PERIODICO MENSILE DEI COOPERATORI DI DON BOSCO
ANNO XLII - N. 2 1 FEBBRAIO 1918
SOMMARIO In preparazione al "9 giugno 1918": Per il "Museo del dei Culto di Maria Ausiliatrice".
Per le adunanze mensili: Sosteniamo e moltiplichiamo gli Oratori festivi.
Al Rev. Clero: La fede ne! Papa!
Fatti e detti di Don Bosco: V) A lode dei Venerabile VI) Una guarigione istantanea.
Il Cinquantenario del tempio di Maria Ausiliatrice e la Messa d'Oro del Successore di Don Dosco: - L'Omaggio degli Oratori festivi di Torino - Gli ex-allievi e le ex-allieve -- Norme per gli arredi sacri. Al giovane vittorioso.
Lettere dei Missionari: Brasile: Un'escursione sull'alto Rio Negro e sul Tiquiè: i bisogni della Missione. Una grande raccomandazione del Papa.
Il Culto di Maria Ausiliatrice: Pel 24 corrente - Grazie e graziati.
Riconoscenza al Ven. D. Bosco.
Pel tempio votivo in onore di Maria Ausiliatrice a Castelnuovo d'Asti.
Note e Corrispondenze: All'Em.mo Card. Cagliero -Tra gli orfani di guerra - Negli Istituti delle Figlie di Maria Ausiliatrice -- In memoria dei nostri. Necrologio e Cooperatori defunti.
REDAZIONE E AMMINISTRAZIONE - VIA COTTOLENGo 32 - TORINo
Per il "Museo de! Culto di Maria Ausiliatrice".
Il disegno di raccogliere in apposita sede accanto il Santuario di Valdocco, ogni documento, ogni memoria, ogni dato riguardante il Culto di Maria Ausiliatrice, incontra unanime simpatia. Ci arrivano dall'Estero le più cordiali assicurazioni d'un'attiva e sollecita cooperazione, nella fiducia di poter eseguire sicuro invio del materiale che si sta allestendo. Il tempo breve e le cresciute difficoltà di trasporti e comunicazioni non consentiranno forse d'inaugurare completo il « Museo » per la solennità del 9 giugno p. v.; ma l'inaugurazione si farà egualmente. Ciò che non si può spedire oggi, si potrà inviare domani ; anche in avvenire si dovranno fare nuove spedizioni per tener a giorno la raccolta interessante.
Quindi, mentre preghiamo tutti gli amici nostri a non ritardare per alcun motivo la preparazione dei dati e del materiale richiesto, in conformità del programma pubblicato nel Bollettino dell'ottobre u. s., ci volgiamo ai Cooperatori d'Italia, specialmente ai Direttori diocesani, Decurioni, Zelatori e Zelatrici
1) perchè abbiano la bontà di mandarci esatta notizia
1) delle chiese e cappelle erette e degli altari dedicati - prima o dopo il 1868 - a Maria Ausiliatrice;
2) delle pie Associazioni o Confraternite erette - prima o dopo il 1869 - sotto lo stesso titolo
3} Delle sacre Immagini, tele o statue - anteriori e posteriori al 1868 venerate sotto lo stesso titolo ;
II) perchè si degnino inviarci copia o notizia
1) di ogni stampa rappresentante la Beata Vergine col titolo di Auxilium Christianorum, o Maria Ausiliatrice;
2) di ogni libro od opuscolo, che tratti del titolo o del culto di Maria Ausiliatrice;
III) perchè vogliano farci sapere
1) se la Festa di Maria Ausiliatrice sia inserita nel calendario liturgico della propria diocesi;
2) se la Festa di Maria Ausiliatrice sia - in qualche luogo - festa patronale;
3) se, e dove, si celebri con speciali funzioni il giorno 24 di ogni mese;
4) se, e dove, annualmente si celebri la festa di Maria Ausiliatrice.
Queste notizie con gli opportuni dati e documenti che i benemeriti Cooperatori d'Italia, nella loro divozione a Maria Ausiliatrice, vorranno favorirci con sollecitudine, formeranno il primo prezioso contributo per il « Museo ».
Le notizie richieste siano, di grazia, inviate all'indirizzo del rev.mo D. Filippo Rinaldi, Via Cottolengo, n. 32, Torino.
Ai benevoli che risponderanno all'invito, insieme con le benedizioni di Maria Ausiliatrice, i nostri più vivi ringraziamenti.
Per le adunanze mensili.
Sosteniamo e moltiplichiamo gli Oratori Festivi
È proprio dell'apostolato di Don Bosco, e quindi dei Salesiani e dei Cooperatori, il prendersi cura della gioventù ed educarla cristianamente per giovare al buon costume e alla civile società; e tra i mezzi più atti per educare cristianamente la gioventù sono gli Oratori Festivi. I Cooperatori Salesiani procurino A) di aiutare e sostenere nel miglior modo gli Oratori esistenti : B) di promuoverne la fondazione di nuovi.
A) In qual modo i Cooperatori possono aiutare e sostenere gli Oratori?
1) « Un cooperatore ed una cooperatrice - diceva Don Bosco - possono fare un gran bene, sia coi consigli, sia colle loro limosine, ma . più di tutto col prestarsi al Parroco nel mandar i giovani al catechismo. Il Catechismo cattolico cogli Oratorii festivi è l'unica tavola di salvezza per la povera gioventù nel pervertimento della società. I Parrochi, i Sacerdoti, sebbene zelanti, non possono trovarsi dappertutto; hanno quindi bisogno che altri li aiutano nell'esercizio di questo santo ministero del catechizzare i pargoli; hanno bisogno che altri li facciano venire alla Chiesa; ne esortino i genitori a mandarveli; hanno bisogno che alcuno ne governi, ne istruisca le varie classi con paterna carità, affinchè il Catechismo si faccia con ordine e con profitto. Ecco adunque un campo fertilissimo, dove abbondante è la messe, consolanti e sicuri i frutti... »
II) I bisogni sempre nuovi dei tempi confermano l'assoluta necessità di favorire con ogni mezzo morale e materiale gli Oratori Festivi, e insieme esigono che dappertutto, specialmente nelle città e nei centri operai, essi non si limitino a un programma religioso e ricreativo, ma svolgano anche un programma sociale, che miri direttamente alla formazione e preparazione dei giovani alla vita, e ad impedirne l'esodo dall'Oratorio negli anni piu importanti.
A questo scopo
a) Lo spirito di sacrificio degli addetti agli Oratorii sia cosi pratico da indurli a rinnovarsi nello studio quotidiano delle questioni di attualità, perchè essi stessi possano comprendere tutta l'importanza dei mezzi offerti dalla sociologia cristiana per la salvezza della società;
b) L'azione degli Oratorii sia completata con opere di indirizzo economico-sociale, rispondenti efficacemente ai bisogni della gioventù, in modo che essa trovi nell'Oratorio e nelle Opere annesse quella istruzione sociale ed assistenza morale e materiale, che viene loro offerta da Circoli ed Istituzioni anticristiane.
Tali opere sarebbero ad esempio
1) circoli di coltura;
2) conversazioni sociali;
3) scuole professionali;
4) segretariati del lavoro;
5) ufficio d'iscrizione alle casse di previdenza;
6) assicurazioni operaie popolari;
7) conferenze d'igiene professionale;
8) istruzioni sulla legislazione del lavoro;
9) iniziazione alle Conferenze di S. Vincenzo;
10) preparazione ai Circoli militari;
11) assistenza dei giovani operai emigranti ; ecc., ecc.
Si curi nel tempo stesso il completamento della parte ricreativa ed istruttiva con le attrattive della didattica moderna.
B) Dove e come si deve promuovere la fondazione di nuovi Oratori?
In ogni luogo, dove la povera gioventù si trova abbandonata con deplorevole pericolo di pervertimento e con inevitabile ignoranza religiosa ognor crescente ; in ogni luogo dove la gioventù, povera e abbandonata, abbisogna di allettamenti per essere attirata alla santificazione delle feste e all'istruzione religiosa, e di opportuno indirizzo per non diventare, oltrecchè irreligiosa, anche apertamente sovversiva. Tocca ai nostri zelanti Cooperatori il vedere quali siano questi luoghi, e, riscontratone il caso, tocca pure ad essi l'adoperarsi con zelo incessante a promuovervi la fondazione di un Oratorio festivo.
Per riuscirvi tengano presenti queste norme
1) Non si spaventino delle difficoltà;
2) Formino ad hoc un nucleo direttivo;
3) Si associno tutto l'elemento migliore del luogo;
4) Comincino subito a far qualche cosa e, da principio, si contentino anche di poco;
5) Provvedano diligentemente perchè all'opera iniziata non venga meno, ma cresca invece l'appoggio iniziale;
6) Procurino che i primi giovani che accor rono all'Oratorio, ne divengano i migliori propagandisti e sostenitori. È questo il gran mezzo che assicura la riuscita dell'opera, e se vogliono raggiungere questo intento
a) trattino i giovani con grande carità ;
b) non li lasciano mai senza assistenza;
c) non li adunino mai, né al mattino né alla sera, senza rivolgere ad essi un avviso, una breve esortazione, una buona parola;
d) impartiscano loro un'istruzione religiosa conveniente ;
e) li spronino amorevolmente alla frequenza dei Sacramenti ;
f) li allettino all'Oratorio con qualche piccolo premio o divertimento periodico: con qualche nuovo giuoco in cortile, con qualche semplice declamazione a scopo ricreativo ;
g) procurino, a quando a quando, di presentarli al pubblico in modo attraente e simpatico: ad es. conducendoli in bell'ordine ad una funzione religiosa o ad una passeggiata, ecc., ecc.
Nei piccoli centri tutto questo lavoro può essere opera di semplici Cooperatori laici; i quali, se non hanno la possibilità di aver un. sacerdote che compia per i loro giovanetti apposite funzioni sacre, d'accordo col Parroco li conducano alla chiesa principale del luogo con buon esempio di tutti i parrocchiani.
La fede nel Papa!
Ecco una grande verità, ispiratami dalla mia coscienza e dall'educazione mia, che si formarono in massima parte alla predicazione, ai discorsi e ai trattenimenti avuti col Venerabile, insomma da quanto ho appreso direttamente e indirettamente dal Ven. Don Bosco, ascoltando le sue parole, osservando le sue azioni, e meditandole. Il Ven. Don Bosco mi fece comprendere che questa grande verità è il fondamento, sul quale deve posare la vita cristiana, e che pel sacerdote essa deve costituire un principio ben approfondito ed una massima d'una indiscutibilità assoluta: la fede nel Papa! Infatti, se il Papa è il Vicario di G. C., noi dobbiamo, attraverso la sua persona, vedere C. G. vivente, che continua a predicare in mezzo a noi la celeste dottrina del Divin Padre; e quindi dobbiamo onorare la suprema e divina autorità e potestà del Papa, e accogliere con piena docilità l'infallibilità dei suo insegnamento.
Io era un ragazzo che desiderava percorrere la carriera ecclesiastica e stava attento a tutto quanto s'insegnava intorno alla nostra Santa Religione; e rammento che, quando entrai all'Oratorio, aveva appena una limitata e non chiara cognizione dell'ammirabile istituzione della Chiesa. Ma non tardai ad imparare bene quanto non ho mai dimenticato e desiderava di sempre meglio approfondire circa la Chiesa Cattolica e la sua gerarchia.
Predicava il Venerabile... e frequentemente dall'argomento traeva occasione di insegnarci questa dottrina. Parlandoci alla sera dopo le orazioni, se si presentava la minima occasione, ci inspirava sempre una grande divozione al Papa, ai Vescovi, ai Sacerdoti, spiegando l'ineffabile dignità loro, il loro potere, ecc. e così destava in noi un vero amore e un sommo rispetto verso i ministri di Dio.
Egli ci metteva in guardia contro i discorsi irreligiosi, contro le stampe e le letture empie, dicendo: « Riconoscerete se sono buoni amici i compagni, e se sono buoni i libri di lettura, quando essi parlano bene del Papa, dei Vescovi, dei Sacerdoti. Con questa norma non può avere incertezze un sincero cattolico ».
Queste massime e questi insegnamenti furono per me la regola e l'incitamento a compier bene più tardi i doveri del ministero. Anzitutto mi abbonai alle Letture Cattoliche, poi ai giornali cattolici. Ne aveva vantaggio di maggiori cognizioni d'insegnamenti e di fatti, che opportunamente mi servivano per le predicazioni e per i catechismi al popolo e ai fanciulli. E vedeva che mi si prestava maggior attenzione.
Nella parrocchia, dove era coadiutore quando avvenne la morte di Pio IX, malgrado l'aria indifferente di molti dissi del dovere di onorarne con un attestato di fede e amore la memoria, e si ebbero funzioni solennissime.
Ne fui così impressionato che in seguito trovai sempre più facile a parlare del Papa. In occasione di Comunioni che si facevano per divozione o perchè raccomandate dal Papa, nel mese di maggio o di ottobre, presi anche a distribuire immagini e pagelle coll'effigie del Santo Padre, con opportune esortazioni stampate a tergo, e riuscii a raddoppiare in modo sensibile il rispetto alla Chiesa ed ai suoi ministri, la pietà, e sopratutto la frequenza ai Sacramenti.
Perciò mi domando come mai si può ottenere l'amore alla pietà, la vivezza della Fede, il rispetto alla Religione, la frequenza dei SS. Sacramenti, ecc., senza infondere un grande amore verso il Papa ! Il Ven. Don Bosco m'ha sempre colpito per questo suo zelo, che più considero, più mi appare opportuno, anzi necessario ai giorni nostri, se vogliamo avere parrocchiani intimamente cristiani e franchi nel professare la N. S. Religione.
Dalla Lombardia, Natale del 1917.
Un parroco, ex-allievo dell'Oratorio
Memorie inedite.
V. Anche questo a lode del Venerabile.
Ebbi occasione di avvicinare un degnissimo parroco della diocesi di Genova (Arciprete Don Francesco Campora, parroco di Pareto, Valbrevenna). Nel discorso si parlò del gran bene che i Salesiani fanno dovunque per la protezione dell'Ausiliatrice, che visibilmente li benedice, e per l'assistenza del nostro Ven. Padre Don Bosco, che dal Cielo assiste ognora alle solerti loro sollecitudini a benefizio della gioventù. Nominando il Venerabile, il pio sacerdote mi interrompe col suo dire bonario, e con una espressione che rivela tutta la sua cordiale gratitudine, mi dice:
- Oh ebbi la fortuna di conoscerlo e di avvicinarlo parecchie volte!
E mi narrò
- Ricordo che alla fine del 1886, essendo soldato a Torino e sentendomi chiamato allo stato ecclesiastico, mi feci raccomandare dal mio parroco a Don Bosco. Mi presentai con una lettera del mio parroco. Il segretario mi ammise alla presenza del Venerabile. Quale impressione mi fece! Non mi fuggirà mai più dalla memoria. Seduto nella sua cameretta, col volto sorridente, con gli occhi vivaci, con la voce affievolita, ma sempre chiara, paterna, amorosa: - Siedi! - mi disse; ed al segretario: Leggi! Ascoltò con attenzione ad occhi chiusi. Finita la lettura, e inteso che si trattava di mia vocazione, mi guardò con uno sguardo dolce, penetrante, poi scandendo le parole con soavità mi disse: - Bravo! son contento! Contento perché sei soldato, sei già caporale, conosci la vita, e ciò non ostante sei deciso ad avviarti alla vita sacerdotale. Perchè, vedi, io ritengo che dei giovani che abbracciano lo stato ecclesiastico, solo il venti per cento arriva alla méta, quando incominciano nell'età ancor puerile. Invece di quelli che l'abbracciano ad età avanzata riesce, si può dire, il novanta per cento. Farò di tutto per aiutarti. - E mi affidò a uno studente di Teologia, perchè nelle ore che avrei avute libere mi iniziasse allo studio del latino...
Fin qui il racconto.
Io aggiungo che l'ex-caporale fu ammesso in seminario e riuscì, ripeto, un ottimo sacerdote. Anche questo a lode del Venerabile.
Ottobre 1917.
DON PIETRO MARTINETTI Parroco di Garbana.
VI. Una guarigione istantanea.
Benchè tardi, sento anch'io il dovere di mandare questa mia relazione a favore di D. Bosco.
Non mi ricordo s'era l'anno 1809 o 7o; era ancor giovinetta ed erano più di due anni che aveva un forte male d'occhi. Già i medici di qui avevano fatto quanto l'arte loro suggeriva, ma tutto invano. Finalmente gli stessi medici dichiararono a mio papà, che un occhio era ormai perduto ed infatti io non ci vedeva più nulla, e lo consigliarono di condurmi a Torino dal prof. Sperino per vedere di poter salvare l'altr'occhio.
Mio papà fece subito quanto i medici gli consigliarono; ma, giunta a Torino, i professori specialisti mi dissero che era troppo tardi; ad ogni modo mi consigliarono a fermarmi e avrebbero fatto ciò che era possibile.
Io mi fermai e già da quattro mesi dimorava in quella casa di dolore con assai poco miglioramento. Io però, quando era ancora a casa mia, aveva sentito parlare del gran Servo di Dio, Don Bosco, e sempre desiderava vederlo. Finalmente un giorno ebbi la tanto sospirata sorte e subito mi gettai ai suoi piedi, e gli dissi che era da tanto tempo ammalata agli occhi e gli chiedeva la sua benedizione, onde potermene presto venire in seno alla mia famiglia. Egli alzò la mano, mi benedisse, mi diede una medaglia di Maria Ausiliatrice e mi disse: « Abbiate fede nella Madonna, e guarirete. Questa mattina è stato qui uno che non ci vedeva affatto, e andò via con la sua vista ».
Posso dire lo stesso di me; tornata all'ospedale non credeva a me stessa; ci vedeva non solo da uno, ma da ambedue gli occhi Domandai ai professori, se, sembrandomi di star meglio, potevo tornarmene a casa e mi dissero di si. Tornata a casa, i parenti non potevano darsi pace, perchè più non si conosceva l'occhio sano da quello malato; ma quando seppero del mio colloquio con Don Bosco, allora credettero con me al miracolo, e d'allora fino adesso ho sempre la mia vista, chè, quantunque già di tarda età, leggo e scrivo senza occhiali.
Con questo mi sembra di adempiere ad un dovere, perché la riconoscenza la vogliono anche i Santi. In fede di quanto sopra,
Finalmarina, 18-1-1918.
BONORA CATERINA FU ANGELO.
L'annunzio che il 9 giugno p. v. celebreremo il Cinquantenario della Consacrazione della Basilica di Marìa SS.ma Ausiliatrice e il Giubileo Sacerdotale del nostro Rettor Maggiore Don Paolo Albera, ha acceso una gara di esultanza filiale.
La prima scintilla partì dal Comitato delle Dame Patronesse Torinesi dell'Opera di Don Bosco, sorto fra le Cooperatrici Salesiane, Questo nobile Comitato, sotto la Presidenza di S. A. I. e R. la Principessa Laetitia di Savoia Napoleone, Duchessa d'Aosta, prosegue con slancio il lavoro di propaganda e preparazione, tanto per l'Esposizione di arredi Sacri, quanto per l'Obolo della Messa d'Oro che verrà offerto al sig. D. Albera a vantaggio delle Opere Salesiane, specialmente dei giovanetti orfani e profughi di guerra, raccolti nei Collegi Salesiani d'Italia e dell'Estero; e noi siamo lieti di aggiungere che ambedue l'iniziative vanno incontrando favore.
E siccome non poche Cooperatrici lontane, nel chiederci schiarimenti per la preparazione di qualche dono che intendono preparare per la Basilica di Maria Ausiliatrice, e di altri da destinarsi alle chiese povere salesiane, ci consigliano d'insistere su questo opportuno omaggio, preso con tanto zelo di pietà e carità dalle Patronesse Torinesi, noi pubblichiamo per intero le norme date da loro in proposito (1).
In pari tempo diciamo pubblicamente la nostra profonda riconoscenza a quanti coopereranno al buon esito dell'una e dell'altra iniziativa, specialmente al nobilissimo Comitato promotore e alla sua Augusta Presidente Onoraria, S. A. I. e R. la Principessa Laetitia, sempre altamente benevole verso le Opere di Don Bosco.
L'OMAGGIO degli Oratori Festivi di Torino.
Il 1° Oratorio festivo fondato dal Ven. Don Bosco in Valdocco, la domenica 26 gennaio u. s. dava al Sig. Don Albera il più dolce conforto. Circa duecento giovanetti, dopo un intenso lavoro preparatorio protratto per quattro giorni festivi, col plauso di tutti i compagni pregavano il sig. Don Albera a recarsi fra loro, e per i primi, così gli esprimevano la loro gioia e l'affettuosa loro partecipazione al duplice Giubileo.
Rev.mo Sig. D. Albera,
È cominciato l'anno giubilare della Sua consacrazione sacerdotale e della consacrazione del Santuario di Maria Ausiliatrice!
Il lieto annunzio del duplice avvenimento si è diffuso in ogni nazione; e i suoi figli, vicini e lontani, tengono fisso il pensiero alla Vergine che, vestita d'oro, trionfa sulla cupola di Valdocco e par che dica: « Io sono la Madre di tutti i figli di Don Bosco! »; e con nostalgico affetto pensano tutti anche a Lei, che di quel grande Apostolo è degno Successore !
Così splendida gara di gioconda, intima, famigliare esultanza, non è impedita dalle preoccupazioni dell'ora presente ; che anzi, al pensiero assillante di chi lotta, di chi geme e di chi piange, divien più forte e trabocca potente in una dimostrazione unanime di alto valore.
Rev.mo Sig. D. Albera,
i suoi cinquant'anni di Messa e di Sacerdozio, così fecondi di opere sante, iniziatisi nello stesso anno che si apriva al divin culto l'augusta Basilica di Valdocco - donde Gesù in Sacramento difende tanta luce di Fede e Civiltà in molte partì della terra, a guida dei figli del popolo, a conforto degli emigrati, a conversione dei selvaggi - spronano tutti i giovani dell'Oratorio ad accostarsi con maggiore frequenza alla Mensa Eucaristica e muovono noi ad offerirle - individualmente - una Corona di cinquanta Comunioni nel corso dell'anno giubilare. Poveri figli del popolo, noi non potremo raggranellar una somma cospicua per l'obolo della Messa Giubilare; ma possiamo e vogliamo assicurarla che manterrerno con fervore la nostra promessa. E l'intenzione nostra sarà che quest'anno - auspice la benedetta Madre di Dio e madre nostra, Maria SS. Ausiliatrice - scendano in maggior copia le grazie e le benedizioni celesti sulla Pia Società Salesiana e sul Venerando suo Capo, sulle nostre anime e sulle nostre famiglie, sui nostri compagni combattenti, su tutti i soldati, sulla Chiesa e sulla Patria diletta.
Siamo certi che Maria Ausiliatrice e il Ven. Don Bosco sorridono e benedicono alla santa offerta ; Ella pure, signor Don Albera, l'accolga benignamente in pegno di profonda riconoscenza, e raccomandi al Signore tutti gli alunni del 1° Oratorio Festivo di Don Bosco, ma specialmente i suoi affezionatissimi figli,
Torino, gennaio 1918.
(Seguono 192 firme).
Il bell'esempio dato dall'Oratorio maschile ebbe degno riscontro nell'Oratorio Femminile, diretto dalle Figlie di Maria Ausiliatrice, le le quali, nella festa di S. Francesco di Sales, umiliavano al sig. Don Albera quest'altra devota promessa.
Veneratissimo Padre,
Al sorgere dell'anno faustissimo che segna per noi due date ben dolci al cuore, il cinquantenario della dedicazione della Basilica all'eccelsa Madre nostra Ausiliatrice e il Giubileo Sacerdotale di Lei, nostro Veneratissimo Padre, sentiamo il bisogno di raccoglierci con slancio spontaneo, grato, affettuosissimo, intorno a Lei per porgerle il nostro omaggio filiale.
Dall'alto del suo trono di gloria l'Ausiliatrice ci sorrida e benedica, mentre presentiamo a Lei il bel numero di Cinquantamila Comunioni e di urla cifra maggiore di atti di virtù e di particolari preghiere, che nel corso di quest'anno faremo al santo scopo di ottenere sul suo capo venerando copia abbondante di divini favori e al suo cuore paterno soavi conforti.
E sarà il nostro, piccolo mazzo spirituale, fra la moltitudine di quelli maggiori e più fragranti che si stanno componendo in tutte le Case delle Figlie di Maria Ausiliatrice dell'uno e dell'altro emisfero, e che a Lei verranno offerti: sugli altri non avrà di migliore che la precedenza e il pregio di essere sbocciato all'ombra del trono della comune Madre. L'accetti Ella, Padre venerato, ne aspiri tutto il semplice, ma delizioso profumo: veda in esso il cuore di tutte : Oratoriane, Pensionanti, Alunne, Ex-Allieve e Suore della Casa di Torino, che festanti glielo offrono.
L'iniziativa gentile partì dalle Alunne dell'Oratorio, porzione eletta del cuore del Ven. D. Bosco ed anche del suo. Furono esse che, memori del gran bene che ricevono, idearono di darle quest'attestazione di riconoscente, filiale omaggio.
Con esse, a Lei chiedono tutte un ricordo nelle sante sue preghiere, certe che tale ricordo, reso efficace dalla predilezione dell'Ausiliatrice, otterrà a noi costanza nei buoni propositi, zelo per propagare l'opera nostra santa che ha il suggello divino, virtù per lavorare secondo i suoi ideali.
Baciandole la venerata mano, ci professiamo di Lei, Padre rev.mo,
(Seguono le firme).
Godiamo nel segnalare questi fatti per dire con maggior efficacia agli alunni di tutti gli Oratori Salesiani e alle giovanette che frequentano gli Oratori delle Figlie di Maria Ausiliatrice
- Imitate così nobile esempio! Proponete anche voi in tutto quest'anno - in cui c'è tanto bisogno di pregare, - proponete di accostarvi con maggior frequenza alla Mensa Eucaristica ! Questo è il più prezioso omaggio, che potete rendere a Maria Ausiliatrice nel suo Cinquantenario e al venerando Successore di Don Bosco nella sua Messa d'Oro.
Gli Ex-Allievi e le Ex-Allieve.
Mancheremmo a un dovere di riconoscenza se non facessimo anche parola della viva parte che prenderanno alla celebrazione del duplice giubileo gli Ex-Allievi.
Il presidente della Federazione Generale degli Ex-Allievi degli Istituti Salesiani, Prof. Cav. Piero Gribaudi, ha diramato questo cordiale invito a tutte le associazioni federate.
Cari Compagni,
Nell'anno or cominciato ricorrono due date che parlano fortemente al cuore di chi ebbe, come noi, la fortuna di crescere alla scuola del Ven. Don Bosco. Il 9 giugno si compie il Cinquantenario della Basilica di Maria SS. Ausiliatrice ; il 2 agosto l'amatissimo Superiore della Pia Società Salesiana, Don Paolo Albera, compirà l'anno cinquantesimo di Sacerdozio.
Se le gravi condizioni in cui il mondo intero si trova per la guerra Europea non ci permettono di celebrare con grandi feste queste due date memorande negli annali dell'Opera Salesiana, non ci devono però impedire di mostrare quanto vivo sia in tutti noi il sentimento di gratitudine verso quella Società, nelle cui Case abbiamo trascorsi gli anni più belli della nostra fanciullezza e giovinezza, preparandoci alle dure lotte della vita, nella preghiera, nello studio e nel lavoro.
La Basilica di Maria Ausiliatrice per noi ex-Allievi dei Salesiani è il tempio più caro; da essa si diffuse in tutto il mondo, per opera sopratutto di quei Missionari che recarono tanta luce di Fede e di Civiltà in remote regioni, quella tenera devozione all'Ausiliatrice che è una caratteristica non solo delle Case Salesiane, ma di tutti gli ex-Allievi e Cooperatori Salesiani.
La fondazione della Basilica di Maria Ausiliatrice fu una pietra miliare nell'Opera di Don Bosco e noi dobbiamo celebrarne la data cinquantenaria come una delle più solenni della nostra vita di cristiani e di ex-Allievi dei Salesiani.
E poichè nello stesso giorno - 9 giugno 1918 - il veneratissimo Don Paolo Albera, successore dell'indimenticabile Don Michele Rua e del Padre nostro il Veri. Don Bosco, celebrerà la sua Messa d'Oro, ancor più intima sarà la nostra partecipazione alla festa, in cui ripeteremo la promessa tante volte fatta, e, speriamo, da tutti mantenuta, di dimostrarci ovunque e sempre degni discepoli di Don Bosco.
Non essendo però possibili grandi dimostrazioni esteriori, noi attesteremo la nostra gratitudine verso chi ci ha educati, concorrendo con le nostre offerte al progresso delle Opere Salesiane: offerte che nelle presenti circostanze rivestiranno uno speciale significato per lo scopo particolare: quello di concorrere al mantenimento degli Istituti che il degno successore di Don Bosco, Don Paolo Albera, ha aperto in tutti i paesi belligeranti per il ricovero degli orfani dei caduti in guerra.
Cari compagni, sono sicuro che il mio appello non tornerà vano e che ciascuno di noi si adoprerà perchè la dimostrazione di gratitudine verso la Madre Celeste e il Rettor Maggiore dei nostri educatori abbia a riuscire veramente imponente e grandiosa, e nello stesso tempo altamente benefica per quei poveri fanciulli, cui tolse il padre l'adempimento di un sacro dovere.
La Presidente del Comitato Centrale delle ex-Allieve delle Figlie di Maria Ausiliatrice, Prof. Maria Vittoria Chiora, scriveva anch'essa a tutte le Associazioni delle ex-Allieve.
L'anno che corre porta così care ricorrenze che, per quanto i tempi volgano gravi di preoccupazioni sempre più assillanti, non possono, non devono, essere da noi trascurate.
Una di esse è il Giubileo d'oro della consacrazione del Santuario di Maria SS. Ausiliatrice. Chi di noi nel caro tempio non ha pregato, non ha supplicato, non ha pianto, non ha attinto dall'Ausiliatrice potente, forza, coraggio, serenità ed aiuto ? Chi di noi in questa nostra cara Basilica, che è il tempio universale della grande Famiglia Salesiana, non ha sentito levarsi in alto, colla sua, l'invocazione di migliaia di cuori, che nell'Ausiliatrice confidano e sperano, e cui Ella, con regale generosità, dispensa i prodigi delle sue grazie? Celebriamo il primo Cinquantenario della consacrazione di questo insigne e caro monumento della grande Opera del Venerabile Don Bosco; rechiamo, con intensificata fede, alla SS. Vergine, nella sua grande festa, il tributo solenne della nostra indefettibile speranza, del nostro riconoscente amore; dall'anima nostra, cristianamente temprata ai sacrifizi di questi gravosi giorni, salga fiduciosa a Lei la nostra fervente preghiera, e, per virtù di Lei, discendano sopra di noi, sui nostri cari, sulla patria diletta, le grazie che invochiamo.
Ma anche un altro Cinquantenario coincide simpaticamente coti quello della consacrazione del tempio: la Messa d'Oro del sig. Don Paolo Albera, la Messa d'Oro che imperscrutabili decreti della Divina Provvidenza non permisero al Venerabile Don Bosco, nè al suo primo successore Don Rua, di celebrare qui ìn terra.
Pertanto, nel desiderio di concorrere alla, celebrazione di queste due care ricorrenze, in modo semplice, utile e alla portata di tutte, ognuna di noi - conscia dei gravissimi bisogni dell'ora che volge, e dell'opera cristianamente patriottica svolta dal sig. Don Albera a pro' degli orfani di guerra e dei profughi, ch'Eglî accolse, sia in Italia che all'estero, nei benemeriti Istituti Salesiani - contribuisca, cori raccolte di generose offérte, a porre il venerando sig. Don Albera in grado dì sostenere e dare sempre maggior incremento all'opera altamente patriottica, che svolge a vantaggio della gioventù. Ognuna doni secondo che può, si faccia propagandista dell'idea, raccoglitrice di offerte, zelatrice dei mezzi più acconci a ottenere i più generosi contributi.
Le offerte siano inviate alle Superiore delle Figlie di Maria Ausiliatrice con preghiera di farle pervenire -- accompagnate da breve relazione - al sig. Don Albera, quale omaggio alla ricorrenza dei succitati cinquantennii.
Osservate. Mentre i figli e le figlie del popolo affolleranno gli altari e, con Gesù nel cuore, pregheranno per i loro educatori e benefattori, gli ex-allievi e le ex-allieve - insieme con i Cooperatori e le Cooperatrici Salesiane - andranno a gara nel raccogliere l'Obolo per la Messa d'Oro del Successore di Don Bosco; e quest'obolo verrà speso fino all'ultimo centesimo a sostegno delle Opere che il Ven. Don Bosco suscitò a favore della gioventù.
É lo scambio di beneficenza che si avvera ogni giorno nell'Opera di Don Bosco. La linfa benefica, che i caritatevoli Cooperatori le infondono colle loro elemosine, è quotidianamente convertita dalle preghiere dei beneficati in una pioggia di benedizioni celesti!
Norme per gli arredi sacri. (Dalla Circolare delle Dame Patronesse Torinesi).
Nel confezionare arredi sacri, è da stare alle prescrizioni liturgiche, specialmente nella scelta della stoffa. Le paramenta siano di seta e le biancherie siano di lino. Per la forma è da attenersi al Rito Romano. Per le dimensioni converrà attenersi alle seguenti
La pianeta sia alta m. 1,1o e larga m. 0,70; da queste dimensioni si potranno facilmente dedurre le rispettive dimensioni della tunicella, dalmatica, piviale, stolone e velo omerale o continenza.
Il camice abbia l'ampiezza di m. 3 e l'altezza di m. 1,4o a m. 1,50.
La cotta m. 2,7o d'ampiezza, e da 75 a 8o centimetri d'altezza.
L'amitto sia largo m. 0,90 e alto m. 0,65.
Il corporale m. 0,5o in quadratura, compreso il pizzo o merletto. Abbia la solita piccola croce in piano, in margine ai lati, e non sia ricamato.
La palla centimetri 14 in quadratura.
Il purificatoio centimetri 45 per 35.
Il manutergio centimetri 5o per 40.
L'amitto, la palla e il purificatoio avranno la croce in mezzo e potranno essere ricamati con emblemi, fregi, ecc. Il manutergio potrà anche esse ricamato, ma senza la suddetta croce in mezzo.
Per le tovaglie serviranno di guida le seguenti dimensioni delle mense dei sacri altari della Basilica di Maria Ausiliatrice, ove la mensa dell'altare maggiore è lunga m. 2,75, quella dei principali altari laterali metri 2,25, e quella degli altri altari m. 1,8o ; tutte le mense hanno m. 0,65 di profondità. Le tovaglie abbiano m. 0,95 di pendenza ai lati degli altari, eccetto quelle che abbiano a servire di sopratovaglia.
Si riceveranno pure con molta riconoscenza calici, pissidi, ostensori, ecc., nelle forme dimensioni più in uso.
Per un giovane vittorioso c'è una vittoria assai più bella di quella che ottiene sui campi di battaglia. È la vittoria del giovane che continua sul retto cammino del dovere, malgrado le passioni che nell'interno del cuore oppongono una resistenza sorda e forte, malgrado il piacere che gli brilla davanti agli occhi, malgrado le debolezze e le defezioni che vede attorno a sé, malgrado che il miraggio del mondo lo affascini e lo attiri incessantemente a sè !
Se io avessi due corone, ne darei una al giovane che si conserva puro e calpesta il rispetto umano, e l'altra al soldato vittorioso della guerra. Ma se ne avessi una sola, essa sarebbe per te, o giovane dal cuore e dall'anima pura e forte. In le è il vero coraggio, la vera forza, che saprà a suo tempo affrontare i più grandi ostacoli e dare nobilissimi esempi di virtù. Tu solo godrai della vera bellezza della vita.
AUGUSTO CONTI.
BRASILE
Un'escursione sull'Alto Rio Negro e sul Tiquié. - I bisogni della Missione.
(Lettera del Pref. Ap. Don R. Giordano) (1).
Nel ritorno dalla frontiera a S. Gabriel avevo deciso di visitare ogni abitazione lungo il fiume, dove poteva credere vi fosse un'anima viva, e mantenni il proposito. Varie case le vedevamo chiuse, essendo gli abitanti occupati nei lavori della gomma elastica; e allora passavamo senza discendere. In molte altre trovai intere famiglie che stavano in attesa del Missionario; e furono rari i casi che lo lasciassero partire senza l'espressione della loro gratitudine, anche con presenti di frutta, con spari a salve, e con calorosi arrivederci. Aggruppati sulla spiaggia, molti mi seguivano collo sguardo fin dove potevano, salutandomi ripetutamente colla voce e colla mano. Così toccai Anzariluba, Baud, Orcola, e giunsi a Floresta. Qui mi separai dal signor Comandante, che tornò a Cucuhy, mentre io proseguii per Tibury, e Bateria, dove pernottai.
All'indomani, all'apparire dei primi raggi del sole, vidi di lontano il villaggio di Marabitana e scesi per visitarlo di nuovo, ma « oh quantum mutatus ab illo! ». Dove giorni prima si svolgeva con tanto entusiasmo il triplice programma colla nota dominante del batuque, regnava un silenzio sepolcrale ! Le forti vibrazioni delle campane, scosse dalle braccia vigorose dei marinai del nostro equipaggio, si ripercossero sulle acque tranquille del fiume, nelle campagne e nelle foreste circostanti, ma non riuscirono a destare un'anima viva! Ed io, attraversando il villaggio, incontrai solo case vuote e mi diressi al camposanto, dove recitai un De profundis.
È un fatto strano quello di questo villaggio! Gli abitanti vivono nelle campagne, sparse tratto a tratto lungo il fiume o nelle isole, e si riuniscono solo in date epoche dell'anno per feste che durano intere settimane; poi subito si separano, e Marabitana diviene « Malabitata! ».
Da Marabitana a S. Gioachino - L'ultimo giorno dell'anno --- Bella Vista.
Ad un quarto d'ora di là, a Samuma, durante le feste accennate s'era trovata in una casupola una giovane india colla figliuolina di pochi giorni, entrambe sfinite di forze. Ritirate in casa di due caritatevoli famiglie, qui le ritrovai. La bambina, poveretta! aveva i giorni contati. Visitai nello stesso giorno la madre, e mi accorsi che non avrebbe tardato a seguire la sua figliuolina. Entrambe, lo spero, saranno andate in paradiso: la bambina col S. Battesimo e la madre colla Penitenza Sacramentale e la rassegnazione!
Da Samuna, ove lasciai il nostro Gaudenzio Bueno che mi aveva fatto godere sì buona compagnia, passai a Nazareth ove amministrai il santo Battesimo a diverse persone; fra le altre, ad un'india dell'Issana di trenta e più anni, colla miglior preparazione prossima che mi fu possibile e la promessa della signora di casa che l'avrebbe istruita. Battezzai pure una sua figliuolina. Il marito era assente nella Venezuela. In una futura visita spero di benedire anche il loro matrimonio.
Mentre m'intratteneva col sig. Valero sul modo di riedificare la chiesa di Marabitana, essendo egli della Commissione incaricata della raccolta delle elemosine a tale scopo, arrivò il vaporino del signor Igino de Albuquerque, che risaliva il Rio Negro per affari urgenti e si proponeva di essere di ritorno per l'indomani, affin di trovarsi fra tre giorni alla sua casa di Bella Vista sul Rio Cayary. Invitandomi egli ad approfittare del vaporino per recarmi subito a quel luogo pur designato della mia missione, accettai riconoscente la proposta e riformai subito l'itinerario, risolvendo di far prima la visita al Tiquiè e continuare, al ritorno, quella del Rio Negro.
Nel giorno di attesa visitai varie località, e cioè Gorodi, Assahy-tuba, Macorico e Manyhà, ed entrai anche nel Paranà-mirim per giungere a sera al Barraccone del signor Malgueiro, poi a quello del sig. Alcides, dove passai la notte.
Attraversando il fiume all'indomani sull'albeggiare, giunsi a Uanadona, dove celebrai la santa Messa, amministrai qualche battesimo e visitai un ammalato; quindi proseguii subito per Caybany-mirim e Mandiuhà, dove ci attendeva il signor Igino in compagnia del signor Lucio Garrido e del signor Alcides Rocha che, arrendendosi al mio invito, divenne mio ottimo compagno di viaggio al Cayary.
Sul vaporino « Pira-Tapuia », dalla forza motrice di sette cavalli, in due ore giungemmo a Santa Croce. Qui ebbi il piacere di abbracciare il nostro amico e benefattore di San Gabriel, il signor Rodolfo L. Gonzalves, e di aver recenti notizie dei carissimi confratelli, che egli aveva lasciati pochi giorni prima in ottima salute e in faccende per preparar le feste del S. Natale.
Toccato Coè-Coè e passata la notte a Pirapuca, si proseguì di buon riattino alla volta di S. Filippo, dove, alle 7, le campane diedero il triplice avviso ai vicini ed ai lontani delle due sponde del fiume (largo in quel punto oltre due chilometri) dell'arrivo del Missionario e dell'immediata celebrazione della Messa. L'udienza fu numerosissima. Era l'ultimo dell'anno, ed espressi il voto di veder nel nuovo anno avviarsi tutti questi popoli sulla via del progresso. La fermata si potrasse più ore e perciò ebbi agio di assistere alla caccia degli uccelli, fatta dagli indii colla garavatana, cioè con una canna di juputy (specie di bambù) involta in una pelle di cipó, lunga tre metri, perfettamente diritta, con una piccola prominenza verso la metà per mirino. La freccia, piccola, leggera, e involta in cotone, vien lanciata con un semplice soffio ed esce con tanta rapidità e forza che raramente le sfugge il più piccolo uccello preso di mira. Sovente ne avvelenano la punta, e istantanea è la morte della vittima.
Ed eccoci alle bocche del Cayary, imponente e sempre accompagnato dalle foreste, che si rispecchiano nelle sue acque, più chiare di quelle del Rio Negro. Poco prima di arrivare al villaggio di S. Gioachino, incontrammo una barca guidata dal signor Fiorentino dos Santos con donne e ragazzi, i quali, portando una statuetta di San Gioachino, andavano in cerca di elemosine per i restauri della chiesa.
Giunti al villaggio, approdammo per visitare la chiesa. Davvero che abbisogna di riparazione! Ne hanno estremo bisogno anche le casette che la circondano.
Avevamo oltrepassato da poco Pituna, quando il vaporino s'imbattè in un banco d'arena, e ci volle una prudente manovra per liberarlo e farlo entrare nel canale principale.
Era l'ultima notte dell'anno, e il costume del paese esigeva che fosse imbandita la mensa: e difatti, mentre finiva di arrostire un bel pesce, m'invitarono tutti a una voce a discendere dalla mia rete per prendere parte al banchetto improvvisato. Ringrazio e ricordo il dovere del digiuno per celebrare l'indomani; ma mancando ancor qualche minuto alla mezzanotte, accondiscendo in parte ai loro desiderii, e assaggio un pezzo del pesce, bevendo alla salute degli amici. vicini e lontani. E subito tornai a riposare fino all'alba, finchè uno scoppiettio di fuochi d'artifizio e un colpo di un cannoncino in lontananza mi risvegliarono.
Ed ecco, ai primi raggi del sole nascente, apparire il panorama di Bella Vista co' suoi dintorni. Il ricevimento fatto a questo povero Salesiano dal signor Emanuele Antonio de Albuquerque, Delegato degli Indii del Cayary, da' suoi fratelli, dalle loro famiglie, dai numerosi impiegati e dalle persone accorse, fu cordialissimo e di una certa solennità.
In una sala fu preparato subito l'altare e davanti il numeroso uditorio celebrai la S. Messa. Al Vangelo parlai, come mi dettava il cuore, del passato della Pia Società Salesiana e del futuro del Cayary e del Tiquié, che colla grazia di Dio e colla cooperazione dei benefattori, spero non mancherà di realizzarsi.
A pranzo, il signor Manduca de Albuquerque salutò in un caloroso brindisi il nuovo Prefetto Apostolico, e si dichiarò felice di prestar l'opera sua alla Missione Salesiana nella regione. Anche il signor Moreira, portoghese, uno degli intelligenti ed attivi impiegati della Casa Albuquerque, salutò in nome dei colleghi il Missionario, affermando l'adesione di tutti alle idee e all'opera del loro principale, in favore dei Salesiani. Risposi commosso, bene augurando all'opera civilizzatrice degli indigeni e alla prosperità di Bella Vista, che sarà il punto di appoggio per la Missione che stava inaugurando.
I brevi giorni che passai colà, furono giorni indimenticabili, anche perchè ricchi di lieta messe spirituale.
Il tre gennaio si partì pel Tiquié. Il signor Manduca, che aveva fatto allestire la sua lancia, il Floriano » e il battello di accompagnamento « il Kaiser », con scelto equipaggio di due motoristi, due timonieri e due altri timonieri indii del Cayary, volle guidare egli stesso la spedizione, e condusse con sè il figlio minore Floriano, un fanciullo sui io anni, di bella intelligenza, ai quale io diedi il titolo di ammiraglio per la destrezza e sangue freddo nel dirigere le evoluzioni del suo « Ubà » (piccola canoa) in varie circostanze del viaggio. Che giorni cari! Eravamo, fra tutti, 14 persone.
Dopo avere oltrepassato Umary- paranà - mirini Siringal (piantagione di alberi di gomma elastica) giungevamo alle 9 di sera a Umbra - ubà antico villaggio, ormai scomparso, dove è un'altra piantagione di gomma, e pernotammo.
Alle 7 del mattino, dopo due ore di viaggio si giungeva a Tatapunha o Porto-carvão, terzo Siringal o piantagione di alberi di gomma. Qui celebrai la Santa Messa, presente un bel numero di civilizzati e di indii. Quindi, toccati Carurzí e Mauàpecuma, antico villaggio pur esso esso scomparso alla sinistra del Cayary, dopo una breve tappa a Tauà ci trovammo finalmente alle foci del sospirato Tiquié.
Nel regno dei Tucani - Di maloca in maloca -- Ultima mèta del viaggio.
I selvaggi son considerati dal Governo come proprietarii degli immensi terreni, estendentisi al confine del Brasile colla Colombia, dei quali non si conosce nè l'estensione, nè la fecondità, nè il numero degli abitanti, perché il civilizzato non vi entra che per vie d'acqua e solo di passaggio.
Siamo dunque alle porte del regno del Tucano, o dei Tucani, che vivono ritirati a molti giorni di viaggio dalle foci del Tiquié.
Viaggiamo tutta la notte.
Celebro di buon mattino a bordo, senza perdita di tempo pel vaporino, che seguita il suo corso regolare di nove miglia geografiche all'ora.
Dinanzi allo sguardo è un continuo sfilare di foreste, senza un indizio di mano d'uomo che modifichi l'opera della, natura.
Intorno regna un silenzio profondo, interrotto appena dalle grida stridenti di qualche banda di pappagalli, o dal canto melodioso di qualche raro uccello, o dallo sparo di fucile del signor Manduca contro un'anta, che gli sfugge o sopra un cararà, o passero mergulhão.
Alla mente si affaccia la storia di cadaveri mutilati e gettati nel fiume; la sorte di un Tenente col suo compagno, colti d'agguato, non lungi di là, e trucidati entrambi. Scene da selvaggi ! È un paese misterioso!...
Viaggiamo tutto il giorno, e solo verso sera arriviamo a Manha-uitera. Escono da una piccola capanna tre indii in costume quasi admitíco, e li salutiamo in Nheengatù, che capiscono e partano discretamente. Il signor Manduca ne sceglie uno, che fa salire con noi come pratico del fiume ; e proseguiamo il viaggio.
Alle 8 del giorno 6, festa dell'Epifania, giungiamo a Tucano-cachoeira, dove è Tuchàua (capo) il capitano Michele.
Saltiamo a terra, e vedo per la prima volta una maloca o casa degli indii (1), che m'impressiona per la sua grandezza. Un indio solo è di guardia: Gioachino. Tutti gli altri sono alla caccia e alla pesca, o al lavoro. Celebro la Messa nella maloca, ed al Vangelo, dirigendo la parola a' miei compagni di viaggio, ricordo la festa del giorno ed il dovere d'imitare i Re Magi nel far conoscere ed amare il Divin Salvatore.
Ripartiti alle 10 del mattino, eravamo verso le 12 e mezzo a Tapira-Cachoeira, alle 14 a Uraity e dopo le 17 ad Uira-poço, alla maloca del Tucháua Francesco.
Fui accolto con timore reverenziale. Distribuii subito delle medaglie e tutti le accettarono con rispetto. Alcuni mi toccavano la sottana, poi si baciavano le mani. Parecchie mamme mi presentavano i bimbi, e io li benedicevo imponendo loro la mano sul capo, che esse quindi abbracciavano. Da principio i ragazzi si avvicinavano timidamente, poi con maggior fiducia; si erano accorti che li guardava con predilezione. Queste scene impressionanti si ripetevano dappertutto.
Il giorno dopo, il 7 gennaio, celebrai la santa Messa nella maloca in mezzo agli indii.
Proseguendo il viaggio incontrammo il capitano Joanico, Tucháua di Esteio (San Giuseppe), che discendeva il fiume in canoa con molti indii ed offrendo io una medaglia ai più vicini, tutti si precipitarono per averne una.
Passato Esteio, c'imbattemmo nel capitano Giuseppe Pacuemo, Tucháua di Pary-Cachoeira, che discendeva il fiume con altri indii, in canoe cariche di farina di mandioca.
Alle 11 giungevamo a Floresta (S. Giovanni), dove è Tucháua il capitano Manoel Gaetano, che è forse l'indio che più d'ogni altro ha capito l'importanza della nostra Missione.
In tutte le maloche, che visitavamo e agli indii che c'incontravano, il signor Manduca dava l'ordine di sospendere ogni viaggio, e di fermarsi tutti o ritornare alle loro maloche per ricevere la visita del Pahy (Missionario). Tutti ubbidirono.
Finalmente, oltrepassata Maracaj-ponta, la maloca dei Dessana, dove è Tuchaua il Capitano Antonio Gaetano, giungemmo a Pary-Cachoeira, cioè alla mèta forzata del nostro viaggio, non essendo il fiume più oltre navigabile, per mancanza d'acqua. Il Tiquié, cosi grande nella sua foce, con un chilometro di larghezza, va restringendosi fino a 5o metri, quanti ne misura dove noi giungemmo.
Il capitano Giuseppe, conscio del dovere che gl'imponeva l'alta carica di Tuchaua, mi si presentò appena discesi. Salutandomi in Nheengatù, si disse felice di vedermi tra i suoi e mi presentò la sua prima moglie e il figlio Gioachino di 18 anni, erede del nome di Tucháua. Con lui era anche il pagè.
(1) Ne pubblicammo belle incisioni nel maggio 1916.
Abiti e lingua dei Tucani - Il tipo tucano - La maloca - Una notte nella maloca - Al lavoro.
Come potrò ora, rev.mo signor Don Albera, manifestarle le impressioni avute all'entrare nel regno dei Tucani? Non ne son capace.
Gli uomini non hanno vestiti, e le donne ordinariamente non ne hanno uno migliore; a me si presentarono coperte dalla cintola alle ginocchia. A quell'incontro provai, senza volerlo, un senso di ripugnanza, parendomi di vedere in quei miseri il disprezzo alla mia stessa umanità; ma fui subito innondato da una profonda compassione. Avrei voluto starmene colla sola veste e dar loro tutto il resto ! Sentii in pari tempo un desiderio potente, irresistibile, di percorrere i paesi più civilizzati per chiedere ai ricchi e ai poveri, ai grandi e ai piccoli, i mezzi per sovvenire a questa estrema indigenza, e coprire la nudità fisica e morale di questi infelici.
Celebrando nei giorni antecedenti nelle maloche, mentre gli indii, mossi dalla curiosità, stavano osservando i più piccoli miei movimenti, io lottava per combattere la commozione sempre crescente del cuore: ma quando, all'indomani dell'arrivo a Pary-Cachoeira, celebrai sulla spiaggia davanti a quei due gruppi di uomini e donne... giunto all'elevazione mi si riempirono gli occhi di lacrime e domandai con fervore a Gesù Sacramentato che concedesse a quelle povere anime la grazia di poterlo quanto prima conoscere ed amare ! Anche nelle preci dopo la S. Messa, giunto alle parole « exules filii Evae A sentii rinnovarsi la stessa commozione. Ah! non conosco figli di Eva più lontani dalla patria! Dissi loro qualche parola e mi auguro che abbiano almeno capito che il Pahy, che vedevano ed udivano, era un inviato da Dio per far loro del bene!
Sperava di trovarmi tra indii che parlassero la lingua generale, il Nheengatù, perchè desiderava udirli ed esercitarmi a parlare dopo un po' di teoria acquistata collo studio, essendo ansioso di mettermi in intima comunicazione con loro per istruirli. Ma essi parlano la Giria, un dialetto Tucano, che sta alla lingua generale, come il piemontese all'italiano, con suoni molto nasali. Solo i Tuchaua e pochi altri sanno il Nheengatù e balbettano qualche parola di portoghese.
Il tipo Tucano si presenta assai bene. Di statura regolare, colore bronzeo chiaro, testa ed occhi rotondi, capelli generalmente neri e corti, ha un'insieme di sì belle proporzioni che, nella perfetta immobilità, si direbbe un'artistica statua di bronzo. Timido nello sguardo, ma spedito nel gesto, si affeziona facilmente a chi gli si mostra amico; ma diventa subito sospettoso, se taluno lo guarda di sbieco. Conserva l'odio ed è terribilmente vendicativo contro chiunque lo maltratti. Al Missionario del Tucano (e dei selvaggi in generale) sono necessarie più che mai due virtù la carità nel cuore e la prudenza nel tratto.
Il Tucano può dire con più verità del filosofo: « Omnia mecum porto ». Per vestito porta... la poira, cioè un cordone al collo con granellini di diversi colori od un pezzo di marmo bianco e, ordinariamente, nient'altro! Non si martirizza con pendenti nè le orecchie, nè il naso nè le labbra; ma si pittura la faccia ed il corpo con tinte diverse, in occasione di feste. Le parole: letteratura, arte, mestiere, per lui son vuote di senso. Il suo commercio consiste in cambio di oggetti, ad es. di farina in cachassa, non avendo monete di specie alcuna. Pesca colla rete e colla freccia ed è valente cacciatore coll'arco e col fucile. Avendo un indio ricevuto dal signor Manduca otto palle con l'ordine di portargli un'anta (anfibio della grossezza di un vitello), ritornò portandogliene due.
Il Tucano vive nella maloca, che gli serve di dormitorio, di cucina e di refettorio mattina e sera. La maloca è, successivamente, laboratorio pei lavori domestici, luogo di riunione nei tempi piovosi, e sala da ballo nelle grandi feste. È il luogo dove il Tucano vive, muore ed è sepolto. Pel Tucano la maloca è il mondo.
E in realtà è assai spaziosa: ha una superficie da 4o a 5o metri per 14 e 20, e 12 metri di altezza nel centro e 2 metri nelle parti laterali. Essa pare una stazione ferroviaria con due grandi ingressi, quasi sempre aperti, e diverse porticine ai lati, che si aprono solo in caso di necessità. L'armatura è di legno scelto; il resto è di rami di palme o di paglia, che deve rinnovarsi dopo pochi anni.
Volli fare uno studio attento sul Tucano, seguendolo nei suoi movimenti giornalieri. Per cominciare di buon mattino le mie osservazioni ottenni di passare una notte nella maloca in un angolo vicino all'uscita, all'insaputa di tutti, eccetto del Tuchàua. Alle 10 tutti si trovavano nelle loro ripartizioni, divise come grandi celle, ciascuno nella propria rete (ed io nella mia). Regnava un silenzio profondo, e l'oscurità era interrotta dalla luce di un fuoco, mantenuto acceso da una delle donne più anziane, secondo che mi dissero poi. Verso le 4 del mattino sentii che tutti si alzavano (ed io con loro) e discesero al Rio, divisi in gruppi, pel bagno. Ritornati, si diedero tutti attorno a preparare la colazione. Ogni focolare aveva il suo lavoro e in fine venne portata ogni vivanda nel centro, dove le donne ripartirono il cibo prima agli uomini, poi fra loro.
Dopo la colazione uscirono quasi tutti: gli uomini, per la pesca o la caccia, od a preparare nuovi terreni abbattendo alberi; le donne pei lavori campestri di piantagione o di raccolta, per far legna, ma tornano a tempo pei lavori di cucina. Le madri hanno per soprappiù la cura dei bambini che trattano con affetto veramente materno. Finchè son piccoli, li portano sempre con sè, ora in braccio, ora sui fianchi, ora aggruppati alle spalle.
Cibi e bevande - Un po' di catechismo - Lieve indisposizione - Scene commoventi.
I cibi sono semplici pel numero, per la specie e pel modo di prenderli. Per posata hanno le mani. Alla cacciagione e ai pesci preferiscono la « kiinha pira, » pimenta cotta, con un pezzetto di pesce. Hanno l'« ipadú », fatto con foglie della pianta di questo nome con poche foglie di bananiera seccate al forno e polverizzate, che prendono a pizzico o assorbono da un sacchetto fatto colla corteccia del turury, albero molto poroso. Come pane hanno il « curadà » fatto con fior di farina di mandioca e due terzi di farina, a modo di focaccia.
Le bevande sono varie e nutritive. Occupa il posto d'onore il « cachiry » (come presso i Patagoni la chicha). Vien preparato colla massa. di tre misure di farina di mandioca pelata e otto misure di mandioca colla pelle. Ben spremuta ne esce il liquido detto « manicuera », che da sola serve di eccellente bevanda. Alla massa bene asciutta aggiungono un poco di fior di farina cotta ed in parte masticata: depongono in un solo recipiente il solido ed il liquido, ve lo lasciano fermentare dodici ore, e il cachiry è fatto... dalle donne e bevuto dagli uomini.
Il « capy » è un decotto della corteccia della rampicante detta capy, colla corteccia di un'altra rampicante della quale ignoro il nome, e una piccola dose di tabacco bruciato. Curioso è l'effetto di questa bevanda ! Essa non ubbriaca, ma eccita terribilmente il nervoso ed accende l'immaginazione in modo da far vedere le cose più strane: rettili, passeri, specchi, stelle, ecc. La visione fantastica dura alle volte più dì un'ora.
La « popunha » è una bevanda innocente, preparata colla frutta di una specie di palma, detta popunha. I granelli, prima lavati, poi messi in un vaso con acqua tiepida per ammollirne la pellicola, vengono pelati quindi se ne fa passare il succo con acqua attraverso uno staccio in un recipiente. Lasciato depositare, il liquido si beve con un po' di zucchero.
Provai tutti i cibi, facendo le smorfie nell'assaggiare la kiinha pira, che trovai più piccante del famoso Carurú di Bahia: bevetti con gusto la popunha, assaporai il cachiry: ma non volli gustare il « capy! »
Non mancai di riunire i ragazzi più grandicelli per insegnare loro almeno il segno della Santa Croce in Nheengatu, permettendo, anzi desiderando che fossero presenti i maggiori di età. Alla fine diedi loro come premio un'immagine ed un sigaro, ed ebbi a ridere di cuore vedendo per una parte il loro imbarazzo, perchè non sapevano dove mettere l'immagine, e la loro disinvoltura a fumare il sigaro.
Il giorno dopo celebrai la Messa sull'alto dell'isoletta in mezzo al fiume con un bellissimo panorama tutt'in giro e coll'assistenza di molti Indii dei dintorni e anche lontani. In seguito fui a visitare i lavori campestri, frutto esclusivo dei sudori delle povere donne, tenute come serve. Più si va verso il centro dei selvaggi, più aumenta questa schiavitù.
Mentre stava osservando le piantagioni di mandioca, amacacheira, pimenta e padú, fatte con istrumenti primitivi, arrivarono cinque giovanotti per caricare dei fasci di foglie di padú, in preparazione di due giorni di festa. Volli osservare più da vicino il modo di preparare i cibi e le bevande nella maloca, convertita in grande laboratorio con fuochi particolari accesi nelle quattordici ripartizioni delle 14 famiglie e un fuoco quasi nel mezzo.
Verso sera io mi sentii un poco d'indisposizione. La vita sedentaria nelle barche e nei vaporini, gli sforzi per capire e farmi capire, e più che tutto il curadà indigesto e poco cotto, n'erano la cagione. Tutto passò con un po' più di riposo al mattino. I miei neofiti, non vedendomi apparire, discesero al fiume, vociferando alto per richiamare la mia attenzione. Apersi il finestrino del battello, dove mi trovava disteso nella rete, e li vidi nuotare e far capriole! Per asciugarsi, andavano a rivoltarsi nell'arena, e ritornavano nell'acqua a ripulirsi ! Ricordai il mutolino di Silvio Pellico nelle Mie Prigioni... e mi sentii commosso.
Un'altra scena mi tornò molto sensibile. Erano arrivati diversi gruppi di Tucani da lontane maloche ed ebbero ad aspettar molto per vedermi, e presentarmi i loro bimbi a benedire, e ricevere tutti una medaglia, che già, lo sapevano, avrei dato a ciascuno. Domandai al Signore la grazia di farmi soffrire, ma di non privare i miei piccoli indigeni e quei poveri pellegrini della consolazione di vedere il Pahy che poteva esser per loro un principio di salvezza.
Idee religiose dei Tucani - Una festa per la visita del Pahy - I battesimi - L'addio!
Era naturale il mio desiderio di voler sapere quali fossero le loro idee religiose, ma, per quante indagini feci, poco o nulla potei scoprire, forse perchè non riuscii a farmi comprendere, o perchè essi non sanno esprimersi, o non si vogliono palesare. Quello che mi par di potere affermare, si è che non sono idolatri. Hanno una specie di credenza in un Bucia-nassù (grande serpente) che li ha portati dal mare al Cayary,
lasciando un segno nel Ipanoré-Cachoeira. Egli è venerato come lo Spirito Buono.
Hanno anche il « Jurupary » o lo Spirito cattivo (come i Bororo hanno il « Pope ») e celebrano una festa in suo onore. Ne trasmettono in antecedenza la notizia agli Indii vicini e lontani, come noi, celebrando una festa, ne diamo l'annunzio sui giornali. Venuta l'ora della cerimonia, ne annunziano il principio con alcune trombe, come noi colle campane. Sono trombe madornali, fatte con corteccia di alberi e bambù, che tengon nascoste in luoghi inaccessibili, nelle profondità delle acque e che dànno un suono lugubre imitando le urla di animali feroci. Alle volte son portate da uomini bizzarramente vestiti che mai debbono essere visti dalle donne, sotto pena di morte: quindi è che per fuggire la pericolosa curiosità di guardare, e per eliminare qualsiasi sospetto, minaccia od accusa, appena odono in lontananza il suono cupo e misterioso, da loro conosciuto e temuto, le donne fuggono a nascondersi e rimangono nascoste finchè i portatori di tali strumenti non siansi completamente allontanati.
La festa è detta « Dabucury »; ed è preceduta dall'offerta di frutta o di altri doni, e dalla flagellazione reciproca. Seguono danze di diverso genere, con bibite fino all'ubbriachezza. Però è rigorosamente osservata la divisione dei due sessi nell'adunanza, e vi è l'obbligo di uscire in gruppi. Danzando dànno appena un braccio al compagno o alla compagna.
Io mi domando: Sarà il Jurupary (festa) un misterioso culto d'onore prestato al Jurupary (demonio)? Sarà il Jurupary, con la proibizione alle donne sotto pena di morte, una capziosa invenzione degli aborigeni per meglio esercitar il predominio sulla donna? Sono due punti interrogativi, ai quali non trovo una risposta soddisfacente.
Quello che è certo, è che urge istruire il Tucano nelle verità della Fede ed educarlo nella osservanza della legge cristiana e della civile società. Solo allora scompariranno, e a poco a poco, i Jurupary colle flagellazioni, coll'ubbriachezza, colle danze, e colla nudità. La grazia di Dio e lo zelo prudente e perseverante del Missionario opereranno la difficile trasformazione.
Alle 15 io mi sentiva ancor debole assai, ma avrei potuto, con uno sforzo, compiere il programma che mi era tracciato, amministrando il santo Battesimo a 25 Indii già presi in nota. I miei amici di viaggio, con pensiero troppo caritatevole per me e poco verso i battezzandi, giudicarono conveniente rimandare la funzione all'indomani dopo Messa. Accettai, e per svago feci una piccola escursione. Poco lontano dalla maloca, scorsi un gruppo di Indii che si mettevano in tenuta militare. Che fanno? Seppi di poi che il Tuchàua e il suo consiglio avevano pensato di fare un « Jurupary » per festeggiare il passaggio del Pahy; ma il progetto non fu approvato e si contentarono di una festa moderata. Io dunque potei ben osservarli, e mi parve di assistere ai preparativi di una rappresentazione teatrale, di un dramma in costume medioevale, come facevamo noi, « mutatis mutandis » nei bei tempi di Lanzo, sotto l'abile direzione dell'indimenticabile mio professore Don Lasagna, il nostro caro Vescovo Missionario, e del venerato Direttore Don Lemoyne. Si erano pitturati dalla testa ai piedi con linee in tutte le forme e in tutte le direzioni; e quali si stavan legando sotto il ginocchio destro una cordicella con squame di pesci che dovevan servire di sonaglio; quali una specie di braccialetto ai polsi, e collane speciali al collo, e sul capo una specie di elmo ricco di svariatissime penne dai vivi colori di papagalli, araras, garze, uccelli mosca, con un alto pennacchio sulla fronte e criniere sulle spalle, che li facevano apparire come tanti ufficiali in grande uniforme!
Incomincia la festa. La maloca è convertita in una grande sala, ma senza ornamenti. Colla rigorosa separazione degli uomini dalle donne, scorgo qua e là numerosi gruppi di persone in piedi o sedute su banchette basse e langhe. Entrano i guerrieri nel prezzo, con un nodoso bastone alla destra e la sinistra distesa sulla spalla destra del vicino. Camminano a passo marcato, ma di sbieco, andando un po' verso destra, ed un po' verso sinistra, battendo ogni tanto il piede destro, per far risuonare il sonaglio. Questi movimenti sono accompagnati quasi continuamente da un canto di poche note con voci baritonali, da sembrare più una salmodia o un lugubre canto religioso, che un inno guerriero festivo. Cantando, narrano fatti favolosi di passeri, di orsi, di caccie, e simili argomenti tolti dal regno zoologico, in un linguaggio che essi soli capiscono.
Segue il tempo del riposo, del quale si approfittano per ricevere a due a due, con date cerimonie, e tracannare i calorosi rinfreschi del cachiry e del capo, ecc., ecc... che vanno dapprima scemando le forze della testa per aumentarle provvisoriamente alle gambe e in fine toglierle da ambe le parti. Del riposo approfittano anche per uscire in gruppi, ognuno dei quali saluta ad alta voce i compagni che non danzano, tanto uscendo che tornando. In tutto il tempo si ode un bisbiglio e un frastuono di note discordanti, tratte da strumenti musicali, fatti con canna di bambù o con ossa di animali. Al tormento dell'udito viene ad aggiungersi quello della vista, quando, alla luce del sole già al tramonto, si unisce la luce incerta e fioca dei focolari... E una contusione! Io che stava passeggiando sul piazzale della maloca e che li osservava dal di fuori chiedendo informazioni per farmi un'idea della danza, mi sentii presto stanco e mi ritirai,.
All'indomani celebro la santa Messa a bordo del battello. L'assistenza è numerosa e svariatissima. La spiaggia al mio lato è gremita di Tucani in tutte le posizioni, ginocchioni, in piedi, seduti o distesi sull arena o arrampicati sugli alberi. E la scena della prima Messa nella Terra di Santa Croce, ripetuta colle varianti di tempo, di luogo e di persone. E là, sulla spiaggia, amministro i Battesimi a tutti i prestabiliti, tranne alcuni, perchè volevano il loro padrino, e il padrino non c'era, e noi non potevamo differire la partenza.
Finita la funzione e dato l'addio agli amici, c'imbarcammo, e il vaporino si mosse. Ed ecco una cara ultima sorpresa, I ragazzi, in massa, si gettano nell'acqua ed a nuoto guadagnano uno scoglio situato in mezzo al fiume. Io li saluto commosso « Eré, eré! » addio, addio! Continuo a salutarli colla mano, benedicendoli, poi sventolando il fazzoletto. Essi rimangono fermi, immobili, cogli occhi rivolti a noi. Un quadro vivo stupendo !
Il vaporino ha già percorso mezzo chilometro ma il gruppo non si scioglie, nessuno si muove. . « Eré! eré! » io balbetto sempre più commosso e la mia voce si spegne sulle labbra. Li veggo ancora distintamente nella loro immobilità, poi appena appena in confuso. Scuoto ancora il fazzoletto, pronunziando un ultimo « eré », e il vaporino dà uno svolto in una curva del fiume ed il gruppo scompare... Ma io l'ho ancor impresso nella retina degli occhi quel gruppo, l'ho stampato nel cuore in modo indelebile ! A molti addii ho assistito durante questo viaggio; ho visto molti gruppi di selvaggi e civilizzati che vivamente m'impressionarono, ma quello scoglio animato ebbe su tutti la palma.
Ah! Don Bosco, benediteli voi dal cielo, sono vostri figli! Maria Ausiliatrice, prendeteli sotto il vostro manto di Madre ! Fate che sieno tutti rigenerati nelle acque battesimali, e che i figli dei loro figli imparino un giorno ad amarvi in mille oratori festivi!...
(Continua).
La DOTTRINA CRISTIANA... pur nella sua più semplice espressione del Catechismo, da quanti è ignorata oggi ! da quanti è disprezzata, travisata in mille guise, calunniata.
Quando ebbi la consolazione di presentarmi al S. Padre Benedetto XV, ciò che mi sentii raccomandare in particolare maniera, si fu l'istruzione religiosa della gioventù: Porterò sempre scolpito nell'animo il santo ammonimento. Spesso farà mestieri supplire l'opera stessa dei genitori, ignari o negligenti
E quanto bene sii può arrecare alla cara gioventù cogli Oratorii festivi, con circoli di coltura con scuole superiori di religione! I laici medesimi possono trovare posto in quest'opera urgente di apostolato cristiano
MONS. GIUSEPPE BERTAZZONI
Vescovo di Massa, e Carrara.
Indulgenza plenaria: il 22 Febbraio, Cattedra di S. Pietro in Antiochía.
NEL SANTUARIO Il 24 di ogni mese, si ripetono, mattino e sera, devote funzioni in onore di Maria Ausiliatrice. Al mattino, ha luogo la messa della Comunione Generale, seguita dalla Benedizione col SS. Sacramento. Alla sera poi, memori del grande insegnamento di Don Bosco, di unire sempre nelle nostre preghiere l'invocazione a Gesù Sacramentato e alla Beata Vergine, ha luogo in forma solenne, all'altare stesso di Maria Ausiliatrice, l'adorazione pubblica al SS. Sacramento.
E il buon popolo di Valdocco, con tutte le associazioni della Parrocchia, che con fede vivissima accorre alla devota funzione, che in questo mese è alle ore 16,30; come alle 15,30 sono i Cooperatori e le Cooperatrici Torinesi che s'aduneranno a conferenza ai piedi di Maria Ausiliatrice per l'Esercizio della Buona Morte.
Vogliano tutti i nostri Cooperatori e tutte le pie Cooperatrici unirsi in ispirito a queste sacre funzioni mensili, le quali hanno due fini. principali: pregare secondo le intenzioni del Santo Padre e affrettare il ristabilimento della pace fra le nazioni.
Ogni sera alla benedizione col SS. Sacramento si continua sempre a far pubbliche preghiere per la pace. Il Signore nella sua infinita clemenza, per intercessione di Maria SS. Ausiliatrice le esaudisca a sollievo di tutti i popoli della terra.
GRAZIE E FAVORI (*)
Grazie, o Maria Ausiliatrice !
Mia moglie Marietta Manca Demuro, venne colta da così improvviso e grave malore che fu d'uopo avvisare d'urgenza il medico. Questi cercò per ben 5 giorni di dolori atroci di porgerle qualche rimedio, ma visto che tutto andava male, si decise di condurla all'ospedale di Cagliari. Ivi giunta, fu visitata tosto dai professori che, visto lo stato grave della malata, senza perdere un minuto di tempo, disposero per l'operazione senza neppure poter usare nè cloroformio nè altro calmante. Tenuta per ben due ore sotto i ferri, con sofferenze indicibili, l'operazione ebbe esito buono; senonchè, data la depressione generale della paziente, gli stessi professori mi confessarono franco e tondo che restava appena un filo di speranza!...
Ricorsi con tutte le forze del mio cuore lacerato e con fede vivissima all'Ausilio della Santa Madre di Dio; e con meraviglia dei medici e di tutti, lo stato dell'agonizzante cambiò di punto in bianco, dopo sette giorni me la diedero fuori pericolo, ed ora è in piena convalescenza.
A chi dunque devo attribuire tanta grazia, se non alla Vergine?
O Madre affettuosa e potente, le mie modeste parole non bastano certo a ringraziarti di quanto fosti buona con me. La grazia che mi hai concesso è grandissima, ed io te ne sarò grato eternamente. Proteggi sempre la mia famiglia ed i miei, che purtroppo abbiamo bisogno del tuo salutare aiuto. Unisco la tenue offerta di lire cinque per le opere del Venerabile Don Bosco.
29 novembre 1917.
PASQUALE MANCA.
REvELLO. - 14-1x-I9I7. -- Era un anno che soffrivo e lagrimavo nel mio letto di dolori. A volte a volte mi sollevavo con la speranza di guarire, ma una recrudescenza del male mi confinava di nuovo nel mio letto. Nelle lunghe ore di angoscia e di desolazione, quando tutti disperavano di me,
Maria sola fu il mio conforto, l'unica speranza di una non lontana risurrezione.
E Maria, vero Aiuto dei Cristiani e salute degli infermi, mi ridonò la salute; mi restituì alla vita.
Dopo parecchi mesi di pene e sofferenze, talora appena sopportabili, proprio nel mese consacrato al suo divin culto ottenni la guarigione completa e perfetta. La pregai, sì, e lungamente, ma la mia preghiera fu pienamente esaudita. Ora tranquillo e sereno attendo ai miei doveri senza più soffrire alcun disturbo.
Constatando la continua protezione di Maria sopra di me, prometto che non verrà mai meno l'inno di riconoscenza e di amore che ogni giorno s'innalzerà dal mio cuore, verso sì buona Madre.
GIOVANNI FORASTELLI.
LuLA (Sassari). - 27-VIII-I9I7. - Trovandomi in grave pericolo di vita invocai Te, o Vergine SS. Aiuto dei Cristiani, e fui esaudita. Così pure Ti invocai mentre un mio bambino stava per soccombere, e Tu rapidamente lo salvasti, facendo cessare ogni pericolo. E in altri gravi frangenti della vita, o Vergine potente, mi hai esaudito e protetto! Continua, o Vergine pietosa, la tua protezione sulla mia famiglia e su me, e aiuta il tuo Venerabile Servo Don Bosco a concedermi un'altra grazia che imploro.
P. M.
VALMACCA MONFERRATO. -- 24-V-I9I7. - L'anno 1916, per me e tutta la mia famiglia, fu un anno di grazie, favori e benedizioni concesseci da Maria SS. Ausiliatrice. Io, in seguito a una novena ottenni la guarigione ad un ginocchio. Mio marito venne risanato da un male agli occhi. Il mio bimbo fu libero da alcuni pericoli. Finalmente un mio fratello, che da un anno si trovava sul Carso, non fa mai ferito, nè cadde ammalato. Per tanti benefizi, ricevuti dalla cara Vergine di Don Bosco, sciolgo il mio inno di ringraziamento sulle pagine del Bollettino Salesiano.
V. G. MARCHINO.
FUBINE. --- 18-IX-1917. - Grazie alla Vergine Ausiliatrice, che nella sua bontà volle guarire il nostro caro figlio e fratello, ammalato di pleurite. Dopo circa 15 mesi di fronte cadde ammalato. Fu trasportato ad un ospedale ove restò oltre un mese.
Di poi lo mandarono a casa in convalescenza per tre mesi. Ne aveva trascorso appena uno, che ricadde di nuovo peggiormente, tanto che temeva per la sua esistenza. Con fiducia ricorreranno con tutto l'ardore del cuore alla Vergine Ausiliatrice ed ecco che ci volle esaudire. Dopo alcuni giorni cominciò a migliorare e quando di nuovo fu visitato dal Dottore, questi fu meravigliato nel vedere il suo cambiamento.
Riconoscenti adempiamo la promessa inviando L. 5 pel Santuario della cara Ausiliatrice, e pregando di far pubblicare sul Bollettino questa segnalatissima grazia.
Famiglia VOTTERO.
Ottennero pure grazie da Maria SS. Ausiliatrice e alcuni pieni di riconoscenza inviarono offerte per la celebrazione di S. Messe di ringraziamento, per l'erigendo Santuario dei Becchi, per le Missioni Salesiane o per altre opere di D. Bosco, i seguenti:
A) A. C. di Bergamo, A. R, di Alba, A. T. di Casabianca, Agnesi L. in Pantaleone, Agosti O. v. Raffaelli. Airoldi G., Albertini M., Albesano F. in Bruno, Alexandre M., Almasio C. in Belloni, Ambrosini G., Ameno L., Andreon A., Andreotto A., Aragno G., Arispa G. e G., Arneodo d. B., Arneodo S., Arsogno A. Avesani N.
B) B. A. e B. L. G. di Torino, B C. di Casalborgone, Bagattini G., Baldi G. v. Grignolo, Balestra L., Balladelli L., Balzari G., Banfi cli. P., Baratta M. in Manucci, Baratti A., Barberis C., Barberis F., Barberis P., Baronchelli A., Bassi T., Battaglino F., Bazzano F., Bazzica R., Bellicini d. B., Bellotti 0., Beltramino B., Benetti G., Benigna s.r M., Benni M., Bensi G., Benso M., Berlusconi C., Bernabò G., Bertello D., Bertola F., Bertola d. G., Bertolini "T., Bianco L., Bianconi B., Bionda P., Blanchetti A., Bocchini G., Boggio F., Bonifacio A. v. Rigamonti., Borio d. G., Bosco V., Boselli I., Botto C., Boveili V., Bovolone s.r L., Brea L., Bruno B., Bullo F., Bullo G., Buratti A., Bussi L.
C) C. P. di Favria, Cacciatori R., Cafici B.a A. in Longo, Cagnano C., Calciati M., Calvi P. v. Testone, Candeli A., Cantoia M., Capoferri P., Cardià R., Carena E., Carlini T., Caron T., Casiraghi R., Castaldi M., Castellani F., Cavallari d. C., Cavanna G., Cencio B., Ciardo E., Coco-Minni, Colla C., Collegio Manzoni di Borgomanero, Collina A., Colombo T., Cooperatrici Salesiane di Boves e Torino, Coscia G., Costantini M., Crapanzano G., Cravotta E., Crisafulli E., Curioni M.
D) Dainese G., Dal Maistro G., Dalmazzone C., Dal Medico A., Danovaro R., Dante C., Daria S., De Filippi G., De Giorgi A., Del Bosco P., Della Bianca S., De Maddalena d. P., Demichelis A., Depaolì A., De Prosperis M., Dimiccoli d. R., Dogna G., Donati D.
E) Educande Salesiane di Città di Castello, E. eh. P.
P) F. C. di Gualdrasco, Fabriani G., Faggionato G., Famiglie G. e D., Fantini M. in Bertocchi, Fenini E., Ferri A., Ferniani V. in Zucchini, Ferrara C., Ferrari F. di Varana, Ferrar! F. di Cerano, Ferraris P., Ferraro I., Ferrè G., Filippini A. M., Finino L., Follo M., Fogliotti A,, Foglizzo T., Fracchioni T., Franceschini M., Francia T., Franzinì G., Frauzosi M., Frascella A. ni. Motolese, Frizzi L.
C) G. T. di S. Andrea del jouio, Galati O. in Saviotti, Galdo R., Galli P., Galvanone C. Gamberoni T., Carino C., Gaspardino T., Gastaldi M. v. lsnardi, Gattoni C., Gessi suor R. C., Ghiglione E., Giachelli M., Giacometti E , Giannoni R., Gillio P., Giolito M., Giordano E., Girola B., Giudice G., Gonzina O., Gragnani T,, Grassi M , Graziani d. M., Graziano G., Greco F., Guglielminotti M.
I) Imeroni F,, Incutti F., Isola A., Iulita T.
L) Landurini V., Lana P., Lanzani M., Lecca M., Lidestri S., Longo M., Longo M. in. Patanè, Losano C., Lucchesi C., Lusardi L. in Zanninoni, Luzi G.
M) M. M. di Maratea, Madeddu V., Madre di famiglia di Sampeyre, Madre di un soldato zona di guerra, Maccario A., Magistris .M., Maquignaz T., Maranzana O., Marchisio d. O., Marchisio F., Marciano M. in Canna, Marcoz T., Marini d. P., D. Marocco, Martignone E., Maschio C., Massara C., Mate N. v. De Antoni, Mazza A., Mazzoni C., Mazzucchi F , Menozzi M., Meschini M., Minetti V., Minguzzi E. in Turtori, Modesti G., Montalbetti A., Montini A , Morandi d. L., Moriondo V., Moroni V., Mortarino d. A., Mosserone T. v. Godio, Musini E., Mussano M. in Calvo, Mussi F. in Filippetti, Musso C., Musu P,
N) Nasa T. v. Imbrici, Navarra G., Nave M., Nervo S., Nicosia R., Novelli R.
®) Olmo O., Ori C., Orru M. in Crabu, Orsini A.
P) Pacot A., Paderi F in De Liperi, Pagoni G., Palazzolo M., Palestro G. in Ferraris, Palestro d. E., Pane A., Panelli F., Paoletto L., Passini G.. Pedrina L., Peragnolo A,, Pie persone di Alassio, Bagnone, Bardonecchia, Borgomanero, Chiusa di Pesio, Gattinara, Parma, Pedara, Piazza Armerina, S. Bonifacio, Torino, Ventimiglia, Vobarno, Piconi P., Picconi, T., Piglia. S., Pisani M., Poletti T., Polirei G., Ponzone A., Portoni M. e G., Pozza O., Pozzo A. in Vuga, Preti S., Priolo 0.
Q) Quaglia A., Quinsod O.
R) Ragazzo G., Raspini R. in Gancia, Rati. D., Ravizza L., Regalli F., Regolli M. ed L., Renzi A., Revelli D. A., Riccardi C., Ricci T., Rigamoni G., Rigoni F., Rinaldi M., Ripamonti M. in Zorzoni, Borgnone E., Rondoletti G., Ruffier R., Ruffier S. -
S) Sacchetto P., Saggiorato A., Salussoglia R., Santopadre E., Sartori G., Savoye T., Scajola L., Scardovi C., Schieroni I., Scotti G., Secondino C., Seghesio A., Sereno V., Sironi M. in Gallarati, Soldato zona di guerra, Somà G., Sorba 0., Sorelle Bongiovanni, Borda, Bossana, Massidda, Pe, Speri B., Spinola C. in Sertorio, Stropeni P.
T) Taglialegna M., Tavallini M., Teli A., Temporelli L., Tessando A., Tibetti L., Tornoni G., Tonda C., Torchio L., Tosato C., Traversi F. M., Travo L., Trevea B., Trinca s.r N., Trincucci A., Tucci A., Turdo S.
U) Ubaldelli L., Uboldì L.
V) Vacca A. in Ibba, Valginigli E., Vallazza C.o d. Z., Vaisesia A., Vanoli M., Vergano C., Verna L., Verzini d. G., Viale I. in Bronda, Viano D., Vicentini T. in Zancarli, Viglino D., Viola E., Virzi d. G.
Z.) Zanetti F., Zanotta F., Zanotto D., Zerbino M., Zonini F.
Nel parlare del Venerabile, torniamo a protestare solennemente che noti intendiamo contravvenire in nessun modo alle disposizioni pontificie in proposito, non volendo dare ad alcun fatto un'autorità superiore a quella che merita una semplice testimonianza umana, ne prevenire il giudizio della Chiesa, della quale - sull'esempio di D. Bosco - ci gloriamo di essere ubbidientissimi figli.
Dal 1° settembre scorso ero gravemente ammalata per febbri causate da infezione intestinale, le quali salivano oltre i 40 gradi. Fui in pericolo di vita: le febbri e il male mi avevano talmente abbattuta, che ero priva di forza ; inoltre una intensa depressione morale aggravava il mio stato e quasi già avevo perduta ogni fiducia nei soccorsi umani e divini. Continuai in tale condizione fisica e morale fino al 17 ottobre. Una persona amica mi aveva avvertito la sera precedente che in questo giorno si sarebbe recata sulla tomba del Ven. Don Bosco apposta per ottenere la mia guarigione e mi invitava ad accompagnarla in spirito nel pio e fervoroso pellegrinaggio. In un subito mi rientrò la speranza e con un coroncino mio proprio pregai da quel giorno il Venerabile a voler intercedere con la Vergine Ausiliatrice presso il Divin Cuore di Gesù per la mia guarigione. Ritornarono miracolosamente la forza morale e la salute: miracolosamente, come attestarono le persone che mi curavano o venivano visitarmi. E oggi ancora, in cui dicevo ai miei cari dei prodigi avvenuti in me dopo l'intercessione al Ven. Don Bosco, commovendoli fino alle lacrime, mia sorella confessava: « Si, si; c'è veramente del miracoloso nel tuo repentino miglioramento; bisogna proprio credere che senza un aiuto soprannaturale, malgrado tutte le buone cure che avesti, tu non saresti a questo punto ».
Così sono lieta di poter rendere pubbliche grazie con tutte l'effusione dell'animo riconoscente al Ven. Don Bosco, inviando una prima piccola offerta per le Opere Salesiane, mentre spero di poter sciogliere la promessa di andare io stessa a ringraziarlo sulla tomba che racchiude i suoi resti mortali!
Dogliani, dicembre 1917.
MARIA GIACHELLI.
Appartenente al 2° Reggimento Artiglieria da Montagna, mi trovavo da più mesi in uno stato deplorabile, causa una malattia incontrata sul fronte Macedone, senza che alcuno dei medici che mi visitarono potessero identificarla. Incominciai quindi una novena al Ven. Don Bosco, promettendo la pubblicazione della grazia ed un'oblazione per la sua beatìficazione, qualora avessi ottenuta la guarigione. Questa non si fece attendere. Appena finita la novena, la mia malattia venne riconosciuta e, benchè in uno stato disperato dovetti subire un'operazione chirurgica, che si riteneva indispensabile ed urgente.
Contrariamente al giudizio dei medici che ritenevano l'intervento chirurgico un tentativo disperato e pressochè inutile, questo ebbe ottimo risultato. In pochi giorni fui dichiarato fuori di pericolo, ed attualmente mi trovo in perfetta salute.
Fiducioso pertanto che il Ven. Don Bosco vorrà continuare ad assistermi nei pericoli, che ancora mi aspettano, invio l'offerta di lire 10, con preghiera di pubblicare la presente a gloria del Ven. D. Bosco.
Orbassano, 29-IX 1917.
Soldato MARIO BISIO.
Viva Maria SS. Ausiliatrice e il suo servo il Ven. Don G. Bosco! - Ammalato di tifo, temendo complicazioni che il medico diceva facili a sopravvenire, mi rivolsi con fiducia a Maria SS. Ausiliatrice perchè me ne scampasse, e interposi anche l'intercessione del Ven. D. Bosco, di cui conservo una reliquia. Grazie a Maria SS. e a D. Bosco, non vi fu alcuna complicazione e, dopo il corso ordinario della malattia, potei cominciare la mia convalescenza. Ma ecco, un giorno, mi sento di nuovo la febbre. Temendo una ricaduta, mi raccomandai di nuovo alla Madonna e a Don Bosco, promettendo, se non ricadevo, di mandare la relazione della duplice grazia al Bollettino. Dopo due ore la febbre era scomparsa, e non tornò più. Ora, completamente ristabilito, adempio alla mia promessa.
Alvito, 24 ottobre 1917.
D. G. DE ALBERA.
Avendo letto nel Bollettino che quanti ricorrono a Maria Ausiliatrice ed al Ven. Don Bosco sono esauditi, ed avendo io pure molta fede in loro, li ho pregati in tutti i miei bisogni, e fui esaudita. Desidero che altri siano incoraggiati a fare lo stesso nei loro bisogni naturali e temporali. In ossequio per tanti favori ricevuti e riconoscentissima a Maria Ausiliatrice ed al Ven. D. Bosco, mando la prima offerta di 50 lire che spero potrò rinnovare di tanto in tanto, quando la circostanze me lo permeteranno.
Londra, agosto 1917
Una Cooperatrice Salesiana di Londra.
A CASTELNUOVO D'ASTI
Rose e Gigli.
Mariannina Regalli e Lena di Cavaglio d'Agogna, offrono per la chiesa ai Becchi L. 5, affinchè Maria Ausiliatrice, per intercessione del Ven. Don Bosco, salvi da ogni pericolo il loro babbo militare.
Il piccolo Igino spedisce al Santuario dei Becchi L. 5. in onore di Maria SS. Ausiliatrice per grazia ricevuta e per chiedere nuove grazie.
Dodici bambini della scuola particolare di Castellaneta (Lecce) inviano L. 4 pel Santuario votivo dei Becchi, affinchè la Vergine Ausiliatrice e il Ven. D. Bosco li facciano crescere buoni e studiosi.
Maura Livia Picconi invia L. 2 pel tempio erigendo ai Becchi di Castelnuovo d'Asti, perchè Maria Ausiliatrice la benedica.
I fratellini Carrera Giuseppe e Mario e la loro sorellina Francesca offrono il loro peculio pel tempio votivo dei Becchi, in ringraziamento al Ven. D. Bosco dei favori speciali a loro concessi e sperandone altri pel caro babbo soldato.
I bambini Luigia, Antonio, Angiolina, Pierino, Carlo, Peppina e Luigi Rotelli, tutti dell'Asilo Infantile di Berceto, e Clementina Carminati e Maria Corchia dello stesso Asilo, offrono L. 11 pel tempio votivo dei Becchi, perchè Maria Ausiliatrice e il Ven. D. Bosco li proteggano e benedicano insieme coi loro cari.
Piccoli amici di Don Bosco e di Maria Ausiliatrice.
Rina, Elsa e Beppino Sormani da Ligozzano (Modena), mandano L. 5 per il tempio votivo di Maria SS. Ausiliatrice ai Becchi, pregando la cara Madonna a proteggere la loro famiglia.
I fratelli Giuseppe e Giovanni Lazzarotto di Carpenè, riconoscenti per essere stati accettati in un Collegio Salesiano inviano L. 5 per il tempio votivo dei Becchi, implorando da Maria SS. Ausiliatrice la sua benedizione sugli studii e sulla loro vocazione.
La bimba Pierina Forni di Santo Stefano Lodigiano offre con gioia L. 5 per la chiesa dei Becchi, pregando Maria SS. Ausiliatrice perchè continui la sua protezione sul caro papà che trovasi al fronte.
I fratellini e le sorelline Balbiani di Bellano (Corno), offrono L. 5 per il Santuario dei Becchi, implorando l'assistenza di Maria SS. Ausiliatrice nei bisogni di loro famiglia, mediante l'intercessione del Ven. D. Bosco.
I bambini Antonino ed Edoardo Rizzi offrono L. 2 Per la Chiesa dei Becchi, implorando la protezione di Maria a intercessione del Ven. Don Bosco.
Carlo Stoazza di Milano, offre pel Santuario dei Becchi L. 20, implorando celesti benedizioni sulla famiglia.
Luigi Cardino di Diano d'Alba invia con gioia L. 5 pel Santuario dei Becchi, e implora benedizioni sulla cara famiglia.
Felice Scavino, di Diano d'Alba, manda L. 2,50 pel Santuario dei Becchi, invocando la protezione della Madonna di D. Bosco.
Mamme e insegnanti devote.
Mi hai esaudito, o Vergine Ausiliatrice, col farmi avere notaie del figlio Giuseppe; gradisci la tenue offerta della mia riconoscenza di L. 5, che invio pel tuo tempio votivo ai Becchi. - Angera Rosalia di Borgomasino.
Elisa Casorzi offre L. 10o a Maria Ausiliatrice per se nalatissime grazie.
Zanoni Maria da Carpenè offre L. 1 per la Chiesa dei Becchi affidando alla protezione di Maria SS. Ausiliatrice il figlio soldato.
La Cooperatrice Fassi di Torino, offre a Maria SS, Ausiliatrice e a Don Bosco L. 4 per il Santuario dei Becchi, per grazia ricevuta e per a tra che desidera ricevere per la sua famiglia.
Caterina Pasino di Valle S. Bartolomeo, offre L. 5 alla chiesa dei Becchi quale tributo di affetto e devozione alla Vergine Ausiliatrice per grazia ricevuta da due suoi figli, pregandola nello stesso tempo a continuare celeste Protezione su essi.
Preci e ringraziamenti.
Maria Re petti di Torino, devotamente L. 5.
Una pia persona di Villa dora invia L. 5 al Santuario dei Becchi, p-r ottenere dalla Vergine Ausili- trice grazie particolari.
La signora Rodilosso Giuseppina da Messina, offre L. 5 al Santuario dei Becchi per aver avuto notizie del fratello ufficiale.
Una pia persona di Trecastagni manda L. 20 pel Santuario dei Becchi, implorando dalla cara Ausiliatrice celesti favori per sè e pei suoi cari.
Ermelinia Genta di Villardor.i ringrazia la cara Vergine Ausiliatrice ed offre per l'erigendo Santuario ai Becchi L. 10, fidente nella sua protezione.
Margherita Pollis in Bellardi di Borgomasino, riconoscente alta Vergine Ausiliatrice dona L. 5, con promessa di ripetere ogni anno l'offerta per sospirata grazia ottenuta.
La famiglia Gallo, di Borgomasino, offre L. 3 grata al Ven. Don Bosco, che sempre le protesse il figlio in zona di guerra.
Teresa Torasso in Fontana, di Borgomasino, riconoscente alla Vergine Ausiliatrice offre L. 5 pel Santuario ai Becchi.
Margherita Crosetli di Falicetto invia L. 5 al Santuario dei Becchi, implorando la materna protezione della Vergine Ausiliatrice.
Maria Bonfanti di Bertulla (Torino), offre L. 2 per grazia ricevuta dalla Vergine Ausiliatrice, a pro' del tempio votivo dei Becchi.
All'Em.mo Card. Cagliero.
L'Em.mo Card. Giovanni Cagliero l'11 gennaio u. s. compiva felicemente l'anno 80° della sua vita laboriosa, feconda di opere sante. Al degno figlio di D. Bosco, all'Apostolo della Patagonia, al 1° Salesiano fregiato della S. Porpora, al quale per la fausta ricorrenza giunsero devote felicitazioni dall'uno e dall'altro emisfero, rinnoviamo fidenti l'augurio che possa vedere il giorno della glorificazione del Padre Venerabile. All'augurio nostro cordiale, ne siam certi, non mancherà l'appoggio desiderato di una fervente preghiera da tutti i Cooperatori l
TRA GLI ORFANI DI GUERRA
Piccole amiche degli orfani di Grugliasco.
Già nello scorso maggio, quando la maestra aveva loro parlato dei piccoli orfani di guerra raccolti dalle Figlie di Maria Ausiliatrice, e aveva loro detto che anch'esse potevano aiutarli, perché la carità non è prerogativa dei ricchi, i doni erano venuti numerosi per la vendita di beneficenza a favore dei figli dei nostri caduti.
Ma l'atto gentile del maggio scorso non doveva rimanere isolato e le brave scolare del corso popolare della scuola Federico Sclopis di Torino, son tornate ai piccoli orfani, son tornate a portar loro l'augurio ed il dono di Natale.
Le difficoltà dell'ora presente, l'aiuto già dato ai poveri bimbi profughi dalle terre friulane, non permisero alle volenterose ma piccole benefattrici quella copia di doni ch'esse avevan sognato, ma il loro obolo modesto riuscì doppiamente caro, perchè è la carità dei fanciulli ha sempre un non so che di commovente che consola e fa del bene.
Anche altre fanciulle, nelle liete feste di Natale, han pensato ai piccoli orfani. Le alunne della scuola municipale Roberto d'Azeglio, accompagnate dalle loro brave insegnanti, si son recate anch'esse a dare il loro saluto e il loro piccolo aiuto ai figli dei prodi che son morti per la difesa della patria.
Brave fanciulle, che mettete in pratica il precetto d'amore predicato da Gesù, continuate e ricordate che Chi dà ai poveri presta a Dio; e Dio ricambia il nostro amore con le benedizioni più belle e più sante su noi e sui nostri cari.
Ricambio d'auguri.
Nella ricorrenza delle feste di Natale e di Capodanno, i piccoli orfani di Grugliasco, di Sassi e di Chieri, mandarono i loro auguri all'onorevole P. Boselli, accompagnati da grazioso album, comprendente varie fotografie, rappresentanti i cari bimbi nelle diverse occupazioni della giornata.
Il dono gentile fu assai gradito all'Onorevole. Egli si compiacque inviare alle Figlie di Maria Ausiliatrice, che gli avevano spedito il messaggio infantile, una bella lettera con queste parole
Unisco al plauso i più caldi auguri e l'espressione di particolari sensi, lieto di ritrovare sempre nelle Figlie di Don Bosco l'ispirazione dei loro Fondatore, che, mirando al cielo, sentì tutti gli impulsi del movimento civile e i bisogni della moderna società, popolarmente rinnovata. »
NEGLI ISTITUTI DELLE FIGLIE DI MARIA AUSILIATRICE
Le nuove Fondazioni.
Diamo alcuni cenni sulle nuove case aperte dalle Figlie di Maria Ausiliatrice nel 1917, perchè si comprenda sempre meglio qual santa attività spieghi il loro Istituto.
AOSTA. - La nuova casa aperta ad Aosta su invito dell'Italica Gens, a mezzo del segretario generale Comm. Ernesto Schiapparelli, grande ammiratore dell'Opera di Don Bosco, e per le vive raccomandazioni di S. E. Rev. .Mons. Gio. Vincenzo Tasso, Vescovo diocesano, è di una importanza eccezionale. Essa deve attestare agli operai « Ferrieri Giovanni Ansaldo », di quali provvide cure sia ispiratrice la carità cristiana. Infatti la nuova casa comprenderà la direzione di un magazzino di viveri, di una cucina economica e di una infermeria di pronto soccorso; avrà l'Oratorio festivo, un giardino d'infanzia, scuole elementari, dopo-scuola, scuola serale e, scuola di cucito, taglio e ricamo. Varie di queste opere son già felicemente iniziate.
BOSIO DI PARODI LIGURE. - Le Figlie di Maria Ausiliatrice giungevano a quest'amenissimo paesello sulla fine dell'anno u. s. Invitate dalla benemerita signorina Teresa Gherardi, che mise a loro disposizione una graziosa palazzina e provvide che fosse aperto un giardino d'infanzia e istituita la IV classe elementare, esse hanno assunto la direzione di dette opere ; e la popolazione è entusiasta del bene che fa già l'Oratorio festivo.
GENOVA. - Per la provvida carità del comm. Acquarone, Presidente dell'Opera Pia Colonie Alpine Genovesi, e del Tesoriere cav. Eugenio Raffo, le Figlie di Maria Ausiliatrice apersero una succursale al Convitto Popolare maschile Balilla pei figli dei richiamati. Scopo della succursale è di radunare, in ambiente adatto e isolato, quei bambini stessi del Convitto, malaticci o tocchi da qualche male infettivo, che hanno bisogno di cure speciali o di stare appartati dai sani. L'opera è quindi provvidenziale, venendo a conciliare il bisogno, spesso grave e urgente, del bimbo ammalato che si vede dolorosamente chiuse le porte della carità, con la delicata responsabilità di tante piccole vite, cui un contatto malsano potrebbe essere fatale. Le Figlie di Maria Ausiliatrice sono quindi per i piccoli figli dei soldati buone mamme e pietose infermiere, e non dimenticano di essere anche educatrici secondo lo spirito del loro Fondatore.
RETORBIDO. - Il Cav. Ten. Marelli, in vista della soddisfazione generale con cui le Figlie di Maria Ausiliatrice hanno in quel paese la direzione dell'Asilo, volle loro affidata la direzione di un Ospedale militare, dove le suore entrarono lo scorso giugno. Non è facile il dire quanto conforto esse riescano a portare, con la loro umile opera e nel nome di Maria Ausiliatrice, al cuore di molti soldati, che al fuoco della carità cristiana si riaccendono d'entusiasmo per i loro ardui doveri.
RIOMAGGIORE. - Chiamate dal R. Ispettore Scolastico di Spezia ad aprire un asilo anche in questo solitario paese, dove spira ancor tanta poesia dei tempi e dei costumi medioevali, le Figlie di Maria Ausiliatrice vi entrarono il il 24 ottobre u. s. Accolte con gioia dalla popolazione, esse hanno già un bel numero di bimbi, che circondano di amorevoli cure, e c'è a sperare che l'opera loro in breve avrà più ampio sviluppo.
(Continua).
ANNIBALE FERRARIS aspirante ufficiale.
Era un caro giovane, che prometteva di diventare un buon sacerdote secondo lo spirito di Don Bosco. Pietà, prudenza, semplicità e zelo eran le sue doti.
Nato a Piozzo di Mondovì il 22 marzo 1896, cadde al fronte a 21 anno, il 18 agosto u. s.. ferito da schegge di granate al torace e alle gambe.
Era venuto a Torino, ancor giovanetto, con altri fratelli per avviarsi a un mestiere e guadagnarsi da vivere onestamente. Già orfano di padre e madre, recava i segni di questa perdita precoce : piccolo e di forme poco sviluppate, nell'abito stretto e umilissimo aveva l'aspetto d'un mezzo rachitico e d'un sofferente. Aveva però soave lo sguardo, pieno di una dolce melanconia, e l'anima riboccante di pietà e di candore. Aveva perduto anche un fratello, morto chierico a Mondovì; e la carriera di lui troncata così bruscamente gli aveva lasciato in cuore una nostalgia profonda di arrivare al sacerdozio.
Come poteva sperarlo? Chi gli avrebbe dischiuso la via del Santuario?
D'indole prudente e riflessiva, non tardò, usando coi compagni più buoni, a conoscere l'Oratorio Salesiano di Valdocco e il Santuario di Maria Ausiliatrice; e con un fratello minore prese a frequentarli.
Per guadagnare poco più di una lira al giorno lavoravano ambedue fino a tarda ora; ma ogni sabato, dopo il lavoro, si recavano a Maria Ausiliatrice, dove, inginocchiati a terra sotto una lampada del santuario, facevano la preparazione e il ringraziamento alla loro confessione settimanale, leggendo insieme le preghiere relative in un libriccino di devozione.
Venne il 24 maggio 1912 e Annibale, recatosi col fratello in chiesa prima di andare al lavoro, per accostarsi ai SS. Sacramenti, poneva in mano al suo padre spirituale una letterina ove ricordava la sua vocazione al sacerdozio e alle Missioni Estere, e lo pregava ad aiutarlo.
Il nostro Superiore Don Albera non esitò un istante ad accogliere il nuovo postulante, e nell'ottobre dello stesso anno lo mandò a Penango Monferrato, e due anni dopo ad Ivrea, dove Annibale compì brillantemente gli studi ginnasiali.
Egli vestiva l'abito chiericale nell'estate del 1914, e il 3 dicembre 1915 dovette cambiarlo con quello militare. In tre anni le sue forme si erano alquanto sviluppate: subì la visita e fu fatto abile. Non se l'aspettava, ma non si turbò, e ripetè con lieto sembiante: « Anche da soldato potrò servire il Signore! »
E, soldato, dapprima per oltre un anno rese pietosi servizi in sanità; poi, messo in fanteria, compì il corso degli allievi ufficiali al fronte; e per l'applicazione e buona condotta il 24 maggio 1917 era presentata al Comando Supremo la proposta della sua promozione senz'esame.
Aspirante ufficiale, fu assegnato a un battaglione di marcia e comandato a un plotone di giovanotti del '98, che lo adoravano, perchè il buon chierico cercava di applicare con loro il sistema preventivo di Don Bosco.
Passato in trincea, conservò la sua calma, la sua giovialità, e il suo amore ai dovere. Pochi giorni prima di morire, il 12 agosto u. s., scriveva a Don Albera: « Ho incontrato molti pericoli e molte difficoltà, ma coll'aiuto della cara Mamma Maria Ausiliatrice son sempre riuscito a superarle. Se in questi giorni di grandi avvenimenti il Signore vorrà che io abbandoni questa misera terra, spero che mi vorrà annoverare nella schiera dei figli di Don Bosco. Io sono sereno e tranquillo e completamente disposto a. compiere la volontà di Dio ».
E Dio lo volle in Paradiso, accanto ai genitori che per i primi avevano educato alla virtù i loro figliuoli; accanto il fratello chierico, che gli aveva ispirata la santa vocazione.
Seminate buone massime e buoni esempi nel cuore dei giovanetti : i semi preziosi frutteranno sempre con la grazia di Dio!
Can. Carmelo Papa.
Decano del Capitolo di S. Pietro in Modica, rendeva l'anima a Dio santamente. Ammiratore delle Opere di Don Bosco, volle che l'Oratorio Salesiano di Modica sorgesse nella casa e nell'annesso giardino, ch'era sua diletta abitazione nella stagione della villeggiatura. Provava una grande consolazione soltanto al veder i numerosi giovani operai che frequentavano la scuola serale e l'Oratorio festivo. E continuò sempre ad essere largo di aiuto e d'incoraggiamento a quei nostri Confratelli. Il Signore lo premi con la pace dei giusti, pel bene fatto a tanti giovanetti.
Federico Sinibaldi.
Gioia de' Marsi è debitrice a questo zelante Cooperatore d'avere i figli di Don Bosco nella sua parrocchia e un asilo delle Figlie di Maria Ausiliatrice. Pieno di venerazione pel nostro Fondatore, egli bramò di veder trapiantata l'opera sua nel paese a lui tanto dilètto, affinchè le nuove generazioni fossero istradate per la via della pietà e delle virtù cristiane. Possa egli dal Cielo vedere avverarsi sempre piú, di anno in anno, il suo voto !
Carlo Coassolo.
Segretario comunale di Cantalupo e, per sedici anni, del Comune di Tavernette, alle più belle doti dell'uomo pubblico univa quelle dell'uomo privato. Educato a sentimenti religiosi alla scuola del Venerabile Don Bosco, che ricordava con tenerezza filiale, intuì perfettamente qual era la missione del. padre di famiglia, e ad essa rivolse le sue cure particolari. L'amò infatti come la pupilla dei suoi occhi, e ai suoi figli seppe ispirare i principi della vera fede e morale cristiana, instillandolii nei loro cuori non solo colle parole, ma anche colla forza dell'esempio. Si addormentò serenamente nel Signore il 3 ottobre u. s.
Antonietta Anselmo Ved. Vallarino.
Sì addormentò nelle braccia di Dio nelle veneranda età di 81 anno, in Arenzano (Genova). Donna di fede semplice e forte a tutta prova e di pietà ammirabile, alla fede e alla pietà profondamente vissute educò la numerosa figliuolanza, felice di consacrare al Signore quattro figli, due dei quali negli Istituti del Ven. D. Bosco. Conobbe personalmente il Venerabile, e gli rese l'omaggio della sua modesta ma attiva collaborazione, facendone conoscere le Opere e raccogliendo offerte per il loro incremento. Anche Don Rua, di f. m., aveva per lei preziose parole d'incoraggiamento e di riconoscenza, proponendola a modello di madre cristiana.
Quale il segreto della sua virtù esemplare? Gesù in Sacramento ! Aveva fame di Lui! A Lui si accostò, durante la S. Messa, nella Santa Comunione quotidiana per oltre 4o anni! Come edifica il pensiero di una vita così intensamente cristiana !
Pietro Fiocco.
Ai primi dello scorso dicembre in Sommacampagna di Verona moriva quest'ottimo amico dell'Opera Salesiana. Membro del Comitato Locale fu sempre largo di aiuto, non soltanto all'Istituto di Verona, ma anche all'Oratorio di Torino. Divotissimo di Maria Ausiliatrice, ne zelò il culto con amore verace. Fin nell'ultima infermità, ebbe il pensiero che ai Salesiani venisse mandato quanto soleva inviare ogni anno, dopo la stagione dei raccolti. A' suoi funerali intervennero vari nostri Confratelli di Verona, e il Direttore elogiò con parola commossa la carità generosa del defunto. Goda egli nella pace dei santi il merito delle sue elemosine!
Baglietto Francesco, segretario comunale - Varazze.
Baldi Margherita - Novara.
Biauciardi Nazzareno - Barberino di Mugello. Biangetti Maddalena - Pianfei.
Canova Can. D. Edoardo, Rettore Santuario - Oropa. Cesana Teresa - Galbiato.
Dossena Carlo - Olicuzzio. Ferrandi Oliva Domenica - Odolo. Frascotti Giovanni - Borgosesia.
Giustiniani Mons. Giuseppe, Arcivescovo - Sorrento. Lauino Adele - Vercelli.
Lunardi Roberto - S. Pellegrino in Alpe. Morano Pietro - Moncalieri.
Morra Candida - Casale Monferrato. Musatti Maddalena - Roccapietra.
Pagliarello D, Beniamino, Rettore Vie. Foraneo - Novaretto. Pellegrini D. Ferdinando, Prof. e Benef. Vaticano - Roma. Ravecca Girolamo - Varazze.
Riva cav. Francesco - Milano, Romano Maria Ved. - Mendrisio. Rosso Caterina Ved. - Foglizzo. Rusca rag. Luigi - Milano. Schiaretta Luigi - Gradoli.
Tosi Maria Ved. Magister - Busto Arsizio.