vocazioni ».
A questi tre fini principalmente, comprovando il suo dire con alcuni degli ultimi ricordi di Don Rua, l'eloquente conferenziere sollecitò lo zelo e la carità dei Cooperatori.
Il Santuario era e rimase affollatissimo.
Alle 18.30 cominciarono i primi vespri pontificati da S. E. Rev. ma Mons. Guido Maria Conforti, Arcivescovo-Vescovo di Parma, e sul finir della funzione la pioggia che era caduta insistente tutto il giorno, cessò alquanto, sicchè si potè fare la splendida illuminazione della cupola e della facciata del Santuario, e nuovi devoti presero a succedersi senza posa nel tempio, splendente per nuovi addobbi magnifici e per migliaia di luci.
LA SOLENNITÀ.
Spettacolo di fede. - Il Pontificale. -- La Processione.
Il dì solenne spuntò fra le fervide preci di mille cuori. Ad assecondare il desiderio di molti, il Santuario rimase aperto tutta la notte ed echeggiò continuamente di canti e di preghiere. La veglia santa, cominciata verso le 11, « riuscì - come scrisse il Momento -- una devota e soave espressione di fede e di poesia cristiana, resa imponente dallo stuolo immenso di popolo che vi prese parte. Il discorso pronunziato poco prima della mezzanotte con vivo accento di fede e con calda e convincente eloquenza dal rev.mo D. Secondo Marchisio, direttore dell'Oratorio interno, commosse ed intenerì dolcemente l'uditorio trascinandolo in un indicibile entusiasmo di pietà verso la Vergine, aiuto dei Cristiani.
Dopo un mistico, breve silenzio, al rintocco della mezzanotte il tempio si illuminò di vivo splendore, e si elevò maestoso il canto del Magnificat prorompente da mille petti, che in quell'ora, nel cuor della notte e fra lo scrosciar della pioggia, parve supremamente poetico e di una potenza fascinatrice indescrivibile ».
Al Magnificat seguì la supplica: « O Santissima » e poi la recita dell'intero Rosario ed il canto delle Litanie, e finalmente uscì la prima messa all'altar maggiore, ove uscì anche l'ultima alle 12.45.
Nelle prime ore del mattino cominciò quel caratteristico pellegrinaggio che distingue sempre il giorno di Maria Ausiliatrice, durante il quale tutte le vie che mettono a Valdocco riversano all'Oratorio e nel Santuario una fiumana di popolo devoto. Questa incessante affluenza di gente di ogni classe sociale fu particolarmente mirabile quest'anno, poichè l'inclemenza del tempo pareva dovesse renderla impossibile.
« Anche le storiche camerette ove vissero e morirono Don Bosco e Don Rua furon mèta di questo pietoso pellegrinaggio, perchè - nota il citato giornale - tutti gli ammiratori dell'Opera di Don Bosco non potevano venire all'Oratorio a così breve distanza dalla morte dell'uomo venerando senza visitare i luoghi che egli santificò col lavoro, colla preghiera e col sacrificio ».
Quando alle 7.15 S. Em. il Card. Agostino Richelmy salì all'altare per celebrare la messa della comunione generale, il Santuario era affollato e tale rimase fino a tarda sera. Le comunioni distribuite senza interruzione dalle prime ore del mattino, e talvolta da due e tre sacerdoti, furono innumerevoli. L'Eminentissimo si limitò a comunicare i giovanetti del piccolo Clero, cui dopo messa, avutili a sè, rivolse dalla cattedra con. affetto paterno una tenera allocuzione per esortarli a chiedere alla Vergine Ausiliatrice tre grazie: di conservare l'innocenza, la fede e la vocazione.
La messa solenne venne pontificata da S. Ecc. Mons. Guido Conforti e il panegirico venne detto da Don Carmagnola, la cui chiara eloquenza è ben nota. Egli esordì accennando come ogni secolo abbia tramandato al secolo successivo il grido della divozione, dell'amore e della riconoscenza a Maria pel ministero di bontà e di patrocinio che la Vergine esercitò in ogni tempo a vantaggio delle genti cristiane. Premessa quindi una erudita analisi teologica sulla potenza d'intercessione della Madre di Dio, passò in rassegna le epoche tutte della cristianità dimostrando come da Maria esse abbiano avuto protezione, sostegno e scampo in ogni bisogno. Chiuse con una fervida ed alata apostrofe tenerissima, in cui, parafrasando l'antifona Sancta Maria, succurre miseris, riassunse mirabilmente i concetti che avevano formato l'argomento della sua predicazione durante la novena.
Nelle ore pomeridiane il cielo si rabbonì alquanto, per cui si stabilì di far anche la processione. Difatti poco dopo la funzione delle 16 compiutasi a comodità dei forestieri che gremivano il Santuario, il nebbioso velame si squarciò ed apparve il sole.
E sebbene il cielo tornasse poco dopo oscuro, pure dopo i secondi vespri pontificati dall'Arcivescovo-Vescovo di Parma, cominciò a sfilare fra due fittissime ali di popolo devoto l'imponente corteo.
L'aprivano le fanciulle dell'Oratorio femminile di Sant'Angela, quindi venivano le aspiranti e le Figlie di Maria del medesimo, poi le Figlie dell'Addolorata di S. Giovanni Evangelista, i giovanetti degli Oratori di S. Agostino, di S. Luigi, di S. Giuseppe e di S. Francesco di Sales colle loro varie compagnie e con i relativi stendardi, il Circolo Valdocco in uniforme, la banda del Collegio degli Artigianelli, gli alunni e la banda delle Scuole Apostoliche del Martinetto, gli alunni artigiani e studenti dell'Oratorio Salesiano e la banda dell'Oratorio festivo, un drappello del Collegio D. Bosco di Castelnuovo d'Asti, una schiera di alunne del Collegio di N. S. delle Grazie di Nizza Monferrato, le fanciulle del giardinetto di Maria Ausiliatrice, le Figlie di Maria e le Antiche Allieve dell'Oratorio di S. Angela, una rappresentanza del Convitto Venzaghi di Busto Arsìzio e del Convitto Operaio di Gravellona Toce, le Figlie di Maria della parrocchia di S. Gìoachino, le Dame di Maria SS. Ausiliatrice, la Banda dell'Oratorio Salesiano, il piccolo Clero, due lunghe file di chierici e di sacerdoti, di cui molti in piviale, e finalmente, dopo i ministri parati e l'Arcivescovo-Vescovo di Parma in abiti pontificali, il venerato Simulacro dell'Ausiliatrice, ritto sul suo splendido trono, al quale facevan ala d'onore i soci del Circolo Giovanni Bosco e solenne corteo le bandiere e le numerose rappresentanze del Consiglio Centrale dell'Unione Operaia Cattolica di Torino e delle Sezioni di S. Agostino, di S. Alfonso, di S. Barbara, del Carmine, di S. Carlo, di S. Gioachino e di S. Teresa, dell'Unione del Coraggio Cattolico e di quella Antichi Allievi dell'Oratorio di Valdocco, dei Circoli Auxilium, Card. Massaia e Michele Rua, ed una compatta schiera di operai recitanti il S. Rosario. Era una scena bellissima, meravigliosa, commovente.
Però non appena uscito il corteo dal Santuario, cominciò a piovigginare, e quindi si dovette rinunziare ad una parte del consueto percorso. Ma non si sbandò l'immensa moltitudine, chè, rientrata la processione nel Santuario, continuò immobile a gremire la piazza e gli sbocchi delle vie adiacenti, cantando le Litanie, finchè la Benedizione col SS. Sacramento data nell'interno del tempio non venne ripetuta stilla soglia. Fu quello un momento sublime. Allo squillo annunziante il sopraggiungere dell'Arcivescovo recante Gesù in Sacramento, molti chiusero il parapioggia per contemplare quella scena di paradiso ed imprimersela in fondo al cuore. Oh! duri nell'anima delle migliaia di fedeli che parteciparono alla solennissima festa quel forte stimolo alla pietà ed alla pratica costante della nostra santa Religione che tutti ne hanno riportato!
La sera del giovedì 26 maggio, solennità del Corpus Domini, il direttore D. Marchisio additò con accento commosso alla moltitudine, che assiepava il Santuario fin oltre la soglia, i vari motivi di ringraziare il Signore pel buon esito degli annuali festeggiamenti alla Benedetta Regina di Valdocco; e tutti, ad una voce, si unirono ai nostri giovanetti per sciogliere l'inno solenne del ringraziamento.
Le esecuzioni musicali.
« Pel giorno di Maria Ausiliatrice - togliamo dal Momento - veniva serbata una interessante primizia, e cioè la prima esecuzione della nuova Messa XII a quattro voci dispari del maestro D. Giovanni Pagella che il nostro pubblico conosce ed apprezza altamente per altre pregevoli sue opere di indole e di carattere diversissimo, nel campo sacro e profano. D. Pagella è sempre ed anzitutto un musicista schiettamente e profondamente italiano, ama cioè l'ampia e fluente melodia, e non si distacca dai migliori esempi delle scuole nostre, attingendo ed imparando sia dalle classiche, come dalle moderne, pur portando sempre, in ogni sua composizione, quella, giusta originalità che lo pone in prima fila tra i compositori più apprezzati di musica sacra...
» L'esecuzione fu ottima, e non poteva essere diversamente quando sia detto che gli esecutori erano gli allievi della scuola del cav. Giuseppe Dogliani. All'organo sedeva lo stesso D. Pagella... Le parti variabili in canto gregoriano hanno confermato la fama che la Schola dell'Oratorio Salesiano ha in tal genere di esecuzioni.
»Nel pomeriggio i vespri in falso bordone, molto melodici, del Dogliani, piacquero assai. L'inno era quello ben noto di Mons. Cagliero; le Litanie di Don Pagella e il Tantum ergo del cav. Dogliani. Un programma musicale vario, ma armonico, scelto con felice intuito artistico, eseguito con rara valentia ».
Pellegrinaggio spirituale pel 24 corrente.
Chiediamo affettuosamente a Maria SS. Ausiliatrice che si diffonda sempre più in mezzo al popolo cristiano la divozione e l'amore al Cuore Sacratissimo di Gesù nella SS. Eucarestia.
Cuneo. - L'ultima sera dello scorso anno la mia bimba fu presa da un forte male con pericolo di convulsioni. Nella disperazione del momento la raccomandai fervorosamente alla SS. Vergine Ausiliatrice ponendole vicino un'immagine dell'Augusta Signora, e facendo promessa di far pubblicare la grazia sul Bollettino. La SS. Vergine mi esaudì: la bimba guarì ed ora gode una perfetta salute. Riconoscente alla Vergine SS. adempio alla promessa.
1 marzo 1910.
MARIA OLIVERO,
Camalò di Treviso. - Per una, terribile infezione - a tutto il piede sinistro fino al ginocchio, venni assalito da acutissima febbre, presi a vaneggiare ed io non seppi più nulla di me , se non quando dopo due giorni mi svegliai dall'operazione fattami. La sorella mi narrò conte i medici mi ave vano già spedito, e non volevano farmi alcuna operazione pel timore che restassi sotto i ferri essa allora piena di fede telegrafò subito per una santa messa e novena per rie all'altare di Maria SS. Ausiliatrice in Torino ; e insistè presso i medici di tentare qualunque operazione pur di salvarmi. Siano rese grazie a te, o Maria SS. Ausiliatrice, che mi volesti ancor salvo per la mia famiglia e pei miei cari figli.
10 marzo 191o.
SIGNORI ERMENEGILDO.
Nizza Monferrato. - Ricorsi a Maria Ausiliatrice e fui consolato. L'anno scosso aveva bisogno di due grazie. Feci ricorso agli uomini ma inutilmente, mi rivolsi quindi alla Celeste Madre; sebbene non fossi subito esaudito non mi perdetti di coraggio e continuai a pregare costantemente, e Maria Ausiliatrice mi fece toccar con mano che a Lei non si ricorre inutilmente. Adempio con gioia la mia promessa.
10 marzo 191o.
GIOVANNI SUCCIO.
Renate (Brianza). - Mio marito, colto da una grave malattia, fu ridotto agli estremi. In quei penosi momenti, piena di fiducia in Maria SS. Ausiliatrice, a Lei mi rivolsi con fede e La supplicai a ridonare la salute al caro infermo.
Ma, oh! prodigio! nel momento stesso in cui, prostrata ai piedi della Celeste Vergine innalzavo calde suppliche e, dietro consiglio di persona a Lei divota, Le facevo la promessa di pubblicare la, grazia sul Bollettino e di far celebrare una messa se ottenevo il favore, ecco che mio marito, dapprima inconscio d'ogni cosa e quasi fuor di sensi, chiede egli stesso di ricevere i conforti di N. S. Religione e viene dalla potente Vergine miracolosamente graziato.
Come potrò, dinanzi a tanto favore manifestare a Te, o Vergine Ausiliatrice, tutta la mia profonda riconoscenza? Il mio consorte, completamente ristabilito, ha ripigliato il lavoro e ha portato il conforto e l'allegria in tutta la famiglia.
8 marzo 191o.
MOLTENI MARIA e MOLTENi FRANCESCO, coniugi.
Ventimiglia. - Da molti anni soffrivo di un male atroce. Per quante cure io avessi praticate nessun giovamento avevo ottenuto. Ridotto in uno stata compassionevole di salute, decisi di sottopormi ad un'operazione chirurgica, ed il 21 febbraio venni operato all'ospedale Pammatone di Genova. L'operazione fu lunga, dolorosissima e, per quanto riuscita bene, mi produsse un'infezione intestinale con febbre a 40 gradi. Anche il professore curante temeva. Per parecchi giorni furono lamenti strazianti; ma alla fine mi rivolsi di gran cuore alla Vergine Ausiliatrice, pregandola a porre tregua ai dolori orribili che soffrivo e a conservarmi a' miei figli. Ed ecco, dopo non molto, calmarsi il male. Feci accendere da una Suora una candela all'altare, e da quel giorno cominciò il mio miglioramento, e poco dopo uscivo da quella casa di dolore, guarito quasi completamente. Mentre, anche a nome della famiglia adorata rendo pubbliche grazie a sì tenera Madre, prometto di non mai più discostarmi da Lei e mando una piccola offerta.
Maggio 191o.
COMBA ORAZIO
Sottocapo Stazione.
Bari. - Vivamente commosse e riconoscenti sentiamo tutto il bisogno di rendere pubbliche grazie e d'inviare una piccola offerta per la celebrazione di una messa all'altare della Potente Ausiliatrice! Grazie, o Maria, Tu nell'ora della nostra grande tribolazione hai saputo consolare il nostro cuore e noi ti saremo grate per sempre.
17 gennaio 191o.
Sorelle MANZARI.
Torino. - Avevo pianto , profondamente angustiata sulla sorte della mia povera sorella che, giovane ancora e madre di numerosa famiglia, giaceva graveolente ammalata, senza speranza di guarigione. I medici avevano dichiarato essere necessaria un'operazione assai pericolosa e di esito incerto. Pregai e raccomandai di pregare Maria SS. Ausiliatrice. Passarono pochi giorni, durante i quali, lo confesso , crebbe la mia agitazione, aspettandomi di momento in momento una fatale notizia. Ed invece mi giunse infinitamente cara una lettera della stessa sorella ammalata , che recatasi a Torino per l'operazione, andata prima piena di fede al Santuario di Valdocco a pregare Maria, n'era uscita perfettamente guarita e difatti si recava poi all'ospedale solo perchè i medici constatassero la sua guarigione ! Oh Maria come potremo adeguatamente ringraziarti?
Febbraio 1910.
Suor EMMA VALLINO.
Santulussurgiu (Cagliari). - Una pia cooperatrice salesiana l'anno scorso, dopo pochi giorni che il buon Dio le aveva donato un caro angioletto di bimbo, si vide da un'estrema debolezza e da mal di cuore ridotta in fin di vita. I medici curanti disperavano di poterla salvare. In tale stato l'inferma si rivolse alla Vergine Ausiliatrice unitamente ai suoi cari, i quali inviarono subito un'offerta al Santuario di Valdocco, promettendo una novena di ringraziamento. La Vergine SS. esaudì i loro voti, poichè l'inferma, con stupore di tutti quelli che conoscevano la gravità della malattia, riacquistò la salute. Riconoscente adempie ora la sua promessa coll'inviare un'altra piccola offerta ed un cuore d'argento.
Un padre di famiglia nello scorso gennaio cadeva così gravemente ammalato che il medico non gli dava più speranza di scampo. Aveva ricevuto tutti i conforti di nostra S. Religione, quando ascoltando una celeste ispirazione si rivolse a Maria Ausiliatrice insieme con la sua famiglia e guarì, e non ostante i suoi 76 anni ha ripreso le sue gravi occupazioni. Commosse e riconoscenti le sue figliuole inviano l'offerta promessa.
1o marzo 191o.
Suor MARIA SALMOIRAGHI.
S. Pier di Feletto (Treviso). - Il 29 dicembre 19o9, il mio bambino Pietro, d'anni 6, si ammalò di morbillo e polmonite doppia ed in 17 giorni di stato gravissimo, con forte febbre, fu ridotto in fin di vita. Il caro malato fu visitato da più medici, e tutti non davano più alcuna speranza. In quei giorni di angosciosa ansietà, ricorsi per aiuto anche alle altrui preghiere, e vedendo che il male progrediva, telegrafammo a Torino per una messa all'altare di Maria Ausiliatrice, promettendo di fare un'offerta secondo le mie forze, a condizione che egli crescesse buono, altrimenti avrei preferito averlo in Paradiso e, in segno della mia rassegnazione, avrei raddoppiatq l'offerta. L'Ausiliatrice, benedisse il mio sacrificio. Il 23 gennaio scomparve prodigiosamente la febbre e, poco dopo, il bambino cominciò a lasciare il letto.
Riconoscente pel favore ottenuto, sciolgo la promessa e pubblico la grazia.
Febbraio 1910.
FORTUNATO BENEDETTI.
S. Pier di Feletto (Treviso). - La mia nipotina Angela, d'anni 6, nel dicembre del 19o9, si ammalò di bronchite, a cui sopraggiunsero la scarlattina, la polmonite doppia e l'infiammazione di cuore. La bimba non poteva prendere medicina alcuna e dal dottore ci fu data perduta. Quando vidi che le cure mediche erano impotenti a guarirla, mi sentii spinta ad invocare l'aiuto di Maria Ausiliatrice e lo feci senza indugio. Buttai via le medicine e incominciai una novena; e all'ultimo giorno la bimba cominciò a migliorare ed ora è sana e vegeta come prima.
Febbraio 191o.
FIORINA TONON.
NB. -Al prossimo numero l'elenco di quanti attestarono di aver ricevuto grazie da Maria Ausiliatrice nei mesi di Aprile e Maggio.
Santuario di Marìa Ausìlìatrice TORINO
Ogni giorno, celebrazione di una santa messa esclusivamente secondo l'intenzione di tutti quelli che in qualunque morto e misura hanno concorso o concorreranno a beneficare il Santuario o l'annesso Oratorio Salesiano. Per qualsiasi corrispondenza in proposito, rivolgersi al Direttore dell'Oratorio S. Francesco di Sales - Via Cottolengo, 32 - Torino.
Per celebrazione di S. Messe e per novene o tridui di Benedizioni col SS. .Sacramento, rivolgersi al Rettore del Santuario.
Ogni sabato, alle 7.3o speciali preghiere per gli associati all'Arciconfraternita di Maria SS. Ausiliatrice.
Dal 10 giugno al 10 luglio:
24 giugno - Solennità di S. Giovanni Battista e Commemorazione di Maria Ausiliatrice. Indulgenza plenaria. - Alle ore 5,30 e 7,15 messa della comunione generale; alle 10 messa solenne; 16,30 vespri solenni, discorso, e benedizione col SS. Sacramento.
26 giugno - Solennità di S. Luigi Gonzaga, Compatrono dell'Oratorio. Indulgenza plenaria. - Alle 5,30 e 7,15 messa della comunione generale; alle 10 messa solenne ; alle ore 16 vespri solenni, discorso, processione nell'interno dell'Oratorio e benedizione col SS. Sacramento.
29 giugno - Solennità dei SS. Pietro e Paolo; come il giorno 24.
1 luglio - Primo venerdi del mese, ad onore del SS. Cuore di Gesù, esposizione del SS. Sacramento per tutto il giorno (dalle ore 5,3o del mattino alle ore 8 di sera).
3 luglio - Solennità del S. Cuore di Gesù. - Ore 5,30 e 7,30 messa della comunione generale; alle 10 messa solenne ; alle 16,30 vespro, discorso e benedizione.
Riverente omaggio.
ai giorni scorsi Sua Eminenza Rev.ma il sig. Cardinal Domenico Ferrata, Prefetto della S. Congregazione della Disciplina dei Sacramenti, e Sua Eccellenza Rev.ma Mons. Teodoro dei Conti di Valfrè di Bonzo, Arcivescovo di Vercelli, con solennissime feste alle quali parteciparono migliaia di ammiratori e di beneficati, celebrarono il loro Giubileo Episcopale.
All'Em.mo Principe di S. Chiesa lustro e decoro del S. Collegio, ed all'Ecc.mo Successore di S. Eusebio tornino accetti anche i nostri più fervidi auguri di lunga vita e di sante consolazioni.
BARBACENA (Brasile). - La Colonia Italiana « Rodrigo Silva ». - Il buon Missionario D. Alessandro Fia, in data 26 dicembre u. s. inviava al compianto D. Rua questa bella relazione: - Le prime famiglie della Colonia Italiana « Rodrigo Silva » che trovasi vicino a Barbacena, nello Stato di Minas (Brasile) sono quasi tutte venete e la maggior parte della provincia di Friuli. Vennero nel 1888, dietro invito del Governo, il quale pagò loro il viaggio e pel primo anno somministrò a ciascuna, secondo il numero delle persone, una quota mensile in danaro. Ognuna ebbe un lotto o due di terra e casa, senza onere di sorta, tranne la proprietà che rimane allo Stato. Altrettanto continua a fare l'attuale Governo, disposto a pagare il viaggio (da Genova fin qua) alle famiglie che volessero immigrare. Le terre non sono molto fertili, ma per compenso è ottimo il clima, e tutti godono buona salute. La nuova generazione non varia punto nel colore, e si distingue anche di lontano che è di sangue italiano.
La Colonia « Rodrigo Silva » è molto estesa, avendo la superficie di un'ordinaria diocesi d'Italia. E divisa in quattro nuclei principali; ma le case sono molto sparse ed assai lontane le une dalle altre. Per questo assai faticoso è il lavoro del ministro di Dio, che ha da percorrere tante distanze per valli e monti e cattive strade. Attualmente vi si contano circa tre mila italiani; e poche famiglie nazionali o di razza nera.
Nel giugno u. s. visitai una parte della Colonia, detta il Registro, ove mi fermai due giorni. Andai di casa in casa per benedirle; il che torna loro di sommo conforto, poichè gli anziani non si dimenticano della bella usanza dei nostri paesi di benedire le case al Sabato Santo, e quì non essendo possibile in detto giorno, desiderano che si vada a benedirle in qualunque tempo dell'anno. Nella casa più centrale improvvisai l'altare. Feci alcune istruzioni in lingua italiana, ed amministrai i SS. Sacramenti a molta gente.
Altrettanto feci nel mese di ottobre in un altro nucleo della Colonia, chiamato Ponte Nova. Dovunque si vede la grande necessità di istruzione religiosa. Oh! com'era il caso di ripetere: parvuli petierunt panem et non erat qui frangeret eis!
In agosto, mentre nell'Oratorio nostro di Barbacena preparavamo alcuni ragazzi alla prima comunione, un gruppo di giovani della Colonia del Registro, lasciando per tempo i lavori campestri, vennero molte sere alla nostra residenza, facendo un'ora e mezzo di cammino per imparare il catechismo e prepararsi anch'essi alla prima comunione che ricevettero con indicibile contentezza nella solennità dell'Assunta. Commuove il vedere tanta buona volontà in questi poveri giovanetti; il loro sacrifizio e la loro costanza ci son di sprone a sacrificare noi stessi pel bene delle loro anime. Il mio pensiero corse più volte all'Italia dove in alcuni paesi, con tutta l'abbondanza dei mezzi di santificazione e di buoni sacerdoti pronti al lavoro, gran parte della gioventù non si cura affatto dell'istruzione religiosa, pur imbevendosi di tanti errori!
Nel percorrere le modeste abitazioni di questi immigrati, ho visto che, in generale, non sono privi del necessario alla vita, e che, lavorando, possono campare senza gravi disagi. Nelle loro case non c'è ricchezza, ma quel poco si vede tutto in ordine e con molta proprietà. Quelle povere stanzuccie a pian terreno, senza pavimento e prive di solaio, rivelano tutta la rassegnazione cristiana e la fede di questi nostri connazionali, poichè dalle ruvide pareti pendono crocifissi ed immagini sacre.
E vero che la nuova generazione cresce in molta ignoranza in fatto di religione, non avendo i genitori capacità d'istruirla, ed essendo la maggior parte analfabeti. Ora però il Governo ha fatto costrurre una scuola nei due nuclei più popolati e vi mantiene a sue spese due maestre; le famiglie più vicine possono godere di questo benefizio; ma lontani come sono dalla città e non avendo avuto finora che qualche visita del sacerdote, le loro pratiche religiose si sono rese un po' superficiali ed hanno preso qualche miscuglio di superstizione.
Però ottimi conservano i costumi, e per questo godono di molta stinta presso le autorità e presso la popolazione. Quanti Brasiliani mi parlano della Colonia, tutti ne dicono bene. Molte donne e ragazze, camminando ore ed ore a piedi nudi vengono in città a vendere latte, farina di meliga o di mandioca, ortaggi ed altri prodotti della Colonia. La verecondia di quelle giovanette e la schiettezza e semplicità del loro linguaggio dicono assai chiaro che la malizia non ha guastato il loro intelletto e che il germe dell'impudicizia non è penetrato nel loro cuore. Un giorno mentre arrivavo ad una graziosa casupola, molto lontana da Barbacena, alcuni ragazzi, non accostumati a vedere il prete, appena mi videro, corsero a nascondersi. Mentre discendevo dal cavallo, la mamma si fece innanzi allegra e festiva a salutarmi, e, come spiacente dell'azione dei figli, mi dice:
- Ah! padre, non se l'abbia a male; qua, in questi boschi, sti putei i cresse tutti vergognosi!
- State tranquilla, le risposi, è meglio vivere in mezzo a questi boschi, che nelle grandi città. Qui non avete giornali, non avete il tram elettrico, nè teatri, nè cinematografi; ma avete dei figli innocenti!
Ed essa ne conveniva dicendomi:
- Al zè vero, al zè vero, Padre!
L'amore della patria è tutt'ora vivo in molti di quelli che lasciarono l'Italia venti e più anni or sono: ed anche i figli, invaghiti dalle narrazioni e descrizioni dei loro genitori, oh! quanto desidererebbero di vedere il Bel Paese.
Direttore della Colonia è un ottimo italiano, il sig. Amilcare Lavassi che, ancor giovanetto, venne al Brasile colla famiglia nel 1888. È molto attiva e si interessa grandemente della prosperità della Colonia. Ha già ottenuto molti aiuti dal Governo dello Stato ed anche dal Governo Federale; ed ha fondato anche un giornaletto per lo sviluppo dell'agricoltura e dell'industria della seta. Ha pur fatto - l'impianto di un piccolo setificio, di cui qualche lavoretto ha figurato nell'Esposizione di Rio de Janeiro nel 19o8. Insomma la Colonia di Barbacena fa veramente onore all'Italia; ed è necessario che i Salesiani se ne prendano la cura spirituale.
Nel mese di novembre feci di nuovo altre gite al Registro, dove preparai alcuni ragazzi e varie giovanette alla prima comunione, che ricevettero il giorno 21. Alla festicciuola presero parte i parenti dei ragazzi e molta altra gente: fu un giorno di santa allegria. Dopo la funzione, andai a portare il S. Viatico a un povero colono, alla distanza di un tre' quarti d'ora, accompagnato processionalmente dai ragazzi, dalle giovanette bianco vestite e dal popolo del centro. Fu uno spettacolo sublimemente poetico, mai visto in mezzo a quei boschi! Non si sentiva il suono delle campane, ma lo suppliva il forte cinguettio dei primi abitatori di quelle boscaglie!
Ai primi di dicembre, esercitai il sacro ministero in altro punto della Colonia, detto Lavrinhas, dove ebbi molto da fare.
La nostra missione è assai gradita all'Arcivescovo di Marianna, il quale ha benignamente concesso che facciam uso dell'altare portatile, e desidera che prendiam l'iniziativa per l'erezione di due cappelle nei siti più popolati. Ma come possiamo, due sacerdoti appena, attendere alla Colonia e all'Ora-
torio festivo in questa città? Il nostro Ispettore mi ha dichiarato che non può mandar altri, stante la scarsità di personale. A Lei mi rivolgo, amatissimo sig. D. Rua, pregandola a venirci in aiuto, Mandandoci almeno qualche buon coadiutore che si possa occupare nell'oratorio festivo in questa città, per essere noi un po' più liberi per le escursioni fra i nostri cari italiani.
COSTANTINOPOLI. - L'inaugurazione dell'Istituto Bartolomeo Giustiniani. - « Il 4 maggio - riportiamo dal Cittadino di Genova - sarà memorando nei fasti della Colonia Italiana; poichè i Salesiani la dotarono di quella filantropica istituzione, dove i figli dei nostri operai potranno istruirsi italianamente ed educarsi al bene per seguire la via di quei valorosi, che anche in terra straniera sanno onorare la patria, con l'ingegno o col lavoro. Questa - dei Salesiani - è l'unica istituzione maschile italiana.
» L'inaugurazione che doveva comprendere una semplice visita, è diventata un vero avvenimento!
» Mons. Bonetti delegato apostolico, di s. m., chiamò i Salesiani a Costantinopoli, ma presto venne a morire ; ne raccolse la nobile iniziativa la generosa e quanto mai benefica signora Matilde ved. Giustiniani, la quale volendo onorare la cara memoria del definito consorte (il sig. Bartolomeo Giustiniani che colla sua saggezza e prudenza ha così ben meritato dell'Italia a Costantinopoli) aiutò efficacemente i Salesiani ad erigere il nuovo locale. Il quale, diciamolo pure, è bello, costrutto con criteri moderni, è imponente, benchè solo un terzo ne sia stato costrutto ; è in incantevole posizione nei pressi della Collina della Libertà, ove riposano le ossa degli eroi della Costituzione.
» Il palazzo consta di cinque piani, compreso il sotterraneo, ove si trova il teatrino, ed, a lato, la cucina, la dispensa ed il refettorio degli alunni. Al piano terreno vi sono i laboratori, la cappella, la prefettura, il parlatorio, ed il salotto di ricevimento. Il primo piano è occupato dalle eleganti sale della direzione e dalle aule scolastiche. Il terzo e quarto piano comprendono i dormitori, bellissimi saloni capaci di 12o alunni, con infermeria, guardaroba e camere dei professori. Completa la casa una terrazza incantevole »
« La fondazione di questo istituto - scriveva alla sua volta il Corriere d'Italia - era stata progettata fin da quando i Salesiani si stabilirono a Costantinopoli, ma non si era potuta mai effettuare perchè fino a poco tempo addietro non avevano potuto ottenere il permesso di fabbricare: per parecchi anni dovettero abitare una modesta casa, finchè il compianto don Rua. nella visita che fece a Costantinopoli riuscì ad ottenere il desiderato permesso, e fu l'ultimo iradè emanato da AbdulHamid per istituti cattolici. Tutte le pratiche furono abilmente condotte dal nobil uomo sig. Carlo Sforza che attualmente è capogabinetto del ministro degli Esteri...
» I locali furono benedetti il 2 maggio da S. E. Mons. Sardi, delegato apostolico, accolto nell'istituto al suono dell'inno pontificio. Un alunno gli rivolse parole di omaggio, per significare a lui e al regnante Pontefice Pio X l'affetto dei superiori ed alunni dell'Istituto Salesiano. Monsignor Sardi percorse e benedisse tutti i locali, e si compiacque della bellezza del nuovo istituto, rallegrandosi con chi lo aveva ideato.
» Il giorno appresso l'istituto fu rallegrato dalla visita della insigne benefattrice signora Giustiniani... che dagli alunni dell'istituto vien considerata e amata come una mamma. Il primo atto col quale segnò il suo ingresso nella casa che dà effetto ai nobili disegni del suo defunto consorte, fu uno scoppio di pianto di commozione e di gioia. Mai forse ella provò emozione sì fortemente dolce, come quando i bimbi le donarono fiori, le dissero belle parole, quelle parole che solo i bimbi sanno dire alla mamma cara e benefica.
» Martedì, 4 maggio, ebbe luogo la visita ufficiale dell'Ambasciatore d'Italia. Alle due del pomeriggio cominciarono a giungere gli invitati. Un picchetto di marinai della R. Nave Galileo rendeva gli onori militari. Alle 2.45 la fanfara dava l'annunzio dell'arrivo delle LL. EE. il Barone e la Baronessa Mayor des Planches...
« Seguivanli - nota il Cittadino - il Console generale, cav. Ciapelli e consorte, la signora Canzià, consorte del primo dragomanno dell'Ambasciata, il Console Giudice e consorte, S. E. di Robilant Pascià, generalissimo della gendarmeria turca, il cav. Barbero e consorte, ispettore della N. G. I., la signora Rosasco, il cav. Coressi vice-pres. della Beneficenza, l'avv. Lori vice-console, il comandante dello stazionario « Vettori » e consorte, il cav. Zettiri, direttore della Posta, i dottori Violi e De Coscia, con molte altre persone di cui ci sfugge il nome. All'arrivo delle LL. EE. la musica intonò la fanfara, quindi la marcia reale. Bellissima la iscrizione...
» D'intime gioie serene - festeggiando la vostra venuta - oggi s'allieta, o Eccellenze - questo nuovo Istituto - e più fervida ascende - la riconoscente preghiera - dei superiori ed alunni. »
« Alcuni alunni - conchiude il Corriere - recitarono poesie e indirizzi di omaggio; all'Ambasciatrice fu offerto uno splendido mazzo di fiori, quindi l'Ambasciatore sciolse il nodo e l'Ambasciatrice tagliò il nastro che chiudeva il cancello d'ingresso, compiendo in tal modo la cerimonia d'inaugurazione.
» Gli ospiti percorsero allora tutto l'istituto e visitarono minutamente tutto il locale, rimanendo entusiasmati della disposizione, della nettezza e della vista incantevole, che vi si gode...
» L'eletta adunanza si trattenne nell'istituto per un paio d'ore, partecipando ad un sontuoso lunch offerto dalla signora Giustiniani. L'Ambasciatore nel congedarsi si congratulò vivamente col direttore per l'ordine che regna nell'istituto e per la bellezza del locale, e ringraziò delle dimostrazioni affettuose di cui fu fatto segno; e promise tutto il suo appoggio per lo sviluppo dell'opera.
» La festa fu compiuta con la spontanea visita che tutti gli ospiti con a capo le LL. EE. fecero nell'abitazione della gentile signora Matilde Giustiniani ».
Italia.
FIRENZE. - L'annuale Esposizione-Vendita, promossa dal nobile Comitato Ars et Charitas a vantaggio del Santuario della S. Famiglia da più anni in costruzione, ebbe luogo pei giorni 5 e 6 di marzo nella grande Sala del Palazzo Guicciardini-Corsi. Il risultato ha raggiunto una cifra maggiore a quella di tutti gli anni precedenti. Con animo riconoscente porgiamo alla Nobil Donna Contessa Guicciardini-Corsi, alla sua famiglia, all'intero Comitato Ars et Charitas, le più sincere congratulazioni ed i più vivi ringraziamenti, invocando dal Signore ricompensa adeguata a tanta carità. Vogliamo anche ringraziare in singolar modo la signora Kathy Peratoner, le signorine Maria Carolina Giuntini ed Elsa Lenzoni, il Maestro Coen, il sig. De Moraes per le perfette esecuzioni di musica vocale e strumentale, mercè le quali la festa della carità divenne una vera festa dell'arte ; come vorremmo aggiungere i nomi di tutte le pie lavoratrici che vollero dedicare tante ore del loro tempo a benefizio dell'opera nostra. L'assicurazione della., nostra riconoscenza e della bontà dell'opera compiuta le conforti a volerci continuare il loro benefico aiuto.
MARINA DI BOVA (Reggio Calabria). - Il Seminario di Bova, diretto dai Salesiani, essendo stato danneggiato in parte dal terremoto del 1908, ebbe in dono dalla munificenza del S. Padre un magnifico padiglione, lungo m. 43 e largo 6,09, di cui si fece l'inaugurazione il 14 maggio con solenne accademia musico-letteraria. Eran presenti Sua Ecc. Rev.ma il Vescovo Mons. Pugliatti, Mons. Cottafavi, Delegato pontificio e il suo segretario Sac. Prof. Zumbo, il Conte Zileri dal Verme, numerosi invitati della città, e dei paesi circonvicini, molti membri del Clero della Città e della Diocesi, il Sindaco locale, e signori e signore e signorine e molti parenti dei giovani.
Aperse il trattenimento il Rettore del Seminario, il quale con frase vibrante ancora un'eco di rimpianto per la rovina delle città sorelle sedenti a specchio del classico Fretum Siculum, esaltò la bontà del Vicario di Gesù Cristo ed elogiò chi con zelo di apostolo n'è l'interprete più fedele, coadiuvato dall'infaticabile ing. conte Zileri. Il discorso di programma fu detto dal rev.do D. Piscitello, che tessè con vivace parola la storia del padiglione, innestandovi belle osservazioni psicologiche ed etnografiche, e conchiuse con felicissimi accenti inneggianti alla bontà paterna del Papa. Seguì, franca e spigliata, la declamazione di prose, dialoghi e poesie, alternate da scelti pezzi musicali e coronate dalla buona parola di Mons. Cottafavi. Tutto il trattenimento fu, come si conveniva, un inno di riconoscenza al Sommo Pontefice.
ROMA. - Ai piedi del S. Padre. - Nell'Istituto Maria Ausiliatrice in Via Marghera, nei giorni 21, 22, 23 marzo si tenne il consueto corso di conferenze per le signorine del Magistero, in preparazione alla Pasqua. Numerosissime accorsero ad ascoltare coli edificante attenzione la parola del prof. D. Ceria, e tutte coronarono con una fervorosa Comunione il breve ritiro.
La benedizione del Santo Padre venne a fortificare le loro sante disposizioni il giorno 10 aprile. Con paterna bontà il Sommo Pontefice si fermò dinanzi a ciascuna e in fine rivolse a tutte brevi, ma affettuose parole
Mi congratulo con voi che animate da sincero fervore avete fatto i SS. Esercizi, e poichè per i vostri studi vi siete proposta l'educazione della giovinezza, -fate che sempre il fondamento delle vostre istruzioni sia il santo timore di Dio. Allora nella vita, anche in mezzo alle più burrascose lotte, sarete consolate. Ringrazio le buone Suore di Maria Ausiliatrice, che tanto si adoperano per indirizzarvi alla pietà ed alla virtù, e faccio voti perchè il Signore benedica tutte le vostre famiglie, le persone che vi stanno a cuore, e gli esami che state per prendere.
E la mano del Sommo Pastore si levò paternamente a benedirle!
All'Estero.
VIENNA. - L'Opera Salesiana nella capitale dell'Impero Austro-Ungarico si va svolgendo con lieti auspici. Sua Eminenza Rev.ma il Card. Arcivescovo Gruscha, volle dare un bel pegno di stima e di benevolenza ai nostri confratelli affidando ad un Salesiano la Direzione della sezione giovanile di un Gesellenverseim (o Circolo di operai) del P. Kolping; ed il Governo con decreto 22 marzo u. s. autorizzò l'inaugurazione del nuovo istituto, un ampio fabbricato rispondente a tutte le moderne esigenze, eretto su disegno dell'architetto prof. Mario Ceradini, destinato a convitto e pensionato per giovani studenti od operai costretti a dimorare nella capitale.
Il nuovo Istituto ebbe già la visita dell'Ecc.mo Nunzio Apostolico Mons. Granito di Belmonte, che il 7 aprile si degnò di recar personalmente ai Salesiani le sue più vive condoglianze per la morte di D. Rua, e dell'Ec.mo Mons. Nagl, già zelantissimo Vescovo di Trieste ed ora Coadiutore dell'Em.mo Card. Arcivescòvo cum jure successionis, la cui affezione per l'opera nostra è nota a tutti i nostri lettori.
CARTAGO (Costarica). - Il Collegio Salesiano distrutto dal terremoto. -- Da una lettera inviala dal Sac. Felice Guerra al sin. D. Albera in data io u. S. apprendiamo la dolorosa notizia che la mattina del 4 maggio un terribile terremoto, durato appena due o tre secondi, ha distrutta la città di Cartago e con essa il Collegio Salesiano. I 142 alunni si trovavano in Chiesa, di cui crollò appena una parte, tuttavia si 'ebbero a lamentare sette vittime - due salesiani, Francesco Stanga e Gioacchino Vega - il sacrestano Riccardo Solano e quattro giovani. In città son già stati estratti dalle macerie 6oo morti !... I particolari al prossimo numero.
Doni il Signore eterno riposo ai defunti e rassegnazione ai superstiti.
D. Carlo Maria Baratta.
Si è spento improvvisamente nella canonica di Salsomaggiore la mattina del 23 aprile.
« Il nome dell'ottimo figlio di Don Bosco - così la Settimana Sociale dell'Unione Popolare Cattolica Italiana - era noto per varie pubblicazioni di sociologia, filosofia, ma in modo speciale per quelle d'agricoltura. Egli fu il principale divulgatore del sistema Solari...
» Don Carlo M. Baratta era nato a Druogno di Novara l'11 ottobre 1861. Compiuto il corso elementare in patria, si recò nel collegio D. Bosco di Lanzo Torinese poi corsi ginnasiali. Nel 1876 diede il nome alla Pia Società Salesiana. Fu insegnante nei collegi di Lucca e di Alassio. Venne ordinato sacerdote ad Albenga nel 1884 e, nello stesso anno, si laureò in lettere all'Università di Genova. Nell'ottobre 1889 andò a Parma dove fondò l'Istituto S. Benedetto e la prima scuola superiore di Religione sorta in Italia. Nel 1904 venne nominato Ispettore delle Case Salesiane del Piemonte e Rettore della Chiesa di S. Giovanni Evangelista di Torino. Fu esaminatore prosinodale a Parma: costrettovi dalla rovinata salute, da circa un anno era ritornato a Parma per trovare nel riposo qualche ristoro ».
La notizia della sua morte destò in ogni ceto di persone il più vivo rimpianto: molti giornali ne parlarono, Parma lo commemorò in Consiglio Comunale e con nobilissimo manifesto annunziò i suoi funerali alla cittadinanza:
« Il lutto della Pia Società Salesiana, della quale egli era degno, impareggiabile figlio, è lutto di Parma, dove per altezza d'ingegno, per nobiltà d'animo, per costanza di propositi, per dignità e varietà di uffici, per operosità benefica si era cattivato la stima, l'affetto, il plauso degli amici, la riverenza e l'ammirazione degli avversari.
» L'uomo insigne che piangiamo perduto, venne tra noi nel fiore degli anni a reggere l'Istituto di S. Benedetto di recente fondato a compiere una grande missione di sapienza e d'amore di che la memoria e la traccia restano e resteranno imperiture.
» Egli raccolse intorno a sè gl'ignari e rudi figli del popolo per foggiare in essi l'uomo nuovo, rigenerato nel Vangelo, esperto degli studi e delle arti, agguerrito per le battaglie della vita.
» Tempra di pensiero come d'azione, amico intimo di Stanislao Solari, ne comprese l'anima profonda, ne diffuse la dottrina, precursore alla sua volta d'un nuovo ordine sociale in cui l'arte dei campi, resa strumento d'indefinita conquista, restituisse agli umani pace, abbondanza, felicità.
» Carlo Baratta visse in dieci lustri una vita di duplice durata; incurante di abbreviare i suoi giorni con un lavoro improbo senza tregua, si consumò come la face, alimentando la luce ».
I funerali, onorati dall'intervento di molti ex-allievi, fra cui l'on. Micheli, riuscirono commoventi. Sia pace all'anima cara e buona dell'indimenticabile Figlio di Don Bosco.
Luigi Baracchi.
Non ebbe che un ideale: far del bene alla gioventù; e Modena che ne pianse dolorosamente la perdita ricorderà ai posteri la sua carità, il suo zelo, le sue pietose industrie. Il suo nome vivrà particolarmente caro nell'Istituto Salesiano di quella città, che ebbe in lui il suo vero fondatore.
Quantunque abbiamo fondata speranza che il Signore già gli debba aver dato il premio di tante opere buone, tuttavia mossi da profonda riconoscenza affettuosamente lo raccomandiamo alle preghiere dei lettori.