BS 1910s|1910|Bollettino Salesiano Gennaio 1910

ANNO XXXIV - N. 1.   Torino, Via Cottolengo 32.   GENNAIO 1910.

BOLLETTINO SALESIANO

PERIODICO DELLA PIA UNIONE DEI COOPERATORI SALESIANI DI D. BOSCO

SOMMARIO: Ai Sigg. Cooperatori    1

Lettera-Rendiconto del sig. D. Rua    2 Tesoro spirituale 8 L'Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice nel 1909 9 Unioni Ex-allievi: IL Circolo Giovanni Bosco di Torino; L'Associazione Risparmio e Previdenza . id AGLI AMANTI DELLA GIOVENTÙ: Lettere sugli Oratori festivi: Norme per i giovani catechisti   . . 13 Orizzonti nuovi di vita sociale    14

DALLE MISSIONI: Equatore: Un prezioso contributo per l'etnografia dei Jivaros    15

IL CULTO DI MARIA SS. AUSILIATRICE: Pellegrinaggio spirituale - Nuove Chiese e Cappelle - Grazie e graziati    22

NOTE E CORRISPONDENZE: Pel Giubileo del sig.

D. Rua -- Omaggi - A Valdocco - Tra i figli del popolo - Tra gli emigrati - Gli Ex-allievi - Notizie varie : In Italia; all'Estero - Necrologio 25

I benemeriti Cooperatori e le benemerite Cooperatrici

hanno già ricevuto, o riceveranno di questi giorni, una lettera speciale del nostro venerato Superiore D. RUA.

" Mai forse, egli scrive, noi sentimmo il bisogno del vostro straordinario soccorso come ora, con tante opere che abbiamo tra mano e con tante altre iniziate e che è pur necessario condurre a compimento. Voi comprendete benissimo, che pel mantenimento di numerose Case di beneficenza e di tanti Centri di estere Missioni ci son necessari continui soccorsi; e invece, o miei benemeriti Cooperatori e benemerite Cooperatrici, in questi ultimi tempi tali soccorsi si son venuti talmente assottigliando, che la stessa spedizione dei Bollettini è bene spesso incagliata per assoluta deficienza di mezzi..."

E il povero Successore di Don Bosco implora un'elemosina "per tanti orfanelli raccolti, anche non è guari, i quali abbisognano di ricovero, vitto e vestito; pel mantenimento ed una completa organizzazione dei nostri Oratori festivi, che son l'unico porto di salvezza per tanti figli del popolo; e per tutti ili altri bisogni nostri, specie per quelli molteplici, incessanti e ognor crescenti dette singole Missioni aperte fra popoli selvaggi ".

Siamo certi che i benemeriti Cooperatori e te benemerite Cooperatrici non mancheranno di rispondere con generosità al commovente appello.

Il Sac, Michele Rua ai Cooperatori ed alte Cooperatrici Salesiane

Benemeriti Cooperatori, Benemerite Cooperatrici,

CONOSCENDO il Vostro Zelo e il vostro affettuoso interesse per le Opere Salesiane , a me è sempre caro l'intrattenermi con voi delle cose nostre, specie quando debbo parlarvi di quel po' di bene, che mercè la grazia di Dio e il concorso della vostra carità i figli del Venerabile D. Bosco hanno potuto compiere in diverse parti.

Ma oggi, alla viva soddisfazione che provo ordinariamente in queste occasioni, se ne aggiunge un'altra, ed è quella di poter dare libero sfogo a tutta la mia riconoscenza.

Un bisogno del cuore.

Ecco di che si tratta.

Parecchi insigni Cooperatori Salesiani di Torino approfittandosi del sopraggiungere dell'Anno Cinquantesimo della mia Ordinazione Sacerdotale, concepirono il disegno di un solenne attestato di benevolenza e di simpatia all'Opera di D. Bosco, invitando a parteciparvi i Cooperatori di tutto il mondo. Vi protesto che per me, ove piacerà al Signore di conservarmi in vita, sarebbe assai più caro il celebrare una tal ricorrenza nel segreto del mio cuore, riconoscente a Dio per tanti benefizi ricevuti, o tutt'al più in un'intima festa di famiglia. Per questo, allorchè il 24 giugno u. s., in una sempre cara adunanza, udii l'esimio signor Barone commendator don Antonio Manno farsi araldo dell'accennata manifestazione, vi confesso che ebbi a lottare non poco per adattarmi ad una tale deliberazione, e chinai il capo unicamente col proposito di riferire ogni cosa a Don Bosco di cui sono indegno Successore, e colla speranza che dalle feste ideate sarà anche per ridondarne qualche vantaggio alle sue Opere, le quali hanno tanto bisogno dell'appoggio morale e materiale di tutti i Cooperatori.

I miei più vivi ringraziamenti adunque ai singoli membri del nobile Comitato Promotore ed a quanti si presero il disturbo di farmi già pervenire i loro cordiali auguri ; ed al Venerabile nostro Padre D. Bosco ogni onore ed ogni lode !

Il Signore benedice l'Opera di D. Bosco.

Dato questo sfogo ai sentimenti che da vari mesi mi riempivano il cuore, io vi invito, o benemeriti Cooperatori e benemerite Cooperatrici, a sciogliere con me un inno di ringraziamento al Signore, il quale anche nell'anno teste decorso ci ha mostrato in più guise la sua paterna bontà.

In primo luogo sia benedetta l'adorabile sua Provvidenza, la quale, nonostante la grandezza dei nostri bisogni e le angosciose trepidazioni di certi istanti, non ci è venuta mai meno. Oh! quante volte ci siam trovati solleciti, non del domani, ma proprio del giorno in corso, sicchè nel pronunziar le parole della benedizione della mensa a stento io poteva trattenere le lacrime: Signore, diceva, gli occhi di tutti son rivolti a Voi, tutti sperano in Voi; ed ecco

Voi aprite la vostra mano e colmate ogni essere vivente delle vostre benedizioni!...

E difatti giungeva l'ora del soccorso, e l'ansia trepida si convertiva nella fervente invocazione di ogni più eletto e bramato favore sulle famiglie degli inviati della Provvidenza.

Sia pur benedetta la bontà del Signore per le consolazioni e i conforti senza numero che ci ha procurati. .Anche a voi dev'essere tornato di grande consolazione il vedere lo zelo instancabile con cui, secondo lo spirito di D. Bosco, si cerca in molte parti di rendere sempre più proficui e rispondenti ai bisogni del tempo gli Oratori festivi; il sapere affollati di giovani i nostri ospizi, collegi, ed altri istituti di educazione ; e lo scorgere visibilmente le benedizioni divine nel continuo incremento delle nostre Missioni, le quali danno frutti sempre più preziosi e abbondanti.

A questi, io debbo aggiungere per parte mia altri speciali motivi di conforto. Fu invero molto consolante per me l'aver potuto baciare il sacro anello pastorale ad un altro figlio di D. Bosco, al nostro Procuratore Generale dottor D. Giovanni Marenco, consacrato Vescovo di Massa-Carrara in Italia, ove fece il solenne ingresso il dì sacro alla festa di Tutti i Santi; com'ebbi una grande consolazione nel toccar con mano l'affetto mostrato per l'Opera di Don Bosco dai numerosi Direttori Diocesani convenuti in Va Adunanza presso la tomba di D. Bosco in Valsalice, nel rilevare gli abbondanti frutti del buon seme gettato nel cuore di molti ex-allievi, tra cui non posso dimenticare quelli di Torino, di Milano, di Bologna, di Buenos Aires, di Montevideo e di altri centri importanti ; e nel vedere la stima in cui anche fuori d'Italia son tenuti gl'Istituti Salesiani, vari dei quali, come le Scuole professionali di Oswiecim in Austria-Galizia, e i Collegi di Lorena e di Recife nel Brasile, furono testé equiparati ai corrispondenti corsi nazionali.

Ma un pegno ancor più chiaro dell'abbondanza delle divine benedizioni sull'Opera Salesiana, noi l'avemmo in due fatti consolantissimi, che circondarono di nuova luce l'umile nostro Fondatore e il suo più caro Alunno; dico il Processo Apostolico sulla fama di santità, vita, virtù e miracoli per la Beatificazione e Canonizzazione del nostro Venerabile Don Bosco, felicemente iniziato il 4 aprile u. s., e il Processo Ordinario allo stesso fine, con gli altri de non culto e sugli scritti, del Servo di Dio Domenico Savio, Alunno dell'Oratorio Salesiano di Torino, pur felicemente condotto a compimento ed inoltrato alla Sacra Congregazione dei Riti nell'anno decorso.

Però la Misericordia di quel Dio, che abbatte e suscita, che affanna e che consola, si appalesa non solo colle consolazioni, ma anche nelle prove. E prove singolari furon quelle che ci colpirono tra il finire del 19o8 e il cominciar del 1909, tenendoci più giorni in un'incertezza angosciosa e strappandoci alla fine amarissime lagrime per la morte straziante di 9 confratelli, 38 alunni, 4 famigli e d'un gran numero di Cooperatori e Cooperatrici di Messina! Non fa mestieri che rievochi lo strazio che suscitò in tutto il mondo civile l'immane disastro ; ma non voglio tralasciare come la Divina Provvidenza seppe trarne una confessione meravigliosa dell'esiguità della scienza e delle forze umane, ed un'affermazione solenne della grandezza e dell'onnipotenza di Dio. Fu la voce del Signore, che si riaffermò esser egli veramente il Padrone assoluto del cielo e della terra.

A fianco di quel cataclisma naturale parmi che si possa porre la bufera suscitata dall'esaltazione e dalla audacia inconcepibile di una mano di forsennati in un'illustre provincia di una cattolicissima nazione; furibonda bufera, che distrusse in pochi giorni chiese, conventi, ed asili di pietà, di carità e di cristiana educazione. Anche noi ne avemmo danni assai rilevanti; ma questa prova, come altre avvisaglie che prendono a succedersi con meditata frequenza, mentre ci confermano nella santità della nostra missione, vengono anche a persuaderci vieppiù della somma necessità di lavorare a vantaggio dei figli del popolo, per poter almeno paralizzare i disastrosi tentativi dei nemici dell'ordine, della libertà e della Religione, e così cooperare efficacemente alla nuova restaurazione della civile società in Gesù Cristo!

Opere compiute nel 1909.

Unicamente a questo fine, cioè per giovare praticamente al buon costume ed alla civile società, cedendo a vivissime istanze, parte delle quali erano state accolte già da parecchio tempo, anche nel 19o9 abbiam posto mano coll'aiuto divino a parecchie nuove fondazioni nell'Italia e all'Estero.

NUOVE FONDAZIONI IN ITALIA.

In Italia abbiam assunto il disimpegno del servizio religioso in varie parrocchie, accanto le quali non mancheremo di far fiorire nel miglior modo possibile, insieme colle altre istituzioni richieste dai bisogni del popolo, l'Opera provvidenziale degli Oratori.

Prima tra esse, sebbene non ancora canonicamente eretta, è quella di Marina di Pisa, la città nascente presso le foci dell'Arno, che nell'estate si popola di oltre settemila abitanti e non aveva, si può dire, alcun luogo ove compiere i doveri di religione. Mercé lo zelo indefesso dell'Em.mo Cardinal Maffi, cotanto benemerito della nostra Pia Società, si è finalmente costrutta un'ampia provvisoria cappella parrocchiale ed alcuni salesiani si stanziarono accanto ad essa per officiarla.

Oltre questa, tre altre parrocchie furono accettate dai Figli di D. Bosco: una a Gioia dei Marsi negli Abruzzi, un'altra a Monteleone di Calabria, la quale, per intervento di S. E. Rev.ma Mons. Morabito, Vescovo di Mileto, già da vari anni ci era stata assegnata dalla Santa Sede ; un'ultima, d'un' importanza tutta speciale, nella città di Messina. Quel zelantissimo Arcivescovo Monsignor Letterio D'Arrigo, allo scopo di far presto risorgere anche la vita cristiana della desolata città, ha suddiviso quell'immensa distesa di rovine in quattro circoscrizioni parrocchiali, tra cui ve n'ha una intitolata a S. Giuliano Vescovo, che volle affidata ai figli di D. Bosco. La bella chiesetta in legno fu provveduta, al pari delle altre, dalla illuminata generosità del Vicario di Gesù Cristo; ma è quanto mai urgente il fabbricarle accanto le baracche indispensabili per le più necessarie opere parrocchiali, specialmente per accudire nel miglior modo possibile all' abbandonata gioventù.

Oltre queste opere di grande importanza altre ne abbiamo iniziate nel continente e nell'isola, e cioè si è assunta: la direzione di un Istituto di arti e mestieri, nella città di Caltagirone ; a Napoli la direzione dell'Opera Pia dei Sordomuti d'ambo i sessi in Via Avellino a Tarsia; e a S. Antimo, nei pressi di Napoli, l'ufficiatura di una pubblica chiesa con annesso fabbricato, ove, non appena ci sarà possibile, si porrà mano a qualche opera a vantaggio della gioventù.

Molte altre opere avremmo potuto accettare, poichè numerosissime furono le domande di nuove fondazioni, se non ci trovassimo in grande scarsezza di personale.

ALL'ESTERO.

Ma varie altre opere la Divina Provvidenza dispose che iniziassimo all'Estero.

Ad Oporto, nel Portogallo, si è rilevato il R. Istituto S. Giuseppe, fondato nel 1883 dall'ecc.mo Mons. De Vasconcellos, attuale Vescovo di Beja, il quale si gloria di aver avuto dal Venerabile nostro Padre D. Bosco i più cordiali incoraggiamenti alla santa impresa e la promessa che un giorno i Salesiani sarebbero corsi in suo aiuto.

A S. José del Valle, nella Spagna, si è aperto e consolidato un nuovo Istituto per la formazione di nuovi chierici e sacerdoti.

Ad Anthoingt-les-Tournai, nel Belgio, si è stabilita una nuova residenza con un Oratorio festivo.

Nel Brasile, si aperse l'Oratorio San Gerardo Maiella a Barbaçena nello Stato di Minas; ed abbiamo stabilita una nuova residenza anche a Rio Janeiro, cioè nella capitale.

Meritano poi special menzione le fondazioni del Sigsig nell'Equatore, a vantaggio immediato della nostra Missione fra i Jivaros; - di Meliapor, presso Madras, nelle Indie Inglesi, ove cedendo alle vive istanze di quell'Eccellentissimo Mons. Vescovo abbiamo ars finto la direzione di un altro Orfanotrofio; - e quella di Moscellia in Africa, presso la città di Mozambico, ove i nostri Missionari hanno stabilito una nuova residenza, destinata per ora a Colonia Agricola, ma che, col tempo, diverrà il punto di partenza per la conversione di più centinaia di migliaia di selvaggi Macúas, che popolano il nord di quella fiorente Colonia Portoghese.

Nuovi ORATORI FESTIVI.

Insieme con queste nuove fondazioni, mi gode l'animo di potervi segnalare l'apertura di vari Oratori festivi accanto le fondazioni già esistenti; ad es. quello d'Aracajú-Sergipe nel Brasile, aperto a ricordo del Giubileo del regnante Sommo Pontefice; - di Campinas, parimenti nel Brasile, che ridonderà anche a vantaggio di molti figli d'Italiani; - di Sucre in Bolivia, sorto mercè lo zelo di alcuni zelanti Cooperatori e Cooperatrici; - e quello di Quito, stanziato nella storica chiesa che racchiude il luogo, sul quale, dopo la conquista Spagnuola, venne eretto il primo altare e celebrata la prima messa in terra equatoriana.

NUOVE COSTRUZIONI ED AMPLIAMENTI.

Contemporaneamente alle opere accennate, noi potemmo, o Benemeriti Cooperatori e Benemerite Cooperatrici, condurne a compimento altre, assai dispendiose, mediante la vostra generosa carità. A me non è possibile, nella breve rassegna che mi son proposto, l'accennarle anche di volo singolarmente; ma non darei un'idea esatta dell'impiego delle vostre limosine, se tacessi assolutamente di tutte. Ad esempio, qui, nell'Oratorio Salesiano di Torino, si è dovuto condurre a compimento tiri corpo di fabbrica, di circa 40 metri e a tre piani, che ebbi la consolazione di benedire il 29 settembre u. s. ed è già adibito a sale di scuola e di studio pei giovani studenti ; poichè gli antichi locali, siti in una vecchia casa, già nei primi tempi acquistata da D. Bosco ed incorporata all'Oratorio, non rispondevano più alla convenienza ed all'igiene.

Similmente, a Vienna, capitale dell'Impero Austro-Ungarico, si è terminata la vasta fabbrica del nuovo Istituto, e vennero pur condotti al termine i nuovi Istituti di Vianna do Castello in Portogallo, di Salamanca nella Spagna, di Cuenca nell'Equatore, e d' Ensenada nella Repubblica Argentina.

Ne posso tacere il compimento di varie chiese, come della parrocchiale di Santa Cruz nell'omonimo Territorio in Patagonia, del Santuario di Maria SS. Ausiliatrice a Rodeo del Medio nella Repubblica Argentina, e di varie importanti cappelle.

Come vedete, o benemeriti Cooperatori, sol che si considerino le nuove fondazioni e le altre opere condotte a compimento, abbiamo ogni motivo di ravvisare nell'espansione della Pia Società di S. Francesco di Sales l'assistenza perenne dell'amabile Divina Provvidenza.

Opere proposte pel 1910.

Ed a quali opere nell'anno teste incominciato si dovrà indirizzare il nostro zelo ?

Noi dobbiamo, prima di tutto, sostenere le Opere giù fondate. Come ad ogni essere vivente è indispensabile il cibo per mantenersi in vita, così è assolutamente indispensabile a tutte le Opere nostre la continuazione della vostra carità. Ove questa cessasse, ditemi, o buoni Cooperatori, come faremmo noi a provvedere vitto e vestito a tanti orfanelli, educazione ed istruzione a tanti altri giovani che popolano i nostri istituti, a far fronte al regolare funzionamento di tanti oratori festivi, a raccogliere ed avviare alla civiltà tanti poveri figli delle foreste, ed anche a prestare, in molti luoghi, materiale e morale assistenza a tanti emigrati?

In secondo luogo dobbiamo continuare a condurre a compimento molte altre Opere incominciate. Limitandomi a ricordarne solamente alcune, come non accennare al Tempio della S. Famiglia in Firenze; alla Chiesa di S. Agostino in Milano, la quale, ove presto non si conduca a termine, viene gravemente danneggiata nella parte compiuta; all'Istituto Salesiano di Costantinopoli; al Santuario del Sacro Cuore di Gesù sul monte « Tibi Dabo > presso Barcellona; al nuovo Tempio di S. Carlo a Buenos Aires in Almagro; al nuovo Tempio Parrocchiale di Viedma in Patagonia ed a più altre Chiese e Cappelle incominciate in altri punti, non escluse le terre di Missione?

In terzo luogo non posso far a meno di raccomandarvi le nostre Missioni. Dalle relazioni pubblicate nel « Bollettino » e da quelle più copiose che a me pervengono mi persuado ogni dì più che anche quest'opera di D. Bosco fu propriamente voluta dal Signore. Come spiegare altrimenti i copiosi frutti già raccolti e che si raccolgono, cioè i tanti battesimi amministrati e le vaste zone conquistate alla religiogione ed alla civiltà e le continue meravigliose conquiste fra le schiere selvagge? Ma se di anno in anno la messe si fa più copiosa e biondeggiante, ne vien pure di conseguenza la necessità di preparare ed inviare in quelle terre nuovi zelanti operai. Anche l'anno testè decorso, grazie a Dio e a Maria SS. Ausiliatrice, abbiam potuto allestire una nuova spedizione di circa. quaranta missionari; ma che cosa furon essi per i tanti luoghi che li reclamano? Non passa giorno che non mi giunga qualche notizia dei nostri, ma tutte le lettere si chiudono con la stessa preghiera: « Siamo pochi, troppo pochi, mentre il lavoro è molto; ci occorre un rinforzo di personale! »

Vorrei pertanto che nell'anno, cui la divina Bontà ci ha fatti arrivare, noi potessimo allestire una nuova spedizione di evangelici operai, più numerosa dell'usato, in modo che fosse una pioggia benefica per quelle lontane terre riarse. Questa, debbo dirlo? sarebbe la più dolce soddisfazione che potrei provare nell'anno del mio Giubileo Sacerdotale.

Ma per compiere questa e tutte le altre opere accennate, ci è indispensabile, ripeto, o benemeriti Cooperatori e benemerite Cooperatrici, il vostro concorso. Per il nostro vivo desiderio, e dirò anche pel riconosciuto bisogno di regolarizzare le condizioni nostre finanziarie, già da qualche tempo noi non abbiamo più iniziato alcun'opera dispendiosa, per quanto buona, santa e realmente urgente, se la Divina Provvidenza, coll'assicurarcene in antecedenza i mezzi occorrenti e coll'inviarci il necessario personale, non è venuta a ratificare perentoriamente la nostra deliberazione. Ma quind'innanzi, non si tratterà più di una nostra misura prudenziale, bensì di un obbligo grave ,onde la Suprema Autorità Ecclesiastica ha prudentemente vincolato la coscienza de' singoli superiori, maggiori e minori, di ogni religioso Istituto. Per ciò d'ora innanzi, anche nell'esercizio della carità, necessariamente noi dovremo adottare il sistema preventivo, cioè non potremo por mano a nessun'opera, senza aver prima la certezza di poter far fronte alla spesa. Intanto sull'esempio del Ven. nostro D. Bosco non ci stancheremo di farvi conoscerei nostri bisogni; e voi, o benemeriti Cooperatori, seguendo le orme di tante anime generose che vi hanno preceduto nello stesso esercizio di carità ed ora in cielo ne godono il premio, non cesserete, ne son certo, di venirci prontamente in soccorso. Tenete presenti le parole del Divin Salvatore: Non vogliate tesoreggiare sopra la terra dove le ricchezze non sono sicure, ma tesoreggiate pel cielo, dove i vostri beni sono al riparo da ogni infortunio (MATTH. VI, 19, 20.).

E le altre: Coi vostri beni temporali fatevi degli amici, che vi vengano all'incontro quando vi presenterete alle Porte del cielo e v'introducano negli eterni tabernacoli (Luc. XVI, 9).

In fine, se volete che io vi additi un'opera speciale, nella, quale tutti, collettivamente e individualmente, Possiate esercitarvi nel 191o con la certezza di attirare su voi e sulle vostre famiglie le benedizioni di Dio, adoperatevi come meglio sapete e potete, perchè sia largamente e profittevolmente frequentato l'insegnamento del Catechismo.

Pur avendo d'innanzi gli urgenti bisogni di tante terre lontane, noi non dobbiamo dimenticare i bisogni dei paesi, nei quali viviamo. Moltissimi di voi son padri e madri di famiglia; ebbene si adoperino non solo perchè i loro figliuoli vadano all'Oratorio o al Catechismo in parrocchia, ma chiedano anche che l'insegnamento del catechismo sia, a tenor di legge, impartito nelle classi elementari; tutti poi usino della loro influenza, presso parenti ed amici, perchè curino pur essi che i loro fanciulli apprendano per tempo, insieme colle verità della religione, la via della felicità eterna e il mezzo infallibile per assicurarsi anche in terra una vita felice.

Se ogni Cooperatore e Cooperatrice zelasse l'insegnamento del Catechismo secondo le proprie forze, modellandosi sui ferventi cristiani degli antichi tempi, ed anche su non pochi cristiani di oggidì (i quali, bramosi di esser fedeli seguaci di Gesù Cristo, studiano ogni mezzo per far trionfare più largamente lo spirito di Gesù Cristo nella società) credo che il nostro buon Padre D. Bosco non potrebbe non rallegrarsene dal cielo, avendo egli appunto incominciato l'opera sua molteplice, tutta rivolta alla maggior gloria di Dio ed alla salvezza delle anime, con una lezione di catechismo e con l'Oratorio festivo.

Conclusione.

Prima di deporre la penna, ho ancora un favore da chiedervi, ed è la carità delle vostre preghiere.

Pregate, o miei buoni Cooperatori e pie e zelanti Cooperatrici, affinché il Signore si degni di benedire vie maggiormente tutte le Opere e tutti i santi propositi dell'intera Famiglia Salesiana.

Pregate pel buon esito del Processo Apostolico del nostro Venerabile Fondatore, affinché si affretti il giorno, che ne vedrà ricinto il capo dell'aureola dei beati.

Pregate per l'eterno riposo di tutti i nostri Confratelli e Cooperatori defunti, i quali ci ammoniscono che la vita, con tutti i suoi beni, è un gran dono del Signore, ma passeggiero; e che in punto di morte non ci resta che un conforto, quello di averne fatto buon uso.

Pregate infine per me, che sento di avvicinarmi a grandi passi all'eternità, affinché possa spendere quel po' di vita che mi resta in piena conformità alla santa volontà del Signore.

Di Voi, Benemeriti Cooperatori e Benemerite Cooperatrici,

Umil.mo ed Obbl.mo Servitore

TESORO SPIRITUALE

I Cooperatori Salesiani, i quali confessati e comunicati divotamente visiteranno qualche Chiesa o pubblica Cappella o se viventi in comunità la propria Cappella privata, e quivi pregheranno secondo l'intenzione del Sommo Pontefice, possono lucrare l'indulgenza Plenaria:

ogni mese:

1) in un giorno scelto ad arbitrio di ciascuno ;

2) nel giorno in cui faranno l'esercizio della Buona Morte;

3) nel giorno in cui si radunino in conferenza.

dal 10 gennaio al 10 febbraio

1) il 16 gennaio, SS. Nome di Gesù ;

2) il 18 gennaio, Cattedra di S. Pietro in Roma; 3) il 23 gennaio, Sposalizio di Maria Vergine e festa della S. Famiglia ;

4) il 25 gennaio, Conversione di S. Paolo Apostolo;

5) il 29 gennaio, festa di S. Francesco di Sales (visitando però una chiesa salesiana ove esiste, altrimenti la propria parrocchia, o, se viventi in comunità, la propria Chiesa o Cappella privata, pregando come sopra) ;

6) il 2 febbraio, Purificazione di Maria SS.

Tutte le indulgenze concesse ai Cooperatori sono applicabili alle Anime sante del Purgatorio; ma pel loro acquisto è richiesta la recita quotidiana di un Pater, Ave e Gloria Patri secondo l'intenzione del Sommo Pontefice coll'invocazione: Sancte Francisce Salesi, ora pro nobis.

L'ISTITUTO DELLE FIGLIE DI MARIA AUSILIATRICE nel 1909

IL 14 giugno 1874, il Venerabile Don Bosco, costituendo la prima Superiora generale dell'Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice, narrò come nel 1871 in una privata udienza concessagli dal Santo Padre Pio IX egli avesse manifestato al Vicario di Gesù Cristo il pensiero di stabilire un pio istituto femminile. supplicandolo di opportuno consiglio sulla convenienza o no di un tale divisamento. Il venerando Pontefice lo ascoltò benevolmente e gli rispose vi avrebbe pensato e in un'altra udienza gli avrebbe detto il suo parere. Tornato il Venerabile alla presenza del Papa, questi, non appena lo vide, gli disse

« Ho pensato sul vostro disegno di fondare una Società di religiose e mi è parso della maggior gloria di Dio e di vantaggio alle anime. Il mio avviso adunque si, è che esse abbìano per iscopo principale di fare, per l'istruzione ed educazione delle fanciulle, quello che i membri della Società di S. Francesco di :sales fanno a pro' dei giovanetti ».

Che l'immortale Pontefice - di cui si sta costruendo il Processo ordinario sulla vita, virtù, fama di santità e miracoli, in ordine all'introduzione della sua Causa di Beatificazione e Canonizzazione - abbia detto il vero, cioè che l'Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice doveva esser veramente di maggior gloria a Dio e di vantaggio alle anime, lo attestano chiaramente i frutti salutari che esso produce e il nuovo sviluppo che assume ogni anno.

Considerevoli infatti furono le nuove opere cui le Figlie di Maria Ausiliatrice si accinsero anche nell'anno decorso.

In Italia

A Borgosesia e a Gravellona Toce in provincia di Novara, a Vignole Borbera, provincia di Alessandria, ed a Cavorago, provincia di Como, accettarono la direzione di altrettanti « Convitti di operaie » in ampi locali, capaci di accogliere centinaia e centinaia di giovanette, le quali, mentre attendono a procacciarsi un onesto sostentamento hanno il conforto di largamente attingere alle sorgenti della pietà e dell'istruzione religiosa la forza morale per crescere buone operaie e cristiane esemplari.

A Fubine, provincia di Alessandria, accettarono la direzione di nuovo Asilo d'Infanzia, fondato dalla Contessa Bricherasio in memoria del figlio.

All'Arenella, presso Palermo, per opera di una nobile e caritatevole Signorina, che ìntende impiegare le sue sostanze in opere di carità, inaugurarono uno splendido Educatorio, con Asilo, scuole popolari e laboratorio.

A Villacidro in Sardegna apersero un Asilo Infantile con Laboratorio ed Oratorio Festivo, a vantaggio di quella buona e laboriosa popolazione.

All'Estero

A Flozzè nel Belgio, mediante il concorso di generosi Cooperatori e Cooperatrici, diedero principio ad un Asilo infantile che è già divenuto fiorente con viva soddisfazione dei Promotori.

Anche a Nictheroy, nel Brasile, apersero nove Scuole con laboratorio ed Oratorio l'estivo.

Al Ladario, parimenti nel Brasile, nello stato di Matto Grosso, per iniziativa di altri Cooperatori e Cooperatrici, desiderosi d'impiegare le loro sostanze a beneficio delle giovanette, stabilirono un Convitto e semiconvitto con Oratorio festivo, ove le Suore, sebbene prive del conforto della messa quotidiana per la scarsità di sacerdoti, tro vano compenso ai loro sacrifici nella docile corrìspondenza e nel numeroso concorso di molte povere fanciulle, prima abbandonate.

Allo stesso fine, a Chia, in Colombia, istituirono un Esternato con scuole, laboratorio ed Oratorio festivo.

A S. Salvador, nel Centro America, mercè lo zelo del locale « Comitato Dame di Maria Ausiliatrice » assunsero la direzione di una nuova casa con le tre sezioni così importanti dell'Asilo d'infanzia, delle scuole primarie e delle sale di lavoro.

Finalmente a Trelew nel Territorio del Chubut, nella Repubblica Argentina, cedendo alle istanze di pii e caritatevoli Signori, stabilirono un nuovo Collegio per alunne interne ed esterne; con apposite scuole per vari rami d'insegnamento e per lavori donneschi.

Oltre queste nuove fondazioni, esse iniziarono altre opere accanto alle fondazioni già esistenti.

A Torino, ad es., desiderose di compiere un maggior bene a vantaggio delle numerosissime figlie del popolo che frequentano il loro fiorente Oratorio, iniziarono un corso dì scuole popolari serali di cucito, taglio, disegno, rìcamo, stireria e cucina, nonchè di canto e di lettere, con acconce lezioni settìmanali di religione e periodiche conferenze d'igiene e di coltura sociale, frequentato assiduamente da più centinaia dì giovanette.

La Vergine Ausiliatrice dal cui nome il Venerabile Fondatore volle intitolato il provvidenziale Istituto, continui a tenerlo sotto la sua potente protezione ed a colmarlo visibilmente, come pel passato, delle più elette benedizìoni.

IMPORTANTE.

Ad evitare una grande perdita di tempo e la dispersione di molti Bollettini, preghiamo i signori Cooperatori e le signore Cooperatrici, che, quando hanno da modificare o correggere l'indirizzo col quale ricevono il periodico accompagnino sempre la commissione con una delle ultime fascette colla quale l'hanno ricevuto.

Unioni Ex-allievi.

Perchè questa nuova rubrica ?

PERCHÉ ? Anche come un invito a quanti furono educati in Istituti Salesiani, ad unirsi in circoli e società, seno alle quali, oltre i migliori vantaggi che si hanno da congeneri istituzioni, essi possano viver sempre dello spirito di D. Bosco e dìffonderne il benefico influsso in seno alla società.

Nel turbine procelloso che imperversa nell'ora presente è un vero conforto il riandare gli anni soavissimi della giovinezza, allietati dalle cure paterne di un uomo straordinario quale fu Don Bosco, o ripieni dello spirito di Lui.

La maggior parte di quelli che vissero qualche anno nei suoi istituti, sentono ancora tutta la bontà e la bellezza del sistema educativo di Lui e conservano in fondo al cuore una scintilla di quel fuoco sacro, andò avvampò l'anima sua grandissima. Dicano, dicano essi, quali pensieri e quanti affetti si concentrino in questo nome D. Bosco ! Dicano come esso sia, e quanto spesso, luce nelle dubbiezze, conforto nei pericoli, sprone al bene... Oh! quante volte, nei torbidi e profani istanti, la dolce immagine paterna, appare quale iride consolatrice di pietosi, santi e nobili pensieri ! e quante volte il ricordo di tanto Padre rattenne il figlio dall'abisso della colpa e del disonore !

Ora se può tanto un affettuoso ricordo segretamente nutrito, che non potrà la pubblica evocazione dei suoi esempi preclarì e la costante aspirazione a seguire le sue orme, in un'accolta di cuori egualmente riconoscenti e pieni di ammirazione, perchè cresciuti alla sua scuola ? Di qui il sorgere ed il fiorire di varie associazioni ; e di qui anche il vivo desiderio che, ovunque sono ex-alunni nostri, si propaghi il consolantissimo esempio.

Noi ce lo auguriamo davvero con tutto il cuore, pel bene morale e materiale di tanti amici carissimi, come anche pel vantaggio non piccolo che ne ridonderà alla civile società e per l'onore che ne verrà alla stessa memoria di D. Bosco.

Oh ! non dobbiamo dimenticare le affettuosissime parole che il tenero Padre, quasi abbassando sè stesso per esaltare i suoi figliuoli, rivolse ad un nucleo di ex-alunni in uno di quei cordiali convegni che allietarono gli ultimi anni di sua vita

« Se D. Bosco, egli disse, ha qualche nome nel mondo, non lo deve già nè alle sue virtù nè ai suoi talenti, ma lo deve alla buona riuscita, alla buona condotta dei suoi figli. Si avverò per me quello che si legge nei libri santi : Gloria patris, filius sapiens. Continuate ad essere buoni cristiani e così sarete ognora la mia consolazione, il mio gaudio, la mia corona (1) ».

Ebbene, cari ex-alunni di tutti gli Istituti Salesiani, unitevi, federatevi, e sia questo lo scopo primario dei vostri circoli e delle vostre associazioni - il mantenervi ognor degni di un tanto Padre!

IL CIRCOLO GIOVANNI BOSCO di Torino.

IL Circolo Giovanni Bosco di Torino sorse sullo scorcio del 1906, e la nobile iniziativa, non appena si conobbe, raccolse le più ampie commendatizie. Il Successore di Don Bosco, fin dall'8 dicembre di quell'anno diceva ai soci fondatori

« Mi rallegro con voi che nel raccogliervi in associazione abbiate scelto il nome di Circolo « Giovanni Bosco » nome che dice un Programma di bontà e di amore. Vi auguro d'essere numerosi e fedeli intorno a questo programma, custodendolo come vostra bandiera. »

L'Em.mo Card. Agostino Richelmy, Arcivescovo di Torino, benedicendo al nuovo Circolo faceva « caldi voti per la prosperità del medecimo, e per il conseguimento del fine inteso dai Fondatori ».

Ed il Santo Padre Pio X con affettuoso telegramma inviava la sua benedizione a tutti i Soci la sera del 7 aprile 1907 in cui il Circolo s'inaugurò solennemente; e il 24 settembre dello stesso anno mandò alla Presidenza del medesimo un preziosissimo Autografo bene augurando al solenne Pellegrinaggio promosso dal Circolo alla tomba del Venerabile D. Bosco, ove convennero tutte le associazioni operaie cattoliche di Torino e più migliaia di persone di ogni ceto con a capo vari Prelati.

Il Circolo ha per iscopo a) la conservazione dei principii cristiani tra i suoi Soci;

b) completare la loro cultura intellettuale e morale in conformità alle esigenze dei tempi;

e) fornire un luogo sicuro di ritrovo per onesta ricreazione;

d) il mutuo aiuto morale e materiale con tutti quei mezzi di cui il Circolo può disporre.

Esso infatti:

1) dà sviluppo ad un'importante Sezione di coltura, con regolari conferenze, conversazioni sociali, acconcia biblioteca circolante, sale di lettura, un corso gratuito di lingue estere ; e tiene a disposizione giornali, periodici illustrati, riviste, ecc.

2) possiede:

a) una Sezione drammatica, allo scopo di offrire un onesto divertimento per i soci ed alle famiglie trattenimenti artistici ed essenzialmente morali;

b) una Sezione musicale per rallegrare le solenni tornate del Circolo e le accennate rappresentazioni;

3) provvede

a) Servizio Medico pei soci e famiglie (gratuito), Servizio farmaceutico (a Prezzi ridotti), Ufficio di Consulenza legale e notarile (gratuita) e un Segretariato per impieghi, corrispondenza e rappresentanza (gratuito);

b) sale di divertimento con bigliardi, scacchi, giuochi di società ecc. e servizio interno di buffet a prezzi di favore;

4) finalmente promuove accademie musicali e feste sociali secondo le occasioni e i mezzi di cui il Consiglio Direttivo può disporre.

*

Il Circolo conta già un bel numero di soci, tra cui vari illustri personaggi del Clero e del Laicato. Tutte le diverse classi sociali vi sono rappresentate: operai, impiegati, commercianti, professori, medici, sacerdoti, frequentano le elegarni sale del Circolo, dando un magnifico esempio di quella fratellanza cristiana, che è uno dei frutti più belli dell'educazione ricevuta.

I soci sono di varie classi: effettivi, aderenti, onorarii e corrispondenti.

Soci effettivi possono essere tutti coloro che hanno passato qualche tempo negli Istituti salesiani; - soci aderenti tutti quelli di principii cattolici che si obbligano ad osservare lo Statuto: - soci onorarii tutte quelle persone cui, per essersi re e benemerite del Circolo per qualsiasi titolo, viene conferito apposito diploma; - soci corrispondenti gli ex-alunni d'Istituti salesiani residenti fuori di Torino, i quali in qualunque circostanza si rechino a Torino hanno libero ingresso alle sale del Circolo e godono di tutti i vantaggi dei Soci effettivi, più di altri specificati nello Statuto.

Il Circolo risiede in Via della Consolata n. 2.

Fra le belle iniziative della giovane Associazione merita di essere particolarmente ricordata la Società « Risparmio e previdenza » di cui ci piace aggiungere un cenno speciale.

« RISPARMIO e PREVIDENZA » Associazione mutua di assicurazioni sulla vita a capitale differito approvata dal R. Tribunale di Torino con decreti 25 agosto e 22 novembre 19o9.

« Risparmio e previdenza » è un'Associazione di assicurazioni sulla vita, - che ha per soci solamente i propri assicurati, - assicura, in caso di vita, un capitale dopo 15 anni, - restituisce agli eredi dei soci le somme versate come premio d'assicurazione, in caso di morte, - e sulle somme depositate da ciascun socio accorda prestiti dopo 4 anni dall'inizio dell'Associazione.

Ecco, a maggiore schiarimento, alcuni articoli delle Norme generali di Polizza:

Art. 2. - Chi si associa alla « Risparmio e Previdenza » deve versare ogni mese e per 15 anni consecutivi:

a) una o più quote indivisibili di lire una quale premio di assicurazione;

b) centesimi dieci per quota alla Cassa speciale di contro-assicurazione per il rimborso, in caso di morte, dei premi versati;

c) centesimi cinque per quota per le spese di incasso. I versamenti del primo anno sono obbligatorii, salvo in caso di morte.

Art. 3. - I contributi contemplati nell'art. precedente devono essere pagati anticipatamente alla Cassa della Società.

Trascorso il mese, il socio è dichiarato moroso e per mettersi in regola deve pagare una sopratassa di centesimi cinque per ogni quota e per ogni mese di ritardo.

Sono ammessi i versamenti anticipati di una o più quote.

In caso di decesso, le somme anticipate, ad eccezione del bimestre in corso, saranno restituite agli eredi, purchè reclamate entro l'anno.

Art. 4. - Al momento della sottoscrizione, il socio dovrà pagare un diritto di entrata di lire date per ogni quota sottoscritta, e lire una per il libretto-polizza.

Art. 5 - Tutte le tasse presenti e future sono a carico dell'assicurato, e debbono essere corrisposte unitamente ai premi.

Art. 6. - Nessuno può associarsi per un numero maggiore di dieci quote per anno.

Art. 7. - L'assicurazione può essere contratta anche da un sottoscrittore a profitto di un terzo. In caro di morte o di cessato pagamento da parte del sottoscrittore è fatta facoltà al beneficiario di continuare la polizza per conto proprio.

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L'Associazione, secondo le norme della Polizza-Statuto, pagherà all'assicurato - se sarà in vita nel giorno della scadenza - la somma di Lire 280 per ogni quota sottoscritta aumentata dalla partecipazione proporzionale agli utili sociali, a condizione che siano stati pagati integralmente tutti i premi mensili.

In caso di morte dell'assicurato la Risparmio e Previdenza restituirà subito ai suoi legittimi eredi i premi pagati - esclusi quelli del primo anno - secondo le disposizioni degli articoli 9 e 18 della polizza.

L'associazione ha il domicilio legale in Torino.

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Raccomandiamo quest'associazione in modo specialissimo ai padri ed alle madri di famiglia, non tanto per assicurare insensibilmente ai loro figli un capitale per l'età in cui ne avranno maggior bisogno ed alle figlie un fondo di dote, ma soprattutto per abituarli al « risparmio » ed alla « previdenza » che costituiscono di per sè un capitale morale e materiale, molto superiore alla somma assicurata.

Richiamiamo su essa anche l'attenzione dei singoli Direttori degli Oratori Festivi.

La sede dell'Associazione è provvisoriamente in VIA DELLE ORFANE, N. 5 - TORINO.

Agli amanti della Gioventù. Lettere sugli Oratori festivi

Per i giovani catechisti

PRIMA di cominciare la nuova trattazione sugli Oratori (nella quale dopo aver esposto in linea generale il concetto, la necessità e lo scopo degli Oratori popolari moderni, non mancherò di far conoscere chiaramente le norme fondamentali onde si reggono i digerenti Oratori sorti in vari tempi e in vari luoghi, affinchè quanti amano dedicarsi di proposito a quest'Opera provvidenziale, possano vantaggiosamente scegliere quello che è più atto e confacente con i particolari bisogni locali) credo esser cosa di comune utilità il richiamare l'attenzione degli amanti della gioventù sull'importanza d'infondere nell'animo e nel cuore dei giovani catechisti una piena conoscenza ed un santo trasporto per il loro ufficio.

Il Vangelo ha guadagnato il mondo a Gesù Cristo, e l'insegnamento del catechismo deve ritornarlo a Lui: è dallo studio del Catechismo che possiamo riprometterci la cristiana ristorazione della società. E quindi d'indiscutibile vantaggio il far comprendere ai giovani catechisti tutta la grandezza della loro missione.

Or quante cose ci sarebbero a dire e quante belle riflessioni e raccomandazioni da fare ! Certamente non è possibile approfondire in un momento una didattica così importante; ma non si trascuri d'inculcarne a quando a quando qualche norma, sull'esempio del Venerabile Don Bosco, che non tralasciava mai di tenere famigliarmente una breve istruzione ai suoi giovani catechisti.

Ad esempio

1) - Si ricordi che l'insegnamento del catechismo è un insegnamento! poichè pur troppo, in mezzo al movimento pedagogico che si compie attorno a noi - dove non solo non, è ogni cosa da disprezzarsi ma c'è molto da imparare - molti restano tuttora troppo inerti e come ad occhi chiusi. La scienza della religione è la più importante delle scienze, impartiamola adunque con amore, e coscienza e metodo, almeno almeno come oggi s'insegnano le altre scienze. Il catechista non può pretendere che lo Spirito Santo gli metta in bocca le parole, mentr'egli può e deve premettere ad ogni lezione una conveniente preparazione.

E non si dica che l'insegnar la dottrina cristiana ai fanciulli non richieda tanto studio. Dopo trent'anni di predicazione S. Agostino parlava ancora della fatica che gli costavano le istruzioni così semplici e popolari che indirizzava ai fedeli « Ciò che dico, diceva egli, mi obbliga a molte pene e a molte ricerche ». E Mons. Dupanloup, ricordando i suoi catechismi a Saint-Sulpice, scrisse queste parole : « Talora impiegava due o tre giorni in un lavoro continuo, e talvolta anche una settimana intera per preparare certe spiegazioni di catechismo più difficili o più delicate... Forse vi farei restare attoniti soggiungendo che, per dieci anni, senza imparar tutto a memoria, io scriveva tutto: istruzioni, interrogazioni, esempi! »

2) - Il catechista si persuada che al metodo ed alla diligente preparazione egli deve congiungere quell'apostolico zelo, che è maestro, è vero, di mille risorse richieste dalle particolari circostanze del momento, ma è frutto, non di applicazione, non di studio, non di multiformi cognizioni, ma di quello spirito di fede e di quel fascino soave di pietà, che son doti speciali di un anima intimamente cristiana.

Guardate un santo catechista! In lui tutto fa impressione! tutto è commovente! il suo contegno modesto e pio, il suo sguardo buono, il suo aspetto che lascia trapelare la gioia vera di parlar di cose di religione, il suo tono di voce, semplice, calmo ed affettuoso, la sua parola che viene dal cuore e va direttamente al cuore!.... Dei fanciulli non v'è nessuno che non comprenda il suo linguaggio, - e quel suo esteriore devoto rende anch'essi devoti perchè a quell'età piace imitare ciò che si vede da altri. Quando parla, oh! i giovani sentono che nulla dice di cui egli non abbia una fede intima e profonda! Difatti la santità, amici miei, non dà solamente l'intelligenza delle cose divine, ma anche il modo di esporle.

3) - Questo modo poi consiste anche nel cercare che ogni lezione imprima nella mente dei giovani una di quelle grandi verità fondamentali che sono le colonne dell'insegnamento cattolico; di guisa che, anche un uditorio fluttuante, anche quei giovani che non sono per nulla assidui all'Oratorio, tuttavia ne portino ogni volta un santo ammaestramento. S'insista ad esempio, ora sull'esistenza di un'altra vita e sul « non omnis moriar » ammesso dagli stessi pagani; - altra volta si ribadisca il concetto che la felicità eterna dipende dalla santità di questa vita; - oggi s'insista sulla facilità di esser buoni cristiani - domani sull'amore che ci porta il Signore - ovvero sulla riconoscenza che noi dobbiamo a Gesù Cristo - o sulla divozione che ogni cristiano deve professare alla Madonna, ecc. ecc. ; e così poco alla volti, lentamente ma gradatamente, anche le menti più volubili e dissipate si verranno informando a riflessione e quindi a generosità e a sodezza di cristiani propositi, in una parola s'informeranno ad una vita cristiana sinceramente sentita e francamente vissuta.

DON SIMPLICIO.

Orizzonti nuovi di vita sociale.

PER scoprire orizzonti nuovi - scriveva Antonio Burri nell'ottimo Corriere d'Italia - è d'uopo salire, raggiungere vette eccelse, donde più largo l'occhio si spazi e più pura e sgombra sia l'aria che ne circonda. Ciò è pure da fare per i problemi d'indole morale e sociale: è d'uopo elevarsi alle cime serene che sorpassano le contingenze, le squisquilie spesso oscure e confuse dei fatti; è d'uopo cioè assurgere alla scienza, e dagli aspetti nuovi che essa offre, scoprire nuovi metodi, nuove leggi. E accaduto nella scienza sociale ciò che ci rivela la storia di tutte le scienze dapprima metodi semplici, osservazioni più o meno esatte, conclusioni generiche dovute più alla condizione intima degli scrittori che ad un vero processo scientifico: poi analisi più minuta, ricerca più attenta delle prime cause, donde principi certi e rigorosamente dimostrati. La questione sociale, questione così complessa, che ha attinenze con tutte le forme della vita dell'uomo singolo o collettivo, e che si scinde perciò in una quantità di altre questioni, ha però un sostrato essenziale, un problema intimo, che trovasi in fondo a tutti gli altri problemi, la questione della vita, dei mezzi di sussistenza, diciamolo pure (quantunque con parola banale) la questione del pane, la questione dello stomaco. La quale è poi connessa strettamente ad un'altra, alla questione della popolazione, al numero cioè di coloro che han diritto alla vita ed ai mezzi necessari per vivere.

Un processo scientifico pertanto, che con dati positivi e razionali tenda a risolvere questo problema, include in sè necessariamente la soluzione di tutto il problema sociale. Il disagio economico è la forza che agita la vita moderna sociale; la mancanza o la insufficienza dei mezzi di sostentamento nuove le usasse, le spinge alle sedizioni, ai turbamenti, che a quando a quando mettono in iscompiglio la società e fanno temere della sua stessa esistenza; fate che sia tolto di mezzo questo disagio, che a tutti sia assicurato il poter vivere, ed avrete assicurata la pace. «Ma questo è inutile sperare, risponde una scuola di economisti, quella dei vecchi fisiocrati, perchè la terra non può produrre alimenti sufficienti all'enorme numero di famelici ». Agli economisti tien bordone un'altra scuola: « Volete, essa dice, eliminare il male, volete diminuire il numero degli affamati ? Diminuite la popolazione...»

Al credente, al cristiano, anzi soltanto ad ognuno che sente la propria dignità di uomo, tali teorie fanno ribrezzo. Ma viene in buon punto anche la scienza a condannarle, e con i suoi dati positivi proclama che esse sono fondate sul vuoto, perchè l'asserta insufficienza della terra a sostentare la grande famiglia umana, qualunque sia il suo moltiplicarsi, come è una bestemmia contro la Provvidenza, è in pari tempo un errore.

Il merito della scoperta di nuovi indirizzi scientifici, forieri di nuovi indirizzi sociali, è di un cattolico, di un credente, di Stanislao Solari; nome caro agli studiosi di scienze sociali, avendo egli creato una nuova scuola, a cui meritamente potremmo dare il nome di Nuova fisiocrazia (1). Col sistema dell'induzione dell'azoto, egli ha messo la terra in condizione di non più esaurirsi; e con ciò il problema sociale viene risolto nella sua prima radice, e non con metodi empirici ma scientifici. Ma forse non sono abbastanza note le sue conseguenze, e i suoi importantissimi riflessi nella vita sociale. Ad esempio il concetto morale del diritto di proprietà, il problema della sovrappopolazione, l'opera della Provvidenza nello svolgimento sociale, il materialismo storico nel senso dell'influsso del fattore economico-terriero nella vita dei popoli, la teoria delle condizioni per il miglioramento economico-sociale del proletario, ricevono dalla dottrina solariana chiara e pratica illustrazione; e dalla dottrina economica si veggono derivare spontanei nuovi principi pel vivere della società; nuove applicazioni del principio morale alle relazioni della vita umana (2). I due precetti divini imposti all'uomo, di dominare la terra (subijcite eam) e di moltiplicare la specie (crescite et multiplicamini) ispirarono al Solari la ricerca delle leggi naturali per le quali la terra rispondesse ai medesimi; ed il suo sistema, per quale realmente e razionalmente si assoggetta la terra al dominio dell'uomo che può trarne il profitto che vuole, e si assicura da eventuali disagi l'aumentarsi del numero degli uomini, è un ossequio cosciente a quei precetti, è la dimostrazione chiarissima delle armonie della Provvidenza nell'ordine morale e nell'ordine fisico.

(1) Chi vuol conoscere il pensiero genuino del Solari legga le varie opere del sac. Dott. CARLO M. BARATTA, il valoroso araldo dell'idea solariana; specialmente l'ultima assai interessante, intitolata: Il pensiero e la Vita di Stanislao Solari - Ricordi personali. - Parma, 19o9.

(2) Ved. DANTE MUNERATI: Orizzonti nuovi di vita sociale. Roma 19o9. L'Autore anch'egli erede della mentalità profondamente cristiana del Solari, con affetto di discepolo ne ha rilevato in questo libro i nobilissimi intendimenti ed ha non solo fatto opera scientifica, ma ha anche portato un prezioso contributo alla difesa delle verità rivelateci dalla Fede. II suo libro, come il sistema che illustra, non indica soltanto orizzonti nuovi di vita sociale, ma ancora orizzonti nuovi di apologetica cattolica: e conferma ancora una volta l'intimo accordo tra la fede e la scienza, accordo sempre fecondo di beni pratici, al quale risponde, nel campo sociale, quasi eco soavissima, il bacio fra la giustizia e la pace.

DALLE MISSIONI

EQUATORE

Un prezioso contributo per l'etnografia dei Jivaros.

QUELL'esimio naturalista che è il cav. dott. Enrico resta del Museo Zoologico della R. Università di Torino ha pubblicato or ora il diario dei viaggi scientifici compiuti con esito felicissimo alcuni anni or sono nel Darien e nell'Equatore, in uno splendido volume, ove troviamo delle pagine interessanti per la storia delle nostre Missioni e per l'etnografa delle tribù dell'Oriente dell'Equatore.

Limitandoci a porgere all'illustre scienziato i più vivi ringraziamenti per le frequenti espressioni lusinghiere che egli ha per varii nostri confratelli e per l'opera loro, non possiamo astenerci dal riprodurre le notizie riguardanti il carattere, gli usi e i costumi di quei poveri selvaggi che sono i Jivaros, essendo esse una preziosa conferma delle importanti relazioni dei nostri missionari (1).

« JIVAROS ».

RITRATTO - VESTI - ORNAMENTI.

Gli Jivaros (2) hanno statura piuttosto bassa, ma corporatura tarchiata e belle forme. Il loro aspetto è gradevole, ma lo sguardo, fiero e duro, rivela la loro indole selvaggia e feroce. Il colorito della loro pelle è tra il rosso rame ed il bruno chiaro.

Parlando coi bianchi adoperano una specie di gergo spagnuolo, in cui la coniugazione dei verbi è abolita, non adoperando essi che il gerundio.

La prima domanda, che essi rivolgono agli stranieri, è se portino regali, ed in che cosa questi consistano. Questi selvaggi pensano che ogni straniero, il quale venga nel loro paese, sia in obbligo di tributare loro abbondanti doni. Essi hanno modi bruschi, e sono curiosissimi, volendo vedere e toccare tutto, e se li lasciate fare, vi mettono ogni cosa a soqquadro.

Il vestiario degli uomini consiste in un pezzo di stoffa di cotone, detto itipi, alto 0,7o cm. e lungo m. 1,5o circa, che portano avvolto intorno ai lombi, e che scende sino al ginocchio, sostenuto da una fascia formata di capelli umani. Questa fascia dovrebbe essere formata di capelli di qualche nemico ucciso; ma, in mancanza di quelli, servono i capelli dello stesso proprietario. La stoffa dell'itipi è assai forte ed è tessuta e tinta a righe rosse e nere dagli stessi Jivaros.

Gli uomini si adornano con collane fatte di semi variamente colorati, di conchiglie, di conterie, di denti di scimmie o di carnivori. Portano a tracolla lunghe filze di semi bianchi e rossi. Si adornano poi il capo con corone formate di piume variopinte di uccelli, disposte sopra una intelaiatura di sottili striscie legnose. Lasciano scendere lunghissimi i capelli, neri, grossi e lisci, che portano divisi in tre treccie: due piccole ai lati del capo, ed una grande che cade lungo il dorso, legate con nastri di cotone. Alle piccole treccie appendono ciuffi di piume di Tucano, ed alla grande appendono il Tajuconcha, voluminoso ornamento formato di ossa delle ali di una specie di caprimulgide (Sleatornis caripensis, Humboldt) ed abbellito con piume e con spoglie di uccelletti dai colori smaglianti.

Tanto gli uomini quanto le donne hanno il lobo delle orecchie forato, e vi portano infisso un bastoncino lungo circa 26 cm. e del diametro di 12 mm., formato da un pezzo di stelo dell'infiorescenza di Gynerium, ed al quale sogliono appendere ami, aghi, ecc., e pendenti formati da elitre di coleotteri dai colori metallici.

Gli uomini portano a tracolla una borsa di maglia, detta huambaschi, nella quale pongono coltelli, la pietra focaia, l'acciarino, l'esca, gli ami, il vasetto contenente la pasta di aciote usata per dipingersi il viso, e cento altre cosuccie. Essi sogliono dipingersi il viso a punti e righe di color rosso e nero. Molti si dipingono inoltre il petto e le braccia con bizzarri disegni.

Le donne indossano il tarachi, specie di camicia o manto di stoffa di cotone di color bruno, che ricopre quasi completamente il loro corpo sino alle ginocchia. Si adornano con collane e braccialetti di conchiglie, semi o conterie. Nei giorni di festa portano una curiosa cintola formata da una fascia di stoffa, dalla quale pendono molti nastri cui sono appesi pezzi di conchiglie (Bulimus) e frutti secchi, i quali, battendo gli uni cogli altri, dànno un suono simile a quello dei sonagli. Alcune, oltre alle orecchie, hanno forato anche il labbro inferiore attraverso al quale fanno passare un bastoncino di osso. Ogni donna, quando esce di casa, porta seco la chinguina (gerla), che le serve per portare le merci e le vettovaglie per sè e pel marito, suo signore e padrone.

I ragazzi fino ai dieci o dodici anni vanno quasi sempre nudi, mentre le bambine, anche le lattanti, sono coperte dal tarachi...

COME FABBRICANO LE CASE.

Le case degli Jivaros sono ampie, isolate e costruite, in generale, su qualche altipiano presso un corso d'acqua limpida.

Quando una famiglia vuole fabbricarsi una casa, scelto il luogo propizio, invita gli amici ad aiutarla a preparare il terreno. I convenuti diboscano un vasto tratto intorno il luogo scelto, non solo per dar aria e luce alla casa, ma anche per avere lo spazio ove fare piantagioni. Per solito lavorano alacremente durante due o tre ore, poscia si riposano per alcune ore, e nel frattempo cantano, suonano, mangiano e fanno copiose libazioni di chicha. Quando il diboscamento è compiuto, fanno un banchetto finale. In seguito, spianano con cura l'area sulla quale intendono fabbricare la casa, vi distendono sopra uno strato di argilla, che bagnano e pestano fortemente in modo da formare un pavimento sodo, e su questo innalzano poi la casa...

IN CASA DI CHACAIMA.

Dopo un'ora e mezzo circa di cammino giungiamo alla casa di Chacaima, situata su un poggio e circondata da rigogliose piantagioni di banane e di yuca, fra le quali elevarsi enormi cespugli di aciote ed eleganti palme chontaruru . Nei dintorni della casa vedonsi grufolare numerose mandre di porci ed andare attorno, branchi di pollame.

La casa ha, conte tutte le case degli Jivaros, forma ellittica. Le pareti sono formate da listelli di legno di Chonta (specie di palma) ed il tetto è coperto da foglie di bijao disposte con molta arte ed unite insieme con liane. Il soffitto è sostenuto da sei colonne forniate da tronchi di Chonta e disposte simmetricamente a, due a due.

La casa ha due porte d'ingresso, poste alle estremità dell'ellisse, l'una delle quali serve al passaggio degli uomini, l'altra a quello delle donne. Tali porte, pesantissime, constano di un solo pezzo di legno, tratto da un tronco dì albero o foggiato a tavola. La loro costruzione. costa lungo e penoso lavoro agli Jivaros, non adoperando essi, per lavorarle, altro ordigno che la scure.

L'interno della casa è un vasto camerone, metà del quale è destinato agli uomini, metà alle donne, senza per altro che vi sia fra le due parti una divisione materiale. Il visitatore, che entri in una casa jivara, deve passare per la porta destinata agli uomini, e trattenersi nella parte della casa da questi abitata. Sarebbe una sconvenienza grandissima passare per la porta destinata alle donne, o trattenersi nella parte della casa ove queste stanno.

Le donne non vengono mai nella parte della casa destinata agli uomini, se non sono chiamate a fare qualche servizio.

Lungo le pareti sono disposti simmetricamente i letti. Quelli degli uomini consistono in una specie di tavolato di canne di bambù spaccate, alquanto inclinato e sostenuto da piuoli all'altezza di circa 40 cm. dal suolo. Il tavolato è piuttosto corto, dimodochè chi vi giace sta colle gambe sporgenti dalle ginocchia in giù. Per appoggiare i piedi è disposto trasversalmente a conveniente distanza un palo, sotto al quale è sempre un po' di fuoco acceso, che serve a riscaldare ed a mantenere asciutti ii piedi del giacente.

Presso ad ogni letto vi sono alcuni piccoli sedili formati di un solo pezzo di legno ed abbastanza bene lavorati, ed una grande olla di terra. cotta al sole che serve per riporvi gli specchietti, gli ami, gli ornamenti, ecc., cioè tutta la suppellettile personale. Le lancie, le bodoqueras, i fucili, le sciabole e tutte le altre armi sono appoggiate od appese ad un nodoso palo che trovasi presso a ciascun letto, oppure alle colonne che sostengono la casa.

I letti delle donne sono simili a quelli degli uomini, ma chiusi da ambo i lati da una specie di parete fatta di fusti di bambù spaccati, di guisa che vengono ad essere altrettante cel lette aperte davanti. Ad ogni letto stanno attaccati due, o tre, o più cani di una razza indefinibile, magri e brutti assai, ma guardiani vigilissimi ed ottimi per la caccia. Quando qualche estraneo si avvicina alla casa, quei cagnacci coi loro furiosi latrati fanno un chiasso assordante.

Davanti a ciascun letto delle donne sono infissi nel suolo tre piuoli, che incrociandosi formano una specie di treppiede al quale le donne appendono le olle per cucinare le vivande...

LA CASA DI RAMÓN.

Per giungere alla casa di Ramón seguiamo un sentiero, che corre verso sud fra maestose e fitte foreste ricche di alberi colossali, dal tronco coperto da svariate piante rampicanti, parassite ed epifite, fra le quali fanno bella mostra di sè giganteschi Philodendron. Regna in queste foreste un silenzio solenne; solo di tratto in tratto echeggia dalle vette degli alberi il grido di qualche Tucano, o fra il fitto dei bassi cespugli risuona l'armonioso canto del Flautero. Gli Jivaros mi hanno detto che quel cantore egregio è un piccolo uccelletto dai colori poco appariscenti. Il suo canto è simile al suono di un flauto: esso incomincia con una graziosa strofa, che però viene bruscamente interrotta. Il suolo è ovunque coperto da un elegantissimo tappeto di Selaginelle, e da splendide felci, palme nane, begonie e da molte altre piante dalle eleganti foglie...

Furiosi latrati ci annunziarono la vicinanza della casa di Ramón. Essa è situata a circa due o tre ore di cammino a sud della Missione in mezzo a rigogliose piantagioni di banani, canne di zucchero, yucca ed aciote. E molto ampia e ben costrutta. Come tutte le case degli Jivaros, ha forma ellittica: ha inoltre una specie di atrio ed un piccolo cortiletto che dà accesso alla porta degli uomini.

Nell'interno le masserizie sono disposte con molto ordine.

Ad una delle colonne che sostengono il tetto è appoggiata una specie di rastrelliera, a cui sono appesi in bell'ordine i numerosi fucili posseduti dalla famiglia, le sciabole, i machetes e le altre armi...

ARMI PREFERITE.

L'arma preferita degli Jivaros è la lancia. Essi la adoperano nella caccia e nelle guerre, anche quando posseggano fucili. .

Anticamente la loro lancia, a punta larga e triangolare, era fatta tutta del legno durissimo della palma Chonta; ora invece la punta della lancia è per lo più in acciaio. Questi selvaggi si procurano tali punte mediante scambi coi bianchi: i ferri di lancia sono infatti, coi machetes, le ascie ed i fucili, gli oggetti di scambio preferiti dagli Jivaros.

In guerra adoperano, come arma di difesa, uno scudo rotondo di legno assai resistente.

Un tempo essi adoperavano altresì ascie di pietra, simili a quelle degli antichissimi aborigeni; ora hanno quasi tutti ascie di acciaio.

L'arma da caccia preferita è la bodoquera, lungo tubo formato da due pezzi di legno di Chonta legati insieme ed intonacati con una specie di resina. Soffiando con forza entro a cosiffatto tubo, questi selvaggi lanciano piccole freccie di legno lunghe 25-30 cm., colle quali colpiscono, senza fallire il colpo, uccelletti alla distanza di 30-40 metri. Avvelenandone la punta con una sostanza detta ticuña, uccidono con esse Penelopi, Scimmie e Cervi. Gli Jivaros si provvedono di questo veleno dai selvaggi che abitano presso il Rio Maranón.

Questo veleno dall'aspetto vischioso, di color nerastro, viene conservato in piccoli vasetti di terra cotta...

OGGETTI DOMESTICI.

Gli utensili casalinghi sono quasi tutti di legno o di terra cotta. Le donne fabbricano molto abilmente con argilla olle, vasi e scodelle (piñingas) che fanno cuocere al fuoco, oppure talora semplicemente seccare al calore del sole. Adoperano altresì, come recipienti, zucche svuotate.

Questi selvaggi tessono, come già dissi, assai bene il cotone, col quale fanno stoffe e nastri assai durevoli. Per filare il cotone adoperano una specie di conocchia ed un fuso di legno di Chonta, e per tesserlo un telaio pure di legno, abilmente congegnato.

Gli strumenti di musica più adoperati dagli Jivaros sono il flauto, una specie di clarinetto fatto di canna, ed un tamburo di piccole dimensioni.

Per trasmettere segnali a distanza essi adoperano il tunduli, grande cassa sonora, formata da un tronco di albero scavato, sul quale picchiano con una pesante mazza foggiata a martello. Il tunduli dà un suono cupo che si ode a grande distanza...

« CHICHA » E PESCA.

La chicha degli Jivaros è preparata colla pasta di yucca (Manihot aipy). Per prepararla le donne fanno bollire la radice di yucca, dopo averne tolta la pelle, e la pestano riducendola in una pontiglia; poi masticano parte di questa poltiglia e la sputano nella massa restante: pare che la saliva agisca come fermento. Dopo aver lasciato fermentare la pasta per qualche giorno, la ripongono in un vaso di terra, oppure, se debbono portarla in viaggio, l'avvolgono accuratamente in foglie di banano. Per preparare poi la bibita, stemperano una certa quantità di quella pasta in una scodella piena d'acqua smuovendola colle mani, e poscia masticandola e risputandola nella scodella...

Come ognuno può immaginare la vista della preparazione di tale intruglio fa rivoltare lo stomaco a chi non vi sia avvezzo...

Gli Jivaros quando desiderano fare una buona pesca, avvelenano le acque di un lungo tratto del corso di un fiume col succo della radice del Barbasco, arbusto, che cresce in abbondanza in quelle foreste, gettando nell'acqua, a monte del luogo ove intendono di pescare, buona quantità di detta radice previamente schiacciata. Dopo poco tempo il veleno comincia ad agire ed i pesci vengono a galla tramortiti, col ventre in alto, e come corpi morti sono trasportati dalla corrente. Gli Jivaros, percorrendo il corso del fiume, li vanno raccogliendo, e così ne prendono senza fatica grandi quantità.

La pesca fatta in tal modo è considerata da quei selvaggi come una festa, alla quale invitano parenti ed amici, e che sogliono poi celebrare con grandi scorpacciate di pesce e di chicha...

COME VIVONO.

Gli Jivaros vivono nella più completa anarchia, non riconoscono autorità alcuna. Ogni famiglia ha bensì un capo, ma questi ha un'autorità meramente nominale. Egli esercita una certa supremazia soltanto durante le guerre, ma più come guida che come vero capo. Neppure il padre ha autorità alcuna sui suoi figli, quando questi abbiano raggiunto l'età di 14 o 15 anni: i giovani si considerano a tale età intieramente liberi di fare quanto loro piace.

Invece le donne sono sempre sottomesse agli uomini: nubili, sono soggette ai parenti; maritate sono soggette al marito, e quando questo venga a morire, le vedove passano in potere dei fratelli del morto.

Il matrimonio consiste nella semplice consegna che il padre fa della ragazza al suo pretendente. Sovente lo sposo è obbligato a servire il suocero per un dato tempo.

La festa del matrimonio viene celebrata quando lo sposo conduce alla propria casa la sposa. Quegli che funge da sacerdote dà a bere l'infusione di tabacco agli sposi; poscia i parenti ballano, mangiano e tracannano enormi quantità di chicha.

Questi selvaggi praticano la poligamia. La donna è una vera schiava. Essa deve seguire il suo marito in viaggio, portando non solamente i viveri, ma altresi gli oggetti di scambio, mentre il suo signore e padrone cammina innanzi non portando altro che le proprie armi. Essa deve coltivare gli orti, avere cura degli animali domestici, tenere pulita la casa, provvedere la legna da ardere, fare la cucina. E quando non accontenta appieno il suo signore viene da questi battuta senza pietà.

Sovente uomini adulti tolgono in moglie ragazzine dell'età di otto o dieci anni. Essi dicono che cosi fanno per educarle ed allevarle a loro modo.

Non bisogna credere però che questi selvaggi siano del tutto insensibili all'amor coniugale...

CREDENZE RELIGIOSE.

Gli Jivaros non hanno una religione definita, ma credono in una vita futura, in uno spirito benigno, che fa crescere le piante e gli animali, ed in un altro cattivo, da essi detto Iguanchi. Essi dicono che questo spirito maligno suole apparire loro nel sonno, sotto forma di una scimmia nera, sopratutto quando sono ubbriachi di decozione di natema (1), che essi bevono appunto per procurarsi tale apparizione.

Hanno sacerdoti o stregoni, detti brujos o huishinu, che presiedono alle feste più come cerimonieri che come veri sacerdoti.

L'ufficio principale di questi stregoni è la cura degli infermi. L' Jivaro crede che ogni sua infermità sia causata dalla malevolenza di qualche nemico. Perciò, per liberarsene, si affretta a ricorrere all'opera del brujo.

Questi stregoni sono sfacciati impostori, i quali compiono le loro cure soltanto di notte e col favore delle tenebre. Essi sogliono farsi pagare prima d'intraprendere una cura. La mercede consiste in un cane, un'ascia, qualche punta di lancia, un machete, o altra simile cosa.

Per curare un infermo il brujo anzitutto si ubriaca (o finge di ubriacarsi) bevendo infusione di tabacco o di natema; poscia, fatti spegnere tutti i lumi, incomincia ad agitarsi, cantando una monotona ed interminabile cantilena, colla quale chiama in aiuto l'Iguanchi; poscia descrive la venuta di questo, che penetra nella casa passando attraverso alle pareti; e va innanzi narrando molte altre simili buffonate.

In seguito, egli applica la sua bocca sulla parte dove l'infermo accusa di sentir dolore, e si dà a succhiare con tutta forza, sputando di tratto in tratto. Quando è stanco di succhiare ordina che si accendano i lumi, e mostra agli astanti un ragno, un dente di Saino, una spina o qualche altro oggetto, che egli assicura di aver estratto succhiando dal corpo del paziente, ed essere la causa della sua malattia. È inutile il dire che egli teneva l'oggetto nascosto abilmente nella sua bocca o altrove.

Se il brujo, chiamato pressso un malato, si accorge che questi sia prossimo a morire, rifiuta di curarlo, dicendo che il nemico ha infisso l'oggetto malefico tanto addentro nel cuore dell'infermo che gli è impossibile estrarnelo.

Il brujo deve pagare colla vita il fio della sua imperizia se il malato muore dopo che egli ha compiuto la cura. Per venire a conoscere il nome di colui, che fu la causa della malattia, uno dei membri della famiglia si ubriaca con decozione di natema, e poscia va a ritirarsi in una capanna appositamente costruita in un luogo appartato della foresta, ove, evocato dalla sua immaginazione selvaggiamente eccitata, l'Iguanchi gli appare in sogno, e gli rivela il nome del nemico. Da quel momento questi è votato a certa morte: insidiato talvolta per parecchi anni, esso viene inesorabilmente ucciso.

Per causa di tali vendette questi selvaggi menano una vita infelicissima, poichè sono in ansia continua, e le diverse famiglie sono senza posa in guerra l'una contro l'altra.

Le inimicizie sono suscitate, oltrechè dalle cause ora dette, anche da molte altre, sovente abbastanza futili...

ISTINTO BELLICOSO.

L'istinto bellicoso è sviluppatissimo in questi selvaggi, ed è raro che quando parecchi uomini si trovano riuniti a conversare, essi non finiscano col parlare di massacri di guerre e di shanzas.

I parenti fanno tutto il possibile per insinuare nelle menti dei figli l'odio contro i nemici della famiglia.

Quando gli Jivaros hanno deciso di assalire una tribù o famiglia nemica, procurano di riunirsi nel maggior numero possibile, poscia intraprendono il viaggio, sovente assai lungo, per recarsi alla dimora dell'inimico.

Giunti in vicinanza della sua casa, si tengono nascosti con cura fino a che non sia giunta la notte. Essi sogliono incominciare l'attacco verso le prime ore dopo mezzanotte. Circondata allora la casa, lanciano sul tetto di questa alcune freccie portanti all'estremità posteriore un ciuffo di foglie secche accese, e così incendiano facilmente il fogliame che copre il tetto.

Le fiamme ed il denso fumo, che non tardano a svilupparsi, obbligano i miseri abitanti della casa ad uscire all'aperto ed allora si accende una feroce zuffa, nella quale gli aggrediti, an cora intorpiditi dal sonno ed acciecati dal fumo, vengono facilmente sopraffatti. Gli aggressori massacrano quanti possono acciuffare.

Compiute così le loro eroiche gesta, decapitano le loro vittime e ne portano seco le teste per prepararne la shanza.

LA « SHANZA ».

A tal uopo scorticano accuratamente la testa, poscia, dopo aver tuffata la pelle nell'acqua bollente, la pongono successivamente intorno a pietre arroventate di grossezza via via minore; il calore fa restringere la pelle, finchè questa si riduce alla grossezza di un'ultima apposita pietra del volume di un'arancia che gli Jivaros sogliono portare sempre con sè in guerra. Allora tolgono la pietra, riempiono la pelle di cenere calda, e per ultimo cuciscono con cura le labbra e l'apertura del collo.

La testa così mummificata conserva grossolanamente le sembianze del morto. I capelli ed i peli si conservano intatti. Questo lugubre trofeo che l' Jivaro riporta con orgoglio dalle spedizioni guerresche, dà occasione alla festa più solenne che celebrino questi selvaggi.

I preparativi di tale festa durano parecchi mesi. Le donne fabbricano moltissime olle di terra cotta, che vengono poi riempite di chicha; ed allevano appositamente buon numero di maiali e di polli. Gli uomini procurano di radunare grandi quantità di carne selvaggina e di pesce, che conservano affumicata.

Alla festa sono invitati tutti i parenti e tutti gli amici del fiestero, ossia di colui che ha conquistato la shanza. Non pochi degl'invitati vengono talora da località distanti quindici e più giorni di cammino...

L'orgia sfrenata dura cinque giorni, durante i quali gli invitati ballano, bevono, mangiano a crepapelle accompagnando la gazzarra con una musica assordante di suoni di flauto, di tamburo, grida e colpi di tunduli.

Finita la festa, ognuno se ne ritorna alle proprie case, e la shanza viene in seguito quasi sempre venduta a certi bianchi, i quali la pagano, in generale, con un fucile.

Le leggi equatoriane proibiscono rigorosamente tale obbrobrioso commercio, e questa proibizione è molto opportuna, perchè ognuno comprende come il commercio di tali mummie contribuisca ad eccitare gli istinti sanguinari di questi selvaggi...

RITI FUNEBRI.

Quando un Jivaro muore, i parenti ne piangono la perdita durante parecchi giorni con alti lamenti : haràn!-haciran.... (ahimè ! povero me!). Se trattasi d'un bambino, lo seppelliscono nelle casa stessa entro una profonda fossa. Se invece il morto è un adulto, fabbricano in uno degli orti circostanti alla casa una capannuccia di forma quadrata, di circa 2 m. di lato e alta m. 1,5o, formata da una palizzata e coperta da un tetto di foglie simile a quello della casa. In mezzo ad essa collocano un tronco di albero a guisa di sedile, sul quale pongono il cadavere seduto, colle braccia sul petto. Intorno al cadavere fanno un fitto steccato di robusti pali di Chonta, che rivestono poscia con uno strato di larghe foglie legate con liane tenaci, in modo da formare un tubo cilindrico del diametro di circa mezzo metro. Coprono la bocca di questo con un grosso tavolone di legno, sul quale pongono una grossa pietra. Nell'interno della capanna appendono parecchi canestri contenenti viveri di varie specie, e vasi pieni di chicha, affinché il morto non abbia a soffrire la fame durante il viaggio, che, secondo la loro credenza, esso dovrà fare per giungere al luogo della felicità, il loro paradiso, ove godrà di ogni sorta di piaceri senza dover lavorare.

Già al tempo del mio viaggio alcune famiglie degli Jivaros, che vivevano nella valle di Gualaquiza, solevano portare i loro morti alla Missione, affinchè venissero sepolti in terra consacrata

SPERANZE DI CIVILIZZAZIONE.

Il numero di questi selvaggi va ora gradatamente scemando. Le principali cause che concorrono a decimarli sono: la grande mortalità dei bambini, le continue guerre e le malattie epidemiche, fra le quali sovratutto il vaiuolo. Nei luoghi ove essi si trovano a contatto coi bianchi, a tutte le altre cause deleterie si aggiunge il letale effetto delle bevande alcooliche, delle quali sono avidissimi, e di cui non mancano di ubriacarsi ogni qualvolta se ne presenti loro l'occasione.

Verso i bianchi gli Jivaros dimostrano molta benevolenza, allettati dalla speranza di trarne guadagno cogli scambi, mediante i quali si provvedono di strumenti di ferro, di armi, munizioni, vestiari ed ornamenti.

Talora però l'istinto sanguinario prevale, come lo dimostrano i massacri compiuti da questi selvaggi una ventina di anni prima della mia venuta a Gualaquiza ed a Macas. Ma è da osservarsi che forse in quelle occasioni la colpa non era tutta dei selvaggi, perchè a quanto pare i bianchi trucidati avevano colle loro prepotenze offeso l'orgoglio di quei bellicosi selvaggi.

I benemeriti Missionari Salesiani si sono accinti con zelo alla difficile opera di incivilire questi selvaggi. In quanto agli adulti non si devono nutrire grandi speranze. L' Jivaro, come ben dice un missionario (1), domanderà il Battesimo con entusiasmo specialmente quando sappia che in premio gli verrà data stoffa ed altri oggetti; assisterà anche con serietà e compostezza alle funzioni religiose; ma vi risponderà sempre ironicamente quando vogliate indurlo a moderare qualcuno dei suoi selvaggi e bestiali istinti.

Migliori speranze invece possono nutrire riguardo ai fanciulli. Se, con molta pazienza, si potrà riuscire a fare entrare in quelle giovani menti idee civili e morali, si potrà certamente da essi ottenere molto, perchè sono intelligentissimi.

In questi ultimi anni i Missionari Salesiani di Gualaquiza sono già riusciti a far dimorare per un tempo abbastanza lungo parecchi fanciulli e giovanetti Jivaros alla Missione. Parecchi di essi furono educati civilmente, e istruiti in diversi mestieri. Uno di questi giovanetti accompagnò anzi, nel 1907, il padre Francisco (Don Francesco Mattana) nel suo viaggio in Europa. Io ebbi occasione di vederlo in Torino all'Oratorio Salesiano, e rimasi veramente edificato dal suo contegno.

 

UN RICORDO PERSONALE. Ci piace conchiudere con un ricordo personale:

Si volle fare, prima della mia partenza dalla Missione, una grande festa in mio onore. I missionari e gli allievi hanno lavorato per oltre quindici giorni a compiere i preparativi, addobbando con tele a colori e bandiere italiane, con rami e con fiori, tutta la grande tettoia del laboratorio, trasformata così in una sala di bellissimo aspetto.

La bandiera nazionale, da me portata al Pongo, sventolava, sopra una specie di tribuna sulla quale io doveva prendere posto.

La domenica 12 luglio ha avuto luogo la festa, alla quale presero parte tutti i coloni di Gualaquiza e molti selvaggi. Dopo alcuni inni, eseguiti assai bene dagli alunni della Missione, mi vennero rivolti dai missionari parecchi discorsi tutti inspirati dal più grande affetto verso di me. Fra gli altri, il missionario Avalos pronunciò un discorso nel linguaggio degli Jivaros.

Io ho risposto alla meglio in lingua spagnuola e poscia tutti gli invitati convennero ad un banchetto, che riuscì animatissimo. Si fecero molti brindisi inneggiando all'Italia, al Superiore dei Salesiani Don Rua, ed alla Repubblica Equatoriana.

(1) Dr. E. FESTA: Nel Darien e nell'Ecuador: Diario di viaggio di un naturalista. Torino, 19o9, Unione Tip. Editrice.
Dei numerosissimi esemplari trasportati dal Festa, appartenenti alle diverse classi, alcuni tipi importantissimi sono ancora da studiarsi, nonostante gli aiuti prestatigli dai più valenti zoologi ; tuttavia è già assai rilevante il contributo portato alla scienza da questo naturalista. Tacendo della nuova famiglia riscontrata tra i suoi esemplari, del tipo dei Diplopodi (Miriapodi), molti sono i generi e moltissime le specie del tutto nuove, senza contare le varietà, raccolte dall'ardito e dotto scienziato.

(2) Nel loro linguaggio si dicono Shuara.

(1) Secondo il dott. Rivet la decozione di natema è ottenuta dagli Jivaros facendo bollire nell'acqua una liana (Banisteria caaai), Cfr. L'Anthropologie, tom. XVIII, p. 592

1) Fr. J M. Magalli, Colección de caras sobre las Misiones Dominicanas del Oriente, Quito, 189o, Carta V, pag. 38.

IL CULTO di Maria ausiliatrice

Il Culto della nostra dolcissima Madre e Patrona si va ognor più diffondendo in ogni parte, e « tempo verrà - come- diceva il Ven. D. Bosco - in cui ogni buon cristiano, insieme colla divozione al SS. Sacramento ed al Sacro Cuore di Gesù, farassi un vanto di professare una divozione tenerissima a Maria Ausiliatrice ». In quanti lidi già si cantano le sue lodì! e da guanti s'ìmplora il suo santo aiuto! Che l'anno nuovo Segni nuove gloriose conquiste per così tenera Madre!

E voi, o « Maria Ausiliatrice, Figlia prediletta deí Divin Padre, Madre augusta del Divìn ,Salvatore, Sposa amabilissima dello Spirito Santo, accogliete benigna le nostre preghiere, e raccogliendoci all'ombra del vostro patrocinio, assisteteci sempre amorosa in tuttì i nostri bisogni, liberateci da tutti i mali, impetrateci tutti i beni in vita e in morte! »

Pellegrinaggio spirituale pel 24 corrente.

Invitiamo i devoti di Maria SS. Ausiliatrice a pellegrinare in ispirito al Santuario di Valdocco il 24 corrente e ad unirsi alle nostre preghiere.

Oltre le intenzioni particolari dei nostri benefattori, nelle speciali funzioni che si celebreranno nel Santuario avremo quest'intenzione generale

Implorare le più elette benedizioni all'amatissimo nostro Padre e Superiore Don Rua, e conforto a tuffi gl'infermi che ricorrono a Maria Ausiliatrice d'in mezzo ai loro dolori.

Nuove chiese e cappelle.

SANTA MARIA DE CASAPÙA (Uruguay). - Si è posta la prima pietra di una nuova chiesa a Maria Ausiliatrice. La benedisse, per delegazione vescovile, il rev. Cirillo Díaz Ramírez, assistito dal rev.mo parroco, che è l'anima dell'impresa, e dai membri del Comitato per l'erezione del tempio. La banda di S. Ramón rese più solenne la cerimonia.

GRAZIE E FAVORI

Salvo prodigiosamente *).

Nel pomeriggio del 17 corrente il cielo si era ricoperto di repente di densi nuvoloni ed era scesa sugli uomini e sulle cose una certa oscurità insolita, impressionante. L'atmosfera triste, afosa, come inerte ; lontano lontano si udiva già il rombo della tempesta che accennava di avanzare minacciosa. Noi eravamo tutti in casa, anche il babbo. Per questi era ornai l'ora di recarsi in ufficio (è segretario del Comune) ; fedele e pronto al suo dovere, pensa di uscire subito di casa per trovarsi in ufficio prima che la tempesta sopraggiunga. ila è giunto appena sulla istrada, quando uno scoppio secco, formidabile, si abbatte sulle nostre persone, mentre per un attimo ci sentiamo balzati in mezzo ad una ridda infernale di scintille di fuoco , pezzi di calcinaccio , vetri, infranti, mattoni, pietre, e da ogni parte un pulviscolo denso, solforoso ci opprime e ci toglie il respiro. « Gran Dio, che succede? Madonna, aiutateci tutti! Maria Santissima Ausiliatrice , salvate i vostri figliuoli ! » Che cosa è stato? Le donne piangono, urlano disperatamente. Corriamo terrorizzati sulla via ahi! il babbo è stato colpito dalla folgore e la potenza della scarica elettrica l'ha gettato al suolo, dove giace disteso sanguinante al viso e senza il minimo segno di vita. « Oh ! Maria Ausiliatrice, salvate il babbo! » Tutti accorrono da ogni parte: è una vera gara di carità che ci vuole aiutare nell'immane sventura. Lo. si raccoglie in fretta, vien subito posto sur un tavolo di pronto soccorso ; ma tutti constatano cori dolore, anche il primo medico accorso, che il caso è disperato; non dà nessun segno di vita, il corpo è tutto paralizzato... ! « Gran Dio, perdiamo il babbo? No, no, salvatelo, salvatelo, o Signore ! Salvateci il babbo, per pietà ! O Maria Santissima Ausiliatrice, salvatelo... ! » Accorre tosto un secondo medico: si pratica con rapidità la respirazione artificiale, il massaggio degli arti e altre simili cure del caso. Intanto contìnua nei nostri cuori la preghiera; quella preghiera sincera, ardente, che giunge sino al trono dell'Altissimo, sino al Dio delle misericordie infinite e dolcemente lo spinge ad aver pietà di noi, miseri mortali. « Madonna Santissima, che siete tanto buona , impetratecela Voi questa grazia dal Vostro divin Figlio, ridonate la vita al babbo! Voi potete tutto, Voi potete farci contenti ; e ci consolerete, o Maria, non è vero ? Sì, sì, lo farete, il nostro cuore cel dice !... » Ad un tratto il petto del babbo si solleva alquanto, si solleva ancora; si ode un rantolio profondo, poi un sospiro prolungato ; le labbra accennano ad un tremolìo, la lingua snoda qualche parola e dice cose dolci che vogliono rassicurarci... la pupilla, rimasta fino allora completamente inerte, riprende tutto il soffio della vita!... La nostra preghiera è stata esaudita, il babbo è vivo, è salvo ! Dopo appena un giorno di riposo, consigliatogli dai medici, egli ha lasciato il letto ed ha ripreso (immaginarsi con quanta commozione e gioia di noi tutti e degli amici) le sue abituali mansioni.

Oh! la Vergine Ausiliatrice, la nostra gran Madre celeste, la nostra pietosa Avvocata, la Dispensiera di tutte le grazie, accetti l'offerta dei nostri cuori riconoscenti , il nostro profondo sentimento di gratitudine eterna, ci protegga sempre nella sanità della mente e del corpo, e ci benedica. Evviva Maria SS. Ausiliatrice ! Evviva!

Jenne (Roma), 26 ottobre 1909.

La famiglia FELICI.

Randazzo (Catania). - Il 17 maggio del corrente anno circa le ore 5 antimeridiane mio zio Can. Mariano Tetto di anni 67 e da ben 24 sofferente di aritmia cardiaca fu assalito da una congestione cerebrale con emiparesi. Nulla si tralasciò d'intentàto per liberarlo da quell'assalto, e più medici, come possono far fede, convennero che replicandosi la congestione , era prossima la sua fine. Mi votai allora a Maria SS. Ausiliatrice promettendo di pubblicare la grazia, e la pregai come meglio potei. La SS. Vergine esaudì la preghiera umile e fiduciosa che si sprigionò dal mio cuore, ed oh prodigio! mio zio prima del mezzodì ricuperò la favella, verso sera cominciò a fare qualche movimento e dopo 24 ore s'alzò da letto, come se nulla avesse sofferto. Il suo stato presente è assai migliore di quello anteriore all'assalto fatale. Valga questo racconto ad accrescere la devozione e la fiducia nella bontà di Maria SS. Ausiliatrice.

2 ottobre 1909.

Suor TERESA TETTO.

Santa Vittoria d'Alba. - Mio marito, affetto da catarro vescicale cronico sintomatico, andava ogni dì deperendo. Senza trascurare i rimedi umani, facemmo ricorso alla potente mediazione di Maria SS. Ausiliatrice e fu questa la miglior medicina. Egli è tornato in piena salute e si unisce a me nell'inno del ringraziamento. Invio un'offerta per il Santuario.

19 settembre 19o9.

PORO IARDINI TERESA.

Buenos Aires. -Erano le 3 1/2 pom. del giorno 2 p. p. settembre quando in tutta fretta mi chiamano il nipote ed il figlio del fu Orlando Orlandini, fratello del vivente dott. Luigi Orlandini, che da 25 anni cura gratuitamente i nostri Confratelli del Collegio Pio IX di Almagro. Corro e trovo il sig. Orlandini moribondo e spedito anche dal dott. Berri mentre il fratello dott. Luigi, in mia presenza accende un fiammifero, gli apre gli occhi, li esamina e mi dice: « Non vi è più vita e non è più possibile alcuna reazione ». Li invitai a pregare. Recitammo due parti del S. Rosario, quindi appressai un'immagine di Maria Ausiliatrice all'infermo, lo chiamai per nome, e quegli, come destandosi da un sonno profondo, alzò le braccia, mi salutò con voce forte, chiara e robusta; e pienamente in sè potè ricevere i Santi Sacramenti, com'era vivo desiderio di tutti i suoi cari, e in capo a sei giorni con invidiabile serenità se ne volò al cielo. Non fu questa una bella grazia di Maria Ausiliatrice?

15 ottobre 19o9.

Sac. BARTOLOMEO MOLINARI.

Modica. - Nel gennaio u. s. mia sorella Silvia venne colta da un'influenza che le si localizzò ai polmoni e alla pleura con una grande infezione agl'intestini. Il mio fratello, medico curante, ed altri dottori misero in opera tutto quanto suggerisce la scienza medica per salvare la paziente. Si ebbero delle migliorie, ma anche tre ricadute e gravi nello spazio di tre mesi e otto giorni. L'ultima ricaduta si manifestò con forti febbri continue; e nella famiglia si era costernatissimi e non si sapeva a qual mezzo appigliarsi per impedire una catastrofe. Il giorno di Pasqua ricevetti da persona amica una medaglia di Maria Ausiliatrice, benedetta dal Ven. D. Bosco nel 1884. Portai il caro oggetto a casa e l'appesi al capezzale dell'ammalata. Ed oh! portento: da quel giorno cessò la febbre, cominciò la convalescenza e dopo 5 giorni scomparve ogni disturbo. Siano rese grazie a Maria SS. Ausiliatrice.

1 settembre 1909.

Can. FEDERICO VANELLA.

Carbonara Scrivia. - I giorni passavano lunghi ed angosciosi ; le notizie, che ci pervenivano della nostra amatissima amica e benefattrice, erano ognora peggiori. Ci rivolgemmo a te, o Vergine Santa, come a quella stella matutina che poteva portare un po' di luce in quelle tenebre, e finalmente i Professori si decisero e tentarono. Noi ti ringraziamo, o Vergine SS. Ausiliatrice! La nostra trepidazione si è mutata in gioia, lo spasimo in letizia. L'operazione riuscì felicemente: la guarigione celere. Sciogliamo quindi il voto di render nota la tua bontà sovrana, o Maria.

31 ottobre 1909.

G. ONORINA e DE B. ERMINIA.

Milano. - O Vergine Ausiliatrice, ebbi per caso un libro contenente grazie e miracoli da Voi accordati a chi v'invoca con fede. Animato da tanti esempi, a Voi ricorsi colla certezza di essere esaudita; e non m'ingannai! invio un'offerta in segno di riconoscenza.

21 ottobre 1909.

AIDA BELLONI.

Farona Lomellina (Pavia). - Da qualche tempo ero affetta. da complicate malattie per cui non potevo più digerire, e per conseguenza ero caduta in tale spossatezza da non poter più compiere i miei doveri di madre. Raccomandatami e raccomandata da altri alla Vergine Ausiliatrice, promisi, se fossi guarita, di pubblicare la grazia nel Bollettino Salesiano e di inviare un'offerta per le Opere di Don Bosco. Sentendomi ora affatto guarita, sciolgo la mia promessa, chiedendo, o Vergine Ausiliatrice, la tua perenne protezione per me e per tutti i miei cari.

12 ottobre 1909.

CORNALBA COLLIVASONE MARIA.

Ottennero pure grazie da Maria SS. Ausiliatrice, e alcuni pieni di riconoscenza inviarono offerte al Santuario di Valdocco per la celebrazione di S. Messe di ringraziamento, o per le Missioni Salesiane, o per le altre Opere di Don Bosco, i seguenti

A*) - Alfredo Chaves (Brasile): Del Pio Vincenzo 4 f. - Aosta: Adelina F. - Armio : (Lago Maggiore): D. Antonio Pasetto 30 - Asti: N. N. - id.: Clara Boldrini io - Ataliva (Rep. Argentina): Dott. Giovanni Battaglia di Varengo 50.

B) - Bagnatica : Maestrani Domenico 3 -Bagni di Canicattini (Siracusa): Rossitto Rosario 5 - Barbiano : Noci Clotilde 8 - Basicò (Messina): Rosina Bardaro 20 - Bellinzago Novarese : Frascisco Maddalena 5 - Benevento : Emilia Silvestri 5 - Bento Gonçalves (Brasile): Dainin Antonio i5, Mattioda Luigia 15, Balbinot Luigia 25, Bertuol uirino 15, Friacca Secondo 3, Strada Angelo 9 Una pia persona 4.50 - Bergamo : Gorisis Grandiglia ioo - id.: Magri F. 5 - Bianzè (Novara) Alessio Vittore - Bologna : E. B. 5 - Bolognane (Trentino): Morandi Luigi 10 - Bolzaneto (Genova): Oria Assunta 2 - Borgomanero : A. S. C. Cooperatore io - Borgoznasino : D. G. B. Ghiringhello - Bra : Lenta Andrea di Giacomo io.5o - Bregno : B. Z. V. 1oo - Brescia : T. Martinelli 5 - Buccheri (Siracusa): Barberi Campailla Ermelinda 5 - Buenos Aires : Schiappacasse Giuseppe 25 - id.: Spinoglio Camillo - Buste Garolfo : P. A. Tettamanzi 20.

C) - Calaone (Padova): Gattolin Agapito 5 - Caldogno (Vicenza): Basso Aurelia - Caltagirone : Angela Coniglio 12 - Caltanisetta : D. Michele Nicoletti - Carnerana : Bianco Comesinda - Camogli : Isola Annetta di Luigi 5 -- Canale : Vedova Challier 5 - Candia Lomellina : Molinari Angela - Candiana (Padova): Bertoncello Antonio 5 - Canelli (Alessandria): Emma Limberti io - Cardè (Cuneo): Ardusso Giovanna 20 - Casale V. E. - Casalmaggiore : Camilla Molossi Manara 5 - Cassine : Ganlalero Margherita 5 - Castello di Codogno : Toso Pietro 3 - Castelnuovo Calcea (Alessandria): Carelli Secondo 5 - Castrogiovanni Rosa Greca 5 - Cellarengo : Bossotto Clemente - Cervarolo (Novara): Zuccone Maria 2 - Cesarea (Vicenza): D. L. Grandotto, parroco 20, a nome di pie persone - Chambery : P. M. 30 - Chieri : Penazzo Anna 2 - Chiusa S. Michele (Torino): Tabone Teresa - Cigliano (Novara): Rigazio Teresa io - Como : Perego Luigia 2 - Confienza Vaudone, Cooperatore 5 - Conzano : Marsalino Francesca 2 - Costabissara : Giaretta Eulalia 2 - Cozzo : Berutti Margherita e Antonio 14 - Cuneo S. P. G. - Cuorgnè : Udine Michele.

F) - Fontigo (Treviso): D. G. B. Bolzan io - Formigine (Modena): Suor Rosalia D., a nome di pia persona 3 - Fossalta di Piave : E. F. - Franchini d'Altavilla : Baralis Maddalena - Fumo d'Asti: Guasco Maggiore.

G) - Gabiano (Alessandria): Guazzotti Camilla 10 - Galbiate (Brianza): P. O. 5 - id. : G. F. 2 - Goggio (Como): Matilde Menatti 20 - Gaiarine (Treviso): Maria Santuzzi 5, a mezzo del sac. Zanella - Garlasco (Pavia): Nina AlleviCosta 10 - Gavirate (Como): Teresa Caprioli 5 Genova: G. S. a mezzo di Suor F. Marchelli 5 - Gergei : Dedoni d. Marianna 3 - Gorrino (Cuneo): Rabino Maddalena 5 - Guspini (Cagliari): Peppina Sanna Sessini - id.: Caterina Ortu.

I) - Iglesias : Antonietta Prina.

L) - La Loggia : Lupo Maria - id.: Griffa Michele fu Giuseppe - La Morra : Brandino Margherita - Lavagna (Genova): C. Carrà 5 - Locarno : Gioconda Beffa 10 - Lonigo (Vicenza): D. Domenico Murani 12 a nonio di Sozzo Giovanni - Lungavilla (Pavia): Lodigiani Francesca 5 - Lusigliè (Torino): B. Maria.

M) - Magliano d'Alba (Cuneo): T. A. 5o Malvicino (Alessandria): Bruno Battistina 5 - Marano sul Panaro (Modena): Orazio Rontelani - Masone (Genova): Emilia Colono 5 - Mede (Lomellina): E. A. - Miena : Omarini Caterina 1.20 - Mezocorona (Trentino): Mattriovitz Rosa 10, Teresa Marinelli 10, Maria Dallago 4 - Mezzana Rabattone : Sac. Innocenzo Zanalda - Milano A. Mariani - Mineo : Toro Antonia in Simoli 1.25 - id.: Antonietta Cocuzza nata Bosio - Moggio : Locatelli-Combi Assunta 5 - Moncalieri A. N. Z. 2 - Murisengo (Alessadria): Lugaria Luigia 3.

N) - New York : M. L. Gardella - Nizza Marittima : Ghiglione Egidio 10 - Nizza Monferrato : Quintina Rabagliati - Novara : Alcune devote -Nus : Tentel Serafine 5.

O) - Occimiano (Alessandria): Alosia Maddalena 2 - Orero di Serra di Riccò (Genova): D. Debarbieri Giovanni Battista 5 - Osogno (Ticino): Mattei Cipriano 50.

P) - Palestro : N. N.: o Madre mia, vero aiuto de' Cristiani, che nell'angoscia di dolorosi momenti, quando ogni speranza umana era interaniente svanita e nessuna luce brillava sull'orizzonte, sola recasti soddisfazione e consolazione a me poveretto che fiduciosissimo ti invocavo, a Te, siccome promisi e affinché tutti siano animati ad invocarti, il mio umile ringraziamento e l'offerta di tutto me stesso - Pallanza (Novara): Raimondi Vittoria a mezzo di A. Bellentani 2 - Pergine (Arezzo): Maria Fontanari - Piano Camuno (Brescia): Felappi Domenica maestra 6 - Piazza Arnaerina : Frigone Rosalia 15 - Pollenzo (Cuneo): Abellonia Celestina - Pontelongo (Padova): Maria Guarnieri 2.50 - Poschiavo (Grigioni): Famiglia R. L. 8 - Primaluna (Como): Maroni Francesco 10.

R) - Randazzo : Pasqualino Fisauli Difrancesco 100 - Rasa di Valate (Como): Pianezzi Maria in Danale 5 - Ravecchia (Ticino): Mondini Iride 5 - Rocella fonica: Toscano D. Antonio 3 - Roreto di Cherasco : Lenta Andrea di Giacomo 10.50 - Reazzino : Sciarini Caterina 10,40 - Rodello d'Alba (Cuneo): Garile Giuseppe e moglie Maggiorinà io - Roma : Caterina Pezzuti e famiglia - id. : Ida Magri 12 - Ronsecco : Coggiola Giovanni Zoo - Rosario (Repubblica Argentina): N. N. 28,30 - Rimini : Torsani Ersilia 3 - Rio Gallegos (Rep. Argentina): Suor M. Bricarello - Rivanazzano : N. N. io, a nome anche di pie persone.

S) - Saluzzo : B. F. - Santena : C. G. - San Cataldo di Borgo forte : Imperiali Giuseppe 5 - San Dalrnazzo (Modena): Pelloni Erminia 5 - San Damiano d'Asti: Palma Andrea 3 - S. Lorenzo (Reggio Calabria): Antonietta Curatola di Bernardo 5 - S. Rocco di Montaldo Roero : Ritta Caterina - S. Albano (Pavia): Cullacciati Luigi 5 - Savona : Barabino Ottavia ved. Marchese 5 - Schio (Vicenza): F. R. C. - Selargius : Cabras Pietro i - Sesto Reghena : Zarnpese Vincenzo io - Spezia : Amelia Arnavas - Spigno Monferrato Sac. Pier Giovanni Pennino arciprete di Scrole - Stradella : Linda Faravelli Cattaneo 15 - Stroppiana (Novara): Gurgo Cristina 3.

T) - Thiene (Vicenza): Veronica Mola a mezzo di D. Giov. Battista Pasqualotto 24 - Tombolo (Padova): Ziliotto Mons. Giovanni Maria io -Torino : D. P. O. S. caldamente raccomandandosi alla costante protezione di Maria Ausiliatrice ed alle preghiere dei, suoi devoti - id.: Brena Arturo - id. : M. D. - id. :Maria Genta Occhietti - - id.: M. M. - id.: Vercelli Giulio io - id. Giovanni Tinelli e consorte 5 - id.: R. C. - id. Angela O. - Torrazza di Verolengo : Corrado Benedetta - Tortona : De Amici Teresa 2 - id. Vistarini Malvina 2 - Trebecco (Pavia): Castagnole Carmela 50 - Trecastagni (Catania): D. Salvatore Tonisi - Tricerro (Novara): Borgo Giuseppe - Troina (Catania): Maria Miraglia fu Antonio 5 - Tuenno (Trento): Comor Domenico 3 - id.: Lionardi Orsola 2.

V) - Valgoglio (Bergamo): Chiada Maria 2 - Valguarnera : Ing. Francesco Federico i - Venezia : Mdrandi Giovanni Battista 5 - Verona Anselmo Agostino 5 -- Verzuolo (Cuneo): N. N. 5 - Vezza d'Alba: Stefania Battaglino - Villanova d'Asti: Gambino Ottavia - Villanova Solaro : Demichelis Maria - Villarosa : M. Latena Scarpilla.

X) - Lucia Verna - La famiglia N.N. 1oo per g. r. e in suffragio de' suoi defunti - G. C. Cooperatrice Salesiana 10 - L. C.

Santuario di Maria Ausìlìatrìce TORINO

Ogni giorno, celebrazione di una santa messa esclusivamente secondo l'intenzione di tutti quelli che in qualunque modo e misura hanno concorso o concorreranno a beneficare il Santuario o l'annesso Oratorio Salesiano. Per qualsiasi corrispondenza in proposito, rivolgersi al Direttore dell'Oratorio S. Francesco di Sales - Via Cottolengo, 32 - Torino.

Per celebrazione di S. Messe e per novene o tridui di Benedizioni col SS. Sacramento, rivolgersi al Rettore del Santuario.

Ogni sabato, alle 7.30 speciali preghiere per gli associati all'Arciconfraternita di Maria SS. Ausiliatrice.

Dal 10 gennaio al 10 febbraio.

15 gennaio, S. Maurizio - Ore 6, Messa, predica, benedizione - Ore 17, Vespro, predica e benedizione.

24 gennaio - Commemorazione mensile di Maria SS. Ausiliatrice.

26-27=28 gennaio - Triduo in preparazione alla Festa di S. Francesco di Sales - Dopo la Messa delle 6, predica e benedizione - Alle 17, lode, predica e benedizione.

29 gennaio - Festa di S. Francesco di Sales. - Messe dalle 4.30 alle 11.30 - Ore 10, Messa pontificale - Ore 15.30, Vespri pontificali, panegirico e benedizione.

30 gennaio - Tulle le preghiere falle nel Santuario sono applicate in suffragio dei Salesiani, Cooperatori e Benefattori defunti.

2 febbraio - Purificazione di Maria SS. - Ore 6, messa, predica, benedizione. - Ore 17, vespro, predica, benedizione.

3 febbraio - S. Biagio: benedizione della gola.

4 febbraio - Primo venerdì del mese - Ad onore del S. Cuore di Gesù, Esposizione del SS. Sacramento per lutto il giorno. NB. - Le due funzioni vespertine della domenica (vespro, istruzione e benedizione) cominciano la 1a alle ore 3 ; - la 2a alle ore 4.30.

NOTE E CORRISPONDENZE

Pel Giubileo di D. Rua.

La Presidenza del Comitato Torinese, promotore dei festeggiamenti pel Giubileo Sacerdotale del sig. D. Rua, ha approvato un appello da diramarsi ai singoli Cooperatori, ed ha rimesso all'esimio presidente, il sig. Barone don Antonio Manno, il mandato di radunare allo stesso fine il Comitato delle Dame Torinesi Patronesse dell'Opere Salesiane. In una prossima adunanza generale compilerà il programma dei Festeggiamenti e procederà alla nomina delle varie Commissioni che avranno l'incarico diretto del buon esito dei medesimi.

La Commissione Salesiana residente nell'Oratorio di Valdocco ha già inviato alle singole Case i moduli per l'Album-ricordo da presentarsi il 24 giugno p. v. al sig. D. Rua e caldamente raccomanda la sollecita ed accurata compilazione. Insiste pure vivamente per la raccolta ed invio dell'Obolo della Messa Giubilare.

Brillantissimo (così un telegramma pervenuto da Santiago del Chilì) è riuscito il Congresso dei Cooperatori Salesiani raccoltisi in quella Capitale nei giorni 21, 22 e 23 dello scorso novembre in omaggio al Giubileo Sacerdotale del sig. Don Rua. Il Santo Padre Pio X inviò con un venerato autografo l'Apostolica Benedizione all'imponente assemblea; e questa, a mezzo dell'Ecc.mo Mons. Angelo Jara, mandò all'amatissimo nostro Superiore un telegramma di felicitazioni.

L'annunzio della data giubilare è stato accolto col massimo entusiasmo nella repubblica del Venezuela, ove si vanno formando varii Comitati allo scopo di concretare nel modo più conveniente la partecipazione ai festeggiamenti.

A Caracas si è costituito un Comitato composto dell'Ecc.mo Arcivescovo Mons. Castro, presidente onorario; dott. D. Riccardo Arteaga, presidente effettivo ; Dott. Giovanni de D. Méndez e Dott. G. M. Nuñez Ponte, vice-presidenti ; Dott. Pietro J. Romero e Giuseppe F. Rivodó, segretari; rev.mo D. Giacomo Garcìa, gen. Giulio F. Sarría, D. Mariano Parra e Dott. Luigi Rodríguez, consiglieri; e sig. Carlo Cabrera, tesoriere.

Altri Comitati si sono stabiliti nella diocesi del Zulia, sotto la presidenza onoraria del rev.mo Mons. Jiménez, Vicario Capitolare, e la effettiva del rev. D. Michele A. Govea, parroco di S. Lucia; - e nella diocesi di Barquisimeto, sotto la presidenza del rev.mo Vicario Capitolare Mons. Dott. Alvarado.

Dando queste care notizie non possiamo fare a meno di sollecitare la carità dei lettori ad innalzare una preghiera per la salute dell'amato nostro Superiore. Con suo e nostro dolore, a causa d'una insolita debolezza e di un malore alle gambe a cominciare dal principio di ottobre egli fu costretto a restarsene fermo in camera sino alla fine dell'anno e per più settimane a tenere il letto. Le preghiere nostre, unite a quelle ferventi dei buoni Cooperatori, ottengano al venerando Successore di Don Bosco un pieno ristabilimento in salute, affinchè Egli possa, ancor molti anni, vivere al nostro amore ed alla nostra riconoscenza.

Omaggi.

Il Santo Padre ha nominato il rev.mo parroco dott. D. Domenico Pasi, direttore diocesano dei Cooperatori di Faenza, suo Prelato domestico; - ed ha conferito al sig. Amilcare Mulassano di Torino la decorazione pro Ecclesia et Pontifice.

Al nuovo Monsignore, cosi benemerito dell'azione salesiana, ed al fervente cattolico torinese, insigne benefattore dell'Oratorio festivo di Valdocco, i nostri sentiti rallegramenti.

A Valdocco.

L'8 dicembre. - La data per noi eternamente memoranda, in cui nel 1841 D. Bosco gettò le basi dell'Opera sua, è ricordata ogni anno con affettuosa solennità in tutte le case Salesiane e specialmente nell'Oratorio di Valdocco. Nel 1909 la festa riusci ancor più cara, perchè maggiore fu l'intima gioia domestica pel compiersi nello stesso dì dell'anno XXV della Consacrazione Episcopale di uno dei primi alunni di D. Bosco, di Sua Ecc.za Rev. Mons. Giovanni Caglíero.

La data giubilare venne ripetutamente ri cordata nell'accademia musico-letteraria che si tenne dopo le sacre funzioni, e fu, di tutto il trattenimento, la nota più cara e gradita.

La domenica 12 dicembre nel teatrino nostro si svolse, affollato, attivo ed ordinatissimo, il VI Congresso Piemontese della Gioventù Cattolica. Imponente fu la dimostrazione d'affetto data all'Em.mo Card. Arcivescovo che lo volle coronato con dolci parole e la sua benedizione, ed ìndimenticabile lo spettacolo che presentò la sala al termine del convegno, quando, con i propri vessilli benedetti, quelle balde schiere giovanili, cantando cori meraviglioso entusiasmo l'inno e Noi vogliam Dio! », si avviarono al Santuario di Maria Ausiliatrice, ove l'Eminentissimo impartì l'Eucaristica Benedizione. Don Bosco avrà certo sorriso dal cielo a tanto fervore ed ai generosi propositi.

Tra i figli del popolo.

TRIESTE. - Anche il Cinematografo. - « Se il cinematografo - nota l'Osservatore Triestino del 1 dicembre - rappresenta una geniale conquista della tecnica, non sempre può dirsi fatto istrumento di educazione, di civiltà; che anzi le produzioni cinematografiche, abbassate a speculazione industriale, vengono troppo spesso sacrificate ad istinti e gusti depravati, invece di servire ad opera educativa e di elevazione morale degli spettatori.

» L'influenza di queste produzioni, più immediata che non quella della parola o delle letture, riesce perniciosa particolarmente alle giovani generazioni, agli scolari e ai giovanetti, che costituiscono il costante pubblico dei cinematografi spesseggianti nei varii quartieri di Trieste, nè le disposizioni delle Autorità possono essere tali da salvaguardare gli spettatori dal pericolo che presentano certe produzioni per la purezza dell'animo e la illibatezza del costume.

» Di queste circostanze ebbe un'ampia visione il Direttore del fiorente Ricreatorio Salesiano di Via dell'Istria e si preoccupò del modo di ovviare a questi danni morali. Sorretto moralmente e materialmente da S. E. monsignor vescovo Dr. Nagl, e da benemerite personalità del paese, il Direttore ha fatto acquisto d'uno splendido apparato cinematografico per ricreare e ad un tempo istruire ed educare i giovinetti che frequentano quell'istituto

Il nobile intento pedagogico, morale ed istruttivo, raccolse ogni appoggio ed ogni lode.

Le produzioni vennero inaugurate la domenica 12 dicembre u. s. presente S. E. Rev.ma Mons. Vescovo, al quale i numerosissimi giovani, pieni di affettuosa riconoscenza, dedicarono un brillante trattenimento musico-letterario-drammatico.

A Modica la domenica 14 novembre i cento e più giovani dell'Oratorio Ven. Don Bosco, inaugurarono con lieta solennità la nuova sala del futuro teatrino, in fondo alla quale campeggiava la figura sorridente dell'Apostolo della gioventù.

Intervennero alla cerimonia il rev.mo Vicario Foraneo Lorefice Ignazio, il rev.mo Arciprete Scala Raffaele, i Canonici Papa Carmelo, Ricca, Vanella, ecc. i quali furono oltremodo meravigliati di quei giovani che diedero un bel saggio di canto, di declamazione e di catechismo. Dopo la distribuzione dei premi ai più assidui il rev.mo Arciprete rivolse belle parole- d'encomio ai giovani e ai Superiori, affinché continuando nello zelo e nello spirito del Ven. Don Bosco maturino frutti ognor più consolanti, e fe' distribuire a tutti dolci e marsala.

A Riva di Chieri la domenica 17 ottobre si compì la distribuzione dei premi nell'Oratorio femminile. Numerosa fu la comunione generale, alla quale presero parte le antiche Oratoriane, che nel pomeriggio si raccolsero per la prima volta e con grand'entusiasmo stabilirono d'unirsi in associazione; ed alle ore 18 ebbe luogo nel teatrino, alla presenza del rev. Clero e di esimie Signore, la di stribuzione dei premi, preceduta da artistiche proiezioni.

Egual entusiasmo si vide nell'Oratorio femminile di S. Ambrogio Torinese, il giorno dell'Immacolata. Quell'ottimo Prevosto, cui dopo Dio si deve la vita della benefica istituzione, lietissimo per il bene ottenuto con essa nel corso di 2o anni, assecondò con slancio il desiderio delle Figlie di Maria Ausiliatrice e delle Ex-Oratoriane, e si vide entusiasticamente corrisposto da tutti i parrocchiani, che si accostarono in gran numero ai santi sacramenti ed assistettero con religiosa pietà a tutte le sacre funzioni. Qui pure si gettarono le basi di un'Associazione fra le Ex-Allieve.

Gli Ex-allievi.

TORINO. - Il Circolo « Giovanni Bosco» l'8 Dicembre u. s. celebrò solennemente la sua festa sociale. Al mattino numerosissimi intervennero i soci alla funzione celebratasi espressamente per loro nel Santuario di Maria Ausiliatrice; e, a mezzodì, una settantina si raccolsero a lieto banchetto.

Alla tavola d'onore, attorno al solerte Assistente Ecclesiastico, siedevano il prof. Piero Gribaudi consigliere comunale e presidente del Circolo, il cav. Carlo Faà, il conte avv. L. Capello, l'avv. Saverio Fino, l'avv. Massazza, l'avv. De Lauso, il sig. Sandrone, il sig. Pretto ecc. ecc. Alla frutta prese la parola il presidente prof. Gribaudi, che ringraziò quanti concorsero al lieto esito della festa e volse un cortese saluto alle gentili signore presenti in bel numero ed inneggiò a D. Rua ed all'opera salesiana. Lo seguirono il sig. Allasia con briosi versi in vernacolo, il sig. Pretto che spiegò la nuova iniziativa del Circolo, con la società « Risparmio e Previdenza »; -il sig. Alpino a nome della sezione drammatica, l'avv. De Lauso ancora per la «Risparmio e Previdenza » di cui è consigliere delegato, il rag. Biedermann sull'alta missione morale del Circolo ; quindi l'avv. Fino che tenne un vero entusiastico discorso sull'opera salesiana, le sue traversie e le sue vittorie, e sul riverbero che l'educazione e l'istruzione da essa impartita hanno nel risanamento -morale della società. Chiuse con un affettuoso ringraziamento e con cortesi pensieri l'Assistente Ecclesiastico.

Alla sera poi negli eleganti locali del Circolo, presenti numerosissimi soci colle loro famiglie, l'avv. Fino predetto tenne una splendida conferenza su Lourdes, la sua storia, e le sue meraviglie, illustrando molti casi di guarigioni straordinarie verificatesi fra i malati accorsi in pellegrinaggio al Santuario. La conferenza venne illustrata da più di un centinaio di riuscitissime proiezioni. L'orchestrina del Circolo eseguì scelta musica.

BOLOGNA. - L'idea che pure a Bologna sorgesse un'Associazione Ex-allievi del Ven. Don Bosco fu maturata e lanciata, da un gruppo di pochi giovani. Nell'adunanza plenaria del marzo dell'anno decorso, cui presero parte i soli organizzatori, si stabilì d'inviare una lettera circolare a tutti gli antichi allievi di Bologna e provincia, per l'invito ad una festa federale.

Questa festa ebbe luogo il 9 maggio, e, come a suo tempo dicemmo, riuscì un'affermazione di idee ; ma allora, durante una conferenza, nulla si disse a riguardo del movimento che doveva avere l'associazione. Fu letto, sommariamente, lo Statuto, e breve fu la discussione; ma si augurò di aver presto una vera adunanza, per trattare dello Statuto, dei soci e di quanto può concernere l'azione degli antichi allievi.

L'augurio di quel giorno si compì il 5 dicembre e fu merito principalissimo dell'egregio Avv. Francesco Brazioli, se la discussione si svolse ordinata e cordiale. Fu discusso ed approvato lo Statuto e si stabilì di prender parte alle feste del Giubileo Sacerdotale di D. Rua. Tutti gli accorsi si ascrissero fra i Cooperatori Salesiani ; e dopo un vermouth, offerto dai Superiori dell'Istituto, l'adunanza si sciolse colle più care impressioni.

Tra gli Emigrati.

PATERSON (Nev York). - Una nuova chiesa per gli Italiani. - L'Ecc.mo Presule Diocesano, vedendo l'impossibilità di prestar servizio religioso alla numerosa colonia italiana con una sola chiesa, incaricò i Salesiani di acquistare, riparare e di ufficiare l'antica chiesa dei Polacchi in Beach St.

« Il 26 settembre del 1909 - scriveva il Messaggero di Paterson del 2 ottobre - resterà per molto tempo impresso nella memoria di questa numerosa Colonia italiana.

» L'antica Chiesa Metodista Episcopale di Beahc St., poi dei Polacchi, comprata dal Vescovo Cattolico, veniva affidata, non è molto, ai RR. Salesiani.

» E domenica scorsa il rev. Filomeno Ferrara della Chiesa della Trasfigurazione 31 Mott St., N. Y. è venuto per invito gentile di quest'ottimo Parroco italiano, il rev. P. Cianci, per organizzare i comitati di una fiera di beneficenza che sarà aperta il 12 ottobre (il Columbus Day) e che sarà devoluta a beneficio della restauranda chiesa e delle scuole parrocchiali esistenti.

» L'entusiasmo addimostrato da questi buoni italiani di Paterson a quanto fu progettato la sera del 16 settembre, fa sperare i più splendidi risultati ».

E L'Italiano in America : - « La chiesa polacca di Beach St., da questo Ecc.mo Vescovo affidata alla cura dei RR. Salesiani, comincia a trasformarsi sotto ottimi auspici. Questa chiesa prima che venga aperta al culto ha bisogno di forti riparazioni essendo stata tempo fa danneggiata da un incendio; ma un Comitato locale s'è già messo all'opera per raccogliere i fondi necessari. La domenica scorsa in tutte le messe nella chiesa italiana di S. Michele il rev. D. Filomeno Ferrara parlò della necessità della nuova chiesa e della importanza della scuola italiana.

» Tutte le sere poi andò visitando le famiglie italiane, che dimorano nei pressi della nuova chiesa di S. Antonio in Beach St., e dappertutto fu accolto con vere dimostrazioni di gioia e di entusiasmo ».

Notizie varie.

In Italia.

NAPOLI. - Secondo il regolamento delle case salesiane anche i sordomuti affidati alle nostre cure, nell'Istituto a Tarsia, si prepararono al nuovo anno scolastico con un divoto triduo, coronato da una comunione generale. Nel pomeriggio del giorno di chiusura si volle far loro un'improvvisata; i buoni ed infelici giovanetti furono condotti ad una lieta scampagnata. Sul tramwai che muove da piazza Dante percorsero tutto il Corso Vittorio Emanuele fino alla Torretta, godendosi l'incantevole vista del golfo, poscia fecero un'amena passeggiata per Posilippo, e si fermarono, presso lo scoglio di Frisio, nello stupendo Istituto dei Padri Bigi. Quivi i degni figli del Ven. Ludovico da Casoria accolsero e trattarono con fraterno affetto i nuovi figli adottivi del Ven. Giovanni Bosco ; ed ebbero la bontà di rendere anche più lieta l'agape fraterna.

Ai buoni religiosi ed ai benefattori dell'Opera eminentemente umanitaria dei Sordomuti, il ringraziamento nostro e la riconoscenza dei cari giovanetti.

NIZZA MONFERRATO. - Glorie italiane. - Il 20 novembre u. s. nel collegio della Madonna delle Grazie ebbe luogo una festa scolastica, che riuscì una bella prova dell' elevatezza di coltura di quel fiorente istituto. Celebravasi la festa annuale della distribuzione dei premi, e per l'occasione il ch.mo prof. D. Francesco Cerruti, direttore generale delle scuole della Pia Società Salesiana, disse un discorso, nel quale, traendo argomento dal compiersi del 30 centenario dalla nascita del piemontese Card. Bona e rivendicando ad un italiano la gloria della 1a scoperta dell'Hudson, illustrava assai opportunamente due glorie italiane.

« Giovanni Bona nato a Mondovi il 10 ottobre 16o9, di padre colonnello nell'esercito sabaudo e di madre pia e colta, monaco cistercense a 16 anni, abate generale del suo ordine in giovine età, caro e stimato da' Pontefici contemporanei, particolarmente da Alessandro VII e Clemente IX, Cardinale di Santa Chiesa, rimarrà sempre monumento perenne dì quanto possa l'ingegno avvalorato dalla pietà. Raramente, quanto in lui, apparve il connubio così desiderato, così razionale per sè e pur non troppo frequente, del sapere colla virtù.

» Il Prof. Ramorino, latinista insigne, gloria e vanto dell'Ateneo fiorentino, che ne studiò la vita e gli scritti, e dell'una e degli altri fece, or son pochi giorni, nella città natale del Bona una splendida commemorazione con veracità di storico e amore di concittadino, dichiara di non sapere qual più ammirare nell'immortale Monregalese, cioè se più l'umiltà e pietà del monaco Cardinale, o l'altezza d'ingegno dello scrittore colto, elegante ed erudito, e scriva in prosa od in verso, prosatore e poeta incontaminato in un secolo di corruzione letteraria.

» Il suo carme sugli affetti dell'anima cristiana, la sua elegia sull'angelo tutelare, nella loro classica forma che ci ricorda i più bei tempi di Orazio e Virgilio, spirano cotanta soavità, riverberano un cotal profumo di affettuosi pii sentimenti che consolano, ricreano, istruiscono a un tempo.

» I suoi Principii della vita sono scritti con tal semplicità e unzione, che in lui non si separano mai dalla squisita correttezza del dire, da richiamare alla memoria le più soavi consolatrici pagine dell'Imitazione di Cristo. È insomma lo scrittore della Madonna di Vico, a cui il piissimo Porporato chiede e da cui attinge ispirazione, vita e forza...».

E della seconda gloria diceva:

« La storia raccontò fino a poco fa, che Enrico Hudson scoperse, 30o anni or sono, un immenso fiume nell'America settentrionale, battezzato col suo nome e scaricantesi nell'Atlantico, alla cui foce, 5 anni dopo, sorgeva New Jork, la Londra degli Stati Uniti. Ricorreva quindi in quest'anno, stando alle affermazioni storiche fino ad ora ricevute, il 3° centenario dalla scoperta dell'Hudson.

» Ma la storia ha dovuto le tante volte e dovette anche ora modificare le sue affermazioni; la verità, non dubitate, tardi o tosto viene a galla! E la verità è e fu nel decorso ottobre universalmente riconosciuta, che cioè, scopritore primo delle sorgenti del fiume che poi ebbe nome da Hudson, e a cui è legata la celebrità della capitale del Nord America, non è un inglese, ma un italiano, un fiorentino, Giovanni da Verazzano, il quale 8o anni prima, cioè nel 1529, veleggiando, animoso navigatore, sulle orine del suo grande concittadino Amerigo Vespucci, pe' mari atlantici, risaliva pel primo il North River e vi scopriva quello che 8o anni dopo annunziava come fatto nuovo il navigatore inglese, anzi ne tracciava pur esso il corso. È quindi dal Da Verazzano che comincia la storia di New Jork e degli Stati Uniti.

» Dodici fogli ingialliti, ritrovati pochi mesi or sono e pazientemente esaminati da competenti paleografi, contengono il lungo fortunoso viaggio del Da Verazzano sulla nave Delfina e segnano il nome di Nunziata ch'egli diede al luogo d'approdo presso l'odierna Wellington, perché avvenuto questo approdo nella festa dell'Annunciazione di Maria SS. del 1529. America Settentrionale e Italia s'inchinavano, concordemente congiunte, il 6 ottobre u. s. dinanzi al grandioso monumento, alto 25 piedi, eretto per generosa patriottica iniziativa degl'italiani di New Jork, all'intrepido fiorentino nella più grande capitale del nuovo continente.

E conchiudeva scultoriamente » Glorie italiane e perciò glorie nostre. Ma la gloria nell'uomo di senno è argomento e segnacolo d'incoraggiamento, non già vano, puerile compiacimento. Le virtù di quei che ci precedettero devono essere sprone a ben fare, a fortemente operare, non già pretesto a vigliacca acquiescenza.

» Pigliate animo dunque, o giovinette, e cori innanzi gli uomini memorandi e i fatti gloriosi, di cui è largamente sparsa la storia della patria nostra, procedete animose e fidenti ad istruire la mente, ad educare il cuore, a formare il carattere. Ne avete un dovere, dovere sacrosanto! Comune coll'uomo l'origine, comuni le facoltà naturali, romane il fine a cui tende, la donna ha, nell'ordine della Provvidenza, un ufficio, una missione propria, specifica. - Furono assai più, esclama Montesquieu, gli Stati che perirono per violazione dei costumi che non per violazione delle leggi. - Orbene, è dessa la donna, la donna cresciuta all'ombra degli altari, educata alla sapienza del Cristianesimo , è densa a cui è riservata l'opera educatrice, l'opera salvatrice del fanciullo, della famiglia, della società, quell'opera che viva viva imprimendo nell'animo dell'educando l'immagine rii Dio creatore lo trasporta quest'educando a quella sfera di luce, ove il dolore è vincolo soave di affetti, ove tutto è amore, ove la carità fa soggiacere la belva e trionfare il regno di Dio!

» Gli uomini fanno le leggi, questo è compito loro, non vostro. Le donne fanno i costumi; questa è la missione vostra, missione che trascende ogni altra per nobiltà ed importanza. Chi vi vuol tenere nell'ignoranza, contravviene a' disegni di Dio, che vi diede facoltà fisiche, intellettuali, morali e religiose perché sapientemente le coltivaste, non già perché le lasciaste inerti e neghittose: uso, non è abuso. Ma a chi vi parla di emancipazione, a chi adula, a chi vi adesca con teorie liberistiche, rispondete franche : Indietro, Satana! libere sì... ma libertine non mai ».

ROMA. Conferenza di P. Gemelli su Lourdes. - La domenica prima di novembre, per iniziativa di un zelante Comitato costituitosi fra parecchi signori della Parrocchia del S. Cuore di Gesù, ebbe luogo nella nostra Chiesa una Conferenza di Padre Gemelli sui miracoli di Lourdes. Il tempio, illuminato dai magnifici lampadari elettrici e nel cui sfondo campeggiava come su alto trono, fra una miriade di luci, la bianca statua dell'Immacolata, rigurgitava di popolo. Assistevano in posti distinti S. Em. il Card. Cassetta, varie personalità insigni e il Comitato colle proprie famiglie. Il dotto conferenziere dimostrò con dati scientifici e coi fatti alla mano quale e quanta è la virtù che viene da Lourdes, virtù soprannaturale davanti alla quale tutti, credenti o no, debbono inchinarsi e adorare la forza che viene dall'alto.

Terminata la conferenza, l'Em.mo Card. Cassetta impartì la benedizione. A tutti gli accorsi venne distribuito dai soci del Circolo S. Cuore un numero unico, fatto stampare appositamente coi dati più salienti del discorso, a cura del Comitato.

S. BENIGNO CANAVESE. - L'8 dicembre u. a. fu un giorno solenne per le scuole professionali di San Benigno Canavese. La vigilia , vi giungeva accolto festosamente il rev.mo D. Francesco Cerruti, direttore generale delle nostre scuole ; che, al breve saluto rivoltogli da un giovane a nome di tutta la casa, rispose con sentite parole dicendosi fortunato di partecipare ad una festa sempre cara ai figli di D. Bosco, sottolineando il concetto che quel grande apostolo della gioventù ben più che alla benestante e studiosa si rivolse di proposito alla più povera e specie all'operaia. Le sacre funzioni, tutte spirauti un senso di fervorosa pietà, furono rese più belle dall'esecuzione di scelta musica vocale e istrumentale. A sera si tenne una riuscitissima accademia musico-letteraria, coronata dalla parola incisiva del rev.mo D. Cerruti.

- Preziosi Incoraggiamenti. - Nello stesso di, sul finir dell'agape fraterna, alla quale presero parte alcuni egregi ammiratori, si diè lettura del documento che insigniva di nuove onorificenze il signor Pietro Cenci, maestro-sarto in dette scuole, e cioè di Placca « diploma d'onore », Gran Premio e gran medaglia d'oro all'esposizione di Linguaglossa. Il modesto ma valoroso insegnante, già premiato con medaglie d'argento, d'oro e gran premi e coppe d'onore ad esposizioni regionali, nazionali ed internazionali, aggregato qual membro d'onore all'Accademia Maestri-Sarti di Parigi, ha ricevuto anche questo autorevole incoraggiamento.

MINISTERO di Roma, addì 8 dicembre 1909. Agricoltura, Industria e Commercio

DIVISIONE IX. - SEZ. I. N. DI PROT. 11140.

La Pregevole pubblicazione « Sul nuovo sistema del taglio ad uso dei sarti » che Ella con pensiero gentile, ha voluto a me dedicare, dimostra ancora una volta l'íntelligente operosità di Lei nei riguardi dell'Istruzione che in modo proficuo sa impartire ai giovani che frequentano le scuole professionali « D. Bosco » meritamente circondate da viva simpatia.

Epperò, nel ringraziare la S. V. per la cortese e graditissima dedica, l'assicuro che questa Amministrazione non mancherà di tener presente l'opera di codeste benemerite Scuole professionali.

Sig. Prof. Pietro Cenci   Il Ministro

Scuole Professionali   F. Coccu.

D. Bosco

S. Benigno Canavese

In America.

BUENOS AIRES. - Il Circolo Cattolico Operaio della parrocchia di S. Carlo in Almagro, il 24 ottobre collocò la prima pietra di un proprio edifizio sociale. Compì la cerimonia lo stesso Ecc.mo Arciv. Mons. Mariano Espinosa, assistito da un'eletta di signori e signore, presente una gran folla di popolo. Quindi tutti gli invitati passarono nelle sale del circolo ove venne servito un lunch, e in fine nell'aula maggiore del Collegio Pio IX, ove la riuscitissima festa ebbe un degno epilogo con un trattenimento musico-letterario.

- Nei locali della Società Sportiva Argentina l'ultimo giorno di ottobre si svolse il 1° Grande Concorso indetto fra i collegi nazionali e pareggiati dalla Direzione Generale Militare di Tiro e Ginnastica. Il concorso fu vinto dal Collegio Pio IX di Almagro, essendo riuscito il primo, tanto negli esercizi collettivi quanto negli esercizi liberi di squadra, per cui riportò due grandi medaglie d'oro ed ottenne anche il diploma d'onore con medaglia d'oro e 25 scudi d'oro argentini, destinati al collegio che sarebbe riuscito il primo in graduatoria, nonchè la gran coppa d'argento, riservata per l'Istituto che si sarebbe presentato più numeroso, più istruito, in uniforme, ecc.

- Il 2° premio (con medaglia d'oro piccola e diploma) negli esercizi liberi di squadra fu vinto da un altro collegio Salesiano, quello di S. Giovanni Evangelista alla Boca.

PAYSANDÙ (Uraguay). - Il 24 ottobre u. s. si svolse una festa carissima per gli abitanti di Paysandù. Dopo di aver condotto a compimento la decorazione artistica di quel tempio parrocchiale, in modo da renderlo uno dei migliori della Repubblica, e di averlo arricchito di un poderoso organo della Ditta « Walker » a cura di apposito comitato presieduto dalla benemerita signora Nicolasa Argois de Stirling, venne provvisto un nuovo armoniosissimo concerto di cinque campane della Ditta Poli di Udine. La cerimonia fu compiuta dal rev.mo Mons. Nicola Luquese.

VIEDMA (Rio Negro, Rep. Argentina). - Il 24 settembre la piccola capitale del Territorio del Rio Negro rese solenni onoranze alla B. V. della Mercede, Patrona della Regione Rionegrina. Fu una festa splendidissima, non solo per il culto esteriore con cui si onorò la Madonna, ma anche pei copiosi frutti spirituali raccolti. Le persone che si accostarono in quel giorno ai SS. Sacramenti furono circa cinquecento ed alla processione ben può dirsi che prese parte tutto il popolo.

NECROLOGIO

Marianna Guidobono Cavalchini Garofoli.

La veneranda baronessa Marianna Guidobono Cavalchini Garofoli, nata De Cardenas dei Conti di Valeggio, spirava serenamente in Tortona, il 30 novembre u. s. nell'età di 84 anni. Conobbe D. Bosco nelle sue memorande passeggiate autunnali e nel 1863 lo volle ospite insieme coi suoi poveri giovani in quel palazzo, che una settimana prima aveva ospitato il Ministro della guerra Della Rovere, il generale La Marmora, Gualterio, Doria, e i figli di Cardenas. Già in quel tempo il Barone era ammiratore di D. Bosco e delle sue opere, e la Baronessa lo diceva un santo. Una prece per questa antica ammiratrice del Venerabile nostro Fondatore.

Ottavio dei Conti Bosco di Ruffino.

Anima pia e generosa, coscienza retta ed illibata, il compianto estinto fu ben degno di apartenere a quell'illustre famiglia patrizia., nella quale la pietà e le virtù cristiane sono tradizional patrimonio. Chiamato dalla fiducia di S. A. R. il principe Tommaso, Duca di Genova, all'educazione di S. A. R. il principe Ferdinando, principe di Udine, per molti anni disimpegnò il delicato ed onorifico incarico con tanto amore che l'Augusta Famiglia gli affidò la segreteria particolare della Casa e S. A. R. la principessa Isabella lo nominò suo gentiluomo di Corte onorario.

Esemplare nell'adempimento dei suoi doveri di cristiano, coi suoi e cogli amici affettuosisisimo, egli visse circondato da un'aureola di bontà e di modestia, e la sua morte fu quella di chi santamente visse, edificante per l'esemplare rassegnazione e per la viva fede che ne illuminò di luce ultraterrena gli ultimi istanti.

Cooperatore ed ammiratore costante delle Opere di Don Bosco, condiscepolo ed intimo amico del nostro venerato superiore Don Rua, egli merita un affettuoso suffragio da tutti i Cooperatori.

Maria Rampon Santacatterina.

Era una fervente cooperatrice che amò teneramente D. Bosco e le Opere Salesiane. Mori santamente a Schio il 18 novembre piena di meriti nell'età di 8o anni. Un suffragio per l'anima sua ed ai figli D. Alberto ed Alessandro, presidente della società Concordia del locale istituto salesiano. le più vive condoglianze.

Margherita Rossi.

Era un'anima umile, ma pia, affettuosa e gentile, zelatrice instancabile dell'Orfanotrofio nostro di Betlemme, al quale oltre ad offerte in denaro, che si dava premura di raccogliere, spediva ogni anno circa 25o paia di calze, fatte in gran parte da lei. Morì a Mondovi il 21 settembre u. s. Sia pace all'anima sua.